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Dettaglio seduta n.74 del 26/05/15 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



(La seduta ha inizio alle ore 10.01)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Chiapello, Conticelli e Ruffino.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

"Politiche del lavoro, gestione delle crisi aziendali e programmazione delle attività produttive. Pianificazione dei fondi comunitari e regionali per il quinquennio 2014-2020" presentata dai Consiglieri Picchetto Fratin Porchietto, Ruffino, Graglia, Berutti, Vignale, Bertola, Frediani Andrissi, Bono, Mighetti, Campo, Batzella, Valetti e Gancia


PRESIDENTE

La seduta di questa mattina si tiene in sessione straordinaria, ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento e ai sensi dell'articolo 40 dello Statuto della Regione Piemonte, in merito a "Politiche del lavoro, gestione delle crisi aziendali e programmazione delle attività produttive.
Pianificazione dei fondi comunitari e regionali per il quinquennio 2014 2010", presentata dai Consiglieri Pichetto Fratin, Porchietto, Ruffino Graglia, Berutti, Vignale, Bertola, Frediani, Andrissi, Bono, Mighetti Campo, Batzella, Valetti e Gancia, di cui al punto 2) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Pichetto Fratin; ne ha facoltà.



PICHETTO FRATIN Gilberto

Scusi, Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, poiché ritengo che, su questo tema, debba esserci la presenza degli Assessori competenti per materia. Può darsi che sia solo un ritardo di qualche minuto.



PRESIDENTE

Aspettavo un suo intervento, Consigliere Pichetto: non volevo prendermi la libertà di decisioni che formalmente mi competono, ma sostanzialmente no.
Ha chiesto la parola la Consigliera Frediani; ne ha facoltà.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Intanto, chiedo se è possibile attrarre la mozione n. 81.



PRESIDENTE

In seduta straordinaria non è possibile.



FREDIANI Francesca

E' collegata all'argomento.



PRESIDENTE

Che oggetto ha? Verifico subito.



FREDIANI Francesca

Poi, se posso, esprimo anch'io perplessità per la totale assenza della Giunta.



PRESIDENTE

La Giunta è presente: ci sono tre Assessori e stanno arrivando gli Assessori competenti. Può succedere a tutti - anche agli Assessori - di avere qualche piccolo contrattempo. Nel contempo, do la parola al Consigliere Gallo.
Prego, Consigliere Gallo, ne ha facoltà.



GALLO Raffaele

Grazie, Presidente.
Chiedo se è possibile attrarre l'ordine del giorno n. 213.



PRESIDENTE

Certo.
Sospendo brevemente la seduta, affinché l'Assessore Pentenero ci possa raggiungere.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.05, riprende alle ore 10.11)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Ha chiesto la parola la Consigliera Porchietto; ne ha facoltà.



PORCHIETTO Claudia

Grazie, Presidente.
D'intesa con i colleghi dei Gruppi Lega Nord, Fratelli d'Italia e Movimento 5 Stelle, abbiamo chiesto di poter condividere, questa mattina un Consiglio straordinario su un tema che consideriamo fondamentale, non soltanto per i lavori del Consiglio stesso, ma anche per il futuro e per le prospettive del Piemonte.
Credo siate tutti d'accordo che non è mai facile fare un Consiglio straordinario sul tema del lavoro e delle politiche industriali ed economiche, ma soprattutto diventa abbastanza impossibile immaginare di esaurire, nell'arco di una mattinata, un tema dirimente, che è uno degli obiettivi che questo Consiglio regionale deve porsi nel mandato di questo quinquennio, a prescindere che si parli in maggioranza o in opposizione.
Questa mattina abbiamo immaginato di poter aprire un dialogo franco diretto, con la maggioranza e con la Giunta; abbiamo immaginato, non di costruire un percorso, una discussione, un dibattito basato su delle contrapposizioni che molto spesso - anche per i ruoli che abbiamo - teniamo in quest'aula, ma un dibattito e una riflessione che sia un punto di partenza e non di arrivo, in merito ad un tema che è stato al centro dell'attenzione di tutti già negli anni passati e lo è ancora oggi.
Riuscire a rimettere al centro dell'attenzione, non tanto il tema "lavoro", ma il tema "lavoratore", e non soltanto, è come riuscire a dare un'identità nuova a questa regione: rimettere al centro dell'attenzione come bene sociale e bene comune, il tema dell'impresa.
Abbiamo sentito troppo spesso parlare di un bene importante quale quello dell'impresa, in modo forse troppo sommesso. Questa mattina ho ascoltato alla radio i dibattiti riguardanti i dati che ieri il Ministero del lavoro ha evidenziato, con tutte le prudenze del caso: 210 mila nuovi contratti. Ancor prima che si ripresentassero le polemiche che sono nate poche settimane or sono, e una diatriba tra i numeri forniti dall'ISTAT e quelli comunicati dal Ministero del Lavoro, sono state messe le mani avanti rispetto a dei numeri che sono ancora "sporchi". Questa mattina, in realtà si evidenziava come, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, i veri nuovi contratti di lavoro siano soltanto 7.000.
Io non penso che il tema debba essere quello di chi riesce a creare più o meno posti di lavoro in Italia e - visto che ne parliamo proprio questa mattina - in Piemonte. Credo che, oggi, il problema da affrontare possibilmente in quest'aula, come punto di partenza - lo ribadisco, poich questo è un Consiglio straordinario, ma auspico che sia il primo di una serie di dibattiti seri e costruttivi, sia in Commissione sia in Aula - sia quello di mettere al centro della nostra visione strategica due fattori: il lavoratore e l'impresa. Devono essere messi al centro di una regione che tra le altre cose, da più di dieci anni non riesce a trovare una forza trainante nel suo capoluogo, Torino.
Infatti, non solo i dati, ma anche tutte le indagini che sono state compiute in questi ultimi anni hanno evidenziato come la nostra città ahimè - sia prima soltanto nelle classifiche in cui si sottolineano le negatività quali disoccupazione e cassa integrazione.
Autorevoli centri di ricerca - non da ultimo McKinsey - hanno comparato dieci aree metropolitane italiane a quelle internazionali e il nostro capoluogo regionale risulta soltanto al 165° posto nel panorama mondiale.
Anche all'interno delle aree metropolitane italiane vediamo come Roma e Milano abbiano un passo diverso rispetto a quello torinese. Soltanto un 3 di imprese piemontesi possono essere considerate eccellenze a livello internazionale. Abbiamo un panorama di imprese che in questo momento sta soffrendo, ma fortunatamente sta sostenendo l'economia piemontese.
Non credo di dire una cosa che nessuno di noi conosce se evidenzio che la difficoltà del momento nasce dall'incapacità - negli anni, non soltanto oggi - di avere una visione strategica di quello che potrà essere il Piemonte dei prossimi vent'anni. Ci siamo trascinati andando ad affrontare soltanto le emergenze e non valutando, invece, quali potevano essere le visioni strategiche.
E' passato un anno esatto dalle elezioni: ritengo che, oggi, la spinta propulsiva della campagna elettorale si sia esaurita - sia per la maggioranza sia per l'opposizione - e si assista, anche all'interno di quest'Aula, ad un vivacchiare. L'abbiamo visto durante il dibattito sul bilancio, nel definire le iniziative di carattere emergenziale nascondendoci dietro al fatto che non ci sono i soldi; mentre invece io credo che oggi la necessità sia quella di ragionare seriamente su quali possano essere le prospettive future che noi delineeremo.
E' vero che l'uso della cassa integrazione è diminuito sensibilmente anche in Piemonte: siamo a quasi cinque milioni di ore in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (è un 17% in meno); però vorrei ricordare come nel resto del Centro-Nord Italia il tasso di decremento superi il 40%. In realtà, quindi, il Piemonte non sta sicuramente vivendo rispetto alle altre Regioni del Centro-Nord, che sono i nostri benchmark di riferimento - un momento di ripresa economica.
Siamo al 38° posto tra le 96 Regioni dell'Area dell'Europa dei "Sei" dei Paesi che sono a noi più vicini. Nel 2000 eravamo al 20° posto. Siamo insieme all'Umbria, una delle Regioni con il PIL pro capite che è diminuito maggiormente in questi ultimi anni. E, soprattutto, siamo una delle aree che ha visto un decremento del PIL superiore rispetto alla media nazionale.
Cosa possiamo fare, però, a questo punto? Io credo che oggi la cosa che ci interessa maggiormente sia poter definire insieme alla maggioranza e alla Giunta un percorso che ci aiuti ad affrontare in questi cinque anni un momento che è difficile, ma che ritengo, nel contempo, anche esaltante.
Permettetemi: oggi non abbiamo strategie. Abbiamo vissuto nuovamente un anno di emergenza, com'erano stati gli anni precedenti; non abbiamo un piano strategico che porti la Regione Piemonte fuori da questa impasse in cui siamo ormai da troppi anni. Vorrei ricordare come nel 2010 - che piaccia o meno -, dopo tre mesi di mandato della Giunta precedente, un piano straordinario per l'occupazione ci fosse.
Presidente, le chiedo scusa, ma diventa veramente difficile parlare con un brusio che giunge da tutte le parti.



PRESIDENTE

Si fermi solo un attimo, per favore.



PORCHIETTO Claudia

Capisco che il tema non sia importante.



PRESIDENTE

No, no: il tema è importante.
Prego, Consigliera Porchietto.



PORCHIETTO Claudia

Grazie, Presidente.
Ribadisco che in questo momento non abbiamo strategie per affrontare un tema così dirimente. Siamo lenti in molte cose: nelle decisioni, nelle sperimentazioni e nelle rendicontazioni. Negli anni precedenti la Regione Piemonte è stata una Regione che ha sperimentato molto nel momento dell'emergenza, anche nell'affrontare le crisi, e sono state molte le best practice che sono state assunte da questa Regione.
Abbiamo un problema con i POR. E' vero che sono stati presentati gli assi e le linee guida, ma Regioni come l'Emilia Romagna e la Lombardia ad oggi sono già operative con la nuova programmazione. Noi abbiamo fatto una scelta, che è quella di chiudere le rendicontazioni dei due principali piani operativi del settennio precedente, ma ad oggi non abbiamo ancora idea di quali saranno le misure di intervento, sia sul FESR che sull'FSE. E siccome un po' di esperienza l'abbiamo anche noi dai quattro anni precedenti, mi permetto di sottolineare come per poter mettere in campo nuove misure ci vogliano almeno nove mesi dal momento in cui la decisione viene presa. Stiamo parlando, quindi, di iniziative che avranno come base economica i nuovi strumenti europei, che non si svilupperanno prima del prossimo anno.
In questo momento si stanno chiudendo le vecchie misure, ma la realtà piemontese non si può permettere di non avere già in campo nuove misure di intervento. Insisto nel portare ad esempio due Regioni, che per noi sono realtà confinanti ma pure realtà a cui guardiamo in un ambito di rapporto collaborativo ma anche concorrenziale: Emilia Romagna e Lombardia. Se noi andiamo a vedere sui siti di entrambe le Regioni, troveremo già la disamina e non soltanto gli assi identificativi della nuova programmazione.
Mi permetto di dire alla Giunta che, così come giustamente voi parlate e lavorate con gli Uffici regionali, se permettete ci parliamo un po' anche noi e quindi sappiamo a quale punto siamo nella disamina e nell'operatività delle misure della nuova programmazione. Risottolineo, però, quanto detto precedentemente in apertura: dico queste cose in modo estremamente costruttivo e positivo. Quello di oggi non è un Consiglio richiesto per fare la punta alla matita alla Giunta regionale, ma credo sia importante in questo momento condividere insieme alla Giunta regionale un percorso sui temi delle politiche economiche e industriali e sulle tematiche legate al lavoro.
Il 1° maggio è entrata in vigore l'ANASPI. La durata massima di questo strumento - l'Assessore Pentenero lo sa molto bene - è di 24 mesi. Sappiamo che dopo quattro mesi comincia a decrementarsi l'indennità sull'ANASPI e non abbiamo ancora immaginato quali sono le misure e chi dovrà portare avanti l'iniziativa collegata all'erogazione di questo ammortizzatore.
C'è poi il tema dei Centri per l'impiego e il tema di come andare a ristrutturare le politiche attive del lavoro. A me fa piacere sapere che finalmente, dopo due anni, il Ministero del Lavoro ha ripreso in mano la proposta che fece la Regione Piemonte insieme alla Regione Lombardia di un'agenzia nazionale con delle agenzie territoriali.
Mi chiedo il motivo per cui noi non vogliamo essere nuovamente soggetti portatori di esperienze importanti, non solo a livello nazionale ma anche a livello regionale, andando già oggi ad identificare quali saranno i soggetti che opereranno dal punto di vista strumentale sul nostro territorio, per poter applicare le nuove misure che la riforma del mercato del lavoro ha già messo in campo. Siamo stati per anni portatori di innovazione e dovremmo continuare ad esserlo.
Faccio un altro esempio: se andiamo ad aprire il sito dell'Emilia Romagna sui POR, vediamo come quella Regione ha creato a sostegno dell'imprenditorialità, anche sociale, delle piattaforme innovative, con dei finanziamenti privati che sfruttano anche le potenzialità offerte dal crowdfunding. Questa è un'altra iniziativa, a titolo esemplificativo, che credo possa essere portata anche su questo territorio.
Svolgo solo due passaggi in più e poi mi fermo, visti anche i minuti che sono passati.
L'Italia ha un'idea di Torino e del Piemonte come di un'area fortemente in declino. Non lo dice la Consigliera Porchietto: lo dicono i dati, ma soprattutto le analisi che fanno le varie Fondazioni. La cosa che dispiace è che quest'impressione sul Piemonte e in particolare sull'area metropolitana torinese ce l'abbiano soprattutto i grandi investitori tant'è che, se andiamo a vedere l'andamento dei contratti di insediamento nell'ultimo anno, possiamo dire che questi sono pressoché nulli.
Abbiamo fortemente voluto in modo bipartisan l'Authority dei trasporti qui in Piemonte: potrebbe essere un volano sulla mobilità e sugli investimenti nelle infrastrutture. Non mi pare, però, che noi oggi stiamo collaborando o stiamo aprendo dei tavoli che abbiano una prospettiva di investimento di natura economica con l'Authority.
Vengo al Centro di produzione RAI, passando ad un altro ambito: due anni fa salvammo il Centro di produzione RAI dalla chiusura, che avrebbe significato la perdita di un altro tassello importante, al pari di quella della Olivetti e della Telecom. Non dico due nomi a caso perché stiamo vivendo in questi giorni, nuovamente, la dichiarazione di esuberi nel Canavese: quasi 332 persone che ancora una volta Telecom decide di sacrificare in Piemonte.
Ricordo solo tre anni fa la vicenda della Loquendo; molti di voi se la ricorderanno: fu una battaglia forte su Torino. Ma ad un certo punto la Città di Torino decise di abdicare rispetto al mantenimento di Loquendo che era strategica per quel che rappresentava come attività industriale sul territorio, probabilmente a fronte di indicazioni non di carattere economico, ma di altra natura, da parte dei vertici della Telecom di quel momento.
Dico queste cose perché le ho vissute personalmente e quindi vanno dette. Quella scelta ha comportato una mancanza di attenzioni e di investimenti sui nostri territori e la conseguenza oggi è la dichiarazione di 332 esuberi nel Canavese: sono 1.500 solo in quell'area - poi lascerò la parola ai colleghi per quanto riguarda gli altri ambiti - i posti messi nuovamente a rischio. Abbiamo aziende che non sono i soliti nomi, che sono sicuramente importanti, ma che sentiamo continuamente: Sun Chemical Mercatone Uno, Mossi &Ghisolfi (che ha in cassa integrazione 80 persone su un'area, quella di Crescentino, che io auspico sia legata solo al momento di mancanza di materia prima, ma anche qui c'è un punto interrogativo su un ambito estremamente innovativo), Alenia, Bottero, Setav, Vertek, Agrati Unilogistic, Monterosaski; in IMS sono 341 i posti di lavoro.
Cito dati che l'Assessore Pentenero conosce molto bene, e di certo non li dico per lei, ma per l'Aula. Abbiamo un'azienda come la Beltrame.
Qualcuno ricorderà, che due anni fa, insieme, facemmo di tutto per tenerla aperta e che oggi dichiara 30 posti di lavoro in più a San Didero: ci significa che quando l'unità di crisi della Regione Piemonte lavora funziona! Perché le iniziative che si possono prendere non solo in termini economici, ma di attenzione, di indicazione di un'area e di una parte di queste attività come strategica, può essere importante.
Abbiamo una spesa pensionistica che è la più elevata d'Europa: rapportata con la spesa scolastica ci fa capire come l'Italia non pu essere oggi competitiva.
Noi abbiamo un'opportunità questa mattina: non di addossare le colpe a qualcuno, perché non serve a niente e non è questo il motivo che ci ha indotto a chiedere un Consiglio straordinario, ma condividere una strada o un percorso che, insieme, ci permetterà di rendere veramente fattiva e operativa questa nuova programmazione di fondi europei. Ma, soprattutto che porterà - io auspico - questo Consiglio regionale ad avere il coraggio di dire che fare impresa in Piemonte è ancora possibile, perché, così come adesso anche CGIL dice, è più importante la politica industriale rispetto ad una riforma del mercato del lavoro annunciata e strombazzata, che, senza imprese, non può portare benefici. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Giunta regionale.
Prego, Assessore Pentenero; ne ha facoltà.



