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Legislatura n. XI - Seduta n. 173 del 21/02/22 - MERCOGLIANO Paola, Centro mediterraneo sui cambiamenti climatici - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Emergenza ecoclimatica e riduzione emissioni climalteranti entro 2030


Buongiorno. Vi ringrazio per quest'opportunità. Mi fa molto piacere essere qui, perché negli ultimi mesi ho avuto modo di collaborare con il Piemonte e mi fa piacere poter contribuire a questa discussione e darvi riscontro della mia esperienza positiva con alcuni dei comuni di questa regione.
Riprendo il concetto prima citato dal dottor Mercalli.
Noi stiamo lavorando all'adattamento con le comunità locali, attività che purtroppo si rende necessaria come mostrato anche dai dati prima illustrati da ARPA Piemonte, i quali già rilevano che sul territorio regionale vi è un'emergenza climatica in atto, così come d'altronde sul Mediterraneo, identificato come una zona particolarmente sensibile al cambiamento climatico. Devo però dire che, grazie alla collaborazione intrapresa nel Bando Mutamenti con Fondazione Compagnia San Paolo, ho avuto modo di verificare che le comunità locali sono molto pronte a recepire la necessità del cambiamento, dell'adattamento come della mitigazione. Le comunità sono in grado di proporre progettualità; sul territorio, le comunità sono pronte al cambiamento, partecipano in maniera attiva alla trasformazione resa necessaria. Penso che questo sia stato un buon elemento da evidenziare, in quanto tali competenze possono essere di sicuro supporto alla definizione e implementazione delle politiche regionali. Le persone ci sono; le comunità ci sono; i ragazzi - stamattina l'abbiamo visto - ci sono ed hanno idee chiare, che si basano su conoscenze approfondite non superficiali. Mi sento di dire che questa è una grande ricchezza per il territorio, davvero importante; non lo darei per scontato in tutti i contesti italiani.
Voglio anche sottolineare che ritengo che questa capacità delle comunità di lavorare sull'adattamento, penso possa essere di grande aiuto anche per supportare iniziative legate alle politiche sulla mitigazione a scala locale. È infatti ovvio che l'adattamento non può essere l'unico modo di combattere il cambiamento climatico; esso, infatti, non garantirà la riduzione degli impatti se questi dovessero essere troppo rilevanti a causa di assenza di politiche di mitigazioni.
Un'altra cosa che ritengo importate dire è che è necessario che la società capisca che la comunità scientifica che studia il cambiamento climatico, oramai, non produce soltanto dati da utilizzarsi all'interno della comunità scientifica stessa, ma è in grado, attraverso i cosiddetti servizi climatici, di fornire informazioni ed analisi per supportare l'attivazione di politiche e strategie di adattamento. Secondo me, dobbiamo quindi lavorare per abbattere i muri di comunicazione che ancora esistono tra la comunità scientifica, che deve indubbiamente fare un lavoro aggiuntivo e andare sempre più incontro ai decisori sia locali sia regionali, affinché non ci sia più l'alibi che mancano le informazioni per supportare questa transizione della nostra società. La comunità scientifica sta già facendo molti passi in tal senso e penso che questo debba essere un elemento importante da tenere in conto anche in questa sede.
Anche a livello nazionale, sebbene il processo di attuazione di piani e politiche relative all'adattamento abbia registrato dei rallentamenti anche a causa delle complessità oggettive esistenti, sembra adesso avere una nuova spunta. Ad esempio, da poco sono usciti i documenti del Ministero delle Infrastrutture, che cercano di dettare delle idee su come rendere più resilienti le infrastrutture esistenti, ma pure su come pensare correttamente, nel contesto attuale, le nuove infrastrutture.
Fortunatamente, nel frattempo, le Regioni, invece, hanno lavorato bene e speriamo che tutto questo sia capitalizzato a livello nazionale, visto che oramai non abbiamo molto tempo a disposizione.
Infine, suggerisco di consultare il report, uscito da poco, della Fondazione CMCC sulle città italiane; in particolare, vi invito a vedere l'analisi sul clima di Torino, che va a complementare, con dati di scenario locale, i dati prima ben descritti del rappresentante dell'ARPA Piemonte.
