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Dettaglio seduta n.32 del 09/12/14 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



(La seduta ha inizio alle ore 09.51)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

"Giornata internazionale delle persone con disabilità 2014"


PRESIDENTE

Colleghi e gentili ospiti, la seduta odierna è convocata ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento, che prevede che il Consiglio, in particolari circostanze, possa riunirsi in assemblea aperta a cui possono partecipare, con diritto di parola, rappresentanti degli Enti locali, dei sindacati dei lavoratori, delle organizzazioni di categoria e delle formazioni sociali.
La richiesta per l'attuale convocazione, accolta in sede di Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari, è stata presentata dalla Consulta per le persone in difficoltà, dal Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base e dalla Federazione Italiana Superamento Handicap per la trattazione del tema relativo alla "Giornata internazionale delle persone con disabilità 2014".
L'organizzazione dei lavori di oggi, determinata ai sensi del Regolamento dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, che ne ha definito i criteri e le modalità di svolgimento, prevede l'introduzione del Presidente del Consiglio regionale e l'intervento della durata di dieci minuti di un rappresentante delle associazioni che hanno richiesto il Consiglio aperto. Potranno inoltre intervenire i soggetti individuati nell'elenco degli invitati, che hanno a disposizione cinque minuti per relazionare, così come i Consiglieri regionali che lo richiedono. E' previsto, infine, l'intervento della Giunta regionale, che trarrà le conclusioni.
Eventuale documentazione potrà essere consegnata alla segreteria dell'Ufficio Aula.
Gentili ospiti, care colleghe e colleghi del Consiglio, la seduta aperta di oggi rientra a pieno titolo nello spirito della "Giornata internazionale delle persone con disabilità 2014", che è stata celebrata lo scorso 3 dicembre.
Per conoscenza diretta, posso testimoniare che quest'Assemblea non si è mai accontentata delle ricorrenze ufficiali nel pianificare i dibattiti su temi di rilevanza sociale e sanitaria, ma stavolta il calendario si è rivelato un buon complice.
A pochi mesi dall'avvio della legislatura, ora che il dibattito sulla riorganizzazione dei servizi sanitari sta cominciando ad entrare nel vivo e soprattutto ora che si sta delineando il quadro delle risorse disponibili sul fronte dell'intero bilancio regionale, è parso cruciale dedicare un momento di concreta attenzione a quei concittadini che versano in una condizione di limitata o nulla autonomia.
La disabilità che abbiamo richiamato nel titolo dell'o.d.g. accoglie in sé situazioni e storie anche molto diverse tra loro, ma che sono accomunate da un unico bisogno: giovanissimi insieme con ultraottuagenari si ritrovano sulla stessa linea di fuoco, pur se condotti fin lì da destini diversi.
E dietro di loro ci sono famiglie intere: altri concittadini cui vogliamo e dobbiamo dedicare la seduta di oggi. Ci sono, per cominciare, i genitori dei ragazzi disabili, che alternano alla dedizione assoluta del presente, una persistente preoccupazione per il futuro.
Chi, come me, è genitore, conosce con chiarezza questo stato d'animo ma solamente quei padri e quelle madri possono raccontare il rovello quando immaginano la vita del proprio figlio dal giorno in cui la rete familiare verrà a mancare. La domanda che si pongono, la domanda che ci pongono è una e una sola: che cosa succederà dopo di noi? Ci sono poi i familiari degli anziani colpiti da patologie altamente invalidanti, oppure da forme di demenza, anche gravissime, come la malattia di Alzheimer. Gli anziani di cui parlo sono donne e uomini fragilissimi che tornano, talvolta in un battere di ciglia, ad essere dipendenti dalle cure quotidiane di qualcuno, come quando erano bambini.
Secondo una stima approssimativa, in Piemonte migliaia di persone versano in una simile condizione e, come dicevo, spesso hanno una famiglia che se ne fa carico, ma non di rado sono persone sole. Sono persone alle quali è necessario dire quali diritti soggettivi lo Stato, in tutte le sue articolazioni, è disponibile a riconoscere loro: diritti maturati da cittadini, com'è scritto nella Costituzione, e diritti maturati da contribuenti nel tempo della loro vita produttiva.
Lo sforzo di supplenza che si poteva chiedere alle famiglie ha già raggiunto il suo massimo grado. Nessuno può trascurare - e io mai l'ho fatto - le reali difficoltà economiche che impediscono di mettere in campo tutte le soluzioni e subito. Ma sono anni ormai che la situazione critica dei conti pubblici condiziona le politiche di welfare. E l'invecchiamento della popolazione acuisce il problema.
Succede in Piemonte come in tutto il resto del Paese: viviamo di più ma siamo anche più malati e quindi sempre di più destinati a convivere con la cronicità di alcune patologie.
L'intensità dei bisogni di un malato cronico è variabile e, ovviamente crescente. Lo stadio ultimo, come si sa, è quello della non autosufficienza, che fa salire ai massimi livelli sia i bisogni sanitari sia i bisogni di assistenza più generica alla persona.
In un quadro simile, dove la domanda lievita e le risorse stagnano dobbiamo tutti sentirci chiamati in causa: enti pubblici, imprese private enti no profit e volontariato. La politica, innanzitutto, deve rinnovare il coraggio di scegliere (scegliere, ad esempio, dove allocare le risorse a seconda delle emergenze espresse dalla popolazione) e, nel contempo, deve resistere alla tentazione delle soluzioni facili.
Una soluzione facile è, senza dubbio, la negazione del problema o la sua mistificazione, nell'illusorio convincimento che, se la gente ha tirato avanti sin qui arrangiandosi in qualche modo, continuerà a farlo. Perch purtroppo - un vecchietto che morirà dopo anni di attesa dei servizi socio sanitari non farà notizia come il paziente il cui chirurgo ha dimenticato una garza in pancia. Nemmeno nel civilissimo Piemonte.
Una soluzione facile è - ed è stata finora - quella di considerare il sistema delle famiglie come la panacea di tutti i mali: il lavoro che manca, la sanità che non basta, il sistema scolastico che non sostiene.
Anche qui, nell'illusorio convincimento che l'architettura delle famiglie per come l'hanno conosciuta i nostri nonni, resterà immutata nel tempo mentre è chiaro che sta cambiando ed è già cambiata.
Più difficile invece è, a mio avviso, cercare e trovare soluzioni condivise con i diretti interessati e con chi li rappresenta. Più difficile è fotografare il problema nella drammatica autenticità dei numeri e delle casistiche, per ripartire da lì. Più difficile, più ambizioso se vogliamo ma potenzialmente più efficace è intraprendere un percorso a tappe, dopo aver individuato un obiettivo chiaro e verso quell'obiettivo muoversi insieme: governanti e cittadini.
La seduta di oggi mi sembra una buona occasione per tentare.
Ha chiesto la parola la dottoressa Maria Grazia Breda; prego.



BREDA Maria Grazia, Coordinamento Sanità e Assistenza (CSA)

Buongiorno a tutti. Ringrazio la Presidenza e anche i Consiglieri per avere accolto la richiesta delle Associazioni per questo Consiglio aperto sul tema della disabilità. Il nostro obiettivo è di sottolinerare l'esigenza di ottenere da questa nuova Amministrazione regionale il rispetto dei diritti delle persone con disabilità e, in particolare - com'è stato ricordato anche dall'intervento del Presidente - desideriamo richiamare l'attenzione sulle problematiche delle persone con disabilità in situazione di gravità a causa di patologie invalidanti o di malattie croniche, che determinano la loro non autosufficienza: minori, giovani e adulti con disabilità intellettiva o autismo o con malattie degenerative gli anziani malati cronici o con demenza e i malati psichiatrici con limitata o nulla autonomia.
Se da un lato siamo tutti consapevoli che c'è una rilevante popolazione di cittadini con disabilità tali da non intaccare la loro autonomia e capacità di decisione, purché siano messi nelle condizioni di avere garantito il diritto all'accesso a tutti i servizi primari, al pari degli altri cittadini - e cioè alla sanità, all'istruzione, al lavoro, alla casa ai trasporti, allo sport e alla cultura - dall'altra vorremmo sottolineare le esigenze indifferibili di migliaia di persone che, a causa della loro grave perdita di salute, sono non autosufficienti e richiedono prestazioni sanitarie, socio-sanitarie ed assistenziali specifiche e aggiuntive di lunga durata, oltre al diritto di accedere a tutti i servizi primari che sono in grado di fruire.
Vorrei sottolineare che anche tra chi è più grave e non autosufficiente, vi sono ancora due distinzioni da considerare per garantire interventi mirati.
Abbiamo infatti persone totalmente incapaci di svolgere alcune attività (alzarsi, vestirsi, camminare, mangiare da soli), ma che sono capaci di segnalare a terze persone le loro esigenze fondamentali - e quindi a dire se hanno male e dove hanno male, per esempio. Ma ci sono anche migliaia di persone che sono totalmente non autosufficienti e completamente incapaci di manifestare le loro esigenze, e che dipendono quindi in tutto e per tutto dall'aiuto delle persone che devono avere intorno 24 ore su 24.
Hanno bisogno di prestazioni diagnostiche, terapeutiche e fisioterapiche per non peggiorare la loro condizione e nello stesso tempo hanno bisogno di prestazioni di assistenza alla persona e di aiuto infermieristico fondamentali per la loro vita, perché se non sanno mangiare devono essere imboccati, perché spesso sono doppiamente incontinenti e devono essere puliti altrimenti rischiano piaghe da decubito e se sono lasciati privi di queste prestazioni, rischiano di morire.
E' di queste persone che spesso si dice che hanno solo bisogno di assistenza. Non è vero: i loro problemi nascono, come ha sottolineato il professor Mario Bo, "da una perdita di autonomia che è un problema di salute e non di fragilità". Non stiamo parlando di fragilità, stiamo parlando di malattie croniche invalidanti gravi che determinano pesanti problemi sul piano sanitario e socio-sanitario.
E' proprio per sottolineare questo aspetto di malattia che è importante essere qui oggi, perché è proprio dallo status di malato che deriva il loro diritto esigibile all'accesso alle cure sanitarie come per tutti gli altri malati, previsto dalla legge 833/1978.
Inoltre lo Stato ha garantito per loro anche il diritto a ricevere prestazioni aggiuntive socio-sanitarie che rientrano nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Livelli essenziali proprio perché sono lo zoccolo duro che il Servizio Sanitario deve garantire, qualunque sia lo stato della situazione economica. Lo ha ribadito la sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 2013.
Per questo siamo qui: per denunciare per l'ennesima volta che è illegittimo prevedere liste d'attesa per le prestazioni da garantire a questi malati, che hanno bisogni indifferibili. Ed è sicuramente grave che si pongano vincoli di bilancio in base ai quali queste attività rientranti nei LEA vengono effettuate nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente, come purtroppo è stabilito nel Patto per la salute all'articolo 6 che è stato firmato anche dall'Amministrazione Chiamparino.
La Giunta Chiamparino ha anche confermato purtroppo le deliberazioni precedenti che avevano estromesso dal diritto esigibile ai LEA queste persone, che sono con disabilità gravi e non autosufficienti.
Ne cito due in particolare, a cominciare dalla deliberazione n.
14/2013, che nega la gravità della condizione di malattia di queste persone e stabilisce quindi tempi di attesa, per la loro presa in carico da parte del SSN, differibili senza tempo di risposta. E quando la situazione è urgente, e quindi il malato è a rischio di fine vita, sono previsti addirittura 180 giorni di tempo prima di avere diritto al ricovero in una RSA.
Ancora più grave, a nostro avviso, è la deliberazione n. 26/2013 sulle cure domiciliari, perché con un colpo di spugna e in un modo anche illegittimo sono portate fuori dai LEA le prestazioni indispensabili di aiuto infermieristico e di assistenza tutelare alle persone che sono a casa.
Le famiglie, com'è stato ricordato, ci sono e fanno il possibile, ma non possiamo continuare a scaricare su di loro quelli che sono obblighi che il Servizio Sanitario ha per legge; legge che imputa almeno la metà dei costi a carico delle ASL (Dpcm 29.11.2001, reso legge dall'art. 54, legge 289/2002).
Purtroppo anche tre recenti deliberazioni della Giunta Chiamparino sulle cure domiciliari hanno omesso le risorse che il Servizio Sanitario deve stanziare per garantire proprio le prestazioni socio-sanitarie che rientrano nei LEA.
Mancano le deliberazioni che assegnano le risorse alle ASL, che in base ai Lea devono coprire dal 50% al 70% del costo delle prestazioni a domicilio e per i centri diurni, per le persone con disabilità intellettiva o per i malati di Alzheimer, e vengono soltanto distribuiti i finanziamenti che sono arrivati dallo Stato con il fondo per le non autosufficienze.
Finanziamenti che lo stesso decreto ministeriale specifica che devono essere aggiuntivi a quelli che devono essere stanziati dal Servizio Sanitario, altrimenti le prestazioni non possono essere garantite, ma finora questi finanziamenti non li abbiamo visti da parte del Servizio Sanitario.
Per questo siamo delusi ed amareggiati, perché speravamo in un segnale politico che cambiasse finalmente la situazione in Piemonte e riportasse piena legittimità del diritto alle prestazioni LEA per questi malati.
Le conseguenze sono già state anticipate anche dall'intervento del Presidente. Ricordo però l'impoverimento dei nuclei familiari con pesanti ricadute anche per le generazioni future. Ricordo l'assenza e la riduzione delle cure e delle prestazioni a migliaia di malati; sono più di 32 mila che stanno attendendo le prestazioni a cui hanno diritto.
Ricordo l'aumento del ricorso al ricovero ospedaliero (almeno due-tre accessi all'anno) quando le famiglie non ce la fanno più, con trasferimento nelle lungo-degenze che costa di sicuro molto di più di un contributo al domicilio o di un ricovero convenzionato in una RSA.
Ricordo i posti di lavoro che sono a rischio sia nelle strutture residenziali sia nei centri diurni sia nel domicilio.
Temiamo - lo abbiamo detto e scritto - e non vorremmo che si proseguisse su una linea che ci fa pensare ad una eugenetica sociale conseguente ad una eutanasia da abbandono terapeutico delle persone con disabilità e non autosufficienti, entrambe legate a logiche finanziarie che ci auguriamo non perseverino in questa Amministrazione.
Chiediamo un segnale della politica che organizzi in modo appropriato le risorse sanitarie, utilizzando anche i suggerimenti che sono stati più volte proposti per evitare ricoveri impropri, ma nel contempo garantire il diritto alle prestazioni a malati con gravi disabilità e non autosufficienti.
Chiediamo che si avvii sul serio una lotta agli sprechi e ai privilegi.
Ci sono proposte, abbiamo distribuito un documento e sarebbe gradito che si potesse affrontare con un gruppo serio di lavoro anche questo problema.
Al Consiglio regionale - che ringraziamo per avere dato attenzione a queste nostre istanze - chiediamo, quindi, di sollecitare la Giunta affinché siano ritirate le delibere precedenti e siano approvate nuove delibere che restituiscano al comparto sanitario la piena competenza sulla materia riguardante i LEA. Chiediamo anche che torni, nell'ambito sanitario, il contributo a carico delle ASL per le prestazioni domiciliari che devono essere garantite a tutti i malati non autosufficienti. Questo è un modo per ottimizzare le risorse in sanità e garantire una migliore qualità della vita alle persone.
Chiediamo l'approvazione del regolamento della legge regionale 10, che è indispensabile per assicurare la priorità delle cure domiciliari, e un gruppo di lavoro presso l'Assessorato alla sanità, per monitorare le liste d'attesa e programmare la loro eliminazione entro i prossimi due anni. Non chiediamo tutto e subito, ma almeno un segnale che dimostri che si sta incominciando.
Chiediamo, infine, al Consiglio di adoperarsi affinché il Presidente Chiamparino, che è anche Presidente della Conferenza Stato-Regioni intervenga per ottenere la modifica del Patto per la Salute, laddove si parla di limiti delle risorse solo ed esclusivamente per le persone con gravi disabilità e non autosufficienti (è un atto di discriminazione nei confronti dei malati più gravi).
Chiediamo, soprattutto, che si riapra il confronto sul piano di rientro della Regione Piemonte, perché i conti sono sbagliati e non sono mai stati presentati al Tavolo Massicci i conteggi effettivi per quanto riguarda la copertura delle quote sanitarie dei 32 mila cittadini non autosufficienti in lista d'attesa per avere le prestazioni LEA. Se non presentiamo i conti corretti, è difficile avere i finanziamenti dal Fondo Sanitario Nazionale necessari per garantire le quote sanitarie.
Concludo e ricordo che in tempi di crisi economica i diritti delle persone con disabilità e non autosufficienza impongono alla politica di riflettere attentamente su come esercitare la propria discrezionalità nell'attribuzione delle risorse disponibili. Il nostro auspicio è che il Consiglio regionale si adoperi per garantire la partecipazione democratica dei cittadini e delle associazioni nelle decisioni che saranno assunte su queste problematiche e che la Giunta rispetti le norme nazionali vigenti che garantiscono già oggi il diritto esigibile alle prestazioni LEA da parte delle persone con disabilità e non autosufficienti. Grazie.



(Applausi provenienti dalla parte dell'emiciclo riservata al pubblico)



PRESIDENTE

Invito gentilmente i signori ospiti, a titolo di cortesia, a non applaudire, poiché le regole del Consiglio ce lo impediscono. Pertanto, non date segni di approvazione né di disapprovazione.
Grazie, dottoressa Breda, rappresentante del Coordinamento Sanità e Assistenza.
Ricordo ai colleghi Consiglieri che la Conferenza dei Capigruppo ha optato nell'indicare, come soluzione per i lavori d'Aula, un intervento per ogni Gruppo. I Consiglieri che intendono intervenire possono chiederlo in questo momento, così li registriamo. Sono: la Consigliera Baricco, per il Partito Democratico; la Consigliera Batzella, del Movimento 5 Stelle; la Consigliera Ruffino e i Consiglieri Giaccone, Monaco e Grimaldi.
Ricordo che, invece, gli interventi dei signori ospiti sono i seguenti: Assandri Michele, Casa di Riposo ANASTE; Bergia Maurizio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Fossano; Biamino Silvia, Associazione Missione Autismo Biglio Franca, ANPCI; Bozza Vincenzo, Associazione UTIM - Torino; Buffa Samuele, Associazione CGIL - Gruppo Genitori per il Lavoro; Ciattaglia Andrea, Fondazione Promozione Sociale ONLUS; Cossu Demelas Irene Associazione Luce per l'Autismo ONLUS; Garbella Paola, Casa di Riposo ARIA ANSDIPP; Ghiotto Vittorio, Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità (Fand Piemonte); Melis Sergio CISL; Pepe Michele Associazione Il Giglio; Piovano Gabriele, Consulta per le persone in difficoltà; Porzi Arianna, Associazione ANGSA Sez. Torino.
La parola al signor Assandri Michele, della Casa di Riposo ANASTE.



