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Dettaglio seduta n.59 del 21/04/15 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



(I lavori iniziano alle ore 9.40 con l'esame del punto all'o.d.g. inerente a "Svolgimento interrogazioni e interpellanze")


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 360 presentata dalla Consigliera Frediani, inerente a "Salvaguardia occupazionale dei lavoratori della Officine Grafiche Deagostini - DeaPrinting (NO)"


PRESIDENTE

Buongiorno, colleghi. Iniziamo i lavori del sindacato ispettivo proponendo l'esame dell'interrogazione indifferibile e urgente n. 360 presentata dalla Consigliera Frediani, avente ad oggetto "Salvaguardia occupazionale dei lavoratori della Officine Grafiche Deagostini DeaPrinting (NO)." La parola alla Consigliera Frediani per l'illustrazione.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Questa interrogazione arriva a seguito di alcune notizie che abbiamo appreso dai giornali (come capita il più delle volte), relativamente alla situazione della DeaPrinting, società che già da qualche anno non appartiene più al gruppo De Agostini, e che adesso si trova in una situazione di grave incertezza per i suoi lavoratori.
Dai giornali abbiamo appreso che ci sono 160 lavoratori che rischiano di rimanere definitivamente a casa. A questa situazione si è arrivati dopo una serie di vicissitudini che ha visto un progressivo calo delle commesse da parte della De Agostini, ed alcuni provvedimenti che hanno visto la fruizione della cassa integrazione straordinaria e poi mobilità.
Chiediamo quindi all'Assessore, o a chi ne fa le veci, quali sono le azioni che si intendono attuare per tutelare la forza lavoro di questa società, la cui crisi provocherebbe un ulteriore danno al territorio novarese già duramente provato, come tutto il territorio piemontese, da questa attuale crisi economica.
Grazie.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Valmaggia.



VALMAGGIA Alberto, Assessore regionale

Grazie, Presidente.
Le Officine Grafiche Novara 1901 S.p.A. (già Officine Grafiche Deagostini DeaPrinting) nel periodo 2007-2012 hanno accumulato perdite di gestione per oltre 14 milioni di euro.
L'Azienda, nel biennio 2013-2014, ha cercato di porre rimedio a tale grave situazione attivando una pluralità di interventi gestionali. Ha realizzato, tra gli altri interventi, un piano generale di ristrutturazione e di riduzione dei costi che ha interessato tutte le aeree aziendali.
E' stata anche abbandonata l'attività produttiva di roto non più economicamente sostenibile, nonché si è proceduto allo scorporo delle attività di legatoria, fonte di perdite, con loro affidamento a società specializzata e dedicata.
Nonostante la realizzazione di tutte le predette azioni, a causa anche del protrarsi della pesante negativa situazione finanziaria, non si sono prodotti, nel biennio accennato, i risultati risanatori attesi. Il bilancio al 30 settembre 2014 ha evidenziato un patrimonio netto negativo di circa 3,2 milioni di euro.
Alla luce di tali evidenze, gli organi societari hanno obbligatoriamente dovuto deliberare la messa in liquidazione dell'Azienda e, a tutela dei creditori, depositare domanda di ammissione alla procedura del concordato preventivo.
Il Tribunale di Novara, con provvedimento in data 19 febbraio 2015 ha proceduto alla nomina del Commissario Giudiziale. L'Azienda, dopo aver effettuato una approfondita analisi della sua condizione, ha assunto la decisione di cessare, a decorrere dal 12 marzo 2015, tutta l'attività produttiva, commerciale e amministrativa dello stabilimento di Novara.
Per quanto riguarda i dipendenti, Azienda e OO.SS., al fine di attenuare l'impatto sociale derivante da tale decisione, hanno individuato nello strumento della CIGS per crisi aziendale per cessazione di attività della durata di 24 mesi a decorrere dal 12 marzo 2015, ai sensi e per gli effetti delle speciali e più favorevoli leggi per i lavoratori che regolano l'accesso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria dei settore grafico editoriale il mezzo più idoneo a gestire le ricadute occupazionali di tale decisione.
Pertanto, il 9 marzo u.s. hanno sottoscritto un verbale di accordo i cui contenuti sono stati confermati presso la Regione Piemonte il successivo 10 marzo in sede di esame congiunto sulla domanda di cassa integrazione.
Durante il periodo di cassa integrazione, al fine di pervenire al maggior numero possibile di ricollocazioni dei 141 lavoratori in esubero di cui 15 prepensionabili, l'Azienda si è impegnata ad attivare ogni opportuna azione per trovare possibili acquirenti del sito industriale o di parti di esso che consentano una ripresa totale o parziale delle attività con assorbimento dei lavoratori sospesi; a segnalare i nominativi dei lavoratori, nel rispetto delle normative sul mercato del lavoro, agli organismi istituzionali competenti al fine del loro inserimento in azioni di politiche attive del lavoro e a procedere a periodi di distacco dei lavoratori presso aziende terze, finalizzati a favorire la loro rioccupazione.
Per quanto riguarda il futuro dell'Azienda, la società Caleidograf di Merate ha fatto effettivamente un'offerta per rilevare l'attività tramite l'affitto di ramo d'azienda. Tale offerta tuttavia garantisce solo un parziale assorbimento dei lavoratori.
Caleidograf si è mostrata abbastanza rigida sulla proposta, ma le organizzazioni sindacali non escludono di riaprire la trattativa per aumentare il numero dei lavoratori ricollocabili.
Questa è la situazione.
Grazie.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 337 presentata dal Consigliere Bertola, inerente a "Raddoppio del deposito nucleare di Saluggia. Ampliamento del deposito D2, nuova costruzione del deposito D3 e ricostruzione del deposito 2300"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 337.
La parola al Consigliere Bertola per l'illustrazione.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Abbiamo già parlato della questione sia in Aula, con interrogazioni non solo del Movimento 5 Stelle, ed anche con un atto di indirizzo approvato dall'Aula, sia in V Commissione, dove abbiamo audito i vertici di Sogin e di alcune associazioni ambientaliste.
Questa interrogazione era stata presentata prima, ma è comunque un'occasione per parlare nuovamente di questo argomento molto importante e di un'ipotesi di ampliamento dei depositi temporanei presso Saluggia, che preoccupa tutti i cittadini piemontesi.
Parliamo di un territorio nel quale è stoccato il 96% del materiale radioattivo presente in Italia, tra Trino e Saluggia. Attualmente, il sito di Saluggia detiene circa il 75% dei rifiuti radioattivi presenti in Italia, ed è stato ritenuto più volte completamente inidoneo, poiché a rischio esondazione per la vicinanza del fiume Dora Baltea. Un'inidoneità ribadita anche attraverso una delibera di Giunta regionale del marzo 2006 che ribadisce la presenza del vincolo imprescindibile della non idoneità del sito a configurarsi come deposito di stoccaggio definitivo confermando, pertanto, che l'obiettivo finale dell'operazione di messa in sicurezza dei materiali nucleari deve essere il decommissioning degli impianti e il rilascio totale del sito privo di vincoli di natura radiologica.
Certo, quello è un sito temporaneo, però nella temporaneità si continua ad ampliare, tant'è vero che l'oggetto di discussione degli ultimi mesi è proprio la manifestazione della volontà, da parte di Sogin, di ampliare precisamente di raddoppiare - il deposito D2, costruendo altre due campate di costruire il deposito D3 e di ricostruire il deposito 2300.
Si tratta sempre di depositi temporanei, però le operazioni per l'identificazione del deposito nazionale, che deve essere fatto entro il 2024, segnano il passo e continuano ad avere dei ritardi.
Per questo motivo, a furia di continuare a stoccare materiale in modo temporaneo e a non prevedere un sito nazionale, la legittima preoccupazione, non solo nostra ma di tutti i cittadini piemontesi che ne sono a conoscenza, è che, prima o poi quel sito diventi definitivo. Al di là dei dati che abbiamo già ricevuto, sia dalla Giunta regionale, in risposta a un nostro accesso agli atti, sia dalla Sogin direttamente durante l'audizione in Commissione, in quest'interrogazione vogliamo conoscere i tagli del nuovo Piano di ampliamento proposto da Sogin e soprattutto l'opinione tecnica della Giunta relativamente alla proposta di ampliamento del deposito D2.
Vogliamo sapere, inoltre, se la Giunta condivide ufficialmente la nostra preoccupazione relativamente ai ritardi dell'individuazione del sito nazionale e al continuo reiterato stoccaggio di rifiuti a Saluggia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
Come ha richiamato il Consigliere Bertola, giovedì scorso, in Commissione, abbiamo avuto la possibilità di approfondire la situazione del sito di Saluggia anche con i vertici di Sogin.
Vengo, nello specifico, alle richieste dell'interrogante.
Nella documentazione progettuale allegata all'istanza di autorizzazione alla disattivazione del 19 dicembre 2014, è specificato che, in base alle informazioni attualmente disponibili ed alle ipotesi effettuate, la miglior stima al 31/12/2014 del volume finale totale lordo dei rifiuti è pari a 10.000 metri cubi. Pertanto, solo una quota di questo volume potrà essere sistemata nei depositi di sito esistenti o previsti (il deposito D2). La frazione rimanente dovrà essere sistemata in nuove strutture e da essa dipende il fabbisogno di volumetrie di stoccaggio da realizzare.
Nella documentazione si precisa, inoltre, che le nuove volumetrie potranno essere costituite dalla ristrutturazione dell'edificio 2300 dall'ampliamento del deposito D2 o da eventuali ulteriori volumi aggiuntivi potenzialmente ricavabili adeguando edifici e/o attrezzando opportunamente aree dislocate sull'intero sito all'interno del comprensorio nucleare di Saluggia.
In aggiunta a quanto indicato nella documentazione, si evidenzia che nel secondo degli incontri istruttori convocati dalla Direzione regionale Ambiente, Governo e Tutela del Territorio, al fine di formulare le osservazioni regionali, è stata invitata anche la Sogin, che, riguardo alle nuove volumetrie di stoccaggio, ha precisato che la realizzazione di tali nuove volumetrie dipenderà in primo luogo dai tempi di disponibilità del Deposito Nazionale, rispetto allo stato di avanzamento delle attività di disattivazione e sarà, pertanto, un'eventualità percorribile solo se il Deposito dovesse essere realizzato in tempi non compatibili con il decommissioning del sito.
Ha poi aggiunto che la necessità di volumi di stoccaggio dipende altresì dalle tecniche di disattivazione degli impianti e di condizionamento dei rifiuti radioattivi che verranno utilizzate - che potranno subire degli adeguamenti nel corso delle operazioni - dalle quali discenderà il volume finale di rifiuti prodotti.
La realizzazione di ulteriori spazi adibiti a deposito verrà pertanto programmata nello specifico solo e soltanto quando sarà definita l'effettiva esigenza.
Il secondo quesito chiede quale sia l'opinione tecnica della Giunta in base a questa espansione del deposito nucleare.
Si sottolinea che la Giunta regionale, ai sensi della l.r. 5/2010 esprimerà le osservazioni sull'istanza di disattivazione, e pertanto anche sulle nuove volumetrie, con propria deliberazione al termine dell'istruttoria che la Direzione regionale Ambiente, Governo e Tutela del Territorio sta conducendo con il coinvolgimento degli Enti e gli organi tecnici locali, la Direzione ed i Settori regionali che avevano partecipato, negli anni 2005 e 2006, al procedimento per l'espressione del parere regionale, nell'ambito della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale inerente al progetto dell'impianto di cementazione dei rifiuti liquidi radioattivi "Cemex".
Nell'ultimo punto, in ordine alla richiesta alla Regione "perch smentisca o confermi la preoccupazione che il Deposito Nazionale venga ubicato a Saluggia", si premette che la Regione, ogni qualvolta è stata chiamata ad esprimere il parere nell'ambito dei procedimenti amministrativi di competenza statale, ha sempre ribadito con forza la presenza del vincolo imprescindibile della non idoneità dei siti attualmente sede degli impianti nucleari a configurarsi come sede di deposito di stoccaggio definitivo.
La non idoneità del sito di Saluggia trova conferma nell'applicazione dei criteri di esclusione dettati nella Guida Tecnica n. 29 dell'ISPRA.
Si sottolinea, inoltre, che la Sogin ha redatto la proposta di Carta delle Aree Potenzialmente Idonee ad ospitare il Deposito Nazionale e l'ha consegnata, il 2 gennaio 2015, all'ISPRA, così come previsto dal d.lgs.
31/2010. L'ISPRA ha due mesi di tempo per validare i risultati cartografici, verificare la coerenza degli stessi con i criteri per la localizzazione stabiliti con la Guida Tecnica n. 29 e redigere una relazione da trasmettere al Ministero dell'Ambiente e al Ministero dello Sviluppo Economico che, a loro volta, devono comunicare entro un mese alla Sogin il nullaosta a pubblicare la Carta.
In assenza della Carta, fermo restando quanto sopra evidenziato in merito alla non idoneità degli attuali siti a configurarsi come sede di deposito definitivo, qualsiasi indicazione di un sito potenzialmente idoneo è una mera supposizione, non supportata da elementi oggettivi. Grazie.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 381 presentata dal Consigliere Benvenuto, inerente a "Termovalorizzatore del Gerbido"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione n. 381 presentata dal Consigliere Benvenuto.
La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

In merito all'interrogazione presentata dal Consigliere Benvenuto, si riferisce quanto segue: In base al contenuto dell'articolo 35, comma 1, del DL 133/2014, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'Ambiente e sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni, individua con proprio decreto la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani ed assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale: tale censimento prevede sia specificata la capacità di trattamento di ciascun impianto. Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale e garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza.
Con apposito DPCM, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni solo in fase ricognitiva, lo Stato deve procedere a verificare la capacità operativa di ciascun singolo impianto presente sul territorio nazionale sia esso in esercizio o soltanto autorizzato. In altre parole, il solo fatto che l'impianto di incenerimento sia in esercizio o autorizzato, lo pone implicitamente - e senza che in merito debbano essere sentite le Regioni - nell'elenco degli impianti che costituiscono infrastrutture o insediamenti strategici di preminente interesse nazionale.
Sulla base delle disposizioni nazionali, la Regione Piemonte non pare pertanto, avere alcuna diretta competenza nella possibilità di individuare o meno un impianto presente sul proprio territorio come impianto escluso da quelli considerati strategici di preminente interesse nazionale.
Tuttavia, sulla base di estrapolazioni di medio-lungo termine relative alla produzione di rifiuti urbani, le quantità di rifiuto urbano indifferenziato residuo non recuperabile come materia (ancor più se sommate ai sovvalli derivanti dalla lavorazione dei rifiuti raccolti in modo differenziato) saranno comunque superiori alla capacità operativa dell'unico impianto piemontese di termovalorizzazione, ovvero l'impianto di Torino (il tutto al netto delle ridotte quantità trattabili presso l'impianto di co-combustione - si tratta di un cementificio - presente nel Cuneese, presso il quale viene effettuata non un'operazione di smaltimento bensì di recupero di energia R1); ciò anche nel caso in cui fosse aumentata la capacità dell'impianto di Torino, eventualità che la Città Metropolitana di Torino ha in corso di valutazione (al momento in fase istruttoria), in relazione agli obblighi contenuti nello stesso articolo 35 già citato.
A questo proposito, occorre chiarire che, su base regionale, le minime quantità residue di rifiuto urbano indifferenziato che non dovessero trovare collocazione nell'impianto di Torino non giustificano assolutamente la pianificazione di un ulteriore impianto di combustione dedicato ai rifiuti urbani.
Pertanto, ai sensi dello stesso articolo 35, comma 1, della legge n.
164/2014, si ritiene che l'impianto di Torino non possa essere considerato tra quelli capaci di rispondere alle esigenze di progressivo riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale.
Conseguentemente la Giunta si impegna a segnalare in tutte le sedi opportune l'inadeguatezza dell'impianto ad utilizzi quali quelli richiamati al medesimo comma 1.
Infine, in merito all'ultimo punto dell'interrogazione, la Giunta segue con particolare attenzione l'evolversi della questione, ancor più a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 35 sopra citato.
Le valutazioni che la Città Metropolitana di Torino sta effettuando (ora in fase istruttoria) e le eventuali modifiche all'autorizzazione in essere (non solo riguardanti le quantità massime annue trattabili di rifiuti) dovranno condurre a migliorare le performance dell'impianto valutando (e aggiornando valutazioni fatte anni fa) da un punto di vista ambientale ed energetico le informazioni che arrivano dal monitoraggio in continuo.
Per l'impianto in oggetto, è inoltre in corso di valutazione da parte della Città Metropolitana di Torino l'eventualità che esso, migliorando le proprie capacità di gestire l'energia prodotta (es. tramite collettamento a reti di teleriscaldamento), sia a breve configurabile come impianto di recupero energetico di rifiuti di tipo R1, e pertanto gestibile a livello regionale secondo i contenuti dei commi 6 e 7 dello stesso articolo 35.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segretario Benvenuto per la replica.



BENVENUTO Alessandro

Rinuncio alla replica, grazie mille.


Argomento: Contributi alla cultura

Interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 377 presentata dalla Consigliera Frediani, inerente a "Assegnazione fondi al Circolo dei Lettori"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione a risposta indifferibile e urgente n.
377, presentata dalla Consigliera Frediani, che ha la parola per l'illustrazione.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Purtroppo torniamo a parlare del Circolo dei Lettori. Non me ne voglia l'Assessore, ma ci capita spesso di imbatterci in questo nome quando analizziamo dei documenti. In particolare, in questo caso volevamo qualche chiarimento in merito a una delibera di ottobre che stanzia dei fondi aggiuntivi per il Circolo dei lettori e che, a leggere il testo del documento, sembrerebbero destinati alla realizzazione del progetto "Hangar".
Si tratta di una cifra pari a 75.250 euro. Noi ci chiedevamo semplicemente, dal momento che questa cifra viene giustificata come contributo in base alla legge n. 58, se il progetto Hangar rientrasse fra gli obiettivi che determinano l'utilizzo dei fondi nell'ambito di questa legge.
Sempre leggendo la delibera, apprendiamo che in teoria il 50% di questa somma dovrebbe essere già stato erogato e quindi la nostra domanda, nel dettaglio, è capire in quale momento sia stata erogata la prima tranche di finanziamento.
In secondo luogo, sempre nella delibera abbiamo visto che la successiva erogazione del fondo dovrebbe avvenire in seguito a una relazione dell'attività relativamente al progetto Hangar, quindi vorremmo conoscere il contenuto di questa relazione che riguarda l'attività del progetto Hangar nel corso dell'anno 2014.
Inoltre, ci piacerebbe avere un prospetto delle spese dettagliate sostenute proprio per la realizzazione di questo progetto. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Parigi per la risposta.