PENTENERO Giovanna, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Ringrazio la Consigliera Porchietto per la richiesta che avete avanzato e per questa sua introduzione, che ci pone in un'ottica di collaborazione e di condivisione di un quadro difficile e complicato. Vorrei quindi cercare di fornire all'Aula del materiale di riflessione, prendendo spunto peraltro, da quello che fece la stessa collega Porchietto un anno fa illustrando una relazione molto approfondita, che io ritenni senz'altro utile. Vorrei riproporre all'Aula, ovviamente con gli elementi aggiornati che caratterizzano oggi la situazione piemontese, che sono un po' diversi rispetto a quelli di un anno fa, una serie di dati sui quali poter fare delle riflessioni e anche una serie di aggiornamenti rispetto a quelle che sono le attività legate alla programmazione dei fondi comunitari.
Chiederei gentilmente ai tecnici di far scorrere le slide.
Intanto è utile evidenziare che i dati che abbiamo a disposizione si riferiscono al primo trimestre e tengono in considerazione non dei flussi ma soltanto dei dati legati alle assunzioni (i dati con i flussi li vedremo nel mese di luglio, quando l'ISTAT ci fornirà le sue analisi).
Da gennaio a marzo si è potuto registrare un incremento di assunzioni dell'11,7% (ovviamente, il termine di paragone diventa il 2014), passando da 137 mila a 153 mila nello stesso periodo di tempo rispetto ad un anno fa.
Di seguito, le assunzioni divise per settore (in azzurro sono evidenziate quelle del 2015, in giallo quelle del 2014, ma mi auguro che siano stati caricati i dati anche sul supporto informatico, dove saranno più facilmente consultabili): come vedete, il settore in cui abbiamo registrato maggiori assunzioni è quello dei servizi, intendendo per tali i servizi alle imprese, e quindi in termini generali. Segue l'industria, nel senso più stretto al quale siamo abituati a ragionare, il commercio e il settore alberghiero. Emerge un dato interessante anche rispetto al settore dell'agricoltura, mentre la situazione pare essere ancora ferma al palo come si usa dire, per quanto riguarda il settore delle costruzioni.
Credo che questo schema ci fornisca una visualizzazione molto sintetica di quello che è il quadro rispetto alle assunzioni in più e a quale settore esse appartengano.
Nel periodo gennaio-aprile abbiamo registrato un aumento dei contratti a tempo indeterminato del 54,2%, pari a 14.000 procedure in più. È evidente, come dicevo prima, che sono dati che dovremo analizzare non appena disporremo dei dati ISTAT.
È altresì utile verificare le tipologie dei contratti che sono state attivate in questo periodo di tempo: come vedete, la percentuale più alta dato che riportavo prima - riguarda i contratti a tempo indeterminato subordinato. È evidente che il contratto a tutele crescenti è in concorrenza, se così possiamo dire, rispetto al contratto di apprendistato per cui vedete che ha un segno negativo (è la seconda torretta partendo da sinistra).
Proseguendo nell'analisi della tabella, si registra un dato significativo sul lavoro intermittente e un dato altrettanto significativo sul lavoro autonomo nello spettacolo. Il resto riguarda dati assolutamente negativi.
Analizzando le fasce di popolazione, vediamo che i contratti che si sono avuti in questo periodo di tempo hanno toccato, in modo particolare la fascia 15-24 anni, passando da 1.856 nel 2014 a 3.926 nel 2015. Nella slide successiva se ne evidenzia la rappresentazione grafica: abbiamo avuto assunzioni nella fascia fino a 24 anni, un po' meno nella fascia 25-29, e poi un andamento poco significativo sulle altre fasce.
Veniamo alla disoccupazione: l'iscrizione alle liste di mobilità segna un rallentamento, passando da 2.600 nel primo trimestre a 1.642 (dati aggiornati a marzo 2015), con una flessione del 37%. Dagli ultimi dati che abbiamo a disposizione, le persone in cerca di occupazione sono stimate in circa 226.000 nel 2014, con un aumento di circa 17.000 unità rispetto all'anno precedente. Oggi il tasso di disoccupazione è stimato intorno al 11.3%.
Nel 2014 - ovviamente, oggi possiamo parlare soltanto di questi dati abbiamo annotato un aumento soprattutto sul tasso di disoccupazione giovanile. Secondo le stime si registra un aumento significativo nella provincia di Torino, che si attesta intorno al 50%. È evidente che un aumento così significativo può anche avere una lettura positiva, ovvero che i giovani stanno ricominciando a cercare lavoro, avendo la percezione che qualcosa si sta muovendo all'interno del mercato del lavoro.
In numeri assoluti, significa che abbiamo circa 50 mila ragazzi in più che stanno cercando lavoro all'interno della nostra Regione. I dati più negativi li rileviamo nella provincia di Torino e nella provincia di Alessandria, che, come vi accennavo, si attestano intorno al 50%. Nella slide successiva avete una rappresentazione grafica del dato della disoccupazione, raffrontato per il 2013-2014 nelle diverse province della nostra regione, quindi vedete che quelli di Alessandria e di Torino sono i dati più significativi.
Abbiamo un dato interessante che è utile notare sulla provincia di Cuneo.
Cuneo è la Provincia in cui noi abbiamo il minor tasso di disoccupazione sia giovanile che adulta.
La prossima slide riprende la disoccupazione per province con un tasso percentuale che sostanzialmente riprende quello che vi accennavo prima.
Nella slide successiva ci sono dati interessanti. Questa è la rappresentazione dei tassi di disoccupazione secondo i dati legati al 2014 divisi per area provinciale, che quindi riprendono la rappresentazione grafica che è stata data prima.
Credo sia interessante leggere la slide successiva, facendo riferimento a quello che diceva la collega Porchietto prima, quando parlava dell'utilizzo degli ammortizzatori sociali. Nel periodo gennaio-aprile 2015, è diminuito il ricorso alla cassa integrazione: abbiamo 8,5 milioni in meno di ore, ma in percentuale continua ad essere molto sotto la media nazionale. E c'è una slide successiva che credo sia interessante, la quale ci dimostra che in Piemonte qualche giorno fa eravamo intorno al meno 17 oggi siamo intorno al meno 20%; voi vedete che la media italiana è del meno 40,9% e noi siamo intorno al meno 20%, quindi ben al di sotto della media nazionale. Poi, come potete vedere, ci sono Regioni che invece sono al di sopra della media nazione e altre Regioni del Centro Nord rispetto alle quali possiamo trovare una situazione di analogia.
Poi, questa è una rappresentazione grafica che vi dimostra le ore di cassa integrazione ordinaria divise per settori. E' evidente che il settore metalmeccanico è quello maggiormente colpito, come sempre: è la colonna più intensa, sia arancione che blu: l'arancione corrisponde al 2015 e il blu corrisponde al 2014.
E' interessante, così come prima abbiamo visto che il settore delle costruzioni continua ad essere un settore fermo, vedere come anche nelle ore di cassa integrazione corrisponde al secondo settore dopo il settore metalmeccanico al quale fa riferimento la cassa integrazione ordinaria.
Sulla cassa integrazione straordinaria, abbiamo 264 imprese fino a marzo 2015, con 21.000 lavoratori coinvolti, mentre nello stesso periodo di riferimento avevamo un numero maggiore di imprese che erano coinvolte nella cassa integrazione straordinaria, con un numero ovviamente maggiore di lavoratori coinvolti.
Nella slide successiva avete la stessa rappresentazione grafica che vi avevo dato un attimo fa per la cassa integrazione ordinaria. Ecco, la cassa integrazione in deroga si riduce del 41% rispetto al primo quadrimestre del 2014. Dovete anche considerare che questo è un ammortizzatore che andrà ad esaurirsi nell'arco del 2015, quindi è evidente che anche le aziende iniziano a comprendere che questo non è più uno strumento a loro disposizione. Queste sono le domande pervenute all'Assessorato e sotto trovate il numero di lavoratori coinvolti.
I tavoli di crisi sono ovviamente quelli che ci preoccupano di più sono quelli in cui l'attività dell'azienda è cessata e in cui i lavoratori stanno beneficiando di cassa integrazione straordinaria o di mobilità, che è in scadenza. Ve li abbiamo elencati e stimiamo che nei prossimi anni avremo circa 30 mila persone senza più ammortizzatori.
Voi sapete che la nostra Regione, attraverso l'Agenzia Piemonte Lavoro e attraverso la Provincia di Torino, ora Città metropolitana, svolgeva un'attività di anticipo della cassa integrazione. Nel primo quadrimestre del 2015, sono 1.500 le persone che hanno richiesto l'anticipo della cassa integrazione e questo ha comportato un impegno di circa tre milioni di euro.
Slide successiva. I tavoli di crisi sono quelli che maggiormente ci preoccupano, come vi dicevo. Nei prossimi anni, sono circa 30 mila i lavoratori che stimiamo dalle aziende cessate che completeranno il percorso di tutti gli ammortizzatori sociali. Questo è l'elenco delle aziende, che sono sostanzialmente quelle citate prima, ovviamente con distinzione tra le aziende cessate e le aziende che oggi sono in una situazione di difficoltà economico-finanziaria.
Il tema della Whirlpool, di cui avete letto sui giornali, credo che sia un esempio di come la nostra Regione in anni passati attivò un progetto e un'attività di sostegno interessante. Oggi ci troviamo di fronte a una situazione tale per cui le risorse della Regione Piemonte utilizzate per avviare un centro di ricerca che avrebbe dovuto permettere di consolidare l'attività di Indesit con la vendita di Indesit al gruppo Whirlpool hanno indicato un progetto, ma questo progetto è stato completamente ignorato uso il termine che rappresenta la realtà - e l'intenzione è di portare il know how italiano (finanziato con un progetto della Regione Piemonte) dal Piemonte alla Polonia.
Rispetto alla grande distribuzione, è utile sapere che anche Carrefour esattamente come il gruppo Mercatone, sta dando segnali assolutamente preoccupanti, e questi sono i centri commerciali che sono stati chiusi in questo periodo di tempo. Anche Auchan ha iniziato una procedura di licenziamento collettivo per circa 67 lavoratori.
Allora, abbiamo provato a sintetizzare un po' di politiche che in questo momento sono attive e abbiamo provato a fare delle ipotesi. Intanto il contratto di ricollocazione (un progetto di circa 900 lavoratori), che riguarda lavoratori provenienti da aziende che hanno cessato la propria attività e quindi coinvolti in procedure di mobilità. Ovviamente si tratta di 428 lavoratori, 382 lavoratori in CIGS e 90 lavoratori espulsi da aziende artigiane che oggi sono beneficiari dell'ASPI e che sono provenienti da 17 aziende dislocate in più province della nostra regione.
Su questa platea abbiamo costruito un pacchetto di servizi, tra i quali è prevista anche l'attività formativa, ma non è l'unica attività. Ovviamente questa sarà un'attività svolta attraverso un voucher che sarà proporzionale al grado di occupabilità del lavoro e quindi al progetto che sulla singola persona sarà attivato.
Abbiamo pensato anche al progetto di anticipo della pensione, sul quale si possono innestare più idee, così come il Parlamento ha rappresentato in diversi disegni di legge. Per quelle che sono le competenze e le potenzialità che una Regione come la nostra può mettere in atto, noi crediamo che il progetto presentato all'INPS possa essere un progetto che ha quasi un aspetto amministrativo e dove il coinvolgimento del sistema bancario è sicuramente l'anello forte del processo per permettere a persone che correrebbero il rischio di restare senza reddito nei tre anni che gli mancano alla pensione di avere la possibilità di un'erogazione anticipata.
E' evidente che una somma di denaro andrà restituita, perché comunque si usufruisce di una deroga rispetto alle regole a nostra disposizione. Questo processo potrebbe toccare circa 6.000-8.000 lavoratori all'anno e, come vi dicevo, la copertura finanziaria è garantita da un fondo rotativo istituito con le banche.
Garanzia Giovani lo scorro velocemente, perché lo abbiamo già visto la scorsa settimana. Non possiamo ancora dire - e questa è un po' la lotta quotidiana che si fa con i giornali - che a "x" persone avviate all'interno di Garanzia Giovani corrisponda una diminuzione dell'occupazione giovanile.
Magari fossimo in grado in così breve tempo di determinare un'inversione di tendenza! Possiamo sicuramente dire che oggi siamo di fronte alla possibilità di avere giovani retribuiti per sei mesi in modo significativo in tirocinio piuttosto che procedere a un'assunzione; è evidente che le aziende usufruiscono di questa opportunità. I dati che abbiamo a disposizione (se è possibile scorrere la slide successiva) ci dicono quello che sta succedendo all'interno di Garanzia Giovani.
In ogni caso, credo che dovremo fare una riflessione rispetto ai giovani che non siamo ancora riusciti a intercettare e che non riusciremo a intercettare nei prossimi anni, quindi su quello che occorrerà fare con una sorta di Garanzia Giovani. Peraltro, come vedrete in una slide successiva stiamo lavorando su una Garanzia Giovani Disabili, ovvero sulla possibilità di definire opportunità particolari per i soggetti svantaggiati, ma che possono rientrare all'interno di un progetto cercando di identificare quegli strumenti che permettono di colmare le differenze rispetto a chi è inserito in un percorso cosiddetto normale.
Questi sono i dati che caratterizzano Garanzia Giovani e queste sono le posizioni che sono state richieste, quindi a tempo indeterminato, tempi brevi (tre o sei mesi), lavoro per una durata superiore ai sei mesi. Il tirocinio, come vi dicevo, è la fetta più importante: il colore grigio che voi vedete è la parte dei tirocini e una parte di questi ragazzi sono rientrati all'interno di percorsi di formazione.
Nella slide successiva, vedete quali sono le attività maggiormente ricercate, e cito le più significative: impiegato amministrativo, barista commesso, perito e aiuto cuoco all'interno dei ristoranti. Le altre sono posizioni importanti, ma non sicuramente così significative come le altre.
Questa è la rappresentazione dei contratti di cui vi dicevo prima.
Nella slide successiva, vedete l'ipotesi di una Garanzia Giovani per disabili sulla quale stiamo lavorando, che a fine mese immaginiamo di riuscire ad attivare con una dotazione di tre milioni di euro e che prevede un'intensificazione del percorso di accompagnamento al lavoro durante il periodo di tirocinio; le risorse sono rintracciabili all'interno del fondo per i disabili, quindi le multe che le aziende pagano ai sensi della legge 68 sono circa 700 progetti all'anno. I numeri che vedete sono i dati legati alle diverse tipologie di soggetti coinvolti nella garanzia giovani disabili. Queste sono le opportunità che vengono attivate.
Passiamo ai progetti di pubblica utilità. Sono quattro milioni e 150 mila euro; sono arrivate 98 domande; 371 lavoratori coinvolti, 34% assunti con qualifiche di impiegato e 64% assunto con qualifica di operaio qualificato. I progetti socialmente utili hanno dato dei buoni risultati io farei una riflessione rispetto al costo che questi hanno e al numero esiguo di persone che noi riusciamo a coinvolgere.
Nella slide successiva si vedono i settori all'interno dei quali sono stati coinvolti e credo sia utile riflettere, perché questo ci permette di capire se è necessario riproporli in futuro o se si possono identificare strumenti diversi.
