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Dettaglio seduta n.313 del 24/04/18 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



(La seduta ha inizio alle ore 10.03)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Richieste di modifica dell'o.d.g.


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Chiedo se vi siano proposte di modifica.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ravetti; ne ha facoltà.



RAVETTI Domenico

Grazie, Presidente.
Abbiamo appena depositato una mozione, primo firmatario Appiano, il cui tema è il sostegno alle amministrazioni comunali, precisamente "Contributi ai Comuni per interventi di messa in sicurezza degli edifici e del territorio di cui alla legge n. 205/2017".



PRESIDENTE

Se non ci sono problemi, se ne chiede l'iscrizione all'o.d.g.



(L'Assemblea, tacitamente, acconsente all'iscrizione all'o.d.g.)



PRESIDENTE

Va bene.
La parola al Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Non c'è l'Assessora Pentenero; le chiederei di aggiornarci sulla vicenda di Cameri, che negli scorsi giorni è apparsa su tutti i giornali nazionali perché due terzi dei dipendenti, dopo l'accordo più volte osannato per l'arrivo di 900 dipendenti, proprio per la costruzione, nel comune piemontese, degli F-35, quindi, il 70-80% dei dipendenti ancora oggi sono precari e rischiano di uscire di scena da questa vicenda.
Chiederei all'Assessora, appena possibile, le comunicazioni, e se l'Assessorato al lavoro è impegnata nel tavolo delle trattative con l'azienda.



PRESIDENTE

Grazie, collega Grimaldi.
Chiediamo alla Giunta quando è disponibile a riferire in Aula.
L'o.d.g. è approvato, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento interno del Consiglio regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali delle sedute del 17 e del 18 aprile 2018.


Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Barazzotto, Chiamparino, Conticelli, Ferraris e Pentenero.
Non è presente l'Assessore Saitta.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i processi verbali del 10 aprile 2018.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BOETI


Argomento: Caccia

Proseguimento esame disegno di legge n. 182, inerente a "Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria in Piemonte"


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame del disegno di legge n. 182, inerente a "Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria in Piemonte", di cui al punto 4) all'o.d.g.
Nella seduta antimeridiana del 1° febbraio 2018 è iniziato l'esame del disegno di legge n. 182. I Consiglieri Bertola e Vignale hanno svolto la relazione di minoranza e il Consigliere Grimaldi ha svolto la relazione di maggioranza.
Possiamo cominciare la discussione generale.
La parola al Consigliere Mighetti.



MIGHETTI Paolo

Grazie, Presidente.
Scusi, Presidente, ma ricordavo che ci fossero già state delle prenotazioni d'intervento e ricordavo anche di aver preso degli appunti, che non trovo cercherò comunque di ricordare quello che avevo pensato durante l'introduzione di questo disegno di legge.
Vorrei dire, prima di tutto, che questo disegno di legge nasce da un vuoto legislativo, ma anche sotto la cupola di una legge nazionale, che noi riteniamo tremendamente indietro con i tempi: una legge nazionale datata 1992 in cui, da una parte, il mondo venatorio e, dall'alta, proprio la fauna selvatica presente nella nostra Penisola erano altra cosa rispetto a oggi.
Se ci fosse un po' di silenzio, magari anche soltanto un'idea.



PRESIDENTE

Ha ragione, Consigliere Mighetti.
Invito i Consiglieri a consentire al Consigliere Mighetti di fare il suo intervento.
Prego, Consigliere.