PARIGI Antonella, Assessore alla cultura

Grazie, Presidente.
A riscontro dell'interrogazione in oggetto, comunico quanto segue.
In merito al contributo di 75.250 euro assegnato alla Fondazione Circolo dei Lettori con determinazione n. 508/2014 per l'avvio del progetto "Hangar. Reinventare il futuro", la prima tranche del contributo (equivalente al 50% dello stesso e pari a 37.625 euro) è stata erogata con atto di liquidazione n. 2015/153 del 5/02/2015.
Il progetto Hangar ad oggi non ha ancora trovato conclusione: dal mese di ottobre 2014 e fino al 31/12/2014 sono stati svolti alcuni laboratori (fornirò esattamente il dettaglio).
I costi per lo svolgimento della prima fase di sviluppo dell'iniziativa ammontano a 36.250 euro, di cui 28.330 euro per i contenuti della programmazione e 7.920 euro per spese in parte di organizzazione e in parte di comunicazione.
Il progetto è ad oggi ancora in corso: sono previste numerose iniziative (fino a giugno 2015), per la conclusione delle quali è prevista una spesa di circa 39.000 euro. Il saldo del contributo, pari alla restante somma di 37.625 euro, sarà erogato a rendicontazione del progetto e su presentazione della relazione conclusiva. Quindi noi, al momento, pur avendo tutte le indicazioni, non abbiamo ancora la rendicontazione ufficiale.
A tale riguardo, ricordo che il progetto è stato voluto dall'Assessorato alla cultura con l'intento di rivolgersi a chiunque voglia sviluppare le proprie competenze e capacità imprenditoriali in ambito culturale, dai liberi professionisti alle istituzioni, dalle associazioni agli enti non profit. L'obiettivo è diffondere la cultura progettuale e potenziare la capacità di ciascuno di prendere decisioni strategiche nella progettazione delle proprie attività, soprattutto in un momento in cui le risorse pubbliche sono diminuite e in cui il concetto di sostenibilità è centrale.
Da ottobre a dicembre c'è stata una prima fase di sperimentazione, con laboratori che si sono svolti essenzialmente in città, mentre da gennaio a fine giugno Hangar Lab è itinerante: sono già state organizzate e realizzate giornate di laboratorio a Novara, Biella, Cuneo e Verbania e sono prossime iniziative anche negli altri capoluoghi di provincia. I laboratori sono realizzati in co-progettazione con i territori dopo un'attenta analisi della realtà locale fatta insieme ai protagonisti dei quelle aree, in modo da poter offrire un servizio concretamente utile al comparto cultura.
Alcuni numeri per comprendere l'andamento del progetto: nei 3 mesi di sperimentazione 2014, vi sono state 363 iscrizioni ai 15 laboratori organizzati su un'ampia serie di tematiche (dal personal branding al mindfullness), con l'obiettivo di stimolare il comparto a individuare strade diverse da quelle tradizionalmente fondate sulle risorse pubbliche fornendo a tal fine anche strumenti tecnici come la capacità di leggere il bilancio, elaborare progetti efficaci di comunicazione e individuare le potenzialità imprenditoriali di un'idea o di un progetto.
Il target di chi ha seguito la prima tranche di laboratori è variegato: la maggior parte dei profili sono impiegati nel settore culturale; alcune professionalità specifiche, come attori, videomaker, curatori, ma anche galleristi e generici operatori culturali e associazioni culturali. Molti dei partecipanti fanno parte di associazioni che organizzano eventi culturali o piccole stagioni teatrali. Hanno partecipato anche liberi professionisti, tra i quali troviamo delle nuove professioni come blogger o esperti in marketing e comunicazione, ma anche, per esempio, docenti o funzionari pubblici.
Un dato che abbiamo rilevato, oltre i profili, è quello dell'età dei partecipanti, che si attesta tra i 30 e i 40 anni.
Nell'anno in corso, fino ad oggi, sono stati realizzati altri 12 laboratori, che proseguiranno fino a giugno, di cui non abbiamo ancora il dettaglio numerico dei partecipanti. Ad una prima stima, il numero dei partecipanti è in crescita, così come lo è il riscontro ottenuto in particolare nei capoluoghi di Provincia.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Interrogazione n. 175 presentata dai Consiglieri Ferrentino e Accossato inerente a "Quote pubbliche SITAF"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame dell'ultima interrogazione n. 175.
La parola al Consigliere Ferrentino per l'illustrazione.



FERRENTINO Antonio

Grazie, Presidente.
Poiché l'interrogazione è stata presentata il 18 novembre, è chiaro che gran parte del tema che trattava l'interrogazione è assolutamente superato dai fatti.
La questione riguardava la procedura di collocazione delle quote della società SITAF del Comune di Torino e dell'ex Provincia di Torino, che sono state acquisite da ANAS per evidenti ragioni di bilancio da parte dei due enti sopracitati. Il 31 dicembre aveva termine il patto di sindacato che vietava a SITAF di poter vendere a privati, e chiaramente l'interrogazione era collocata in quell'arco temporale.
Recupero questa interrogazione soltanto per chiedere all'Assessore un riferimento estremamente importante: entro il 30 giugno, ANAS dovrebbe aggiudicare con gara ad evidenza pubblica le quote di proprietà del Comune che erano state parcheggiate.
Vorrei capire dall'Assessore e dalla Giunta a che punto è questa procedura di gara da parte dell'Anas e avere rassicurazione, in caso di plusvalenza del prezzo di vendita a privati rispetto a quello di acquisizione dell'ANAS, come nel precedente accordo, per quanto riguarda la disponibilità di questa plusvalenza in capo al Comune di Torino e della Provincia di Torino.
Recupero soltanto questo pezzo perché il resto, ovviamente, è ampiamente superato, trattandosi di un'interrogazione che riporta una data di cinque mesi fa. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere.
La parola all'Assessore Balocco per la risposta.



BALOCCO Francesco, Assessore ai trasporti

Grazie, Presidente.
Consigliere, in effetti, è evidente che le cose da allora sono andate avanti, nel senso che sia il Comune che l'allora Provincia (in corso di trasformazione in Città metropolitana) hanno effettivamente ceduto le loro quote ad ANAS Spa al valore che il collegio peritale ha determinato, che risulta, ai competenti Uffici della Città metropolitana, di importo superiore a quello offerto dai soci privati di SITAF. Comunque, è bene ricordare che quest'ultima offerta era stata fatta nella consapevolezza che non avrebbe potuto essere accolta per irricevibilità.
Per quanto riguarda l'obbligo da parte di Anas di procedere all'alienazione del 51% delle quote SITAF, risulta agli Uffici della Città metropolitana del Comune che Anas abbia avviato l'istruttoria preliminare necessaria alla pubblicazione della gara pubblica.
Non abbiamo altre notizie in merito. Non posso che confermare che l'obbligo di vendita da parte dell'Anas deve avvenire entro il 30 giugno altrimenti la vendita all'Anas sarebbe non efficace. Questo, evidentemente è un problema, ma credo che Anas ci stia lavorando per addivenire alla conclusione della procedura.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Dichiaro chiusa la trattazione del sindacato ispettivo.



(Alle ore 10.15 il Presidente dichiara esaurita la trattazione del punto all'o.d.g. inerente a "Svolgimento interrogazioni e interpellanze")



(La seduta ha inizio alle ore 10.19)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento: Nomine - Personale del servizio sanitario

Richiesta, da parte del Consigliere Bono, di copia della bozza della delibera inerente alla revisione della rete di assistenza territoriale e l'elenco dei candidati alla nomina a Direttori generali ASL e ASO


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Chiedo se vi siano ulteriori proposte di modifica.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
La mia non è una richiesta di modifica dell'o.d.g.
Vorrei chiedere all'Assessore Saitta se potesse consegnarci in giornata, oltre che ufficialmente.



PRESIDENTE

Scusi, c'è troppo "bronzio".
Prego, Consigliere Bono.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Chiederemmo all'Assessore Saitta, oltre a consegnare ufficialmente ai Consiglieri copia della bozza della delibera di revisione della rete territoriale - ovviamente, almeno ufficialmente viene data ai singoli Consiglieri - di avere l'elenco dei circa 80 papabili Direttori generali per la nomina.
Visto che, ormai, il provvedimento c'è, senza dover aspettare la pubblicazione della delibera di Giunta, chiederemmo di poterla avere penso non ci sia niente da nascondere - per poter svolgere i ragionamenti e le deduzioni su coloro che verranno scelti. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
Nell'intervento che svolgerà le darà sicuramente una risposta in merito, perché abbiamo come primo punto all'o.d.g. le comunicazioni dell'Assessore.
L'ordine del giorno è approvato, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento.
Scusate, non è possibile parlare tra i collaboratori e i Consiglieri da quel posto, è proprio vietato! E' un anno che tollero questo meccanismo che è vietato dal Regolamento! Così come è vietato che il Consigliere possa parlare con gli ospiti da quelle vetrate: non è possibile, è tassativamente vietato, altrimenti dovr mettere le fioriere oppure chiudere. Lo dico perché il ronzio, il cosiddetto "bronzio", dà fastidio.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

E' a disposizione e riproducibile, su richiesta, il processo verbale della seduta del 14 aprile 2015.


Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cerutti, Ferraris e Pentenero.


Argomento:

c) Comunicazione relativa all'articolo 30, comma 9, del Regolamento


PRESIDENTE

Comunico che in data 16 aprile 2015, la I Commissione, riunita in sede legislativa, ha approvato all'unanimità la deliberazione legislativa avente ad oggetto "Riconoscimento della specificità della Provincia del Verbano Cusio Ossola".


Argomento:

d) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i verbali del 31 marzo 2015.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Rete assistenza territoriale - I principi per la definizione degli assetti organizzativi delle ASL"


