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Dettaglio seduta n.97 del 13/10/15 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BOETI



(Alle ore 14.30 il Vicepresidente Boeti comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.00)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



(La seduta ha inizio alle ore 15.01)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Non essendovi proposte di modifica, l'o.d.g. è approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Balocco, Chiamparino, Ferrero Monaco, Ruffino e Valmaggia.


Argomento:

b) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali delle sedute del 29 settembre 2015.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i verbali del 22 settembre 2015.


Argomento: Sicurezza sul lavoro - Commemorazioni

Commemorazione vittime del lavoro


PRESIDENTE

Care colleghe e colleghi anche quest'anno onoriamo la decisione, assunta nel 2010, di dedicare uno speciale momento di ricordo a chi in Piemonte ha perso la vita sul posto di lavoro.
Domenica 11 ottobre si è celebrata la 65esima Giornata nazionale delle vittime degli incidenti sul lavoro ed è stata un'occasione per richiamare l'attenzione collettiva su questo drammatico fenomeno sociale.
Innanzitutto desidero ringraziare, anche a nome dell'Assemblea, il Direttore regionale dell'INAIL, dottoressa Alessandra Lanza, e il Presidente piemontese dell'Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, Silvio Olivero, per la loro partecipazione qui oggi.
I dati in nostro possesso ci dicono che in Piemonte nel 2014 ci sono stati 51 infortuni mortali.
Incidenti e morti bianche sono ancora una dolorosa presenza nelle cronache locali e per questo occorre insistere affinché si realizzi pienamente l'osservanza di tutte le tutele per garantire la salute e l'integrità fisica dei lavoratori.
La sicurezza è parte integrante, qualificante, inalienabile del diritto al lavoro costituzionalmente sancito ed è un fattore di civiltà sul quale non dobbiamo renderci disponibili a trattare. L'impegno riguarda tutti: sistema politico, imprenditoriale, sindacale.
Oggi il Consiglio regionale del Piemonte vuole ricordare anche gli imprenditori, artigiani, operai e disoccupati che invece hanno scelto di togliersi la vita per le difficoltà e la profonda disperazione legate a situazioni debitorie insanabili o per aver perso tutto a causa della crisi.
Ora, in ricordo delle donne e degli uomini che sono state vittime di incidenti sul lavoro nel 2014 in Piemonte, darò lettura dei nomi con l'indicazione del luogo e la data del triste evento.
1-Pierfranco Negretti - Località Brangie - Ceresole (TO) - 21/01/2014 2-Ignazio Pilloni - S. Carlo C.se (TO) - 22/01/2014 3-Franco Reviglio - Villanova d'Asti - 22/01/2014 4-Nicola Daniele Genco - Castagnole P.te (TO) - 23/01/2014 5-Valter Dardanello - Torino - 24/01/2014 6-Lorenzo Epifanio Ponzone - Farigliano (CN) - 31/01/2014 7-Mina Oulehri - Grignasco (NO) - 10/02/2014 8-Andrei Tihanov - Colleretto Giacosa (TO) - 07/03/2014 9-Antonio Mortara - Alessandria - 07/03/2014 10-Alessandro Lupo - Parella (TO) - 08/03/2014 11-Petrut Samoila - Cerretto d'Asti (AT) - 14/03/2014 12-Roberto Musi - Druento (TO) - 19/03/2014 13-Mario Partiti - Sanfrè (CN) - 21/03/2014 14-Paolo Dalmasso - Cavallermaggiore (CN) - 29/04/2014 15-Pier Luigi Comasco - Alessandria - 08/04/2014 16-Giovanni Piana - Moglica-Korca (Albania) - 29/04/2014 17-Fabrizio Enrico Volpe - Garessio (CN) - 09/05/2014 18-Alfred Ndoj - Mondovì (CN) - 13/05/2014 19-Georgian Dima Ionut - Livorno Ferraris (VC) - 14/05/2014 20-Gianni Gasparetto - Armeno (VCO) - 07/06/2014 21-Giosuè Aresca - Mombercelli (AT) - 27/06/2014 22-Giuseppe Cargnino - Moncalieri (TO) - 15/06/2014 23-Livio Drocco - Monforte d'Alba (CN) - 19/06/2014 24-Moreno Volpe - Torino - 19/06/2014 25-Davide Zangara - Brozolo (TO) - 20/06/2014 26-Mirko Buffalo - Ovada (AL) - 09/07/2014 27-Oreste Martinazzo - S. Paolo Cervo (BI) - 09/07/2014 28-Alessandro Dimola - Venaria Reale (TO) - 15/07/2014 29-Livio Villano - San Mauro (TO) - 22/07/2014 30-Pietro Castelli - Viguzzolo (AL) - 24/07/2014 31-Cesare Lerda - Acceglio (CN) - 01/08/2014 32-Giuseppe Marengo - Alba (CN) - 06/08/2014 33-Gerard Laurentiu - Geana - Francia - 05/09/2014 34-Alberto Gentilini - La Cassa (TO) - 25/08/2014 35-Valentino Chiale - Valprato Soana (TO) - 19/09/2014 36-Andrea Maestri - Alpignano-Pianezza - 19/09/2014 37-Carla Bonino - Balocco (VC) - 29/09/2014 38-Giovanni Gariglio - Poirino (TO) - 13/10/2014 39-Giovanni Grella - Torino - 13/10/2014 40-Michele Leone - Alessandria - 14/10/2014 41-Chiaffredo Carlotti - Sampeyre (CN) - 25/10/2014 42-Gennaro Di Tofano - Grandate (CO) - 29/10/2014 43-Ezio Barbero - Caramagna P.te (CN) - 10/11/2014 44-Mattia Forghino - Lanzo T.se - 10/11/2014 45-Attilio Prucca - Chiusavecchia (IM) - 02/12/2014 46-Giulio Felice Gallo - Vesime (AT) - 09/12/2014 47-Umberto Casarin - S. Francesco a Campo - 09/12/2014 48-Gabriele Sgueglia - Orbassano (TO) - 16/12/2014 49-Luca Cigalotti - Crodo (VCO) - 18/12/2014 50-Bruno De Benedetti - Torino - 19/12/2014 51-Giuseppe Poli - Sozzago (NO) - 22/12/2014 Invito il Consiglio regionale a voler osservare un minuto di silenzio in memoria delle vittime sul lavoro.



(L'Assemblea, in piedi, osserva un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 15.12, riprende alle ore 15.15)



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale (seguito)


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale (seguito)

Argomento:

c) Licenziamento disegno di legge n. 145


PRESIDENTE

Informo che, in data 12 ottobre 2015, è stato licenziato il disegno di legge n. 145 "Riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province, in attuazione della legge 7 aprile 2014 n. 56; disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di Comuni" iscritto all'o.d.g. ai sensi dell'articolo 58, comma 2, del Regolamento e che quindi il termine per la presentazione degli eventuali emendamenti, con una sola firma, è possibile fino alle 24 ore prima della prossima seduta consiliare.


Argomento:

d) Modifiche di coordinamento


PRESIDENTE

Informo che l'Ufficio di Presidenza, in datata 8 ottobre 2015, ha apportato, ai sensi dell'articolo 90, comma 5, del Regolamento, una serie di modifiche di coordinamento al testo e agli allegati A e B della deliberazione n. 101-33331, "Legge regionale 29 dicembre 2006, n. 37 articolo 10. Piano regionale per la tutela e la conservazione degli ambienti e della fauna acquatica e l'esercizio della pesca. Stralcio relativo alla componente ittica".


Argomento:

e) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

f) Nomine e designazioni effettuate dalla Giunta e dal suo Presidente


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 37, comma 2 bis, dello Statuto, si dà atto che sono stati trasmesse le informative, da parte del Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale, in merito a due decreti di nomina della Presidenza della Giunta regionale e nove deliberazioni di nomina della Giunta regionale.
Gli allegati sono a disposizione presso l'Ufficio Aula.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Mozione n. 452 presentata dai Consiglieri Frediani, Andrissi, Batzella Bertola, Bono, Campo, Mighetti e Valetti, inerente a "Impegno della Regione Piemonte a promuovere la questione della legittimità costituzionale della legge statale n. 107, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 15 luglio 2015" (richiesta iscrizione all'o.d.g.)


PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Chiedo scusa, Presidente, ma non abbiamo colto il momento in cui ha annunciato la fatidica frase: "L'o.d.g. è stato approvato. Chiedo se ci sono modifiche all'o.d.g.". Quindi vorremmo chiedere l'inserimento, alla fine della discussione del disegno di legge n. 145, della mozione n. 452.



PRESIDENTE

Lo farei con piacere, però nella Conferenza dei Capigruppo si è stabilito che oggi non avremmo iscritto nessun ordine del giorno e nessun atto di indirizzo. Posso iscriverlo ugualmente e poi.



BONO Davide

Sì, se finisse la discussione generale prima del tempo, visto che.
Se finesse la discussione generale, altrimenti è ovvio che finiamo con il disegno di legge 145.



PRESIDENTE

Non si può; però posso fare l'iscrizione del punto. C'era proprio un accordo specifico.



BONO Davide

Il collega Bertola me l'ha detto, però.



PRESIDENTE

Intanto facciamo l'iscrizione.