ASSANDRI Michele, Casa di Riposo ANASTE

Grazie, Presidente.
La nostra è un'associazione di categoria che rappresenta una parte delle RSA accreditate della Regione Piemonte (circa un terzo).
Il nostro intervento è finalizzato a portare un chiarimento sulla situazione anche a livello giurisdizionale. La nostra associazione ha presentato ben due ricorsi al TAR contro le delibere della Giunta Cota e inizialmente sembrava un pretesto riguardante il discorso della riduzione delle tariffe. In realtà, noi avevamo sostenuto che questa riforma avesse la finalità di ridurre il numero delle prestazioni, ovvero di avere un risparmio lineare. Abbiamo fatto un sondaggio a tutte le ASL: hanno risposto tutte all'accesso civico, ai sensi del decreto 33/2013, tranne l'ASL TO3, che non ha pubblicato i dati.
C'è stato più o meno un risparmio trimestrale di sei milioni di euro: siamo passati da 16 mila utenti convenzionati a 14 mila utenti convenzionati, del primo trimestre 2014.
Come ha ricordato Maria Grazia Breda, ci sono chiare sentenze della Corte Costituzionale che vincolano le Amministrazioni regionali a rispettare gli obiettivi del Patto per la Salute. Nello specifico, la sentenza n. 3 della Corte Costituzionale, del luglio 2013, chiarisce che le Regioni in Piano di rientro non possono svincolare le somme che sono state sottoscritte al Ministero della Salute e dell'Economia. Se la Regione Piemonte ha stanziato 265 milioni di euro per il pagamento delle quote sanitarie, non possiamo arrivare, a fine anno, ad aver speso solo 220 milioni di euro, perché vuol dire banalmente che sono spariti dal budget vincolato 45 milioni di euro.
Questa è la nostra sottolineatura: non è un problema di riduzione delle tariffe, ma è un problema di sviamento di questi fondi pubblici che vengono vincolati ad inizio anno e, poi, durante l'esercizio, le ASL (passatemi il termine) li usano a livello discrezionale. Grazie.



PRESIDENTE

Invito chi interviene ad alzarsi in piedi, per comodità di chi registra.
La parola al signor Bergia Maurizio, Comunità Papa Giovanni XXIII Fossano.



BERGIA Maurizio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Fossano

A nome della Comunità Papa Giovanni XXIII, desidero ringraziare il Consiglio regionale per questa occasione di dibattito.
Come Comunità, siamo presenti in Piemonte con più di 30 case-famiglia accreditate ai sensi della DGR n. 10 del 2009, con una cinquantina di famiglie affidatarie, che accolgono al loro interno centinaia di ragazzi con disabilità anche molto gravi, centri diurni per disabili e cooperative di lavoro, per cercare di dare una prospettiva lavorativa in questo momento di crisi.
Cercherò di essere breve, avanzando dieci proposte concrete, che si potrebbero portare avanti - a nostro giudizio - a saldo zero, quindi non chiediamo dei soldi in più.
Parlo come ex amministratore comunale, che ha fatto l'Assessore per 13 anni, e sono contento che in questa Giunta siano presenti molti amministratori comunali (l'Assessore Ferrari e molti altri), perché ritengo che ci possiamo capire.
Ho l'affidamento di otto ragazzi: uno di loro è colpito da una malattia gravissima (sono solo otto, in Italia, ad esserne colpiti), una malattia neurodegenerativa che lo porterà, nel giro di pochi anni, alla morte. Parto da lui per dire che, in questo momento, sta facendo una cura sperimentale grazie ad un protocollo per le malattie rare che il Piemonte ha approvato riuscendo a ricevere delle cure molto costose che in altre regioni non potrebbe avere. E questo è un aspetto positivo.
Dall'altra parte, però - ve lo dico come genitore - c'è una dispersione di servizi sul territorio che non aiuta, perché tutti vogliono averne un pezzettino. Mancano centri specializzati, per cui, come genitori, ci rivolgiamo abbastanza a caso. Credo, quindi, che il discorso dei Poli vada affrontato, sia rispetto al discorso scolastico sia rispetto al discorso sanitario, perché può essere utile.
Due linee fondamentali, a nostro giudizio: innovazione sociale per garantire più servizi e diritti, senza dover aumentare per forza la spesa socio-sanitaria, ma stabilizzandola, dandole certezza, riqualificandola ed evitando la spesa impropria.
Due o tre anni fa abbiamo sentito dire dal precedente Presidente che il sociale non era competenza regionale. Credo non sia volontà di questa Giunta, però l'abbiamo anche sentito dire in quest'Aula.
Passo alle proposte.
Ci sono neonati con disabilità grave che rimangono in ospedale oltre il tempo strettamente necessario per le cure. Potrebbero essere in attesa di un collocamento temporaneo in idoneo ambiente. Ci sono famiglie - e vi porto la testimonianza di decine di famiglie - che dicono che è possibile accogliere bambini disabili gravissimi in famiglia, ad un costo otto volte inferiore a quello che costa in una RSA per minori. Otto volte inferiore.
Queste famiglie, però, devono essere formate, bisogna investirci del tempo e bisogna sostenerle.
L'accoglienza in famiglia è fattibile ed è questo ciò di cui questi bambini hanno bisogno: non finire in una struttura, ma avere un papà e una mamma.
La Regione aveva già fatto una delibera sui bambini disabili e malati in ospedale, quindi chiediamo che la Regione continui a finanziare questa delibera; che il Presidente Chiamparino si attivi perché questo sia fattibile anche in altre Regioni e che nasca un tavolo permanente tra Assessorati regionali, Tribunale per i Minori, i Servizi sociali e le Associazioni per il monitoraggio, perché non è possibile che bambini con disabilità gravi rimangano sette, otto, dieci, quindici ed anche ventiquattro mesi in ospedale, con famiglie che sarebbero disponibili ad accoglierli.
Secondo, un programma straordinario di sostegno all'affido familiare di bambini e persone disabili gravi.
Sia per i bambini sia per il problema delle famiglie del "Dopo di noi" vi porto la voce di famiglie disponibili, ma non ci deve solo essere la libera volontà di qualche consorzio di investire sull'affidamento. In un momento di crisi economica, l'affidamento - passatemi il termine - pu essere un lavoro sociale: ovviamente non lo si fa per il rendiconto economico, ma perché si è fortemente motivati.
Su questo, quindi, chiediamo un progetto sperimentale innovativo, anche per le famiglie del "Dopo di noi".
Per quanto riguarda l'inclusione scolastica dei ragazzi con disabilità chiediamo di elaborare delle linee guida perché, secondo le stime che abbiamo fatto, c'è una situazione a macchia di leopardo: ci sono Comuni che danno tre ore in media di assistenza a settimana alle autonomie per ragazzi, altri arrivano a 13-15. Occorre fissare dei livelli essenziali perché non è possibile che, a distanza di due chilometri, le famiglie possano trovarsi in quel riconoscimento di diritti o meno.
Relativamente al sostegno lavorativo delle persone con disabilità, la DGR 42, che avete approvato ad aprile, ha aperto all'ampliamento dei tirocini - e questa è una buona cosa - però in questo momento nessuna azienda sta assumendo un disabile. Chiediamo, quindi, di aumentare gli sgravi fiscali da parte della Regione, anche se non è competenza diretta per le aziende che accolgono in tirocinio lavorativo. Un ragazzo in un centro diurno costa 50 euro al giorno, ma se lo mandiamo in un'azienda con 200 euro al mese dati a lui (300 o 400, con un salario differenziato) possiamo risparmiare e dargli dignità.
Dobbiamo, però, incentivare le aziende.
Proponiamo poi il ritorno alla chiamata diretta da parte delle aziende perché in alcune province le aziende sono obbligate ad assumere con chiamata da graduatoria. Già le aziende non hanno voglia di assumere vorrebbero almeno scegliere loro chi assumere.
Rispetto ai 115 milioni, o giù di lì, del fondo sociale, chiediamo un patto di legislatura per stabilizzare questa cifra, che è poca cosa in confronto agli otto miliardi del bilancio della sanità (abbiamo passato cinque anni fa a manifestare, perché ogni anno sembrava che ne togliessero un pezzo).
Chiediamo che gli eventuali risparmi di spesa sanitaria vadano ad integrare questo fondo.
Sulla politica sanitaria, siamo convinti che solo con il passaggio ad un universalismo selettivo si potranno garantire i diritti ai più deboli.
E' ora che anche noi Associazioni cominciamo a dire che tutto a tutti forse non si può dare e, forse, chi se lo può permettere deve anche cominciare a pagare qualcosa, proprio per salvaguardare i diritti delle persone economicamente più fragili, che sono quelle più colpite.
Vi è poi una proposta di sperimentazione di un primo step di reddito minimo di inclusione sociale, con i risparmi che potrebbero arrivare da alcune manovre in sede sanitaria. Finanziare un primo step di reddito di inclusione sociale per famiglie numerose con tre figli e famiglie con minore disabile o con disabile al loro interno.
Non sarà una grossa misura, ma sarebbe significativa, però non pagando la gente per stare a casa, ma offrendo loro delle opportunità lavorative.
Anche sulla mobilità sostenibile e sulla lotta alle barriere architettoniche credo che i finanziamenti della legge 13 siano fermi, forse perché non ci sono più fondi nazionali.
Queste sono piccole misure che però possono consentire il riadattamento, ad esempio, di un bagno per una persona che è diventata disabile. Chiedo di valutarlo.
Introdurre misure per il welfare aziendale sull'esempio di Luxottica facendo accordi con le aziende. Luxottica, ad esempio, paga i premi di produzione ai suoi 8.000 dipendenti semplicemente con iniziative di welfare aziendale, quindi tutto in voucher, completamento defiscalizzato, per comprare prestazioni dal terzo settore.
Ancora: lavorare sul servizio civile regionale, perché gli studi dicono che è l'unica misura seria che diminuisce la disoccupazione giovanile.
Abbiamo quindi bisogno di aumentare il numero dei ragazzi che fanno servizio civile.
Concludo con altre due proposte.
Investire nel sociale con la logica del "1 per 3", cioè fare dei progetti sperimentali in cui la Regione dice: metto un euro se i Comuni mettono un euro e se le Associazioni mettono un euro. In questo modo gli euro diventano già tre, perché non è educativo che si investa solo da una parte o che si chieda senza investire.
Chiederemmo anche, in conclusione, un tavolo regionale socio-sanitario sulla domiciliarità. E' una sfida anche per il welfare.
E' bello essere presenti al Consiglio regionale e vi ringraziamo, ma si potrebbe salire ancora un po' di livello ed arrivare ad avere un tavolo istituzionale con chi però si sporca le mani, con chi vive accanto a questi ragazzi disabili.
Io penso che insieme possiamo ancora fare di più.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, a lei.
La parola alla signora Porzi Arianna, Associazione ANGSA sezione Torino.
Invito chi interviene a stare nei cinque minuti. Grazie.