MIGHETTI Paolo

Grazie, Presidente.
Dicevo che nel 1992 la situazione era tremendamente diversa perché, da un lato c'era un mondo della caccia molto diverso, molti cacciatori in più rispetto a oggi, dall'altra, c'era una fauna selvatica anch'essa molto diversa; inoltre, quantità di terreni disponibili per la proliferazione della fauna selvatica minori, superficie agricola utilizzata maggiore.
In quell'epoca si pensava addirittura che un organismo di diritto privato potesse occuparsi della gestione del mondo faunistico, ma via via non ci si è ricordati che, invece di una gestione di un cosiddetto "sport", si faceva una gestione ambientale, una gestione della fauna, una gestione del territorio.
Ebbene, ancora oggi, quindi nel 2018, abbiamo Ambiti Territoriali di Caccia che sono organismi di diritto privato che fanno quello che dovrebbe fare lo Stato, perché il governo del territorio è questione che attiene appunto alle prerogative dell'ente pubblico e della Regione in maniera precipua.
Per questo motivo, mi sentirei di dire che qualunque proposta di legge regionale partirebbe già con il piede sbagliato, anche perché la legge nazionale stabilisce alcuni criteri imprescindibili che dobbiamo seguire.
Tra questi c'è la centralità degli ambiti territoriali di caccia come unità di governo della gestione faunistico-venatoria sul territorio.
Questo che cosa ha generato negli anni? Ha generato delle anomalie, perch il potere dell'organo amministrativo statale è fortemente limitato da questi organismi. È limitato il potere della Regione, è limitato il potere delle Province, ancor di più con la legge Delrio, così come le dotazioni delle Province stesse.
Oggi ci troviamo con una situazione a macchia di leopardo. Infatti, dove gli Ambiti Territoriali di Caccia sono stati amministrati con una certa cura da chi è stato eletto vi è una situazione abbastanza governabile.
Invece, dove questi Ambiti Territoriali di Caccia, per mancanza di una sensibilità da parte dei propri amministratori, non hanno avuto quella responsabilità e quella sensibilità amministrativa sperata ci sono problemi seri di gestione della fauna selvatica. Sono problemi seri che derivano dal fatto che alcune specie cacciabili vengono reintrodotte ogni anno in maniera pressoché completa e cacciate durante il corso della stagione venatoria, quindi c'è un'immissione ed estinzione di alcune specie nello stesso anno; dall'altra, abbiamo specie, ad esempio gli ungulati, che la fanno da padroni e creano disagi fortissimi non solo dal punto di vista dei danni all'agricoltura, ma anche alla circolazione stradale. Questi danni stanno crescendo a dismisura e gli Ambiti Territoriali di Caccia non sono in grado di governare questa situazione. Anche la Provincia non è in grado di governare questa situazione e la Regione men che meno.
Da questo punto di vista, il fatto che questa Giunta regionale abbia governato il Piemonte per quasi quattro anni con il supporto di un Governo nazionale dello stesso colore ci fa riflettere molto sul fatto che se si voleva veramente agire sui problemi legati, da una parte, alla caccia e dall'altra parte, alla gestione di specie che creano problemi sul territorio, si poteva fare qualcosa a livello statale e fare sì che lo Stato avesse i poteri per intervenire allorquando ce ne fosse bisogno senza lasciare a Enti di diritto privato una parte non banale del governo del territorio.
In tutta questa situazione chi è lasciato solo è chi vive negli angoli marginali del nostro territorio, che sono abitati ancora da poche persone ma, per costituzione, con gli stessi diritti di chi abita in un centro cittadino più o meno popoloso. Si vedono lesi i propri diritti di circolare per le strade senza essere messi in pericolo e di fare attività di impresa nelle aree marginali, attività di impresa agricola che è fortemente soggetta a fenomeni di danneggiamento da parte della fauna selvatica.
Nelle ultime riunioni fatte in Provincia di Alessandria è proprio emerso il malessere dell'agricoltura, che nei primi due anni di questa legislatura io ho vissuto come grido d'aiuto verso i cacciatori, come elemento salvifico per l'agricoltura. Io ero già molto scettico su questo elemento, difatti in questi anni il grido salvifico verso i cacciatori è stato un grido diverso.
È stato un grido quasi d'accusa verso il mondo della caccia e il mondo venatorio. Gli agricoltori non credono più che il mondo della caccia possa risolvere il problema dei danni all'agricoltura e ne sono perfettamente convinto anch'io, come anche il mio Gruppo consiliare.
Pensiamo che il disegno di legge abbia questo vizio fondamentale di partenza, pensiamo che non risolverà i problemi dei danni all'agricoltura e pensiamo che ci dovesse essere un impegno più forte della Regione Piemonte per far sì che la legge statale fosse cambiata. Siamo pressoché certi che nel prossimo futuro, viste queste mancanze, i danni all'agricoltura continueranno a esserci e gli agricoltori continueranno a patire questi danni.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Mighetti.
Ha chiesto la parola la Consigliera Frediani; ne ha facoltà.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Mi spiace che su un tema come questo il dibattito stenti un po' a partire e adesso ho sollecitato il collega Vignale che temo non sia proprio in linea con quello che dirò, perché su questo tema siamo un po' agli antipodi, ma servirà ad alimentare il dibattito.
Ovviamente non sono un tecnico, non sono un esperto di agricoltura come il collega Mighetti e l'apporto che posso portare in un dibattito come questo è l'apporto di una persona che è totalmente contraria alla pratica della caccia e che spera in un'abolizione totale di questa pratica, cosa che purtroppo sappiamo non essere praticabile. Quindi, ci siamo limitati, e dico un "limitati" virgolettato, perché la nostra attività emendativa sarà piuttosto intensa per cercare di migliorare il più possibile questo testo.
Non possiamo sperare in un'abolizione della pratica, però possiamo sperare di mettere ulteriori vincoli e paletti rispetto a quello che il testo prevede.
In particolare, il tema che ci sta a cuore è quello relativo alla pratica della caccia nelle giornate festive, soprattutto la domenica, perché non ci sembra giusto che coloro che decidono di praticare quello che stento a definire uno sport possano mettere in pericolo vite altrui.
Crediamo sia un qualcosa di dovuto a tutti i cittadini piemontesi, perch parliamo di una legge regionale, però dovrebbe essere un qualcosa di dovuto a livello più universale poter frequentare la montagna e gli ambienti naturali senza rischiare di essere impallinati dai cacciatori. Poich normalmente, le giornate dedicate alle escursioni, alle gite e alle scampagnate sono le giornate festive, e la domenica in particolare, sarebbe un importante segnale di attenzione e di civiltà vietare la pratica della caccia la domenica.
Questo sarà il principale oggetto della nostra attività emendativa.
Tra l'altro, è uscito poco tempo fa un articolo su una testata online che ricorda che le vittime della caccia quest'anno, su tutto il territorio nazionale, sono state 114. La domanda che si pone il giornalista è se si è chiusa la stagione venatoria o la guerra. Effettivamente è una domanda che è lecito porsi, dal momento che la caccia è forse l'unico sport in cui si utilizzano armi e si mette a rischio la propria vita.
Vorrei citare, sempre approfittando di quest' articolo uscito qualche tempo fa, qualche titolo di giornale. Sono titoli reali riassunti in quest' articolo che possono far sorridere, ma ricordiamoci che, molto spesso vittime della caccia sono anche ragazzi, minorenni che prendono un'arma in mano e accompagnano i genitori, piuttosto che i nonni (tra l'altro, è una pratica che sempre più interessa generazioni di anziani; non sono tanti per fortuna, i giovani che si dedicano alla caccia).
Queste persone, quindi, si portano dietro questi minorenni dando loro un'arma in mano - e noi tolleriamo questa cosa - e capita a volte che siano loro le prime vittime di incidenti di caccia.
Vi leggo qualche titolo: "Si mimetizza troppo bene, l'amico lo scambia per un cinghiale e gli spara addosso"; ancora, "Cacciatore di 39 anni muore colpito accidentalmente dall'amico durante una battuta di caccia"; ancora peggio, "Ucciso da una fucilata mentre cerca castagne", "Va in campagna a fare jogging, un cacciatore lo colpisce in pieno volto" e, ancora "Quattordicenne ucciso da un colpo di fucile da caccia del padre".
Ora voi ditemi se non possiamo sentirci un po' complici di tutto questo permettendo ai cacciatori di girare per i boschi e di convivere con una popolazione che, invece, vorrebbe godersi in tranquillità e in pace questi posti, magari giusto raccogliendo castagni o semplicemente passeggiando. Si rischia di incappare in un cacciatore che magari vi scambia per un cinghiale e vi spara.
Oltre a ciò sappiamo che, molto spesso, la pratica della caccia si avvicina pericolosamente alle case, quindi immaginate.