PRESIDENTE

L'Assessore Saitta è disponibile a rendere le comunicazioni della Giunta regionale in merito alla "Rete assistenza territoriale - i principi per la definizione degli assetti organizzativi delle ASL".
Se gentilmente vuole dare una risposta alle osservazioni del collega Bono, ci fa cosa gradita.
Prego, Assessore.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
Il Consigliere Bono ha fatto una richiesta per quanto riguarda l'elenco degli idonei per i Direttori generali. Comunico che sarà pronto in giornata; in ogni modo, sarà accessibile, perché è una determina del Direttore generale, che prende atto del lavoro della Commissione.
Per quanto riguarda la richiesta relativa all'assistenza territoriale c'è un documento (il documento che illustrerò oggi), che non è ancora una deliberazione, ma è un documento che la Giunta ha condiviso ed è un documento sul quale abbiamo aperto la consultazione e la discussione oggi qui in Consiglio. La deliberazione sarà fatta dopo la fase di consultazione: questa è la decisione che abbiamo assunto. In ogni caso anche questo documento sarà inviato, in giornata, a tutti i Consiglieri.
Sintetizzerò il contenuto di questo documento, facendo qualche considerazione di ordine politico e sanitario per legare questa comunicazione alle decisioni che l'Amministrazione regionale ha assunto per quanto riguarda la rete ospedaliera.
I principi della rivisitazione della rete. Si parla di principi, perch il documento contiene soltanto dei principi e deve essere completato attraverso la consultazione. Abbiamo evitato di fare riferimento a normative e di utilizzare la classica modalità con la quale viene redatto un documento all'interno dell'Amministrazione pubblica; ci siamo concentrati sulla sostanza, poi sarà compito di chi dovrà redigere la deliberazione finale di fare riferimento alla parte di carattere normativo.
Tuttavia, tra le scelte che bisogna compiere, le scelte che indicher in termini di proposta, c'è una relazione diretta con la rete dell'assistenza ospedaliera. I colleghi sanno perfettamente che quando approvammo quel documento c'era un allegato, il n. 4, che conteneva al punto 4), le linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale. Lì c'è un'indicazione precisa di metodo che a me piace rimarcare, sapendo che la rivisitazione della rete ospedaliera era soltanto una parte del problema e, non per nulla, c'era questa indicazione. Inoltre, c'era un'indicazione precisa, appunto, nell'allegato 4), dove veniva fatto riferimento alla necessità di ridurre l'ospedalizzazione impropria, tenendo conto che c'è una maggiore cronicità che richiede una modalità di cura diversa rispetto a quella dell'ospedalizzazione, e faceva anche riferimento ai cambiamenti della domanda di salute in modo anche abbastanza puntuale. In ogni caso patologie croniche in aumento o acute che richiedono una modalità diversa di cura rispetto a quella di carattere ospedaliero.
In quel documento, che io richiamo, anche perché è contenuto pure nei principi che vi illustrerò, si fa riferimento alla normativa esistente, in modo particolare al Patto per la salute, dove all'articolo 5 si prevede, in modo obbligatorio (in realtà lo prevedeva già la Balduzzi), l'istituzione dell'AFT ogni 20/30 mila abitanti e l'istituzione delle Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP); AFT ogni 20/30 mila abitanti, UCCP ha una dimensione maggiore.
Inoltre, quel documento, proprio per aumentare la qualità dell'assistenza primaria, faceva riferimento alla necessità (prevista anche questa nel Piano Sanitario Nazionale del 2006-2008 e poi rivisto nel Patto per la salute) di una forte integrazione rivolta ai medici di continuità assistenziale, alla guardia medica, agli specialisti ambulatoriali, in modo da avere sedi uniche per dare una risposta ai bisogni dei cittadini relativamente alle cure primarie.
Poi, si faceva ancora riferimento, sempre in quel documento, alla rete ospedaliera, di adottare sistemi di ricezione delle richieste di assistenza primaria 24 ore, finalizzate ad assicurare la continuità delle cure, ad intervenire prioritariamente sulla domanda a bassa intensità centralizzando, almeno su base provinciale, il servizio di continuità assistenziale.
Sempre quel documento fa riferimento al Patto della salute e ad un'intesa che prevede a livello nazionale l'istituzione di un numero (116 117), dedicato al servizio delle cure primarie sulla base delle indicazioni contenute in una direttiva europea, perché questa è un'intesa che è stata raggiunta a livello europeo. Su questo documento trovate alcuni principi che abbiamo sviluppato nel documento dal titolo "I principi per la definizione della rete assistenziale territoriale".
Credo che ai colleghi sia perfettamente noto il punto di partenza, che è l'incapacità della nostra organizzazione, qui in Piemonte, di dare una risposta alla domanda di cure primarie.
Nel documento, abbiamo indicato alcuni numeri per dare la dimensione complessiva di come il sistema non sia in grado di dare delle risposte.
Abbiamo indicato un numero principale, passaggi nei pronto soccorso che all'anno sono stati 1.768.800; i codici bianchi e i codici verdi, come abbiamo richiamato in altre occasioni, sono il 90%. I codici rossi sono soltanto il 10%. In questi numeri (90% di codici bianchi e codici verdi) sta proprio la misura dell'incapacità del nostro sistema di dare delle risposte alle domande di cure primarie. Questo è il tema.
Alla fine, tenendo conto dei passaggi in pronto soccorso, il dato che emerge è che un piemontese su tre si reca al pronto soccorso; la media è questa ed è molto alta.
Poi, c'è un altro elemento, che abbiamo richiamato in questo documento che è un dato di sintesi che dà l'idea di come bisogna organizzare meglio il nostro sistema della rete territoriale. Il numero è che all'incirca ogni anno i ricoveri totali, senza considerare i day hospital, all'incirca sono intorno ai 500 mila. Di questi 500 mila, all'incirca 200 mila sono i pazienti con oltre 70 anni e di questi 100/150 mila sono pazienti oltre i 70 anni che sono ricoverati in medicina.
Questi dati danno il senso di come il nostro sistema ospedaliero non sia in grado di dare una risposta adeguata. Non per nulla, ci sono anche dei dati che indicato chiaramente che il paziente ultrasettantenne, dopo essere stato ricoverato, molto spesso torna in ospedale nuovamente, perch dopo la fase acuta non ci sono risposte adeguate per seguire il percorso di continuità assistenziale.
Non per nulla, dopo la fase acuta, quasi il 72% dei pazienti ultrasettantenni vanno a casa e l'assistenza ospedaliera e l'ospedalizzazione a domicilio è soltanto pari al 0,2%, quindi si tratta di costruire una vera rete di assistenza territoriale. Anche in questi numeri sta il fallimento, cioè la difficoltà del nostro sistema a dare delle risposte di cura.
Allora, la risposta che noi abbiamo indicato in questo documento contiene tutto il set possibile di modalità di assistenza territoriale: l'Ente di continuità assistenziale, ospedalizzazione a domicilio diagnostica a domicilio, assistenza domiciliare integrata, attività socio assistenziale RSA e ruolo del volontariato.
Non partiamo da zero, tanto per essere molto chiari, perché il nostro è un sistema che necessita di essere governato e necessita di unità, se parliamo dei medici di base, che sono una colonna importante per l'assistenza primaria, se già negli anni hanno messo in moto un processo per aumentare la medicina di gruppo.
I medici che lavorano con la modalità del gruppo sono il 30-46% di tutti i medici; i medici che lavorano in rete - vuol dire che non hanno una sede unica, ma soltanto relazioni e rapporti, anche di carattere informatico, magari avendo un minimo di informazioni sul paziente - sono il 33%. I medici in associazione, cioè che non sono vincolati dalla sede unica, ma hanno la condivisione delle linee guide diagnostiche, soprattutto per alcune terapie, sono il 19%. In sostanza, la medicina di gruppo incomincia ad esserci, ma è una piccola cosa e riguarda soltanto il 30% di tutti i medici di base. Abbiamo ancora medici di base che fanno un lavoro di carattere individuale, quindi né in rete, né in gruppo e né in associazione. Tuttavia, c'è un nucleo già importante e anche esperienze positive.
Per quanto riguarda l'assistenza territoriale, noi abbiamo gli ex gruppi di cure primarie, quelle che si chiamavano GCP e le Case della Salute. Queste strutture sono parecchie sul territorio, come pure sono numerosi i CAP, in fase di sperimentazione, di cui bisogna verificare se sono concretamente nelle condizioni di essere coerenti con questi principi.
Ce n'è un discreto numero. Cito i CAP di Susa, Venaria, Cuorgnè, Nichelino Valsesia, Vercelli, Biella, Cossato, Fossano e potrei continuare. C'è anche qui un patrimonio di strutture fisiche che hanno caratteristiche di CAP e altre di cure primarie.
C'è una differenziazione per quanto riguarda i gruppi di cure primarie che sono diffusi sul territorio provinciale in misura non proprio omogenea ma c'è una quasi assenza totale nella Città di Torino: questo ci interroga sulla necessità di occuparci, a partire da Torino, di questo tema.
Il quadro è questo. Questo per dire che non è che non sia stato fatto nulla nel passato, così come credo doveroso e corretto ricordare come questo tema sia stato affrontato nel Piano Socio Sanitario della Giunta precedente: sono state date delle indicazioni abbastanza precise, è giusto ricordarlo, ma poi, concretamente, non hanno trovato applicazione.
Come pensiamo di costruire un sistema di assistenza territoriale che sia in grado di potenziare quello che esiste, di costruire modalità nuove? Il lavoro che abbiamo fatto non è un lavoro a tavolino, possiamo dire così.
Ci siamo preoccupati di capire come, concretamente, nelle altre Regioni quelle Regioni che hanno sviluppato bene l'assistenza territoriale - sia avvenuto il processo di innesco del processo. Perché è avvenuta la crescita dell'assistenza territoriale in Emilia, in Toscana e nel Veneto? Abbiamo chiamato esperti delle Regioni, compresa anche la Regione Lombardia, per capire che cosa di positivo era capitato, che cosa era stato fatto. Come molti di voi ne sono a conoscenza, abbiamo tenuto un seminario all'interno di un assessorato per capire che cosa era concretamente successo.
Lì è emersa una cosa molta chiara: l'assistenza territoriale parte concretamente nel momento in cui emerge una scelta, da parte della Regione di costruire un modello di governo nel quale il Distretto diventa un Distretto forte. Spiegherò meglio cosa vuol dire Distretto forte, nel momento in cui il responsabile di Distretto non è un impiegato qualunque non è un dipendente qualunque, ma è una persona che ha le capacità per realizzare un progetto di assistenza territoriale sul territorio. Quando parliamo di un Distretto forte, pensiamo ad un Distretto forte con unitarietà del ruolo di committenza e di gestione dei servizi territoriali quindi con un ruolo di produzione, con un direttore più operativo e gestionale, quindi una figura che governa e gestisce i processi e soprattutto, come è capitato in Emilia e in Toscana, con un budget definito e certo.
L'assistenza territoriale è partita concretamente laddove anche il finanziamento dell'assistenza territoriale non è stato qualcosa di residuale rispetto all'ospedale che, tendenzialmente, tende ad assorbire tutte le risorse. Distretto forte, quindi, come ruolo di committenza e di gestione; responsabile del Distretto con competenze dedicate e precise per avviare questo processo. Distretto forte vuol dire un Distretto che definisce la rete territoriale attraverso un rapporto che noi abbiamo indicato nel documento forte con il comitato dei Sindaci del Distretto utilizzando tutti gli spazi previsti dal provvedimento legislativo n. 502.
Non per nulla, la nostra è un'ipotesi di questo tipo: assegnazione del compito di costruzione della rete territoriale sulla base dei principi sulla base della delibera che dovremmo approvare entro giugno; assegnazione di questo compito ai direttori nuovi; scelta del responsabile dei distretti con quelle competenze di cui vi dirò qualcosa di più preciso; redazione da parte dell'Azienda Sanitaria Locale dei Piani di Distretto attraverso il confronto con i Sindaci. L'idea è, verso l'autunno, anche la quantificazione delle risorse necessaria per avviare il processo di costruzione della rete territoriale, in modo che nel bilancio del 2016 potremo assegnare le risorse per mettere in moto questo processo, anche le risorse di carattere umano.
Il tema del Distretto richiama due questioni: una relativa ai rapporti con la parte socio-assistenziale, l'altra relativa al dimensionamento del Distretto. I distretti devono avere una dimensione che va da 80 a 150 mila abitanti; sul territorio regionale vuol dire, sostanzialmente, che c'è un'oscillazione possibile tra 30 e 56 distretti (attualmente sono 52). Noi immaginiamo che sia utile un processo di riduzione, con tutte le eccezioni necessarie per quanto riguarda le zone marginali e le zone montane, perch se il Distretto ha, come abbiamo detto, un ruolo di committenza e di gestione dei servizi territoriali, una dimensione più ampia è sicuramente utile. Noi non indichiamo, per provincia, quale deve essere: indichiamo la forbice, l'oscillazione tra il massimo e il minimo; la verifica concreta la definizione sarà il frutto di un lavoro di consultazione con tutti i Sindaci, ASL per ASL, che faremo nel mese di maggio. Abbiamo già iniziato a programmare una serie di incontri. In ogni caso, c'è questa indicazione.
La figura professionale - ritorno sul tema della figura professionale del direttore del Distretto - deve avere, o per essa deve essere prevista un'adeguata formazione specifica; una selezione rigorosa anche attitudinale che prevede capacità gestionali e relazionali, nonché una imprescindibile capacità di lavorare in sinergia con gli altri attori del sistema socio sanitario, che sono innanzitutto i sindaci, ma c'è anche la parte socio assistenziale, sulla quale vorrei dire qualcosa, ma il collega Ferraris su questo sicuramente può essere più preciso.
Per noi, per questa idea che abbiamo del Distretto, il Distretto non è soltanto un'articolazione dell'Azienda Sanitaria Locale, cioè non è un'articolazione soltanto territoriale. Nella nostra valutazione è un luogo, innanzitutto fisico, dove si incontra la domanda più di tipo socio sanitario con la domanda di tipo socio-assistenziale. E' questa la novità.
Non per nulla, troverete anche un'indicazione precisa su come pu essere considerato il Distretto. Per noi il Distretto con questa modalità mettendo insieme la parte sanitaria e la parte socio-assistenziale vuol dire che il Distretto è la sede dove prendersi carico del paziente in modo globale, per evitare che sia oggetto di un trasferimento prima ai servizi socio-assistenziali, poi ai servizi sociali, poi alle ASL. E' una sede dove ci si prende carico del cittadino.
Questo richiama il tema del rapporto tra i consorzi e il Distretto; in linea generale, noi abbiamo l'opinione che il Distretto debba coincidere con il consorzio, perché questo non soltanto semplifica, ma permette di avere una relazione più utile con il paziente. E' in funzione delle relazioni con il paziente.
Quindi, in questo impianto noi immaginiamo una forte integrazione tra le cure primarie della continuità assistenziale e della parte socio assistenziale.
Questa è una grande novità e devo dire che non è seguita, con questa indicazione che diamo, così come l'abbiamo indicata, da tutte le Regioni però ci pare una modalità che evita quella separatezza che normalmente esiste nei nostri rapporti. Non è un problema che riguarda soltanto gli Assessorati, ma è un tema che esiste anche sul territorio.
Quindi, il Distretto non è soltanto un'articolazione dell'ASL, ma sede dove si sta insieme per tutti i bisogni del cittadino.
E' questo che chiama in causa, laddove ci sono diversi consorzi, la necessità di accorpamento dei consorzi; richiama in causa la necessità che la parte socio-assistenziale sia collegata, perché si tratta di competenze comunali, con competenze dell'Azienda Sanitaria Locale, ma credo che abbiamo il dovere, secondo me, di indicare un percorso. Qui non c'è un'indicazione precisa, ma indica un obiettivo; c'è qualche precisazione e c'è un lavoro da compiere, ma anche questo è oggetto di verifica a livello territoriale.
L'ultima considerazione è relativa ai medici di base. E' chiaro che questa operazione di costruzione di una rete territoriale forte ed autorevole richiede evidentemente un ruolo molto più motivato da parte dei medici di base.
Su questo conoscete perfettamente cosa prevede la legge, cioè i medici di base devono partecipare - lo prevede la legge Balduzzi - in modo obbligatorio alla medicina di gruppo, cosa che non sempre è avvenuta. Al di là delle questioni di carattere normativo che non sono state, di fatto applicate, abbiamo lavorato con il Presidente Chiamparino e con tutte le Regioni per arrivare ad una modifica dell'accordo collettivo nazionale con i medici di base.
Siamo a buon punto: le Regioni hanno approvato nell'ultima Conferenza (quella della settimana scorsa) un lavoro che abbiamo fatto come Assessori alla sanità di tutte le Regioni, dove abbiamo indicato come obiettivo nel contratto collettivo dei medici di base l'assistenza territoriale (AFT e UCCP).
Non ci saranno aumenti contrattuali - questo ormai è un fatto che i medici di base sanno perfettamente - ma abbiamo indicato questo obiettivo che complessivamente è condiviso dai medici di base.
E' un lavoro che abbiamo fatto come Regioni: abbiamo approvato le linee di indirizzo per la definizione dell'accordo ed è anche frutto di un lavoro di confronto con i medici di base a livello nazionale, dove complessivamente c'è una buona determinazione a concludere entro un mese il nuovo contratto con i medici di base e anche i pediatri di libera scelta.
Questa disponibilità dei medici di base deriva dal fatto che abbiamo deciso come Regioni - e quindi anche noi - di favorire il processo di aggregazione delle cure primarie (medici di base) nelle modalità che poi definiremo, non potendo disporre di risorse aggiuntive, perché è una scelta di carattere nazionale. Favoriremo questo processo mettendo a disposizione aiuti di carattere logistico. Può essere la sede, può essere l'infermiere possono essere modalità in grado di consolidare un obiettivo che noi abbiamo in mente di rapporto tra i medici di base e l'Azienda Sanitaria Locale.
Con questa indicazione, i medici di base hanno dichiarato la loro disponibilità; poi verremo alla firma concreta dell'intesa.
Quindi, c'è una novità, c'è un'occasione obiettivamente unica: cambia il contratto dei medici di base. Questo è l'obiettivo principale che le Regioni, che alla fine sono i datori di lavoro, danno ai medici di base. I medici di base sono disponibili a queste condizioni e queste condizioni siamo in grado di poterle concretamente realizzare, anche perché i medici di base giustamente dicono "se dobbiamo aumentare le cure primarie e quindi ridurre le cure ospedaliere, vuol dire che c'è una minore spesa di carattere ospedaliero", e chiedono che almeno una parte della riduzione della spesa ospedaliera sia destinata per l'aumento delle cure prima. E' una cosa molto semplice, ma si va in questa direzione.
C'è oggi un elemento di divergenza con i medici di base che credo sarà accantonato - quindi non costituirà un limite per quanto riguarda la firma dell'intesa - che deriva da una proposta che hanno fatto le Regioni. Per la verità, noi come Regione Piemonte non l'abbiamo condivisa. Alcune Regioni hanno immaginato, nella manovra di riduzione della spesa (i famosi due miliardi e 300 milioni di cui si sta parlando in questi giorni), di prevedere una sorta di penalità ai medici di base che fanno prescrizioni inappropriate dal punto di vista diagnostico e dal punto di vista farmaceutico.
E' difficile (questo è il parere che abbiamo come Regione Piemonte) stabilire un meccanismo di penalizzazione. Come si misura? Non ha molto senso.
Credo che quella proposta sarà ritirata e quindi ostacoli al contratto collettivo non ce ne saranno, anche perché questa ci sembra una proposta difficile da applicare.
Vale molto di più quello che abbiamo sentito ascoltando la Toscana e anche l'Emilia Romagna (ma in modo particolare la Toscana), ovvero che il tema dell'appropriatezza farmaceutica e diagnostica in quelle Regioni dove l'assistenza territoriale è forte l'hanno risolta in modo molto semplice: a livello di Distretto riuniscono ogni tanto i medici di base e tra di loro si scambiano le informazioni, sulla base dei dati che la Regione ha (sui farmaci prescritti, sulle diagnosi). Grazie a questo confronto tra i medici ci sono stati risultati positivi, perché si scambiano le informazioni.
Quindi, dove c'è un percorso di informazione e di scambio di opinione tra i medici, l'appropriatezza in qualche maniera e scatta anche un meccanismo positivo.
Ci sembra migliore questo e non il meccanismo della punibilità, che diventa difficile da fare. E' meglio un percorso molto più ragionato e noi prevediamo che la modalità dell'assistenza territoriale ci consente di poterlo fare.
Un'ultima considerazione è relativa al fatto che, dovendo in qualche maniera mettere mano all'organizzazione dell'ASL - perché si tratta di questo - è chiaro che questa è l'occasione anche per ridurre le strutture complesse che ci sono nelle ASL diverse da quelle ospedaliere.
Credo sappiate che abbiamo ricevuto molte critiche sul fatto di ridurre le strutture complesse e non quelle amministrative. Su questo, il dato che abbiamo ci impone un grande lavoro.
Le strutture diverse da quelle ospedaliere, quelle complesse e quindi equiparabili ai primariati, sono 543, tra quelle sanitarie, non ospedaliere ed amministrative. Tenendo conto degli standard previsti dal Comitato LEA bisogna passare da 543 a 318.
Se può essere utile questo dato, le attuali 543 strutture complesse sanitarie non ospedaliere e amministrative sono divise in 286 sanitarie e 257 amministrative. Quindi, anche su questo fronte, bisogna fare un lavoro di coerenza con quello che abbiamo operato sulla parte ospedaliera: riduzione, dunque, di molte strutture complesse e qualche volta anche di strutture amministrative e sanitarie presso le Direzioni generali.
L'obiettivo che ci poniamo è la riduzione di molti staff che hanno i Direttori generali, i Direttori sanitari e i Direttori amministrativi: bisogna fare un'opera di "asciugatura", bisogna essere sobri così come chiediamo ad altri di esserlo. È utile - anzi, è obbligatorio - che questo venga fatto anche nelle Aziende Sanitarie Locali.
Troverete anche un'altra indicazione - e concludo - relativa ai dipartimenti. Anche questo è un tema che riguarda la parte delle Aziende Sanitarie Locali: troppi dipartimenti, molti trasversali e molti anomali.
Qui diamo delle indicazioni: noi siamo dell'opinione, per la parte diversa da quella ospedaliera, di tenere in termini di principio soltanto quelli previsti per legge, cioè prevenzione, salute mentale, servizi materno infantili e articolare i dipartimenti a livello di rete. E, semmai occorresse qualche deroga, questa andrebbe fatta in funzione di una migliore organizzazione anziché per soddisfare le esigenze di carattere individuale, perché avere un Dipartimento vuol dire che in termini organizzativi si aggiunge ancora, di fatto, un primariato.
Questo è il quadro. Mi rendo perfettamente conto di aver indicato dei principi, ma l'obiettivo era questo. Noi abbiamo, attraverso il lavoro fatto in Assessorato, costruito un documento più complesso, facendo riferimento alle norme. Per avviare questa discussione, però, abbiamo compiuto questa scelta di aprire il confronto sui principi e vi posso dire dalla prima riunione che ieri abbiamo avuto del Comitato regionale per la programmazione economica e sociale, che questi principi e questa modalità ci hanno permesso di avviare un dibattito, ma anche di ottenere utili suggerimenti. E suppongo, - anzi, sono certo - per le prime esperienze che ho avuto in questi giorni - ho partecipato proprio a qualche riunione indetta dai Comuni, dove si è aperto un confronto - che si aprirà una discussione e che potranno arrivare suggerimenti proficui.
Non si tratta, quindi, di un documento rigido, ma di un documento flessibile: tutti gli aiuti saranno utili, ovviamente a partire da quelli che giungeranno dal Consiglio regionale e dalla Commissione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bertola; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Siamo soddisfatti, Presidente, e ringraziamo l'Assessore; però noi chiediamo l'apertura del dibattito sulle comunicazioni della Giunta e con l'occasione svolgo anche il mio intervento, così non mi dovrà ridare la parola, dopo.
La prima osservazione è relativa alla scarsa trasparenza, perch l'Assessore, su sollecitazione del nostro Vicepresidente Bono, ha detto che in giornata verrà trasmesso a tutti i Consiglieri regionali il documento.
Faccio osservare, però, che non dovrebbe proprio funzionare così.
Noi abbiamo uno strumento, che è il "Supporto alle sedute d'Aula", dove viene caricato - lo dico anche per i cittadini che magari ascoltano, perch non tutti conoscono come funziona il Consiglio - tutto il materiale che serve alla seduta, quindi i vari disegni di legge, gli emendamenti, le interrogazioni, ecc. Si tratta dunque di uno strumento al quale ovviamente, può accedere anche la Giunta, trasmettendo i documenti che ritiene opportuni, in modo che questi possano esservi caricati sopra. E siccome non è una sorpresa che oggi l'oggetto del Consiglio regionale sarebbe stato anche quest'informativa, questo documento poteva tranquillamente essere trasmesso.
Lo dico perché è inutile che andiamo a tenerci i segreti di Pulcinella: dal momento che questo è un documento che poi gira - gli stessi Consiglieri del PD, facendo una battuta due settimane fa, hanno detto che gira anche su Facebook - chiaramente noi lo abbiamo ricevuto. Mi fa un po' specie, per che anche questa volta per avere il documento si sia dovuto chiedere in giro a Tizio o a Caio, per poi riceverlo magari da due o tre persone diverse e, alla fine, ottenerlo.
E lo dico perché la data della bozza è il 7 aprile e oggi siamo al 21 quindi sono passate due settimane e di tempo ce n'è anche stato; salvo che non si ritenga questa bozza un documento segreto, ma non mi sembra. Del resto, difficilmente può essere considerato segreto e riservato un documento che alla fine contiene soprattutto una serie di dati statistici peraltro anche interessanti e importanti, più che dei piani e dei programmi: piani e programmi che magari saranno oggetto di altro documento.
Infatti, noi vorremmo anche capire se c'è un cronoprogramma di attuazione di questa riforma. E vorremmo proprio comprendere nello specifico qual è l'idea che questa Giunta regionale ha delle cosiddette AFT e degli UCCP: quanti medici per ogni struttura, quante specialità, quanti infermieri, quanti assistenti sociali, quanti amministrativi, quali tipi di attrezzature. E lo diciamo perché ad oggi, se andiamo a fare una ricognizione, vediamo che sul territorio non c'è un Distretto uguale all'altro; e che anche i CAP, nelle poche zone dove sono attivi, presentano diverse criticità e una certa difficoltà, poi, ad andare a regime con certi parametri.
Soprattutto con riferimento ai CAP, poi.



PRESIDENTE

Chiedo scusa: l'Assessore mi ha comunicato che, almeno da questo momento, avete il documento online.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente e grazie, Assessore: male non fa. Al massimo, lo abbiamo doppio.
Dicevo che proprio in riferimento ai CAP, vorremmo avere un'idea di quanto costa questa riforma. Per esempio, infatti, da quanto sappiamo e da quanto ci viene segnalato - e su questo abbiamo ricevuto nel tempo diverse sollecitazioni - ad Arona i medici di medicina generale percepiscono un gettone, che ci dicono essere intorno ai 50 euro orari: vorremmo capire se dobbiamo pagare due volte i medici per lo stesso lavoro.
Questo documento, quindi, a nostro avviso è più un'introduzione a quello che poi dovrebbe essere un vero documento di programmazione della rete territoriale e dunque lo riteniamo del tutto interlocutorio. Infatti al di là del confronto che l'Assessore ha annunciato e che noi speriamo ci sia - non solo con il Consiglio regionale, ma anche con i soggetti professionali e con i cittadini del territorio - ci auguriamo che la deliberazione che adotterà questa Giunta possa portare dei dati in più e un programma più chiaro.