PORZI Arianna, Associazione ANGSA Sez. Torino

Buongiorno sono Arianna Porzi, presidente dell'Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici della provincia di Torino, in questa sede portavoce di un gruppo di Associazioni del territorio regionale (elenco in calce) che condividono azioni volte a favorire l'applicazione della normativa per la prevenzione, la cura e l'abilitazione delle persone nello spettro autistico, così come indicato nelle Linee Guida del Ministero della Salute Innanzitutto, l'argomento dell'odierna assemblea ci porta a condividere e sostenere con forza le istanze del CSA in merito ai seguenti punti: 1) il richiamo alla normativa nazionale vigente che riconosce: il diritto esigibile alle cure sanitarie per tutti i malati senza limiti di durata (Legge 833/1978) il diritto esigibile alle cure socio-sanitarie per i malati non autosufficienti così come definite dai LEA (articolo 54 della Legge 289/2002) 2) la richiesta al Consiglio regionale di impegnare la Giunta affinché: sia calcolato il fabbisogno delle risorse necessarie a eliminare le liste d'attesa, che interessano oltre 30.000 cittadini piemontesi non autosufficienti e/o con gravi disabilità invalidanti (compreso l'autismo) e sia riaperto il confronto con il Governo proprio per ridiscutere il piano di rientro nella sfera delle non autosufficienze.
Fatta questa fondamentale premessa, mi soffermerò sui bisogni specifici delle persone con autismo, partendo dai dati epidemiologici.
Il dato complessivo, riferito alla Regione Piemonte nel 2010, è di 1 persona con autismo su 250 (il che equivale a circa 16.000 individui). Tale dato va tuttavia considerato come una mera approssimazione per difetto in relazione a vari fattori, tra i quali l'incremento dei casi accertato dalla più recente letteratura internazionale, secondo cui la stima di incidenza è pari a 1 persona con autismo su 100/150.
Di fatto: l'Autismo è una delle disabilità intellettive con la percentuale di incidenza più alta tale percentuale è in crescita in assenza di un adeguamento dei servizi, siamo alle soglie di un'emergenza socio-sanitaria Infatti, nonostante gli importanti passi avanti compiuti negli ultimi tre anni (definizione delle Linee Guida, loro sottoscrizione e recepimento), a oggi le risorse e i servizi sul territorio non risultano n sufficienti né tra loro coerenti e coordinati. Ciò significa che le Linee Guida non sono ad oggi ancora applicabili.
Le conseguenze ricadono sia sui minori che sugli adulti: non è ancora utilizzato un protocollo diagnostico uniforme. In rarissimi casi la presa in carico è precoce, intensiva, continuativa e si avvale di metodi validati dal punto di vista scientifico. La carenza o assenza di servizi non consente alcuna progettualità ed è fatalmente correlata all'abuso di interventi farmacologici e istituzionalizzazioni d'emergenza traumatizzanti e segreganti, oltre che dannose (per la persona) e costose (per la pubblica istituzione che le finanzia).
Preme sottolineare come quest'ultimo punto - il binomio costo-danno (o costo/inefficacia) -sia in ampia parte causato dalla mancata o inadeguata qualificazione degli operatori e dall'assenza di un'azione integrata tra scuola, sanità, comuni.
Lungo è l'elenco di disfunzionalità specifiche sul territorio regionale (che rimandiamo al testo esteso), causa dello stato di semi-abbandono o abbandono terapeutico che contrasta non soltanto con le Linee Guida, ma anche con il diritto alle cure costituzionalmente garantito secondo le leggi citate in incipit. Eppure la Regione Piemonte è la stessa che pu vantare due autentiche eccellenze: il Centro C.A.S.A. dell'ASL-CN1 l'Ambulatorio Autismo Adulti dell'Asl TO2, che è il primo ambulatorio pubblico per persone autistiche adulte d'Italia, recentemente individuato quale Centro Pilota Regionale (da cui anche il paradosso, perch all'ampliamento dell'area d'azione non è corrisposto il potenziamento delle risorse, condizione che sta rendendo questo servizio - ripeto: unico in Italia - inefficace).
Per concludere, l'unica via d'uscita consiste nell'affrontare i disturbi dello spettro autistico non in termini di assistenzialismo (costoso e inutile), ma in termini di investimento: gli interventi terapeutici individuati dalle Linee Guida non sono necessariamente più costosi ma adeguati, giacché abilitativi sia sul piano delle autonomie individuali sia sul piano sociale e cognitivo. Di fatto, diminuiscono il grado di disabilità per una significativa percentuale di individui e consentono lo sviluppo di potenzialità lavorative.
A tal fine, chiediamo che il Consiglio Regionale si impegni a stanziare le risorse necessarie all'attuazione della DGR 22-7178, ovviando in tal modo a quanto stabilito all'ultimo punto della stessa DGR, secondo cui "tale deliberazione non comporta oneri di spesa per il bilancio regionale".
Diversamente le Linee Guida, oggi inapplicabili, rimarranno inapplicate.
Chiediamo quindi di collaborare attivamente all'individuazione dei fondi necessari e alla ricerca di una soluzione, che non può arrestarsi a fronte della carenza di risorse ma, al contrario, deve scaturire dalla razionalizzazione delle stesse, proprio perché esigue, e dall'ottimizzazione dei costi, proprio a partire dalla conversione degli interventi assistenzialistici in programmi abilitativi, nonché degli sprechi in investimenti di prima necessità.
Si deve passare dall'idea di scarto e di peso a quella di potenzialità e risorsa, nell'interesse non soltanto dei nostri familiari con autismo, ma dell'intero tessuto sociale di cui sono parte, come si è detto numericamente consistente, e dunque non più ulteriormente trascurabile.
Le associazioni aderenti (in ordine alfabetico) Alleanza per l'Autismo di Alessandria, Amica Onlus di Torino, Angsa Biella, Angsa Novara-Vercelli, Angsa Piemonte Sezione di Torino, Angsa Verbano Cusio Ossola, Associazione Missione Autismo di Asti, Associazione Missione Autismo Enrico Micheli, Autismo Help di Cuneo, Genitori contro Autismo Area Onlus di Asti, Gruppo Asperger, il Raggio di Sole di Nichelino, il Sole Dentro di Alessandria e l'Airone Onlus di Manta (CN).
Do per letta la versione estesa della relazione, il cui testo recita: Buongiorno, sono Arianna Porzi, presidente dell'Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici della provincia di Torino, in questa sede portavoce di un gruppo di Associazioni diffuse sul territorio regionale che condividono azioni volte a favorire l'applicazione della normativa per la prevenzione, la cura e l'abilitazione delle persone nello spettro autistico così, come indicato nelle Linee Guida del Ministero della Salute n.
21/2011, sottoscritte nell'accordo Stato/Regioni del 22/11/2012 e successivamente recepite nel DGR 3-3-2014 n°22/7178 della Regione Piemonte.
Innanzitutto, l'argomento dell'odierna assemblea ci porta a condividere e sostenere con forza le istanze del CSA in merito ai seguenti punti: 1) il richiamo alla normativa nazionale vigente che riconosce: il diritto esigibile alle cure sanitarie (Legge 833/1978) per tutti i malati senza limiti di durata e qualunque sia la tipologia della malattia il diritto esigibile alle cure socio-sanitarie così come definite dai LEA (articolo 54 della Legge 289/2002), Livelli essenziali di assistenza socio sanitaria per le cure di lunga durata di cui hanno necessità indifferibili tanto le persone anziane croniche non autosufficienti, quanto le persone con demenza compresa la malattia di Alzheimer, i malati psichiatrici con limitata o nulla autonomia, le persone con disabilità intellettiva e/o autismo.
2) la richiesta al Consiglio regionale di impegnare la Giunta affinché: sia calcolato il fabbisogno delle risorse sanitarie effettivamente necessarie per coprire la quota sanitaria a carico dell'Asl nelle prestazioni LEA (dal 50 al 70% del costo totale) in modo da eliminare le liste d'attesa e garantire la presa in carico degli attuali utenti che ricevono contributi per le cure domiciliari, frequentano centri diurni o sono ricoverati in comunità alloggio e Rsa sia riaperto il confronto con il Governo e in particolare ridiscusso il piano di rientro alla luce dei bisogni dei cittadini piemontesi malati non autosufficienti e/o con gravi disabilità invalidanti (compreso l'autismo).
Fatta questa fondamentale premessa, mi soffermerò sui bisogni specifici delle persone con autismo, partendo dai dati epidemiologici.
La Regione Piemonte si avvale del sistema di raccolta dati NPI.NET, che è la principale fonte conoscitiva sull'attuale modalità di gestione dell'autismo sull'intero territorio regionale.
In Regione Piemonte è stato accertato (dati al 2010) un dato di prevalenza in età evolutiva (0-18 anni) di circa 2,9 soggetti su mille, con una punta di 4,2 su mille nella fascia 6-10 anni.
Nella fascia dei giovani adulti (18-30 anni) il dato di prevalenza è di 1,6 su mille (dati al 2012) Il dato generale che ne emerge è di 1 persona con autismo su 250 (pari a circa 16.000 individui in Piemonte colpiti da questo disturbo). Sulla base della più recente letteratura internazionale, tale dato è tuttavia da considerarsi approssimativo per difetto, nonché verosimilmente vicino al rapporto medio internazionale di 1 su 100/150.
Alcune precisazioni relative al genere e alla comorbidità: il rapporto maschi-femmine è di 3-4/1 e il 75-80% di individui affetti da autismo ha associato un ritardo mentale che va da lieve a gravissimo o non definito.
Per quanto concerne gli adulti (oltre 30 anni d'età) la situazione diventa più vaga e drammatica: non esistono dati epidemiologici internazionali e nazionali attendibili; anche quelli attualmente disponibili nella nostra regione sono pochi e dimostrano una sottostima delle diagnosi in età adulta. Infatti, poiché l'autismo è un disturbo che permane in oltre il 90 dei casi per tutto l'arco della vita, occorre ipotizzare che i dati relativi alla popolazione adulta rispecchino quelli relativi alla fascia d'età evolutiva: la mancata coincidenza tra i dati relativi alle due diverse fasce d'età, lungi dall'attestare la regressione del disturbo riflette da una parte il permanere di diagnosi datate ed erronee (non aggiornate sulla base delle indicazioni cliniche dei manuali diagnostici di riferimento), dall'altra il fenomeno della dispersione diagnostica, che si verifica proprio nel passaggio dalla minore alla maggiore età.
Riassumendo: il dato complessivo, riferito alla Regione Piemonte nel 2010 è di 1 persona con autismo su 250 (il che equivale a circa 16.000 individui). L'incremento dei casi accertato dalla più recente letteratura internazionale, tuttavia, attesta una stima di incidenza pari a 1 persona con autismo su 100/150, ed è a tale dato che occorre fare riferimento per tentare di comprendere la realtà del presente.
Sulla base delle cifre citate possiamo affermare quanto segue: l'Autismo è una delle disabilità intellettive con la percentuale di incidenza più alta tale percentuale è in crescita in assenza di un adeguamento dei servizi, siamo alle soglie di un'emergenza socio-sanitaria Infatti, nonostante gli importanti passi avanti compiuti negli ultimi tre anni (le già citate Linee Guida del Ministero della Salute n. 21/2011, la loro sottoscrizione nell'accordo Stato/Regioni del 22/11/2012 e il successivo recepimento nel DGR 3-3-2014 n°22/7178 della Regione Piemonte) a oggi le risorse e i servizi sul territorio non risultano né sufficienti né tra loro coerenti e coordinati. Ciò significa che le Linee Guida non sono, ad oggi, ancora applicabili.
Le conseguenze ricadono sia sui minori che sugli adulti.
Per quanto concerne i minori, attualmente l'età della diagnosi si è assestata intorno ai 3 anni, anche se l'attestazione diagnostica non è erogata in modo uniforme su tutto il territorio regionale. Con l'eccezione di rari casi, non è ancora utilizzato un protocollo diagnostico adeguato e multidisciplinare e tanto meno vi è una presa in carico abilitativa psicoeducativa di tipo Cognitivo Comportamentale precoce, intensiva (con l'integrazione dei percorsi in ogni ambito di vita) e continuativa, come raccomandano le Linee Guida.
Per quanto concerne gli adulti, segue un estratto della relazione finale del Tavolo Nazionale di Lavoro sull'Autismo del Ministero della Salute.
Tale relazione risale 2008 ma fornisce, purtroppo, una fotografia della situazione del tutto equivalente a quella odierna, a dimostrazione del fatto che in sei anni non è stata attuata alcuna misura concreta per predisporre una presa in carico adeguata e continuativa: "La situazione delle persone adulte affette da autismo è fortemente condizionata dalla carenza grave di servizi, di progettualità e programmazione per il futuro che produce troppo spesso un carico esorbitante per le famiglie con il rischio di perdita di autonomie e abilità faticosamente raggiunte, di abusi di interventi farmacologici per sopperire alla mancanza di idonei interventi psicoeducativi o di adeguata interventi psicoeducativi o di adeguata organizzazione dei contesti e degli spazi vitali, di istituzionalizzazioni fortemente segreganti in quanto puramente custodialistiche e restrittive".
Non sarà mai sottolineato a sufficienza come, nel passaggio alla vita adulta, la mancanza di figure di riferimento competenti, la carenza di progettualità e di strutture adeguate pesino drammaticamente sulle famiglie: in una percentuale elevatissima di casi, gli adulti autistici hanno avuto, durante l'infanzia, una diagnosi incerta, hanno fruito di interventi terapeutici impropri, hanno compiuto un percorso scolastico spesso burrascoso e, alla fine del ciclo di studi, si sono trovati di fronte al vuoto. La loro vita è tuttora, troppe volte, confinata in casa con genitori anziani, oppure all'interno di strutture non specializzate.
A tal proposito è importante ricordare che la persona con autismo, anche nei casi in cui abbia ricevuto un'abilitazione efficace, in assenza di una presa in carico continuativa, che la accompagni per tutto l'arco della vita, regredisce: il margine più o meno ampio di autonomia acquisito durante l'infanzia e l'adolescenza viene così annullato, e con esso vengono vanificati gli investimenti della sanità pubblica, laddove siano stati erogati.
Altrettanto grave il fatto che alla carenza o totale assenza di servizi sopperiscano l'abuso di interventi farmacologici, proposti sempre più spesso già in età evolutiva, e il ricorso a istituzionalizzazioni d'emergenza traumatizzanti e segreganti, che risultano dannose (per la persona) e costose (per la pubblica istituzione che le finanzia). Preme sottolineare come quest'ultimo punto - il binomio costo-danno (o costo/inefficacia) - sia in ampia parte causato dalla mancata o inadeguata qualificazione degli operatori e dall'assenza di un'azione integrata tra scuola, sanità, comuni.
La mancata applicazione delle Linee Guida, con le conseguenze sopra delineate, può essere rilevata nel dettaglio attraverso le specifiche disfunzionalità che affliggono il territorio, di cui qui di seguito si riportano alcuni esempi.
A Torino si è avviato un processo di individuazione, nelle varie aziende sanitarie, di nuclei di riferimento per la presa in carico di minori con autismo composti da operatori di diversa professionalità (neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, terapista neuropsicomotricista), secondo il principio della multiprofessionalità. Purtroppo questi operatori sono dislocati in diverse sedi, non tutti sono formati in modo adeguato o hanno aggiornato la loro formazione rispetto ai test diagnostici necessari e alle metodologie d'intervento validate. In tali nuclei non è nemmeno prevista l'assunzione dell'indispensabile figura dell'educatore. Spesso, inoltre pur in presenza di un sospetto autismo, la presa in carico del bambino non viene trasferita al nucleo, con conseguenti errori e ritardi nella diagnosi e nel trattamento.
La maggior parte degli interventi erogati, considerati riabilitativi risultano inoltre inadeguati, inefficaci e non continuativi, determinano un inutile spreco di risorse, la frustrazione delle famiglie e la decisione da parte di queste ultime, di pagarsi gli interventi psicoeducativi qualora possono permetterselo.
Per quanto concerne la provincia: Asti è completamente priva di strutture riabilitative. La Neuropsichiatria infantile offre 45 minuti alla settimana di psicomotricità, ma non la logopedia, ed è assente la presa in carico globale multidisciplinare. Non è previsto parent training (formazione per i genitori). Su richiesta della famiglia, l'UMVD (Unità Multidisciplinare di Valutazione della Disabilità) valuta l'attuazione di progetti specialistici, che però sono finanziati soltanto fino agli 11 anni di età del soggetto, non vengono monitorati e non rappresentano, pertanto, un "progetto di vita integrato". Nel complesso, il territorio è sprovvisto di una realtà progettuale vera e propria e manca il sostegno alla genitorialità.
Nell'area del Canavese afferente all'Asl e al Consorzio di Caluso (cui fanno capo 18 comuni), l'unico centro diurno a disposizione dell'utenza è destinato a disabili intellettivi e motori gravi o gravissimi (non autistici). Le figure professionali di riferimento forniscono terapia farmacologica associata a interventi saltuari, non specialistici, affidati a educatori privi di formazione specifica. Rispetto ai pochi casi documentati, l'assenza generalizzata di qualsiasi strumento e nozione che rispetti le Linee Guida non solo non consente la presa in carico (tout court), ma nemmeno il monitoraggio della popolazione autistica nel suo complesso, che pare lecito considerare gravemente sottostimata e sottoposta a interventi di cui non sono chiare né la natura né gli esiti.
A Vercelli e Novara gli operatori dei servizi di neuropsichiatria infantile, a fronte del carico di utenza, non dispongono degli strumenti per poter attuare una presa in carico adeguata. La maggior parte delle figure professionali si avvale di un approccio psicodinamico, quindi inefficace, e il solo centro a fornire trattamenti coerenti con le Linee Guida è quello gestito dall'associazione Enrico Micheli, a Novara. Per quanto riguarda gli adulti, sia Novara che Vercelli fanno riferimento a strutture Anffas non specializzate nel trattamento del disturbo. Altre strutture, sia diurni che residenziali, non garantiscono l'accoglimento dei casi più gravi, che spesso rimangono a carico delle famiglie. Il laboratorio terapeutico di Novara, per esempio, accoglie circa 15 ragazzi ma la possibilità di frequenza quotidiana è riservata all'esiguo numero di utenti le cui famiglie sono in grado di sostenerne il costo. Il finanziamento degli interventi è lasciato a totale discrezione del singolo Comune, che decide in base alle proprie finanze se sostenere o meno i progetti educativi dedicati ai concittadini autistici. Non c'è una regola.
Alcuni Comuni sostengono l'educativa domiciliare per alcune ore settimanali. Ogni Comune si appoggia a Consorzi o appalta a Cooperative.
Non c'è formazione specifica. Altre volte i Comuni attivano l'affido educativo e in quel caso possiamo scegliere noi gli operatori e li formiamo.
L'elenco potrebbe continuare con una lista di singoli casi lasciati in uno stato di semi-abbandono o abbandono terapeutico, in contrasto non soltanto con le Linee Guida, ma anche con il diritto alle cure costituzionalmente garantito secondo le leggi citate in incipit (la Legge 833/1978, che garantisce il diritto alla cura per tutti i malati senza limiti di durata e qualunque sia la tipologia della malattia; nonché l'articolo 54 della Legge 289/2002, che definisce i LEA, ovvero i Livelli Essenziali di Assistenza socio-sanitaria). Eppure la Regione Piemonte è la stessa che può vantare due autentiche eccellenze: il Centro Casa dell'ASL-CN1 l'Ambulatorio Autismo Adulti dell'Asl TO2, che è il primo ambulatorio pubblico per persone autistiche adulte d'Italia, recentemente individuato quale Centro Pilota Regionale (da cui anche il paradosso, perch all'ampliamento dell'area d'azione non è corrisposto il potenziamento delle risorse, condizione che sta rendendo questo servizio - ripeto: unico in Italia - inefficace).
Per concludere, l'unica via d'uscita rispetto a una situazione che, pur tracciata nelle sue linee essenziali, coinvolge migliaia di famiglie in tutto il territorio, consiste nel sottrarre il trattamento dei disturbi dello spettro autistico alla consuetudine dell'intervento sporadico casuale, singolo, assistenziale ed emergenziale. Occorre coordinare l'azione delle figure professionali in campo, sradicare la logica dell'assistenzialismo (costoso e inutile) e configurare l'ottica dell'investimento: gli interventi terapeutici individuati dalle Linee Guida, infatti, non sono necessariamente più costosi ma adeguati, giacch abilitativi sia sul piano delle autonomie individuali sia sul piano sociale e cognitivo. Di fatto, diminuiscono il grado di disabilità per una significativa percentuale di individui e consentono lo sviluppo di potenzialità lavorative.
A tal fine, chiediamo che il Consiglio Regionale si impegni a stanziare le risorse necessarie all'attuazione della già citata DGR 22-7178, ovviando in tal modo a quanto stabilito all'ultimo punto della stessa DGR, secondo cui "tale deliberazione non comporta oneri di spesa per il bilancio regionale".
Diversamente le Linee Guida, oggi inapplicabili, rimarranno inapplicate.
Chiediamo quindi di collaborare attivamente all'individuazione dei fondi necessari e alla ricerca di una soluzione, che non può arrestarsi a fronte della carenza di risorse ma, al contrario, deve scaturire dalla razionalizzazione delle stesse, proprio perché esigue, e dall'ottimizzazione dei costi, proprio a partire dalla conversione degli interventi assistenzialistici in programmi abilitativi, nonché degli sprechi in investimenti di prima necessità.
Si deve passare dall'idea di scarto e di peso a quella di potenzialità e risorsa, nell'interesse non soltanto dei nostri familiari con autismo, ma dell'intero tessuto sociale di cui sono parte, come si è detto numericamente consistente, e dunque non più ulteriormente trascurabile.
Le associazioni aderenti (in ordine alfabetico) Alleanza per l'Autismo di Alessandria, Amica Onlus di Torino, Angsa Biella Angsa Novara-Vercelli, Angsa Piemonte Sezione di Torino, Angsa Verbano Cusio Ossola, Associazione Missione Autismo di Asti, Associazione Missione Autismo Enrico Micheli, Autismo Help di Cuneo, Genitori contro Autismo Area Onlus di Asti, Gruppo Asperger, il Raggio di Sole di Nichelino, il Sole Dentro di Alessandria e l'Airone Onlus di Manta (CN).



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola alla Vicepresidente Ruffino, che interviene in qualità di Consigliera.



RUFFINO Daniela

Grazie, Presidente.
Penso che questo Consiglio costituisca una grande opportunità per riflettere su temi che in parte sono già stati portati in quest'Aula, ma direi che oggi è maggiormente opportuno riprenderli.
Intanto, desidero fare presente che per il Gruppo di Forza Italia la persona è al centro del nostro fare politica, del nostro agire e che abbiamo dei principi: il primo è sicuramente il mantenimento della persona disabile o dell'anziano non autosufficiente al proprio domicilio. Per questo, come è già stato detto prima, è fondamentale una rete di assistenza domiciliare adeguata, come anche un servizio infermieristico territoriale adeguato.
Ritengo importante avere almeno la consapevolezza della necessità di un cronoprogramma adatto ad abbattere le liste d'attesa per il ricovero degli anziani non autosufficienti.
Altresì, è importante potenziare, o perlomeno avviare, una rete di centri diurni per anziani, trattandosi di un'azione dal costo molto basso, che alla sera permette il ritorno al proprio domicilio dell'anziano. Negli interventi ho sentito dire che non tutte le proposte prevedono un aumento dei costi, questa, ad esempio, sicuramente ne propone la riduzione.
Analogamente avviene per i CST, ritenendoli strutture educative: quando i ragazzi terminano il loro percorso scolastico, se non hanno la possibilità di usufruire di inserimenti lavorativi, hanno come unica risorsa il Centro Socio Terapeutico, che spesso ha liste di attesa; se non ci sono le liste di attesa, i ragazzi frequentano a giorni alterni, ma ovviamente diventa un problema sia per i ragazzi che per le famiglie.
Ricordo anche a quest'Aula che, a causa della carenza di risorse, in tantissimi centri socio-terapeutici non è stato possibile fare i soggiorni estivi e spesso le famiglie non si possono permettere di portare i loro figli in vacanza; non c'è il principio della vacanza quanto piuttosto quello dello stare in gruppo e di vivere una condizione di normalità.
Quest'Aula ha accolto con favore l'emendamento della continuità assistenziale da bassa intensità ad alta intensità: è stata una prova di saggezza perché per l'anziano ricoverato in ospedale significa riuscire a stare in qualche modo vicino alla propria famiglia; ovviamente, è legato alla soppressione nelle strutture ospedaliere dei reparti di medicina.
Abbiamo parlato anche di ausili fondamentali, soprattutto quelli legati al fondo integrativo per le nuove tecnologie. E' importantissimo aumentare i finanziamenti del fondo integrativo regionale per le nuove tecnologie perché consente ai cittadini disabili piemontesi di avere un contributo per l'acquisto di ausili innovativi non ricompresi nel nomenclatore del tariffario nazionale.
Proprio l'altro giorno, alla presentazione delle attività del CPD, mi è stato spiegato come tantissimi ausili ricompresi in quel nomenclatore non vengono più utilizzati o, a volte, vengono prescritti e mai utilizzati perché assolutamente non in grado di assicurare una prestazione dignitosa.
Per quanto riguarda i piani di zona, porto a quest'Aula un altro punto di riflessione. Penso che le associazioni presenti, in qualche modo, abbiano partecipato ai Piani di zona, la cui utilità è la razionalizzazione delle prestazioni, affinché non si sovrappongano, dando ovviamente uno spaccato legato alle necessità dei vari territori, in questo caso ovviamente alla Regione.
Riprendo ancora un elemento importante, in un periodo in cui dobbiamo spendere bene e dare prestazioni adeguate, risparmiando. Ho parlato della sostituzione della PEG di un anziano non autosufficiente, rispetto alla quale da una prestazione siamo passati alla frammentazione in quattro o cinque prestazioni, di cui credo l'Assessore alla sanità debba assolutamente avere contezza e, comunque, risolvere il problema.
Per quanto concerne ancora i Piani di zona, ricordo che permettono anche alla scuola di non frammentare le prestazioni. Stiamo parlando di insegnanti di sostegno - sempre meno - insegnanti di sostegno nominati dal Ministero e nominati dai Comuni per il tempo scolastico e per il tempo extrascolastico. I Piani di zona avevano anche questo grande e importante compito di riordino.
Ricordo la legge n. 13 per il superamento delle barriere architettoniche: i contributi che vengono ogni anno assegnati sono pochissimi. Se vivere al proprio domicilio diventa importante, significa che sulla legge n. 13 relativa a superamento delle barriere architettoniche, debbono ovviamente essere messe più risorse, perché anche in questo caso si determina un risparmio.
Da ultimo, ringrazio la sensibilità che ha avuto quest'Aula e di questo ringrazio anche la dottoressa Breda per gli importanti suggerimenti che ci ha dato in Commissione.
Infine, per quanto riguarda le definizioni delle competenze delle Aziende Sanitarie nelle attività socio-assistenziali, l'Aula non ha bocciato la nostra mozione e si è dichiarata disponibile a portarla in Commissione.
Questo significa che verrà discussa ed io spero anche che riesca ad avere delle risposte positive; significa - semplifico - che per un ragazzo che frequenta il centro socio-terapico il raggiungimento della struttura, il trasporto e il pasto sono inclusi nella retta e non sono a carico delle famiglie. Le famiglie spessissimo facilitano ad orientarsi nella giungla anche soltanto per avere una prestazione banale e sarebbe veramente iniquo se dovessero sobbarcarsi anche queste prestazioni. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Ruffino.
La parola al signor Piovano Gabriele, della Consulta per le persone in difficoltà.