Argomento: Province - Istituzione nuovi comuni - Mutamento denominazioni - Città metropolitane

Esame disegno di legge n. 145, inerente a "Riordino delle funzioni amministrative conferite alle Province in attuazione della Legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni)"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del punto 3) all'o.d.g., inerente al disegno di legge n. 145, di cui al punto 3) all'o.d.g.
La parola al relatore di maggioranza, Consigliere Gariglio.



GARIGLIO Davide, relatore

Grazie, Presidente.
Do per letta la relazione, che tra l'altro è visibile sul sito del Consiglio regionale, ma voglio cogliere alcuni spunti del lavoro svolto in Commissione, partendo dal disegno di legge della Giunta regionale.
Il dovere m'impone di ringraziare innanzitutto, per l'ottimo lavoro svolto, il personale del Consiglio regionale e della Giunta regionale che ha accompagnato l'iter in Commissione ed anche il lavoro accurato dei colleghi, anche dei colleghi di opposizione che, al di là delle modalità a volte accentuate con cui hanno rilevato alcune problematiche, hanno sollevato moltissime questioni di merito, sensibili e reali.
Il lavoro fatto finora ha consentito di andare a sistemare varie questioni. Ricordo che oggi ci muoviamo con un disegno di legge che, in attuazione della legge cosiddetta "Delrio", la legge 56 del 2014, e dal momento in cui la Giunta ha presentato il provvedimento legislativo qui in esame al momento in cui questo provvedimento è stato licenziato dalla Commissione, sono intervenute varie normative, soprattutto la legge di stabilità (legge 190 del 2014) e il decreto Madia del 14 settembre, che hanno cambiato le carte in gioco.
Stiamo quindi parlando di un provvedimento che è stato gestito con grandi difficoltà, soprattutto da coloro che si trovavano a doversi raccordare con le Province e con tutte le problematiche connesse, non solo alla ridefinizione delle competenze delle Province, ma al destino stesso del personale delle Province. Penso che il lavoro svolto dalla I Commissione, da tutti i Consiglieri, dalla Giunta regionale e, non da ultimo, dai nostri Presidenti di Province e di Città metropolitana, abbiano portato ad un buon risultato, che ci dà la prospettiva che il personale delle Province attualmente in servizio non è nelle condizioni di non sapere che fine farà.
C'è ancora un'ultima parte del lavoro da portare a casa, ma, da come si era partiti ad oggi, è stato fatto un grande lavoro, con il concorso di tutti, che consente di avere molte più certezze di quante non ne avessimo nel momento in cui partivano.
Detto ciò, ossia l'apprezzamento per il lavoro svolto, voglio rilevare gli aspetti politici di questo provvedimento.
Primo. La Giunta regionale, conformemente a quello che la nostra coalizione aveva detto in campagna elettorale, non vuole trasformare la Regione Piemonte in una super Regione o in un super Ministero. Con questo provvedimento riallochiamo (riconferiamo, per usare il termine usato dalla legge 59 del '97, la cosiddetta prima Bassanini) alle Province e alla Città metropolitana le funzioni che la Regione Piemonte aveva conferito in tutto il processo di decentramento amministrativo, il terzo processo di decentramento amministrativo, dal '97 in avanti, tranne due scelte difformi fatte sul settore dell'agricoltura, per un'esigenza sentita dagli operatori di avere un governo unitario, vista anche l'estrema complessità di questo settore, così come sulla formazione professionale, dove vengono riallocate in capo alla Regione, le competenze prima attribuite alle sette Province non metropolitane.
Con questo provvedimento, quindi, la Regione si conferma un Ente che vuole fare legislazione, programmazione generale, indirizzo, controllo e non gestione.
Secondo, rimane il favor verso il principio di sussidiarietà, ossia l'esercizio, in forma decentrata, delle funzioni proprie delle Regioni attraverso l'utilizzo delle Province.
Terzo, ci poniamo il problema già oggi, anche se oggi, stricto sensu non è dovuto, di superare l'attuale assetto delle aree vaste. Oggi noi abbiamo un disegno istituzionale che prevede otto Province, anzi sette Province e una Città metropolitana. Il conferimento di funzioni alle Province individua, invece, la Città metropolitana e tre Ambiti Territoriali Ottimali: il Cuneese, l'Astigiano-Alessandrino e le quattro Province del nord-est, e obbliga le Province, per l'esercizio delle funzioni loro conferite con questo provvedimento, ad esercitare tali funzioni in forma associata tra loro.
Non ci nascondiamo dietro un dito - lo diciamo in modo politicamente forte - nel senso che questo risultato è frutto di una scelta che prefigura, a Costituzione variata (a riforma costituzionale Renzi-Boschi approvata), il superamento delle attuali articolazioni degli Enti di area vasta e un nuovo assetto istituzionale che preveda, per il Piemonte, la divisione su quattro aree vaste, con un processo che comporterà la necessità di scrivere le caratteristiche e la governance delle nuove Province. E' un ridisegno importante delle Province. Oggi non si può fare l'unica cosa che si può fare, è obbligare l'esercizio in forma associata.
Domani si potrà fare.
È chiaro che questo procedimento comporta, fin d'ora, la necessità di darsi un'articolazione tra Province (penso alle quattro province del nord est e ad Asti e Alessandria, dove c'è il problema di integrazione), in cui le Province iniziano a confrontarsi tra di loro per decidere, d'intesa con la Regione, chi e come svolgerà la singola funzione in forma associata. E in questa logica, anche se non rientra nel disegno di legge, c'è il problema che noi abbiamo di iniziare a ridefinire, anche in questo quadro dove andiamo a riallocare la presenza periferica della Regione (gli uffici periferici).
È chiaro che non possiamo togliere gli sportelli sul territorio, ma i vertici direzionali possono utilmente essere semplificati: questo deve essere fatto avendo attenzione che nei due quadranti nuovi che si costituiscono non ci sia la prevalenza di un centro magari demograficamente maggiore rispetto agli altri. Quindi la ricollocazione degli uffici periferici, o, meglio, delle sedi dirigenziali degli uffici periferici, la riallocazione delle società partecipate, una politica di lobbying prodromica alle scelte nazionali per individuare anche la nuova organizzazione dell'assetto periferico dello Stato (Prefetture, Questure Comandi provinciali delle forze di pubblica sicurezza) è sicuramente un tema che va affrontato subito dopo aver definito questo provvedimento di legge. Facendo così, poniamo le condizioni per avere degli Enti di area vasta riorganizzati.
Se le Province italiane avessero fatto dieci anni prima la scelta di riorganizzarsi e riformarsi al proprio interno (come poi hanno fatto due anni prima della legge Delrio), probabilmente non avremmo avuto la riforma che abbiamo avuto. Si è arrivati tardi e questo non è bastato a salvare la Province.
Si è fatta una riforma che può piacere o meno (personalmente, non sono mai stato un fan di questa riforma) ma che oggi dobbiamo attuare, e questo pone anche un'implicazione che voglio sottolineare nell'ultimo minuto che mi resta, perché è un'implicazione per il futuro: andare a ripensare anche all'attuale assetto delle Regioni. Perché se siamo intervenuti in maniera normativamente così invasiva sulle Province, non possiamo pensare che le Regioni, che sono un Ente di Governo molto poco sentito dai cittadini (dobbiamo dircelo con onestà intellettuale), rimangano così come sono. C'è dunque il problema di ripensare alle Regioni: un Paese come il nostro probabilmente non si può più permettere venti Regioni, non solo per i costi politici di struttura, quanto, soprattutto, per le difficoltà di avere venti livelli diversi di intervento normativo. Anche su questo, quindi dovremo avere il coraggio di guardare avanti e capire che si deve andare verso alcune integrazioni in questo settore.
Resta tutto il problema che è stato sollevato questa mattina, che non è trattato in questa legge ma che completa il nodo del ridisegno istituzionale, che è quello dei Comuni.
Noi siamo la Regione con più Comuni, in rapporto agli abitanti (la Lombardia ne ha 1.500, ma col doppio della nostra popolazione). Emerge sicuramente la necessità di ripartire e di ragionare sulla logica dell'aggregazione dei Comuni, soprattutto sull'esercizio in forma associata delle funzioni comunali, e riporre mano alla questione delle Unioni tra Comuni, perché la vicenda del superamento delle Comunità montane e la trasformazione in Unioni di Comuni ha creato degli effetti a macchia di leopardo, con alcune zone che hanno mantenuto un'aggregazione di valle, o comunque aggregazioni tali da consentire una politica della montagna omogenea, altre zone che, invece, ciò non lo hanno consentito. Sono un po' gli effetti della politica del laissez-faire, che era stata inaugurata nella scorsa legislatura (ma non voglio tornare a questo). È stata fatta in buona fede e credo che ci sia l'occasione, adesso, per mettervi mano e apportare qualche correttivo che questo Consiglio, col lavoro di tutti riuscirà a portare alla materia.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale, relatore di minoranza.



