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In aumento i Centri antiviolenza in Piemonte

Tipologia articolo Comunicati stampa

Data pubblicazione

Vorremmo chiedere alla Regione l’istituzione di un apposito fondo a favore degli orfani di crimini domestici”. È stata la proposta della presidente della Consulta femminile regionale, Ornella Toselli, che ha aperto l’incontro sulla violenza di genere organizzato a Palazzo Lascaris il 27 novembre.

Sul tema Organizzazione dei centri antiviolenza in Piemonte: stato dell’arte e prospettive”, sono intervenute le dirigenti dell’assessorato della Coesione sociale della Regione Antonella Caprioglio e Adriana Bisset. I loro interventi sono stati intercalati dalle letture sulla vita di Artemisia Gentileschi tratte dal libro “La violenza è una cosa vecchia”, dell’autrice Ilaria Fulle.

Caprioglio ha spiegato che oggi sono venti i centri antiviolenza presenti in Piemonte, con sessantasei sportelli attivi dislocati in maniera omogenea sul territorio regionale, anche in aree decentrate con la presenza di operatrici professionali. Per il 2020 è prevista l’apertura di un nuovo centro a Bra (Cn) e dieci nuovi sportelli per un totale di ventuno Cav e settantasei sportelli.

I Cav sono punti di ascolto e luoghi di accoglienza e sostegno delle donne, e dei loro figli minorenni, che hanno subito violenza o che si trovano esposte alla minaccia di ogni sua forma, indipendentemente dal luogo di residenza.

Offrono gratuitamente protezione sociale, percorsi di reinserimento ed interventi socio-sanitari; garantiscono funzionalità e sicurezza, sia per le donne accolte e i loro figli, sia per chi vi opera; operano in raccordo con gli enti gestori delle funzioni socio-assistenziali e gli organismi pubblici e privati che si occupano della violenza di genere, tramite la stipula di protocolli ed accordi operativi. I protocolli sono stipulati anche con associazioni esperte di violenza di genere nelle varie culture e di mutilazioni genitali femminili, al fine di garantire le donne di origine straniera e provenienti da altri Paesi. I Cav sono in genere gestiti da associazionicooperative sociali e onlus, ma talvolta anche da soggetti pubblici o misto pubblici e privati. Il personale è esclusivamente femminile ed è costituito da psicologhe, avvocatesse, assistenti sociali, formatrici che definiscono un percorso suddiviso in moduli.

Importante anche l’attività di formazione, comunicazione e informazione con la realizzazione di progetti che vedono il coinvolgimento delle scuole sia dei ragazzi che degli insegnanti mentre fondamentali sono le relazioni intercorrenti tra le forze dell’ordine e i servizi sanitari.

Bisset ha fornito i dati principali relativi al 2018 quando i Cav erano diciassette: 3.455 donne hanno contattato i centri di cui: 1.902 (55%) appartenenti all’area metropolitana di Torino e 1.533 nelle altre province (45%). Nel corso del tempo si è assistito ad un aumento costante delle segnalazioni, nel 2017 erano 2.336 nel 2018 sono state 3.125.

La maggior parte delle donne che si rivolgono ai Cav appartengono alla fascia di età compresa tra i 31 e 50 anni (56%), il 53% è coniugata o è una coppia di fatto, il 18% è separata o divorziata, per il 64% è italiana, per il 13% appartenente all’Ue e il 15% extra Ue, l’87% è residente in Piemonte, il 40% è diplomata, il 18% è laureata, il 51% lavora, il 41% non occupata, il 76% ha figli, il 66% ha almeno un figlio minorenne.

Nel 2019 la Regione ha messo a disposizione 200mila euro per l’attuazione della legge 4/2016 che sono andati a sommarsi alle risorse nazionali previste per il sostegno ai Cav, pari a poco più di 1.200.000 euro.

Sono intervenute: Paola Fuggetta (Commissario Polizia di Stato), Adonella Fiorito (Presidente associazione mai+sole), Stefania Chinellato (Presidente Fidapa di Torino), Federica De Dominicis (Presidente Soroptimist Club di Torino). Erano inoltre presenti Michele Randolfi (Legione Carabinieri Piemonte-Valle d’Aosta ) e Loredana Borinato (Ispettore Capo del Nucleo di prossimità dei Vigili urbani di Torino).

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Dario Barattin