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Dettaglio seduta n.334 del 21/06/18 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



(I lavori iniziano alle ore 14.36 con l'esame delle interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento interno del Consiglio regionale)


Argomento: Attivita' di promozione

Interrogazione a risposta immediata n. 2180 presentata da Caputo, inerente a "Maratona Reale: una mancata occasione di visibilità per il parco di Racconigi"


PRESIDENTE

Iniziamo i lavori, esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2180.
La parola alla Consigliera Caputo per l'illustrazione.



CAPUTO Valentina

Grazie, Presidente.
Con quest'interrogazione si vogliono comprendere meglio le ragioni di un evento che si sarebbe dovuto svolgere all'interno del parco di Racconigi in questo weekend, la Maratona Reale, una nuova versione della corsa tradizionale, la Corsa da Re.
È una gara a tappe, tanto per citare com'è organizzata, di 42 chilometri suddivisa in percorsi da dieci chilometri e uno da dodici. Si svolge in quattro frazioni, a partire dal 27 maggio fino al 14 ottobre.
È un vero e proprio viaggio attraverso i secoli, immerso anche in meravigliosi paesaggi che tendono a valorizzare quello che il nostro patrimonio culturale. Proprio questo weekend, quello del 24 giugno, si sarebbe dovuto svolgere all'interno del Parco del meraviglioso Castello di Racconigi.
Si è appreso che la direzione del Polo Museale Regionale ha chiesto agli organizzatori della gara - l'associazione senza scopo di lucro Base Running A.s.d. affiliata a Fidal - il pagamento di una cifra, 1.500 euro, più il costo di una concessione e dei biglietti d'ingresso al Parco, più 630 euro per la sorveglianza supplementare, oltre ad una consistente fideiussione.
La società Asd Base Running avrebbe anche avanzato la richiesta di una proroga chiedendo, in effetti, di posticipare la data del pagamento per valutare le condizioni meteorologiche, il più possibile vicine alla data per lo svolgimento dell'evento, evitando di perdere una cifra molto consistente.
Di questo, quindi, sembra aver chiesto una proroga alla direzione, ma pare non sia giunta nessuna risposta da parte della direttrice, obbligando quindi gli organizzatori della Maratona Reale a prendere la decisione di soprassedere e di scegliere un tracciato alternativo. L'evento si svolgerà nella parte esterna che costeggia il Castello, ovviamente in condizioni molto diverse, perché il tracciato è differente, con non poche difficoltà.
C'è da rilevare che a questa maratona reale partecipano anche diversamente abili che hanno degli accompagnatori, quindi sicuramente un'alternativa loro l'hanno trovata, ma con caratteristiche differenti che possono anche causare più problemi, soprattutto in caso di maltempo, ai partecipanti.
Perché la Maratona è un evento importantissimo? Perché, come tanti altri eventi nel nostro territorio, ne comporta la valorizzazione. Ricordo che in questi anni abbiamo lavorato tantissimo per valorizzare le residenze reali.
Gli eventi sono importanti perché altrimenti restano dei contenitori vuoti invece devono portare utenza e valorizzare il territorio.
Anche il Sindaco sembra non sia riuscito a mettersi in contatto con la direttrice. Sappiamo che l'Assessora si è già espressa con un comunicato stampa, esprimendo il suo disappunto per la scelta fatta dalla direttrice di richiedere il pagamento della concessione e della fideiussione, oltre che del biglietto d'ingresso per il Parco, affermando che si tratta di un'occasione sprecata per far conoscere, ai tanti partecipanti, un parco di grande bellezza.
Pertanto, s'interroga l'Assessora per sapere quali azioni stia valutando di intraprendere, per quanto ovviamente di propria competenza, perché sappiamo che è una direttrice che ha vinto un concorso del MiBAC, quindi è un funzionario, ricordando che il sistema delle residenze reali piemontesi costituisce, per noi, un circuito importantissimo, istituito da questa Giunta, patrimonio anche dell'umanità UNESCO (questo Parco e questo Castello, come altre residenze).
Vorremmo anche capire quali azioni possiamo mettere in campo.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Caputo.
Vi chiedo, visto che ci sono 14 interrogazioni, di rispettare i tempi, che sono di tre minuti per i Consiglieri e di cinque per la Giunta.
La parola all'Assessora Parigi per la risposta.



PARIGI Antonella, Assessora al turismo

Per rispettare i tempi, cercherò di riassumere la vicenda, peraltro ampiamente illustrata dalla Consigliera Caputo.
Come voi sapete, da molti anni si svolge la Corsa da Re, nell'ambito del Consorzio di Venaria.
Da molto tempo stavamo studiando, visto anche il successo di questa corsa di ampliarla e di creare una vera e propria Maratona Reale.
Il Comitato di coordinamento, quindi, organo del Consorzio delle Residenze reali sabaude, nel mese di settembre 2017 ha proposto di svolgere il progetto "La Maratona Reale" presso le sedi dei Musei Reali, il Palazzo Madama, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, il Castello di Racconigi e la Reggia di Venaria.
In seguito, gli organizzatori dell'associazione Base Running si sono messi in contatto con i direttori delle singole sedi, così come espressamente richiesto da parte dell'allora direttrice, Dalia Radeglia, nel caso del Polo museale, affinché si verificasse la fattibilità tecnica e organizzativa della manifestazione.
A seguito di diversi sopralluoghi svolti nel mese di novembre si è individuato il calendario che voi conoscete: la prima tappa il 27 maggio la seconda tappa il 24 giugno, la terza tappa il 9 settembre e la quarta tappa il 14 ottobre.
Naturalmente noi avevamo richiesto, anche perché - voglio sottolinearlo questa maratona è sostenuta economicamente sia dal nostro Assessorato l'Assessorato alla Cultura, sia dal Consorzio di Venaria, che non fosse applicato alcun canone di concessione o di pagamento del biglietto d'ingresso per i partecipanti alla corsa, ritenendo questa un'azione di promozione e di valorizzazione, ritenendo che, peraltro, sarebbe assurdo chiedere dei canoni, quando una manifestazione è sostenuta dall'ente regionale e dal Consorzio stesso.
Ora, le cose sono andate come lei, Consigliera Caputo, ha dettagliatamente detto. Io ovviamente ho preso una posizione, una posizione pubblica, perch questo non è che la punta di diamante di un problema della nostra Regione.
Non è solo questa vicenda, ma queste difficoltà esistono anche per altre iniziative che noi facciamo, ovvero i Parchi Reali.
Tuttavia, è sotto l'occhio di tutti che tipo di evoluzione ha avuto la Reggia di Venaria, l'evoluzione di Racconigi e, ancor più, di Aglié e di Villa della Regina.
La gestione del Polo risulta, credo in modo evidente, insufficiente a garantire la valorizzazione di un patrimonio: quello delle Residenze reali sabaude; Residenze nei confronti delle quali, peraltro, come Regione siamo particolarmente impegnati, poiché questo patrimonio è una risorsa del nostro territorio e i nostri Sindaci vedono in tale patrimonio una possibilità di recupero di posti di lavoro che magari abbiamo perso nella manifattura, dunque vedono i nostri beni culturali come una speranza. E noi naturalmente non possiamo permetterci di avere un atteggiamento burocratico e ostativo rispetto a quelle azioni di valorizzazione che si cercano di mettere in atto.
Io credo che il problema sia molto più ampio e molto più profondo e che sia ora di affrontarlo definitivamente. Per questo motivo, ho scritto immediatamente al Ministro Bonisoli chiedendo un appuntamento per affrontare questo problema e, naturalmente, valutare insieme le eventuali soluzioni.
Voglio ricordare, peraltro, che nei mesi precedenti la Giunta regionale ha comunicato l'intenzione di avviare un percorso, ai sensi dell'articolo 116 comma 3, della Costituzione, volto alla richiesta di ulteriori forme di autonomia, tra cui quella relativa alla valorizzazione dei beni culturali.
Voglio anche ricordare che lo Statuto del Consorzio di Venaria è stato trasformato in Consorzio delle Residenze sabaude proprio perché riteniamo che questa gestione sia una gestione penalizzante non solo per i beni culturali stessi, ma soprattutto per i territori a essi connessi, che hanno il diritto di avere quello sviluppo e quella capacità di attrattiva turistica che ha, per esempio, Venaria.


Argomento: Linee elettriche

Interrogazione a risposta immediata n. 2170 presentata da Bona, inerente a "Postazione radio per le emergenze di Lusentino"


PRESIDENTE

Trattiamo ora l'interrogazione a risposta immediata n. 2170.
La parola al Consigliere Bona per l'illustrazione.



BONA Angelo Luca

Grazie, Presidente.
L'interrogazione ha ovviamente un carattere di sollecitazione e, più che una risposta, gradiremmo ascoltare quando sarà risolto questo problema piuttosto grave.
In data 27 aprile (un mese e mezzo fa, quasi due mesi) è stata sganciata la linea elettrica dalla centrale del Lusentino, località Casavera, che come impianti installati ha il 118 Emergenza sanitaria, il 118 Elisoccorso, la Protezione Civile regionale, le ambulanze ANPAS, la Croce Rossa Italiana, i Vigili del Fuoco e i Carabinieri Forestali, lasciando ovviamente senza corrente, quindi senza possibilità di comunicare, i servizi di emergenza.
Si è andati avanti con i pannelli elettrici, che ovviamente vanno a singhiozzo (funzionano soltanto di giorno e non di notte) e quindi c'è tutto il servizio d'emergenza dell'Ossola che deve dipendere dai telefonini, oltretutto in un'area montana dove le linee del telefono sono notoriamente molto più rare, insomma dove è più difficile comunicare perch ci sono ampie zone che non hanno campo.
Si sono susseguite diverse riunioni e diversi solleciti; c'è una lettera di richiesta di aiuto del Presidente della Provincia datata 28 maggio indirizzata anche al Vicepresidente Reschigna, però nessuno di questi incontri e nessuna di queste lettere è riuscita a sortire un effetto.
Già nel 2016 c'era stato un problema di questo genere: in quel caso era stata la Protezione Civile regionale a intervenire direttamente con un gruppo elettrogeno fino a quando il collegamento elettrico era stato ripristinato, seppur con una soluzione ponte. Ora si è di nuovo guastato e siamo da un mese e mezzo senza i servizi di emergenza sull'Ossola, quindi la domanda è: quanto e cosa sta facendo la Regione? Anche e soprattutto perché abbiamo di fronte la stagione in cui ci sono le escursioni in montagna e l'assenza del servizio non è assolutamente procrastinabile.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore alla Protezione Civile

Grazie, Presidente.
Quanto richiamato nella primavera scorsa ha determinato un intervento delle batterie a tampone che hanno garantito la funzionalità per alcuni giorni (fino a sette giorni consecutivi), con spegnimento completo degli apparati per periodi contenuti. Lo spegnimento degli apparati situati nel sito di Lusentino non compromette comunque l'intera funzionalità della rete, ma la riconfigurazione automatica in modalità di emergenza delle stazioni ripetitrici a monte che, con i relativi satelliti, continueranno a garantire la funzionalità di una rete locale per la copertura del territorio di competenza.
Sono invece compromessi i collegamenti locali del territorio a monte con la sala operativa di Torino e parzialmente ridotte le comunicazioni nelle aree servite dalle postazioni di Lusentino e Toceno. Al ripristino dell'energia elettrica da parte del fornitore, quindi alla riaccensione automatica di Lusentino, il sistema torna a funzionare automaticamente nella sua configurazione completa.
Allora, cosa si è fatto immediatamente? Sono state intraprese le azioni di monitoraggio in continuo dell'alimentazione della funzionalità degli apparati radio presenti sul sito; è stata fatta anche una visita di manutenzione mirata degli apparati sul sito da parte della ditta manutentrice della rete; sono state comunicate a ETE S.r.l. le criticità riscontrate; si è predisposto, in accordo con la ditta manutentrice, in pronta partenza una batteria tampone da sostituire in caso di prolungata disalimentazione del sito; infine è stato predisposto in pronta partenza un generatore da utilizzare nel caso di disalimentazioni prolungate degli apparati in concomitanza di eventi di protezione civile.
Le attività da intraprendere nel medio e lungo periodo riguardano non l'intera infrastruttura di telecomunicazioni, ma soltanto la salvaguardia dagli apparati radio di protezione civile. In primis, la predisposizione di un'alimentazione a pannelli elettrici per la ricarica automatica delle batterie tampone, da effettuarsi in economia a mezzo della ditta manutentrice della stazione radio e con l'autorizzazione delle società ospitanti. Tale soluzione, adottata finora unicamente dai Vigili del Fuoco viene verificata solo in questi giorni con sopralluogo previsto in settimana, in quanto il sito nella tarda primavera è stato inaccessibile al traffico veicolare a causa della copertura nevosa. Essa comunque risulterebbe non definitiva, visto il probabile basso rendimento dei pannelli nel periodo invernale.
Il secondo intervento è la ricollocazione degli apparati radio in un altro sito. L'attività è onerosa e comporta un'importante riconfigurazione della rete radio il cui costo è stimato in circa 70.000 euro. Anche questa seconda attività è in corso di valutazione sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista economico-finanziario nell'ambito delle risorse assegnate al Settore Protezione Civile per l'anno in corso.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Valmaggia.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione a risposta immediata n. 2173 presentata da Sinatora inerente a "Presunto inquinamento presso sito area FIRSAT di Moncalieri"

Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione a risposta immediata n. 2182 presentata da Bertola, inerente a "Bonifica ex FIRSAT, Moncalieri (TO)"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame delle interrogazioni a risposta immediata n. 2173 e n. 2182, cui risponderà l'Assessore Valmaggia.
La parola al Consigliere Sinatora per l'illustrazione dell'interrogazione a risposta immediata n. 2173.



SINATORA Benito

Grazie, Presidente.
A Moncalieri esistono realtà urbanistiche irrisolte a causa dell'inerzia politica che ha pervaso stranamente la sinistra che ha amministrato per vent'anni Moncalieri, sul cui territorio si trovano numerosi siti industriali dismessi, fra i quali c'era anche la mia ILTE. Uno di questi è la FIRSAT. Su quell'area intervenne già la Procura nel 2009, per l'amianto ora questa "bomba ecologica" si ripresenta in termini d'inquinamento del suolo.
Premetto che la società FIRSAT, industria per la produzione di radiatori per autoveicoli, presente a Moncalieri da tempi remoti, venne chiusa definitivamente negli anni Novanta, che la produzione prevedeva l'utilizzo di metalli pesanti e che, in data 5 dicembre 2017, con lettera protocollo n. 52500, l'ASL di TO5, riscontrando una lettera dei Comitati di borgata (Borgo San Pietro 1, Borgo San Pietro 2, Borgo Mercato) informava che il servizio ASL TO5, Azienda Sanitaria Locale di Chieri, Carmagnola Moncalieri e Nichelino, Dipartimento di prevenzione igiene e sanità pubblica, sede distrettuale di Carmagnola, si era attivato al fine di acquisire informazioni in merito alla bonifica dell'area ex FIRSAT richiesta con lettera protocollata n. 49845 del 20 novembre 2017.
Per gli aspetti di competenza istituzionale l'ASL TO5 riferì: "L'area delimitata da Via G. Vico, a Nord, Strada del Vignotto, a Ovest, tratta ferroviaria Torino-Alessandria a Est e torrente Sangone a sud, nella quale sono presenti diversi edifici industriali dismessi, è stata a suo tempo acquistata da AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po), al fine di dar corso ai lavori di sistemazione idraulica della sponda sinistra del torrente Sangone. Nel 2016 l'AIPO, dopo aver effettuato saggi espropriativi del terreno, rilevava la situazione di potenziale contaminazione del sottosuolo e, in qualità di soggetto interessato non responsabile effettuava relativa notifica, ai sensi dell'articolo 245, comma 1 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i".
La lettera è stata indirizzata ad ARPA, alla Città metropolitana di Torino Servizio Gestione rifiuti e bonifiche e politiche e, per conoscenza, al Sindaco del Comune di Moncalieri. Nel mese di aprile 2006, il Comune di Moncalieri comunicava all'AIPO in qualità di soggetto proprietario e titolare delle attività presso l'area, l'avvio del procedimento amministrativo finalizzato all'esecuzione degli interventi di competenza per la messa in sicurezza e bonifica del sito, ai sensi degli articoli 242 242 bis, 245 e 249 del D.Lgs. 152/06.In riferimento a quanto sopra, la richiesta rivolta agli enti destinatari della lettera ASL TO5, per quanto di conoscenza e di competenza, di fornire parere circa la potenziale contaminazione di cui trattasi e l'eventualità che la situazione possa presentare problematiche di tipo igienico-sanitario coinvolgenti la popolazione, non ha ottenuto riscontro alcuno.
A distanza di sei mesi, nulla ancora è stato fatto per la messa in sicurezza del sito contaminato, lasciando l'area disponibile al libero accesso, senza sorveglianza e senza segnaletica alcuna.
S'interroga per conoscere quali iniziative intende intraprendere per la tutela della salute pubblica, intervenendo a sollecitare gli enti preposti alla messa in salvaguardia dell'area propedeutica a una sua bonifica.



PRESIDENTE

Grazie, collega Sinatora.
La parola al Consigliere Segretario Bertola, che interviene in qualità di Consigliere, per l'illustrazione della sua interrogazione, la n. 2182.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Parliamo appunto dell'area interessata dall'ex stabilimento della FIRSAT uno stabilimento che ha cessato la sua attività alla fine degli anni Novanta. Questa è diventata una delle tante aree industriali dismesse di Moncalieri e, diciamo, quella che dal punto di vista ambientale presenta le maggiori criticità: un capannone fatiscente, pieno di rifiuti e spesso anche oggetto di occupazione abusiva da parte di diverse persone che purtroppo, vivono in condizioni molto precarie.
Negli anni, diverse volte il problema è stato portato all'attenzione del Consiglio comunale con richieste che riguardavano sia lo sgombero degli occupanti abusivi, sia la bonifica ambientale dell'area. Tra l'altro segnalo che a pochi metri dallo stabilimento ex FIRSAT c'è una scuola quindi ci sono dei bambini che quotidianamente vivono lì vicino.
Si arriva al 2017, quando si sono mobilitati anche i Comitati di borgata vicini allo stabilimento, Borgo San Pietro 1, Borgo San Pietro 2, tra l'altro, nel quale risiedo io, il mio Comitato di borgata, Borgo Mercato per avere chiarimenti da parte dell'ASL. Essendo un problema di salute pubblica, si sono giustamente rivolti all'ASL TO5, la quale si è attivata per avere informazioni sulla bonifica dell'area. Quest'area, appunto risultava essere una "bomba ecologica", poiché già nel 2016, dopo aver effettuato dei saggi esplorativi, si era rilevata la situazione di potenziale contaminazione del sottosuolo e si era notificata la questione.
Ancora nel 2016, il Comune di Moncalieri comunicava all'AIPO, in qualità di soggetto proprietario e titolare dell'attività presso l'area, l'avvio del procedimento amministrativo finalizzato all'esecuzione degli interventi di competenza per la messa in sicurezza e bonifica del sito. Perché l'AIPO? Perché in quella zona occorre fare anche dei lavori di sistemazione delle sponde del fiume, poiché siamo anche sulle rive del fiume Sangone.
A oggi, però, nulla è stato fatto per la messa in sicurezza e bonifica di quest'area dismessa. A questo punto, ci rivolgiamo alla Giunta regionale per chiedere quali interventi siano previsti o se siano previsti degli interventi per garantire la sicurezza e soprattutto la salute dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
Premetto che quanto riferirò proviene soprattutto dall'ARPA Piemonte e dalla Città di Moncalieri, che sono i due soggetti deputati e non tanto la Regione. Parto dall'ARPA. Nel 2017, il 20 novembre, è pervenuta segnalazione relativa all'inquinamento del sottosuolo rilevato a seguito di sondaggi effettuati dall'AIPO per la sistemazione degli argini del Sangone.
Con lettera prot. 52500, citata nell'interpellanza, da parte dell'ASL TO5 sono stati coinvolti gli enti interessati alla valutazione del potenziale inquinamento, nonché i soggetti deputati alla caratterizzazione dello stesso e all'avvio delle procedure di bonifica. La richiesta è stata riscontrata dall'ARPA con nota prot. 55088 del 21/12/2017, dalla quale si evince quanto segue: "Si evidenzia che, per quanto riguarda la situazione spondale, il relativo rinvenimento di potenziale contaminazione delle matrici ambientali, a seguito di incontri e tavoli tecnici, è in via di definizione la procedura dell'iter di bonifica, ai sensi della normativa vigente e si rimane in attesa del relativo documento tecnico oggetto di futura valutazione. Allo stato attuale, non risultando pervenuto alcun documento tecnico da valutare, si rimanda al Comune titolare del procedimento per conoscere lo stato di avanzamento e individuare i motivi della sua interruzione, evidenziando comunque che risulterebbe necessario se non già realizzato, procedere alla delimitazione dell'area e alla segnalazione del divieto di accesso come condizione". Questo è quanto ci dice ARPA.
Nel 2018 (fonte Città di Moncalieri), con nota prot. 2017 del 12/01/2018 la Città di Moncalieri chiarisce lo stato del procedimento in questione indicando che la bonifica dei materiali contenenti amianto è stata completata in data 27/01/2017. L'area.



PRESIDENTE

Chiedo scusa, Assessore.
Possiamo avere un po' più di silenzio da parte della barcaccia, in modo da permettere ai Consiglieri di ascoltare la risposta dell'Assessore? Grazie.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Dicevo: l'area Fogli 1, mappali 1506 e 1507 è presente nell'Anagrafe Siti Contaminati. L'AIPO, con nota 18108 del 24 marzo 2016 ha notificato una situazione di contaminazione. La Città di Moncalieri, con nota 22401 del 15 aprile 2016, ha dato avvio al procedimento per l'individuazione e l'esecuzione degli interventi di bonifica. La Città di Moncalieri ha attivato un "tavolo tecnico", di cui l'ultima convocazione risale al 26 settembre 2017.
Il breve tempo a disposizione tra la presentazione dell'interpellanza e la non completa congruità delle informazioni reperite presso gli enti di controllo non consentono di accertare univocamente lo stato effettivo del procedimento della bonifica e l'univoca definizione dell'area. Il sito in anagrafe non corrisponde in toto a quello citato nell'interpellanza. Alla Città metropolitana non risulta attivata nessuna procedura e si ritiene pertanto, necessario un ulteriore approfondimento della situazione per verificare e allineare le informazioni sin qui reperite.
Si provvederà, comunque, in ogni caso, a sollecitare al Comune di Moncalieri una tempestiva ripresa del procedimento di bonifica.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Valmaggia; lei ha concluso le sue interrogazioni.