PRESIDENTE

Per cortesia, prima che la Consigliera Frediani mi chieda di poter parlare vi invito a consentirle di farlo.
Prego, Consigliera Frediani.



FREDIANI Francesca

Grazie.
Immaginate quale timore possono avere gli abitanti di case che si trovano al confine con i boschi, con i prati, o comunque in zone in cui la caccia è permessa, che rischiano di trovarsi pallottole che girano vicino al giardino di casa, dove magari ci sono i loro figli, i loro bambini che giocano.
Il fatto di poter praticare sul nostro territorio uno sport che consente l'utilizzo di armi, credo sia una questione già grave di per sé. Ripeto, io sono per l'abolizione totale, ma mi rendo conto che ci troviamo, tra l'altro, a combattere contro un mondo che ha anche un sostegno sia politico sia economico molto forte. Abbiamo ricevuto tutti l'avviso di una - non so quanto imponente - manifestazione che si svolgerà nei prossimi giorni a Torino, una manifestazione dei cacciatori, quindi sicuramente un tema molto sentito, molto dibattuto e molto controverso.
Quello che stiamo discutendo per noi è già una mediazione, però, rispetto a questo e alla possibilità di garantire l'incolumità delle persone che vivono l'ambiente naturale con amore e con rispetto, è nostro dovere tutelarle e impedire che si verifichino incidenti che spesso vedono vittime giovani, ragazzi e cittadini che semplicemente chiedono di poter passeggiare in tranquillità nei boschi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Allemano.



