Festa del Piemonte

L'opinione del Garante n. 3 del 2024 - Indignarsi non basta più!

Tipologia articolo Newsletter

Materia Sociale

Categoria Newsletter L'opinione del Garante dei Detenuti

Data pubblicazione
Casa circondariale Lorusso e Cutugno (To)
Casa circondariale Lorusso e Cutugno (To)

Il 18 marzo scorso al Quirinale, rivolgendosi alla Polizia penitenziaria, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sollecitato la necessità e l'urgenza di interventi – anche eccezionali – per affrontare il drammatico fenomeno del sovraffollamento carcerario e il crescente numero di suicidi nell'ambito della comunità penitenziaria.

La Conferenza nazionale dei Garanti territoriali ha fatto proprio il monito del Presidente proponendo iniziative pubbliche il 18 aprile, il 18 maggio e – ora – il 18 giugno attraverso appelli diretti alle istituzioni e all'opinione pubblica, sintetizzati dallo slogan "Indignarsi non basta più!".

Anche in Piemonte i Garanti delle persone detenute hanno organizzato iniziative cui hanno preso parte numerosi interlocutori: magistrati e avvocati, operatori e volontari, amministratori e privati cittadini.

Il numero di persone che si sono tolte la vita nelle carceri italiane, dall'inizio dell'anno, ha raggiunto la tragica quota di 44, con una forte incidenza nel periodo delle festività natalizie e un'allarmante escalation in questi ultimi giorni, con l'arrivo del caldo: si teme un'estate drammatica e un anno da record assoluto, dopo gli 85 suicidi del 2022 e i 69 del 2023.

Come Conferenza nazionale abbiamo voluto non fermarci all’indispensabile denuncia della situazione, ma abbiamo provato – con appelli e documenti – a indicare soluzioni praticabili qui e ora.

Occorre – intanto – avere l'onestà intellettuale di ammettere che, in attesa delle migliori riforme di sistema, serve immediatamente qualche provvedimento urgente che permetta di dare concretezza all'esecuzione penale esterna per chi sia a fine pena o abbia una condanna da scontare inferiore a un anno, garantendo percorsi di presa in carico fra il dentro e il fuori, che sappiamo rappresentare la risposta più giusta ed efficace contro la recidiva.

Il 10 giugno, su 61.507 detenuti in carcere, per una capienza regolare di circa 51.000 posti e una capienza reale di appena 47.000, erano 1.529 le persone con una pena inflitta inferiore a un anno, 2.991 fra uno e due anni e 4.911 fra due e tre anni per un totale complessivo di 9.431 persone detenute con una pena inferiore a tre anni.

Considerando, invece, la pena residua da scontare, sempre il 10 giugno risultavano ben 23.443 persone detenute con una previsione di liberazione entro tre anni: 7.954 con meno di un anno, 8.376 fra uno e due anni, e 7.113 fra due e tre anni.

Una platea davvero consistente di detenuti con pene brevi o brevissime o in procinto di riacquistare la libertà per le quali si sa che i percorsi trattamentali di presa in carico sarebbero molto più efficaci ed efficienti in riferimento alla recidiva e quindi alla sicurezza sociale del Paese.

Occorre, dunque, supportare l'Amministrazione penitenziaria con progetti e servizi efficaci che rendano utile e fecondo il tempo della detenzione.

È necessario, inoltre, potenziare la presa in carico sociale e sanitaria dei detenuti per restituire alla società persone che abbiano avuto almeno l'opportunità di un cambiamento e che in regime di limitazione o privazione della libertà non abbiano perduto la speranza di una "rieducazione" volta al recupero e al reinserimento, a vantaggio sia della società sia della persona.

L'alfabetizzazione, la scuola nei suoi diversi gradi - da quella dell'obbligo all'Università - la formazione professionale, che danno quotidianamente senso all'attività trattamentale in carcere, non possono essere privilegio per pochi.

Il lavoro tra le mura penitenziarie e quello sul territorio devono essere considerati una dimensione imprescindibile per conservare la dignità della persona e per offrire condizioni di vita decorose in carcere e un sostegno alle famiglie, spesso fortemente gravate dalla "pena" anche materiale di un famigliare detenuto, che deve essere sostenuto anche economicamente. Oltre alle inevitabili spese di giustizia, infatti, sono considerevoli i costi per la vita quotidiana, soprattutto per chi non ha redditi. La povertà in carcere si misura concretamente, come testimoniano i volontari penitenziari, e le dinamiche che si innescano per un pacchetto di sigarette, per il caffè, per una maglia o delle scarpe, diventano occasione di violenze e tensioni. Tutto questo, tralasciando la dimensione dei traffici illegali, che non di rado caratterizzano quello che dovrebbe essere per definizione il luogo del controllo e della sicurezza, ma che nessuna proibizione è mai riuscita a escludere.

A fronte di disposizioni fuori dal tempo, come il numero definito e la durata limitata delle telefonate a casa alle famiglie (quattro telefonate al mese di dieci minuti l'una, sperando di trovare il caro all'altro capo dell'apparecchio), appare paradossale la frequenza per cui l'utilizzo irregolare di telefoni cellulari illegalmente introdotti in carcere, pur gravemente sanzionato, finiscano per essere usati per chiamare la fidanzata o la moglie.

Lo scorso 12 agosto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in visita ispettiva a Torino in seguito a due casi di suicidio di donne detenute alle Vallette, aveva assicurato un’attenzione particolare alla Casa circondariale di Torino, l'Istituto penitenziario più complesso d'Italia, e soprattutto aveva promesso un approccio nuovo alla questione fondamentale delle relazioni famigliari, a cominciare dalle telefonate e dalle videochiamate (l'unica eredità "positiva" dell'emergenza Covid). Siamo però ancora in attesa: l’11 giugno scorso il capo dell'Amministrazione penitenziaria Giovanni Russo, incontrando la Conferenza dei Garanti ha rinnovato l'assicurazione per decisioni che stanno maturando. In meno di dodici mesi, però, le donne morte suicide a Torino sono diventate quattro. Come ribadiscono anche le Camere penali italiane, che hanno lanciato e stanno organizzando in tutto il Paese delle maratone oratorie per affrontare pubblicamente la questione, non c'è più tempo!

Anche in Piemonte, con l’adesione dei Garanti, gli avvocati hanno promosso un programma di iniziative e si continuerà a parlarne: già solo il rosario dei nomi, delle età e delle carceri ove sono avvenuti i 44 suicidi rappresenta un monito forte e chiaro che fa da eco alle parole del Presidente della Repubblica. Occorre però mettersi una mano sul cuore e prendere decisioni.

bruno mellano

bruno.mellano@cr.piemonte.it

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