Tali dati confermano la necessità di agire velocemente mettendo a fattore comune tutte le conoscenze. Quello che ho imparato in questi anni è che il cambiamento climatico è un settore fortemente multidisciplinare che necessità del contributo di tutte le competenze.
Grazie per l'attenzione.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 173 del 21/02/22 - AVETTA Alberto - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Emergenza ecoclimatica e riduzione emissioni climalteranti entro 2030


Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti.
Questa mattina è stata molto interessante e molto arricchente. Siamo al secondo Consiglio in due anni dedicato al clima e questo, a mio avviso conferma quanto il tema sia attuale e urgente e, soprattutto, sia preoccupante dal nostro punto di vista.
Dico subito che, a fronte della compiutezza degli interventi esterni purtroppo registriamo quanto risulti contraddittoria la posizione che ha assunto questa mattina il Presidente Cirio e quota parte anche l'Assessore Marnati che ci suggerisce, leggo testualmente, "di mettere da parte l'ipocrisia e la demagogia su questo tema". Io mi chiedo a chi si stesse riferendo e a chi si rivolgesse l'Assessore Marnati; forse a sé stesso o forse ai suoi colleghi di Giunta; forse alla sua stessa maggioranza che, a fronte di tante belle parole, si rivela poi contraddittoria nelle azioni concrete e incoerente rispetto agli obiettivi che, a parole, dice di voler perseguire. E farò due esempi concreti.
La settimana scorsa abbiamo ascoltato con grande attenzione e preoccupazione l'audizione di ARPA sulla situazione idrologica del Piemonte. Quell'audizione non l'ha chiesta questa maggioranza, ma l'ha chiesta il Gruppo del Partito Democratico e il Presidente Cirio ha fatto bene a citarla. Lo scenario che ARPA ci ha presentato è francamente molto allarmante e ARPA è un istituto emanazione della Regione stessa, quindi assolutamente attendibile.
Quando leggiamo i dati che ci dicono che i corsi d'acqua nel Piemonte sono ridotti nella maggioranza dei casi per oltre il 50% della portata, quando leggiamo che stiamo vivendo il terzo anno più secco degli ultimi sessantacinque, quando leggiamo che il gennaio 2022 è stato il gennaio più caldo degli ultimi sessantacinque anni, ci chiediamo francamente cos'altro debba ancora succedere per farci allarmare. Questo periodo di siccità riguarda tutti, riguarda quelli che hanno sensibilità di centrodestra, di centro e di sinistra.
Quanto incide questo livello di siccità sulla qualità dell'aria che tutti respiriamo, indipendentemente dalle nostre sensibilità politiche? Quanto pensiamo alla situazione cui va incontro l'agricoltura piemontese, che nelle prossime settimane avrà bisogno di prelevare da quei corsi d'acqua già così asfittici l'acqua per irrigare le colture? Francamente, non siamo più nelle condizioni di derubricare queste condizioni a una situazione ordinaria, come alcuni la vorrebbero far passare per certi aspetti. Questa mattina, Luca Sardo ha ricordato quanto questa maggioranza si sia espressa molto spesso in modo negazionista rispetto all'emergenza climatica. Anche questa mattina, l'abbiamo percepito in alcune posizioni.
A fronte di questa situazione preoccupante e a fronte delle testimonianze che abbiamo ascoltato di tante associazioni di cittadini, come quelle di Generazioni Eco, vicine anche all'esperienza di partiti politici come i Verdi, che hanno fatto dell'ecologia la loro ragione di esistere, questi soggetti ci stanno richiamando e sollecitando a una reazione rispetto a quello che sta capitando, alla necessità di cambiare il nostro stile di vita e al tema del consumo del suolo (Mercalli l'ha detto in modo molto efficace questa mattina).
A fronte di tutto questo, sul consumo del suolo (non ricordo se questa mattina il Direttore di ARPA l'ha detto) sappiamo, dai dati di ARPA, che negli ultimi due anni (due anni connaturati dallo stop e dal fatto che ci siamo tutti fermati per la vicenda legata al COVID e al lockdown), in Piemonte si è incrementato il consumo del suolo. Si è incrementata la percentuale di consumo del suolo negli anni in cui siamo stati fermi.