VIGNALE Gian Luca, relatore

Grazie, Presidente.
Nella relazione di minoranza, ma anche nell'attività che abbiamo svolto in Commissione, e soprattutto quella che svolgeremo nell'Aula, terminata ovviamente, la discussione generale (quindi dalla prossima settimana), noi vogliamo esprimere la contrarietà a questo disegno di legge, che - va detto nasce da un aspetto che non vogliamo sottendere, che è di una pessima legge nazionale.
Oggi noi ci troviamo nelle condizioni di adempiere ad una norma nazionale che prevedeva che entro il 31 dicembre 2014 le Regioni ridefinissero le competenze delle Province, ma con la scure di alcune pessime leggi nazionali: una, certamente, è la legge che il Governo Renzi ha voluto con il Ministro Delrio. Senza però - ricordiamolo - alcuna contrarietà da parte dell'attuale Sindaco metropolitano, Piero Fassino, che poi ha dovuto successivamente ricredersi, mandando una lettera ai Sindaci in cui diceva: "Probabilmente abbiamo sbagliato".
Un errore è stato certamente commesso, ma non solo nella legge Delrio nel trasformare le Province in Enti elettivi di secondo livello, che oggi sostanzialmente, hanno una situazione estremamente difficile, dove la conduzione politica è debole ma dove sono rimasti tutti i costi e tutte le funzioni (perché, evidentemente, il personale che svolge le funzioni che tanto lo Stato quanto le Regioni hanno attribuito alle Province, quelle funzioni deve svolgere). Ma anche alle successive norme che vengono correttamente citate nella relazione di maggioranza, di riduzione dei trasferimenti alle Province stesse.
Allora, cosa è accaduto nel disegno di legge n. 145? Secondo noi si sono compiuti una serie di errori. Il primo è stato quello di voler anticipare la riforma costituzionale. Perché, a tutti gli effetti l'introduzione degli Ambiti anticipa quella che dovrebbe essere la modifica della Costituzione.
Lo ricordiamo a chi ci ascolta: oggi le Province esistono. Esistono con i loro Presidenti, con i loro Consiglieri delegati, con i loro dipendenti.
Lo dico perché molto spesso, parlando con i cittadini, sentiamo dire: "Va beh, ma oggi le Province non ci sono più". No, le Province esistono. In futuro, probabilmente, con una modifica che sta avvenendo al Titolo V della Costituzione, le Province verranno cancellate.
Quello sarebbe dovuto essere il momento per le Regioni - o per la nostra Regione - di fare un ragionamento per ridefinire un'architettura costituzionale. Lo abbiamo fatto oggi. Facendolo oggi, abbiamo creato un "patchwork istituzionale", cioè una marmellata istituzionale di difficile comprensione, non soltanto per noi che siamo addetti ai lavori e che ogni tanto leggiamo la norma come se fosse un provvedimento che riguarda chi la sta discutendo, ma in particolar modo per i cittadini. Proviamo a comprendere cosa sarà la legge una volta approvata, perché noi avremo alcune competenze, lo dico in relazione ai cittadini che devono presentare le domande per ottenere autorizzazioni sull'energia, sull'ambiente, sui rifiuti, sui trasporti e su tutte le competenze che oggi sono in capo alle Province.
Se io sono un cittadino che devo presentare una domanda rispetto ad una competenza che era già il capo alle Province, se abito a Biella, la presento presso la Provincia di Biella e, se abito a Verbania, presso la Provincia di Verbania. Invece, se sono un cittadino residente in Piemonte che deve ottenere l'autorizzazione di una funzione delegata alle quattro nuove Province (Torino, Cuneo, Asti-Alessandria e quella diciamo del nord ovest) non vado in Provincia, mi rivolgo all'interno dell'Ambito per presentare una domanda differente. Ma non è finita qui: per esempio, se parlo di formazione professionale (che è una delle deleghe tornata in capo alla Regione) in sei Province del Piemonte il mio riferimento è la Regione Piemonte, invece in due Province del Piemonte (la Provincia di Verbania e la Città metropolitana) il mio riferimento è la Provincia - e possiamo andare avanti.
Invece, se voglio presentare una domanda per la realizzazione di un'impresa che produce energia derivante da filiera da biomassa legnosa in tutte le province del Piemonte, mi reco dalla Regione alla Provincia, solo ed esclusivamente nella provincia di Verbania mi reco presso quella Provincia, e potremmo continuare.
Questo per dire che il provvedimento è certamente figlio di leggi che non questa Amministrazione ha voluto, ma - ricordo - di cui questa Amministrazione è parte almeno rispetto alle formazioni politiche - perch non è certamente il partito che rappresentiamo che ha votato la legge Delrio - e creerà un mare di nuova burocrazia distinta nelle modalità che ho detto, che è intricatissima per i cittadini.
Crediamo che, in questo momento, sarebbe stata la soluzione migliore lasciare alle Province le funzioni che avevano - certamente poteva essere positivo riportare in capo alla Regione le funzioni dell'agricoltura e della formazione professionale, perché sono competenze tonde, per così dire, e non toccare nulla - e attendere la modifica del Titolo V della Costituzione per cercare, in quel momento, di intervenire e comprendere con quali modalità muoverci.
Perché, inoltre, questa legge graverà pesantemente sul bilancio della Regione Piemonte? Sostanzialmente, la Regione Piemonte - come si scrive in relazione, facendo riferimento alla legge n. 78 del 2015 - si fa carico dei tagli che lo Stato ha fatto nei confronti delle Province, ma sono stati compiuti anche nei confronti delle Regioni, quindi il nostro bilancio dissennato per molti motivi, ma complicato e difficile, e di questo tema ne abbiamo discusso molte volte - si è dovuto fare carico, e si dovrà fare carico nei prossimi anni, di un trasferimento alle Province decisamente maggiore rispetto al passato, per evitare quello che, invece, la legge n.
56 voleva, cioè la mobilità dei dipendenti.
Il Ministro Delrio all'UPI di Milano ha detto chiaramente agli ultimi Presidenti delle Province che avranno meno costi perché pagheranno meno dipendenti, perché ricordiamo che la legge Delrio prevede che il 50% dei dipendenti delle Province piemontesi, salvo due (Torino e Verbania) - una perché è Città metropolitana e l'altra perché ha specificità montana debba andare in mobilità, per Torino e per Verbania il 30%. Da questo deriverebbero le economie per continuare a gestire le funzioni delle Province, che, ricordiamolo, ad oggi, continuano ad essere molte.
Ricordiamo spesso le strade e l'edilizia scolastica, ma ci sono anche tutti i centri per l'impiego, tutte le funzioni in termini ambientali e quant'altro. Per cui, avremo un bilancio che avrà un gravame di 30-40 milioni di euro in più rispetto ai bilanci precedenti perché abbiamo dovuto fare fronte ad un mancato trasferimento dello Stato. Non dico che sia stata una scelta non corretta, ma, certamente, abbiamo dovuto farlo per tamponare un'assenza di trasferimento da parte dello Stato, che inevitabilmente sottrarrà risorse da altri capitoli. Già sappiamo che quando c'è la discussione del bilancio e dell'assestamento di bilancio ognuno di noi, in modo assolutamente legittimo, prova a spostare quei 500 mila o quel milione di euro in più per sostenere alcune scelte che noi crediamo dovrebbero essere prioritarie dell'Amministrazione, ma tutto questo lo faremo al netto di 30-35 milioni di euro.
C'è un altro aspetto che non ci convince, e anche su questo cercheremo di intervenire: si è persa un'occasione - anche se noi l'avremmo rimandata in termini di efficienza. Nella norma mancherà - ma noi lo presenteremo sotto forma di emendamento di un nuovo articolo - la possibilità di fare efficienza rispetto al patrimonio delle sedi, perché mentre prima avevamo due soggetti distinti, la Regione da una parte e le otto Province dall'altra, che si muovevano in autonomia anche rispetto ai luoghi in cui erogavano i servizi, cioè le sedi, oggi è evidente che, rientrando in Regione più di mille dipendenti, dobbiamo fare una grande sinergia relativamente ai luoghi in cui si erogano i servizi. Infatti, ad un cittadino di entrare nella sede decentrata della Regione Piemonte o nella sede della Provincia di Cuneo non gliene può interessare di meno, è esattamente la stessa cosa; e, visto che ci mancano risorse, noi crediamo che l'efficientamento rispetto alle sedi multifunzionali tra Regione e Province dovrà essere un tema che andrà colto.
L'ultimo aspetto riguarda il personale. Anche qui, nella linea tracciata da questa legge - che almeno da questo punto di vista condividiamo, cioè cercare di essere meno drastica rispetto ad una norma che dall'oggi al domani colloca il 50% dei dipendenti di un ente in mobilità - è possibile fare efficienza nel sistema pubblico. L'abbiamo affrontato l'altro giorno relativamente ad un singolo caso, non è questo che pesa all'interno del sistema dell'ente, ma, se le Province hanno personale che rischia di andare in mobilità, crediamo che, se la Regione Piemonte dichiara nel suo documento di avere un'eccedenza di personale, non ci possiamo permettere di assumere in qualunque soggetto del sistema Regione Piemonte (dalle ASL, relativamente agli amministrativi, alle partecipate, agli enti strumentali, alla Regione Piemonte) altri dipendenti che non siano all'interno di questo sistema e, soprattutto, all'interno delle figure professionali presenti all'interno delle Province piemontesi.
Anche questo sarà un tema di dibattito: è vero che è un caso, ma noi riteniamo - lo diciamo anche in questo consesso - scandaloso che venga detto che si deve assumere un dipendente relativamente all'Assessorato alle foreste perché manca all'interno del sistema pubblico Regione Piemonte una persona in grado di svolgere attività formativa rispetto a quel campo.
Infatti, credo vi siano molte persone che potrebbero svolgerlo.
C'è un ultimo aspetto, che riprenderemo nella discussione in merito agli emendamenti: crediamo che in questa norma manchi una relazione tra Regione e Unione dei Comuni. Avendo voluto anticipare l'abrogazione del Titolo V, riteniamo che, così come creiamo una relazione tra Regione e Provincia, tra Regione e Ambiti, non possiamo non tenere in considerazione un fatto, cioè che vi sono Unioni dei Comuni che potrebbero svolgere delle funzioni ad esse demandate: tutte, oppure si pone un limite numerico rispetto alle funzioni (in senso di numero di abitanti), che potrebbe essere anche prodromico alle cose che molte volte il Vicepresidente ha detto, cioè la possibilità, per alcune, di farli in modo unito o convenzionato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Campo.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
In queste tre ore e mezzo di tempo, posso fare un ragionamento più ampio!