PRESIDENTE

Grazie, collega Bertola.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Segretaria Motta in qualità di Consigliera; ne ha facoltà.



MOTTA Angela

Grazie, Presidente.
Chiedo scusa, ma non pensavo toccasse già a me, altrimenti mi sarei fatta trovare al mio posto.
Intanto, grazie, Assessore, per la possibilità di discutere e di confrontarci in Aula su questa bozza di documento presentata in Giunta e che, come ha detto lei in questi giorni, è un documento aperto.
Di questo apprezziamo l'intento, perché credo possa essere un documento pienamente condivisibile. Sicuramente occorrerà, con il dibattito che si aprirà con i territori, capire quali potranno essere gli approfondimenti e le integrazioni che verranno dal territorio stesso, però crediamo che sia il metodo sia i contenuti possano essere una buona base di partenza.
Crediamo sia importante poter condividerne sia il merito sia il contenuto, perché l'assistenza territoriale ha rilevanza strategica e la sua riorganizzazione serve a rafforzare i legami tra ospedali e territorio.
Non vi è dubbio, infatti, che su questo tema si gioca la stessa sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale e, naturalmente, quello piemontese.
Su questo fronte è importante un percorso di attivazione delle aggregazioni funzionali territoriali, le cosiddette AFT, e delle unità complesse di cure primarie, proprio deputate ad erogare l'assistenza primaria, in un'ottica di complementarietà con le strutture ospedaliere e di accrescimento della capacità di presa in carica del cittadino assistito dal sistema sanitario.
Come lei ha detto, Assessore, in questa riorganizzazione i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta (e credo anche le farmacie) potranno e dovranno essere i protagonisti del territorio. Da questo punto di vista, quindi, il lavoro che verrà fatto con i medici di famiglia sarà un lavoro fondamentale. Sappiamo di alcune resistenze, ma credo sia giunto il tempo anche per loro di capire quali potranno essere le opportunità che questa riorganizzazione darà al loro lavoro.
L'altro protagonista importante, come diceva lei, Assessore, è il Distretto sanitario, che dovrà assicurare l'accesso ai servizi e alle prestazioni sanitarie e sociali ad elevata integrazione sanitaria, sia attraverso la valutazione dei bisogni e la definizione dei servizi necessari sia mediante l'erogazione di prestazioni e servizi di primo livello, o di base, quali l'assistenza specialistica ambulatoriale l'assistenza ad anziani e disabili, l'assistenza domiciliare integrata e l'assistenza e la cura della donna, dell'infanzia e della famiglia.
Non è quindi superfluo sottolineare come oggi al Distretto, che credo debba lavorare - come lei diceva e potrebbe essere una buona proposta - in coordinamento, o addirittura coincidere con i consorzi socio-assistenziali venga attribuito un ruolo strategico nell'attuale sistema assistenziale.
Pertanto, la proposta che le faccio è che anche i Direttori di Distretto vengano scelti tra alte competenze. Occorra scegliere figure come succede per i Direttori Generali: figure che siano veramente all'altezza di questo ruolo e delle nuove competenze assegnate ai distretti.
Infine, vorrei soffermarmi sul tema delle strutture complesse che saranno istituibili nel territorio. Non è certamente un tema nuovo: nella Giunta passata abbiamo incominciato a preparare e a parlare, come per la rete ospedaliera, anche dei piani di riorganizzazione territoriale.
Naturalmente, nella passata legislatura questi piani non sono stati approvati; oggi speriamo di poter completare questo sistema di riorganizzazione. Tuttavia, questo vuol dire che siamo già un po' preparati ad affrontare questo discorso.
Naturalmente, la parte più delicata che coinvolgerà i rappresentanti politici del territorio riguarderà il numero e i calcoli che verranno fatti sull'applicazione delle SOC territoriali, sia del territorio sia quella di prevenzione ed amministrativa.
I numeri non cambiano perché il calcolo per arrivare a questi numeri è lo stesso (mi sembra che non sia cambiato, se non sbaglio), perché qui i ragionamenti sono facili da fare. In più occorre applicare una regola di sovrazona per definire anche il numero complessivo, ma soprattutto ciò che vorrei chiedere è come incideranno le ASO sul computo complessivo con le ASL di riferimento. Forse per le ASL minori il numero di SOC complessivo sarà limitato, ma le formule sono le stesse. Faccio l'esempio dell'ASL di Asti, che avrebbe diritto, se non abbiamo sbagliato i calcoli, a 15 SOC, da cui dovrebbe essere sottratto un certo numero - ed è quello che noi invece non riusciamo a capire - per l'ASO di Alessandria.
A queste SOC presenti, quindi oltre a sopprimere quelle che sono doppie, se consideriamo l'area di sovrazona e riduciamo al massimo i Distretti, occorre prevedere la soppressione, per quello che ci riguarda di almeno quattro SOC, a cui si aggiungerà un numero di soppressioni corrispondenti alle SOC amministrative che saranno destinate all'ASO di riferimento.
Devo dire che la nostra ASL è già stata abbastanza attenta, da questo punto di vista, e abbiamo solo quattro SOC amministrative, quindi credo che un discorso di riduzione non porterà grossi cambiamenti, però, per arrivare ad una buona riduzione, la proposta che farei è che forse sarebbe opportuno escludendo la Città della Salute, su cui occorrerà fare un ragionamento a parte, ad opera dell'Assessorato - stabilire già adesso, in questa riorganizzazione, che per ogni Azienda, Ospedaliera o Territoriale che sia il numero massimo di SOC amministrative (tanto nel campo amministrativo le funzioni da svolgere sono uguali per tutti, casomai le Aziende più grosse avranno più personale da inserire) da utilizzare potrebbe essere quattro per tutti.
Questo anche perché forse dovremmo favorire le SOC di tipo sanitario che sono quelle essenziali ed importanti rispetto a quelle amministrative.
Per cui, se sulle SOC amministrative viene adottata una regola restrittiva ma uguale per tutti, forse anche questo potrebbe essere un messaggio utile per questa riorganizzazione.
Questa è una piccola proposta, ma se vogliamo dare un forte messaggio che, alla fine, la salute del cittadino è al centro della nostra riforma sarà anche più facile portare avanti questa riorganizzazione.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Allemano; ne ha facoltà.



ALLEMANO Paolo

Grazie, Presidente.
Grazie, Assessore, ma ritengo che lei non si lascerà sfuggire una grande occasione. Abbiamo l'opportunità - e sarebbe assolutamente sciocco non coglierla - di uscire dalla tecnicalità, che per certi versi ha caratterizzato la revisione della rete ospedaliera, centrata sui dati del Patto per la salute e su parametri che non potevamo non applicare. C'è un elemento di tecnicalità anche in questa riforma che lei ci ha presentato, e riguarda la rivisitazione delle strutture complesse. L'intervento che mi ha preceduto riguardava questi aspetti, ma credo che saranno prevalentemente tecnici; noi, ovviamente, ci fidiamo degli Uffici e della capacità di fare una spending review, perché è risaputo che una ridondanza di strutture complesse, soprattutto in ambito amministrativo, non ha certamente giovato alla salute pubblica.
L'occasione che vedo - e sono sicuro che coglieremo - è quella di fare un'operazione culturale. L'abbiamo appena approcciata parlando di sanità ospedaliera, insistendo sul fatto che facciamo un uso inappropriato della diagnostica, che abbiamo a che fare con la futilità della medicina, con una medicina difensiva, però siamo rimasti un po' alla denuncia.
Con la rivisitazione della sanità territoriale dobbiamo passare veramente ai contenuti, pensando ad una sanità di prossimità. Gli acronimi sono brutti: AFT, UCCP. Io preferisco pensare a dei luoghi fisici dove gli operatori della sanità e del welfare (infermieri, medici, assistenti sociali) lavorano insieme. Non è la Commissione che si riunisce ogni 20 giorni che risolve il problema del paziente: è il lavoro costante sulle 24 ore, giornaliero. La invito a considerare anche in quest'ambito il problema non marginale dei servizi di guardia medica e di continuità assistenziale che dovrà trovare un punto di raccordo.
Ma qual è lo scopo di questa operazione? Non è, ovviamente, fare violenza agli operatori, ma è fare in modo che possano essere vicini all'utente, che oggi ha una mole enorme di informazioni, ma non ha conoscenza, non sa come deve muoversi di fronte a certi problemi, che a volte sono improvvisi, a volte maturano nel corso di una vita, di abitudini e stili sbagliati, ma che non si risolvono con il fai da te, girando da uno studio all'altro o navigando nella rete. Si risolvono con qualcuno che ci guida, che ci aiuta a fare un percorso che fa sì che la nostra vita, la nostra impostazione ci porti ad essere un soggetto che vive in salute.
Noi questo lo dobbiamo assolutamente realizzare, perché parliamo spesso di sanità, ma non la mettiamo nella cornice degli enormi interrogativi che ci pone la contemporaneità, che ci pongono le tecnologie: il problema del fine vita, del limite che spesso non accettiamo, che siamo portati a superare al di là di qualsiasi ragionevolezza, il tema delle risorse limitate, che pone il problema dell'equità distributiva. Se noi spendiamo laddove possiamo farne a meno, è evidente che non ne abbiamo laddove invece, le risorse vanno assolutamente allocate.
Ho già parlato della futilità terapeutica e del consumismo: tutte questioni che, o rimangono denunce vuote, e ci parliamo addosso, o diventano veramente le linee guida della sanità territoriale. Prendiamo quest'occasione per fare in modo che i medici di base, soprattutto, ma anche tutte le altre figure che caratterizzano la sanità territoriale siano il luogo dove compiere quest'operazione culturale: o la portiamo avanti o saremo sempre a rincorrere la spesa storica, ma non arriveremo ai bisogni, così come sono posti nella società contemporanea.
Concludo citando i principi della bioetica, che dobbiamo trasferire in quest'operazione. Quando si parla di bioetica siamo portati a pensare all'eutanasia, a situazioni estreme. Non c'entra nulla: la bioetica, così come la vivono i medici, si basa sui principi di beneficialità (che vuol dire primum non nocere), di non maleficialità (il termine è un po' medioevale, però suona meglio), cioè non fare del male, di giustizia retributiva (se io spendo male dei soldi è di tutta evidenza che chi ne ha bisogno non ne avrà) e di rispetto dell'autonomia del paziente nell'individuare il suo percorso.
Facciamo in modo che questa riforma ci consenta di passare dalla mole di informazioni, che ci stordisce e ci porta a fare le scelte sbagliate nei momenti cruciali, alla conoscenza di cos'è la salute e di quali sono le cose da fare, nei momenti critici della nostra esistenza. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Appiano.



APPIANO Andrea

Grazie, Presidente.
E' ben evidente che quella che stiamo per affrontare è una vera sfida anzi la vera sfida di riforma della salute dei cittadini e del modo di trattare, concepire e analizzare il tema della salute dei cittadini. In molti territori, negli anni scorsi, rispondendo anche a degli indirizzi regionali, sono stati sperimentati dei percorsi, definiti in allora PEPS: i profili di salute, con il piano consequenziale. Uno dei dati che emergeva ed emerge chiaramente è che, tra i vari determinanti della salute l'aspetto sanitario incide per il 10%.
La sanità, che venga estrapolata, estraniata da tutto ciò che è politiche sociali, programmazione di scelte di vita nei vari territori, è una sanità che non riesce a capitalizzare e ottenere il massimo dei risultati. Ed è una sfida, perché si parte da una condizione molto complessa: quella per cui tantissimi cittadini si trovano costretti a recarsi nei pronto soccorso, inflazionati - come giustamente viene detto da codici bianchi e codici verdi, per la semplice ragione che altrove non trovano alcuna porta aperta, alcuna soluzione, al netto di alcune sperimentazioni spesso nate spontaneamente, di organizzazioni di cure primarie che, qua e là per la regione, anche negli anni scorsi e nel periodo attuale stiamo vivendo ed osservando.
Certamente, un Distretto omogeneo, un Distretto dalle dimensioni ottimali deve essere il punto di riferimento dove meditare e programmare il profilo e il piano di salute del territorio. E' evidente che l'offerta di salute deve avere dei caratteri di omogeneità su tutto il territorio regionale. Pertanto, se è vero che, dal punto di vista dimensionale, nelle Aree metropolitane è immaginabile un Distretto più grande rispetto ad aree non metropolitane, dove il Distretto necessariamente deve essere più piccolo, è altresì vero che l'offerta di servizio, cioè un'AFT o un UCCP cioè cosa sono le varie offerte e organizzazioni, deve rispondere ai medesimi parametri e caratteristiche ovunque questi servizi vengano allocati. Si evita così il rischio - citato dalla collega Motta nel suo intervento - che a dirigere i Distretti vengano scelte persone non adeguate, senza il profilo necessario a cogliere il senso di questa sfida o che il Distretto diventi una struttura eccessivamente verticistica.
Occorre, cioè, strutturare in modo permanente e normale il raffronto tra parte sociale (enti gestori, Enti locali, Comuni) e parte sanitaria finanche il terzo settore, che alla scommessa della salute dei cittadini deve essere chiamato a far parte, nell'ambito di un progetto condiviso.
Venendo, nello specifico, al documento che adesso è in bozza e che c'è stato illustrato, emergono due grandi strutture: l'AFT (l'Aggregazione Funzionale Territoriale) e l'Unità Complessa delle Cure Primarie.
Probabilmente, nel corso di questi incontri e di questa concertazione, del dibattito che da oggi parte anche con la parte consiliare (quindi con i Consiglieri), occorre definire meglio le caratteristiche, i profili degli operatori, il numero di operatori che devono operare per ogni AFT e UCCP.
Non sarebbe male davvero arrivare a codificare un'apertura minima garantita e magari, nei singoli Distretti, soprattutto in quelli più grandi, riuscire a individuare un'AFT capofila che abbia la massima apertura possibile, che potrebbe essere gestita, durante il giorno, dai medici di medicina generale e, durante la notte, garantita dai medici della guardia medica, che faccia un po' anche da cardine rispetto ad altre AFT magari più piccole, in cui non è possibile garantire un'apertura così ampia.
Il cittadino cioè, per tutto ciò che attiene a situazioni di non estrema patologia, deve trovare nel luogo più vicino possibile al proprio domicilio una prima risposta, senza doversi recare necessariamente al pronto soccorso, con tutti i problemi che ben conosciamo e che sono stati ripresi dall'Assessore.
Da questo punto di vista, anche i fondi regionali, che già oggi vengono impiegati per finanziare o agevolare delle forme associative dei medici di medicina generale, più che essere concessi a progetti qualsiasi dovrebbero essere meglio indirizzati rispetto ad obiettivi precisi e condivisi, quale potrebbe essere quello che citavo prima, sapendo benissimo che diventa improcrastinabile la gestione di una cartella medica condivisa, perch altrimenti, se ogni medico continua ad operare come fosse un singolo, tutto questo progetto non può raggiungere tutte le proprie potenzialità.
Qualche perplessità o necessità di approfondimento potremmo dedicarla a quel punto del documento che ci è stato illustrato in cui si parla di centralizzazione h24 per quadranti delle chiamate per visite non urgenti non nel senso che non sia necessario avere una sede fisica che riceva tutte le chiamate con un numero unificato, ma nel senso che poi questo centro che raccoglie le chiamate dovrebbe essere funzionalmente collegato magari con quella FT caposaldo di ogni Distretto, in modo da avvicinare il prima possibile e il più possibile la chiamata alla risposta che si possa dare in un luogo fisico.
Le UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie), oltre a fornire visite specialistiche ad accesso diretto su prescrizione di medici di famiglia dovrebbero fornire anche un supporto specialistico agli ambulatori della cronicità che potrebbero essere allocati nelle aggregazioni funzionali territoriali.
Da ultimo - non potrebbe che essere così, perché il piano parla di sanità territoriale - tra l'ospedale, che è oggetto di altra deliberazione e la sanità organizzata per territorio, potrebbero e dovrebbero trovare luogo, posto e quindi una sede deliberativa in cui codificarne i profili quelle strutture, magari ex ospedali, che potrebbero fungere da filtro incisivo ancora di più rispetto all'accesso inappropriato ai DEA.
Nella delibera mancano riferimenti alle continuità assistenziali a valenza sanitaria e mancano riferimenti ai cosiddetti punti di primo intervento, che pur sono stati abbozzati qua e là per il territorio. Nella vallata in cui vivo, per esempio, un ex sede ospedaliera per anni è in discussione, in predicato di essere una di queste due situazioni, uno di questi due presidi, soprattutto presidio di primo intervento che spesso pu essere una soluzione, soprattutto laddove la geografia e l'orografia del territorio allontana molto il cittadino o la persona necessitante di interventi e di cure rispetto al presidio ospedaliero più vicino.
Quindi noi ci siamo, siamo pronti a cogliere questa scommessa e a dare il nostro contributo per arricchire la proposta di documento che poi verrà approvata in seconda battuta. Solo se riusciremo a costruire una vera cornice omogenea per tutto il territorio dell'offerta di salute e non solo sanitaria riusciremo davvero a dare una svolta alla sanità piemontese e in generale alla salute per i nostri cittadini. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Alcuni colleghi facevano riferimento al fatto che oggi iniziamo la discussione relativamente alla ridefinizione della rete territoriale.
Sostanzialmente la cominciamo non certo per volontà della Giunta, ma su richiesta dei Gruppi di opposizione: questo, per carità, può accadere, non è la prima né sarà l'ultima volta. Vi è solo un aspetto che, in qualche modo, viene ripetuto: il documento che io da alcuni giorni ho avuto modo di leggere è la bozza del 7 aprile che qualche giorno successivo è stata trasmessa a tutti, cioè è stata trasmessa alle organizzazioni sindacali agli ordini professionali, a tutta una serie di stakeholder che nella delibera vengono citati per predisporre un documento noto a tutti, salvo ai Consiglieri regionali. Per carità, è un dettaglio, vista la modalità con cui abbiamo iniziato la discussione assolutamente irrituale e della quale credo che la Presidenza del Consiglio di quest'Aula dovrebbe anche farsi carico.
Se sommiamo la delibera 1-600 a questa delibera, col suo allegato che abbiamo avuto modo di leggere, si tratta a tutti gli effetti di un Piano Socio Sanitario; in sostanza, con due atti prima abbiamo, non discusso, ma letto una delibera di revisione della rete ospedaliera e oggi leggiamo la delibera non di riordino, ma di organizzazione della rete territoriale.
Com'è noto al Presidente del Consiglio regionale, gli atti di programmazione sono atti di competenza del Consiglio regionale. Al Presidente evidentemente è sfuggito, ma noi ci teniamo a farlo presente. Lo faremo presente anche alla Commissione che si occupa di questo e agli Uffici, perché crediamo che vi sia la necessità di tutelare le prerogative che lo Statuto e la legge definiscono rispetto agli atti. Allora l'atto non di revisione, ma l'atto dell'istituzione della rete territoriale, che rispetto al 2013 cita tutta una serie di dati interessanti relativamente ai ricoveri totali, in urgenza, in pronto soccorso, riguardo ai codici bianchi, è certamente un atto di programmazione.
Ma al di là dei soggetti a cui compete - questo tema non affascina perché è semplicemente un tema di rispetto della legge e molto spesso il rispetto della legge è una cosa che interessa poco, se non ha una "pruderia" che in qualche modo riguardi dei singoli colleghi o delle singole persone - vi è un aspetto che è sostanziale, oltre al rispetto della legge: che, di nuovo, i colleghi della IV Commissione e il nostro Gruppo consiliare, nella fattispecie (perché ovviamente non rappresentiamo altri), arrivano buoni ultimi in una discussione che si è tenuta fra amministratori locali, fra ordini professionali, fra professioni sanitarie fra organizzazioni sindacali e buon ultimo, per gentilezza dovuta, oggi ne discute il Consiglio regionale, non la IV Commissione.
Lo dico anche al Presidente della IV Commissione che, poverino, non ha grandi responsabilità, nel senso che la IV Commissione oggi ha una priorità che io comprendo, perché la Giunta detta le priorità - che è quella dell'approvazione della legge sul Gradenigo, che anche quando chiede i dati gli vengono forniti con tardività e in modo parziale, quindi insomma fa il lavoro che fa, ovviamente essendo un collega della maggioranza e quindi non spingendosi troppo oltre a quella che dovrebbe essere la tutela, se non quella formale e in parte o qualche volta sostanziale, dei colleghi.
Detto ciò, che però a noi pare la parte più importante, perch discutere oggi della rete ci sembra una cosa importante, in teoria, noi avremmo dovuto leggere un documento di una quindicina di pagine in qualcosa come 15 minuti, quindi in teoria non dovremmo conoscerlo salvo una breve scorsa. Ma vi è tutta una serie di punti da qualificare in termini di sostanza della delibera e di sostanza delle risorse, ed è soprattutto il secondo tema quello che a noi è più caro, perché vi devo dire che io la delibera l'ho letta (o la bozza almeno, poi vi saranno delle modifiche): una parte significativa della delibera è condivisibile, non fosse altro perché riprende, come la delibera cita, degli accordi che sono intervenuti fra lo Stato o le Regioni o parti di intese che già la precedente Amministrazione in qualche modo fece anche sulla sua articolazione territoriale.
Rammento le vicende in relazione al Piano socio-sanitario (perch questo ente ha ancora un Piano Socio Sanitario, ancorché scaduto il 31/12/2014), quando si diceva: "Come, per sei anni siete stati senza Piano Socio Sanitario, è la modalità di fare programmazione!". Quel Piano Socio Sanitario ha una parte che riguarda l'assistenza domiciliare perché questo Consiglio regionale, nell'VIII Legislatura, ha provveduto a redigere un'ottima legge, la n. 10/2010, sull'assistenza domiciliare, che viene citata ed è parte integrante del Piano. Poi, che nella precedente legislatura ci si sia occupati maggiormente di far quadrare i conti piuttosto che della medicina ospedaliera, che è quella che costa di più, o della rete territoriale, questo è un dato di fatto.
Vi è l'ultimo aspetto, quello delle risorse. Invito i colleghi di maggioranza a leggere le voci del bilancio che da oggi pomeriggio inizieremo ad affrontare sul tema della sanità. E' assolutamente evidente che l'indicazione che l'Assessore Saitta ha dato, cioè "tagliamo con la DGR 1-600, perché dobbiamo recuperare circa 150 milioni di euro di nuove risorse da investire sull'edilizia sanitaria, sull'informatizzazione e sulla rete territoriale", è un aspetto che riguarderà il 2016-2017. Nel senso che per quanto riguarda l'edilizia sanitaria c'è una riduzione addirittura rispetto alle risorse dell'anno passato e la prevenzione ha una riduzione di più di due milioni di euro; oggi, tutta una serie di attività sono a "zero". Credo che verranno modificate, ma faccio un esempio che non è proprio nelle corde del partito che rappresento, o per lo meno mie personali: il sostegno ai cittadini extracomunitari clandestini, che aveva un finanziamento di 1 milione e 400 mila euro, oggi, nel bilancio è a zero questa dovrebbe essere una denuncia che fa un collega del centrosinistra! Richiamo il tema legato alle tossicodipendenze: oggi è a "zero"; così come è a "zero" il tema legato alle mutilazioni genitali. Anche il tema legato alla prevenzione oggi è a "zero". Cioè, un conto è fare campagna elettorale - è finita, magari ricomincia, ma quando ricomincerà la faremo e un conto è fare amministrazione. E quando si fa amministrazione le parole sono una cosa meravigliosa, ma, se non sono sostenute da risorse, sono chiacchiere.
Allora, il tema di cui noi oggi discutiamo rischia, qualora non vi sia un bilancio che sostenga l'ipotesi di rete, di trasformarsi in delibera. E il fatto che diventerà delibera della Giunta regionale significa che si compie un'operazione per la quale si dice che "per accelerare i tempi perché siamo in ritardo, ne facciamo una delibera della Giunta regionale perché il Consiglio ha tempi lunghissimi". E' meraviglioso, peccato che dal momento in cui verrà assunta la delibera al momento in cui si effettueranno le prime azioni "di restituzione", tra virgolette, al territorio di risorse, cioè quel 51% di risorse che dovrebbero garantire la medicina territoriale, passerà un anno/un anno e mezzo.
Io, per esempio, attendo un lavoro importante realizzato dall'Assessore Ferrari, cioè coinvolgere tutti i territori nella scrittura del patto per il sociale. E' un bel lavoro, ho letto alcuni verbali interessanti.
Dopodiché, se devo verificare quanto è emerso dagli incontri che l'Assessore ha fatto con le risorse che oggi troviamo a bilancio, diventa difficile capire, al di là del lavoro di ascolto, che è fondamentale per la Giunta regionale, in quanto, solitamente, c'è poi un lavoro di restituzione. Anche da quel punto di vista, sulla parte socio-assistenziale (perché la rete consta di due parti) e sulla parte sanitaria, mi sfuggono quali siano gli investimenti.
Allora, diciamo chiaramente ai piemontesi che, in questo momento, noi produciamo una riduzione di servizi in termini di offerta di salute ospedaliera.