Argomento: Sicurezza sul lavoro

Interrogazione a risposta immediata n. 2174 presentata da Batzella inerente a "Aggiornamenti sull'impianto antincendio alla Certosa di Collegno, sede centrale dell'ASL TO3"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 2174.
Al posto dell'Assessore alla sanità risponderà l'Assessora Pentenero.
La parola alla Consigliera Batzella per l'illustrazione.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
È dal mese di ottobre che le rappresentanze sindacali FSI segnalano alla Direzione generale, al Servizio tecnico e al Servizio di prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro forte preoccupazione per la sicurezza dei lavoratori e dell'utenza della sede centrale dell'ASL TO3 di Collegno, in via Martiri del 30 aprile, a causa del possibile non funzionamento della stazione di pompaggio dell'impianto antincendio idrico. L'impianto è posizionato sotto il padiglione 1 e serve l'intera rete antincendio, ad esclusione del poliambulatorio di Villa Rosa.
La segnalazione nasce dal fatto che l'allarme non è scattato e la stazione di pompaggio non si è attivata durante un'ingente perdita di acqua nel mese di ottobre 2017, sotto i locali del padiglione 3, che si è protratta per diversi giorni. Da qui, il sospetto del probabile non funzionamento della stazione di pompaggio e il timore che in caso d'incendio non potrà essere utilizzata la stessa rete, mettendo in pericolo lavoratori e utenti.
Il 19 gennaio 2018 ho effettuato un sopralluogo per verificare le segnalazioni ricevute e ho potuto constatare di persona che le manichette di un idrante a muro esterno UNI 45, posizionato nel corpo centrale dalla Certosa, erano tagliate e quindi sprovviste di raccordo in ottone che si collega al rubinetto e del raccordo che si collega alla lancia. Ho anche potuto notare che, apprendo il rubinetto, l'acqua che fuoriesce ha una scarsa pressione e non si è neppure attivato alcun segnale di allarme dalla stazione di pompaggio.
Oltre a ciò, ho ancora avuto modo di verificare la scarsa pressione d'acqua di un idrante a muro che è posizionato nel padiglione 3. Nella seduta del Consiglio regionale dello scorso 23 gennaio, rispondendo all'interrogazione n. 1954, che ho presentato all'Assessore Saitta su questo tema, l'Assessore ha dichiarato: "L'ASL TO3 ha affidato, in data 4 dicembre 2017, un incarico a un professionista esperto per le opportune valutazioni sull'appropriatezza dell'impianto antincendio dalla Certosa di Collegno, in merito agli aspetti manutentivi e della rispondenza della norma. La valutazione del rischio incidenti sarà effettuata in tempi estremamente rapidi".
Lo scorso giovedì 14 giugno ho effettuato un altro sopralluogo per verificare lo stato dell'impianto antincendio e, a malincuore, ho potuto constatare che a distanza di mesi nulla è cambiato. Le manichette degli idranti sono ancora tagliate e sono sprovviste dei raccordi, la pressione dell'acqua è scarsa e la stazione di pompaggio appare in un completo stato di abbandono.
Interrogo l'Assessore per conoscere quali siano le valutazioni espresse dal professionista esperto incaricato dall'ASL TO3 in data 4 dicembre 2017 sull'appropriatezza dell'impianto antincendio alla Certosa di Collegno, nel rispetto della normativa cogente e in considerazione del fatto che, a oggi nulla è cambiato.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
A nome dell'Assessore Saitta, rispondo quanto segue.
La Certosa di Collegno non risulta essere assoggettata ad autorizzazione per le attività amministrative svolte. Nel tempo, infatti, sono state modificate le attività al suo interno: la Certosa è passato da complesso ospedale psichiatrico ad attività uso uffici amministrativi e sanitari.
Nella fattispecie, come verificato dai Vigili del Fuoco in data 27 marzo 2018, le uniche attività soggette a controllo dei Vigili del Fuoco risultano essere quelle che mi appresto a enumerare.
Attività archivi, che interessa tra l'altro l'ex cucina, per la quale è in conclusione l'incarico svolto dal professionista incaricato.
Attività RSA "Maria Barbero", padiglione 19: attività volturata al gestore "Nuova Assistenza S.p.A.".
Attività RAF padiglione 11: attività volturata al gestore "Nuova Assistenza S.p.A".
Attività 68 Poliambulatorio con superficie maggiore ai cinquecento metri quadrati che interessa il padiglione 17 e il padiglione 1: per entrambi è stata presentata prima SCIA, ai sensi del DM 19 marzo 2015 rispettivamente in data 20 novembre 2017 e 26 marzo 2018.
Attività Centrale Termica: volturata al concessionario Antas S.r.l.
Si precisa altresì che il Poliambulatorio di Villa Rosa, in via Torino 1 ha ottenuto il regolare Certificato Prevenzione Incendi. Secondo quanto dichiarato dal professionista incaricato dall'ASL stessa, per le attività amministrative presenti nei singoli padiglioni risulta essere sufficiente la sola presenza degli estintori.
A favore della sicurezza si provvederà a valutare, caso per caso l'opportunità di utilizzare l'impianto idranti esistente, sostituendo gli idranti con i naspi, che risultano essere collegati alla normale rete idrico-sanitaria presente in tutti i padiglioni.
L'impianto di surpressione esistente risulta essere funzionante relativamente alla linea alimentante i Padiglioni dispari e l'archivio (ex cucina). La rete di distribuzione posta nei cantinati di tutta la Certosa presenta alcune criticità dovute alla presenza di correnti vaganti che causano forature nelle tubazioni in acciaio. Anche per questo motivo è stata valutata l'ipotesi di intervenire, come sopra citato, con la posa di nastri, dismettendo l'impianto di spegnimento antincendio a idranti (rete e impianto di surpressione).


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Interrogazione a risposta immediata n. 2175 presentata da Grimaldi inerente a "Piemonte: Come uscire dai derivati"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2175.
La parola al Consigliere Grimaldi per l'illustrazione



GRIMALDI Marco

Come sapete, nel 2006, in base a una delibera di Giunta, la n. 135-3655, la Regione ha emesso un prestito obbligazionario per un importo complessivo di un miliardo e 800 milioni di euro di durata pari a trent'anni e con rimborso del capitale in un'unica soluzione.
In data 16-11-2006, la Dexia Crediop e Regione Piemonte hanno sottoscritto un contratto di Amortising Swap per un valore nozionale pari a 600 mila euro come successivamente documentato.
Con una delibera successiva, nel 2012, la Giunta della Regione ha annullato in autotutela la delibera n. 135-3655 del 2006, nella quale la Giunta procedeva all'autorizzazione dello Swap.
Nel 2012, considerando le contestazioni dello Swap da parte della Regione e l'annullamento in autotutela, le società di rating Moody's e Fitch hanno effettuato un downgrade del rating attribuito alla Regione.
Nel 2012 la Dexia Crediop ha promosso invece un giudizio dinanzi al TAR chiedendo di annullare la delibera di annullamento. Il TAR ha poi dichiarato inammissibili le domande proposte per difetto giurisdizionale del Giudice amministrativo.
In precedenza, tra l'altro, la stessa Dexia Crediop aveva promosso un giudizio contro la Regione dinanzi, di fatto, all'Alta Corte della Giustizia di Londra.
Che cosa succede? Ve lo dico in termini semplici. Successivamente, in data 27 aprile 2015, la Giunta regionale ha approvato la deliberazione n. 1-329 (deliberazione in merito all'accettazione alla proposta definitiva da parte di Dexia Crediop) con la quale, alla luce delle premesse che vi ho citato ha stipulato un accordo transitivo in cui le parti riconoscono espressamente che lo Swap è ancora valido.
Cosa vuol dire? Che la Regione pagherà, pertanto, a Dexia Crediop 64 milioni di euro quali importi già scaduti, i differenziali, cioè in negativo, e non ancora corrisposti.
Inoltre la Regione s'impegna, irrevocabilmente, a pagare tutti gli importi dovuti ai sensi dello Swap. Sottolineato che stando a quanto premesso, in sintesi, nel 2006 la Regione ha effettuato un'emissione obbligazionaria e successivamente, ha tentato di annullarla. L'emittente, a fronte di ciò, ha presentato ricorso al TAR, considerato che gli strumenti di tassi di interessi derivati sono prodotti finanziari, quali il Forward Rate Agreements, Interest Rate Swaps o Interest Rate Option, utilizzati dalle imprese per gestire i rischi di fluttuazione dei tassi di interesse. Tali strumenti derivano dal loro valore del livello del tasso di interesse di riferimento per l'euro, con il tasso di interbancario (Euribor), tasso marginale in euro.
Il tasso Euribor ha lo scopo, appunto, di riflettere il costo dei prestiti interbancari. Cosa recita l'articolo 1 - è un po' difficile, per cui arrivo all'ultimo, Presidente - del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea? Vieta espressamente la formazione di cartelli e altre pratiche commerciali restrittive della libera concorrenza.
Che cosa è successo? Nel 2016 la Commissione Europea ha inflitto un'ammenda (quindi dopo che noi, nel 2015, avevamo chiuso questa partita), dicendo che alcune di queste grandi banche avevano partecipato a un cartello per dei derivati del tasso di interesse. Le banche si erano quindi segretamente accordate su componenti del prezzo di derivati a tasso di interesse.
Precedentemente, alcune di esse hanno infranto un'analoga regola accettando addirittura di pagare una multa.
Le pratiche contrarie alla concorrenza sui tassi di interesse di riferimento emerse in svariati casi hanno fatto sì che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha adottato, su proposta della Commissione, un nuovo Regolamento sugli indici di riferimento.



PRESIDENTE

Vada alla domanda.



GRIMALDI Marco

Lo so, è difficilissimo, però.



PRESIDENTE

No, c'è un rispetto dell'Aula che però deve essere anche considerato.
Collega Grimaldi, concluda.



GRIMALDI Marco

La Commissione ha comminato sanzioni a queste imprese.
Noi interroghiamo l'Assessore per sapere se la Giunta intende procedere ad approfondimenti della situazione in oggetto, al fine di verificare se esistano gli estremi per una richiesta di risarcimento da parte di Dexia Crediop, ma, soprattutto, essendo questa sentenza della Commissione successiva alla chiusura di quella lunga pratica, se la Regione Piemonte vuole contestare quello che è successo in quegli anni attraverso la pratica dei derivati.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Grimaldi.
La parola all'Assessora Pentenero, ricordando che la Giunta ha al massimo cinque minuti per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
Per rispetto dell'Aula e per ottemperare a quanto il Regolamento prevede proverò a fare una sintesi di un tema che, tecnicamente, è molto complesso e per il quale le soluzioni che sono state prospettate dal Consigliere mi sembrano non essere molto evidenti. Proverò, comunque, a fare una sintesi.
Innanzitutto, la manipolazione del tasso Euribor è stata acclarata da due decisioni dell'Unione Europea, rispettivamente del 2013 e del 2016.
Partendo da questo presupposto, alcune banche hanno partecipato ad aggiustamenti nel settore EIRD (quello che è collegato al tasso Euribor) consistenti nelle seguenti pratiche occasionali di alcuni agenti finanziari: . comunicavano e/o ricevevano preferenze per una quotazione invariata (bassa o alta) di certi tenori dell'Euribor; quelle preferenze dipendevano dalle loro posizioni commerciali o dalle esposizioni . comunicavano e/o ricevevano da ciascun altro informazioni dettagliate non pubblicamente note o disponibili, sulle posizioni commerciali o sulle presentazioni future di Euribor per certi tenori di almeno una delle loro rispettive banche . esploravano le possibilità di allineare le loro posizioni commerciali sulla base delle informazioni che avevano ricevuto . esploravano le possibilità di allineare almeno una delle prestazioni delle loro banche per future Euribor sulla base di tale informazioni.
Al netto di questi atteggiamenti che le banche hanno potuto utilizzare, la Commissione ha mosso rilievi alle sole banche sopra indicate (Crédit Agricole, JP Morgan Chase, Barclays, Deutsche Bank e Société Générale) mentre non è stato mosso alcun rilievo alle banche italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit, MPS, UBI) che partecipano al panel per la determinazione del tasso Euribor.
I precedenti giurisprudenziali di merito che hanno affrontato la fattispecie della nullità per la determinazione del tasso attraverso il parametro stabilito dall'Euribor sono di segno opposto. Il Tribunale di Palermo V Sezione Civile, la stessa Sezione e relatore nella data del 17 febbraio 2016, ancora la stessa Sezione V del 5 aprile 2016 con motivazione leggermente diversa rispetto alla sentenza precedente, e prima ancora il Tribunale di Udine, con sentenza n. 113 del 2013, con la seguente motivazione in sostanza simile hanno affermato: "Se è vero che le singole banche che contribuiscono alla determinazione dell'Euribor possono influenzarne l'ammontare, ciò non basta di per sé solo a dimostrare l'esistenza di accordi tra le banche interessate dirette ad influenzare la determinazione del tasso attraverso la verifica concordata del tasso di deposito da ciascuna di esse applicato nei rapporti con gli altri istituti di credito, così da dimostrare che l'intero meccanismo è illecito".
I precedenti giurisprudenziali per quanto attiene il tasso Euribor per i prestiti sono: sentenza del Tribunale di Marsala, sentenza del Tribunale di Milano e sentenza del Tribunale di Sciacca.
Secondo la sentenza del Tribunale di Marsala, "la manipolazione del tasso è possibile, ma è evidente che un'intesa siffatta può determinare violazione dell'articolo 110 del Trattato dell'UE, ma soltanto a condizione che: 1) sia approvata l'intesa manipolativa; 2) dell'intesa sia parte la banca in questione. Nulla di tutto ciò è stato allegato, né tantomeno provato nell'odierno giudizio", del quale si fa merito all'interno dell'interrogazione.
Con la sentenza del Tribunale di Milano, quella del 2016 e del 2014, il Collegio rileva che le contestazioni articolate dagli attori in tema di violazione della legge n. 287/1990 sono del tutto generiche e non supportate da adeguati riscontri probatori.
Vengono citati ulteriori riferimenti ad altre sentenze, oltre a quella di Milano, che produrremo al termine dell'interrogazione.
In sintesi, tutta la giurisprudenza a nostra disposizione non pare deporre per una chiara e definitiva possibilità di intraprendere con successo ulteriori cause o liti con le banche oggetto del prestito EMTN del 2006 a favore della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora.


Argomento: Referendum abrogativo e consultivo

Interrogazione a risposta immediata n. 2176 presentata da Policaro inerente a "Referendum per il passaggio della Provincia del VCO in Lombardia"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2176 presentata dal Consigliere Policaro, che la illustra; ne ha facoltà.



POLICARO Giuseppe Antonio

Abbiamo appreso con molta preoccupazione ciò che è già conosciuto, ovvero della richiesta da parte di più di 5.000 cittadini di un referendum che ha l'obiettivo di valutare il passaggio della provincia del Verbano-Cusio Ossola alla Regione Lombardia.
Se prima facie - in un primo momento -può apparire solo una provocazione, è anche vero che, a fronte di una richiesta come quella di cui si discute, si avverte comunque un forte disagio e una forte contestazione, anche di carattere politico, nei confronti delle azioni o, meglio, delle non azioni portate avanti dalla Regione Piemonte.
Esprimendo quindi molta preoccupazione per ciò che accade, chiediamo quale sia l'idea e quali siano le risposte che la Regione e la Giunta vorranno dare ai numerosissimi cittadini, posto che, va sottolineato, più di 5.000 firme rappresentano quasi il cinque per cento della popolazione del Verbano Cusio-Ossola. Chiediamo quali possano essere le risposte, anche nella speranza che iniziative analoghe non si ripresentino in altre province del Piemonte considerate lontane da Torino.
Ultima osservazione. Dovrà pronunciarsi a breve, in ogni caso, la Corte Costituzionale, ma a prescindere da quella che sarà la risposta, ribadiamo che c'è una grande attenzione sul tema e chiediamo con insistenza che la Regione si parte attiva e magari, perché no, crei dei momenti di ascolto nei confronti del comitato referendario che, ribadisco, è molto ascoltato nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
La stessa preoccupazione manifestata dal Consigliere Policaro è una preoccupazione che ovviamente è anche all'interno della Giunta e da parte del Vicepresidente Reschigna ha destato forte preoccupazione, così come la necessità di dedicare maggiore attenzione alle tematiche che vengono poste da quei territori. Quindi, è bene ribadire che l'attenzione che noi dedicheremo nei confronti del VCO, come nei confronti di ogni provincia piemontese, in una logica che passa attraverso il riconoscimento delle diversità e delle pluralità dei sistemi territoriali, è il nostro principale obiettivo, come lo è stato in questi anni e lo sarà ovviamente ancora di più in un momento in cui si manifesta questo tipo di intenzione per il futuro.
Questa attenzione si sviluppa nel riconoscimento del VCO, con legge regionale, quale Provincia esclusivamente montana. È stata riconosciuta all'interno della legge regionale come una zona in cui il tema della montagna è al centro dell'attenzione così come le successive funzioni aggiuntive che, sempre con legge regionale, sono state attribuite, anche favorendo un maggiore riconoscimento di risorse, collegato a quella territorialità molto particolare che caratterizza i territori montani.
L'attenzione si manifesta anche con la redazione di un progetto di un Ospedale Unico che, come sapete, è in fase di definizione, nel sostegno ad interventi importanti in ambito turistico, culturale e in termini di infrastrutture, come ad esempio la Statale 34, per la quale sono destinati 25 milioni di euro sui Fondi FSC, e la statale 337 della Valle Vigezzo.
Chi sostiene la tesi di una mancata attenzione da parte della Regione Piemonte nei confronti del VCO è evidente che non conosce l'insieme degli impegni e delle attenzioni reali e concrete assunte da questa Amministrazione regionale. Probabilmente bisognerà prestare maggiore attenzione alla comunicazione, proprio per cercare di raccontare e di determinare meglio quella che è stata l'attenzione dedicata in questi anni.
Sono altrettanto note a questa Amministrazione regionale le condizioni difficili nelle quali versano le Province, e quindi anche la Provincia del VCO, accentuata da una non corretta gestione passata che ha visto arbitrariamente l'iscrizione nel proprio Bilancio di ingenti crediti nei confronti della Regione che oggi non trovano il necessario corrispettivo nel Bilancio della Regione stessa.
In questo contesto il Vicepresidente considera sbagliata e fuorviante la proposta di passaggio alla Regione Lombardia. Rimane forte l'attenzione e la disponibilità, anche tenuto conto di atti di indirizzo votati dal Consiglio regionale stesso, ad identificare il confronto con la Provincia per trovare adeguate soluzioni. In questo senso, nei prossimi giorni si svilupperanno ulteriori incontri promossi dalla Regione Piemonte all'interno del territorio del VCO.


Argomento: Edilizia sanitaria e ospedaliera

Interrogazione a risposta immediata n. 2177 presentata da Graglia, inerente a "Attuazione dell'ordine del giorno n. 1385 relativo a 'Transazione vertenza relativa al Polo sanitario di Fossano'" (rinvio)


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2177.
Al posto dell'Assessore Saitta risponderà l'Assessore Pentenero.
La parola al Vicepresidente Graglia in qualità di Consigliere per l'illustrazione.



GRAGLIA Franco

Presidente, per recuperare tempo, la do per illustrata.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
Mi corre l'obbligo di scusare l'Assessore Saitta e il Vicepresidente Reschigna perché, stante la delicatezza e la complessità del tema posto nel question time, non è stato possibile nei termini previsti dopo la presentazione avere le adeguate e corrette informazioni in merito alla questione posta. Sarà cura dei colleghi rispondere nella settimana successiva.



PRESIDENTE

L'interrogazione n. 2177 sarà riproposta nella prossima settimana.


Argomento: Trasporti su gomma

Interrogazione a risposta immediata n. 2183 presentata da Campo, inerente a "Variante di Demonte" (rinvio)


PRESIDENTE

Anche l'interrogazione n. 2183 del Consigliere Campo, inerente a "Variante di Demonte", in assenza dell'interrogante, viene sospesa e rimandata alla prossima settimana.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione a risposta immediata n. 2178 presentata da Gallo, inerente a "Sviluppi vicenda Italia Online-ex SEAT Pagine Gialle"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2178, alla quale risponderà l'Assessora Pentenero.
La parola al Consigliere Gallo per l'illustrazione.



GALLO Raffaele

Grazie, Presidente.
La illustro brevemente, perché il tema SEAT-Pagine Gialle Italia Online è conosciuto e seguito anche dal Consiglio regionale ormai da tempo. Il question time verte sostanzialmente sugli ultimi incontri che si sono sviluppati sia presso il Ministero dello Sviluppo Economico in data 13 giugno con i rappresentanti istituzionali della Città di Torino e della Regione Piemonte, sia successivamente in questi giorni.
Con il question time si chiede un aggiornamento sulla vicenda in oggetto anche alla luce del fatto che - cito soltanto due dati nuovi - si apprende da fonti giornalistiche che anche il primo trimestre 2018 ha avuto dei risultati più che positivi per l'azienda, cresciuti circa del sei per cento rispetto al 2017. Sono state raggiunte quasi 11.000 adesioni sulla petizione aperta su Change.org contro il licenziamento dei dipendenti della Società. Pertanto, il question time verte su un aggiornamento in merito all'ultimo incontro al Ministero e a quelli successivi.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
Italia Online S.p.A., operatore leader nel mercato italiano della pubblicità digitale per grandi account e nei servizi di comunicazione per le piccole e medie imprese, nasce dalla fusione per incorporazione di SEAT Pagine Gialle, avvenuta il 20 giugno del 2016.
Pagine Gialle occupa a Torino circa 450 dipendenti, a cui si aggiungono 300 addetti della controllata Pronto SEAT, unitamente a molti altri lavoratori operanti nell'indotto.
In data 30 ottobre del 2016, presso il Ministero del Lavoro, è stato sottoscritto il verbale di esperite procedure in merito alla cassa integrazione straordinaria, richiesta da Italia Online stessa, per la casuale riorganizzazione aziendale.
Questo periodo di cassa è stato previsto per la durata massima di 24 mesi a decorrere dal 20 giugno del 2016, quindi fino al 19 giugno del 2018, per un numero massimo di 700 lavoratori operanti su tutto il territorio nazionale.
Nel mese di aprile, la società ha comunicato alle organizzazioni sindacali che unificherà la sede di Milano e di Torino, facendo convergere le attività su Milano, e ha avviato la procedura di licenziamento collettivo che comporterà la chiusura della sede di Torino, dove operano 489 lavoratori, dei quali 241 saranno trasferiti nella sede di Milano e 248 sarebbero in esubero. Sarebbero inoltre previsti altri 152 esuberi nelle altre sedi italiane dell'azienda stessa.
Poiché l'esubero riguarda più sedi del territorio nazionale, la procedura viene trattata per competenza al Ministero del Lavoro o al MISE, nella fase precedente alla procedura amministrativa.
L'Assessorato ha sempre seguito con attenzione la vicenda, chiedendo, sin dal 2016, chiarimenti ai vertici aziendali sulla ricaduta del piano, che è stato presentato sia in sede nazionale sia in sede piemontese.
Tra i mesi di marzo e aprile scorso si sono svolti diversi incontri al Ministero dello Sviluppo Economico, dove non abbiamo fatto mancare il nostro contributo, e il Ministero ha avanzato una proposta di mediazione su cui, tuttavia, le posizioni delle parti sono rimaste molto distanti.
In data 4 giugno scorso l'Assessorato al Lavoro ha incontrato i rappresentanti sindacali e nel corso dell'incontro è emerso che, dopo l'interruzione della trattativa al MISE, il confronto è proseguito ancora in sede sindacale nel mese di aprile, senza ulteriori passi in avanti.
Successivamente, il 13 giugno scorso le parti sono state convocate al Ministero del Lavoro, a cui hanno partecipato anche le altre Regioni interessate (Lombardia, Piemonte, Lazio e la Città di Torino stessa). Al tavolo è emersa la volontà di rinviare, in modo costruttivo, il sistema delle relazioni sindacali.
La Regione Piemonte intende sostenere e accompagnare tale percorso, al fine di giungere ad un esito positivo della vertenza. Per questo, insieme al Ministero del Lavoro è stato definito un calendario che ha visto un incontro in programma in questo momento a Roma, per il quale, da notizie informali che sono arrivate, si è richiesta una relazione dettagliata di risposta anche alle questioni che il sindacato ha posto. Penso, ad esempio al tema dell'utilizzo del contratto di solidarietà che in più occasioni il sindacato ha posto come soluzione al problema, ma per la quale la decisione dell'azienda sembra irremovibile.
Oggi è stata chiesta una relazione puntuale che sarà presentata al prossimo incontro del 28 giugno ed è fissato un ulteriore incontro per il 2 luglio che peraltro fisserebbe la data ultima in merito alla chiusura di tutta la procedura.
È evidente che passi in avanti ne sono stati fatti. Sono piccoli passi perché la posizione dell'azienda è una posizione tale per cui non è chiaro quale sia il piano che loro intendono mettere in atto (e questo riguarda in modo particolare il Piemonte), a fronte di una riorganizzazione che per sostanzialmente, prevede la cessazione di alcuni rami di azienda presenti all'interno del territorio piemontese.
L'atteggiamento della Regione è stato un atteggiamento volto a cercare di comprendere quali siano le reali misure e quale sia il reale piano occupazionale che loro intendano attuare all'interno della Regione Piemonte. Penso, ad esempio, alla newco, che durante la trattativa è stata proposta in più occasioni, ma che non vedrebbe certamente risolvere tutti i problemi di carattere occupazionale e che non può accontentarci rispetto alle attività che un'impresa, con la storia che ha rappresentato il Piemonte, quale SEAT, oggi Italia Online, potrebbe rappresentare per il Piemonte.
Pertanto, attendiamo ancora questi due incontri e la relazione per comprendere l'evoluzione. Sicuramente è un procedimento amministrativo che però, entro il 2 di luglio, dovrà avere una definizione, perch termineranno i termini previsti dalla legge per la chiusura della definizione dell'accordo.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora Pentenero.


