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Dettaglio seduta n.341 del 10/07/18 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


OTTRIA DOMENICO



(I lavori iniziano alle ore 9.58 con l'esame del punto all'o.d.g. inerente a "Svolgimento interrogazioni e interpellanze")


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione indifferibile e urgente n. 1996 presentata da Berutti e Graglia, inerente a "Manutenzione della linea ferroviaria Alessandria-Alba" (risposta scritta)


PRESIDENTE

In assenza dell'interrogante, all'interpellanza n. 1996 viene fornita risposta scritta, come richiesto dal Consigliere Graglia.
Dichiaro chiusa la trattazione del sindacato ispettivo.



(Alle ore 9.58 il Presidente dichiara esaurita la trattazione del punto all'o.d.g. inerente a "Svolgimento interrogazioni e interpellanze")



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BOETI



(La seduta ha inizio alle ore 10.04)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Non essendovi proposte di modifica, l'o.d.g. è approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento interno del Consiglio regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico: a) Congedi Hanno chiesto congedo Cassiani, Chiamparino, Chiapello, Ferrero, Molinari Pentenero, Ravetti e Reschigna.
b) Processi verbali precedenti sedute Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali delle sedute del 3 luglio 2018.
c) Decreto Presidente della Giunta regionale Con Decreto n. 48 del 6 luglio 2018, il Presidente della Giunta regionale Sergio Chiamparino decreta che, ai soli fini dello svolgimento dei lavori della seduta mattutina odierna, le funzioni del Presidente siano assegnate stante il contemporaneo impedimento dello stesso Vicepresidente all'Assessore Alberto Valmaggia.
d) Comunicazioni della Giunta regionale Informo che l'Assessore Saitta si è reso disponibile a svolgere nella seduta odierna una comunicazione in merito alle liste d'attesa, come da richiesta del Consigliere Bono. Si svolgeranno nel pomeriggio, perch questa mattina l'Assessore Saitta farà pervenire ai Consiglieri le comunicazioni relative a quanto abbiamo scritto al Ministero della Salute in maniera che la discussione si possa svolgere sulla base di quanto scritto.
e) Ricevimento delegazione lavoratori mensa Borsellino Informo, inoltre, che oggi, alle ore 13, in sala Viglione verrà ricevuta la delegazione di lavoratrici, lavoratori e studenti fruitori della mensa Borsellino, per illustrare le problematiche venutesi a creare in virtù dell'imminente scadenza di convenzione pasti con l'Ente per il Diritto allo Studio Universitario.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i processi verbali del 26 e del 28 giugno 2018.


Argomento: Istituzione nuovi comuni - Mutamento denominazioni

Esame disegno di legge n. 288, inerente a "Istituzione del Comune di Val di Chy mediante fusione dei Comuni di Alice Superiore, di Lugnacco e di Pecco nella Città metropolitana di Torino"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del disegno di legge n. 288, inerente a "Istituzione del Comune di Val di Chy mediante fusione dei Comuni di Alice Superiore, di Lugnacco e di Pecco nella Città metropolitana di Torino", di cui al punto 4) all'o.d.g.
La relazione viene data per letta dai relatori, il Consigliere Appiano di maggioranza e il Consigliere Bono di minoranza.
Qualche Consigliere desidera intervenire in discussione generale? Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Credo ci sia un tema che non vale solo per questa fusione, ma che andrebbe analizzato anche per fusioni già avvenute o che potranno avvenire, perch alcuni Comuni sono in procinto di richiedere un referendum, avendolo già deliberato nelle sedi consiliari, mentre per altri abbiamo già autorizzato lo svolgimento del referendum: le risorse economiche.
La legge n. 11 nel 2012, come anche la legge nazionale di incentivazione economica alle fusioni, sono nate con un concetto di buonsenso: prevedere che piccole realtà, mettendosi insieme, costituissero un'amministrazione più grossa.
Abbiamo visto che nell'arco di questi anni, da quando sono in vigore la legge n. 11 del 2012 e la legge nazionale, sono sorte, almeno a mio avviso non dico due distorsioni, ma due aspetti che vanno affrontati, perché non sono normati.
Il primo riguarda il caso della contrarietà di un Comune o, meglio, della popolazione di un Comune, a fronte della complessiva espressione positiva se si sommano i "sì" di un Comune con i "sì" dell'altro Comune ancorch minoritario. È già accaduto in due occasioni all'interno di questa Regione.
A oggi non esiste, nella normativa regionale (legge 11/2012) né tantomeno nella legge nazionale, un passo che tenga conto dell'espressione dell'Amministrazione comunale.
Personalmente credo che se c'è un'Amministrazione comunale ancorché piccola o, meglio, se c'è un Comune, ancorché piccolo, all'interno del quale la popolazione si è espressa in modo negativo, la fusione non debba procedere per legge regionale, perché non vale il conto delle teste, ma vale il conto della fusione di due differenti Comuni. Se la popolazione di un Comune, che è l'unico soggetto che può scegliere rispetto al futuro del proprio Comune ha deciso in modo contrario, non può essere un'Amministrazione sovraordinata a decidere differentemente rispetto a quanto scelto da un Comune.
Con la legge Delrio abbiamo visto tante cose, ma, fortunatamente, questa è ancora una norma di carattere regionale.
Il secondo aspetto è relativo al denaro.
È evidente, o almeno a me appare evidente, che se inizialmente molte fusioni sono nate per una volontà di aggregazione, che certamente era data anche dalla scelta o dall'opportunità di avere più risorse, noi abbiamo già visto - e sono in corso di attuazione altre fusioni - situazioni in cui c'è un macro-comune che ingloba anche solo un piccolissimo Comune.
Come contiamo il ristoro economico per queste Amministrazioni? Le contiamo per numero di teste. In alcuni casi, però, non siamo di fronte a una vera e propria fusione, almeno nei termini in cui il legislatore regionale ha voluto, con la legge n. 11, pensare al sostegno economico delle fusioni, ma siamo di fronte a una sorta di trucco: io sono un grande Comune e mi prendo un piccolissimo Comune a fianco al mio; si calcola il numero di abitanti complessivi e su quella si moltiplica per il dato economico, che in alcuni casi fa alcune svariate centinaia di migliaia di euro nel quinquennio.
Anche se negli ultimi anni abbiamo erogato qualche risorsa in più in termini di investimento, sono risorse che le Amministrazioni comunali non vedrebbero mai. Pertanto, è evidente che non deve avvenire (almeno, io credo non debba avvenire) che le fusioni si facciano non per scelta, ma perché sono l'unico strumento che consente alle Amministrazioni comunali di avere delle risorse.
In ultimo, i tempi in cui si garantiscono le risorse economiche. Rilevo che nella nostra regione - fortunatamente o sfortunatamente, a seconda delle valutazioni che i singoli colleghi vogliono fare - stanno avvenendo molte fusioni e io dubito che vi sia una compatibilità economica rispetto al sostegno di tali fusioni.
La compatibilità economica ha due aspetti. Il primo è meramente di bilancio, nel senso che, non modificando nulla, arriveremo a un punto in cui non saremo più in grado di garantire il denaro necessario per le fusioni. Il secondo aspetto, invece, è di compatibilità e di equità economica. Ritengo, cioè, che un Ente non possa investire più risorse per aiutare - diciamo - le fusioni, di quante ne investa per il sistema complessivo delle Amministrazioni comunali piemontesi. Cioè non possiamo investire più risorse per 20 Comuni che in distinte singole fusioni hanno creato un'Amministrazione unica rispetto a ciò che spendiamo per il resto dei 1.150 Comuni piemontesi.
Credo che questo sia un tema da affrontare, altrimenti difficilmente avremo una sostenibilità di bilancio e, in secondo luogo, rischieremo di avere un'ingiustizia rispetto all'utilizzo delle risorse a favore degli Enti locali. Se, ad esempio, prendiamo la norma finanziaria del nuovo Comune di Val di Chy, vediamo come le risorse destinate a questa nuova Amministrazione - com'è stato fatto per molte altre che precedentemente abbiamo votato - sono decisamente superiori rispetto a quelle che sono state investite nell'intera Valchiusella.
È evidente che non può esserci, come dicevo, una fusione per necessità di risorse economiche: una fusione dovrebbe nascere per una scelta condivisa.
Invece, con i 90.000 euro stanziati nel 2019 e i 100.000 stanziati nel quinquennio successivo, in questa legge abbiamo una previsione di stanziamento di 200.000 mila euro per tre Comuni, ed è una cifra ben superiore rispetto a quella destinata agli altri Comuni che, per esempio in tutta la Valchiusella non hanno potuto beneficiare di una cifra simile.
Mi auguro che su queste due valutazioni si faccia una considerazione che tenga conto di un concetto molto banale di equità, ricordandoci che abbiamo 1.200 Comuni e che il concetto della fusione può essere, in alcuni casi, un concetto condivisibile, ma, se diventa lo strumento per avere qualche risorse e non altro, lo è molto meno.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'articolato.
ARTICOLO 1 Il numero legale è 23.
Indìco la votazione palese sull'articolo 1.
Il Consiglio approva.
Ha chiesto la parola il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

La deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, che lei conosce, prevede che il tempo per la votazione sia di un minuto. È facoltà del Presidente ridurlo a 30 secondi. Pertanto, o votiamo in 30 secondi o votiamo in un minuto, ma non si può chiudere la votazione al raggiungimento del numero legale, com'è avvenuto in questo momento. Nessuno di noi ha votato! Cioè lei ha guardato e, quando si è raggiunto il numero di 25, ha chiuso la votazione, ma nessuno delle opposizioni ha votato.



PRESIDENTE

Benissimo. Quindi lei ha qualcosa da dire non tanto sul fatto che io possa non arrivare fino al termine, quanto sul fatto di consentire ai Consiglieri di votare. Questo mi è sfuggito: non ho visto che non avevate votato. Avete aspettato, per vedere se c'era il numero legale, e, a quel punto, io ho chiuso la votazione.
Vi chiedo scusa per questo, però possiamo annullare la votazione e votare nuovamente.
Annulliamo la votazione e rivotiamo.
Indìco la votazione palese sull'articolo 1.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 2 Indìco la votazione palese sull'articolo 2.
Il Consiglio approva.



(Commenti del Consigliere Sinatora)



PRESIDENTE

Non è riuscito a votare?



(Commenti del Consigliere Sinatora)



PRESIDENTE

Consigliere Sinatora, come avrebbe votato, a favore o contro? Così lo diciamo agli Uffici.



(Commenti del Consigliere Sinatora)



PRESIDENTE

Lo diciamo agli Uffici se non ha potuto votare per una ragione qualunque.
Avrebbe votato a favore o contro l'articolo 2?



(Commenti del Consigliere Sinatora)



PRESIDENTE

Diamo atto che il Consigliere Sinatora vota in maniera contraria all'articolo 2.
ARTICOLO 3 Indìco la votazione palese sull'articolo 3.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 4 Indìco la votazione palese sull'articolo 4.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 5 Indìco la votazione palese sull'articolo 5.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 6 Indìco la votazione palese sull'articolo 6.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 7 Indìco la votazione palese sull'articolo 7.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 8 Indìco la votazione palese sull'articolo 8.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 9 Indìco la votazione palese sull'articolo 9.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 10 Indìco la votazione palese sull'articolo 10.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 11 Indìco la votazione palese sull'articolo 11.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 12 Indìco la votazione palese sull'articolo 12.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 13 Indìco la votazione palese sull'articolo 13.
Il Consiglio approva.
Ci sono richieste di intervento per dichiarazione di voto? Indìco la votazione nominale sull'intero testo di legge.
Il Consiglio approva (esito votazione nel processo verbale dell'adunanza in corso).


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Colleghi, possiamo passare all'esame del punto 3) all'o.d.g., inerente a "Nomine".
Proposta di deliberazione n. 296 "Azienda Speciale della CCIAA di Torino Laboratorio Chimico" (articolo 9, Statuto dell'Ente) - Collegio dei Revisori dei Conti - nomina di un membro effettivo e di un membro supplente Ricordo che in data 3 luglio 2018 è stato eletto solo il membro effettivo del Collegio del Revisore dei Conti dell'Azienda Speciale della CCIAA di Torino - laboratorio chimico. Mentre nella votazione del membro supplente non è stato raggiunto il numero legale, occorre pertanto procedere ad una seconda votazione per l'elezione del membro supplente e risulterà eletto il candidato che raggiungerà il maggior numero di voti.
Ricordo infine ai signori Consiglieri di prestare attenzione ai casi di omonimia e riportare sulla scheda anche il nome di battesimo del candidato.
Nomino scrutatori i Consiglieri Ottria e Bertola.
Prego la Vicepresidente Motta di procedere all'appello nominale.



(La Vicepresidente Motta effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione è terminata.
Sono stati effettuati due appelli nominali.
Si proceda allo spoglio delle schede.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Proseguimento esame proposta di deliberazione n. 286, inerente a "Piano nazionale cronicità. Recepimento Accordo Stato-Regioni 15/09/2016 e approvazione delle Linee di indirizzo regionali per le annualità 2018-2019"


PRESIDENTE

Passiamo al proseguimento dell'esame della proposta di deliberazione n.
286, di cui al punto 6) all'o.d.g. L'Assessore Saitta ha già fatto la sua relazione e siamo in discussione generale. Ci sono Consiglieri che desiderano intervenire in sede di discussione generale? Consiglieri, dato che io escludo abbastanza che nessuna voglia intervenire nella discussione generale su questo tema, vi prego di ascoltare altrimenti proseguo con il provvedimento.
Non vi sono richieste d'intervento in sede di discussione generale? Va bene. L'Assessore - lo ripeto - ha già illustrato la deliberazione e, come concordato, l'esame del provvedimento è stato sospeso in attesa del parere del CAL; parere espresso in data 4 luglio u.s. con deliberazione n. 30.
Tale parere è disponibile sul sito del Consiglio regionale, alla voce "Supporto alle sedute d'Aula".
L'Assessore mi ha comunicato che sono stati preparati degli emendamenti in base alle riflessioni che sono state fatte nell'intervento con il CAL emendamenti che naturalmente saranno presentati man mano che la discussione procederà.
Ci sono interventi in discussione generale? Prego, collega Allemano, prenda pure la parola.



ALLEMANO Paolo

Grazie, Presidente.
Lei ha fretta stamattina, ma questo è un tema che.



