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  • Parola chiave: emergenza climatica

Legislatura n. XI - Seduta n. 24 del 15/10/19 - GODIO Gian Piero, Associazione Pro Natura - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno. "Ambiente e clima, quali soluzioni per il futuro?"


Buongiorno, sono Gian Piero Godio per Pro Natura Piemonte.
Grazie, Presidente e grazie al Consiglio regionale, che ha voluto sentire le associazioni di tutela ambientale.
Per chi, come me, fa parte di un'associazione di tutela ambientale (ma credo per tutti), è una grande fortuna che, nell'80% dei casi, la tutela del clima e la tutela dell'ambiente vadano di pari passo. Pertanto, per questo 80% di casi, è inutile interrogarsi, come a volte si fa, se il cambiamento climatico sia o no provocato dalle attività umane, perché, in ogni caso, per tutelare il clima servono gli stessi comportamenti che dovrebbero essere assunti per tutelare l'ambiente e la salute dall'inquinamento. Anzi, in questi casi l'emergenza climatica pu contribuire addirittura a dare slancio alle iniziative di tutela ambientale e viceversa.
Come affermava bene il Presidente nell'introduzione, in questi casi l'emergenza è veramente emergenza e quindi bisogna passare - ed è questo il momento - dalla propaganda e dalle iniziative dimostrative di sensibilizzazione alle azioni concrete, in pochi anni, cambiando di passo.
Ciascuno deve fare la propria parte (anche questo veniva già detto): da un lato, i cittadini, ma la loro azione personale non basta e non può bastare dall'altro lato, le Istituzioni (la Regione, le Province, i Comuni, anche le imprese), ma neppure queste da sole possono bastare. Si devono attivare entrambi, si potrebbe dire dal basso e dall'alto.
Gli esempi di questa consonanza fra tutela dell'ambiente e tutela del clima sono molti. Io ne faccio qualcuno: dobbiamo, ad esempio, triplicare, perch occorre portare avanti delle azioni vere ed efficaci, gli impianti fotovoltaici attraverso, ad esempio, l'istituzione di un fondo rotativo per gli impianti che vengono realizzati sulle coperture. Avremo meno emissioni climalteranti, avremo anche meno emissioni inquinanti per la produzione di energia.
Dobbiamo azzerare il consumo di suolo, dobbiamo rigenerare i suoli degradati, piantare e allevare milioni di alberi anche dentro le città attuando immediatamente quanto prescritto anche dalle leggi già esistenti.
Dobbiamo triplicare l'agricoltura biologica (dico dei numeri un po' forzati, ma per capire che il passo deve essere veramente grande), la vera agricoltura biologica, quella che non consuma energia con i pesticidi e che rispetta la salute e l'ambiente.
Dobbiamo dimezzare il consumo di prodotti animali (questo è più un compito dei cittadini); così facendo evitiamo le emissioni climalteranti degli allevamenti e il consumo di suolo agricolo per i foraggi e miglioriamo la salute.
Dobbiamo annullare le colture agricole che hanno finalità esclusivamente energetica, destinando alla produzione di energia solamente quegli scarti delle produzioni per uso alimentare che già sono disponibili.
Dobbiamo provvedere all'isolamento termico degli edifici, sostenendolo anche in questo caso, forse attraverso un fondo rotativo per i cittadini a più basso reddito.
Bisogna ridurre i rifiuti e recuperare i materiali di cui sono costituiti: basta con le discariche, specie se in zone alluvionabili, o in zone ad alta qualità agronomica, o in zone che non dispongono di barriere geologiche naturali che proteggano la falda acquifera sottostante. Semmai, sarà opportuno trattare le vecchie discariche, invece che realizzarne di nuove! Oggi però - faccio un breve inciso - le cose non vanno così: penso, ad esempio, alla proposta di una nuova discarica di rifiuti speciali a Frugarolo (una delle più recenti), in provincia di Alessandria, in un'area che di questi prerequisiti non ne ha neppure uno. Speriamo che la Regione che è parte in causa, esprima un parere negativo. Insomma, c'è ancora molto da fare.
È necessario implementare prioritariamente i trasporti pubblici locali con investimenti massicci, dappertutto, prima - diciamo noi - di altre iniziative trasportistiche, quali i treni ad alta velocità come la Torino Lione o il Terzo Valico.
Occorre agevolare la mobilità dolce, privilegiare i veicoli elettrici o ibridi, e arrivare a un Piemonte libero dai diesel entro il 2025, come ci siamo riproposti.
