Accademia di agricoltura di Torino

In agricoltura il Piemonte accusa alcune battute d’arresto: se da un lato c’è un leggero aumento dei giovani impegnati, dall’altro stiamo assistendo, nell’arco degli ultimi quindici, anni ad una progressiva diminuzione del trenta per cento del numero di aziende. È quanto è emerso in occasione dell’inaugurazione del 232° anno dell’Accademia di agricoltura di Torino, importante istituzione, nata come Società agraria il 24 maggio 1785, per volontà di Re Vittorio Amedeo III di Savoia, in un periodo di prevalente cultura illuministica.
La cerimonia si è tenuta giovedì 16 marzo, nella prestigiosa cornice di Palazzo Lascaris, alla presenza dell’assessore regionale Giorgio Ferrero.
Riconosciuta con decreto del presidente della Repubblica nel 1964, in tutti questi anni l’Accademia ha annoverato tra i suoi membri, personalità di spicco quali Camillo Benso di Cavour e Luigi Einaudi.
Il presidente Pietro Piccarolo, nel suo intervento, ha fatto cenno a come l’ innovazione tecnologica sia la scommessa del futuro. “Ma l’innovazione deve andare di pari passo con la sostenibilità economica, produttiva e ambientale. Siamo ormai in quella che si può definire la quarta rivoluzione industriale, quella del digitale, pertanto anche l’agricoltura deve trarre le sue considerazioni per agire di conseguenza, se vorrà essere efficiente e redditizia” ha concluso.
Anche per l’assessore Ferrero siamo all’alba di una nuova agricoltura responsabile che, partendo dalla riscoperta delle tradizioni antiche e con l’utilizzo delle migliori tecnologie e delle più avanzate ricerche scientifiche, potrà dare vita a produzioni alimentari di eccellenza legate a una crescita sostenibile.
Lo stesso Ferrero ha poi individuato nella massiccia cementificazione del territorio - conseguenza di piani regolatori aggiornati tante volte sulla base di dati demografici non reali ma solo presunti -una delle principali cause di contrasto con il mondo rurale.
La lectio magistralis è stata tenuta dall’esperto Vittorio Viora di Bastide. L’agricoltura piemontese: declino o rinascita? Per rispondere a questo interrogativo, si è partiti proprio dal predetto calo delle aziende, che però non è andato tanto a scapito dell’ampiezza delle stesse, in quanto c’è stato l’ acquisito delle superfici da chi ha lasciato.
Viora ha poi sottolineato come in Piemonte l’agricoltura non produca più reddito al di là di quello che è il settore vitivinicolo, e di come accusi soprattutto l’attuale situazione dell’Unione europea e i rapporti con i Paesi terzi, che introducono merci a dazio zero.
Tutto questo fa sì che le nostre produzioni siano poco remunerate. Quali allora le situazioni e le prospettive in quest’Europa che cambia?
“Le ricette per l’avvenire ci sono: la ricomposizione fondiaria, ma soprattutto la semplificazione, perché oggi gli agricoltori hanno bisogno di poter passare più tempo nelle loro aziende a svolgere il loro mestiere, e meno tempo sulle scrivanie con le pratiche. Solo così ci si potrà confrontrare in maniera competitiva con la concorrenza di altri Paesi che sono molto più snelli” ha concluso Viora.