PIOVANO Gabriele, Consulta per le persone in difficoltà (CPD)

Grazie, Presidente.
Ringrazio anch'io il Presidente per quest'invito. Per noi è molto importante essere qui oggi.
Io rappresento la Consulta per le Persone in difficoltà, sono il Vicepresidente. Il mio intervento penso che rispetterà i cinque minuti.
La "Giornata internazionale per le persone con disabilità" rappresenta e continua a rappresentare un momento centrale per la riflessione e dibattito sulla partecipazione e l'impegno sulle pari opportunità.
Siamo convinti che la sua rilevanza etica fornisca continui e rinnovati spunti utili per indirizzare l'azione politica civile e sociale. Il "3 dicembre" vede la Consulta per le Persone in difficoltà impegnata fortemente, fin dal 1997, nell'organizzazione di eventi azioni di comunicazione e informazione. Iniziative necessarie per polarizzare l'attenzione sui temi dell'inclusione e per promuovere e condividere una cultura che veda la persona con disabilità protagonista delle propria vita come spesso ribadito, e non solo una persona da assistere. Una cittadina un cittadino, quindi, che ha certamente il diritto di essere curato ed assistito (qui ribadiamo quanto già annunciato in modo esaustivo dal CSA a riguardo dei diritti esigibili sanciti dalla legge 883/1978 e definiti dai LEA), ma che deve essere anche posto nella condizione di vivere ed assaporare tutte le sfaccettature che la vita può offrire, nel rispetto delle proprie potenzialità: amare, viaggiare, frequentare luoghi di cultura e di divertimento ed avere una vita relazionale soddisfacente.
Richiamiamo l'attenzione in questa sede su alcune necessità a cui ancora occorre dare risposte urgenti.
Il primo tema, i trasporti pubblici.
È urgente rivedere i criteri di concessione della carta di libera circolazione (Carta Gialla), che permette alle perone con disabilità permanente o temporanea, e in quasi la totalità dei casi anche ai loro accompagnatori, di viaggiare gratuitamente su tutte le linee dei trasporto pubblico locale del Piemonte, in alcuni casi anche Lombardia a Liguria.
Attualmente è comprovato che, in moltissime situazioni, viene purtroppo usata impropriamente perché, fortunatamente, molti cittadini a cui era stata assegnata, hanno superato la malattia e pertanto non ne avrebbero più diritto. Ma nessuno controlla e loro continuano a viaggiare gratis per tutta la vita.
Chiediamo di rendere la Carta Gialla elettronica e periodicamente rinnovabile, verificando, per le disabilità temporanee, la permanenza dei requisiti che ne hanno determinato il rilascio. E' una scelta di equità e correttezza amministrativa che ridurrebbe l'enorme impegno economico della Regione in tale ambito, che ad oggi ammonta a circa sei milioni di euro tra il ferro e la gomma Il denaro risparmiato potrebbe così essere destinato a finanziare altri progetti mirati a migliorare la qualità della mobilità delle persone disabili.
Chiediamo che l'Assessore Balocco - e sicuramente lo farà - incontri con urgenza i rappresentanti delle associazioni per definire tempi e modalità di attuazione.
Sanità.
Attualmente il lavoro in rete tra servizi sanitario-ospedalieri territoriali e medici di base continua a risultare non sufficiente.
Relativamente a tale problematica, segnaliamo nuovamente la mancanza di centri di riferimento regionali per pazienti con patologie complesse (prevalentemente neuromuscolari) che dovrebbero costituire un riferimento certo e sicuro nell'orientamento della cura.
Si eviterebbe così una parcellizzazione delle prestazioni e il conseguente coordinamento delle stesse a carico di pazienti e della sua famiglia.
Chiediamo, inoltre, che sia attivato un servizio di emergenza 118 per pazienti con patologia complessa, ovvero che i pazienti con patologia complessa che devono essere trasportati in emergenza siano condotti nei centri di riferimento adeguati rispetto alla loro patologia e non quindi nei centri di riferimento più vicini a un luogo dove è successo il fatto.
Ovviamente, è necessario che questa Regione si pronunci ed indichi finalmente con chiarezza i centri di riferimento e le loro peculiarità.
Inoltre, è necessario uniformare in tutta la Regione il modello di autorizzazione ed erogazione di materiale protesico ed integrativo adottato dalle ASL TO1 e TO2, che hanno adottato un sistema snello e quasi efficiente, grazie al quale si evita quella sorta di "Via Crucis" per il ritiro di materiale necessario, percorso tortuoso a cui sono ancora sottoposti molti cittadini residenti nella altre ASL della Regione.
Barriere architettoniche in edilizia privata.
I contributi previsti dalla legge 13/89 per l'abbattimento delle barriere architettoniche in edilizia privata sono fermi al 2010. Ai nostri sportelli sempre più frequentemente arrivano cittadini preoccupati e fortemente contrariati per l'estenuante attesa di rimborsi anche importanti (previsti dalla legge) di denaro speso per rendere le proprie abitazioni accessibili.
Recentemente, l'Assessore Ferrari ha annunciato l'intenzione di sbloccare i pagamenti fino al 2011.
Vorremmo conoscere la tempistica e quando si prevede di rimborsare le spese riferite agli anni mancanti.
Eventi accessibili.
In merito al patrocinio e ai contributi che la Regione Piemonte eroga per eventi e manifestazioni di qualsivoglia tipologia, evidenziamo la necessità di deliberare la concessione solamente nei casi in cui siano state verificate l'accessibilità e la fruibilità per le persone con disabilità.
Non è infatti accettabile che le Pubbliche Amministrazioni sostengano iniziative e manifestazioni discriminanti. In un'ottica di collaborazione e di impegno partecipato, la CPD è disponibile a formare, a titolo gratuito una squadra di volontari, che saranno così titolati ad effettuare sopralluoghi per il controllo dell'accessibilità.
Disability manager.
Riteniamo importante che anche la Regione Piemonte, così come altre Amministrazioni, proceda alla nomina di un Disability manager. È questa infatti, un'importante e innovativa figura professionale, che ha il compito di raccogliere le istanze dei cittadini disabili e delle loro famiglie, di attivare un lavoro trasversale fra gli Assessori coinvolti e di mettere in atto ogni azione volta a favorire l'accessibilità, urbanistica e non solo e ad evitare ogni forma di discriminazione.
Intendiamo concludere il nostro intervento con alcune considerazioni trasversali complessive, che riguardano il mondo con il quale dovremmo intendere l'impegno in ambito sociale.
Welfare.
In questo momento di crisi globale ad essere penalizzate sono prevalentemente le persone che già vivono condizioni di svantaggio, per molti e diversi motivi. Occorre indirizzare le politiche sociali e sanitarie territoriali verso un modello di lavoro partecipato, che fornisca strumenti volti a rafforzarne la relazione con il terzo settore, il privato sociale e l'imprenditoria, per favorire l'analisi congiunta dei problemi evitare la parcellizzazione degli interventi e costruire risposte reali in tempi brevi. Questo significa attivare forme di conoscenza reciproca e di coordinamento territoriale, dove le associazioni siano riconosciute come interlocutori autorevoli, che possano conoscere ed attestare in forma diversa le problematiche espresse dai cittadini che si rivolgono presso le loro sedi. Rendere noti i percorsi e confrontarsi su di essi, sulle soluzioni, sulle risorse e sulle carenze, per costruire insieme risposte esaustive.
Costruire un welfare di comunità presuppone la condivisione e la corresponsabilità al netto delle proprie specificità. Queste ultime non possono essere più una "trincea", ma una ricchezza da mettere a disposizione del comune impegno quotidiano.



PRESIDENTE

Grazie.
Comunico che l'Assessore alle politiche sociali del Comune di Torino Elide Tisi, in rappresentanza dall'ANCI, purtroppo ha dovuto lasciare l'Aula per impegni istituzionali, ma ha depositato delle memorie presso l'Ufficio di Presidenza.
Chi fosse interessato a depositare ulteriori memorie, come dicevo in apertura di seduta, può farlo.
La parola all'ospite Pepe Michele, dell'Associazione Il Giglio.



PEPE Michele, Associazione Il Giglio

Grazie, Presidente.
Sono Pepe Michele, dell'Associazione Il Giglio Genitori di Bambini ed Adulti Disabili della città di Nichelino.
Il 3 dicembre è la "Giornata internazionale delle persone con disabilità": è un'occasione per ricordare le condizioni di vita di milioni di cittadini e delle loro famiglie, ma anche un momento per ribadire la necessità di un impegno comune per garantire loro fondamentali diritti umani.
La disabilità è un elemento che accomuna tutto il mondo, per la componente emotiva e pratica nel rapporto tra l'uomo e il diverso da sé.
Diverse sono le cause che portano alla disabilità, a seconda dei vari Paesi e a seconda che questi siano poveri o ricchi. Certamente, diverso è l'approccio alla difficoltà nei Paesi poveri rispetto ai Paesi ricchi, dove quasi solo con le risorse economiche si tende ad agevolare l'inserimento nella società.
Come spesso accade, i Paesi poveri sono la "palestra" dove poter utilizzare al massimo le poche risorse disponibili e far girare di più i cervelli per raggiungere quegli obiettivi ritenuti indispensabili.
Per i Paesi in via di sviluppo, così come per i Paesi sviluppati, il nascere di una disabilità costituisce ancora oggi una grossa vergogna, che mette nella disperazione più nera tutta la famiglia.
Questo contribuisce a spiegarci come siamo ancora lontani dall'aver superato, anche se solo mentalmente, il problema e di quanto sia ancora lontana la completa condivisione del "diverso" da noi.
Da qui la ricerca, per i Paesi ricchi, di fare qualcosa e di trovare la struttura e la risorsa più idonea per annullare il problema, investendo tantissime energie economiche e fisiche, ma dimenticando, in tutta questa ricerca, che la persona con disabilità deve essere non solo curata in senso medico, ma anche accettata ed amata sul piano sociale, poiché solo così la persona è tale.
Da qui, tutti gli appelli, che a me paiono discriminanti, a scrivere quali sono i diritti dei disabili, a sottolineare il fatto che anche essi sono soggetti pienamente umani con corrispondenti diritti innati inviolabili e sacri: non sono essi essere umani? Da qui, tutta la ricerca sfrenata di risorse per fare, il più delle volte, dei ghetti dove emarginare chi ha qualche difficoltà o non è esattamente un uomo perfettamente funzionale o non rientra nel modello della perfezione.
Da qui, cavalcare i disabili come un "cavallo di Troia" per ottenere altri privilegi: l'abile che usa il diversamente abile a proprio vantaggio.
I disabili sono la prima risorsa per gli abili; con questo, non intendo dire che per aiutare i fratelli meno fortunati non ci sia bisogno di risorse, ma queste sono solo eventualmente un mezzo e non il nostro alibi di società civile.
Le risorse devono essere impegnate per abbattere le barriere, non solo quelle architettoniche, che sono le più semplici da modificare, ma soprattutto le barriere mentali, culturali e sociali, che sono alla base della non integrazione e sono le più difficili da abbattere, poich necessitano di stretta correlazione e infinite risorse umane da parte degli abili e dei diversamente abili.
L'orientamento fondamentale nell'approccio alla partecipazione di persone con handicap deve essere ispirato da principi di integrazione normalizzazione e personalizzazione, ossia deve accogliere, proteggere e promuovere lo sviluppo integrato della persona.
La disabilità noi la vediamo solo se guardiamo l'esterno delle persone ossia il loro corpo-contenitore, anziché il loro contenuto, l'anima. Su tale esteriorità ed eventuali imperfezioni noi effettuiamo una divisione tra "abili" e "non abili", arroccandoci sempre, come abili, dalla parte dei migliori.
Se ci abituassimo all'esercizio del contatto delle anime, lasciando in disparte l'esteriorità, capiremmo che non esistono persone abili e persone diversamente abili, ma persone che hanno entrambi bisogni diversi, e questi non solo a causa della diversità/abilità fisica o mentale, ma proprio diversi bisogni perché nell'anima ognuno di noi è diverso dall'altro.
In base a questo, si può sostenere che le risorse da mettere in campo sono differenti ma uguali per tutte le persone umane, e che non ci vogliono, quindi, particolari risorse per i non abili, a meno che la voce "risorse" non costituisca un alibi per fare poco o nulla.
Già nascondersi dietro al bisogno di risorse diverse significa contribuire a creare la differenza. Per non dire, poi, che a volte la ricerca delle risorse è, come al solito, quella materiale ed economica come se le risorse di cui abbiamo bisogno per aiutare i fratelli più svantaggiati siano solo le risorse economiche. Certo, con quelle tentiamo di mettere a tacere tutte le nostre coscienze di individui abili.
Tutti noi diventeremmo protagonisti extraordinari della nostra vita se eliminassimo quelle barriere socioculturali del pregiudizio, che sono nella nostra mente.
Tutti insieme guardiamo in alto ed annulliamo i limiti e le barriere.
Questo ci dovrebbe aiutare anche a tollerare gli abili, differenti per religione, razza, credo politico e quant'altro differenzia l'uomo dall'uomo.
A contatto con i disabili e alle loro famiglie, essendo io stesso un operatore ed un familiare di un disabile, ho conosciuto il volto di una umanità ferita ma non annullata, provata ma non amareggiata, sofferente ma non sconfitta. Ho conosciuto persone che sanno trovare mille strade per vivere in modo creativo - la solidarietà - anche in totale assenza di risorse a loro dedicate. Vi confesso che molte volte mi sono sentito inabile di vivere rispetto alle loro capacità di riuscire a farlo in maniera così piena e profonda.
Uomini e donne diversamente abili che ci insegnano l'arte di accogliere e affrontare la vita con gesti semplici, pazienti, tolleranti e intraprendenti. Questo spicchio di umanità sprona gli abili ad uscire dal loro guscio chiuso, dentro il quale si sentono migliori, per tessere rapporti d'amore con il prossimo, cominciando da chi è più svantaggiato senza commiserazione, sorrisi forzati, sguardi furtivi, frasi stereotipate ma offrendo comprensione, opportunità intelligenti e affetto.
Questo tipo di rapporto non conosce abili o non abili, ma l'uomo ed è difficile rapporto da creare che si impara vivendo la vita in modo profondo e con consapevole riguardo delle nostre poliedriche e differenti capacità che fanno così bella e ricca l'umanità.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola alla Consigliera Batzella.
BONO Davide (fuori microfono) Presidente, facciamo intervenire prima gli ospiti.



PRESIDENTE

Stavo alternando.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Colleghi, sono io che do la parola e decido io l'alternanza.
La parola alla Consigliera Batzella.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
Il collega Bono aveva soltanto chiesto - e io condivido pienamente il suo pensiero - di dare la parola, prima, a tutti gli ospiti, che mi sembra ne abbiano pienamente diritto, per poi far concludere noi Consiglieri.
Valutate voi: è possibile?



PRESIDENTE

No: dobbiamo parlare - lo prevede anche il Regolamento - in alternanza.
Prego, Consigliera Batzella.



BATZELLA Stefania

Va bene, allora parlerò. Grazie.
Il 3 dicembre è stata la "Giornata internazionale delle persone con disabilità" e ringrazio per la sensibilità mostrata e per la possibilità oggi, di parlare di un tema così importante: un tema, quello della disabilità, spesso dimenticato dalle istituzioni e che vive nell'ombra.
Scusate l'emozione, ma questo è un tema che mi sta a cuore. Io vorrei che questa giornata non si limitasse soltanto ad una mattinata di ascolto di emozioni e di sensibilità, ma credo fermamente che la sensibilità e l'umanità debbano essere dentro di noi tutti i giorni.
Si tratta di salvaguardare e tutelare i diritti di tutte quelle persone che chiedono - e tra l'altro lo chiedono l'ONU e la Convenzione europea che venga loro garantita piena autonomia. Abbiamo sentito il signor Piovano che diceva: vogliamo vivere una vita normale, vogliamo poter uscire, poter spostarci in autonomia; vogliamo una vita e un'esistenza dignitosa o perlomeno, svolgere le normali attività quotidiane come tutte le persone.
Credo che questo diritto debba essere garantito e che sia giunto il momento di dare loro dignità, rispetto e pari opportunità. Si tratta di diritti umani, di diritti delle persone, di diritti inalienabili.
Bisogna puntare tanto sulla domiciliarità e sull'ambiente familiare.
Abbiamo sentito l'appello accorato delle persone che chiedono veramente degli aiuti concreti. Penso al fatto che qui, solo nella provincia di Torino, ci sono 18 mila anziani non autosufficienti che sono in attesa di entrare in una struttura. Mi chiedo se sia possibile - se lo vogliamo possiamo farlo, perché tutti insieme, uniti, possiamo - veramente cambiare questo sistema, puntando sulla domiciliarità. Ci sarebbe un gran risparmio di denaro e le risorse verrebbero utilizzate al meglio.
Bisogna investire sul sociale. Bisogna istituire - sono pienamente d'accordo - un tavolo regionale per le disabilità. Tra l'altro, il Movimento 5 Stelle è molto sensibile a questo tema e con il Vicepresidente della Commissione sanità Bono partecipiamo e lavoreremo a tale tavolo proprio per occuparci delle non autosufficienze - siamo disposti a collaborare e ad ascoltare le Associazioni - e per sostenere l'integrazione sociale delle persone disabili.
Io vorrei parlarvi della nuova strategia europea sulla disabilità che mira, appunto, a migliorare l'inclusione sociale, il benessere e il pieno esercizio dei diritti delle persone disabili.
Come già citato, si parla di accessibilità. Le persone disabili devono avere accesso ai beni, ai servizi e ai dispositivi di assistenza. Inoltre dev'essere assicurato loro, su una base di uguaglianza con gli altri l'accesso ai trasporti, alle strutture, alla tecnologia dell'informazione e della comunicazione, che è di fondamentale importanza. E dev'essere garantita la partecipazione: dobbiamo rendere partecipi queste persone; le persone con disabilità debbono poter esercitare pienamente i loro diritti fondamentali e questa strategia deve contribuire ad eliminare gli ostacoli alla mobilità delle persone disabili, in qualità di individui, di consumatori, di studenti, di attori economici e politici. Occorre garantire la qualità dell'assistenza ospedaliera e dell'accoglienza in residenze specializzate, grazie al finanziamento di fondi strutturali. Bisogna garantire l'accessibilità ad organizzazioni, strutture e servizi, inclusi quelli sportivi e culturali.
Sul fronte dell'uguaglianza, è necessario attuare tutta una serie di politiche attive per promuovere l'uguaglianza, come già detto. In merito all'occupazione, il lavoro è molto importante per queste persone ed è importante integrarle nel mondo del lavoro, cosa che spesso non avviene.
Sul piano dell'istruzione e della formazione, gli allievi e gli studenti disabili devono disporre di un sistema di istruzione accessibile e di programmi di istruzione permanenti, non temporanei; permanenti: devono permanere nel tempo.
I sistemi di protezione sociale possono compensare la disparità del reddito e ridurre i rischi di povertà e di esclusione sociale ai quali sono esposti i disabili. In questo contesto è necessario valutare le prestazioni e la sostenibilità dei sistemi di protezione sociale, compresi i sistemi pensionistici, i programmi di alloggio sociale e l'accesso ai servizi di base.
Il mio tempo è concluso e vorrei terminare per lasciare spazio a tutti gli ospiti e ai colleghi. Io mi aspetto tanto da questa giornata: mi aspetto tanto da tutti i colleghi qui presenti. E' giunto il momento di passare ai fatti e di costruire qualcosa di tangibile che possiamo toccare e che può rimanere. Non abbiamo bisogno di parole che vengono dette e che poi volano via. Vogliamo i fatti.
Vorrei che a tutte le persone che oggi sono venute qua - perché hanno delle speranze, perché credono in noi e si rivolgono a noi che amministriamo questa Regione - noi diamo il buon esempio.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire Biamino Silvia, dell'Associazione Missione Autismo.



BIAMINO Silvia, Associazione Missione Autismo

Buongiorno ai signori Consiglieri e ai rappresentati delle associazioni presenti.
Il mio intervento come Associazione Missione Autismo di Asti si collega e condivide pienamente l'intervento già espresso da Arianna Porzi dell'Associazione ANGSA di Torino Ringraziamo per l'opportunità di dare voce al nostro disagio come famiglie sul territorio di Asti.
L'associazione Missione Autismo è un'associazione di genitori e volontari che dal 2009 è operativa nella provincia di Asti, nata per promuovere e sostenere l'impegno per l'abilitazione dei bambini con di disturbi pervasivi dello sviluppo e autismo AMA ha raccolto le richieste ed i bisogni delle diverse famiglie, ma anche delle scuole, spesso in difficoltà nell'integrazione dei soggetti affetti da autismo.
Con il nostro intervento vogliamo solleticare la presa in carico globale come prevede, in ultimo, la delibera della Giunta della Regione Piemonte del 3 marzo 2014, non finanziata.
Riteniamo che nella presa in carico delle persone con disabilità ci siano ampi spazi di miglioramento e che essa debba essere globale comprensiva di tutti i suoi vari aspetti: riabilitazione, scuola, diritti lavoro, residenzialità, inclusione sociale nel territorio di residenza.
E' sentita la necessità di un referente unico al quale la famiglia e/o il disabile possa fare riferimento. La frammentazione dei servizi e lo scarso coordinamento tra i numerosi soggetti necessari nell'organizzazione della vita della persona disabile rappresentano un maggior onere per la famiglia stessa, che non si sente "presa in carico". Rappresenta un ostacolo e aumenta la sensazione di smarrimento e frustrazione della famiglia che già si trova in una situazione di fragilità.
Precisiamo che la terapia abilitativa, che integra, e gradualmente, in parte, si sostituisce all'assistenza, è da intendersi nell'accezione più ampia del termine. Essa non si limita infatti alla psicomotricità e alla logopedia, che intervengono direttamente sulle funzioni fisiche della persona, o alla terapia occupazionale, che invece tende a sviluppare nuove modalità di azione e movimento della persona al fine di eseguire con facilità e relativa fatica le quotidiane mansioni e attività, ma comprende anche le forme di sostegno psicologico agli individui, alla famiglia e alla coppia, come pure tutte le consulenze di tipo scolastico, lavorativo culturale e sociale in genere rivolte alle persone in difficoltà.
In conclusione, riteniamo che gli strumenti legislativi per organizzare in modo efficace ed efficiente gli interventi riabilitativi e di integrazione ci siano. Possiamo citare la LN 833/78, che garantisce la cura senza limiti di durata e qualunque sia la tipologia della malattia, e i LEA (livelli essenziali di assistenza socio sanitaria), che vanno applicati.
In particolare per l'autismo troviamo riferimento specifici metodologie, indirizzi, nell'Accordo Stato-Regioni del 22/11/2012, "Linee di indirizzo", e in seguito recepite nella delibera della Giunta Regione Piemonte 7178 del 3/3/2014, e riteniamo che sia compito dell'ASL attivarsi per il miglioramento dell'offerta terapeutica riabilitativa per le persone con disturbi pervasivi dello sviluppo e autismo, con risorse proprie partecipazione ai costi domiciliari o con convenzioni.
Chiediamo ai Comuni l'attivazione di maggiori e più efficaci "politiche attive" sul tema dell'autismo, attraverso Piani di Zona con una valenza moderna e rispettosa dei diritti e della dignità delle persone con disabilità, ispirati ai principi dettati dalla Convenzione Internazionale ONU sui diritti delle persone con disabilità. Grazie.