PRESIDENTE

Consigliere Campo, ha 15 minuti, all'interno delle tre ore e mezza!



CAMPO Mauro

Sì, sì. Volevo provare a ripercorrere le cause che hanno portato alla redazione di questo disegno di legge, che non ci trova molto favorevoli seppure comprendiamo le problematiche che la Regione si è trovata di fronte.
Questo provvedimento s'inserisce nel quadro del riordino dell'assetto istituzionale dello Stato, iniziato l'anno scorso con la legge Delrio e che sta procedendo molto a rilento, tant'è che la Regione Piemonte è solo una delle tante Regioni che si trova a dover legiferare in dirittura d'arrivo della scadenza della legge, anzi in realtà le cose sarebbero dovute essere già definite entro l'8 luglio dell'anno scorso. Le Regioni avrebbero dovuto disegnare la nuova geografia delle funzioni non fondamentali da attribuire alle Province, oppure da ridistribuire tra le Regioni stesse ed i Comuni del territorio. Tra l'altro, questo è un punto che non è presente nel nostro provvedimento.
Tale questione ha comportato il ricorso alla Consulta da parte di un gruppo di Regioni (Lombardia, Veneto, Campania e Puglia), che ha dato loro torto, all'inizio di quest'anno (a marzo). Pertanto, come al solito si è arrivati a maggio di quest'anno con solo quattro Regioni che avevano legiferato: Liguria, Toscana, Umbria e Marche. Quest'estate si è aggiunta qualche altra Regione, tra cui l'Emilia Romagna.
Cito l'Emilia Romagna e la Toscana, perché rappresentano due esempi con cui vorrei fare un confronto: sono Regioni che hanno proposto una soluzione più elaborata e, pur essendo vicine, in antitesi. Infatti, la Toscana ha proposto una revisione molto più regionecentrica, mentre l'Emilia Romagna ha visto una sostanziale riorganizzazione in forme di collaborazione tra tutti i livelli di governo del territorio, con la creazione delle cosiddette nuove entità di leale collaborazione, di conferenze, ecc. Ma questo lo vedremo meglio un pochino più avanti, in questi dieci minuti che ho a disposizione.
Riguardo alle scelte di riallocazione delle funzioni, il problema di fondo della legge Delrio è che ha creato un contesto un po' buttato lì: si è proceduto con una legge che ha un singolo articolo e una pletora di commi che vanno a definire alcuni ambiti - come le funzioni fondamentali delle Province - e ad introdurre degli enti che si chiamano "aree vaste", senza però, definirne le caratteristiche.
In questo senso, si è proceduto in maniera molto più superficiale rispetto alla proposta del Governo Monti, del 2011, che poi venne smontata dalla Corte Costituzionale, che aveva - però - almeno il pregio di definire le caratteristiche dal punto di vista territoriale, di popolazione, dando alcuni parametri per la definizione delle cosiddette nuove aree vaste delle Province e stabilendo come sarebbero dovute diventare come ente intermedio tra l'istituto regionale ed i Comuni, con un ruolo fondamentale di supporto al principio di sussidiarietà verso i Comuni, cui - ad esempio - anche la legge Delrio s'ispira, e con un ruolo di forte presidio e organizzazione delle politiche sul territorio.
Il livello di governo dell'area vasta, che ancora oggi è identificabile nella dimensione provinciale, diventa difficile da definire nel disegno di legge che è stato presentato, anche alla luce dei provvedimenti che sono stati proposti dalle altre Regioni, perché è evidente che il punto di contatto tra le Regioni e lo Stato, nell'attuazione di queste riforme istituzionali, non ha funzionato.
Infatti, dalla Conferenza Stato-Regioni - la Conferenza unificata - non sono scaturite indicazioni unitarie sul riordino da parte delle Regioni n sono venuti quei comportamenti che la riforma del Titolo V chiama "leale collaborazione tra Stato e Regioni nella definizione delle risorse". Anzi ha funzionato come cinghia di trazione in un senso solo, cioè nel senso che lo Stato centrale ha detto "questo s'ha da fare", e le Regioni più di tanto non hanno ribattuto.
Di conseguenza, con la legge Delrio e con quello che, poi, segue a tale legge, sparisce la pianificazione complessiva, che comprenda e finalizzi in modo coerente non solo le politiche più tipiche di area vasta (formazione programmazione scolastica), ma anche il governo del territorio dell'ambiente, risorse idriche energetiche: tutti quei compiti che venivano assegnati ed erano già gestiti dal livello provinciale. Dall'altra parte però, viene a mancare un'indicazione precisa su tutto ciò che sono gli organismi intermedi, non controllati democraticamente (ma oggi non lo sono più nemmeno le Province), che sono le Agenzie, gli ATO, i Consorzi e tutti quegli enti che sono proliferati in questi anni.
Una cosa di cui bisogna dare atto nel DDL 145 è che, se non altro cerca di dare un'indicazione in questo senso, cioè rivedere ed eliminare il più possibile quegli enti incontrollati, che hanno disgregato la governance organica del territorio.
Ciò che è evidente - in primis - è che se l'obiettivo era una razionalizzazione economica, nella legge Delrio questo obiettivo viene completamente mancato. E' stato ampiamente dimostrato persino dalla Corte dei Conti che costavano di più i parlamentari che dalle Province se ne andavano in Parlamento, rispetto a quanto costavano le Province stesse (i Consigli e le Giunte provinciali).
Infatti, cos'è successo? I risparmi, da dove sono venuti? Sono venuti attraverso i tagli che sono calati dall'alto; ultimi, quelli dell'ultima legge di stabilità, che ha tagliato un miliardo di euro a Province e Città metropolitane, e i contenimenti di spesa per la dotazione organica di cui ha già parlato anche chi mi ha preceduto.
Questo, da un lato, ci fa anche capire - tutto sommato - cosa interessa al legislatore nazionale: facciamo discorsi di economicità, che avviene non attraverso la riforma delle funzioni delle Province, la riassegnazione ecc., ma semplicemente attraverso tagli, pertanto non c'è un vero interesse dello Stato centrale a far sì che le funzioni fondamentali e quelle non fondamentali (delegate o conferite) vengano effettivamente svolte con efficacia ed efficienza. Tant'è che ci troviamo di fronte a un disegno di legge (quello della Regione Piemonte) che, tutto sommato, è molto timido nel senso che cerca di prendere il meno possibile, non decide neanche di lasciare ai Comuni certi compiti, anzi in realtà, stranamente - per certi versi - toglie anche delle funzioni ai Comuni. Nel disegno di legge 145 non si parla quasi di Comuni e Unioni di Comuni, ma questa è una mancanza che nelle altre legislazioni regionali non c'è.
Pertanto, è evidente che la Regione fa fatica a prendersi le funzioni e le Province fanno fatica a gestire quelle che rimangono loro, mentre i Comuni sono assenti.
Occorre fare anche un'altra considerazione, perché Province e Città metropolitane, così come anche le Unioni di Comuni, sono guidate da organi politici composti da Sindaci e da Consiglieri comunali, quindi appare vieppiù strano il fatto che, se l'intento - così come lo era già nella riforma del Titolo V e così come pare essere la ratio della legge Delrio è quello di spostare i servizi il più vicino possibile al cittadino, invece nel contesto della Regione Piemonte sia stato integralmente e solo concertato a livello di Ente Regione, Città metropolitana e le Province così come sono adesso.
Sotto il profilo del riordino funzionale, lo Stato e le Regioni, per materie di competenza, dovevano attribuire le funzioni non fondamentali delle Province individuando gli ambiti territoriali ottimali di esercizio per assicurarne l'efficacia, ecc. (qui leggo). Lo stesso accordo stipulato in sede di Conferenza unificata a settembre dell'anno scorso prevede come criteri di riordino delle funzioni non fondamentali delle Province l'attribuzione ai Comuni ed alle loro forme associative, appunto, definendo ambiti territoriali, mentre in capo alle Province/Enti di area vasta - di cui manca comunque a tutt'oggi una chiara definizione normativa - dovevano essere mantenute unicamente le funzioni fondamentali, cosa che, ad esempio nelle proposte emendative che noi abbiamo portato in Commissione avevamo teso a sottolineare. Devono rimanere alle Province, pendente la riforma costituzionale che dovrebbe eliminare persino la parola dalla Costituzione unicamente le funzioni fondamentali. Questo anche per un'esigenza di chiarezza verso i cittadini e verso le imprese perché, con quello che stiamo costruendo in quest'Aula oggi e nelle prossime sedute, introduciamo un ulteriore elemento di confusione.
A me stupisce un po' l'affermazione del Consigliere Gariglio secondo la quale, nel frattempo, già che ci siamo e stiamo "pacioccando" Parlamento (Senato), Unione di Comuni, Province, mettiamo mano anche alla questione Regioni. Ma il problema del "mettiamo mano", signori, è che uno dovrebbe arrivare con un'idea complessiva.
Se uno vuole fare una riforma della struttura dello Stato a tutti i livelli, dovrebbe arrivare con un'idea complessiva, non farla a spizzichi e bocconi per cui si butta lì la legge Delrio, che - permettetemi - è veramente una di quelle classiche trovate alla Renzi per far vedere che ha tolto uno degli argomenti ai grillini che volevano tanto l'abolizione delle Province. Peccato che ha fatto la pentola senza il coperchio, come al solito, per cui ne viene fuori un pasticcio con le Province "zombie" che continuano a esistere e con i funzionari che si ritrovano: a) nell'incertezza demotivante sul proprio futuro professionale; b) senza una chiara direzione politica, perché i Consigli provinciali, privati persino per carità, non è nulla di grave - di compenso e gestiti dal Sindaco del capoluogo con alcuni Consiglieri comunali eletti con una cosa abbastanza delirante con tanto di pesi e proporzioni, sostanzialmente si disinteressano della questione, quindi le Province sono diventate degli Enti popolati di persone demotivate che, per fortuna, hanno in parte ancora un deciso senso del dovere e per cui qualcosa funziona ancora, ma funziona male.
Cosa succede allora? Ci sono Regioni che si sono date da fare. Faccio brevemente un paragone con la Toscana, che è la prima Regione che ha approvato una legge regionale di riordino e quindi già a maggio del 2015 aveva la sua legge, tra l'altro senza il ricorso a rinvii. Noi alcuni rinvii nel nostro disegno di legge li facciamo: nella definizione delle piante organiche, nella definizione di un provvedimento sulla gestione dei rifiuti, che tra l'altro andiamo a togliere ai Comuni, una delle tante cose che togliamo di mano ai Comuni citando giusto una generica garanzia di coinvolgimento nelle scelte future, individuando chiaramente le funzioni e gli ambiti materiali dei livelli di governo destinatari del trasferimento di funzioni.
La scelta toscana si caratterizza per una forte connotazione regionecentrica, riportando in capo alla Regione un ampio numero di funzioni, in particolare ambiente, agricoltura, foreste, caccia, pesca qualità dell'aria, energia e inquinamento. Sono le cose che, tutto sommato avremmo chiesto anche noi. Cioè noi riteniamo che ci siano alcune tematiche che, venendo a mancare la capacità dell'Ente amministrativo di area vasta per necessità di strategia, di gestione complessiva perché riguardano tutto il territorio regionale, debbano tornare in capo all'Ente Regione, che ad oggi, grazie al cielo - per adesso però, poi massacreremo anche questo - ha una sua stabilità istituzionale.
Quindi questa è la Toscana. Lì vicino c'è l'Emilia Romagna, che invece arriva con un altro modo di interpretare la Delrio, e io immagino un'impresa che lavori tra la Toscana e l'Emilia Romagna, che si ritrova ad avere interlocutori diversi per fare le stesse cose su un territorio interregionale: c'è da spararsi. Immaginatevi chi lavora in più Regioni sul territorio nazionale che cosa si troverà di fronte. Questo è uno dei problemi. Io non dico che non si dovesse provare anche ad applicare soluzioni diverse, ma almeno si doveva fare parallelamente una campagna di comunicazione in cui non si cercasse di nascondere il fatto che le Province continuano a esistere, ma si spiegasse chiaramente che cosa si stava facendo, quale tipo di transizione stiamo facendo.
Quindi, sostanzialmente abbiamo l'Emilia Romagna che ha provato.