ALLEMANO Paolo

Grazie, Presidente.
Sono contento che un tema così importante approdi alla discussione in Aula.
Sarà un test, ma siamo in grado di affrontarlo, perché non possiamo certamente dire che non ci competa o che il problema vada spostato su altri tavoli.
È da troppi anni che non si affronta o lo si nasconde. Innumerevoli ricorsi al TAR spostano il problema, ma certamente non lo risolvono. Se c'è un tema divisivo è la caccia e quindi, se c'è un luogo dove questa divisione tra schieramenti opposti può trovare una sintesi, è la politica. Se non lo fa la politica, non lo farà nessuno, né il legislatore nazionale né i Giudici del TAR.
Certamente il nostro compito è all'interno di un quadro legislativo nazionale, ma se rinunciamo a percorrere lo spazio che ci compete, non saranno altri a risolvere i nostri problemi.
Appurato che il tema è ineludibile e va affrontato hic et nunc, l'approccio favorevole o contrario è sbagliato. A nulla rileva, in questa sede, cosa penso io della caccia; ma "io", in quanto legislatore, in quanto politico regionale, devo affrontare un problema e, quindi, entrare nella possibile mediazione tra portatori di interessi opposti.
Quello che io penso, il mio approccio, non è rilevante, perché afferisce a un'altra sfera, quella personale, e non a quella politica. Così come ritengo che i toni allarmistici siano da evitare. Si è appena richiamato il rischio intrinseco all'attività venatoria, lo vediamo, ma voglio solo ricordare che sicuramente fa più vittime la neve. Gli incidenti sulle piste da sci o legati allo sci alpinismo sono in drammatica accelerazione, ma nessuno pensa di chiudere gli impianti da sci. Pertanto, mi sembra evidente che caratterizzare troppo gli aspetti legati alla pericolosità di questa pratica non sia un approccio serio, perché non c'è attività umana che non si accompagni a un rischio, anche quella che sosteniamo con risorse importanti della Regione.
Dunque, se il tema è politico (e sono convinto lo sia), evidentemente la politica deve tentare una mediazione, a prescindere dal "io penso, io dico", oppure caratterizzando gli aspetti critici.
Concludo richiamando quelle che sono, secondo me, le dimensioni alla base di quest'attività umana. Una è una dimensione antropologica: noi non possiamo pensare che la caccia sia un problema che si affronta così, solo nella dimensione del "qui e ora"; ha un aspetto ancestrale, tant'è che si dice che l'uomo non riesce mai a trovare nulla, perché è portato alla mira mentre la donna, che è una raccoglitrice, trova le cose che normalmente smarriamo. Quindi, insomma, parliamo chiaramente di basi genetiche remote risalenti all'homo sapiens, ma è un fatto che la caccia è connaturale alla specie umana.
Sentivo dire, nelle relazioni, che non è un'attività ludica: io penso lo sia; non sarà mai la mia attività ludica, ma se in America cinque milioni di cittadini fanno parte della National Rifle Association, quindi vanno a sparare con i bambini, la domenica, significa che è anche un'attività ludica. Ripeto: non sarà mai la mia; io sono felice di vivere in un Paese ancorché difficilmente governabile, dove le principali associazioni si chiamano Club Alpino Italiano o Donatori Sangue o Protezione Civile, però è un fatto che la più grande associazione del tempo libero in America è la National Rifle Association, cioè di chi spara per divertimento. Non possiamo non riconoscere questa dimensione, ed è la seconda.
La terza dimensione è ambientale: la caccia ha a che fare con l'ambiente ci azzecca al cento per cento, sia per i danni da fauna selvatica sia perché chi va a caccia percorre un ambiente impervio, montano, sia perch incrocia le attività umane, agricole. Dunque, noi, quando ci occupiamo di caccia, ci occupiamo di ambiente. E poi, c'è la dimensione economica legata all'indotto della caccia, legata al fatto che impatta su tutta una serie di attività anche private: ci possono non piacere, le possiamo non frequentare, ma non possiamo negare che esistono le aziende faunistiche.
Allora, se queste sono le dimensioni del fenomeno caccia (antropologica ludica, ambientale, economica), se la caccia in questa sede è un problema di mediazione politica, io credo che dobbiamo accettare la sfida della complessità, cercare un'alleanza win-win, dove l'ambiente, i cacciatori, i non cacciatori, i cittadini, possano trovare da un'attività normata una mediazione che accontenti tutti e soprattutto, al di là del "io penso, io dico, io vorrei questo, io vorrei quell'altro", dare la priorità alla governance e alla pianificazione di un fenomeno tanto complesso quanto intrinsecamente legato alla storia dell'uomo.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Io non ritengo che stiamo assistendo a una discussione, come sosteneva il collega Allemano, in cui la maggioranza e il Movimento 5 Stelle hanno voluto tenere una posizione terza. Credo che, con la discussione di questo disegno di legge, per motivi che non voglio neanche esperire, non so se sia in parte ignoranza, in parte aver affidato a chi non conosce il mondo della gestione venatoria la stesura, ma soprattutto la correzione della legge sta di fatto che - se il disegno di legge viene approvato così come l'ha licenziato la Commissione - non vi sarà nessuna Regione d'Italia che avrà le limitazioni, anche in violazione alla legge 157 (la legge dello Stato) che ha il Piemonte. Già oggi, nessuna Regione italiana ha una limitazione relativa al calendario venatorio come la regione Piemonte.
Credo sia doveroso inquadrare questo disegno di legge rispetto a ciò di cui stiamo discutendo e a ciò di cui le norme nazionali prevedono. In realtà si va a caccia non con la legge della Regione Piemonte, tant'è che questa Regione ha un solo comma di una legge finanziaria, da cinque anni a questa parte. Non si è interrotta l'attività venatoria e non si è interrotta per un motivo banale: perché l'articolo 40 della legge finanziaria del 2012 dice una cosa semplice, e cioè che si caccia ai sensi della legge 157 del 1992, cioè la legge dello Stato. Quella è l'unica norma ed è la norma che prevede quali sono i periodi (cosa sconosciuta a molti), qual è il carniere, quali sono le modalità di sicurezza rispetto a persone che ovviamente, imbracciando un'arma, devono garantire una sicurezza, qual è la sicurezza nei confronti delle colture agricole.
Io consiglierei ai molti colleghi che si sono dilettati a scrivere una cattiva legge, di leggere la norma dello Stato (la 157), perché sancisce doveri, ma sancisce anche diritti. Cioè - piaccia o non piaccia l'attività venatoria, anche come fenomeno di gestione faunistica all'interno del nostro Stato e delle nostre Regioni, è in capo allo Stato.
Cosa prevede la legge dello Stato? Prevede che le Regioni, poiché la nostra è una penisola lunga, con fauna differente, con situazioni ambientali profondamente differenti (pensate alla differenza che esiste fra l'arco alpino e la Pianura Padana), ha affidato alle Regioni la possibilità di emanare leggi che, in qualche modo, stando nei confini della legge 157 definiscano qual è la modalità e anche il tipo di caccia presenti all'interno delle singole regioni.