PRESIDENTE

La parola a Bozza Vincenzo, Associazione UTIM Torino



BOZZA Vincenzo, Associazione UTIM Torino

Intervengo a nome dell'UTIM, Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva in situazione di gravità e non autosufficienti.
Persone che non sono in grado di difendersi autonomamente e, sovente dipendono in tutto e per tutto dall'aiuto di altre persone per mangiare bere, vestirsi, lavarsi. Sono spesso doppiamente incontinenti, hanno problemi sanitari che necessitano di continui controlli e che si aggravano anche perché non in grado di esprimere il loro dolore.
La legge sull'integrazione scolastica ha garantito a queste persone l'accesso alla scuola dell'obbligo, si è diffusa poi l'integrazione anche nei nidi e nella scuola dell'infanzia e questo ha promosso la loro accoglienza in famiglia e ridotto in modo significativo il ricovero di minori e di adulti in strutture residenziali.
Oggi il problema è sostenere le famiglie nel "durante noi" e assicurarsi il "dopo di noi", come stabiliscono le norme che il Parlamento ha approvato proprio allo scopo di tutelare persone che non sono autosufficienti. A tale proposito, allo scopo di tutelare persone che non sono autosufficienti, segnaliamo con allarme le sei proposte di legge sul "dopo di noi" presentate alla Camera dei Deputati ed in discussione in Commissione Affari sociali: proposte che omettono/negano le leggi vigenti che garantiscono già il pieno diritto alle prestazioni sanitarie e socio sanitarie domiciliari, semiresidenziali e residenziali per le persone con disabilità grave.
Le Istituzioni dovrebbero tenere in attenta considerazione che le prestazioni dei congiunti di persone con grave disabilità intellettiva e limitata o nulla autonomia sono assolutamente volontarie: infatti il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 sui LEA, le cui norme sono cogenti in base all'articolo 54 della legge 289/2002, assegna alle ASL e, per alcune attività integrative, ai Comuni l'obbligo di garantire gli interventi di cui necessitano.
Se la persona con disabilità in situazione di gravità viene accolta dai sui congiunti, oltre a beneficiare sotto il profilo psicofisico dei notevoli vantaggi della vita in famiglia, gli Enti pubblici realizzano risparmi notevoli.
Soprattutto in questi ultimi anni, abbiamo incrociato Assessori Direttori di consorzi socio-assistenziali e assistenti sociali convinti che la persona con disabilità grave e non autosufficiente debba essere economicamente autonoma.
In effetti, gode di alcune provvidenze economiche: chi non pu lavorare, percepisce una pensione di invalidità civile pari a circa 300 euro mensili: con questa pensione deve far fronte alle spese di mantenimento (casa, cibo, abbigliamento, cura, trasporti, tempo libero).
Chi non è in grado di provvedere agli atti quotidiani della vita pu inoltre contare su una indennità di accompagnamento del valore di circa 504 euro per 12 mensilità, poco più di 17 euro al giorno. In base alla legge 188/1980 questo assegno dovrebbe coprire le maggiori spese che le persone totalmente inabili devono sostenere rispetto ai cittadini privi di minorazioni.
C'è da chiedersi come si possa garantire l'autosufficienza con queste provvidenze. Chi vive giornalmente insieme ad una persona con grave disabilità, chi se ne prende cura come tutore o amministratore di sostegno sa bene che le persone con disabilità non ricevono dallo Stato prestazioni economiche sufficienti per vivere. Abbiamo distribuito l'articolo "Quanto costa alla famiglia un congiunto con grave handicap intellettivo?" pubblicato in "Prospettive assistenziali" n. 180, 2012 allo scopo di far capire ai Consiglieri il risparmio considerevole che si ottiene, come istituzione, se si sostiene in modo adeguato la famiglia disponibile ad occuparsi del figlio maggiorenne con disabilità grave.
Pertanto per le persone con disabilità intellettiva e non autosufficienza, che hanno concluso l'obbligo scolastico e che vivono in famiglia o presso terze persone, chiediamo al Consiglio regionale di impegnare la Giunta affinché sia finalmente approvato il regolamento della legge regionale n. 10 del 2010, in modo che venga concretamente riconosciuto il vigente diritto alle prestazioni domiciliari semiresidenziali e residenziali, previsto dalla normativa sui LEA e ad un rimborso forfetario delle spese sostenute dalle famiglie, a sostegno della domiciliarità; il riconoscimento del vigente diritto immediatamente esigibile alla frequenza del centro diurno per almeno cinque giorni alla settimana e per otto ore al giorno, salvo diversa richiesta dalla famiglia.
Vanno altresì assicurati e compresi i servizi di mensa e trasporto, che sono parte integrante della prestazione LEA, per i quali la compartecipazione al costo deve essere a carico dell'utente/Comune (e non dai familiari), fermo restando una soglia economica considerata minimo vitale completamente in franchigia da riconoscere all'interessato l'adeguamento delle strutture residenziali alle esigenze delle persone con grave disabilità intellettiva per le qual si chiede; il superamento delle RAF (Residenze Assistenziali Flessibili) con più di dieci posti letto promuovendo la loro trasformazione, ad esempio, in strutture a rilevanza sanitaria, idonee al ricovero di persone adulte con gravi problemi sanitari e non autosufficienza per le quali non sono praticabili le cure domiciliari a casa o in comunità alloggio; l'apertura di comunità alloggio con otto/dieci posti al massimo, inseriti in normali contesti cittadini.
Chiediamo ancora la predisposizione di nuclei da dieci posti letto nelle RSA per persone ultrasessantenni con disabilità intellettiva e rilevanti problemi sanitari, per le quali non sono praticabili cure domiciliari a casa o l'accoglienza in comunità alloggio.
Concludo. Siamo vivamente allarmati per il costante richiamo alla crisi economica quale pretesto per ridurre o negare il diritto a prestazioni indispensabili per garantire una vita dignitosa a chi è in condizioni di grave disabilità e neppure in grado di esprimersi. Il pensiero corre all'eliminazione delle migliaia di persone con disabilità ad opera dei nazisti, per analoghi motivi di risparmio di risorse ritenute uno spreco in quanto spese per persone considerate un peso per la società.
Auspichiamo un chiaro segnale politico dal Consiglio e dalla Giunta.
Chiediamo al Consiglio di sollecitare l'approvazione di atti deliberativi che smentiscano le nostre preoccupazioni, con l'indicazione di risorse prevalentemente destinate all'inclusione delle persone con disabilità volte a garantire le prestazioni indispensabili per la sopravvivenza di coloro che sono in situazioni di gravità e non autosufficienza.



PRESIDENTE

La parola al signor Ciattaglia Andrea, Fondazione promozione sociale ONLUS.



CIATTAGLIA Andrea, Fondazione promozione sociale ONLUS

Grazie, Presidente.
La Fondazione promozione sociale ONLUS si occupa di promozione dei diritti e difesa dei casi personali di coloro che non possono difendersi da sé: anziani, malati cronici non autosufficienti, persone affette da demenza senile, persone con disabilità intellettiva grave o disturbi psichiatrici e limitata o nulla autonomia.
Questo mio intervento costituisce un focus sulle risorse economiche rispetto all'intervento di apertura della rappresentante del CSA, Maria Grazia Breda, che sottoscrivo e che fa parte integrante di questa memoria compreso l'appello per il ritiro delle sei delibere della Regione Piemonte sul comparto residenziale e su quello domiciliare, che negano i diritti esigibili per le persone non autosufficienti.
Sulle risorse economiche, la prima cosa che va detta è che non è vero che non ci sono risorse. Le risorse ci sono, e lo dico in un momento in cui la Regione sta discutendo di un misero taglio sul privilegio scandaloso dei vitalizi, mentre la Giunta regionale ha deliberato sulla buonuscita dei Dirigenti regionali, che vale 5 milioni di euro per i prossimi due anni.
Occorre - come lei richiamava all'inizio, Presidente - rinnovare il coraggio di scegliere, ovvero occorre che la politica faccia le scelte per eliminare gli sprechi e recuperare le risorse disponibili, sempre tenendo conto che ci sono dei livelli essenziali delle prestazioni (per esempio, i LEA in ambito sanitario e socio-sanitario) che non sono comprimibili nemmeno da esigenze di pareggio di bilancio o di rientro di deficit, pena e lo dicono tutte le sentenze della Corte Costituzionale e altri pronunciamenti dei tribunali - la scomparsa totale di questo diritto.
In allegato, i Consiglieri hanno ricevuto le proposte di taglio degli sprechi e di recupero delle risorse, che possono essere attuate anche da subito con adeguati provvedimenti oppure con ordini del giorno e mozioni che sollecitino a farlo gli Enti competenti.
Faccio un inciso brevissimo sulle IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), che sono uno degli argomenti all'interno dell'allegato, che rappresentano un inestimabile patrimonio destinato per legge e per Statuto degli Enti stessi al settore socio-assistenziale quindi agli interventi delle politiche sociali. L'appello che rivolgo al Consiglio e alla Giunte regionale è che queste istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, che non svolgono più il loro compito, vengano commissariate dalla Regione e i patrimoni e i redditi di tutte le ex IPAB (o ex Enti assistenziali ormai disciolti) vengano destinati effettivamente agli utilizzi sociali che hanno per Statuto e per legge.
Sulle risorse, la seconda cosa che mi preme sottolineare è il confronto con le altre Regioni. Spesso ci sentiamo - e immaginiamo, vi sentiate dire che ci sono Regioni virtuose in ambito sanitario e socio-sanitario alle quali il Piemonte deve uniformarsi perché sono di riferimento a livello nazionale per i bilanci in sanità. Alcune osservazioni su questo.
Primo. Una valutazione che tenga conto solo delle questioni finanziarie, senza considerare il rispetto dei diritti sanciti dalle leggi e l'erogazione delle prestazioni per le persone malate croniche non autosufficienti, non è accettabile. Lo dico perché in tutte le relazioni del Tavolo Massicci (tavolo tecnico per il controllo dei conti della sanità piemontese) non è presente una valutazione di questo tipo: viene fatta esclusivamente una valutazione di tipo economico, ma non sul fabbisogno.
Secondo. Che tipo di prestazioni stiamo confrontando quando paragoniamo le prestazioni del Piemonte a quelle di altre regioni, avendo come riferimento le leggi nazionali di riferimento? Noi siamo testimoni, nella nostra attività di consulenza sui diritti per i casi personali, di violazioni di leggi sui livelli essenziali di assistenza che provengono anche dalle Regioni virtuose: Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Umbria Puglia. Cito apposta Regioni in cui il colore politico delle Amministrazioni è differente.
Queste Regioni hanno predisposto e applicano provvedimenti contro ci che viene stabilito dalle leggi nazionali, per esempio in tema di assistenza domiciliare nella quale non prevedono le prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare alla persona, oppure in tema di compartecipazione nella quota sanitaria al costo delle RSA, che spesso è inferiore al 50%, oppure viene richiesta una compartecipazione illegittima ai parenti facendo leva su un vincolo illegittimo, che è quello delle figure tenute agli alimenti, che nulla c'entrano con le prestazioni socio sanitarie. É chiaro che, se il confronto della spesa sanitaria piemontese avviene con situazioni di questo tipo, situazioni di violazione delle leggi nazionali, i conti non torneranno mai.
Terzo. Il reale fabbisogno di cure e di prestazioni sanitarie e socio sanitarie va riconosciuto, a nostro parere, sul territorio in base alle norme e in base all'effettivo numero dei malati.
Pertanto, con questi dati (dati che venivano citati prima delle 32 mila persone non autosufficienti in lista d'attesa), ci aspettiamo che la Regione vada di fronte al Governo per far ricomprendere nella partita dei fondi del settore sanitario e socio-sanitario queste persone, non limitandosi al Fondo per le non autosufficienze, ma chiedendo gli stanziamenti del fondo sanitario, che dovrebbero coprire la parte più rilevante del costo delle prestazioni socio-sanitarie rispetto al Fondo per le non autosufficienze.
Chiudo per ribadire l'allarme che è già stato lanciato prima sulla deriva culturale alla quale, purtroppo, stiamo assistendo; deriva che noi chiamiamo eugenetica - a ragione, secondo noi - e che si concretizza purtroppo a livello nazionale nel Patto per la Salute che, com'è stato detto prima, vincola l'erogazione delle prestazioni socio-sanitarie alle risorse stanziate, il che vuol dire toglierle dal diritto e metterle nella categoria della discrezionalità.
Ricordo a tutti i Consiglieri che l'ordine del giorno n. 1090 approvato all'unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte il 24 settembre 2013, impegnava la Giunta regionale a chiedere al Governo uno stanziamento aggiuntivo a favore del Fondo Sanitario Nazionale per le prestazioni da fornire alle persone non autosufficienti e per l'abbattimento delle liste d'attesa, e uno stanziamento annuale continuativo per il Fondo delle non autosufficienze, da destinare esclusivamente ai Comuni per la loro funzione integrativa. Queste richieste ci risulta - non sono mai state portate al Governo. Di conseguenza chiediamo un impegno concreto sia al Consiglio regionale che alla Giunta perché questo, invece, avvenga.



PRESIDENTE

Invito i prossimi oratori a stare nei tempi dei cinque minuti.
La parola alla signora Biglio Franca, ANPCI.



BIGLIO Franca, ANPCI

Grazie, Presidente, per questo importante momento di coinvolgimento.
Io mi sono sentita molto toccata dalla voce spezzata del signor Bozza che evidentemente denuncia un coinvolgimento estremamente personale del problema. Dopo di lui, mi sento di dover rispettare il silenzio: non c'è altro da aggiungere. Di fronte a una persona che vive, e che trasmette quello che vive giornalmente in questo mondo della disabilità, non ci dovrebbe essere altro che il silenzio ed una profonda riflessione. Di conseguenza, condenso il mio intervento in alcune brevi considerazioni.
La "Giornata internazionale delle persone con disabilità" è stata istituita nel 1981 (dal 1993 è diventata anche europea) per diffondere la coscienza sui temi della disabilità e per sostenere la partecipazione dei disabili in ogni ambito della vita.
Eppure, ancora oggi, nel 2014, dopo ben più di trent'anni dall'istituzione di questa importante giornata, nessuno può affermare che il nostro Paese abbia adottato o stia adottando tutte (e sottolineo tutte) quelle misure necessarie e indispensabili per consentire la piena partecipazione dei disabili alla vita sociale. Purtroppo, ancora una volta dobbiamo prendere atto che la politica, mentre da un lato pare concedere ciò che è dovuto come diritto, dall'altro opera continui tagli che mettono in seria difficoltà e a forte rischio, non solo l'assistenza sociale, ma anche quella scolastica.
Diritti violati: Diritti violati nel momento in cui la disabilità entra nel sociale, entra nel mondo della scuola, entra nel mondo del lavoro o si confronta, o addirittura si scontra, con le barriere architettoniche. E dunque ben vengano queste giornate, ma lo dico con una certa amarezza perché ritengo che, in un paese civile, non dovrebbero essere necessarie assolutamente, ma ben vengano, perché sono comunque capaci di suscitare profondi sentimenti e profonde riflessioni sulle difficoltà vere e concrete che quotidianamente e ovunque incontrano le persone con disabilità.
Mettiamoci per un attimo nei loro panni o nei panni dei loro familiari costantemente in angoscia, ma, soprattutto, nella forte preoccupazione (l'ha accennato lei, Presidente) per il "dopo di noi che cosa sarà?".
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei, signora Biglio.
La parola alla Consigliera Baricco.



BARICCO Enrica

Grazie, Presidente.
Per me è la prima esperienza in un'aula istituzionale: nella vita ho fatto altro e ho voluto iniziare questa esperienza anche per parlare ed occuparmi dei diritti delle persone disabili, e non solo.
Innanzitutto, voglio ringraziare tutti voi che siete qui oggi, perch come hanno già detto altri - credo sia importante fermarsi, fare il punto e ascoltare.
In questi primi mesi, lavorando a fianco di tutti gli altri e dell'Assessore Ferrari, che sta mettendo a punto un patto per il sociale che prevede il confronto, l'ascolto, partendo dalle esperienze delle persone che vivono in prima linea situazioni di questo tipo (che oggi bene abbiamo ascoltato), mi pare di poter dire che ci sono tutte le premesse affinché le persone possano essere ascoltate e la struttura istituzionale se ne occupi, trovando soluzioni concrete.
Mi piacerebbe che l'occuparsi e l'avere una sensibilità per questi tipi di problemi non avesse colore o divisione di parte: ritengo sia una questione che tutti noi abbiamo nella mente e nel cuore e che, in questo caso, ancor più che in altri, dovrebbe trovarci uniti.
Risolvere pragmaticamente: è questo che ci stiamo sforzando di fare, al fianco della Giunta, pensando a tutte le difficoltà quotidiane che le persone con disabilità e con malattia, incontrano.
Sto pensando a tutto ciò che ho ascoltato fino adesso, al pesantissimo (ne parlavamo qualche giorno fa) "dopo di noi", al fatto di ascoltare e di pensare alle persone che dedicano la loro vita ai propri figli, stando loro vicini e preoccupandosi di quello che sarà dopo. Sono questi gli argomenti su cui ci confrontiamo tutti i giorni e di cui sentiamo l'emergenza e l'urgenza di dover dare risposte concrete.
Ho sentito parlare di difficoltà economica: effettivamente, parliamo tutti i giorni di grande difficoltà economica e siamo convinti che occorra trovare a tutti i costi le risorse. Sentivo parlare - ne parlavamo anche con l'Assessore Saitta poco tempo fa - del fatto che molti bambini o molti disabili vengono trattenuti in una struttura ospedaliera, perché non ci sono comunità o luoghi idonei in cui possano essere accolti. Questa è una spesa per la sanità ed è una spesa che potrebbe essere risparmiata, da una parte, e riconquistata, da un'altra, però - come dicevo - tra il Patto per il sociale e il Tavolo che si sta riunendo per la non autosufficienza mi sembra stiano nascendo delle cose concrete, pertanto ritengo sia nostro dovere, non solo in questi accadimenti istituzionali, ma anche in altri luoghi, istituire dei Tavoli che possano essere davvero un confronto e un aiuto nel trovare le soluzioni, anche nella velocità dovuta.
Oltre a questo, al di là della difficoltà economica, ritengo che un luogo come questo debba affiancare le associazioni e chi è impegnato sul campo, riflettendo anche su quali possano essere le risorse alternative alla pura risorsa finanziaria, affinché il sociale si risollevi e possa dare una svolta. Sto pensando ad alcuni aspetti della riforma del terzo settore che sarebbero da riprendere e magari anche da proporre in maniera diversa; sto pensando alle semplificazioni anche di routine con cui le associazioni si trovano ad avere a che fare tutti i giorni, ad agevolazioni contributive di un sistema che, ad oggi, dà anche lavoro, perché il sociale e il terzo settore danno lavoro alle persone. Nonostante ciò, le strutture non sono agevolate per poterlo dare con alcune facilitazioni che non graverebbero così sui costi. Pertanto, da un lato, avremmo l'ottimizzazione delle risorse e la comprensione di tutti gli aspetti che avete evidenziato qui e, dall'altro, l'affiancamento a voi nello studiare possibili alternative che possano semplificare e far risparmiare, perché questo è molto importante.
Questo può avvenire in Commissione, in Aula, attraverso confronti con voi, e mi auguro che tutto quello che è già stato iniziato e che mi sembra vada in questa direzione possa continuare.
Voglio aprire ancora una breve parentesi sul volontariato. Il volontariato è una forza incredibile ed anche in merito a questo stavamo riflettendo l'altro giorno. Forse andrebbe seguito maggiormente valorizzato, perché ritengo sia una forza inesauribile. Pertanto, al di là di qualsiasi colore, di qualsiasi separazione, siamo impegnati sul campo per dare risposte, soprattutto concrete, sui diversi livelli che ho appena accennato.
Questo è un luogo dove noi parliamo tanto, ed io ascolto tanto, ma ci tenevo a portare, in quest'occasione, la voce di una persona diversa da me che vive tutti i giorni un problema di handicap vicino al proprio figlio.
Ho chiesto al Presidente Laus se sono autorizzata a leggere questa breve pagina. Molti di voi magari lo conosceranno: si chiama Massimiliano Verga.
Mi è consentito, Presidente?