Nella slide successiva vedete la distribuzione delle risorse per ogni provincia e in quella successiva ancora parliamo dei cantieri di lavoro: 116 i progetti attivati, due milioni e 700 mila euro, 870 persone coinvolte.
La rete dei servizi per il lavoro. Perché ho inserito questa slide? Perché il tema dei servizi per il lavoro è oggi al centro dell'attenzione e del dibattito in sede governativa e in sede parlamentare. Voi vedete che oltre ai 30 Centri per il l'impiego, che coinvolgono 64 operatori, vi sono 270 sedi accreditate. Il tema dei servizi per il lavoro, il tema dell'accreditamento e, quindi, della sperimentazione che è stata avviata all'interno della nostra regione, è un problema cui, subito dopo l'estate dovremo trovare una soluzione.
E' evidente, però, che se l'Agenzia nazionale avrà come obiettivo quello di definire i livelli essenziali delle politiche, mi auguro che il tema dell'accreditamento sia affrontato in sede nazionale, perché se così non sarà corriamo il rischio di ricadere in quella che è la situazione attuale, dove ogni Regione ha un suo sistema di accreditamento, il che significativamente non permette di avere una comunicabilità tra le diverse Regioni. Questo è uno dei temi principali sui quali ci stiamo misurando sui cui si sta discutendo in sede di Camera e Senato e, soprattutto, in sede governativa. Si stanno affacciando sono ipotesi diverse, ma essenzialmente bisogna avere la consapevolezza che l'impianto del Jobs Act si regge sulla "terza gamba", cioè sulle politiche attive e su come noi articoliamo all'interno di tutta la nostra regione una rete di servizi per il lavoro che sia in grado di rispondere alle esigenze delle persone.
Il tema dell'accreditamento è un tema con il quale ci troveremo immediatamente dopo l'estate, ma mi auguro che il tema dell'Agenzia nazionale permetta di superare le questioni che vi ho evidenziato.
Questo è stato il questionario che è stato erogato agli operatori e nella slide successiva si vedono i numeri di interventi che sono stati effettuati attraverso i nostri sportelli in tutto il Piemonte.
Due osservazioni sull'apprendistato. L'apprendistato lo cito perch pur essendo una tipologia di contratto, come vi ho evidenziato prima, che oggi ha dati negativi, perché è un elemento naturale in concorrenza con il contratto a tutele crescenti, nella nostra regione ha una sua rilevanza una sua importanza e un suo radicamento e soprattutto, come ben sa la collega Porchietto, un'attività molto intensa dal punto di vista delle sperimentazioni e delle attività che sono state realizzate in questi anni a partire dall'alto apprendistato e quindi dalla possibilità di acquisire un titolo universitario e di definire una formazione finalizzata rispetto alle esigenze dell'azienda, a partire anche dal contratto in apprendistato per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione. Attività che oggi sarà implementata dal Ministero del Lavoro attraverso processi sperimentali, che hanno l'obiettivo di implementare le sperimentazioni con numeri significativi. Oggi abbiamo circa 160 ragazzi inseriti e l'idea del Ministero è di passare a numeri con tre cifre, quindi insomma rappresenta un impegno significativo e, soprattutto, una necessità di condivisione del processo con le aziende del nostro sistema piemontese.
Procedo indicando alcuni dati relativi all'apprendistato in assolvimento dell'obbligo di istruzione, che credo valga la pena evidenziare.
Andrei all'ultima slide, dove si vede il quadro di tutte le politiche che sono state attivate nei confronti dell'apprendistato e quindi i dati relativi alle qualifiche e alle diverse attività.
Un'ultima slide rappresenta invece i 750 apprendisti che sono stati inseriti in lauree triennali, in master di primo e secondo livello, in dottorati di ricerca e in diplomi ITS. Credo che questa sia un'eccellenza che noi abbiamo all'interno della Regione Piemonte, ma che oggi resterà ferma se non troviamo modalità con le quali rilanciare il tema dell'apprendistato.
Lo sviluppo futuro è quello che vi accennavo un attimo fa, quindi la possibilità - noi come Regione Piemonte ovviamente ci candidiamo, avendo una sperimentazione in atto - di sperimentazione dell'apprendistato duale così come previsto dal Jobs Act.
A livello regionale, avremo la necessità di fare un testo unico sull'apprendistato. Ovviamente è fondamentale la sinergia tra i due fondi (FESR e FSE), così come vedremo successivamente, una disciplina dell'apprendistato per l'attività di ricerca, una disciplina regionale dell'apprendistato per il conseguimento del diploma scolastico; credo abbiate sentito la sperimentazione avviata da ENEL che ha coinvolto un importante istituto superiore, l'Istituto Tecnico Industriale Avogadro dove 21 ragazzi svolgono una sperimentazione per la quale completano il proprio percorso di studi e, nel frattempo, svolgono un'attività lavorativa: 400 euro al mese, ma è un contratto a tempo indeterminato quale è il contratto di apprendistato.
La staffetta generazionale, che avevamo lanciato un po' di tempo fa non sta dando grandi risultati. Credo però che possa essere un'opportunità interessante sulla quale occorrerebbe lavorare e sulla quale potrebbe essere interessante provare a capire quali tipi di attinenza con il contratto a tutele crescenti vi siano, se sia possibile trovare elementi di condivisione nella progettualità tra la staffetta generazionale e il contratto a tutele crescenti.
Un altro dato interessante rispetto ai tirocini: abbiamo un aumento. Ve lo dicevo prima a proposito di Garanzia Giovani: è evidente che le aziende preferiscono un ragazzo in tirocinio piuttosto che un'assunzione. Noi abbiamo un aumento del 19,6% delle attivazioni rispetto allo stesso periodo, quindi passiamo da 6.500 a 7.883 tirocini che sono stati attivati.
Ovviamente è anche utile guardare quali età coinvolge i ragazzi in tirocinio: non arriviamo oltre ai 24 anni di età.
Nella slide successiva voglio ricordare il Fondo Regionale di Garanzia per il microcredito che oggi, grazie alle fondazioni bancarie, è stato rialimentato, quindi possiamo contare su questa tipologia di strumento che permette, a quei soggetti che non hanno una capacità di garanzia propria nei confronti del sistema bancario e che non potrebbero entrare a pieno nel sistema del credito, ma che ne hanno intenzione, di avviare un'azienda.
Abbiamo 62 domande, di cui 41 ammesse con garanzia, per un importo totale di 800 mila euro. Per il fondo di garanzia per l'imprenditoria femminile giovanile, abbiamo risorse che sono risorse residue, e anche qui arriviamo a progetti non inferiori a 5.000 euro e non superiori ai 40 mila euro: 48 domande ammesse per un totale di un milione e duecento, mentre 27 domande sono oggi in una situazione di istruttoria.
Per quello che riguarda interventi per la nascita e lo sviluppo di creazione di impresa, secondo la legge n. 34, oggi stiamo recuperando risorse residue e la misura è all'interno di Finpiemonte.
Due numeri sulle domande rispetto al 2014 e arriviamo all'ultima parte cioè la parte legata al FSE, su cui, com'è stato ricordato, noi siamo - non certo per colpa nostra, ma per una programmazione che ha la necessità di avere tempi di questa natura - un anno in ritardo rispetto alla programmazione. Con l'approvazione del bilancio e con l'assegnazione delle risorse, possiamo partire con la programmazione dei nuovi fondi comunitari.
Nella tabella che vi mostro vi è la dotazione finanziaria con la distribuzione delle risorse.
Nella slide successiva potete vedere gli assi di intervento con le risorse assegnate, la percentuale di riferimento per ogni asse di intervento. Dicevo che, con l'assegnazione delle risorse all'interno del nostro bilancio, oggi siamo in grado di partire con i primi atti di indirizzo. E' evidente che i primi atti di indirizzo toccano il tema della formazione, perché abbiamo la necessità di garantire una partenza dei corsi, con l'avvio dell'anno scolastico, con una serie di cambiamenti all'interno dell'atto di indirizzo che stiamo definendo in questo momento.
Siamo pronti per partire, così come l'atto di indirizzo legato all'orientamento e l'atto di indirizzo sull'alta formazione e sui percorsi ITS. Da qui a dopo l'estate, quindi con i primi periodi dell'autunno saremo in grado di partire con i primi atti di indirizzo.
Questi sono gli assi di riferimento. Ha ragione chi dice che non esistono ancora le azioni specifiche, ma siamo in una fase di avvio e di trasformazione e, soprattutto, avendo avuto il bilancio soltanto pronto da poco, ma grazie a cui quest'anno sarà attivato una certa percentuale di POR per circa 86 milioni, stiamo lavorando anche per le altre azioni sulle quali far partire i successivi atti di indirizzo.
Vedete anche una slide che vi indica, ovviamente, la distribuzione delle risorse, una slide successiva sulle politiche attive del lavoro e altre sulle attività per l'occupazione giovanile. La strategia è quella che, in qualche modo, ci viene definita dall'Unione Europea e che trova occupazione all'interno delle singole azioni. Queste sono le azioni che sono state identificate.
Ovviamente, uno dei nostri primi obiettivi è quello di migliorare la qualità dei servizi al lavoro nella dinamica di cui prima vi ho raccontato.
Tema importante è quello dell'inclusione sociale e della lotta alla povertà, che è l'asse al quale noi abbiamo dovuto dedicare il 20% delle risorse. Potremmo riassumere nelle due slide finali, con le quali completo questo percorso, richiamando due punti fondamentali.
Il primo è la prospettiva che riguarda le persone. Noi dobbiamo puntare sulla qualificazione dei nostri giovani, quindi sulle opportunità che offriamo loro. Dobbiamo garantire delle azioni a favore dei lavoratori maturi, come vi ho evidenziato prima. Dobbiamo sperimentare - perché se questo ci darà dei buoni risultati, potrà essere l'opportunità con la quale lavorare - sul contratto di ricollocazione.
Il secondo punto riguarda le imprese. Occorre lavorare sugli incentivi anche qui facendo attenzione che ci sono incentivi che hanno una loro validità e una loro importanza. Ovviamente la riduzione del costo del lavoro sta in un dato complessivo, in un processo complessivo che pu avvenire in parte, anzi, pochissimo su base regionale, ma soprattutto su base nazionale.
Fondamentale, come abbiamo già ricordato in altre occasioni, è l'integrazione tra i due fondi FESR e FSE, soprattutto sulle attività di microcredito. Quando un'attività dà buoni risultati e dà significative incidenze sul territorio, credo che questa integrazione debba essere utilizzata sulle attività di microcredito che ci permettono di offrire strumenti importanti a piccole attività e piccole aziende.
Un'ultima considerazione. Non va dimenticato che, in un quadro in cui le grandi trasformazioni sono in atto, è evidente che noi abbiamo bisogno di tempo per determinare l'attività. Non va dimenticato il tema del riordino delle competenze previsto dalla legge Delrio, ma è questo che ci ha visto impegnati in una programmazione di alcuni mesi e che oggi, invece ci permette di partire e di determinare l'avvio della programmazione dei fondi comunitari.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Gli atti d'indirizzo collegati sono i seguenti: mozione n. 81 presentata dai Consiglieri Frediani, Bertola, Bono Campo e Mighetti, inerente a "Commemorazione imprenditori suicidi in Piemonte" ordine del giorno n. 213 presentato dai Consiglieri Gallo, Accossato Appiano, Conticelli, Motta, Ottria, Ravetti, Rostagno e Valle inerente a "Impegno della Regione a sostegno del sistema camerale piemontese e dei suoi lavoratori" mozione n. 281 presentata dai Consiglieri Monaco, Accossato Chiapello, Gallo, Gariglio e Rostagno, inerente a "Comunità energetica del Pinerolese - Intervento presso il Governo" mozione n. 292 presentata dai Consiglieri Mighetti, Batzella, Bertola Bono, Campo, Frediani e Valetti, inerente a "Applicazione di misure estensive all'utilizzo del lavoro accessorio nel settore agricolo" ordine del giorno n. 371 presentato dai Consiglieri Frediani, Bertola Bono, Mighetti e Valetti, inerente a "Salvaguardia del Made in Italy e contrasto alla delocalizzazione selvaggia" ordine del giorno n. 372 presentato dai Consiglieri Frediani, Bertola Bono, Mighetti e Valetti, inerente a "Proroga della cassa straordinaria anche per l'azienda Schroeder - Casellete (TO) e FNAC di Torino" mozione n. 373 presentata dai Consiglieri Bono, Andrissi, Batzella Bertola, Campo, Frediani, Mighetti e Valetti, inerente a "Impegno per istituire in Italia il 'reddito di cittadinanza', un sostegno al reddito universalistico" ordine del giorno n. 374 presentato dai Consiglieri Porchietto Berutti, Graglia, Pichetto Fratin, Sozzani, Vignale. inerente a "Tempi celeri per attivazione fondi comunitari" ordine del giorno n. 375 presentato dai Consiglieri Porchietto Vignale, Graglia, Sozzani Pichetto Fratin e Berutti, inerente a "Rilanciare il Piemonte cominciando dal mattone" ordine del giorno n. 252 presentato dai Consiglieri Ottria, Allemano Appiano, Baricco, Boeti, Caputo, Corgnati, Ferrentino, Gariglio Molinari, Ravetti, Rostagno, Valle, inerente a "Diritti e tutela per i lavoratori colpiti dal malattia grave e prolungata".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Credo che l'intervento dell'Assessore sia stato utile, perché ci consente di fare qualche riflessione in più, oltre a quelle che ha già fatto in introduzione la Consigliera Porchietto.
Credo che ci debba essere una grande distinzione tra la capacità amministrativa di tutti i giorni e quella che, invece, è una politica di mandato. L'Assessore Pentenero ha illustrato con dovizia di slide tutta una serie di interventi, a partire dalle situazioni di crisi rispetto a quelli che sono alcuni interventi che, sostanzialmente, stanno tutti nei fondi strutturali europei, nel FSR e nel FSE, in quella che, in qualche modo, è una politica di intelligente continuità rispetto al passato.
Però, al di là dei risultati ottenuti - perché né la Giunta attuale n quella precedente hanno lavorato in una condizione economica particolarmente positiva - credo che vi sia non una differenza, ma una modalità con cui provare a governare la Regione, che ha avuto un momento e una partenza diversa.
Credo che l'iniziativa politicamente più significativa o una delle più significative che abbia fatto la precedente Amministrazione sia stata quella, a 40 giorni dalla proclamazione degli eletti, di siglare con tutte le organizzazioni datoriali e sindacali il patto straordinario per il lavoro.
Cos'era il patto straordinario per il lavoro? Era cercare di mettere a sistema tutte le risorse - fossero esse europee, regionali o, per competenza delegata, delle Province - all'interno di una cornice dove fosse ben chiaro che la priorità che l'Amministrazione si dava era quella dell'incremento occupazionale o, comunque, dello sviluppo economico in un momento difficile.
Infatti, se facciamo un ragionamento sui dati, di dati si muore, nel senso che è evidente che ogni persona tende ad evidenziare i dati migliori.
Possiamo prendere i dati relativi alla trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, possiamo prendere i dati molto più interessanti relativi ai nuovi soggetti che lavorano, perché in una situazione di difficoltà come quella odierna è importante avere garantito stabilità, anche di vita, con una trasformazione contrattuale, ma credo che sia stato più importante avere dato lavoro a chi non lavorava.