PRESIDENTE

Non ho fretta, anzi vi ho invitato a intervenire.



ALLEMANO Paolo

Alla sua sensibilità di medico non dovrebbe sfuggire l'importanza di un approccio di questa natura alle politiche della salute.
Intanto non parliamo di ospedale, e questa è una buona notizia, perch normalmente tutta l'attenzione e anche la pressione degli investitori è sulla rete ospedaliera; ovviamente non voglio ridurne l'importanza - ci mancherebbe - ma è altrettanto evidente che o riusciamo a creare un sistema sanitario bilanciato tra territorio e ospedale, tra cronicità e acuzie oppure abbiamo fatto sì e no un terzo del lavoro, e ci siamo già detti fino alla noia che la qualità di vita delle persone dipende molto più da indicatori diffusi che non da dove si concentrano le cure.
Ovviamente c'è il momento in cui abbiamo bisogno della spedalità e dell'eccellenza, ma è un momento molto focalizzato, mentre in tutto l'arco della vita, soprattutto per una popolazione che invecchia, si va incontro alla necessità di avere un sistema di prevenzione, di protezione e di cure personalizzate. Quindi parliamo di politiche della salute, e lo facciamo con una delibera che abbiamo ovviamente apprezzato, condiviso e che non sto a commentare nuovamente, ma perché? Perché sarebbe un'ecco delle cose già dette molto bene dall'Assessore; io mi limito a richiamarne direi i sei punti essenziali.
Noi poniamo al centro la persona e il sistema pubblico. L'Assessore Saitta ha detto più volte che ci discostiamo da sistemi che aprono a prestazioni di varia natura. Noi riteniamo che la rete pubblica centrata sui medici di famiglia e sui distretti della coesione sociale sia il luogo deputato a mettere al centro la persona, e lo facciamo potendo permetterci di farlo perché il lavoro degli anni passati, fatto il potenziamento delle reti (penso alla rete diabetologica, endocrinologica e alla rete dell'Alzheimer e delle malattie rare), oggi ci consente di dire che questo è il crocevia attraverso il quale passa l'applicazione del piano sulla cronicità.
Tornando a questo bipolarismo tra ospedale e territorio, noi passiamo dai piani diagnostico-terapeutici ai piani di cura personalizzati, da PDT ai PCP. È importante, superando il fastidio degli acronimi, perché questo "personalizzato" ci fa uscire un po' dal loop delle linee guida, delle cose standardizzate che devono evidentemente procedere un po' secondo un modello a catena di montaggio. Questo ovviamente quando si ha a che fare con l'emergenza e con piani di cura complessi è imprescindibile, ma quando al centro c'è la persona, non te ne fai molto delle linee guida, perché serve molto di più un piano di cura personalizzato. Questo è il secondo punto.
Il terzo punto è l'integrazione tra professionalità che sono imprescindibili; il medico di famiglia è la figura cardine, ma intorno ruota uno spettro di professioni sanitarie che è sempre più ampio e che noi con questo atto intendiamo riconoscere e mettere a frutto.
C'è poi il tema delle risorse, il famoso paragrafo 3.2, che è stato ampiamente rivisto, rimaneggiato e rivisitato, perché è cruciale nella misura in cui, lasciando alla sanità il suo spazio - perché i LEA evidentemente non possono essere oggetto di mediazioni - individua comunque un ambito dove la persona è condizionata da molte fragilità, come la solitudine e l'incapacità a far fronte a mansioni quotidiane. È questo l'ambito dove si applicano le attenzioni che derivano dall'integrazione tra sanità e welfare.
Abbiamo messo le mani avanti per arrivare con un successivo provvedimento di legge ad individuare il fondo socio-sanitario, che è il luogo dove vengono allocate le risorse che servono a rendere la persona più autonoma più protagonista e più in grado di vivere a domicilio la propria vita e di regalare vita agli anni.
Il quinto punto è quello del coinvolgimento degli enti gestori, con la complessa operazione dei distretti di coesione sociale, per renderli simmetrici e ovviamente in grado di misurarsi con la manovra così avanzata e così complessa, che non può evidentemente sfilacciarsi laddove ci sono rivalità o ci sono delle auto-centrature sulle necessità di quel distretto piuttosto che sulla necessità di fare delle politiche di Area Vasta e degli Enti locali.
Su questo abbiamo avuto anche dal CAL, da un lato, il conforto dell'ANCI e degli Enti locali, dall'altro il richiamo al fatto che il Sindaco è la figura centrale, perché evidentemente non stiamo parlando di trapianti di fegato né di malattie rare nella fase della diagnosi o del primo trattamento, ma stiamo parlando di persone, quindi il Sindaco è la figura più vicina alla persona.
Loro ci hanno richiamato su alcuni aspetti che saranno oggetto di emendamenti, ma noi siamo assolutamente convinti che, a livello territoriale, il Sindaco sia una figura cruciale, e quando parlo del Sindaco parlo del Presidente dell'Assemblea del distretto, coadiuvato dai Direttori tecnici del distretto sanitario e dell'ente gestore. Questa è la terna arbitrale, cioè l'elemento che dà un senso, che dà gambe a questi piani di cura personalizzati.
L'ultimo punto è l'incremento della domiciliarità e ne parliamo ad abundantiam, però dobbiamo farlo evidentemente attraverso degli atti pianificati come questo, che fanno i conti con le nuove tecnologie, ad esempio la telemedicina, il fascicolo elettronico e tutto ciò che consente di avvicinarsi alla persona, ma soprattutto con le risorse umane.
Mi riferisco all'infermiere di comunità e a quelle figure che vanno a casa e magari impegnano la persona a preparare il caffè, che è cosa buona e giusta nella misura in cui mette in relazione con un mondo dal quale siamo disconnessi quando siamo in fragilità e con il quale non ci connettono le tecnologie, perché sono le relazioni umane che consentono a chi è fragile di sentirsi parte di una comunità coesa. Questi sono i punti.
Ultima considerazione: c'è una parte dell'opposizione che ci contesta il progetto pilota. Intanto abbiamo mediato sulla tempistica, per fare in modo che tutto quanto si va a sperimentare venga il più possibile presto allargato e che non si perda quanto di buono si sta facendo, in termini già di valore diffuso. Questo è evidente, però pensiamo anche che, proprio perché il piano è molto articolato, molto meditato e suddiviso in azioni e in punti, non possiamo lasciarlo all'interpretazione e alla buona volontà degli operatori, ma ci vuole una fase pilota dove dei tecnici evidentemente sperimentano le azioni e intanto si organizza tutto l'impianto che consentirà ai territori di essere protagonisti.
Voglio ancora dire che questa fase pilota incrocerà dei PIT (Piani Integrati Territoriali) sia nelle valli alpine sia nell'area metropolitana e penso al PIT "Coeur solidaire" e "Social Hub", il primo in Val Susa e il secondo in Val di Lanzo, che hanno al centro l'anziano, la fragilità e la desertificazione antropica.
Noi sfrutteremo anche quest'elemento di ricerca transfrontaliero, che è già ben definito progettualmente con i PIT che ha curato l'Assessore Valmaggia e lo incroceremo con questa fase pilota che passa attraverso le quattro realtà che sono rappresentative del panorama piemontese. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Mi sono riascoltato l'intervento dell'Assessore Saittà della scorsa settimana, che era lungo 26 minuti e di cui ho ascoltato dei pezzi, perch mi ero segnato dei temi sollevati, ma a distanza di una settimana si tende a perdere traccia.
Devo dire che l'intervento dell'Assessore Saitta della scorsa settimana è stato un po' sottotono, se mi posso permettere, rispetto soprattutto al tema della delibera, nel senso che nell'arco di suoi 26 minuti ha iniziato facendo una disamina dei provvedimenti o degli interventi effettuati nel corso della Legislatura, quasi come fossimo al discorso di chiusura della Legislatura stessa, ma manca ancora un anno e poi, visto che non voglio portarvi troppo bene, potrebbe anche essere che il centrosinistra rivinca le elezioni e ci sia magari nuovamente l'Assessore Saitta, quindi voglio rassicurarlo e rassicuravi da questo punto di vista.



(Commenti del Consigliere Appiano)



BONO Davide

Sto migliorando, vero? Quindi ha enunciato i risultati di questa legislatura: le Case della salute e la rete oncologica, posto che la rete oncologica esisteva già prima, per fortuna, e funziona molto bene, idem come sopra la rete demenze.
Per quanto riguarda le reti sub-alimentari, è ancora da costituire e potenziare, come le farmacie dei servizi, anche se questo è un percorso che va avanti da anni.
Per quanto riguarda la sanità digitale, mi spiace (anche se è un problema nazionale e non solo regionale), ma siamo ben lungi dall'avere uno strumento che funzioni. Recentemente sono entrato nel "proprio fascicolo" sanitario elettronico e ho visto alcuni aggiornamenti, come la possibilità di prenotare alcuni esami, ma siamo ben lontani dalla vera sanità digitale che permetta di mettere in rete i cronici e i medici di famiglia con le realtà ospedaliere.
Ad esempio, so che alcuni medici del territorio (non dico chi perch rappresentano una sigla sindacale) hanno costituito un cloud, cioè hanno messo in rete le loro cartelle cliniche e tramite un cloud riescono a leggersi tra di loro e far leggere i dati magari ai medici sostituti e ai medici di continuità assistenziale.
Se mi posso permettere, vorrei fare una critica rispetto a quanto diceva l'Assessore all'inizio del suo discorso; un tema che non è stato per nulla incluso e spero che sarà incluso nell'accordo integrativo è quello della continuità assistenziale (ex medici di guardia medica), che sono un po' avulsi dalla rete territoriale e che, invece, andrebbero sfruttati di più.
Tra l'altro, nei documenti di studio dell'IRES, lo studio fatto dalle sigle sindacali CGIL, CISL e UIL, si vedeva come la Regione Piemonte fosse una Regione che avesse l'accesso al pronto soccorso elevato e un accesso alla guardia medica molto basso; quindi un tema su cui è necessario lavorare anche per la cronicità.
Poi aveva parlato di infermieri di comunità. È vero, sono stati attivati alcuni progetti di infermieri di comunità con fondi europei, quindi bene, e poi il tema della rete territoriale come prodromi al Piano cronicità.
Tuttavia, oltre a una disamina della situazione, soprattutto demografica e sociale della popolazione piemontese, devo dire che nel suo intervento l'Assessore Saitta, rispetto all'intervento del collega Allemano, si è molto limitato a quelli che erano i nodi critici della delibera; nodi critici che abbiamo affrontato anche con il collega Appiano in Commissione oltre che con il collega Allemano, che sono il tema dei LEA sostanzialmente, quindi di quel punto di caduta tra sanità e assistenza, e la parte d'integrazione socio-sanitaria, che riguarda ovviamente anche l'Assessore Ferrari: parliamo dell'articolo 21 e dell'articolo 22 dei nuovi LEA di cui al DPCM del 12 gennaio 2017.
Questi articoli sono stati richiamati correttamente nel documento. Il nodo principale - poi farò anch'io una piccola disamina sullo stato di salute dalla popolazione in generale con i dati di cui siamo in possesso - è il capitolo 3.2 o, meglio, quella che è stata chiamata "fase 3.2", che riguarda l'integrazione socio-sanitaria.
Siamo tutti d'accordo che la sfida della sanità futura, oltre alla tenuta dei conti, quindi la sostenibilità, è sulla presa in carico dei pazienti cronici, perché abbiamo detto più volte che, in media, un medico di medicina generale ha un massimo di 1.500 assistiti e, di questi, circa 500 possono essere popolazione cosiddetta "anziana".
Tra l'altro, invito anche a rivalutare questi termini, cioè molti degli over-sessantacinquenni ormai ancora lavorano, quindi forse proprio anziani non sono, ma sono spesso pazienti con comorbilità, cioè con più patologie insieme, quindi cronici. Questi sono quelli che "drenano", in senso buono perché ne hanno diritto, avendo pagato le tasse per una vita e sono cittadini italiani, una grossa fetta della spesa sanitaria nazionale, sia soprattutto occupano molto, direi il 90 per cento, del tempo delle visite di un medico di medicina generale, perché fortunatamente - dico fortunatamente - la popolazione giovane o adulta ricorre poco al medico di medicina generale e poco accede al pronto soccorso, se non per traumi magari da sport o per patologie invernali, come l'influenza che magari si prolunga un po' di più, o magari una polmonite, una gastroenterite e quant'altro. Quindi il tema è la sostenibilità dei cronici.
Sono un po' in conflitto d'interessi, lo dico, però sono d'accordo sul fatto che si debba dare centralità al medico di medicina generale: centralità ma responsabilità. Sottolineo questo perché è molto importante: bisogna responsabilizzare la medicina territoriale e per farlo - se ne dorranno forse un po' i colleghi medici di medicina generale - bisogna anche attuare un po' di controllo in più; non solo controllo sull'appropriatezza prescrittiva dei farmaci o delle visite, che poi sappiamo che molte volte sono indotte, cioè è lo specialista che induce a fare tutta una serie di visite e controlli che, magari, non sempre sono necessari.
Tra l'altro, adesso c'è anche il dibattito sul dare la possibilità di fare la ricetta elettronica anche al privato accreditato. Dal nostro punto di vista, se c'è controllo si può fare non dico tutto, ma si possono fare molte cose. Però bisogna fare un po' di controlli sui risultati, quindi bisogna capire che se ci sono dei pazienti anziani con comorbilità all'interno della rete, quindi ci deve essere la possibilità di avere il fascicolo sanitario elettronico e la possibilità di avere una cartella unica condivisa con l'ospedale e la possibilità di avere teleconsulti tra medici.
Un'altra cosa che sottolineo riguarda le Case della salute, tanto enfatizzate da questa Giunta. Penso che, fuori microfono, potremmo anche convergere su questo anche con l'Assessore Saitta: non sono state questo grande risultato. Aspettiamo sempre i dati di "evitamento" dei passaggi in pronto soccorso, ma se ci sono solo i medici di base e non ci sono gli specialisti, i risultati sono scarsi. Gli specialisti non ci sono, perch mancano i medici: mancano i medici in ospedale, non escono i medici dall'Università, non vengono "prodotti" medici specializzati dall''Università e dagli ospedali, quindi abbiamo carenza. Se non si riesce ad avere medici di territorio e medici specialisti sul territorio, noi non riusciamo a intervenire in maniera efficace. Sulle Case della salute va detto anche questo.
Visto che il tempo stringe, dicevo, centralità dei medici di base in rete che poi sia una rete funzionale, cioè medici in rete con i computer, quindi telemedicina e teleconsulto. Se un medico ha la possibilità, non con una telefonata tra amici o colleghi che magari hanno frequentato lo stesso corso di Medicina, ma con un percorso istituzionale, di inviare l'esame in rete e avere un teleconsulto immediato da una struttura ospedaliera, senza che il medico ospedaliero prenda la macchina e si sposti verso la Casa della salute o nel poliambulatorio, si potrebbero risolvere tanti problemi.
Noi questo possiamo farlo. Magari poi si fa un esame in più, magari poi il paziente va dal medico specialista, va dallo specialista intramoenia, va dal privato e tutti prescrivono esami diversi, perché voi sapete che la medicina è un po' scienza, ma a volte è anche un po' arte, non dico creativa, ma se si sentono tre colleghi, spesso danno tre diagnosi diverse e tre percorsi terapeutici diversi (altre volte si procede ancora in modo empirico per tentativi).
Penso, sostanzialmente, che attivare una rete di teleconsulto sia fondamentale.
Ho presentato un ordine del giorno che è da circa due anni che attende di essere discusso; non so se si può collegare a questo atto, ma mi piacerebbe discuterlo prima della fine di questa legislatura.
Ho sforato il tempo, ma vorrei dire ancora una cosa fondamentale sul 3.2 che è il pomo della discordia.
Ripeto: l'abbiamo migliorato insieme ai colleghi della maggioranza mettendo anche dei precisi richiami ai LEA e quindi non possiamo fare di più, però attenzione a non scaricare - e questo lo dicono, nel parere del CAL, anche i Comuni, i Sindaci - i problemi di salute, ancorché cronici sull'assistenza.
Come diciamo sempre, la sanità ha otto miliardi di budget (otto miliardi e tre) e quindi è più facile trovare lì 50 milioni; mentre l'assistenza ne ha cento, per cui lì non riusciamo a trovare 50 milioni.
Il tema del disegno di legge con cui si vuole andare a creare questo fondo integrato socio-sanitario è un problema. Fino a quando non daremo attuazione alla legge regionale n. 10 del 2010, con assegni di cura per le cure domiciliari e, possibilmente, superando il tema della professionalità (perché tutti abbiamo avuto genitori, zii o nonni anziani assistiti da badanti che non sono professionali, ma sono caregiver, quindi dobbiamo dare la possibilità di avere assegni di cura che permettano di pagare una parte delle badanze del caregiver), noi richiediamo un welfare familiare continuando ad andare a pesare sulle famiglie, principalmente sulle donne (poi giustamente l'Assessora Cerutti o la collega Caputo ci richiamano al fatto che le donne non hanno possibilità di avere le stesse opportunità degli uomini per lavorare, per fare professione e quant'altro).
Chiediamo, quindi, un aiuto anche in questo senso all'Assessore Saitta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Segretario Ottria; che interviene in qualità di Consigliere.