PRESIDENTE

Consigliere Campo, la invito a concludere, perché ha già superato il tempo a sua disposizione.



CAMPO Mauro

Arrivo alla conclusione.
Quindi, sostanzialmente, che cosa emerge da tutta questa discussione? Primo, che comunque si sente la necessità di un Ente di governo di area vasta intermedio tra la Regione e i Comuni; che poi questo possa essere rappresentato dalle Unioni di Comuni. ma non quelli piemontesi, perché è un disastro in attesa di avvenire quello dello della legge sull'Unione dei Comuni, per cui sarebbe bello che si definisse in modo chiaro che cosa dovrebbero fare le aree vaste, o meglio, sarebbe meglio che la cosa venisse definita a livello nazionale e traslata in maniera abbastanza organica su tutte le Regioni.
In Piemonte, che cosa abbiamo da dire? Abbiamo da dire che la Regione Piemonte, purtroppo, non è un esempio virtuoso, perché è rimasta tra le ultime ad affrontare il problema. Dopo un anno e mezzo, comunque non presenta un chiaro disegno di riorganizzazione e sostanzialmente giustifica il mantenimento, in alcuni casi anche l'accrescimento, delle funzioni in capo alle Province e alla Città metropolitana, con la complessità di un tale compito se gestito dalla sola Regione.
Il disegno di legge presentato, a nostro parere, sceglie di non scegliere, di non decidere, conservando il più possibile lo status quo quindi confermando ciò che è stato già delegato alle Province in attesa di ulteriori evoluzioni, lasciando nell'incertezza il personale delle Province ancora per un po', in attesa di varie altre definizioni, mentre i cittadini si devono confrontare con Enti preposti alle funzioni oggetto del riordino che io tenderei a definire "disordino".
La situazione è aggravata da una norma e dalla sua applicazione sull'Unione dei Comuni.



PRESIDENTE

Consigliere, concluda: le regole sono regole e valgono per tutti.



CAMPO Mauro

Sono alla fine.
La scelta più razionale, a nostro parere, sarebbe stata quella di far confluire direttamente alla Regione, essendo comunque questa una norma ponte, le funzioni non obbligatorie, oggi uniche funzioni non soggette a riordino istituzionale, mantenendo per un periodo transitorio uffici e personale sul territorio per garantire i servizi anche nelle stesse sedi provinciali o in sedi regionali decentrate, per poi provvedere a un'adeguata opera di riorganizzazione delle funzioni tra Regioni e nuove aree vaste, da definire coerentemente con la fornitura dei servizi e l'eventuale approvazione della legge costituzionale.
Ribadiamo quindi il sostanziale fallimento della Conferenza Stato Regioni come cinghia di trasmissione tra le norme nazionali e l'applicazione nelle Regioni, nella quale non si è riuscito a trovare una modalità unitaria di affrontare il riordino. Di conseguenza, non possiamo che esprimere un parere fortemente critico su questo disegno di legge e tentare di emendarlo il più possibile nel senso di quanto finora ragionato.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale. Qualcuno chiede di intervenire? Ha chiesto di intervenire il Consigliere Appiano; ne ha facoltà.