In realtà, la discussione che stiamo facendo nasce da una discussione avvenuta in Commissione su tre proposte di legge: il disegno di legge della Giunta, che oggi stiamo dibattendo; la proposta di legge n. 32, che vede come primo firmatario il sottoscritto e altri colleghi del centrodestra; il disegno di legge n. 192 del Movimento 5 Stelle. Parto dall'ultimo perché è semplice.
Il collega Mighetti diceva: "Ci sono realtà in cui il mondo agricolo (non soltanto il mondo agricolo, ma anche parti del Piemonte rurale più dimenticato) vive con una profonda difficoltà i danni che la fauna provoca". È corretto. Rammento che il collega Mighetti ha sottoscritto una proposta di legge che prevede che si possano cacciare all'interno della nostra regione tre specie: due assolutamente non dannose, ovvero il fagiano e la lepre, specie stanziali presenti nella nostra regione; la terza, il cinghiale. Per quanti giorni alla settimana? Due. Per quanti capi l'anno? Tre.
In sostanza, se la legge n. 192 dovesse essere applicata, significherebbe che, al di fuori delle attività di controllo - e poi, se avrò tempo parleremo anche di questo - ogni cacciatore piemontese che svolge l'attività di caccia al cinghiale (solo una percentuale di cacciatori piemontesi lo fa) avrebbe la possibilità di abbattere tre cinghiali l'anno.
Non per voi o per chi ci ascolta, ma per chi non ha mai approcciato neanche lontanamente il tema del controllo dell'attività venatoria, vi pare uno strumento utile? La risposta evidentemente è no. È una risposta retorica ma è per far comprendere.
Sempre una proposta di emendamento (emendamento n. 24) dei colleghi del Movimento 5 Stelle dice che bisogna dotare il territorio regionale di strutture atte alla protezione e al potenziamento qualitativo e quantitativo delle specie faunistiche selvatiche. È evidente che uno quando prende una posizione pregiudiziale, può scrivere tutto, ma è altrettanto evidente che non si può, in una gestione territoriale degna o che abbia un minimo criterio di scientificità, prevedere che vi sia un potenziamento quantitativo e qualitativo di tutte le specie, perché non gestisce il territorio poiché ovviamente le specie predatrici o le specie con una maggiore aggressività faranno in modo di aumentare il loro numero per ridurre il numero delle specie più deboli.
Cosa dice invece la legge del centrosinistra? La legge del centrosinistra parte con un pregiudizio inserito nelle finalità - i colleghi e anche chi ci ascolta sanno che le finalità non hanno valore normativo cogente all'articolo 1, comma 1, quindi nell'apertura, nell'inquadramento della legge. La legge licenziata dalla III Commissione (la legge Ferrero Chiamparino, nel senso che l'ha votata tutta la Giunta regionale) introduce un principio che è singolare, cioè dice che la Regione Piemonte deve salvaguardare gli interessi e l'attività della popolazione che possono essere compromessi dall'esercizio venatorio.
Ora, questo è assolutamente evidente, nel senso che servano regole e norme per tutelare i cittadini dalla compresenza di persone armate da persone non armate è sacrosanto, ma se uno avesse letto trenta secondi quanto dispone la legge n. 157 rispetto alle distanze, al fucile in custodia, al fucile scarico e quant'altro, saprebbe che ci sono così tanti interventi di tutela che dire in questa parte della legge che la Regione deve difendere il resto dalla cittadinanza dai cacciatori non è altro che un pregiudizio.
Allora, si può iniziare la discussione di una legge in questo modo? E arrivo all'altro punto, perché in questo momento sto terminando il tempo a mia disposizione, ma avrò modo di intervenire successivamente presentando emendamenti di merito.
La legge dello Stato definisce - lo dico ai colleghi - tre tipologie di specie (in ordine di tutela): le specie particolarmente protette, le specie non cacciabili e le specie cacciabili. Dà mandato alle Regioni di individuare, fra le specie cacciabili, quelle da inserire in calendario e quelle da non inserire in calendario. Che cosa fa la Regione Piemonte unica Regione in Italia? Unica perché le altre 20 (perché il Trentino e l'Alto Adige hanno due legislazioni differenti) fanno in modo diverso.
All'articolo 2, comma 5, la Regione Piemonte introduce 15 specie non cacciabili. Io lo segnalo perché si esprimerà la Corte costituzionale; ho avuto modo di segnalarlo in Commissione e lo segnalo anche in questo momento al Presidente del Consiglio e all'Ufficio legislativo del Consiglio: questa è una legge incostituzionale, noi stiamo mettendo in discussione una legge incostituzionale.
Abbiamo assolutamente titolarità di mettere in discussione una legge incostituzionale, ma sappiamo che stiamo facendo questo. Perché? Perché le specie sono definite dalla legge dello Stato, che demanda alle Regioni l'introduzione delle specie con un calendario venatorio. Perché? Perché è un atto amministrativo e, in quanto tale, è un atto amministrativo ricorribile da parte di qualunque cittadino.
Il Presidente mi darà ancora un minuto per concludere. Che cosa è avvenuto in questa Regione? Nel 2014, l'Assessore Ferrero decide di non inserire la pernice bianca e la lepre variabile all'interno del calendario venatorio.
Le associazioni venatorie ricorrono contro l'Assessore alla caccia (anche questo un unicum nel panorama nazionale, ma ognuno fa come crede), vincono e quindi l'Assessore Ferrero e la Giunta regionale sono obbligati a modificare il calendario venatorio su indicazione del TAR. Cosa fa allora la maggioranza su un disegno di legge presentato dall'Assessore Ferrero? Trasforma quella sentenza, diventa vincitore di quella sentenza con legge.
È un po' come se io e il collega Boeti fossimo in causa rispetto a una legge regionale e io soccombo perché perdo davanti al collega Boeti che mi fa causa. Essendo però io un legislatore regionale e lui no - ipotizziamo che non lo sia - mi cambio la legge per cui ho perso e in quel modo divento vincitore. Leggetevi cosa dice la sentenza del TAR rispetto all'abuso di potere della Regione Piemonte rispetto a questo aspetto. È evidente: se ho perso, ho perso. Non posso modificare una legge su cui si è espresso il TAR. Attenzione, lo stiamo facendo di nuovo e lo faremo nuovamente anche rispetto all'articolo 2. Non è una questione di essere pro o contro la caccia.
Sono a favore di un'attività che è legale, sancita da un diritto costituzionale e da una legge dello Stato, ed è una tradizione di questa Nazione che svolge chi la vuole svolgere. Io vado in montagna, faccio l'alpinista meno di una volta, ma anche fare l'alpinista causa, purtroppo dei decessi, ma non c'è nessun obbligo ad andare in montagna, a svolgere un'attività pericolosa, fare canyoning o fare mille altre cose.
Uno le svolge nel rispetto delle norme. Non ci può essere nessun Consiglio regionale che, rispetto a passioni, tradizioni e quant'altro metta un freno ideologico. Non si può fare!