Ancora, si devono evitare nuove trivellazioni per estrarre combustibili fossili di qualsiasi tipo. Shell ha ritirato in questi giorni il suo progetto, che riguardava il Novarese e parte del Vercellese. Se la Regione crede veramente nella riduzione delle emissioni climalteranti e, al tempo stesso, inquinanti, in questo caso deve esprimere parere negativo su tutte le procedure analoghe su tutto il territorio regionale.
Certo, vi è un 10% di casi in cui la tutela del clima contrasta, in qualche modo, con la tutela dell'ambiente. Vorrei soffermarmi anche su questi. In questi casi, occorrerà, ovviamente, comparare oggettivamente e scientificamente gli effetti delle possibili scelte, perché non si muore di sola CO2, neanche in Europa! Porto alcuni esempi: per la combustione delle biomasse vegetali occorrerà valutare davvero in modo trasparente e onesto qual è l'energia ricavata e qual è l'inquinamento che si produce dalla combustione della legna, e confrontarli con quello che i boschi possono dare come "fornitori" di servizi ecosistemici, come serbatoi di CO2 e come risorsa naturale.
Veniamo agli impianti mini e micro idroelettrici sui piccoli corsi d'acqua naturali che forniscono una bassa quantità di energia: devono essere evitati, a nostro avviso, quando riducono la naturalità del corso d'acqua specie dei corsi che sono tutelati e che sono di elevata qualità. E non ci devono essere deroghe per nessun tipo di strategicità.
Anche qui, però, le cose oggi non vanno così: penso, ad esempio all'impianto proposto a Rassa, in Valsesia, in provincia di Vercelli, sul torrente Sorba, nel bacino dell'alto Sesia, che è uno dei due soli bacini fluviali classificati come "a elevata tutela"; si tratta di un impianto che, a far bene i conti, quasi non genera nemmeno utili, ma al quale la Regione sta per confermare il riconoscimento della cosiddetta "valenza strategica". Spero che questo non avvenga.
Veniamo, poi, alla combustione dei rifiuti, altro argomento controverso: a fronte della poca energia recuperata dalla combustione, l'uso dell'inceneritore deprime la raccolta differenziata e il conseguente recupero dei materiali che costituiscono i rifiuti.
Da ultimo, parliamo degli impianti di teleriscaldamento, anche qui a volte controversi: devono avere un saldo di emissioni climalteranti e inquinanti sempre positivo, anche a livello locale, e per tutti gli inquinanti.
Altrimenti, perché realizzarli? Vi è, poi, un altro 10% di casi - mi avvio alla conclusione - dove la tutela dell'ambiente non ha sostanziali effetti né positivi né negativi sulla tutela del clima (sempre parlandone sbrigativamente). Ci tengo a precisarli, perché avevo capito che si parlasse anche di ambiente, e non solo di ambiente in relazione al clima, per cui sono comunque aspetti determinanti che vorrei citare. Ad esempio, in merito alla tutela delle falde acquifere profonde, la Regione le ha individuate nel proprio PTA con grande precisione: ora le protegga davvero dalle attività a rischio, dalle discariche, eccetera eccetera. Ancora, per quanto concerne la tutela della biodiversità e della naturalità, la Regione protegga davvero le proprie aree protette - scusate il gioco di parole - anche con limitazioni dell'attività venatoria e dei relativi ripopolamenti, e con rigorose valutazioni d'incidenza.
Per le grandi opere, si scelga di investire in quelle appropriate, ad esempio nell'isolamento delle falde acquifere, che in tutta la pianura sono comunicanti per effetto delle precedenti trivellazioni. Ancora, s'investa nella prevenzione dal dissesto idrogeologico, nella realizzazione delle casse di laminazione naturale per evitare le alluvioni, eccetera.
Si sostenga, poi, l'applicazione di nuove tecnologie solo se non aumentano l'esposizione ad agenti potenzialmente dannosi, oppure solo se preventivamente ne è stata dimostrata l'innocuità per la salute e per l'ambiente. Anche in questo caso, mi pare che le cose non stiano andando però così: penso, ad esempio, all'introduzione del 5G, una tecnologia promettente sotto certi punti di vista, ma che fino ad ora non ha avuto le garanzie sul non aumento dell'esposizione dei cittadini ai campi elettromagnetici ad alta frequenza, e senza una preventiva dimostrazione sperimentale della sua innocuità. La Regione, in proposito, potrebbe aggiornare la propria normativa, incentivando i Comuni a proporre adesso prima dell'introduzione del 5G, dei piani di localizzazione che abbiano l'obiettivo di rendere l'esposizione quanto più bassa possibile.