OTTRIA Domenico

Grazie, Presidente.
Questo Piano cronicità regionale recepisce il Piano nazionale approvato in Conferenza Stato-Regioni nel 2016.
Sicuramente è un documento molto importante e condivisibile nei suoi principi generali che sono, tra l'altro, principi patrimonio di molti altri piani anche di altri Paesi e di altre Regioni, ma, secondo noi, per essere efficace necessita di essere trasformato da un documento di principi a un documento sicuramente efficace dal punto di vista pratico.
Crediamo che vi sia la necessità di dare più efficacia possibile a questo Piano, rendendolo il prima possibile tradotto in realtà, con l'estensione a tutto il territorio della nostra Regione di buone pratiche che possono essere prese a riferimento.
In Commissione abbiamo affrontato questi e altri temi, e durante l'esame del Piano sono già stati apportati importanti contributi migliorativi, in modo particolare per quanto riguarda la migliore integrazione socio sanitaria e la tempistica di applicazione del Piano.
Come Gruppo, avevamo presentato cinque o sei emendamenti che andavano a toccare alcuni degli elementi che ho brevemente citato, ma che non sono stati accolti perché presentati fuori tempo utile, quindi intendiamo riproporli oggi in Aula.
Noi crediamo che, nonostante i miglioramenti fatti al Piano, queste nostre modifiche possano rendere il Piano ancora più efficace. In particolare, mi riferisco all'inserimento di uno specifico paragrafo sulle azioni di cronicità nell'età evolutiva, anche per recepire al meglio lo stesso Piano sulla cronicità a livello nazionale.
Questi aspetti riguardano la continuità assistenziale del bambino con cronicità, il ruolo delle famiglie, gli ambiti relazionali specifici per l'età (la scuola, lo sport e la socialità) e il passaggio dall'età pediatrica a quella adulta.
Come dicevo precedentemente, abbiamo presentato un emendamento relativo all'estensione di azioni tempestive specifiche anche al di fuori delle aziende territoriali, individuate come i laboratori, come le quattro aziende laboratorio. Anche su questo, crediamo che si possa esportare, in alcune zone dove l'accesso ai servizi per i malati cronici è più difficile buone pratiche esistenti in alcune zone della nostra Regione, per migliorare da subito le condizioni di questi pazienti.
Questo si può fare riconoscendo queste esperienze pilota.
Vi sono poi aspetti segnalati anche nel parere del CAL. Questo mi conforta ancora di più, perché noi avevamo presentato un emendamento in cui si chiedeva di modificare la composizione delle comunità di pratica.
In particolare, chiedevamo che attraverso la presenza di un rappresentante del Presidente del Comitato dei Sindaci del distretto venisse rappresentato non solo la comunità locale degli amministratori locali, ma anche quella dei cittadini stessi che i Sindaci rappresentano e anche un miglior rapporto con gli Enti, un rapporto più efficace e più stretto con gli Enti gestori, visto che queste osservazioni sono state fatte e sono anche contenute nel parere del CAL.
Noi crediamo fortemente in quest'aspetto.
L'ultimo aspetto è - anche questo - per migliorare le rappresentanze della società civile in questa Comunità di Pratica. È un emendamento che precisa meglio (al punto 17) l'appartenenza alla cittadinanza attiva e/o della società civile, l'associazionismo che può essere individuato.
Concludo dicendo che questo documento rappresenta sicuramente un passo fondamentale, che può essere ancora migliorato e reso più stringente.
Pensavamo addirittura di accorciare maggiormente i tempi di attuazione anche se la data contenuta è ragionevole. In ogni caso - ripeto - pensiamo che si possa accelerare ancora di più questo processo.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Appiano; ne ha facoltà.



APPIANO Andrea

Grazie, Presidente.
Non tornerò sulla disamina complessiva del recepimento del Piano nazionale cronicità, perché tanto si è detto sia nella relazione dell'Assessore Saitta - nella scorsa seduta - sia negli interventi che mi hanno preceduto.
È chiaro che è la sostenibilità stessa del sistema sanitario nazionale che passa dalla capacità di affrontare in modo efficace e in prospettiva il tema della cronicità.
Mi limito a citare un dato che è stato più volte richiamato: a livello mondiale, si stima che, oggi, il 70-80 per cento delle risorse complessivamente spese per la salute delle persone attenga, in realtà, alla gestione di patologie di natura cronica.
In una prospettiva di progressivo invecchiamento della popolazione (peraltro, quella italiana è sopra la media di questi indicatori), è chiarissima la centralità del tema ed è chiarissima l'importanza di mettere al centro l'esigenza della persona valutata in modo multidisciplinare. È centrale l'esigenza di un lavoro in rete ed è centrale la riorganizzazione della medicina di comunità di territorio del sistema di cure primarie (chiamiamolo come vogliamo), con un coinvolgimento diretto del medico di medicina di base, come veniva richiamato.
Da questo punto di vista, l'esperienza della Casa della salute, che è nata e sta muovendo i primi passi, è certamente uno degli strumenti innovativi che vuole far fare al sistema di cure primarie un salto di qualità coerente con quel disegno che ha visto ridiscutere e riorganizzare la rete ospedaliera, concentrandone la finalità sul tema dell'acuzie ed evitando quello che ancora, a oggi, è un problema, è un tema di inappropriatezza: il fatto che il 30 per cento circa dei pazienti cronici trova risposte nell'ospedale che non è la sede propria dove trovare risposte, mentre la medicina di territorio è la nuova scommessa.
Pertanto, senza voler tornare nel merito di questi concetti, voglio anch'io soffermarmi - nei pochi minuti che abbiamo a disposizione - sul tema che ci ha visti molto attivi anche in Commissione e che nel dibattito esterno a quest'Aula suscita particolare interesse, preoccupazione e speranza, a seconda dei punti di vista, e che a futura memoria ci vedrà interessati anche ad altri provvedimenti (penso al tema del fondo unico socio sanitario, richiamato nel paragrafo 3.2 del recepimento del Piano).
Credo che bene abbiamo fatto nel lavoro di Commissione a riscrivere insieme il paragrafo 3.2, soprattutto a richiamare in modo espresso i principi contenuti nel decreto sui LEA nazionali. In particolare, l'articolo 21 anch'esso già richiamato negli interventi precedenti - che chiarisce come il Servizio Sanitario Nazionale sia il soggetto che garantisce l'accesso unitario ai servizi sia sanitari sia sociali e assicura la presa in carico della persona, nonché la valutazione multidimensionale dei bisogni sotto il profilo sia clinico sia funzionale sia sociale.
Il fatto di richiamare quest'unitarietà e questa responsabilità di presa in carico in capo al servizio sanitario è un punto di centrale importanza perché chiarisce in modo inequivocabile che l'equità - che noi ci aspettiamo - di distribuzione dei servizi e delle prestazioni su tutto il territorio non contraddice il principio di universalità ed esigibilità del diritto, che è ciò che contraddistingue i LEA.
Se c'è un problema, a mio parere, in questo Paese è che a fianco dei LEA sanitari, che sono codificati ormai in due documenti (uno datato, quello del 2001, e uno, invece, recente, di cui bisognerà dare pieno recepimento anche nel nostro ordinamento regionale), non esiste un analogo provvedimento relativo al comparto sociale. Questo è un problema, perché se è vero - come richiama il nostro Piano regionale, come richiama il Piano nazionale della cronicità e come richiama ANCI nel proprio documento - che le problematiche di natura economico-sociale possono incidere pesantemente sulla trattazione e sulla presa in carico efficace dei pazienti cronici, se il tema della non autosufficienza e della disabilità aggrava la condizione di presa in carico e di cura, allora è chiaro che se io non riesco a garantire universalità di prestazioni anche sociali, rischio di non riuscire a curare efficacemente neppure dal punto di vista sanitario.
Da questo punto di vista, concentrarsi su chi eroga le prestazioni, cioè quale figura professionale eroga una prestazione e discernere lì se si tratta di sanità, e quindi diritto esigibile, o di politiche sociali, e quindi diritto economicamente condizionato, quindi interesse legittimo aspettativa, non ha molto senso. Ha senso mettere al centro il bisogno della persona e, dal bisogno di salute complessivo della persona individuando un budget individualizzato, scegliere caso per caso, sotto la direzione medica e la responsabilità medica qual è la prestazione migliore.
Nel caso degli anziani, la prestazione migliore può essere, magari, un potenziamento dell'assistenza domiciliare attraverso figure professionali sanitarie, ma può anche essere un assegno di cura in termini economici, che aiuti la famiglia ad affrontare il tema dell'anziano non autosufficiente che resta a casa. Questo, tra l'altro, dando piena attuazione a quell'altro principio che anche nei LEA nazionali e nel nostro Piano sulla cronicità enfatizziamo: dare prevalenza alla domiciliarità, rispetto all'istituzionalizzazione.
Da questo punto di vista e con un richiamo un po' a futura memoria, è certamente positivo immaginare l'istituzione di un fondo unico socio sanitario, se l'obiettivo di questo fondo unico è riuscire a dare una risposta più evoluta a quelle aree di confine, le cosiddette aree "grigie" quelle che una volta definivamo "extra LEA", su cui sono intervenute anche una serie di sentenze, e superare quelle rigidità che male fanno alla salute delle persone.
Ritengo che la preoccupazione che viene colta all'esterno quando si parla di questo tema - preoccupazione che noi, con i nostri atti, dovremmo invece confutare, com'è nostra intenzione fare - è che l'istituzione del fondo unico non mette in discussione ciò che per i LEA nazionali è già certamente sanitario, o in toto o in quota (quindi al 100 per cento o al 50 per cento). Perché se così fosse, in primo luogo non avremmo bisogno del fondo unico, e poi sarebbe addirittura pericoloso.
A mio avviso, il passo in avanti è proprio quello di individuare un nucleo minimo di prestazioni da erogare alla persona - senza l'ansia della riparto sociale o sanitario - funzionali alla cura del paziente cronico (se si tratta di cronicità), della persona non autosufficiente (se allarghiamo il campo a quell'ambito) o della persona in quanto tale (se parliamo universalmente).
Noi sappiamo che sulla domiciliarità - anche questo aspetto è stato più volte richiamato - la nostra Regione è già dotata di una legge (è una legge di otto anni fa, la n. 10 del 2010!).
Sulla base di quella legge, qualche sperimentazione qua e là per il territorio regionale (difficilissime nel periodo del piano di rientro, ma erano nate prima dello stesso) era stata fatta e qualche risultato positivo è anche monitorabile: gli assegni di cura non è che non esistano o non siano mai stati erogati! Certo, manca quella distribuzione omogenea su tutto il territorio regionale (peraltro è sempre mancata).
Qui, allora, sta la nostra sfida: creare un sistema sostenibile che non veda "Piemonti di serie A" e "Piemonti di serie B", ma veda una distribuzione equa delle prestazioni e dei servizi, tenuto conto, però, che il nucleo irrinunciabile di prestazioni va qualificato come universale dunque esigibile.
Il fondo unico ci deve servire proprio per superare quelle asperità che in passato hanno visto, per esempio sul tema specifico degli assegni di cura TAR e Consiglio di Stato affermare due cose parzialmente diverse (nella sostanza, però, si potrebbe argomentare anche sull'analisi di quelle sentenze).
Credo - e concludo - che la Commissione ben abbia fatto a riflettere anche sui tempi di attuazione di questo piano, data l'importanza e l'impellenza di un nuovo metodo di presa in carico e di cura delle cronicità, che passa certo attraverso l'individuazione di quattro aree in cui si parte prima (e si parte con un monitoraggio più attento), ma che nel giro di poco tempo mira, invece, alla distribuzione e all'applicazione del piano su tutto il territorio regionale e in tutti i distretti, dove, certo, il ruolo dei Sindaci (anche ANCI ci richiama in tal senso) deve essere puntualizzato. Su quest'aspetto, so che ci sono degli emendamenti che recepiscono il parere del CAL, che voteremo, ovviamente, con convinzione.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Devo rilevare che, politicamente, appoggiamo la scelta di questo Piano cronicità - lo ha ribadito lo stesso collega Bono - che prevede di mettere al centro della cura dei pazienti cronici, che è una sfida importantissima per questo sistema sanitario regionale e non solo, il medico di medicina generale.
La sposiamo, perché la crediamo migliore rispetto alla scelta adottata dalla Regione a noi limitrofa, la Lombardia; scelta che, tra l'altro, dal punto di vista delle adesioni da parte dei cittadini e dei pazienti, ha riportato un fallimento pressoché totale, stando almeno ai numeri che mi sono stati mostrati (2,4 per cento di adesioni). In Lombardia si prevede una sorta di "privatizzazione" della cronicità.
Dunque, valutiamo positivamente la nostra scelta politica, il fatto di volerla mantenere all'interno del sistema pubblico e di individuare il medico di medicina generale come "figura centrale" in una multidisciplinarità che va costruita e sulla quale si stanno facendo delle sperimentazioni.
Una critica la rivolgo, invece, alle parti introduttive delle linee guida sulla cronicità, laddove non si riconosce quello che anche la scienza ha ormai accettato, ossia che l'aumento della cronicità è dovuto a un aumento significativo dell'inquinamento, di un carico chimico che si trasferisce dalla mamma al figlio, e che vediamo anche nelle patologie di questa pandemia silenziosa che, come ha detto un epidemiologo di fama internazionale, si vede nei nostri bambini colpiti sempre più dai disturbi dello spettro autistico (DH, i disturbi dall'attenzione, la dislessia) patologie che ai nostri tempi erano molto limitate, mentre ora sono in continua crescita, e rappresentano un vero campanello di allarme.
Gli stessi dati epidemiologici in Piemonte indicano, di anno in anno, una crescita della presa in carico di queste patologie da parte dei neuropsichiatri infantili. Anche le liste d'attesa in questa fascia d'età rappresentano un dato di allarme: perché se un bambino ha dei problemi nella comunicazione verbale e non si interviene subito, i problemi potrebbero diventare psicologici.
Dal punto di vista della cronicità dell'anziano, si evidenzia che il paziente si ammala sempre più in età giovanile. Anche i tumori, ormai, si riscontrano sempre prima, e le forme tumorali sono diventate sempre più varie. Anche questo è un dato allarmante: lo vediamo nelle malattie neurodegenerative come il Parkinson o l'Alzheimer. Purtroppo sull'Alzheimer va segnalato il fallimento delle ultime terapie farmacologiche (mi riferisco agli anticorpi monoclonali), che rappresentavano una speranza, ma che hanno fallito. Rimangono, quindi, solo i farmaci in uso da tempo (tant'è vero che sono genericati da qualche anno).
L'aspetto relativo all'impatto ambientale non viene dunque segnalato, ma porta a un aumento delle patologie in età sempre più giovanile.
Lo sforzo di questo piano sulla cronicità nell'affrontare il declino dei questi pazienti, la perdita di capacità di autonomia, l'isolamento, il drop out di questi pazienti, è senz'altro uno sforzo importante, perlomeno in linea teorica.
Riconosciamo anche che sia importante che il medico di medicina generale che fino a oggi era la frontiera, non sia più da solo, ma ci sia un'interazione con il territorio e con le sue svariate potenzialità. Che i territori interagiscano con l'ospedale con un piano diagnostico e terapeutico multidisciplinare, tant'è vero che nelle quattro sperimentazioni indicate nella relazione i soggetti che intervengono nella creazione del piano diagnostico terapeutico sono svariati. C'è il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta, lo specialista, lo specialista della fragilità, il direttore distretto. È molto impegnativo questo modo di operare.
Tuttavia crediamo che nel momento in cui si indicano, effettivamente, linee di indirizzo organizzative e si indicano percorsi di cura con valutazioni che consentono di seguire passo dopo passo il paziente, questa sarebbe una rivoluzione importante.
Vorrei ricordare che in Piemonte - ce l'ha segnalato il CSA - ci sono stati tre suicidi/omicidi di coppie in cui uno dei due coniugi era un caso di demenza senile. Di fatto, questo è un campanello d'allarme che ci indica che, fino a oggi, questi pazienti, sono dei drop out e, come diceva prima il Consigliere Bono, a totale carico delle famiglie. Questi percorsi di cura, a oggi, non esistono. Il paziente cronico, di fatto, è completamente sulle spalle della famiglia e se la famiglia è già in isolamento e in una situazione di fragilità, queste situazioni diventano non più sostenibili sia dal punto di vista economico che sociale.
A ciò si aggiunge il problema della non autosufficienza mentale, non autosufficienza fisica, che aggrava la situazione. Noi crediamo che creare un fondo sociale sanitario potrebbe essere un "tappo" alla possibilità di avere risorse disponibili per intervenire nel prendersi cura di questi pazienti. Interventi di tipo sociale che, come diceva il Consigliere Appiano, sono importantissimi.
Nel momento in cui un paziente non ha più la capacità di prepararsi i pasti, è chiaro che l'intervento sociale diventa un intervento sanitario.
Nel momento in cui non si garantisce un'alimentazione a un paziente, questo in poco tempo peggiorerà la sua capacità intellettiva e fisica.
Fare queste distinzioni è un sofisma che, effettivamente, per chi vive al di fuori di queste Aule, è difficilmente comprensibile.
Noi crediamo che la legge n.10 debba trovare piena attuazione e omogeneità su tutto il territorio, che bisogna trovare politicamente la forza di reperire le risorse per dare garanzia affinché in tutte le ASL e in tutti i territori si dia la disponibilità dell'assegno di cura in situazioni di grandissima fragilità. Abbiamo la curiosità di sapere, effettivamente, che risultati danno le quattro aree di sperimentazione e a che punto sono tutte le operazioni che prevede il piano di cronicità. Dalla valutazione della probabilità del paziente di andare incontro a una malattia cronica, alla prevenzione nutraceutica.
Vorremmo capire, in queste quattro aree di sperimentazione, come il paziente cronico abbia visto migliorare la sua situazione per fare ulteriori valutazioni.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossi Domenico; ne ha facoltà.