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio regionale ai membri della delegazione dello stato del Texas (USA), la senatrice Jane Nelson e il Sindaco di Duncanville, David Green


PRESIDENTE

Saluto il Sindaco e la delegazione dei cittadini di Duncanville, cittadina texana nei pressi di Dallas, in visita a Palazzo Lascaris, in occasione del 20° anniversario del gemellaggio tra il Comune di Monasterolo .di Savigliano (CN) e la città di Ducanville


Argomento: Caccia

Proseguimento esame disegno di legge n. 182, inerente a "Tutela della fauna e gestione funistico-venatoria in Piemonte" (seguito)


PRESIDENTE

Ritorniamo all'esame del disegno di legge n. 182.
La parola al Consigliere Campo.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
Intanto risponderei a una banale frase sul "non si può fare" con "si pu fare". Anzi, va fatto.
Nel riparto delle competenze avvenuto con la modifica del 2001 alla Costituzione, all'articolo 117, la caccia, non essendo stata riservata la competenza statale, è di competenza delle Regioni. Lo Stato è intervenuto con la sua normativa in quanto titolare della competenza sulla tutela dell'ambiente e sulla valorizzazione del paesaggio. Smettiamola con le "fregnacce" sulla costituzionalità e parliamo di cose serie.
Si possono avere impostazioni e opinioni diverse sulla caccia, ma la titolarità di una Regione di normare sul tema caccia è sancito anche dalla legge n. 157. La legge n. 157, nella sua parte iniziale, recita : "Le Regioni a Statuto ordinario provvedono a emanare norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica, in conformità alla presente legge e alle convenzioni internazionale direttive comunitarie". In più, le Regioni a Statuto speciale hanno ancora una maggiore autonomia in merito.
Anche nella legge n. 157 viene specificato: "L'esercizio dell'attività venatoria è consentito, purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole".
Vorrei affrontare il tema proprio dal punto di vista di quello che riguarda la conservazione della fauna selvatica. La legge n. 157, tra l'altro, è una legge del 1992. Vorrei che qualcuno mi dicesse se dal 1992 a oggi l'antropizzazione del nostro territorio (Piemonte, ma dell'Italia tutta) sia diminuita, sia stata contenuta, ci siano misure più forti di tutela del territorio. Oppure non sia, invece, aumentata, non abbia consumato ulteriormente territorio agricolo, ma anche territorio che era considerato libero e, sostanzialmente, disponibile per la vita della fauna selvatica e non abbia ulteriormente danneggiato l'ambiente in mille modi diversi: dal dissesto idrogeologico per la dissennata proliferazione delle strutture edili e viarie, spesso con progetti del tutto fantasiosi e magari abbandonati anche a metà, all'inquinamento progressivo di ogni forma e ogni parte del nostro ambiente, dell'aria, delle acque, dei terreni.
Vorrei capire oggi qual è l'elemento debole nel cosiddetto equilibrio che dovrebbe esserci in un qualsiasi contesto ambientale, se lo è la fauna selvatica o l'uomo. Vorrei ricordare anche una strana dicotomia. Noi, ad esempio, ci preoccupiamo moltissimo del benessere animale. Per alcune specie che ci fanno comodo, abbiamo addirittura sancito il loro diritto a una vita sana e immune dal dolore, dalle ferite, dall'ansia e dalla preoccupazione. Se volete, vi ricordo i cinque principi del benessere animale.
Mi chiedo quanto questo sia coerente con le sparatorie, che sono delle vere e proprie sparatorie, che si verificano quando comincia la stagione di caccia. Essendo un frequentatore delle nostre vallate e delle nostre montagne, in alcune aree, quando comincia la caccia, sembra di essere veramente al fronte.
Mi chiedo quanto questo sia compatibile con il benessere di quelle specie che vivono "libere". Libere, ma confinate in un ambiente sempre più esiguo e sempre più circoscritto dall'interferenza umana. Ricordo che mentre fino all'inizio del secolo scorso, fino agli anni Trenta, tutto sommato l'antropizzazione delle cosiddette aree selvagge era legata principalmente a un'esigenza di coltivazione, di gestione forestale e di produzione del legno, oppure di sottrazione di boschi e aree selvagge per uso agricolo.
Mi viene in mente proprio il Sestriere, che negli anni Trenta è stato il primo esempio di trasformazione pesante di un'area "selvaggia" in un'area che, a scopi ricreativi - perché parliamo sempre di scopi ricreativi vuole offrire in un'area naturale le comodità dei centri urbani. Capite che anche questa è una pesante distorsione, un altro pesante intervento nel contesto cosiddetto libero, per farcelo godere. Tutto è visto sempre da un punto di vista antropocentrico.
Ricordatevi che il regionalismo del 2001 introdusse l'importante concetto della differenziazione delle competenze che permettesse alle Regioni di differenziare le proprie norme, in relazione alle specifiche esigenze del proprio territorio, ma anche in relazione a una capacità di innovazione delle politiche.
In uno Stato centrale, l'innovazione è molto difficile, è sclerotica, le norme si applicano ovunque uguali e il cambiamento può venire solo dal centro. In uno Stato non federale, perché, non siamo ridicoli, non parliamo di federalismo in Italia, però diciamo con un certo regionalismo come l'Italia, è possibile provare strade diverse in territori diversi.
Ebbene, il Piemonte ha l'opportunità - l'ha già avuta, però grazie al Governo di centrodestra l'abbiamo buttata via nella scorsa legislatura - di puntare a una diversa modalità di valorizzare l'ambiente, di tutelare l'ambiente, la fauna, l'ecosistema e la biodiversità, ed è quella di considerarci "pastori" di quella che la nostra fauna selvatica; dobbiamo garantire alla nostra fauna selvatica delle caratteristiche che garantiscano il più possibile di condizioni di vita serena, con possibilità di sviluppo. Il che non vuol dire non fare interventi faunistici, non fare controlli sulle popolazioni, perché è evidente che in un sistema fortemente antropizzato gli squilibri ci saranno sempre, dal momento che siamo noi a introdurli ogni volta che costruiamo una strada, ogni volta che facciamo un impianto sciistico, ogni volta che facciamo un intervento pesante sul territorio o anche quando non riusciamo a garantire la tutela degli incendi boschivi, com'è avvenuto l'anno scorso.
È evidente che allora dobbiamo dotarci di norme che considerano in modo diverso la nostra fauna, che la considerano parte di un equilibrio fondamentale, che non è disponibile a scopo ricreativo. Dobbiamo smetterla con questa storia, che per "ricreazione" io sparo a qualcosa. Poi, citare gli americani che per "ricreazione" si sparano anche fra loro, mi sembra per certi versi un po' eccessivo.



(Commenti fuori microfono)



CAMPO Mauro

Oh, va beh.



PRESIDENTE

Restiamo in Italia, che ne abbiamo già abbastanza.



CAMPO Mauro

Qualcun altro li ha citati, io direi che non sono propriamente l'esempio virtuoso di gestione del problema delle armi a livello individuale, ma andiamo oltre.
La questione di fondo è che l'equilibrio, l'ambiente, l'ecosistema possono essere fruiti a scopo ricreativo, nella maniera meno intrusiva possibile proprio perché ne abbiamo sempre di meno, perché sono sistemi dedicati che devono essere affrontati nella conservazione, nella tutela, nello sviluppo ma anche eventualmente nella limitazione se si verifichino squilibri, da personale competente.
Chi lo fa per "ricreazione" - mi dispiace - dal mio punto di vista compie un atto spiacevole, un atto scorretto, una cosa che non farebbe al proprio cane! Io al mio cane mica gli sparo! Se sta male, chiamo il veterinario e lo facciamo morire cercando di farlo soffrire il meno possibile. Facciamo la stessa cosa per le nostre vacche, i suini, eccetera, cercando di garantirgli il migliore ambiente in cui vivere. La stessa cosa la dobbiamo fare per la fauna selvatica e la stessa cosa dobbiamo farla anche per l'ecosistema vegetale.
Continuo a dire che parlare di fauna selvatica e parlare di caccia vuol dire, in questo caso, se stiamo alla legge n. 157, parlare solo di mammiferi e volatili, ma noi abbiamo problemi con tutta - tutta - la popolazione degli animali sul nostro territorio: abbiamo un impoverimento progressivo a tutti i livelli.
Dal nostro punto di vista, il nostro intervento su questa normativa, al di là di una posizione che può essere anche non condivisa, è però di puntare molto di più a trasformare la gestione della fauna in un'attenta cura del nostro ecosistema, in una valorizzazione che passa anche dal favorire la conoscenza dell'ecosistema e dalla necessità di interagirvi non in maniera violenta, a cominciare dal discorso sulla caccia, per arrivare al discorso dell'urbanizzazione e del consumo di territorio.