Argomento: Tossicodipendenza

Interrogazione a risposta immediata n. 2179 presentata da Cassiani inerente a "Effetti della normativa regionale in materia di ludopatia"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
2179.
La parola al Consigliere Cassiani per l'illustrazione.



CASSIANI Luca

Grazie, Presidente, e buongiorno.
A seguito dell'approvazione della legge regionale 2 maggio 2016, entrata poi in vigore soltanto a gennaio di quest'anno, mi pare doveroso e giusto fare un primo punto sulla situazione attuale nella nostra regione.
Le regole stabilite, soprattutto sull'obiettivo di questa legge, cioè tutelare le fasce maggiormente vulnerabili della popolazione e contenere l'impatto del gioco d'azzardo patologico, a mio modestissimo parere, ma suffragato dalle notizie di stampa e dalle forze dell'ordine, in particolare della Guardia di Finanza, a oggi hanno provocato quella che come direbbero i filosofi, è un'eterogenesi dei fini.
Gli intenti della legge erano assolutamente condivisibili, perché è evidente che il gioco patologico è un problema sociale, anche se, per fortuna, colpisce esclusivamente una piccola fascia della popolazione.
Tuttavia, è anche vero che l'espulsione, attraverso il meccanismo del distanziometro, di tutta una serie di dispositivi di gioco, buttandoli in qualche modo fuori dalle cinte daziarie, quindi a oltre 500 metri da luoghi sensibili, ha provocato, in città come Torino, Alessandria, Novara e Asti quindi capoluoghi di Provincia, da una parte, il fatto che è nata una serie di mini casinò, dove al posto delle slot abbiamo le ULT, molto più impattanti (non è questa la sede per approfondire) e molto più pericolose dal punto di vista della ludopatia; dall'altra, ha incentivato una serie di sequestri di strumenti illeciti.
In qualche misura, l'illegalità ha utilizzato l'intento, assolutamente legittimo e anche condivisibile, di regolamentare questo settore e soprattutto, di evitare che ci fossero aumenti dell'incidenza della ludopatia, ma in questo modo si è determinato il ricorso a strumentazioni non consentite dalla legge.
Tutto ciò prima era controllato dall'ex amministrazione dei Monopoli di Stato, quindi collegato direttamente al Ministero, per quanto riguarda il controllo e anche la verifica fiscale di quelli che erano i dispositivi oggi è purtroppo affidato al fatto che in alcuni luoghi la maggioranza degli esercenti ha ottemperato, ha chiuso e in qualche modo bloccato il gioco sulle slot, ma in molti altri posti sono comparsi i famosi totem.
Questo lo dice la Guardia di Finanza, ce dicono i sequestri giornalieri continui e le notizie giornalistiche.
Si tratta di un problema; un problema perché in realtà, con un intento buono, forse si è in qualche modo lasciato uno spazio troppo grande alla criminalità organizzata che, a mio parere, purtroppo - come ben sappiamo è sempre presente quando capisce che c'è un'occasione per fare denaro illecitamente non pagando le imposte e, soprattutto, attirando (con l'inganno, ovviamente) i giocatori su determinate macchine che non hanno nessun tipo di controllo e anche nessun tipo di garanzia. Ciò ovviamente provoca i danni che noi sappiamo sia per i giocatori che non hanno garanzie, ma soprattutto per l'erario a causa della perdita economica poiché alla collettività in qualche modo viene a mancare questa somma ingente e questo costituisce un nocumento per tutti.
La mia domanda, per fare il punto su questa vicenda e alla luce di questi mesi, è sostanzialmente: concretamente, i benefici che in qualche misura si volevano ottenere dalla legge, si ritiene che siano ancora gli stessi di sei mesi fa, un anno fa, due anni fa, quando la legge è stata discussa e poi è entrata in vigore, oppure ad oggi forse una revisione di quell'obiettivo è da farsi? Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora regionale

Grazie, Presidente.
Innanzitutto mi corre l'obbligo di evidenziare un aspetto, ovvero che il Piano integrato dell'attività di contrasto, prevenzione, diagnosi e cura del gioco d'azzardo patologico è stato approvato in via definitiva dal Consiglio regionale nel mese di dicembre 2017, ma è stato sbloccato solo a maggio 2018 dal Ministero della Salute, che subito dopo l'approvazione del Piano aveva formalizzato una serie di osservazioni a gran parte delle Regioni e quindi anche alla Regione Piemonte, impedendo di fatto l'utilizzo delle risorse già assegnate e dunque l'avvio delle attività.
In seguito a ulteriore documentazione e chiarimenti presentati dalla Regione stessa, in data 4 maggio 2018, il Ministero ha espresso parere favorevole al Piano, sbloccando la quota del fondo per gioco d'azzardo patologico attribuita alla nostra Regione. Questo consente di dare attuazione alle diverse azioni che sono state indicate dal Piano prevedendo anche il potenziamento dei servizi sanitari dedicati alle dipendenze stesse, l'avvio delle campagne di informazione e prevenzione mirate, le attività di formazione e aggiornamento professionale rivolte ai gestori e al personale di sale gioco locali che ospitano le slot.
Per quanto riguarda tutti gli altri aspetti contenuti all'interno della legge regionale (individuazione dei luoghi sensibili, distanza minima competenze, sanzioni e norme transitorie), si sta lavorando per potenziare l'Osservatorio regionale istituito presso l'Azienda Torino 3 per far sì che tutti i dati di interesse regionale (i dati che sono in possesso della nostra Regione e che sono in possesso dell'Agenzia delle dogane) possano essere oggetto di una sintesi e di una valutazione attenta.
Tutte le Direzioni regionali coinvolte stanno collaborando con i Settori interessati, e tengo a sottolineare i diversi Settori che stanno lavorando oggi sul tema della ludopatia: la Sanità territoriale, il Settore della prevenzione, il Settore istruzione, il Settore Polizia locale e Autonomia locale, il Settore commercio, il Settore comunicazione istituzionale, il Settore formativo e il Settore informatico. Tutti stanno collaborando attivamente per dare attuazione ai diversi aspetti presenti nella legge fornendo i dati che sono in loro possesso e le informazioni che sono state richieste non solo attraverso la PEC istituita all'uopo, ma anche attraverso i diversi Settori dei diversi Assessorati.
Per quanto riguarda l'efficacia della legge stessa, va ricordato che il suo obiettivo principale è la prevenzione primaria e la limitazione del rischio di esposizione al gioco d'azzardo, finalità che si perseguono attraverso una rarefazione sia in termini geografici che temporali dell'offerta e una sua dislocazione in contesti che siano meno sensibili. Pertanto, una corretta modalità di misurare l'efficacia sarà quella di monitorare, nel corso degli anni a venire, sia attraverso le principali indagini nazionali (che sono gli studi che oggi abbiamo a disposizione), sia tramite i dati del servizio per le dipendenze, l'andamento della prevalenza dei soggetti problematici di cui veniamo conoscenza per il gioco d'azzardo nella nostra regione.
In secondo luogo, la finalità della legge è quella di ridurre l'esposizione all'offerta di gioco delle persone che sono già in trattamento per il disturbo del gioco d'azzardo e in faticosa remissione per ridurne il rischio e l'eventuale ricaduta. Solo in ultima analisi, come vantaggio secondario, la legge mira al contenimento della domanda, in particolare da parte dei soggetti a maggior rischio, ovvero i giocatori di apparecchi automatici, come ampiamente dimostrato dalla lettura scientifica dei dati nazionali dell'IPSAD 2017 e quindi per avere dati certi sulla riduzione del fenomeno ci andranno diversi anni. Per monitorare l'effetto preventivo delle recidive dei soggetti in trattamento è in corso un ulteriore studio su 1.500 giocatori della nostra regione.
Per quanto riguarda il gioco online che è stato citato all'interno del question time, concordiamo sul fatto che questo rappresenti potenzialmente un problema, l'ho presente non solo potenzialmente, ma anche da un punto di vista reale e oggettivo. Tuttavia, a oggi si possono fare soltanto supposizioni. È in corso di predisposizione uno studio dell'ASL TO3 che è stato fatto con il Politecnico di Milano per verificare se in Piemonte il gioco online sia cresciuto in modo superiore rispetto a quanto accade in altre parti d'Italia. Una volta acquisiti questi dati, potremo essere in grado di dare ulteriori giudizi e fare ulteriori valutazioni.
Il gioco illegale rimane tuttora un fenomeno quantitativamente marginale vista la massiccia continua espansione dell'offerta legale. I dati recenti dell'IPSAD 2017 ci dicono che meno del cinque per cento di gioco sono somme di denaro per le quali è stato praticato nell'anno precedente anche solo un'azione di gioco illegale. Di fronte a un cinque per cento di gioco legale, l'anno precedente hanno avuto almeno un'azione di gioco illegale.
Invece i dati relativi alla raccolta, cioè a quanto è stato giocato, ci dicono che, confrontando gli ultimi quattro mesi del 2017 con i primi del 2018, la raccolta con gli apparecchi automatici slot e VLT è scesa da 1.077 milioni a 987 milioni (meno di 90 milioni). Anche se diminuiscono molto le slot, aumentano però le VLT, che hanno altra forma di autorizzazione e di radicamento nel territorio; questo è un fenomeno che riguarda non solo la nostra Regione, ma tutte le Regioni italiane.
Tutti gli altri giochi indicati (lotterie istantanee, scommesse, lotto e quant'altro) salgono complessivamente di 38 milioni. Quindi, a fronte di una riduzione di 90 milioni, abbiamo un aumento di 38 milioni. Il fatto che siano diminuite soprattutto le giocate attraverso le slot e VLT è per s positivo e starebbe a indicare che l'entrata in vigore della legge ha avuto l'effetto di tutelare proprio i giocatori a maggior rischio per l'utilizzo di prossimità delle macchine alle quali hanno accesso. È chiaro che, da adesso in avanti, potremo disporre di una serie di strumenti che andranno ad analizzare con più precisione le dimensioni quantitative del fenomeno.
Stiamo effettuando una puntuale ricognizione, settore per settore, dello stato di avanzamento dei lavori e delle ipotesi di cronoprogramma e dopo l'estate è nostra intenzione organizzare un incontro, dove l'analisi di tutti i lavori e il percorso che è stato realizzato all'interno di ogni Settore sarà presentato. A quel punto, potremo fare delle analisi.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione a risposta immediata n. 2181 presentata da Andrissi inerente a "Crisi occupazionale della Polioli S.p.A."


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2181.
La parola al Consigliere Andrissi per l'illustrazione.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Nell'estate del 2017, il Gruppo svedese per Perstorp, multinazionale con sede a Castellanza, ha acquistato la Polioli S.p.A. e la sua consociata Polialcoli S.r.l. e ne ha acquisito, oltre ai know-how e alla capacità produttiva, anche una numero considerevole di dipendenti. In pratica, 90 famiglie vivono grazie al lavoro in quest'azienda.
Purtroppo, recentemente, questa multinazionale svedese ha annunciato l'intenzione di chiudere la Polioli S.p.A., anche se è un'azienda che presenta dati economici in deciso miglioramento (online sono rinvenibili quelli di confronto tra il 2015 e il 2016), entro l'estate di quest'anno quindi il 31 luglio 2018.
Noi ci uniamo alla richiesta delle forze sindacali rappresentate all'interno di questa fabbrica; chiediamo anche noi che venga ritardata questa chiusura, al fine di capire se vi siano soluzioni alternative. Di fatto, questo sarebbe un duro colpo per 90 famiglie e per i lavoratori, che hanno un profilo di specializzazione molto elevato in produzioni importanti.
Inoltre, vi è un territorio circostante che, per la presenza di vasche di stoccaggio, deve essere tenuto in continuo monitoraggio e vi sono terreni che andrebbero verificati per quanto riguarda una possibile bonifica.
Detto ciò, chiediamo all'Assessora competente e alla Giunta quali azioni abbiano già intrapreso cosa intendano fare.



PRESIDENTE

Grazie, collega Andrissi.
La parola all'Assessora Pentenero per la risposta.



PENTENERO Giovanna, Assessora al lavoro

Grazie, Presidente.
Perstorp Polialcoli S.r.l. ha acquisito un ramo d'azienda da Polioli S.p.A., una società attiva nella produzione e vendita di Polioli, dopo che questa aveva terminato la procedura di concordato preventivo.
Successivamente a tale acquisizione le quote della Società sono state interamente acquistate dalla svedese Perstorp.
Perstorp Polialcoli S.r.l. ha avviato, in data 11 giugno 2018, la procedura di licenziamento collettivo per cessazione dell'attività che coinvolge la totalità dei lavoratori paria a settantadue persone.
Nella lettera d'avvio la Società ha motivato che la decisione di chiudere è stata determinata dal fatto che anche dopo il trasferimento del ramo di azienda da Polioli a Perstorp Polialcoli, l'andamento dell'attività è peggiorato, continuando a minare la competitività dell'azienda stessa. In particolare, la società ha evidenziato da aver avuto l'ambizione e la speranza che sia il trimetilolpropano (TMP) sia il glicole Neopenyl (NEO) avrebbero avuto migliori risultati una volta inseriti nel contesto del Gruppo e che l'esperienza dello stesso nell'ambito produttivo avrebbe potuto ridurre il costo di produzione dei citati prodotti.
Sono stati apportati alcuni miglioramenti non sufficienti però a compensare un contesto di mercato più debole, in particolare per il prodotto NEO anche a causa dei notevoli investimenti nella capacità di produzione effettuati dei concorrenti cinesi, si è avuta una riduzione significativa.
La società avrebbe quindi preso atto che il sito di Vercelli necessitava d'investimenti troppo elevati per poter raggiungere un'operatività redditizia a lungo termine e, quindi, ha avviato la procedura di licenziamento e di cessazione dell'attività.
I sindacati hanno sottolineato la loro contrarietà alla decisione dell'azienda, annunciando per i prossimi giorni iniziative di mobilitazione. Martedì prossimo è indetto ed è in programma un nuovo incontro tra azienda e sindacato.
Abbiamo intenzione, ovviamente, di convocare il tavolo regionale, ma attendiamo che prima avvenga l'incontro tra i sindacati e l'azienda stessa.
Stiamo seguendo con grande attenzione la vicenda e siamo davvero molto preoccupati per l'esito che potrebbe avere questo ulteriore caso di cessazione di attività. Non appena avremo indicazioni rispetto all'esito dell'incontro tra aziende e sindacato, convocheremo immediatamente l'incontro e cercheremo di comprendere meglio quali attività possano essere messe in campo per scongiurare la chiusura dell'azienda stessa.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora Pentenero.


Argomento:

Interrogazione a risposta immediata n. 2171 presentata da Vignale, inerente a "Perché l'ATC di Torino continua a violare la legge regionale 17 del 2011?"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2171.
La parola al Consigliere Vignale per l'illustrazione.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
L'Assessore conosce bene la materia di cui stiamo parlando, perch purtroppo è stata già trattata non soltanto con la discussione e l'approvazione della legge regionale n. 17 del 2011, rispetto alla vendita di alloggi di edilizia sociale riservata ai profughi italiani, ma si è discusso di questo anche nel gennaio del 2017 con un atto d'indirizzo.
Nonostante quanto l'atto d'indirizzo prevedesse, cioè la congruità delle vendite degli alloggi e la possibilità di riaprire i termini di acquisizione degli alloggi ai familiari conviventi (aspetto previsto dalla legge ma mai garantito da ATC di Torino), il fatto appunto che si riaprissero i termini, purtroppo nulla è avvenuto né dopo la legge, né dopo il voto dell'atto d'indirizzo nel gennaio del 2017, anche se riconosciamo che quest'Amministrazione abbia messo in piedi la vendita di un numero di alloggi.
Per questo motivo, avevo presentato un'interrogazione, il 10 aprile di quest'anno, proprio per comprendere il motivo per cui non venisse data attuazione alla normativa regionale. L'Assessore rispose dicendo: "Rimangono aperte alcune questioni alle quali cercheremo di dare nuovo sollecito affinché tutto venga realizzato secondo quanto previsto da legge e, se risulta ancora un problema, certamente mi farò carico di attivare un ulteriore incontro affinché venga definitivamente risolto".
Ora, io non so se l'Assessore ha avuto un incontro con ATC; il dato vero è che oggi noi continuiamo ad assistere a una palese violazione da parte di ATC di almeno due aspetti previsti dalla legge regionale.
Il primo: la legge prevede che le case debbano essere vendute al 50 per cento del valore di costruzione e nelle prime vendite è avvenuto questo.
Gli immobili venivano venduti a tra i due e i 3.000 euro, evidentemente una cifra estremamente bassa per un immobile, ma ricordiamo che la legge regionale e la legge dello Stato nascono come riconoscimento di ciò che i profughi italiani hanno perduto nel dover allontanarsi dalle loro terre.
Il secondo aspetto è che la legge prevede la possibilità per i familiari conviventi di acquisire questi immobili. Familiari conviventi i quali non hanno mai ricevuto neppure una sola comunicazione da parte di ATC che dicesse loro di avere questa possibilità, cioè non sono mai stati messi nelle condizioni di poter acquisire l'immobile che, per legge, hanno diritto di acquisire.
Venendo alle situazioni più recenti, ATC ha chiuso delle vendite, anche se ancora non ha fatto l'atto, per alloggi in corso Grosseto per più di 10.000 euro, e ha proposto patti di futura vendita per oltre 13.000 euro in via Mascagni. Ci domandiamo chi abbia dato l'autorizzazione, se è ATC che l'ha scelto autonomamente, per quale motivo continua a essere violata la norma rispetto ai familiari conviventi e che cosa intenda fare la Regione.
Io credo - e ho finito davvero - che un Consiglio regionale e una Giunta regionale non possano accettare che un ente strumentale della Regione Piemonte sia il primo soggetto che viola una legge che il Consiglio regionale ha approvato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrari per la risposta.



FERRARI Augusto, Assessore alle politiche sociali, della famiglia e della casa

Grazie, Presidente, e grazie, Consigliere Vignale.
Vede, se noi avessimo accettato la violazione di una legge da parte di un ente strumentale della Regione, non avremmo sicuramente fatto quello che in questi anni è stato fatto e che prima non era mai stato fatto. Quindi, un certo percorso comunque si è messo in campo per esplicita volontà della Regione Piemonte.
Successivamente all'ultima interrogazione che metteva in evidenza alcuni aspetti ancora irrisolti, nei giorni immediatamente successivi ho avuto un incontro, prima telefonico e poi diretto, col Presidente dell'ATC del Piemonte Centrale, che mi ha illustrato verbalmente la situazione dicendomi anche quali erano le condizioni e le situazioni ancora da portare definitivamente a compimento. Alcune di queste situazioni le ho anche viste direttamente.
Nei giorni scorsi, abbiamo formalizzato una richiesta per avere i dati definitivi sulle alienazioni degli alloggi ai profughi, in modo che questa vicenda possa essere chiusa. A oggi, non abbiamo avuto ancora una risposta formale, questo devo dirlo onestamente. Non abbiamo avuto ancora una risposta. Pertanto, anche alla luce di questo, solleciterò la risposta formale con la chiusura definitiva del quadro e appena l'avrò a disposizione la metterò sicuramente al corrente. Ribadisco, però, che la volontà è quella di giungere fino in fondo.
Voglio precisare anche un'altra cosa: c'è una situazione specifica relativa alle procedure di vendita di circa 50 domande inerenti a profughi residenti nel quartiere di via Mercadante, via Cigna e via Tartini a Torino, che sono sospese. Questa è una questione ancora più specifica. Sono sospese, perché su tali alloggi l'ATC ha posto in essere un intervento con i fondi POR ed è in relazione con la Direzione regionale competente per le necessarie autorizzazioni (sono presenti finanziamenti europei che richiedono l'attuazione di determinate norme e determinate procedure).
Anche su questo, si è ribadito, in quella circostanza, di andare avanti. È chiaro che lì noi abbiamo la necessità di avere delle autorizzazioni specifiche in relazione al finanziamento con cui si deve intervenire.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Ferrari.


Argomento: Personale del servizio sanitario - Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Interrogazione a risposta immediata n. 2172 presentata da Chiapello inerente a "Salviamo il corso triennale di Psicologia dell'Università di Torino"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 2172.
Al posto dell'Assessora Cerutti risponderà l'Assessore Ferrari.
La parola alla Consigliera Chiapello per l'illustrazione.



CHIAPELLO Carla

Grazie, Presidente.
Abbiamo appreso che, a seguito della sentenza del TAR che ha dichiarato illegittimo il numero chiuso, il corso di Psicologia all'Università di Torino non verrà attivato. La decisione è stata presa dal Dipartimento e deve essere ancora ratificata dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione.
Ci chiediamo se questo sia giusto, perché erano oltre 2.000 le aspiranti matricole che partecipavano ai test per 400 posti. Ci chiediamo se la Regione può intervenire.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei, Consigliera Chiapello.
La parola all'Assessore Ferrari per la risposta.