ROSSI Domenico

Grazie, Presidente.
Anch'io non entrerò nel merito dei vari passaggi previsti dal Piano perch lo hanno già fatto diversi colleghi prima di me. Tuttavia, ci tenevo a fare un intervento di carattere generale, visto che ci troviamo di fronte quando parliamo di cronicità, a una delle sfide più importanti, non soltanto in ambito sanitario, come cercherò di dire più avanti.
L'atto che oggi il Consiglio, mi auguro, approverà, è un atto importante e strategico, che cambierà il volto del sistema sanitario, ma anche, per alcuni aspetti, socio-sanitario di questa Regione, rendendo questa Regione più in grado di rispondere ai nuovi bisogni di salute, non quelli che emergeranno, ma quelli che sono già emersi e che sono presenti nella quotidianità. Non è una sfida per il futuro, è una sfida forte anche per il presente.
Dobbiamo essere in grado di affrontarla seriamente, perché, come hanno già detto molti prima di me, uno dei rischi principali, oltre a quello di non fornire risposte ai cittadini, è di far saltare il sistema non soltanto nella sua sostenibilità economica, ma anche nella sua essenza, cioè di un sistema capace di dare risposta ai bisogni di salute delle persone.
Basta scorrere l'indice del Piano per capire quali sono le parole chiave che devono guidare questa trasformazione. Una nuova cultura del sistema da parte degli attori coinvolti, un modello integrato della cura, insieme a una valutazione multidimensionale. Sapete meglio di me che è facile usare e scrivere queste parole, molto più complesso è modificare la prassi orientandola in questa direzione.
Sappiamo benissimo come la questione dell'integrazione dei saperi, che non è un problema solamente della medicina, ma un problema culturale nostro abbia sempre di più specializzato le diverse discipline. All'interno della medicina abbiamo sempre di più una forte specializzazione che, sicuramente porta a dei grandi vantaggi quando parliamo di acuzie, per cui abbiamo sempre di più specialisti in grado di fare interventi che erano inimmaginabili solo qualche anno fa.
Tuttavia, questo ha portato uno squilibrio sul lato proprio della cronicità, soprattutto quando la cronicità è multifattoriale, per cui abbiamo assistito, tutti, anche soltanto con la nostra esperienza di cittadini e di familiari, a situazioni in cui una persona anziana, ma non per forza anziana, che ha un problema nefrologico insieme a un problema cardiologico, magari spesso è sballottato da uno specialista all'altro triangolandosi con il medico di medicina generale, per trovare una sintesi delle diverse patologie, cosa che i singoli specialisti spesso fanno fatica a fare, ma non per - come dire - mancanza di volontà del singolo specialista, ma perché, in questo momento, il nostro sistema si è organizzato a silos.
Il Piano che noi oggi stiamo approvando ci sta dicendo con forza che abbiamo bisogno di superare il silos e di far sì che, sempre di più, ci siano elementi di comunicazione e d'integrazione, o dal punto di vista informatico e digitale, come hanno sottolineato alcuni colleghi, oppure sviluppando sempre di più quel modello delle Case della salute che è all'inizio, quindi può anche essere che si porti dietro qualche criticità o qualche lentezza, ma che noi non dobbiamo abbandonare; al contrario dobbiamo ancora di più spingere affinché diventi il centro delle nuove modalità di presa in carico del paziente.
È vero, come dicevano alcuni colleghi, che c'è un appesantimento, una criticità sul lato del medico di medicina generale, ma guardate che anche negli ambulatori delle nostre medicine interne o delle nostre nefrologie ma anche nei nostri ospedali, abbiamo sempre di più pazienti, magari avanti con l'età, a una prima visita, che arrivano in ambulatorio e lo specialista di turno deve magari farsi carico di un percorso multidisciplinare, che però in questo momento il sistema fa fatica a mettere in campo, perch ripeto - siamo organizzati in maniera parallela.
Da questo punto di vista, il Piano che oggi si va ad approvare comincia a risolvere i problemi che abbiamo di fronte, ma soprattutto ci permette di stare al passo e non di rincorrere le situazioni. Le altre parole chiave che abbiamo visto e che oggi, appunto, andiamo a discutere, sono sicuramente il tema dalla domiciliarità, che è stato più volte già citato e il tema della personalizzazione e dell'umanizzazione delle cure.
Si parlava, anche prima, del fatto che molto spesso oggi il peso ricade sulle famiglie; devo aggiungere, là dove le famiglie ci sono, perch sappiamo benissimo che una delle povertà più diffuse oggi nella nostra società è il tema della solitudine, è il tema della mancanza dell'impoverimento delle relazioni sociali.
Sappiamo che, dove, al di là della povertà di natura economica, esiste una povertà di natura culturale, una povertà di natura relazionale o sociale anche il problema di salute aumenta e trova meno risorse per essere affrontato e la diseguaglianza, tema che in sanità purtroppo molto spesso viene sottolineato e cui molto spesso assistiamo, nei casi di povertà, non soltanto economica - lo ripeto - ma culturale e sociale, aumenta ancora di più.
Ecco perché, anche in questo Piano, è importante il tema delle reti sociali, a partire dalla famiglia e di tutti gli attori, non per forza medici, che collaborano ai percorsi terapeutici delle persone.
Quello che stiamo affrontando è un tema che non riguarda solamente la sanità. Come avete letto sicuramente nell'introduzione, oggi in Europa ci sono 88 milioni di ultrasessantacinquenni; si stima che nel 2060 ci saranno più di 150 milioni di ultrasessantacinquenni. Voi capite che questo non è solo un tema che riguarda la sanità; questo è un tema che riguarda i movimenti socio-economici planetari - di cui non parliamo in questo momento ma sicuramente, anche solo pensando alla previdenza, anche solo pensando alla capacità di un continente di farsi carico del doppio delle persone anziane che oggi ci sono, questo ci pone delle sfide su tutti gli ambiti dal lavoro, dalla previdenza al socio-sanitario.
Allora un tema su cui forse sono intervenuti in pochi prima di me, ma che ritengo fondamentale, è il tema della prevenzione. È chiaro: oggi ci troviamo di fronte a un dato, che stiamo invecchiando, l'Italia è un Paese che invecchia, il Piemonte in particolare è una Regione che invecchia, ma non stiamo invecchiando in buona salute. E questo ha sicuramente diversi aspetti, alcuni presenti e già indicati con chiarezza, altri probabilmente come diceva anche il collega anche Andrissi - riguardano i cambiamenti climatici, sicuramente.
Allora noi, sempre di più, dobbiamo far crescere la consapevolezza nelle persone che la prevenzione diventa fondamentale, perché è bello ed è giusto aver raggiunto dei livelli di stile di vita per cui si invecchia e si riesce a vivere più a lungo anche con delle malattie croniche, ma dobbiamo fare in modo che si arrivi all'età avanzata con meno patologie possibili.
Questo è possibile soprattutto lavorando sugli stili di vita e sulla prevenzione, che deve partire sempre di più dalla giovane età, soprattutto per quanto guarda i comportamenti e gli abusi: penso all'ambito dell'alcol penso anche alle patologie che scaturiscono dalle nuove forme di comunicazione, dalla rete, sapendo che anche queste sono sfide che, come abbiamo visto, portano dietro dei problemi, anche in età adulta.
Chiudo sottolineando anch'io un aspetto più politico, che è quello della scelta della centralità pubblica della presa in carico del paziente cronico. Lo hanno già detto altri colleghi prima di me, ma lo voglio sottolineare: altre Regioni hanno fatto altre scelte e hanno, di fatto privatizzato o hanno dato più spazio a una presa in carico verso il privato. Invece è importante sottolineare come questa Giunta, con questa maggioranza, ma vedo anche con la condivisione di altri colleghi che sono intervenuti, ha fatto la scelta di mantenere la centralità della presa in carico. E questa è una scelta che condivido pienamente e che mi sento di sottolineare.
Chiudo davvero dicendo che tutti gli attori devono entrare in un'ottica di grande cambiamento. Non possiamo immaginare che questa sfida la vinciamo mantenendo gli assetti attuali e facendo delle micro modifiche. È importante che tutti gli attori, a partire dai medici per arrivare fino ai familiari, capiscano che c'è bisogno di cambiare; cambiare le premesse con cui guardiamo alla malattia; cambiare la formazione con cui formiamo i nostri operatori e cambiare - anche rivoluzionare, mi sento di dire - le prassi operative che ci danno sicurezza, perché ci accompagnano da decenni ma che di fronte alle sfide che abbiamo di fronte dobbiamo essere in grado di mettere in discussione, aprendoci al nuovo, per il bene dei nostri cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tronzano.