(Il Presidente ricorda al Consigliere che il tempo a disposizione è terminato)



VIGNALE Gian Luca

Ho finito.
Aspettiamo di avere risorse disponibili per fare ciò che vi siete prefissi di fare e, tra un anno/un anno e mezzo, quando le risorse saranno disponibili, cominceremo a fare più medicina e assistenza domiciliare, con le sigle che volete. Anch'io preferisco "medicina di prossimità" piuttosto che le sigle che il Patto per la salute, agli articoli 4 e 5, individua però il dato è questo.
Dopodiché - è evidente che noi siamo molto più legati ad una dinamica comunicativa - abbiamo letto sul principale quotidiano cittadino e regionale di due settimane fa il Piano, che, ovviamente, l'Assessore Saitta prima ha comunicato - legittimamente o meno - ai giornali. Per cui, noi dalla stampa abbiamo letto la bozza - che poi abbiamo avuto modo di avere non dalla Giunta regionale - che, poi, successivamente - oggi - è stata trasmessa e comunicata.
L'aspetto di comunicazione oggi pare essere ciò che interessa maggiormente. Poi, visto che i cittadini non vivono di comunicazione, ma soprattutto, in termini di sanità, vivono di erogazione di servizi, credo che quando finirete la campagna elettorale e inizierete ad occuparvi per davvero dei problemi della nostra regione non sarà mai troppo tardi.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Consigliere Monaco.



MONACO Alfredo

Grazie, Presidente.
Finora abbiamo ascoltato una serie di interventi tutti auspicabili l'ultimo in particolare, in termini di quelli che sono alcuni aspetti procedurali e formali, ma credo che poi le conclusioni vadano tratte e fatte dall'Assessore. Però, sul piano procedurale, in questa fase, mi piacerebbe, da parte mia e del mio Gruppo, porre l'attenzione sull'apprezzamento per il lavoro che sta svolgendo l'Assessore, che è venuto oggi in Aula a raccontarci le linee guida sulle quali si sta muovendo un lavoro che è particolarmente complesso, oserei dire che è persino più complesso di quello che è stata ed è la formulazione della delibera n. 1-600 e la successiva che la modificava, che riguarda il riordino della rete ospedaliera.
E' più complesso perché sull'attività territoriale c'è una scommessa molto forte, quella di riportare il nodo centrale della sanità e sulla quale ci sono, in realtà, dei temi che diventano scogli enormi e difficili da superare, che vanno affrontati. Ringrazio l'Assessore anche per l'umiltà con la quale è venuto a dire quali sono le linee guida, per la disponibilità e l'apertura rispetto a tutti i soggetti interessati, il Consiglio in primis, a dare un contributo.
E' evidente che non è una linea guida o un indirizzo bloccato, ma è una linea di indirizzo, è una traccia sulla quale l'Assessore con grande impegno, peraltro con grande puntualità e precisione, è venuto (ci aveva detto che avrebbe portato una linea guida a questo Consiglio sul percorso territoriale).
Le dico la verità, ero anche un po' scettico sul fatto che si riuscisse in così poco tempo a tracciare una linea di indirizzo, perch oggettivamente, il tema è annoso, spinoso e complicato. Ci sono sovrapposizioni anche difficili di competenze professionali; ci sono responsabilità che molto spesso inducono a una medicina difensiva e ci sono delle lacune. Parlo di lacune che, ovviamente, non sono di marca regionale ma vengono da lontano, che, purtroppo, hanno instaurato, secondo me ridondanze pericolosissime, cioè quella di innescare nella medicina territoriale, fatta eccezione per i medici di medicina generale di famiglia, delle figure professionali spesso molto acerbe a contatto con quello che è il primo impatto della patologia o della presentazione di un problema, che espone a connessioni di non sicurezza garantita, cosa che invece è stato un faro per l'Assessorato e per l'Assessore già quando ci ha presentato la delibera n. 1-600. Credo che l'indirizzo generale di sanità dovrebbe essere improntato - è la mia impressione - sul tema della sicurezza, che dev'essere una sicurezza non soltanto in termini di marketing pubblicitario, ma una sicurezza vera.
Traduco: quando noi andiamo presso organizzazioni, attività, ambulatori a porre delle tematiche, ci troviamo di fronte a figure professionali ancora in erba (quindi ancora da definirsi completamente) e nemmeno, molto spesso, con titoli giuridici equiparabili a quelli dell'ammissione negli ospedali (quindi con delle specialità vere e proprie). E credo che l'utente abbia l'impressione di ricevere un servizio che dovrebbe essere di pari qualità - o, almeno, in termini di sicurezza, di pari sicurezza - rispetto ad altre strutture e invece si innesca un meccanismo che rischia di essere vizioso, cioè quello del trincerarsi, da parte del presidio, dietro l'impossibilità di erogare dei servizi di alta qualità o di rispondere al quesito in termini diagnostici, perché mancano le strumentazioni diagnostiche che sono invece appannaggio di strutture più alte o di più elevata complessità. Questo, quindi, è un tema che secondo me sulla medicina territoriale imporrà delle riflessioni importanti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, ma non sono certo che la Regione Piemonte sia capace di dipanare queste tematiche sul tappeto.
Ho sentito parlare dei PPI, che sono stati un'esperienza in alcuni casi estremamente importante, però cassati, di fatto, dal Patto per la salute ma che in realtà hanno indotto molto spesso delle condizioni di pericolo insito. Finché si tratta di chiarire con certezza che si tratta degli ambulatori dove si danno delle risposte a problematiche medio-piccole infatti, questi hanno un senso; ma troppo spesso alla popolazione è stato presentato - almeno nella storia recente di quando furono presentati i PPI un quadro per il quale questi presidi sono ancora nominati come una sorta di Pronto soccorso. La gente, quindi, ha la percezione di avere una struttura sanitaria, mentre si tratta di ambulatori: scatole vuote con dei medici e dei professionisti che si trovano in difficoltà e in trincea, ma che non sono in alcun modo equiparabili né agli Spoke né agli Hub né, in ogni caso, al pronto soccorso.
Sul territorio si innestano tre figure, che peraltro molto spesso fanno un gioco, ad oggi, ad alto costo: la medicina di famiglia, la cosiddetta guardia medica e queste strutture ex-ospedaliere o para-ospedaliere (non so nemmeno oggi come definirle, se volessi semplificare) e il servizio di emergenza 118. Guarda caso, tutte e tre vanno ad inserirsi molto spesso sullo stesso soggetto e alla fine, nell'imbuto, ad oggi vanno a "scaricare" sull'ospedale.
Definire quindi dei percorsi che facciano da reale filtro prima di portare all'ospedale, dando delle risposte garantite e di sicurezza ai territori e ai cittadini, è un compito decisamente arduo e complesso, ma al quale mi sembra che quantomeno ci si stia, con puntualità e impegno mettendo mano.
Non mi sfugge, non mi è sfuggito e su questo terreno sono ben disponibile ad aiutare l'Assessorato, che ho visto nel suo intervento aver lanciato un piccolo messaggio, quando ha verificato con grande attenzione a proposito della rete organizzativa del territorio (ma io ribalto il concetto anche sugli ospedali, perché non mi dispiacerebbe rivalutarlo anche su quel tema), la presenza dei dipartimenti e delle strutture interdipartimentali, sovradipartimentali, iperdipartimentali.
Se da un lato abbiamo deciso e si è convenuto che - ahimè - le carriere professionali dei medici debbano essere purtroppo limitate alle corsie codificate dalla legge, limitando il numero delle strutture complesse inviterei l'Assessorato a fare meno strutture complesse possibili, anche sui territori: quando molto spesso c'è il medico di medicina generale che deve occuparsi di una serie di cose e poi si mettono sul territorio, nel Distretto, dei primari, rischiamo di fare delle strutture ridondanti e delle sovrapposizioni anche in termini di pariteticità.
Andiamo a verificare le strutture complesse e rendiamo la struttura amministrativa di supporto più leggera possibile, liberando risorse che possiamo probabilmente investire in sanità. Sappiamo di non avere soldi oggi, da indirizzare bene nell'investimento vero e proprio, ma mi sembra si stia lavorando nella direzione di sbloccare risorse per l'anno prossimo.
Chissà che quest'ipotesi possa essere ulteriormente foriera di risorse aggiuntive che possono venir fuori, liberandole dalle strutture amministrative; non perché sono troppi gli impiegati, ma perché sono troppe e ridondanti le forme organizzative messe in piedi a supporto; non è che gli impiegati stiano a far niente: stanno a far troppo, ma non si capisce bene se quel "troppo" poi serve. Esattamente come non sono servite delle strutture complesse, probabilmente ne serviranno meno anche in quest'ambito: che sia un supporto vero e non una ridondanza.
Vedo malissimo i dipartimenti, nel senso che ho visto che negli anni sono stati reintepretati rispetto al valore che aveva dato loro la legge nella storia. In realtà, molti li hanno interpretati come l'intenzione di una sorta di super-primariati; e poi c'è il super-primario dell'interdipartimentale: ognuno pensa di essere il Santo, Gesù, Maria e così via nella scala gerarchica paradisiaca della gestione. Io invece immagino - e così voleva rappresentare la legge - che i dipartimenti siano un elemento di armonizzazione di risorse e un modo per avere un'interfaccia con le Aziende, attraverso degli interlocutori semplificati rispetto a delle aree funzionali che andavano verso il superamento.
Ecco, questo è un tema che può essere superabile. Al di là di quelli previsti - e non so se imposti - dalla legge, i dipartimenti si possono fare; e non si "debbono" necessariamente fare. Ce ne sono solo due o tre forse, obbligatori per legge: il materno-infantile, lo psichiatrico e forse un altro. Per gli altri potrei suggerire all'Assessore di ipotizzare un percorso che possa vedere una sorta di area funzionale che cooperi insieme dove, esattamente come si fa in grandi istituzioni - guardiamo a quelle europee -, semestralmente un coordinatore lavori di concerto nell'area funzionale. Sarebbe un primus inter pares, ma sarebbe un portavoce: un coordinatore in senso stretto, semestralmente nominato a rotazione quando si insediano la nuova ASL, i dipartimenti e così via. Elimineremmo un dispendio di risorse: un Capodipartimento oggi si porta a casa 50.000 euro l'anno lordi, oltre all'onere per tutte le funzioni che già svolge. Se togliamo il dipartimento, si libererebbero ulteriori fondi.
Come ultima cosa, sempre visto che parliamo del territorio, lei sa benissimo, Assessore, qual è il mio convincimento. Io credo - e stiamo facendo una richiesta di accesso agli atti, in seguito alla quale purtroppo ritardiamo ad avere dei dati - che un tema al quale sicuramente bisognerà mettere mano è la gestione del sistema 118 e in particolare di quello notturno, che oggi è simulato, pagato a gettoni e quindi ad altissimo costo, mentre in realtà il volo notturno non si può nemmeno fare per disposizione di legge.
Grazie, Assessore.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'Istituto Turistico "T. Doria" di Ciriè


PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Monaco.
Approfitto per salutare gli alunni dell'Istituto Turistico "Tommaso Doria" di Ciriè: buongiorno e benvenuti per la vostra visita a Palazzo.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Rete assistenza territoriale - i principi per la definizione degli assetti organizzativi delle ASL" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni della Giunta, per la quale ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Non posso che iniziare anch'io il mio intervento con una premessa di metodo sulla discussione in essere oggi. Ha ricordato bene il nostro Capogruppo che questa discussione origina dal mancato invio della documentazione ai Consiglieri. Com'è già stato detto, la bozza di delibera era già stata inviata sicuramente agli organi di stampa - che, in effetti ne avevano già pubblicato le linee guida giorni addietro - e ai principali sindacati, ma non alle forze politiche e, in particolare, a quelle di opposizione.
Ovviamente sono stati convocati - lo sappiamo - dei tavoli con le Amministrazioni locali e segnatamente con i Sindaci, che sono appunto i responsabili della politica sanitaria territoriale nei Distretti, ma naturalmente senza i Consiglieri regionali di opposizione e, più in generale, le forze politiche.
Quindi, chiediamo una volta di più (anche per la presenza del Presidente Chiamparino) di dare giusto rispetto a quello che è Consiglio regionale, l'Istituzione che deve dare indirizzo e controllo alla Giunta che ha il potere esecutivo. Questo è fondamentale.
Ribadisco, noi non sminuiremo ancora di più l'attività e le funzioni del Consiglio regionale, ma ovviamente alzeremo i toni del dibattito, se non anche dello scontro, perché se questa è la volontà della Giunta, è ovvio che ci arriveremo. Ribadisco, Presidente Chiamparino e Assessore Saitta, che state percorrendo un percorso quantomeno sdrucciolevole. Sapete benissimo che a maggio ci sarà il pronunciamento del TAR in merito ai vari ricorsi sulla deliberazione della Giunta regionale n. 1-600 e modifica n. 1 924, tra cui quello presentato dal Gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle. Cosa dice il nostro ricorso, come in parte alcuni altri ricorsi che vanno ancora di più nello specifico? Che viene violata una norma di legge chiara, precisa ed evidente, cioè che la programmazione sanitaria spetta all'Assemblea regionale, al Consiglio regionale e non alla Giunta. E' una funzione chiara, data dalla Costituzione e dalle leggi nazionali, a partire dalla 502.
Quindi, è evidente che, nel momento in cui voi fate una revisione della rete ospedaliera con una deliberazione di Giunta, una revisione della rete territoriale con una deliberazione di Giunta, un Piano della prevenzione (tra l'altro soltanto uno "scopiazzamento" del Piano della prevenzione nazionale), voi avrete fatto il Piano Socio Sanitario 2015-2018, bypassando il Consiglio regionale. Ve la volete cantare e suonare da soli! Legittimamente, una Giunta fa le sue scelte e prende le sue posizioni, ma non pensate che le opposizioni saranno ferme a guardare voi che svuotate di senso ulteriormente quelle che sono le competenze dell'Assemblea regionale.