Vediamo che, da questo punto di vista, sui lavoratori dipendenti il dato nazionale - l'abbiamo visto ieri - è di 7.000 unità; se invece prendiamo il dato relativo alle cessazioni delle imprese, dei liberi professionisti e quant'altro, vediamo che il dato è ancora fortemente negativo. Ma, ripeto, i dati fotografano una situazione.
Credo, invece, che siano necessarie delle politiche che mettano al centro l'occupazione. Posso fare degli esempi. Certamente non lo fa questo bilancio, ma non è che questo bilancio non lo fa perché non investe risorse regionali aggiuntive sulla partita legata allo sviluppo economico o al lavoro, perché pensare che l'occupazione stia dentro lo sviluppo economico o il lavoro è riduttivo.
Il sistema che rappresenta l'Assessore Saitta, in termini di politiche regionali, è una delle fonti di lavoro; non parlo solo dei dipendenti della sanità pubblica, ma anche dei dipendenti della sanità privata. E se aggiungiamo le deleghe in capo all'Assessore Ferrari e tutta la partita legata alle politiche sociali (dalle badanti all'attività di assistenza domiciliare), ci rendiamo conto che una politica di sviluppo economico e di incremento delle politiche sul lavoro la si fa se c'è un'intenzione comune rispetto a tutti gli Assessorati. Infatti, non c'è singolo Assessorato - ho fatto due esempi, ma ne potrei fare molti altri - che, rispetto alle attività che svolge, non produca o non possa produrre nuovi posti di lavoro.
Credo che quest'obiettivo sia sfuggito nel bilancio, non tanto in termini di risorse stanziate, ma in termini di priorità individuate.
Certamente c'è un aspetto che, in termini di risorse stanziate, nel bilancio invece manca.
Il taglio ancora più significativo rispetto agli anni precedenti è degli investimenti, cioè continuiamo ad essere una Regione che riduce la propria spesa, ma va a ridurre la propria spesa sempre di più sugli investimenti, che è la dinamica avvenuta a livello complessivo del nostro Stato, in particolar modo nello Stato centrale, ma anche nelle articolazioni locali.
E' vero che oggi la macchina pubblica costa meno rispetto a prima; è vero che la riduzione di questi costi l'hanno realizzata per l'80% le Regioni, le Province e i Comuni, ma è altrettanto vero che all'interno di quell'80% uno dei tagli più significativi non sta nella spesa corrente perché è più difficile da contrarre - ma sta negli investimenti.
In passato questa Regione spendeva ogni anno due miliardi di euro in investimenti; oggi si trova ad investire qualche centinaio di milioni di euro in investimento Alcuni degli emendamenti che avevamo presentato sulla possibilità di finanziamento, ad esempio, della legge sulle opere pubbliche per l'apertura di alcune centinaia di piccoli cantieri, darebbero fiato ad una imprenditoria che oggi è gravemente in difficoltà.
E' evidente che alcune riduzioni consistenti sul turismo e sulla cultura non metteranno in ginocchio le istituzioni culturali più significative che hanno una convenzione con la Regione Piemonte, ma metteranno in ginocchio quelle realtà culturali che, invece, producono posti di lavoro e promozione culturale all'interno della nostra Regione, ma avranno qualche briciola (un milione e mezzo) da spartirsi.
Quando abbiamo sostenuto alcuni interventi e alcune norme nel mondo della ruralità e della montagna, l'abbiamo fatto perché garantirebbero la possibilità di maggiore occupazione.
Pertanto credo che questo punto, cioè il punto per cui è focale ed è centrale l'incremento occupazionale, a questa Giunta manchi. Questa Giunta ha la disperata necessità - che grava quasi interamente sul Vicepresidente di mettere a posto i conti, che è una cosa sacrosanta, però rischiamo di ripetere quello che sta avvenendo a livello nazionale e, soprattutto, a livello europeo.
L'attenzione maniacale, corretta e sacrosanta, sulla messa a posto dei conti, se fossimo un'impresa, la faremmo fallire, perché un'impresa che bada solo ad avere a fine anno il bilancio in pari fra entrate e uscite e non fa investimenti in innovazione, in ricerca, in internazionalizzazione e in nuovi prodotti è un'impresa destinata a fallire.
Questo sta avvenendo nella nostra Regione dal punto di vista dello sviluppo economico, qualunque esso sia. Non sta solo in capo all'Assessore Pentenero, molto meno all'Assessore De Santis, vista un po' anche l'assenza da una discussione che dovrebbe riguardare non solo il Consiglio, ma anche la Giunta e rispetto a tutta la Giunta Regionale, in particolar modo il Presidente, che dovrebbe essere la guida del tentativo di sviluppo economico.
In caso contrario, il rischio vero è che il Vicepresidente si debba occupare di mettere a posto i conti e con i soldi che rimangono settorialmente, ogni Assessore si debba occupare della propria materia senza avere ben presenti le priorità su cui investire, che sono certamente lo sviluppo economico, la crescita dei posti di lavoro, i servizi e il sostegno alle famiglie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola alla Consigliera Frediani.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, condivido l'impostazione che la collega Porchietto ha dato al suo intervento: questo Consiglio non deve essere un momento di scontro, ma un'occasione di dibattito e di confronto, perché quando parliamo di lavoro deve esserci assolutamente una convergenza sugli obiettivi comuni; l'obiettivo principale è risolvere questa grave crisi che sta investendo la nostra Regione e tutto il Paese.
L'esposizione dei dati da parte dell'Assessore è stata, come sempre chiara e molto rapida (ho fatto un po' fatica a seguire, fortunatamente erano dati che già in parte avevamo ricevuto in occasione di sedute di Commissione o, comunque, di incontri precedenti in conferenza stampa quindi che in parte già conoscevamo).
Rispetto a questi dati, espongo alcune osservazioni. Intanto sono dati che, al momento, sono anche di difficile lettura e di difficile interpretazione: siamo in un momento di passaggio verso una nuova legislazione per quello che riguarda il lavoro; il Jobs Act è diventato attivo a partire dal 7 marzo, quindi è difficile dire se, al momento, ci siano già delle ripercussioni sul mondo del lavoro.
Per quanto riguarda l'incremento delle assunzioni, molto probabilmente non lo dico solo io ma anche molti commentatori - deriva dalla presenza di sgravi disposti già in legge di stabilità; verosimilmente, non si tratta ancora di un cambiamento di direzione determinato dalla riforma del lavoro ma questi sgravi gli imprenditori, probabilmente, li giudicano vantaggiosi.
C'è da dire che questi sgravi valgono per tre anni solamente, pertanto occorrerà vedere se tale misura potrà garantire un aumento di occupazione a lungo termine o se, alla fine di questi tre anni, gli imprenditori troveranno il modo di far nuovamente calare il numero di occupati perch non più conveniente.
C'è anche da chiedersi se queste nuove assunzioni non siano, in realtà delle stabilizzazioni, che è già un modo di dire non proprio corretto, nel senso che sappiamo che passando dai vecchi ai nuovi contratti si determina il passaggio al famigerato "contratto a tutele crescenti", che non offre più le stesse garanzie che i lavoratori avevano con i contratti precedenti.
Rispetto a questa riforma del lavoro noi siamo piuttosto scettici e nutriamo numerosi timori, perché sappiamo che ha toccato proprio i fondamenti dei diritti dei lavoratori.
Viviamo questo momento di passaggio e ancora non sappiamo quale giudizio esprimere; forse, partiamo un po' prevenuti perché, leggendo i contenuti della riforma, abbiamo individuato molti aspetti che, purtroppo ledono i diritti dei lavoratori e non sappiamo quanto incideranno effettivamente sull'aumento dell'occupazione.
I dati presentati dall'Assessore sono sicuramente preoccupanti: il tasso di disoccupazione è altissimo per la nostra regione, sappiamo che è di 3,5 punti percentuali superiore rispetto a quello del Nord Italia. Sono dati che, sicuramente, fanno accapponare la pelle, considerando che siamo una regione storicamente industriale, che ha avuto aziende floride e vive sul territorio, che, adesso, purtroppo, lo stanno abbandonando. Questo è uno dei maggiori problemi della nostra regione, quello di non essere forse, attrattiva per queste aziende o, comunque, non avere gli strumenti adatti a contrastare questa tendenza di fuga verso l'estero, verso luoghi ritenuti più accoglienti per un certo tipo di imprenditoria, non per tutta.
Abbiamo visto che la Regione intende investire in formazione. Anche su questo noi abbiamo già avanzato più di una volta la richiesta di mettere mano al sistema della formazione e di riformarlo, perché ci sono ancora molti punti oscuri. E' un sistema che, sicuramente, dovrà essere oggetto di una riforma che possa garantire maggiore trasparenza, requisiti di accreditamento più chiari e certi, ma anche minore burocrazia. Anche per i centri di formazione che intendono offrire possibilità di formazione ai giovani, e non solo a loro, è necessario, effettivamente, uno snellimento delle procedure burocratiche, che, al momento, francamente, sono eccessive probabilmente: da un lato, potrebbero consentire un maggiore controllo, ma dall'altro, se analizziamo nel dettaglio, probabilmente, alcune sono decisamente superflue.
Speriamo che, magari, ci sia occasione di parlarne in Commissione e di avviare un confronto anche sul sistema della formazione, che sicuramente richiede una riforma.
Rimane da capire quali saranno i contenuti della formazione che verranno proposti. Vedremo con i primi atti di indirizzo quale sarà la linea della Giunta, comprendendo così quali siano i settori che si ritengono più meritevoli di investimenti, che possano dare maggiore possibilità sia ai giovani sia ai lavoratori che attualmente escono dal mercato del lavoro e che in qualche modo vi devono rientrare, cioè capire su quali aspetti intendiamo puntare di più, su quali settori della nostra economia intendiamo scommettere.
Poi, abbiamo visto che ci sono numerosi tavoli aperti, non erano elencati tutti perché in sede di Commissione l'elenco era molto più lungo qui saranno stati scelti i casi più eclatanti. Ovviamente, la De Tomaso è un macigno che pesa nella nostra regione con oltre 800 lavoratori, che, al momento, non godono di molte prospettive; immagino che almeno alcuni di loro saranno coinvolti in questo processo di ricollocazione di cui ha parlato l'Assessore nel corso della presentazione. Anche qui, ci chiediamo verso quali settori, ma queste sono domande puntuali che riguardano singoli casi, forse non è questo il momento e neanche il luogo in cui parlarne.
Un altro aspetto che volevo mettere in luce riguarda alcuni comportamenti non proprio corretti messi in atto da parte degli imprenditori sul nostro territorio, cui ha già accennato l'Assessore, cioè la tendenza di molte aziende a delocalizzare.
Un atto di indirizzo che abbiamo depositato contiene proprio la richiesta di intervenire in relazione al tentativo di spostare la produzione all'estero - l'Assessore ha citato il caso della Whirlpool con lo spostamento della produzione in Polonia - tentando di arginare in qualche modo questa fuga proprio attraverso il richiamo dei finanziamenti regionali, qualora erogati a queste aziende. Questo è un modo per alzare il livello di responsabilità delle aziende; se non riusciamo ad intervenire dal punto di vista etico, allora cerchiamo di intervenire dal punto di vista economico richiamando, per l'appunto, i fondi concessi e chiedendo che gli imprenditori si comportino in modo corretto nei confronti del territorio e dei lavoratori.
Un altro dato preoccupante è quello, sicuramente, della crisi della grande distribuzione. Nell'elenco dei tavoli aperti abbiamo visto la presenza di numerose catene di distribuzione su tutto il territorio italiano, ma con pesanti ripercussioni sul territorio piemontese, che attualmente sono impegnate ai tavoli di crisi; non tutte sono impegnate ai tavoli di crisi, infatti è un ulteriore problema che ci siano aziende nella grande distribuzione che si rifiutano di utilizzare gli ammortizzatori sociali, quindi lasciano i lavoratori completamente privi di un paracadute.
Questa crisi della grande distribuzione - ricordo che sul territorio in particolare interessa Auchan, Mercatone e Mediaworld, solo per citare le catene più grandi - occorrerebbe affrontarla come una crisi a sé, vederla inserita in mezzo alle altre aziende forse non rende giustizia, trovandoci di fronte alla crisi di un intero settore, che probabilmente è legata al calo del potere di acquisto dei cittadini dovuto alla crisi, ma anche ad un diverso modo di intendere il commercio. Forse si dovrebbero individuare metodi alternativi e soluzioni per cercare di proporre forme diverse di economia, magari privilegiando un tipo di economia più sostenibile, che privilegi il "chilometro zero" e che sia più vicina ai cittadini. Infatti abbiamo già detto più di una volta che questo modello della grande distribuzione, probabilmente, si sta avviando verso il fallimento e se non riusciamo ad individuare un'alternativa, purtroppo, ci ritroveremo con moltissimi lavoratori in mezzo alla strada, senza aver proposto nulla in sostituzione, pertanto ritengo importante che la Regione ragioni anche in questo senso.
Per concludere, quello che ci chiediamo oggi è quale sia questa prospettiva, questa visione strategica che ha la Regione e quindi cosa essa intenda portare avanti, proprio indirizzando i fondi e creando delle politiche, che abbiamo visto essere soprattutto politiche attive. Ci chiediamo dunque come questi fondi verranno utilizzati per dare una direzione e anche per sostenere gli imprenditori che desiderano rimanere sul nostro territorio e magari sviluppare delle idee e delle proposte per un'economia diversa, nuova.
Qualche sera fa abbiamo partecipato ad una riunione in un Comune della Val di Susa - c'era anche l'Assessore Pentenero - in un confronto con tre aziende valsusine, tre aziende di eccellenza del territorio: tre casi rari ma felici, a volte li incontriamo. I titolari di queste aziende, gli imprenditori, chiedevano principalmente tre cose: una riduzione dei costi del lavoro, la diminuzione dei costi dell'energia e poi investimenti in ricerca. Queste tre erano tutte aziende che avevano saputo investire in ricerca e che avevano saputo trovare dei prodotti vincenti che le hanno rese leader nel mondo.
Gli investimenti in ricerca, quindi, sono assolutamente importantissimi. Mi spiace che non ci sia l'Assessore De Santis, che sicuramente però sa che senza ricerca e senza sviluppo non potremo mai andare verso un'economia diversa e non potremo consentire la sopravvivenza di quelle aziende che hanno necessariamente bisogno di trasformarsi per rimanere sul mercato.
Per terminare, dico che bisognerebbe individuare e sostenere - com'è stato fatto, per esempio, per la cartiera di Roccavione - delle forme alternative di gestione dei casi di crisi. Venendo meno alle politiche passive, dunque, bisognerebbe sostenere i lavoratori che magari decidono di consorziarsi, di associarsi e di gestire autonomamente l'azienda, tentando di rimanere sul mercato.
Noi vorremmo uscire da quest'Aula, oggi, avendo un'idea un pochino più chiara su quali siano le direzioni da prendere. Noi abbiamo qualche idea e i miei colleghi sicuramente le esporranno nei successivi interventi.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola alla Consigliera Gancia.