Infine, sul nucleare, le Associazioni Pro Natura e Legambiente vengono da quell'esperienza: si escluda il suo utilizzo - lo do quasi per scontato come fonte energetica utile, a causa della sua pericolosità e della durata delle scorie radioattive, nonché delle emissioni anche di gas climalteranti dovute a tutti i cicli a monte e a valle delle centrali.Non ci si dimentichi neppure che, purtroppo, i materiali radioattivi della vecchia stagione nucleare, che si è conclusa nel 1987, sono all'80% in Piemonte e sono in siti a rischio (come quello di Saluggia) che vanno liberati al più presto da ogni tipologia di materiale radioattivo.
In tutti i casi - e concludo veramente - la situazione richiamata dal Presidente e l'urgenza di risolvere concretamente queste problematiche impongono anche provvedimenti di più ampio respiro e di metodologia globale.
Occorre riorientare la ricerca, stante l'ovvia limitatezza delle risorse esclusivamente verso la sostenibilità, per aumentare l'efficienza in ogni processo, per aumentare il rendimento delle fonti rinnovabili, in particolare di quelle a più basso impatto ambientale; magari anche per il nucleare da fusione (ma solo per quel "nucleare da fusione" che è senza radiazione neutronica, che altrimenti renderebbe radioattivi i materiali) o anche su nuove tecnologie per le telecomunicazioni, ma, come ho già detto, solo se sono in grado di evitare un aumento dell'esposizione della popolazione.
Infine, come metodo - se mi consentite l'espressione - occorre smetterla con i giochetti, oppure, in altre parole, smetterla di farci fessi da soli: si faccia sempre un'analisi oggettiva e scientifica sugli effetti diretti e indiretti delle varie scelte (effetti nello spazio e nel tempo), con un approccio LCT-LCA (Life cycle thinking-Life cycle assessment), che un tempo era considerato un passatempo per ambientalisti troppo idealisti, ma che per fortuna, oggi è diventata materia d'insegnamento abituale nei nostri corsi universitari. Questo dovrebbe essere l'approccio che noi raccomandiamo.
Grazie.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 24 del 15/10/19 - PRESIDENTE - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno. "Ambiente e clima, quali soluzioni per il futuro?"


Grazie.
La parola alla signora Adriana Elena My, Presidente dell'Associazione Italia Nostra.
MY Adriana Elena, Associazione Italia Nostra Buongiorno a tutti.
Rappresento Italia Nostra, com'è già stato detto.
In un momento di emergenza climatica e ambientale, come quello che stiamo vivendo, e di cui tutti o quasi tutti siamo consapevoli, gli studenti che scendono in piazza ci chiedono di fare presto. E allora diventa centrale il tema della transizione, che ormai ha il fiato corto da uno stile di vita a un altro, da un modello di sviluppo, ormai insostenibile, che ha per oggetto la crescita infinita, a un altro. È necessario riprogettare una società sostenibile.
Il ruolo dell'informazione è cruciale, ma non sempre sufficiente: è necessario diffondere maggiormente questa consapevolezza e il ruolo delle Istituzioni è fondamentale.
Che cosa significa vivere secondo criteri di sostenibilità? È già stato detto molto e, comunque, sentiamo ogni giorno le stesse cose. Significa ridurre i consumi, consumare solo ciò che è realmente necessario, ignorando le mode effimere; promuovere un'economia circolare che massimizzi il riuso degli oggetti e il riciclo dei materiali e minimizzi la produzione dei rifiuti.
È necessario riparare gli oggetti, gli elettrodomestici, anziché comprarli nuovi, ed evitare gli acquisti superflui; anche al supermercato prediligere prodotti sfusi alle confezioni di plastica; soprattutto, e possibilmente scegliere quei negozi che vendono i prodotti già sfusi e anche i Gruppi d'Acquisto sono un modo per evitare le confezioni di plastica.
Occorre ridurre sensibilmente il consumo di carne, la cui produzione richiede più acqua, energia, fertilizzanti e, quindi, più emissioni serra pratiche agricole e di allevamento meno invasive, riduzione di fitofarmaci e concimi; mantenimento della biodiversità; ridurre gli sprechi di energia.
Più efficienza energetica negli edifici a partire da quelli pubblici cappotti per la riduzione delle dispersioni, uso d'infissi appropriati e così via, in tutti i processi industriali.