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Bono. Giusto per capire, perché magari c'è qualche errore da parte anche del Consiglio, questa è una bozza, poi l'atto deve essere approvato in Consiglio regionale. Mi chiedo quali siano i suoi dubbi.
Lo dico nell'interesse di tutti i colleghi.



BONO Davide

Presidente, forse non è stato attento.
L'Assessore Saitta ha detto che verrà approvato con deliberazione di Giunta regionale. Se non ha detto così, chiedo umilmente venia e mi correggerò.



PRESIDENTE

E' una bozza.



BONO Davide

Ma l'Assessore ha parlato di deliberazione di Giunta regionale, ripeto deliberazione di Giunta regionale, cioè che non passa dal Consiglio regionale.
Comunque se può non interrompermi, anche perché è abbastanza irrituale...



PRESIDENTE

Pensavo di fare una gentilezza. Prego, continui con il suo intervento.



(Commenti del Consigliere Vignale)



PRESIDENTE

Consigliere Vignale, sta parlando il Consigliere Bono. Non può parlare perché sta intervenendo ed ha interrotto anche me perché non potevo interromperla. Pensavo di farle una gentilezza. Prego.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Dicevo che a noi risulta che si voglia procedere con una deliberazione di Giunta, esattamente come la revisione della rete ospedaliera che non passa dal Consiglio regionale se non per magnanimità, come hanno dimostrato i colleghi di maggioranza dell'Assessore Saitta, che hanno ringraziato l'Assessore Saitta per averci fatto un "regalo" venendo ad illustrare la deliberazione di Giunta regionale, umilmente, anche a noi Consiglieri della Regione Piemonte.
Se così fosse, stavo dicendo, il Piano Socio Sanitario verrà attuato con deliberazione di Giunta. Faremo sentire le nostre ragioni al TAR a maggio.
Se dovesse presentarsi una deliberazione di Giunta regionale anche su questo tema vi annunciamo, forse senza grande sorpresa tra gli auditori che faremo ricorso al TAR anche su questa deliberazione: uomini avvisati non dico mezzi salvati, ma più o meno.
Andando sullo specifico della bozza di deliberazione, potrei dire, come hanno detto anche alcuni colleghi che mi hanno preceduto, ma lo ha detto anche un po' l'Assessore Saitta, sono delle linee di indirizzo, delle linee di intenti, vagamente programmatica, ma in un programma ci deve essere come ha detto il mio Capogruppo, anche la cronologia dell'attuazione dei punti programmatici, altrimenti di nuovo sarà unicamente una vaga e generale dichiarazione d'intenti.
In effetti, abbiamo una serie di linee guida prese dalla legge Balduzzi e dal Piano della salute, concordate con le maggiori organizzazioni sindacali della medicina del territorio, ma non sappiamo esattamente come si realizzerà, quando si realizzerà, con quali risorse si realizzerà e dove si realizzerà.
Le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali di medicina generale) e le UCCP, Unità Complesse di Cure Primarie, multiprofessionali, cioè con anche specialisti, infermieri e amministrativi, sono un dato di fatto, perch sono previste dalla legge Balduzzi, ma il dato fondamentale è come si applica! Assessore, vorremmo sapere questo da lei e non che riporti la legge Balduzzi sul Patto della salute. Quello lo abbiamo letto, l'abbiamo studiato e lo conosciamo, non posso citare a memoria gli articoli, ma il senso lo conosciamo. Quindi, come lo si realizza? Con quali risorse? Giustamente, come è stato detto, abbiamo chiuso l'ultimo anno di bilancio con l'azzeramento degli accantonamenti per l'edilizia sanitaria, i famosi 160 milioni di euro; nel bilancio previsionale del 2015 è prevista al cifra risibile di tre milioni di euro per l'edilizia sanitaria al netto dei fondi FSC, perché forse, con l'ultima manovra che avete fatto, adesso saranno disponibili per l'edilizia sanitaria, ma vedremo come saranno utilizzati. Quindi, siamo veramente in difficoltà a pensare che vi siano risorse economiche liberate per attuare la riforma territoriale.
Ancora più in difficoltà siamo quando pensiamo alle risorse umane, al personale relativamente alla riforma sanitaria. Nella bozza dite che con la riduzione delle strutture complesse si libereranno medici, infermieri operatori socio-sanitari, ma anche qui dovrete spiegarci come! Nella delibera 1-600 avete detto che i posti letto verranno ridotti tramite soppressione delle strutture complesse, ma verrà aumentata l'occupazione dei posti letto rimanenti. Cioè, se voi riducete i posti letto domani non è che non ci saranno più persone che verranno ricoverate con l'infarto, con patologie di vario tipo per interventi chirurgici, eccetera. Questi continueranno ad esserci! Quindi il personale sarà comunque necessario spalmato su più ore, su più giorni, quindi, come ho detto, con una maggiore occupazione dei posti letto.
Tra l'altro, il personale è "alla frutta" già oggi! Nel senso che non si riesce a coprire numericamente i turni e lo sappiamo bene: tutti chiedono lo sblocco del turnover, le assunzioni! Quindi, da una parte dobbiamo mantenere il sistema ospedaliero dall'altra volete investire sul sistema territoriale.
Ho la netta sensazione che a livello nazionale e, a cascata, a livello regionale si sia invertito il percorso. Cioè, le Regioni dovevano prima investire sul territorio; a quel punto si sgravavano i pronto soccorso dai codici bianchi, dai codici verdi, dagli accessi impropri, dai ricoveri di sollievo, eccetera e solo a quel punto si potevano ridurre i posti letto negli ospedali.
Penso che ci dovrebbe essere qualcuno, a livello di Conferenza Stato Regioni, a livello nazionale, che dicesse che non possiamo invertire la logica delle cose, perché così ci hanno detto a Roma. Questo avviene forse perché a Roma non si occupano più tanto di sanità territoriale, ma solo di massimi sistemi e di annunci su twitter.
Questo è il tema che veramente ci preoccupa.
Sarebbe importante capire anche come si pensa di calare i medici di medicina generale nelle varie realtà territoriali. Perché se a Torino città è facile pensare di fare le AFT e gli UCCP, basta prendere un qualunque poliambulatorio già dislocato a Torino, si mettono i medici di medicina generale e più o meno si risolve la questione. Più difficile è sulle aree marginali del Piemonte: immaginate una valle alpina. Sappiamo benissimo che la medicina di gruppo non va oltre il 30%, perché è ovvio che se tutti i medici di medicina generale si uniscono in un unico poliambulatorio, in un unico Comune, resta sguarnito il resto della valle. In questo caso si pu fare medicina di rete e non di gruppo, quindi, l'AFT dovrà essere in rete e non fisicamente nello stesso posto. Queste difficoltà esistono! Inoltre, nel documento voi parlate anche di possibilità di visite specialistiche negli ospedali a tempo zero. Spiegateci come, perché ad oggi l'attesa per chiunque prenoti una visita specialistica di qualunque tipo se gli va bene, va dai trenta giorni all'anno e mezzo. Come pensate di fare le visite a tempo zero se non con la crocettatura sulle ricette dell'urgenza, la U di urgenza, che già oggi è a disposizione dei medici di medicina generale? Non si sa, se non aumentando il numero dei medici.
Inoltre, come fare sì che i medici ambulatoriali, specialistici, cosiddetti "sumaisti", facciano rete nelle UCCP? Tutte queste cose restano totalmente senza risposta.
Chiudo dicendo che il grande tema è anche quell'informatizzazione sanitaria. Qualcuno l'ha accennato, quindi non rivoltiamo anche qui l'ordine delle cose: prima ci deve essere la cartella unica - il fascicolo sanitario elettronico - e poi i medici potranno essere messi in rete automaticamente.
Se avverrà l'opposto, se obbligherete e costringerete i medici a mettersi in rete senza avere uno strumento informatico che permetta di essere in rete realmente con l'ospedale, con il pronto soccorso e con le varie strutture, sarà un ulteriore fallimento e ne pagheremo le conseguenze per i prossimi anni.