TRONZANO Andrea

Grazie, Presidente.
Assessore, buongiorno, innanzitutto. Devo dare atto al collega Bono di aver inteso bene, come io ho inteso la sua relazione, ovvero una relazione minimale. Una relazione da Assessore che non comprende il mondo della realtà, nonostante sulla sanità abbia fatto la sua fortuna quando la Giunta Ghigo gli diede l'incarico di fare il Presidente della Commissione d'inchiesta.
Mi stupisce questo fatto, Assessore, perché il suo intervento non è stato all'altezza delle sue capacità; non è stato all'altezza del suo impegno perlomeno. All'interno di questo documento naturalmente l'analisi del fenomeno è condivisibile, così come il paziente al centro, ma sono gli unici due elementi che noi condividiamo, perché tutto il resto del documento è oggettivamente inemendabile, tant'è che non abbiamo presentato neanche un emendamento.
E' inemendabile perché, Assessore, secondo noi, lei si è arreso alla gestione del potere, ha trascurato in questo documento il ruolo della politica, che sarebbe stato fondamentale, perché le famiglie da questo documento si aspettavano, a mio giudizio, qualcosa di più, cioè che le sgravasse da alcuni compiti che oggi le stanno nuocendo. Ci sono famiglie all'interno delle quali ci sono separazioni tra marito e moglie, ci sono difficoltà economiche insormontabili, perché non stiamo dando risposte al problema della cronicità.
Da questo documento, Assessore, mi aspettavo questo tipo di risposta e non lo dico solo io. Assessore, lei scuote la testa, naturalmente replicherà e dirà quello che in cui crede, ma io penso che questo tipo di documento non abbia solo ottenuto la nostra contrarietà, ma tutte le persone che si occupano all'interno di questo mondo non capiscono il tipo di filosofia che sta alla base.
Devo dire che questo documento ha anche una logica. La prenda sempre come costruttiva la mia polemica, Assessore, perché non c'è mai una questione personale, ma è sempre e solo una questione politica, che cerca, tra virgolette, di dare un contributo, magari veemente, però cerca sempre di dare un contributo alla discussione, senza mai essere di parte, ma guardando la realtà dei fatti; cosa che, secondo me, lei, Assessore, il suo partito e la sua maggioranza avete un po' perso.
Comunque ritorno al tema, dicendo che ha una sua logicità quello che sta succedendo in questo documento, considerata la mancanza di un piano sanitario e la presenza di scelte illogiche: dallo spostamento dell'Oftalmico alla riforma delle IPAB, che sono state sostanzialmente, ma malamente privatizzate, e hanno penalizzato coloro che hanno più difficoltà, alla penalizzazione dei privati convenzionati con la delibera 1 600, che è stata parzialmente rettificata con l'ultima delibera sugli erogatori privati, che va a suo merito, ma che oggettivamente ha provocato disagi e ha riempito i pronto soccorso.
Assessore, questo è da valutare, perché è sicuramente una delle conseguenze della delibera 1-600.
Poi abbiamo anche l'illogicità di un settore secondario, di un secondo livello, cioè la rete ospedaliera che spende il 45 per cento invece del 40 per cento come dovrebbe essere, e di un primo livello, dove all'interno c'è anche la cronicità, che spende il 35 per cento invece del 40 per cento.
Anche questa è, a nostro giudizio, una scelta illogica. Illogica è anche la delibera che ha fatto sulla Città della Salute, con la quale si rischia di annacquare - lo continuo a sottolineare, perché l'attenzione su questo non cadrà mai - la specificità, la forza e l'eccellenza del Polo materno infantile torinese.
All'interno di questo tipo di percorso, è chiaro che questo documento si innesta bene, perché è privo di una logica.
Facciamo degli esempi, così mi rendo anche più utile e cerco anche di rendere l'idea a chi mi ascolta anche all'esterno. Se lei guarda anche soltanto il Piano regionale sulla cronicità della Lombardia, uno dei primi dati che emerge è chi l'ha redatto. In questo piano, Assessore, non sappiamo chi ci ha messo mano.
È un piemontese quello che ha messo mano al Piano della cronicità? Lo chiedo, perché mi stupirebbe che fosse un piemontese! Però solitamente chi prende in mano il documento, per prima cosa sfoglia - come succede in altri piani della cronicità - e legge: "Redatto da. Tizio, Caio o Sempronio". Qui non c'è. Non abbiamo un dato, Assessore, e io l'ho già detto anche al Direttore generale quando è venuto in Commissione.
Su che cosa noi dobbiamo agire per emendare un documento universitario, una tesi di laurea, senza un dato? E questa non è colpa sua, Assessore, non le do una responsabilità su questo, perché devono essere gli Uffici a darle una mano. Non è pensabile che il Piano cronicità della Regione Lombardia contenga il numero dei medici di Medicina Generale, contenga quanto cuba la spesa per la cronicità della Regione, contenga quanti malati cronici sufficienti e non autosufficienti ci sono in Lombardia. Sono tutte cose che, all'interno di questo Piano, non esistono.
Così come esistono altre analisi, con grafici che spiegano bene la quantità di ambulatori, la quantità di farmaci, la quantità di ricoveri, la quantità di socio-sanitario. In questo Piano noi non abbiamo neanche uno di questi dati, Assessore, ed è questo che mi stupisce.
Inoltre, le faccio anche alcune domande, cui non abbiamo trovato risposta all'interno di questo Piano.
La prima domanda essenziale: è necessario o no operare una scelta preliminare tra malato cronico autosufficiente e malato cronico non autosufficiente? La seconda domanda: per i non autosufficienti va bene la previsione di tre posti letto in RSA per cento maggiori di 75 anni? La terza domanda: per i non autosufficienti va bene la previsione di un posto letto nei NAT per cento maggiori di 65 anni, dettata dalla vigente normativa piemontese? La quarta domanda: questi standard derivano da una disponibilità di risorse, oppure sono l'analisi del fabbisogno reale della popolazione piemontese? Lo fa questo piano sulla sua disponibilità di risorse o sulle reali necessità del mondo reale e del panorama piemontese? La quinta domanda: per i disabili e gli psichiatrici sono sufficienti gli standard previsti dalla normativa regionale nelle varie tipologie assistenziali? La sesta domanda: qual è il reale fabbisogno piemontese di assistenza domiciliare per i malati cronici e quali figure professionali devono essere coinvolte? La settima domanda: quale ruolo ha l'ospedale per garantire la continuità assistenziale ospedale-territorio in Piemonte? L'ottava domanda: i malati cronici piemontesi hanno diritto a una corsia preferenziale per accedere ai servizi sanitari socio-sanitari e socio assistenziali? La nona e ultima domanda: quante e quali tecnologie rende disponibile la Regione Piemonte per i malati cronici affetti da disabilità? Mi chiedo se l'intervento del Presidente Rossi, che stimo per il suo lavoro in IV Commissione, ha tenuto conto di questi dati che ho sottoposto all'Assemblea. Chiedo all'Assessore se potrà replicare su quanto abbiamo detto, perché sinceramente mi sfugge il motivo di tanto affetto bipartisan verso il Piano, rilevando che anche il Movimento 5 Stelle, seppure con le proprie modifiche, ha sostanzialmente aderito a questo tipo d'impostazione.
Continuo a dire che la sanità deve rimanere pubblica, perché è un diritto del cittadino, ma attenzione che sui servizi alla persona e sulla gestione delle piccole cose, anche il privato può fare la sua parte e anche il privato può trovare lì dentro la possibilità di creare occupazione a favore di chi oggi non è occupato, pur avendo una specializzazione. Quindi pregherei, sul tema della sanità di mantenere le questioni ideologiche sicuramente limitate al fatto che la sanità è un diritto, ma valutiamo altrettanto con grande attenzione il privato che aiuta il pubblico a determinare e a erogare meglio i propri servizi.
Detto tutto questo, Assessore, la nostra decisione è molto semplice, perch questo Piano è per noi inemendabile, sicché non ha nessun senso produrre degli emendamenti, tant'è che non li abbiamo proposti e la nostra scelta sarà molto netta: noi non vogliamo neanche dare il nostro voto negativo a questo Piano, perché ci sembra oggettivamente non decoroso per le famiglie che hanno bisogno e per i malati cronici sufficienti o non autosufficienti.
Assessore, al momento della votazione, noi usciremo dall'aula.



PRESIDENTE

Grazie, collega Tronzano.
La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Noi affrontiamo il Piano sulle cronicità perché dobbiamo dare adempimento a un Piano nazionale, ed è per questo motivo che la delibera che affrontiamo ha come primo allegato il Piano nazionale.
La domanda da porsi relativamente a una Regione che, come molti altri colleghi hanno ricordato, ha una legge sulla domiciliarità, è la seguente: se non ci fosse stato il Piano nazionale, quest'Amministrazione avrebbe fatto qualcosa relativamente alla cronicità? Io direi di no o, meglio anche a Piano approvato, all'interno dell'intera legislatura vi sarà qualche intervento utile relativamente alle cronicità? Io penso di no, non perché non si affrontino le cronicità - badate, ovviamente si affrontano ma si affrontano non nelle modalità che oggi sono scritte all'interno del Piano.
Noi abbiamo una norma e una modalità di svolgere una serie di attività all'interno della nostra Regione, senza che sia necessaria una delibera o una legge. Se, infatti, i colleghi leggono una serie di passaggi che la delibera contempla, è evidente che alcuni di questi sono avvenuti senza una delibera. Le Case della salute, l'infermiere di comunità e altri aspetti su cui però ritornerò, non sono nati con una delibera del Consiglio regionale o con una legge del Consiglio regionale, ma sono semplici modalità di organizzazione sanitaria, in cui si ritiene che le cronicità non si possano gestire soltanto con gli interventi ospedalieri, perché in molti casi sono interventi sanitari, ma non individuabili come acuzie, che pertanto vanno gestite con modalità differenti, che anche in alcune parti del Piano ricorda, a livello territoriale.
Però vi è una domanda, anzi la domanda, relativamente a questa delibera perché ovviamente questa delibera, come tutte, non impegna risorse e, in teoria, dovrebbe avere una centralità che è la parte richiamata anche in delibera, relativamente alle cure domiciliari.
La domanda è: quando darete attuazione alla legge 10? Ricordo che la legge 10 è stata certamente fatta nella scorsa Legislatura, il Piano Socio Sanitario la riprese, pur non dando completa attuazione alla legge. Sono partite molte importanti sperimentazioni e penso, per esempio, a quelle oncologiche rispetto alle cure domiciliari, ma rammento che non stiamo parlando di una mancata attuazione, come tante volte è avvenuto nei confronti di questa Giunta, per dimenticanza, sciatteria e scarsa attenzione ai problemi, ma per una scelta politica.
L'articolo 5 della legge 10 è quello che, visto che molti colleghi di maggioranza l'hanno citato (tra l'altro, rilevo che il Piano non lo cita, e quando è stato fatto presente è stato fatto presente dai colleghi d'opposizione all'interno degli emendamenti presentati in Commissione) prevede il regolamento d'attuazione della legge 10, che ovviamente riguarda gli assegni di cura, ma anche la modalità libera - risottolineo "libera" da parte dei cittadini di avere un budget di salute per sé stessi o per le persone che assistono da spendere dove credono.
È una scelta politica non votare l'articolo 5, perché questo Consiglio regionale ha votato due ordini del giorno che impegnavano la Giunta ad applicare il regolamento di cui all'articolo 5 della legge 10; ha votato un ordine del giorno di richiamo alla Giunta regionale sull'ordine del giorno votato quando abbiamo discusso nel 2017 sull'assestamento di bilancio e l'Assessore Ferrari ha detto che avrebbe varato il regolamento entro dicembre di quest'anno e, nel frattempo, è passato un anno, ma credo che questo lo ricorderà l'Assessore Ferrari.
Allora, chi beneficia del fatto che non ci sia l'articolo 5 approvato? Io vi dico chi ne beneficerà e chi non ne beneficerà. Non ne beneficeranno tutti i cittadini all'interno delle cui ASL non c'è un'assistenza domiciliare riconosciuta con risorse regionali; mentre ne beneficeranno alcuni, per esempio i cittadini della Città di Torino, perché hanno un budget che viene garantito loro, ma le persone che assistono i loro pazienti non sono scelte dalla famiglia. Una persona si reca presso i servizi sociali e i servizi sociali indicano il personale, ad esempio garantito da "Obiettivo lavoro" o da tutta un'altra serie di cooperative che intermediano personale e che da molti anni stanno continuando a fare questo all'interno della Città, con un costo del personale decisamente inferiore rispetto al trasferimento economico che la Giunta regionale fa agli enti gestori.
Questo è il motivo per cui non si fa il regolamento. È un motivo di interesse, legittimo, ma è un motivo di interesse. Lo dico ai colleghi che in più di un'occasione hanno parlato della bontà della legge n. 10.
La legge n. 10 non c'è in Piemonte; la legge n. 10 è una norma non applicata, perché fa l'interesse del privato e a chi diceva "noi non l'abbiamo data al privato", dico che non è vero, noi l'abbiamo data al privato senza gara. L'abbiamo data a singoli privati che erogano personale badanti presso famiglie, senza che sia la famiglia a scegliere chi è il personale e senza che sia la famiglia a scegliere il soggetto erogatore.
Noi l'abbiamo appaltata a privati, a singoli privati, e potrei anche dire a singoli privati che hanno anche una certa contiguità - fra mille virgolette politica con il mondo del centrosinistra.
Un motivo per cui un'ottima legge (dall'opposizione, al Movimento 5 Stelle dal centrodestra e dal centrosinistra dicono tutti che è una splendida legge) non viene applicata ci deve essere.
Io dico che almeno la Giunta lo sa perché non l'applica, perché basterebbe andare in Giunta e fare un regolamento, ma i colleghi di maggioranza una domanda se la dovrebbero fare: si dovrebbero chiedere come mai questo regolamento non viene fatto.
Nei loro interventi, che come al solito sono distanti anni luce dalla realtà, dalle esigenze e dalle parole che si spendono, dovrebbero chiedere come mai noi oggi l'abbiamo appaltato ai privati.
Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma ovviamente il tempo è breve. Ci tengo comunque a dirlo, perché ogni tanto bisogna ricondurre alla realtà ciò che è l'interesse del singolo - pur legittimo - rispetto all'interesse della collettività. Noi stiamo continuando a fare l'interesse di singoli e non della collettività, perché il giorno in cui l'articolo 5 verrà approvato, io sceglierò, con il budget di salute a disposizione, il soggetto, ovviamente rispetto al piano di cura, di cui ho bisogno, avendo la certezza di ottenere delle risorse.
Credo - l'ha scritto anche l'UNCEM all'interno della memoria - che vi sia una serie di aspetti che andavano approfonditi: il tema della sanità digitale prende una paginetta. Oggi comprendiamo tutti come avvicinare la sanità a chi è nei luoghi più lontani - rurali, montani e quant'altro - lo si può fare attraverso gli strumenti della prenotazione di esami e il ricevimento di esiti, facendo risparmiare chilometri e tempo all'interno della Città di Torino e a luoghi in cui ci sono i servizi. Così si evita di fare tutta una serie di code e si avvicina la sanità ai cittadini.
C'è poi un tema che andrebbe affrontato, ma questo Piano non lo affronta rispetto a questa realtà, cioè alla realtà della sanità in territori rurali di montagna, in cui i servizi sono decisamente inferiori rispetto ad altre realtà.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossi Luca; ne ha facoltà.