Mentre il Presidente Cirio, con tanta enfasi, ha elencato ciò che il Piemonte avrebbe fatto in questi anni per garantire l'attenzione all'emergenza climatica; mentre oggi discutiamo con tanto dispendio di retorica di tutela dell'ambiente in cui viviamo; mentre ci diciamo di mettere da parte ipocrisia e demagogia, domani, insieme al PEAR (che ha ricordato il Presidente Cirio) continueremo a discutere anche di una legge in materia urbanistica che ha l'obiettivo di semplificare, obiettivo condivisibile, ma che apre di nuovo a una stagione di edilizia ampiamente diffusa sul nostro territorio.
Mentre discutiamo di futuristici treni all'idrogeno, quindi diamo la sensazione che il Piemonte voglia investire sul trasporto ferroviario perché lo considera, com'è, la modalità di spostamento delle persone più sostenibile, in Commissione trasporti, ormai da mesi, discutiamo stancamente di quali sono, tra le linee sospese, quelle che potrebbero essere riattivate, quando sappiamo perfettamente - e l'Assessore Gabusi con grande franchezza ce lo dice ogni volta - che in questo bilancio della Regione Piemonte non abbiamo nemmeno le risorse per confermare le linee già esistenti, altro che aprirne di nuove o ritornare sulle linee vecchie.
Questo la dice lunga su quanto sia qualificata la volontà del Piemonte di arrivare a investire sul trasporto pubblico locale su ferro.
Le stesse perplessità le registriamo anche sul parco rotabile regionale sull'età media dei treni che mettiamo a disposizione dei piemontesi. Ci sono situazioni, nel resto d'Italia, che hanno fatto molti passi avanti: in Emilia Romagna, nel 2014, l'età media dei treni regionali era vicina ai vent'anni; oggi, in Emilia Romagna, l'età media dei treni è di un anno, la più giovane d'Italia. Questo non è avvenuto per caso, non sono arrivati fondi da chissà quale ente superiore. No. L'Emilia Romagna ha scelto di investire sulla rete di trasporto ferroviario regionale; ha scelto di dare un'opportunità ai propri cittadini; ha scelto di indicare l'orizzonte verso cui far tendere la propria comunità di cittadini e l'ha fatto - sappiamo bene - sottraendo risorse ad altri settori. Ha fatto una scelta, una scelta strategica: ha tolto soldi in altri settori e li ha investiti sul trasporto pubblico locale perché crede, con convinzione, che quello sia l'orizzonte di qualità verso cui far tendere le scelte dei propri cittadini.
Nel frattempo in Piemonte, che questo non ha fatto, l'età media dei nostri treni continua a essere intorno ai vent'anni.
Se queste sono le condizioni, mi chiedo come pensiamo di indurre i piemontesi a cambiare stile di vita. Qual è l'indicazione che diamo ai piemontesi? Come pensiamo di convincere piemontesi a usare il treno? Come pensiamo di convincerli a rispettare le regole di pianificazione urbanistica, quando facciamo leggi, sia pur condivisibili di principio, ma poi con deroghe consentiamo a chiunque di fare che quello ritiene a casa propria? In che modo pensiamo, attraverso la nostra attività legislativa (che più volte questa mattina è stata richiamata), di promuovere la sensibilità dei piemontesi per la cultura ambientale e per un vero cambiamento, significativo e profondo, del proprio stile di vita? Noi oggi, l'ha già ricordato il collega Rossi, abbiamo presentato una mozione a prima firma Consigliere Rossi, che suggerisce alcune cose concrete; altre ne suggerisce la mozione presentata dal Consigliere Grimaldi e probabilmente gli altri Gruppi ne hanno presentate altre, anche con indicazioni molto incisive che sono state ricordate. Noi depositeremo una proposta di legge che raccoglie molte considerazioni che oggi abbiamo ascoltato e approfondito.
Noi siamo pronti a mettere da parte quell'ipocrisia e quella demagogia, cui ci ha richiamati l'Assessore Marnati, ma faccio davvero tantissima fatica a cogliere un profilo, seppur embrionale, di coerenza tra ciò che la Giunta Cirio ci racconta e ciò che la Giunta Cirio quotidianamente fa nell'attività quotidiana del governo di questa Regione.