GANCIA Gianna

Vorrei iniziare questo mio breve discorso, ringraziando tutte le persone e tutti gli imprenditori che hanno ancora voglia, in questo Paese di fare impresa, perché io credo che solo dei pazzi oggi, con la legislazione che c'è e la tassazione che c'è, possano continuare su questa strada.
Sono molto perplessa perché in questa discussione, in cui si è parlato di intervento dello Stato, della Regione, della Provincia e del Comune, non si è parlato del problema che più assilla gli imprenditori e che più rende questo Paese fermo e impantanato nella palude della burocrazia. Parlo dell'aumento delle tasse e dell'impossibilità, per qualunque impresa, di poter rispettare le leggi che ogni giorno noi politici e l'apparato burocratico (molto spesso coincidente con la classe politica) continuiamo ad elaborare.
Dico questo perché è evidente che con la tassazione che abbiamo in Italia l'unico consiglio che si può dare ad un imprenditore per sopravvivere oggi è quello di cercare di evadere. E mi prendo la responsabilità di quello che dico, visto che noi osserviamo tanti minuti di silenzio, ma non abbiamo mai pensato di dedicarne a quelle persone che si stanno uccidendo o che si stanno ammalando, perché portare avanti oggi un'impresa è impossibile o difficilissimo.
E' ora di smetterla con le misure: lasciamo che si liberi l'energia creativa e che i nostri imprenditori non debbano pensare tutto il giorno alla legge sulla privacy, alla 626, a tutte queste - scusate l'espressione stupidaggini, che fanno vivere o sopravvivere determinate categorie, ma che fanno in modo che questi titolari non possano più pensare alle aziende.
Sono queste le nostre vere difficoltà - tassazione, burocrazia e tempi della magistratura - per qualunque imprenditore che sia tale. Io non parlo di cooperative o di capitalismo di relazione, parlo di imprenditori puri; e ce ne sono sempre meno perché - ribadisco - sono dei pazzi che rimangono ancorati all'idea di impresa. Veramente so quanto soffrono e so quante persone si stanno rivolgendo a dei centri specializzati per farsi aiutare.
Noi dobbiamo riportare l'impresa al centro. E per impresa intendo non solo gli imprenditori, ma intendo anche i lavoratori. Il Piemonte è una terra dove il lavoro è considerato quasi una religione, che si deve sposare e si è sempre sposata con il valore della persona umana.
E' bellissimo leggere - lo sto facendo in questi giorni - Civitas hominum, di un nostro conterraneo importantissimo e famosissimo che forse non abbiamo abbastanza valorizzato: Adriano Olivetti. E' un libro che ha scritto a cavallo tra le due guerre ed è un libro che dà speranza. Però lo Stato deve smetterla di intralciare: lo Stato deve rendersi leggero. Mi ha fatto davvero piacere leggere sull'Ansa e sui giornali che lo stesso Presidente Chiamparino si sta chiedendo che significato abbia la Regione nel senso che forse va rivista e va ripensata. Noi non possiamo pensare che, continuando a fare leggi, si possa aumentare il PIL di questa Regione o quello di questo Paese, perché non credo che l'Italia stia meglio.
Dobbiamo rimettere l'impresa al centro e capire di dover lasciar fare: il laisser faire famoso, che ovviamente significa mettere regole certe, ma non tutte quelle norme impossibili e che poi riguardano sciocchezze.
L'imprenditore o i lavoratori stessi passano ore a parlare di sciocchezze: siamo tutti intercettati e poi dobbiamo compilare ore e ore di fogli sulla privacy.
Ecco, noi dobbiamo essere consapevoli di dover riportare l'impresa al centro e di doverci lasciare alle spalle definitivamente - ve lo ricordate tutti, perché la storia lo insegna - quel periodo in cui il profitto era io spero "era" - considerato farina del diavolo, così come chi lo produceva: se non ci lasciamo alle spalle questa ideologia, credo che si possano prendere tutte le misure, ma è la cultura che deve cambiare.
Dobbiamo lasciarci alle spalle quello che ci è stato inculcato: chi lavora deve essere premiato e deve guadagnare e quello che ci hanno insegnato nel '68 dobbiamo rivederlo; c'è chi lo sta facendo in modo assolutamente onesto.
Rimettiamo l'impresa e l'imprenditore al centro. Se c'è gente capace può valere anche la pena - com'è stato fatto in America - di pagare gli imprenditori bravi perché inizino a fare impresa. Per noi, infatti, il lavoro è la dignità di una persona e proprio con il lavoro la persona trova lo strumento per il suo completamento interiore, pertanto basta leggi e leggine. Vi rendete conto dell'assurdità che abbiamo creato? Noi mandiamo i soldi a Roma, Roma li manda a Bruxelles e, alla fine, Bruxelles attua delle norme e ci restituisce i nostri soldi (molti meno), per cui un contadino della provincia di Cuneo, piuttosto che della provincia di Novara, deve modulare l'azienda in base a quello che decide un burocrate di Bruxelles che non ha mai visto la provincia di Cuneo o di Novara. Guardo l'Assessore ma è un caso, assolutamente.
Prima di parlare del decreto legge, facciamo una riflessione a monte: la cultura non si cambia con un decreto legge e ritengo che quella che abbiamo avuto in Italia, e non solo, sia stata devastante. Rimettiamo l'impresa e il lavoratore al centro, ma ricordiamo che, con una tassazione che supera il 70% non si può fare altro che consigliare agli imprenditori di evadere, per quello che possono, per sopravvivere e continuare a dare lavoro ad altre persone.
Ringraziamo chi ha ancora quella pazzia per fare impresa, in Italia.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bertola.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, una piccola postilla relativamente alle slide dell'Assessore Pentenero, perché si citava giustamente il microcredito. Io voglio segnalare che, presto, grazie all'attuazione (se verrà data, ma penso proprio di sì) di un nostro ordine del giorno collegato alla finanziaria, non solo le fondazioni bancarie potranno alimentare il fondo per il microcredito, ma anche le erogazioni liberali dei cittadini. Tra queste, sicuramente le erogazioni liberali dei Consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, perché - così come da impegno assunto - intendiamo destinare al fondo per il microcredito la parte del nostro stipendio che non tratteniamo, poiché consideriamo troppo elevato.
Approfitto, pertanto, per fare un richiamo e chiedere che venga data attuazione, al più presto, all'ordine del giorno collegato alla finanziaria.
Parlando di microcredito, citiamo soprattutto le piccole imprese: occorre ricordare che, purtroppo, migliaia di piccole imprese sono in crisi, chiudono, e, in aggiunta alla crisi di sistema, non solo regionale ma anche nazionale ed internazionale, devono anche far fronte ad ostacoli di tipo normativo e a gravi errori di pianificazione e programmazione da parte della politica.
Il primo esempio che mi viene in mente riguarda il piccolo commercio: il commercio di vicinato e il commercio ambulante. Il commercio di vicinato è messo in ginocchio dal proliferare scriteriato dei grandi centri commerciali, a causa di politiche di pianificazione territoriale completamente sbagliate.
La crisi del piccolo commercio, in realtà, porta anche degrado all'interno delle città e dei piccoli Comuni. Nel piccolo commercio c'è anche l'anima della comunità, l'anima della città; un'anima e un'identità che difficilmente possiamo trovare dentro i centri commerciali, dove ci sono gli stessi negozi dappertutto. Sono dei non luoghi, con le stesse catene di franchising, dove, invece di trovare un'anima, troviamo scaffali con prodotti più o meno convenienti.
Altro esempio è la condizione, ancora più grave, degli ambulanti, che devono sottostare a degli adempimenti burocratico-fiscali più severi rispetto agli altri commercianti. Mi riferisco al cosiddetto VARA (la Verifica Annuale Regolarità Amministrativa), rispetto al quale, nei mesi scorsi, il nostro Gruppo consiliare ha condotto una battaglia.
Era stato approvato all'unanimità un atto di indirizzo che impegnava la Giunta a sospendere questo adempimento per 24 mesi, per dare un po' di respiro, di ossigeno, a tante piccole imprese in difficoltà. Tale atto di indirizzo è rimasto inattuato, anzi abbiamo registrato un rifiuto all'attuazione, ed è poi stato per così dire "superato" (metto volutamente le virgolette) da un altro documento che ha trasformato i due anni in due mesi e che prevede l'avvio di un tavolo che noi, al momento, non abbiamo ancora visto e che ci auguriamo parta al più presto. Ci faremo parte attiva, visto che abbiamo esaurito gli adempimenti del bilancio, per farlo partire.
Un'altra categoria di lavoratori che attualmente - almeno a Torino - è in grandi difficoltà è quella dei taxisti, a causa di quella che io considero una stortura di qualcosa che, invece, è positivo e sostenibile.
Parlo della cosiddetta economia della condivisione, che, sfruttando la rete, permette una maggiore ottimizzazione delle risorse personali.
Ritengo più che giusto fare in modo che circolino meno auto con il solo conducente, grazie al carpooling o alle piattaforme di ride sharing. Se invece, il messaggio "condividi la tua automobile" diventa "sfrutta la tua automobile" - come invita a fare una multinazionale della quale ultimamente parliamo spesso - allora si fa commercio e lo si fa senza le regole e gli adempimenti ai quali devono sottostare i taxisti e coloro i quali svolgono un'attività di noleggio con conducente, prefigurando una concorrenza sleale.
La politica regionale è stata chiamata recentemente a mettere ordine e a fare chiarezza sulla questione, nell'ambito delle normative vigenti e dell'interesse di tutte le parti. Qui, invece, constatiamo che la maggioranza sta traccheggiando, nell'attesa che a Roma si muova qualcuno si muovano dei grandi interessi.
Questo non fa altro che aumentare la confusione e mettere i lavoratori l'uno contro l'altro, perché chi svolge quest'attività, che al momento - a norme vigenti - non è legale, in fin dei conti è un lavoratore, una persona che cerca di trarre un reddito, perché probabilmente non ha più un lavoro.
Parlando, invece, dei settori che possono creare nuovi posti di lavoro possiamo citare quello della green economy. Su questo, ci sarebbe molto da dire, perché spesso ciò che viene venduto come green, in realtà molto verde non è.
Faccio un esempio: mesi fa, in televisione, ho visto definire uno dei più grandi imprenditori a livello nazionale, nel campo della gestione delle discariche dei rifiuti, come imprenditore della green economy. A quel punto, oltre ad un brivido lungo la schiena, mi è venuto anche qualche dubbio. Per restare sui rifiuti, è dimostrato che una gestione diversa da quella attuale può portare alla creazione di migliaia di posti di lavoro anche nella nostra regione.
Secondo lo studio di uno dei maggiori esperti europei nella gestione dei rifiuti, che è piemontese, oltre che italiano - e non è in alcun modo ascrivibile e collegabile al Movimento 5 Stelle - sostituire gli inceneritori e gli scarichi con la raccolta differenziata e gli impianti di riciclo procurerebbe, in tutta Italia, 200 mila posti di lavoro in più, con 900 milioni di euro di investimenti e con un rientro dell'investimento in tre anni: altro che Jobs Act! Presto - per fortuna! - discuteremo finalmente del nuovo Piano rifiuti della nostra Regione e avremo l'occasione di avanzare proposte concrete sperando di essere ascoltati. In questo settore si prosegue - anche la nostra Regione, purtroppo - con la logica della distruzione di materie e di risorse, che potrebbero e dovrebbero essere riciclate, ma che invece vengono bruciate negli inceneritori per creare un profitto, che, in fin dei conti, è drogato da incentivi fiscali. Questa è, in realtà, una logica predatoria in tutti i sensi, che non smetteremo mai di condannare. Anche in questo la nostra Regione si deve modernizzare: a livello europeo si parla sempre più spesso di "economia circolare" e la Commissione europea la scorsa estate ha avanzato una serie di proposte in questo senso.
Si parla di "progettazione diversa dei prodotti", in modo da prevederne, fin dall'inizio, la destinazione una volta che diventano rifiuti. Si parla, dunque, di innovazione e di durabilità dei prodotti; si parla di riduzione del consumo di energia e di materia nelle fasi di produzione e di uso, quindi di efficienza, di sostituzione, di utilizzo di materie riciclate, di progettazione eco-compatibile, di manutenzione, di riparazione: sto citando tutte fasi che, sotto gli occhi di tutti, creano in realtà posti di lavori.
Dunque, invece di parlare di green economy, vorrei provare a cambiare colore e parlare di blue economy. Lo faccio perché proprio al Politecnico di Torino c'è un'equipe che si occupa di studi sulla blue economy e parla di "design sistemico", che, in parole povere, è la capacità di progettare un prodotto pensando a tutto il suo ciclo, concependolo come parte di un sistema che interagisce con esso: un prodotto, anziché diventare scarto diventa altro e altro ancora. Si diminuisce, quindi, l'impronta ecologica e si genera anche un flusso economico, che, come ripeto, crea posti di lavoro.
Il massaggio che volevo dare è che per creare occupazione la politica deve ritornare a guardare avanti, imparare a pianificare, imparare a studiare; deve uscire fuori dai soliti schemi e, quindi, non puntare solo alla conservazione del consenso alle prossime elezioni, magari attraverso piccoli incentivi a pioggia.



PRESIDENTE

Colleghi, fornisco un contributo al dibattito: al momento risultano ancora iscritti ad intervenire otto Consiglieri (di cui sette dell'opposizione e uno di maggioranza), e risultano depositati nove atti d'indirizzo sullo stesso argomento. Se ogni intervento occuperà dieci minuti, non ce la faremo a concludere il dibattito entro le ore 13. Volevo solo dare questo messaggio. Si sono aggiunti i colleghi Rossi, Grimaldi e Campo.
Ha chiesto la parola il Consigliere Gallo; ne ha facoltà.