PRESIDENTE

Nei tempi. Prego.



BARICCO Enrica

E' una lettera che il signor Verga scrive al proprio figlio, Moreno, un bambino disabile.
"Eo, senti, vai a pagina.Beh, lì dove parlo della partita con il Real.
Vai e leggi quello che ho scritto. Già, scusa: lascia stare. Te lo leggo io: 'Il trucco è capire quando tuo figlio ti chiede di andare per provarci da solo, senza dare l'idea che tu ti stia allontanando da lui'.
Ecco, con te la faccenda è un po' diversa. Lì stavo parlando con i tuoi fratelli. Non credo che capiranno subito, ma ci arriveranno. Se non altro perché incontreranno qualcuno che gli spiegherà come gira il fumo.
Ma con te, come gira il fumo? Perché con te non potrò mai staccare la mano del tutto, altrimenti potresti cadere e farti male. E allora qual è il trucco con te? Forse, è capire che per te posso anche essere soltanto una mano a cui appoggiarsi. Senza altre pretese. Senza chissà quali aspettative, se non l'attesa di una sorpresa che ogni tanto arriva. Forse è capire che per te, la mia mano, è tutto quello che troverai sempre. E che soltanto le mie dita (o quelle di chi avrai al fianco) sono il confine del mondo che potrai esplorare. Già, forse il trucco è soltanto questo. Niente di più semplice. Perché tu non avrai mai le mani libere. Neanche per combinare cavolate. O più cavolate di quelle che combini già adesso.
Te lo ripeto: non sto dicendo che vorrei staccare le mie mani dalle tue. Magari in tasca, qualche volta, sì, mi piacerebbe tenerle. Ma non è questo il punto. Sto soltanto cercando di spiegarti che non sopporto che fin dall'inizio, tu abbia dovuto rinunciare alla possibilità di combinarle quelle cavolate a mani libere.
Dai, stai fermo un attimo! Guardami un istante! Lascia stare le stringhe per una volta e dammi retta! Hai sentito cosa ho detto? Ho detto che ci proverò fino alla fine a renderti la vita più semplice. Ma devi mettere in conto che potrei anche non riuscirci.
Vabbè, ho capito: mica posso competere con le tue stringhe. Sei davvero un drago quando si tratta di ciucciarle. E allora sai come te lo spiego? Così: continuerò ad allacciarti le scarpe, fino a quando potrò. Del resto ho imparato presto a farlo".


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Elementare "L. Sinigaglia" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della Scuola Elementare "L. Sinigaglia" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

"Giornata internazionale delle persone con disabilità 2014" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo con gli interventi in merito a "Giornata internazionale delle persone con disabilità 2014".
La parola a Cossu Demelas Irene, Associazione onlus Luce per l'autismo.



COSSU DEMELAS Irene, Associazione onlus Luce per l'autismo

Buongiorno e grazie, signor Presidente.
Noi come associazione Luce per l'autismo sosteniamo tutto quanto è stato detto all'inizio di questi lavori dalla dottoressa Breda e in seguito dal signor Bozza e dal signor Ciattaglia, in quanto anche noi abbiamo i figli affetti da autismo.
Pertanto. oggi voglio andare nel merito alle cose concrete. Mi aggancio sicuramente a quanto è stato detto prima di me dalla signora Arianna Porzi e anche dalla signora Biamino.
Io amo essere molto concreta, perché credo che i nostri figli abbiano bisogno di concretezza. Volevo chiedere soprattutto all'Assessore alla sanità quanto segue.
Incominciamo proprio dalla A. Dobbiamo ancora capire se i nostri figli sono stati presi in carico, ma quando parlo di presa in carico mi riferisco al fatto che la sanità deve prendere in carico i nostri figli. Questo non significa avere dei numeri scritti o dei nomi in elenchi dove davvero non c'è nulla di che.
Stiamo parlando di bambini piccoli per i quali subito dopo la diagnosi che, per fortuna, adesso viene fatta abbastanza tempestivamente - non viene fatto alcun progetto educativo e abilitativo che, a nostro avviso deve essere socio-sanitario, perché naturalmente non stiamo parlando di qualità, ma stiamo parlando di bisogni. Stiamo parlando di bambini che hanno bisogno di un intervento tempestivo per fare in modo che la loro qualità della vita diventi davvero vivibile, e anche dalle famiglie.
Di che cosa parliamo? Parliamo di bambini che devono imparare tutto: devono imparare a vestirsi, devono imparare praticamente a vivere ogni azione della vita quotidiana con accanto persone qualificate che riescano ad abilitare queste persone. Tutti noi nasciamo con un handicap, ovvero quello di imparare, però i nostri figli sono davvero molto compromessi sotto quell'aspetto.
Per cui chiediamo intanto che, quando la famiglia si affaccia alla neuropsichiatria, non senta continuamente dire "va bene, è autistico" naturalmente dopo aver fatto tutti i test e ammesso che il neuropsichiatra sia così solerte a mandare le famiglie a fare i test, perché anche su questo ci sarebbe da raccontarne troppe.
Però abbiamo riscontrato - e mi dispiace dirlo - che c'è a tutt'oggi una parte di persone, che sono medici qualificati, che non sono ancora in grado neanche di fare un progetto educativo e abilitativo ad un bambino affetto da autismo.
Naturalmente occorrono delle competenze specifiche, occorrono esperti di autismo che facciano queste cose. Non mancano nella Regione Piemonte dei centri di riferimento, come ha detto la signora Arianna Porzi. Peccato che questi centri di riferimento sono solo alcuni e non possono rispondere a tutti gli utenti che ci sono in Piemonte.
Ma quello che è molto importante è che c'è una risorsa, la scuola, che non viene usata al meglio. Perché questo? Perché quando un bambino piccolo si affaccia alla neuropsichiatria, se non viene fatto un progetto educativo, questo progetto educativo e abilitativo deve essere sviluppato in tutti gli ambiti che frequenta la persona. Non può essere solo finalizzato ad un nome o ad un qualcosa che è scritto sulla carta.
Ci sono, ad oggi, famiglie che pagano di tasca propria educatori professionali per andare all'interno delle scuole e - scusatemi - questo è vergognoso, perché è una risorsa su un'altra risorsa, mentre la scuola con le insegnanti di sostegno dovrebbe già rispondere con le proprie competenze. Ma nessuno condanna nessuno.
Bisogna capire che è una mancanza totale, in primo luogo, relativamente ad una presa in carico particolare e specifica e, in secondo luogo soprattutto di una competenza, che non c'è.
Dobbiamo partire dalle Università. Le persone che vanno a scuola e che scelgono di fare quel tipo di lavoro e intraprendere quel tipo di studio dovrebbero essere preparate.
Quindi, credo che sia opportuno che l'Assessorato alla sanità crei un ponte con l'Università e obblighi le persone che si stanno formando e che stanno studiando per fare questo, che escano da questa benedetta scuola con delle competenze, altrimenti si sprecano delle risorse, si buttano via i soldi. Io non vedo ancora questo.
Parliamo di questa mancanza molto grave non solo nei confronti dei bambini piccoli, ma anche degli adolescenti, soprattutto quando cominciano ad innescarsi dei comportamenti problematici. Dico questo, perch nell'autismo, quando cominciano a crescere gli ormoni, come in tutti i bambini e ragazzini, diventa ingestibile la vita familiare in alcuni casi e, per fortuna, non in tutti. Ma quello che è molto devastante è tutta la problematica relativa alla vita adulta.
Non si pianifica neanche con la neuropsichiatria il passaggio all'età adulta, perché non c'è, perché nessuno ha ancora capito dove vanno i nostri figli. Non hanno un referente sanitario, non si sa chi li deve prendere in carico. In teoria, dovrebbe essere il Dipartimento di Salute Mentale e la neurologia, essendo l'autismo un disturbo neurobiologico.
L'unica cosa che si riesce a fare è che quando un ragazzo adulto autistico va "fuori dai quadri", lo si ricovera in residenze sanitarie, con degli accreditamenti altissimi, di 14 ore, interventi di rapporto uno a uno. Per fare cosa? Per guardare magari un ragazzino nel letto che si picchia. Ditemi a che cosa è utile questo? Ditemi con questo denaro, che sono 14 mila euro al mese - e vi posso portare degli esempi pratici - che cosa abbiamo risolto.
Abbiamo risolto solamente che una famiglia è disperata, quel ragazzino non ha avuto un beneficio e la Regione ha accreditato dei soldi che non servono a niente.
Quindi, chiedo in questo caso una presa in carico che debba essere veramente dichiarata da parte della sanità regionale. I nostri figli hanno diritto a prestazioni socio-sanitarie e l'indicatore di questi diritti è solo attraverso un progetto educativo e abilitativo socio-sanitario. E' lo strumento che gli esperti di autismo hanno potuto nel tempo consolidare; lo dicono anche le Linee Guida, cioè che senza quello strumento non si riesce ad individuare quali sono le prestazioni. Ad un bambino non serve una prestazione di un'ora di psicomotricità piuttosto che di logopedia. Per fare che cosa? Abbiamo bisogno di un intervento globale sul comportamento del bambino abbiamo bisogno che le famiglie abbiano gli strumenti per aiutare i loro figli.
Questa è la drammaticità. Per non parlare delle strutture residenziali.
Assolutamente ringrazio il signor Bozza, che ha messo il dito nella piaga quando ha detto che dobbiamo superare le RAF.
Attualmente abbiamo in Piemonte delle RAF con delle persone autistiche ricoverate, dove ci sono degli accreditamenti di tutto rispetto e con gli stessi soldi si può fare abilitazione.
Peccato che anche in questo caso occorre metterci una competenza occorre professionalità, occorre che la Regione programmi una formazione continua e che questi ECM non vengano dati come le figurine della Mira Lanza, ma vengano dati perché un educatore professionale o un medico hanno un merito per poterlo fare. Altrimenti si distrugge la vita delle persone e anche delle loro famiglie. Ringrazio.



PRESIDENTE

La parola alla signora Garbella, dell'ANSDIPP-ARIA Piemonte.



GARBELLA Paola, Presidente ANSDIPP-ARIA Piemonte

Buongiorno a tutti.
Presidente, la ringrazio dell'invito.
Mi presento, e ci presentiamo, velocemente: noi non siamo un'associazione sindacale, ci riteniamo piuttosto uno strumento per la crescita tecnica e manageriale dei servizi alla persona; riuniamo dirigenti e direttori di strutture residenziali in prevalenza per anziani non autosufficienti, ma del settore socio-sanitario in genere.
Ringrazio il Presidente Laus per questo invito, Maria Grazia Breda per la puntuale e concisa, ma esauriente, introduzione e tutti voi che avete la forza e il coraggio di continuare ad ascoltarci dopo tutte queste ore.
I colleghi che mi hanno preceduta, soprattutto il collega Assandri di ANASTE e il collega Ciattaglia della Fondazione promozione sociale, hanno già un po' delineato il settore in cui noi ci muoviamo e il motivo per cui siamo qui oggi e in tante altre occasioni: noi curiamo soprattutto le persone anziane non autosufficienti a rilievo sanitario.
In Piemonte, come voi sapete, ci sono circa un milione di persone ultrasessantacinquenni, che, per fortuna, nella stragrande maggioranza stanno bene di salute e stanno bene per quanto riguarda il tempo libero e le risorse economiche - questa è una grande forza.
Prima, qualcuno citava anche la forza del volontariato: il volontariato in massima parte è fatto da persone ultrasessantacinquenni che, dopo la pensione, si dedicano ad altri, magari più deboli e più fragili - per fortuna, sottolineo io.
Però, in relazione a questo milione circa di persone della regione Piemonte ultrasessantacinquenni, la letteratura (quella internazionale e quella italiana, le altre regioni cosiddette - sento dire - civili nel Nord Italia) dice che l'1,8 fino al 2,5% di questa popolazione, purtroppo, non può più essere assistita al proprio domicilio, perché caratterizzata da una complessità riabilitativa, sanitaria e assistenziale, nonostante tutti i tentativi compiuti in questi anni, che sicuramente potremmo anche migliorare. Una Consigliera, giustamente, ha evocato la domiciliarità, per parliamo di persone che, in questo momento, non possono più essere assistite al loro domicilio e che inappropriatamente, spesso, non dovrebbero neanche più essere assistite nelle strutture ospedaliere. E qui entriamo nel campo dei costi.
Sono tanti anni che dirigiamo strutture socio-sanitarie per anziani non autosufficienti a rilievo sanitario e negli anni passati abbiamo compiuto molti tentativi nei vari tavoli tecnici per portare aspetti tecnici di tipo anche economico, presentando delle ricerche che sono state svolte nel Nord Italia, per esempio dall'Università di Castellanza, cui qualcuno di noi ha potuto partecipare.
Apro e chiudo una parentesi: l'Associazione che in questo momento rappresento riguarda circa 3.500 posti letto in tutto il Piemonte.
Queste ricerche indicano chiaramente e dettagliatamente i costi relativamente alla giornata di un anziano non autosufficiente in una RSA.
L'anno scorso, abbiamo anche voluto svolgere questa ricerca all'interno delle strutture RSA del Piemonte: purtroppo, i nostri dati non sono stati presi assolutamente in considerazione e mi risulta sia stato avviato un altro percorso di studio sui costi delle RSA di un anziano non autosufficiente in RSA. Credetemi, i costi ci sono, sono precisi e dettagliati; sono stati eseguiti da enti terzi - è un'Università che non è nemmeno nella nostra regione - quindi si potrebbe chiaramente prenderne spunto.
Osserviamo che le tariffe che derivano da questi costi, come ha già ben sottolineato il collega Assandri, potrebbero anche essere sufficienti, se le risorse allocate alla sanità venissero distribuite a questo tipo di servizio, ma questo non avviene.
Noi parliamo di 18-20 mila anziani non autosufficienti - che, per la gran carità, condivido in pieno - e molte delle nostre strutture stanno convertendo i loro servizi alla domiciliarità. Nei prossimi anni si potrà migliorare la domiciliarità, ma stiamo parlando della situazione odierna di persone che potranno e possono essere assistite solo nella residenza.
Parliamo di 18-20 mila persone e di quote sanitarie, che, quando va bene in Piemonte, ne vengono distribuite 13-14 mila. Di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di una situazione che necessita assolutamente di una revisione.
Mi avvio alla conclusione.
Da tempo noi stiamo chiedendo un tavolo tecnico-politico con la presenza dei due Assessori, sia l'Assessore Ferrari che l'Assessore Saitta altrimenti si viene ribaltati: una volta è competenza dell'Assistenza e una volta è competenza della Sanità, quando ci troviamo con la Sanità occorreva parlare con l'Assistenza, e viceversa.
All'interno di questo tavolo con i tecnici è necessario poter ricostruire l'impianto normativo-giuridico e di destinazione delle risorse perché stiamo vivendo una macchia di leopardo spaventosa in tutta la regione Piemonte.
In questi ultimi cinque anni, abbiamo assistito alla nascita continua di norme, una affastellata sull'altra, dove spesso l'ultima è antitetica alla precedente.
E' necessario un riordino. Occorre rimettere mano all'intero sistema e rivederlo insieme. Noi avevamo anche avanzato delle proposte concrete sottolineo che sono rimaste assolutamente inascoltate - per avviarci sulla strada di una risoluzione, in quanto ritengo che il problema - parlo degli anziani non autosufficienti a rilievo sanitario - possa e debba essere affrontato, e ci sono anche gli strumenti tecnici per risolverlo.
Spero che gli Assessori Saitta e Ferrari ci ascoltino e questa volta si riesca in un tavolo tecnico a portare le nostre concrete proposte. Grazie dell'attenzione, buongiorno a tutti.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola al Consigliere Giaccone.



GIACCONE Mario

Sono particolarmente grato alle persone che sono venute a raccontare le loro storie e a illustrare la situazione di un numeroso gruppo di cittadini. Infatti, rappresentando ciò che si vive fuori hanno portato in quest'Aula una ventata di umanità, che ritengo senz'altro più arricchente per noi stessi che per gli stessi richiedenti.
E' chiaro che sono istanze sacrosante e per noi sentire raccontare in questa sede tutti questi aspetti, con tutto questo carico di sofferenza e di difficoltà, è motivo di crescita, affinché porre maggiore attenzione; in definitiva, lo ritengo anche un arricchimento umano.
Emerge l'esigenza di un mondo che vuole essere parte attiva e dare il suo contributo, ma vuole anche essere integrato a pieno titolo ed essere considerato e rispettato.
Queste giornate aiutano a comprendere meglio come si può intervenire e a raccogliere ancora più adeguatamente le idee, i suggerimenti e le proposte che ci vengono portate.
Molto è stato detto, ma voglio soffermarmi sull'idea di non considerare tutto questo mondo come un problema bensì come una risorsa, non come una difficoltà da affrontare ma come un modo diverso di vedere la realtà. E' una questione di prospettiva che per me è fondamentale.
I provvedimenti e anche le risorse che la società destina alla rimozione delle barriere - direi più rimozione delle barriere culturali piuttosto che fisiche - e al sostegno di queste persone sono un investimento, il cui ritorno è un arricchimento dal punto di vista umano e culturale, soprattutto in termini di competenza relazionale e umana diffusa. Spiego meglio cosa intendo: questo mondo che necessita di un'attenzione enorme, che sviluppa ed esercita l'attenzione e la solidarietà, alla fine diffonde tra le persone delle competenze, cioè la capacità di stare insieme agli altri e la capacità di aiutare chi è in difficoltà.
La cultura dell'inclusione e dell'attenzione verso il più debole rafforza una comunità e, a mio avviso, dà la misura della sua stessa civiltà; la capacità di una società di prestare attenzione a chi è più indietro misura il suo stesso livello di civiltà.
Questo avviene perché, nel momento in cui ci riscattiamo dal calcolo quotidiano del do ut des, la logica si sposta sulla dimensione della gratuità, facciamo un salto di livello.
Lo dico a tutti quelli che oggi sono venuti: guardate che, spesso, in quest'Aula siamo portati a ragionare su delle logiche diverse. E' questo il motivo per cui sono sinceramente grato a chi è venuto oggi ad esporre i suoi problemi e le sue istanze.
Concludo, perché voglio essere breve, dicendo che il valore della giornata di oggi viene colto appieno, sì, ogni giorno, ma il suo valore deve esprimersi anche fuori.
E' stato detto bene: sarebbe bello che queste giornate non fossero più necessarie, ma sarebbe anche bello che tutti i giorni diventassero questa giornata e che la cultura dell'inclusione portasse ad un mondo di uguali nel quale ciascun ha risorse diverse, capacità diverse e possibilità diverse di portare un contributo alla nostra comunità e a questa nostra regione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Giaccone.
La parola a Ghiotto Vittorio, Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità (Fand Piemonte).