Francamente, credo che oggi sia stata l'ennesima prova di questa incoerenza. Il nostro ruolo di opposizione ci consente non solo di metterlo in evidenza, ma di denunciarlo e, soprattutto, di contribuire a fare in modo che ci sia una correzione dirotta.
Mi auguro che il dibattito e le considerazioni venute fuori oggi ci aiutino in questo senso, per il bene e per il futuro dei piemontesi.
Grazie.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 173 del 21/02/22 - RIVA VERCELLOTTI Carlo - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Emergenza ecoclimatica e riduzione emissioni climalteranti entro 2030


Presidente e colleghi, ho ascoltato con interesse il Consiglio aperto di oggi. Un Consiglio centrato su un problema innegabile, urgente e rilevante qual è l'emergenza ecoclimatica, ma un qualcosa di diverso rispetto all'emergenza ecosanitaria e l'obiettivo della riduzione delle morti per tumore a causa dell'aria che oggi respiriamo anche nella nostra regione.
Non vorrei che discussioni come queste diventino l'occasione non tanto per discutere concretamente dei problemi che riguardano la nostra regione, ma per parlare di problemi che devono, con urgenza, vedere sul banco degli imputati Stati e continenti lontani decine e decine di migliaia di chilometri rispetto a noi.
Noi sappiamo che nella nostra regione i cambiamenti climatici causano danni. Danni alle imprese, non solo agricole, ma alle case, alle infrastrutture pubbliche e private. Allora occorre lavorare sulla prevenzione e sulla ricostruzione e non fingere di farlo; allora penso alle risorse non certo sufficienti messe sul PNRR per finanziare la prevenzione (ricorderanno i colleghi Consiglieri le parole dell'Autorità di bacino proprio sul PNRR durante un'audizione in Commissione). Pure l'ipocrisia quando non si limita a dire che c'è il problema e non si mettono le risorse sufficienti per gestirle, non si limita alla mancata condanna alle sanzioni che non esistono nei confronti di quei Paesi e di quei regimi del mondo che se ne fregano delle emissioni. Forse adesso abbiamo sentito che qualche comparto sarà più fortunato o che, dove magari le lobby sono più forti qualcosa si muoverà, ma su altre - penso all'agricoltura - c'è ancora molto da fare.
L'ipocrisia continua anche nel fingere che la crisi energetica che stiamo vivendo porterà nuovamente all'uso del carbone. L'ipocrisia è venire a raccontare al nostro pianeta che risolveremo i problemi del mondo riducendo la plastica in Piemonte e magari tassando le nostre imprese e magari comprando le borracce che sappiamo tutti essere più dannose all'ambiente nella fase di realizzazione rispetto al riciclo di una bottiglietta di plastica. Peccato poi che veniamo a scoprire che l'Europa intera riversi nei mari del mondo meno dell'1% del totale della plastica.
Dimentichiamo quello che fanno nel Sud-Est asiatico, dimentichiamo che le regole per produrre sono diverse rispetto alle nostre, ma qui nessuno dice nulla. Guai! Là dove la partecipazione e la democrazia sono ai limiti del ridicolo non si dice nulla, riportano i loro prodotti a elevato inquinamento sotto tutti i punti di vista ma, mi raccomando, dazi zero così massacriamo per bene la nostra risicoltura e la nostra agricoltura! Poi diciamo, come ho sentito dire oggi dai nostri agricoltori, che devono fare molto di più. Loro già fanno, e hanno fatto tanto, non si sono mai tirati indietro, ma perché gli stessi che danno ordini ai nostri agricoltori e ai nostri risicoltori non si scatenano un po' contro le lobby del commercio europeo? Contro quei Paesi del Sud-Est asiatico? Oppure contro i grandi fondi d'investimento internazionale che portano via la terra all'agricoltura per fare il rinnovabile? Com'è più facile criticare e assaltare magari le istituzioni locali, che non prendersela con quelle che in giro per il mondo, fanno disastri, veri.