PRESIDENTE

Grazie, collega Campo.
La parola alla Consigliera Accossato.



ACCOSSATO Silvana

Grazie, Presidente.
Sento l'esigenza di fare un intervento in Aula sul disegno di legge n. 182 dopo aver partecipato per lunghi mesi, forse più di lunghi mesi, alla discussione in Commissione sul testo.
Credo che il testo che arriva in quest'Aula sia una buona soluzione, sia il frutto di un confronto, laddove è stato possibile, ovviamente, con i soggetti interessati; qualcuno forse più soddisfatto e qualcun altro invece, meno e continua anche a esplicitare con missive il suo disappunto ma questo sta anche nel gioco democratico; noi accettiamo anche queste sollecitazioni quando non sono offensive e - dicevo - un confronto anche all'interno della Commissione stessa tra i Consiglieri.
Voglio partire ribadendo la necessità, per questo Consiglio, e anche il dovere morale e istituzionale di legiferare. La Regione Piemonte non ha una legge sulla caccia dopo la l'abolizione tout court con la legge finanziaria del 2012 (credo, io non ero in questo Consiglio) della legge n. 70 un'operazione "furbesca" fatta per evitare un referendum, un'operazione di cui la politica non dovrebbe vantarsi. Quindi non basta dire che, comunque c'è la legge nazionale - vivaddio, meno male, per fortuna! - altrimenti saremmo stati assolutamente in una situazione di deregolamentazione, ma appunto è una situazione che impone la responsabilità istituzionale di svolgere quelle funzioni e quelle competenze che la legge nazionale assegna alle Regioni. Le assegna specificamente, come veniva già citato prima forse, dal collega Campo, all'articolo 1 della legge 157 del 1992, al comma 2, che dice che le Regioni hanno una funzione in questo senso. Ci va quindi un governo, una normativa regionale che declini sul nostro territorio nelle nostre specificità, peraltro insomma una Regione con oltre il 50 per cento di territorio montano, con alcune particolarità che necessitano questo nostro sforzo.
Un'altra questione è che il riferimento all'interno del quale noi operiamo è la legge n. 157, perché questo è il punto di riferimento, io credo. Anche qui, forse mi distinguo da altri colleghi ancora sulla validità della legge n. 157, perché fu a suo tempo una legge innovativa, anche se i suoi 26 anni si sentono, però probabilmente non ci sono, a livello nazionale, le condizioni per metterci mano. Spesso è così: le leggi innovative si fa fatica ad aggiornarle perché si rischia di "buttare via anche il bambino con l'acqua sporca", cioè ciò che è invecchiato, ma si rischia anche di perdere in un nuovo confronto i principi fondanti.
Per me i principi fondanti della legge n. 157 sono quelli che la fauna è patrimonio indisponibile dello Stato e che una legge che si occupa di regolamentare l'attività della caccia è innanzitutto una legge che tutela la fauna e l'ambiente e tiene conto di tutte le componenti animali, ma anche del ruolo dell'uomo, nelle relazioni che sono in corso.
La legge n. 157, secondo me, non è un rimando fuori luogo, parlando del DDL 182. La legge n. 157 ha fatto anche un'altra grande scommessa che è quella della gestione partecipata, forse frutto anche un po' del dibattito di quegli anni, cioè che a occuparsi della gestione dell'attività faunistica fossero gli ATC e i CA in una gestione partecipata con l'intervento di tutti i soggetti coinvolti, quindi i cacciatori, ma anche delle associazioni ambientaliste, degli agricoltori (gli agricoltori hanno un ruolo fondamentale, perché mettono a disposizione molto spesso i loro coltivi, mettono a disposizione la loro fatica e la loro attività nei confronti del mondo venatorio) e degli Enti locali.
Credo che si possa dire che questa scommessa non è stata vinta del tutto anzi ha avuto, ahimè, degli abusi, ha visto degli abusi da parte di alcuni soggetti e ha visto dei tentativi di occupare tutti gli spazi da parte della componente venatoria, anche con dei giochi un po' sottili, non voglio usare parole forti, ma con qualche gioco e qualche éscamotage che ha fatto in modo che la partecipazione condivisa e allargata fosse messa in discussione.
Con il disegno di legge n. 182 proviamo a entrare nel merito di questa vicenda. Credo sia importante - l'Assessore l'ha proposto e l'abbiamo rimodulato in Commissione - assumerci questa responsabilità, che credo stia all'interno delle competenze che la legge n. 157 ci dà, ma provare anche a fare in modo che quella partecipazione collegiale sia praticata e non sia resa inutile e vanificata da piccoli éscamotage.
Questi sono, secondo me, pilastri ancora validi della legge nazionale che abbiamo provato a declinare a livello locale, quindi ritengo che il nostro intervento sull'indicazione puntuale delle specie non cacciabili sia un intervento compatibile con la normativa nazionale e con le potestà che la Regione ha.
Aggiungo poche cose. L'impianto che si è riusciti a dare a questo disegno di legge è quello di una legge che affronta la questione, che prova a tenere insieme gli interessi diversificati - certamente quelli degli agricoltori, cui facevo riferimento prima, che hanno bisogno di avere norme certe per tutelare i loro coltivi e le loro produzioni - e a mettere a disposizione di chi ama la pratica della caccia la possibilità di farlo con norme certe, nei tempi prestabiliti dalla legge. Tutto questo all'interno del concetto originario, cioè che ciò che prelevano è patrimonio indisponibile dello Stato, quindi evitando una commercializzazione e anche degenerazioni di tipo commerciale di una pratica il cui scopo non è questo perché se si vuole fare commercio, si alleva. L'uomo nella sua evoluzione è passato dall'esperienza di cacciatore nomade a quella di agricoltore e allevatore, così oggi, se si vuole fare questo, dobbiamo tenere conto che abbiamo ormai raggiunto quello stadio di evoluzione e non quello di cacciatori.