FERRARI Augusto, Assessore regionale

Grazie, Presidente.
Vado rapidamente, per usare poco tempo. Intanto, la Regione si è fatta parte attiva, valutata proprio la criticità dell'eventuale soppressione del corso di laurea, ad approfondire quali fossero le soluzioni individuate dall'Università di Torino per mantenere attivo il suddetto corso.
Ci è arrivato un chiarimento, fornito dall'Università di Torino, con una e mail del 20 giugno 2018, che recita: "L'Ateneo è conscio dell'importanza del corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche, poiché e l'unico corso in regione e dunque sta effettuando ogni ulteriore valutazione per poter confermare la sua attivazione anche per il prossimo anno accademico 2018/2019.
L'Ateneo ha ottenuto a tal proposito una deroga dal MIUR ai termini previsti per la chiusura della banca dati ministeriali riguardante l'attivazione dei corsi di studio. Ciò consentirà al Dipartimento di Psicologia di dettagliare in modo più approfondito le caratteristiche del corso di studi che motivano la presenza dell'accesso al numero programmato nel rispetto delle previsioni di legge, del diritto lo studio e dell'efficacia dell'offerta formativa.
A tal fine, tutti gli organi dell'Ateneo che devono deliberare, per consentire l'attivazione del corso di laurea in Scienze e Tecnologie psicologiche, sono stati tempestivamente i convocati e si esprimeranno in dati utili al rispetto della chiusura della banca dati ministeriale comunicata dal Ministero".
Questo è quanto.
In ogni caso, la Regione continuerà a monitorare la situazione.
Per quanto riguarda il diritto allo studio universitario, negli ultimi anni, la Regione è riuscita a garantire l'erogazione della borsa di studio e degli altri servizi a tutti gli aventi diritto, nonostante il costate incremento del 20 per cento c.a. del numero di studenti idonei. In particolare, nel 2017, sono state destinate oltre 30.000.000,00 di euro di risorse regionali per l'erogazione delle borse di studio e degli altri servizi (mense, residenze, sale studio, ecc), confermando il trend all'aumento degli investimenti che nel 2014 erano di euro 12.000.000,00.
Occorre aggiungere che, a seguito della pubblicazione del IV Bando ai sensi della legge n. 338/2000 per l'erogazione dei finanziamenti relativi agli interventi per residenze universitarie (9 febbraio 2017), la Regione ritenendo opportuno sostenere gli interventi progettuali di aumento dell'offerta di alloggi per gli studenti, due dei quali sono stati presentati all'Università di Torino, ha destinato euro 700.000,00 al cofinanziamento di tale iniziativa.
La collaborazione tra la Regione e gli Atenei, inoltre, è attiva anche in materia di sostegno ai programmi di mobilità internazionale quale componente essenziale per preparare i giovani ad affrontare le sfide della competitività globale del mercato del lavoro.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Dichiaro chiusa la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata.



(Alle ore 16.07 il Presidente dichiara esaurita la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata)



(La seduta ha inizio alle ore 16.14)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Balocco, Boeti, Campo, Cerutti, Chiamparino Ferraris, Mighetti, Molinari e Reschigna.
Non è presente l'Assessore Saitta.


Argomento: Nomine

Nomine - Proclamazione degli eletti


PRESIDENTE

Relativamente al punto 3) all'o.d.g., che reca "Nomine", in base allo scrutinio effettuato, possiamo procedere alla proclamazione degli eletti delle seguenti nomine: Proposta di deliberazione n. 223 "Museo di Scienze naturali" - (Articolo 4 l.r. n. 37/1978 e s.m.i.) Comitato scientifico - Designazione di 3 membri Proclamo designati, quali membri del Comitato Scientifico del Museo Regionale di Scienze Naturali i signori Cucco Marco e Barresi Antonello.
Occorre procedere ad un'ulteriore votazione per la designazione del terzo componente, che è di nomina della minoranza. Quindi, chiedo ai componenti della minoranza di comunicarci nelle prossime sedute il nominativo, in modo da completare la nomina del Museo regionale.
Proposta di deliberazione n. 291 "Fondazione 'Torino Wireless'" - (Articolo 6 Statuto della Fondazione) - Consiglio di Amministrazione - Nomina di un rappresentante Proclamo nominato, quale rappresentante del Consiglio di Amministrazione della Fondazione "Torino Wireless" il signor Neri Filippo.
Rammento inoltre che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n.
39/2013, la presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti nominati sulla sussistenza di una delle cause di inconferibilità, di cui al citato decreto, è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.
Proposta di deliberazione n. 294 "Fondazione 20 marzo 2006" (Articolo 11 Statuto della Fondazione - Consiglio di Amministrazione - designazione di 1 componente Proclamo designato, quale componente del Consiglio di Amministrazione della "Fondazione 20 marzo 2006" il signor Avato Francesco.
Rammento inoltre che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n.
39/2013, la presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti nominati sulla sussistenza di una delle cause di inconferibilità, di cui al citato decreto, è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.
Proposta di deliberazione n. 298 "Enoteca Regionale di Ovada e del Monferrato" - (Articolo 12, Statuto dell'Ente) - Consiglio di Amministrazione - designazione di 1 membro Proclamo designata, quale componente del Consiglio di Amministrazione della "Enoteca Regionale di Ovada e del Monferrato", la signora Perissinotto Edi.
Rammento inoltre che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n.
39/2013, la presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti nominati sulla sussistenza di una delle cause di inconferibilità, di cui al citato decreto, è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.
Proposta di deliberazione n. 327 Associazione "Enoteca Regionale di Nizza" (Articolo 17, Statuto dell'Ente) - Consiglio Direttivo - designazione di 1 rappresentante Proclamo designato, quale rappresentante del Consiglio Direttivo della Enoteca Regionale di Nizza, il signor Ghignone Andrea.
Rammento inoltre che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n.
39/2013, la presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti nominati sulla sussistenza di una delle cause di inconferibilità, di cui al citato decreto, è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.
Proposta di deliberazione n. 326 "Enoteca Regionale di Canelli e dell'Astesana" - (Articolo 14, Statuto dell'Ente) - Consiglio Direttivo designazione di 1 membro.
Proclamo designato, quale membro del Consiglio Direttivo della Enoteca Regionale di Canelli e dell'Astesana, il signor Carillo Flavio.
Rammento inoltre che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n.
39/2013, la presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti nominati sulla sussistenza di una delle cause di inconferibilità, di cui al citato decreto, è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.
Proposta di deliberazione n. 330 "Museo Regionale dell'Emigrazione dei Piemontesi nel Mondo" (Articolo 17, Statuto dell'Ente) - Comitato di Gestione - Nomina di un rappresentante in sostituzione del signor Guido Rosina.
Proclamo nominato, quale rappresentante del Comitato di Gestione del Museo Regionale dell'Emigrazione dei Piemontesi nel Mondo, in sostituzione del signor Guido Rosina, il signor Rosso Davide.
Rammento inoltre che, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n.
39/2013, la presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti nominati sulla sussistenza di una delle cause di inconferibilità, di cui al citato decreto, è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.
Proposta di deliberazione n. 331 "Comitato Misto Paritetico Regione Autorità Militari sulla nuova regolamentazione delle Servitù Militari" (Articolo 322, comma 3, D.L.g.s. n. 66/2010) - designazione di un membro effettivo e di un membro supplente in sostituzione della signora Carmen Pastore e del signor Silvio Viviani.
Proclamo designato, quale membro effettivo del Comitato Misto Paritetico Regione Autorità Militari sulla nuova regolamentazione delle servitù militari, in sostituzione della signora Carmen Pastore, il signor Papa Lorenzo.
Proclamo designato, quale membro supplente del Comitato Misto Paritetico Regione Autorità Militari sulla nuova regolamentazione delle servitù militari, in sostituzione del Silvio Viviani, il signor Venerandi Ivano.
Proposta di deliberazione n. 328 "Commissione Tecnico-Consultiva per la Tutela del Patrimonio Speleologico della Regione Piemonte" (Articolo 8 l.r. n. 69/1980) - Nomina di un rappresentante in sostituzione del signor Bartolomeo Vigna, esperto in materia Speleologica.
Proclamo nominato, quale rappresentante, in sostituzione del signor Bartolomeo Vigna, della Commissione Tecnico-Consultiva per la Tutela del Patrimonio Speleologico della Regione Piemonte, il signor Elia Ezio.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Relazione annuale del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale n. 28/2009


PRESIDENTE

Proseguiamo i nostri lavori con la relazione annuale del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale n. 28/2009, di cui al punto 9) dell'o.d.g.
Chiedo all'Onorevole Mellano di accomodarsi al microfono.
Sospendiamo il Consiglio per consentire al Garante di poter svolgere la sua relazione annuale; successivamente, apriremo il relativo dibattito.
La seduta è sospesa.



(La seduta è sospesa alle ore 16.23)



PRESIDENTE

Prego, Onorevole Mellano.



MELLANO BRUNO, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale

Quanti minuti mi concede, Presidente? So che è una domanda cattiva, ma era giusto per avere un'indicazione.



PRESIDENTE

Gli interventi precedenti si sono aggirati sui 25 o 25 minuti, mezz'ora al massimo.



MELLANO BRUNO, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale

Cercherò di essere breve, nella speranza di trasmettere una parte dell'impegno che l'Ufficio ed io, personalmente, abbiamo riversato in quest'anno sull'attività molto delicata e molto sensibile del Garante.
Come sapete, la legge istitutiva parla di "Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale" che, in modo abusivo, noi stessi traduciamo in "Garante delle persone detenute". Perché gli ambiti di interesse, di competenza e di lavoro previsti dalla legge, confermati dalla legge nazionale istitutiva del Garante nazionale e confermati dalle relazioni di un anno fa e della settimana scorsa presso il Parlamento del Garante nazionale, individuano quattro aree di intervento, di cui solo una certo, la più simbolica e, in qualche modo, rappresentativa di un passato e di un'attività di impegno - è relativa all'area dell'esecuzione penale.
Accanto a questa, si sono sempre più riempite di contenuti e di valore l'area della sicurezza, legata, per esempio, alla permanenza delle persone nelle celle di sicurezza della Polizia, dei Carabinieri o della Guardia di Finanza; l'area di controllo delle migrazioni, in questo momento particolarmente significativa e sensibile. Ricordiamo che a Torino e in Piemonte è presente il più grande ed importante Centro di Corso Brunelleschi (ex CIE, Centro di Identificazione e di Espulsione), che da un anno e mezzo si chiama CPR (Centro Permanente per il Rimpatrio); l'area sanitaria, un'area di valenza particolare, laddove le persone e i cittadini hanno perso una capacità di libertà e di movimento personale all'interno di strutture di contenimento sanitarie.
Vale per tutti la questione del TSO, ma non solo quella. C'è una valenza di intervento che, tra l'altro, è stata ripercorsa in quest'Aula anche dal Difensore Civico regionale rispetto alle persone che, magari nelle case di riposo o in strutture mediche, non sono libere di muoversi.
Queste quattro aree di lavoro vanno a incidere su un'attività dell'ufficio del Garante, ovviamente in modo non omogeneo.
È indubbio che l'area dell'esecuzione penale interna alle carceri piemontesi è un'area di prevalente attività, sia per com'è nato l'Ufficio del Garante regionale, sia per le problematiche e le attese che si sono venute a sedimentare sulla figura dei Garanti da parte delle persone che sono ristrette nella loro libertà personale e sono ospiti delle 13 carceri piemontesi.
Occorre dire - l'abbiamo ribadito anche nella scorsa relazione - che le leggi dell'ultimo quinquennio hanno, in modo significativo, incentivato e reso possibile l'esecuzione della pena non necessariamente in carcere (mi riferisco alla messa alla prova, all'affidamento, ai servizi sociali, agli arresti domiciliari). Al momento, nelle 13 carceri del Piemonte registriamo 4.323 detenuti. In contemporanea, nell'esecuzione penale esterna, abbiamo oltre 3.000 persone. Quindi l'area dell'esecuzione penale non è esclusivamente quella delle carceri piemontesi, dove, obiettivamente, c'è una certa dinamica, un'attesa e una maggiore facilità di intervento rispetto al Garante.
Occorre tenere presente, tuttavia, che abbiamo un'esecuzione penale esterna allargata sul territorio, che richiederebbe un'incentivazione dei servizi e una capillarità di presenza e di intervento, proprio perché se queste misure riescono a essere efficaci, nell'ottica del legislatore e nell'ottica dei servizi del territorio, sono misure alternative alla detenzione, alternative a un percorso in carcere che, obiettivamente sarebbe molto più pesante, invasivo e anche - diciamolo pure - molto più costoso. E, per come ce lo testimoniano le statistiche ufficiali del Parlamento e del Governo, anche meno efficaci.
Con un intervento congiunto fra l'ufficio del Garante dei detenuti e il Comitato Resistenza del Consiglio regionale abbiamo diffuso e valorizzato uno strumento, che si chiama "recidiva zero", che va proprio ad analizzare come i progetti e i percorsi individualizzati sulle singole persone, sui detenuti in uscita dal carcere o in alternativa al carcere, sono molto più efficaci nella riduzione della recidiva che non la mera esecuzione penitenziaria dal primo all'ultimo giorno di esecuzione della pena.
I numeri sono eclatanti (l'abbiamo detto più volte, ma occorre sempre ricordarlo): registriamo il 68 per cento di recidiva per chi esegue la pena esclusivamente in carcere; recidiva che si abbassa drasticamente al 20 per cento o al 18 per cento; in alcuni progetti di assoluta qualità e certamente di selezionata partecipazione la recidiva scende sotto il dieci per cento.
Questo vuol dire che, significativamente, abbiamo un minor numero di persone che entra ed esce dal carcere, ma anche che entra ed esce dalle dinamiche di inseguimento di Polizia e di Carabinieri, di processo, di servizi sociali, quindi con costi significativamente molto ridotti.
La dinamica attuale - lo dicevo prima - vede nelle 13 carceri piemontesi 4.323 detenuti, di cui al momento 1.920 sono stranieri: è un numero significativo, è una percentuale alta, è il 44 per cento della popolazione attualmente residente nelle carceri piemontesi, contro una media nazionale di 19.929 detenuti stranieri su 58.569, quindi il 34 per cento.
Abbiamo istituti piemontesi dove la presenza straniera è oltre il 60 per cento, in alcuni casi oltre il 70 per cento. Questo perché, in seguito alle dinamiche che hanno creato maggiori posti liberi nelle carceri piemontesi questi sono stati dall'Amministrazione penitenziaria occupati da persone che avevano meno vincoli (o apparentemente meno vincoli) sul territorio e quindi sono stati spostati sulle carceri piemontesi da sfollamenti della Regione Lombardia, della Regione Liguria, ma anche dal Centro-Sud d'Italia di persone con minori legami sul territorio e in gran parte cittadini stranieri.
Questo ovviamente lo dico perché avere un certo target di popolazione presuppone un certo tipo di intervento e di percorso formativo, scolastico di presa in carico, di cura rispetto al percorso di uscita. Occorre anche ricordare che i numeri sono significativi e sono ancora molto più bassi rispetto ai dati del 2010, che è stato l'anno di massima capienza nelle carceri piemontesi, ma sono un trend di lenta e inesorabile risalita quindi in questi anni abbiamo registrato una sempre maggiore presenza di detenuti nelle carceri piemontesi con una capienza regolamentare che continua a essere insufficiente rispetto al numero dei detenuti attuali.
A livello nazionale si parla di 50.615 posti per capienza regolamentare, ma nelle stesse statistiche ufficiali il Ministero e il DAP (Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria) segnalano che 4.000 posti non sono attualmente disponibili, quindi vi sono realtà come il carcere di Cuneo dove abbiamo metà istituto che da oltre dieci anni è chiuso, ma che nelle statistiche ufficiali risulta come capienza possibile. Abbiamo istituti come il carcere di Saluzzo dove è stato recentemente (un anno e mezzo fa) aperto un nuovo padiglione, ma metà non è ancora utilizzato; abbiamo il carcere di Biella, dove con l'apertura di un padiglione nuovo di un anno e mezzo fa abbiamo dei posti liberi.
Ma il problema della capienza e del numero dei posti possibili non è solo un dato oggettivo e strutturale: è un dato legato inesorabilmente alla presenza di personale, in primo luogo di agenti di Polizia penitenziaria indubbiamente, ma anche - soprattutto, io dico, da Garante dei detenuti di personale volto al recupero e al reinserimento quali gli educatori, i famosi educatori, accanto ai mediatori, accanto agli interpreti, accanto a figure anche amministrative di gestione del carcere. E questo è un dato che più volte mi sono trovato a dover segnalare sia al Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria sia nell'interlocuzione diretta sia all'interno del Coordinamento nazionale dei Garanti regionali e territoriali al Dipartimento. È, infatti, indubbio che, senza le figure professionali volte al recupero e al reinserimento, ma anche con una gestione nuova e dinamica degli agenti di Polizia penitenziaria, non possiamo pensare di avere un carcere efficace, efficiente e volto in modo forte ed effettivo al recupero e al reinserimento.
La capienza regolamentare per le 13 carceri piemontesi è di 3.972, ma vi dicevo che abbiamo oltre 400 detenuti in più e abbiamo parecchie sezioni chiuse: il carcere di Alba, per esempio, che è in qualche modo vittima di un balletto inesorabile fra Amministrazione centrale e Amministrazione regionale per la costruzione di un progetto di recupero necessario indispensabile a fronte di una chiusura conclamata per epidemia di legionella, che ha fatto chiudere ormai circa tre anni fa l'istituto.
Siamo ancora in attesa di un progetto, ma adesso speriamo e confidiamo che nel breve giro di qualche giorno, possa arrivare un chiarimento ufficiale sulla tempistica e sulla progettualità da mettere in campo, anche perch non tutte le carceri sono uguali: alcune hanno avuto in questi anni una capacità di presenza sul territorio, di intercettare le istanze del territorio, in accordo con le Amministrazioni locali e in accordo anche con le politiche della Regione Piemonte sui temi delle fasce svantaggiate, che non sono appunto omogenee in ogni area.
Abbiamo significative realtà dove si è avuta la capacità di fare progetti e di intercettare anche finanziamenti del privato sociale, che in questi ultimi anni sono significativamente intervenuti sulla fascia della detenzione e anche, per fortuna, sull'esecuzione penale esterna, creando quei progetti di tirocinio e di inserimento di politiche attive del lavoro per costruire una rete che impedisca la recidiva.
Questo, per somme linee, è il quadro di una situazione oggettiva che si va a incastrare e a incardinare su una dinamica che non è trascurabile, ma è anzi condizionante: ogni politica è una scelta, che è quella delle strutture penitenziarie. Già lo citavo rispetto a quelle chiuse o a quelle da riaprire e restaurare: noi abbiamo una dinamica per cui, secondo le statistiche ufficiali, occorrerebbero ogni anno 50 milioni di euro per mantenere le strutture penitenziarie attualmente attive (sono 190 in Italia), purtroppo però i soldi a bilancio dell'Amministrazione penitenziaria sono ogni anno circa quattro milioni di euro.
Dal mio modesto punto di vista, questo vuol dire che occorre davvero pensare a una richiesta, anche della Regione Piemonte, d'interlocuzione forte con l'Amministrazione centrale proprio per conquistare spazi di esecuzione penale adeguata alle norme e ai progetti che abbiamo in campo.
Vi faccio un esempio su tutti: il carcere di Biella sta lavorando a un significativo progetto di laboratorio per la sartoria di qualità - il tessile biellese non sto io a scoprirlo - ma ovviamente, per passare dal progetto, dall'idea, dalla formazione e dall'individuazione delle persone che ci lavoreranno (dovranno essere sessanta detenuti), occorre avere uno spazio adeguato per un laboratorio per 60 persone. Quindi si sta costruendo adesso un padiglione specifico, affinché nel carcere di Biella possano essere prodotte le divise per gli agenti di Polizia penitenziaria per tutta Italia; come in altri comparti, saranno prodotte le scarpe, saranno prodotte le cravatte, o saranno prodotti i cappelli per una spesa, che è una spesa strutturale, che l'Amministrazione comunque avrebbe dovuto affrontare.
La si affronta con le progettualità degli ultimi anni, facendo lavorare i detenuti, facendoli lavorare in progetti qualificanti professionalmente con l'attivazione di una rete territoriale molto significativa, come Ermenegildo Zegna, quindi un nome che è una garanzia: le cravatte saranno di Marinella, le camicie della Kiton, quindi nomi importanti in una scelta dell'amministrazione penitenziaria, che però mette in campo la necessità strutturale, la necessità di conquistare anche relazioni sindacali, lo voglio dire, adeguate a garantire quelle produzioni, perché aprire un panificio, com'è stato fatto ad Alessandria o a Torino, o aprire un laboratorio sartoriale di questo livello ha delle ricadute inevitabili anche sugli operatori della sicurezza o del trattamento degli istituti.
Il tema del lavoro è un tema centrale, su cui la Regione ha competenze dirette, quindi sono contento di dire che la Regione ha riattivato i cantieri di lavoro e i buoni servizio lavoro, tenendo dentro anche l'attenzione residuale, ma significativa, per la fascia dei detenuti e degli ex detenuti. Personalmente, mi sono permesso, ma lo prevede la legge regionale, di suggerire - diciamo pure anche di richiedere all'Assessorato regionale al lavoro di tenere conto che su questa fascia sarebbe assolutamente indispensabile un progetto specifico sulla popolazione detenuta. Abbiamo - e lo sappiamo - un certo numero di detenuti che sono a fine pena, sono negli ultimi sei mesi di pena, che comunque usciranno; per valutazioni soggettive, individuali, indipendentemente dalla nostra valutazione o dalla valutazione della del carcere, usciranno e occorre davvero tutti assieme, con l'attività anche sul territorio e sulle reti territoriali riuscire a costruire reti di accoglienza, di protezione che impediscano la recidiva.
Per questo motivo, mi sono permesso più volte, anche in modo forse un po' insistente, ma mi corre l'obbligo di rifarlo anche qui oggi, di suggerire di riprendere in mano la questione dei GOL (Gruppi Operativi Locali sul carcere), perché laddove sono sopravvissuti a una deriva che sostanzialmente li ha fatti superare nel momento in cui la Regione non ha potuto più investire direttamente dei denari, si è persa una progettualità comune che tenesse assieme i Centri per l'impiego, il carcere, il privato sociale, le Fondazioni bancarie del territorio, gli Uffici dell'esecuzione penale esterna, e avere una cabina di regia sul territorio che sappia che cosa sta succedendo.
Molto banalmente, è indispensabile sapere chi uscirà dal carcere, chi potrebbe uscire dal carcere e quale prospettiva costruire assieme, come percorso di uscita.
Arrivo da Ivrea, dove abbiamo registrato il ventiquattresimo suicidio, a livello nazionale, dall'inizio dell'anno in una teoria di tragica risalita dei suicidi in carcere. Dicevo che arrivo da Ivrea, volevo dirlo però come dato positivo, perché lì è sopravvissuto il GOL territoriale e dove c'era un'attesa e una disponibilità a lavorare assieme fra i soggetti del territorio e il carcere, in un momento in cui il carcere stesso deve, in qualche modo, essere stimolato ad aprirsi al territorio, perché solo con un'interlocuzione forte con il territorio si possono avere strumenti nuovi o strumenti un minimo adeguati per affrontare lo stesso mandato istituzionale dell'esecuzione penale interna al carcere.
Dicevo dei suicidi e apro la pagina della sanità.
Una delle competenze indubbie che la Regione ha, che ha più di altre Regioni e prima di altre Regioni, esercitato, è quella della sanità. La sanità penitenziaria, con una decisione del 1999 e con un decreto legislativo del 2008, è transitata al Servizio Sanitario Nazionale e quindi, alla Regione. Nel 2016, l'Assessorato ha messo in campo una delibera che individua i criteri e il servizio, differenziato fra vari Istituti e fra varie ASL, di presa in carico della presenza detentiva sul territorio.
Sono stato chiamato, con delibera della Giunta, per coordinare un tavolo di esperti con la Magistratura, con i Direttori di carcere, con il Provveditorato per fare una prima valutazione di quanto sia stata implementata la delibera regionale. Saranno dati che spero a breve saranno definiti e, quindi, poi resi pubblici, però è indubbio che la realtà è a macchia di leopardo: c'è chi ha fatto qualcosa in più, ma molti hanno fatto un po' in meno, in una situazione in cui l'esecuzione penale in carcere finisce per essere uno dei pochi momenti in cui per il target più disagiato e più marginale della società - pensiamo ai tossicodipendenti, che sono circa un terzo dei detenuti, pensiamo alle persone legate all'immigrazione clandestina e alla vita in clandestinità - l'impatto con il carcere e l'impatto con la struttura sanitaria è anche l'impatto con i propri problemi di sanità e di fisico.
Allora, su questo davvero credo che il Consiglio abbia un ruolo importante e decisivo e ritorno a fare la proposta, di cui si era già parlato in altre occasioni, che la Commissione sanità del Consiglio regionale possa affrontare questo tema, anche partendo da una serie di questioni tuttora aperte. Sembra incredibile nel 2018, ma il combinato disposto fra l'Amministrazione penitenziaria e la presa in carico del Servizio Sanitario Regionale fa sì che al momento non abbiamo ancora un diario clinico individuale e informatizzato dei detenuti. Pur essendo solo 4.000 e avendo però una insano turnover fra i vari istituti penitenziari, noi abbiamo persone che passano da un istituto all'altro, spesso, soltanto con una lettera sommaria di descrizione delle problematiche; questo fa sì che, in molti casi, si ripetano esami, nelle varie strutture penitenziarie, gli stessi esami già fatti. Allora avere uno strumento informatico unico e condiviso è necessario.
L'Assessorato regionale aveva messo in campo uno strumento preso, tra l'altro, dalla Regione Emilia Romagna e aveva fatto una sperimentazione andata a buon fine in tre istituti e Aziende e non, però, a Torino. Nello stesso tempo, c'è stata una decisione nazionale del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria che ha fatto un accordo con l'ANCI per avere uno strumento unico nazionale. Ma siamo alla sperimentazione dello strumento unico nazionale, che viene, in questo momento, sperimentato nella regione Calabria e pare funzioni. Il guaio è che, nell'attualità, abbiamo il disagio e anche i costi e la ripetizione di esami che sarebbe davvero insensato continuare a sostenere.
Pertanto, su questo, sul diario personale informatizzato credo che davvero ci debba essere una spinta decisiva in questa fase finale di legislatura per la conquista - a questo punto nazionale - di uno strumento unico, anche perché è abbastanza inevitabile che i detenuti vengano spostati da un carcere all'altro. L'unificazione fra il Provveditorato regionale del Piemonte e della Valle d'Aosta con la Regione Liguria fa sì che ci sia spesso e volentieri uno spostamento di detenuti dalla Liguria al Piemonte o dal Piemonte alla Liguria e questo, poiché si tratta di mettere in rete servizi sanitari regionali diversi, comporta ulteriori disagi e problematiche.
Sulla sanità c'è anche un progetto molto interessante che, a mio avviso, è da monitorare e incentivare, che è la costruzione di uno strumento di telemedicina affinché alcuni servizi specializzati possano essere esperiti dentro il carcere, non necessariamente costruendo in ogni struttura penitenziaria un laboratorio medico o una strumentazione medica, che sarebbe costosa e inevitabilmente sottoposta a invecchiare velocemente, ma con un servizio che possa davvero muoversi fra i vari istituti; uno strumento su un camion o, comunque, strumenti mobili che possano essere spostati. È, anche questo, un progetto sulla carta da anni con il Provveditorato e ritengo davvero ci sia bisogno di una spinta per farlo diventare reale, sempre nell'ottica di fornire un servizio, ma anche di razionalizzare un intervento.
Io mi fermerei qui per quanto riguarda il carcere, sapendo che, rispetto all'anno scorso, c'è una novità forte (questa la voglio ancora segnalare): è stata riaperta la sezione del 41 bis - il famoso "carcere duro" - nel carcere di Cuneo. In Piemonte erano due le sezioni: Novara e Cuneo.
Qualcuna è stata chiusa per palese inadeguatezza della struttura. Dopo una serie di lavori, a mio giudizio non così consistenti come sarebbero stati necessari, è stata recentemente riaperta la sezione di Cuneo.
Questa dinamica delle sezioni, dei circuiti penitenziari e della popolazione detenuta, che è ovviamente molto diversificata in base al reato, in base al tipo di lunghezza della pena e in base alle condizioni personali è uno degli argomenti che, come credo, è indispensabile che la Regione, gli Assessorati e il Consiglio facciano in qualche modo propria perché l'Amministrazione penitenziaria ha una sua responsabilità specifica ma, laddove si definiscono presenze di popolazioni di detenuti in alcune zone anziché altre, la ricaduta è sui servizi.
Faccio l'esempio eclatante: la scelta del dicembre 2016 di aprire un intero padiglione in alta sicurezza a Saluzzo non è una scelta che può essere soltanto letta nell'ottica della sicurezza e della custodia, perch garantire un servizio di assistenza per una popolazione detenuta di lungo periodo, in genere di età avanzata e con problematiche conclamate di lungodegenza, è abbastanza rilevante per il servizio sanitario che deve offrire e garantire, poi, l'assistenza. Infatti, devo dire che io personalmente, mi ero permesso di suggerire che il padiglione fosse quello di Cuneo, che era in stretto legame con l'ospedale di Cuneo, che è assolutamente attrezzato e che avrebbe evitato quella gincana di percorsi per cui, se un detenuto sta male a Saluzzo, viene prima portato all'ospedale di Saluzzo, poi magari all'ospedale di Savigliano e infine all'Ospedale di Cuneo, e non sempre le tempistiche coincidono con le problematiche mediche riscontrate.
Finisco con una battuta, che però è un dato importante: nell'ultimo anno su progetto del Garante nazionale, che è stato istituito per legge e si sta incardinando a livello nazionale su nomina del Presidente della Repubblica e su scelta del Governo, ma con valutazioni del Parlamento, abbiamo aderito, come Ufficio del Garante, a un progetto molto significativo legato agli stranieri del CPR (il Centro di Permanenza per i Rifugiati), intanto perché è il più importante in Italia, nell'attesa che - come previsto dalla legge Minniti - ci sia un centro permanente in ogni regione. Al momento sono solo cinque e quello di Torino è il più significativo: ha una potenzialità di 210 posti, una capienza reale, oggi, di 175, una presenza nell'anno 2017 di 1.080 persone fra entrate e uscite, in aumento esponenziale (700 nel 2015, 700 nel 2016, oltre 1.000, quasi 1.100, nel 2017).
Da Torino sono state molte le persone espulse a seguito di accertamento quindi sono state soggetto di rimpatrio forzato: 592 nell'anno 2017. Il Garante nazionale ha proposto a sette Garanti regionali, in primis - devo dire - il Garante del Piemonte, di aderire a un progetto di monitoraggio dei rimpatri forzati. È una fase assolutamente delicata nel momento in cui si deve ricorrere, dopo identificazione, all'espulsione e c'è un progetto puntuale e capillare per monitorare tutte le fasi, che sono delicatissime che sono anche - diciamo pure - tragiche, di rimpatrio forzato nei Paesi che hanno un accordo con l'Italia. Non sono molti i Paesi che hanno, al momento, un accordo con l'Italia: la Tunisia, in primo luogo, il Marocco l'Egitto e la Nigeria.
Ho coinvolto il Garante comunale di Torino per avere un supporto logistico anche perché come Ufficio del Garante regionale siamo un po' scarsi, quindi non avevo personale che potesse o - diciamo pure - che volesse partecipare a quest'azione di monitoraggio. Con la Garante comunale abbiamo già monitorato delle fasi notturne di rimpatrio forzato, proprio perché anche solo la presenza di un osservatore formato come siamo stati formati e attento alle fasi di esecuzione di un provvedimento, senza intervenire nella fase di esecuzione è, comunque, un dato, secondo me, di civiltà e di presenza significativa che ha anche cambiato l'impostazione o, comunque garantito, la professionalità degli operatori dell'Ufficio immigrazione e della Questura di Torino. Nel momento in cui, comunque, si sa che c'è un osservatore esterno, che può, molto banalmente, solo fare un rapporto rispetto alle dinamiche, credo che vengano alla luce le professionalità che si sono sedimentate in questi anni, nella capacità di eseguire queste procedure delicate, complicate, non facili e soggette anche a momenti di violenza. Ricordo che sono rimpatri forzati, non volontari.
Rimango a disposizione. In questa fase vivo molto con difficoltà questa presenza e attività del Garante perché, avendo fatto molte cose - bene o male, sarete voi a valutarlo - sono arrivate molte richieste ed è riconosciuta questa figura. Abbiamo una rete territoriale, è l'unica Regione che ha una rete territoriale di Garanti: uno per ogni città e sede di carcere.
Sono contento che anche le amministrazioni che sono andate al rinnovo nella scorsa elezione amministrativa abbiano, avendo anche cambiato colore amministrativo, conservato il bando del Garante dei detenuti comunali abbiano proceduto al rinnovo dell'avviso per cercare i Garanti (Alessandria, Asti). Questo ci permette una rete sul territorio di intervento immediato che, laddove succede (come è successo oggi, quando sono dovuto andare di corsa al carcere di Ivrea perché c'è stato un suicidio), permette, comunque, di avere una presenza e un riconoscimento e anche la possibilità, per il detenuto, di rappresentare delle problematiche che poi saranno valutate dalle istituzioni di competenza, ma che permetta almeno anche uno sfogo e una attività di denuncia, di segnalazioni, di reclamo, come previsto dall'ordinamento e come la Regione Piemonte ha recepito in una legge istitutiva del Garante.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringraziamo l'Onorevole Bruno Mellano, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive per la libertà personale, per la sua relazione.
La seduta riprende.