Si dice che c'è un'emergenza climatica, ma di quella sanitaria forse si parla ancora troppo poco. Allora penso che la nostra Regione, come molte altre italiane, sul tema dei cambiamenti climatici sia tra quelle più attente e probabilmente impegnata non soltanto in Europa, ed è giusto che si continui in quella direzione. Ma dello smog - che da noi in Piemonte è un problema gigantesco, siamo consapevoli della situazione climatica, ma noi piemontesi siamo lasciati soli - vogliamo parlarne? Vogliamo far prendere coscienza alla nostra Nazione e all'Europa che viviamo in un appartamento con una piccola finestrella e dove non c'è ricambio d'aria? Il bacino padano è tutto circondato da montagne, che sono magnifiche, è la nostra conformazione geografica, ma purtroppo i soffi d'aria sono limitatissimi durante l'anno (a parte la giornata odierna).
Vogliamo raccontare ancora la "balla" che le due domeniche senz'auto risolveranno i problemi del nostro Piemonte? O vogliamo chiedere ancora alla Regione che stanzi qualche altro milione di euro? Serve come svuotare un lago con un cucchiaio. La Regione deve continuare a fare la sua parte ci mancherebbe altro, ed è giusto che lo faccia - ma dev'esserci la consapevolezza da Roma e da Bruxelles che il bacino padano ha un problema che è unico in Europa, ma senza un programma strategico, coordinato integrato con cifre che per il nostro bacino e per il nostro territorio non possono certo essere con meno di nove zeri, scordiamoci che potremo fare qualcosa di radicale per risolvere il problema nei prossimi anni.
E non ci vengano a dire che non ci sono soldi, perché poi vediamo le scelte del Governo, il bonus del 110%! Qualcuno mi deve spiegare che senso ha confrontare il problema ambientale che ha il bacino padano e il Piemonte con il prevedere il bonus del 110% nelle isole e nei litorali ventosi, dove il problema del cappotto e dell'efficientamento energetico è tutt'altro che.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 174 del 21/02/22 - GRIMALDI Marco - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


"Emergenza ecoclimatica e riduzione emissioni climalteranti entro 2030" atti d'indirizzo collegati (seguito)


Grazie, Presidente.
Inviterei tutti, a partire da chi ricopre ruoli istituzionali di Giunta in Consiglio, a ringraziare i nostri ospiti, che siano internazionali, come quelli che abbiamo ascoltato o che siano ospiti presenti in nome di autorità scientifiche, di ricerca, come hanno fatto i nostri atenei, o di organizzazioni internazionali; che siano studenti o giovani ,che hanno fatto sì che questa discussione fosse aperta e che fosse di nuovo centrale in Consiglio regionale.
Perché faccio questa premessa? Perché tutto possiamo fare, meno che deriderli o spiegare loro se dovevano avere o no un intervento scritto quando la gran parte dei colleghi non era né connessa in termini continuativi, come molti colleghi, invece, hanno fatto, di maggioranza e opposizione. Tanto più, quando, di fatto, è caduto addirittura il numero legale, il che è abbastanza incredibile: anche in macchina è più facile schiacciare il tasto del microfono che quello del video, ma alcuni colleghi non sono riusciti a fare neanche questo.
Proviamo intanto a rispettarci, non tanto fra noi, ma a rispettare chi ha occupato la gran parte della giornata anche qui fuori. Come sapete, sono con il collega Gavazza e il Consigliere Martinetti, in grande solitudine in questa giornata; so che molti di voi hanno, invece, seguito attentamente. La cosa che mi preme, invece, oggi è stilare un documento fatto con i Gruppi consiliari di opposizione. Ringrazio ovviamente i Consiglieri del PD, del Movimento 5 Stelle, della Lista Monviso e del Movimento 4 ottobre che hanno sottoscritto, allungato e fatto aggiungere questo documento. Ringrazio, anche, ovviamente chi, come ad esempio Legambiente, gli atenei, i componenti dei Comitati per l'acqua o delle associazioni come Co.Mu.Net che hanno voluto suggerire tanti degli emendamenti che abbiamo provato a raccogliere. L'ascolto, come dicevate prima, va in qualche modo perseguito anche per le finalità per cui si è chiesto questo Consiglio regionale aperto, che non era un Consiglio solo di quel grado sancito dal IPCC come grado causato dal riscaldamento e dall'impronta ecologica del mondo.