ROSSI Luca Angelo

Grazie, Presidente.
Volevo riprendere quanto il nostro Vicepresidente del Gruppo ha già bene esposto sulle ragioni che indurranno Forza Italia a non presentare emendamenti ad un Piano che riteniamo francamente inemendabile e ad avere quell'atteggiamento di non partecipazione al voto.
Queste non sono soltanto riflessioni del Gruppo di Forza Italia, sono riflessioni che abbiamo ricevuto da molti operatori del settore, da molte persone attente a quanto accade.
Mi pare che in questo Piano non siano state soprattutto recepite le indicazioni di chi sul territorio si adopera quotidianamente per questo.
Nella sua relazione sono stati rilevati, non da noi ma da persone che hanno seguito e letto il suo intervento, alcuni grandi equivoci di fondo: il collegamento in modo automatico della cronicità all'invecchiamento; lo scambiare il contratto per la salute per uno strumento terapeutico, mentre è soltanto uno strumento di organizzazione delle risorse; il ridurre la ricerca a una mera digitalizzazione delle informazioni sanitarie, anzich investire su strumenti di diagnosi e di cura; gerarchizzare il lavoro del collettivo sul medico come gestore di rete che, peraltro, già in passato non ha dato grandi risultati e che gli stessi medici non vedevano con favore.
Di norma, possiamo dire che il rapporto tra le leggi nazionali e la legislazione regionale dovrebbe essere basato sui principi di armonizzazione e di arricchimento. In questo caso, il principio che si rileva leggendo questo Piano è quello della antistoricità.
Mi sembra che quest'Amministrazione, anche negli anni passati in cui il sottoscritto e gli altri colleghi del Gruppo (tranne il Vicepresidente Graglia) non erano presenti nel Consiglio, ha prodotto, proprio quando si tratta di recepire normative nazionali, dei veri mostri normativi. Abbiamo avuto un esempio nefasto con la riforma delle IPAB, riforma che ha messo in crisi molte realtà che operavano in maniera positiva, in favore dei soggetti deboli e fragili.
In questo caso direi che il Piano per la cronicità ci sembra veramente avulso da quella che è la realtà. Come diceva prima il collega Tronzano, ci sembra che non vi siate concentrati sui problemi, ma piuttosto abbiate recepito una normativa nazionale senza arricchirla, ma, se è possibile peggiorandola.



PRESIDENTE

Non essendoci altre richieste di intervento in discussione generale, chiedo all'Assessore Saitta se vuole intervenire per replica.
Prego, Assessore Saitta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Più che fare una replica, voglio comunicare al Consiglio che, con la riunione del CAL sul Piano della cronicità, abbiamo avuto dei suggerimenti che abbiamo trasformato in emendamenti e depositato, insieme al collega Ferrari, poco fa. Ci pareva giusto e, pertanto, ieri sera e questa mattina abbiamo fatto un lavoro per rafforzare il ruolo dei Sindaci nell'Assemblea ed anche nel Distretto.
È una richiesta che abbiamo condiviso, rispetto alla quale abbiamo colto complessivamente, un giudizio positivo da parte degli Enti locali. Questo evidentemente, ci fa piacere, ma lo consideriamo soprattutto un segnale che ci stiamo avviando all'approvazione di un documento che ha raccolto sempre di più suggerimenti utili.
Voglio ricordare che il lavoro di preparazione del Piano è iniziato nel mese di ottobre dello scorso anno, attraverso una partecipazione diffusa probabilmente diversa da quella tradizionale, ma poi ci sono state le consultazioni tradizionali, una serie di iniziative e seminari, quindi non è un Piano avulso dalla nostra realtà.
Colgo quest'occasione anche per rilevare come il lavoro svolto in Commissione ci abbia permesso - com'è stato ricordato - di aprire un confronto utile, che ci ha consentito - e questo è estremamente positivo d'indicare in modo più chiaro gli obiettivi di carattere politico istituzionale che si vogliono raggiungere. È stata anche un'occasione per rivolgerci in modo puntuale e preciso a qualche riferimento di carattere etico. Posso dire così? Io lo intendo così l'affidamento ai medici di famiglia della presa in carico dei pazienti.
Questo confronto - al di là delle opinioni diverse - ci ha permesso di migliorare il testo, perlomeno chi si è dedicato a esaminarlo; non sempre questo è avvenuto, ma chi si è dedicato a compiere questo lavoro (un lavoro impegnativo) ci ha permesso sicuramente di migliorare il testo.
Ho ascoltato i diversi interventi, compresi quelli del Gruppo Movimento 5 Stelle, e devo dire che il riferimento alla sanità pubblica lo interpreto un fatto positivo. Non avevo dubbi su questo, ma il fatto che emerga concretamente (do un'interpretazione, per quello che vale, ferme restando le proprie posizioni, che sono posizioni diverse) è un fatto importante.
Devo dire che questa mia considerazione acquista un valore, anche perch quest'anno ricorrono i quarant'anni del sistema sanitario pubblico e ci sono, in Italia, diverse occasioni in cui si cerca di celebrare quest'avvenimento, anche se a me non piace la parola celebrare. Sono dell'opinione - ma interpreto evidentemente l'opinione dell'Amministrazione regionale nel suo complesso, non soltanto dalla Giunta, ma anche della maggioranza - che questo sistema, creato quarant'anni fa, garantisce un servizio universale, a tutti, indipendentemente dal reddito e indipendentemente dal colore della pelle (mi piace sottolinearlo in questo momento, perché il nostro sistema sanitario è questo), evitando di fare gli ambulatori per quelli del Paese.
Ecco, quelle cose che obiettivamente non hanno senso! Insomma, la riforma sanitaria è stata una grande conquista di carattere sociale, una delle più grandi conquiste della democrazia nel nostro Paese. Dopo quarant'anni c'è qualche problema: bisogna cercare di capire cos'è che non va, ma le ipotesi (chiedo scusa, parlo di cronicità, ma le questioni sono collegate) che ogni tanto emergono, soprattutto alcuni studi che dipingono una situazione della sanità non corrispondente alla realtà (penso a lavori che sono stati pagati dalle assicurazioni), rappresentano un tentativo esterno alla politica di fare dei passi indietro rispetto a questa grande conquista. Posso dire così: l'assicurazione, l'Università selettiva, il terzo pilastro, il quarto pilastro, ecc.
Semmai, oggi c'è un problema di rivisitazione non dell'impianto (universalistico, le cose che sappiamo), ma di quelle norme in funzione dei cambiamenti che sono stati giustamente ricordati in molti interventi, della modifica della domanda di salute rispetto al passato. Le questioni relative all'assistenza sociale e socio-sanitaria, o le questioni che sono state ricordate, sono il grande tema. Cioè, la sanità, in quanto tale, che ha poche risorse, per cui bisogna aumentare il finanziamento (è una richiesta che facciamo sempre, anche a questo Governo), ma il tema è che il sistema sanitario si sta facendo carico di questioni che non sono soltanto sanitarie.
Quando il fondo sociale è basso, quando aumentano le fragilità, quando c'è la mancanza di altre politiche ambientali, è chiaro che tutto questo grava sulla sanità. Alla fine, il sistema sanitario (parlo dal punto di vista nazionale, ma devo dire che a livello regionale le cose non sono molto dissimili) è in difficoltà ed è chiaro che questo è un elemento su cui discutere. Cioè, il tema è della centralità, anche nell'agenda politica nazionale sul tema della sanità.
Ora, il Piano della cronicità rimanda ad atti successivi che devono essere assunti da parte di chi ha la responsabilità operativa, ma abbiamo cercato di dare una risposta alle questioni oggi esistenti, sapendo bene ciò che è stato ricordato da molti colleghi della maggioranza ed anche della minoranza: siamo di fronte a una grande sfida epocale, sulla quale siamo impreparati. Il tema della cronicità è questo e riguarda anche il sistema previdenziale (chi paga e chi pagherà la popolazione anziana). Questo evidentemente, è un contributo.
Chi l'ha fatto? L'ha fatto il sistema Piemonte, Consigliere Tronzano attraverso un lavoro intenso (evidentemente non era qui, quindi non ha potuto seguire), ma è un percorso che c'è stato in tutta il Piemonte.
Quindi, non è avulso e, in ogni caso, anziché soffermarci su questioni che possono essere raccolte in tante pubblicazioni, per quanto riguarda alcuni dati abbiamo preferito dedicarci non soltanto ai principi, ma anche a qualche modalità organizzativa, come quella delle comunità di pratica.
In ogni caso - e concludo - sono soddisfatto, come Assessore, del clima che si è instaurato, ferme restando le diverse opinioni; un clima di grande serenità, che dà anche il senso che si sta compiendo, con l'approvazione di questa delibera, una scelta di grande importanza per il nostro sistema sanitario.
Anticiperei, evidentemente, anche un'opinione sugli emendamenti che sono stati presentati. Su quelli del Consigliere Ottria, sottoscritti anche da altri colleghi - lo abbiamo già segnalato in sede di Commissione - anche se sono stati presentati fuori tempo massimo, il giudizio è positivo.
Il Movimento 5 Stelle ripropone alcune questioni, così come aveva già fatto in Commissione: non possiamo che confermare anche in questa sede, com'era stato fatto in Commissione, un'opinione di contrarietà per le questioni sollevate in quel momento. Detto questo, credo che avremo comunque altre occasioni - posso dirlo in questi termini - per ridiscuterne.
Nel momento dell'attuazione, cioè nel momento della firma dell'accordo regionale con i medici di famiglia, che spero sia imminente (giovedì è previsto un ulteriore incontro a Roma per far partire gli accordi regionali), avremo modo di parlarne; verrà fatta la definizione puntuale dei cronici in base ai problemi che hanno e decideremo - ne parleremo in Commissione - quali sono gli strumenti per darne concreta attuazione stabilendo qualche priorità.
Avremo quindi modo di riparlarne, perché si sta avviando un percorso complesso (del resto, in giro per l'Italia non ci sono grandi sperimentazioni).
Il collega Andrissi ha richiamato la scelta adottata dalla Regione Lombardia: in effetti, il loro non è stato un grande risultato, ma era immaginabile. Anzi, mi pare che sia una strada che non vale la pena seguire. Io non esprimo un giudizio negativo sul "privato", in ogni caso ci va un governo pubblico forte. Soprattutto, quando parliamo di pazienti, il rapporto non può che essere col medico di famiglia. Semmai, il problema di oggi è quello di rafforzare - se la cronicità lo consente - il rapporto di fiducia che deve esistere tra medico di famiglia e paziente; un rapporto che si è incrinato per motivi diversi: probabilmente, perché i sistemi sanitari regionali hanno aggiunto molta burocrazia al medico di famiglia o perché non sempre, da parte dei medici di famiglia, era diffusa quella grande sensibilità che può consentire di avere un rapporto con il paziente non soltanto di tipo clinico, come ricordavo nella mia introduzione, ma un rapporto più complessivo, anche di tipo sociale.
Chiaramente, non è soltanto un elenco di questioni; mi rendo conto che esiste un problema di attuazione. Evidentemente, avendo la responsabilità di dare attuazione a questo disegno e a queste indicazioni (responsabilità che ci assumiamo), per il clima positivo che si è instaurato non posso che impegnarmi nei confronti del Consiglio affinché tutti i passaggi che intenderemo adottare saranno oggetto (come stiamo già facendo) di una verifica non soltanto informativa, ma anche in termini di riflessione all'interno dalla Commissione.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Prima di iniziare l'esame degli emendamenti, procediamo con la proclamazione degli eletti delle nomine effettuate nella mattinata.


Argomento: Nomine

Nomine - Proclamazione degli eletti


PRESIDENTE

Relativamente al punto 3) all'o.d.g., che reca "Nomine", in base allo scrutinio effettuato, possiamo procedere alla proclamazione degli eletti della seguente nomina: Proposta di deliberazione n. 296 "Azienda Speciale della CCIAA di Torino Laboratorio Chimico" (articolo 9, Statuto dell'Ente) - Collegio dei Revisori dei Conti - nomina di un membro effettivo e di un membro supplente Proclamo nominato, quale membro supplente del Collegio dei revisori dei conti dell'Azienda speciale della Camera di Commercio di Torino Laboratorio Chimico, il signor Lupia Felice.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Proseguimento esame proposta di deliberazione n. 286, inerente a "Piano nazionale cronicità. Recepimento Accordo Stato-Regioni 15.09.2016 e approvazione delle Linee di indirizzo regionali per le annualità 2018-2019" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame della proposta di deliberazione n. 286.
Ha chiesto la parola il Consigliere Rossi Luca Angelo; ne ha facoltà.