(La seduta riprende alle ore 16.57)



PRESIDENTE

Dichiaro aperto il dibattito.
Ci sono Consiglieri che intendono intervenire? Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cassiani; ne ha facoltà.



CASSIANI Luca

Grazie, Presidente.
Porgo sinceri ringraziamenti al Garante. Anche per la fortunata circostanza per la quale abbiamo sospeso la presentazione della relazione annuale di una settimana, ho avuto modo di leggere e sedimentare il rapporto.
Credo sia un rapporto, come avete sentito, anche per chi non lo ha letto molto dettagliato, serio e impegnato. Sarebbe molto lungo analizzarlo puntualmente, quindi mi limito ad alcuni punti di criticità, ovviamente soffermandomi sulle questioni che riguardano più le case circondariali e gli istituti di pena della nostra regione, in particolare quelli dove si vive una situazione di particolare difficoltà.
L'ha detto il Garante, l'avrei detto la settimana scorsa, ma il caso di Ivrea è un caso particolare. Prima di entrare nel merito, voglio dirla citando un grande della filosofia, che diceva - ancora oggi, queste parole sono importanti - che il grado di civiltà di una nazione si vede e si capisce osservando le condizioni nelle quali si trovano i suoi istituti di pena. Io aggiungo non solo di una nazione, ma anche una regione. La civiltà di una regione si vede anche dalle attività che il Consiglio regionale quest'Assemblea, è in grado di mettere in campo in un posto difficile, che è quello del carcere, dove una serie di persone vivono una realtà diversa da quella che viviamo tutti i giorni. Non soltanto quelli che sono detenuti a ogni titolo, a titolo definitivo, ma anche coloro che lavorano dentro il carcere.
Il carcere è una città. Io ho avuto la fortuna o sfortuna, comunque l'esperienza di poterlo vivere sia come professionista, ma anche come cittadino e come Consigliere regionale che lo ha visitato. In particolare conosco la Casa Circondariale di Torino "Lorusso e Cutugno" e ho avuto un'impressione di grande degrado, grande sconforto anche soltanto nell'animo, quando ci si avvicina a quella struttura. Lo diceva bene l'Onorevole Mellano: il carcere, soprattutto se è fatiscente come molte carceri della nostra regione, è un edificio, prima di tutto, quindi una struttura che, in qualche modo, mette le persone che vi si avvicinano in una certa condizione.
Nei bracci che ho visitato su sei docce ne funzionavano solo due, le stanze erano sovraffollate, c'erano incrostazioni sui muri, dal terzo piano l'acqua scendeva al secondo sui detenuti che stavano camminando oppure nel cortile. Ecco che questa situazione di degrado colpisce moltissimo i visitatori.
Ovviamente poi nel carcere ci si fa l'abitudine, in qualche modo le persone detenute devono trovare una modalità di vita. Fornisco soltanto alcuni dati per raccontarvi quello che ho visto in questi giorni leggendo le relazioni e anche quello che dice l'associazione Antigone, che si occupa di questioni riguardo il carcere da tanti anni. Nel carcere di Ivrea, su 224 detenuti ci sono stati 109 casi, o tentativi, auto conservativi; in qualche modo qualcuno ha cercato di togliersi la vita, qualcuno, purtroppo, c'è riuscito, come è stato detto adesso, e altri hanno tentato.
Nel carcere di Bollate, che non si trova in questa regione, ma che ha un altro tipo di cultura carceraria, quindi un carcere aperto nel quale ovviamente si sconta la pena, ma con tutt'altro tipo di modalità rispetto al carcere canavesano della nostra regione, su oltre un migliaio detenuti sono stati soltanto 87 questi atti. Questo cosa significa? Significa che quando noi mettiamo in carcere qualcuno, ci deve essere anche un senso di umanità e di rispetto delle condizioni di vivibilità e di rapporti, il che significa mettere, in qualche misura, anche risorse per quanto riguarda i mediatori culturali, con piani sanitari fatti in un certo modo, per evitare che le persone che si trovano in situazioni di questo tipo pensino addirittura di togliersi la vita.
Il ragionamento che possiamo fare in quest'Aula e quello che possiamo fare come Regione, come dice il Garante, riguarda innanzitutto le strutture. Noi destiniamo, come Paese, meno del dieci per cento delle risorse che sarebbero dovute. Su 50 milioni, siamo a quattro milioni sulla strutture. È evidente che possiamo parlare di tutta una serie di altre condizioni interne, ma se la casa crolla.
Possiamo anche mettere dei beni mobili dentro, ma la casa sta crollando! Questo è il primo dato gravissimo col quale dobbiamo, in qualche modo, fare i conti e confrontarci.
La seconda questione riguarda gli stranieri. Ha detto bene il Garante: la nostra Regione, da questo punto di vista, è un unicum, anche per quanto riguarda la detenzione temporanea degli stranieri in attesa del riconoscimento per procedere a quello che la legge prevede per quanto riguarda i rimpatri e le espulsioni.
I dati evidenziano che su cinque milioni di stranieri in Italia, solo lo 0,39 per cento è detenuto. È una percentuale che in questi cinque anni è diminuita moltissimo. Perché, dal punto di vista statistico, si dice che più sale il periodo di permanenza nel nostro Paese dello straniero e meno questo ha capacità di delinquere. Dunque, la sua presenza continuativa sul territorio abbassa il numero di reati e anche la sua capacità di delinquere (ovviamente, qui parliamo di stranieri non comunitari).
Questo è un dato significativo, che ci induce a ritenere che è all'inizio cioè quando si arriva qui - che, in qualche modo, se non c'è un'accoglienza di un certo tipo, il rischio di compiere reati è più alto. Ma successivamente l'integrazione ha funzionato, perché ha dimezzato, nel corso degli anni, il numero di detenuti stranieri rispetto alla percentuale di qualche anno fa.
Su questi dati, quindi sull'inserimento al lavoro, sulle misure alternative al carcere, sul fatto che la legge Gozzini di fatto ancora oggi, nonostante gli attacchi, sia ancora un'ottima legge, che sta dando prova straordinaria...
Se c'è una speranza e un'opportunità di reinserimento, ecco che le pene non devono servire esclusivamente alla punizione, ma alla rieducazione del reo e, soprattutto, alla possibilità di essere inseriti in un percorso di lavoro, sia dentro il carcere, sia dopo, così come ci è stato detto dal Garante.
Sono molte le esperienze - cooperative e non - di questa Regione nelle quali i detenuti iniziano a imparare un mestiere all'interno delle mura carcerarie e lo continuano anche fuori, aiutando altri detenuti che, a loro volta, escono, o altri detenuti che rimangono all'interno delle mura carcerarie, in un rapporto che continua persiste e che si trasforma in una sorta di "spirale del bene", come la chiamo io.
L'attenzione, quindi, non deve calare.
Nel ringraziare il Garante, aggiungerei che bisognerebbe, forse, farsi promotori di un'azione molto forte per quanto riguarda l'edilizia carceraria, che credo sia il punto principale della vicenda.
Ovviamente, non va dimenticato l'aspetto sanitario, con un richiamo forte alle nostre ASAL territoriali affinché si occupino con più attenzione della sanità carceraria.
Troppo spesso le risorse messe a disposizione non sono assolutamente idonee; non sono all'altezza e non sono quelle che dovrebbero essere (perché non sufficienti!). Lo possiamo verificare visitando le carceri, lo possiamo verificare leggendo la relazione del Garante.
Se non abbiamo a cuore le nostre carceri, arrechiamo un danno a ciò che siamo, alla civiltà che diciamo di rappresentare e alla storia di questo Paese, che, ovviamente, nel suo passato, ha visto personaggi come Beccaria che, su queste vicende, ha scritto pagine straordinariamente importanti per tutto il mondo.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Ringrazio il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale: è sempre un piacere ascoltare la sua relazione annuale perché ci fornisce un'idea di quella che è la situazione delle carceri in Piemonte e delle problematiche presenti nelle stesse strutture, che è sicuramente un aspetto importante. Perché la qualità delle carceri racconta anche il livello della situazione sociale al di fuori delle stesse: se una società ha la capacità di migliorare le condizioni sociali all'interno del carcere, vuol dire che è una società evoluta, che punta al recupero sociale di ogni soggetto, anche di quello che, nel percorso della sua vita, pu incorrere in errori. Credo che questo sia un elemento fondamentale.
Introdurrei il primo aspetto importante: il lavoro. È un aspetto fondamentale che andrà sviluppato sempre di più.
Il dato che ci ha fornito il Garante, e che ci ripetiamo ogni anno, è importantissimo. Dobbiamo aumentare gli sforzi, come Consiglio regionale per favorire il lavoro dei detenuti.
Purtroppo, coloro che trovano lavoro (non mi riferisco ai piccoli incarichi di pulizia, di preparazione dei pasti, eccetera all'interno delle carceri ma a lavori effettivi che consentano un riconoscimento sociale, anche con un ritorno economico) sappiamo che sono ancora pochi. Sono piccoli numeri che ci indicano, però, che questa è la strada corretta, che è la strada che va percorsa: mi riferisco alla formazione.
Dunque, l'accesso alla formazione per questi futuri lavoratori è importantissima, per cui anche l'attivazione degli "sportelli lavoro" nelle carceri credo sia un aspetto importante. So che era stato fatto a Torino ma non conosco la situazione delle altre carceri. Credo, però, che sia un'iniziativa che merita di essere sviluppata, perché sappiamo che gli educatori hanno delle competenze, ma non su questi aspetti.
Crediamo, quindi, che questo aspetto sia molto importante. Il dato sulle recidive di chi lavora è bassissimo: parliamo del 18 per cento, addirittura sotto il dieci per cento nei progetti di alta qualità.
Ho avuto modo di visitare due carceri in Piemonte: il carcere di Vercelli e il carcere di Biella. Nel carcere di Biella - lo ha ricordato anche il Garante - si svolgono attività lavorative importanti: penso all'azienda agricola certificata bio; penso, ancora, a quel progetto sartoriale che richiama un analogo progetto che è stato presentato recentemente dalla Caritas a Novara, dove le grandi firme della moda italiana hanno offerto una possibilità lavorativa a una cooperativa di tipo B, che va incontro alle esigenze del detenuto che esce dal carcere.
Come diceva il Garante, bisogna trovare il modo di costruire una rete affinché queste persone, una volta uscite dal carcere, non siano lasciate sole.
Mi fa piacere che queste grandi firme, oltre a creare una rete lavorativa al di fuori delle strutture carcerarie, offrano anche possibilità di lavoro all'interno delle carceri.
I problemi del lavoro sono fondamentali: su di essi dovremmo fare delle riflessioni e migliorare la capacità di intervento. Sicuramente, come hanno detto il Consigliere Bono e la Capogruppo Frediani questa mattina, sarebbe importante avere un momento di confronto in Commissione con i Garanti, sia quello dell'infanzia che quello delle carceri, in modo tale da snocciolare effettivamente i numeri e comprendere eventuali possibilità di miglioramento.
Un altro dato importantissimo riguarda la manutenzione delle carceri. Come diceva il Garante, necessitano di 50 milioni per mantenere tutte le strutture presenti sul territorio nazionale, ma vi sono solo quattro milioni.
Noi segnaliamo delle difficoltà strutturali, in modo particolare nel carcere di Vercelli, dove si aspetta da anni la realizzazione della palestra. Sappiamo che le ali più vecchie del carcere sono in condizioni abbastanza precarie, mentre il quinto piano è quello più rinnovato, per occorre trovare le risorse per migliorare la struttura. Sappiamo del carcere di Verbania che ha delle difficoltà, perché gli spazi sono molto angusti, non vi sono cortili e spazi fruibili da parte dei detenuti che creano delle problematiche. Sappiamo che anche il carcere della Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino ha delle difficoltà.
Pensiamo che l'altro aspetto fondamentale che è stato segnalato dal Garante sia quello della sanità. Ovviamente è stato assegnato al sistema sanitario regionale il fatto che è stata iniziata un'attività sperimentale con un servizio di registro elettronico fornito dalla Regione Emilia-Romagna.
Inoltre, sappiamo che questo poi è stato modificato, nel senso che è stato fornito un diario clinico dei detenuti attivo nel sistema AFIS e questo ha creato un intoppo. Mentre le sperimentazioni in due carceri, ad Asti e Cuneo, avevano funzionato bene, sappiamo che questo progetto ha trovato degli intoppi a Torino.
Crediamo che questo sia un aspetto importante e sarebbe importante anche al di fuori delle carceri, però sicuramente i detenuti sono più soggetti a spostamenti, sebbene gli spostamenti vi sono anche fuori, perch dall'ospedale agli istituti per la riabilitazione gli spostamenti sono continui. Però crediamo che sia un aspetto importantissimo per evitare anche proprio esami che sono stati appena fatti, quindi spese diagnostiche che si potrebbero tranquillamente evitare.
Sappiamo anche che la legge 28/12/2015 n. 208 ha previsto un apposito finanziamento di 400 mila euro annui per la realizzazione di un sistema di gestione e di telemedicina. Questo è un altro aspetto molto importante che parallelamente sta crescendo anche nelle Case della Salute. Sicuramente è un altro aspetto che si potrà sviluppare e che va incentivato da parte della Regione, e quindi ne riconosciamo l'importanza.
Vi è poi il dato molto delicato, che ha citato il Garante, sul riconoscimento del diritto all'asilo e dei rimpatri forzati. Questo è un dato nuovo e fa molto piacere sentire che c'è una forte attenzione anche su questi aspetti. Mi piacerebbe capire perché queste 600 persone, ognuna delle quali ha un suo percorso, non hanno avuto il riconoscimento della richiesta di asilo e comprendere le motivazioni che hanno portato all'espulsione.
Detto questo, sappiamo anche di un'interessante sperimentazione che è quella dello Sportello farmaceutico; sappiamo che all'interno delle carceri vi è un grande consumo di psicofarmaci, e quindi avere la consulenza sia medica sia da parte di un farmacista potrebbe essere interessante, anche perché il fatto che nelle carceri vi sia un numero di suicidi mediamente di 19 volte superiore a quello nella vita al di fuori è sicuramente un dato che crea grande attenzione.
La ripresa dei suicidi è un dato che va monitorato con grande attenzione e sarebbe anche interessante monitorare il consumo di psicofarmaci. Lo dico perché alcuni psicofarmaci hanno proprio riportato nella loro scheda tecnica che possono indurre a un aumento dei suicidi. Questo è dovuto anche a un aumento della serotonina ed è un aspetto biochimico che induce questo fenomeno. Sarebbe bello quindi monitorare il consumo di psicofarmaci e l'andamento dei suicidi.
Quanto ha detto il Garante è allarmante per quanto riguarda il sovraffollamento. Il dato che abbiamo molto pesante è sul sovraffollamento del carcere di Vercelli, che mi sembra aggiri intorno al 127 per cento.
Complessivamente il sistema carcerario piemontese è poco sopra il 100 per cento, però collegato a questo, secondo quanto diceva il Garante, vi è anche un campanello d'allarme, perché ovviamente più carcerati ci sono e meno educatori ci saranno o persone che si possono dedicare al recupero di queste persone e a bene indirizzarle. Il numero ovviamente diventa minore perché si dividono più carcerati.
Un dato allarmante sul numero dei carcerati è quello dei detenuti stranieri, che ho chiesto proprio adesso al Garante. Però sappiamo che, per parità di pena, i detenuti stranieri accedono molto meno frequentemente alle pene alternative. Questo potrebbe essere un dato che porta anche ad un aumento dei detenuti stranieri nelle carceri piemontesi, oltre ai trasferimenti che ha indicato il nostro Garante.
Sicuramente anche questo è un aspetto molto importante su cui bisognerà lavorare, per consentire anche ai detenuti stranieri di accedere alle pene alternative. Sicuramente in assenza di una famiglia presente sul territorio ed in assenza di una serie di legami sociali, per una persona che viene da un altro Paese è molto più difficile. Anche su questo mi piacerebbe ragionare in Commissione con il Garante, per capire se vi è una possibilità per migliorare la situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ottria.



