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Dettaglio seduta n.363 del 31/10/18 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



(Alle ore 10.01 la Vicepresidente Motta constatando la mancanza del numero legale comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BOETI



(La seduta ha inizio alle ore 10.30)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Non essendovi proposte di modifica, l'o.d.g. è approvato, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento interno del Consiglio regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Cerutti, Chiamparino, Ferrari, Ferraris, Ferrero Gallo e Pentenero.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'Istituto Comprensivo "G. Grosso" di Cambiano (TO)


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti dell'Istituto "G. Grosso" di Cambiano in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Richiesta di scuse da parte dei Consiglieri Bono e Cassiani per i fatti svoltisi in aula nella seduta pomeridiana del 30 ottobre 2018


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Volevo, in relazione ai fatti di ieri, chiedere scusa alla Presidenza e ad alcuni colleghi, con i quali ci siamo già chiariti personalmente, in particolar modo con il collega Monaco. Anch'io devo avere un quarto di sangue "bello caliente" e quindi mi sono un po' scaldato per alcune accuse mosse, ovviamente non alle nostre persone ma al Movimento che rappresento.
Quindi, ho inteso difendere in maniera eccessiva quelle che erano le prerogative del nostro Movimento.
Chiedo scusa e spero si possa continuare nel migliore dei modi.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Monaco; ne ha facoltà.



MONACO Alfredo

Grazie, Presidente.
Ringrazio delle parole il collega Bono, con il quale effettivamente ci siamo incontrati nei corridoi e personalmente ha espresso il suo dispiacere per quanto accaduto ieri.
Apprezzo in modo particolare che l'abbia fatto pubblicamente e quindi al di là di quelli che sono i provvedimenti di Aula, credo che possano forse, sanare ed essere una lezione per tutti. Credo che le scuse siano sempre un momento importante e quando ognuno di noi ha la consapevolezza di aver commesso un errore e chiede scusa, merita apprezzamento e valore.
Ringrazio il collega Bono anche per l'intervento fatto oggi.



PRESIDENTE

Grazie a voi. Mi sembra un buon modo per cominciare i lavori di questa giornata.
Ha chiesto la parola il Consigliere Cassiani; ne ha facoltà.



CASSIANI Luca

Grazie, Presidente.
Volevo anch'io, viste le intemperanze di ieri, dovute ovviamente alla passione politica e al clima che si era un po' riscaldato, chiedere scusa ai colleghi dell'Aula e alla Presidenza, in particolare per il mio comportamento, che ovviamente non mi rappresenta. Di solito sono un po' agitato, ma ieri sono stato particolarmente sopra le righe.
Scusate per l'intoppo.



PRESIDENTE

Ringrazio anche il Consigliere Cassiani.
Momenti di nervosismo in aula ci possono essere e il fatto di scusarsi supera ogni incomprensione.


Argomento: Ordinamento regionale

Esame proposta di deliberazione n. 343, inerente a "Attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione per il riconoscimento di un'autonomia differenziata della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo a esaminare la proposta di deliberazione n. 343, di cui al punto 9) all'o.d.g.
La parola al Vicepresidente Reschigna per l'illustrazione.



RESCHIGNA Aldo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Con la discussione odierna si chiude la prima fase del percorso avviato, che è quello della proposta, da parte della Regione Piemonte, di applicazione dell'articolo 116 della Costituzione, in materia di rafforzamento di poteri in ambito legislativo e in ambito amministrativo.
Anche se le trattative con il Governo sono avviate dal mese di luglio, si apre una seconda fase, forse ancora più importante e delicata, che è quella della trattativa con il Governo, al fine di arrivare, da parte dello stesso, all'assunzione della legge di recepimento dell'intesa con la Regione Piemonte da sottoporre all'esame del Parlamento.
Ricordo all'Aula che l'articolo 116 della Costituzione consente, a Costituzione invariata, alle Regioni di avviare una trattativa con il Governo, al fine di richiedere maggiori competenze in ambito legislativo ed amministrativo, con lo scopo di poter governare meglio le specificità e il contesto originale di ogni singola Regione.
L'iter seguito finora risponde al contenuto della Carta Costituzionale.
Abbiamo assunto, come Giunta regionale, una prima proposta di deliberazione, che abbiamo trasmesso al Consiglio regionale, ma che è stata anche oggetto di confronto con le organizzazioni amministrative, economiche e sociali e con le Università piemontesi, al fine di recepire i contenuti e le proposte che il confronto poteva sollecitare. Dopodiché, sulla base di questa prima fase, la Giunta regionale ha assunto, modificandola rispetto al testo originale, la proposta di deliberazione da sottoporre al Consiglio regionale, al fine dell'assunzione da parte dello stesso.
Il lavoro svolto per circa un mese e mezzo all'interno della Commissione consiliare ha consentito non solo un approfondimento delle singole materie, delle ragioni e dei contenuti previsti all'interno della proposta di deliberazione, ma anche di individuare ulteriori elementi aggiuntivi o modificativi rispetto al testo originario.
Dicevo prima che si chiude una fase e se ne apre un'altra. Ho appena depositato un emendamento, coerentemente con gli impegni che avevo assunto nel dibattito all'interno dalla Commissione, in base al quale l'impegno della Giunta regionale è quello di una costante interlocuzione e confronto con il Consiglio regionale, durante tutte le fasi della trattativa con il Governo, affinché ci possa essere un continuo coinvolgimento e partecipazione anche da parte del Consiglio stesso.
Quali sono le ragioni di fondo per le quali la Giunta regionale sottopone questa proposta di deliberazione al Consiglio regionale e ha deciso di avviare l'iter relativamente all'applicazione, anche per il Piemonte, delle normative e delle opportunità contenute all'interno dell'articolo 116? Ricordo che, in primis, l'iniziativa è partita da tre Regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna); successivamente c'è stata l'iniziativa della Regione Piemonte e della Regione Liguria e, ancora più successivamente, delle Regioni Toscana, Marche ed Umbria.
Questo, allo stato attuale dell'arte, è il novero delle Regioni che hanno avviato concretamente l'iter di applicazione dell'articolo 116.
Non è un fatto secondario, se guardiamo alla geografia e alla collocazione di queste Regioni, che sono tutte collocate all'interno del Centro e del Nord del nostro Paese. Infatti, dentro questo iter e dentro questa iniziativa rientrano due valori: il primo è la riaffermazione del concetto di unità e di solidarietà nazionale; il secondo è il concetto che certamente, all'interno delle Regioni settentrionali e della parte più settentrionale dell'Italia centrale è forte la spinta e la necessità di dotarsi di strumenti capaci di governare le trasformazioni economiche e sociali. Queste, che sono le Regioni più industrializzate del nostro Paese avvertono oggi l'esigenza in modo nettamente più forte e deciso rispetto alle altre.
Perché questo tipo di esigenza? Nei mesi scorsi e anche recentemente in un convegno cui ho partecipato, mi è tornata in mente una riflessione che 25-30 anni fa, quando facevo il Sindaco della mia città, avevo sentito dal professor Martinotti, un sociologo che insegnava all'Università Bicocca di Milano, che aveva un legame molto profondo con il territorio e con la mia città e che, spesse volte, metteva a disposizione le sue competenze e i suoi studi per aiutarci in un percorso di trasformazione e guida dei cambiamenti.
Il professor Martinotti partiva sempre da una profonda convinzione: oggi, le vere sfide sono riassumibili con una parola molto brutta sul piano dell'espressione, ma molto efficace sul piano dei contenuti. La parola è "glocal" ed è l'unione tra "globale" e "locale". È, cioè, la consapevolezza che, nel futuro, la dimensione nazionale continuerà a esistere e dovrà esistere, altrimenti si perderà un elemento molto forte delle identità di un paese e di un popolo, ma oggi le sfide sono sul piano globale e locale.
Sul piano globale, non perdo tempo a tediare il Consiglio regionale sul piano locale, le sfide sono relative alla capacità dei diversi sistemi territoriali di avere strumenti in grado di guidare il cambiamento e governare le grandi trasformazioni. Poi, la parola "locale" la possiamo declinare, sotto il profilo territoriale, in tanti modi, ed è una chiave di lettura della proposta di deliberazione che questa mattina inizia il suo iter all'interno del Consiglio regionale. La possiamo declinare sotto il profilo della competizione all'interno di ogni Regione, tra sistemi territoriali più forti e sistemi territoriali più deboli. Ora, se noi leggiamo la geografia economica e sociale della nostra regione, riusciamo a leggere questa distinzione tra sistemi territoriali, nella storia e nel presente.
Se guardiamo la geografia della nostra regione e ricordiamo cosa erano le Langhe, descritte da un grande scrittore come Nuto Revelli come il luogo della povertà e della fame, e cosa sono oggi le Langhe, e, nello stesso momento, se vediamo quali erano i distretti industriali forti in Piemonte rileviamo che quei distretti industriali, con un'industria manifatturiera molto matura, oggi avvertono maggiormente le difficoltà e il peso della riduzione dell'attività industriale e della crisi economica.
Nella dimensione locale, immagino e raffiguro anche lo sforzo e la necessità, da parte di ogni soggetto e, in modo particolare, da parte della Regione, d'immaginare qual è l'ambito territoriale capace di reggere una richiesta forte di maggiori competenze e di maggiore autonomia. Questo è un elemento un po' distintivo del secondo percorso avviato dalle Regioni, dopo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Nello sviluppo successivo di questo lavoro, nel confronto con la stessa Regione Liguria, alcune delle funzioni che noi rivendichiamo come maggiori competenze all'interno di questa proposta di deliberazione (potrei esemplificarle sul tema delle infrastrutture o sul tema della logistica) non le rivendichiamo come competenza esclusiva e singola di ogni Regione ma poniamo la questione della gestione di queste maggiori funzioni e maggiori competenze in una dimensione e con lo strumento dell'intesa tra le Regioni.
Non possiamo immaginare che il tema della logistica possa essere affrontato dalla singola Regione, sganciato dalle competenze che la Liguria rivendica sulla dimensione portuale e sganciato anche da quelli che sono i riferimenti (anche l'accordo quadro che era stato sottoscritto a suo tempo tra il Ministero delle Infrastrutture, Lombardia, Piemonte e Liguria, sul piano strategico della logistica che investiva le tre Regioni).
Tuttavia, se immaginiamo anche il tema rivendicativo di un ruolo più forte delle Regioni sotto il profilo delle infrastrutture, è limitativo, è eccessivamente roboante immaginare che tutto ciò possa essere affrontato correttamente in una dimensione esclusivamente regionale; è, invece, più efficace se questo coinvolge un ambito territoriale di un insieme di Regioni più forte e più ampio.
In questo, c'è anche una convinzione molto forte che esprimiamo all'interno di questa delibera: non ci sono, oggi, confini amministrativi in grado di contenere l'insieme delle relazioni e le relazioni riguardano l'infrastrutturazione, la vita economica, la vita formativa. Il compito di chi governa queste realtà importanti all'interno del nostro Paese è anche quello di dotarsi di strumenti capaci di governare questi processi e queste trasformazioni. In questo, anche dando un contributo positivo in fase di riflessione dell'esperienza del regionalismo, in grado di superare le discussioni a singhiozzo sulla revisione dei confini delle Regioni, come sulle costituzioni delle macroregioni; dibattito sicuramente importante e interessante, ma che non ha trovato, e credo non troverà nel breve periodo uno sbocco positivo all'interno degli atti parlamentari e d'iniziativa del Governo.
Questo è il primo elemento.
Il secondo elemento da cui partiamo è una lettura della situazione economica e sociale e delle trasformazioni demografiche della nostra regione. Su questo, abbiamo arricchito la proposta di deliberazione, grazie anche alle sollecitazioni arrivate durante il lavoro della Commissione consiliare, di dati più aggiornati. Ma noi dobbiamo considerare come un elemento che deve sempre più occupare le azioni e le riflessioni all'interno del Consiglio regionale e degli esecutivi del Piemonte, oggi e per il futuro, il fatto che siamo una regione che sta invecchiando progressivamente e che siamo, dopo Liguria e Trentino-Alto Adige, la terza regione con un indice di vecchiaia più alto.
Questo pone un problema, da un lato, di scarsa attrattività, perché una regione vecchia è una regione che rischia di non avere una spinta dinamica sul futuro; dall'altro, apre un problema enorme, che sempre di più dovrà essere affrontato in termini anche preventivi, con nuovi strumenti di protezione sociale.
Il terzo elemento di riflessione è legato al fatto che quest'operazione la vogliamo giocare più sul piano della qualità delle rivendicazioni di competenza e di maggiori funzioni, piuttosto che sul piano della quantità.
Può avere un effetto sotto il profilo mediatico chi rivendica 23 funzioni aggiuntive; dopo una fase iniziale, sembra che la Regione Lombardia e la Regione Veneto ripropongano questo tipo d'interrogativo e questo tipo di proposta. Non credo che il ruolo di una Regione sia quello di una rivendicazione da misurarsi sul piano quantitativo, ma di una rivendicazione da misurarsi sul piano qualitativo. Ciò che può essere utile rispetto alla lettura della condizione economica, della condizione sociale delle specificità e delle originalità che riconosciamo all'interno di ogni Regione, può essere utile in termini di maggiori competenze per garantire un maggiore, migliore e un più adeguato futuro alla nostra Regione.
Una delle componenti forti che sta sostenendo lo sviluppo di questa regione è lo sviluppo turistico e, in gran parte di questa regione, il sistema dei beni culturali è un elemento di grande attrattività sotto un profilo dell'offerta turistica. Da qui nasce il collegamento tra la lettura che facciamo delle trasformazioni economiche e sociali della regione rispetto a una rivendicazione che vuole garantire, sostanzialmente strumenti in grado di poter governare, guidare e indirizzare il proprio futuro.
Se noi leggiamo, sostanzialmente, che c'è una necessità da parte di questa Regione di ritornare a essere attrattiva e di ritornare a guardare il futuro, da qui nascono tutte le rivendicazioni che sono contenute all'interno della proposta di deliberazione che riguardano il tema dell'istruzione, il tema della formazione, il tema di ciò che oggi, sempre più, è fattore e strumento essenziale per poter governare il futuro.
Il terzo elemento guida di questa delibera è uno sforzo di semplificazione. È un'esigenza che viene posta da molto tempo a questa parte; è un'esigenza che da molto tempo a questa parte viene tradotta in atti che non sempre raggiungono quel tipo di obiettivo. La semplificazione significa riunificazione di competenze. Oggi, in materia ambientale abbiamo come Regione un pezzo consistente di competenze; un pezzo meno consistente, ma altrettanto importante, è a livello ministeriale e, a volte, di grande inciampo: la duplicazione di intervento e di ruolo fa perdere tempo, non garantisce il risultato finale, ma allunga terribilmente l'iter procedurale degli atti e dei procedimenti che qualunque soggetto deve poter esplicitare. Ma la semplificazione per una Regione che si è dotata - una delle poche Regioni italiane - di un Piano paesaggistico regionale, significa anche riunificazione e non duplicazione d'intervento tra competenze delle Regioni e competenze dei beni culturali in materia di gestione degli strumenti che tutelano e governano il paesaggio, altrimenti non avrebbe avuto senso lo sforzo che abbiamo fatto come Regioni.
L'obiettivo che ci siamo posti come Regione è quello di dotarci di uno strumento adeguato, capace di garantire il riconoscimento di beni destinati a durare nel tempo e la tutela degli stessi.
Semplificazione significa anche, e soprattutto, la riduzione delle segmentazioni, dei frazionamenti e dei vincoli alla spesa. Questa, in ambito di politica sanitaria, è una delle questioni centrali. Se posso dire, forse, è la questione più centrale e unificante rivendicata da tutte le Regioni. La troviamo nella proposta della Regione Lombardia, la troviamo nella proposta della Regione Veneto, la ritroviamo nella proposta della Regione Emilia Romagna e la troviamo anche nella proposta di altre Regioni.
Le Regioni rivendicano una responsabilità che non significa assenza di controlli, ma significa una responsabilità nella gestione della spesa sanitaria non segmentata e non frazionata e rivendicano anche un ruolo più forte sotto il profilo della formazione in ambito universitario sotto il profilo sanitario. Avvertiamo tutti - ed è stato anche molte volte oggetto del confronto all'interno del Consiglio regionale e dei dibattiti all'interno delle Commissioni - il gap, il limite forte che oggi intercorre tra le capacità formative, le possibilità formative, i vincoli formativi e le esigenze di professioni che la sanità esprime.
Non vorrei tediare il Consiglio, ma da ultimo voglio ricordare un'altra questione che abbiamo posto all'interno della proposta di deliberazione che molto si lega anche alla stessa collocazione geografica e territoriale della regione e alle relazioni che il Piemonte ha con tutti i Paesi confinanti. Un maggior ruolo e una maggiore capacità di intervento sulle politiche transfrontaliere che, anch'esse, sono le relazioni che abbiamo con Paesi stranieri, ma che fanno del Piemonte non un luogo chiuso, ma una regione che deve sempre più guardare e lavorare per costruire il proprio futuro e nel rapporto con le altre regioni limitrofe e nel rapporto con gli altri Paesi europei confinanti.
Chiudo con un'ultimissima riflessione. Ho detto prima quali sono le ragioni e qual è il percorso evidenziato. Vorrei dire che questo lavoro non è, da parte nostra, uno stare alla moda dei tempi, ma è la consapevolezza forte e profonda che abbiamo, come Regione, che c'è bisogno di un nuovo equilibrio tra le Regioni e lo Stato; che questo nuovo equilibrio pu determinare anche una diminuzione, soprattutto nell'ambito della legislazione concorrente, di funzioni che oggi appartengono sia alle Regioni sia allo Stato. Tuttavia, questo equilibrio va costruito, applicato e realizzato attraverso la capacità, da parte di ogni Regione, di leggere il proprio contesto e di individuare quali sono i fattori di sviluppo.
Ecco perché l'applicazione dell'articolo 116 della Costituzione non pu tradursi in documenti uguali per tutte le Regioni. Diverso è il contesto economico e diverso è il contesto territoriale che ogni Regione ha. In questo c'è stato lo sforzo di leggere, da parte della Giunta regionale - il dibattito in Commissione ha dato un contributo in tal senso - le originalità del Piemonte e quali potrebbero essere gli strumenti capaci di farle diventare sempre di più potenzialità per il futuro.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



PRESIDENTE

Grazie, Vicepresidente Reschigna.
Apriamo la discussione generale sulla proposta di deliberazione.
La parola al Consigliere Rostagno.



ROSTAGNO Elvio

Grazie, Presidente.
Inizierei con il ringraziare il Vicepresidente e la struttura per l'impegno che hanno profuso su questo provvedimento.
Sicuramente, questo provvedimento scalda meno gli animi di quanto lo facciano altri temi: parlare dei temi che abbiamo affrontato ieri evoca interessi maggiori e ci scalda un po' di più. Questo è un provvedimento che scalda un po' di meno, ma credo che invece rivesta un'importanza fondamentale e possa essere veramente il segno che noi possiamo dare tutti insieme a conclusione di questa legislatura.
Il referendum che si è concluso, per me amaramente, nel 2016 aveva alcuni elementi, uno dei quali personalmente lo condividevo tantissimo, che era l'eliminazione della materia concorrente. In questi anni del nostro lavoro, più volte, abbiamo toccato con mano quanto questa scelta del legislatore nella modifica dell'articolo V di allora fosse stata probabilmente, frutto di una mediazione politica, ma non ha tracciato, per l'Italia che aveva bisogno di correre, la giusta via. Di fatto, come ha già precisato con più esempi il Vicepresidente Reschigna, si è tradotta in maggiori costi, in lungaggine dei tempi e direi anche in una scarsa qualità del prodotto legislativo che, difficilmente, riesce a uniformare e a conciliare le diverse tensioni che ci sono in un Paese, che è molto lungo.
Allora, credo che porre ripari, rispetto all'impossibilità di procedere nella riduzione della materia concorrente, con maggiore autonomia sia la scelta giusta, non per correre dietro le Regioni che l'hanno intrapresa un po' prima di noi e a quelle altre cinque che, probabilmente, stanno seguendo i nostri tempi, ma perché credo che in questo momento sia l'unica soluzione per trovare il giusto equilibrio fra il rispetto delle diversità locali - sto parlando delle Regioni - e il conciliare dinamiche che sono di tipo nazionale.
Questo è un tema che va letto da una prospettiva europea: non possiamo pensare che il futuro sia rappresentato da un ordinamento come quello attuale, perché abbiamo l'esigenza - per molti, molto sentita - di fare più Europa. Tuttavia, non riusciamo nemmeno ad avere una giusta dimensione per le nostre Regioni, soprattutto per la legislazione che tocca le nostre Regioni. Ecco perché lo spezzettare la materia, sicuramente, può creare il rischio che anche alcune tematiche siano veramente troppo diversificate per un Paese lungo come il nostro; però è vero che se si viaggia nell'ottica di accordi macroregionali, probabilmente questo potrebbe essere la giusta compensazione.
Non entro nel merito di esempi, perché credo che l'intervento del Vicepresidente Reschigna sia quanto mai esaustivo e assolutamente condivisibile. Ringrazio l'atteggiamento che si è avuto in Commissione soprattutto nel rispetto della Commissione, perché noi, come Consiglieri vogliamo seguire questo processo e avere l'opportunità nei prossimi mesi di far sì che la trattativa, che sarà impegnativa a livello ministeriale, ci coinvolga e penso sia una bellissima opportunità per noi.
L'auspicio è che in quest'Aula ci sia un voto unanime, perch rafforzerebbe tutti. Credo che l'enfasi che possiamo dare non sarà tanto nei titoli di giornale, ma nel risultato finale. Ebbene, credo che, se riuscissimo a raggiungere un voto unanime, nel rispetto delle sensibilità diverse emerse in Commissione, per cui alcuni dettagli sono stati modificati - sappiamo benissimo che la trattativa comporterà ancora un lavoro di dettaglio che metterà in gioco alcuni argomenti - sarebbe interessante proporre una conferenza per la maggiore autonomia promossa dal Presidente di questa Regione, che metta a bordo i parlamentari della Regione Piemonte di tutte le forze politiche. Poiché il provvedimento sfocerà in una legge, mi sembra corretto che le varie rappresentanze piemontesi che operano ai vari livelli siano assolutamente coinvolte. Non sarà questo che determinerà il voto primaverile, ma sarà sicuramente questo che ognuno di noi potrà rivendicare, perché è l'occasione per scrivere una bella pagina nel diario di questa legislatura.



PRESIDENTE

Grazie, collega Rostagno.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'Istituto Comprensivo "G. Grosso" di Cambiano (TO)


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti dell'Istituto Comprensivo "G. Grosso" di Cambiano in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Ordinamento regionale

Esame proposta di deliberazione n. 343, inerente a "Attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione per il riconoscimento di un'autonomia differenziata della Regione Piemonte" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo con l'esame della proposta di deliberazione n. 343.
La parola al Consigliere Bona.



BONA Angelo Luca

Grazie, Presidente.
Abbiamo ascoltato con attenzione le parole del Vicepresidente Reschigna e prendiamo atto del buon lavoro svolto e dell'impegno, come diceva il collega Rostagno, che ha visto i vari Gruppi portare contributi importanti soprattutto tangibili per quello che riguarda il risultato finale relativo a questa delibera.
Come avevamo già espresso, tra l'altro, in occasione dell'ordine del giorno di luglio, la nostra Regione, rispetto alle altre Regioni del Nord era già in ritardo nella richiesta dell'applicazione dell'articolo 116 della Costituzione. Questo ritardo poteva accentuare alcune problematicità che, oggettivamente, la nostra Regione ha dal punto di vista economico demografico e sociale.
Con la legge che andiamo a discutere oggi, ci portiamo finalmente nella scia delle altre tre Regioni che hanno avviato il processo di attribuzione delle competenze in modo specifico, originale e soprattutto attraverso uno sviluppo che tiene conto delle specificità della Regione Piemonte, ma anche di un'omogeneità rispetto alle altre Regioni del Nord che hanno intrapreso questo percorso, cioè Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Il nostro contributo all'interno della discussione in Commissione si è tradotto in alcuni emendamenti che sono stati inseriti (o reinseriti) e approvati all'unanimità; emendamenti che derivano proprio da questo tipo di ragionamento: quello di andare a dare delle possibilità al Piemonte di dialogare direttamente con le Regioni vicine, proprio perché siamo confinanti con diversi Stati e abbiamo dei rapporti economici importanti con essi, ma anche rafforzare il ruolo regionale rispetto alla governance e all'obiettivo di finanza pubblica, nel senso che, dato un obiettivo generale per la Regione, è la Regione al proprio interno che determina delle regole importanti rispetto ai propri territori per valorizzarli tutti. Nel contempo, la possibilità di andare a fare degli accordi anche con le Regioni vicine per trattare determinate materie come le infrastrutture, le grandi infrastrutture d'interesse sovraregionale e anche la logistica che ne deriva direttamente, che è uno strumento molto importante per la Regione, ma direi per tutta la comunità piemontese.
In quest'ultimo periodo, la Regione Piemonte è anche un po' sotto attacco, nel senso che si tende un pochino a privilegiare interessi che sono magari in altri luoghi. Ebbene, questa è una risposta che il Consiglio regionale tutto, a nome dei piemontesi, può dare direttamente. È una proposta concreta alla propria comunità: quella di riaffermare gli interessi del Piemonte che non sono in contrasto, ovviamente, con gli interessi delle Regioni confinanti o piuttosto degli Stati o, comunque dell'interesse nazionale, ma riaffermare anche delle specificità, degli interessi in relazione alla propria comunità e alla propria connotazione geografica, nonché alla propria vocazione europea. Anche perché la nostra Regione ha da sempre una connotazione europea, è una porta d'ingresso verso l'Europa, le nostre aziende sono saldamente collegate con l'Europa e questi strumenti ci danno effettivamente la possibilità di accrescere questa competitività; competitività che ultimamente è stata messa a rischio.
Prima il collega Rostagno, lanciando l'idea di coinvolgere i parlamentari, diceva che questa proposta forse non scalda i cuori. In realtà, scalderebbe molto i cuori, se ne fosse pienamente conosciuta la potenzialità. Direi che il lavoro di un'Assemblea regionale e di tutti noi è proprio quello di lavorare per dare la consapevolezza dello strumento che stiamo preparando in questi giorni in mano al sistema degli Enti locali piemontesi, ma anche al sistema delle imprese.
Si è ragionato - su questo condividiamo - sul tema della qualità delle competenze che vengono trasferite e anche sviluppate in modo molto importante, su cui si aprirà un dibattito col Governo centrale, ed è una strada che rappresenta un libro bianco, perché effettivamente tre Regioni hanno già cominciato ad avviare dei percorsi su determinate materie, ma in realtà il percorso è sempre tutto nuovo anche rispetto a queste tre Regioni, rispetto alla Regione Piemonte e rispetto al Governo centrale.
È un processo sicuramente lungo prima di essere completato, che va ben al di là di quella che può essere una maggioranza, regionale ma anche parlamentare, e proprio per questo dà garanzia e deve dare garanzia di un ragionamento scevro da dinamiche di tipo politico rispetto alle qualità che noi oggi stiamo cercando di sviluppare all'interno di questo documento.
Le materie trasferite sono importanti, perché determinano da subito una risposta operativa in mano alla Regione e in mano al Piemonte; ovviamente vanno seguite con assoluta attenzione e vanno seguite soprattutto in modo consapevole. Direi che questa è una raccomandazione importante che vogliamo fare a noi stessi e che vogliamo fare alla Giunta, ma che in generale dovrà coinvolgere il Consiglio regionale del Piemonte nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Gli Accordi di Programma che si faranno ovviamente avranno una cadenza e saranno costantemente monitorati attraverso i tavoli paritetici, che quindi dovranno essere composti da persone esperte e consapevoli di ciò che stanno facendo; saranno monitorati e potranno essere integrati strada facendo proprio perché si tratta di un percorso comunque nuovo per tutti.
Direi che l'attenzione, a questo punto, si sposta sul garantire un'attività di trattativa qualificata con il Governo, che badi in modo oggettivo agli interessi piemontesi e comunque agli interessi contenuti in questo documento, che possa gestire e instaurare un percorso importante, in un ponte che va da qui ai prossimi anni.
Chiaramente, il fatto di coinvolgere i parlamentari piemontesi di qualunque colore è un altro aspetto assolutamente condivisibile, con il coinvolgimento diretto del Consiglio regionale che, fino a oggi, direi che ha saputo comunque trasferire e realizzare un documento importante e di sostanza. Quindi credo che, tra oggi e il prossimo Consiglio regionale che tratterà quest'argomento, avremo occasione di sviluppare magari meglio alcuni argomenti, ma direi che la strada è tracciata e a questo punto è importante che si esca con un documento in grado di offrire al proprio interno una forza di condivisione il più generale possibile da parte del Consiglio, perché in questo momento è importante non perdere il treno rispetto alle altre Regioni che hanno cominciato ed avviato prima di noi questo processo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Molto spesso, trattando di delibere o richieste di maggiore autonomia abbiamo visto quanto è accaduto in Veneto e Lombardia, ma anche in Emilia che ha scelto, fra le prime Regioni, di far partire un percorso diverso.
Si è sempre parlato di residuo fiscale, tema significativo che riguarda la differenza, pur all'interno di una dinamica di solidarietà nazionale fra le risorse che i cittadini versano con le loro tasse allo Stato centrale e quante di esse ne ritornano.
È evidente che i più di 50 milioni di euro della Lombardia, i dieci miliardi di euro del Veneto e gli otto del Piemonte sono cifre che non possono essere dimenticate.
Personalmente, credo che anche all'interno di una comunità nazionale all'interno della quale è inevitabile che vi sia un concetto di solidarietà nazionale, non debbano esserci distanze così significative. Ricordo che la Catalunya, spesso citata, ha una differenza fiscale, relativamente al residuo fiscale, inferiore al miliardo di euro.
Questo è un aspetto; però mi permetto di dire che certamente nasce da un'esigenza di riequilibrio. Credo sia un tema, non solo per questo Consiglio regionale, ma per il regionalismo italiano, molto significativo.
Noi assistiamo a un sistema che ha introdotto in Costituzione le Regioni; che con legge ordinaria ha fatto partire le Amministrazioni regionali dal 1970, però è rimasta in gran parte incompiuto. Il motivo è molto semplice e mi permetto di dire che non attiene tanto e solo alla legislazione concorrente. Faccio presente che, qualora fosse stato approvato il referendum del 2006, oggi non staremmo discutendo di questo tema, semplicemente perché, fra le competenze esclusive che lo Stato riportava a sé, ve n'era tutta una serie legata alle politiche sociali alla formazione e al lavoro; tutta una serie di aspetti che oggi stiamo trattando all'interno di questo documento, che sarebbero diventate competenze esclusive dello Stato centrale e non più delle Regioni.
Questo è un aspetto oggettivo di un passaggio fatto; una volontà di ritorno a un centralismo, relativamente alla gestione, all'interno di questo Stato (rammento solo il più recente).
È evidente che la situazione che la modifica della Costituzione col Titolo V del 2001 ha introdotto, cioè la legislazione concorrente, in qualche modo ha complicato la vita, soprattutto per un aspetto. A differenza delle diversità di architettura statale, laddove esistono Stati centrali, Governi nazionali e regionali che legiferano, la nostra è la situazione più complessa, perché non definita.
Se noi guardiamo la dinamica dei Cantoni svizzeri, è ben chiaro che cosa fanno lo Stato nazionale e i Governi cantonali; se guardiamo la situazione tedesca, anche in quel caso sono ben chiare le competenze dello Stato e dei Länder, anche in termini di rappresentanza parlamentare e di competenze che hanno rispetto al Parlamento nazionale, mentre la nostra è ibrida, perché non vi un Parlamento delle Regioni e perché le Regioni hanno potestà legislativa su tutto ciò che ritengono (vi è poi un intervento del Consiglio dei Ministeri sull'impugnativa).
In questo senso, ne ha un grande vantaggio lo Stato, da una parte, e un sistema regionale non definito dall'altra.
Quando nella scorsa legislatura, negli anni passati, su un aspetto che riguardava più la buona o cattiva gestione dei fondi regionali si è discusso a lungo sui quotidiani nazionali, e non solo, sul tema della valutazione politica della comunità nazionale e sul fallimento del regionalismo (se fallimento c'è stato: io credo che non ci sia stato), un limite che il regionalismo italiano ha avuto è di avere strumenti e istituzioni legislative e territoriali che hanno grandi possibilità, ma con competenza non ben definite.
Al di là del merito singolo che il provvedimento porta, si potrebbero fare delle considerazioni. Ne faccio una, anche per il lavoro precedentemente svolto.
Credo che una Regione come il Piemonte avrebbe dovuto avere più attenzione sulle richieste di devoluzione e sul tema della montagna semplicemente perché non c'è nessuna Regione italiana che ha più di mille chilometri di confini montani. Ma non è questo l'aspetto che m'interessa nel senso che ogni documento può essere migliorabile e perfettibile, ma credo che in questo momento l'aspetto determinante sia quello di fare una trattativa con lo Stato nazionale e portare a casa competenze e risorse per due motivi.
Il primo è un aspetto di semplificazione.
Il Vicepresidente faceva riferimento al Piano paesaggistico, con tutti i limiti che il Piano ha, relativamente a com'è stato fatto (ma non entro ovviamente nel merito). È evidente che quando una Regione deve intervenire sulla tutela del proprio territorio, e per intervenire in tal senso deve impegnare un anno di tempo per siglare un accordo con uno Stato centrale che conosce poco e male, dovute alla distanza, il territorio che intende tutelare, non è una perdita di tempo, perché il tempo è ben utilizzato se vi è una finalità, ma è una perdita di tempo per non ottenere degli obiettivi (l'aspetto generale della semplificazione di carattere burocratico).
È evidente che noi ci aspettiamo, però, che si presti attenzione alla semplificazione non soltanto quando si presenta un atto di intesa col Governo nazionale, ma anche nella legislazione di tutti i giorni.
Vi è un secondo aspetto, che è quello della gestione delle risorse. Noi crediamo - non perché siamo Consiglieri regionali, ma per l'esperienza che ognuno di noi ha maturato nelle proprie attività amministrative - che tanto più il denaro dei cittadini è gestito da un ente vicino ai cittadini stessi, tanto meglio è gestito. Perché? Per due motivi: il primo, perch c'è un tema legato alla facilità di controllo; il secondo, perch l'utilizzo del denaro e le eventuali migliorie sono immediatamente percepite.
Mi fermo a questo, non soltanto perché vado a concludere il tempo a mia disposizione, ma perché, ovviamente, rimane aperto un grandissimo tema: è importante andare avanti con questo documento - questa prima intesa - ma il vero tema fondamentale sarà quello delle risorse. Ma non delle risorse trasferite.
Il vero limite che io credo le Regioni abbiano (e non c'è nessun'altra istituzione territoriale che ha il problema delle Regioni) è che incassano un'entrata diretta esclusivamente dal bollo auto, e poco altro.
Fintanto che non vi sarà una tassa esistente, o il 50 per cento di una tassa esistente (l'IVA, l'IRAP, o quello che si ritiene), che viene incassato direttamente dalle Regioni, che quindi possono fare politiche di sviluppo, politiche sociali o politiche di sostegno ai ceti più deboli legate alla fiscalità, credo che sarà impossibile attuare un regionalismo effettivo.
Questo è un primo passo essenziale.
È evidente che senza libertà di fiscalità e incasso diretto delle risorse, questo è impossibile. Perché rammento - è un aspetto piccolo ma non banale - che una parte del ritardo dei nostri pagamenti deriva dal fatto che noi aspettiamo oltremodo lo Stato. La Regione Piemonte ha un credito nei confronti dello Stato, rispetto a quella che è la legislazione vigente, di risorse che non gli sono mai state trasferite (perché potremmo fare un elenco di tutta una serie di norme che prevedevano il trasferimento alle Regioni di piccoli o grandi somme che non sono mai rispettate).
Credo che, da questo punto di vista, questa partita sia fondamentale.
Ma, immediatamente dopo, sarà indispensabile quella legata alle risorse.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Vignale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Siamo giunti in Aula all'analisi della deliberazione n. 343 su una richiesta della Regione Piemonte di maggiore autonomia rispetto all'articolo 116 e seguenti della Costituzione.
Mi sentirei di muovere un po' di rilievi, o di critiche, sia per quanto riguarda i contenuti, sia per quanto riguarda la forma e le modalità di presentazione di questo documento.
Innanzitutto, bisogna sottolineare - ma l'ha detto anche il collega Rostagno, con sincerità e onestà - che prendiamo atto del cambiamento di posizionamento del Partito Democratico sulle tematiche dell'autonomia, del centralismo e del riformismo costituzionale del nostro Paese e anche del ruolo delle Regioni. Perché viene facile ricordare la riforma costituzionale tentata e bocciata dal voto referendario popolare del 2016 in cui si chiedeva, sostanzialmente, l'esatto opposto di quello che stiamo chiedendo oggi con questa deliberazione su una maggiore autonomia della Regione Piemonte.
Ribadisco in questa sede, ma l'ho sempre sostenuto, che è un grande gesto di intelligenza cambiare, saper criticare, riconoscere i propri errori, ammetterli e, magari, cambiare posizione. Succede. È successo anche alla nostra forza politica e succederà ancora. Lo spero, nel senso di dire che avrà una vita più o meno lunga! Rileggendo la riforma costituzionale del 2016, si chiedeva che all'articolo 117 venissero sostanzialmente soppresse le materie di legislazione concorrente. Chiedo scusa se faccio un attimino di premessa cercherò di non essere troppo lungo.
Il problema dell'articolo 117 è che, da una mediazione politica, è nato sostanzialmente questo secondo comma della legislazione concorrente soprattutto manca il terzo comma, quello della legislazione residua, nel senso che si dice che è residua tutto quello che non viene citato sopra.
Questo ha aperto dei contenziosi pazzeschi tra Regione e Corte Costituzionale, perché non si sa mai che cos'è di competenza regionale e che cos'è di competenza nazionale.
Ci aveva provato - lo ha ricordato bene il Consigliere Vignale - anche il Governo di centrodestra nel 2006. Quindi devo rilevare che, forse nessuno può scagliare la prima pietra o è immune da cambiamenti di opinione. Perché, appunto, anche nel 2005-2006 la riforma costituzionale andava nel tentativo di chiarire meglio questa concorrenza di potestà legislativa fra Regioni e Stato, ma attribuendo alcune competenze in maniera esclusiva allo Stato e altre alla Regione.
La riforma del 2016 andava ancora oltre, nel senso che attribuiva quasi tutto in competenza esclusiva allo Stato (ne ometto la lettura, perch sarebbe tedioso) e qualcosa rimaneva alle Regioni, in particolar modo sulla sanità (tra l'altro, togliere la concorrenza nella sanità, sostanzialmente toglie il grosso delle competenze di una Regione).
Dicevo, siamo giunti adesso a questo punto forse anche sull'onda di una spinta di alcune Regioni (e vengo anche alle critiche di tempistica), in particolar modo della Lombardia e del Veneto, che, forse, come parziale scusante del ritardo della nostra Regione, hanno in sé (soprattutto il Veneto) una spinta autonomista maggiore. Questo ormai è innegabile. Forse anche per motivi storici, nel senso che il Piemonte ha contribuito sicuramente in maniera fondamentale e precipua a fondare lo Stato italiano (anche se allora non si chiama "Piemonte"). Storicamente, abbiamo quindi una visione diversa: si citava ieri Cavour su altri temi che non voglio riportare in Aula oggi, ma abbiamo una visione più fortemente centralista e statalista rispetto al Veneto, che è sempre stato più autonomista.
La Giunta regionale si è messa a produrre questo documento (ne abbiamo già discusso in Commissione) e corre per stare dietro alle Regioni che cercavano di portare avanti questo tema - che è un tema più loro, forse come ho già detto, per motivi anche storici e politici recenti - e ha fatto anche un po' di pressione nelle Commissioni, dicendo: "Approviamo in fretta questo documento, altrimenti perdiamo il primo treno delle Regioni che porterà il tema dell'autonomia".
Non si può affrontare in fretta e furia un tema importante solo perch dobbiamo approvare una deliberazione o perché dobbiamo essere i primi della classe insieme a Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e alle altre Regioni che si sono aggiunte, adducendo il pretesto che altrimenti perdiamo il treno.
Se la questione è seria, va affrontata in modo serio. Per questo abbiamo fatto una serie di discussioni in Commissione - e vengo poi ai temi critici per noi - e dobbiamo farla anche in Aula, senza compressione del dialogo e del dibattito. Poi, è vero, questa delibera fortunatamente - mi si permetta di dire questo - andrà in discussione con il Governo, pertanto ci sarà un'ulteriore fase di dialogo.
Il Vicepresidente Reschigna giustamente, su sollecito delle opposizioni, ha concesso e concordato sulla necessità di rendicontare all'Aula e alle Commissioni tutti i vari step futuri che ci saranno dopo che verrà liberato il provvedimento. Però ci sarà un ulteriore passaggio del livello nazionale. Pertanto, nel dialogo tra Regioni e Stato nascerà la maggiore autonomia, ai sensi dell'articolo 116, che recita: "Le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, oltre le sei Province e Regioni a Statuto speciale concernenti le materie, di cui al terzo comma dell'articolo 117, ed alcune del secondo comma possono essere attribuite su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli Enti locali". Quindi, la procedura è corretta.
Sui contenuti, gli Uffici regionali hanno preparato una tabella comparativa delle richieste di maggiore autonomia delle Regioni; tabella molto istruttiva, nel senso che fa vedere quali sono le similitudini e quali sono le differenze. È vero, alcune Regioni forse hanno ecceduto nelle richieste di particolari condizioni di autonomia, cioè hanno elencato quasi tutti i temi, i 23 temi di legislazione concorrente e potenziali residui.
La Regione Piemonte ha fatto una scelta più mirata, che può essere corretta, ma stigmatizziamo una serie di cose, e parto dalla prima, cioè il punto dei fondi sanitari integrativi. Da questo punto di vista, il Vicepresidente Reschigna ha accolto una nostra richiesta in Commissione di modifica del punto. Di questo siamo lieti, perché, come ho detto in Commissione, comunque la capacità di dialogo e di ascolto si sta un po' perdendo nella politica attuale. Quindi, laddove ci sia una contribuzione e l'accoglimento di alcune proposte emendative, penso faccia bene sempre al dibattito politico e alla Regione stessa.
Rimane però il tema dei fondi sanitari integrativi. Vado brevemente a spiegare: prima era un fondo non ben chiaro di assicurazione integrativa per gli anziani non autosufficienti. Noi abbiamo contestato il fatto chiedendo come funziona e perché. Nella nuova formulazione che parte dalle nostre richieste, si fa riferimento a una legge dello Stato, alla legge n.
502/1992, che all'articolo 9 dice che i fondi sanitari integrativi già oggi possono esistere" e specifica come, con susseguente decreto ministeriale quindi siamo nell'alveo di una legge nazionale. Da questo punto di vista mi sento, da un lato, di essere lieto, perché comunque è stato sancito un principio, cioè che non dobbiamo smontare la nostra sanità pubblica, perch questo è il rischio. D'altra parte, però, mi permetterà il Vicepresidente Reschigna di dire che, se ci muoviamo nell'alveo dell'articolo 9 della legge n. 502/1992, non vedo quale tipo di autonomia maggiore andiamo a chiedere allo Stato.
Si parla di un tema che mi è poco chiaro, e poi lo vedremo negli emendamenti, di possibilità di fare confluire i prodotti sanitari integrativi dei cittadini e dei lavoratori in un eventuale fondo regionale.
Io sono perplesso su questa proposta, perché se chiedessimo oggi a qualunque contribuente fuori da quest'aula se preferisce farsi gestire i suoi fondi pensionistici dall'INPS o preferisce gestirli in maniera propria e personale, penso che la risposta sarebbe chiara e sarebbe: "Ce li gestiamo da soli". Quindi, se si chiede che i fondi sanitari integrativi privati, che sono gestiti da assicurazioni private, dovrebbero entrare in una cassa regionale, noi francamente una scelta del genere non la vediamo sostenibile.
La stessa cosa vale per i temi di incentivazione fiscale sia al datore di lavoro sia al lavoratore. Ben venga, se abbiamo le risorse, ma non abbiamo le risorse quasi per piangere. Quindi, in forme di incentivazione fiscale sia al datore di lavoro che al lavoratore, ben vengano nel caso di fondi sanitari integrativi.
Ci sarebbe molto altro da dire in questi ultimi trenta secondi, ma non ce la farò. Abbiamo presentato una serie di emendamenti e anche sulla sanità abbiamo rilevato delle criticità. Il superamento totale dei vincoli che cosa vuol dire? Quale tipologia di conseguenze porterà? Secondo noi anche il tema del possibile limite del cinque per cento alla prevenzione sarebbe un tema da affrontare.
C'è il tema delle borse di studio, ben venga maggiore autonomia della Regione e ne siamo lieti, perché da questo si deve partire, ma ci devono essere le risorse. Se la Regione stanzia risorse, già oggi potrebbe dare più borse regionali per i medici di medicina generale, cosa che mi risulta non faccia, se non in piccola parte.
Sull'ultimo tema fiscale - poi presenterò gli emendamenti - la Regione a guida centrosinistra, curiosamente dopo aver votato la riforma sul pareggio di bilancio, adesso chiede più autonomia sul pareggio di bilancio.
Ben venga, siamo d'accordo, perché anche noi crediamo che questa tagliola del pareggio di bilancio, come diciamo a livello nazionale, sia eccessiva.
Vi chiediamo ancora una volta, però, di sostenerci nelle nostre battaglie a livello nazionale, per far sì che anche a livello europeo venga riconosciuta una maggiore autonomia sul rapporto deficit-PIL. Infatti dobbiamo essere coerenti tra quello che facciamo in un'Aula regionale e quello che facciamo a livello nazionale.
È interessante l'emendamento del collega Bona, presentato ed approvato in Commissione, sulla maggiore autonomia sulla disciplina dei tributi regionali, perché sostanzialmente recepisce l'articolo 119, in cui si dice: "Le Regioni possono avere autonomia sull'imposizione di nuovi tributi".
Però, attenzione ai messaggi che diamo all'esterno, perché se i messaggi sono "chi vincerà le prossime elezioni, poi aumenta le tasse, perché non ha altre misure", andiamo un po' su un terreno scivoloso. Valuteremo nell'analisi del provvedimento, visto che abbiamo una serie di emendamenti sul possibile nostro posizionamento sul voto finale.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Fluttero; ne ha facoltà.



FLUTTERO Andrea

Grazie, Presidente.
Intervengo per alcune considerazioni con riferimento a un provvedimento che credo segni in maniera significativa la storia del rapporto tra la nostra Regione e lo Stato centrale. Devo dire che sono contento dell'ottimo lavoro che il mio collega Bona ha svolto in Commissione e del fatto che mi ha descritto sempre un contesto di apertura al ragionamento, alla discussione e alla presa in carico di punti di vista, di rilievi e di proposte. Ritengo che il provvedimento che probabilmente voteremo la prossima settimana sia un provvedimento ben costruito, che tiene conto del contributo di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale anche se saranno presentati emendamenti ed anche se ci sono aspetti che dovranno essere ulteriormente migliorati e affinati.
Fatta questa premessa, mi consentirete di esprimere, anche come cittadino piemontese, una delusione. Vedete, forse io ho idealizzato - come piemontese - il concetto di piemontesità, nel senso che ho sempre sperato che potessimo piemontesizzare l'Italia. Sono sempre stato un convinto sostenitore dello Stato centrale, dello Stato centrale efficiente, e ho sempre avuto questa specie di sogno: poter vedere un'Italia forte rispetto ai partner europei, in grado di competere per efficienza e con un'impostazione - ripeto, evidentemente magari anche idealizzandola piemontese.
Ritengo che in questa situazione, in questo passaggio storico, non ci sia un'affermazione del regionalismo, nel quale io non ho mai creduto. Ero un sostenitore delle Province forti, perché l'identità, a mio modo di vedere, sta nelle Province, e non vedevo e non ho mai condiviso una divisione del potere legislativo in 20 piccoli Stati. Prendo, però, atto ed è qui il mio rammarico - che si deve essere realisti e che lo Stato centrale non siamo riusciti a piemontesizzarlo, noi piemontesi. Non voglio essere politicamente scorretto; forse si è borbonizzato, magari i Borboni erano bravissimi, però forse si è borbonizzato.
Nelle analisi sociologiche, si legge spesso che le classi dirigenti del Nord sono state assorbite dalle attività produttive, mentre quelle del Sud hanno potuto impegnarsi nella struttura dello Stato e pervadere una mentalità certamente molto raffinata dal punto di vista della capacità legislativa, ma magari meno portata alla concretezza che sta alla base dello sviluppo economico del Nord del Paese.
Senza voler fare dei discorsi troppo complessi, il mio rammarico di quest'epoca, di questo periodo, nell'approvare questo provvedimento, sta nel fatto che mi devo arrendere alla realtà: noi l'Italia non l'abbiamo piemontesizzata, per quanto - ripeto - il mio concetto di piemontesizzazione è evidentemente idealizzato (magari anche noi, quando siamo stati un piccolo Stato, abbiamo avuto i nostri difetti).
Oggi, quello che voglio dire è che, in questo cambiamento, si deve essere realisti e, quindi, essere consapevoli che non è in atto una regionalizzazione così come i padri costituenti hanno immaginato, ma è in atto una competizione tra aree territoriali del Paese per avere più competenze e più risorse. Pertanto, se il Piemonte oggi segue correttamente questa strada, coglie un'opportunità, ma deve cambiare marcia.
Guardate, la scelta che hanno fatto il Veneto, la Lombardia e l'Emilia Romagna, che sono - guarda caso - tutte e tre davanti a noi negli indicatori socio-economici complessivi - dice che hanno inserito una marcia in più e vogliono correre di più. Quindi, da oggi, non parte il solito meccanismo cui siamo un po' abituati: si andrà a Roma avendo chiarito meglio le competenze e avendo qualcosa in più da fare, ma sempre col cappello in mano e con l'atteggiamento di sussiego rispetto ai Ministeri ai funzionari nazionali, al Parlamento nazionale. Da oggi, scegliendo questa strada, parte una competizione ancora più dura con il Nord-Est del Paese, pertanto bisogna avere questa consapevolezza e usare questo strumento non per avere qualcosina in più, ma per dare noi - come piemontesi - qualcosa in più.
Io, che - ripeto - sono un po' fuori dagli schemi, come convinto sostenitore di una visione nazionale, italiana, di una grande nazione, mi riduco a sognare una piccola nazione e non una Regione che va a chiedere a Roma. Cioè, io vorrei che, da domani o comunque dalla prossima legislatura (questa ormai è agli sgoccioli), il Piemonte avesse un atteggiamento da piccolo Stato, certamente in una federazione italiana, ma un piccolo Stato che compete con un altro piccolo Stato, che è parecchio più grande di noi che sta ai confini dell'Est: Lombardia e Veneto.
Dobbiamo, quindi, diventare - a mio modo di vedere, nella mia visione un po' onirica - la Svizzera d'Italia. Cioè, noi dovremmo avere l'ambizione, visto che non siamo riusciti a far funzionare bene l'Italia come classe dirigente del Piemonte, di far funzionare il Piemonte più e meglio del Nord-Est, più e meglio della Lombardia.
Tra qualche anno, quando uno attraverserà il confine e verrà qua, dal Ticino, dovrebbe dire: "Caspita, siamo in Piemonte: i treni funzionano, la segnaletica è tutta a posto, i guardrail sono dritti, le rive delle strade sono decespugliate!". Non come oggi, dove da anni non riceviamo i soldi dallo Stato centrale neanche per pulire le rotonde e le rive delle strade e dobbiamo chiedere, nelle nostre province, il lavoro dei volontari per andare a pulire e mettere in sicurezza le strade.
Siamo ridotti a una situazione avvilente, pertanto ritengo che questa sia l'occasione per far venir fuori un orgoglio piemontese e dimostrare che siamo capaci di competere con il resto del Nord produttivo del nostro Paese, ma lo possiamo fare solo più noi, non dobbiamo più avere la scusa di dire: "Siamo andati a Roma, ci hanno detto di no".
Paradossalmente, stiamo discutendo di un provvedimento che ci deve dare più autonomia e, contestualmente, stiamo restituendo all'ANAS un tot di strade che 10-15 anni fa, con grande felicità, avevamo preso in gestione.
Perché? Perché l'ANAS, come gestione, 15 anni fa faceva schifo. Poi miracolosamente, adesso qualcuno sostiene (Delrio, che ha sfasciato le Province) che l'ANAS è diventato un gioiellino e quindi ci hanno detto, in fretta e furia, negli ultimi 12 mesi: "Fate un elenco di strade e ce le ridate". Non ho capito cosa sia successo. Ho delle preoccupazioni. So solo che quando ci davano i soldi che servivano, noi spendevamo molto meno a mettere a posto le nostre strade di quanto spende, a chilometro, l'ANAS.
Credo che, davvero, questo sia un punto di svolta, nel quale, se abbiamo gli attributi, - noi piemontesi dobbiamo sfruttare quest'opportunità per dimostrare che li abbiamo e smetterla di andare a Roma con il cappello in mano.
Per sfruttarla noi presenteremo oggi o nei prossimi giorni - ce l'abbiamo già pronto - un ordine del giorno che dice semplicemente, per essere concreti, che se lo Stato centrale ritiene che la TAV non sia una infrastruttura strategica per il Paese, noi piemontesi riteniamo che invece lo sia. Di conseguenza, chiediamo alla Giunta di trattare con il Governo centrale la sostituzione, nella società che deve realizzare la TAV, dello Stato centrale con la nostra Regione e, parallelamente, di discutere, in sede di trattativa per la gestione dei residui fiscali, un'adeguata cifra pluriennale che utilizzeremo per cofinanziare l'opera.
Chiederemo anche che tutte le concessioni autostradali, visto che il gettito che deriva dai contributi che si pagano quando passiamo al casello lo generiamo noi, restino in Piemonte. Le concessioni autostradali lasciano i soldi nelle casse centrali dell'ANAS e l'inquinamento nei nostri polmoni.
Quegli incassi li vogliamo noi piemontesi perché, a quel punto, li gestiamo, li usiamo per la TAV e li usiamo per calibrare lo spostamento dalla gomma al ferro, come fanno gli Svizzeri e gli Austriaci. Queste richieste cominciamo a scriverle.
Prendiamo molto volentieri atto del fatto che questo Consiglio si appresta ad approvare questo provvedimento e cominciamo a entrare nel concreto. Chiedendo, ad esempio, una cosa strategica e fondamentale per lo sviluppo del nostro territorio: come subentrare allo Stato centrale, se non lo fa lo Stato, nella TAV.
Ovviamente chiederemo anche che gli incassi dei passaggi dei treni dal futuro tunnel siano incassati anche in parte da noi. Se entriamo nella società, i ricavi e i dividendi saranno anche in parte dei piemontesi e li useremo per migliorare quelle infrastrutture che servono a migliorare la qualità dell'aria. Siamo stufi di respirare in Pianura Padana la peggiore aria di tutta Europa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Gancia; ne ha facoltà.



GANCIA Gianna

Grazie, Presidente.
Desidero ringraziare la parte politica che ha deciso di intraprendere questo percorso. Ricordo che avevo presentato una proposta di legge per un referendum, affinché venissero interpellati i piemontesi. La Giunta e il Presidente Chiamparino hanno ritenuto di seguire la strada della Regione Emilia-Romagna. Non è una critica, ma solo un excursus per ricordare da dove arriva questo documento che discuteremo in modo più approfondito la prossima settimana.
Voglio anche ringraziare tutti gli Uffici che hanno lavorato, ma desidero anche ringraziare il Consigliere e amico Luca Bona perché, dopo il suo arrivo in Consiglio, un forte impulso è stato dato al percorso dell'autonomia del Piemonte.
Avremo modo di discutere, punto per punto, la prossima settimana. Oggi vorrei ribadire l'importanza del documento di Giunta, poi elaborato in Commissione da parte di tutti i Gruppi, perché è una tappa di un percorso che arriva da lontano. È un percorso che è arrivato da Cavour - mi limito a citare i nostri piemontesi - passando poi per Einaudi. Ricordo la Carta di Chivasso, ricordo i Patti di Saretto e altri momenti importantissimi e nomi come Altiero Spinelli e Luigi Einaudi.
Vorrei solo fare una precisazione per quello che riguarda le Province.
Riteniamo che sia stato un gravissimo errore aver tolto o avere delegittimato le Province perché in democrazia, senza voto popolare l'istituzione è meno forte, ma tutto questo sarà oggetto di discussione la prossima settimana.
Il mio intervento era semplicemente per fare presente che è un momento l'ha già ribadito il Consigliere Andrea Fluttero, importantissimo per la nostra Regione.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Mighetti; ne ha facoltà.



MIGHETTI Paolo

Grazie, Presidente.
Ascoltando gli ultimi interventi, sembrerebbe di essere in un Consiglio regionale composto da movimenti politici che non hanno mai governato questo Paese e che sono completamente estranei alle dinamiche di questo Stato negli ultimi vent'anni. È abbastanza singolare questa impressione.
Detto questo, ci serve anche sottolineare quale sia l'accelerazione sul tema autonomia negli ultimi mesi. Ci pare di notare una certa qual dose di maggior coraggio subentrata in Regione Piemonte con il cambio di Governo.
Pensiamo anche che, nella proposta che viene portata oggi in Aula questa forma di coraggio aggiuntiva sia abbastanza esplicita.
Tolte le questioni più generali, vorrei andare più sul particolare, più su questioni relative proprio al testo della delibera. In particolare sulle questioni legate al governo del territorio, alle deleghe delle Soprintendenze e alle risorse sulla difesa del suolo e vorrei fare alcune valutazioni, in primis, sul governo del territorio.
Il governo del territorio è una materia che, di fatto, è stata delegata alle Regioni e, in minima parte, si è deputata allo Stato una capacità d'intervenire sulle scelte delle singole Regioni. A mio giudizio, quello che manca non è tanto la capacità di creare un'autonomia da parte di singole Regioni, che può essere addirittura mal gestita e può creare confusione a livello di Stato Italiano, ma è necessario intervenire, a livello nazionale, per definire alcune delle leggi esistenti con maggior cura e dettaglio.
Noi abbiamo delle norme, la norma urbanistica fondamentale, la legge n.
1150 del 1942: norma che tutti ricordano essere nata sotto i bombardamenti e che ha la specificità particolare di avere degli articoli che sono implicitamente abrogati; una norma che quindi mette un po' a repentaglio quella che è la solidità di un impianto legislativo sulla materia. Se si volesse fare chiarezza su questa materia, basterebbe modificare a livello nazionale la norma, accorparla ad altre norme esistenti, come la legge n.
1444, e creare un substrato su cui basare tutte le norme regionali, senza fare passi falsi. Chiaramente, su questa norma incide molto quella che è l'ingerenza sulla proprietà privata e su tutti i diritti connessi, ma diciamo che dopo oltre settant'anni di esercizio della normativa urbanistica in ambito nazionale sarebbe veramente il caso di dotarsi di una legge chiara e precisa.
Detto questo, dal punto di vista della norma regionale e della capacità della Regione di avere un'autonomia in tal senso, abbiamo sottolineato già in Commissione alcune parti del testo che ci paiono abbastanza fumose; per esempio, al punto a), "Governo del territorio e beni paesaggistici e culturali", uno dei primi punti recita: "La potestà di definire azioni e strumenti innovativi e specifiche politiche urbane a regia regionale finalizzate a promuovere e attuare processi strutturali di rigenerazione urbana, di natura innovativa organica e semplificata, in grado di agire sulle componenti naturali e antropiche del territorio, fisiche e spaziali" salto le parentesi - "sul sistema economico e produttivo, sulla componente sociale con azioni di innovazione sulla filiera dell'abitare;".
Più o meno, conoscendo la normativa urbanistica sia nazionale sia regionale, non capisco quale sia l'elemento innovativo di questa richiesta di autonomia. Mi pare abbastanza singolare riproporre un elemento che forse, già altre Regioni hanno posto in essere in questa maniera nell'identica maniera in cui noi lo riproponiamo oggi e che lascia un po' il tempo che trova dal punto di vista della proposta generale.
Passando alla questione relativa ai beni culturali, anche qui, come abbiamo già sottolineato in Commissione, mi pare che ci sia una certa confusione sul tema; un certa confusione, forse, anche minimamente voluta.
Va bene che questo documento è un documento di base, è un documento su cui si può aprire una trattativa, però dal mio punto di vista un documento di base deve essere un documento generico, ma che crea delle sponde e dei confini su cui si chiedono delle autonomie e delle concessioni da parte dello Stato centrale. Secondo noi, ne va della credibilità dell'intera proposta.
Detto questo, mi piacerebbe capire anche quale sia stato il dialogo con le Soprintendenze, che al momento reggono un po' il sistema dei beni culturali a livello locale. Con le Soprintendenze, chiaramente, la Regione dialoga e ha dialogato per il Piano paesaggistico e dialoga su tutta la questione riguardante la tutela dei beni culturali, ma mi parrebbe azzardato porre in essere delle proposte senza aver sollecitato un confronto con i soprintendenti e aver cercato insieme, prima di tutto, a queste persone che lavoravano sul nostro territorio una strada che potesse essere d'interesse comune.
Da quanto ci pare di capire, potrebbe addirittura essere una capacità d'azione residuale quella che rimane alle Soprintendenze sul nostro territorio, questa è un po' una paura che ci rimane addosso nell'esaminare questa proposta. Pensiamo che su questo fronte ci sia un duplice tema, un tema del personale e un tema delle risorse, perché va da sé che la Regione Piemonte, per com'è organizzata ora, non potrebbe sostituirsi alle Soprintendenze, senza ottenere dalle Soprintendenze stesse quelle che sono le risorse utilizzate il personale a oggi impiegato. Su questo apriamo questa parentesi e questo punto di domanda.
Dal punto di vista del tema generale di quelle che sono le attività della Regione, condividiamo che la Regione possa andare a lavorare sul tema dei beni culturali e avere una propria autonomia. Tutto sta a capire quali sono le vere necessità e se vogliamo sottolineare, dal punto di vista paesaggistico e dal punto di vista vincolistico, che spesse volte ferma e frena interventi che possono essere anche virtuosi; dobbiamo capire come intervenire per ridurre i tempi delle autorizzazioni paesaggistiche e definire anche dei parametri per sveltire le verifiche sugli edifici pubblici, per capire se gli stessi sono sottoposti a vincoli.
Infatti, all'articolo 12 del decreto legislativo n. 42/2004 è previsto che ogni edificio di proprietà pubblica con un'età superiore ai settant'anni sia di per sé stesso un edificio che noi trattiamo come vincolato, salva una verifica che deve essere attuata dalle Soprintendenze.
Queste verifiche non sono attuate d'ufficio; spesso i Comuni si trovano a dover intervenire su edifici che ormai sono costruzioni del dopoguerra e si trovano a confrontarsi con un vincolo che sottende a un'autorizzazione autorizzazione che è lunga, e verifica che è più lunga dell'autorizzazione per cui si tratta di una pastoia incredibile.
Ultime due considerazioni. Si chiede di regionalizzare i fondi relativi alle risorse sulla difesa del suolo. Ci preme precisare che questa è una proposta che apprezziamo, ma fino all'altro giorno ci avete spiegato come il sistema RENDIS sia un sistema bellissimo, che funziona benissimo.
Probabilmente non è così.
Questione strade ANAS. Vogliamo recuperare le strade che attualmente gestisce l'ANAS a gestione regionale? Benissimo, ma capiamo che cosa stiamo facendo sul fronte delle strade provinciali. Mi sembra che ci sia un gran calderone di questioni che sono andate e venute su diversi fronti e su diverse posizioni.
Speriamo che questa ricerca di autonomia faccia chiarezza e non faccia ulteriore confusione in questo processo, che deve essere un processo virtuoso e non un processo involutivo rispetto alle nostre competenze e alle competenze dello Stato.



PRESIDENTE

La parola al consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Come mi capita spesso, da Capogruppo stavo chiedendo il polso ai miei colleghi e sinceramente diciamo - senza togliere niente al lavoro enorme e particolarmente impegnativo del Vicepresidente Reschigna - che non siamo molto appassionati di questa discussione. Ve l'abbiamo detto più volte in mille salse diverse in questi mesi.
Vi dico perché non ci ha appassionato la discussione promossa soprattutto dalla Lega e dal centrodestra in Veneto e in Lombardia.



(Commenti del Consigliere Sinatora)



GRIMALDI Marco

Sinatora, non si offenda. Non ci ha appassionato il referendum lombardo e veneto di richiesta di maggiore autonomia, né quasi mai ci appassiona la discussione su dove e quanto devono essere ridistribuite le tasse. Anche perché - diciamolo sinceramente - che sia la vecchia Lega o la nuova Lega di Salvini, sempre un neo-centralismo vediamo davanti, tra l'altro spesso con poco rispetto sia degli Enti locali sia delle Autonomie: basta vedere il livello di trasferimento, negli anni fra il 2001 e il 2006, da parte dei Governi del centrodestra e basta vedere cos'è avvenuto successivamente nel ritorno del Governo Berlusconi fra il 2008 e il 2011. Francamente, anche i primi atteggiamenti di questo Governo non mi paiono né rimuovere gli ostacoli del pareggio di bilancio per gli Enti locali né di grande dialogo e discussione con le Regioni.
Fatemi però dire che il tema dell'autonomia - lo dicevamo anche con i colleghi del Gruppo LeU - non può essere solo inserito all'interno del non funzionamento del Titolo V della Costituzione. Sinceramente, non mi convince neanche quest'esasperazione dell'idea che tutto quello che è materia concorrente sia un problema e un ostacolo. Io credo che - lo dicevamo proprio con Silvana Accossato - sia anche giusto che alcune materie rimangano concorrenti: dipende come.
Faccio un esempio che è previsto nella nostra proposta. È chiaro che per quanto riguarda il diritto allo studio scolastico, noi abbiamo appena chiesto all'IRES un lavoro su questi 15 anni di diritto allo studio; sto parlando non di quello universitario, che è perlopiù a carico nostro, ma del diritto allo studio delle scuole primarie, della cosiddetta ex scuola dell'obbligo. Ecco, noi abbiamo visto una sovrapposizione di finanziamenti fra i libri di testo, i cosiddetti finanziamenti ai trasporti, i nostri voucher.
Ebbene, rispetto al ruolo degli Enti locali, ritengo che quella sia la classica materia in cui il fatto di non aver sciolto dei nodi in questi 15 anni, così come chiediamo oggi in questa proposta, abbia portato paradossalmente alla copertura di non tutti i cosiddetti idonei e anche all'incapacità di trasformare i cosiddetti rimborsi in vere borse di studio.
Così si potrebbe dire per tante altre materie. È chiaro che il tema sanitario è quello che ovviamente appassiona di più quest'Aula, anche perché lì dovremmo avere tutta l'autonomia concepibile. Invece non è stato ancora possibile neanche dichiarare quello che si dice all'inizio della nostra relazione, ovvero che dentro quei budget di spesa la Regione abbia la piena autonomia di scegliere le materie e, soprattutto, che sia importante, in qualche modo, che non ci siano limiti nella nostra autonomia di spesa.
Ci sono tanti altri temi che abbiamo affrontato, primo fra i tanti, per esempio, quello scottante di quest'estate: le revisioni autostradali, le concessioni. Come ci siamo detti, credo che le Regioni debbano avere un ruolo attivo e anzi debbano dare in qualche modo il vero indirizzo alle politiche dello Stato. Per questo, come sapete, come Liberi e Uguali abbiamo fatto una proposta alla Giunta: intanto di non procedere, per esempio, su tutto il nodo della tangenziale, da subito, e che questo atto venga subito sancito con delle proposte politiche.
Noi vorremmo che in qualche modo non si andasse verso il rinnovo, ma addirittura che si prevedesse un passaggio allo Stato di questa concessione, anche per fare una cosa sacrosanta: dopo tantissimi anni in cui i cittadini di tutta la Provincia di Torino hanno pagato moltissime risorse proprie per ammortizzare quell'investimento, pensiamo che si debba ritornare alla gratuità.
Perché dico questo? Perché è materia anche di questa deliberazione. Il fatto che questo tipo di scelta venga fatta dalla nostra Regione, non è solo un appello al Governo, ma è materia di nostra competenza.
Diciamo anche, per andare al sodo, le cose che non ci convincono.
Abbiamo proposto un emendamento soppressivo sulla parte.
Presidente, io però non sento niente. Potete anche non stare attenti però state zitti.



PRESIDENTE

Consiglieri, lasciamo parlare il Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Valle, grazie mille per l'attenzione.
Abbiamo presentato due emendamenti, uno soppressivo e uno integrativo.
Sulla parte dell'istruzione vorremmo che venga aggiunta tutta la materia della formazione continua e permanente, cioè tutta la formazione per gli adulti. È inutile che ci lamentiamo dell'analfabetismo di ritorno nel nostro Paese e poi non troviamo i modi e le strategie per prevedere, su quella parte della formazione degli adulti, anche una nostra autonomia proprio per provare a integrarla con la formazione e con lavoro delle Università.
Siamo anche molto preoccupati, dopo aver sentito le parole degli Assessori del Veneto e della Lombardia, per la richiesta di una maggiore autonomia sul tema "assunzioni" nel campo scolastico.
Per questo motivo - l'abbiamo già detto alla Giunta - se c'è quel punto, noi non voteremo il documento. Abbiamo richiesto un emendamento soppressivo di quelle tre parole che prevedono quella nostra autonomia.
Credo che, di fatto, siano entrate nel documento su una piccola porzione.
Noi non vogliamo ambiguità per questo, perché sappiamo benissimo che votato questo testo, sarà tutta una trattativa nazionale.
Non vorrei vedere il Piemonte schierato con altre Regioni, in una richiesta che per noi inizia a profumare di "gabbie salariali". Dopo le proposte del Governo delle ultime ore e dopo le tante uscite sui livelli salariali fra Nord e Sud, eviterei di mettere le Regioni nelle condizioni di dover iniziare a pensare a un proprio Piano delle assunzioni nella parte scolastica, che per noi continua a essere un reparto nazionale, come ci dicono, tra l'altro, tutti i lavoratori e i sindacati.
Ultima questione.
L'hanno detto anche i colleghi del Movimento 5 Stelle, su quello che è già stato un pezzo di discussione in Commissione. Anche noi apprezziamo i miglioramenti del testo sulla sanità integrativa, però abbiamo rimosso alcune ambiguità. Tuttavia - lo diciamo perché non ci fidiamo tanto di questa trattativa nazionale - rimaniamo molto in dubbio sul messaggio di fondo.
Sappiamo bene che una parte del sistema sanitario, soprattutto quello che sta fuori dai LEA, si sta muovendo verso tutto quello che è integrativo e nell'integrativo c'è di tutto: le mutue solidali, che provengono da una storia centenaria di solidarietà e di ridistribuzione; le assicurazioni; le fondazioni, che hanno un nuovo ruolo attivo; il privato, che prova a vendere, soprattutto ai solventi, la possibilità di sostegno per tutto quello che è fuori dal sistema sanitario.
Ciò che mi preoccupa, ancora di più che negli extra LEA, è tutto il tema della parte odontoiatrica e della parte che, per altri motivi, è fuori da sempre dal sistema sanitario.
Ovviamente ci preoccupa tutto il tema delle non autosufficienze; per cui, in questa versione che comunque non ci convince del tutto, pur essendo migliore di quella di prima, noi facciamo un sommesso appello (perché mi pare che non tutte le Regioni italiane abbiano il nostro atteggiamento): un conto è dire che qualcuno dovrà normare questa materia, un conto è fare i promotori di quello che è un disegno per cui, chi se lo può permettere, va verso i fondi integrativi privati e chi non se lo può permettere resterà non solo fuori dai livelli essenziali di assistenza, ma fuori dalle coperture pubbliche.
Per questo motivo, speriamo che questi punti emergano nella discussione, perché non la vogliamo chiudere in queste quattro parole, ma auspichiamo che il tema dell'autonomia venga affrontato dentro altre grandi discussioni che sono invece assenti da questo documento.
Ne dico due e poi mi taccio.
La prima è il tema della tassazione, dell'IRAP. Come sapete, noi siamo addirittura per l'abolizione dell'IRAP e non, come dice la destra, perch pensiamo che sia una tassa ingiusta, ma semplicemente perché i più grandi la eludono e, come abbiamo detto tante volte, il nostro tabaccaio, il nostro giornalaio o quel bar sotto casa pagano mediamente più tasse delle grandi imprese che hanno sede fiscale e legale all'estero, che possono fare il profit shifting e possono attuare legalmente tutti i meccanismi elusivi che lo Stato consente.
Il secondo è quello dei trasporti, ben presente nelle nostre linee guida, ma mai dentro la grande partita degli investimenti.
Ieri abbiamo fatto una lunghissima discussione sul tema delle priorità strategiche. Mi pare che, come si capisce bene, per quanto l'autonomia sul trasporto pubblico locale sia molto forte, in realtà il tema della tassazione e della ridistribuzione delle risorse non passa mai dai temi più scottanti del Paese: l'inquinamento del Nord Italia, la congestionamento delle nostre città e il non avere una vera alternativa al trasporto privato nei nodi più complessi del Paese.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Segretario Bertola, in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Arriva in Aula questa delibera sulla richiesta di maggiore autonomia legislativa e finanziaria per la Regione Piemonte, secondo quanto previsto dall'articolo 116 della Costituzione, e sulle materie dell'articolo 117 della Costituzione, quindi due a potestà legislativa esclusiva e altre a potestà legislativa concorrente.
Abbiamo detto fin da subito che noi, in generale, non siamo contrari non abbiamo una posizione pregiudizialmente contraria rispetto alla richiesta di una maggiore autonomia; così come non l'hanno avuta i nostri colleghi di altre di altre Regioni. Siamo favorevoli ad avviare un percorso del genere, avendo sempre come faro il principio di solidarietà e di interesse dello Stato, quindi un'autonomia che non va a togliere risorse agli altri, ma piuttosto permette di usare meglio le risorse del Piemonte e trattare in modo specifico questioni che sono specifiche. Su questo c'è un percorso avviato già da tempo dal Governo.
Nutriamo, però, delle perplessità, anzi delle forti contrarietà riguardo al metodo che è stato utilizzato.
Il Piemonte è partito tardi. Quando altre Regioni parlavano del tema e addirittura, indicevano un referendum consultivo - aspetto che per noi sarebbe stato importante, giacché nessuno aveva nel programma elettorale la richiesta di maggiore autonomia, quindi non era un qualcosa su cui c'era già una delega da parte dei cittadini piemontesi, ma era un tema salito agli onori delle cronache dopo - sarebbe stato opportuno, necessario e importante, su una questione fondamentale come questa, che agisce nel recinto costituzionale ma che va a toccare parti importanti della Costituzione, sentire i cittadini.
Vedo che, nel frattempo, è arrivato anche il Presidente Chiamparino: prima eravamo tutti e due al Tavolo per la Comital; anche da questo punto di vista ci sono delle novità positive.
Sono rimasto un po' perplesso quando ho sentito il Presidente Chiamparino dire in Commissione che il referendum sarebbe stato, comunque un gesto simbolico. Ascoltare i cittadini non è mai un gesto simbolico. È importante. È talmente importante che i cittadini (in questo caso non piemontesi, ma italiani) per ben due volte, nel 2006 e nel 2016, hanno fermato delle riforme costituzionali disastrose e irricevibili (visto che si parla di questioni costituzionali).
Dicevo prima che mentre alcune Regioni addirittura facevano un referendum, qui non si parlava assolutamente di "autonomia". È partito all'inizio dell'anno un ragionamento in tal senso. A dire della Giunta regionale, sono stati coinvolti tutti gli stakeholder, le associazioni sindacali e le associazioni imprenditoriali, però poi non se n'è più parlato.
Oggi, grazie anche al fatto che c'è, per fortuna, un Governo nuovo a livello nazionale, si arriva qui e, in qualche modo, si punta al Consiglio la pistola alla tempia, dicendo che si deve correre altrimenti si perde il treno.
Se si perde il treno, è perché si è arrivati alla stazione molto tardi.
E ad arrivare molto tardi alla stazione è la Giunta regionale, non certo il Consiglio regionale, che ha ricevuto da poco (quindi recentemente) una proposta di deliberazione che deve poter analizzare, discutere e, se possibile, come abbiamo cercato di fare in Commissione e come cercheremo di fare anche in Aula, migliorare, ciascuno dal proprio punto di vista.
Si è commesso, quindi, un grande errore dal punto di vista del metodo a nostro avviso.
All'interno di questa proposta di deliberazione ci sono, poi, delle questioni che ci lasciano perplessi, rispetto alle quali nutriamo anche delle contrarietà (possiamo dirlo); contrarietà che abbiamo espresso peraltro, in Commissione e che abbiamo ancora conservato per l'Aula.
C'è la questione, già evidenziata dal collega Bono, riguardante il Fondo sanitario integrativo. Abbiamo ottenuto delle modifiche in Commissione, ma tuttora permangono questioni che non ci trovano d'accordo.
C'è il tema della maggiore autonomia anche riguardo il pareggio di bilancio: sia chiaro che a noi non dispiace, ovviamente. Anche perché noi siamo sempre stati contrari alla norma sul pareggio di bilancio. Non siamo stati noi a votare in Parlamento questa modifica alla Costituzione, quindi fa un po' specie che chi l'ha votata in Parlamento, adesso cerchi di avere delle maglie un po' più larghe. Avete sbagliato prima? Si cerca di migliorare, per carità. Ma ammettete di aver sbagliato in passato, o ammettete che, in passato, qualcuno vi ha detto che eravate obbligati a fare così.
Sempre parlando di bilancio e di tasse, vorremmo anche chiarire un aspetto: noi siamo favorevoli ad avere una maggiore autonomia finanziaria lavorando su quello che è il residuo fiscale che attualmente ha la nostra Regione. Non vogliamo, però, che questo si trasformi nell'occasione o nel via libera per imporre nuove tasse regionali. Questo no! Se la maggior autonomia significa imporre nuove tasse, assolutamente no! Piuttosto, si può ragionare su un tipo di imposizione diversa - a saldi magari invariati, ma diversa - che vada ad agire su questioni differenti (su chi ha un maggior impatto sull'ambiente, per fare un esempio, secondo principi che sono già noti anche a livello nazionale).
C'è, poi, la questione delle infrastrutture (su questo aspetto sarà sicuramente più chiaro il collega Valetti, che ha presentato degli emendamenti in merito). Non intendo ritornare sulla questione TAV, poich oggi i toni sono meno accesi, ma va chiarito che noi siamo assolutamente per una crescita felice. Quindi, per riprendere una giusta espressione che ho sentito questa mattina dal nostro Vicepremier Di Maio, noi vorremmo spendere dei soldi per fare delle opere utili e importanti, non fare delle opere per spendere dei soldi.
Da questo punto di vista, se anche sul TAV si seguirà quello che è stato detto finora e quello che c'è nel contratto di Governo, con un'analisi costi-benefici, se quest'opera in qualche modo verrà ridimensionata e stralciata, ci dovranno essere, comunque, sulla nostra Regione degli investimenti su aspetti importanti, che riguardano il trasporto pubblico locale, la logistica e tutto quello che è importante per la vita quotidiana dei cittadini piemontesi e per lo sviluppo della nostra Regione.
Ci sono anche delle questioni più marginali sulla parte che riguarda l'ambiente, rispetto alla quale abbiamo presentato degli emendamenti (ad esempio, sulla questione della fine della qualifica di rifiuto, la cosiddetta end of waste). Peraltro, devono arrivare dei decreti a livello nazionale che permettano di trattare meglio la questione. Anche da questo punto di vista - garantire uno sviluppo alle nostre imprese con la green economy - pensiamo che avere maggiore autonomia a livello regionale sulla materia possa poi ingenerare confusione in una materia come quella dei rifiuti, che comunque non è presa a compartimenti stagni e non si esaurisce nell'ambito di una Regione, ma ha dei risvolti nazionali. Così come già abbiamo fatto in Commissione, avremo assolutamente un atteggiamento costruttivo verso questa proposta di deliberazione e continueremo a portare avanti le nostre proposte per migliorare il testo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Seguendo la scia che ha lasciato il collega Bertola, mi addentro anch'io su questa richiesta di autonomia. Voglio entrare proprio nello specifico di alcune cose e parto dall'ambiente, perché è l'ultimo tema che ha affrontato il collega Bertola, quindi credo che sia importante. Nel momento in cui la Regione richiede maggiore autonomia in merito a bonifiche e discariche, sinceramente qualche dubbio si solleva dai nostri banchi perché concretamente quante bonifiche sia riuscita a fare in questi anni la Regione Piemonte l'abbiamo tutti sotto gli occhi. Non vi erano risorse certamente, però se non era un sito nazionale con risorse nazionali, di fatto, le bonifiche in Piemonte sono ferme. Il numero di Comuni e i siti regionali da bonificare si sovrappongono. Ci sono grosse difficoltà e credo che la Regione, da questo punto di vista, non abbia esperienze di bonifiche tali da consentire una richiesta di maggiore autonomia.
Per quanto riguarda le discariche, mi viene in mente la vicenda delle fideiussioni fantasma. Se una Regione ha difficoltà anche a verificare delle fideiussioni - penso al caso della Gadal Insurance, società già indicata nel mondo calcistico come poco affidabile - e un piccolo controllo di questo tipo crea delle difficoltà al sistema regionale, vuol dire che effettivamente c'è una difficoltà nell'organico, nel senso che il numero di persone che ha a disposizione la Regione per fare verifiche e controlli è decisamente limitato rispetto agli impegni che la stessa, purtroppo ma giustamente, si deve prendere. Però già adesso questa macchina è affaticata dagli impegni e aggiungere autonomia nell'ambito ambientale crea sicuramente delle difficoltà ulteriori.
Penso anche all'altra richiesta, la potestà legislativa su scarichi e accertamento illeciti amministrativi. Nella passata legislatura finalmente è stato riconosciuto il reato ambientale dal punto di vista penale e credo che anche su questo fronte bisognerebbe stare molto attenti, perch potremmo andare incontro a delle difficoltà ulteriori.
Sicuramente da un altro punto di vista, quello delle compensazioni abbiamo visto nella legge rifiuti delle difficoltà create dal livello nazionale. Su questo fronte, potremmo sicuramente riconoscere la necessità di dare una maggiore autonomia alla Regione e probabilmente anche su un altro fronte, che è quello della gestione post mortem delle discariche dove allo stato attuale abbiamo delle grosse difficoltà che si sono verificate nel territorio novarese e biellese, dovute al fatto che, nel momento in cui il gestore è privato, non si riescono a creare dei fondi che diano la garanzia della gestione dei costi e della vita post mortem.
Per quanto riguarda il settore sanitario, devo dire che l'unificazione della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, a mio parere creerebbe delle difficoltà importanti. Su questo mi sono già confrontato con il Vicepresidente della IV Commissione Bono, perché crea delle difficoltà ulteriori. Abbiamo, da una parte, un bailamme incredibile - e mi riferisco alla spesa ospedaliera - con un pay back che è in alto mare, con ricorsi e controricorsi e 70 aziende che hanno fatto ricorso al TAR e con una spesa che, allo stato attuale, è poco controllata. Dall'altra parte abbiamo una spesa sanitaria territoriale che, invece, è fortemente controllata, tant'è vero che la nostra spesa farmaceutica territoriale è controllata, nel senso che è sotto le percentuali di spesa indicate spettanti alla nostra Regione.
Per questo motivo, mettere insieme questi due calderoni creerebbe sicuramente delle difficoltà. Se poi pensiamo al capitolo dei farmaci innovativi e farmaci oncologici per farne un calderone unico, sinceramente creerebbe delle ulteriori difficoltà.
Per quanto riguarda l'apertura sui vincoli di spesa nell'ambito sanitario, nell'ultima seduta di IV Commissione abbiamo visto una situazione paradossale, dove dai dati che ci sono stati forniti, la Regione Piemonte ha perso all'incirca 3.000 figure professionali nell'ambito della sanità, quindi 3.000 posti di lavoro in meno nell'arco degli ultimi sette otto anni. Abbiamo la possibilità di utilizzare - questo è quanto ci è stato detto dall'Assessorato - dei soldi vincolati alle assunzioni, ma di fatto questi soldi non ci sono.
Togliere i vincoli per i capitoli di spesa nella nostra regione, vista la gestione fatta nel passato e quanto ci viene detto tutt'oggi, potrebbe creare delle difficoltà nel reperire risorse fondamentali, come quelle delle assunzioni. Nel momento in cui si è scatenata una crisi dettata da una crisi finanziaria dei mutui subprime, che però si è riverberata sul sistema economico piemontese, come in quello nazionale, la Regione Piemonte è entrata in piano di rientro della sanità che ha portato a un'espulsione come dicono i dati, di 3.000 posti di lavoro da un settore pubblico. In quel frangente, era fondamentale non trovarsi impreparato e in difficoltà anzi creare una barriera alla crisi che sormontava; invece, il settore pubblico, così ci dice IRES, ha aumentato del 15 per cento quella che era una crisi in corso. Questo è il costo della cattiva gestione politica fatta in questi anni dalle passate Giunte di centrosinistra e centrodestra che si sono succedute negli anni.
Sui fondi sanitari integrativi, e concludo, credo che questo sia un campanello d'allarme: noi rischiamo di ripercorrere strade sbagliate perché il lavoratore che ha la possibilità di avere il fondo integrativo ha la possibilità di garantirsi un pezzettino di sanità in più, ma in Italia, in questi anni - secondo le relazioni che ci sono state date viviamo in una situazione paradossale, dove il diritto universale alla sanità non è più garantito. Ci sono otto milioni di persone che rinunciano alle cure, ci sono persone che hanno lavori fortemente precari, ci sono persone che non hanno la possibilità di accedere ai fondi integrativi.
Su questo, devo fare anche una critica a un sindacato che, sulle battaglie sociali, è sempre stato molto in sintonia con le mie idee (la FIOM), che ha accettato i fondi integrativi nel contratto nazionale metalmeccanici. Quello è stato un cedimento molto grave, perché i fondi integrativi non li possono avere i disoccupati e i lavoratori precari ossia chi ha pagato maggiormente questa crisi, perché in Piemonte c'è stato uno scivolamento verso il basso da parte di una grossa fetta della popolazione. Lo testimoniano non solo i dati sulla disoccupazione, ma anche tutte le relazioni: è un sistema produttivo meno resiliente rispetto a quello delle altre Regioni del Nord Italia.
Pertanto, il sistema produttivo piemontese, che ha più difficoltà a investire nell'innovazione, fatica di più a concorrere sul mercato globale.
Come diceva il Vicepresidente Reschigna, bisogna essere più glocal, per bisogna anche riconoscere il fatto che abbiamo la difficoltà, tutta piemontese, nel trovare risorse sia pubbliche sia private, ma anche la vicenda di Finpiemonte, che ha caratterizzato questi ultimi due anni, è paradossale.
Trovare il modo per sbloccare la situazione economica e sociale in Piemonte, a nostro parere, non passa sicuramente dai fondi sanitari integrativi, creando un fondo regionale che non viene molto ben delineato e che può dare origine a ulteriori difficoltà, perché questo fondo integrativo escluderà sicuramente una grossa fetta della popolazione piemontese che si ritrova in una situazione di grave precarietà, che si ritrova a non avere accesso alle cure sanitarie, il cui miglioramento delle condizioni economiche e sociali non passa sicuramente dai fondi sanitari integrativi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valetti.



VALETTI Federico

Grazie, Presidente.
Chiudo, con questo, una serie d'interventi condivisibili dei miei colleghi.
Questo provvedimento viene da una necessità reale del territorio quindi credo che il dibattito in merito all'autonomia sia utile. È un po' diverso dal contenuto del documento che ci aspettavamo di trovare: ci hanno un pochino indisposti su alcune questioni, pur ritenendo utile parlare di processi di autonomia.
Non posso che rimarcare nuovamente le priorità che secondo noi dovrebbero essere prese in carico prima di discutere di chi fa che cosa: prima di discutere chi fa che cosa, dovremmo discutere come si fa. Come si fa, perché abbiamo un Piemonte estremamente provato dalle condizioni economiche dell'Ente stesso, che ha avuto delle difficoltà importanti negli ultimi anni a causa dei bilanci gestiti in modo non oculato, quindi non gestiti come farebbe un buon padre di famiglia.
La Regione è stata esposta a condizioni economiche e finanziarie pericolose per l'Ente e per i piemontesi. Chiaramente, questo non ha migliorato la capacità della Regione di rispondere e fornire i servizi che è titolata a offrire. Da qui, nasce un po' il nostro disappunto sul cercare di ottenere maggiori autonomie in un settore in cui non vi è tanto un problema di autonomia o di soldi; certo, è anche un problema di soldi, ma questo rimane anche con l'autonomia, perché i criteri di ripartizione dei fondi e delle tassazioni restano comunque vincolati, non è che possiamo mettere le mani nelle tasche dei cittadini piemontesi per finanziare nuovi tipi d'interventi che oggi lo Stato non fa, perché alla fine si tratta di un equilibrio tra entrate e uscite.
Quello che, invece, bisogna fare è efficientare la spesa pubblica regionale e questo si poteva già fare con alcune funzioni che sono gestite in modo coordinato dallo Stato centrale, dal Governo e dalla Regione, come il trasporto pubblico e come le strade.
Le strade meritano una menzione doverosa, perché è evidente a tutti i cittadini piemontesi lo stato di incuria e di graduale degrado delle nostre infrastrutture stradali. Non parliamo solo dei ponti o dei viadotti che magari spaventano per la questione della sicurezza, ma parliamo della viabilità ordinaria. Lo stato delle nostre infrastrutture è decadente quindi non siamo in grado di gestire l'ordinaria amministrazione delle infrastrutture.
Molte sono in carico ad Enti locali; Enti locali che non hanno i soldi o magari non li spendono bene: parliamo delle strade provinciali e regionali. Poi, ci sono le autostrade, che si reggono grazie ai pedaggi.
Inoltre, c'è l'infrastruttura ferroviaria.
Ancora oggi abbiamo avuto notizie di pendolari lasciati a piedi, perch i treni erano pieni e non c'era più posto: sono tornati tutti a casa e hanno preso la macchina! Abbiamo a che fare con questi esempi di vita quotidiana molto concreta e ci chiediamo: "Tutto questo verrebbe risolto con una gestione del fondo interamente regionale?". Secondo me, no, perch è mancato il ruolo programmatorio e di controllo della spesa. Il modo in cui vengono spesi i soldi è più importante di chi è ad avere in mano il portafoglio. In particolare, sul trasporto pubblico si continuano a spendere i soldi secondo criteri storici. Non viene fatta un'analisi per stabilire dove c'è più bisogno e dove meno. Quando non siamo sicuri tagliamo i fondi pubblici, tagliamo le corse nelle nostre vallate, perch pensiamo "tanto sono vuoti", invece di pensare a come riempirli, questi mezzi pubblici.
Invece di pensare a come riempire le vallate che si spopolano, tagliamo i rami secchi, tagliamo le linee minori, così impoveriamo ancora di più perché chi non ha l'auto, non se la può permettere e sceglie di vivere in montagna, vede togliere un altro servizio. Le periferie sono quelle che pagano di più questa logica. Queste scelte vengono fatte dalla Regione Piemonte tramite la sua Agenzia della mobilità, con un fondo nazionale integrato da fondi regionali. Perché le cose che chiede la Regione nell'autonomia piemontese non sono paragonabili alle stesse cose chieste dalla Regione Lombardia e dalla Regione Veneto? Perché la Lombardia e il Veneto sostengono le proprie politiche e le spese dei fondi nazionali con una cospicua integrazione di fondo regionale proprio. Parliamo di Regioni a Statuto ordinario, che hanno le stesse possibilità del Piemonte. Veneto e Lombardia hanno le stesse possibilità normative e finanziatorie del Piemonte, ma perché in Piemonte non funziona? Perché il Piemonte ha un'economia depressa e l'ente Regione è un ente depresso, che non riesce più a investire e non ha la capacità finanziaria.
Di fronte a questo, voi volete internalizzare alcune competenze come la gestione autostradale e la gestione ferroviaria. Una Regione debole dal punto di vista economico e contrattuale, che non è la Regione Lombardia non è la Regione Veneto, non è la Regione Toscana e neanche la Regione Emilia-Romagna, si trova a dovere fare la parte del topo di fronte a grossi interessi privati, quali possono essere quelli relativi alla gestione autostradale di concessionari che hanno capacità economiche di spesa e contrattuali maggiori di quelli della Regione, come di fronte ai gestori delle ferrovie. È vero che il problema della società pubblica italiana delle ferrovie è un problema che, prima o poi, dobbiamo affrontare. È una società dello Stato ma, purtroppo, spesso si comporta come un privato.
Questo è un po' il paradosso delle S.p.A. gestite dallo Stato, che dopo un po' si dimenticano di fare l'interesse pubblico e fanno l'interesse dell'azionista.
Se guardiamo al caso emblematico del ponte di Genova, ci troviamo di fronte a un muro contro muro, un braccio di ferro tra i concessionari autostradali che hanno capacità finanziaria di miliardi e una Regione a contrapporsi a quei gestori, non lo Stato centrale. La vedo difficile pensare anche solo per un momento di sottrarsi da questo giogo di dover continuare a perseverare nella concessione, malgrado i disastri compiuti con una Regione che viene messa sotto ricatto. Una concessionaria autostradale ti può ricattare in mille modi, non che lo voglia fare esplicitamente, ma ha i suoi interessi: "Ti rinnovo la concessione, ti faccio le opere che servono, ma se la concessione è sufficientemente lunga magari anche dieci anni, tu, Regione, mi dai una proroga di dieci anni e io ti faccio tutte le opere che servono gratis".
Abbiamo visto che qualche volta non succede neanche quando dovrebbe. È chiaro che è un bocconcino allettante per una Regione che non ha soldi per finanziarsi le opere e non osa dire di no perché, politicamente, non lo pu fare. Diverso è il peso di uno Stato centrale che, infatti, l'ha fatto. Ha detto: "Io me ne frego assolutamente degli accordi in essere, qui c'è una questione di sicurezza nazionale, c'è una questione di onorabilità dello Stato e di garantire delle tutele che non sono state garantite fino adesso". Uno Stato che, comunque, ha i suoi problemi economici e una Regione, come la Regione Piemonte, messa molto peggio non è in grado di dare queste tutele.
Sull'aspetto delle concessioni, secondo me, è stato fatto un errore da parte di questa Amministrazione nel voler citare questo argomento, che trovo particolarmente esemplare di cose che è meglio gestire a livello centrale, che è meglio lasciar gestire da parte di un'Amministrazione forte, che ha le spalle larghe, anche per rispondere a degli interessi particolari. Gli interessi particolari poi deviano le politiche.
È facile farsi allettare da proposte economiche quando non si hanno soldi in cassa. Vogliamo uno Stato che sia forte rispetto ai privati e che tuteli gli interessi dei cittadini. Per me può restare aperto il discorso della gestione della viabilità locale, della gestione di infrastrutture come si dice nel documento, non di carattere strategico, perché non è chiaro quali siano le infrastrutture di carattere strategico.
In particolare, quando si tratta di grande direttrici di trasporto passeggeri e merci, sia ferroviarie che stradali, non mi sentirei assolutamente, con la Regione in queste condizioni, di gestire direttamente a livello regionale. Sono favorevole a infrastrutture minori, perché in parte è già così, ma ci vuole un controllo della spesa diverso e un modo di spendere i soldi più puntuale e più direzionato, altrimenti ci troviamo a non avere i soldi né per mantenere l'esistente né per fare investimenti sul nuovo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Campo; ne ha facoltà.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
Sinceramente su tutta questa materia sono piuttosto scettico, non perché non sia un regionalista convinto. Dal mio punto di vista la cosiddetta devolution, la riforma del 2001 che conferì alle Regioni alcune competenze specifiche e legislative e alcune concorrenti, è una riforma che poteva avere un senso se fosse stata portata a compimento. Pensare, oggi di incidere sulle espansioni possibili dell'organizzazione prevista nel 2001, dal mio punto di vista, è totalmente prematuro, per tanti motivi.
Primo motivo perché la riforma del 2001 è rimasta incompiuta. Quegli strumenti, che avrebbero dovuto dare alle Regioni la responsabilità effettiva delle politiche dell'imposizione fiscale, del reperimento e dell'impiego delle risorse economiche e finanziarie per le proprie politiche, non sono mai stati pienamente attuati, nonostante due Commissioni bicamerali, nonostante percorsi avviati più volte.
Tutto ciò che compete alla definizione chiara di quello che fanno le Regioni e come lo fanno e di quello che fa lo Stato centrale, soprattutto sulle materie concorrenti, è stato, di fatto, risolto attraverso sentenze della Corte Costituzionale. Non il modo migliore per definire le questioni e, soprattutto, comunque, non sono state costruite le leggi attuative della riforma del 2001 che davano alle Regioni l'elemento fondamentale, quello che ha fatto fallire, da subito, l'esperimento regionalista e che, dal mio punto di vista, è fallito. Oggi è da riavviare.
Gli enti Regioni sono stati irresponsabili. Il Piemonte è la Regione del Nord che maggiormente l'ha dimostrato in due legislature: Bresso e Cota hanno raso al suolo la capacità di spesa e la credibilità nell'investimento nella gestione economica della Regione Piemonte, massimizzando il debito e andando a utilizzare strumenti finanziari, come i derivati, che stanno diventando un problema gravissimo e poi addirittura, visto che non si poteva più fare debito, trasformando soldi che servivano a pagare fatture in nuova spesa, creando un deficit, per il quale si è dovuto costruire una soluzione legislativa per salvare la Regione attraverso una sostanziale gestione commissariale. Ricordo che il Presidente della Regione Piemonte sarà il Commissario della Regione Piemonte per i prossimi trent'anni, fino a che non avremo esaurito quello che era un deficit, quella nuova spesa fatta dal centrodestra nella scorsa legislatura, che dovrà essere riassorbita e che è stata spalmata in trent'anni.
Allora, cosa vuol dire chiedere nuove responsabilità e nuove risorse? Prima chiediamo che ci vengano date le responsabilità e le risorse che ci competono già per quanto scritto nella Costituzione, poi dimostriamo che siamo capaci di far fronte a quelle responsabilità e a gestire quelle risorse, perché a oggi, per quanto io riconosca l'impegno e il lavoro svolto nel riportare i conti sotto controllo, in questa legislatura, da parte dell'attuale Giunta e maggioranza, non riconosco però il lavoro svolto sulle politiche che si sarebbero dovute portare avanti. In particolare, possiamo citare il trasporto pubblico locale: non siamo stati capaci di ridefinire la programmazione, di fare delle nuove gare, per nulla, né sulla parte ferroviaria, né sulla parte del trasporto su gomma anzi, non siamo ancora stati in grado di ridefinirne la programmazione a livello dei singoli territori, neanche di quelli (io vengo da uno di questi) su cui c'era una maggiore certezza delle risorse disponibili, della storicità della spesa e dei servizi già esistenti.
Dal mio punto di vista, c'è un'immaturità ancora profonda del sistema regionale presente in tutt'Italia. Per carità, c'è una difformità gravissima nelle modalità in cui le cose vengono gestite dalle diverse Regioni. Inoltre, dobbiamo ancora affrontare il problema di un'architettura istituzionale rimasta sospesa per aria dal fallimento della riforma costituzionale del 2016.
Se prima non affrontiamo quelle questioni manca tutta l'articolazione manca l'attuazione della riforma del 2001, per quanto riguarda l'autonomia di spesa e d'imposizione delle Regioni, e manca l'articolazione istituzionale a livello di Enti locali. Siamo a metà del guado - anzi forse, anche prima - con l'abolizione delle Comunità montane e con la definizione delle Unioni dei Comuni, che non funzionano; dobbiamo ancora ridefinirle ulteriormente, avevo sentito parlare l'anno scorso di un'ulteriore riforma che sarebbe andata a sovrapporsi a quelle dell'Unione dei Comuni per quanto riguarda le funzioni associate.
Manca il mettere un punto e andare a capo con una ridefinizione di che cosa si vuole fare con le Province, che sono rimaste degli "zombie", perch quella riforma (la Delrio) è stata cavalcata per togliere uno dei temi che aveva portato alla ribalta il Movimento 5 Stelle come suo cavallo di battaglia, però solo al fine di ottenere risparmi che hanno distrutto il presidio amministrativo di Area Vasta. La Regione Piemonte, con la sua legge di riordino delle funzioni delle Province, non ha affrontato, di fatto, quel problema. Perché non l'ha affrontato? Perché si è trovata di fronte lo stesso problema, e cioè il fatto che le risorse non erano disponibili per affrontare quel problema. Quindi, ci si è concentrati nel tutelare almeno i posti di lavoro, nel tutelare almeno l'esistenza delle funzioni, ma siamo proprio al minimo sindacale.
Per questo, purtroppo non ho potuto che leggere nella proposta attuale e per certi versi mi sono astenuto dal partecipare troppo alla discussione in Commissione - esprimo un parere e poi taccerò - proprio perché, più che altro, io ci vedo - mi dispiace perché, come ho già detto ieri, con le provocazioni non si costruisce nulla - una semplice provocazione, di nuovo per dare fastidio a un Governo nazionale che ha cambiato colore rispetto a quello precedente.
Il tema, come dicevo prima al Consigliere Fluttero, è partito bene come discorso, come critica alle problematiche, come visione di opportunità però poi si cade sempre lì: le grandi opere, le grandi infrastrutture, la gestione delle grandi concessioni. Signori, non saremmo in grado, non allo stato attuale! Prima dimostriamo quello che siamo capaci a fare dimostriamo che siamo capaci di gestire quello che dobbiamo gestire; a oggi, questo non è dimostrato, non è dimostrato. Siamo a metà del guado anche con la riforma della sanità regionale; il territorio dov'è? Dov'è la riforma del territorio? Abbiamo rifatto tutta la discussione sul turismo ma dobbiamo vederne gli effetti; la programmazione su tanti settori è scaduta da triennale ad annuale, con i fondi che vengono buttati lì a metà anno in sostanziale arbitrarietà da parte di una Giunta, senza più passare attraverso delle leggi e una programmazione di ampio respiro che definisca priorità e obiettivi di breve, medio e magari anche di lungo termine.
Questo servirebbe per porre le basi di una richiesta come quella che viene fatta con questa PDCR; queste sarebbero le basi anche per un'interlocuzione da fare sia con le altre Regioni, perché non è banale quello che propone l'Assessore Reschigna, cioè di lavorare a livello di più Regioni insieme: la base, diciamo, per una pseudo-macroregione, che è un altro argomento che mi fa accapponare la pelle quando si parla, ad esempio di Macroregione Alpina, che è addirittura ancora più grande.
Perché? Perché oggi le differenze sono mostruose tra Piemonte, Liguria Lombardia, Veneto; non parliamo poi di Trentino o Friuli, anche solo in tipologia di funzionamento della Regione. Quindi, prima trasformiamo facciamo in modo che le Regioni siano qualcosa con una loro.
Per fortuna, dal punto di vista istituzionale, le Regioni sono state relativamente poco toccate dall'ondata di cupio dissolvi che ha colpito quasi tutti gli Enti, compreso il tentativo di riforma costituzionale, ma siamo ben lungi dall'avere un quadro istituzionale ben definito. Per cui oggi una cosa del genere, dal mio punto di vista, è prima di tutto una provocazione per come è stata formulata e, in ogni caso, è una cosa su cui sarebbe interessante veramente confrontarsi e discutere anche a lungo, ma quando avremo delle Regioni mature per gestire le cose, che siano in grado appunto di avere le risorse e di assumersi la responsabilità di fronte ai cittadini di come quelle risorse vengono recepite e di quali sacrifici, dal punto di vista fiscale diretto e indiretto, vengono imposti ai cittadini per fare che cosa, e non come ripartizione di un fondo statale che fa sì che le Regioni dicano sempre: "Dobbiamo andarlo a chiedere al Ministero".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Frediani; ne ha facoltà.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente. Sarò breve, visto che arrivo al termine di questa discussione dopo aver partecipato - per gentile invito dell'Assessora Pentenero, che ho molto gradito - al tavolo Comital, dove tra l'altro sono arrivate buone notizie per i lavoratori, una volta tanto.
In questo provvedimento sull'autonomia, tra le parti di interesse per quello che riguarda le materie di mia competenza, o almeno quelle che seguo più assiduamente, ovviamente c'è la parte relativa alla cultura, quindi il tema della potestà legislativa nella valorizzazione e gestione dei beni indipendentemente dal soggetto che li possiede.
Come abbiamo già detto all'Assessora Parigi durante la fase d'illustrazione in Commissione di questo provvedimento, è un tema che condividiamo; ovviamente bisogna poi perfezionare il modo in cui la Regione, come soggetto che si assume l'incarico di valorizzare i beni interagisce con gli esponenti, gli amministratori in particolare e gli operatori culturali che operano sul territorio in cui il bene si trova.
Bisognerà costruire una rete, come già successo per altri beni; infatti nel documento si cita il sistema delle Residenze Reali e anche il Museo Egizio, che rappresenta comunque un'eccellenza del territorio con una sua forza propria. Nel caso delle Residenze Reali è però lampante come il fare rete, quindi mettere in rete delle ricchezze del territorio, dei beni unendo anche delle altre caratteristiche che possono essere l'accessibilità, la disponibilità di mezzi di trasporto che consentono di raggiungere questi siti di interesse culturale, insomma, in una sola parola il fare sistema, possa consentire effettivamente di aggiungere alla possibilità di valorizzazione qualche capacità in più.
Di conseguenza, rispetto a questo tema non abbiamo presentato particolari osservazioni neanche dal punto di vista emendativo, appunto perché è un tema che condividiamo; tra l'altro, il tema dell'accessibilità dei beni culturali è anche molto caro all'Europa e nella prossima programmazione sicuramente dovrà avere una posizione rilevante anche in ambito culturale.
L'altro tema di particolare interesse, dal mio punto di vista, è il tema delle richieste di autonomia in ambito di lavoro e formazione, oltre che tutto il sistema dell'istruzione. In questo caso, il punto centrale è quello relativo alle risorse. In tal senso, si chiede certezza di risorse in particolare per consentire una corretta riorganizzazione di tutto il sistema dei servizi presenti sul territorio.
Anche in questo caso, noi sosteniamo questa visione e sosteniamo la centralità dei Centri per l'impiego; Centri per l'impiego che sono stati recentemente oggetto di una riforma e che necessitano sicuramente di un potenziamento e di un ammodernamento. Tra l'altro, i Centri per l'impiego costituiscono le colonne portanti di quello che sarà il sistema che si avvierà a breve e che consentirà l'erogazione del reddito di cittadinanza.
Apprezziamo l'impegno di questa Giunta nel voler potenziare - almeno a livello di intento - questo sistema, in modo che la Regione possa anche gestire in modo più coordinato tutti gli interventi di politica attiva.
Vorremmo che questa Giunta credesse un po' di più in questa misura "reddito di cittadinanza", che va a integrarsi con un sistema di politiche attive che consentirà ai disoccupati di ricollocarsi nel mondo del lavoro senza avere l'ansia (diciamo così) di non percepire un reddito.
Ci piacerebbe che la Regione collaborasse nell'avvio di questa operazione che consentirà l'introduzione nel nostro Paese del reddito di cittadinanza e che collaborasse in modo attivo e propositivo proprio attraverso questi soggetti che sono i Centri per l'impiego, di cui abbiamo parlato lungamente anche in Commissione; Centri per l'impiego che necessitano di formazione per gli operatori, ma soprattutto di una rete informatica che sia all'altezza delle richieste delle impresa imprese.
Infatti le imprese faticano a trovare personale formato, faticano ad avere accesso ai dati, faticano a identificare profili presenti sul mercato che servirebbero al loro interno: sicuramente quello offerto dai Centri per l'impiego sarebbe un servizio che le aziende apprezzerebbero, se fosse ben funzionante e ben organizzato, cosa che purtroppo attualmente non è.
Quella relativa ai tirocini è un'altra parte sicuramente interessante è un punto che riteniamo anzi sacrosanto, perché l'utilizzo distorto del tirocinio, purtroppo, è una prassi tipica, soprattutto nelle medie e grandi imprese, dove si tende a utilizzarlo per poter usufruire di personale poco qualificato a bassissimo costo. È un fenomeno molto diffuso soprattutto tra i giovani, che molte volte non sanno nemmeno capire bene - più che altro non hanno le informazioni necessarie per capire in cosa consista un contratto di tirocinio - e alla fine si trovano a dover lavorare full time per 600 euro al mese senza contributi, ferie, malattia e TFR, cioè in pratica senza diritti; spesso si utilizza il tirocinio in alternativa ai tempi determinati brevi. E visto che negli ultimi vent'anni si è un po' trascurato questo aspetto di monitoraggio e vigilanza su questo strumento ben venga che sia previsto all'interno di questo documento.
Vi è poi la parte relativa all'istruzione. Noi sosteniamo che il sistema della scuola debba essere - non lo sosteniamo solo noi, ma lo dice la Costituzione - un sistema accessibile a tutti. Noi difendiamo la scuola pubblica e vogliamo che il livello di offerta scolastica sia uguale in tutto il Paese. Quindi, da un certo punto di vista, questa richiesta di autonomia regionale un po' ci spaventa, perché potrebbe essere gestita alla stessa stregua di come purtroppo sta succedendo nella sanità, dove abbiamo delle Regioni che sono eccellenze e altre che magari sono meno eccellenti (per usare un eufemismo). Quello che ci preoccupa è, per l'appunto, che la stessa situazione si possa verificare magari anche in ambito scolastico.
Tuttavia, anche qui l'aspetto della flessibilità nell'offerta formativa e la possibilità magari di adattare i percorsi rispetto a ciò che il territorio chiede è sicuramente un aspetto interessante che, attraverso diversi livelli di autonomia, potrebbe arrivare a essere realizzato pienamente.
Noi abbiamo presentato degli emendamenti, che credo verranno discussi nella prossima seduta di Consiglio, ma rispetto ai temi cultura, lavoro e istruzione non ci sono grosse ostative, com'è successo invece rispetto ad altri temi di cui hanno già parlato i miei colleghi.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Frediani.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.04)



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