PRESIDENTE

Vorrei fare una precisazione per i colleghi e per l'Aula.
Il documento, secondo quello che ha esternato l'Assessore, è un atto attuativo dei principi già approvati nel vecchio Piano. Nella bozza, nel documento, è citato il vecchio Piano.
L'Assessore dice: nello sviluppo dei ragionamenti, qualora si dovesse allargare il raggio di operatività, è certo che verrà in Aula. Sarò io stesso a porre la questione.
Tanto dovevo per precisazione.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Batzella; ne ha facoltà.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
Ancora una volta siamo in Aula ad assistere al solito teatrino che abbiamo già vissuto in occasione della delibera di Giunta 1-600 e l'integrazione n. 1-924 del riordino della rete ospedaliera.
Come già detto dal Consigliere Bono, sarebbe stato più utile e opportuno prima realizzare un riordino della rete territoriale dell'assistenza territoriale, in seguito pensare di realizzare un riordino della rete ospedaliera. In realtà, si sono invertite le due delibere di Giunta, i due piani di riordino.
Come abbiamo criticato il riordino della rete ospedaliera, critichiamo anche queste linee di indirizzo, questa ennesima delibera di Giunta decisa dall'organo esecutivo, cioè la Giunta. Come al solito, la programmazione sanitaria, che rientra nelle competenze dell'Assemblea legislativa, quindi del Consiglio regionale, non è stata chiamata in causa per la programmazione della rete territoriale. Ancora una volta, l'Assemblea legislativa viene ignorata e messa da parte. Le scelte e le decisioni vengono effettuate all'interno del palazzo del potere, quindi dalla Giunta.
Noi critichiamo fortemente il metodo. Critichiamo anche il fatto che alcuni Consiglieri regionali non siano venuti a conoscenza delle linee di indirizzo, ma siano venuti a conoscenza oggi, in Assemblea, dopo che ne hanno parlato tutti i giornali. Noi abbiamo appreso la notizia dai giornali. Credo sia veramente un atto della Giunta di mancato rispetto nei confronti di colleghi, di Consiglieri che presidiano in questa assemblea.
Volevo anche parlare di trasparenza. La mancata trasparenza. Lo stesso Presidente Chiamparino ha sempre parlato di trasparenza, di onestà, ma la trasparenza, soprattutto negli atti di indirizzo sanitario, non c'è stata o, comunque, tentenna ad esserci.
Valutando, nel poco tempo che abbiamo avuto di analizzare queste linee di indirizzo sul riordino della rete territoriale, dell'assistenza territoriale, volevo far notare che a dicembre 2012 sono nati i Centri di Assistenza Primari, i cosiddetti CAP che, in realtà si sono rivelati un fallimento. Sono costosi e i cittadini non sono informati di questo centro di assistenza. Era stato garantita una continuità da parte dei medici di medicina generale inizialmente 12 ore al giorno, quindi tutti i giorni della settimana compresi sabato e domenica; addirittura era previsto anche un servizio notturno.
In realtà, i Centri di Assistenza Primaria presenti nella Regione Piemonte sono veramente pochi. Ricordo che il primo è stato quello di Arona. Il progetto di sperimentazione è partito dalla città di Arona. Piano piano si sono espansi e adesso mi sembra che in totale siano quattro o sei i Centri di Assistenza Primaria. La popolazione non è stata informata ancora oggi la popolazione non è conoscenza di come funzionano i Centri di Assistenza Primaria.
Concordo sul fatto che devono essere inserite, invece, le unità di cura complesse primarie, in cui sono presenti, oltre i medici di medicina generale, anche i medici specialisti, un team infermieristico, assistenti sociali e le varie figure amministrative. Tuttavia ci chiediamo, anche per quanto riguarda le AFT, con quali risorse verranno messe in atto queste strutture. Con quali risorse economiche e, soprattutto, con quali risorse umane. Come tutti sapete bene, emerge una grande carenza di personale sanitario: personale infermieristico, operatori socio-sanitari, personale tecnico, medici.
Sappiamo benissimo tutti quali sono le problematiche presenti all'interno degli ospedali; negli stessi ambulatori del Distretto, che dovrebbero essere potenziati, invece, non c'è il personale perché c'è il blocco del turnover. Siete andati a Roma per contrattare affinché vi dessero, come Regione Piemonte, delle risorse per poter assumere una minima quantità di personale, ma fino ad ora non è stato assunto nessuno. Non per essere pessimista, ma credo che entro il 2015 non ci siano nuove assunzioni, così come previste o ipotizzate.
Come già anticipato dal Consigliere Bono, volete ridurre le strutture complesse. Da 543 strutture presenti nel territorio piemontese, saranno ridotte a 318. Ci sarà una riduzione dello staff. Questo staff, secondo la vostra ipotesi, verrà utilizzato e integrato nei vari distretti. In realtà non è così. Sarà integrato nelle unità di cura complesse e nelle AFT ma, in realtà, non sarà così. La carenza di personale è già notevole adesso, siamo arrivati allo stremo. Qualche giorno fa mi sono recata in visita presso un ospedale della città e mi sono resa conto di quanto sia triste la realtà.
Stare seduti qui a parlare, a raccontarci le favole, è un altro discorso.
Occorre toccare con mano la realtà quotidiana, di come si vive, di cosa succede, quali sono le criticità all'interno degli ospedali e nei territori Ci sono persone che sono in lista d'attesa anche solo per effettuare un semplice esame. Stessa cosa sul territorio. Bisogna potenziare.
Quando parlate di incrementare anche l'assistenza domiciliare l'assistenza domiciliare integrata, ricordo che ne usufruiscono pochissime persone perché sono gli stessi cittadini che non ne sono a conoscenza e non sono informati.
Diagnostica a domicilio. Anche su questo vi chiedo con quali risorse sia economiche sia umane si realizzerà, visto che parlate di ospedalizzazione a domicilio.
Continuo a criticare fortemente questo metodo, perché prima di parlare di ospedalizzazione a domicilio avreste dovuto fare l'inverso, cioè prima lavorare sul territorio, capire quali sono le criticità e su cosa è necessario andare a lavorare. Dopodiché si poteva lavorare sull'ospedale perché poi sono sempre le fasce più deboli e più indifese come gli ammalati che ne pagano le conseguenze.
Quindi, chiedo che questa integrazione dell'assistenza sanitaria primaria con la continuità socio-sanitaria venga discussa in un tavolo di confronto non solo tra la Giunta, ma che le nostre proposte vengano prese in considerazione, perché sono le proposte dell'Assemblea legislativa del Piemonte, o meglio del Consiglio regionale. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Mi unisco alle lamentele riportate in Consiglio da parte dei banchi dell'opposizione, perché credo che questi documenti per lo meno dovevamo averli prima dei medici che operano sul territorio, visto che la funzione di indirizzo è propria dell'Assemblea del Consiglio regionale.
A me è dispiaciuto ricevere questo documento da un medico che conosco che me l'ha inviato perché mi ha chiesto lumi in merito. Ho dovuto dirgli: "Non lo conosco, ma so che l'Assessore Saitta ci deve dare un documento.
Spero che sia questo". In effetti, è così.
Devo dire che, parlando di medicina del territorio, sicuramente questo non è l'anno zero, cioè nella Regione Piemonte, come nelle altre Regioni italiane, abbiamo un sistema sanitario che fino ad oggi ha coperto il 97 delle esigenze sanitarie dei cittadini piemontesi. Infatti i medici di base sul territorio regionale sono 4.500 e svolgono circa 38 mila visite all'anno.
Ovviamente i numeri riportati in questa relazione sono importanti, per parliamo di un milione e 600 mila codici verdi e bianchi che potenzialmente potevano accedere al medico di base e che sono sfuggiti.
Credo però che non vada stravolto un sistema che ha nella capillarità del sistema ambulatoriale - che, tra l'altro, è privato dei medici di base uno degli elementi fondamentali e più premianti della politica sanitaria nazionale, che nell'ambito europeo ci vede comunque in posizioni non molto elevate. Nell'ultima classifica che ho letto siamo al ventiduesimo posto: la Macedonia, ad esempio, ci ha superati, abbattendo velocemente le liste d'attesa.
Credo che per un Paese tra i più importanti al mondo dal punto di vista economico questo sia uno smacco pesante, senza nulla togliere alla Macedonia.
Questa è la situazione di partenza che sicuramente si può migliorare e spero che questa riforma della politica sanitaria territoriale possa farlo.
Noi abbiamo vissuto sul nostro territorio la sperimentazione del centro di assistenza primaria di Arona, che credo vada ad assomigliare come tipo di struttura o sigla a quella che sarà l'UCCP, non tanto una AFP, perché è situata in un ospedale e può interagire con specialisti.
La realizzazione del CAP ha portato alla chiusura di questo ospedale al trasferimento di un importante reparto che era un fiore all'occhiello della sanità provinciale, l'oculistica, che richiamava pazienti anche dalla vicina Lombardia e che si è ritrovato nella situazione di non poter più operare come faceva prima. Infatti, a Borgomanero per poter accedere alle sale operatorie, questo reparto deve fare i turni.
Inoltre, da quello che mi dicono i chirurghi che operano nelle sale operatorie di Borgomanero, mancano gli anestesisti per fare il turno pomeridiano.
Quindi, da un lato, abbiamo investito (dalle cifre date dall'ASL) circa 600 mila euro per fare questo centro di assistenza primaria che ha "toppato" completamente uno dei suoi obiettivi, cioè la riduzione delle visite specialistiche all'ospedale di Borgomanero, perché assolutamente non sono calate.
Ha ridotto gli accessi come codici bianchi e codici verdi al DEA di Borgomanero, però questo ha comportato che mensilmente vengano organizzati dei pullman non per andare a vedere la partita al Meazza, ma per andare a farsi operare di cataratta in Lombardia.
Credo che questo sia un danno significativo per la nostra sanità considerando che siamo passati a 50 milioni di passività rispetto alla Lombardia.
Quindi, sicuramente il CAP ha dato dei benefici, ma ha creato anche delle problematiche di non facile gestione, che spero l'Assessore voglia in qualche modo risolvere. Depotenziare i reparti e farli lavorare a corrente alterna crea quel disavanzo che, se guardiamo le prestazioni dell'ASL viene quantificato dalle parole di Moirano in circa un miliardo di euro rispetto al numero delle prestazioni e a quanto valgono.
Sicuramente bisogna agire su questo fronte, perché non si può pensare ad una politica territoriale se questo significa minare la nostra politica sanitaria ospedaliera, perché le conseguenze sono visibili sul nostro territorio.
Per quanto riguarda la riduzione delle strutture complesse siamo sicuramente d'accordo, in particolare su quelle amministrative.
Un altro tema che sicuramente va affrontato, di cui l'Assessore ha accennato nella sua relazione, è quello di un accordo contrattuale con le organizzazioni sindacali dei medici di medicina generale, perché ad oggi non era previsto alcun tipo di contratto, se non un contratto in deroga stipulato con i medici di base che andavano al CAP e che, a detta dell'ASL non potevano chiudere i loro ambulatori personali. Questo però veniva fatto ugualmente e percepivano un secondo stipendio; quindi, da questo nasceva anche buona parte delle risorse girate per questa sperimentazione che abbiamo visto sul nostro territorio.
Credo che l'aspetto più interessante di questa riforma sia l'interazione con i distretti socio-assistenziali ed è molto interessante anche il coinvolgimento dei sindaci.
Dal lato pratico ci piacerebbe capire come effettivamente questo verrà realizzato e quali benefici possa dare, considerando che, al di là degli accessi impropri ai DEA dei codici bianchi e verdi, c'è una medicina difensiva che scatta a partire dai medici di base per una pressione continua da parte di pazienti cronici e politrattati, che accedono frequentemente agli ambulatori dei medici di base, i quali ad un certo punto si trovano quasi costretti a far partire un percorso diagnostico molto oneroso dal punto di vista economico e che, a volte, a detta di specialisti che poi lo vivono sulle loro spalle perché si trovano questi pazienti nei loro ambulatori, è un percorso quasi dettato dal fatto di dover allontanare questi pazienti dagli ambulatori, quasi come un percorso di sollievo per il medico di base.
Purtroppo questo avviene, ma se noi mettiamo, a fianco al medico di base, uno psicologo o un'assistenza socio-assistenziale, sicuramente potrebbe calmierare questo tipo di pressione sulla sentinella sul territorio, che è il medico di base.
Un ultimo appunto lo faccio per quanto riguarda queste AFT Aggregazioni Funzionali del Territorio - che possano consentire le riunioni dei medici di base e, quindi, l'appropriatezza prescrittiva.
Devo dire, Assessore, che i medici di base fanno periodicamente riunioni di equipe; che la spesa sanitaria dei medici di base italiani è molto controllata (credo che sia appropriata per più del 99%, anche se ovviamente l'errore ci sta: errore è umano) e che, dal punto di vista dell'appropriatezza dell'utilizzo dei farmaci, in Italia, almeno a partire dai medici di base, ci siano pochi problemi.
Ci sono altri problemi, ma su questo si deve intervenire a livello nazionale. Secondo me si è toppato sui farmaci generici, i cosiddetti equivalenti. Non sono state date regole serie (questo viene detto anche nei congressi nazionali) e non è stato adottato, come in altre Nazioni, un orange book. Per questo motivo poi leggiamo sui giornali che pazienti che soffrono di epilessia non possono utilizzare farmaco generico, oppure sappiamo che il cardiologo sconsiglia assolutamente il generico antiritmico. Se generico deve essere, deve essere generico in tutti i tipi di presidi farmaceutici, e se il medico deve chiedersi dove può prescrivere il generico e dove non può prescriverlo, vuol dire che c'è una mancanza di regole, a livello nazionale (dove sarebbe meglio che il Governo nazionale non pensasse solo ad un risparmio, considerato che la spesa farmaceutica nazionale italiana, se ci confrontiamo con altri Paesi europei, è sicuramente più bassa).
Si dovrebbe intervenire ora per dare regole anche in questo settore.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Campo; ne ha facoltà.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
Quello di cui vorrei parlare, a commento della presentazione dell'Assessore Saitta, è una serie di problematiche. Sulla parte delle risorse hanno già detto i miei colleghi, ma è proprio sulla tipologia di documento che ci è stata presentata, perché continuiamo con la "fuffa" cioè con un taglia ed incolla dal piano nazionale e dal nostro piano di rientro.
Certo, sono tutte belle cose, però, a questo punto, da una Giunta che governa mi sarei aspettato che arrivasse almeno qualcosa di un po' qualificante, ad esempio un'idea generale da discutere, certamente, con il territorio e possibilmente con il Consiglio. Dato che poi fate tanti bei pasticci - sbagliate le tabelline, dovete rifare le delibere e vi beccate anche i ricorsi - forse un passaggio in Commissione e in Consiglio potrebbe arricchire e migliorare questi documenti disordinati e pasticciati che state costruendo. Tra l'altro, a margine, condivido il giudizio generale sulla riforma che state facendo: la state facendo sotto-sopra, con la solita politica dei due tempi, in cui prima macellate e poi con calma forse l'anno prossimo, metterete in piedi quello che dovrebbe supplire al macello che state facendo sulle strutture ospedaliere.
Così non funziona e non funzionerà mai, anche perché - e qui arriviamo al merito della questione - in questo documento si parla molto poco delle cose fondamentali ed è per questo che sarebbe utile che ci fossero dei numeri, non di quadro generale, ma di proposta di cosa vorreste realizzare.
Un'idea di quali e quanti saranno effettivamente i nuovi distretti dovreste avercela. Perché non scriverla? Servirebbe come base per una discussione non solo con noi, ma anche con i Sindaci e con le ASL. Prima di confrontarci arrivate al tavolo con qualcosa da dire, con un'idea di come vi piacerebbe che fosse.
Invece no: paura e terrore. Lasciamo che ognuno si appelli al proprio nume politico e si faccia il mercato delle vacche, così continuiamo con le cose che non si calano sulla realtà effettiva e per cui esiste un ente sovraordinato che dovrebbe programmare e non farsi imporre le cose dai potentati locali, come invece succede.
Le AFT quante saranno? Dove saranno ubicate? Che orari faranno? Stesso discorso per le UCCP: cosa ci mettiamo dentro, quanti infermieri, che attrezzature gli forniremo? C'è scritto che le UCCP dovranno essere aperte 12 ore al giorno, ma tutti i giorni della settimana? Scriviamoci allora un 12 per sette e un 24 per sette, magari sul tema delle AFT.
Il ruolo unico dov'è? Dov'è che si parla del fatto che i medici di medicina generale e la guardia medica costituiranno un gruppo di lavoro integrato che coprirà le 24 ore? Mancano queste cose. Mancano particolari significati.
Prima il collega Andrissi parlava di appropriatezza, ma occorre ragionare sul fatto di incentivare l'appropriatezza. E' vero, non volete punire il fatto che non si raggiunga l'appropriatezza, ma almeno incentivarla; oppure create un fondo dove, da un lato, si toglie a chi è inappropriato e, dall'altro, si premia chi è appropriato.
Se non incentivate, cosa pensate di ottenere? Non si risolverà mai questo problema.
Il problema sottostante colossale, l'elefante nella stanza che si continua a voler ignorare come se fosse un problema accessorio, è il sistema nervoso di tutto questo organismo complicato, sia pure bellissimo nell'idea di voler riorganizzare il territorio per superare l'idea ottocentesca della centralità dell'ospedale. Mi riferisco ai sistemi informativi.
Signori, voi pensate che in un anno si possa mettere in piedi quello che non si è fatto con i piani di e-Gov a partire dal 2002? Siamo senza un sistema informativo della sanità. Non ci siamo riusciti con il piano di rientro; abbiamo una caterva di banche dati che non si parlano. Per ottenere informazioni voi dovete chiederle alle singole ASL, non ce l'avete a disposizione con un click e, soprattutto, non c'è uno studio sensato sull'affidabilità e sull'accuratezza delle informazioni. Non si parlano i sistemi; non si parlano gli ospedali; del territorio non si sa niente; i medici di medicina generale non sono collegati e interconnessi in modo serio con le ASL e le AFT e UCCP non sappiamo neanche dove le mettiamo sono state fatte per essere separate. Allora non bastano diciassette paginette di "temino" su quanto è bello questo e quanto è bello quello, e sulla situazione in Piemonte. Signori, queste cose le sapevamo prima di fare la campagna elettorale per le elezioni regionali! Siete rimandati a settembre! Tornate con qualcosa che abbia un senso e che dia conto di tutti i soldi che la Regione spende per la programmazione sulla sanità.
Cosa ha fatto tutta la gente che avete in Assessorato? Ha prodotto queste diciassette paginette? Le scrivevo io, da solo, e non sono neanche competente nel settore! Grazie.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Gancia.



GANCIA Gianna

Grazie, Presidente.
Voglio porre la questione in un termine diverso: ci troviamo di fronte a un Presidente che ha dichiarato in quest'aula che intende aspettare la sentenza del TAR e, nel caso in cui questa non dia un esito positivo per il Presidente e la Giunta, quindi per il Consiglio, dimettersi.
La sentenza del TAR, prevista per luglio, probabilmente arriverà ad ottobre. Il tema che poniamo è se sia corretto che un Presidente, che in quest'aula che si è posto giustamente nella situazione di dire "attendo il TAR" entri, in termini che costituiscono una dinamica così profonda, nel riassetto degli equilibri di gestione regionale, soprattutto a livello di dirigenza, ed anche nel riassetto della sanità. Come Gruppo, ci domandiamo se abbia un senso andare oltre l'ordinaria amministrazione ed entrare in questioni così impattanti sulla vita del cittadino.
Con una battuta, dico che, per quel che manca, può darsi che qualcuno conosca già l'esito della sentenza del TAR o, comunque, vedendo come si muove, ci sia già una certezza di quello che potrà accadere. In ogni caso sarebbe meglio rispettare la forma, quindi attendere la sentenza del TAR e fare finta (lo dico all'Assessore Saitta) di ascoltare il Consiglio ed informare lo stesso. Manca totalmente la comunicazione e, probabilmente, in una situazione normale non sarebbe stato corretto fare questo dibattito oggi, senza un documento. Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta, per la replica.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Ringrazio per i contributi che sono stati forniti in questa discussione. Per rispetto di alcuni osservazioni, per la verità provenienti non da parte della maggioranza, ma da parte della minoranza, voglio ricordare un tema che finora non è cambiato: siamo in Piano di rientro dobbiamo attuare i Programmi Operativi, condizione necessaria per uscire dal Piano di rientro, e uno di questi è la costruzione della rete territoriale.
Il Movimento 5 Stelle pone il problema dei Programmi Operativi a fasi alterne (in qualche momento li dimentica), ma il Piano di rientro continua ad esserci. Lo dico, perché mi pare che le discussioni siano ampie su questi temi, pertanto voglio far notare che hanno ragione loro a dire che esistono i Programmi Operativi, hanno persino chiesto che vengano prorogati ai prossimi anni.
Uno di questi Programmi Operativi parla di assistenza territoriale e voglio far notare ai colleghi del Movimento 5 Stelle, ma anche al collega Vignale, che il Piano sanitario regionale approvato dalla Giunta precedente prevede una cosa che noi condividiamo, quindi è coerente con quelle indicazioni non attuate: "I Direttori di Distretto sono chiamati a gestire budget significativi collegati a notevoli responsabilità gestionali relazionali e progettuali. Per questo, è previsto che i Direttori generali ogni cinque anni.", e così via.
Li abbiamo indicati nel documento per evitare un dubbio; è chiaro che il documento è stato letto e chiedo scusa per il fatto che non sia arrivato prima, ma è chiaro che si possono utilizzare o meno le informazioni che sono fornite.
Io noto questo: mi rendo conto che ci sono posizioni di maggioranza e di minoranza e quindi, per forza di cose, le posizioni sono, in qualche maniera, collegate ai ruoli. Il fatto di proporre linee generali per un dibattito è anche per avere opinioni e proposte, perché alcune forze politiche - come il Movimento 5 Stelle - si limitano a fischiare qualche punizione. Io vorrei sapere cosa pensano, oltre al Consigliere Campo, che ripete: "La rete.", sull'assistenza territoriale e ospedaliera.
BONO Davide (fuori microfono) Se c'è lo spazio per dibattere! Non c'è lo spazio.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

No, non è stato detto nulla! E' un mistero! Poiché io ho seguito e seguo, oltre al Consiglio regionale, tutte le vicende locali, ma non riesco a capire qual è la vostra posizione sulla rete ospedaliera, se non la difesa della rete stessa.
Probabilmente, maturerete un documento strada facendo, ma, per ora continuo a registrare soltanto fischi. Non voglio insegnare niente a nessuno e, tanto meno, al Movimento 5 Stelle, che può avere il proprio interesse, ma il compito della politica è avere delle proposte. Dopodich ognuno è libero di fare ciò che vuole.
BONO Davide (fuori microfono) Dia una risposta nel merito!



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Io do le risposte nel merito.



PRESIDENTE

Chiedo scusa, c'è stata la possibilità, per ognuno, di intervenire.
BONO Davide (fuori microfono) Si, però deve rispettare il Consiglio, deve rispondere nel merito.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Poiché continuate a dire che non abbiamo proposte, posso chiedere come fate voi - cosa pensa il Movimento 5 Stelle sull'assistenza territoriale?



(Commenti del Consigliere Campo)



PRESIDENTE

Vi chiedo di non dialogare e di permettere ad ognuno di svolgere il proprio intervento. Assessore, le chiedo di non porre interrogativi, ma di proseguire nel suo intervento. Grazie.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Sì, però non possiamo stare qui a lasciarci insultare: "Fate il macello, il mercato delle vacche!". Qui non c'è nessuno che fa il mercato delle vacche, quindi dovete stare attenti anche al linguaggio.
Noi siamo una maggioranza che ha la presunzione di governare; siamo disponibili agli apporti e ai contributi.
CAMPO Mauro (fuori microfono) Dove possiamo fare questo...



