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Un convegno del Comitato Diritti Umani e Civili a sostegno dell’Iran libero e democratico

Tipologia articolo Comunicati stampa

Materia Affari istituzionali

Data pubblicazione
Un convegno del Comitato Diritti Umani e Civili a sostegno dell’Iran libero e democratico
Un convegno del Comitato Diritti Umani e Civili a sostegno dell’Iran libero e democratico

Il progetto di un grande califfato a guida khomeinista, la repressione delle donne, dei dissidenti e delle minoranze, il ruolo dietro le quinte ma più che mai attivo nella crisi mediorientale. Sono questi i temi emersi nel corso del convegno Iran: dalla repressione interna alla destabilizzazione dell’intero Medio Oriente. Quale soluzione, organizzato dall’associazione “Iran libero e democratico” con il sostegno del Comitato Diritti Umani e Civili.

“Con appuntamenti come quello di stamattina vogliamo mantenere accesa una luce su fatti che hanno visto e vedono ogni giorno oppressioni e violenze orrende e inaccettabili - ha spiegato Stefano Allasia, presidente del Consiglio regionale e del Comitato Diritti Umani, nella sua introduzione - l’uccisione di Mahsa Amini aveva scatenato le proteste per le strade dell’Iran ed in tutto il mondo dei cittadini che hanno contestato e contestano tuttora, pagando un prezzo altissimo in termini di una repressione interna terribile. Con l’esplosione della devastante guerra a Gaza, rimane sempre presente all’orizzonte, accanto ad Hamas e Israele, anche la Repubblica Islamica dell’Iran. Continua a essere subdolo il suo ruolo e in molti continuano a non escludere un suo coinvolgimento nel conflitto proprio per rendere incontrollabile e ingestibile la questione mediorientale”.

Da tempo, infatti, l’Iran cerca di espandere la propria sfera d'influenza ideologica, promuovendo il proprio modello di governo teocratico e sostenendo movimenti politici e religiosi che condividono i suoi interessi. Sostiene attivamente gruppi e milizie proxy in vari paesi del Medio Oriente, alimentando conflitti regionali e contribuendo alla perpetuazione di guerre civili e instabilità in queste nazioni.

Il Comitato porta avanti da tempo un’opera di sensibilizzazione sulla questione, nei mesi scorsi al Salone del Libro ha dedicato la Piazza dei Diritti a Mahsa Amini, arrestata per aver indossato l'hijab in modo sbagliato e deceduta in circostanze sospette. Sta predisponendo un appello a sostegno del Consiglio nazionale della Resistenza iraniana, a cui si aggiungerà un ordine del giorno che verrà discusso in Aula. 

Per Sara Zambaia, vicepresidente del Comitato, “quella del Piemonte è l’unica esperienza a essere istituita con legge e vogliamo continuare a collaborare con l’associazione ‘Iran libero e democratico’ per supportare dall’esterno le comunità che vivono in Iran protestando contro la dittatura e auspicando l’affermazione di uno stato autenticamente democratico”.

Impegno confermato dall’altro vicepresidente Giampiero Leo: “Come religioso e portavoce del Comitato interfedi trovo terribile che la religione venga usate in modo improprio per sostenere un regime totalitario. La fede dovrebbe sempre portare a via di pace. I fuochi in Medioriente sono tanti e antichi ma indubbiamente il regime iraniano, come ci ha confermato il convegno di oggi, butta benzina sui fuochi già esistenti e cerca di accenderne il più possibile. Dobbiamo essere sempre più vicini alla resistenza e al popolo iraniano”.

Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio nazionale della Resistenza iraniana, nel suo videomessaggio ha ringraziato per “la solidarietà verso il popolo iraniano e la causa della democrazia. Solo nel 2023 il regime ha giustiziato 864 prigionieri, molti sono stati torturati e in attesa di esecuzione. L’unica soluzione per la pace in Medioriente è rovesciare la dittatura e instaurare un governo democratico. Gli esponenti del regime devono essere processati per crimini contro l’umanità”.

Tullio Monti, presidente dell’associazione "Iran libero e democratico" ha ricordato che “dopo l’uccisione di Masha Amini l’Iran ha assistito a un’imponente sollevazione popolare non solo per rivendicare i diritti delle donne ma per chiedere l’abbattimento del governo fondamentalista. Una protesta che ha coinvolto per un certo periodo tutto il mondo libero, che ora rischia di essere dimenticata. Da decenni il regime guida, addestra e arma i ‘proxies’ in Libano, Palestina, Siria, Irak, Yemen, Pakistan e Afghanistan con lo scopo di ricostruire il califfato”.

Per Valter Coralluzzo, docente di Relazioni internazionali all’Università di Torino, “la situazione dell’Iran presenta un apparente paradosso: sul fronte internazionale, grazie ai ‘proxies’, può considerarsi forte e non è più uno Stato isolato; sul fronte interno, il regime non è mai stato così debole. La sua caduta sembra sia vicina, a patto che l’appoggio comunicativo esterno continui e gli iraniani non vengano abbandonati al proprio destino”.

In videomessaggio anche Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione politiche dell’Ue del Senato, ha affermato che “quarantacinque anni dopo la proclamazione della Repubblica islamica si alza forte la voce di chi vuole lottare per i propri diritti. La violenza è nel dna del regime, che ritroviamo nell’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso e in quelli dei ribelli Houthi nel Mar Rosso”.

La consigliera Silvana Accossato (Luv) ha sottolineato l’importanza di “sapere che la richiesta del cambio di regime passi attraverso il sostegno al popolo iraniano e non attraverso l’ ‘esportazione’ della democrazia. È importante valutare eventuali coinvolgimenti dell’Italia in transazioni commerciali per evitare il rischio di sostenere la democrazia e chiudere gli occhi davanti a certi accordi”

Per Sean Sacco (M5s) “mai come oggi le autocrazie e gli Stati non liberali si stanno coalizzando per sopravvivere: Cina, Russia e Iran stanno capendo che hanno bisogno l’una dell’altra per andare avanti ed è importante studiare come scardinarne gli equilibri”,

“Fa male pensare che più di due persone vengano quotidianamente uccise dal regime iraniano - ha dichiarato Carlo Riva Vercellotti (Fdi) - è quanto mai necessario assicurare un sostegno chiaro, netto e forte a chi protesta contro la dittatura. Chi usa il terrore per gestire il potere usa la menzogna e noi tutti sogniamo un Iran libero e democratico”.

Mahmoud Hakamian, responsabile della commissione Esteri del Consiglio nazionale della Resistenza iraniana in Italia ha ricordato che “in oltre quattro decenni non si è mai placato lo tsunami della rivoluzione. Nonostante repressioni e uccisioni, né Khomeini né Khamenei sono riusciti a fermare la sete di libertà del popolo iraniano, coinvolgendo sempre più ceti sociali”.

In conclusione Yoosef Lesani, vicepresidente dell’associazione, ha affermato: “il regime, che ha perso tutta la propria legittimità e ha paura della libertà, fa di tutto per non perdere il potere. Ha speso due trilioni di dollari per progetti nucleari e altrettanti per armi di distruzione di massa e fabbricazione di droni e ha portato alla fame il 75% della popolazione: tutte le rivolte non fanno che dire al regime che deve andarsene”.

Hanno preso parte ai lavori, tra gli altri, i consiglieri Paolo Ruzzola (Fi) e Diego Sarno (Pd).

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