OTTRIA Domenico

Grazie, Presidente.
Prima di fare un breve commento alla relazione del Garante dei Detenuti, mi permetto di elogiare il lavoro che sta facendo, perché ho avuto anche modo di constatarlo negli ultimi tempi, visto che l'ho seguito in alcune visite.
Come ho già avuto modo di dire al Garante personalmente, già da Sindaco avevo avuto delle esperienze con il mondo carcerario, con alcuni detenuti attuando nel mio Comune dei progetti di reinserimento, che all'epoca erano anche finanziati con una legge regionale, mi pare la legge 45.
Nei mesi scorsi, per circa tre volte mi sono recato a visitare i carceri di Alessandra, il San Michele e il Don Soria, vecchio carcere in città.
Proprio nel caso del Don Soria, ci siamo recati per un progetto molto interessante che è stato attuato e che vorrei sottolineare, perché ritengo sia un'ottima iniziativa che ha il pregio, tutt'altro che scontato, di collegare il mondo dei detenuti con quello dell'università, in particolare con studenti che poi, anche professionalmente, potrebbero occuparsi delle problematiche legate al carcere e ai detenuti. Sto parlando della guida ai diritti: orientarsi tra norme e pratiche penitenziaria. Prima il Garante non l'ha citata, ma forse per la brevità dei tempi.
Questa iniziativa è realizzata dagli studenti di una specifica clinica legale attivata nell'ambito del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino.
La Direttrice del Dipartimento ha accolto formalmente una richiesta di collaborazione fatta dal Garante e ha agevolato la realizzazione coordinata di due pubblicazioni diffuse in modo abbinato. Si tratta di un lavoro a più mani, prodotto dal Comitato dei diritti umani in collaborazione con l'Ufficio del Garante, che ha redatto i testi.
La grafica è stata curata, nell'ambito del progetto "Stampa in galera" dall'Associazione Sapori Reclusi, presso la Casa di reclusione di Saluzzo.
Infine, la stampa è stata realizzato dal Consiglio regionale del Piemonte presso il Centro Stampa della Regione, quindi un'iniziativa facilitata dalla Regione.
La Regione ha anche curato il Vademecum, una serie di riferimenti utili per la comunità penitenziaria piemontese, che è nato come strumento conoscitivo e informativo da dare in mano ai detenuti ristretti nelle 13 carceri del Piemonte, di cui la guida è un'ideale integrazione per far conoscere i loro diritti e i loro doveri. Nell'occasione in cui è stato presentato ho potuto assistere alla divulgazione che gli studenti di questo corso universitario hanno fatto direttamente presso i detenuti nei due carceri di Alessandria.
È stata una giornata che credo abbia arricchito tutti e che sia assolutamente necessaria per aiutare i soggetti, sia detenuti sia studenti ragazzi e ragazze che hanno potuto fare un'esperienza diretta e imparare che la figura del recluso non è un'astrazione, ma è un essere umano in carne ed ossa, con bisogni, sentimenti e una storia concreta. Un insegnamento di cui dovremo fare tesoro quotidianamente.
A questo proposito mi soffermo, concludendo velocemente questo intervento con un tema già ripreso da altri colleghi.
È un tema complicato che deve essere affrontato sul quale, come Consiglio regionale, potremmo e dovremmo lavorare. Si tratta del tema sanitario.
Ormai da qualche tempo, in capo alla Regione, occorre un cambiamento di passo importante su questo tema, in particolar modo sulla presenza e la disponibilità dei medici nelle Case di reclusione. Durante le visite parecchi detenuti hanno fatto notare che ogni giorno si trovano un medico diverso e dover ogni volta raccontare la propria storia, anche sanitaria, e poi doverla ripetere e non trovare continuità in questo in servizio, non è agevole.
È necessario garantire con più forza cure tempestive ed adeguate alle persone detenute. A questo proposito, è necessario ottimizzare maggiormente la cartella clinica e tecnologica.
Ho letto nella relazione che l'esperienza attuale è stata mutuata da un progetto della Regione Emilia Romagna, ma che, per quanto abbiamo sentito almeno limitatamente all'esperienza alessandrina (ma credo anche negli altri casi), non funziona ancora in modo ottimale.
In ultimo, esiste una forte criticità relativa agli spostamenti dei detenuti verso i luoghi esterni di cura. Mi è parso di capire, infatti, che spesso vi è una mancanza di coordinamento tra i soggetti interessati, con il risultato che molte delle visite, correttamente prenotate presso ospedali o ambulatori pubblici, non possono essere effettuate per mancanza di personale preposti alla scorta, per cui salta la prenotazione e passa ulteriore tempo prima di poter fare la visita.
Il tema del personale penitenziario è uno dei nervi scoperti che ho potuto tastare nei miei colloqui con il personale che lavora nelle carceri. È un ambito che meriterebbe un approfondimento, ma che, purtroppo, temo di non poter far nel poco tempo ancora a mia disposizione.
Accolgo con favore la sollecitazione che il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive e della libertà ci pone e cito il virgolettato: "Nella parte rimanente di questa decima legislatura regionale si possono affrontare alcuni dei nodi salienti per le persone che vivono in condizioni di privazione della libertà, sia per quanto riguarda le competenze dirette della Regione sia per quanto concerne le relazioni interistituzionali che possono favorire un'esecuzione penale diversa o un maggior rispetto dei diritti di chi è ristretto".
Per questo motivo, li pongo all'attenzione dei colleghi e dell'Aula, per il prosieguo di questa legislatura.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossi Domenico; ne ha facoltà.



ROSSI Domenico

Grazie, Presidente.
Il mio sarà un intervento breve, perché condivido quanto già espresso dai miei colleghi.
Parto con un ringraziamento al Garante, Onorevole Mellano, per quello che in questi anni ha fatto a servizio delle persone detenute. Abbiamo più volte detto in quest'Aula quanto ciò che facciamo per i più fragili nella nostra società ci restituisce la cifra del nostro impegno e dei nostri valori.
Intervengo in Aula in questa occasione solo perché non posso non raccogliere quello che potremmo definire un grido d'allarme contenuto nella relazione del Garante; una relazione che chiaramente nello stile resta nell'istituzionale, ma che denuncia una situazione che questa Regione non può non affrontare.
Come Presidente della IV Commissione, volevo impegnarmi a far sì che questi temi vengano affrontati al più presto all'interno dalla Commissione sperando che si possano elaborare insieme dei percorsi o accelerare quelli già in essere, per chiudere questa legislatura almeno con dei passi avanti soprattutto sulle due questioni che il Garante ha citato anche nell'intervento di presentazione: trattamento personalizzato e l'ambulatorio mobile, ossia una serie di strutture che possano aiutare e migliorare la condizione di chi è già privato della libertà, che correttamente dovrebbe avere, almeno dal punto di vista sanitario, tutti i diritti in maniera chiara ed esigibile.
Tutto ciò al netto del fatto che, come al solito, sono costretto a parlare nuovamente di doppi costi, così come ogni volta che parliamo di quest'argomento, perché ogni volta che non facciamo bene il nostro lavoro come istituzione, ogni volta che non garantiamo un diritto, poi anche dal punto di vista economico lo paghiamo due volte, in quanto rifare gli esami ogni volta che un detenuto si sposta oppure perdere tutto il lavoro di un professionista è sicuramente uno spreco anche in termini di risorse per il sistema.
Quindi fare bene ciò che ci richiama a fare oggi il Garante ci mette nella doppia condizione win to win, dove le persone hanno il rispetto dei propri diritti e la Pubblica Amministrazione risulta anche più efficiente.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Policaro; ne ha facoltà.



POLICARO Giuseppe Antonio

Grazie, Presidente.
Ho assistito con molta attenzione e sono rimasto molto toccato dall'intervento del Garante dei detenuti; ovviamente anch'io non posso che condividere la stragrande maggioranza di tutte le osservazioni che sono state formulate.
Ripercorro velocemente soltanto i punti che già conosciamo e che chiaramente mi preoccupano e ci preoccupano. Insomma, oltre ai dati saputi e noti che 50.000 carcerati in Italia vivono in condizioni che definire pessime è un eufemismo, apprendo anche che 4.000 in Piemonte non sono ben trattati e scontano la loro pena in modo diverso rispetto agli altri carcerati italiani: evidentemente appare necessario che tutti quanti noi si faccia quanto possibile per cercare di dare un piccolo contributo al fine di cercare di migliorare le situazioni.
Quando venivano sottolineati i numeri, cioè la necessità di un investimento di circa 50 milioni soltanto per migliorare le carceri italiane, se considero che il bilancio dello Stato italiano investe 800 miliardi in un anno, credo che siano risorse che forse facilmente potrebbero essere trovate tra i bilanci dello Stato, posto - come è stato sottolineato - che solo quattro sono i milioni effettivamente investiti per migliorare e manutenere le carceri italiane.
Su un dato non mi trovo d'accordo, cioè quello della popolazione extracomunitaria, soprattutto l'incidenza della popolazione extracomunitaria nelle carceri italiane rispetto alla popolazione. Alcuni sottolineavano che forse rappresentano uno 0,39 per cento della popolazione, cioè su cinque milioni di abitanti alla fine sono circa 20.000 le presenze di extracomunitari in Italia. Se si facesse un rapporto tra popolazione italiana presente in carcere e extracomunitari presenti in carcere, forse questa percentuale potrebbe risultare non corretta. Mi spiego meglio: posto che su 50.000 presenze nelle nostre carceri, 20.000 sono gli extracomunitari e 30.000 gli italiani, il rapporto è tre a due, ma non mi sembra che il rapporto sia lo stesso tra italiani (55 milioni) ed extracomunitari (cinque milioni).
Al netto di questo ragionamento - poi, insomma, sono valutazioni evidentemente non rilevanti ai fini della nostra discussione - credo che molto si possa fare e che qualcosa lo si possa fare anche all'interno di questo Consiglio. Fare che cosa? Destinare delle risorse. Siamo tutti d'accordo che c'è necessità di fornire delle risorse e credo che questo Consiglio regionale possa anche oggi prendere un impegno per destinare delle risorse. È stata richiamata la necessità di avere dei supporti tecnologici per quanto concerne il tema sanitario e il tema della comunicazione tra i vari istituti per quanto riguarda le cartelle cliniche dei detenuti: bene, si può fare. È stato sottolineato come molti sono i progetti per migliorare la qualità della vita all'interno degli istituti di detenzione.
Sottolineo - io sono di Novara - che c'è un importantissimo progetto che viene sviluppato soprattutto con i soldi della Regione Piemonte: quello dei cosiddetti cantieristi (così vengono chiamati). Si tratta di una quindicina di detenuti che sono finanziati con dei fondi regionali (a dir la verità sono fondi del POR, quindi addirittura derivanti dall'Unione Europea), che una volta a settimana (è un progetto molto complesso, chiaramente vagliato dal Magistrato di sorveglianza e da una serie di istituzioni) escono dal carcere di Novara per svolgere con aziende (in questo caso aziende municipalizzate, ma in generale col Comune di Novara) quelli che oggi potremmo definire come lavori socialmente utili.
Si possono fare quindi delle attività importanti in questo senso. Possiamo noi dare un contributo? Perché no? Anche aumentando le risorse destinate a questi capitoli.
Il numero dei suicidi è un dato importante, ma non mi voglio ripetere perché è inutile sottolineare quello che è già noto. Leggevo su alcune relazioni che, è vero, sono stati 52 i suicidi e mi sembra che quelli tentati siano più di 1.000: anche questa è la cifra di quello che è il vero tema che oggi le carceri italiane rappresentano: davvero un vulnus per la nostra civiltà. Inoltre, se vogliamo che la pena possa essere rieducativa così come previsto dalla nostra Costituzione, allora è evidente che qualcosa bisogna fare.
Credo - parlo a titolo personale - che debba essere aumentato il numero delle carceri italiane, e lo dice anche il mio partito a livello nazionale ma bisogna anche partire dalla manutenzione di quelle che ci sono. La riforma Orlando è stata molto criticata e secondo alcuni giuristi alcuni temi sono stati considerati addirittura molto negativi, per esempio l'aumento della prescrizione rispetto ad alcuni reati, però a mio parere ha avuto il merito di fotografare questo tema e, anche prevedendo pene detentive alternative, ha comunque dato delle risposte che in questo momento sono assolutamente necessarie.
Termino ribadendo quello che ho già detto: anche noi possiamo fare qualcosa, non soltanto per sottolineare i temi che ci sono, ma anche per migliorare la qualità della vita di chi oggi è negli istituti di detenzione.
Come diceva Dostoevskij, il grado di civiltà di un Paese si misura partendo dalle prigioni e credo che di questo oggi siamo tutti consapevoli e tutti quanti condividiamo queste osservazioni.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Intanto, un ringraziamento sentito al nostro Garante per il lavoro che svolge ogni giorno e soprattutto credo sia importante non soltanto il suo ruolo, ma tutto quello che lui e i Garanti delle nostre città fanno nei tanti presidi e nelle tante case circondariali.
La mia è una posizione privilegiata, nel senso che da anni, con i Radicali italiani, svolgiamo dei sopralluoghi e quasi settimanalmente visitiamo le carceri piemontesi in un percorso che si chiama "Codice a sbarre". Dicevo che sono fortunato, nel senso che sono "cresciuto" in carcere, perché mia madre è stata dirigente dei Servizi Sociali Minorili del Ferrante Aporti e conosco bene quelle realtà, come si sono evolute e come abbiano cambiato anche pelle. Tra l'altro, possiamo dirci che anche nella relazione del garante è chiaro che l'innovazione e la capacità che, per esempio, hanno avuto alcuni circuiti minorili hanno anche fatto scuola in tutta Europa.
Mentre invece, possiamo dirci che la situazione carceraria italiana, come dichiarano la gran parte dei Direttori, ma di fatto è ben presente anche nella relazione del Garante, ha avuto di nuovo un'espansione diciamo non così - come si può dire - prevedibile, legata soprattutto a tantissimi casi di sovraffollamento e sfollamento da alcune grandi case circondariali limitrofe al Piemonte.
Alcuni casi che abbiamo descritto, soprattutto di sfollamenti dalla Liguria e da Milano hanno reso più difficili le condizioni di alcune piccole carceri piemontesi. Il caso di Ivrea ovviamente è quello più emblematico ma non sono tanto diverse altre situazioni carcerarie, perché spesso lo sfollamento rischia di compromettere alcune gestioni, soprattutto quelle dinamiche di alcuni istituti penitenziari, perché di fatto gli sfollamenti impediscono di reinserire queste persone in percorsi già avviati, spesso allontanano gli stessi dalle famiglie o dai propri nuclei di appartenenza il che ha drammaticamente inciso su piccole cose che però fanno la differenza. Alcuni casi dimostrativi che esistono nelle carceri piemontese sono legati alla percezione anche dei carcerati che il Direttore possa riportarli o rimandarli da dove sono venuti; molti dicono che hanno lasciato la famiglia in campagna, a Genova o in altri luoghi d'Italia, e questo è uno dei motivi di frizione.
Un altro motivo di frizione continuano a essere le condizioni strutturali di alcuni carceri, soprattutto quelli costruiti nell'era del boom, della concezione carcero-centrica italiana. Dico questo perché due settimane fa sono stato di nuovo alla Casa circondariale "Lorusso e Cutugno" e lì ho attraversato la cosiddetta "Corso Francia"; loro la chiamano Corso Francia perché è un mega corridoio che, di fatto tiene assieme, il blocco A con gli altri blocchi. Perché la chiamano Corso Francia? Perché è enorme, e soprattutto perché è come se avesse due controviali totalmente bagnati.
Infatti, dagli anni Settanta quel luogo ha una sorta di scolo che fa sì che a ogni perturbazione atmosferica s'inondi una parte di questo corridoio.
Sembra paradossale, ma è come se per trent'anni quel luogo non avesse avuto nient'altro che l'attenzione solo per ridipingerlo per poi vedere ricomparire muffa e macchie; tra l'altro, quel luogo è pericoloso, perch la gran parte delle persone devono attraversarlo ed è scivoloso.
Ecco, quello è l'emblema di uno dei problemi del carcere di Torino, un carcere complessissimo, in cui circa 1.400 detenuti sono in attesa di giudizio ed è una città nella città, in cui molte persone entrano ed escono. Anche se i Direttori nelle ultime stagioni hanno accelerato tantissimo i percorsi d'inserimento, soprattutto sui neo-ingressi, cioè su quelli che hanno più problematiche, perché magari sono in attesa di giudizio (nelle altre carceri, di solito ci mettono tempo a entrare in un percorso di formazione, l'accesso al lavoro), paradossalmente le condizioni strutturali del "Lorusso e Cutugno" vanificano gran parte degli sforzi organizzativi della macchina stessa, e parlo proprio del blocco A.
Vorrei, con questa denuncia che facciamo e rifacciamo anche in quest'Aula parlare delle condizioni di degrado infime, soprattutto dov'è ospitata la sezione Il Sestante, dedicato ai detenuti con problemi psicologici. Noi vediamo - unica condizione piemontese - situazioni in cui addirittura i bagni sono ancora a vista, cioè si vedono da fuori e, addirittura, non c'è praticamente neanche una vera distribuzione all'interno della stessa cella.
I detenuti sono già in condizioni estremamente delicate, perché sono quelli che sono inseriti in percorsi di salute mentale e psichiatrica.
Ecco, quelle condizioni lì, in cui vediamo soprattutto la muffa ovunque e vediamo condizioni fatiscenti, ci portano a dire che anche la deriva carcero-centrica annunciata dal nuovo Governo, soprattutto dal Ministro Salvini, dovrebbe essere riscritta almeno in un ridisegno di messa in sicurezza e di sicuro miglioramento di queste condizioni.
Nella parte femminile sono state addirittura eliminate - come posso chiamarle? - delle stalattiti di calce, perché per non fare entrare l'umidità delle docce, tengono le finestre aperte. Anche lì, ci sono problemi, perché è nella parte più estrema dell'edificato e, quindi esposta a tutte le perturbazioni atmosferiche. Lo scolo delle grondaie che non funzionano ormai da anni e il fatto che lì, dopo trent'anni, non si sia rifatto il cappotto termico fanno sì che le tre cose insieme (le docce, le perturbazioni e lo scolo) abbiano reso tutta un'ala della zona femminile molto impraticabile, tant'è vero che abbiamo chiesto lo spostamento almeno delle ultime celle (quelle a ridosso delle docce), perché lì la muffa continua a riaffiorare.
Ultima vicenda e poi chiudo, Presidente: il numero degli educatori rispetto ai detenuti. Il Garante lo dice spesso: non si può scaricare sui pochi e poveri educatori tutta la complessità delle relazioni. E allora, se è vero che esperienze come quella di Torino sono più fortunate, perché c'è un terzo settore e ci sono le fondazioni bancarie, negli altri istituti carcerari il problema è ovviamente la presenza delle istituzioni: in alcuni casi, ci sono Comuni, come il Comune di Torino, che svolgono lavori anche straordinari, cioè utilizzano le partecipate e vi è un lavoro interno ed esterno da parte dei carcerati, ma, in altri, l'impossibilità di avere educatori o di vedere le imprese che fanno un investimento vero anche in termini di formazione o la non presenza di adeguate forze anche solo educative vanificano parte della missione carceraria.
Chiudo sulla parte sanitaria, che ci compete. L'ha espresso bene ovviamente, la relazione del nostro Garante e io lo dirò alla nausea: da carcere a carcere cambia molto il tipo di lavoro prestato dai nostri medici, cui va riconosciuto uno sforzo straordinario. Se, però, uno psicologo o uno psichiatra può ricevere solo due ore ogni due o tre settimane e a quelle persone viene delegato il rapporto con tantissimi tipi di malattie e ansie, poi si trovano situazioni incredibili come quella di Ivrea, dove l'80-85 per cento (lo scorso anno era il 95 per cento) della popolazione carceraria fa uso di ansiolitici e altri medicinali.
Questa è una condizione che dobbiamo tenere sotto controllo. Molti Direttori lo fanno: le ASL hanno spesso anche dei rapporti straordinari hanno attivato dei protocolli molto innovativi, ma altre situazioni del territorio regionale non sono in questa condizione. Per questo, continuiamo a chiedere uno sforzo ai Direttori delle ASL, perché mettano un focus soprattutto dove ci sono le presenze dei presidi, perché poi ci sono due realtà, e chiudo: una è la vicenda delle cure specialistiche, che aumenta i conflitti con la Polizia carceraria e con i Direttori; l'altra, ovviamente è tutta la parte che non è già compresa dal Sistema Sanitario Nazionale.
Pensiamo alle cure odontoiatriche, che se non arrivano tramite il privato sociale, difficilmente anche la sanità pubblica riesce a raggiungere.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie a lei, Consigliere Grimaldi.
Ha chiesto la parola la Consigliera Batzella; ne ha facoltà.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
Ringrazio il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Piemonte, Bruno Mellano, per il lavoro svolto, il suo prezioso lavoro che tutti gli riconosciamo e, per questo, lo ringraziamo. Non solo per il lavoro che ha svolto e che svolge con grande impegno, mettendoci anche cuore e passione (bisogna avere una certa umanità per poter svolgere determinati ruoli), ma anche per l'importante ruolo di garanzia istituzionale che il Garante rappresenta, a tutela e presidio dei diritti umani che riveste.
La relazione del Garante è una relazione veramente molto intensa, esaustiva e descritta nei particolari.
Personalmente, ho avuto modo di frequentare più volte diverse carceri piemontesi: la Casa circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino, dove sono andata più volte, non solo in veste di Consigliera regionale, ma - come ben sa il nostro Garante - anche in veste istituzionale, come Presidente della Consulta delle elette. Sono andata più volte con le colleghe e abbiamo anche promosso e finanziato dei progetti a favore delle donne con bambini abbiamo realizzato dei corsi di cucina multietnica all'ICAM (l'Istituto di Custodia Attenuata Madri con bambini). Abbiamo dei progetti che metteremo in atto al più presto, in autunno, sempre a favore delle donne, ma prenderemo in considerazione, questa volta, la sezione femminile per non discriminare, perché vogliamo abbattere i pregiudizi e le discriminazioni nei confronti delle donne.
La donna detenuta, purtroppo, vive una realtà difficile e ha veramente poche possibilità di svolgere delle attività all'interno del carcere perché certi lavori vengono affidati fondamentalmente agli uomini, che sono in numero nettamente superiore rispetto alle donne. Inoltre, abbiamo collaborato con la sezione femminile del carcere di Vercelli ed è nostra intenzione continuare a farlo. Ho avuto modo di visitare anche il carcere di Biella e ho continui rapporti di felice collaborazione con la dottoressa Picco, la Direttrice del carcere minorile Ferrante Aporti. Anche lì, come Consulta delle elette abbiamo intenzione di mettere in atto un progetto che partirà presumibilmente a settembre, a favore dei giovani, con iniziative che stiamo cercando di costruire e speriamo di mettere in atto nel più breve tempo possibile.
Detto questo, la situazione nelle carceri del Piemonte purtroppo è sempre tesa e allarmante, come descritta nella relazione e come descrivono anche i dati relativi allo scorso anno, il 2017, che hanno registrato 656 atti di autolesionismo, 59 ferimenti e 285 colluttazioni.
Si sono, inoltre, verificati 65 tentati suicidi e quattro persone si sono tolte la vita. Vorrei precisare: nell'indifferenza della comunità piemontese. Soprattutto dal punto di vista mediatico, c'è stata molta indifferenza, non è stata messa in risalto la morte di quelle persone.
Cinque, invece, sono morte per cause naturali.
Il più alto numero di atti di autolesionismo si è registrato nel carcere di Ivrea e nella casa Circondariale di Alessandria. Rispettivamente: 109 a Ivrea e 100 ad Alessandria. Alle Vallette a Torino, invece, si è contatto il maggior numero di tentati suicidi, esattamente 19.
I dati del Piemonte, più o meno, rispecchiano i dati nazionali. In tutti i penitenziari del Paese nel 2017 sono aumentati gli eventi critici rispetto all'anno precedente; il sovraffollamento si conferma un problema endemico delle carceri italiane. I dati sono sintomo di una situazione allarmante in un momento in cui sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica e di regime penitenziario aperto. Che cosa vuol dire? Che le celle rimangono aperte più ore al giorno, permettendo così ai detenuti di girare per le sezioni detentive.
Il carcere di Alba risulta, come già ribadito più volte da parte dal Garante, sovraffollato e con date poco credibili per la riapertura completa. Quello di Saluzzo, invece, è mezzo vuoto a causa di una cucina fatiscente e del poco personale.
Per quanto riguarda il personale, l'intervento del Consigliere Grimaldi ha bene evidenziato quali sono le criticità del personale, quindi la carenza di educatori. Il carcere deve essere educativo verso quelle persone che hanno commesso un reato, qualunque reato essi abbiano commesso sono comunque, degli esseri umani che stanno pagando e stanno espiando le loro colpe dietro una sbarra, all'interno di un carcere. Sono esseri umani e persone che un giorno devono essere reinserite nella nostra società.
Abbiamo fondamentalmente bisogno - chi conosce la situazione all'interno delle carceri o, comunque, è a contatto con professionisti che ci lavorano lo sa benissimo - di educatori. Servono tanti educatori, non si può andare avanti soltanto con il volontariato e con i soldi che arrivano dal privato.
Credo che anche le istituzioni debbano fare la loro parte e non solo avvalersi degli aiuti privati e del buon cuore da parte di associazioni o di persone.
Oltre alla carenza di educatori, all'interno delle carceri c'è anche un problema sanitario molto importante. Ho potuto constatare che c'è la richiesta di più specialisti. Ci sono degli specialisti che, magari, vanno una sola volta la settimana o, alcuni, massimo due volte, per due o tre ore, ma non riescono sicuramente a garantire tutte le richieste avanzate da parte dei detenuti. Mi viene da pensare alle cure dentistiche. Il dentista c'è solo una volta alla settimana, quindi non tutti possono usufruire del dentista.
Dobbiamo anche tenere in considerazione che ci sono persone all'interno del carcere che, per la prima volta nella loro vita, usufruiscono di una visita medica e che, per la prima volta, vedono uno specialista. Magari all'esterno, durante la loro libertà, non hanno potuto effettuare una visita medica, anche in considerazione del tipo di utenza che c'è all'interno delle carceri. La grossa affluenza è di extracomunitari che comunque, hanno una cultura diversa dalla nostra (parlo dal punto di vista sempre legato alla salute). Parto dal presupposto che tutti gli uomini sono uguali e tutti hanno gli stessi diritti. Tuttavia queste persone per cultura, per usi, costumi ed etnie magari non sono abituati a rivolgersi a degli specialisti.
È molto importante all'interno del carcere anche la presenza degli psicologi, che sono veramente di grande aiuto e di grande supporto verso la popolazione detenuta.
Mi accingo a concludere, mi piacerebbe parlare per altro tempo, ma il tempo è limitato. C'è anche il problema legato alla carenza del numero degli agenti di Polizia penitenziaria, che sono nettamente inferiori rispetto a quelli che dovrebbero essere.
A dieci anni dall'importante riforma che ha fatto passare le responsabilità della sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Ministero della Sanità, e in considerazione del fatto che la sanità è esclusivamente di competenza regionale, mi auguro che la Regione - il nostro Assessore alla Sanità oggi non c'è, ma ci sono altri Assessori che possano fare da tramite e non mancheranno occasioni per ricordarlo all'Assessore - possa riorganizzare un sistema sanitario regionale per garantire a tutti i detenuti - che, prima di essere tali, sono uomini, sono esseri umani quello che prevede l'articolo 32 della Costituzione.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Gancia; ne ha facoltà.