Massiccio ricorso alle fonti rinnovabili; scegliere fornitori di energia al 100% rinnovabile ed etica; razionalizzare l'uso dei trasporti che dovranno essere sempre di più elettrici o ibridi; dismettere veicoli a benzina e diesel. Già Gran Bretagna, Olanda, Francia e Norvegia hanno annunciato di voler dismettere gradualmente benzina e diesel in un periodo previsto dal 2025 al 2040. La mobilità sostenibile si realizza riducendo drasticamente l'uso dell'auto privata, per lasciare spazio alla mobilità dolce (pedonale e ciclabile) e rafforzando il trasporto pubblico locale con mezzi ecologici. In questo modo, ci si riapproprierebbe di spazi urbani che ora quasi non vediamo: piazze e strade riconquistate alla socialità.
Consumo di suolo e cementificazione. In Italia continuiamo a distruggere il suolo: otto metri quadri al secondo! Non è ancora stata approvata una legge che ne regoli e ne riduca il consumo. Il terreno dovrebbe servire per la produzione alimentare, per la depurazione delle acque, per la protezione dalle alluvioni, per la sottrazione del carbonio dall'atmosfera per il mantenimento di un paesaggio gradevole al turismo e a noi stessi. È necessario mettere uno stop al consumo di suolo per incentivare ristrutturazioni, riconversioni e bonifiche di aree dismesse.
Le grandi opere trasportistiche (autostrade, superstrade, ferrovie) devono essere stoppate, non servono, non servono più. Il professor Marco Ponti del Politecnico di Milano ritiene che in Italia d'infrastrutture ce ne siano già abbastanza e che è improbabile che i nuovi megaprogetti propagandati come indispensabili siano decisivi per lo sviluppo del Paese.
Piantare alberi in città, lungo i fiumi, nei parchi nelle rotonde, nelle campagne ai margini dei campi coltivati. Purtroppo, con la scusa della sicurezza automobilistica non si fanno più alberate lungo le nostre strade ma al nostro paesaggio viene a mancare qualcosa: ripiantiamo viali alberati e andiamo più piano rispettando il codice stradale. Come tutti sappiamo, le piante riducono il cambiamento climatico, assorbendo anidride carbonica e producendo ossigeno, ospitano uccelli e insetti utili, riducono le isole di calore durante le ondate di calore estivo, rinfrescando l'atmosfera, fanno più bello il paesaggio e, quindi, la nostra vita, perché esiste interconnessione fra le creature, come insegna il Cantico francescano: un tipo di coscienza che dobbiamo recuperare, perché quello di uomini e alberi è un destino inscindibile. Piantare alberi ovunque sia possibile è un atto di fiducia nel futuro.
Riforestare le città avendone poi cura. Purtroppo, in questi ultimi tempi assistiamo invece a frequenti abbattimenti di alberature nelle nostre città e non è sempre per situazioni di sicurezza. Piantare alberi, che sono un filtro per l'aria e per l'acqua, che contribuiscono alla termoregolazione del pianeta, ci aiuterà a rallentare il corso del cambiamento climatico.
Scrive Claude Lévi-Strauss: "Un tempo la natura aveva un significato che ognuno, nel suo intimo, percepiva. Avendolo perso, l'uomo oggi la distrugge e si condanna". Sì, perché la natura può vivere e continuare a generare e rigenerare anche in assenza dell'uomo; al contrario, noi senza la natura non esisteremmo.
Secondo l'autore di un saggio pubblicato in Francia, Antonin Pottier ricercatore al Centre d'Économie Industrielle dell'École des Mines de ParisTech, "l'attuale modello economico dominante deforma la realtà e ci impedisce di prendere i giusti provvedimenti". Di fronte ai segni premonitori di una crisi epocale che investirà noi e le generazioni future non possiamo permetterci di affidarci a un'economia astratta e isolata dalla biofisica planetaria, da cui dipendiamo. C'è il pianeta di Greta che pulsa di vita e c'è il pianeta di Goldman Sachs che produce dividendi e che vorrebbe continuare a estrarre, bruciare e cementificare. Noi vogliamo vivere in quello di Greta. La sezione di Bra di Italia Nostra ha organizzato un convegno sull'importanza del verde e degli alberi in città.
Il convegno avrà luogo sabato 19 ottobre e lascio un po' di programmi e inviti.
Grazie.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 24 del 15/10/19 - LANFRANCO Niccolò, Fridays for Future - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno. "Ambiente e clima, quali soluzioni per il futuro?"


Buongiorno a tutte e a tutti.