GHIOTTO Vittorio, Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità (Fand Piemonte)

Grazie, signor Presidente.
Sicuro di interpretare i sentimenti delle Associazioni aderenti alla Fand Piemonte, e spero anche delle altre benemerite Associazioni che si richiamano al mondo della disabilità, desidero ringraziare il Consiglio regionale del Piemonte per aver voluto solennizzare oggi la "Giornata internazionale delle persone con disabilità", dando voce ad un mondo di difficoltà, di disagio e spesso di sofferenza.
Mi trovo a parlare a nome della Fand Piemonte, Federazione che raggruppa e coordina i disabili appartenenti alle storiche Associazioni che, in virtù di specifiche norme legislative, esercitano funzioni di rappresentanza, assistenza e tutela degli interessi morali e materiali degli invalidi civili, degli invalidi del lavoro, degli invalidi per servizio, nonché dei sordi e dei ciechi. Un esercito di disabili che solo in Piemonte comprende 50 mila iscritti.
L'occasione mi porta poi a ricordare come la Regione Piemonte, con legge regionale 37/2000, abbia valorizzato il ruolo di rappresentanza delle associazioni aderenti alla Fand prevedendo, altresì, la partecipazione delle stesse negli organi consultivi presenti in seno agli Enti strumentali della Regione e deputati alla trattazione delle problematiche inerenti alla disabilità. Legge, per la verità, del tutto disattesa.
La solenne celebrazione odierna non rappresenta il giusto momento per riflettere circa le tante questioni che accompagnano la vita delle persone con disabilità e che, tuttora, attendono adeguata soluzione, dalla formazione professionale all'inserimento lavorativo, dall'assistenza sociale e sanitaria alla mobilità e fruibilità dei trasporti, dalla qualità della vita all'integrazione sociale. Tutti aspetti che concorrono a rendere più accettabile e dignitosa la vita di questa particolare categoria di cittadini.
Ritengo, allora, che sia appropriato dare atto alla Regione Piemonte di una particolare sensibilità nei confronti della sfortunata categoria, come testimoniato, oltre che dalla celebrazione odierna, dalle recenti iniziative poste in essere in occasione della manifestazione "Io lavoro" nonché dell'adattamento alle esigenze dei disabili della erigenda nuova sede della Regione.
Ho citato solo alcune positive esperienze recenti che ho vissuto in prima persona, ma a queste se ne potrebbero aggiungere molte altre, che testimoniano la vicinanza delle Istituzioni regionali alle persone con disabilità.
Accanto a questi sentimenti di riconoscenza e gratitudine, non posso fare a meno di sottolineare l'auspicio che, pur nel momento di difficoltà economiche che stiamo attraversando, la Regione Piemonte continui a farsi carico, in termini di supporto normativo, organizzativo, finanziario ed assistenziale, di una così consistente fascia della sua società, evitando di lasciarla ai margini di una vita dignitosa.
Grazie, illustri membri del Consiglio regionale del Piemonte, per quanto avete fatto, state facendo e farete per i nostri fratelli meno fortunati e così bisognosi della vostra attenzione.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Intanto, siamo noi a dover ringraziare voi.
Oggi abbiamo parlato di tante cose, e ne parleremo ancora in altri Consigli: trasporti pubblici, dignità, diritti, piena autonomia ed umanità.
Vorrei però rimanere su un tema che molti di voi hanno toccato: il diritto alla salute.
Come molti di noi sanno, tanti soggetti presenti in Aula hanno presentato un ricorso al TAR contro le delibere 25 e 26 del 2013 e contro la n. 5 del 2014, relative alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti.
Il 5 novembre in IV Commissione abbiamo intrapreso - e di questo ringrazio il Presidente Ravetti - un nuovo percorso, in cui le associazioni sono state audite in merito a questo tema. Da lì ci siamo presi carico di una delle cose che ci si chiede: il superamento di quelle delibere per restituire, alle persone non autosufficienti, o con grave disabilità invalidante, il diritto alle prestazioni socio-sanitarie che rientrano secondo noi, nei livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria.
Chi ancora non ha capito questa discussione, si chiederà perché. La spiegazione è che le delibere suddette, con l'illegittima classificazione degli interventi domiciliari di lunga assistenza e come extra LEA trasferiscono, di fatto, l'onere delle prestazioni comuni al settore dell'assistenza. Ciò significa che le prestazioni sono vincolate alla disponibilità delle risorse e quindi, una volta esaurite, cessa il sostegno alle cure.
Stiamo parlando di assegni di cura erogati in Piemonte in favore, più o meno, di 13 mila persone non autosufficienti. Sono un rimborso, spesso, per le spese vive dei familiari che, volontariamente, assumono il gravoso compito di occuparsi del proprio malato, in questo modo agevolando, tra l'altro, economicamente il Servizio Sanitario Regionale, a cui l'aiuto per le cure domiciliari costa molto meno che il mantenimento in strutture ospedaliere, come molti di voi hanno ricordato.
Grazie alla delibera n. 26, le prestazioni domiciliari potrebbero finire, ad un certo punto, per queste persone. Cito un dato che forse potrebbe interessarvi: il 1° gennaio 2015 solo a Torino sono 6.000 le famiglie che resterebbero senza contributo dell'ASL e 2.000 non avrebbero neanche diritto al contributo comunale in base all'ISEE.
Ecco, innanzitutto, di chi stiamo parlando? Principalmente di persone anziane, come è stato ricordato, che non sono più in grado di badare a se stesse, con demenza senile, malattie croniche o problemi psichiatrici. Si tratta di situazioni che ormai quasi tutte le famiglie conoscono, dato l'invecchiamento graduale della popolazione. Lo ricordavano alcuni prima.
L'Italia è il Paese con il più basso tasso di fecondità al mondo e con la percentuale più alta di anziani ultrasessantacinquenni, percentuale destinata a crescere, secondo le proiezioni demografiche.
Il Piemonte è una delle Regioni più colpite dal fenomeno: il numero di anziani ultrasessantacinquenni, a fine 2013, era di circa 935 mila (il 22 della popolazione). A fronte di ciò, i fattori che costringono circa l'8 degli ultra sessantacinquenni a vivere in condizione di indipendenza grave o a livelli intermedi di dipendenza sono un reddito scarso ed insufficiente; una situazione familiare e ambientale che genera isolamento uno stato psico-fisico che rende difficile una vita autonoma.
Pensate ad una famiglia con reddito medio-basso, magari con figli in età scolare e universitari: improvvisamente il papà o la mamma di uno dei coniugi viene colpito da ictus o comincia a mostrare segni di Alzheimer. E' chiaro che quella persona, in breve tempo, non sarà più in grado di badare a se stessa, spesso ha una conoscenza parziale di ciò che le sta capitando e soffre tantissimo.
Dopo il ricovero ospedaliero e il trasferimento in una RSA, una casa di cura riabilitativa convenzionata con l'ASL, i medici della struttura la dimettono.
Oggi ci siamo chiesti quali siano le alternative per quella famiglia.
Una struttura privata può costare anche qualche migliaia di euro al mese; una badante o un badante fissi altrettanto, se non di più. Ecco resta la presa in carico da parte della famiglia e non c'è bisogno che vi dica che si tratta di un lavoro di cura che, molto spesso, ricade sulle donne, oltre al costo comunque elevato del mantenimento delle cure che si sobbarcherebbe sempre la famiglia.
In realtà, c'è la sentenza n. 36 del 2013 della Corte Costituzionale in base alla quale gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone colpite da Alzheimer o da demenza senile hanno il diritto alle cure socio-sanitarie domiciliari, semiresidenziali e residenziali, ovvero al ricovero in RSA.
Prioritarie sono le prestazioni domiciliari, ma è bene sapere che queste persone non possono essere dimesse dalle strutture prima che le cure a domicilio siano state assicurate e organizzate dalle ASL.
Assessore Saitta, è l'ASL di residenza che deve prendersi carico del paziente, non la famiglia. Il problema è che in base alle leggi nazionali l'avete detto: è il Patto della salute - le cure domiciliari non sono ancora un diritto esigibile. In più, come si è detto, le deliberazioni che ho menzionato aggravano la situazione.
Allora è chiaro che il primo immediato intervento da assumere, come spero riusciremo a fare oggi e come dicevo prima citando il Presidente Ravetti, è superare quell'impianto deliberativo.
In fondo lo afferma anche un'altra sentenza del TAR: le esigenze di contenimento della spesa pubblica non possono andare in danno del diritto dei cittadini, costituzionalmente protetto, al godimento del già ricordato nucleo irriducibile della tutela della salute, coincidente, per quello che qui interessa, con la previsione dei LEA, dell'area di integrazione socio sanitaria.
Questo è il senso dell'atto che vorremmo che il Consiglio regionale approvasse oggi o, se non oggi, in una delle prossime sedute.
C'è da mettere mano al superamento delle deliberazioni sulle prestazioni socio-sanitarie domiciliari per le persone non autosufficienti e la scrittura di nuove linee di indirizzo da presentare in Aula all'inizio del prossimo anno.
Noi vorremmo che questo fosse il principio ispiratore di tante delle nostre politiche e le chiederei, Presidente, di iniziare a cambiare il verbo: se una questione ingombra il futuro, smettiamo solo di preoccuparci e occupiamocene. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Grimaldi.
La parola al signor Melis Sergio, rappresentante CISL.



MELIS Sergio, CISL

Grazie, Presidente.
Ringrazio anche tutti i Consiglieri e tutte le associazioni presenti.
Il mio sarà essenzialmente un indirizzo di saluto e alcuni piccoli elementi da portare alla discussione.
Lo faccio da un osservatorio particolare, che è la quello del mondo del lavoro, quindi la mia osservazione parte da lì, ma poi si estende in quello che la vita quotidiana, il percorso di ciascuno.
Lo faccio all'inizio ricordando una persona, Flavio Cocanari, dirigente sindacale, primo in Europa con la delega sulla disabilità, lui stesso disabile, mancato circa dieci anni fa. A lui abbiamo intitolato un premio e proprio domani questo premio verrà consegnato all'Unione italiana Ciechi di Cuneo, proprio perché questa associazione ha saputo creare condizioni e situazioni per giovani in difficoltà visiva (non tutti sono ciechi, alcuni sono ipovedenti), condizioni per un reale reinserimento anche lavorativo.
Quindi mi piace ricordare oggi il premio nazionale e, da piemontese ricordare anche quel qualcosa che si fa.
Nella nostra Regione, proprio per poter continuare a lavorare in questo senso, abbiamo bisogno di aprire un confronto per entrare nel merito. Nel merito delle singole voci, dei singoli aspetti, oggi molto ben dipanati da chi è intervenuto. E' necessario, nell'ottica della riqualificazione della spesa socio-sanitaria e assistenziale, rendere però esigibili quei diritti che sono scritti nero su bianco in tutta la nostra normativa.
Qui richiamo quello che è l'impegno più specifico nostro, come organizzazioni sindacali, un impegno che va proprio in questa apertura di confronto e alla partecipazione e alla elaborazione di politiche sociali e occupazionali nel territorio ai diversi livelli. C'è una vertenzialità territoriale che noi teniamo sotto controllo per la rivendicazione e l'assicurazione di servizi e di precisi standard di funzionamento. Di nuovo richiamo la parola "territorio", ma per territorio intendo non solo quello regionale in senso macro, ma anche il territorio rappresentato da ogni singolo e piccolo ambito.
C'è poi una vertenzialità interconfederale che attiene specificamente alla questione lavorativa, perché noi dobbiamo riuscire a valorizzare le risorse già presenti sia di territorio, sia di comparto, al fine di una nuova occupazione e anche al fine di una crescita professionale. Penso che un confronto in questo senso sia necessario. Il nostro impegno è ovviamente, sul fronte contrattuale per la tutela articolata e di servizio cercando punti di connessione interni ed esterni all'azienda per le persone in difficoltà.
Ritengo che noi dobbiamo riuscire a fare qualcosa di più per accogliere le persone non autosufficienti nelle loro case e nelle loro comunità locali, supportando i familiari, migliorando e potenziando quei servizi che esistono, soprattutto quelli domiciliari.
Dobbiamo far crescere l'occupazione delle persone con disabilità.
Questo è un tema importante, perché in momenti di difficoltà e di crisi economica come questa scendono i tassi di occupazione proprio di questa tipologia di persone. Inoltre, dobbiamo vigilare molto, perché le persone che si ammalano nei luoghi di lavoro, le persone che nei luoghi di lavoro si infortunano in maniera grave devono poter godere di tutte le tutele che meritano, a partire da quelle soluzioni ragionevoli che si possono trovare e che permettono il mantenimento del lavoro in modo dignitoso e possono anche sviluppare nuove professionalità e valorizzare quelle esistenti.
Infine, ritengo che noi dobbiamo superare la frammentazione che spesso ci coglie e anche l'autoreferenzialità. Dobbiamo giungere a strategie comuni e condivise tra Istituzioni, organizzazioni sindacali e mondo associativo.
Chiudo, per rimanere precisamente nei tempi, con un altro pensiero. Mi è capitato tre anni fa un incidente domestico che mi ha costretto in carrozzella per un mese. Ricordo quei momenti: c'è un'altra prospettiva spesso non incontri gli occhi se non di quelli che si stanno chiedendo che ti è successo. Spesso non incontri quegli occhi che magari ti servirebbero semplicemente per incontrare qualcuno.
Esistono tanti mondi paralleli e spesso non sono in comunicazione.
Penso che la giornata di oggi debba servire per mettere in comunicazione tutti questi mondi paralleli; c'è molto da fare e per questo buon lavoro a tutti.



PRESIDENTE

Grazie per il suo intervento.
La parola al Consigliere Monaco.



MONACO Alfredo

Grazie, Presidente.
Il mio intervento non sarà molto lungo, anzi cercherò di essere il più breve possibile per dare ancora spazio alle voci che abbiamo sentito oggi e che vorrei ringraziare tutte.
Oggi si è tenuto acceso un riflettore sul mondo della difficoltà in senso lato e, in particolare, in quello del mondo del diversamente abile o della disabilità.
Anziché ringraziare noi stessi, mi pare importante che il Consiglio debba ringraziare quel mondo che tutti i giorni tiene acceso questo riflettore in silenzio, laboriosamente, che con dignità mantiene le possibilità di fratelli, di amici, di persone di famiglia e di tutti coloro che nella nostra collettività hanno un momento di disagio, per cercare di sostenerli, farli uscire dall'ombra e avvicinarli ad una vita sociale il più possibile adeguata a quella di tutti.
C'è molto da fare, si sono sentite anche delle note critiche rispetto alle esigenze e alle difficoltà che si incontrano in carenza di risorse. A me piace pensare, ed è una riflessione che vorrei condividere con tutti i presenti, anche con chi ci sta ascoltando all'esterno, che l'attenzione alla difficoltà, al paziente, ai malati non è una legge di natura, un diritto di natura, ma una conquista delle società civili elevate intellettualmente e culturalmente, e quindi socialmente. In momenti di carenza di risorse emergono istinti meno nobili delle collettività, che sono quelli dell'egoismo e del lasciare immediatamente indietro chi è in difficoltà.
Questo è un momento nel quale penso che tutta la collettività piemontese, ma non solo piemontese - sono stati richiamati anche alcuni aspetti del Patto della salute - debba essere richiamata a non lasciare indietro nessuno, soprattutto nel momento del disagio, della sofferenza e della difficoltà. Che si chiami disabilità o che abbia un altro nome, tutti coloro che hanno delle difficoltà in ordine alla salute devono avere un'attenzione particolare.
Bisogna trovare quelle risorse per dare un segnale che la nostra civiltà non si "spegne" soltanto perché mancano delle risorse, ma deve mantenersi alta e mantenere un livello di attenzione sui nostri amici e fratelli che oggi sono in difficoltà.
Annuncio che potrebbero essere portate all'attenzione del Consiglio due proposte, che sembrano banali (almeno una delle due). Quella di creare, e qui non c'entra niente l'aspetto di salute, una sorta di banca dati delle ZTL piemontesi, perché i nostri amici con delle disabilità affrontano difficoltà anche quando devono fare una telefonata e devono presentare un ricorso al Prefetto. Credo che nei prossimi giorni porteremo all'attenzione del Consiglio questa proposta di legge, così come quella dell'adozione lavorativa dei disabili che, in altre aree del territorio nazionale, è stata elaborata con successo, anche se con mille difficoltà per la trasversalità degli elementi che vanno a coincidere e devono intervenire sul mondo della disabilità. E' allo studio un dispositivo che possa dare un ulteriore senso di attenzione e di vicinanza nei confronti degli amici che oggi sono in difficoltà.
Grazie, buon lavoro e manteniamo alto e acceso questo riflettore.



PRESIDENTE

La parola a Buffa Samuela, Associazione GGL Gruppo Genitori per il lavoro.