GALLO Raffaele

Grazie, Presidente.
Farò un breve flash, ma credo che utilizzerò tutti i dieci minuti a mia disposizione, perché i temi sollevati dall'opposizione, a partire dalla Consigliera Porchietto, sono ampi e coprono tanti argomenti a cui i governi regionali, ma anche quelli nazionali, hanno cercato di fornire delle risposte negli ultimi anni. E anche oggi sono al centro dell'azione politica della maggioranza e dell'attuale Giunta regionale, che, fin dal suo insediamento, in merito ai temi richiamati oggi, si è posta come obiettivo e come mandato di tutta la maggioranza "il lavoro". Richiamo quindi le parole del Presidente Chiamparino nel suo intervento di apertura che diceva: "Il lavoro è l'alfa e l'omega della legislatura".
Rispetto agli interventi precedenti, tutta la maggioranza pone l'impresa e il lavoratore al centro dell'attività di sviluppo del disegno industriale della nostra Regione. Ringrazio quindi l'opposizione per questa richiesta di Consiglio straordinario, perché ci permette non solo di fare il punto sui primi risultati delle politiche del lavoro messe in campo dalla Giunta e dell'Amministrazione Chiamparino, che sono state riportate nel dettaglio dall'Assessore precedentemente, ma anche per fissare gli obiettivi di sviluppo futuro delle politiche industriali della nostra Regione.
Non ripeterò tutti i dati citati dall'Assessore, ma mi soffermerò su due che mi hanno particolarmente colpito: mi riferisco all'accordo che è stato portato avanti con l'INPS e tutto il tema della "Garanzia Giovani" che è stato approfondito nel corso della Commissione congiunta fra attività produttive e VI Commissione qualche settimana fa.
Consentitemi, però, di fare una considerazione di carattere generale che parte da alcune considerazioni anticipate dal collega Vignale e dalle condizioni economiche del nostro bilancio, senza fissare le quali il ragionamento su tutte le politiche industriali che sono state poste in atto in questi mesi forse non ha piena attuazione.
Difatti, per le note vicende dei conti regionali, di cui si è discusso tanto, purtroppo sulle politiche economiche abbiamo delle imposizioni e dei vincoli che non ci permettono di operare appieno sulle linee politiche e su quello che vorremmo portare avanti. Purtroppo questo avviene nel momento di crisi economica ed occupazionale peggiore della storia del nostra Regione.
E' quindi chiaro che noi abbiamo a disposizione soltanto l'utilizzo dei fondi europei. Dire "soltanto" è riduttivo, perché parliamo comunque di due miliardi di euro a disposizione.
E' evidente che questa crisi economica, e quindi anche sociale, ha corso molto in questi anni; ha corso ben di più di quello che è riuscita a fare la politica, e ben più velocemente dei tempi di risposta della politica e dell'Amministrazione.
Oggi ci troviamo nella condizione in cui l'utilizzo di queste uniche risorse, quelle europee, non è potuto ancora partire e ci troviamo con due anni di ritardo rispetto alla fase di avvio che avrebbe dovuto avvenire nel 2014. Arriveremo, dunque, a dare le prime risposte ai nostri cittadini tra qualche mese, dopo l'effettivo avvio delle programmazioni europee 2014 2020, in un contesto difficile, in cui sarebbe necessario utilizzare la spesa pubblica per rilanciare la spesa privata, e quindi avviare politiche espansive e fungere da effetto moltiplicatore. Ma siamo costretti, per i motivi di cui ho detto prima, a muoverci con risorse limitate e in un contesto di rigidità dei conti.
Alla luce di questa breve introduzione, appare evidente che l'utilizzo dei fondi europei si intreccia con le politiche attive del lavoro e con la gestione delle tante crisi aziendali che sono i temi posti all'ordine del giorno di questo Consiglio. È altrettanto evidente che le risposte che noi dobbiamo dare ai nostri cittadini non possono essere esclusivamente quelle della programmazione europea passata, con la ripetizione di schemi già visti per progetti che oggi non rispondono più alle domande delle imprese e all'orientamento al futuro e alla nuova condizione delle nostre aziende.
La grande sfida di oggi, dell'Amministrazione, di tutta la maggioranza e di tutto il Consiglio regionale, è più che altro saper innovare anche nelle forme di destinazione dei fondi europei e nelle modalità in cui queste vengono impiegate. Cito tre temi, avviandomi verso la conclusione che giudico importanti per le politiche industriali della nostra Regione.
Il primo è sicuramente la destinazione delle risorse europee, in modo nuovo e in modo più aderente al futuro e a dove oggi stiamo andando.
Il secondo tema è quello della formazione professionale, che sia rivista e adeguata per intercettare veramente le domande di lavoro di oggi e che non rispecchi il passato.
Il terzo tema che la Regione può portare avanti - e deve portare avanti nella gestione dei tanti tavoli di crisi che oggi abbiamo aperti, è favorire l'incontro tra questi tavoli di crisi, quindi l'offerta di lavoro e l'attuale domanda di professionalità e di lavoro da parte delle imprese.
Rispetto al primo tema, penso che oggi più che mai le risorse debbano essere concentrate su tre assi di sviluppo, che ruotano evidentemente attorno alle parole innovazione e ricerca, ma le declinano in modo diverso dal passato, favorendo sempre più lo sviluppo di una nuova imprenditorialità innovativa - anche per rispondere alla disoccupazione giovanile, da un lato - che sia volta all'innovazione e ai nuovi modelli di business oggi presenti nel mercato globale e che diventi naturale prosecuzione dell'offerta formativa della nostra Regione nel campo delle Università e del diritto allo studio; dall'altro lato, questi fondi devono essere investiti in tecnologie, prodotti e industrie ad alto valore aggiunto che non scontino la concorrenza dei Paesi con mano d'opera a basso costo e che quindi permettano qui di creare filiere produttive nuove innovative, che possano meglio rispondere alle esigenze e alle sfide globali.
Quindi le scelte da parte del PD in termini di politica industriale sono già state fatte, non è vero che in questo primo anno non sono state fatte: sono state fatte nella declinazione dei fondi europei. Cito tre elementi che sono stati individuati all'interno dei fondi POR-FESR e dell'FSE, che secondo me sono fondamentali: il finanziamento dell'industrializzazione dei risultati della ricerca; il sostegno alla creazione e al consolidamento di tutte le nuove iniziative imprenditoriali e le cosiddette start up innovative; il sostegno alle infrastrutture di ricerca, con la finalità della loro industrializzazione, quindi con l'obiettivo di creare una filiera produttiva. Questi temi finanziati con i fondi europei, insieme al sostegno alle piattaforme tecnologiche rappresentano circa il 40% di tutta la programmazione europea. E non dobbiamo dimenticare un ulteriore 22% della programmazione europea che è stato destinato all'internazionalizzazione del nostro sistema produttivo e alla sua competitività, accompagnandolo quindi alle sfide del futuro e anche del presente.
Un secondo tema: la formazione professionale. La formazione professionale oggi viene finanziata e viene totalmente programmata attraverso il POR-FSE, che da questa programmazione viene integrato in modo sostanziale e cospicuo con il POR-FESR, e che deve dare le risposte necessarie alle crisi aziendali e alla necessità dei nostri cittadini di riorganizzarsi e affrontare - ahimè - l'uscita forzata dal mercato del lavoro di molti lavoratori (cosa che vediamo quotidianamente).
La sfida della politica di oggi è quella di offrire uno strumento di orientamento e di formazione adeguati all'incontro tra domanda e offerta attualmente vigente, quindi anche una profonda riorganizzazione della formazione professionale, sapendo programmare la formazione rispetto alle vere necessità del mondo del lavoro, in particolare per coloro che oggi vivono crisi aziendali, siano giovani, meno giovani, più vicini alla pensione o meno vicini e che devono avere la possibilità di essere formati in modo corretto per rientrare nel mondo del lavoro. Il 46% delle risorse del POR-FSE è destinato a questo e l'integrazione tra i due fondi sarà sempre più determinante per dare queste risposte. Anche qui il PD ha già fatto delle scelte e ha già dato delle risposte: è chiaro che dovranno essere rese operative nei prossimi mesi.
Il terzo tema è il tema del ruolo dell'istituzione, su cui è necessario concentrare gli sforzi non tanto economici, ma istituzionali e appunto favorire, per quanto possibile, l'incontro tra la domanda e l'offerta, in particolare di tutte quelle aziende in crisi che vivono questo momento per la difficoltà del proprio mercato, ma che hanno al loro interno professionalità e capacità che non devono essere disperse, che possono essere accompagnate in altri settori dalle istituzioni e, con buoni interventi formativi, reinserite nel mondo del lavoro.
Concludo dicendo che i temi sarebbero tantissimi; io ne ho citati alcuni e mi sono focalizzato sui fondi europei, che sono la vera leva che noi abbiamo nei prossimi anni. Le risposte da dare sono tantissime, ma il PD e la maggioranza hanno avviato un percorso e nei prossimi anni lo porteranno avanti.
Chiudo ricordando una cosa a tutti noi: forse la più grande politica industriale che noi abbiamo messo in atto in questi dodici mesi è stata la politica di bilancio, che noi abbiamo definito, portato avanti e approvato nei giorni scorsi e che vede molte risorse destinate a pagare debiti pregressi e che quindi andranno a confluire nelle attività produttive e che in molti casi - ahimè - serviranno per non far fallire imprese e per pagare stipendi a lavoratori che aspettano da troppo tempo. E di questi tempi guardate, non è cosa da poco. Grazie.



MOTTA ANGELA



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'Assessore De Santis; ne ha facoltà.
DE SANTIS Giuseppina, Assessore alle attività produttive Grazie, Presidente.
Poiché svariati interventi, fra quelli dei Consiglieri che hanno parlato finora, hanno chiamato in causa le scelte di politica industriale e di politica economica della Regione, vorrei provare a integrare le considerazioni svolte dalla collega Gianna Pentenero con alcuni - pochi elementi di riflessione che spero possano essere utili alla discussione di oggi, tenendo conto che la maggior parte delle cose che sto per dire le abbiamo già ampiamente viste in Commissione (i Consiglieri le conoscono bene) nel momento in cui abbiamo illustrato le linee portanti del POR-FESR.
Cominciamo col dire che, in termini di risorse dedicate al sostegno del sistema produttivo, in questo momento, come peraltro il Consiglio ben sa la voce principale (se non praticamente l'unica) è giust'appunto il POR FESR, il cui valore è di poco inferiore a un miliardo per sette anni.
Accanto a questo, abbiamo alcuni strumenti ereditati sostanzialmente dal periodo di programmazione precedente, alcuni fondi rotativi finanziati con risorse del POR precedente o con risorse proprie della Regione. Dovremo cercare di rifinanziare il contratto di insediamento che è sì previsto nel POR-FESR, ma solo per le piccole e medie imprese, mentre noi avevamo una misura regionale che finanziava il contratto di insediamento per le grandi imprese.
E' un'osservazione che probabilmente molti di voi mi hanno già sentito fare: l'intero valore del POR-FESR, calcolato su sette anni, è nell'ordine di meno dell'uno per mille del PIL regionale per sette anni. E' di questo che stiamo parlando e non possiamo nemmeno farci illusioni su ciò che si può fare con queste risorse. D'altro canto, per avere un ulteriore elemento di valutazione, il valore dei debiti arretrati, pagati con il DL 35 (ossia circa 1,7 miliardi di euro) è quasi pari alla somma di POR-FESR e POR-FSE e rappresenta, a sua volta, un'iniezione di liquidità nel nostro sistema regionale che vale quasi due punti percentuali nell'ordine dei due punti di PIL. E' solo liquidità, evidentemente, non è produzione aggiuntiva, per dobbiamo anche avere il senso delle grandezze di cui stiamo parlando.
Io non farò di nuovo un'illustrazione del POR-FESR e della sua scelta fondamentale, che è quella di investire il 37-38% delle risorse sul tema della ricerca e innovazione. Vorrei invece fare un ragionamento un pochino più generale, un ragionamento che credo dovremo fare in ogni caso, ma a maggior ragione in un momento in cui abbiamo di fronte un periodo di scarsità di risorse pubbliche e in un momento di velocissima trasformazione produttiva del nostro sistema, perché la crisi è anche questo, non è solo la morte di una serie di imprese, ma è una trasformazione di un intero tessuto produttivo.
Credo che quello che dobbiamo cercare di fare, quello su cui dobbiamo concentrarci, è provare a costruire infrastrutture che sostengano la crescita.
Quando parlo di infrastrutture intendo politiche trasversali e politiche che siano capaci di mettere insieme una pluralità di attori fondamentalmente capaci di utilizzare le risorse regionali come leva per costruire aggregati e leve più grandi utilizzando risorse dello Stato e risorse dell'Unione Europea. Pensiamo ai bandi sulla ricerca, ma anche a risorse e capitali privati sul nostro territorio.
Fare questo è certamente molto più complicato che semplicemente proporre dei bandi. Su questo non c'è il minimo dubbio, perché prendere i propri quattrini, metterli a bando e farci una bella conferenza stampa di presentazione, costruirci tutta una struttura intorno che magari fa un po' da intermediazione delle risorse pubbliche - per carità, parte struttura pubblica, parte privata, ma comunque sempre di quello si tratta - comporta un costo pagato con la fiscalità generale e quindi addossato ai cittadini e alle imprese, che poi, alla fine, dà luogo ad una serie di singoli progetti, ossia a qualcosa che non basta e che è troppo dispersivo rispetto alle nostre necessità di oggi.
Da questo punto di vista, il nostro sistema ha delle lacune. Diciamo che, per esempio, rispetto ad altri sistemi territoriali, dove le capacità di collaborazione fra i centri di competenza, il settore pubblico, le piccole imprese e le medio-grandi sono molto più elevate, noi qui abbiamo degli elementi di fragilità estrema. Ne cito uno per tutti ed è una cosa che a me ha fatto dispiacere, quando l'ho vista: il Cluster Tecnologico Nazionale Fabbrica Intelligente finanziava quattro progetti, ma nemmeno uno di questi quattro si è radicato in Piemonte. Sono tutti sulla fascia Lombardia-Emilia e poi sulla fascia adriatica. Questo è avvenuto in una fase precedente all'insediamento di questa Giunta, noi non siamo praticamente entrati in tutta la costruzione e la presentazione dei progetti.
In verità, quello che viene fuori è proprio la fragilità del sistema delle imprese e del sistema delle infrastrutture della conoscenza; noi da questo dobbiamo uscire. Non è possibile, non è immaginabile che ci presentiamo frammentati e divisi in questi casi, anche perché una parte dell'effetto leva che noi dobbiamo cercare di costruire con i fondi comunitari FESR è proprio quello di mettere insieme delle aggregazioni che possano stare dentro i cluster nazionali e dentro i cluster europei. Da questo punto di vista non è che la politica possa fare tutto, per certamente questo è un punto di attenzione vero, perché secondo me non è ammissibile dire soltanto che il tema diventi la Regione deve fare i bandi: c'è un compito complessivo di organizzare il nostro sistema delle imprese e della conoscenza in maniera tale che questo sia in grado di recuperare risorse laddove queste risorse effettivamente ci sono.
Non voglio strabordare, ma vorrei fare soltanto ancora due o tre accenni a quello che voglio dire quando parlo di infrastrutture per lo sviluppo.
Uno riguarda sicuramente un collegamento molto più stretto di quello che abbiamo avuto in passato fra strumenti del FESR e strumenti delle FSE investimenti sulla qualificazione tecnologica delle imprese e investimenti sulla qualificazione delle persone. Tutti i dati disponibili ci dicono che uno dei problemi del nostro territorio è un basso livello di istruzione e di competenze professionali, troppo basso in molti casi per reggere la competizione internazionale.
Vi è inoltre un problema di particolare delicatezza che si presenterà nei prossimi anni, quando in una serie di settori si ritireranno dal lavoro le persone fra i 60 e i 65 anni: parlo di tecnici, di operai, di livelli non necessariamente di fascia alta, portatori di una conoscenza e di una competenza non formalizzata, ma elevata, che non verrà sostituita e rispetto alla quale non stiamo preparando i ricambi in misura sufficiente.
Di questo aspetto, tra l'altro, una parte delle imprese è consapevole, ma nemmeno tutte.
La seconda questione riguarda le infrastrutture a sostegno del credito e gli strumenti di garanzia del credito, perché in questo momento quello che noi vediamo è che la combinazione di tassi bassi e di rating fa sì che molte imprese, puramente e semplicemente, non riescono ad accedere al credito, e quelle che invece potrebbero accedervi senza difficoltà spesso e volentieri non ne hanno neppure bisogno e non vogliono indebitarsi nonostante le banche le "corteggino".
Inoltre, prima o poi dovremo discutere di banda larga. Su questo tema dovremo tornarci, perché è evidente che anche qui noi paghiamo in parte forse qualche errore della Regione, ma soprattutto un generale ritardo del nostro Paese.
L'ultima cosa che voglio citare, e su questo mi fermo, è il tema sollevato un po' dalla Consigliera Gancia, quello della semplificazione.
Dobbiamo pensare che i nostri competitor sono la Francia, la Germania e i Paesi del Nord Europa, che non sono Paesi dove non esistono normative che regolino le attività di impresa in maniera anche molto vincolante. La nostra posizione non è dire che l'unica scelta è evadere le imposte oppure eliminare le norme, il punto è riscrivere le norme e, soprattutto applicarle in maniera non afflittiva.
Questo è un tema, di nuovo, che impegna tutta l'Amministrazione ben al di là di quello che possono essere le deleghe specifiche della Direzione Competitività del Sistema regionale, ma è una preoccupazione di cui, come Amministrazione, ci dobbiamo fare carico.
In definitiva, quello che noi vediamo con chiarezza è che c'è una parte del nostro sistema produttivo che è proteso al cambiamento, che è andato sui mercati internazionali, che usa gli strumenti dell'ICT e che, negli anni della crisi, è addirittura cresciuto. Poi, c'è un'altra parte che non ce l'ha fatta e non ce la fa, ma in mezzo c'è uno strato spesso di imprese che nei prossimi anni si gioca la sopravvivenza sulla capacità di innovare acquisire competenze sofisticate, adottare l'ICT nelle sue diverse potenzialità. E' su questa fascia che noi dobbiamo fondamentalmente intervenire, pensando che è lì che ci giocheremo il futuro, nel senso che chi ce la fa, il più delle volte ce la fa anche senza di noi, magari soltanto perché, per le dimensioni, ha la capacità di costruirsi una visione e un progetto di impresa adeguato alla situazione attuale.
Probabilmente, al fondo della piramide c'è un certo numero di soggetti che comunque non ce la possono fare perché non sono strutturati per sopravvivere in un mondo così radicalmente diverso come quello del 2015 rispetto a quello del 2007. Nel mezzo c'è l'ambito dove noi dobbiamo lavorare, sapendo che dobbiamo cercare di costruire, per quanto possibile strumenti che si rivolgano direttamente alle imprese. Uno dei problemi che abbiamo è una spesa di gestione eccessiva, provocata da troppi livelli di intermediazione delle risorse, legata a sua volta alla crisi dei sistemi di rappresentanza. Guardate che questa crisi non riguarda soltanto e nemmeno principalmente la politica.
D'altra parte, noi ci muoviamo, dal punto di vista delle risorse, su un sentiero stretto; questa è una cosa su cui farebbero bene a riflettere soprattutto i Consiglieri che appartengono a grandi partiti nazionali. In questo momento, una Regione come il Piemonte, nella possibilità di usare strumenti, è stretta fra le grandi Regioni che sarebbero i nostri naturali competitor dell'Europa continentale e le cosiddette regioni della convergenza, ossia, per quanto ci riguarda, le Regioni dell'Italia meridionale, sulle quali, come sapete - potete immaginare con quanto dispiacere lo dica da un punto di vista anche personale - c'è una distorsione mostruosa. La situazione per cui i Fondi europei, ma anche il PAR FSC e in genere tutti gli strumenti di interventi e di sostegno vengono divisi all'80% sulle Regioni della convergenza e al 20% su tutto il resto, fa sì che rischiamo davvero di rimanere tagliati fuori da certi processi.
Su questo, credo che questa Assemblea potrebbe individuare qualche elemento di riflessione e, magari, di intervento.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