Mi chiamo Nicolò Lanfranco e sono un membro del Fridays for Future. Il nostro è un movimento internazionale, universale, che coinvolge tutti.
Siamo nati per chiedere azioni da parte dei Governi ma, al tempo stesso vista la nostra capillarità, agiamo anche nel locale per quello che possiamo fare.
Oggi siamo qui per chiedervi di prendervi le vostre responsabilità in qualità di politici, di rappresentanti, di adulti, di genitori e di umani.
Avete delle responsabilità verso la salute dei cittadini che rappresentate avete delle responsabilità nei confronti della scienza, avete delle responsabilità verso la nostra generazione ma, soprattutto, verso le generazioni che verranno.
Il 10 settembre siamo venuti in audizione consiliare a portarvi un messaggio. Il 27 settembre abbiamo dimostrato che quel messaggio è l'urlo di 140 mila piemontesi, un milione d'italiani e otto milioni di esseri umani. Oggi ci aspettiamo una risposta. Ci aspettiamo che comprendiate la situazione e che prendiate atto dell'emergenza in cui ci troviamo.
Pretendiamo che da domani questa dichiarazione venga trasformata in fatti.
Un ragazzo che nasce e cresce in Piemonte vive in media due mesi in meno rispetto a un suo coetaneo di un'altra regione italiana. Da anni la Pianura Padana è costantemente oltre la soglia di sicurezza dell'OMS per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico. Questo è solo uno dei problemi. I cambiamenti climatici nei prossimi anni diventeranno la minaccia per eccellenza nella nostra regione, se voi continuerete a ignorarla e a non agire. Vi basti pensare che la temperatura massima media piemontese è aumentata di due gradi in soli sessant'anni. Questo significa che i nostri figli e i nostri nipoti non conosceranno più questa regione come l'abbiamo vista noi, non sapranno cosa è un ghiacciaio, non sapranno cos'è la neve. I nostri ghiacciai alpini, che sono ormai diventati degli indicatori terrestri del cambiamento climatico, ci mostrano la loro sofferenza.
Dall'inizio del Novecento abbiamo perso il 50% della massa glaciale e il 70% di questa solo dagli anni Settanta. Si parla di milioni e milioni di metri cubi di ghiaccio persi ogni anno. Questo deve allarmarci.
Nella nostra regione l'estate 2019 è stata la terza più calda di sempre. La società meteorologica italiana ha registrato drammatiche perdite di ghiaccio quest'estate, con una serie di bilanci negativi che vanno ad assommarsi a quelli degli scorsi anni. Ad esempio, sul ghiacciaio del Ciardonay del Gran Paradiso, quest'estate abbiamo perso un metro e 65 centimetri di spessore e ben otto metri di fronte glaciale.
Non stiamo parlando di qualcosa che sta accadendo in un luogo lontano l'emergenza climatica è qui, nella nostra regione. Quando i nostri nipoti chiederanno perché nessun politico ha avuto a cuore il nostro futuro, cosa risponderete loro? Che non lo sapevate? Che non ci credevate? O che era più facile girarsi dall'altra parte? Dobbiamo essere tutti uniti in questa battaglia. Noi stiamo facendo tutto ciò che possiamo e ora tocca anche a voi fare il vostro. Il futuro della nostra specie si decide qui e ora, con ogni singolo provvedimento legislativo che approverete e potrete difenderlo o affossarlo: è una grande responsabilità, ma anche un grande onore. A voi la scelta!

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Legislatura n. XI - Seduta n. 24 del 15/10/19 - POGGIO Alberto, Politecnico di Torino - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno. "Ambiente e clima, quali soluzioni per il futuro?"


Chiudiamo la carrellata con il Politecnico, che, insieme agli altri atenei sta cercando di sperimentare un modello organizzativo per implementare la sostenibilità all'interno della nostra attività, in tutto, quindi nei nostri muri, nei nostri edifici, nei nostri serramenti, nell'attività di formazione, nella ricerca. E lo facciamo con una squadra che abbiamo chiamato Green Team, che è in staff alla guida dell'ateneo. È guidata dalla pro Rettrice, che, insieme al Rettore, sono al vertice dell'ateneo, ed è in collegamento con tutte le strutture.
Noi pensiamo che sia un prototipo di strumento da usare in tutti i contesti, nell'amministrazione pubblica ma anche nei territori, per cambiare in termini orizzontali quello che è l'approccio alla sostenibilità che troppo spesso nei nostri contesti è verticale.