ROSSI Luca Angelo

Avrei bisogno di un chiarimento proprio sulle ultime parole dell'Assessore Saitta, quando ha nominato.
Abbiamo sentito soltanto la parola "Commissione".
Mi sono consultato anche con i colleghi: proponeva un ritorno in Commissione, ma non ho capito bene per che cosa. Se potesse ripetere solo l'ultima frase, le sarei grato.
Chiedo scusa, Presidente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta, per una precisazione.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

I colleghi sanno che il titolo di questo documento è "Linee di indirizzo regionali 2018-2019 per il recepimento del Piano nazionale della cronicità".
Essendo linee di indirizzo regionali, noi abbiamo indicato quali sono gli atti che concretamente occorrerà assumere, come Giunta, per darne attuazione.
Mi sono assunto l'impegno che queste decisioni della Giunta, prima di essere formalizzate, saranno oggetto di una riflessione all'interno della Commissione.



PRESIDENTE

Se non vi sono ulteriori richieste di chiarimento, passiamo all'esame degli emendamenti che insistono sulla proposta di deliberazione n. 286.
A titolo di precisazione, vi informo che verranno discussi e presentati tutti insieme, e votati successivamente.
Emendamento rubricato n. 4) presentato da Ottria e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Il Consigliere Ottria lo dà per illustrato.
Emendamento rubricato n. 1) presentato dalla Giunta regionale.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola all'Assessore Saitta per l'illustrazione.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

È un emendamento che viene presentato in ritardo rispetto ai lavori della Commissione, ma raccoglie i suggerimenti emersi in Commissione.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Saitta.
Emendamento rubricato n. 7) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 8) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Ha chiesto la parola il Consigliere Bono per l'illustrazione; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Proprio all'inizio della delibera chiediamo di inserire il nodo fondamentale della legge n. 10/2010: al riguardo, hanno fatto bene sia il collega Andrissi sia il collega Vignale a ricordare questo tema; invece non abbiamo sentito proferire verbo nel merito da parte della maggioranza.
Vorremmo sapere se si intende dare attuazione alla legge n. 10/2010 (di due legislature fa), che prevede, appunto, l'assegnazione di risorse economiche (oppure di risorse in servizi equivalenti) alle famiglie che hanno a casa una persona con non autosufficienze, che deve quindi essere mantenuta in un ambiente protetto anche dal punto di vista sanitario, oltre che sociale.
Vogliamo superare le sentenze dei Tribunali? Non affidarci alle sentenze dei Tribunali quando ci fanno comodo e contestarle quando ci sono scomode? Le sentenze non si dovrebbero commentare mai. Dire che, anche se non sono prestazioni professionali, la Regione intende andare incontro alle famiglie che, sulle loro spalle, si fanno carico di problemi prettamente sanitari quindi un welfare familiare? Come diceva bene il collega Andrissi prima, un paziente anziano che non si nutre e non si alimenta va, ovviamente, incontro all'exitus. Ma anche il paziente, nel senso più tecnico del termine, non mobilitato e a cui vengono le piaghe da decubito che poi si infettano, va incontro alla morte. Non è solo un problema sociale, come diceva l'Assessore Saitta, di solitudine nel senso che non si ha nessuno con cui parlare e si accende la televisione o la radio per avere una voce all'interno della casa, ma è un problema sanitario. Magari ci sono anche problemi di minzione, di enuresi notturna oppure la presenza di ausili per l'incontinenza urinaria che provocano problemi sanitari e non necessariamente la famiglia si avvale di un professionista, di un'infermiera perché magari aspetta l'assegno di cura della Regione, ma nel frattempo deve sborsare migliaia di euro al mese per avere un'assistenza professionale. Spesso serve una badanza continuativa magari nelle ore notturne. Sappiamo che il cittadino anziano non autosufficiente si alza la notte per andare in bagno, magari cade, si rompe il femore e diventa un problema sanitario. La rottura di un femore quanto ci costa rispetto all'assistenza che potremo fare a domicilio dando un assegno di cura? Noi chiediamo che la legge n. 10 del 2010 non venga più procrastinata e che le venga data attuazione, con un regolamento attuativo, immediatamente.
Immediatamente intendo dire a luglio, se possibile. So che la bozza ce l'avete. Ne sono a conoscenza non perché mi è stato detto, ma so che ci state lavorando, l'avete annunciato più volte. La bozza è pronta.
Discutiamo della parte economica, magari inseriamo delle cifre iniziali.
Abbiamo detto che siamo disponibili anche a un progetto sperimentale che prevede 100-500-1000 famiglie? Vediamo come va, vediamo se abbiamo un risparmio economico, facciamo un'analisi costi-benefici che ormai non è più molto di voga, ma penso che sia giusto valutarla. Risparmi ospedalieri spese territoriali. Iniziamo dalle spese territoriali e poi vediamo i risparmi ospedalieri.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Effettivamente quello che ha detto ora il Consigliere Bono è un aspetto importantissimo.
Allo stato attuale, sappiamo che - facciamo il caso più semplice - un paziente anziano, con una forte artrosi, se non fa una terapia fisica riabilitante, va incontro a una non autosufficienza. In questo momento questa terapia fisica è a carico della famiglia. E se un paziente anziano ha difficoltà a uscire di casa, oltretutto lo deve fare a domicilio. La cura a domicilio costa ancora di più, nel caso in cui un fisiatra o un fisioterapista vada a domicilio. Questi costi sono a carico della famiglia.
Lo stesso per il decadimento cognitivo.
Sicuramente vi sono terapie importanti, a parte quella farmacologica, che ormai vengono riconosciute nell'aiutare a mantenere le capacità intellettive e di memoria del paziente anziano che tende, purtroppo, a perdere queste capacità.
Per fare una ginnastica mentale, l'anziano deve interagire con uno specialista formato del settore, che abbia la capacità di interagire e di migliorare la memoria, in qualche modo, con la ginnastica intellettiva.
Ovviamente con l'anziano che si trova in una situazione di isolamento, in una situazione precaria dal punto di vista sociale, perché ha visto ridursi le sue capacità intellettive e quindi ha perso dei legami sociali, nel momento in cui non interviene un medico di famiglia che ha riconosciuto il rischio di questo paziente, che ha riconosciuto il momento di fragilità familiare e sociale di questo paziente, noi andremmo incontro, purtroppo, a un paziente drop out. Un paziente che viene escluso dall'ambito sociale e sanitario. Per evitare tutto ciò, sicuramente gli interventi della legge n.
10 potrebbero essere un primo sistema tampone.
Noi non abbiamo contezza delle quattro sperimentazioni, dal punto di vista numerico, dei risultati fattivi. Per questo, diciamo di intervenire in questo modo, in modo da dare anche un miglioramento.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Andrissi.
Emendamento rubricato n. 8) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Vogliamo insistere un po' sul tema della legge n. 10 del 2010 e sui servizi domiciliari per gli anziani non autosufficienti. Non sappiamo quando ci sarà un'altra occasione per poter intervenire sul tema.
Penso che siano ormai circa quattro anni che ne parliamo, non solo nel nostro Gruppo consiliare. In effetti, c'era stato un annuncio da parte dell'Assessore che si intendeva lavorare in questo senso, per avere almeno il regolamento attuativo, come ho già avuto modo di dire, poi discutiamo di risorse. Il nodo obiettivamente è quello.
Come abbiamo già avuto modo di dire, se molte volte non siamo sicuri delle nostre scelte e delle nostre idee, chiediamo una valutazione economica.
Chiediamo una valutazione economica all'IRES, chiediamo una valutazione economica all'Assessorato alla sanità insieme all'Assessorato al bilancio e, ovviamente, all'Assessorato alle politiche sociali. Partiamo da dati consolidati.
Non possiamo vedere, ogni volta, opposizioni che spingono per un tema. Mi sembra che questo tema fosse stato portato avanti anche dall'attuale Vicepresidente Reschigna, quando era Capogruppo di opposizione del Partito Democratico, ma quando è diventato maggioranza il tema non è più stato affrontato (un giorno potrebbe capitare anche alla forza politica di cui faccio parte, lo dico mettendo le mani avanti).
Diamo degli strumenti utili alla politica per poter dire: si fa, non si fa.
Non possiamo continuare a promettere ai territori e alle associazioni: "È una cosa che si deve fare", "lo faremmo", "prima poi lo faremo". O si fa o non si fa. Sono passati nove anni. Chiediamo veramente un pronunciamento da parte della maggioranza, ma non sulla base di una scelta politica, ma sulla base di una scelta tecnico-finanziaria. Le cose o si possono fare o non si possono fare. Alle volte si fanno anche quando non si possono indebitandosi, ma non stiamo parlando di un investimento, di una grande opera o di un grande evento che si può fare a debito. Stiamo parlando di una spesa corrente.
Vorremmo capire se è vero quello che si dice, a vari livelli, anche nazionale e internazionale, che se io investissi 400-600 euro al mese nell'assegno di cura a un paziente anziano seguito a domicilio ho meno ricoveri in pronto soccorso, meno istituzionalizzazioni in RSA e quindi poi non pago i 1.500 euro mensili della retta sanitaria nelle RSA, non pago le migliaia di euro per un ricovero per una frattura di un femore, per una piaga da decubito, per una polmonite e per quant'altro in ospedale, quindi ciò porta a un risparmio.
Facciamo un progetto sperimentale, prendiamo mille famiglie, diamo loro 5.000 euro all'anno (sono un po' può parsimonioso, sono cinque milioni di euro, non è una cifra che manda in bancarotta la Regione), le seguiamo facciamo una valutazione pregressa, cioè l'anno precedente quanti ricoveri hanno avuto e quanti problemi, le seguiamo per i due o tre anni successivi e si fa un'analisi semplice, quindi economica, anche se da medico non mi piace ridurre le questioni della sanità a una questione economica, ma facendo politica bisogna valutare anche questo, e si dice: "Se c'è un risparmio, si parte e si va avanti. Se non c'è un risparmio, si chiederanno più soldi al Ministero, si stamperà altra moneta e quant'altro". Almeno così abbiamo una base solida da cui partire senza invece dividerci su posizionamenti di parte politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Andrissi.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Quindi arriviamo alla non autosufficienza, cioè al paziente che effettivamente, dopo una lotta di anni alla sua malattia cronica, purtroppo perde la sua autosufficienza mentale o fisica, e quello che diceva il collega Bono è un aspetto molto importante. A noi, per l'attività istituzionale che svolgiamo, servono anche numeri per comprendere effettivamente e per valutare e fare scelte, ma anche per appoggiare scelte fatte da altri nel momento in cui le riteniamo giuste.
È chiaro che selezionare un numero di famiglie dove vi è una non autosufficienza e vedere un'attuazione e una valutazione ante e post dal punto di vista dei costi e benefici, dal punto di vista sanitario, sociale e quant'altro sarebbe un aspetto importantissimo, che consentirebbe a noi di fare delle scelte che riteniamo importanti. Quindi crediamo che portare all'attuazione la legge 10/2010 si possa fare e che nei prossimi mesi possa trovare attuazione, anche considerando il fatto che, se guardiamo la spesa pro capite sanitaria in Piemonte, siamo passati da circa 2.200 euro a 1.800 euro, per cui vi è stata una forte contrazione.
Noi crediamo che questo discorso della presa in carico del paziente cronico debba essere fatto con dei numeri che ci consentano di fare valutazioni attendibili. Per fare ciò, le sperimentazioni vanno portate nella loro completa attuazione, quindi chiediamo la presa in carico sul territorio in modo omogeneo di un numero di famiglie con non autosufficienze.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Andrissi.
Emendamento rubricato n. 2) presentato dalla Giunta regionale.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola all'Assessore Saitta per l'illustrazione.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
Quest'emendamento riprende osservazioni fatte in Commissione, nel senso che viene richiamato in termini più completi e citando la fonte il rapporto dell'IRES 2017.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Saitta.
Emendamento rubricato n. 9) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 10) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Qui abbiamo inteso ripresentare un tema che è stato affrontato lungamente in Commissione, quello dell'individuazione di quattro Aziende Sanitarie Locali oggetto della sperimentazione tramite l'individuazione e identificazione di comunità di pratica. Noi siamo scettici, ma perché? Perché - come, tra l'altro, è stato detto in discussione generale anche dall'Assessore Saitta - riteniamo che tutte le Aziende Sanitarie Locali sostanzialmente abbiano individuato dei percorsi.
Devo dire percorsi, profili e piani di salute tra l'altro ai sensi della legge del 2007, che prevede appunto la presa in carico dei pazienti cronici sul territorio.
Visto che si tratta di progetti sperimentali, non capiamo bene il perch nel senso che si è fatto un percorso con quattro ASL, ma credo che, se si avesse la volontà e la disponibilità per farlo con le altre otto Aziende Sanitarie Locali (non parliamo di 100, ma di 12 in tutta la Regione), si potrebbero individuare comunità di pratica, percorsi, approcci e modelli già esistenti che sono stati portati avanti questi anni. Si tratta solo di allargare e quindi, nel momento in cui è sperimentale, noi vedremmo la necessità di allargare il percorso a tutte le Aziende Sanitarie Locali oppure - faccio anche questa proposta - prevedere che si possa, nel corso della sperimentazione, allargare ad altre ASL, perché - ripeto - non credo che esistano ASL sul nostro territorio che non abbiano fatto esperienze in questo senso.
Tra l'altro, c'è una richiesta nel documento, nel parere favorevole condizionato del CAL in cui si dice: "Chiediamo che possa essere area di sperimentazione tutta la Città metropolitana di Torino". È una cosa di cui stavamo discutendo con i colleghi; dicevamo che, da un punto di vista politico, lo capiamo, ma da un punto di vista sanitario un po' meno, nel senso che sono comunque quattro ASL.
Chiedo che nella richiesta che dovrebbe essere formulata vi possa essere l'ASL Città di Torino, la TO4, la TO3 e la TO5 e dunque, a quel punto aggiungere già tre ASL. Se dovesse essere accolta questa richiesta di modifica del CAL, a quel punto rimarrebbero fuori veramente poche Aziende Sanitarie Locali. Ciò ci permetterebbe di arrivare al passo successivo e chiedere che tutte le ASL abbiano comunque una comunità pratica; poi qualora sia già attiva, la si mette dentro il percorso, altrimenti le si stimola ad attivarla in un tempo congruo (due o tre mesi), tanto più che poi dovranno adattarsi alle risultanze degli approcci e dei modelli.
Tra l'altro, vedo anche difficile ipotizzare che le singole ASL non abbiano voglia di aderire, anzi penso che sia loro interesse dire: "No, no, diciamo che il nostro modello, che il nostro.". Si dice sempre così, "il mio modello è più bello del tuo" e quindi tutti, secondo me, vorrebbero partecipare.
Forse si tratta di uscire dall'ottica della sperimentazione, che comprendiamo, e mantenere la sperimentazione non limitata a quattro, ma a tutte le ASL.