Consigliere Pichetto, le chiedo se, dopo il suo intervento, in coda può suggerirmi, con i colleghi dell'opposizione, un metodo per approvare entro le ore 13 gli atti di indirizzo.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Pichetto Fratin; ne ha facoltà.



PICHETTO FRATIN Gilberto

Grazie, Presidente.
Mentre rifletto sulle modalità di compressione di elaborazione dei tempi, a fine intervento porterò delle valutazioni.
Mi sia permesso di dire che ho apprezzato moltissimo l'approccio d'analisi dell'Assessore De Santis, testé ascoltato. L'Assessore ha fatto una panoramica del quadro d'azione e delle difficoltà: difficoltà nostre difficoltà come Regione e difficoltà che questa Regione trova in ambito nazionale e di ricaduta, se vogliamo, in ambito europeo, dove sono i nostri competitori fondamentali.
Su quest'analisi della competizione, vorrei partire da un fatto.
Abbiamo chiesto la convocazione di un Consiglio straordinario certamente per fare l'analisi, ma anche per ascoltare lo stato dell'arte rispetto al tema lavoro. Tema lavoro che, peraltro, come molti interventi hanno già indicato, fondamentalmente è il tema imprese, in un'economia di mercato come la nostra. Questo l'ha rimarcato l'Assessore De Santis, ma anche la Consigliera Gancia nel suo intervento.
Nei primi tre mesi del 2015 abbiamo avuto 2.700 imprese in meno sulla realtà piemontese. E' vero che c'è un sistema di iscrizione e cancellazione di imprese che viaggia su 7.000 imprese iscritte annualmente ma, in questo caso, abbiamo 11.000 imprese cancellate. E' vero che abbiamo anche un diffuso sistema di microimprese, a fianco delle grandi imprese, che sono il motore manifatturiero, e che vi è una parcellizzazione del sistema delle imprese.
Complessivamente, alla Camera dei registri camerali risultano 442 mila imprese in Piemonte, quindi un'impresa ogni dieci abitanti, contando tutti gli abitanti, dai neonati agli ultracentenari. Questi indicatori numerici ci dimostrano ancora, e sempre, lo stato di difficoltà che stiamo vivendo.
Stato di difficoltà che, da un lato, ha dapprima determinato, se andiamo a fare l'analisi storica, la crescita del sistema delle microimprese. Erano i falsi terzisti, e usiamo questo termine banale.
Pensiamo alla parcellizzazione del sistema dell'edilizia, dove un'impresa di 100 dipendenti si è trasformata in 100 imprese avente ciascuna di esse come titolare un lavoratore autonomo. E' un dato che andava letto, anche in quel caso, in un modo molto negativo. Questo ci porta a dire che, attualmente, abbiamo ancora il grosso della difficoltà come Paese e come Regione, nella contrazione della domanda interna, mentre i segni di positività li abbiamo dalla crescita della produzione industriale e dalle esportazioni, che sono strettamente collegate alla crescita della produzione industriale.
Questo è il dato positivo sul quale dobbiamo assolutamente porre il massimo della nostra attenzione. Se ci sono 220 mila disoccupati un'analisi a parte potrebbe essere fatta sugli inoccupati, quelli che non vengono classificati disoccupati, ma che potrebbero essere parte attiva e non lo sono - e con un sistema di imprese di questo genere, pur con un'attenta gestione della parte ordinamentale - anche l'Assessore De Santis l'ha ricordato in un suo intervento - che non è strettamente legata alla disponibilità finanziaria che la Giunta regionale o lo Stato hanno, noi non possiamo far riprendere automaticamente l'economia con immissione di denaro pubblico.
Certo, l'emissione di denaro pubblico può essere un tampone, per alcuni momenti può essere un volano sulle infrastrutture. Se realizzo strade e ferrovie, impiego immediatamente anche forza lavoro e un giro di capitale semmai, la valutazione da fare è che se realizzo strade e ferrovie pongo le condizioni perché, successivamente, le imprese possano creare capitale. La Giunta regionale, che ha responsabilità di governo, prima di tutto deve porre attenzione nell'attuazione dei tre grandi filoni dei POR (Fondo Sociale, FESR e Fondo di Sviluppo Rurale), nella parte regolamentare, oltre che quella finanziaria e, naturalmente, vigilare sulla correttezza degli interventi.
Apprezzo che si siano fatte alcune considerazioni sul credito, ma il nostro dato di fondo deve essere, fondamentalmente, quello di una crescita sociale.
La crescita sociale può avvenire solo con un grande investimento su quelle poche forze giovani che abbiamo. Il percorso va certamente nell'aggregare quel che c'è, e qui i fondi della parte Fondo Sociale diventano determinanti, ma si deve indirizzare prima di tutto nella fase di formazione e di istruzione, giocando quindi sui nostri centri di eccellenza per quanto riguarda l'istruzione.
La parte disponibile di intervento sul sistema produttivo va sui grandi investimenti. Non possiamo perdere l'occasione finanziaria, non possiamo perdere l'occasione della gestione finanziaria e l'occasione ordinamentale di adeguare i nostri strumenti normativi regolamentari, a livello regionale, ai tempi che stiamo vivendo.
Non è che le norme regolamentari di vent'anni fa fossero sbagliate, ma andavano bene dieci o vent'anni fa: oggi non funzionano più. Quindi, non si tratta di smentire nessuno, né di destra né di sinistra, tra coloro che hanno governato, ma si tratta di avere il coraggio di leggere la realtà e di intervenire proprio in quella direzione.
Concludo con la proposta operativa. Gli ordini del giorno li possiamo anche votare oggi pomeriggio, a fine seduta oppure la prossima settimana.
Dico la prossima settimana, ma non vorrei essere poi messo in minoranza anche dalla minoranza, perché a quel punto sarebbe proprio la fine.



MOTTA ANGELA



PRESIDENTE

Credo che possa andare bene per la fine della seduta, se naturalmente c'è un accordo di tutti i Capigruppo.
Ha chiesto la parola il Consigliere Mighetti; ne ha facoltà.



