Europa, migranti, frontiere. Diritti fondamentali e accoglienza dei profughi nell’Unione europea
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L a s v o l t a un i l a t e r a l e de l l a Ge rman i a
Le nuove misure, proposte o allo studio della Commissione sono anche la conseguenza della
decisione unilaterale della Germania di aprire le porte nell’estate 2015 ai siriani in fuga dal
Medio Oriente attraverso la rotta balcanica, sia per ragioni umanitarie sia per depotenziare la
situazione esplosiva che si stava determinando nell’Egeo e nei Balcani. La decisione ha
necessariamente comportato una svolta nell’approccio politico dell’UE in merito all’accoglienza
e una presa di coscienza del problema dei rapporti con i paesi terzi che alimentano i flussi
migratori o ne diventano paesi di transito.
Sul piano dell’accoglienza, si è dovuto prendere atto delle resistenze crescenti espresse
dalle popolazioni autoctone all’arrivo di gruppi sociali con abitudini di vita e pratiche religiose
estranee alle tradizioni locali, a ciò si aggiunge la forte diffidenza nei confronti degli islamici a
causa degli episodi di terrorismo avvenuti in Europa. Va inoltre rilevato che, a parte i fenomeni
già richiamati di
welfare shopping
, nei paesi nordici si è presa coscienza dell’onere per le
finanze pubbliche determinato dall’assistenza economica e sociale prolungata ai profughi.
D’altra parte, è stato considerato che la partecipazione al processo produttivo può generare
valore aggiunto che ripaga i costi dell’inclusione. Inoltre, nel dibattito sono anche intervenute
ragioni di ordine pubblico dato che il mancato inserimento nel sistema produttivo non
contribuisce all’autonomia e alla dignità personale dei profughi e può favorire emarginazione,
delinquenza e frizioni pericolose tra popolazione autoctona e immigrati. Naturalmente il
dibattito si è portato necessariamente sul lavoro dipendente date le difficoltà della grande
maggioranza dei profughi di avviare esperienze di lavoro autonomo.
Tuttavia anche tale approccio presenta i suoi oneri e nei paesi dell’Europa centro
settentrionale si è sviluppato un approfondito dibattito dettato dalle ragioni strutturali che si
sono affermate proprio a seguito di scelte strategiche compiute da tempo per limitare
l’immigrazione economica che alimentava attività a basso valore aggiunto ed economia
sommersa.
La Germania e i paesi nordici hanno da tempo optato per un sistema produttivo qualificato
e avanzato tecnologicamente, fortemente
export oriented
e articolato sulla fidelizzazione dei
lavoratori, intesi come asset aziendali, in quanto portatori di programmi di addestramento
professionali intensi. Da parte loro, i sindacati locali non sono favorevoli all’apertura di una
concorrenza sui livelli salariali diretti a contenere il costo del lavoro. Né d’altra parte il
problema viene sollevato dal mondo imprenditoriale nordico per il quale il costo del lavoro non
costituisce fattore di competitività data l’organizzazione avanzata del sistema produttivo e
commerciale. I poteri pubblici, a loro volta, non gradiscono la diffusione di forme di economia
sommersa e di conseguente evasione fiscale che in epoche precedenti si erano affermate
nell’offrire occupazione e bassi salari agli immigrati.
A fronte dell’arrivo di oltre un milione di profughi, gli uffici del lavoro tedeschi hanno
costatato che i loro livelli qualificazione non sono adeguati alle mansioni che si sono affermate