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Chiedo scusa ai Consiglieri: vi chiedo di non interloquire, altrimenti sospendo la seduta.
Chiedo anche all'Assessore di rivolgersi alla Presidenza.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Mi scuso, però chiedo al Presidente d'intervenire quando viene utilizzato un linguaggio improprio nei confronti di questa maggioranza perché non c'è nessun mercato delle vacche! Facciamo le cose bene e non c'è nessun macello sociale, perché - ripeto - facciamo le cose bene.
Venendo alle questioni puntuali, la collega Motta ha posto un'osservazione che condivido: avere, per quanto riguarda i SOC, un atteggiamento uniforme con qualche parametro preciso nei rapporti tra ASO e ASL. Mi sembra di grande ragionevolezza ed è uno degli elementi che aggiungeremo alle osservazioni, per poi trovare corpo nella deliberazione.
Il collega Allemano solleva una questione importante, che è un elemento di qualificazione della rete territoriale, dicendo che c'è il tema del consumismo, del rapporto con il paziente, ecc. Sono questioni che lui ha richiamato puntualmente sulla base delle sue esperienze.
Condivido quest'osservazione, che non è contenuta nel documento. Questo vuol dire che dobbiamo ricalibrare con modalità diverse il sistema di assistenza territoriale, soprattutto nel rapporto con il medico di base. Mi sembra questo il tema: come resistere al consumismo di carattere farmaceutico, che non è soltanto un problema di punibilità o di inappropriatezza, ma è un problema di ristabilire un rapporto diverso tra il medico di famiglia e il paziente. Non c'è nessun modo di resistere al consumismo farmaceutico, soprattutto nell'inappropriatezza, se lo stabilisce un rapporto.
Anche questa un'osservazione di grande ragionevolezza che troverà, nel testo finale, indicazioni abbastanza precise. Così come il collega Appiano che, per quanto riguarda i meccanismi incentivanti per l'accelerazione della medicina di gruppo, faceva l'osservazione della misurazione del risultato. Anche questo è un tema che dobbiamo indicare.
Le altre osservazioni. Collega Vignale, io ne ho parlato - chiedo scusa se non sono stato preciso - a lei e agli altri colleghi, ma il tema delle risorse e la questione dei tempi sono tipiche di chi governa. Allora, per quanto riguarda la questione dei tempi, ripeto quello che ho detto nella mia introduzione. Noi assumeremo una deliberazione entro giugno; questa decisione sarà di principi ulteriormente precisati sulla base delle osservazioni che perverranno, perché credo che nessuno di noi abbia la presunzione di indicare puntualmente, Distretto per Distretto, come devono essere organizzati i distretti per quanto riguarda l'assistenza territoriale. Dico delle cose che condividiamo: principi il più possibile dettagliati, cioè il quadro di coerenza.
Definito il quadro di coerenza, quella deliberazione sul quadro di coerenza territoriale, con qualche elemento aggiuntivo che verrà strada facendo (il rapporto con i medici di base, il contratto e tutto quello che si concluderà e che troverà una completa indicazione all'interno di questo documento con maggiori precisazioni), diventerà l'indicazione degli obiettivi che noi assegneremo al Direttore. Con questa indicazione (modello forte, responsabile del Distretto) e con l'indicazione che verrà nella delibera (è un risultato, non è contenuto in questo documento, ma si tratta di un lavoro che abbiamo fatto successivamente), si darà mandato al Direttore generale di preparare una bozza di Piano territoriale di Distretto insieme alle Amministrazioni comunali entro l'anno (abbiamo detto sei mesi).
Tutto ciò non è ancora scritto, ad ogni modo entro l'anno noi vogliamo avere il quadro della progettazione del sistema territoriale con quelle indicazioni, in maniera tale da poter procedere, collegandoci a una parte delle indicazioni contenute nel piano della Giunta precedente, ma precisate ancora meglio. Vogliamo, a quel punto, essere nelle condizioni, per il 2016 tanto prima non capita nulla, anche se si faceva la delibera precisa non sarebbe capitato nulla - di indicare nel bilancio della sanità anche le risorse destinate alla costruzione dell'assistenza territoriale. Nel bilancio 2015 non avrebbe neppure senso postare delle risorse per una cosa che non si riesce a fare, no? Stiamo parlando del dopo, quello che c'è evidentemente esiste, ma per quanto riguarda il dopo è progettazione; a fine anno il vero progetto e la valutazione delle risorse per innescare il processo.
Dove si trovano le risorse, visto che sono poche? E non possiamo dimenticare che abbiamo ancora il problema, per il 2015, di riuscire a stare dentro i conti, considerando che non abbiamo più quel fondo che era stato garantito per l'equilibrio del 2014.
Ora, il nesso che dobbiamo stabilire (ed è anche questo un compito dei Direttori, quindi obiettivo di mandato) è che la costruzione della rete territoriale è strettamente collegata alla riorganizzazione della rete ospedaliera. In termini più precisi, il punto di partenza è quello che ho indicato nell'intervento di oggi: "Inappropriatezza di carattere ospedaliero". Vuol dire che non può continuare a esserci inappropriatezza ospedaliera e assistenza territoriale: bisogna togliere inappropriatezza ospedaliera e le risorse si trasferiscono. C'è un problema di riconversione, dopodiché c'è un problema di avvio del processo e in questo troveremo le risorse per poter rientrare, negli anni successivi, della rimodulazione complessiva del sistema. Ma non può esserci inappropriatezza che significa maggiori costi, e assistenza. Facciamo questo per togliere inappropriatezza e quindi ridurre i costi di carattere ospedaliero.
Di conseguenza, volevo rassicurare che non c'è nessuna volontà di semplificazione, ma semplicemente un ragionamento che tiene conto della realtà e degli atti amministrativi.
Ringrazio il collega Monaco per i suggerimenti che mi ha dato in ordine al rapporto dipartimenti e aree di funzione.
La cronologia. La cronologia è strettamente legata alle cose che dicevo. Credo che chiunque volesse fornire oggi un quadro cronologico (non ci sentiamo di darlo perché non abbiamo questa presunzione), prima dovrebbe avere con precisione, da parte delle Aziende Sanitarie e quindi dei Distretti, il quadro della progettazione. Di che cosa? Delle attuali sedi di carattere sanitario (parlo dei centri di cure primarie oppure parlo dei CAP) e di che cosa concretamente di quelle strutture è in grado di essere inserito all'interno di questi principi, all'interno di questo coordinamento, evidentemente facendo le valutazioni di carattere economico.
La cronologia verrà dopo, cioè alla fine dell'anno avremo gli elementi di contenuto, di risorse necessarie e, sulla base di questo, faremo le valutazioni precise anche per quanto riguarda la parte cronologica.
Oggi ci sentiamo di dire che, dal punto di vista cronologico, l'unica cosa certa è che noi daremo indicazioni ai Direttori generali di avere entro la fine dell'anno, la progettazione e il Piano di assistenza territoriale per Distretto, condiviso con le Amministrazioni comunali. Poi costruiremo le cose successive, altrimenti non avrebbe senso.
La collega Batzella ha riproposto questioni che sono state già sollevate in quest'Aula. Quando fa riferimento alla riduzione delle strutture amministrative (parlava anche dei dipartimenti), il tema è: molto spesso nelle strutture di staff c'è anche personale sanitario; il personale sanitario deve essere in prima linea per l'assistenza ospedaliera e per l'assistenza territoriale. E' così. E' così: vale per gli infermieri e vale anche per i medici. Al limite, occorre individuare una figura perché c'è un problema di competenza, ma tutto il resto va in prima linea. Mi pare che non sempre questo principio sia stato accolto, perché è chiaro che, quando si dice "riduciamo le strutture amministrative", vi può essere la tentazione facile di difendere anche le cose che ci sono in più. Devo dire che noi abbiamo avuto il coraggio per fare un'altra operazione, la faremo anche su questo e ci sembra utile e importante.
C'è un elemento che aleggiava in tutti gli interventi; continuo a dire che non è stato ancora toccato nulla negli ospedali: nulla. E' un atto di programmazione che deve essere adottato nei due anni e continuo a ripetere ciò che alcuni qui assolutamente non intendono: che sarà adottato congiuntamente al Piano dell'assistenza territoriale, perché non è nostra intenzione ridurre la quantità dei servizi: è un problema di rimodulazione dei servizi.
Chiunque oggi è in grado di dire che non è stato toccato nulla chiunque. Continuare ancora su questo argomento vuol dire essere fuori dal tempo. Poi mi pare che alcuni colleghi, anche dell'opposizione partecipando a qualche assemblea in giro per la provincia, si siano resi conto che il clima è diverso da questo scontro politico che continua a utilizzare parametri di riferimento che sono ormai sorpassati dal fatto che una decisione è stata assunta e troverà attuazione nel tempo. Anzi, c'è un tema oggi, questo è vero, e probabilmente anche noi abbiamo dei limiti: costruire al meglio l'assistenza territoriale e fare un vestito su misura per la Regione Piemonte.
Il collega Andrissi ha fatto delle osservazioni che conosco per quanto riguarda Arona, e apprezzo questo giudizio positivo sull'integrazione tra i distretti e i consorzi, cosa non semplice, come potete immaginare, perch ci sono competenze diverse; tuttavia, con il collega Augusto Ferrari faremo uno sforzo, perché quella ci sembra una grande sfida ed un elemento di novità.
Il collega Ferrari ha giustamente definito il Distretto non soltanto come sanitario, ma come Distretto della coesione sociale. Mi pare una definizione che, in qualche maniera, sintetizzi le questioni e i cambiamenti che dobbiamo affrontare.
Mi fermo qui. In ogni caso, vi ringrazio. Finora non abbiamo fatto consultazioni: era un'iniziativa della Giunta. Credo che abbiamo il dovere di avere anche un documento per iniziare una nostra discussione. Ieri abbiamo avuto (questo è l'unico elemento) la prima Conferenza permanente sulla salute, dove è stato proposto il tema del documento; giovedì incontreremo i medici di base e inizierà il percorso con tutti raccogliendo le osservazioni di tutti. Evidentemente passeremo poi in Commissione, in modo da arrivare a una definizione un po' più precisa per rispettare, cosa che stiamo facendo finora su tutto, anche la scadenza del 30 giugno.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Elementare "A. Romero" di Romano Canavese dell'Istituto Comprensivo di Strambino (TO)


PRESIDENTE

Rivolgo un saluto da parte dell'Aula agli allievi della Scuola primaria "A. Romero" di Romano Canavese (Istituto Comprensivo di Strambino): stiamo concludendo la seduta mattutina del Consiglio regionale.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame mozione n. 267 presentata dai Consiglieri Ruffino, Berutti, Graglia Pichetto Fratin, Porchietto e Vignale, inerente a "Difesa e valorizzazione Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano"

Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame ordine del giorno n. 271 presentato dai Consiglieri Vignale, Berutti Graglia, Pichetto Fratin, Porchietto, Ruffino e Sozzani, inerente a "Mantenimento attività di laboratorio presso l'Ospedale San Luigi"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame della mozione n. 267, avente ad oggetto "Difesa e valorizzazione Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano", presentata dai Consiglieri Ruffino, Berutti, Graglia, Picchetto Fratin, Torchietto e Vignale, e dell'ordine del giorno n. 271, avente ad oggetto "Mantenimento attività di laboratorio presso l'Ospedale San Luigi", presentato dai Consiglieri Vignale, Berutti, Graglia, Picchetto Fratin, Torchietto Ruffino e Sozzani, di cui al punto 4) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Vignale per l'illustrazione dell'ordine del giorno n. 271.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Intervengo molto brevemente, visto anche il tempo a nostra disposizione.
Come sa bene l'Assessore, e credo anche i colleghi, relativamente all'Ospedale San Luigi erano state date, ancorché la delibera ne prevedesse un declassamento in DEA di I livello, una serie di rassicurazioni. Vi sarà poi una valutazione, che faremo anche successivamente, in aggiunta a quelle già fatte.
Al di là di questo, abbiamo potuto vedere come la delibera 1-600 trovi in realtà, la sua applicazione, come è normale che sia. Però, non viene dichiarato, tant'è che il direttore generale, in applicazione della deliberazione 1-600, ha provveduto alla determina dirigenziale n. 178, in cui impone al San Luigi una relazione con l'Ospedale Mauriziano essendo un DEA di II livello, quindi quello gerarchicamente superiore al San Luigi stesso.
Come abbiamo anche indicato all'interno dell'ordine del giorno - i colleghi lo potranno vedere - ci sono prestazioni altamente qualificanti che non solo spoglierebbero il San Luigi di una serie di attività, ma rappresenterebbero anche un'ipotesi di maggiore costo nel trasferimento delle medesime al Mauriziano. In certi casi, alcune di queste attività di laboratorio porterebbero anche, da un punto di vista logistico, a scelte poco comprensibili. Cioè, una persona che fa due o tre esami del sangue per la stessa patologia avrebbe un esame che va presso il laboratorio del San Luigi e due che, invece, vanno al Mauriziano.
Per questo motivo, avendo anche rassicurato, durante una seduta della IV Commissione, l'Assessore circa i tempi, che sarebbero stati non così repentini, riteniamo di sospendere in qualche modo l'effetto della delibera, o che venga modificata, in particolar modo per ciò che attiene alle competenze di tipo clinico, ma anche rispetto alle possibilità e al valore economico, verosimilmente più elevato, che si verrebbe a realizzare nel trasferimento di una parte significativa di questi esami presso il DEA di II livello del Mauriziano. Ovviamente, secondo noi, ciò rappresenta l'esempio dell'errore che si è compiuto nella classificazione di DEA di I livello del San Luigi, ma è evidente che è un pezzo della delibera che lentamente - neanche tanto lentamente - sta procedendo nella sua esecuzione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Vignale.
Ricordo che, come disponibilità di tempo, abbiamo cinque minuti, perch la seduta chiude alle ore 13.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Appiano; ne ha facoltà.



APPIANO Andrea

Grazie, Presidente.
Non ho capito se l'illustrazione era comprensiva anche della mozione quindi cercherò di svolgere due osservazioni che riguardino complessivamente i documenti.
Da un lato, l'oggetto specifico dell'ordine del giorno relativo ai laboratori è esattamente identico ad una lettera che in pari data mi sono permesso di indirizzare all'Assessore Saitta. Era il 26 marzo quando alcuni medici del Comitato intersindacale del San Luigi hanno indirizzato un documento di analisi della determinazione n. 178, chiedendo che, in coerenza con quanto l'Assessore aveva dichiarato in Commissione e in altre occasioni, anche qui in Aula, quella determina venisse sospesa.
Vorrei esplicitare un dato che è stato accennato dal Consigliere Vignale.
Al di là delle etichette e delle ragioni di opportunità, esiste uno studio che mette nero su bianco una comparazione di costi degli esami specialistici effettuati al San Luigi rispetto all'ASL TO1, all'ASL TO2 all'ASL TO3 e all'ASO Mauriziano. Tenendo conto di una quantità di esami in ragione di 60 mila sui 40 mila del San Luigi, emerge che il costo medio degli esami è di 10,24 euro al San Luigi e di 19,25 euro al Mauriziano.
Quindi, anche solo per ragioni squisitamente economiche, varrebbe la pena prima di dare attuazione ad un provvedimento, di approfondirlo nel merito visto che la questione economica è una delle questioni di centrale importanza in materia sanitaria, come pare emergere da ogni discussione.
Certo, si potrà dire che gli esami non sono gli stessi. Si dà atto che la determinazione n. 178 segnala una specificità del San Luigi, pur nell'ambito di un quadrante in cui non è indicato come hub; pur tuttavia questi sono confronti che potrebbero far dirci che è meglio mantenere l'accentramento, che da anni si sta effettuando al San Luigi, di tutta una serie di esami per l'intera ASL TO3. Non si è contrari all'idea di accentramento, ma laddove già lo si sta facendo, e con buoni risultati verrebbe da chiedersi perché è necessario spostare la sede dell'accentramento medesimo.
Da ultimo, non posso venire meno ad una riflessione di carattere generale, su cui chiedo la disponibilità ad un approfondimento.
Quando è stata attribuita l'etichetta di DEA di II livello - o, meglio mantenuta a Mauriziano rispetto a San Luigi, che pure l'aveva - ci è stato detto che da questa etichetta non sarebbero sortite particolari conseguenze.
Lì per lì, l'etichetta - vero? - interessa poco, ma poco nel senso che né Mauriziano né San Luigi, allo stato attuale, sono o hanno un DEA di II livello secondo tutti i crismi del Patto nazionale sulla salute.
Non ci sono tutte le specialità, alcune le ha Mauriziano e altre le ha San Luigi, alcune non le ha né l'uno né l'altro: neurochirurgia è assente in entrambi, chirurgia toracica è presente solo al San Luigi e cardiochirurgia è presente solo al Mauriziano.
Lo stesso numero di passaggi in pronto soccorso è superiore certamente a Mauriziano rispetto a San Luigi, anche se sarebbe opportuno provare a leggere il dato al netto dei passaggi indotti dalla rete del 118. Allora forse, scopriremmo che l'area dell'ASL TO3 più direttamente afferisce a San Luigi rispetto ad un passaggio spontaneo a Mauriziano, ma, in generale, in entrambi i casi, non ci avviciniamo ai 70 mila passaggi che è lo standard nazionale.
Quindi, la vera questione da approfondire è che il quadrante ovest (cioè un territorio che è circa un terzo della Provincia di Torino), allo stato degli atti, non è dotato di un hub vero e proprio, non è dotato di un DEA di II livello. Allora, la sede indicata come tale, nolente o volente dovrà fare degli investimenti per potenziare il pronto soccorso medesimo e renderlo un vero DEA.
Perciò, dove li facciamo questi investimenti? Probabilmente, il Mauriziano - è sufficiente andarlo a visitare - è talmente asfittico da non poter accogliere un armadio in più rispetto agli arredi che attualmente ha mentre il San Luigi, da questo punto di vista, offre certamente spazi e disponibilità, soprattutto offre una serie di investimenti che già da anni sono stati avviati, che certo non andranno persi a prescindere. Sono convinto che il nuovo pronto soccorso aprirà, ma erano stati calibrati a suo tempo perché fosse di massimo livello, con la pista dell'elisoccorso con una nuova emodinamica annessa e con nuovi macchinari, di cui a breve diventeremo pieni proprietari.
E certamente, la stessa delibera 1-600, laddove si legge che le sedi dei DEA di primo e secondo livello e degli ospedali di territorio dovranno tener conto di una serie di criteri - tra cui bacini di utenza media, tempi di percorrenza in relazione alle caratteristiche orografiche del territorio, volumi di attività reali (cioè attuali) e attesi (cioè frutto di investimenti e di implementazione) -, mi fa dire che l'applicazione di questi criteri, se ragioniamo di quadrante ovest e mettiamo in concorrenza i due ex DEA di secondo livello, dovrebbe far propendere più verso il San Luigi che non verso il Mauriziano.
Soprattutto, però, quel che preoccupa è ciò a cui stiamo assistendo cioè che dall'etichetta "DEA" consegua che in realtà quello diventa l'ospedale di riferimento e che a quell'ospedale devono afferire, magari in prospettiva, tutta una serie di esami e di specialità che il presidio non è in grado di accogliere e che, come territorio, non credo neanche sia ragionevole vengano accentrati nell'ennesimo hub insediato in Città.
Cito un ultimissimo esempio, per non farla troppo lunga, visto che siamo fuori tempo massimo. Il fatto che vada un po' rivista la questione lo dicono anche alcuni dati, comparati anche ad altri ospedali.
Qual è il vero DEA di secondo livello, il vero hub presente a Torino? La Città della Salute; su quello nessuno dubita, no? Ebbene, i posti letto che quel presidio aveva riconosciuti antecedentemente alla delibera 600 erano 2.236; quelli riconosciuti nella DGR 1-600, 1821. Se noi parametrassimo le strutture complesse con il criterio che ad una struttura corrispondano 17 posti e mezzo, se ne dovrebbero rinvenire 104, mentre ne sono state assegnate 98. Per quanto riguarda il San Luigi, i posti letto previsti sarebbero 441 e sono diventati 400; secondo quel parametro le strutture complesse dovrebbero essere 23 e ne sono state riconosciute, dopo l'integrazione di fine gennaio, 22. Per ciò che attiene al Mauriziano, i posti erano 449 e sono diventati 473, peraltro tutti allocati in acuzie; le strutture complesse dovrebbero essere 27, mentre quelle che sono state assegnate sono 32.
Allora, davvero, serve un approfondimento per fugare ogni dubbio e suffragare scientificamente le scelte che vengono effettuate; non tanto sull'oggi, perché è vero che sull'oggi si sta cercando di attendere l'evolversi dell'altra delibera per rendere attuabile anche quella di riorganizzazione della rete; eppure qualcosa sta già sfuggendo di mano.
Io, dunque, sono anche disposto - come credo di aver dimostrato nella mia esperienza amministrativa - a prendere decisioni difficili, ma solo nel momento in cui sono pienamente convinto che nessuno possa alzare una manina e dire: "No, ma guarda che quel parametro non è scientificamente rispettato". Perché allora lì sarei in evidente difficoltà.
Quindi, da questo punto di vista.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Appiano: mi scusi, ma abbiamo detto che erano a disposizione cinque minuti.



APPIANO Andrea

Va bene: lei interpreta il Regolamento come crede.
Grazie.



PRESIDENTE

Sì, anche perché avremo la possibilità di riprendere quest'argomento e le mozioni collegate nel prossimo Consiglio regionale.
Altri colleghi hanno chiesto la parola e si sono prenotati, quindi ricominceremo dalla Consigliera Batzella che ha domandato di intervenire.
Se il Consigliere Appiano desidererà terminare il suo intervento nel prossimo Consiglio, avrà ovviamente la priorità.
Vi ringrazio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.05)



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