MIGHETTI Paolo

Grazie, Presidente.
Volevo fare un excursus sulla realtà alessandrina, in relazione alle crisi aziendali e alla realtà del lavoro e, in secondo luogo, fare un paio di riflessioni su alcuni settori.
La realtà alessandrina, come sappiamo, è una delle zone di più antico sviluppo industriale della Regione. E' una zona di snodo che, nei primi decenni del '900, ha vissuto una prima rivoluzione industriale. Sembra che questo primo sviluppo sia stato inversamente proporzionale al decremento della capacità produttiva di queste zone (la zona alessandrina come la zona di Torino), che vivono senz'altro una problematica relativa alla disoccupazione in maniera più netta rispetto alle altre Province piemontesi. Forse solo Novara vede delle realtà così dure dal punto di vista della disoccupazione e della ricerca del lavoro.
Questa provincia, negli ultimi mesi ed anni, ha vissuto alcune crisi aziendali, di cui faccio alcuni esempi: la crisi della Borsalino, la crisi dell'ILVA, la crisi della Tacchella Macchine di Cassine. Sono realtà molto diverse tra loro, che sono entrate in crisi per diversi motivi. Per la Borsalino il problema è stato di tipo finanziario, non legato alla produzione, perché ha una produzione che vanta un marchio ed un know how non replicabile altrove. Questa azienda è stata, però, vittima di interventi spericolati dal punto di vista finanziario che l'hanno messa in crisi. E' una situazione che oggi sembra andare verso uno sbocco positivo.
Al momento, però, vi sono altre realtà non così felici; ad esempio l'ILVA, che ha una situazione un po' sui generis che non coinvolge un'azienda territoriale, ma un'azienda nazionale. Dobbiamo ancora capire se l'Italia in questo momento sia ancora il luogo e la nazione nella quale lavorare per quanto riguarda l'industria dell'acciaio.
Sappiamo che dopo la grave crisi relativa all'azienda e, soprattutto ai lavoratori dell'indotto ed ai trasportatori, si è trovata una soluzione ma questa sembra, negli ultimi giorni, avere alcune falle. Infatti, abbiamo notizie nuovamente di problemi nei pagamenti agli autotrasportatori.
Ho citato prima la Tacchella Macchine di Cassine, che era un fiore all'occhiello dell'industria della meccanica di precisione, che ha vissuto traversie iniziate alcuni anni fa, ma che si protraggono ancora oggi.
Che cosa mi fa pensare questo piccolo panorama di aziende in crisi? Mi fa pensare che in questo periodo dobbiamo cercare delle realtà forti a cui appigliarci, perché bisogna, forse, trascendere per un momento dalla filosofia di salvare aziende e vedere innanzitutto come salvare i posti di lavoro, le competenze, il reddito e la dignità dei lavoratori e salvare dei marchi importanti, dei veri e propri emblemi della nostra economia.
Per questo ho riflettuto anche sui numeri forniti dall'Assessore Pentenero, dai quali vediamo che la provincia più virtuosa e che tiene il mercato è quella di Cuneo, per cui l'Assessore Valmaggia può gongolarsi perché è un esempio. Dovrebbe essere un esempio per il resto del Piemonte perché è una provincia con una piattaforma di sviluppo agricolo ancora importantissima, che non è solo il motore di tutta l'economia territoriale ma è anche lo spunto per altri settori, che vanno dall'industria eco sostenibile - ovvero piccole industrie che sul mondo dell'agricoltura vivono e continuano a sperimentare - alle industrie dell'attrezzatura, alle industrie meccaniche, comprese quelle della meccanica di precisione.
Voglio ricordare anche la parte bassa dell'Astigiano, che lavora in questo senso. Anche l'Astigiano è una Provincia che, seppure con dei numeri molto meno positivi di quelli di Cuneo, regge l'urto di questa crisi perché ha scommesso sull'economia locale, che ha dato il la a quella che è la capacità tutta italiana di fare impresa sulle idee, di fare impresa sulle innovazioni e di esportarla nel mondo.
Conosciamo, ad esempio, l'azienda L'Enotecnica della zona di Canelli che esporta nel mondo tutta una serie di macchinari che solo - dico solo ma forse è esagerato - principalmente noi italiani possiamo produrre e possiamo esportare nel mondo.
Quindi, la riflessione va proprio fatta su questo. Ci sono settori che ormai non hanno più l'appeal e la forza per reggere l'impianto di imprese e di lavoratori che hanno sostenuto negli anni. Penso, ad esempio all'edilizia. L'edilizia non potrà mai più essere l'edilizia di dieci anni fa. Non lo potrà essere, perché non è possibile superare l'offerta che, in questo settore, abbiamo messo in campo negli anni passati.
Pertanto bisogna pensare che i lavoratori di un settore come quello edile debbano trovare una ricollocazione con gli sforzi della Regione Piemonte. E non penso solo a lavoratori quali gli operai o a lavoratori specializzati dei cantieri, ma penso anche ai tecnici che oggi patiscono questa crisi, specialmente negli ultimi anni.
Non è possibile che per creare lavoro per i tecnici noi creiamo dei cavilli burocratici. Noi dobbiamo creare lavoro vero per queste persone perché si tratta di persone che potrebbero essere ricollocate con pochi sforzi formativi da parte della Regione in altri settori che possono essere importanti. Passare dall'essere un disegnatore edile ad un disegnatore meccanico non è un'impresa ciclopica, è un'impresa che va indirizzata, va sostenuta e potrebbe dare i suoi frutti.
Per queste ragioni, penso che ci siano i margini per avere un nuovo sviluppo in Piemonte, che, come ho detto prima, deve partire anche dall'agricoltura.
Presenterò tra qualche ora un ordine del giorno relativamente ai lavori accessori in agricoltura. C'è il margine per dare un reddito congruo per integrare gli ammortizzatori sociali attraverso i lavori agricoli.
Il lavoro agricolo non deve più essere considerato un lavoro di serie B o C; il lavoro agricolo è un lavoro manuale faticoso, ma ha una sua dignità.
Penso che il lavoro nei campi non sia un lavoro senza dignità; lavoro senza dignità è fregare il prossimo vendendo fumo, non è un lavoro senza dignità sporcarsi le mani.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere.
La parola alla Consigliera Batzella.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, ringrazio per il confronto di questa mattina in Aula. Mi aspetterei un po' più di attenzione e di entusiasmo da parte della maggioranza, ma, evidentemente, per loro il tema non è di così fondamentale importanza.
Detto questo, vorrei parlare di lavoro e vorrei toccare diverse categorie; vorrei parlare del lavoro femminile e del lavoro delle persone portatrici di handicap, quindi di tutti i lavoratori affetti da disabilità.
Vorrei parlare delle grandi discriminazioni esistenti sul posto di lavoro, partendo dal mobbing, dalle deroghe, dalle sanzioni, dalle forti discriminazioni presenti attualmente tra uomini e donne, dalle discriminazioni, come vi ho accennato, nei confronti delle persone portatrici di handicap. Ancora oggi è vergognoso il comportamento che viene assunto nei luoghi di lavoro nei confronti delle persone che hanno un determinato orientamento sessuale, delle persone che hanno una particolarità, magari un'età avanzata o che appartengono ad una razza diversa dalla nostra, di un'altra religione, con un'opinione politica o sindacale anche differente.
Noi dobbiamo lavorare per abbattere tutte queste barriere e queste discriminazioni nel mondo del lavoro e dobbiamo tutelare tutti i lavoratori, a maggior ragione queste categorie che sono protette. Non deve essere violata la dignità della persona nei luoghi di lavoro; non ci deve essere un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo.
Pensate che nell'ultimo rapporto dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni ci sono dati ben chiari: il 16% delle segnalazioni sono rivolte agli atteggiamenti discriminatori che arrivano dal mondo del lavoro, che è uno dei settori più critici, e pensate che non tutti denunciano le discriminazioni nei luoghi di lavoro, soprattutto quelle persone affette da disabilità, gli immigrati oppure le persone che hanno un orientamento sessuale differente. Questa è una grave criticità.
Per quanto riguarda le donne e il lavoro, la differenza tra uomo e donna per l'accesso al mondo del lavoro, ormai, è oggetto di dibattito da decenni. Sono decenni che si parla di pari opportunità, si parla di posizioni apicali, del ruolo della donna nei Consigli di Amministrazione del ruolo della donna anche nell'ambito della politica - anche il ruolo della donna nella politica! Purtroppo, ad oggi non si è ancora arrivati ad una conclusione positiva di tutte queste varie posizioni. Se guardiamo le forze di lavoro tra i 18 ei 65 anni, vediamo che c'è un tasso di attività che cala notevolmente nelle donne rispetto agli uomini. Le donne sono state le prime ad accedere ai cosiddetti lavori atipici e flessibili. Sembra che sia in netto miglioramento l'attività lavorativa nel campo dell'industria per quanto riguarda le operaie anche se, invece, sono in incremento le casse in deroga e la mobilità; ad esempio, il manifatturiero è crollato, come anche tutti i lavori di cura e quelli intellettuali.
La forte crisi economica nel nostro Paese ha aggravato in modo consistente tutti quei problemi strutturali del lavoro femminile; si sono anche aggravati i fenomeni di segregazione verticale ed orizzontale per quanto riguarda il sottoutilizzo del capitale umano. Il tasso di occupazione femminile diminuisce all'aumentare del numero dei figli perch purtroppo, ancora oggi, la donna viene discriminata quando ha una famiglia con figli; piuttosto si predilige una donna single o una donna che comunque, è senza figli e famiglia, perché potrebbe creare dei disagi nel mondo del lavoro quando magari i figli non stanno bene. Capita che i figli abbiano bisogno di cura e di attenzione da parte della propria madre, la quale, magari, deve assentarsi; tra l'altro sono assenze giustificate e legalizzate perché la legge prevede dei giorni di astensione in caso di malattia dei propri figli. Quindi, si tratta di rispettare delle normative che devono essere uguali per tutti, erga omnes; devono essere osservate da tutti queste normative, però, ancora oggi, ci sono delle donne che sono discriminate a causa - non è una causa, per fortuna - dei figli, in particolare se hanno dei bambini piccoli in famiglia.
Ultimamente, le donne stanno sempre di più a casa perché, magari, è incrementata l'età della popolazione, magari hanno a casa genitori anziani o hanno comunque un familiare, un figlio o un parente gravemente malato, e allora ci si ritrova a fare la scelta di stare a casa.
Qui possiamo parlare anche del riconoscimento del ruolo del caregiver che sarebbe giunto il momento di istituire e di riconoscere; tra l'altro domani ci saranno le prime determinazioni di legge, che è stata presentata dal Movimento 5 Stelle e di cui sono la prima firmataria.
Quindi, è necessario un riconoscimento anche a queste donne che sacrificano la loro vita e lasciano il lavoro perché si devono occupare di una persona cara ammalata. Sappiamo tutti che, per poter accedere alle strutture pubbliche o accreditate e convenzionate con il Sistema Sanitario Nazionale, i tempi di attesa sono lunghissimi, oppure ci sono famiglie che non hanno le risorse economiche per poter pagare una retta in una casa di riposo, perché si sono create le nuove forme di povertà e si sono cronicizzate le vecchie forme di povertà.
Tra l'altro, l'Assessore Pentenero ha illustrato le slide sul fondo regionale per i disabili. Quindi la Regione Piemonte mette a disposizione dei fondi, che sono una garanzia per i giovani e per i disabili: sette milioni di euro all'anno. La fascia dei disabili è fondamentalmente compresa tra i 18 e i 25 anni; poi c'è un 12% che copre la fascia dei quarantenni e ultraquarantenni, perché dobbiamo parlare di giovani, ma anche di persone che comunque non sono più così tanto giovani e che se si trovano in difficoltà, perché sono persone che hanno dei limiti funzionali del proprio corpo, devono essere tutelati e salvaguardati i loro diritti.
Quando penso ai disabili, penso subito alla legge 68/99, che permette l'inserimento del disabile nel mondo del lavoro. Tuttavia, se si parla e si discute, da una parte c'è una corrente filosofica di pensiero che dice che questa legge è obsoleta e deve essere superata perché, in realtà, non viene rispettata o, comunque, il limite imposto per legge - ogni 15 dipendenti assumere un portatore di handicap - è limitato, e occorrerebbe incrementare il numero delle assunzioni.
Il mio pensiero va anche al lavoro all'interno delle carceri, ai detenuti: 32 progetti avviati, 75 persone coinvolte e quasi 450 mila euro sono i fondi finanziati all'interno delle carceri per i lavoratori. Anche in questo caso, occorrerebbe rivedere le risorse e anche la spartizione di incarichi dati solo ad una parte di lavoratori rispetto ad altri. Questo per evitare le discriminazioni fra gli stessi.
In ultimo, vorrei ricordare tutti quei lavoratori che hanno perso la vita nei luoghi di lavoro e che, ancora oggi, cercano giustizia soprattutto le loro famiglie. Ricordo che è stato presentato un documento dal Movimento 5 Stelle, con la collega Frediani, che ha chiesto risorse per tutti quei lavoratori che hanno perso la vita sul luogo di lavoro, ma queste risorse non sono state messe a disposizione, nonostante ci sia una normativa di legge che lo prevede.
Quindi, un grazie a tutti e vorrei concludere proprio ricordando queste persone che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro.
Grazie.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'Istituto di Istruzione Superiore "Q. Sella" di Asti


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti dell'Istituto di Istruzione Superiore "Q. Sella" di Asti in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

"Politiche del lavoro, gestione delle crisi aziendali e programmazione delle attività produttive. Pianificazione dei fondi comunitari e regionali per il quinquennio 2014-2020" presentata dai Consiglieri Picchetto Fratin Porchietto, Ruffino, Graglia, Berutti, Vignale, Bertola, Frediani Andrissi, Bono, Mighetti, Campo, Batzella, Valetti e Gancia (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito in merito a "Politiche del lavoro, gestione delle crisi aziendali e programmazione delle attività produttive.
Pianificazione dei fondi comunitari e regionali per il quinquennio 2014 2020".
Comunico che dopo l'intervento del Consigliere Berutti il Consiglio terminerà e la discussione riprenderà nella seduta pomeridiana al termine dell'esame del punto 6) all'o.d.g. e prima del punto 7) all'o.d.g.
Vi ricordo che oggi il Consiglio terminerà alle ore 18.30, quindi vi invito ad essere un po' più brevi negli interventi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Berutti; ne ha facoltà.



BERUTTI Massimo

Grazie, Presidente.
Ho cercato di ascoltare tutti i vari interventi e questo ha dato certamente spazio ad una serie di riflessioni che, onestamente, in alcuni casi lasciano abbastanza dei punti interrogativi. La nostra, la proposta della minoranza di questa mattina sul tema del lavoro - che è uno dei punti cardine della nostra Costituzione e quindi come tale merita l'attenzione di questa mattina - a mio avviso, a nostro avviso, merita un'attenzione anche nel pomeriggio e in altri momenti.
La collega Porchietto, che su questo mondo ha sicuramente un'esperienza importante, questa mattina ha fatto una disamina assolutamente attenta, e non l'ha fatta semplicemente per un dovere morale, ma perché qui c'è un problema serissimo legato a quello che è il punto cardine di ognuno di noi e di ogni famiglia, come diceva la collega nell'intervento precedente.
La collega Batzella ha toccato tutta una serie di dinamiche che sono strettamente collegate all'aspetto lavoro che, di per sé, innesca una serie di reazioni a catena: nel momento in cui ci sono criticità, entra in gioco l'aspetto sociale, entra in gioco tutta una serie di elementi che incidono poi, a ricaduta, sugli altri elementi collaterali e legati ad un sistema democratico e civile.
Alla luce di questo, abbiamo apprezzato l'intervento dell'Assessore De Santis su una visione un po' più avanzata rispetto al fatto che, fino al suo intervento, c'era abbastanza preoccupazione, perché non aveva ancora sentito interventi di carattere strategico.
Naturalmente non dobbiamo dimenticare - e in quest'Aula ci sono molti amministratori e molti ex amministratori comunali - che la Regione, a prescindere da un aspetto finanziario che sicuramente non è secondario, ha una serie di opportunità, chiaramente legate al ruolo e alla possibilità che ha un ente regionale. Mi riferisco all'aspetto legislativo e tutta una serie di elementi che possono - e non è cosa da sottovalutare - avere la possibilità di avere un'interlocuzione diretta con il mondo ministeriale che, a mio avviso, negli anni non ha mai lavorato in termini strategici, a prescindere dai vari Governi. Oggi, quindi, ne paghiamo le conseguenze.
Credo, quindi, che a prescindere dall'aspetto finanziario, sia anche importante entrare nel merito dal punto di vista legislativo, agevolativo urbanistico, di programmazione strategica e di velocizzazione di determinati interventi infrastrutturali, cioè di tutta una serie di elementi che in qualche modo possono ridare forza al tessuto economico (parlo chiaramente della Regione, ma di conseguenza del livello nazionale).
Se non interveniamo su più fondi, andando a toccare una serie di elementi, il rischio è che si continui a ragionare solo in termini di numeri, come le slide presentate, che forse non sono altro che quelle fatte lo scorso anno dai colleghi all'epoca di maggioranza, leggermente modificate, dove la modifica nasce dal Jobs Act, che ha cambiato le strategie delle aziende, ma non ha fatto altro che prendere i precari trasformarli in tempo determinato, e alla fine questo ha dato, teoricamente ed esclusivamente, una visione di aumento dell'occupazione, ma cambiando solo le carte in tavola.
Fra tre mesi, sei mesi o un anno, se andremo a rivedere i dati, vedremo se realmente ciò ha dato o darà un impulso positivo.
Questo, quindi, è un ulteriore elemento su cui sicuramente ci sarà da discutere in futuro.
Perché, infatti, è importante lavorare in termini strategici? Perch vedo qui alcuni dati. Io vengo dalla provincia di Alessandria - il collega Mighetti accennava già la questione - e qui si legge: "Il divario del territorio alessandrino rispetto al Piemonte è in aumento: meno credito meno imprese, meno cassa, più disoccupati".
Allora, se questa è la prospettiva - i dati parlano dell'anno 2014 l'auspicio è che magari tra tre mesi un'analisi possa dare dei segnali diversi; però, appunto, i termini non si basano esclusivamente sulla questione legata all'aspetto occupazionale, ma anche su tutta una serie di numeri collaterali che sono certamente importanti.
Credo dunque che la possibilità che ha la Regione di lavorare su più strategie e su più mondi che possono ridare energia e impulso debba essere assolutamente sfruttata, ma soprattutto debba essere tenuta al centro di tutto il progetto. Altrimenti, infatti, oggi siamo qui a trattare l'argomento dove ognuno dice la sua e poi alla fine, fra tre mesi, potremmo essere nuovamente qui a ridire, se non le stesse cose, cose analoghe.
Naturalmente da parte nostra ci sarà un costante monitoraggio, ma nel contempo la situazione delle aziende è una situazione nella quale più imprese sono in ginocchio. Io cito - e questo deve fare riflettere un'azienda del territorio da cui vengo, che è un interporto logistico di grande impatto e di grande importanza: è stata acquisita dai belgi che nell'arco di un anno e mezzo, hanno perso due commesse importantissime.
Cosa vuol dire? Mi ricollego a quello che si diceva prima, cioè al fatto di appoggiarsi a grandi gruppi o a grandi competitor stranieri, che possono vedere l'Italia come un elemento di sviluppo importante. Ecco l'importante è che non vedano l'Italia, invece, come terreno di aggressione e di eliminazione dei competitor: questo è il rischio. Quindi, va bene il fatto che ci siano soggetti che possono essere invitati o stimolati ad arrivare nel nostro Paese e nella nostra Regione, però nello stesso tempo questi devono essere anche messi in condizione di poter essere ad un livello abbastanza equiparato a quello che avrebbero in altre situazioni dove questi soggetti operano. Se infatti in altri contesti queste imprese hanno delle opportunità, la possibilità di essere aiutate, sostenute o quanto meno agevolate - perché ribadisco che il lavoro è l'elemento cardine di un sistema - e qui questo non è possibile, per loro la cosa più semplice è dire: benissimo, riduco l'occupazione e il peso del lavoro. E questo per l'Italia significa avere ulteriori picchi di disoccupazione.
Io credo quindi che, a questo punto, si debba riflettere e si debba capire come eventualmente incentivare queste realtà e come, nello stesso tempo, aiutare i Comuni ad intervenire, erogando loro non solo le risorse per gli ammortizzatori sociali legati al soggetto dipendente, ma anche quelle per degli ammortizzatori finalizzati a permettere ai Comuni stessi di poter avere degli sgravi sul carico di punta delle imposte relativamente alle imprese allocate su quel territorio.
Questi sono piccole idee e piccoli contributi, che però devono cominciare ad essere valutati perché, come diceva l'Assessore, il sistema è cambiato radicalmente in sei o sette anni e oggi la situazione non è più come allora. Alla luce di questo, dunque, servono un tavolo (o più tavoli) e una serie di convergenze, chiaramente insieme al mondo della rappresentanza di queste realtà di piccola, media e grande impresa, che forniscano una visione completamente nuova. A questo punto, allora probabilmente si darà un impulso innovativo.
Oggi, comunque, io non vedo questa prospettiva, a livello nazionale e a livello regionale.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Berutti. Lei è stato uno dei pochi ad aver rispettato il tempo dei dieci minuti: è stato bravissimo.
Chiudiamo allora la prima parte del Consiglio straordinario e ci rivediamo alle ore 14.30 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e con la proposta di o.d.g. che vi ho fatto. Se ci fossero invece esigenze diverse, magari nel corso della seduta potremmo decidere in merito.
Buon pranzo a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.02)



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