APPIANO Andrea

Grazie, Presidente.
E' evidente che siamo di fronte ad uno dei temi, al pari di quello del risanamento del bilancio della nostra Regione, più complessi e più impegnativi per questa Amministrazione e per questo quinquennio.
L'attuazione di una legge molto complessa, una legge che è datata circa un anno e qualche mese ma che, nel frattempo, ha visto una serie di interventi normativi da parte del Governo e del Parlamento che hanno, in parte modificato o, comunque, reso più complesso ancora l'attuazione della medesima.
Noi non parliamo solo ed esclusivamente di legge Delrio, ma parliamo di attuazione della legge di riordino degli Enti locali, a seguito anche dei pesanti tagli che, da ultimo, la legge di stabilità ha imposto al comparto degli Enti locali medesimi. Tagli sia di risorse trasferite sia in termini di contingentamento della spesa del personale. Il mix di questi due elementi rende particolarmente gravoso il lavoro che ci stiamo apprestando a svolgere in Aula e con cui ci siamo confrontati nelle settimane precedenti in Commissione.
Certamente è molto apprezzabile, a parere mio, a parere della maggioranza, il fatto che la nostra Regione scelga di non riaccentrare tutte le competenze. Scelga di non tornare indietro rispetto all'andamento che ha caratterizzato le politiche di questa Regione negli ultimi anni nell'ultimo decennio sicuramente. Cioè decentrare il più possibile, cioè avvicinare il più possibile le funzioni amministrative ai cittadini e al territorio.
E' vero che nella nostra mente ci sta anche il quadro che ci sarà all'indomani della riforma della Costituzione del Titolo V, dove non potremo più ragionare o non saremo più tenuti a ragionare nei termini dei confini geografici delle attuali Province, ma certamente non è vero che con l'attuale disegno di legge, noi anticipiamo, nella forma, contenuti che sono tipici di una riforma costituzionale, cui poi occorrerà dare un'ulteriore risposta in termini di adeguamento. Semplicemente noi ragioniamo per quadranti, cioè chiediamo, laddove andiamo a decentrare delle funzioni, che gli Enti locali attuali, cioè le Province attuali operino in forma coordinata. Certamente questo non vuol dire, come sentivo in una delle relazioni di minoranza, che il cittadino che abita nel nord est del Piemonte, mentre oggi si può rivolgere all'ufficio della propria Provincia, quindi territorialmente vicino, domani dovrà rivolgersi ad un ufficio molto più lontano perché si è deciso di accorpare in un unico ambito le attuali Province. La gestione associata obbligatoria si potrà, e sicuramente si sposerà, con la permanenza di uffici decentrati e di sedi per le pratiche amministrative vicine ai cittadini.
Secondo me, questo è un forzare un argomento per dimostrare una criticità dell'attuale disegno di legge che personalmente non vedo. La scelta di quadrante servirà per provare a realizzare delle economie di scala, per provare a realizzare delle sinergie e, perché no, per iniziare a fare dialogare delle amministrazioni che un domani dovranno, sia pure in veste diversa e obbligatoriamente a seguito della riforma del Titolo V agire come area vasta.
Lo sforzo economico è immenso. Il bilancio che abbiamo ereditato aveva se non ricordo male a memoria, sulle funzioni trasferite, un impegno di circa dieci milioni di euro; oggi si sta ragionando di una cifra, per il 2015, di 53 milioni di euro complessivamente intesa. Attualmente, già 40 sono allocati, i restanti 13 milioni dovranno essere allocati in sede di assestamento, con precise norme finanziarie che renderanno certe le coperture delle funzioni che noi andiamo a trasferire.
Certo, il percorso da fare in Aula ha ancora alcuni passi da approfondire. Poco fa, prima dell'inizio della seduta, abbiamo voluto incontrare una rappresentanza delle RSU delle Province, in particolare su un tema, che è rimasto aperto e su cui il dialogo con il Governo, quindi con il livello nazionale in corso proprio in queste settimane, su impulso forte delle Regioni - mi viene da dire su impulso forte della nostra Regione - affinché una funzione fondamentale e irrinunciabile quale quella della vigilanza ambientale e, più in generale, il tema delle polizie provinciali, abbia il giusto riconoscimento e permanga come attività non solo per la salvaguardia dell'occupazione, cioè delle persone che attualmente si occupano di questa funzione, ma anche, e direi da certi punti di vista, soprattutto per salvaguardare la funzione in sé.
Senza un'adeguata vigilanza ambientale la qualità della vita, della natura del nostro territorio regionale e delle aree territoriali attualmente organizzate in Province, riceverebbe sicuramente un danno.
L'impegno, da questo punto di vista, che verrà formalizzato in un apposito emendamento che c'è stato annunciato dal Vicepresidente, è sicuramente un aspetto importante, un ulteriore tassello per cercare di approvare la legge, se non la migliore possibile, la più funzionale possibile alle condizioni date.
Così come meriterà approfondimento, nella fase attuativa, il discorso dei servizi legati alle politiche attive del lavoro, ai centri per l'impiego. Anche qui, non possiamo dimenticare che le regole del gioco dettate dai piani alti sono cambiate, mentre il treno era in corsa. A chi ci rimprovera che arriviamo in zona Cesarini per approvare la legislazione regionale attuativa, vorrei ricordare che nella scorsa estate, proprio su questi punti che pesano diverse decine, se non centinaia di milioni a livello nazionale, sono cambiate le regole del gioco. Da una fase in cui sembrava che di politiche attive si dovesse, in qualche modo, occupare lo Stato con un'unica agenzia e con oneri completamente a proprio carico ossia ad una fase in cui sembrava - anzi, era scritto così - che gran parte della spesa veniva, per l'ennesima volta, scaricata sugli Enti locali o comunque, sui livelli di governo diversi rispetto allo Stato, ad una fase attuale dove, per fortuna, attraverso un'interlocuzione forte e decisa, si è arrivati a riequilibrare i conti con un due terzi di spesa riconosciuta dallo Stato e il restante terzo a carico nostro.
Certamente io non sono, e l'ho già detto in parecchi interventi, una persona che elogia la legge Delrio, soprattutto il combinato disposto della legge Delrio con i tagli previsti nella legge finanziaria in senso acritico. L'esigenza di riorganizzazione degli Enti locali è un'esigenza l'esigenza, però, di fare cassa con tagli molto dolorosi rispetto al comparto degli Enti locali, rende di difficile applicazione anche la migliore legge possibile, figuriamoci se si tratta di una legge che ha comunque, degli aspetti di complessità e di criticità.
L'ho anche detto in sede di Commissione che andremmo a rafforzare un po' il sistema duale, per esempio rappresentato da Città metropolitana da un lato e altri Enti locali e altre Province dall'altro, che ha un suo inquadramento normativo - perché la stessa legge Delrio lo prevede delegando le funzioni in materia di formazione professionale, in forza di un emendamento approvato in Commissione in materia di orientamento.
Personalmente, avrei evitato il dualismo su queste materie decidendo un decentramento sostanziale di funzioni amministrative che non trasformi la Regione da Ente che fa le leggi in Ente che fa le leggi e amministra quindi in qualcosa di completamente diverso; credo che questo sforzo debba essere valorizzato e che se ne debba dare atto.
Sono convinto che entrando nel merito degli emendamenti si possa fare un buon lavoro anche in Aula, così come è avvenuto in Commissione, nelle settimane seguenti, sapendo che abbiamo una dead line, che è quella della fine di questo mese, per riuscire a garantire tutti quei paletti e quelle garanzie di cui ci siamo fatti carico nel dibattito di queste settimane.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Appiano.
Se non ci sono altre richieste di intervento, teoricamente i lavori potrebbero terminare qui.
GRIMALDI Marco (fuori microfono) Ma la discussione generale poi riprenderà?



PRESIDENTE

L'accordo era che oggi avremmo fatto soltanto la presentazione e la discussione generale. E' intervenuto un solo Consigliere. Se non ci sono altri interventi, il Consiglio finisce con le considerazione dell'Assessore Reschigna.
La parola al Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Immagino che ci sarà tanto tempo per tornare sulla discussione a partire dagli emendamenti.
Rispetto al quadro generale, credo sia stato un errore procedere per scelte drastiche, come quella della prima ipotesi sull'abolizione delle Province e poi arrivare ad un quadro così incerto. Lo dico perché, a differenza dei tanti dirigenti del PD, che si sono esposti in queste settimane anche con dei ripensamenti, credo che se c'è una cosa buona di quello che stiamo per fare è che stiamo dicendo, soprattutto a livello nazionale, che queste aree vaste non possono essere una delle opzioni possibili, ma possono essere una delle strade da percorrere, prima che le Province spariscano per sempre e che non ci sia più nulla se non l'aggregazione dei Comuni.
Lo dico perché a me convince poco il quadro in cui siamo immersi.
Quello che prima ha portato l'idea che per abbassare i costi della politica basti eliminare i livelli di rappresentanza provinciali, non si è accorto che abbiamo creato dei mostri e dico "abbiamo" per modo di dire; io non credo che il quadro della Città metropolitana convinca nessuno, alla fine non ho sentito dei grandi difensori di questa "area metropolitana". Lo dico anche perché è anche una contraddizione in termini: la Città di Torino con l'ex Provincia non è un'area metropolitana. Forse, lo è la prima cintura ma anche i livelli democratici di questa Città metropolitana fanno assai ridere: il prossimo anno potremo dirci che si starà consumando uno degli strappi più grandi della democrazia. Pensate che i cittadini torinesi sceglieranno il Presidente dell'Area metropolitana e tutto il resto dell'Area metropolitana, in realtà dell'ex Provincia, non discuterà di quella candidatura e di quella Presidenza.
Per carità, non succede nulla di grave in questa riforma; all'area metropolitana diamo la formazione e, se passerà qualche emendamento, forse qualcosa di più sull'orientamento, se ho capito bene. Devo dire la verità anche questo disegno non è che mi convinca tanto; non condivido quest'idea per cui c'è una Regione che si occupa del resto del Piemonte su alcune materie e poi c'è la Città metropolitana che ne ha qualcuna più forte. Non mi convince, per carità.
Credo che il Vicepresidente abbia fatto tutto il necessario per provare a non fare emergere così tanti squilibri. Lo dico perché secondo me il fatto di aver cercato un'interlocuzione con le Province sul tema aree vaste porterà di sicuro conseguenze positive.
Insomma, non vedo questa grande differenza fra il personale della Città metropolitana e quello delle aree vaste nella capacità di poter programmare o gestire. Per questo motivo, forse, la formazione e l'orientamento li avrei lasciati direttamente alle aree vaste e alla Città metropolitana senza questi distinguo. Comunque, questo è una piccola parte e io credo che la parte più complicata che l'Assessore ha affrontato è stata quella di evitare, per esempio, che tantissimi dipendenti finiscano, entro fine mese in quel limbo in cui spesso si è anche rischiato non solo di perdere alcune competenze, ma anche alcuni servizi.
L'Assessore non ha ancora preso la parola, ma quello che ha fatto la scorsa settimana, che credo potrà annunciarlo, cioè il tema dell'avvalimento per esempio, sulle funzioni di polizia provinciale, quindi di vigilanza ambientale. Credo che, anche lì, se non si riesce a correre ai ripari, si rischia di perdere il servizio ed il personale, tra l'altro, con delle funzioni che le polizie municipali non possono raccogliere, come dicevano alcuni dipendenti. Cosa facciamo? Per i cinghiali che vanno via dalle nostre montagne e colline si chiede alla polizia di quel Comune piuttosto che un altro quando oggi è la polizia provinciale che interviene? Non ha molto senso.
Quindi, credo che gli emendamenti che la Giunta depositerà in Aula potranno risolvere alcune di queste incongruenze, così come spero che sui Centri per l'impiego avremo la capacità non soltanto di tutelare i lavoratori ma anche, per esempio, i tanti precari che sono inseriti in quel mondo e che rischiano, anche lì, di essere tagliati fuori da un sistema che invece avrebbe dovuto avere una nuova centralità soprattutto rispetto a tutti i temi che abbiamo affrontato in questi mesi, come la crisi, la ricerca del lavoro e tutto il tema dell'inoccupazione e della sottoccupazione e, soprattutto, il tema dei neet, cioè dei tantissimi ragazzi che non sono né in cerca di formazione e neanche in cerca di lavoro. Credo che questo lavoro sia stato fatto nelle Commissioni.
Ci saranno tantissimi emendamenti che ancora dovremmo valutare insieme ma credo che il grande sforzo fatto dal Vicepresidente Reschigna sia stato quello di non lasciare indietro nessuno e anche di dire ai nuovi, anche dipendenti di questa Regione, perché non dimentichiamoci che, fra qualche mese, la Regione passerà a dei numeri che non ha mai conosciuto. Credo che non solo questo sia un disegno che dà il benvenuto a queste nuove funzioni e a questo nuovo personale, ma è anche un disegno di legge che prova a non creare delle ombre, insomma creare un personale che non sa quali saranno le sue funzioni e dove presterà il servizio.
Credo che di questo parleremo ancora nei prossimi giorni. Intanto porgo un ringraziamento alla Giunta per il lavoro che è stato fatto fin qui.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Reschigna.