Facciamo delle analisi. Ad esempio, ci siamo resi conto che il nostro impatto ambientale attraverso lo strumento e l'impronta ecologica è molto concentrato su due binari principali: energia e trasporti soprattutto. E se sui trasporti dobbiamo interfacciarci con il territorio, perché non siamo noi a governare il trasporto pubblico locale (semmai possiamo muoverci in sinergia), l'energia invece riguarda prettamente i nostri edifici, per cui sono io il primo responsabile di questi consumi, in quanto energy manager ed è mio compito, all'interno del Green Team, cercare di lavorare per ridurli e contenerli.
Abbiamo anche messo in campo delle campagne di mobilitazione e sensibilizzazione. Ne citiamo due a titolo di esempio: smettiamo di usare l'acqua in bottiglia e iniziamo a utilizzare l'acqua del rubinetto con borracce come questa, che sono distribuite a tutte le nostre matricole quando s'iscrivono ed è in possesso di tutti i nostri dipendenti; inoltre cercare di cambiare gli apparecchi d'illuminazione è una cosa assolutamente banale, ma che ha un impatto nell'amministrazione pubblica del 30% circa sui consumi elettrici.
Tutte queste cose le facciamo ormai da più di dieci anni attraverso quella che è la "misura": occorre misurare quello che facciamo per osservare quali effetti reali e concreti siamo in grado di produrre.
Per chiudere con qualche riflessione che impatta quello che può essere un approccio che un territorio come questo affronta nel fronteggiare una situazione come quella che tutto il mondo sta provando ad affrontare vorrei richiamare il contenuto di uno dei documenti dell'Unione Europea quello che ci dice come dovremmo cercare di fare, come europei, per un pianeta pulito per tutti. Il documento dice una cosa nettissima: quelle emissioni climalteranti le dobbiamo azzerare. Non prevede nessuna discussione possibile. E il tempo con il quale dobbiamo azzerarle è dell'ordine di decenni. Anche questo non è oggetto di discussione: è un qualcosa che va fatto adesso! Ed è già tardi, perché Peccei lo aveva capito cinquant'anni fa, ma noi per cinquant'anni purtroppo abbiamo perso tempo.
Ora che dobbiamo farlo, lo dobbiamo fare senza precedenti pregressi nella storia. Nella storia le variazioni che abbiamo introdotto sono molto più lente, allora dobbiamo cambiare passo. Forse dobbiamo completamente rivedere l'approccio, ad esempio, alla pianificazione. Sempre negli ambiti delle Regioni e delle amministrazioni pubbliche si parla di piani settoriali: l'energia, i rifiuti, l'urbanistica. Ormai dobbiamo ragionare invece, in termini di piani molto più orizzontali, che non possono che partire da un nocciolo di conoscenza comune. Non posso più avere un "piano energia" che non parla col "piano mobilità".
Questo è uno degli argomenti che proveremo ad affrontare della proposta che candideremo al bando del Ministero dell'Ambiente.
Ci avete sentito raccontare queste cose per 40 minuti: quello che posso dirvi è che la rete RUS ha aderito alla dichiarazione di emergenza climatica. Vi hanno aderito gli atenei piemontesi. Gli Atenei italiani e gli Atenei piemontesi sono già in cammino da tempo e stanno già lavorando in quella direzione.
Noi siamo pronti: vi aspettiamo. Grazie.

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Legislatura n. XI - Seduta n. 24 del 15/10/19 - GRIMALDI Marco - Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)


Assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno. "Ambiente e clima, quali soluzioni per il futuro?"


Grazie, Presidente.
Autorità, gentili ospiti, colleghe e colleghi, concittadine e concittadini.
Intanto, grazie per aver accolto la richiesta di un Consiglio aperto sul clima; grazie a tutti gli ospiti ancora presenti e mi scuseranno se in particolare ringrazio i ragazzi che sono ancora lassù e che ci hanno tenuto il fiato sul collo e spero che continuino a tenere il fiato sul collo di tutti noi.
Mi scuserete se parto proprio dal vostro affettuoso applauso di stamattina in questi giorni unici e straordinari, per me: ho ripensato molto a quanto mi avete detto in questi mesi, al fatto che per i nostri figli (me l'avete comunicato in varie forme) siamo pronti a rinunciare al sonno, alla cena al cinema, e qualcuno mi ha confessato che non ci andava da qualche anno per loro, allo sport e a cambiare tante abitudini. La verità è che per loro, forse, più che per noi, siamo capaci di fare sacrifici, anche immediati, ma fino in fondo e sentendo tutto quanto ci siamo detti fino adesso, non a immaginare un futuro diverso da quello che, di fatto, stiamo pregiudicando loro.
Credo che dovremo mettere a fuoco un primo passo, anche nelle nostre distanze: smettere di negare l'entità di ciò che sta accadendo e cominciare a chiamare le cose con il loro nome. Per questo spero che oggi pomeriggio il Piemonte voti lo stato d'emergenza climatico.
Non m'illudo, però, e lo vorrei dire ai banchi della maggioranza e anche rispetto al dibattito di oggi: so bene che anche in quest'aula ci sono pareri discordanti, per esempio, sull'accettabilità morale e sull'utilità delle disuguaglianze, su quanta disuguaglianza sia necessaria o tollerabile in una società e su come ci si debba comportare di fronte a essa. Ecco, la verità è che sul futuro del pianeta e sull'emergenza climatica percepiamo spesso anche le stesse distanze, perché? Lo dico da uomo di parte, perch non condividiamo un pensiero: al momento, io credo, l'attuale sistema economico, il capitalismo, è una minaccia in termini ecologici.
Intendiamoci anche su questo: il pianeta sarebbe in grado di sopravvivere sia lui sia noi genere umano, ma non è questo il punto. La ricerca insaziabile del massimo guadagno a breve termine non può che spingere sempre più in basso gli standard ambientali, il tenore di vita della maggioranza delle persone. Oltretutto, quello in cui siamo immersi è un capitalismo in crisi, è decadente, composto - se volete - da estremisti altro che buonsenso! Da un lato, grandi titani, pronti all'elusione, all'evasione fiscale, al massimo risparmio, all'aggiramento delle regole per ridurre i costi battere i concorrenti, conquistare nuovi mercati e massimizzare i profitti.
Disposti a tutto, spesso per diventare monopoli più forti degli Stati e della nostra fragile democrazia.
Dall'altra, la decrescita infelice del 99% degli altri. Ecco perch secondo me, mettere in discussione questo sistema non ha niente a che fare con forme di arcaismo, di luddismo, o di nostalgia delle caverne.
La settimana scorsa il Consiglio dei Ministri ha approvato un primo decreto sul clima, purtroppo, non contiene gli annunciati tagli ai sussidi dannosi per l'ambiente, né spiega il modo in cui avverrà la loro cancellazione lineare del 10% su base annuale entro il 2040. Insomma, manca il provvedimento politicamente più rilevante della prima tappa del green new deal del Governo e del Paese che dovrebbe, spero, trovare posto nella legge di bilancio.
Gli interventi, per carità, sono tanti, così come quelli annunciati da tante Regioni e da tanti Comuni: il buono per la mobilità, un piano per la piantumazione, tanti anche i suggerimenti che sono avvenuti oggi. Tutto ci è sufficiente? Non credo.
Il movimento, che il 25 settembre ha portato in piazza a Torino 50.000 giovani, ci chiede di più: l'obiettivo è emissioni zero entro il 2030 per il Piemonte e per l'Italia la decarbonizzazione totale entro il 2025.
Follia? Non lo so: chi come me ha vissuto i giorni di Genova del 2001 e la violenta frustrazione delle grandi speranze di quegli anni in un movimento che aveva almeno l'ambizione di mettere in discussione gli stessi equilibri del mondo non può che avere rispetto e fiducia nel sollevarsi di una generazione che, come allora, sa guardare più avanti, con più lucidità e coraggio di tutti gli altri. Credo che la politica, che noi oggi siamo, non possa permettersi di fare a questi ragazzi ciò che allora la politica fece ai ragazzi della mia generazione.
Intanto, dovremmo cancellare una parola: "ineluttabilità". Quel mantra che da decenni ci dice che tutto è così, così com'è e così deve andare. Perché? Perché "è il liberismo, bellezza!".
Abbiamo il dovere di ascoltarli, perché sappiamo benissimo, anche se a volte il cinismo ci fa dire il contrario, che ciò chiedono è l'unica cosa ragionevole da fare per salvaguardare l'equilibrio fra il genere umano e il pianeta Terra. Vorrei dire che il movimento come questo credo ha tre campi di ricaduta.
Il primo è il più difficile, quello della messa in discussione radicale del sistema economico in cui siamo immersi e il conflitto con coloro che ne sono ai vertici.
