Rapporto su lavoro e sfruttamento

“Chi amministra la cosa pubblica ha facoltà, nella sua autonomia, di spostare in alto l'asticella e riscrivere le regole per i propri fornitori, stabilendo di non affidare servizi al di sotto di una certa soglia. La stessa Regione Piemonte, per prima, può decidere di metterci la faccia e forzare il sistema della contrattazione laddove si accorga che proprio il sistema presenta dei limiti”. Con questo richiamo il presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Mauro Laus, è intervenuto lunedì 26 ottobre al convegno “Si può chiamare lavoro? Sfruttamento e nuove schiavitù nell’Unione Europea”. Al Centro Internazionale di Formazione - ILO di Torino è stata presentata per la prima volta in Italia la ricerca del Fra, Agenzia Europea per i diritti fondamentali, sullo sfruttamento grave dell’attività lavorativa a danno di chi si sposta all’interno dell’Ue o di chi vi fa ingresso: 28 paesi membri interessati, 21 con interviste “sul campo”, 616 esperti coinvolti (43 per l’Italia), 217 casi di studio, 24 gruppi di discussione. Numeri importanti sui quali “è stato fondamentale che il Comitato regionale dei Diritti Umani - organizzatore dell’evento - abbia fatto da apripista”, come ha spiegato il suo componente Luciano Scagliotti, moderatore del dibattito. Da Torino parte la “fase 2” dell’indagine dalla quale emerge, secondo l’autore del rapporto Albin Dearing, che “un intervistato su cinque registra un caso di sfruttamento almeno due volte a settimana, dove per sfruttamento intendiamo la deviazione da normali condizioni lavorative che ha impatto sulla dignità umana. Ci sono fattori di rischio legati al quadro normativo di alcuni paesi, alla situazione personale della vittima, che spesso non parla la lingua e non conosce i suoi diritti, aumentando così lo stato di assoggettamento”. Numeri preoccupanti sono emersi anche dalla relazione di Miriam Boudraa del programma protezione sociale di CIF - ILO, 21 milioni di persone vittime di lavoro forzato nel mondo, la maggior parte donne, 1,5 milioni nei soli paesi occidentali, per un giro di affari illegali di 150 miliardi di dollari all’anno. Il caporalato e lo sfruttamento non sono fenomeni da cui l’Italia è esclusa, si pensi alle cronache dell’ultima estate sulla raccolta dei pomodori in Puglia o la vicenda della vendemmia nelle vigne di Canelli, raccontata dal giornalista de La Stampa Riccardo Coletti: “Lavoratori stranieri pagati cinque euro, con contratti per tre giorni dove invece se ne lavorano venticinque, undici ore al giorno con solo mezz’ora di pausa”.
A chiusura dell’incontro, le riflessioni di Laus e del sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba.