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Dettaglio seduta n.344 del 17/07/18 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



(I lavori iniziano alle ore 14.35 con l'esame delle interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento interno del Consiglio regionale)


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione) - Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Interrogazione a risposta immediata n. 2213 presentata da Monaco, inerente a "Campagna vaccinale antinfluenzale 2017-2018 con vaccino trivalente"


PRESIDENTE

Iniziamo i lavori esaminando un'interrogazione già proposta nella seduta della settimana scorsa (10 luglio), cui viene data risposta adesso (17 luglio). Si tratta dell'interrogazione n. 2213 del Consigliere Monaco, che ha la parola per l'illustrazione.



MONACO Alfredo

Grazie Presidente.
Cercherò di essere brevissimo nella presentazione.
Poiché credo che il tema delle vaccinazioni sia uno di quei temi che in questa fase abbiano sempre più bisogno, a livello culturale, di una precisione scientifica e di una certezza del dato, esplicito quanto segue.
Lo scorso anno, nella passata campagna vaccinale, è stata acquistata un'importante quantità di vaccino antinfluenzale - ahimè, credo purtroppo con la componente quadrivalente in bassissimo dosaggio rispetto alla totalità dell'investimento fatto - che peraltro ci colloca anche piuttosto in alto nella classifica della migliore pratica vaccinale eseguita. Ricordo che ormai da più anni - questo sarà anche oggetto di un ordine del giorno che giungerà fra qualche ora, spero, nell'ambito della sessione pomeridiana da parte dell'OMS e anche dell'Ente europeo di valutazione del farmaco è raccomandato, nelle linee guida, di adottare il vaccino quadrivalente come antinfluenzale.
Rammenterei, caro Presidente, che nello scorso inverno abbiamo avuto anche molte complicanze: ci sono stati gli ospedali saturi, pieni di persone che hanno fatto domanda di ospedalizzazione, anche con complicanze e purtroppo alcune di importante rilevanza, legata all'influenza. credo che questo crei uno squilibrio rispetto al tema culturale dei vaccini, perché se io mi vaccino e poi finisco in ospedale con l'influenza, è evidente che mi porr una domanda sull'utilità di un vaccino che alcuni dicono perfino possa essere pericoloso, cosa non vera.
In sostanza, chiedevo semplicemente quale fosse stato lo scorso anno il razionale scientifico che ha suggerito la scelta di acquistare una così bassa percentuale di quadrivalente, in contrasto con i suggerimenti dell'OMS.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
Il Ministero della Salute emana ogni anno - cosa che il collega sa perfettamente - una circolare contenente le raccomandazioni per la stagione influenzale. In una sezione dedicata, tale circolare riporta quale deve essere la composizione del vaccino antinfluenzale per la stagione in corso sulla base di indicazioni pervenute dall'OMS.
Fino alla scorsa stagione antinfluenzale, il Ministero non ha mai dato indicazioni stringenti sull'utilizzo di vaccini quadrivalenti, che invece saranno previsti nella circolare emanata in vista della prossima stagione.
Nella circolare per la passata stagione 2017-2018, il Ministero ha invece indicato espressamente quale doveva essere la composizione del vaccino trivalente, ceppo A(H1N1), A(H3N2), e B lineaggio Victoria. La circolare cita, in una riga al fondo del capitolo dedicato, che in commercio ci sono anche i vaccini quadrivalenti.
Non esistendo esplicite raccomandazioni ministeriali e studi di buona qualità in letteratura che indichino la superiorità del quadrivalente e visto il differenziale di costo tra le due tipologie di vaccino, la nostra e altre Regioni non hanno ritenuto giustificata la spesa aggiuntiva, che in questo caso sarebbe stata molto significativa. Il fatto che durante la stagione 2017-2018 siano circolati ceppi virali contenenti la quadrivalente e non il trivalente, non è prova della superiorità dal quadrivalente, che deve essere testata in specifici studi comparativi.
In ogni caso, per la prossima stagione invernale il Ministero darà indicazioni precise per quanto riguarda la stagione influenzale.


Argomento: Nomine - Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 2225 presentata da Barazzotto inerente a "Primario di ginecologia dell'Ospedale degli Infermi di Biella"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2225, presentata dal Consigliere Barazzotto, che ha la parola per l'illustrazione.



BARAZZOTTO Vittorio

Grazie, Presidente.
Quest'interrogazione segue quella dell'altra volta, anche se in modo diverso, nel senso che il reparto riguarda sempre l'Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale degli Infermi, caratterizzato dall'assenza di un Primario dopo che il precedente Direttore se n'era andato in pensione.
Vi è stato un concorso che ha avuto un periodo travagliato - parlando appunto di ginecologia, non poteva essere altro che così! - ma in realtà avrebbe potuto essere un po' più celere: risale al giugno del 2015, cui seguì la chiusura dei termini, poi la sospensione e successivamente è stato finalmente riaperto nel novembre 2017. Tuttavia, questo parto del ginecologo a Biella non si riesce a realizzare.
Vi è stato questo nuovo concorso che si è svolto nel mese di aprile: si sperava che la primavera potesse portare qualche novità! La novità c'è stata, nel senso che finalmente un primario si è aggiudicato il concorso la cui nomina è stata puntualmente resa nota agli organi di stampa (persino su Striscia la Notizia hanno parlato di Biella!).
Il reparto di Ostetricia e Ginecologia riveste ovviamente un ruolo strategico per tutta la città e anche per la parte del territorio circostante, ma a distanza di due mesi questo primario non è ancora operativo - noi dobbiamo sempre fidarci di ciò che dicono - e che entrerà in servizio il 1° agosto. I biellesi, cittadini tutti, si pongono una domanda, Presidente, ma il giovane, esperto, clinico e universitario primario - il nome non lo posso dire - ha firmata o non ha firmato? Questo è il dubbio amletico che ci affligge. Soprattutto se sarà operativo cinque giorni su sette oppure, non trovando Biella così amena, solo tre giorni su cinque. Siamo un po' preoccupati.
Vorrei capire, soprattutto nel caso disgraziato si dovesse mai ricorrere al TAR per l'annullamento del concorso - pare che un candidato sia rimasto escluso per una questione di PEC - quali saranno i tempi previsti, giusto per fare della programmazione, visto che stamattina si parlava di programmazione.
Quel primario quando prenderà servizio? Per quanto tempo prenderà servizio e, nel caso disgraziato si ricorra al TAR, vedremo quel primario nell'arco dei quattro anni? Fate il calcolo voi di quante primavere e quanti bambini sono nati nell'arco di quattro anni: il parto più lungo della storia dell'ospedale di Biella. Rido perché dietro alla risata c'è sempre una comicità triste. La comicità nasce dalla tristezza, ce l'ha insegnato Chaplin, quindi rido per sdrammatizzare. In realtà, la preoccupazione è tanta perché quattro anni sono veramente un po' troppo.
Quel primario prenderà servizio? Quando l'ASL di Biella potrà avere un primario? Questo è l'appello che rivolgo al Presidente, all'Assessore e a tutto il Piemonte, perché siamo veramente preoccupati.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Credo che tutti quanti, compreso il Consigliere Barazzotto, concordiamo sul fatto che quando c'è un ricorso al TAR, conviene che questi temi li decida il TAR.



(Commenti del Consigliere Barazzotto)



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Non voglio nascondere nulla, lei mi ha rivolto una domanda e io rispondo.
Credo ci debba essere anche un rapporto di fiducia reciproca, se si vuole averla. Se poi non si vuole averla, è un altro discorso.
Da quanto ho potuto verificare con la Direzione dall'ASL di Biella, il concorso per l'incarico di primario del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Biella è stato effettuato nel pieno rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia. Per legge, infatti, la selezione per la nomina del direttore di una struttura complessa prevede una valutazione da parte di una commissione di esperti, scelti per estrazione da un elenco nazionale.
Gli esiti delle procedure sono determinati unicamente dall'insindacabile giudizio dalla Commissione tecnica che valuta le competenze tecnico professionali e gestionali - e non da altri fattori - quali l'appartenenza territoriale dei singoli candidati. Peraltro, il reparto di ostetricia e ginecologia riveste un ruolo estremamente strategico all'interno dell'ospedale di Biella, tanto da essere una delle discipline per cui l'ASL di Biella punta a sviluppare una sinergia sul piano universitario. In questi mesi, l'incarico è sempre stato ricoperto da un primario facente funzione che ha affiancato la propria attività clinica al ruolo di responsabile del reparto.
Le attuali disposizioni normative - quindi non opinioni personali, ma disposizioni normative di cui tutti dobbiamo tenere conto - prevedono, per i nominati direttori di struttura complessa - quindi per tutti, non è un caso specifico - lo svolgimento di un periodo di prova di sei mesi. Prima di procedere all'assunzione l'Azienda invita il vincitore a indicare la data di inizio incarico e, contestualmente, il vincitore richiede l'aspettativa all'azienda di provenienza che può concederla secondo tempi e modi variabili, anche in base alle esigenze delle organizzazioni aziendali.
Dopo la nota di conferimento dell'incarico presso l'ASL di Biella, ricevuta il 9 maggio 2018, il vincitore del concorso ha comunicato che, per ottemperare ai suoi doveri istituzionali presso l'attuale sede lavorativa potrà prendere servizio il 1° agosto 2018.
In data 14 giugno - è la terza volta che ne parliamo in Consiglio - è stato notificato all'ASL di Biella un ricorso. Tuttavia, a oggi, mi dicono dall' ASL, non risulta che il ricorso sia stato depositato presso la cancelleria del TAR Piemonte e pertanto non sussistono elementi estremi per assumere iniziative ulteriori.


Argomento: Sicurezza sul lavoro - Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 2231 presentata da Batzella inerente a "Revisione del rischio del personale esposto a radiazioni ionizzanti presso sale operatorie PO Giovanni Bosco dell'ASL Città di Torino"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2231.
La parola al Consigliere Batzella per l'illustrazione



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
I medici, gli infermieri e gli strumentisti che lavorano in sala operatoria sono esposti, per motivi professionali, a rischio di radiazioni ionizzanti nonostante l'utilizzo di dispositivi di protezione attivi e passivi compreso l'uso di indumenti idonei.
Questo tipo di radiazioni, come ad esempio i raggi X, utilizzati nelle apparecchiature radiologiche nella diagnosi e nel trattamento delle malattie, possono comportare dei rischi per la salute, soprattutto se si è continuamente esposti. Per questa ragione è prevista, per legge un'indennità remunerativa mensile e 15 giorni aggiuntivi di ferie annuali per il personale considerato a rischio.
Appreso che dal 1° luglio ai medici, agli strumentisti e agli infermieri delle sale operatorie di ortopedia, urologia, neurochirurgia e terapia antalgica e agli infermieri di chirurgia vascolare del presidio ospedaliero Giovanni Bosco dell'ASL Città di Torino è stata revocata l'indennità di rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti, sia quella di natura economica sia quella relativa ai giorni di ferie aggiuntivi, interrogo l'Assessore per conoscere le motivazioni per le quali al personale del presidio ospedaliero Giovanni Bosco dell'ASL Città di Torino, elencato precedentemente, è stata revocata l'indennità di rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Ho chiesto notizia al Direttore Alberti, che mi riferisce che, in riferimento al quesito posto, si comunica che l'esperto qualificato dalla struttura complessa fisica sanitaria dell'Azienda Ospedaliera Mauriziano dottor Massimo Pasquino, incaricato della revisione della classificazione del personale esposto a radiazioni ionizzanti presso le sale operatorie della Città di Torino, ha illustrato alla commissione dedicata all'accertamento dell'esposizione al rischio radiologico, in data 23 maggio 2018, i criteri di classificazione di detto personale dell'Azienda, che si allega in copia per estratto.
Di conseguenza, l'Azienda ha disposto l'applicazione delle determinazioni dell'esperto qualificato, dottor Pasquino, di revisione della classificazione del personale esposto con relativo adeguamento dei benefici economici e dei giorni aggiuntivi di congedo.Si fa inoltre presente - mi dice il dottor Alberti - che l'attuale quadro normativo non pare più postulare la necessità d'istituire ope legis una commissione dedicata all'accertamento dell'esposizione al rischio radiologico, risultando disapplicate le disposizioni di cui al DPR del 1987 e al DPR del 1990 in materia, ma si è ravvisata l'opportunità di provvedere ugualmente all'istituzione della commissione aziendale in oggetto, nell'ottica di rendere uniformi le modalità d'individuazione e i protocolli operativi per il personale già appartenente all'ASL TO1 e all'ASL TO2, ora unificate.
È un'informazione che mi è arrivata poco fa, quindi abbiamo dovuto correre comunque questo è il contenuto delle informazioni che mi ha fornito il dottor Alberti.


Argomento: Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Interrogazione a risposta immediata n. 2232 presentata da Tronzano inerente a "Buoni per pazienti affetti da celiachia"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione a risposta immediata n. 2232.
La parola al Consigliere Tronzano per l'illustrazione.



TRONZANO Andrea

Grazie, Presidente.
Ho avuto segnalazioni, Assessore, provenienti da una serie di zone del Piemonte in merito ai buoni per i celiaci: sono buoni da 30 euro l'uno erogati in quattro tranche, che fino al 22 giugno di quest'anno erano "più IVA" e, successivamente alla DGR n. 41-7098, sono stati trasformati in "IVA compresa".
Poiché sono stati emessi anche dei buoni "più IVA", vorrei capire come la Giunta intenderà gestire questa situazione, perché sta creando un po' di problemi anche dal punto di vista economico.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
La normativa dei tetti di spesa inclusivi dell'IVA è stata disposta in applicazione delle precisazioni trasmesse dal Ministero della Salute nel corso dell'esercizio 2018.
Al fine di non creare disagio al cittadino per eventuali buoni stampati e consegnati dalle ASL, si è provveduto a disciplinare quanto segue attraverso una circolare (cito la parte che riguarda questo tema; è proprio una citazione puntuale): "In particolare, i buoni cartacei già emessi rimarranno validi e potranno essere utilizzati (non oltre dicembre 2018) con le consuete modalità fino alla loro scadenza, con la sola differenza che il valore degli stessi sarà IVA inclusa anche se diversamente indicato sui buoni stessi".
Tale informativa è stata trasmessa da tutte le ASL ai canali di vendita esistenti e ai cittadini attraverso modalità organizzative aziendali.
Inoltre, in condivisione con l'Associazione Italiana dei Celiaci (la sede piemontese), si è provveduto ad assicurare l'informativa per il tramite del portale istituzionale dell'AIC.
Pertanto, la circolare ha risolto il problema e, a questo dubbio e a quest'incertezza, ha dato indicazioni precise, in funzione delle esigenze di chiarimento che erano necessarie.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interrogazione a risposta immediata n. 2235 presentata da Bono, inerente a "Piano Regionale Prevenzione 2014-2019: attuazione"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 2235.
La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Abbiamo appreso qualche giorno fa dell'aggiornamento del Piano regionale di prevenzione - il Piano che discende dal Piano nazionale datato 2014-2018 sottoscritto il 13 novembre 2014 dalla Regione Piemonte, con una proroga, a dicembre 2017, fino al 2019 e un aggiornamento, come dicevo, del giugno 2018, recentissimo.
Il Piano regionale di prevenzione è un documento strategico della Regione Piemonte che fissa obiettivi, programmi e azioni da intraprendere per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie, sulla base del contesto epidemiologico regionale. Un documento molto importante, scritto in collaborazione con l'Assessorato alla sanità, ma anche con l'Assessorato al lavoro, su tutto il tema delle malattie professionali, su cui in particolar modo si concentra quest'interrogazione. Quindi, è un documento che avrebbe sicuramente tutti i crismi per essere discusso, affrontato narrato, e analizzato in Commissione.Il Piano regionale si sviluppa in una serie di Piani locali di prevenzione attuati dalle ASL. Io mi sono concentrato soprattutto sul Programma 6 - il programma "Lavoro e salute" che prevede, al macro obiettivo 7, la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Tolto il tema degli infortuni, che riguarda più strettamente l'ambito lavorativo e, ovviamente, dell'ex Ispettorato del lavoro (quindi di controllo rispetto alle condizioni di lavoro delle Aziende), mi sono soffermato soprattutto sul tema delle malattie professionali. Abbiamo visto che le inchieste sulle malattie professionali sono in diminuzione, nel senso che hanno raggiunto un picco nel 2011, con quasi mille casi di inchieste concluse, e sono scese a 797.
Si potrebbe dire: "Bene, è positivo, diminuiscono le indagini sulle malattie professionali, quindi ci sono meno malattie professionali". In realtà, dal documento che ho riportato nell'interrogazione si legge testualmente: "Bisogna svolgere attività rivolte a ridurre la sottonotifica delle malattie professionali, compatibilmente con le risorse attuali".
Pertanto, l'obiettivo è di andare ad aumentare del cinque per cento le notifiche, proprio perché c'è una sottonotifica rispetto ai casi effettivi.
C'è una serie di azioni, che non vado a elencare perché impiegherei troppo tempo: l'azione 671, che promuove il coordinamento delle attività di vigilanza fra gli Enti, comprensivo le Province, le Città metropolitane, le strutture SPRESAL, le Direzioni territoriali del lavoro, INPS, INAIL (con la componente ex ISPESL) e i Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco, che si uniscono in un organismo chiamato OPV.
L'azione 6.2 detta le iniziative atte al miglioramento qualitativo e quantitativo delle segnalazioni di malattie professionali, quindi c'è anche un deficit qualitativo delle segnalazioni, che è responsabilità sia dei medici del territorio sia dei medici del lavoro sia dei medici ospedalieri nonché anche di SPRESAL, che hanno a disposizione strumenti che devono essere potenziati come gli SPRESAL web, un applicativo e il progetto che rientra nel progetto Malprof, che ha proprio l'obiettivo di aumentare le segnalazioni, da un punto vista quantitativo e qualitativo. Bisogna far emergere, quindi, le cosiddette malattie professionali perdute.
Si segnalava - vado avanti - il tema delle patologie tumorali professionali, tema molto importante. Ci sono le patologie ad alta frazione eziologica, che vuol dire che sono facilmente riconducibili a una causa quindi il classico mesotelioma pleurico del polmone (amianto); mentre c'è tutta una serie di altre malattie che hanno una collegamento, un nesso causale eziologico molto più difficile da dimostrare.
Questa è la grande difficoltà della medicina del lavoro, però bisogna attivarsi per renderli più facilmente riconoscibili.
Al punto 6.1 e 6.2 si sottolinea di nuovo un'importante sottonotifica del numero dei lavoratori esposti a cancerogeni. Va bene che non si può dire che quel lavoratore ha una malattia professionale per cui è difficile cogliere il nesso causa-effetto, però almeno dobbiamo capire quali lavoratori sono esposti a cancerogeni occupazionali. Bisogna dirlo, quindi occorre lavorare con le aziende, potenziando il personale.
Si sottolinea anche come ci sia, comunque, una carenza effettiva di risorse finanziarie. All'interno del Piano si dice che, stante le risorse disponibili, oggi risulta difficile fare un potenziamento delle strutture.
Noi sappiamo che c'è anche una carenza di personale, per la solita questione di pensionamenti, quiescenze e non sostituzioni.
In IV Commissione abbiamo chiesto un approfondimento al Presidente Rossi insieme alla III, di tutto il Piano, però in quest'interrogazione chiediamo quali tipo di risorse economiche e di personale la Regione Piemonte pu mettere in campo in quest'ultimo anno e nei prossimi anni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Il Consigliere m'interroga per sapere come intenda mettere in atto l'aggiornamento del Piano regionale di prevenzione, dal punto di vista delle risorse. La sostanza mi pare questa, poi si è soffermato su una questione particolare che necessita di un approfondimento; anzi, dopo le sollecitazioni di ieri, da parte del Presidente della Commissione, Rossi che mi chiedeva notizie circa il Piano della prevenzione, lunedì prossimo intorno alle ore 11, si potrebbe entrare nel merito delle questioni.
Per quanto riguarda la questione più generale di carattere politico anziché di carattere tecnico, la rimodulazione dei Piani regionali della prevenzione è avvenuta nel rispetto delle previsioni del Piano nazionale della prevenzione, che non ha invece subito alcun cambiamento.
Le modifiche apportate ai Piani regionali della prevenzione sono state circoscritte a lievi correttivi, non sostanziali, rivolti a collegare azioni già esistenti nei programmi regionali e a rivedere alcuni indicatori a suo tempo formulati in modo non corretto.
L'intero processo di rimodulazione dei Piani regionali è avvenuto su indicazioni e scadenze fissate dal Ministero della Salute, seppure d'intesa con le Regioni, tenuto conto della realizzazione di una nuova piattaforma informatica nazionale. Il tema era questo.
Da quest'anno, la piattaforma costituisce l'unica area di lavoro per la rendicontazione degli indicatori di processo e di prodotto previste dei Piani regionali per la rimodulazione conclusa a maggio e per la redazione dei futuri Piani regionali della prevenzione.
Tenuto conto della non variazione del Piano nazionale e dei suoi dieci macro obiettivi, il finanziamento del Piano non ha subito alcuna variazione e resta ancorato allo stanziamento previsto dal Patto per la Salute, che ha previsto un finanziamento di 240 milioni di euro all'anno per l'intero periodo di programmazione (240 milioni nazionali).
Con il riparto delle risorse tra Regioni, al Piemonte spettano circa 19 milioni di euro all'anno, che rappresentano una parte dello stanziamento previsto dall'accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sulla proposta del Ministero dalla Salute di linee progettuali per l'utilizzo da parte delle Regioni delle risorse vincolate come previsto dall'articolo 1, comma 34 e 34 bis, della legge del 1996, la n. 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale.
In Piemonte, il riparto di questa somma tra le Aziende sanitarie avviene per quota capitaria, cioè in base alla popolazione residente. Non sono previste, pertanto, nuove modalità di rifinanziamento del Piano regionale a seguito dell'avvenuta rimodulazione e a seguito di quest'ancoraggio al Piano nazionale delle risorse messe allora a disposizione.
In ogni caso, per gli approfondimenti sul tema, la struttura è disponibile anche la prossima settimana per ulteriori richieste di chiarimenti ed eventuali approfondimenti.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione a risposta immediata n. 2226 presentata da Sinatora inerente a "Situazione del regolamento attuativo relativo alla legge 9 del 30 luglio 2012"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2226.
La parola al Consigliere Sinatora per l'illustrazione.



SINATORA Benito

Grazie, Presidente.
Quest'interrogazione viene proposta al fine di porre in risalto uno dei problemi in tema di disabilità. È una categoria che da molto tempo attende che la politica faccia il suo lavoro, cioè i soggetti interessati dall'interrogazione attendono l'approvazione di un regolamento da parte della Regione, riguardante la disabilità dei sordomuti.
L'articolo 1 della citata legge regionale recita: "In attuazione degli articoli 3 e 6 della Costituzione, ai sensi della Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 5 novembre del 1992, in ottemperanza alle risoluzioni del Parlamento europeo del 17 giugno 1988 e del 18 novembre 1998, la Regione promuove il riconoscimento della lingua dei segni italiana, di seguito una serie denominata LIS, come sistema di comunicazione di tipo visivo e gestuale che utilizza una serie di segni compiuti con l'una o con entrambe le mani a ognuno dei quali corrisponde uno o più significati".
L'articolo 3, comma 1, prevede: "Nell'ambito delle finalità di cui all'articolo 1, la Giunta regionale entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, sentita la Commissione consiliare competente, emana apposito Regolamento contenente le disposizioni per l'attuazione degli interventi previsti dall'articolo 2 e i criteri di ripartizione degli stanziamenti previsti".
Nonostante il processo di stesura del regolamento attuativo sia già stato avviato da tempo, l'iter si è inspiegabilmente arrestato, lasciando senza risposta l'istanza di una categoria di utenti che è in attesa di un recepimento normativo che consenta loro di poter partecipare praticamente alla vita sociale come tutti noi.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora all'istruzione

Grazie, Presidente.
In verità il regolamento attuativo in parte disciplina la questione legata alla lingua dei segni e, in parte, disciplina una serie di interventi da parte della sanità sul tema della sordità profonda.
È un regolamento che è stato abbozzato in più occasioni e non ha mai visto la sua approvazione definitiva, perché intorno al tema della lingua dei segni o utilizzo di strumentazione di tipo tecnologico per la sordità profonda esiste un dibattito molto aperto.
Ciononostante, malgrado una discussione complicata che ha visto tempi molto lunghi, come giustamente ha evidenziato il Consigliere, dopo l'estate sarà posto in discussione alla Commissione competente per il parere preventivo.
Mi auguro di arrivare all'approvazione del regolamento entro l'anno.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

Interrogazione a risposta immediata n. 2227 presentata da Ravello, inerente a "Fondi comunitari: quali azioni ha avviato la Giunta per evitare la tagliola dell'N+3?"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2227.
La parola al Consigliere Ravello per l'illustrazione.



RAVELLO Roberto Sergio

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, nel ringraziare l'Assessora Pentenero per essersi presentata in Aula, voglio trasferire a lei una prima perplessità legata al membro di Giunta chiamato a dare una risposta al quesito, poiché, come avrà avuto modo di comprendere, questo non era rivolto direttamente alla linea che segue il suo Assessorato, ma era calato su di un livello più generale, al quale mi aspettavo una risposta da parte del responsabile dell'Assessorato alle risorse finanziarie e al bilancio. Ma sono certo che, al di là di chi sarà chiamato a dare la risposta, le risposte saranno comunque complete e puntuali rispetto a tutto quanto richiesto.
Il tema parte da una considerazione, che non è soggettiva, ma è un principio messo nero su bianco dalla Giunta nel DEFR, che ha indicato come nei fondi strutturali e di interventi europei le principali fonti di sostentamento per le politiche regionali di crescita.
La nostra preoccupazione deriva dalla risposta che l'Assessorato competente ha dato a un nostro atto ispettivo, nel quale si chiedeva lo stato di avanzamento rispetto alla capacità di spesa sui tre fondi (parlo del FSE del FESR e del FEASR). Risposta che ci ha leggermente allarmato, poiché per quanto riguarda l'FSE, che forse è quello che, come diciamo noi uomini della strada, se la passa meglio su una dotazione totale finanziaria di 872 milioni vede attivati 141 bandi per una dotazione finanziaria di 438 milioni, un effettivo pagato di 286 milioni.
Per quanto riguarda il FESR, la situazione è ben diversa, poiché su una dotazione finanziaria totale di 965 milioni l'impegnato sarebbe di 548 milioni e il pagato sarebbe di soli 108 milioni, mentre per il FEASR su un totale di un miliardo 78 milioni, sarebbero stati attivati bandi per una dotazione finanziaria di 908 milioni e un effettivo pagato di soli 181 milioni.
Già questi dati ci hanno, come dicevo, preoccupato, ma ad allarmarci di più è stata una relazione che abbiamo avuto modo di leggere su Il Sole 24 Ore nel quale si richiamava la cosiddetta tagliola dell'N+3 che prevede che l'Italia come sistema Paese sia chiamato a spendere entro il 31 dicembre di quest'anno tre miliardi e 600 milioni ancora non spesi, pena il taglio delle risorse, e quindi - conseguenza devastante sul piano finanziario per le Regioni interessate - l'obbligo da parte delle Regioni di far fronte agli impegni già assunti con risorse proprie e non più con risorse comunitarie.
Il Sole 24 Ore, richiamando una particolare attenzione, ha acceso un faro rispetto alla situazione della Regione Piemonte che, come ho già avuto modo di anticipare, tolto l'FSE, numeri alla mano, pare non essere solo critica ma tendente al drammatico. Su questo riteniamo sia indispensabile avere un pronto chiarimento da parte della Giunta e, se possibile, altrettante rassicurazioni in merito.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
Intanto la responsabilità inerente ai pagamenti è una responsabilità ultima nella gestione dei fondi strutturali comunitari. La responsabilità piena in termini di attuazione della programmazione, spetta all'Autorità di gestione che, per quanto riguarda l'FSE, è in capo all'Assessorato alla coesione e, per quanto riguarda il FESR, è in capo all'Assessorato alle attività produttive e, per quanto riguarda il FEASR, è in capo all'Assessorato all'agricoltura. Quindi, l'eventuale - ma i dati ci dicono che così non è - disimpegno è responsabilità dell'Autorità di gestione.
Provo a dare dei dati di dettaglio. Non sono riuscita a memorizzare i dati che sono stati citati nell'interrogazione, quindi quanto è stato pubblicato da Il Sole 24 Ore, ma provo a fornire i dati che arrivano dalla Direzione e che quindi sono dati che hanno una certificazione.
Per quanto riguarda l'FSE, l'N+3 relativo al 2018, cioè l'ammontare delle spese certificate al 31-12-2018, cioè quanto dovremo fare nell'annualità in corso, è pari a 110,2 milioni di euro e per il 2019 è pari a 206,7 milioni di euro. A oggi, il Piemonte ha già raggiunto 244,4 milioni di euro di spesa certificata, cioè abbiamo superato l'obiettivo dell'N+3, non soltanto per il 2018, ma anche per il 2019.
Per quanto riguarda il FESR, il target N+3 al 31/12/2018 è pari a 76,6 milioni di euro. Al 31-12-2017 la quota di FESR di spesa certificata era pari a 30 milioni. Al 31 luglio 2018, a seguito della proposta presentata all'Autorità di gestione, la spesa certificata cumulata risulta pari a 42,9 milioni di euro.
Infine, risulta a oggi caricata a sistema un ulteriore volume di spesa certificabile, pari a 35,4 milioni e da un prospetto, che è allegato e che consegnerò al Consigliere, risulta come spesa certificabile la quota di 35.383.148,97.
Pertanto, se sommiamo la somma certificata che ho citato prima (42,9 milioni euro) a quella che è presente a sistema, cioè 35,4, la spesa certificabile alla fine dell'anno sarà di 78,3 milioni; vale a dire 1,7 milioni di euro in più rispetto al target che è stato previsto e che è stato inviato all'Autorità di gestione.
Si tenga conto che quest'ipotesi è stata formulata considerando le sole spese presenti a oggi sul sistema informativo del POR. Ciò vuol dire che non sono state contemplate le spese che saranno rendicontate dai beneficiari nei mesi a venire.
Al fine di conseguire il target di spesa N+3, l'Autorità di gestione svolge un'azione costante di monitoraggio sull'andamento della spesa rendicontata dai beneficiari. Sono state, inoltre, previste azioni di formazione circa le modalità di funzionamento del sistema informatico del programma e sono stati diffusi strumenti standard per l'attività di rendicontazione, cioè delle linee guida e delle forme di tutoraggio per accompagnare i soggetti destinatari delle risorse, in modo da contenere al massimo le criticità che i beneficiari stessi possono incontrare nell'operazione di rendicontazione.
Mentre per il Fondo FSE le rendicontazioni sono complicate, ma in qualche modo standard e afferiscono alle diverse filiere delle direttive, per quanto riguarda il FEASR sono molteplici i soggetti che rendicontano a seconda delle assegnazioni e, quindi, diventa un po' più difficile la fase di rendicontazione.
Solo due dati: per quanto riguarda il PSR, che sono dati che lei ha richiesto, ma i colleghi presenti potrebbero meglio di me riferire, e lo dico soltanto ai fini della rendicontazione sul question time, si sottolinea che l'obiettivo dell'impegno automatico di fine 2018 è già stato raggiunto e superato di quasi 12 milioni di euro, grazie a 198 milioni già pagati e al prefinanziamento di 33 milioni; anche qui possiamo fornire le tabelle dettagliate.
Per incrementare l'efficienza della struttura regionale e sveltire le istruttorie si è proceduto a una redistribuzione delle pratiche tra le diverse istruttorie territoriali, secondo un criterio che considera anche il personale in servizio e non solo l'ambito territoriale di presentazione della domanda.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora Pentenero.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera - Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 2230 presentata da Grimaldi inerente a "ASL Vercelli: troppi trasferimenti senza programmazione mettono a rischio i servizi"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2230.
La parola al Consigliere Grimaldi per l'illustrazione.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Abbiamo appreso dagli organi di stampa che nelle scorse settimane, a seguito di numerosi trasferimenti, l'organico di Radiologia dell'Azienda sanitaria vercellese si è ridotto passando da 18 a 11 unità.
Per far fronte alle esigenze degli Ospedali di Vercelli e Borgosesia, pare si sia ricorso a personale operante nelle sedi di Santhià e Gattinara, dove le sedi di Radiologia sono chiuse per garantire l'operatività dei servizi.
Pare che, tra l'altro, un problema analogo sia in corso per le ecografie nell'Ospedale di Borgosesia, con pazienti dirottati nell'Ospedale di Vercelli per garantire, anche lì, la continuità del servizio.
Ovviamente, i cittadini e le organizzazioni sindacali ci dicono che non è chiara la programmazione dell'ASL e neanche la vicenda di questi trasferimenti che hanno messo in assoluta difficoltà la continuità del servizio. Pensiamo sia necessario tornare quanto prima alla piena operatività del servizio, sia negli ospedali, sia con la copertura delle sedi della Casa della salute di Santhià e, ovviamente, anche di Gattinara.
Come le ho detto questa mattina, da dopo oltre un anno, dallo sbocco del turnover, non ci è ancora chiara, ASL per ASL, almeno a noi, come Consiglieri, la mappatura delle carenze rispetto alle reali esigenze di assunzione e non solo di sbocco del turnover, ma anche di richieste di disponibilità dalle altre ASL. Diciamo che ci aspettavamo, dopo la fine del Piano di rientro, che anche operazioni come queste venissero meno, cioè che ci fossero meno situazioni ancora così delicate.
La interroghiamo, Assessore, per sapere perché l'ASL abbia autorizzato così tanti trasferimenti, riducendo l'organico da 18 a 11 di Radiologia e se ha chiarito, in questo senso, con il Direttore qual è la strategia e cosa succederà nei prossimi mesi.



PRESIDENTE

Grazie, collega Grimaldi.
La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
In riferimento a quanto ha rappresentato sulla situazione della Radiologia dell'ASL di Vercelli, anzitutto si precisa che non è stato concesso alcun trasferimento. In data 16 luglio risultano in servizio 11 dirigenti medici di cui uno in part time. Attualmente, la situazione è aggravata dalla necessità di concedere le ferie obbligatorie e al tempo stesso il riposo previsto per il rischio radiologico.
Racconto il percorso, perché rende evidente un tema che normalmente viene dato per scontato, ma incominciamo ad avere gli effetti della mancanza di specialisti e di personale, nonostante i concorsi. Ve lo racconto perch secondo me, se si vuole difendere il sistema sanitario, a un certo punto occorre assumere una grande iniziativa nazionale sulla formazione. La diminuzione di personale registrata nell'arco degli ultimi mesi è legata ad atti che non dipendono certamente dalla volontà dell'ASL di Vercelli e non erano in alcun modo prevedibili.
In particolare, si sono registrati due recessi volontari: due specialisti che, durante il periodo di prova, hanno scelto di recedere dal contratto esercitando di fatto un loro diritto; altri due dirigenti medici hanno vinto un concorso presso un'altra struttura sanitaria e in questo momento sono in aspettativa dall'ASL di Vercelli, in quanto in periodo di prova nella nuova Azienda.
La normativa prevede che il dipendente, prima di andare via, debba aspettare i termini di preavviso previsti, che sono meno di trenta giorni in questo caso, l'ASL di Vercelli ha richiesto che i trenta giorni venissero completati, ciò a riprova della ferma volontà di non generare disservizi.
A settembre 2017, l'ASL di Vercelli aveva già espletato un concorso a tempo indeterminato, stilando una graduatoria finale in cui erano presenti sette medici; di questi, solo due hanno accettato l'incarico. Tra maggio e giugno 2018, inoltre, l'ASL di Vercelli ha richiesto di utilizzare la graduatoria attiva ad Alessandria, dov'erano disponibili nove dirigenti medici, ma anche in questo caso nessuno ha accettato in quanto già impegnato altrove.
L'ASL di Vercelli ha in programma a breve la nuova edizione di concorsi per reclutare specialisti radiologi. Nonostante vi sia la ferma volontà di ottimizzare quanto più possibile i tempi per i concorsi, l'Azienda, per evitare i disagi ai cittadini, sta cercando di ampliare l'offerta di prestazioni sia formulando convenzioni con altre strutture pubbliche, di cui alcune già in essere nella Città della Salute e della Scienza e nell'ASL TO4, sia tramite accordi con le strutture private accreditate del proprio territorio. L'ASL di Vercelli sta cercando di fronteggiare la situazione anche ricorrendo a possibili appalti di servizio, che tuttavia non trovano grande riscontro sul mercato degli operatori economici. Sono state inoltre prese in considerazione soluzioni di telemedicina e refertazione a distanza, ma si tratta di soluzioni al momento non supportate da linee guide scientifiche nazionali, anche se applicate in altre realtà internazionali.
È importante ribadire che la carenza di specialisti radiologi è un problema che non riguarda soltanto l'ASL di Vercelli, ma è diffuso su tutto il territorio nazionale, anche a causa di una programmazione dei posti di specializzazione che non corrisponde alla domanda.
Vi è un tema messo in evidenza anche recentemente. L'ultimo intervento uno dei tanti, ma l'ultimo intervento in particolare - è stato fatto dalla FIASO, che in un recente convegno ha presentato i dati sul fabbisogno di personale specialistico. Dal rapporto realizzato, emerge che nei prossimi cinque anni mancheranno 11.800 medici; in particolare, risulta che nei prossimi cinque anni il 37 per cento dei medici radiologi attualmente in servizio sarà cessato. L'ASL di Vercelli ha anche interpellato le Università piemontesi e lombarde per conoscere la reale disponibilità di nuovi specialisti che hanno già concluso o stanno per concludere il loro percorso di specializzazione, purtroppo con esito negativo. A ciò si aggiunge che in questo momento sono stati banditi (mi pare che verranno banditi oggi o domani) concorsi nazionali; ci sono più concorsi per specialisti rispetto all'ultimo bando ed è noto come sedi cittadine più centrali siano da sempre più ambite e richieste rispetto ai territori più decentrati.
Nonostante la difficoltà del momento, l'ASL di Vercelli intende fare di tale criticità un'opportunità, ottimizzando quanto più possibile le risorse disponibili e facendo leva su tutte le risorse presenti nelle diverse sedi.
Ho voluto essere puntuale perché questa è una situazione che noi ci troveremo in modo ripetuto per tante situazioni. La situazione è drammatica. L'ho già detto in alcuni momenti e probabilmente si è pensato che è la solita opinione del dibattito politico, ma ho detto una cosa molto semplice: fermo restando questo numero di specialisti, ci sarà una concentrazione dei pochi medici specialisti nelle strutture metropolitane più urbanizzate a discapito delle altre aree.
Quello che sta avvenendo è l'esempio classico, per cui colgo quest'occasione per sollecitare tutti verso una forte iniziativa di carattere politico nazionale, perché il sistema sanitario rischia di non dare risposte a queste domande sacrosante.


Argomento: Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Interrogazione a risposta immediata n. 2234 presentata da Vignale, inerente a "Quante risorse destinate al rimborso dei medicinali innovativi oncologici?"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione a risposta immediata n. 2234, presentata dal Consigliere Vignale, che ha la parola per l'illustrazione.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Dal 2017, com'è noto ai colleghi e alla Giunta regionale, lo Stato ha aggiunto nel Fondo Sanitario Nazionale delle risorse dedicate: si tratta di 500 milioni di euro complessivi, di cui una parte dedicata ai medicinali innovativi non oncologici, in particolar modo quelli legati all'epatite C e una seconda parte (41 milioni) per la Regione Piemonte, dedicata ai medicinali innovativi oncologici.
Nel 2017, quando vi è stato il primo stanziamento, la Regione Piemonte ha speso dei 41.572.000 euro dedicati all'utilizzo di medicinali innovativi oncologici soltanto 27.573.000 euro, quindi sono stati praticamente avanzati quasi 14 milioni di euro, che sono stati poi ripartiti alle singole ASL, le quali hanno utilizzato queste risorse come se fossero parte del fondo nazionale e non le hanno destinate esclusivamente ai farmaci innovativi oncologici (questo è già oggetto di una precedente interrogazione cui l'Assessore Saitta aveva già risposto).
Nel 2018 è cambiata però la modalità, non il reparto che è ancora da definire, ma è cambiata la modalità di riconoscimento economico, nel senso che, a differenza dell'anno precedente in cui il trasferimento è avvenuto e in qualche modo si contava che le Regioni spendessero queste risorse sulle due misure dedicate, quest'anno in realtà lo Stato verificherà la spesa sostenuta dalle singole Regioni per effettuare poi i relativi conguagli.
Sul sito dell'AIFA, che evidenzia la spesa delle singole Regioni, abbiamo potuto verificare che nel primo bimestre (gennaio e febbraio) la Regione Piemonte, dei (presumibilmente di nuovo) 41,5 milioni di euro, ha speso 5.897.000 euro. Quindi anche relativamente alla modalità differente di riconoscimento della spesa di quest'anno, che non ci consentirebbe di utilizzare delle risorse non utilizzate per farmaci innovativi oncologici per coprire altre spese sanitarie, chiediamo all'Assessore Saitta quante risorse sono state assegnate, se è un dato che è già l'Assessore conosce ma che per noi non è possibile conoscere, almeno da quanto è presente nella documentazione del Ministero e di AIFA per il primo semestre del 2018.
Riteniamo che, al di là di come si possono utilizzare le risorse, il non spendere risorse in farmaci innovativi sia, in qualche modo, un venir meno a una stessa protezione dello Stato ma, soprattutto, a un bisogno di salute dei cittadini piemontesi.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Il collega Vignale, come ricordava, ripropone un aspetto già evidenziato nella precedente interrogazione presentata il 16 aprile, ovvero il Consigliere sostiene: "Il mancato utilizzo delle risorse a disposizione limita, di fatto, il diritto alla migliore cura dei pazienti piemontesi".
A questo proposito, non resta che ribadire quanto ho già avuto modo di dire allora: "La migliore cura dei pazienti piemontesi si ottiene attraverso un uso corretto delle evidenze scientifiche sui farmaci, riconosciute e validate a livello mondiale, e non attraverso il totale utilizzo del fondo messo a disposizione dal Ministero dalla Salute". Può anche esserci una sovrastima da parte del Ministero per quanto riguarda il fondo ma, in ogni caso, sono state date delle risposte puntuali a tutte le richieste.
Tanto premesso, si comunica che a oggi sono disponibili i dati dei consumi dei farmaci oncologici innovativi per il periodo gennaio-maggio 2018 (c'è una tabella che allego a questa risposta), suddivisi per Aziende sanitarie e per canale distributivo. Da tali dati si rileva che la spesa, a livello regionale, per il periodo considerato - quindi gennaio maggio 2018 - è stata pari a 15,3 milioni di euro.
Per quanto riguarda il finanziamento alle Aziende sanitarie, si precisa che, con una delibera della Giunta regionale del 2017, la numero 113-6305 è stato effettuato il riparto provvisorio nelle more della definizione delle modalità nazionali di riparto per l'anno 2018, con i criteri utilizzati per l'anno 2017.


Argomento: Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione a risposta immediata n. 2228 presentata da Policaro inerente a "Perforazioni petrolifere nel territorio novarese"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2228.
La parola al Consigliere Policaro per l'illustrazione



POLICARO Giuseppe Antonio

Grazie, Presidente.
Il tema è noto. Si chiede all'Assessore quali siano gli interventi che saranno effettuati dalla Regione Piemonte e, soprattutto, qual è lo stato dell'arte in relazione alle procedure che porteranno, probabilmente, a delle perforazioni petrolifere nel territorio novarese.
Da tempo, infatti, si discute di un piano di interventi che coinvolgeranno un territorio molto ampio, non soltanto in provincia di Novara, ma anche in altre province limitrofe, tant'è vero che il permesso di cui si discute per le perforazioni ricopre ben 462 chilometri quadrati e prevede quasi una ventina di Comuni coinvolti.
Ci sono moltissime preoccupazioni da parte dei cittadini e da parte di associazioni di categoria, che si sono espresse al riguardo sottolineando come non vi sia soltanto un problema di carattere ambientale, ma anche un tema da tenere in grande considerazione, ovvero il tema occupazionale .



PRESIDENTE

Chiedo scusa.
Consiglieri, faccio fatica a sentire il Consigliere che illustra la sua interrogazione e credo che l'Assessore Valmaggia non sia nelle condizioni di poter ascoltare e poi rispondere.
Vi prego di fare un po' di silenzio.



POLICARO Giuseppe Antonio

Sottolineavo come vi siano enormi preoccupazioni anche da parte degli agricoltori - in particolare delle associazioni di categoria degli agricoltori- . È noto come nell'area in considerazione siano molte le produzioni agricole e agroalimentari di qualità, in particolar modo relative alla filiera zootecnica, alla produzione di cereali, alla coltura della vite e, in generale, delle risaie.
Posto che ultimamente anche il Ministro Costa si è espresso sul tema specificando come vi sia un iter di VIA e come siano peraltro pervenute più di 30 richieste di intervento o, comunque, di modifiche rispetto a quanto proposto, chiedo quali siano le azioni intraprese dalla Regione Piemonte se vi sia attenzione sul tema, sottolineando quanto sia importante il rispetto dei territori e anche della volontà dei cittadini dei territori stessi che si sono espressi al riguardo in più di un'occasione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
Il procedimento in esame è un procedimento di valutazione di impatto ambientale di competenza nazionale, inerente al permesso di ricerca di idrocarburi "Cascina Alberto", nell'ambito del quale è stata richiesta la valutazione per un programma di lavori comprendente prospezioni geofisiche mediante l'utilizzo di indagini sismiche attraverso rilascio di energia, in parte tramite piastre vibranti trasportate a motore, in parte tramite tecniche con uso di esplosivi.
La Regione partecipa al procedimento di VIA statale esprimendo un parere secondo i disposti dell'articolo 18 della legge regionale 40 del 1998.
Al fine di acquisire il parere delle amministrazioni locali coinvolte dall'intervento è stata convocata una Conferenza dei Servizi, che si è tenuta il 6 febbraio 2018 e il cui esito è stato trasmesso al Ministero dell'Ambiente il 28, che si allega in copia alla risposta.
Successivamente, con nota del 9 marzo, è stata trasmessa la determina dirigenziale - che allego in copia - con la quale sono state formulate richieste d'integrazione alla documentazione progettuale, ritenute necessarie al fine di poter esprimere un giudizio sulla compatibilità ambientale del progetto.
Al momento non si dispone di ulteriori notizie circa la formulazione della richiesta di integrazioni da parte del Ministero al proponente e circa l'ulteriore iter del giudizio di compatibilità ambientale.


Argomento: Problemi energetici

Interrogazione a risposta immediata n. 2229 presentata da Accossato inerente a "Controlli in merito all'installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione nella Regione"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 2229.
La parola alla Consigliera Accossato per l'illustrazione.



ACCOSSATO Silvana

Grazie, Presidente.
Assessore Valmaggia, questa non è la stagione in cui pensare al riscaldamento, però bisogna prepararsi per tempo! Peraltro, questo Consiglio regionale e la stessa V Commissione si sono più volte occupati con lei del tema della termoregolazione e contabilizzazione del calore cioè delle cosiddette termovalvole.
Sappiamo che dalla stagione passata - dall'inverno passato - è entrata in vigore l'obbligatorietà dell'installazione e anche l'obbligatorietà della verifica e dei controlli rispetto all'installazione di questi strumenti.
Strumenti rispetto ai quali abbiamo a lungo dibattuto: conosciamo tutti gli aspetti positivi e anche il loro valore in un più generale progetto di risparmio energetico e di riduzione della CO2. Conosciamo anche gli aspetti negativi: abbiamo dibattuto sull'insufficienza di questi strumenti se non accompagnati da altri correttivi nei condomini, nelle abitazioni e nei fabbricati.
Detto questo, il 2016 era la scadenza ultima. Con la proroga nazionale e anche con le attenzioni che questo Consiglio regionale aveva dato, questa scadenza è stata portata all'autunno, al 30 settembre 2017, e nella stagione invernale di riscaldamento appena trascorsa era necessario avere installati questi strumenti.
La Regione Piemonte ha delegato alle Province e alla Città metropolitana il controllo dell'avvenuta installazione con la possibilità di avvalersi anche delle competenze dei tecnici dell'ARPA, per svolgere quest'attività.
Probabilmente e presumibilmente si tratta d'interventi a campione, sulla base di obiettivi che ciascun Ente si dovrebbe essere dato (quanta percentuale di abitazioni, di punti di erogazione controllare), ma a me, a questo punto, interesserebbe sapere (per questo l'interrogazione) quanti controlli sono stati fatti nelle diverse Province e in Città metropolitana perché - e lo motivo anche - è necessario che la verifica venga fatta, è necessario che non ci sia la vittoria dei cosiddetti furbi, coloro che pensavano che in Italia le leggi ci sono, ma poi nessuno controlla e nessuno se ne occupa e che, magari, poi si prendono anche il gusto di sbertucciare chi, invece, ha rispettato in modo ordinato la legge.
Pertanto, sono interessata a capire questi dati e, poi eventualmente proseguire anche in Commissione il ragionamento e capire come muoversi.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola l'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
La norma regionale del 2009 imponeva l'obbligo d'installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione entro il settembre 2012. Poi, una serie di proroghe, dal 2012, ha fatto sì che la norma regionale si allineasse alle scadenze e agli obblighi imposti dalla norma nazionale.
Quindi, in Piemonte, gli obblighi in tema di contabilizzazione e termoregolazione del calore negli edifici di civile abitazione previsti dalla norma regionale non sono mai diventati cogenti, perché è subentrata la norma nazionale che ha individuato, prima, al 31 dicembre 2016 e, poi prorogandola, al 30 giugno 2017, la scadenza per questi interventi.
Per quanto riguarda i controlli, la legge regionale 23/2015 ha confermato quali autorità competenti per i controlli sugli impianti termici le Province e la Città metropolitana, che possono avvalersi del supporto di ARPA. In tali attività ricadono, secondo il disposto nazionale, anche le verifiche del rispetto degli obblighi di contabilizzazione e termoregolazione del calore, quindi non solo i controlli sugli impianti sui terzo gestori, insomma su tutta la partita del riscaldamento, ma anche sull'obbligo della contabilizzazione e della termoregolazione.
Le modalità di svolgimento dell'attività di controllo sono state esplicitate con una delibera di Giunta del 29 dicembre 2015, che ha recepito a livello regionale le indicazioni della normativa nazionale di riferimento per i controlli, dando avvio, nell'anno passato, a una fase di campagna sperimentale di applicazione delle nuove disposizioni per i controlli di efficienza energetica, in parallelo con il complesso percorso di riassetto degli Enti locali intervenuti in Regione Piemonte per effetto dell'entrata in vigore della legge regionale 23/2015.
Tenuto altresì conto che, con specifico riferimento all'ambito e alle modalità di svolgimento dei controlli sull'obbligo di installazione dei sistemi di contabilizzazione del calore e alla metodologia tecnica di calcolo per la ripartizione delle spese prevista dalla norma nazionale, è tuttora pendente un quesito formulato al MISE dalle Regioni in sede tecnica interregionale fin dal 2017, si ritiene di procedere, prima dell'avvio della prossima stagione termica, ad attivare un monitoraggio specifico presso le autorità competenti ARPA, nell'ambito dei tavoli tecnici periodici istituiti dalla Regione, al fine di coordinare e supportare lo svolgimento di queste funzioni confermate nelle competenze provinciali.
Grazie.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione a risposta immediata n. 2233 presentata da Rossi Luca Angelo, inerente a "Passaggio treni Terzo Valico in Novi Ligure"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 2233.
La parola al Consigliere Rossi Luca per l'illustrazione.



ROSSI Luca Angelo

Grazie, Presidente, e grazie, Assessore.
Non starò a leggere tutta l'interrogazione che, con molta precisione descrive quella che era la situazione del passaggio della linea del Terzo Valico nel territorio del Comune di Novi Ligure, sia per quello che era il progetto originario sia per quello che da un paio di anni ormai è diventato il progetto che s'intende seguire, per il quale stanno iniziando i lavori conseguenti.
Nella sostanza, la linea ferroviaria del Terzo Valico arriva dalla Liguria nel Comune di Novi Ligure, si dirige verso Tortona, quindi si dirige verso Milano. Il collegamento di questa linea con la linea storica che da Genova va ad Alessandria, e poi da Alessandria verso Novara o verso Torino, in origine era previsto con il cosiddetto "Shunt", un collegamento, una specie di circonvallazione che avrebbe lasciato fuori la città di Novi Ligure dal traffico pesante diretto verso Alessandria, quindi verso Torino e verso Novara, e si sarebbe interconnessa al di fuori della città.
L'Amministrazione comunale di Novi Ligure, con una delibera dell'aprile del 2016, ha invece fatto una scelta differente, un'interconnessione prima della città, arrivando da Genova, con l'attraversamento del traffico pesante per la città.
Nell'interrogazione è evidenziata tutta una serie di criticità che vengono o che si verranno a produrre sia nella fase di cantiere, che tra l'altro potrebbe durare anche sette anni, sia successivamente, con un attraversamento continuo della città da parte di convogli particolarmente lunghi e veloci, quindi con un impatto sulla qualità della vita di chi vive in prossimità della linea sicuramente differente da quello fino a oggi subito.
Ci sono poi due altre considerazioni che è opportuno fare.
Primo, i motivi per cui è stato scelto questo secondo percorso erano essenzialmente quelli di consentire l'interconnessione, quindi l'utilizzo dello scalo ferroviario presente e oggi poco, per un per dire nulla utilizzato di San Bovo a Novi Ligure, che invece con lo "Shunt" sarebbe stato più complicato raggiungere.
In effetti, anche qui si evidenzia che non è affatto previsto che ci possano essere scambi e deviatori coerenti con la linea dell'Alta Capacità e che consentano il collegamento per San Bovo. È un'ipotesi, una possibilità da valutare.
Peraltro, anche l'ipotesi stessa di utilizzare lo scalo come attività retro portuale del porto di Genova è tutta un'ipotesi in divenire, visto che non c'è una pianificazione che preveda questo particolare utilizzo.
L'altro punto è che l'Amministrazione comunale affermava che con l'eliminazione dello "Shunt" ci sarebbe stato un minore occupazione di suolo, un risparmio di terreno agricolo. Effettivamente, andando a verificare, è puntualmente dimostrato quelle che sono le aree occupate dei cantieri e l'occupazione di suolo è addirittura superiore.
Con tutte queste considerazioni, comprendendo che si parte da una delibera di Consiglio comunale (in premessa diciamo "per quanto di competenza della Regione"), noi chiediamo se non si ritenga opportuno, visto quanto precedentemente illustrato, valutare delle riflessioni per ritornare sul percorso originario che ci sembra, da tutti i punti di vista, una soluzione migliore.
Grazie.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Valmaggia; prego.



VALMAGGIA Alberto, Assessore regionale

Grazie, Presidente.
Rispondo al posto del collega Balocco.
Occorre preliminarmente ricordare che nella delibera CIPE del 2006 è stato prescritto che il proponente elabori uno studio di fattibilità dell'interconnessione fra la nuova linea del Terzo Valico e la linea storica esistente Torino-Genova, come richiesto in allora dalla Regione Piemonte, Provincia di Alessandria, Comune di Novi e Pozzolo Formigaro.
Questo in relazione al fatto che lo "Shunt", di cui ha parlato prima l'interpellante, previsto nel progetto definitivo del 2006, sottopassa totalmente lo scalo di San Bovo (a una quota di circa15 metri) per riemergere ben oltre lo stabilimento ILVA (il cui binario tecnico è derivato all'interno del perimetro dello scavo dello scalo di San Bovo).
Inoltre, ancorché taluni lavori nella stazione di Novi Ligure siano indicati a carico di RFI (che è il soggetto proponente dell'intero intervento), il collegamento fra i due nuovi binari e la linea esistente verrà realizzato. Difatti, come già previsto nel progetto definitivo del 2006, la galleria di Valico era collegata alla linea esistente attraverso un binario tecnico che doveva garantire l'accesso del treno di emergenza per l'intervento nella galleria di Valico in caso di necessità.
Poiché il treno di emergenza (la cui funzione non è esclusiva per i treni che percorrono il Terzo Valico) è nella disponibilità di Trenitalia, pu essere dislocato in una stazione diversa da Novi Ligure. Segue che i due piani del ferro (nuovo e storico) dovevano e dovranno essere collegati.
Si precisa che la nuova Linea è solo ad Alta Capacità e non ad Alta Velocità, perché non alimentata alla tensione di 25.000 V e con velocità di esercizio passeggeri pari al massimo a 250 chilometri all'ora.
Allo stesso modo, per il Rio Gazzo, la delibera CIPE prescrive che devono (in quanto non presenti fra gli elaborati del progetto) essere fatte tutte le verifiche idrauliche nelle aree interferite sia dalla linea sia dallo Shunt sia dal binario tecnico.
Con la modifica prevista nella cosiddetta "Variante allo Shunt", approvata dalla Conferenza dei Servizi del Ministero delle Infrastrutture dello scorso anno, per il Rio Gazzo il Settore tecnico regionale di Alessandria ha prescritto che lo stesso debba mantenere le stesse caratteristiche morfologiche e di capacità di portata attuali.
Grazie.


Argomento: Trasporti su gomma - Trasporti su ferro

Interrogazione a risposta immediata n. 2236 presentata da Valetti, inerente a "Sovrapposizioni servizi ferroviari e automobilistici sulla Torino Pinerolo"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2236.
La parola al Consigliere Valetti per l'illustrazione.



VALETTI Federico

Grazie, Presidente.
Quest'ordine del giorno viene in seguito ad alcuni ordini del giorno già discussi e approvati in Aula nella bellezza dell'anno 2015, dove noi chiedevamo e ottenevamo dal Consiglio regionale di impegnare la Giunta a ottimizzare la spesa sul trasporto pubblico, rimuovendo quei servizi che vengono finanziati in sovrapposizione delle ferrovie, perché sembra paradossale che molti territori del Piemonte non dispongano di servizi minimi di trasporto pubblico di ferrovia e talvolta neppure di autobus cosa che abbiamo lamentato spesso col fatto che la Regione non ha definito quali sono i servizi minimi essenziali per i territori piemontesi. Questo comporta grosse storture con territori che hanno molto e territori che hanno poco.
In questo caso, non è stato dato seguito a ordini del giorno approvati dal Consiglio e ne abbiamo ben due. Vi è l'ordine del giorno n. 187, che chiedeva che venissero recuperate risorse in razionalizzazione del servizio pubblico per sostenere dei servizi di trasporto nelle aree a domanda debole. Quindi, ci rivolgiamo in particolare ad aree montane, collinari e periferiche delle nostre Province. Quest'ordine del giorno è stato approvato dal Consiglio regionale.
Un altro ordine del giorno chiedeva che l'Agenzia della mobilità regionale insieme alla Regione, privilegiasse nella pianificazione i servizi ferroviari in luogo dei servizi autobus, dove sono presenti dei servizi ferroviari, e che venissero gradualmente soppressi dalla programmazione i servizi di bus duplicati con il treno.
Queste cose non sono successe e mi trovo paradossalmente a doverlo denunciare sul mio territorio; quindi, paradossalmente devo denunciare che il mio territorio dispone di più servizi non necessariamente indispensabili, perché ce ne sono molti che servirebbero e mancano, ma la Regione spende ogni anno circa 350 mila euro di servizi autobus diretti paralleli alla ferrovia, in fasce di morbida.
Che cosa vuol dire fasce di morbida? Vuol dire che i treni sono quasi completamente vuoti e gli stessi autobus sono vuoti; sono vuoti e fanno un servizio che non è neppure di prossimità, ma un servizio di autobus diretto Pinerolo-Torino senza fermate intermedie. A noi questo sembra uno scandalo in un momento in cui abbiamo molti territori dove non hanno neanche dei servizi minimi.
Questa cosa l'ho detta più volte all'Assessore, l'ho detta all'Agenzia della mobilità e dopo quattro anni non ho visto modifiche a questo tipo di atteggiamento, anzi ho un po' l'impressione che a pianificare i servizi continuino a essere le compagnie, ovvero si chiede alle compagnie "dove preferite tagliare i servizi e quali preferite tenere?" e le compagnie tengono i servizi che preferiscono. Ma questa non è programmazione, la Regione ha abdicato il suo ruolo di programmazione e lo lascia fare agli operatori privati, che ovviamente pianificano come fa loro comodo. Questo non è un servizio pubblico, non è così che si spendono le risorse pubbliche.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Valetti.
La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore regionale

Grazie, Presidente.
Anche in questo caso rispondo al posto del collega Balocco.
I dati che espongo vengono dall'Agenzia della mobilità piemontese. Sulla tratta Torino-Pinerolo i servizi automobilistici appartengono principalmente a queste tre linee: la linea 275 (Sestriere-Perosa-Pinerolo Torino), la linea 282 (Pinerolo-Torino), la linea 220 (Barge-Cavour Pinerolo-Torino).
Nelle giornate feriali del periodo invernale le corse che percorrono la tratta Torino-Pinerolo (parliamo della gomma) sono circa 130 e trasportano circa 3.000 viaggiatori. È stata effettuata una ricostruzione speditiva dei dati di frequentazione rilevati nel mese di novembre, dai quali sono stati estratti i viaggiatori saliti in tutte le fermate della tratta Torino Pinerolo in un giorno invernale feriale. Le tabelle riportano i dati di 2.969 passeggeri e 132 corse. Valuti lei se sono adeguate o non sono adeguate 132 corse in una giornata nella tratta Torino-Pinerolo.
Per quanto concerne l'eventuale riorganizzazione dei servizi di TPL automobilistico lungo la direttrice Pinerolo-Torino e una loro più efficace integrazione con il servizio ferroviario, si segnala che la stessa rientra nel novero delle riorganizzazioni in fase di definizione, necessaria a garantire coerenza tra costo del servizio erogato e limitate risorse a disposizione in corso di valutazione con il consorzio Extra.To.
Grazie.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Difesa idrogeologica

Interrogazione a risposta immediata n. 2237 presentata da Frediani inerente a "Opere di messa in sicurezza a monte della frana che ha interessato il Comune di Bussoleno"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2237.
La parola alla Consigliera Frediani per l'illustrazione.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente; buongiorno, Assessore.
Ritorniamo a Bussoleno, quindi torniamo sulle opere successive agli eventi del 7 giugno quando, tutti noi lo ricordiamo, una colata di fango ha invaso la parte del paese contro la montagna. Siamo stati in sopralluogo con le due Commissioni, la II e la V in congiunta, per valutare i danni e anche per prendere coscienza degli interventi che si aveva intenzione di mettere in atto.
Il sopralluogo è avvenuto il 27 giugno e abbiamo avuto modo di vedere gli enormi danni causati da questa colata di fango e anche l'origine, almeno l'origine dal punto di vista geografico. Poi sulle cause ovviamente bisognerà fare delle analisi approfondite, per arrivare a capire come porre rimedio anche in altre zone del Piemonte che rischiano allo stesso modo di essere soggette ad eventi di questo tipo.
In data 29 giugno è stato approvato il progetto che prevede una serie di lavori e di interventi. Ovviamente noi non abbiamo visto le carte ufficiali, ma abbiamo partecipato a qualche serata organizzata dal Comune con alcuni tecnici, poi sappiamo che c'è un tavolo in corso.
Sappiamo anche che l'Assessore ha incontrato alcuni residenti della zona per ascoltare le loro preoccupazioni e anche alcune proposte. Proposte che fanno riferimento agli interventi previsti nel progetto, che prevedono la realizzazione di un invaso a valle, poi si dovrebbe prevedere anche un invaso a monte. Il problema pare che sia proprio qui, quindi sul fatto di realizzare un intervento a valle prima di realizzarlo a monte, oppure piuttosto che realizzarlo a monte.
Vorremmo capire quali siano le intenzioni, anche perché sappiamo che c'è stata un'interlocuzione con i cittadini residenti, alcuni dei quali probabilmente rischiano anche di subire l'esproprio della casa, anzi mi risulta che siano già arrivate delle lettere di esproprio. Vorremmo capire se sia ritenuto realmente efficace intervenire, realizzando un invaso solamente a valle o se si stia valutando in alternativa, accogliendo le preoccupazioni e le proposte dei cittadini di Bussoleno, per l'appunto un intervento anche a monte.
Pertanto, su tutto questo chiediamo informazioni all'Assessore Valmaggia.



PRESIDENTE

Grazie, collega Frediani.
La parola l'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore alla protezione civile

Grazie, Presidente.
A seguito della dichiarazione dello stato di calamità naturale l'attenzione della Regione è concentrata in modo equivalente sui tre Comuni interessati dagli incendi dello scorso autunno (Mompantero, Chianocco Bussoleno); quindi, si sta lavorando sui questi tre il Comuni. È chiaro che a Bussoleno c'è stato il maggior danno primaverile e su quello ci sono interventi immediati che sono in fase di attuazione.
A seguito del nubifragio del 7 giugno, l'Amministrazione comunale, su proposta del Settore Tecnico regionale - Area Metropolitana di Torino e della Direzione Opere Pubbliche, ha dato l'incarico a un tecnico abilitato (ingegnere idraulico) per lo svolgimento di due progetti, quelli ai quali accennava, relativi a interventi di somma urgenza per una prima minimizzazione del rischio nell'area di conoide della Comba delle Foglie.
In data 21 giugno i tecnici dei Settori Geologico e Tecnico regionali hanno condiviso i due suddetti progetti, presentati dal tecnico incaricato.
L'importo a quadro economico di ciascuno dei due progetti è di circa 250 mila euro; tali somme saranno oggetto di finanziamento statale a seguito della dichiarazione dello stato d'emergenza emanato a fine giugno.
In data 3 luglio il Comune di Bussoleno ha provveduto alla consegna dei lavori dei due progetti a due distinte imprese. Si prevedono interventi non solo nell'area del conoide, ma anche a monte e a valle della stessa. Uno dei due progetti prevede tre bacini di accumulo del materiale solido lungo la Comba delle Foglie: il primo bacino è previsto nella parte mediana dell'asta dell'impluvio, a valle della strada che conduce alla località Pietrabianca; sarà posizionata una barriera in rete metallica in grado di arrestare fino a 3.500-4.000 metri cubi di materiale.
Il secondo e il terzo bacino saranno posizionati in apice del conoide, con la realizzazione di due rilevati in terra in grado di contenere complessivamente circa 13 mila metri cubi.
L'altro progetto di somma urgenza è volto a una prima sistemazione del convogliamento delle portate liquide della Comba delle Foglie fino al recapito finale del fiume Dora Riparia. Lei sa che quando l'acqua arriva dalla roccia e dalla montagna non c'è una possibilità di scarico che raggiunga il fiume, perché vi è una dispersione nei canaletti, nei rii insomma nelle bialere in mezzo ai campi.
A questi due succitati progetti farà seguito un ulteriore progetto di 500 mila euro per il completamento delle sistemazioni già previste e per la realizzazione di ulteriori interventi di contenimento del materiale solido (briglie e vasche di deposito) nella parte mediana dell'impluvio, in corrispondenza della strada in regione Meisonetta e della strada per località Campobenello. Tale successivo progetto è inserito nel piano di ricostruzione a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza.
Tuttavia, è importante agire a valle, ma anche a monte, quindi sempre nel piano di ricostruzione è stato inserito, e sarà finanziato, un intervento di tipo forestale nella parte alta del bacino della Comba delle Foglie, che consisterà nell'area colpita dall'incendio, con l'idrosemina di specie arboree e arbustive, nel taglio di alberi morti o instabili, nella formazione di barriere antierosive con posizionamento di legname a 45 gradi lungo la linea di massima pendenza.
Si sta procedendo con gli interventi già operativi di massima urgenza, per dare sicurezza da subito e poi completando gli interventi anche nelle altre parti, così come anche nei Comuni vicini a Bussoleno.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Valmaggia.
Dichiaro chiusa la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata.



(Alle ore 16.08 la Presidente dichiara esaurita la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata)



(La seduta ha inizio alle ore 16.11)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Balocco, Baricco, Ferraris e Pentenero.


Argomento:

Programmazione dei lavori


PRESIDENTE

Siamo giunti al punto 3) dell'o.d.g., che prevede l'esame del disegno di legge n. 275, inerente a "Disposizioni coordinate in materia di cultura". I relatori di maggioranza sono i Consiglieri Valle e Grimaldi; la relatrice di minoranza è la Consigliera Frediani.
Il testo è stato licenziato a maggioranza dalla VI Commissione il 5 luglio scorso.
Come dice, collega Tronzano?



TRONZANO Andrea

Chiedo scusa, Presidente e colleghi. Stamattina col Presidente Boeti avevamo ipotizzato, vista anche l'eventuale urgenza rispetto alla situazione di Verbania (referendum, ecc.), di discutere l'ordine del giorno che ha presentato il collega Bona, per poterlo approvare, anche in rafforzamento alla situazione della Giunta che venerdì approverà un certo tipo di provvedimento.
Se lei fosse d'accordo.



PRESIDENTE

La Giunta mi suggerisce le ore 18.
Ha chiesto la parola il Consigliere Mighetti; ne ha facoltà.



MIGHETTI Paolo

Scusi, Presidente, solo per la tempistica: chiedevo che cosa mi dice anche sulla comunicazione richiesta stamattina.



PRESIDENTE

Mi dicono che verrà decisa oggi nella Conferenza dei Capigruppo. Il Presidente Boeti, che sta arrivando, magari lo conferma. Presidente, aveva intenzione di fare la comunicazione alle 18.30?



BOETI Antonino

Non subito.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ravetti; ne ha facoltà.



RAVETTI Domenico

Non chiedo la Conferenza dei Capigruppo; chiedo però se è utile un minuto di interruzione per definire l'ordine dei lavori di oggi, ma giusto un minuto, non di più.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 16.13, riprende alle ore 16.17)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Esame disegno di legge n. 275, inerente a "Disposizioni coordinate in materia di cultura"


PRESIDENTE

Siamo all'esame del disegno di legge n. 275, "Disposizioni coordinate in materia di cultura", di cui al punto 3) all'o.d.g.
I relatori di maggioranza sono i Consiglieri Valle e Grimaldi; la relatrice di minoranza è la Consigliera Frediani.
Il testo è stato licenziato a maggioranza dalla VI Commissione il 5 luglio 2018.
Consigliere Valle, lei è il primo relatore: prenda pure la parola per una relazione che metta assieme la sintesi e la profondità dei contenuti.



VALLE Daniele, relatore

Ci proviamo, Presidente, perché il testo è effettivamente lungo e complesso e arriva - devo dire sicuramente da parte mia, ma penso da parte di tutta la maggioranza - con una certa soddisfazione, al termine di un percorso di partecipazione che ci ha impegnato sostanzialmente dall'inizio di questa consigliatura, e con soddisfazione raddoppiata dal fatto che nelle due consigliature precedenti si era tentati di arrivare all'unificazione dei testi di legge in materia di cultura della nostra Regione senza successo.
Si è partiti - mi piace ricordarlo - con un ordine del giorno che abbiamo condiviso, proposto proprio dalla collega, che impegnava la Regione a un percorso di partecipazione, che poi noi abbiamo voluto articolare come gli Stati generali della cultura, che ci ha visto impegnati prima nel condividere un tavolo organizzativo degli Stati generali, poi degli incontri che si sono tenuti su tutto il territorio, coinvolgendo anche i diversi quadranti della nostra Regione, con un confronto fra gli operatori del settore indipendentemente dal comparto culturale acui afferiscono, i nostri addetti, coloro che sono impegnati nell'Amministrazione regionale e le parti politiche che in quei territori svolgono la loro attività, quindi gli Amministratori comunali, provinciali e i Consiglieri regionali di quelle zone, ritrovandosi per la prima volta intorno ai tavoli a discutere di questioni di interesse generale e non soltanto correndo dietro alla contingenza come spesso capita dovendo affrontare l'esigenza di quel finanziamento, di quel bando, di quella linea, di quella convenzione.
Questo lavoro importante e partecipato ha prodotto prima una e poi una seconda bozza di testo di legge, che in seguito abbiamo avuto modo di esaminare a lungo in Commissione. Abbiamo avuto anche un importante gruppo di lavoro, che ha arricchito - devo dire - la portata del testo. Faccio solo alcuni riferimenti, perché per esempio mancava il riferimento al mondo dalla cooperazione e al mondo del patrimonio culturale di carattere religioso; mancava il tema dell'accessibilità per i disabili, della produzione culturale; mancava il tema del contratto collettivo nazionale come standard di riferimento per i lavoratori del mondo della cultura.
C'erano diverse questioni che il gruppo di lavoro, raccogliendo continue sollecitazioni, perché il rapporto con l'esterno, in particolare con il Comitato emergenza cultura e con l'AGIS come realtà di ampia rappresentanza dei diversi soggetti del mondo culturale, ci ha tenuto molto impegnati e ci ha permesso di arrivare a un testo che, mi sento di dire, è profondamente condiviso e che resterà patrimonio di quest'Aula, anche perché aggiorna un sistema normativo che, come abbiamo già detto altre volte su altre questioni, ormai è vecchio e risale agli anni Settanta e Ottanta.
Il tema della partecipazione è stato così significativo nell'elaborazione di questo testo che è diventato anche una cifra per caratterizzare l'azione e le politiche culturali della Regione per la prospettiva. In particolare faccio riferimento a quell'articolo che ipotizza la costituzione di tavoli di confronto permanente, non solo sui settori consolidati, che conosciamo già e che sono già parte dell'attività culturale che promuoviamo e sosteniamo da anni, ma anche di prospettiva su nuove realtà che ci possono interessare.
Un lavoro di semplificazione importante, perché abroghiamo 39 leggi, 12 regolamenti che raccogliamo in un solo testo. Questo - non lo dico soltanto in quest'occasione, ma ne sono profondamente convinto da cittadino e da giurista prima che da politico - è un grande strumento di chiarezza, di semplificazione e di partecipazione per la cittadinanza, che sa che pu trovare tutto quello che riguarda un determinato argomento in un unico testo, con chiarezza, con trasparenza e con accessibilità. Questo è senz'altro un valore aggiunto che arricchisce il tasso di democraticità del nostro agire politico.
Lo dico come merito anche per quelle leggi in materia culturale che avevamo già potuto approfondire in questi quattro anni, in particolare per quello che riguarda gli istituti culturali e il tema della tutela e della valorizzazione del patrimonio linguistico piemontese. Anche se erano due settori su cui eravamo già intervenuti uno e due anni fa, abbiamo comunque saputo trovare una sintesi per riportare questi testi all'interno del testo unico. Questo è stato uno sforzo importante perché, ovviamente, chi aveva appena partecipato all'elaborazione di una legge poteva sentirsi un po' in difficoltà nel rimettere in discussione un lavoro appena terminato.
Mi dispiaccio, invece - ma penso che sarà un obiettivo dei prossimi anni che non siamo riusciti a portare a sintesi in questo provvedimento, per ragioni validissime che abbiamo condiviso in Commissione perch estremamente specifici nella loro portata, i comparti degli istituti storici della Resistenza e quello delle SOMS. La volontà di rimanere strettamente agganciati alle politiche di valorizzazione culturali a 360 gradi della nostra Regione è dimostrata anche dal fatto che gli stessi istituti storici hanno richiesto un'integrazione, che presenteremo con un emendamento più tardi, per cui anche le loro azioni possono venire raccordate strettamente con quelle che facciamo per la promozione degli istituti culturali.
C'è stato un sottofondo in questo lavoro, una battuta che ci ha sempre accompagnato: "Bella legge, bravi, ma c'è una questione di risorse". È una questione di risorse che non affrontiamo e non risolviamo del tutto neanche con il lavoro che abbiamo fatto di costruzione della complicatissima clausola finanziaria. tuttavia, ci sono degli strumenti nuovi che è il caso di sottolineare, perché aumenteranno sicuramente la qualità della nostra azione.
L'introduzione del piano triennale consente la possibilità di programmare con un respiro più ampio le nostre azioni con convenzioni e con bandi di respiro triennale o biennale a seconda di come vorremmo, per dare agli operatori del comparto una stabilità che oggi non possono trovare negli strumenti che abbiamo a disposizione, strumenti finanziari di garanzia e di sostegno agli investimenti.
Qui, in realtà, siamo avanti. Nel piano di investimenti delle risorse su Finpiemonte che abbiamo visto la settimana scorsa - 500 mila euro sulle fideiussioni e cinque milioni sugli investimenti - già trasformiamo in realtà quello che abbiamo inserito peraltro proprio con il lavoro di Commissione e di gruppo di lavoro tra le possibilità di azione dell'Assessorato. Ripeto, stanno già per diventare realtà. Erano realtà importanti e attese, soprattutto il tema delle garanzie che si accompagna con il nostro ritardo nei pagamenti. È sicuramente una delle questioni più importanti per la sostenibilità del settore.
Infine, il riconoscimento di alcuni soggetti con la possibilità di sostegno economico che, fino a oggi, non erano riconosciuti ufficialmente dalle nostre leggi come soggetti del settore culturale. Ne cito due su tutti: cinema e librerie, che entrano a far parte, a pieno titolo, dei soggetti che operano e promuovono la cultura sul nostro territorio e che possono trovare anche sostegno a seconda delle modalità che sapremo individuare nei prossimi piani triennali con l'azione amministrativa che seguirà oggi anche da parte della Regione.
C'è stato un lavoro importante dal punto di vista culturale politico, a mio giudizio, nello sforzarci di superare i confini. Avevamo tante leggi ciascuna per il suo settore: la legge del teatro professionale, quella del teatro di strada - perché diverso dal teatro professionale - e quella del teatro amatoriale. Ognuno il suo pezzettino.
Abbiamo dovuto vincere le resistenze a stare insieme, abbattere un po' di confini e abbiamo provato anche, proprio perché è molto difficile fermare la definizione di cultura a un ambito piuttosto che a un altro, a tirare all'interno, per quanto possibile, della nostra programmazione, alcuni concetti che in questo momento erano fuori. Penso al tema del paesaggio penso al tema dei cammini, penso al tema del lavoro, dell'artigianato e dell'industria. Questioni che sono collaterali ma che, tutte insieme, con il patrimonio materiale e i patrimoni immateriali che compongono l'habitat in cui noi siamo immersi, tutti insieme definiscono la nostra cultura quindi la nostra identità e il nostro patrimonio culturale.
Non è scontato e non è un lavoro finito perché, ovviamente, per loro natura, le organizzazioni amministrative tendono a organizzarsi in comparti stagni e definiti, con linee d'azione determinate. Non possiamo neanche estendere questo concetto all'infinito, altrimenti finiremo per tirare dentro anche la cultura dell'accoglienza e la cultura dell'enogastronomia.
Diventerebbe un Assessorato trasversale a tutti i nostri Assessorati, una linea d'azione che è li informa tutti.
Sicuramente, da questo punto di vista, abbiamo fatto un passo avanti, anche perché le attività culturali che si stanno sviluppando in questi anni sempre più, tendono all'ibridazione. Penso a chi accompagna nei musei, non alle guide, ma a chi racconta il museo con attività teatrali o recitate.
Questi soggetti dove li incaselliamo? Li incaselliamo dentro le attività teatrali, dentro quelle culturali o dentro quelle della valorizzazione dei beni culturali? Da questo punto di vista, lo sforzo per far stare tutti dentro lo stesso testo è importante,. Sicuramente è il primo passo in questa direzione, che cambia un po' completamente l'approccio e ci fa superare le categorizzazioni storiche. È una fatica che non riguarda soltanto il Piemonte.
Infatti, se da una parte, possiamo contare su una Costituzione preveggente che già nello stesso articolo parla di attività culturali, di beni culturali e di paesaggio come di un unicum perché compongono l'ambiente in cui siamo immersi e in cui sviluppiamo la nostra umanità, la nostra località, la nostra vita economica e sociale, è altrettanto vero che fino a vent'anni fa il Ministero era solo quello dei Beni culturali, quindi c'era un approccio di tutela di un bene fisico, come se le attività fossero espunte dall'azione amministrativa, se non altro del nostro Stato.
Noi, invece, vogliamo considerare la cultura come una definizione a 360 gradi, che ingloba sia il mondo in cui viviamo sia i beni e i posti dove l'attività si sviluppa, il loro contorno, le loro attività e il paesaggio in cui questo si svolge, perché siamo convinti che lo sviluppo delle attività culturali e la possibilità per i nostri concittadini di essere immersi completamente all'interno di quest'attività di promozione e sviluppo della loro personalità li renda più consapevoli dei loro diritti più sicuri delle loro possibilità e quindi li possa accompagnare a una vita decisamente più felice, mi sento di dire più appagante, più soddisfacente rispetto a quelle che sono le loro possibilità.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Frediani, relatrice di minoranza.



FREDIANI Francesca, relatrice

Arriviamo alla discussione di questo disegno di legge in Aula. Come anticipava il collega Valle, è stato un percorso piuttosto lungo, ma anche molto condiviso. Ha avuto origine con un atto d'indirizzo che abbiamo presentato in Aula e che ha trovato ampia condivisione, dando il via agli Stati generali della cultura, raccogliendo un'istanza del Comitato emergenza cultura che da tempo chiedeva che si realizzasse questa serie d'incontri sul territorio.
È una legge che speriamo vada un po' a semplificare il quadro normativo, se non altro unificandolo, dal momento che andiamo ad abrogare ben 39 leggi e 12 regolamenti attualmente presenti nella nostra normativa regionale.
Ci siamo arrivati con un percorso molto partecipativo (è un termine che abbiamo usato più volte): c'è stata la partecipazione di varie associazioni e soggetti attivi in campo culturale su tutto il territorio piemontese, nel corso di diversi mesi (il discorso degli Stati generali è partito l'anno scorso più o meno in questo periodo).
Ci sono stati, poi, numerosi tavoli anche tra i membri della Commissione con i funzionari dell'Assessorato e con l'Assessore stesso, e si è arrivati a questo testo. Un testo che, tra le sue finalità, ne ha alcune sicuramente molto importanti e condivisibili, a partire dalla valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, che trova spazio all'interno dell'articolo 2, e la tutela della filiera del libro.
Colgo l'occasione per ricordare che, proprio in questi giorni, c'è un soggetto illustre sul territorio torinese (la libreria Comunardi) che sta vivendo un momento piuttosto difficile. Sappiamo che c'è stato l'interessamento sia della Giunta regionale sia della Giunta comunale.
Speriamo veramente di trovare una soluzione, perché si tratterebbe di una perdita enorme per la cultura torinese. Soprattutto, non possiamo perdere i presidi culturali presenti a Torino. Speriamo che si trovi una soluzione visto che si sta parlando anche con il proprietario dell'immobile, e diamo comunque il nostro totale sostegno al proprietario della libreria.
Abbiamo poi affrontato il tema del lavoro. Noi abbiamo sempre sostenuto che di cultura si possa vivere, ma che la cultura debba generare un buon lavoro. Buon lavoro significa un lavoro di alta professionalità, un lavoro con la giusta retribuzione, un lavoro che sia qualificante, che dia il giusto riconoscimento agli operatori. Questa è una sensibilità che credo sia stata piuttosto condivisa e che è arrivata all'interno del testo attraverso la previsione della tutela delle professionalità.
Abbiamo avuto anche un occhio di riguardo all'attività di volontariato, che è sicuramente fondamentale e importantissima sul nostro territorio.
L'abbiamo visto anche recentemente, a Santena, nel grande lavoro che fanno i volontari, ad esempio, nel complesso cavouriano, però è un'attività che non deve sostituirsi alle professionalità, ma dev'essere complementare e di supporto, per consentire la valorizzazione delle ricchezze del nostro patrimonio culturale.
C'è, inoltre, il riconoscimento della attività di inclusione e integrazione sociale e di crescita culturale e sociale. La Regione, ovviamente, deve sostenere queste caratteristiche della cultura.
La cultura è vista anche come fattore di sviluppo economico, quindi occorre andare a valorizzare il patrimonio culturale della nostra regione e cercare di generare anche ricchezza. In altre parole, non solo posti di lavoro diretti all'interno delle strutture che possono essere i musei, piuttosto che i castelli o i forti presenti sul territorio, ma anche tutto un indotto che ruota intorno ai nostri beni.
Inoltre, un'attenzione all'innovazione, che ovviamente s'intreccia con la cultura e che apre nuovi orizzonti anche in questo settore.
Voglio anche sottolineare il fatto che all'interno del testo è stata recepita (in particolare nell'articolo 11, comma 2) la mia proposta di legge sull'archeologia industriale, che era stata presentata come norma a sé stante, ma che capita proprio nel momento in cui si va a riordinare tutta la normativa regionale e, quindi, abbiamo concordato di ritirarla e inglobarla all'interno di questo testo unico.
La visione di partecipazione e la visione di cultura come strumento di crescita dei cittadini e della società in generale sono sicuramente i due aspetti più positivi di questo testo. Una partecipazione che, tra l'altro sarà mantenuta anche - speriamo, insomma - nei prossimi anni attraverso l'istituzione dei tavoli della cultura, che vedranno il coinvolgimento di alcuni settori, per cercare di lavorare ancora insieme e andare a scrivere il programma triennale della cultura.
Un testo di legge che ci sembra condivisibile (dopo tutta questa attività collaborativa, sarebbe grave se non lo fosse, perché saremmo ancora seduti al tavolo a discuterne), però rimane un punto interrogativo rispetto ai regolamenti, che saranno poi delegati alla Giunta con qualche intervento dei pareri di Commissione, in cui cercheremo di dare il nostro contributo affinché anche nei regolamenti venga garantita la trasparenza e l'equità che ci aspettiamo nell'utilizzo dei fondi pubblici.
Noi abbiamo presentato emendamenti che sono per lo più proposte di modifica formale e un emendamento sul volontariato, che cerca di chiarire meglio l'utilizzo del volontariato, definito in due articoli (anche se in uno è lasciato un po' troppo delegato ai regolamenti). Con la nostra proposta cerchiamo di circoscrivere un po' meglio il rapporto tra volontariato e attività professionale. Spero che un emendamento, che si riferisce al monumento simbolo del Piemonte, la Sacra di San Michele, e che tutela il paesaggio circostante la Sacra, abbia l'approvazione da parte dell'Assessore all'ambiente.
La nostra attività emendativa sarà assolutamente propositiva e speriamo di trovare accoglimento da parte dell'Aula.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Grimaldi, secondo relatore di maggioranza.



GRIMALDI Marco, relatore

Inizierei dall'articolo 1, che mi pare emblematico per qualsiasi relazione di una legge. Credo sia una parte fondamentale, come hanno detto poc'anzi i due relatori.
"La Regione riconosce e considera la cultura, in tutti i suoi aspetti generi e manifestazioni, come valore essenziale e strumento fondamentale di crescita umana, di libera espressione, mezzo di promozione ed educazione sociale, di comunicazione, di insostituibile valore sociale e formativo, in particolare per le giovani generazioni e quale fattore di sviluppo economico e sociale del territorio e delle comunità che lo abitano".
Credo che questo salto di paradigma - come dicevano bene i due precedenti relatori - non sia legato solo al fatto che in quarant'anni siamo riusciti a raccogliere il vero cambiamento del ruolo della cultura nella nostra società, ma di aver superato, dopo tante legislature, un ostacolo, che era quello di creare un testo unico e di mandare in pensione ben 35 leggi, tra cui la legge n. 58, che ha qualche anno in più di me.
Alla fine, come diceva il Presidente, possiamo essere soddisfatti, anche perché siamo riusciti a riassumere bene in queste parole il cambiamento di strategia di fondo, passando da una semplice visione materiale a quella che oggi rappresenta la culturale nella nostra società, che non è solo un valore economico e di identità in molte realtà, ma rappresenta posti di lavoro e una strategia per l'intero Paese.
Lo dico perché la vicenda dei piani e dei bandi annuali non sono stati raccolti da noi, ma da un'idea di fondo che l'Assessora ha messo in campo sin da subito, ossia quella di dare certezze nella programmazione, anche per superare un mondo e un modo di far cultura che spesso ha visto ansie da scadenze e da avvisi.
Non che non esista ancora e non siano previsti nella nostra legge, ma io credo che abbiamo messo un punto anche per il futuro, come in parte anche il Ministero aveva fatto in precedenza.
Intanto fatemi dire che questa è una legge che non fa rumore, proprio perché c'è stata tanta condivisione. Ci sono stati tanti passaggi in mezzo consultazione, gli Stati generali della Culturale - e poi l'Assessora ha ricordato più volte anche il ruolo indiretto di alcune nuove esperienze nate sotto la sua direzione, come Hangar Piemonte. Io credo che noi abbiamo avuto la capacità di mettere insieme piani diversi.
In questi anni, la cultura è diventata molto più promiscua, perché ha saputo introdursi nel campo del sociale e nel campo ambientale, diventando oggetto di costruzione, non solo di identità, ma anche di superamenti di alcuni confini e di alcune barriere.
Visto che i relatori hanno detto tante altre cose presenti nella legge fatemi esplicitare un non detto di questa legge. Si possono mettere in fila tutti gli articoli che abbiamo inserito, si possono mettere in sicurezza tanto le fondazioni storiche quanto molti interpreti che stanno non solo fra l'amatoriale e il professionistico, ma che ogni giorno costruiscono, in un modo diverso, la cultura dal giorno prima. Fatemi dire che tutto questo però, non risolve un problema che vediamo sempre più presente nelle nostre comunità. La vicenda sicurezza - e parlo proprio di quella dentro gli eventi - ha portato a una discussione che in questo momento rischia di mettere a repentaglio la cultura più di mille emendamenti e finanziamenti.
Mi riferisco al fatto che la gran parte delle nostre strutture, anche gestite da privati in concessione pubblica, spesso non hanno autorizzazioni per lo spettacolo dal vivo e tante altre sono chiuse nel nostro territorio.
La vicenda della Città di Torino è più volte balzata all'onore delle cronache anche per altre vicende legate all'inserimento di questi in contesti degradati, però farei un appello a tutti, perché questa vicenda del rapporto della cultura, anche dentro il tessuto urbano, nei parchi e nella dimensione dei festival, è una dimensione poco raccontata nelle nostre leggi e poco sostenuta dal pubblico.
Come sapete, basta anche solo un evento legato a fatti di cronaca, come purtroppo la vicenda di Piazza San Carlo; oppure ha voluto dire, per migliaia di investimenti in più per i privati, la scorsa settimana a Parco Dora, e ha visto per lo stesso pubblico il cambiare delle strategie. Lo dico, perché ovviamente le leggi non possono scrivere il futuro, quello che però in qualche modo possiamo dirci è che, a fianco degli investimenti nel cosiddetto software, dobbiamo costruire anche qualcosa di più per un hardware pubblico, e non parlo solo dei soggetti concessionari e di chi in qualche modo ha delle strutture, magari in concessione pubblica, ma parlo in generale dello spazio pubblico.
Allora vi do un'ultima suggestione che si faceva tantissimi anni fa.
C'erano dei luoghi nelle nostre città ed erano di solito le piazze, le agorà spesso erano luoghi addirittura progettati per ospitare cultura. Se ci pensate, la gran parte delle nostre piazze pubbliche, anche quelle più auliche, non sono idonee a fare quel tipo di cultura pubblica. Io non so se nelle maglie del nostro Piano triennale ci sia la possibilità di introdurre anche questo elemento, però credo che sarebbe bellissimo che una Regione come la nostra, a partire dai propri parchi, dai propri luoghi pubblici e dalle proprie piazze, ritrovasse il modo anche di aiutare i privati, ma anche le città, a ritrovare degli spazi pubblici per la cultura. Vale per i nostri festival, vale per le nostre fondazioni, ma vale per una legge come quella che oggi mettiamo in campo, che ha già tutte le risposte per costruire i palinsesti e per costruire la programmazione triennale degli operatori.
Se possiamo, a fianco di questa legge troviamo il modo di costruire anche un'infrastruttura, perché poi alla fine la cultura che cos'è? Se non l'unica cosa che, anche se si moltiplica, alla fine non si divide, non diventa un prodotto commerciale. Quindi, alla fine stiamo costruendo, come per l'acqua, degli acquedotti che devono provare a disperdere meno acqua possibile, meno intelligenza possibile, anzi arrivare fino agli estremi di questo territorio che spesso non ha visto cultura, arrivare proprio dalla nostra istituzione. Credo che i salti in avanti siano stati fatti anche a passi molto rapidi e ringrazio l'Assessora, la Commissione e tutti i Consiglieri che hanno voluto far fare questo salto di qualità nella discussione.
Oggi ci sono delle sfide che non conosciamo ancora, ma che possono, anche attraverso questo testo unico, rappresentare una bellissima sfida per tutta la comunità e per tutti noi.
Grazie.



PRESIDENTE

È aperta la discussione generale.
La parola al Consigliere Cassiani.



CASSIANI Luca

Grazie, Presidente, e grazie ai colleghi che hanno svolto le relazioni.
Ovviamente, lo premetto subito, sono arrivato in Consiglio regionale quando questa legge aveva già trovato la sua formulazione. Ho avuto modo di leggerla e studiarla in questi due mesi insieme ad alcuni colleghi e ho ascoltato con attenzione la relazione dei colleghi che hanno fatto questo lavoro in Commissione.
Devo dire che è stato un lavoro importante, perché quando si fa un testo unico di queste dimensioni, mettendo insieme tutto quello che c'era prima e riuscendo ad armonizzarlo, si può dire che sia stato un lavoro importante di cui si vedranno gli effetti nei prossimi anni, non credo subito nel 2019, ma se ne coglierà il senso e i pregi nel futuro, nelle prossime legislature sicuramente.
Devo dirvi che, a differenza di altre occasioni, ho apprezzato e condivido lo spirito, le linee guida e il modo di approcciare il tema, soprattutto per tre elementi. Innanzitutto il fatto che le leggi alle quali facevamo riferimento, ad esempio la legge n. 58, ma anche altre, sono leggi un po' datate. In qualche misura il mondo è cambiato e cambiano anche i linguaggi e i modi di approcciare la cultura. Il provvedimento cerca di interpretare cosa è diventata la cultura per questa regione, per le nostre città e, in particolare, quello che il Piemonte riesce a rappresentare ora nel panorama nazionale ed internazionale che riguarda la cultura.
Abbiamo istituzioni straordinarie e uniche a livello nazionale, che sono diventate punti di riferimento anche internazionali per quanto riguarda lo sviluppo della cultura e, soprattutto, la qualità con la quale rinnoviamo la nostra offerta culturale. Ovviamente, bisognerebbe fare un ragionamento importante su quanto la cultura può essere attrattiva per quanto riguarda il turismo. Non è questa la sede, ma sicuramente l'Assessore ha ben chiaro quest'aspetto, e lo si vede anche dalla lettura della legge, laddove sono richiamati i rapporti sempre più stretti che devono esistere tra cultura e turismo.
Ovviamente condivido quanto hanno detto i colleghi, ai quali va il mio ringraziamento e anche la condivisione per il percorso. Mi limito a sottolineare due aspetti.
Il primo riguarda la programmazione triennale. Avere la programmazione triennale per alcuni enti, associazioni, musei e piccole istituzioni è fondamentale per programmare e per poter vivere. Avere sempre l'ansia del bando, di poter o non poter fare delle attività, sapere all'ultimo se ci sono i finanziamenti quando in realtà le attività si sono svolte un anno prima, avere sempre in qualche modo l'acqua alla gola era diventato assolutamente insopportabile e insostenibile. Credo che avere certezza triennale di investimenti, di risorse e di programmazione sia fondamentale.
Questa è la grande vera innovazione che c'è in questa legge.
L'abbiamo già fatto nel passato - l'Assessore è stato, da questo punto di vista, lungimirante nel pensare alle convenzioni - ma averlo certificato nella legge, credo che sia veramente fondamentale. È una legge che è all'avanguardia a livello nazionale da questo punto di vista, perché credo che possa dare, non dico certezze, ma sicuramente la possibilità di avere un respiro. E il respiro in cultura significa anche guardare a un anno, due anni, tre anni e potere in qualche modo programmare, senza l'ansia di sapere se un anno il bando lo si prende e l'anno dopo no, quando l'attività si è svolta precedentemente e si sono anticipate le risorse.
Inoltre, condivido anche l'ultimo pezzo dell'intervento del collega Grimaldi e credo che, alla luce di quanto è avvenuto, il Piemonte da questo punto di vista è diventata una Regione che inventa location. Non faccio esempi a caso ma, partendo da Collisioni, Sonic e Parco Dora, abbiamo utilizzato delle location non comuni e non convenzionali dal punto di vista del contenitore culturale, perché non sono i soliti teatri e le solite piazze, ma sono proprio dei luoghi che non si pensava potessero essere destinatari di eventi pubblici di quelle dimensioni.
Questo vale anche per il privato, perché devo dire che festival come Traffic o Gru Village sono molto interessanti, perché anche se sono svolti in luoghi non deputati all'attività culturale, come può essere il plateatico di un grande ipermercato, hanno avuto e hanno una valenza culturale importante.
Credo che, da questo punto di vista, un ragionamento ancora più stringente come diceva il Consigliere Grimaldi, si possa fare rispetto alla location e ai grandi parchi; uno di questi, per esempio, credo sia il Parco della Venaria Reale, che si presta e si è prestato nel passato e, secondo me, pu essere molto ben sfruttato, soprattutto per i grandi eventi, visti gli spazi e la bellezza di quegli spazi. Fare i concetti in una location di quel livello, con l'arco alpino alle spalle e con la Reggia, che è uno dei nostri più importanti punti di riferimento culturale della regione, puà essere sicuramente un'esperienza importante.
Così dico anche a tutti quelli che hanno creato, nel tessuto urbano, dei luoghi nei quali fare aggregazione. Io abito a poche decine di metri dal Parco Dora, dove ogni anno viene svolto il Kappa Futur Festival.
Devo dirvi, nonostante ci sia un certo movimento e, ovviamente, la zona sia investita da 20-25.000 persone al giorno, che è una vicenda vissuta con grande gioia e grande interesse da parte della città, perché in quell'area della città, che è un'area periferica, l'arrivo di tanti giovani e risvegliare un parco pubblico, un parco post-industriale, è diventato sicuramente una delle cartine di tornasole più importanti di come l'imprenditoria giovanile e culturale della nostra regione sia all'avanguardia.
Non posso che ringraziare chi ha lavorato prima che arrivassi in Commissione e condivido sia il percorso sia la finalità. Ovviamente dobbiamo capire esattamente quali saranno le risorse che finanzieranno questa legge, perché le convenzioni sono importanti, ma avere certezza di risorse, anche dal punto di vista del bilancio, è altrettanto importante altrimenti la triennalità e il fatto di avere una prospettiva di tre anni poi vengono meno, se non si ha una certezza di risorse importanti per un periodo di almeno tre anni.
Ringrazio ancora l'Assessore per il lavoro svolto e complimenti ai colleghi, per questo risultato importante che condivido.



PRESIDENTE

Grazie, collega Cassiani.
La parola al Consigliere Bono.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Sono sempre stato un notevole sostenitore dei testi unici, perch dovrebbero - uso il condizionale, perché non posso essere mai troppo in linea con la Giunta regionale e non solo con l'Assessora Parigi, che vedo sta ridendo - semplificare la vita, soprattutto, delle persone che lavorano in sinergia o comunque insieme agli Enti pubblici, quali appunto la Regione Piemonte.
Penso sia stato svolto un lavoro sicuramente forte, notevole e importante come ha detto la nostra collega Frediani, la Vicepresidente della VI Commissione. È stato un lavoro che è nato anche dagli stimoli che venivano anche dal nostro Gruppo Consiliare, per cercare di avere una maggiore interlocuzione con il mondo della cultura, che purtroppo dobbiamo dire è sempre un po' bistrattato, poco considerato soprattutto quando si parla di lavoro e lavoratori.
L'abbiamo detto tante volte negli incontri che sono stati fatti: non solo con la cultura si mangia, dimostrando il contrario rispetto a quanto si diceva nella scorsa legislatura, ma nel mondo della cultura, con tutto l'indotto, abbiamo migliaia e migliaia di lavoratori. Quindi, una crisi del comparto cultura dovrebbe essere equiparato alla crisi di una grande azienda, con migliaia di lavoratori presenti sul territorio regionale.
Per questo motivo, la Regione ha un compito molto importante: se presentiamo emendamenti che chiedono maggiori stanziamenti nei bilanci della Regione Piemonte, è perché sono delle misure che hanno un forte impatto sul lavoro, sulla componente del lavoro nella nostra regione.
Penso, come diceva il collega Valle, che non si debba solo guardare la parte delle risorse.
Ci siamo occupati della parte importante dal punto di vista legislativo del Consiglio regionale, che ha questo compito fondamentale, quindi aver scritto una norma unica che supera, come si diceva, 39 leggi e un certo numero di regolamenti, ma adesso viene la parte ancora più importante quindi ci troveremo presto, a settembre, nella fase di assestamento e dovremo cercare di cesellare la parte delle risorse.
Passo ora alla norma finanziaria, perché poco c'è da dire sul resto, poi se ci dovessero essere delle necessita di modifiche, che vengono con l'utilizzo della norma, perché capita spesso che, quando si applica la norma emergano alcune difficoltà o possibili errori che possono portare a piccole e lievi opere di manutenzione della legge stessa (lo vedremo nei mesi successivi), ma sicuramente la norma finanziaria è la parte più importante. Balza subito agli occhi come nell'articolo 47 vi siano circa 36.887.000 euro per il 2019 e, nel 2020, ci siano 30,7 milioni, quindi sei milioni in meno.
Non c'è il Vicepresidente Reschigna, che ci direbbe che oggi non sa ancora quali saranno le disponibilità finanziarie per il 2020. I documenti di bilancio sono documenti di bilancio triennali; l'Assessora Parigi sicuramente concorda con noi. Sappiamo che ci sono delle priorità, che sono quelle di mandare avanti l'attività della Regione, quindi pagare i mutui pagare il personale, destinare i fondi al Fondo Sanitario Nazionale, il tema del trasporto pubblico locale con il fondo nazionale, ma tutti gli altri temi non sono temi da meno, quindi dovremo far sì che, per quanto riguarda il 2020, si possono fare anche modifiche in questo senso.
Penso sia giusto iscrive le risorse sul 2019 e sul 2020, anche se - ne discutevamo oggi - è vero che oggi siamo nel 2018 e che nella norma di solito si prevedono tre anni, però questa norma entra in vigore il 1 gennaio, quindi siamo in una forma un po' particolare, per cui ci sono solo due anni di risorse, perché siamo in un anno in cui sarà ancora vigente la normativa precedente.
Il fondo complessivo è sicuramente un target e un obiettivo più facile da individuare, che noi potremmo vedere bene e fare le battaglie giuste per far sì che questo fondo possa salire; è ovvio che poi diventa anche un po' più complicato finanziare un po' di più alcuni capitoli o, comunque, la somma complessiva tramite diversi fondi e "fondini", però aiuta nella facilità di lettura del bilancio.
È ovvio che, quest'ultimo anno di legislatura e poi nei prossimi anni destinare le giuste risorse dipenderà dalla nostra capacità di Consiglieri regionali. Ricordo, e lo ricordo all'Aula, che nella scorsa legislatura discutemmo sulla possibilità di agganciare il fondo della cultura complessivo a una percentuale fissa dell'addizionale IRPEF della Regione So che sono state fatte delle richieste anche in questo senso; so che non piace molto al Vicepresidente Reschigna e forse anche al Presidente Chiamparino, perché è ovvio che può essere utile avere un po' di flessibilità durante i bilanci, però attenzione che flessibilità non vuol dire sempre solo riduzione: ogni tanto sarebbe bello avere anche una flessibilità in aumento, soprattutto sul tema della cultura. Ciò proprio per quello che ho detto: non solo lavoro, ma anche creazione di formazione e cultura dei piemontesi, che possono usufruire, come terza gamba dello sgabello (diciamo così), anche del ritorno dell'indotto cultura-presenza turistica, quindi di nuova economia. È dunque un tema veramente da giocarci, per cui non solo il Piemonte, come diciamo sempre, ma un po' tutta l'Italia deve lavorare su questi temi, garantendo le giuste risorse.
Non dirò - perché sarebbe semplice ripeterlo anche in Aula - che l'Italia e anche Piemonte investono sulla cultura una percentuale del PIL minore della metà rispetto a quello che investono nazioni simili a noi, come la Francia o la Germania, che è un dato, tra l'altro, che deve fare il giusto raffronto anche su altri capitoli e temi importanti quali la sanità e i trasporti, ma è ovvio che possiamo fare di più.
Confido che poi, nell'analisi di bilancio, si possano andare a modificare le risorse per il 2019 e per il 2020. Non chiederemo cifre che possono sconvolgere il bilancio della Regione, però qualcosina - come ho detto per dare un segnale in più. Sicuramente il 2020 si deve allineare quantomeno al 2019.
Chiudo dicendo: bene anche il tema della programmazione. Adesso sto scorrendo i primi articoli (mi sembra il terzo o il quarto, non ricordo esattamente), quindi bene la programmazione triennale (articolo 6 programma triennale della cultura); bene il fatto che ci sia la presentazione anche dello stato della cultura in Piemonte in relazione agli altri settori di programmazione del contesto nazionale e internazionale quindi una relazione introduttiva.
Vi aspettiamo ovviamente al varco - questo me lo concederà l'Assessora entro il 30 novembre dell'anno precedente al triennio di riferimento quindi al primo programma triennale, proprio per scrivere insieme o comunque, intervenire sul programma triennale per dare qualche suggestione e suggerimento ulteriore di sviluppo e potenziamento della cultura.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Parigi.



PARIGI Antonella, Assessora alla cultura

Grazie, Presidente.
Come avete già detto voi tutti, questo è un lavoro di cui innanzitutto voglio ringraziare la Commissione e i Consiglieri che vi hanno partecipato perché è un lavoro che ha visto una forte partecipazione non solo del mondo della cultura, ma di tutti i Consiglieri.
Credo che la maggior parte delle cose siano già state evidenziate. Si tratta di uno sforzo di semplificazione, per me uno sforzo soprattutto di dare una visione; quello che noi andiamo ad abrogare sono delle leggi che si sono stratificate nel tempo senza un percorso determinato, senza una visione, ma appunto semplicemente con una stratificazione.
Quello che oggi collettivamente abbiamo fatto è invece portare una visione quella della Regione Piemonte, sulla cultura e darle anche una centralità e una trasversalità che ci rende, tra l'altro, punto di riferimento. Non lo dico per il lavoro svolto da me in quanto Assessora, ma svolto nel tempo dagli Uffici dell'Assessorato e dagli Assessori che si sono succeduti: tale visione ha fatto sì che la Regione Piemonte diventasse un punto di riferimento su molti argomenti a livello nazionale.
Ecco, questo testo della cultura fotografa quello a cui la precedente normativa non dava sufficientemente risalto, cioè una competenza e un impegno che ci differenzia abbastanza a livello anche italiano. Avete già messo in luce il punto principale, cioè quello di permettere la programmazione a chi opera nella cultura. Oggi veramente - lo devo dire chi opera nella cultura al di fuori delle fondazioni e delle convenzioni opera sulla base della buona volontà e sulla base di una precarietà di cui io mi dispiaccio molto. Spero che questo strumento, che naturalmente diventerà operativo nel tempo, sia capace di dare stabilità e anche professionalità al mondo della cultura.
Ritengo di aver lavorato in questo senso cercando di mettere in campo programmi come Hangar proprio per riconoscere ed elevare la professionalità della cultura, ma questo testo è uno strumento indispensabile perché, come voi potrete immaginare, a oggi non è ancora uscito il bando della legge 58.
Non è uscito il bando della legge 58 naturalmente per iniziative che peraltro sono già avvenute, quindi chi oggi andrà a fare la domanda sulla legge 58 corre ovviamente il rischio imprenditoriale di non vedersi riconosciuto il contributo.
Francamente, credo che questa non sia una situazione né giusta n accettabile per il futuro, quindi la programmazione è una questione anche di rispetto nei confronti delle tante istituzioni che operano nella nostra regione e che, come giustamente avete già detto voi, sono strettamente collegate con la nostra capacità attrattiva rispetto al turismo.
Devo dire che sono anche molto lieta che all'interno di questo testo siano riconosciuti operatori come le librerie indipendenti e i cinema, che perseguono obiettivi pubblici e che fanno parte di quel tessuto connettivo che la cultura costruisce all'interno delle nostre comunità.
Così come credo che, da questo testo, emerga un'immagine della cultura che non è solo quella dei beni culturali e dello spettacolo, ma riconosce come nostro patrimonio la cultura immateriale, la cultura enogastronomica, il paesaggio e l'artigianato. Tutti settori che sono le radici della nostra cultura e che sono anche radici economiche, attraverso le quali il nostro Piemonte può crescere.
Tutti questi elementi sono contenuti all'interno del testo e l'impegno è quello di scrivere dei regolamenti che siano coerenti con la nostra volontà di semplificazione e di rendere più professionale e più agevole il lavoro agli operatori culturali che sono, lo ribadisco, una grande ricchezza per questo territorio, perché sono uno dei motori economici, anche in relazione ai tanti campi. La trasversalità della cultura è sempre più ampia.
Grazie, dunque, del lavoro che avete fatto insieme a me. Credo che sia un buon esempio di come si possa lavorare in modo costruttivo.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora.
Dichiaro chiusa la discussione generale sul disegno di legge n. 275.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Esame ordine del giorno n. 1424 presentato da Bona, Fluttero, Graglia Monaco, Policaro, Ravello, Rossi Luca Angelo, Sinatora, Tronzano e Vignale inerente a "Autonomia differenziata per il Piemonte - art. 116, comma 3 Costituzione"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame dell'ordine del giorno n. 1424, di cui al punto 6) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bona per l'illustrazione; ne ha facoltà.



BONA Angelo Luca

Grazie, Presidente.
Come già avevamo sottolineato in mattinata e anche la settimana scorsa quest'ordine del giorno non ha un colore politico, ma ha un carattere di utilità. La nostra proposizione al Consiglio regionale è quella di seguire un percorso che ha già iniziato la Regione Lombardia e la Regione Veneto attraverso un referendum e la Regione Emilia Romagna attraverso l'apertura della trattativa con lo Stato centrale, ai sensi degli articoli 116 e 117 della Costituzione, per l'acquisizione di maggiori competenze e maggiore autonomia su determinate materie elencate nella Costituzione.
Questa mattina, tra l'altro, indirettamente sono state vagamente citate alcune di queste competenze, quando si faceva riferimento alle politiche sui vincoli di bilancio della sanità. Argomenti che possono essere trattati con il Governo proprio per portarle in competenza della Regione e per utilizzare le risorse in modo aggiuntivo e in modo ovviamente più utile per il territorio piemontese.
Le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, insieme alla Regione Piemonte, costituiscono il 48 per cento del PIL nazionale. Le altre tre Regioni hanno già cominciato questo percorso. Il Piemonte è il soggetto che, in questo momento, ha oggettivamente più difficoltà dal punto di vista degli indicatori economici per restare agganciato alla macroregione padano alpina che, oltretutto, oltre che il motore del Paese, è anche l'area che maggiormente ha caratteristiche economiche e strutturali di tipo europeo.
Il Piemonte, e i piemontesi di conseguenza, non possono essere penalizzati da un percorso che altre Regioni hanno iniziato (la Regione Liguria starebbe per iniziare). Questa è un'occasione importante da non lasciarci perdere come comunità.
Aggiungo una dichiarazione che ha fatto il Procuratore Generale della Corte dei Conti, Alberto Avoli, il 26 giugno quando, tra le varie cose sottolineava: "Uno dei temi centrali degli accordi" - riferendosi agli accordi instaurati e sottoscritti dalle tre Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna - "ha riguardato propriamente la ripartizione delle risorse attraverso la valorizzazione di alcune specifiche filosofie di gestione.
Così al conferimento di nuove competenze deve connettersi un'adeguata provvista finanziaria, unita alla disponibilità delle necessarie risorse umane e strumentali. Così la ripartizione dei flussi finanziari dallo Stato alle Regioni deve tenere conto del principio per cui le entrate tributarie maturate in un territorio, debbono in una parte sostanziale essere destinate ai bisogni di quel territorio. Il collegamento tra prelievo fiscale e territorio può ritenersi utile a recuperare il rapporto fra cittadini e istituzioni. La restante quota si definisce di coesione, in quanto volta a consentire la copertura dei servizi generali e degli oneri di solidarietà nazionali".
Questo è quanto ha dichiarato il Procuratore della Corte dei Conti.
Nell'accordo sottoscritto a febbraio 2018 dalle tre Regioni ci sono competenze specifiche nell'ambito delle politiche del lavoro, compresa l'integrazione e l'adeguamento agli standard europei delle politiche attive e passive statali, la legislazione autonoma sulle politiche di sostegno al lavoro, le politiche di istruzione, compresa la programmazione di dati delle risorse umane e finanziarie dell'edilizia scolastica, le politiche per il diritto allo studio, compreso l'accesso all'università, la salute compresa la rimozione dei vincoli di bilancio specifici, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, le politiche di sviluppo macroregionali europee e transfrontaliere, oltre che il turismo e la cultura.
Vengono sancite le relative risorse basate sui costi standard che vedono la compartecipazione o riserva di aliquota alle entrate erariali nel territorio regionale, tali da consentire la gestione delle materie assegnate e trasferite alla Regione, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione.
Inoltre, vi è il concetto di superamento definitivo della spesa storica, a favore del concetto di spesa standard, e specifici accordi tra Stato e Regione per garantire la programmazione certa degli investimenti, anche mediante le risorse dirette derivanti da crediti di imposta.
In questo quadro, tra l'altro, si collocano anche le possibili ZES, zone economiche speciali, da istituire, ad esempio, in territori difficili come il Verbano-Cusio-Ossola, per esempio, che, a oggi, può essere l'unica risposta concreta, realizzabile e possibile in tempi relativamente brevi per dare una risposta ai cittadini che, mediante le firme, hanno chiesto il trasferimento alla Regione Lombardia.
Ovviamente, non si può andare a discutere e promettere di costruire gli ospedali quando c'è una situazione infrastrutturale che vede la socialità del Verbano-Cusio-Ossola - almeno in parvenza - spesso abbandonata. Questa può essere veramente una risposta utile per dire a questi territori che conviene loro restare in Piemonte. Non è un discorso che riguarda soltanto il Verbano-Cusio-Ossola, perché in Piemonte abbiamo parecchie aree depresse o in difficoltà.
Pertanto, la maggioranza ha ovviamente la responsabilità dei numeri, ma l'appello contenuto nell'ordine del giorno è rivolto a tutto il Consiglio regionale: occorre fare una riflessione e cogliere un'opportunità importante per dare mandato al Presidente e alla Giunta di aprire un tavolo di trattativa in modo convinto con il Governo centrale, affinché i benefici possano, poi, ricadere su tutti i piemontesi.
Questi benefici non hanno un orizzonte temporale di pochi anni, ma possono veramente entrare a sistema ed essere benefici strutturali, per far tornare il Piemonte a essere, a tutti gli affetti e con piena legittimità, parte della locomotiva del Paese, com'è sempre stato negli scorsi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segretario Bertola, che interviene in qualità di Consigliere.



BERTOLA Giorgio

Grazie Presidente.
Per parlare di autonomia, partiamo dalla nostra Costituzione che, al comma 3 dell'articolo 116, prevede che lo Stato, con legge e su iniziativa della Regione interessata, possa attribuire ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia su alcune materie; alcune sono soggette a legislazione esclusiva (quelle citate al comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione), quindi su alcune di queste e su tutte quelle a legislazione concorrente, quelle di cui al comma 3 dell'articolo 117.
Che cosa vorrebbe dire, in parole povere, per la nostra Regione? Potrebbe voler dire, ad esempio, avere maggiore autonomia nell'ambito della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Pensiamo alla possibilità d'intervenire in modo più efficace per migliorare la qualità dall'ambiente, la qualità dell'aria e ridurre l'inquinamento di tutte le altre matrici ambientali. Sappiamo, fra l'altro, che sulla qualità dell'aria siamo vicini a una procedura d'infrazione. Pensiamo al miglioramento della gestione dei nostri beni culturali, favorendo, quindi anche il turismo.
Parliamo di autonomia sia legislativa sia finanziaria in campo sanitario per una migliore organizzazione ed un miglior governo del servizio sanitario regionale. Parliamo di sostegno all'innovazione per i settori produttivi, quindi la possibilità di avere strumenti più efficaci per sviluppare l'economia circolare nella nostra regione. E, poi, una maggiore autonomia finanziaria.
Siamo, quindi, favorevoli a proseguire o, meglio, ad avviare, perché finora ci sono stati solo degli annunci, un dialogo con il Governo per ottenere maggiori autonomie. Per noi, questo significa gestire in modo più efficace ed efficiente le competenze e le risorse.
Nel momento in cui qualcuno vuole spaccare, dividere la regione, togliere un pezzo di Piemonte per mandarlo altrove, noi vogliamo un Piemonte unito più forte, che alza la testa. Una Regione con maggiori autonomie forse pu intervenire meglio su alcuni territori per farli sentire meno isolati e quindi, in qualche modo, evitare che alcune parti del Piemonte si vogliano staccare.
Dicevo, efficacia ed efficienza. Questo, senza gravare ovviamente sulle Regioni in difficoltà. Noi vogliamo mantenere saldo e vivo anche il principio costituzionale di solidarietà, senza sottrarre alcuna risorsa alle altre Regioni. Il dialogo con il Governo deve portare a un Piano per le autonomie di tutte le Regioni che ne facciano richiesta, con una chiara scansione temporale e con una gradualità, tenendo anche conto delle risorse disponibili, per non creare disequilibri o - come dicevo - svantaggi per le altre Regioni.
Questo processo va avviato e va, anzi, supportato con la massima condivisione e partecipazione dei cittadini. Una Regione con maggiore autonomia è, anche e soprattutto, una Regione più vicina ai cittadini quindi una Regione dove i cittadini hanno più possibilità di decidere in merito alle scelte che li riguardano.
Noi vorremmo che ci fosse una piena informazione e condivisione da parte di tutti i cittadini piemontesi. Per questo, riteniamo che lo strumento migliore sia quello del referendum consultivo, che dovrebbe essere preceduto da una campagna capillare d'informazione su tutto il territorio regionale; non una campagna elettorale, ma una campagna d'informazione sugli effetti e le ricadute di una possibile maggiore autonomia coinvolgendo tutti i cittadini e le parti interessate.
Riguardo al referendum consultivo, abbiamo ancora un vuoto legislativo perché lo Statuto della Regione Piemonte, all'articolo 83, parla di referendum consultivo, ma a oggi non abbiamo ancora uno strumento legislativo, una legge che ne regoli la disciplina. Questo è un vuoto normativo che, a nostro avviso, si dovrebbe colmare indipendentemente dalla questione dell'autonomia e riteniamo si possa colmare anche in tempi veloci se vi è l'accordo di tutte le forze politiche. Ed è quello che noi chiediamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ravetti.



RAVETTI Domenico

Grazie, Presidente.
Voglio subito ringraziare il collega Bona per aver depositato quest'ordine del giorno, che ci permette di fare una discussione seria su un argomento di assoluta importanza. Argomento, peraltro, già trattato pubblicamente dal Presidente Chiamparino e dal Vicepresidente Reschigna più di dodici mesi fa, forse ancora di più.
È una discussione che nasce ancor prima del referendum lombardo e del referendum veneto. Se posso dirlo, referendum che hanno avuto il sapore della propaganda, non il sapore di trovare soluzioni per affrontare i problemi o capacità di entrare nel merito di un tema di così grande importanza e che ha un titolo "federalismo".
Io vorrei definirlo diversamente: autonomie. Grande tema, tema che noi abbiamo utilizzato spesso e che alcune forze politiche, in questo momento al Governo del Paese, sono nate attorno all'idea di federalismo, di autonomismo e anche di secessionismo, se non ricordo male. Dopodiché, ogni volta hanno poi dimenticato il senso di quegli obiettivi. Se penso alla Lega, se c'è una forza centralista, quel centralismo lo ha sempre esercitato quando è stata al Governo. I numeri non sono opinioni e le scelte altrettanto.



(Commenti fuori microfono)



RAVETTI Domenico

Beh, insomma, tutte le volte che sono stati al Governo ricordo che i tagli agli Enti locali sono sempre stati un profilo politico ben chiaro, che ha definito e delineato l'azione di Governo del Paese, soprattutto della Lega Nord.
Rispetto alla necessità di efficientare il sistema, sistema delle Regioni ci si accontenta di fare un referendum che ha come domanda: "Vuoi bene alla mamma?". Cosa vuoi rispondere? No? Se vogliamo farlo anche in Piemonte, noi siamo favorevoli al referendum e siamo i primi a dire che voteremo sì; però dovremmo essere molto più concreti e cercare di entrare nel merito, per riuscire a capire esattamente cosa serve al Piemonte.
Innanzitutto, potrebbe essere un'occasione per iniziare a dire quale tipo di federalismo serve in Italia e soprattutto, d'ora in poi, a cosa possono servire le Regioni e come possono stare insieme le Regioni, per quanto ci riguarda, nella connessione con un'Europa che noi vorremmo cambiare perch non ci soddisfa.
E allora, nel rafforzare il sistema regionale per connetterlo diversamente con l'Europa, potrebbe esserci un piano sul quale tutti insieme possiamo trovarci per iniziare una discussione molto utile, ma solo se questo è il senso dell'autonomia regionale su materie specifiche bene elencate sia dal collega Bona sia dal collega Bertola.
Tuttavia, occorre tenere conto che su quel piano c'è la necessità di definire il senso della direzione anche per quanto riguarda le Province. Se siete d'accordo, siamo a metà del guado (se vi piace la definizione): o torniamo indietro o andiamo dall'altra parte, sull'altra sponda. Se andiamo sull'altra sponda, so che la Lega ha un pensiero, so che il Movimento 5 Stelle forse non ha neanche un pensiero sulle Province, o forse sì, non lo so, ma con voce troppo flebile (io l'ho dimenticato). Certo che al referendum del 4 dicembre quelli che hanno vinto volevano il mantenimento delle Province.
Sul tema del federalismo, possiamo anche decidere sull'autonomia e, nei prossimi mesi, possiamo anche decidere cosa fare rispetto alle Province che oggi vedo tutte in particolare difficoltà. Pertanto, è un buon momento per farlo.
Io credo che, oltre a gettare un po' di propaganda negli occhi degli italiani, sia arrivato il momento di prendere posizione rispetto a questi importanti strumenti e articolazioni dello Stato presenti sul territorio.
C'è poi un'altra scuola di pensiero, che ritiene, quando si parla di federalismo, che l'Italia, per la sua storia, sia l'Italia dei Comuni e che il federalismo e l'autonomismo debbano riguardare particolarmente i Comuni della nostra Italia. Come non prendere in considerazione nel nostro Piemonte anche questa posizione e questo pensiero? I Comuni - lo sanno bene gli amministratori locali e i Sindaci, in quanto rappresentanti legali di quelle amministrazioni - negli ultimi 15-20 anni hanno subito, da Governi di diverse tonalità politica (per quanto mi riguarda, particolarmente quelli del centrodestra), continui tagli. Qualcuno li definisce tagli lineari, ma in realtà sono sempre stati considerati dei centri di spesa da controllare e mai delle articolazioni del Governo in grado di controllare valorizzare il territorio ed erogare servizi di qualità per i cittadini.
Anche su questo, quindi, una discussione nella dimensione nazionale per riuscire a capire qual è il destino delle amministrazioni comunali potrebbe essere utile. Se c'è un momento in cui dovremmo decidere tutti insieme, è il momento delle grandi decisioni rispetto a questo tema.
Noi non dobbiamo commettere l'errore di affrontare l'insieme concentrandoci solo su una parte. In questo caso, non dobbiamo commettere l'errore di iniziare una discussione e terminarla sul tema delle autonomie, che richiedono a gran voce soprattutto alcune Regioni del Nord Italia.
Dobbiamo trovare il tempo per decidere cosa fare dell'intero Paese e come connetterlo, diversamente dal presente, nell'ambito territoriale europeo.
Personalmente, credo che questa sia la vera e grande discussione che dobbiamo affrontare.
L'ordine del giorno presentato dal collega Bona è un documento che ci convince, per le cose che ho appena detto, quindi conferire un mandato alla Giunta per discutere con il Governo (troveranno sicuramente il tempo per incontrarsi e discutere) su cosa serve, non soltanto rispetto ad alcune funzioni che noi potremmo ottenere, ma anche su alcune vicende che riguardano il Piemonte nel suo insieme: penso al tema delle grandi opere penso al tema delle Olimpiadi (giusto perché riempiono le pagine dei giornali queste notizie) e di tante altre questioni.
Noi abbiamo un Piemonte da risistemare anche sotto l'aspetto della sicurezza del territorio. Ad esempio, gli ultimi fatti enunciati all'inizio della seduta dal collega Mighetti rispetto a ciò che è capitato ieri con le forti piogge nel territorio alessandrino. C'è un Piemonte da mettere in sicurezza e in questo rapporto tra Governo del Piemonte e Governo nazionale sono certo che la Giunta troverà il modo anche per discutere con forza di un'autonomia che - ha ragione in questo senso il collega Bertola - ha bisogno d'essere contestualizzata in un sistema solidale complessivo.
Tuttavia, la solidarietà non la si può esercitare soltanto nel campo nazionale; la solidarietà è una bella parola quando viene esercitata sempre, anche nelle relazioni con i Paesi più poveri del nostro pianeta.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Ho sottoscritto convintamente l'ordine del giorno presentato dal collega Bona, perché individua due punti su cui dare mandato alla Giunta a trattare col Governo nazionale: l'attribuzione di maggiori competenze e l'attribuzione di maggiori risorse. Credo che questi siano due aspetti fondamentali che riguardano la vita stessa delle Regioni, o per lo meno di alcune Regioni italiane.
Va ricordato, anche per chi ci ascolta, che non soltanto l'Italia non è tutta uguale, ma l'Italia ha almeno quattro Regioni con profonde differenze in termini di residuo fiscale, cioè fra quanto i piemontesi o i lombardi o gli emiliani o i veneti versano allo Stato centrale e quanto vedono ritornare dallo Stato centrale in termini di servizi, opere pubbliche istruzione e tutto ciò che si configura come giustificazione del pagamento delle imposte.
I cittadini piemontesi versano (il dato è del 2017) 8,6 miliardi di euro in più all'anno rispetto a ciò che ricevono. Lo dico, perché molto spesso la percezione che i cittadini piemontesi hanno nei confronti della Regione Piemonte, in particolar modo negli ultimi otto anni, è di un ente in profonda difficoltà economica, che ha difficoltà a finanziare anche servizi essenziali o che ha un grande ritardo di pagamenti.
Io non metto in discussione l'aspetto solidaristico, che è il perno dell'esistenza stessa di una nazione, perché una nazione non pu prescindere dal fatto che le parti più ricche della stessa, in qualche modo, aiutino le parti maggiormente in difficoltà. Però credo - lo ricordava prima il collega Bono, leggendo le parole del Presidente della Corte dei Conti - che vi sia un limite fra quello che è per gli stessi cittadini il versamento economico in termini di pressione fiscale e l'erogazione dei servizi.
Se noi fossimo una Regione come ve ne sono altre in Italia (Liguria, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Umbria) che sono quasi a zero in senso positivo fra le tasse versate e ciò che è tornato, è evidente che questo non sarebbe percepito come tale. Ma quando si ha un residuo fiscale, cioè un versamento di tributi che per 8,6 miliardi rimane nella pancia dello Stato, credo che questo, in parte, non sia accettabile e non sia accettabile da un punto di vista delle politiche di bilancio e soprattutto, dei servizi che riusciamo a erogare, ma non è neppure accettabile - questo è l'aspetto che m'interessa egualmente circa le competenze - rispetto al tema stesso del regionalismo. Se il regionalismo in questa nazione, o almeno nel Nord Italia, ha parzialmente fallito è perché dal 1970 in poi, dalla fondazione e dall'istituzione delle Regioni in poi, ci si aspettava che le Regioni fossero, più di oggi, un soggetto di tramite fra i cittadini.
Personalmente, continuo a pensare che sia stata una grande intuizione, che peraltro è stata costituzionale e poi avviata dal 1970 in poi, perché se oggi pensassimo a una sanità gestita interamente dallo Stato, ovviamente non abbiamo la controprova, i risultati non sarebbero gli stessi. Però è altrettanto vero che è uno dei motivi che, in particolar modo in alcuni momenti, hanno fatto pensare che le Regioni fossero un fardello.
È l'unico punto di polemica che mi permetto, perché nessuno può parlare di centralismo se ha sostenuto il referendum del 6 dicembre, perché una modifica costituzionale così centralista come quella che, fortunatamente, è stata abolita e che non è stata approvata, che toglieva tutta una serie di competenze alle Regioni per riportarle in capo allo Stato, non c'è mai stata all'interno di questo Paese.
Rammento soltanto che le politiche sociali, parte della sanità, le politiche per il lavoro scomparivano dalla possibilità di gestione di quest'Aula e comunque di questa istituzione per tornare al governo dello Stato. Però penso che, in termini di competenze, maggiori risorse e maggiori competenze facciano sì che questa sia un'istituzione sempre più vicina ai cittadini piemontesi e sempre più vicina alle esigenze, e che davvero caratterizzi questa istituzione per quello che è: un'istituzione quella regionale, che fa leggi. Non è un grande Consiglio comunale/regionale, è un'istituzione che fa leggi, è un'istituzione che pianifica, è un'istituzione che programma e che, grazie a un principio solidarista e sussidiario con Province e Comuni, riesce in qualche modo a dare attuazione alle leggi che fa.
Evidentemente questo si può fare se vi sono anche le risorse necessarie altrimenti molte volte avremmo idee su come risolvere alcuni problemi che vi sono all'interno della nostra regione, ma le idee, quando mancano le risorse, è difficile - non tutte, ma in molti casi - gestirle.
Faccio solo un esempio, rispetto alle competenze che potremmo utilizzare.
Se la Regione Piemonte utilizzasse le stesse risorse che vengono utilizzate per la gestione dell'istruzione - e lo dico, perché anni fa facemmo anche una simulazione da questo punto di vista - credo che non avremmo le problematiche che abbiamo relativamente al numero di docenti, né le problematiche in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili scolastici.
Lo stesso vale per molte altre competenze, a parità di spesa dello Stato quindi nessuno chiede maggiori risorse; in alcuni casi, è sufficiente che vengano trasferite le spese che oggi lo Stato spende, in altri casi, no: in altri casi, a fronte di maggiori competenze, è evidente che vanno trasferite anche maggiori risorse.
Tuttavia, quanto più ci si avvicina all'equilibrio fra ciò che viene versato e ciò che rimane all'interno del territorio in cui si vive, tanto più i cittadini piemontesi ne trarranno un beneficio, ma credo che complessivamente, la Regione Piemonte sia l'Istituzione che possa garantirlo.
Pertanto, mi auguro che il Presidente Chiamparino, per quanto riguarda ovviamente, la nostra Regione, ma anche i Presidenti delle altre tre Regioni, che non casualmente sono le quattro Regioni che hanno il maggior residuo fiscale, possano essere funzionali a un vantaggio per tutte le Regioni italiane e non soltanto quelle con residuo fiscale, perché credo che questo porti efficienza in altre Regioni in cui necessariamente dovranno avere qualche risorsa in meno e avere più efficienza, per evitare che la loro inefficienze sia pagata da altre Regioni italiane.



PRESIDENTE

Grazie, collega Vignale.
La parola al Consigliere Appiano.



APPIANO Andrea

Grazie, presidente.
Io, come il mio Gruppo, voterò sì a quest'ordine del giorno, per le ragioni che sono state già espresse dal nostro Capogruppo e, quindi, potreste chiedervi perché intervengo.
Intervengo per dire che è un voto positivo senza particolare entusiasmo perché ormai una storia almeno trentennale di questo Paese dimostra come la legge elettorale, da un lato, e le riforme costituzionali o, comunque istituzionali, dall'alto, siano degli argomenti non frutto di un ragionamento approfondito, coerente e complessivo, ma siano un bell'argomento di campagna elettorale e, in forza di questo, ne abbiamo combinate, come classe politica complessivamente intesa, di tutti i colori e da tutte le parti.
Per questo motivo, volevo utilizzare qualche minuto per dimostrare come spesso questi temi, così delicati e così importanti, vengano da noi, a partire dal sottoscritto che parla in questo momento, trattati con estrema mediocrità, cioè si dimostra davvero in questo campo come negli ultimi trent'anni, mediamente, la classe politica italiana, complessivamente intesa, sia molto mediocre. Perché? Siamo passati dall'epoca in cui le Province erano il motore dell'Italia per cui abbiamo spezzettato le Province esistenti in diverse Province nuove; abbiamo creato Province con un grandissimo sostegno popolare e una grande cavalcata demagogica da parte di alcune parti politiche, Province più piccole di una Circoscrizione o di un Comune.
Dopodiché, è cambiata la stagione. Per esempio, in Piemonte siamo arrivati a otto Province, ma una volta trascorsa quella stagione siamo passati a un'altra stagione, quella in cui la Provincia era il male assoluto di questo Paese. Argomento cavalcato in modo bipartisan e poi, in forza di quella demagogia, si è creata una legge come quella del 2014 che, di fatto ha finto di eliminare le Province, anticipando l'eventuale esito di un referendum di una riforma costituzionale successiva, creando una grandissima anarchia cui prima o poi bisognerà porre mano.
Tuttavia, le Regioni non è che abbiano subito un trattamento tanto diverso: le abbiamo attese per decine d'anni, dal momento in cui vennero costituite.
Ricordo che le Regioni sono una grande intuizione dei Padri e delle Madri Costituenti del nostro Paese, a fronte di un ventennio di fortissimo accentramento statale e, quindi, di un periodo di dittatura nel nostro Paese, intese come uno di quei contropoteri di bilanciamento all'interno del sistema Italia. Le abbiamo attese per diverso tempo, le abbiamo istituite ufficialmente solo a partire dagli anni Settanta; abbiamo 20 anzi, 21, perché le due Province autonome hanno potere legislativo anche loro come la Regione - sistemi diversi, molto diversi tra di loro dal punto di vista della consistenza della popolazione, della grandezza, della capacità anche d'incidere nella vita politica del sistema Paese.
Abbiamo ancora la differenziazione tra le Regioni a Statuto speciale e le Regioni a Statuto ordinario, con degli autentici privilegi fiscali, che avevano un senso quando le Regioni a Statuto speciale sono state costituite, ma oggigiorno obiettivamente hanno senso inferiore. Invece di ragionare su una razionalizzazione dell'ultimo, nell'ordine dei tempi degli enti costituiti in Italia (l'Italia, in ordine, è l'Italia dei Comuni, periodo medievale, poi delle Province, istituto napoleonico mutuato quindi dall'ordinamento francese e, solo da ultimo, delle Regioni) invece d'immaginare una riorganizzazione, magari un accorpamento per aree più omogenee, o una semplificazione (avere 21 legislazioni diverse su alcune materie in un Paese come il nostro, che non ha un'origine n federale né confederale, non ha alcun senso logico dal punto di vista storico), abbiamo cavalcato, a seconda dei tempi, la battaglia contro le Regioni spendaccioni o la battaglia per il federalismo spinto.
Siamo passati dalla devolution, come addirittura, si diceva in certi momenti, per poi arrivare a una riforma del Titolo V, del 2001, che era un temperamento in salsa più di centrosinistra di un'esasperazione in termini di devolution propagandata dall'altra parte, a una controproposta del 2005 2006, che voleva sovvertire l'equilibrio, poi a una riforma bocciata con il referendum il 4 dicembre che, invece, tornava a ragionare sulle esasperazioni del regionalismo per, secondo alcuni, correggere invece con l'eliminazione, più nella forma che nella sostanza, del potere concorrente l'ordinamento regionale. Oggi ci troviamo, invece, a parlare di un'applicazione dell'articolo 116, per avere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
In tutto questo processo confuso, dove a spizzichi e bocconi si prendono le varie parti, senza un ragionamento innanzitutto, più che giuridico culturale complessivo, si sono insinuate nei decenni le cose che venivano ricordate prima.
Abbiamo esaltato i Comuni, ma chi era fautore delle più alte forme di decentramento e di federalismo, è stato anche protagonista, a livello nazionale, delle leggi più centralizzanti e più soffocanti l'autonomia finanziaria dei Comuni. Anche questo andrebbe ricordato, quando parliamo di coerenza, perché va bene celebrare un valore, però, poi quando lo si deve applicare, se si fa il contrario, insomma, qualche problemino c'è. E non esiste autonomia di un ente, se quell'ente non ha una vera autonomia finanziaria patrimoniale, sono tutte chiacchiere se non si sposa con una riforma fiscale generalizzata.
Anche oggi che, per fortuna, alcune cose sono cambiate - penso soprattutto al superamento del vecchio Patto di stabilità - possiamo effettivamente dire che l'Ente più vicino al cittadino goda di autonomia finanziaria? Chi dice questo dice una bugia, sapendo di dirla.
Anche su questo ragionamento, visto che l'articolo 116 richiama l'articolo 119 anche quando si parla di ulteriori forme di autonomia, ebbene l'articolo 119 è quello che fonda l'autonomia fiscale dei diversi enti territoriali e della Regione; parla peraltro di principi di coesione sociale (come venivano richiamati prima), per cui qualunque processo che veda una devoluzione di maggiori poteri a questo o a quell'ente deve sposarsi col principio di uno sviluppo economico che coniughi insieme la coesione e la solidarietà sociale e punti a rimuovere gli squilibri nazionali che nei diversi territori ci sono. Fatte queste premesse, va benissimo rivendicare maggiore autonomia.
Se, per esempio, in materia d'istruzione avessimo più autonomia e potessimo gestire più direttamente e più complessivamente la materia, una Regione come il Piemonte, che è costituita dal maggior numero di Comuni dopo la Regione a noi vicina, che ha più di 3.500 plessi scolastici piccoli e piccolissimi e dove finanziariamente si è da sempre speso per finanziare la permanenza e la sopravvivenza di queste piccole realtà, ebbene, se avessimo qualche potere in più per incidere maggiormente sul numero di organico che è distribuibile all'interno di questi plessi, questo ci aiuterebbe a governare una materia così complessa.
Da questo punto di vista, il mio voto, come quello del Gruppo, è favorevole, perché certamente si completerebbe un po' di più l'esercizio delle nostre funzioni.
Vorrei però chiudere con un fatto di assoluta attualità e un richiamo alla coerenza. Visto che il nostro Paese non ha un'origine storica né federale né confederale, anzi il nostro è un Paese di Comuni, di comunità locali questo è l'Ente storicamente più fondante, non per nulla il nostro Paese Italia ha più di 8.000 Comuni, perché quella è la nostra caratteristica dove può stare un regionalismo moderno, forte e autorevole, dove può stare la ragione di un regionalismo forte e autorevole? In un'integrazione forte all'interno di un contesto europeo.
Allora, se noi abbiamo un'Europa riformata e forte dei popoli, ha senso che ci siano delle forti macro Regioni, non Regioni piccoline, all'interno di tutto l'alveo continentale, però attenzione: questo si pone in netto contrasto rispetto alle visioni sovraniste e stataliste, perché non si pu essere regiornalisti in modo forte, statalisti in modo forte e poi magari anche un po' anti-europei.
Ecco, io chiedo quindi che il dibattito venga almeno da noi condotto con un minimo di serietà, di coerenza e con una visione un po' più ampia, evitando quelle tante piccole o grandi ipocrisie e contraddizioni magari dettate da esigenze elettorali e non da esigenze effettive delle nostre comunità.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Monaco; ne ha facoltà.



MONACO Alfredo

Grazie, Presidente.
Anch'io, come il collega Ravetti, volevo associarmi al ringraziamento verso il primo firmatario, il proponente di quest'ordine del giorno. Lo ringrazio due volte, anche perché mi ha coinvolto nell'elaborazione di questo testo che ho sottoscritto.
Ho sentito un dibattito forte in questo momento, ma penso che invece sull'argomento sia maggiormente necessario spegnere quelle che sono eventuali polemiche, perché credo che il tema di fondo possa essere condiviso. Non credo che l'ordine del giorno in esame parli di federalismo.
Il federalismo in Italia ha un percorso ostruito, è stato ostruito dalla storia evidentemente, forse dalla storia che ci ha raccontato con dovizia di particolari il collega Appiano. Insomma, in qualche misura quella che era la doppia suddivisione dei poteri non è stata di fatto mai proposta e si è pensato sempre a un aspetto più fiscale, quasi - mi si consenta il termine - egoistico del tema, mentre un vero un vero federalismo avrebbe previsto e prevedrebbe altro.
È chiaro che probabilmente la politica negli anni ha rincorso l'argomento però a me piace immaginare, nell'andare a chiedere al Governo e a discutere con gli Enti locali e con il Governo l'applicazione dell'articolo di costituzione, di stilare una legge ordinaria che permetta maggiore autonomia per alcune competenze, che a mio parere significa dare delle risposte a quei territori che oggi possono percepire come migliore la vita del vicino e della Regione limitrofa.
In alcuni territori del nostro Piemonte si percepisce fortemente come la contiguità territoriale possa essere vissuta male, perché dal vicino si vive meglio, o meglio, forse sono migliori i servizi o forse si ritengono più a basso costo. Invece credo che l'attenzione ai territori rappresenti un'esigenza di tutti: attenzione ai territori, alle esigenze e alle istanze che provengono localmente, al fine di soddisfare bisogni che sono locali nell'ambito di una formale e sostanziale unità di un territorio più vasto quale quello regionale.
Aspettando forse quelle che possono essere fonti normative diverse di adeguamento verso un vero federalismo o altre forme, credo che questo sia il percorso da seguire. Anche a me non affascina l'idea del referendum per dare forza a un aspetto politico, che rischia a volte di essere più propagandistico che sostanziale, e credo che questo invece possa essere un momento di serietà della componente politica per ritrovarsi unita nell'affidare al nostro Presidente dalla Giunta il mandato forte di andare a discutere.
Se gli forniamo questa forza tutti insieme - credo che già l'abbia espresso lui - forse riusciamo a dare una maggiore risposta alle di quei territori che oggi si sentono abbandonati e che invece possono tornare a essere virtuosi e orgogliosamente piemontesi.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Policaro; ne ha facoltà.