RESCHIGNA Aldo, Assessore agli enti locali

Grazie, Presidente.
Intervengo senza rubare molto tempo.
Il Consigliere Gariglio ha iniziato il suo intervento ringraziando il personale del Consiglio per l'impegno manifestato durante il lavoro non sempre semplice all'interno della Commissione; io voglio iniziare ringraziando il personale della Giunta che veramente, da mesi, è impegnato attorno a questo tema, lo sarà ancora di più dopo che questa legge sarà approvata, perché poi bisognerà affrontare l'aspetto, non semplice, di dover attuare correttamente questa legge.
Faccio pochissime riflessioni rispetto ai temi che sono stati toccati.
Anzitutto, la legge Delrio dice "In attesa della riforma del Titolo V della Costituzione sono affidate alla Province le seguenti funzioni fondamentali...", dichiarando un fatto che poi è stato totalmente ripreso dalla riforma del Titolo V della Costituzione (che oggi sarà votata dal Senato), che non soltanto è un percorso di tirar via dalla Costituzione il ruolo e la presenza delle Province, ma apre ad una fase completamente diversa, che è quella relativamente al soggetto di area vasta. Su questo punto, ho ascoltato alcuni interventi e credo che nessuno possa immaginare che in una Regione come il Piemonte si possa ipotizzare un futuro con Comuni e Regione. La scommessa, però, tuttora da conquistare, sarà sulla natura e sulla funzione di questo soggetto di area vasta.
Su questo tema si confronteranno due tesi. Una dice che il soggetto di area vasta dovrà essere ascendente dai Comuni. Dico da subito che questa è l'impostazione che cercheremo di mettere in atto. L'altro modello è che il soggetto di area vasta sarà discendente dalla Regione, e quindi un'articolazione delle Regioni. Questo mi sembra non condivisibile.
Pertanto, se confermiamo che ci dovrà essere un soggetto intermedio e che noi vogliamo che questo soggetto nasca dal rapporto con i Comuni, è chiaro che diventa molto complicato, in questo contesto, immaginare una fase in cui la Regione si riappropria di tutto, con problemi organizzativi non indifferenti, per poi successivamente procedere ad una nuova redistribuzione di queste funzioni. Questo è il primo elemento di riflessione.
Questo è un disegno di legge che fa una scelta che anticipa un po' il dibattito futuro e fa la scelta di immaginare che il futuro soggetto di area vasta all'interno della nostra Regione non sia la mera riproposizione delle attuali otto Province. Forse dovremmo lavorare molto e ragionare molto su tale questione, perché quello che sta avvenendo è sempre più una sfida e una competizione tra sistema territoriali, all'interno della nostra Regione e nei rapporti con le Regioni limitrofe. Noi dobbiamo cercare di avere degli strumenti di organizzazione democratica di presenza sui territori che abbiano le dimensioni e le forze per poter reggere a queste sfide.
Faccio solo un esempio. Nella vicina Lombardia si è aperto un dibattito su quale sarà il futuro dell'area che attualmente sta ospitando Expo 2015.
Una delle scelte che sta emergendo con grande forza è che quello sarà un importante polo universitario.
Ci rendiamo conto di che cosa vuol dire avere un importante polo universitario a 15 chilometri dall'Università del Piemonte Orientale? Noi non possiamo dire ad un'altra Regione "tu non cresci, perché altrimenti io vado in crisi". O noi siamo nelle condizioni di rappresentare un soggetto che ha la forza di costruire un futuro, oppure saremo soppiantati.
La scelta che stiamo cercando di compiere con questo disegno di legge molto complicato e che ha avuto una vita assolutamente travagliata è che immaginiamo che ci debba essere un soggetto di area vasta; che questo soggetto debba essere ascendente dai Comuni e non discendente dalla Regione, ma che sempre meno dovrà rappresentare l'attuale configurazione delle otto Province piemontesi di oggi. Abbiamo però bisogno di incominciare a sperimentare queste pratiche; quindi, non tutte le funzioni saranno obbligatoriamente gestite in modo associato dalle Province, ma alcune funzioni avranno, proprio in questa fase, lo scopo di sperimentare una capacità di lavoro diversa rispetto al passato.
Nel nostro Paese non mancano buone leggi; mancano molte volte buone pratiche di applicazione delle leggi. Su questo siamo stati tutti concordi nei dibattiti svolti all'interno della Commissione: questa legge, la cui scrittura è stata sufficientemente complicata, sarà molto più complicata da attuare, perché o questa legge ha la capacità in Piemonte di rappresentare una svolta, una riforma e uno sguardo al futuro, oppure, se sarà soffocata dal prevalere di tutta una serie di problematiche - che ci saranno e che dovranno essere affrontate - ci consegnerà un modello impraticabile nel futuro.
Noi vogliamo invece cercare già oggi, con le limitatezze del fatto che si ragiona a Costituzione invariata e quindi non modificando i confini delle Province, non prevedendo nessun accorpamento tra le Province incominciare a far lavorare insieme questi territori. Ciò non è poi è così complicato, perché quei territori stanno già lavorando insieme su temi come quello dei rifiuti e sulle politiche di smaltimento; stanno lavorando insieme su temi come l'acqua e su tutta un'altra serie di tematiche assolutamente importanti. In futuro, dovranno lavorare insieme su temi come il trasporto pubblico locale.
Questo è il punto dentro il quale si colloca questo disegno di legge che è particolarmente complicato in Piemonte, perché vi è una differenza rispetto ad altre Regioni. Quando gli amici, con i quali mi è toccato molte volte discutere animatamente in questi giorni, mi pongono come esempio il modello della Toscana, dico che mi pongono il modello di una Regione che nel corso degli anni, ha delegato niente alle Province. Ripeto: non ha delegato niente alle Province nel corso degli anni.
Noi abbiamo invece una situazione che è quella di una Regione che, nel corso degli anni ha delegato moltissimo alle Province e che oggi deve fare un'ulteriore operazione, che è quella di riflettere e di compiere un'analisi critica del lavoro svolto almeno nel corso di un decennio, per stabilire ciò che ha funzionato e ciò che non ha funzionato, ciò che è riproponibile in termini di deleghe e di decentramento e ciò che non è proponibile.
Ed è questo il lavoro che è stato fatto, guardando, però, con grande preoccupazione, ad un tema. Nei mesi scorsi, è stata avanzata una soluzione che anche i sindacati sostenevano, ritenendola la più rassicurante per il personale; io direi pseudorassicurante, perché se conoscessero bene i dati sui conti della Regione, avrebbero meno certezze sotto questo aspetto.
Questa soluzione più rassicurante è: "Tutto torni in Regione e tutto il personale vada in Regione". Io aborro l'idea che la Regione diventi il luogo dove assumerebbe prevalenza la gestione dei fatti amministrativi perché questo vuol dire che questa Regione smetterà di svolgere funzioni in ambito legislativo, per cercare di contribuire allo sviluppo del Piemonte e dare un forte contributo alla programmazione.
Noi ce lo siamo dimenticati un po' questo termine nel corso degli anni ma voglio ricordare a tutti noi che le Regioni nascono per produrre buona attività legislativa e per offrire i riferimento fondamentali nella programmazione su cui concentrare le linee di lavoro e di sviluppo. Ma se una Regione si carica di troppi fatti sotto il profilo amministrativo, è chiaro che si sposta il baricentro dell'orizzonte delle Regioni ed è chiaro che quella Regione è destinata sempre più a prestare meno attenzione alla programmazione e all'attività legislativa.
Terzo punto di partenza: noi siamo in una fase complicata. Stiamo cercando di riorganizzare la Regione e di diminuire costi di funzionamento e di organizzazione. Siamo in una fase nella quale stiamo anche riflettendo relativamente a problematiche e a difficoltà che riguardano l'organizzazione delle Direzioni. Avere un eccesso di fatti organizzativi nelle sedi decentrate, determinati dal fatto che la Regione si riprendeva quasi tutte le funzioni, avrebbe determinato, secondo me, il collasso della Regione sotto il profilo organizzativo.
Io oggi guardo con molta preoccupazione a quello che sarà, sotto questo aspetto e profilo, l'attuazione di questa legge in Piemonte. Credo che siamo riusciti a fare un lavoro dignitoso - lo dico così - nelle condizioni che sono quelle di un orientamento legislativo, sul piano nazionale, molto contraddittorio.
La legge Delrio ha detto una cosa; poi è stato sottoscritto un accordo tra Regioni e Governo sull'attuazione della legge Delrio che aveva dentro di sé il fatto che le Regioni non dovessero occuparsi di politiche attive sul lavoro e di polizia provinciale: la prima era destinata a confluire nella riforma complessiva del jobs act, quindi dell'Agenzia nazionale; la seconda doveva essere trasferita all'interno del Corpo Forestale dello Stato.