GANCIA Gianna

Grazie, Presidente.
Brevemente un ringraziamento all'Onorevole Bruno Mellano, che svolge con tanta passione quest'attività. È stato detto già molto, ma insisterei sicuramente sul fatto, poiché la popolazione è principalmente straniera dell'accompagnamento dei rimpatri, questione di cui ci ha parlato bene lo stesso Garante.
Sebbene non sia il momento più idoneo, farei un breve accenno al fatto che potremmo anche essere una "Regione pilota", nel senso di iniziare a pensare che lo Stato possa non più detenere il monopolio delle carceri. Questa potrebbe essere una soluzione che in altri Stati sta già funzionando. Credo che il dibattito in Italia possa anche svolgersi verso questa soluzione.
Nel ribadire nuovamente i ringraziamenti all'Onorevole Mellano, vorrei richiamare l'attenzione dell'Aula proprio su questi due aspetti, perch tutto il resto credo sia già a nostra sappiamo conoscenza. L'Onorevole Mellano - ma su questo non c'è polemica, non c'è guerra tra povere agente tra povere persone - ha dichiarato che mancano 50 milioni. Forse andrebbe riqualificata la spesa: perché in provincia di Cuneo, ad esempio, c'è un bando per l'accoglienza dei migranti - ribadisco che non intendo aprire una polemica in merito o farne oggetto di contestazione - e per la loro gestione che si aggira intorno ai 52 milioni.
Probabilmente, insistere sull'ottenimento di questi fondi, come diceva già il nostro collega Policaro, è nostro compito.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Gancia.
Ha chiesto la parola il Consigliere Monaco; ne ha facoltà.



MONACO Alfredo

Grazie, Presidente.
Cercherò di essere brevissimo, ma credo che l'occasione meriti un commento.
Come ogni anno, è estremamente ricca, puntuale e dettagliata la relazione del nostro Garante delle persone in regime di restrizione della libertà.
Abbiamo ascoltato degli interventi estremamente impegnativi e importanti sull'argomento, tutti volti a tessere le lodi di quello che quotidianamente viene fatto. Credo, però, che non basti tessere le lodi: bisognerebbe immaginare di costruire una cultura nuova o di recuperare una cultura umanistica che inizia a mancare.
Tutti i giorni vediamo che la politica, nell'ordine di quelli che sono i temi relativi all'uomo, sta scadendo in quella che mi sembra un'eterna partita di calcio, un eterno scontro sportivo. E, ahimè, credo che in questa direzione si vada purtroppo a investire sempre di più in termini di pena (intesa come certezza della pena) in regime di custodia cautelare o meglio, in carcere.
Personalmente, ritengo che la detenzione in regime carcerario, salvo per casi di sociale pericolosità, che andrebbero sempre più smagriti e limitati, sia uno strumento anacronistico. Credo che le pene alternative (non solo in termini di recupero, ma anche in termini di sanzione) esistano e forse siano più coerenti con quello che oggi chiede la nostra società rispetto a chi commette reati anche di tipo grave. Esistono tante misure: alcune vengono recepite, altre vengono adottate. Altri, invece, ritengono che le pene alternative debbano essere limitate.
Vediamo immagini di bambini che vengono messi in gabbie, in Paesi che oggi in qualche maniera, sono leader mondiali a livello economico. Fermo restando che poi s'immagina di fare un decreto che dice: "Ci abbiamo ripensato. Effettivamente, separare i bambini dei genitori non va bene, per cui li teniamo insieme ai genitori detenuti".
È dunque la detenzione lo strumento più idoneo e più opportuno? Tanto è stato fatto; tanto deve essere ancora fatto.
Tante parole di lode sono state spese per quanto è stato fin qui realizzato. Al di là dell'applauso per ciò che è stato fatto, che ovviamente merita il plauso, credo che si debba fare uno sforzo in più e non immaginare, paradossalmente, di migliorare o di fare meglio: io mi accontenterei di mantenere quello status culturale che si è tenuto fino ad oggi su questo tema.
Penso che le persone che sbagliano trovino già lungo, difficile e impegnativo sopportare la pena in stato di detenzione, che è giusta, ma che ancora oggi viene vista e vissuta, sebbene la nostra Costituzione dica tutt'altro, come una punizione. Anche la società la interpreta in questa maniera: vuol dire che lo sforzo fatto in tanti anni, di conquiste sociali e di conquiste di filosofia e di cultura della vita, di umanesimo, non è stato sufficiente per far passare come messaggio. Vuol dire che non siamo stati sufficientemente bravi.
Credo che la politica debba impegnarsi: chiederò uno sforzo in tal senso forse anche con dei documenti che presenterò successivamente e che sottoporrò all'attenzione dell'Aula. Credo che lo sforzo che debba fare la politica sia di tipo culturale.
Le cose da fare già si stanno facendo, ma credo che lo sforzo culturale sul quale inviterei tutti a riflettere e a impegnarci su questo tema, sia quello di proporre e di far comprendere alla collettività che chi nella collettività sbaglia, giustamente deve ricevere la cosiddetta "pena certa" ma questa non deve automaticamente tradursi nell'immaginare una "gabbia" nella quale oggi vediamo i bambini, e chissà chi altro in altri Paesi del mondo! Attenzione, perché quelli sono Paesi liberali, società avanzate dove esistono delle contraddizioni enormi nella loro liberalità, che passano dalla pena di morte al poter fare di tutto e di più.
Credo che la detenzione in carcere - lo ribadisco convintamente - sia uno strumento anacronistico, uno strumento che deve essere superato e riservato esclusivamente a pochi casi. Mi auguro - temo di non vederlo in questa vita che almeno i miei figli o chi verrà dopo di me possa vederlo presto, cioè vedere lo strumento del carcere non immaginario, ma che si costruiscano altre carceri, così possiamo metterci altre persone dentro.
Qualcuno oggi sta immaginando e combattendo e dichiarando di combattere quello che è il business degli uomini che migrano da un braccio di mare all'altro per cercare nuova speranza, nuove fortune e altre cose. Quindi sul tema di combattere il business dell'uomo credo che dovremmo essere tutti d'accordi. Sulle modalità abbiamo ed immaginiamo tutti soluzioni diverse, ma credo che anche quello del business dell'uomo in detenzione rischia di diventare un business, perché qualcuno lo interpreta come tale.
Per questo credo che la politica debba fare un'operazione culturale un'operazione di contrasto, aiutando quelli che stanno lavorando in quella direzione e per dare un segno della nostra civiltà, perché credo che sia un segno di civiltà superare lo stato di detenzione in carcere. Aiutarli in questa direzione credo che sia un obbligo morale che dovremmo assumerci tutti insieme, al di là delle belle parole e del plauso che certamente l'Onorevole Mellano merita. Ma al di là di quello, credo che interessi di più al Garante quanto noi potremo fare per lui e per la missione che sta svolgendo per noi, piuttosto che dargli un plauso e poi rivederci fra un anno alla prossima relazione, alla quale saremo tutti presenti accoratamente ad applaudire.
Un ultimo tema sul quale mi preoccuperò di confrontarmi sia con l'Aula sia direttamente con il Garante sarà quello relativo ad alcuni aspetti della sanità all'interno delle carceri. È stato già citato più volte, ma credo che ci sono dei percorsi specifici e tipici dello stato di detenzione quali alcune specializzazioni.
Si è parlato tanto di psicologia e psichiatria, ma credo che vadano meglio sottolineati alcuni aspetti che vengono fuori, che sono diversi per la popolazione detenuta rispetto alla popolazione esterna alle carceri. Mi riferisco al settore dell'urologia. Sembra un paradosso e un particolare irrilevante, ma credo sia necessario impegnarsi in quella direzione per disegnare dei nuovi percorsi che possano, forse, portare delle efficienze enormi, sicuramente per una migliore prevenzione di alcune patologie che in carcere si vedono più che altrove.
Oltre a una prevenzione, ovviamente anche una migliore cura e certamente con un minor costo da parte del sistema sanitario nazionale e della collettività in senso lato. Penso che potremmo dirigere in quella direzione qualche sforzo e in questo modo, forse, daremmo un contributo benefico anche alle belle parole che oggi abbiamo recitato in quest'Aula.
Grazie.



PRESIDENTE

Non vi sono altri interventi, quindi dichiaro chiusa la discussione sulla relazione del Garante, che ringraziamo ancora per la presenza.


Argomento:

Programmazione dei lavori


PRESIDENTE

Erano state richieste alcune comunicazioni, una da parte del Consigliere Bona nei confronti dell'Assessore Balocco sulla chiusura della galleria di collegamento tra il Lago d'Orta e il Lago Maggiore. L'Assessore Balocco ha comunicato che non sarà presente nei prossimi Consigli, quindi la prima disponibilità sarebbe nella seduta della II Commissione calendarizzata l'11 luglio. Naturalmente il Consigliere Bona, se vuole regolarsi in modo diverso, sa come poter ottenere informazioni su questa comunicazione.
Per quanto riguarda la richiesta fatta dal Consigliere Bono sulle comunicazioni da parte dell'Assessore Saitta sulle liste d'attesa, comunico che non siamo riusciti ad avere nessuna risposta da parte della Segreteria dell'Assessore, quindi nel prossimo Consiglio o nella prossima Conferenza dei Capigruppo daremo comunicazione su questo.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Esame proposta di legge n. 82, inerente a "Norme sulla tutela della salute e sulla valutazione del danno sanitario nelle aree del Piemonte ad elevato rischio ambientale"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame della proposta di legge n. 82, inerente a "Norme sulla tutela della salute e sulla valutazione del danno sanitario nelle aree del Piemonte ad elevato rischio ambientale", di cui al punto 11) all'o.d.g. Tale proposta di legge è stata licenziata a maggioranza con voto negativo dalla IV Commissione il 12 marzo 2018.
Relatore di minoranza è il Consigliere Segretario Bertola, che ha facoltà di intervenire in qualità di Consigliere.



BERTOLA Giorgio, relatore

Grazie, Presidente.
Per la presentazione di questa proposta di legge siamo partiti da un'ormai accertata realtà, ovvero dati accertati e acclarati che documentano, in generale, la presenza e l'aumento sia di patologie sia di decessi legati a fattori ambientali.
Il primo obiettivo di questa proposta di legge è tutelare la salute dei cittadini piemontesi che vivono in aree ad elevato rischio ambientale, con una piena applicazione anche del principio di precauzione, che è un principio al quale ci dobbiamo uniformare nella legislazione regionale e nazionale, ma anche comunitaria, mettendo al centro la salute dei cittadini. Noi crediamo che anche la tematica ambientale sia da vedere in forte correlazione con le tematiche sanitarie.
Abbiamo detto che si tratta di cittadini che vivono in aree a elevato rischio ambientale. Quali sono queste aree? Ad esempio, i siti di interesse nazionale per le bonifiche; ne abbiamo alcuni in Piemonte, dove abbiamo purtroppo la presenza di amianto, ma non solo anche altre situazioni. Ad esempio, aree che abbiano uno o più stabilimenti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, che presentino determinate caratteristiche, come emissioni inquinanti nelle classi 1 e 2 dell'Istituto Internazionale per la Ricerca sul Cancro, inquinanti particolarmente pericolosi.
Come ci prefissiamo di tutelare la salute dei cittadini con questa proposta di legge? Con la valutazione del danno sanitario. Proprio su questo vado a leggere la definizione data dalla proposta di legge che parla del danno sanitario e configura il danno sanitario. Secondo l'articolo 3, per danno sanitario s'intende "il cambiamento dell'attuale o futura incidenza sulla comunità degli effetti sanitari indesiderati connessi all'esercizio di impianti industriali in aree di cui all'articolo 4 comma 1.
Tali effetti sanitari indesiderati vanno intesi sia come effetti in atto sia come effetti che possono verificarsi in futuro, da prevenire in base al principio di precauzione di cui all'articolo 301 del Testo Unico Ambientale, decreto legislativo 152 del 2006, e capace di compromettere benessere psicofisico degli individui, di indurre patologie disabilitanti o di provocare decessi prematuri".
Questa è la definizione di danno sanitario.
Come avviene questo? Annualmente viene redatta, dall'ARPA e dall'ASL competente per territorio, questa relazione riguardante la valutazione del danno sanitario.
C'è anche un processo di piena pubblicità, trasparenza e coinvolgimento dei cittadini, in quanto quel rapporto viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte e può ricevere le osservazioni di cittadini e associazioni presenti sul territorio.
Quali sono i possibili effetti? Se dalla relazione emergono delle criticità, scatta l'obbligo, per le aziende che hanno causato queste criticità e queste modificazioni nello stato di salute delle persone, di ridurre le emissioni di quelle sostanze inquinanti, proprio con la redazione di un piano di riduzione di queste emissioni.
Se gli interventi non vengono effettuati o se quelli effettuati non sono efficaci, si può inviare una diffida all'azienda o alle aziende, ed eventualmente arrivare anche a sospendere l'attività con un provvedimento da parte dell'ASL.
Questo provvedimento è stato bocciato in Commissione. Va detto, peraltro che con questo provvedimento intendevamo e intendiamo innovare la legislazione regionale piemontese, ma non siamo partiti da zero, nel senso che ci siamo riferiti a una legge approvata in un'altra Regione, la Regione Puglia, che, a quanto mi risulta, era ed è amministrata dal centrosinistra.
Non c'è stata la volontà politica di approvare un simile provvedimento. Lo dico adesso e lo ripeto dopo, perché andrò a sviscerare, una per una, tutte le obiezioni tecniche che abbiamo ricevuto; fintamente tecniche, perch abbiamo dato delle risposte esaurienti, ma, come dicevo, è mancata la volontà politica.
Ci siamo resi disponibili in Commissione ad accettare modifiche alla proposta di legge, giacché l'esame in Commissione e poi in Aula servono proprio a modificare e migliorare i provvedimenti. Ne avevamo anche sospeso l'esame per permettere all'ARPA di effettuare un approfondimento. Ci siamo resi disponibili ad un eventuale tavolo di lavoro, ma è mancata la volontà politica.
Alcune obiezioni che abbiamo ricevuto sono state: "In Piemonte non c'è l'ILVA". Io dico anche: "Meno male che non c'è l'ILVA in Piemonte". Se per non c'è quel grande problema, che invece purtroppo c'è in Puglia, in Piemonte possono esserci e ci sono situazioni di criticità più puntuali magari più piccole, ma in diverse zone, giacché in Piemonte ci sono siti d'interesse nazionale, tanto per iniziare, e ci sono aziende soggette ad autorizzazione integrata ambientale, che hanno quel tipo di emissioni previste dalla legge.
Abbiamo poi sentito due obiezioni opposte l'una con l'altra: ci siamo sentiti dire che i monitoraggi vengono già effettuati. Benissimo, se allora è qualcosa che già si fa, perché non andarlo a regolamentare meglio con una legge regionale? Visto che già si fa, non è uno sforzo, lo mettiamo in legge.
Dall'altra, invece, ci hanno detto che se dobbiamo iniziare a fare quello c'è poi troppo lavoro, c'è troppo da fare. Se c'è troppo da fare, forse è perché qualche criticità c'è e allora, se c'è tanto da fare, iniziamo a farlo.
Quindi, delle due l'una.
È stato poi detto che non era ben delimitato il perimetro di intervento.
L'articolo 5 demanda a un regolamento da adottarsi, da parte della Giunta regionale, la fissazione dei criteri metodologici con i quali operare.
Anche qui decidiamoci, perché continuiamo a vedere proposte e disegni di legge della Giunta che applicando una totale delegificazione: viene demandato tutto a provvedimenti di Giunta e poi, quando andiamo a emendarle e cerchiamo di arricchirle, ci viene detto che le proposte di legge devono essere leggere. Devono essere leggi leggere e non dobbiamo appesantire troppo il processo legislativo. Quando poi noi ci permettiamo, in una legge, di demandare un aspetto a un regolamento da emettere da parte della Giunta regionale, ci viene risposto che non è delimitato il perimetro.
Anche qui, decidiamoci.
Questa legge - è scritto anche nelle osservazioni che non abbiamo fatto noi, ma nel documento redatto dagli Uffici legislativi del Consiglio regionale - non interferisce con le procedure di autorizzazione degli impianti e con le norme nazionali, perché sono escluse le attività di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 272 del Testo Unico Ambientale, quindi si occupa di altre questioni.
Tutto questo per dire che è mancata la volontà politica di approvare questo provvedimento. Se il risultato dell'Aula ripeterà quello che è successo in Commissione, vorrebbe dire che si è perso una grande occasione per mettere al centro la salute dei cittadini e, a questo punto, non rimarrebbe altro che auspicare interventi a livello di legislazione nazionale, per meglio tutelare i cittadini che vivono in aree dove ci sono criticità ambientali.



