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E’ stato pubblicato ieri su alcuni quotidiani di rilievo nazionale un appello sottoscritto da quattro senatori a vita (Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano, Carlo Rubbia) con cui viene formulato l’auspicio di una sollecita approvazione del disegno di legge avente ad oggetto “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate”
Legittimato anche dalla considerazione dell’ incremento di competenze in materia di garanzia del diritto alla salute che la Legge c.d. Gelli¹ vorrebbe fosse affidato ai Difensori civici regionali, ritengo di avere titolo per esprimere pubblicamente il mio pensiero sul tema, manifestando una convinta adesione nei confronti del testo dell’appello e delle valutazioni in esso espresse.
Da più di cinque mesi -lamentano i quattro Senatori- il disegno di legge è impantanato nella Commissione Sanità del Senato. . . tremila emendamenti (in massima parte ostruzionistici) e discussioni infinite ostacolano la definitiva approvazione di una legge che. . . tutela la dignità di tutti. . . Mentre il resto del mondo sviluppato dibatte di ulteriori forme di disciplina della materia, il nostro paese resta orfano di quella che è ormai una soglia minima di regolamentazione sul diritto alle disposizioni anticipate di trattamento. Non è più ammissibile, dopo i casi Englaro, Welby, Nuvoli e miglia di altri meno noti ma altrettanto degni di considerazione che i cittadini italiani non possano scegliere, facendo affidamento sulla chiarezza di una legge, come autodeterminarsi in una questione fondamentale, letteralmente di vita e di morte, che riguarda ognuno di noi
Come è stato condivisibilmente osservato da Chiara Saraceno lo scorso 29 settembre², il testo approvato dalla Camera a luglio rappresenta il punto di arrivo di un lungo e complesso percorso scientifico-culturale, prima ancora che normativo, che ha saputo comporre esigenze eterogenee offrendo soluzioni grandemente rispettose delle esigenze dell’etica. L’attuale formulazione del testo normativo, infatti, assegna non solo diritti ma anche molte responsabilità a tutti i soggetti coinvolti.
In primo luogo rimodellando ed articolando dettagliatamente ruolo e funzione del consenso informato.
Al dovere del medico di informare correttamente il paziente il disegno di legge affianca un onere di ascolto per quest’ultimo, così assegnando al dialogo medico paziente un ruolo fondativi del progetto di cura. Tanto che il tempo della comunicazione tra medico e paziente, dice il legislatore, “costituisce” esso stesso “tempo di cura”³.
In piena sintonia con il dettato dell’articolo 32 della Costituzione, l’articolo 1, al comma 7, stabilisce che “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità”.
Viene dunque così esplicitato l’abbandono culturale di ogni residua concezione paternalistica della scienza medica e del paradigma ippocratico secondo cui la pratica medica non necessiterebbe di per sé di un consenso informato, giacché la competenza medica basterebbe a stabilire il da farsi a prescindere da ogni decisione del paziente, il cui “bene oggettivo” sopravanzerebbe qualsivoglia altra considerazione⁴. Nell’architettura del disegno di legge il consenso informato costituisce, al contrario, il momento e la sede in cui il paziente manifesta la sovranità sul proprio corpo: la somministrazione di qualsivoglia terapia deve essere preventivamente accettata e può, successivamente all’accettazione, essere rifiutata in qualsiasi momento.
Al contempo si sottolinea, doverosamente, la necessità di un’assoluta ed insindacabile indipendenza del medico nel rapporto di cura, non potendo il paziente esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche  clinico assistenziali.
Quanto alle disposizioni anticipate di trattamento il disegno di legge prevede che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e volere possa esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, formulando un anticipato consenso od un rifiuto rispetto a scelte diagnostiche e terapeutiche od a singoli trattamenti, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione, per l’ipotesi di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi.
Si tratta, come ben si può constatare leggendo l’intero articolato che riconosce garanzie alle persone protagoniste di possibili eventi dolorosi, ai loro familiari, ai medici chiamati a prestare le cure, non di normazione dell’eutanasia ma del diritto a non contrastare la morte quando non solo non vi è più speranza ma le condizioni del mantenimento in vita sono intollerabili a giudizio di quelle persone.
Quella del fine vita è una questione di libertà, di rispetto della volontà, di dignità del vivere e morire che deve essere lasciata quanto più possibile alla scelta di ciascuno. . . crediamo che questo Parlamento onorerebbe il Paese se, adottando in Senato senza modifiche il testo già approvato dalla Camera, trattasse i suoi cittadini da adulti, lasciando loro a fine legislatura, come un prezioso legato, il riconoscimento di questo spazio incomprimibile di liberà e responsabilità
A queste nobili parole nulla è possibile aggiungere se non l’auspicio che esse possano convincere e fare breccia nei cuori di tutti i Senatori della Repubblica.
Con i miei migliori saluti.

Il Difensore civico
Avv Augusto Fierro

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