Il terzo, paradossalmente, il più semplice è quello dell'opinione pubblica del quotidiano di ciascuno, quello che per intenderci, secondo molti, basta e avanza, cioè far sì che ognuno impari a usare meno plastica, non buttare le cicche per terra, muoversi meno in auto, non sprecare l'acqua. Tutto questo è importante, ma non dobbiamo essere ipocriti, lo dico soprattutto dopo la discussione di questa mattina. Non basta.
Il secondo campo di ricaduta è quello delle politiche pubbliche, degli interventi che le Istituzioni possono fare per la giustizia climatica e ambientale; ed è qui che noi siamo chiamati alla responsabilità.
Le ragioni, ancora una volta, possono essere un esempio di cambiamento.
Anche lì, negli scorsi anni ci sono stati tanti esempi di cambiamento.
Negli scorsi anni ci sono stati tanti investimenti. Alcuni parlano del debito come se fosse un mantra senza colore. Io sono orgoglioso dell'indebitamento che ha fatto questo territorio: l'ha fatto per fare una linea di metropolitana, l'ha fatto per interrare le ferrovie, l'ha fatto per il radicamento in tutta la provincia del teleriscaldamento. Credo che quelli siano stati obiettivi che hanno portato in un decennio l'abbassamento totale del PM10. Per questo, credo che per quanto la Regione si sia dotata di un Piano della qualità dell'aria, dobbiamo avere la stessa intensità di vent'anni fa.
Servono degli investimenti strutturali strategici e condivisi da tutti. Ve lo dico, perché noi siamo immersi in un catino. Avete visto bene le foto della Pianura Padana e credo che l'unico motivo per cui il Nord si deve unire, cari colleghi, è proprio per affrontare quell'emergenza.
Poi c'è il nostro territorio. Adesso lo dico scherzando, ma v'immaginate un Piemonte senza il vino? I vignaioli lo sanno: il cambiamento climatico impatta sul loro lavoro, le temperature aumentano, i deficit idrici sono più frequenti, così come gli eventi climatici estremi, come abbiamo visto anche quest'anno (grandine, inondazioni, gelate e siccità). Le viti risentono di tutto questo e sono particolarmente influenzate dalla temperatura, dalla disponibilità d'acqua e dalle radiazioni della luce solare. Il clima è uno degli elementi della tipicità del nostro vino, così come del vino in tutto il mondo. Significa che ogni pratica viticola viene scelta in base alle condizioni climatiche locali.
Il mondo del vino conosce già il futuro della geografia della produzione mondiale. Le zone con clima mediterraneo rischiano di diventare tendenzialmente troppo calde per sostenere l'attuale produzione, mentre quelle con il clima oggi più freddo potranno aumentare la produttività.
Entro il 2050 in alcune regioni del globo le superfici adatte a produrre vino potrebbero diminuire anche del 73%, mettendo sotto pressione i fiumi e gli altri sistemi di acqua dolce. Nei prossimi trent'anni le regioni vinicole più importanti, come la Toscana o il Piemonte, potrebbero vedere diminuite le loro aree coltivabili dal 20% fino al 70%. Questo grazie al lavoro anche dei nostri Atenei.
Perciò non solo dobbiamo dichiarare da subito lo stato di emergenza climatica e ambientale in Piemonte, ma abbiamo il dovere di approvare nei prossimi mesi atti d'indirizzo per dimezzare nel nostro territorio le emissioni entro il 2030 e azzerarle entro il 2050, nel rispetto degli accordi di Parigi, ridurre drasticamente la plastica usa e getta, avviare una transizione dell'energia pulita che prevede incentivi per chi vi contribuisce, completare gli investimenti sulla linea 1 e 2 della metropolitana, sostituire i mezzi del trasporto pubblico, sostenere la moderazione del traffico con incentivi economici e culturali all'utilizzo del trasporto pubblico, attuare un piano per la ciclabilità in tutta la regione, progettare, come ci hanno chiesto anche oggi, la piantumazione di un milione di alberi in Piemonte.
Vorrei che, oltre a tutto questo, scrivessimo insieme la prima legge regionale contro l'obsolescenza programmata. L'economia usa e getta e la strategia commerciale di definire e limitare il ciclo vitale di un prodotto non sono che un altro volto di ciò che ho descritto. Non esistono altre priorità, il futuro è adesso e dobbiamo smettere di delegare ad altri il cambiamento e la speranza. Vale per i nostri figli, così come per i ragazzi di Fridays for Future. Ogni uomo e donna sulla terra è partecipe di questa emergenza climatica e nessuno, neanche noi, possiamo chiamarci fuori.
Grazie.

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