Questo Consiglio serve anche per fare delle dichiarazioni; noi le abbiamo trasformate in un patto per il clima. Ricordo a tutti che - ahimè - gli estremi caldi saranno più numerosi rispetto a quelli freddi in tutti i territori continentali; si ricorda come la crisi climatica ed ecologica non solo sia già alle nostre porte, ma provoca ogni anno danni per centinaia milioni di euro anche nel nostro territorio. Nell'ordine del giorno si ricorda che le disuguaglianze sociali accelerano la distruzione dell'ambiente e generano anche ulteriore ingiustizia ambientale, poiché gli effetti della crisi si distribuiscono in modo diseguale fra ceti forti e ceti deboli, tra territori solidi e territori fragili. L'emergenza colpisce soprattutto i Paesi più poveri.
Lo dico senza nessuna disprezzo rispetto alle discussioni fatte sulla Cina e sull'India, ma ricordiamoci invece dove centinaia di milione di persone devono la loro sopravvivenza alla capacità di resistere e risollevarsi da catastrofi climatiche sempre più estreme. Cosa deve dire chi sta portando alla fame oltre 50 milioni di persone solo in Africa: sarà colpa loro? Secondo voi, è colpa dei loro consumi? Devono migrare? Spesso le discussioni andrebbero connesse, altrimenti non si capisce davvero da dove partiamo.
Per affrontare e risolvere una crisi di tale portata occorre innanzitutto uscire dalla visione di "ambiente" come una responsabilità settoriale ad entrare in un'ottica per la quale tutte le politiche devono essere funzionali all'obiettivo della riconversione ecologica della società.
Colleghi non vi sentiate offesi se diciamo che alcune parole non sono conseguenti agli atti legislativi; dopodiché oggi serve a mettere un punto a capo. La giornata non serviva a rimproverarci rispetto solo al passato: ognuno di noi ha la sua ideologia e non vedo perché un'ideologia deve essere, in qualche modo, espulsa dalla discussione come se il liberismo e il libero mercato non fossero una delle ideologie più forti che esistono su questa terra.
È compito, invece, della Regione dare piena attuazione alla recentissima revisione della Costituzione italiana che, con le modifiche dell'articolo 9, introduce la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni; con le modifiche dell'articolo 41, si include salute e ambiente tra i limiti all'iniziativa economica privata e aggiunge - appunto - fini ambientali, indirizzo e coordinamento dell'attività economica pubblica e privata.
Noi abbiamo voluto spiegare perché la COP26 svolta a Glasgow rischia di essere l'ennesima occasione persa nella corsa contro il tempo per fermare l'emergenza climatica, in quanto gli impegni assunti hanno spostato ulteriormente in avanti le lancette dell'orologio, rimandando ai prossimi appuntamenti internazionali l'aumento della soglia di riduzione delle emissioni e un accordo globale sul phase out carbone.
Stando alle più recenti analisi climatiche svolte da ARPA, in Piemonte i dati relativi alle variabili climatiche, così come l'aumentata frequenza di eventi esterni, dimostrano come in larga misura il territorio sia già esposto agli effetti del cambiamento climatico. Il Piemonte è caratterizzato da una geografia molto differenziata; il 43% circa del territorio regionale del Piemonte è montuoso e le alpi costituiscono un hot-spot di cambiamento, ovvero un'area dove le temperature crescono più rapidamente e gli effetti si manifestano in modo più evidente.
La conoscenza di come il clima stia cambiando negli ultimi anni, di come potrà cambiare.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 175 del 22/02/22 - ROSSI Domenico - Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici


Proseguimento esame atti di indirizzo collegati all'Assemblea aperta relativa a "Emergenza ecoclimatica e obiettivo della riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2030"


Grazie, Presidente.
Volevo intervenire per provare a contribuire a questa discussione che oggi mi sembra sia instradata in binari un po' più equilibrati. Quando discutiamo di emergenza climatica, entriamo in un livello di complessità per cui un nostro atto d'indirizzo, di maggioranza o di minoranza - com'è corretto e giusto che sia - non può contenere le soluzioni a un problema epocale, evolutivo e che sta mettendo in crisi le migliori intelligenze individuali e collettive presenti in questo momento.