PRESIDENTE

Grazie al relatore di minoranza.
La parola al relatore di maggioranza, Consigliere Allemano.



ALLEMANO Paolo, relatore

Grazie, Presidente.
Chi mi ha preceduto è stato, nel suo stile, molto determinato. Io gli concedo l'assoluta buona fede nel perseguire l'obiettivo di tutelare la salute attraverso una tutela dell'ambiente, quindi siamo in sintonia: se c'è un convinto sostenitore che la salute non dipenda tanto dalla sanità quanto da un insieme di fattori che sono gli elementi in cui viviamo, è il sottoscritto, quindi tra questi elementi l'ambiente è sicuramente quello determinante.
Collega Bertola, diamoci atto che perseguiamo lo stesso obiettivo: non siamo né ospedalocentrici né fissati su un aspetto della salute, perché ne consideriamo la complessità e nel cruscotto abbiamo tanti indicatori di salute, in primis l'ambiente. Divergiamo solo sullo strumento, perché è evidente che voi avete individuato in questa legge uno strumento non autorizzativo, ma uno strumento di riconoscimento del rischio salute legato ad alcune attività. Noi ne comprendiamo la bontà e, se vogliamo, anche l'opportunità, senonchè agiamo in un contesto che non abbiamo determinato noi, ma che ha determinato una legislazione complessa, con livelli regionali, nazionali ed europei.
Ora, non possiamo pensare che si parta da questa legge: si parte da strumenti di pianificazione piuttosto complessi che hanno impegnato l'Assessorato all'ambiente e il Consiglio su atti importanti come il Piano dei rifiuti, il Piano dell'acqua, il Piano dell'aria, il monitoraggio delle radiazioni, l'amianto, il rumore. Insomma, su tutto questo abbiamo fatto insieme un lavoro di pianificazione consistente e adesso non possiamo evidentemente, da un lato, lavorare per matrici, per elementi ambientali come i rifiuti, l'acqua, l'aria, il suolo e poi dimenticare questo approccio per andare a vedere che vi è un certo punto dove probabilmente tutta questa pianificazione nulla incide perché c'è un'attività a rischio.
Pertanto, noi abbiamo scelto un modo di lavorare che è quello per matrici.
Non mancano certamente gli strumenti di controllo già in essere e non è per pigrizia che noi diciamo che è complessa l'applicazione della vostra legge: è perché abbiamo contezza di quanti sono già gli strumenti che dobbiamo far funzionare bene. Allora l'ARPA, che audiamo giustamente in Commissione a settimane quasi alterne, l'Osservatorio epidemiologico, i Servizi veterinari delle ASL, il Servizio fitofarmacologico: queste sono tutte le leve che ci consentono di vedere quanto la pianificazione che noi abbiamo per matrici poi si traduce in controlli.
Vi è poi la pletora dei provvedimenti autorizzativi. Lei ha sottolineato e su questo ci siamo già fin dall'inizio confrontati - che la vostra legge non rimanda a procedimenti autorizzativi perché è un elemento in più bisognerà anche spiegarlo alle aziende, dopo che hanno fatto la VIA, la VAS, l'AIA - scusate gli acronimi, io li odio, ma non li sviluppo per non rubare troppo tempo - e magari anche la valutazione di impatto sulla salute, che è una proposta di legge a livello nazionale che recepisce la direttiva europea e che magari questo Governo attuerà. Insomma, tra VIA VAS, AIA e VIS, può darsi che lo spazio per una legge regionale sia effettivamente molto modesto.
Dunque concludo riconoscendo che, a partire da una comunità di intenti, ci dividiamo sullo strumento attuativo, poiché secondo noi non c'è lo spazio per uno strumento regionale nell'affollamento di provvedimenti e di strumenti che sono in essere; è di tutta evidenza che le criticità attuative, al di là dell'affollamento delle azioni, vanno individuate essenzialmente nel chi paga, chi fa che cosa, quali aree circoscrivere e quali no (perché non esistono aree sane e aree ammalate in Piemonte: è un unicum ambientale).
Lei ha parlato dell'esempio della Puglia. Certamente noi non abbiamo il problema dell'ILVA di Taranto: intanto che il Governo decide, a fronte di un problema di tale portata, la legge regionale è andata proprio a misurarsi su quel problema, quindi lì non esiste il problema di dove applicare la legge. Si agisce sull'ILVA di Taranto, che è un problema di tale evidenza a livello regionale e nazionale al punto da troncare ogni discussione sul chi fa che cosa e dove.
Qui probabilmente, prima che abbiamo definito dove agire e perché, passano non una, ma tre legislature, per cui non vale quel paragone: sono realtà differenti.
Concludo motivando in questo modo il nostro dissenso rispetto a questa proposta e affermando ancora una volta la sintonia che c'è nel tutelare la salute dei cittadini attraverso una tutela dell'ambiente.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Credo che questa proposta di legge sia una proposta, oltre che di buonsenso, di grande utilità, perché va a rompere quel corto circuito che impedisce di passare dal dato epidemiologico ad un'azione politica importante; un'azione politica che potrebbe dare dei benefici economici a tutto il tessuto economico regionale. E vado a spiegare il motivo.
I dati epidemiologici nelle aree piemontesi più disparate sono molto variabili da area a area, perché dipende - come ha detto il nostro Giorgio Bertola - dalle attività che vengono svolte in quelle determinate aree.
Queste attività spesso e volentieri emettono sostanze che sono particolarmente impattanti per la salute dei cittadini piemontesi, e i dati epidemiologici lo indicano, sono incontrovertibili. Allora bisogna assumersi la responsabilità di agire, di fare qualcosa, perché in Italia abbiamo dei dati, non dico sulla longevità, ma sullo stato di salute, che sono sempre peggiori, cioè è sempre più bassa l'età dei nostri concittadini che si ammalano, e anche questo è un dato incontrovertibile.
L'incidenza dei tumori è in continuo aumento e, se aumenta il numero di tumori, ci sono delle cause. Sappiamo che queste cause, nella stragrande maggioranza dei casi, sono di natura ambientale, perché l'essere umano è una macchina non dico perfetta, ma quasi perfetta, fatta per vivere parecchi anni in stato di salute.
Ma non lo vediamo solo nell'incidenza dei tumori: lo vediamo anche nei dati sulla cronicità e sulle malattie degenerative; l'incidenza - quel dato è stato segnalato nel 2009 da due importanti scienziati di fama internazionale - della pandemia silenziosa, cioè quelle malattie dello spettro dell'autismo che sono in continua crescita tra i nostri giovani ragazzi e adolescenti in età evolutiva. È una pandemia silenziosa in continua crescita e gli stessi dati di monitoraggio a livello neuropsichiatrico infantile lo indicano anche in Piemonte. Questi due grandi scienziati su Lancet, prestigiosa rivista internazionale, hanno indicato come causa i pesticidi e i metalli pesanti, ovviamente, dovuti da una parte un'attività agricola industrializzata e dall'altra a un'attività industriale.
Quindi per noi diventa un obbligo morale intervenire laddove le prescrizioni dell'Aia spesso e volentieri vengono vanificate nella loro azione di verifica e di controllo, cioè la legislazione che vi è dietro questa normativa ambientale non è sufficiente. Di fatto, con questo testo di legge andiamo a cogliere una lacuna legislativa e cerchiamo di porvi rimedio.
Credo che questa sia un'azione nobile da parte del Movimento 5 Stelle regionale, un'azione che ha l'intento di migliorare lo stato di salute dei cittadini e dei lavoratori, perché spesso i lavoratori di queste fabbriche sono i più colpiti da malattie professionali, ma è anche un'azione meritoria, perché non dimentichiamoci che le aziende per competere devono anche cambiare i loro cicli produttivi, migliorarli e renderli ambientalmente sempre più sostenibili.
Questo vorrebbe dire anche creare una competizione al miglioramento e consentirebbe anche un riconoscimento, perché la ricerca e l'innovazione per esser più sostenibili producono vantaggi economici ad aziende che possono spenderli a livello internazionale. Credo che questa sia la strada da percorrere. Allora bisogna in qualche modo trovare delle azioni che stressino il sistema produttivo a migliorare i loro cicli produttivi, per renderli meno impattanti sull'ambiente e sulla salute.
Tale testo di legge coglie proprio questa problematica in pieno.
Ovviamente, i testi legislativi sono migliorabili sempre, però credo che questo sia un primo passo, una prima pietra per intervenire in questa direzione. Credo che approvare questo testo legislativo ci consentirebbe di fare dei passi in avanti nel miglioramento della tutela della salute dei cittadini piemontesi e dei lavoratori.



PRESIDENTE

Grazie, collega Andrissi.
La parola al Consigliere Valetti.



VALETTI Federico

Grazie, Presidente.
Brevemente, per rimarcare che la proposta in oggetto è una proposta dall'alto valore tecnico, in cui si è fatto tesoro di tutti gli studi e le metodologie per cercare di valutare il danno sanitario di tutte le componenti della nostra società, dall'industria agli impianti inquinanti a immissioni di particolari sostanze che hanno un impatto sull'ambiente e sulla salute pubblica, e renderli integrati in un solo testo di legge che toglie un po' la "foglia di fico" della correlazione tra le attività antropiche con effetti sulla salute umana e sull'ambiente, che manca sempre un po' di collegamento, perché spesso strutture sanitarie e strutture ambientali non si parlano abbastanza.
Sovente, l'attività di controllo ambientale, esercitata in modo puntuale dalle Istituzioni preposte, quali la l'Agenzia regionale per la Protezione dell'Ambiente, non viene di fatto utilizzata per migliorare lo stato dell'ambiente. Ci si limita a osservare i dati, senza poi incidere in nessun modo sulle attività produttive, nel mondo industriale e nella limitazione di quelle che sono le immissioni ambientali di questo modello.
Con questa legge intendiamo rimettere al centro l'ambiente e la salute dei cittadini piemontesi, prima di ogni altra cosa. Questo non significa ammazzare le attività produttive, significa definire le priorità. Le priorità per noi sono queste, quindi crediamo che ci sia un modo, per lo Stato e per le Amministrazioni, di far rispettare la legge senza uccidere le attività imprenditoriali, ma stimolare la società a evolversi verso attività con minore impatto ambientale.
Qualche volta è possibile effettuare le stesse cose che produciamo già con un impatto minore, qualche volta probabilmente bisogna rinunciare ad alcune produzioni, per migliorare la nostra economia su altri settori. Questo è particolarmente valido in una zona come il Piemonte e il Nord Italia, che è particolarmente colpito da inquinamenti quale quello dell'aria, per cui dobbiamo anche riflettere sul tipo di modello di lavoro, d'industria e di attività che noi vogliamo sul nostro territorio. Cambiare non è impossibile, ci vuole un po' di visione e speriamo anche un'ampia concertazione politica.



PRESIDENTE

Grazie, collega Valetti.
Non essendovi ulteriori richieste di intervento, procediamo con l'esame dell'articolato.
ARTICOLO 1 Non essendovi richieste di intervento, indìco la votazione palese sull'articolo 1.
Il Consiglio non approva.
Registriamo per il verbale il voto favorevole del Consigliere Andrissi.
Poiché il voto dell'articolo 1 non è favorevole, la proposta di legge è respinta nel suo complesso.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Vertenza Comital di Volpiano"

Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno n. 1410 presentato da Grimaldi, Accossato, Ferrentino Gallo e Giaccone, inerente a "Comital di Volpiano: massimo impegno per garantire il prosieguo dell'attività e la salvaguardia dell'occupazione"


PRESIDENTE

Era stata richiesta, da parte del Consigliere Grimaldi, una comunicazione sulla Comital. La conferma? Prego, Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
In realtà, non ruberei neanche un minuto di tempo e chiedo se sia il caso di svolgere le comunicazioni o no, e trattare l'argomento insieme all'ordine del giorno. In realtà, poiché la società è andata in liquidazione, si fa un appello non solo al Tribunale perché dia accesso agli ammortizzatori sociali, ma anche al Governo, affinché intervenga.
Quindi, forse, più che un dibattito, magari procediamo con una piccola comunicazione e il voto, se sono d'accordo anche gli altri Gruppi, se ci sono sviluppi.



PRESIDENTE

Allora, facciamo svolgere la comunicazione dall'Assessora Pentenero sulla Comital, che assorbe l'esame dell'ordine del giorno di cui è primo firmatario, di cui al punto 32) all'o.d.g.
La parola all'Assessora Pentenero.



PENTENERO Giovanna, Assessora al lavoro

Grazie, Presidente.
Rispetto alla vicenda Comital, credo sia necessario provare a fare un breve passo indietro e ricostruire la questione. Intanto, è bene ricordare la composizione della società: l'attuale assetto societario della ditta Comital S.r.l., con sede in Volpiano, è derivato dalla cessione avvenuta negli anni 2014-2015 di una parte della società del Gruppo Cuki, che è stata ceduta al gruppo industriale franco-belga AEDI, con una quota di maggioranza della società Balmeti. Sono state cedute delle attività dello stabilimento di Volpiano che erano dedicate all'eliminazione dell'alluminio, il marchio e gli impianti con i relativi macchinari, mentre l'immobile, quindi i muri, sono rimasti di proprietà della Cuki.
L'azienda oggi impiega circa 140 persone. Successivamente, la società Lamalù - di proprietà del gruppo AEDI e della società Balmeti - sita anch'essa in Volpiano, ha rilevato l'attività di fonderia laminazione a freddo, svincolando tutte le attività di lavorazione del gruppo Cuki, che rimane comunque il principale cliente di Comital.
Allo stato attuale, la ditta Comital risulta essere proprietaria solo del marchio e titolare dei rapporti di lavoro con le maestranze, in quanto i macchinari sono stati venduti alla ditta Volimpianti, di proprietà del gruppo AEDI. Le società Comital e Lamalù, originariamente entrambe di proprietà del gruppo AEDI e delle società Balmeti, sono ora rispettivamente di proprietà della società Balmeti, per quanto riguarda Comital, e della società Lamivol, per quanto riguarda Lamalù.
Questo è un assetto della società piuttosto articolato, che vede la società Comital come soggetto proprietario soltanto del marchio e dei contratti di lavoro, poiché le macchine appartengono a un'altra società e i muri appartengono a un'altra società ancora.
La vicenda riguardante la società Comital, che, come dicevo, è stata ceduta al gruppo belga AEDI, nasce nel mese di maggio del 2017, quando i lavoratori hanno manifestato le loro prime preoccupazioni per la situazione d'incertezza dell'azienda e per un'eventuale possibile perdita dei posti di lavoro. Abbiamo instaurato il tavolo di crisi in Regione per cercare di comporre il quadro, costruire un percorso e verificare cosa fosse possibile fare. Durante il primo incontro, che si è svolto il 31 maggio 2017, sono emerse problematiche di carattere finanziario derivate da un incendio che si era verificato all'interno dell'azienda e che aveva distrutto un'apparecchiatura fondamentale per la laminazione. Dopo questo, l'azienda ha manifestato la sua intenzione di procedere a una profonda riorganizzazione attraverso un processo di ristrutturazione e, al tempo stesso, di verificare possibili acquirenti per avviare un processo di vendita della società.
Il 28 luglio 2017 l'azienda ha aperto una procedura di licenziamento collettivo di tutti gli operai impiegati nella sede di Volpiano; decisione che, peraltro, è stata comunicata alle RSU in modo assolutamente non previsto e che ha veramente colto tutti di sorpresa, perché il contesto che si era manifestato negli incontri precedenti sembrava far ipotizzare una soluzione che andasse verso il cambiamento del management, quindi una riorganizzazione dell'impresa.
Il 1° agosto 2017 l'azienda ha comunicato di aver messo in liquidazione la società. La Regione - insieme al Comune e ad una forte presenza dei Sindaci dei Comuni limitrofi alla città di Volpiano - ha chiesto e ottenuto il ritiro della procedura di licenziamento e l'avvio di un percorso condiviso con le istituzioni e le parti sociali per cercare una soluzione che consentisse di tutelare i posti di lavoro e, nel frattempo, di garantire la presenza dell'attività sul territorio.
Nel mese di luglio e agosto sono stati organizzati una serie di presidi e manifestazioni, con una presenza significativa di molti Consiglieri di entrambi gli schieramenti (sia di maggioranza sia di minoranza), che hanno partecipato con grande attenzione al problema e a una situazione che si è presentata fin dall'inizio con sorpresa, come ho detto, ma anche con caratteristiche molto difficili e complicate.
Tra settembre e ottobre abbiamo proseguito una trattativa molto delicata e complicata tra l'azienda e i sindacati ma, grazie alla mediazione che siamo riusciti a svolgere con il coinvolgimento di tutte le parti, il 20 novembre scorso l'azienda ha deciso finalmente di sospendere definitivamente quindi formalizzando - la procedura di licenziamento collettivo. Abbiamo verificato con il Ministero la possibilità di avere 12 mesi, che scadranno nel novembre 2018.
Nel frattempo è stata presentata istanza di concordato preventivo, con l'obiettivo di favorire e accompagnare il processo di acquisizione da parte di soggetti che avevano potenzialmente manifestato l'interesse di rilevare lo stabilimento di Volpiano.
Il 6 giugno scorso sono scaduti i termini per la presentazione del concordato, senza che fosse presentata nessuna proposta di acquisto. Di fronte a qualsiasi proposta di acquisto, il 19 giugno, il Tribunale di Ivrea ha decretato il fallimento in bonis, tenendo conto del fatto che l'azienda ha commesse fino al mese di novembre prossimo e quindi un minimo di produzione e di attività, in qualche modo, è stata garantita, ma sono commesse per le quali si deve soltanto più effettuare la consegna.
Stavamo programmando un incontro con i commissari nominati per la procedura ma, nel frattempo, è arrivata la comunicazione dell'instaurazione del fallimento da parte del Tribunale di Ivrea. Quello che sostanzialmente oggi preoccupa è che il Tribunale non ha ammesso la continuità produttiva dell'Azienda anzi, ha decretato il fallimento immediato, senza continuità produttiva dell'azienda stessa.
Questo crea una serie di problemi legati al fatto che, intanto, vengono meno le causali previste dalla cassa integrazione attualmente in corso quindi ci pone in una condizione di grosse difficoltà nei confronti dei lavoratori. Oggi c'è stato un incontro presso il Tribunale di Ivrea, dove il Presidente ha dichiarato di aver verificato tutte le condizioni possibili per non dover arrivare al provvedimento, che non era neanche ammissibile la continuità di produzione e che quindi non si poteva immaginare altra soluzione.
Incontreremo i commissari nella giornata di lunedì e cercheremo di definire un percorso per cui ci confronteremo anche con le rappresentanze sindacali ma anche di trovare una soluzione, perché le problematiche sono diverse.
Intanto è evidente che qualsiasi acquirente fatica a immaginare di acquistare un'azienda in cui i lavoratori sono di proprietà di un marchio i muri di proprietà di un'altra società e le macchine di proprietà di un'altra società ancora. Il primo tentativo che occorrerebbe fare è quello di riordinare la situazione, quindi di avere, quanto meno, una serie di contratti che determinano un unico soggetto con il quale interagire.
Successivamente, bisognerà trovare una modalità per la quale il percorso di cassa integrazione, che ancora è in essere, possa essere mantenuto. Un processo un po' delicato e un po' complicato, ma con il quale cercheremo di misurarci nel rispetto, ovviamente, delle norme attuali che disciplinano gli ammortizzatori sociali.
Lunedì avremo l'incontro con i commissari, in vista del quale stiamo cercando di acquisire tutte le informazioni possibili per costruire il percorso.
Resta fermo - provo a dare una lettura positiva - il fatto che, se il processo di riordino dei diversi soggetti che compongono la scatola Comital arrivasse a fare sì che possono essere riassunti in un unico soggetto, le manifestazioni di interesse potrebbero - sottolineo il termine potrebbero ridestare la propria attenzione e potrebbe innestarsi un processo che porti a una soluzione positiva, attraverso l'acquisizione degli impianti. Fermo restando che gli elementi di preoccupazione che ci avevano caratterizzato all'inizio dell'estate dello scorso anno sono anche determinati dal fatto che si tratta di un'azienda che, malgrado rappresenti un pezzo di mercato del lavoro che oggi non ha apparenti elementi di crisi e ha una situazione favorevole all'interno del mercato della produzione della laminazione dell'alluminio, continuava a perdere un numero importante di risorse ogni anno, e il cui proprietario non aveva manifestato nessuna intenzione di modificare il management e di modificare anche la strategia aziendale per cercare di volgerla a una situazione favorevole.
Questi continuano essere elementi cui non siamo riusciti a dare una grande risposta, se non l'assoluta volontà, da parte del proprietario, di abbandonare il sito di Volpiano e di abbandonare la realtà italiana.
Neanche portandosi via qualcosa, ma creando semplicemente un danno enorme da un punto di vista del patrimonio, che quest'azienda rappresenta da tutti i punti di vista. Oggi ci ritroviamo con una condizione ancora più complicata e ancora più difficile, per la quale tutto quello che sarà possibile fare e che è nelle nostre potenzialità e nelle nostre facoltà sarà percorso e utilizzato con la massima attenzione.
Chiederemmo un'attenzione particolare da parte del Governo, spiegando il percorso e chiedendo, in modo particolare al Ministero del Lavoro, di identificare una soluzione percorribile, che permetta di garantire la cassa integrazione ma, soprattutto, non preveda l'aver utilizzato in modo poco corretto - uso questo termine - a oggi, l'ammortizzatore sociale di fronte a una causale che non corrisponde a quello che è il percorso che sta intraprendendo la società Comital.



PRESIDENTE

Vi leggo l'impegno dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Grimaldi, Accossato, Gallo, Ferrentino e Giaccone: "Il Consiglio regionale esprime la propria solidarietà ai lavoratori Comital; richiede un rapido impegno al Governo per garantire il prosieguo dell'attività e degli ammortizzatori per tutti i lavoratori; invita la Giunta ad attivarsi con i presunti acquirenti al fine di velocizzare e agevolare l'acquisto di Comital; invita la Giunta a contattare, il primo possibile, il curatore del fallimento per condividere soluzioni immediate e positive".
Se non vi sono richieste di intervento, indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 1410, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio approva.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.54)



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