PRESIDENTE

Ci sono altri interventi? Prego, Consigliere Andrissi.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Il nostro tentativo con questi emendamenti è di allargare questa'esperienza di comunità di pratica perché, al di fuori di queste comunità di pratica l'esperienza è quella delle Case della salute, dove vi è un'interazione o ci dovrebbe essere un'interazione tra medico di medicina generale e specialista e, quindi, un inizio di presa in carico del paziente cronico che vedeva già l'attuazione di piani consolidati come quello per il paziente scompensato, diabetico e BPCO.
Nella comunità di pratica, invece, quest'esperienza è molto allargata e coinvolge dal rappresentante della cittadinanza attiva all'assistente sociale, al farmacista, al referente distrettuale, all'informatico gestionale. Questo è un aspetto molto importante, perché far comunicare diversi enti è un'operazione difficilissima; già solo nel far comunicare un ospedale con una clinica riabilitativa talvolta si perdono tutti gli esami fatti in ospedale e il malato arriva nella clinica riabilitativa dove spesso vengono rifatti gli esami effettuati pochi giorni prima, con dei costi notevoli. Per questo motivo, è un aspetto importantissimo.
Però il coinvolgimento di tutte queste figure fatto nella comunità di pratica a noi piacerebbe che venisse replicato, perché potrebbe dare risultati importanti sul territorio nella presa in gestione multifattoriale, con la creazione di un piano diagnostico terapeutico alla cui stesura hanno coinvolto diversi soggetti di natura completamente differente. Le visioni differenti consentirebbero al malato cronico di essere considerato in tutte le sue interazioni socio-sanitarie. Questo è l'aspetto fondamentale e credo che più faremo meno distinzione tra queste due, più daremo beneficio a questi pazienti.



PRESIDENTE

Grazie, collega Andrissi.
Emendamento rubricato n. 10) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Sulla parte delle comunità di pratica, in cui c'è la composizione a pagina 15 del multidisciplinare della comunità, in cui sono individuati 16 profili professionali più il diciassettesimo, senza voler portare sfortuna al rappresentante della società cosiddetta civile, cioè l'associazionismo e cittadinanza attiva a vario titolo, crediamo che ci sia una possibile aggiunta da fare.
Vorremmo aggiungere il profilo dell'assistente sanitario, profilo un po' bistrattato di professionista che, in passato, aveva una grande importanza nella parte della prevenzione e attualmente l'ha vista un po' ridursi.
Tra l'altro, si è consumato un contenzioso lungo molti anni con la figura dell'infermiere a vario titolo, in quanto gli assistenti sanitari in origine erano infermieri che si specializzavano nel percorso di prevenzione. Adesso hanno risolto questo contenzioso con la separazione degli Ordini, uscendo dall'Ordine dell'IPASVI, quindi l'ex Collegio infermieristico, andando verso un collegio tecnico, professionale e sanitario.
Se si vuole fare quest'aggiunta, noi saremmo per proporla.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

Grazie, collega Bono.
Emendamento rubricato n. 3) presentato da Ottria e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) L'emendamento è dato per illustrato dal proponente.
Emendamento rubricato n. 6) presentato da Ottria e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) L'emendamento è dato per illustrato dal proponente.
Emendamento rubricato n. 11) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
So che il collega Ottria, avendo un ruolo nell'Ufficio di Presidenza, ha magari difficoltà a illustrare gli emendamenti, però questo ci aiuterebbe anche a comprendere quali sono gli indirizzi della maggioranza.
In effetti, l'emendamento n. 6) mi sembra che sia assolutamente condivisibile, perché è una mera correzione formale. Quello più interessante probabilmente è l'emendamento n. 5), in cui c'è un parziale accoglimento delle nostre richieste. Dico parziale, quindi segnalo che se non ci dovesse essere l'accoglimento dei nostri emendamenti, anche magari modificati, potrebbe essere una soluzione. Però leggevo e si dice sostanzialmente che rimangono le quattro Aziende Sanitarie Locali oggetto di sperimentazione, però poi "si individuano ambiti territoriali all'interno delle Aziende sanitarie non oggetto della sperimentazione, in cui vengono attuate tempestivamente azioni concrete volte a migliorare l'assistenza socio-sanitaria a favore di persone con cronicità". E poi bisogna individuare tali ambiti.
Condivido la motivazione, perché è sostanzialmente l'oggetto dei nostri emendamenti, cioè allargare il più possibile la sperimentazione del piano cronicità a tutto il territorio.
Sull'individuazione degli ambiti sulla base di tipologie di pazienti tipologie di patologie ed esperienze positive, non vorrei che andassimo un po' a complicare le cose, nel senso che se iniziamo a capire quali sono le ASL, quali sono quegli ambiti, quali sono le realtà e le tipologie di assistenza innovative, sommessamente mi preoccupo un po', perché vedo che il percorso di scelta diventa addirittura più lungo del percorso di sperimentazione.
Temo questo e ovviamente non mi sento di dire o fare proposte al collega Ottria, ma forse si potrebbe ancora addivenire a un miglioramento del testo, magari semplificandolo un po'. Dico questo se non dovessero, come credo, essere accolti i nostri emendamenti, perché anche l'emendamento n.
11) propone invece che siano tutte le Aziende Sanitarie Locali a prevedere la strumentazione. Così facendo, non vorrei che passasse il messaggio, non da un punto di vista sanitario, perché la parte sanitaria deve essere garantita universalmente a tutti, che ci sia un Piemonte di serie A con le quattro ASL identificate dei progetti sperimentali e un Piemonte di serie B con le altre otto ASL, in cui solo in alcuni ambiti vengono portati avanti dei percorsi e degli approcci innovativi.
Non è questo sicuramente il messaggio e il significato né del piano n dell'emendamento, però non vorremmo che ci fosse questo rischio, magari trovando una formulazione migliore, che dica che comunque anche le altre ASL possano essere oggetto di queste modalità di approccio, trovando una sintesi tra i nostri emendamenti e la volontà della maggioranza.



PRESIDENTE

Grazie, collega Bono.
La parola al Consigliere Andrissi.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Effettivamente, c'è un collegamento tra i nostri emendamenti e quanto espresso dall'emendamento n. 5) del Consigliere Ottria: si vuole allargare l'esperienza delle comunità di pratica a diversi ambiti. In primis nell'emendamento di Ottria viene proposta l'ASL di Vercelli; crediamo che effettivamente vada allargata quest'esperienza ai restanti ambiti territoriali regionali, in modo tale da dare omogeneità alle iniziative socio-sanitarie sul territorio.
Molto interessante è anche l'ultima frase dell'emendamento n. 5): "Almeno un'iniziativa dovrà essere avviata a favore dei bambini con cronicità".
Credo che questo sia un aspetto importantissimo perché, come dicevo prima purtroppo nella neuropsichiatria infantile i numeri delle prese in carico sono in continua e costante crescita e vi è anche un allarme relativamente alle liste d'attesa.
Per quanto riguarda i bambini, non si possono avere tempi d'attesa lunghi perché se un bambino ha dei problemi con linguaggio non può attendere due anni, altrimenti succede che questo bambino arriverà a scuola con problemi di linguaggio che creeranno problemi di tipo psicologico. È importante che relativamente ai bambini, vengano fatti passi in avanti notevoli per migliorare le liste d'attesa e le prese in carico.
Quindi ritengo molto importante anche quest'aspetto.



PRESIDENTE

Grazie, collega Andrissi.
Emendamento rubricato n. 5) presentato da Ottria e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Ottria per l'illustrazione.



OTTRIA Domenico

Grazie, Presidente.
Intanto, mi scuso, ma gli altri due mandamenti, il 3) e il 6), li avevo dati per illustrati, in quanto li avevo enunciati già nell'intervento in discussione generale. Comunque, brevemente posso ricordarli: il 3) prevede la figura del Presidente dell'Assemblea dei Sindaci nel Distretto all'interno delle comunità di pratica e il 6) cerca di definire un po' meglio, anche qui, la rappresentanza nelle comunità di pratica delle associazioni.
L'emendamento n. 5) è quello che più ci sta a cuore perché, come ho detto nell'intervento iniziale, andrebbe ad allargare le pratiche, non solo nelle aziende pilota, ma si chiede che vengano prese in considerazione le buone pratiche presenti anche negli altri territori e all'interno delle altre Aziende. È chiaro che questo sarà oggetto di una ricognizione che non intende escludere nessuno, ma intende semmai includere e fare sì, come ho detto recentemente, soprattutto nelle comunità dov'è più difficile l'accessibilità ai servizi, che i cittadini, che per varie situazioni anche locali, hanno difficoltà di accedere, possano essere messe nelle migliori condizioni di accedere ai servizi sulla cronicità.
Il senso è proprio quello di allargare il più possibile ai territori perché credo che su questo possa venire anche in aiuto a quelle istanze che anche il collega Bono ha suggerito prima nel suo intervento.



(Commenti del Consigliere Bono)



OTTRIA Domenico

Sì, magari si può fare eventualmente una sospensione e vediamo.



PRESIDENTE

Grazie, collega Ottria.
Emendamento rubricato n. 12) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Credo che questo sia il primo di una serie di emendamenti che abbiano il medesimo contenuto di quello precedente, che riguarda appunto il superamento dei progetti sperimentali ("Il superamento della limitazione dei progetti sperimentali a solo quattro ASL"), quindi vorremmo estenderlo a tutte le ASL.
Chiudo qui l'intervento e lo do per illustrato, perché confido nella possibilità di arrivare a una modifica integrativa dell'emendamento del collega Ottria, in modo da superare questa suddivisione, come ho detto, tra un rischio di un Piemonte A, che parta prima rispetto a un Piemonte B, che parta un po' dopo, in affanno, e debba poi recuperare. Se troveremo una modalità di condivisione, comunque quest'emendamento sarà illustrato e poi vedremo.



PRESIDENTE

Grazie, collega Bono.
Emendamento rubricato n. 13) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 14) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 15) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 16) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 17) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 18) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Emendamento rubricato n. 19) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) Questi emendamenti sono dati per illustrati.
Emendamento rubricato n. 20) presentato da Bono e altri.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Dopo una serie di emendamenti che riguardavano l'approccio sperimentale solo su quattro ASL, torniamo sui temi - non che quello fosse meno importante - più strategici del provvedimento. Siamo, quindi, sul paragrafo 3.2 o, meglio, com'è definita, fase 3.2 del documento: integrazione socio sanitaria.
Noi abbiamo comunque deciso di presentare questo emendamento abrogativo che stralcia in toto il capitoletto. Ci rendiamo conto che ci significherebbe porsi quasi in contrasto sia con la normativa nazionale richiamata dei LEA (il recente DPCM del 12 gennaio 2017 e quello più vecchio del dicembre 2001), sia con il Piano Nazionale sulla Cronicità.
È un emendamento che più che altro vuole essere un promemoria per il futuro; forse affronteremo, anche se non se n'è più parlato, almeno per bocca dell'Assessore non l'abbiamo più sentito (quando un Assessore non usa alcune parole e alcuni termini, potrebbe anche essere un cambiamento di opinioni e di strategia, ma non diciamo nulla), il disegno di legge sulla creazione del fondo integrato socio-sanitario. Noi speriamo che in quest'ultimo anno ci sia molto da fare, ci siano i preparativi per le elezioni, e quindi magari questo provvedimento venga rinviato alla prossima legislatura. L'integrazione socio-sanitaria c'è, è reale, oggi esiste quindi non si può non scrivere, all'interno della delibera, una fase 3.2 o un paragrafo 3.2, ma va fatta, proposta e monitorata attentamente. Dobbiamo stare attenti, come ho detto, a non individuare con troppa leggerezza un recinto in cui porre un po' di risorse sanitarie e un po' di risorse sociali, e lì scaricarle con dei contratti di salute (così li ha chiamati l'Assessore nel suo intervento la scorsa settimana). L'altro giorno in Commissione abbiamo parlato dei budget di salute per la psichiatria, ma li rendiamo rigidi - è stato anche oggetto di discussione ieri - e non flessibili alle necessità, ai bisogni e anche all'innovazione tecnologica (penso a tutto il tema della telemedicina e della teleassistenza all'anziano), alla rivisitazione delle professioni, ai team multidisciplinari e all'emergenza di nuove patologie, anche croniche.
Così avremmo un approccio sbagliato e perdente.
È molto importante che quest'approccio venga fatto con molta attenzione attraverso un percorso iniziale, con una serie di check di controlli, una serie di rivisitazione degli obiettivi e, quindi, un'analisi con metodo scientifico, non con un approccio politico. Un approccio in cui si dica cos'era prima, cos'è oggi, cos'è durante la sperimentazione e cos'è dopo.
Per questo abbiamo bisogno di personale che vada a rinforzare l'Assessorato alla sanità e ci dia una mano per lavorare, non solo per portare i dati a Roma al Ministero della Salute, che controlla la nostra sostenibilità finanziaria ed economica, ma anche per valutare in loco la sostenibilità sanitaria dei nostri approcci.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Bono.
Emendamento rubricato n. 31) presentato dalla Giunta regionale.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) L'emendamento viene dato per illustrato dall'Assessore Saitta.
Emendamento rubricato n. 32) presentato dalla Giunta regionale.
(Testo allegato al processo verbale dell'adunanza in corso) L'emendamento viene dato per illustrato dall'Assessore Saitta.
La seduta è tolta.
(La seduta ha termine alle ore 12.58) (La seduta ha termine alle ore 12.58)



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