Quest'atto di umiltà iniziale credo che dobbiamo farlo tutti, nel senso che non esiste nessuna bacchetta magica che ci consenta di uscire da questa situazione, senza pagare un prezzo. È forse l'equivoco di fondo in cui stiamo cadendo un po' tutti, qualcuno magari nascondendosi dietro una transizione graduale; se transizione graduale significa continuare come stiamo facendo, rallentando e mettendo un po' di greenwashing nelle nostre azioni, significa continuare verso il suicidio collettivo. Dall'altro lato l'hanno detto bene i colleghi, paghiamo ancora adesso le conseguenze delle scelte del passato.
Il nucleare pulito di ultima generazione non esiste ancora, non possiamo certo portare oggi sul tavolo qualcosa su cui al massimo possiamo auspicare che ci sia una ricerca in cui il nostro Paese e l'Unione europea faccia la sua parte. Stiamo parlando di ricerca, non stiamo parlando di una soluzione disponibile.
Lo stesso vale per le soluzioni relative a nuove estrazioni del gas o di termovalorizzatori che non possiamo utilizzare come se non fossero discussioni che abbiamo già fatto e che nascondono un livello complesso di analisi. Poi è chiaro che oggi questa situazione è aggravata anche dalla situazione geopolitica internazionale. Oggi il tema del gas è entrato non soltanto all'interno della discussione della crisi eco-climatica, ma diventa anche un tema che si collega a uno scenario, purtroppo, ahinoi, di guerra in Europa, cosa che avremmo voluto scongiurare e che mai avremmo pensato di dover vedere in questi anni.
Da questo punto di vista, dobbiamo fare uno sforzo, tanto più in una discussione che riguarda gli atti d'indirizzo rivolti alla Giunta regionale. Quando parliamo di termovalorizzatori, non è che stiamo facendo una discussione accademica, stiamo ponendo un atto d'indirizzo all'Assessore Marnati. Il tema è se vogliamo, all'interno della discussione di questi giorni, che in Piemonte si facciano nuovi termovalorizzatori, ma è chiaro che la nostra risposta è no. Sappiamo benissimo che in Piemonte aumentando ancora di più la sua raccolta differenziata e la sua capacità di riciclo della differenziata (vero tema di cui si parla un po' di meno), con il Gerbido è autosufficiente. Se la Regione arrivasse a fare una differenziata del 70-75%, a noi basterebbe il Gerbido. Non abbiamo bisogno di altri termovalorizzatori.
In altri posti d'Italia e del mondo potrebbero esserci soluzioni meno impattanti, per esempio delle discariche? Sì, può essere, ma non ci servono in Piemonte.
Dobbiamo anche contestualizzare l'atto d'indirizzo dentro la discussione quindi è chiaro che in questa discussione stanno emergendo con chiarezza visioni completamente alternative tra la maggioranza e le opposizioni.
Sappiamo tutti che, quando si è al Governo, la realtà ci strattona un po' di più, perché c'è l'esigenza immediata del territorio e il problema di dove mettere i rifiuti per evitare le emergenze viste in altre parti d'Italia e del mondo. Lo sappiamo benissimo, ma non possiamo immaginare che la soluzione al problema discusso nella giornata di ieri sia il nucleare, i termovalorizzatori e aumentare l'estrazione di gas.
Già nella scorsa legislatura abbiamo fatto discussioni, per esempio su nuove ipotesi di trivellazioni, e le stesse multinazionali, nelle ultime settimane, hanno ritirato la loro proposta di trivellare. Noi diciamo per fortuna, ma dobbiamo capire che partita può giocare il Piemonte, sapendo benissimo che la partita del Piemonte è una partita limitata, che pu contribuire in minima parte. Noi non accettiamo la retorica del fatto che la transizione ecologica toglie posti di lavoro, mentre lo schema attuale li mantiene. È una bugia, perché abbiamo visto - e ce l'hanno dimostrato anche i numeri: basta leggere il Piano Strategico Europeo per l'economia circolare, la strategia nazionale, il documento "Alleanza per l'economia circolare italiana" e le tante fondazioni che stanno nascendo - che dietro lo sviluppo di nuovo modello di economia ci sono migliaia di posti di lavoro.