POLICARO Giuseppe Antonio

Grazie, Presidente.
Mi unisco a quanto detto dai colleghi che mi hanno preceduto. Anch'io ho firmato convintamente l'ordine del giorno del Consigliere Bona. Tra l'altro il Consigliere Bona è sempre stato molto attento ai temi dell'autonomia in generale, non soltanto della Regione, ma anche dei territori.
Non voglio ripetermi, perché molti temi sono già stati richiamati da altri colleghi, ma voglio soltanto rimarcare alcuni punti.
Il primo già è stato detto: tre Regioni che coprono una popolazione di quasi venti milioni di abitanti hanno già presentato una forte richiesta non di uno Statuto autonomo, ma di autonomia. Si parla di Regioni con forte autonomia. Queste richieste, che erano già state avanzate con il Governo Gentiloni e, ancora di più, accadrà con questo nuovo Governo, sono state accolte e ascoltate.
Che cosa vuol dire? Vuol dire che la Regione Piemonte oggi è un po' indietro. Ci sono delle chance, ci sono delle opportunità nel rimarcare com'è già stato detto da chi mi ha preceduto, la forza di una Regione, come la nostra, che ha diritto, così come le altre, di avere più attenzioni e più risorse finanziarie.
Come ha detto bene il Consigliere Vignale, i piemontesi danno - i numeri sono chiari - più di quello che ricevono in termini economico-finanziari e chiaramente, in un principio di sussidiarietà, che tutti quanti sposiamo avere una Regione più forte, con più autonomia, con più competenze e con più risorse economiche - se hai delle competenze, devi avere anche delle risorse - non può fare altro che migliorare generalmente i servizi per i cittadini.
Teniamo presente che uno degli annosi problemi fra gli altri dell'Italia è la burocrazia; il trasferimento di risorse di competenze e di risorse dal locale allo Stato centrale, per poi avere, forse, un ritorno, genera comunque, burocrazia. Ci sono degli studi che spiegano e certificano come una parte dei tre milioni e 400 mila dipendenti dello Stato potrebbero essere sfruttati e utilizzati meglio, laddove ci fosse meno burocrazia e quindi laddove ci fosse una maggiore presenza di risorse che vengono generate da un territorio nello stesso territorio, e un'erogazione sicuramente più efficiente dei servizi.
Credo che questa sia un'opportunità ed è stato rimarcato da tutti quanti per chiedere con forza e maggiore attenzione, ma anche per di uscire da un momento di difficoltà che, in questo momento - questo è anche un tema politico - la Regione Piemonte sta affrontando.
Ho già presentato un'interrogazione cui è stata data, in parte, una risposta, ed è stato anche richiamato dal Consigliere Bona: il fatto che 5.300 cittadini, in una Provincia di circa 150 mila abitanti, firmino una petizione per la richiesta di un referendum per passare dalla Regione Piemonte alla Regione Lombardia è un fatto politico grave. Significa che la Regione Piemonte, comunque, non è in grado di ascoltare e di dare risposte alle istanze di determinati territori.
Attenzione che - e se ne sta già parlando - propensioni analoghe sono presenti anche in altri territori. Io vengo da Novara, a breve ci sarà un incontro anche con il Presidente Fontana della Regione Lombardia, non è così impossibile che anche in Provincia di Novara ci siano delle richieste di maggiore attenzione e, magari, emergano comitati che chiedono il passaggio della Provincia di Novara in Regione Lombardia.
Questa è una provocazione? Forse sì ma, di certo, testimonia una mancanza di attenzione della Regione Piemonte, perché di questo si tratta. Alcuni territori decidono di andare contro la Regione stessa per aderire a un'altra. Il tema è sicuramente politico, credo che questa possa essere una grossa occasione per la Giunta che, pro tempore, amministra la Regione per cercare di essere più vicina a molte istanze dei territori.
Non voglio più ripetere quello che è già stato detto, riprendendo anche la ratio della creazione delle Regioni. Intanto, è già stato detto molto bene che nel 1948, nonostante poi le Regioni siano state attuate soltanto negli anni Settanta, si voleva creare una maggiore presenza delle Regioni e una maggiore efficacia a livello territoriale delle stesse.
Con la modifica del Titolo V, lo sapete meglio di me, non è stata data una vera attuazione di quanto proposto dagli articoli 116 e seguenti. Cosa proponeva questa riforma? Voi lo sapete meglio di me. Proponeva di lasciar spazio alle Regioni che avessero avuto l'opportunità di proporsi in avanti e ciò, in parte, non è ancora stato attuato. Nelle Regioni dove si è discusso di avere una maggiore autonomia - mi riferisco alla Regione Lombardia e alla Regione Veneto - sono state formulate istanze precise.
Credo che non debba essere data una delega in bianco, general-generica alla Giunta e al Presidente Chiamparino di discutere con il Governo. Forse sarebbe addirittura utile delimitare meglio quali devono essere le richieste da effettuare al Governo, così com'è stato fatto da altre Regioni.
La Regione Lombardia, per esempio, ha chiesto più rappresentatività e più risorse su alcune materie. Le materie sono quelle dell'ambiente dell'istruzione come è già stato ricordato, del commercio con l'estero così come maggiore autonomia nella gestione delle infrastrutture.
Addirittura, c'è stata una richiesta di una maggiore autonomia per quanto riguarda il tema della previdenza complementare integrativa e poi ovviamente, sul tema tributario, che è il tema forse più importante, perch vuol dire realizzare una maggiore autonomia.
Si è parlato del tema delle casse di risparmio e delle casse rurali.
Probabilmente, anche di questo si vorrà continuare a parlare nei prossimi mesi con il Governo.
Accogliamo quest'opportunità. Sono in quest'Aula da due mesi e mezzo e mi sembra che nessun tema sia stato affrontato con una condivisione come quella di quest'oggi. Ringrazio il Consigliere Bona per aver dato questo spunto, ma speriamo che si possa davvero fare qualcosa di positivo, a maggior ragione visto che i temi sono condivisi da tutti.
Credo anch'io che, al momento, non sia opportuno un referendum anche perché, è evidente, c'è già una predisposizione politica, c'è già una condivisione politica su questo tema. È giusto che la politica faccia la sua parte; è giusto che si prendano delle responsabilità, a maggior ragione quando - mi pare di percepirlo in modo chiaro - non ci sono divisioni su questo tema.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Policaro.
Ha chiesto la parola il Consigliere Campo; ne ha facoltà.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
Il discorso ha preso una piega molto interessante, su cui mi piacerebbe disquisire per un bel periodo di tempo, perché ci sarebbe da fare un bel discorso sulla questione del regionalismo italiano.
Bisognerebbe partire dal 1947 e passare dal 1970, quando - con grande ritardo - vennero istituite le Regioni ordinarie, per arrivare alla riforma costituzionale del 2001, quella del cosiddetto federalismo. Riforma che, in realtà, era radicata in tutto il moto che era stato attivato dal 1992 in avanti, dopo l'uscita dal Sistema Monetario Europeo, che, invece, ha portato all'euro e alla necessità di far quadrare i conti dello Stato, in particolare la parte relativa al deficit, con alcuni artifizi contabili.
Questa è stata una delle classiche pessime abitudini italiane nel corso della sua storia e anche nei confronti degli interlocutori internazionali.
Incominciamo partendo dal piccolo, cioè da quello che si chiede in quest'ordine del giorno. Noi chiediamo che la Regione vada a trattare con lo Stato centrale, insieme alle Regioni confinanti, una maggiore responsabilizzazione su delega di alcune funzioni con le relative risorse.
La domanda che bisognerebbe porsi, tutto sommato, è un'altra. È: "Scusate ma dal 2001 a oggi, quando mai abbiamo portato a termine il discorso effettivo dell'autonomia d'imposizione e di spesa delle Regioni, cioè quelle che erano e sono le previsioni dell'articolo 119 della Costituzione?".
Questo è uno degli elementi, dei tre piedi fondamentali su cui si basava il processo di regionalizzazione italiana, perché ricordo che, dalla loro fondazione a oggi, al 2001 - alla riforma costituzionale, rimasta peraltro incompiuta, sul tema dell'autonomia impositiva e di spesa delle Regioni le Regioni sono state, di fatto, create monche, perché previste come enti puramente amministrativi e con una strettissima dipendenza dalla redistribuzione, dal centro, di risorse relative alle proprie competenze amministrative.
Competenze amministrative che sono state più volte, nel tempo, anche ridimensionate, a seconda delle esigenze dei ceti politici del tempo parlando di assistenza sociale, di sanità e di altre questioni.
Le Regioni sono sempre state il cuscinetto, il paravento dietro cui si celava lo Stato centrale, che fintamente decentrava alcune politiche, non fino al 2001, delle chiare deleghe legislative. Ma anche dopo il 2001, con il regionalismo, non siamo arrivati a una piena attuazione, così come nel regionalismo a "geometria limitata" che si è costituto dopo il 2001, quello delle materie concorrenti.
Non ci fu mai il completamento del percorso, perché tutta una serie di discussioni avvennero prima nella legislatura del 2003-2006 (centrodestra se non ricordo male) che "bamblinò" lavorando su un'ulteriore riforma costituzionale, poi bocciata al referendum, invece di lavorare sull'attuazione di quella del 2001.
Successivamente al 2006, arrivammo (purtroppo si stava entrando nella crisi economica derivata dal crollo di Lehman Brothers) al 2009 e si stabilì che si sarebbero dovute fare orde di regolamenti attuativi per definire meglio cosa si sarebbe devoluto alle Regioni in termini di federalismo fiscale.
Cosa che poi piovve nel Governo Monti, che decise che eravamo totalmente in crisi e, quindi, sottrasse completamente anche quel poco di autonomia impositiva che - tutto sommato - era gocciolata verso le Regioni. Era quel poco che si poteva ottenere, ad esempio, dal bollo auto o da una compartecipazione ad altre risorse come l'IRAP.
Pertanto, che cosa successe? Successe quello che accadde con l'IMU, che è una tassa eminentemente locale. Ricordiamoci che, se da una parte c'è una corretta ripartizione delle competenze e una corretta costruzione delle relazioni tra lo Stato centrale e gli Enti decentrati, la terza gamba è quella di dare certezza della capacità di spesa, e per cosa, e della capacità di attingere fiscalmente - anche perché qui c'è la cosiddetta responsabilità del livello politico verso i cittadini - a risorse che servono per le funzioni delegate alle Regioni o agli Enti locali.
Questo, in Italia, non è mai stato portato a compimento. Pertanto, oggi che andiamo a chiedere qualche funzione in più con qualche risorsa in più, ci stiamo un pochino prendendo in giro, perché se non cambia l'impostazione reale, l'impostazione che vede dei fondi costituiti a livello centrale che vengono ridistribuiti, a volte addirittura in maniera finalizzata, alle Regioni e poi agli Enti locali, stiamo parlando del nulla, in termini di decentramento funzionale. Stiamo parlando di fare una pantomima che farà fare bella figura a qualche tipo di classe politica, ma che non produrrà degli effetti concreti dal punto di vista del funzionamento.
Ricordo che noi siamo favorevoli a un regionalismo efficace, a una geometria variabile e a una chiara suddivisione di competenze; chiara, ma anche cooperativa. Perché no? Ci sono tanti modelli - da quello tedesco a quello americano - che hanno visto anche la cooperazione tra il livello statale e quello federale, che hanno visto, com'è successo ad esempio in Germania, numerosi interventi di riordino della distribuzione.
Attenzione, riordino della distribuzione e non stravolgimenti, perch l'altra cosa drammatica italiana è che, ogni volta che si dice "facciamo una riforma costituzionale", non è che facciamo un po' di manutenzione deve essere sempre qualcosa di epocale: federalismo a tutti i costi nel 2001, accentramento e potenziamento del sistema centrale, definendo la capacità del Governo di avere comunque la preminenza negli eventuali contenziosi a tutti i costi e sempre intervenendo in maniera strutturale non attraverso aggiornamenti che sono necessari.
Il funzionamento tra il livello centrale (quindi magari un po' più lontano dalle esigenze specifiche di un territorio) e il livello locale è frutto di una variazione delle esigenze dei tempi, dell'evoluzione e delle tematiche nei tempi.
Si pensi a quello che potevano essere le IPAB al tempo del Regno d'Italia che persero già di significato al costruirsi del welfare nazionale negli anni Settanta-Ottanta.
È evidente che ci deve essere una revisione costante, ma in un dialogo costruttivo che non metta in dubbio l'architettura istituzionale. Il dramma che abbiamo vissuto in Italia è che noi continuiamo a costruire edifici istituzionali scricchiolanti.
Anche la legge Delrio, che non ha un rango costituzionale, è una legge che va a modificare pesantemente il funzionamento delle istituzioni locali intervenendo in una maniera allucinante, nascondendosi dietro al fatto che si sarebbe intervenuti per eliminare definitivamente le Province rendendole "zombi" nell'attesa che questo succedesse, depotenziandole economicamente e riducendo la loro funzionalità senza togliergli le funzioni fondamentali.
Si continua a dire che le Regioni devono legiferare per rideterminare la redistribuzione delle funzioni, non dotandole neanche di quella capacità di gestire le funzioni che eventualmente avrebbero dovuto assorbire o ridistribuire a Enti locali come i Comuni, che insieme alle Province e alle Regioni hanno sopportato la maggior parte del riaggiustamento economico e finanziario del nostro Paese in seguito alla crisi economica.



PRESIDENTE

Consigliere Campo, la invito a terminare il suo intervento.



CAMPO Mauro

Mi rendo conto che vado un po' lungo, però vorrei che fosse chiara la questione.
Non ci nascondiamo dicendo che ci sono delle ipocrisie. Quando noi dicevamo, nell'anno del Signore 2009, anno in cui nasceva il Movimento 5 Stelle, che noi eravamo per l'abolizione delle Province, noi eravamo per l'abolizione delle Province, non la finta abolizione che rendeva le funzioni non gestibili.
Se avessimo tolto le Province, avremmo ridistribuito le loro funzioni, così come i loro Uffici e la presenza sul territorio, in un'architettura istituzionale diversa tra Comuni (o forme associative dei Comuni) e le Regioni; così come eventualmente si sarebbe potuto rivedere la distribuzione delle funzioni tra Regioni e Stato centrale, dando completamento a un assetto istituzionale che deve essere stabile, perch nell'instabilità e nel cambiamento costante le cose non funzionano.
Oggi, questo discorso che stiamo facendo può essere interessante, ma ripeto - focalizziamoci su un'altra questione: noi al Governo centrale (ma a qualsiasi Governo centrale, non solo a questo ultimo arrivato) dobbiamo avremmo dovuto e dovremmo sempre chiedere di dare piena attuazione alla Costituzione vigente oggi, a quella che è del 2001 e che prevede che le Regioni abbiano anche autonomia impositiva e di spesa, che va definita in accordo con il bilancio nazionale e con tutti gli equilibri del caso.
Sarebbe un tema da dibattere altro che per dieci minuti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Se il Presidenti mi autorizza, lascio i miei dieci minuti al collega Campo.



PRESIDENTE

No, Consigliere Bono, tocca a lei.



BONO Davide

In effetti, molto spesso i dieci minuti sono pochi, soprattutto quando uno si appassiona al tema. Capita anche a me molto spesso sull'ambito dalla sanità, quindi capisco il collega Campo.
Vorrei rispondere ad alcune delle affermazioni del collega Ravetti, che mi sembra di aver intuito che fossero più dirette alla Lega Nord che non al Movimento 5 Stelle.
Credo di poter riconfermare quanto detto dal collega Bertola. Noi oggi abbiamo un dettato costituzionale - non lo ripeterò - come l'articolo 116 e l'articolo 117, che sanciscono le competenze esclusive concorrenti, non quelle residuali.
Abbiamo l'articolo 119, come diceva giustamente il collega Campo, che riguarda l'autonomia fiscale; e abbiamo una carenza rispetto al tema della consultazione referendaria all'interno della Regione.
Se si analizza il documento elaborato dal Senato della Repubblica Italiana sul tema della maggiore autonomia chiesta da tre Regioni, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna (ricordava il collega Bona che il Veneto e la Lombardia hanno chiesto il referendum, mentre Emilia Romagna no), non è detto né che non si possa fare né che si possa fare. Sostanzialmente, il referendum è una delle strade percorribili.
Tuttavia, noi riteniamo che sia una strada percorribile non per una questione plebiscitaria, come diceva il collega di opposizione, oppure per una questione elettoralistica, come diceva il collega Ravetti, ma per una questione di pronunciamento democratico dei cittadini. Magari siamo tutti d'accordo, non saremo magari d'accordo sulle forme, sui modi, su quali competenze, su quante risorse e su come dare anche una responsabilizzazione, perché oggi giustamente il collega Bertola ha parlato di solidarietà, ma bisogna anche aggiungere il tema di responsabilità.
L'autonomia deve essere un'autonomia nell'ambito di uno Stato sovrano quindi non vedo contraddizioni o contrapposizioni con il termine di sovranità (sovranismo è un'altra cosa, ovviamente, quindi la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei di limiti della Costruzione).
La Costituzione dice questo, noi non lo possiamo fare. Forse lo dovevamo fare prima, perché in effetti qualcuno potrebbe dire che la riforma del Titolo V della Costituzione è del 2001, oggi siamo nel 2018, e forse qualche tempo si è perso in passato.
So che la collega Gancia, anche se purtroppo in questo momento è assente con il gruppo della Lega Nord Piemonte ha presentato una proposta di legge per un referendum consultivo specifico sul tema dell'autonomia. Noi chiediamo sommessamente di sanare una carenza che riguarda la legge 4 del 1973, che vede il referendum abrogativo, la proposta di legge d'iniziativa popolare e il referendum consultivo limitato solo alle fusioni di Comuni.
Io non vedo nessun problema a individuare le forme dei referendum consultivi in generale. Se i Consiglieri della Regione Piemonte vogliono consultare i cittadini piemontesi su un qualche tema, penso che si dovrebbe fare. E dico anche di più, nel senso che è ovvio che spesso può essere visto come un costo. Mi ricordo e mi ricorderò per tanti anni il tema del referendum sulla caccia della scorsa legislatura: sostanzialmente, con una scusa si è detto: "Non lo si fa, perché costa". I costi della politica sono una cosa, i costi della democrazia sono un'altra. Penso che Se vogliamo far sì che i costi vengano ridotti, si agisce; difatti abbiamo approvato anche un emendamento su una finanziaria di qualche anno fa che chiedeva sostanzialmente di accorpare il più possibile i referendum, di qualunque tipo essi siano, alle consultazioni elettorali.
Se si vuole accorpare alla prossima lezione elettorale, già potrebbe essere un tema; è ovvio che c'è questo piccolo problema che la prossima consultazione elettorale è europea, ma è associata a quella regionale.
Quindi, di norma, risulta difficile, se non impossibile, fare una consultazione su un ambito che corrisponde a quell'ambito che poi va anche ad elezione. Però tutto si può modificare in politica e si possono fare le leggi.
Credo comunque che avere più democrazia e più partecipazione sia uno dei temi da seguire. Io ho provato a farlo indegnamente nella scorsa e in questa legislatura, anche su tutto il tema del quorum. Ad esempio, l'Emilia Romagna anche nel consultivo ha il 50 per cento come quorum; Lombardia e Veneto sono andate un po' avanti nell'ambito della partecipazione e hanno detto quello che chiediamo. Noi saremmo addirittura per eliminare il quorum, perché, lo dico sempre, nelle elezioni non esiste il quorum, cioè se va a votare un solo cittadino, quel cittadino decide il Governo della Regione o il Governo dello Stato o di un Comune.
Noi chiediamo, più sommessamente, che almeno il quorum sia ridotto al 50 per cento dei votanti alle ultime elezioni, perché non vorremmo che poi andassero a votare solo i favorevoli o i contrari a un certo referendum com'è stato fatto in passato quando, purtroppo, autorevoli esponenti politici nazionali di primo piano invitavano ad andare al mare per boicottare alcuni referendum, in quel caso abrogativi e non consultivi.
Secondo me, il percorso del referendum si deve fare a prescindere, poi troveremo il modo e vorremo fare una consultazione low cost, ci possono essere delle strade in futuro da percorrere sulla democrazia digitale. Noi stiamo lavorando, ma come forza politica, quindi è un altro discorso, su questo tema come dovrebbe fare uno Stato moderno. Tutti citano la Germania ma citiamo anche le Repubbliche baltiche, che stanno portando avanti modalità di voto online, il voto elettronico con una modalità di riconoscimento dell'identità digitale sicura e protetta. Quindi, potremmo lavorare su questi temi.
Credo che non ci sia stato molto interesse in questo senso, in questi anni chissà che con il tema della maggiore autonomia, su cui noi siamo assolutamente favorevoli, ci sia anche l'apertura di un dialogo, anche se mi è sembrato di notare una lieve e sottile ironia da parte del Consigliere Ravetti nel dialogo con il Governo, non so se mi sono sbagliato o meno.
Il dialogo tra Istituzioni è sempre giusto, sano e corretto; poi si pu rimanere nelle proprie posizioni, ci mancherebbe, ma il tema della maggiore autonomia, a questo punto, penso che sarà un tema che coinvolgerà tutto il livello nazionale, perché credo che dopo si possa poi estendere alle Regioni del Nord Italia.
Insomma, più autonomia, più responsabilità, più efficacia e più efficienza e più misurabilità delle politiche degli eletti e se i politici sbagliano sarebbe anche utile avere una misurabilità di quanto fanno bene o fanno male con le risorse che i cittadini contribuenti pagano allo Stato italiano e che vengono girate, in parte, alle Regioni.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Reschigna.



RESCHIGNA Aldo, Vicepresidente della Giunta regionale

Molto velocemente, innanzitutto per dare conto al Consiglio regionale dello stato dell'arte.
Noi abbiamo assunto una delibera come Giunta regionale tre mesi fa. Come prevede il percorso previsto dalla Costituzione, su questa delibera si è aperto un confronto con - non è una parola da usare in Consiglio regionale alcuni rappresentanti, i cosiddetti stakeholder piemontesi. Quindi, è un confronto che ha coinvolto le organizzazioni sindacali a livello regionale le associazioni rappresentative del mondo economico del Piemonte, le Università piemontesi e le associazioni rappresentative del sistema degli Enti locali.
Questi sono stati i momenti fondamentali del lavoro che è stato svolto. Da alcuni abbiamo avuto contributi scritti, da altri abbiamo avuto contributi nel corso dei confronti. Questa fase si è conclusa. conseguentemente abbiamo anche provveduto a modificare alcune parti della proposta di deliberazione, che formalmente verrà assunta venerdì mattina dalla Giunta regionale e trasmessa al Consiglio regionale.
Noi ci auguriamo che il mese di settembre sia un mese dedicato al dibattito e al confronto in Consiglio regionale su questo tema, che consideriamo importante. Nello stesso momento, il Presidente della Regione ha mandato una lettera alla Ministra degli Affari Regionali, l'Onorevole Stefani all'interno della quale viene dato conto del percorso che la Regione Piemonte ha avviato, dello stato dell'arte e della tempistica che immaginiamo possa portare il Consiglio regionale ad assumere una deliberazione, sulla base della proposta che la Giunta regionale assumerà venerdì prossimo.
Dimenticavo di dire che, nel percorso, la prima delibera noi l'abbiamo pure trasmessa al Consiglio regionale, immaginando che potesse aprirsi un dibattito, cosa che non è avvenuta, ma avremo tempo nel mese di settembre per poterlo fare.
Seconda riflessione. Noi non crediamo che questo tema sia una moda, ma sia un'opportunità. Per fare questo, bisogna lavorare nel pieno solco di quella che è la previsione dell'articolo 116 della Costituzione, che parla di autonomia accresciuta o differenziata, ma il termine "autonomia accresciuta e differenziata" significa che noi non dobbiamo scimmiottare gli altri, per una semplice ragione: che il presupposto costituzionale, quello della capacità di saper riconoscere quali siano gli elementi rispetto ai quali l'accresciuta autonomia da parte delle Regioni, possa consentire di meglio affrontare i temi come quello della trasformazione economica e sociale di ciascuna Regione. Il dato di partenza e il presupposto è che ogni Regione vive una condizione particolare.
È vero che poi ci sono delle relazioni, indubbie. Con il Presidente Chiamparino eravamo andati dall'allora Viceministro degli Affari regionali l'Onorevole Bressa. Eravamo andati insieme alla Regione Liguria, perché uno dei temi che la Regione Liguria, ma anche la Regione Piemonte, poneva all'interno di questo percorso riguarda tutte le dinamiche della gestione retroportuale dei porti di Genova, che non possono essere affrontate unicamente dalla Regione Liguria, ma necessariamente devono essere frutto di un'intesa forte con la Regione Piemonte. Questo è il punto della situazione.
Non credo che siamo in ritardo, anche se credo che non abbiamo molto tempo da perdere; dobbiamo sempre avere l'avvertenza di saper distinguere ciò che è fattore di comunicazione e ciò che, invece, è elemento che va nella direzione dell'ottenimento dell'autonomia differenziata.
È il lavoro fatto a suo tempo che, in parte, abbiamo anche osservato perché quando si chiede maggiore autonomia allo scopo - faccio un esempio di evitare la rigida compartimentazione della spesa sanitaria, è chiaro che questo è un tema che è comune a più Regioni.
Quando parliamo di deleghe in materia di beni culturali e paesaggistici guardiamo al fatto che i beni culturali e paesaggistici rappresentano un elemento di grandissima peculiarità e specificità all'interno della nostra Regione.
Tuttavia, relativamente alle altre Regioni, la pre-intesa che è stata sottoscritta con l'allora Viceministro degli Affari Regionali, Onorevole Bressa, era una pre-intesa sul piano politico: cinque questioni, cinque temi. Non erano state affrontate le questioni legate alla definizione di costi standard e quindi di trasferimenti da parte dello Stato o, come meglio sarebbe, di autonomia finanziaria riconosciuta alle Regioni, in funzione del rafforzamento. Questo è il percorso che oggi stanno affrontando.
Devo dire che molte Regioni si stanno avviando su questo percorso, non ci sono solamente le tre capofila ma, ad esempio, Marche e Umbria stanno facendo un percorso analogo e lo stanno facendo assieme. Noi con la Liguria abbiamo alcuni elementi di convergenza. Ricordo che, quando parlavamo del tema della cronicità della non autosufficienza come elemento critico, in quell'incontro, fortemente legato al fatto che noi e la Liguria siamo le due Regioni più anziane d'Italia, vi era un tema che interessava moltissimo anche alla Regione Liguria e, come ripeto, interessa anche a noi affrontare insieme alla Regione Liguria: il tema della retroportualità e delle questioni connesse.
Non voglio occupare più tempo. Apprezzo l'iniziativa di dare uno stimolo e un rafforzamento al lavoro che stiamo facendo, come una delega al Presidente Chiamparino di proseguire in questo tipo d'attività; mi auguro che nel mese di settembre possiamo discutere velocemente, ma in modo molto serio, sulle questioni di merito per assumere questa deliberazione, che apre ufficialmente la trattativa con il Governo.



PRESIDENTE

Grazie, Vicepresidente Reschigna.
Se non vi sono ulteriori richieste di intervento, indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 1424, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

Il Consiglio approva.
Vi ricordo la riunione, in Sala A, della Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.33)



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