BUFFA Emanuela, Associazione Gruppo Genitori per il Lavoro

Buongiorno a tutti, io sono Emanuela Buffa, sono la coordinatrice del GGL (Gruppo Genitori per il diritto al lavoro delle persone con disabilità intellettiva) e faccio parte del CSA. Mio compito è cercare di tutelare il diritto al lavoro di queste persone e di portare all'attenzione di tutti particolarmente delle istituzioni, questo tema a cui nessuno sembra prestare attenzione.
Sappiamo bene che questo è un periodo brutto sul fronte dell'occupazione, ma non per questo vogliamo abbassare la guardia e non fare nulla, affinché anche il diritto al lavoro di queste persone venga tutelato. Ricordo anche che ogni persona con disabilità che lavora è una persona produttiva, paga le tasse e non grava sulle casse pubbliche.
Purtroppo, invece di fare passi avanti verso una piena integrazione anche lavorativa, si stanno facendo passi indietro e si stanno perdendo, a causa di politiche miopi e autolesionistiche, occasioni di lavoro che negli ultimi decenni hanno permesso a centinaia di persone deboli sul mercato del lavoro (e tra queste le persone con disabilità intellettiva o psichiatrica) di poter esser autonome, integrate nella società e non pesare sulle casse dello Stato.
Mi riferisco alle nuove regole dettate dalla spending review, e cioè la metodologia degli appalti centralizzati con il metodo CONSIP, che stanno gettando alle ortiche anni di buone prassi nella nostra regione, con cui molte Pubbliche Amministrazioni da anni, attraverso gli appalti per beni e servizi alle cooperative sociali di tipo B, avevano introdotto un sistema innovativo per permettere la partecipazione al lavoro anche dei più deboli come le persone con handicap intellettivo.
Ora, molti lavoratori che per anni hanno pulito i vostri uffici, le nostre scuole, i nostri ospedali stanno per essere licenziati o già lo sono stati dalle loro cooperative che, ovviamente, in mancanza di commesse non possono fare altro che gettare la spugna gettando nella disperazione centinaia di persone disabili che vedono compromesso il loro diritto ad avere una vita indipendente perché potevano fino a ieri contare su uno stipendio, ancorché misero.
Ricordo che sono persone che hanno una disabilità non così grave da poter contare su un assegno di pensione (peraltro assolutamente insufficiente per chiunque) e che senza un lavoro dovranno ritornare in famiglia (se ancora ce l'hanno) o vivere di sussidi pubblici. Non mi sembra che questo possa definirsi un risparmio per la collettività.
Io dico basta con le gare al massimo ribasso, che non sono certo sinonimo di trasparenza e di reali risparmi. Tutti sappiamo bene quanto la legge 68/99, che dovrebbe tutelare il diritto al lavoro delle persone disabili sia disattesa, soprattutto dalle Pubbliche Amministrazioni e dalle ASL in particolare. Chiedo quindi oggi a voi di fare qualcosa di concreto nella nostra regione, almeno per porre fine a questo scandalo del basso livello di occupazione a cui sono condannate le persone con disabilità soprattutto intellettiva, e per cui siamo sanzionati anche dagli organi internazionali.
Chiedo di trovare un modo attraverso direttive regionali affinch almeno per tutelare le persone disabili ed il loro diritto al lavoro, si facciano appalti con clausole sociali, anche se più costosi, e si permetta alla cooperazione sociale di tipo B di continuare a dare dignità alle persone attraverso il lavoro.
Certo però questa non deve essere l'unica soluzione: occorre continuare a garantire una formazione professionale adeguata a queste persone (che c'è da tanti anni e che quest'anno sembrava addirittura messa in discussione) fare politiche attive del lavoro utilizzando il fondo regionale disabili e quello nazionale e, soprattutto, cercare di inculcare in tutti una nuova cultura della disabilità che faccia finalmente capire che ci sono persone con disabilità perfettamente in grado di lavorare e che non sono e non vogliono essere un peso per nessuno, ma una risorse che sarebbe stupido non utilizzare.
Infine, mi associo anch'io alle richieste fatte negli interventi precedenti dal CSA sul diritto esigibile alle cure sanitarie senza limiti per i malati e agli interventi socio-assistenziali così come definiti dai LEA per anziani malati cronici non autosufficienti, malati psichiatrici e disabili gravi che non possono andare a lavorare. Grazie.



PRESIDENTE

Sono terminati gli interventi. Se qualcuno degli ospiti che non è intervenuto è interessato a farlo, ci sono ancora cinque minuti a disposizione.
Non essendoci richieste di intervento, la parola all'Assessore Ferrari.



FERRARI Augusto, Assessore alle politiche sociali

Grazie, Presidente.
Ho cercato di ascoltare con la massima attenzione il dibattito di questa mattina, nella consapevolezza che non è sufficiente dire che questa è un'occasione preziosa; e non possiamo limitarci un po' retoricamente a dire che questa è un'occasione importante, perché qui c'è stato molto di più.
Questa mattina, in quest'Aula che rappresenta il punto più alto della rappresentanza politica di questo territorio piemontese, abbiamo sentito la voce della vita vissuta quotidianamente dalle persone e dalle famiglie che hanno a che fare tutti i giorni con le fragilità. E allora, prima di tutto percepisco e vivo questa mattinata come un'opportunità per ridurre le distanze che troppo spesso percepiamo tra le istituzioni pubbliche e la vita reale e tra i riti, spesso un po' autoreferenziali, delle istituzioni pubbliche e la vita vissuta realmente nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie.
Avendo, per quanto riguarda le mie competenze, una responsabilità parziale di governo nell'ambito di questa Amministrazione, è evidente che non posso limitarmi a pronunciare parole di principio, ma diventa necessario cercare di capire che tipo di percorso noi possiamo intraprendere per tradurre con atti e con linee guida che abbiano un valore effettivo alcune problematiche che questa mattina sono emerse e sono state evocate. Per fare questo, però, credo sia indispensabile fotografare le questioni - o la questione - di fondo, attorno a cui noi siamo chiamati a lavorare: la questione essenziale e sostanziale, che sta alla base, poi delle nostre possibili decisioni politiche e programmatiche. E io traduco in questi termini - poi l'Assessore Saitta potrà aggiungere ulteriori elementi per quanto riguarda le politiche sanitarie - il tema di fondo: oggi, in questo momento, il nostro sistema di welfare piemontese dove si colloca e che fase sta attraversando? Noi, infatti, abbiamo costruito negli anni e nei decenni un sistema di welfare piemontese che ha indubbiamente, su molti punti, presentato delle insufficienze, esattamente come il sistema di welfare di tutto il Paese.
Penso al tema della lotta alla povertà, a quello del contrasto alle forme di impoverimento che si sono diffuse prevalentemente negli ultimi anni nella nostra Regione, nel nostro territorio, nelle nostre comunità rispetto alle quali il sistema di welfare è rimasto fermo ad una concezione statica del fenomeno della povertà.
Indubbiamente, però, nei decenni che abbiamo alle spalle abbiamo costruito ed abbiamo ereditato un sistema di welfare che ha un pilastro fondamentale e robusto: quello, appunto, dell'integrazione socio-sanitaria.
Questo è stato un pilastro forte, che nei decenni, attraverso una stratificazione di provvedimenti successivi, ha rappresentato per il nostro sistema una conquista importante dal punto di vista della civiltà di questa Regione. Parlo, appunto, dei diversi servizi dove sanità e sociale collaborano e condividono i costi di quei servizi stessi.
Certamente, questo pilastro robusto e fondamentale, che ancora oggi occupa il 65-67% della spesa sociale complessivamente intesa nella nostra Regione, oggi è sottoposto a forti stress e a forti criticità. Gli interventi hanno fatto emergere quali siano queste criticità e questi stress cui è sottoposto questo sistema che abbiamo costruito. Abbiamo evocato i vincoli pesanti della finanza pubblica; abbiamo messo in evidenza processi strutturali legati all'invecchiamento della popolazione che, se è un fenomeno positivo perché significa che si vive di più, porta con s nuove fragilità e nuove forme di bisogno; abbiamo constatato come negli ultimi anni la domanda sociale e di protezione sociale si è profondamente modificata rispetto ai servizi che abbiamo creato e che richiedono interventi nuovi e spesso innovativi, perché alcune domande che oggi sono presenti e che emergono in maniera molto forte i nostri servizi che abbiamo costruito storicamente non erano in grado di intercettarle; abbiamo visto in maniera clamorosa - e questo elemento rappresenta l'epifenomeno più evidente, da questo punto di vista - l'aumento delle liste d'attesa.
E quindi, proprio alla luce di questi elementi, noi siamo posti di fronte ad un paradosso: quei servizi, costruiti per ridurre le disuguaglianze e favorire l'inclusione, oggi rischiano di fotografare una situazione in cui gli esclusi aumentano, mentre chi è incluso rimane sostanzialmente tale. Quel sistema di welfare, allora, rischia di andare in una direzione esattamente opposta a quella per cui è stato pensato. Questo a mio avviso, è il problema politico di fondo, che chi governa ha il dovere di fotografare, rendendosene più consapevole, e di affrontare in termini strutturali nelle ipotesi di soluzione. Siamo di fronte, quindi, al rischio di una mutazione genetica del sistema di welfare, che da strumento per ridurre le disuguaglianze diventa uno strumento che le disuguaglianze le fotografa e le mantiene.
Allora, noi abbiamo operato in questi mesi su due livelli distinti, ma complementari l'uno all'altro. Ci sono stati degli interventi di natura più immediata, che avevano a che fare, soprattutto, con la messa a disposizione delle risorse regionali, messe a bilancio 2014, riferite prevalentemente ai servizi cosiddetti extra LEA (che proprio in questi giorni abbiamo cercato di sbloccare, per fare in modo che fossero immediatamente disponibili e che nell'ultimo dibattito in Consiglio regionale sull'assestamento abbiamo aumentato di circa un milione e mezzo, grazie anche ad un emendamento votato all'unanimità da quest'Aula). Abbiamo messo in campo i programmi operativi per ottenere la quota regionale del finanziamento nazionale sulle non autosufficienze e abbiamo fatto delle delibere sui criteri di riparto di tutto questo fondo per fare in modo che i servizi non venissero interrotti.
Abbiamo aderito, attraverso progetti concreti, nati dagli ambiti territoriali della nostra Regione, al "Progetto sperimentale sulla vita indipendente", che è proprio uno strumento fondamentale, sul piano nazionale, per favorire progetti di inclusione sociale e di attivazione delle persone che hanno disabilità.
La settimana scorsa ci è stato confermato, proprio a Roma, che questi progetti, proposti dagli ambiti territoriali, quindi dai consorzi socio assistenziali, che avranno un contributo ministeriale e un cofinanziamento da parte dei territori, sono stati tutti - ribadisco tutti - approvati.
Mi rendo conto che questi interventi di natura immediata non affrontano la questione strutturale che l'intervento della dottoressa Breda ha messo chiaramente in evidenza: non la risolvono, perché quel principio di fondo ha a che fare con la natura di queste prestazioni. Ma, nello stesso tempo noi sentivano la responsabilità di sbloccare, nell'immediato, tutti quegli strumenti che avevamo a disposizione affinché i servizi, e quindi i sostegni alle famiglie, non venissero, di punto in bianco, interrotti.
Per affrontare la questione di fondo che diversi interventi hanno messo in evidenza, noi abbiamo lanciato nei mesi scorsi l'idea del "Patto per il sociale", evocato prima dalla Consigliera Baricco - stiamo lavorando per dargli gambe, anche attraverso degli incontri distribuiti su tutto il territorio della Regione Piemonte, che avverranno tra gennaio e febbraio che vuole proprio essere uno strumento operativo, con un respiro triennale che consenta alle istituzioni complessivamente intese e ai diversi attori che sono presenti sul territorio di fare il punto, di definire quali sono gli obiettivi essenziali in questo momento per l'aggiornamento e la riforma del nostro sistema di welfare, e per concretizzare davvero un metodo partecipativo per definire gli obiettivi attraverso il concorso di tutte le competenze che sono presenti e diffuse su tutto il territorio.
Dentro questo Patto per il sociale noi avvertiamo, da una parte l'esigenza di affrontare in termici sistemici alcune questioni che sono rimaste residuali fino a questo momento. Ma, nel contempo, vogliamo creare lo spazio e gli strumenti per affrontare, in maniera altrettanto sistemica l'integrazione socio-sanitaria, che è - lo ribadisco - un tema chiave del sistema di welfare piemontese.
Nell'ambito della riqualificazione e del riorientamento della spesa sanitaria e della spesa regionale, noi riteniamo che si possano individuare gli spazi - prendiamoci il tempo che veniva indicato - per aprire una nuova stagione a livello piemontese dei servizi di integrazione socio-sanitaria che sappiano essere efficaci e non residuali, che sappiano corrispondere alla dignità delle persone e, allo stesso tempo, che sappiano rappresentare una nuova stagione perché sono in grado - questi servizi - di affrontare anche le nuove domande che negli ultimi anni sono emerse in maniera sempre più chiara ed evidente. Ma noi dovremo identificare anche un ambito territoriale, che diventi sempre più l'ambito ottimale degli interventi sanitari, socio-sanitari e sociali.
A nostro avviso, dovremo sempre di più identificare l'ambito del distretto come luogo vero della progettazione e della gestione dei servizi integrati per le persone che si trovano in una situazione di bisogno e di fragilità.
Da questo punto di vista, diventerà indispensabile produrre e promuovere dei cambiamenti organizzativi, a livello territoriale, anche degli stessi enti gestori delle politiche sociali, che devono guardare al distretto sempre di più come luogo in cui si possano progettare e gestire gli interventi integrati, in modo da avere, anche con le ASL, un rapporto molto più solito e più diretto per la gestione condivisa di alcuni interventi. Grazie.



MOTTA ANGELA



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Ferrari.
Ha chiesto la parola l'Assessore Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Innanzitutto un ringraziamento e un apprezzamento per questa iniziativa e per questo confronto, sicuramente utile per noi che dobbiamo assumere decisioni complesse in momenti come questi.
Ho trovato di grande interesse tutti i suggerimenti, i rilievi e anche le critiche che sono state svolte nei confronti della Regione Piemonte.
Ho solo trovato fuori luogo l'intervento dell'Associazione Nazionale delle Strutture private ANASTE, che mi pare non c'entrasse nulla con la nostra discussione, nel senso che avremo modo di discutere di questi temi che riguardano i privati, in altra sede (non mi pare che questo sia il momento opportuno).
Anche per ANASTE vale il principio che abbiamo stabilito per tutti i privati: i privati dovranno fare, evidentemente, quello che decideremo come Regione Piemonte. ANASTE farà valere i suoi diritti come sta facendo in altre sedi, ma mi pare che si debbano separare le questioni private con gli interessi di carattere sociale.
Venendo alle questioni che sono state prima richiamate, il collega Ferrari ha puntualmente precisato le modalità che intendiamo perseguire (alcune decisioni le abbiamo già assunte) per quanto riguarda l'integrazione tra assistenza e sanità, tra socio-sanitario e assistenza.
Ha dato delle indicazioni precise, che comporteranno anche delle scelte importanti.
Dopo questo lavoro che abbiamo compiuto e che ha suscitato tanti problemi (sarà oggetto anche di qualche modifica puntuale in merito alla rete ospedaliera), è chiaro che abbiamo di fronte l'altro grande obiettivo che intendiamo affrontare quanto prima: quello di preparare un Piano, com'è stato indicato dall'Assessore Ferrari per quanto riguarda la parte assistenziale (io mi riferisco al collegamento e soprattutto al Patto per la salute relativamente alla parte dell'assistenza territoriale).
Il lavoro che stiamo facendo mira alla qualificazione e al contenimento della spesa o, come è stato detto, all'eliminazione degli sprechi, per poter liberare risorse, che sono sicuramente importanti.
Le considerazioni svolte dall'Assessore Augusto Ferrari sono perfettamente condivisibili, per cui mi limiterò soltanto ad una valutazione di carattere generale.
È chiaro che lavoreremo per superare quelle delibere. Io ho già avuto modo di dirlo a molti di voi, anche alla dottoressa Breda, che immediatamente dopo la nostra elezione, è venuta a sottoporci questi temi.
Alla dottoressa Breda e a molti di voi ho ribadito che l'eliminazione di quella delibera, ma soprattutto quella decisione che era stata assunta dal Governo (in modo particolare dal Tavolo Massicci), cioè che le Regioni nel piano di rientro, non possano finanziare col Fondo sanitario extra LEA è un qualcosa che non ci piace, ma è la realtà. Il collega Pichetto lo sa perfettamente: non ci piace, ma è la realtà.
Noi non possiamo assumere decisioni diverse, perché allungherebbero i tempi per uscire dal piano di rientro. La questione è semplice.
Quando insisto nel dire che abbiamo l'obiettivo di uscire dal piano di rientro, è per avere quel grado di libertà che consenta, come succede in altre Regioni, di finanziare gli extra LEA col Fondo sanitario nazionale.
Il tema è questo.
Io so, e concordo perfettamente con chi oggi li ha richiamati, che ci sono dei diritti esigibili, e i LEA sono un diritto esigibile: sono perfettamente d'accordo. Tuttavia, siccome noi abbiamo il compito di amministrare questo Ente, di amministrare la regione e di tenere conto di alcuni vincoli, se non tenessimo conto di questi vincoli, non usciremmo più dal Piano di rientro e avremmo delle difficoltà in generale sul sistema sanitario, perché di fatto siamo quasi commissariati. Questo è il tema.
Il collega Ferrari ha indicato le modalità pratiche che ci hanno consentito di superare queste difficoltà con un sistema di finanziamento diverso rispetto a quello classico, ma in ogni caso i servizi, con tutti i limiti, riusciamo a garantirli. Di conseguenza, sono perfettamente d'accordo - com'è stato detto da qualche collega - al superamento di quelle delibere, lo dobbiamo fare in fretta e lo dobbiamo fare anche con una rivisitazione complessiva della legislazione che riguarda anche questo settore, nella logica che il collega poco fa richiamava del welfare.
Il nostro welfare è cresciuto in un momento di risorse notevoli e devo dire che, sotto questa definizione, vanno tante politiche: politiche importanti e politiche meno importanti. E' chiaro che le difficoltà di carattere economico, che non sono soltanto regionali ma anche nazionali impongono alla politica di assumere qualche scelta. Quel sistema di welfare che è stato creato negli anni passati oggi non è più sostenibile dal punto di vista economico, poi possiamo rimbalzare il tema dal livello regionale al livello nazionale e viceversa, ma sicuramente questo è il tema vero cioè quella modalità con la quale è stato organizzato il nostro stato sociale non è più finanziabile. Ecco il tema vero che abbiamo di fronte.
Ve lo dico non perché la nostra è una posizione di contrarietà a dare le risposte alle questioni che sono state sollevate ma, quando le risorse sono scarse, si impone per forza di cose dover compiere delle scelte e incominciare a individuare qualche priorità.
E' più importante, dal punto di vista prioritario, occuparsi dei più deboli? Certo. Noi abbiamo questa posizione, per cui le sollecitazioni che ci giungono in questo senso sfondano una porta aperta. Siamo su questa posizione, ma contemporaneamente stabilire delle priorità forse vorrà dire che alcuni interventi che potevano avere aspetti di carattere sociale magari oggi non ce l'hanno più e non sono più sopportabili. Il tema vero della politica oggi, per quanto riguarda questo tema, è stabilire le priorità e dire che cos'è attualmente lo stato sociale con le risorse che abbiamo a disposizione, e questo vuol dire sicuramente rivedere tutto.
Questa maggioranza e questa Giunta sono convinti che le questioni sociali sono importanti, sono al primo punto, per cui soffriamo anche quando ci sentiamo fare delle critiche perché di scarsa sensibilità. Non è assolutamente questo, anzi proviamo delle difficoltà quando siamo criticati di scarsa sensibilità, perché fa parte del nostro DNA come coalizione e come maggioranza.
Siamo alla ricerca di modalità per garantire i servizi, cosa che abbiamo fatto con le decisioni assunte dal collega ai servizi sociali Ferrari, ma contemporaneamente credo che sia doveroso da parte di tutti soprattutto da parte chi ha un ruolo non soltanto politico ma anche dal punto di vista sociale, incominciare a fare questa riflessione più ampia.
Altrimenti, se questa scelta non sarà compiuta, ci sarà una riduzione, come avviene normalmente nei momenti di crisi: una riduzione, un decremento per tutto. E quando c'è un decremento per tutto, vuol dire che probabilmente chi ne ha più bisogno è quello svantaggiato. Questo è il tema.
La nostra determinazione per quanto riguarda la parte sanitaria, al di là delle opinioni che possiamo avere all'interno del Consiglio, sta nel fatto che ci sono circa 300 milioni di risorse che noi definiamo "sprechi" confrontandoci con altre Regioni e altri ce ne sono, ma sicuramente abbiamo tutti l'esigenza di aumentare il livello della qualità della spesa.
La qualità della spesa è fondamentale: serve per liberare risorse e per occuparci di quelli che hanno più bisogno.
Quindi io, nel ringraziarvi, volevo soltanto dire che siamo impegnati al superamento di quelle delibere; siamo impegnati anche in una rivisitazione delle priorità e, dal punto di vista politico, siamo convinti che bisogna fare anche una battaglia a livello nazionale dal punto di vista dello stato sociale, perché i LEA sono un diritto esigibile.
Noi ci impegneremo in questo senso nei confronti del Governo, ma devo dire che se anche i parlamentari di questa regione ci sostenessero in questo senso attraverso questa iniziativa, evidentemente saremmo tutti quanti aiutati. Grazie a tutti voi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.
Ringrazio tutti i gentili ospiti che sono intervenuti e gli ospiti che pazientemente ci hanno ascoltato. Ringrazio i Consiglieri e ringrazio gli interventi conclusivi da parte della Giunta.
Il Consiglio è terminato. Buona giornata a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.56)



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