È chiaro che bisogna saperle costruire. Nelle transizioni è chiaro che c'è qualcosa che si perde, perché c'è qualcosa d'altro che si guadagna. Se rimango attaccato soltanto a ciò che rischio di perdere, lo perderò lo stesso. Abbiamo visto quanto la politica oggi sia debole rispetto a un mondo che cambia e che stravolge i vecchi modelli. Sta a noi intuire cosa sta accadendo e inserirsi nel percorso in maniera virtuosa, ma non viziosa cioè vedere il nuovo e sfruttarne la parte positiva.
Se rimaniamo ancorati a difendere quello che resta, al di là del fatto che non decidiamo noi, continueremo a pagare il prezzo che stiamo pagando: un'emergenza che peggiora sempre di più.
Come ha detto bene qualcuno ieri, non c'è nessun posto di lavoro da difendere in una terra dove non c'è vita o dove la qualità della vita è completamente rovinata. Se non interveniamo in maniera importante, anche solo sul tema sanitario e sulla salute, abbiamo visto quante persone moriranno e qual è il tasso delle persone che si ammaleranno o moriranno per problemi legati all'inquinamento dell'aria.
Quando diciamo che siamo di fronte a un'emergenza e che serve un intervento immediato, diciamo che non possiamo più permetterci di usare parole come "con calma; con lentezza; vedremo; lo facciamo con calma". Se avessimo usato questo approccio, ad esempio per la pandemia COVID, avremmo avuto persone morte per strada. Quello che chiediamo, prima di tutto, è un cambiamento di approccio: vogliamo che ci sia consapevolezza sul fatto che tutto ciò che può essere fatto oggi andava fatto ieri. Se lo rimandiamo ancora a domani, semplicemente stiamo aggravando una situazione che già oggi e già ieri non era più tollerabile. Ecco perché rischia di diventare una posizione ipocrita.
Non c'è più tempo. Questo è il tema. Se la risposta a "non c'è più tempo" è "facciamo con calma", stiamo prendendo in giro. Dobbiamo avere, invece l'onestà intellettuale di dire: non sono d'accordo con te, non c'è nessuna crisi, o comunque c'è una leggera crisi che possiamo risolvere con calma.
Questo bisogna avere il coraggio di dire. Qualcuno della maggioranza questa cosa la dice con chiarezza: non c'è l'emergenza ecoclimatica, quando si usa la parola "approccio ideologico". Certo che è un approccio ideologico, ma è un approccio ideologico anche quello che nega la crisi ecoclimatica. È sempre un'ideologia, intesa come una visione del mondo, ma sono due visioni diverse che si stanno scontrando nel pianeta. Voi, in realtà, siete con quelli che ieri avete criticato, la Cina, perché il modello è quello. Che cosa ci dicono quei paesi, che però hanno più ragione di noi, da questo punto di vista? Dicono: voi vi siete sviluppati, non potete chiedere adesso a noi, che stiamo emergendo ora, di frenarci. Noi, invece, questa ragione non l'abbiamo neanche.
Tra la giornata di ieri e quella di oggi è emerso con chiarezza che ci sono due visioni: chi crede che il tempo è scaduto e che occorre fare in fretta con urgenza; chi invece dice no, non è vero. Ancora oggi, nella discussione, questo è evidente in maniera plastica. Crediamo occorra intervenire sulla crisi ecologica dando massima priorità e non rimandando più nulla. Ecco perché abbiamo fatto un lungo elenco, anche nei nostri atti d'indirizzo, delle cose che riguardano la Regione, non la Cina, cioè le cose che può fare la Regione Piemonte. Sono tante, alcune le sta facendo altre le potrebbe fare, altre le potrebbe fare più veloce e alcune - ha ragione l'Assessore - dipendono anche dal Consiglio, da noi. Se il Consiglio, però, dice che alcune cose non sono urgenti, sicuramente non ci metterà nella condizione di andare in fretta.

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