Poi, a luglio di quest'anno, il Governo ha emanato un decreto legge sugli Enti locali, con il quale ci ha detto che i Centri per l'impiego sono affare nostro, come Regione, e rispetto ai quali darà un contributo per i costi di funzionamento. Per quanto riguarda la polizia provinciale, ha scoperto che i posti nel Corpo Forestale dello Stato sono 483 e che gli addetti in giro per l'Italia complessivamente sono circa 2.200; quindi, non era possibile fare quell'operazione, perché probabilmente avevano già sufficienti problemi a collocare il Corpo Forestale dello Stato all'interno del riordino complessivo delle forze dell'ordine. Quindi, diventava un tema che prevalentemente assumeva le caratteristiche di trasferimento di quei lavoratori alla polizia locale, creando un problema enorme come una casa che era quello di definire chi svolgeva quelle funzioni che non sono secondarie, perché sono funzioni prevalenti di controllo ambientale; sono funzioni di controllo sull'attività venatoria e sono funzioni che attengono al controllo sull'attività etica.
Tutto, quindi, in un quadro complicato, reso ancora più complicato dal fatto che la fase, forse un po' troppo lunga, di transizione tra la legge Delrio e la riforma del Titolo V della Costituzione ha determinato una profonda sottovalutazione del fatto che le Province non riuscivano a stare in piedi. Ricordo il taglio, operato quest'anno, di un miliardo di euro sui trasferimenti alle Province, in parte compensato da manovre fittizie, sotto il profilo contabile: rinegozio i mutui e quindi non pago, cerco di vendere un po' di sedie e quindi ottengo delle entrate straordinarie, ma l'anno prossimo quei mutui dovranno essere pagati. Se l'anno prossimo venisse confermato l'ulteriore taglio di due miliardi sui trasferimenti, le Province andranno a "carte e quarantotto".
Voglio ricordare che in questa fase di transizione, al di là delle funzioni delegate dalle Regioni, le Province svolgono attività sull'istruzione secondaria superiore, sulla viabilità e sulla garanzia del diritto alla mobilità dei cittadini, indipendentemente dal luogo in cui risiedono o lavorano.
Questa fase di transizione è complicata, anche se da molti è stata vissuta in termini di: "Mi scarico sulla Regione". In questi mesi, il lavoro non è stato semplice perché, a volte, i quadri e i riferimenti delle organizzazioni sindacali, che vedevano unicamente la Regione come soggetto e come interlocutore, rischiavano di affossare la Regione sul piano dei consistenti inserimenti del personale e sul piano dell'onere economico di cui si sarebbe fatta carico.
Tuttavia, riteniamo che questo lavoro, in grandissima parte condiviso all'interno dell'Osservatorio, in un rapporto con le organizzazioni sindacali, oggi possa rappresentare un punto adeguato di riequilibrio e soprattutto, di sguardo sul futuro. Guardate che questa legge non gestisce il contingente: è una legge che cerca di proiettare i nostri sguardi sul futuro.
Terzo elemento. Nella discussione, quando la settimana prossima affronteremo l'esame dell'articolato, completeremo la proposta della Giunta regionale con una serie di emendamenti che riguarderanno la questione della Polizia provinciale.
Confermo che la settimana scorsa, in sede di Osservatorio nazionale abbiamo posto il tema che, per mantenere quel tipo di funzione in capo alle Province, ci fosse un ruolo di avvalimento da parte della Regione nei confronti del personale impiegato nell'esercizio di quel tipo di funzione.
Sul tema dell'ambiente abbiamo raggiunto un accordo con le Province che prevede una compartecipazione pari al 40% del costo dell'esercizio delle deleghe.
In più, mi auguro che, nel frattempo, venga anche chiusa la convenzione, a livello nazionale, tra il Governo e le Regioni relativamente alla modalità attraverso cui si avvia la gestione dei Centri per l'impiego.
Sono gli emendamenti più significativi che, come Giunta, presenteremo all'interno del dibattito della prossima settimana. Che cosa ci aspetta dopo? Primo punto: il lavoro che da ieri è incominciato, da una struttura costituita all'interno della Giunta regionale, è un lavoro d'incontro Provincia per Provincia, per passare dai grandi numeri ai numeri più di dettaglio del personale, riconoscendo volti e figure professionali. Questo ci consentirà, non solo di avere un quadro definitivo dei dati, ma anche e soprattutto un quadro delle possibilità, da parte nostra, di inserirlo all'interno di una riorganizzazione complessiva.
Secondo punto: dovremmo svolgere un ruolo. In questo abbiamo già colto all'interno del disegno di legge licenziato dalla Commissione, una richiesta dell'UPP, per fare in modo che questa fase di convenzione tra le Province, per la gestione associata, veda per la Regione un ruolo non di spettatore ma di forte partecipazione.
In merito, colgo l'occasione per fare una puntualizzazione molto semplice. Individuare che una funzione venga gestita in modo associato tra Province non significa smontare le presenze sui territori. Il cittadino o l'impresa che abita a Biella continuerà ad avere come riferimento, e a presentare le proprie istanze, agli uffici della Regione della Provincia di Biella, indipendentemente che quell'istanza sia oggetto di gestione singola da parte della Provincia di Biella, sia oggetto di gestione associata da parte delle Province del quadrante o sia oggetto di delega da parte della Regione. Anzi, personalmente credo che noi dovremmo lavorare per mettere insieme, ad esempio per quanto riguarda gli uffici di relazione con il pubblico, strutture unitarie tra la Regione e le articolazioni provinciali perché questo significa incominciare a lavorare anche in termini di organizzazione, per non lasciare corpi separati, ma creare un unico grande soggetto armonico.
Questo è quello che faremo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, non appena approvato un disegno di legge che ha bisogno di essere monitorato con grandissima attenzione nella sua fase di attuazione.
Ecco perché abbiamo inserito una norma, cogliendo un tema che è stato correttamente sollevato all'interno del dibattito in Commissione, che non è una clausola valutativa normale, ma un impegno a costruire uno stretto rapporto, nella fase di attuazione della legge, tra la Regione e l'Osservatorio, tra la Regione e le organizzazioni sindacali, tra la Regione, il Consiglio regionale e la Commissione consiliare competente.
E' una sfida impegnativa, me ne rendo conto, che però ha dentro di s tutte le volontà e i desideri di arrivare alla costruzione di un'organizzazione amministrativa della Regione più moderna, più efficiente e più capace, nel tempo, di operare significativi risparmi e contenimento dei costi.
Questa è una scommessa. Ci rendiamo conto che lanciamo un messaggio molto importante e molto forte, che va oltre la mera attuazione di una legge nazionale e oltre il tentativo di dare risposte a fatti contingenti che devono essere assolutamente considerati nella loro importanza perch appartengono al presente: è una legge che ha uno sguardo sul futuro.
C'è un ultimo elemento che manca in questo contesto: il ruolo dei Comuni. E' un elemento che rappresenta una carenza, perché nei ragionamenti e nelle riflessioni fatte abbiamo unicamente guardato al rapporto tra Regione e Province, senza prendere in considerazione il terzo soggetto ossia il Comune.
Questo è il limite della nostra esperienza all'interno della nostra Regione. Fra poche settimane i Comuni in Piemonte saranno 1.204; vi è un livello di gestione associata bassissimo e una frammentazione amministrativa che continua ad essere un problema pesante. Pur essendovi forti esperienze ed iniziative in alcuni territori per procedere alla fusione dei Comuni, continua ad esserci oggi un livello di disomogeneità troppo forte, a causa del quale non si può fondare un processo profondo di sussidiarietà anche nella rimessa in discussione delle funzioni oggi delegate alle Province.
E allora, finito questo lavoro, credo che, senza nessun atteggiamento di voler rimettere in discussione il passato, l'anno prossimo questo Consiglio regionale dovrà riflettere, alla luce dell'esperienza maturata in Piemonte, e magari prima che lo faccia qualcun altro a livello nazionale per tentare di compiere un salto in avanti anche su questo piano.
La scommessa è proprio questa: essere capaci di governare le riforme per evitare che le stesse siano decise e calate dall'alto, con il rischio alla fine, di determinare fatti che non entrano nella profondità del cambiamento.



PRESIDENTE

Non essendoci altri interventi, e non essendo stata inserita la mozione, Consigliere Bono, perché non è stato ammesso dal Consiglio.



(Commenti del Consigliere Bono)



PRESIDENTE

Quello che succede durante il giorno lo si decide al mattino.



(Commenti del Consigliere Bono)



PRESIDENTE

Io questa mattina non c'ero perché ero al funerale di Ferruccio Baruffi.



(Commenti del Consigliere Bono)



PRESIDENTE

Non so che cosa dirvi, l'Aula è sovrana, come sempre, ma io questa mattina non c'ero.
Da quanto mi dicono gli Uffici, la mozione n. 452 non è inserita per la discussione e quindi, se non è inserita per la discussione, io mi vedo costretto a dichiarare chiusa la seduta.



(Commenti del Consigliere Bono)



PRESIDENTE

Non so cosa dirvi, a meno che i Capigruppo non ritengano.
Però non mi pare che ci siano le condizioni, perché le regole sono regole.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16.45)



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