Io non sono contraria alla caccia a priori, ma ho molti dubbi sul fatto che possa avere un'azione regolatrice della situazione faunistica e anche di controllo delle specie in eccesso. Dubito un po' su questa funzione regolatrice, ma credo anche che, essendo una pratica consentita da una legge dello Stato, la Regione Piemonte debba legiferare in questo senso e il DDL n. 182 lo fa.
Voglio solo citare ancora due questioni che abbiamo posto nuovamente al Consiglio, ma che sono già state oggetto di dibattito in Commissione e che abbiamo riposte come Consiglieri e come forza politica con degli emendamenti.
Il primo riguarda l'allargamento delle specie di cui viene vietata la caccia, quindi con l'estensione all'alzavola, alla ghiandaia, alla gallinella d'acqua, al fagiano di monte e alla coturnice; poi ne parleremo con l'emendamento.
L'altro, e a questo dedico i pochi secondi che mi rimangono, riguarda il tema della domenica. Non è pretestuoso, non è il volere limitare una potestà e non è nemmeno il banalizzare la questione della sicurezza, per l'articolo 18 della legge n. 157 dà una possibilità, perché dice che non si caccia per più di tre giorni, che non si caccia il martedì e il venerdì, ma dice anche che le Regioni possono consentire la libera scelta al cacciatore negli altri giorni; quindi, in quel "possono" ci sta anche che le Regioni possano consentire la libera scelta all'interno di un ulteriore vincolo.
Alcuni Consiglieri pensano che si possa fare e vedremo se, nell'arco della discussione, riusciremo a trovare una convergenza su questo tema.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Segretario Bertola in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Ovviamente era intervenuto nelle relazioni, essendo uno dei relatori di minoranza di questo provvedimento, ma ritengo utile intervenire in discussione generale, specie dal momento in cui è passato un po' di tempo quindi forse è meglio riassumere alcuni aspetti principali riguardanti la discussione.
Si arriva all'esame in Aula con tre provvedimenti: un disegno di legge della maggioranza, che è quello che per ovvi motivi andiamo adesso a votare e a considerare; poi due proposte di legge delle opposizioni, una del Movimento 5 Stelle, a mia prima firma, e una del centrodestra, a prima firma del Consigliere Vignale.
Per semplificare la questione a chi non è un tecnico e ci segue da casa sua, possiamo dire che il disegno di legge della Giunta è un po' a metà tra le due proposte che sono agli antipodi, una fortemente filo-venatoria del centrodestra ed una atta a limitare il più possibile l'attività venatoria che è quella del Movimento 5 Stelle. In mezzo c'è il disegno di legge della Giunta regionale, che secondo noi non sta proprio a metà, è molto più vicina alle istanze del mondo venatorio, ma che per alcuni aspetti riesce a scontentare tutti.
La nostra proposta di legge parte dalla visione di abrogare la caccia. Non lo possiamo fare, dal punto di vista regionale, poiché quella, al limite, è una competenza nazionale, ma noi, ricordando che abbiamo un vuoto normativo, poiché la Giunta Cota, per non fare esprimere i cittadini e affinché non avesse luogo un referendum che aveva già la data fissata, ha abrogato la vecchia legge regionale, creando un vuoto normativo, nel cercare di dare una legge sull'attività venatoria alla nostra Regione abbiamo recepito anche quei quesiti referendari, quindi assumendo, come principio, che il referendum era stato fatto, anche se non è stato così, e che magari era anche stato vinto da parte dei proponenti.
Una proposta di legge che abbiamo preparato in forte collaborazione con le associazioni ambientaliste, che va a limitare il più possibile l'attività venatoria.
Riassumo un paio di principi fondamentali: la caccia solo il mercoledì e il sabato; solo tre specie cacciabili: la lepre, il fagiano e il cinghiale.
Ovviamente la nostra proposta non è stata approvata in Commissione, poich è stato approvato il disegno di legge della Giunta, com'era ovvio che fosse, con alcune modifiche, alcune anche proposte da noi, che sono andate a migliorare un po' il testo.
Per noi, il testo leggermente migliorato in alcune cose, se non altro in una piccola parte, recependo non tanto una richiesta delle opposizioni e non tanto solo una nostra richiesta (anche parzialmente), ma addirittura una sentenza della Corte Costituzionale, è un qualcosa in meno che un punto di partenza. Non è nemmeno un punto di partenza.
È ovvio che sulle questioni principali c'è ancora molto da lavorare.
Qual è la situazione oggi? Abbiamo un'attività venatoria che è invisa a gran parte della popolazione, che scende, secondo le statistiche, per numero di praticanti, ma che vuole ancora fortemente rivendicare una supremazia sul territorio.
Si è parlato degli agricoltori. Anche loro stanno capendo che la caccia è dannosa, perché oltre ad avere qualcuno che può entrare sul tuo fondo, sul tuo terreno con un fucile, con un'arma, si sono anche resi conto che il proliferare di specie - certo, noi non le chiamiamo dannose - che interferiscono con le attività umane (perché l'animale non nasce come dannoso, ma è un animale con le sue caratteristiche, come noi siamo altri animali con altre caratteristiche: sicuramente l'animale più dannoso e più pericoloso è l'uomo, però noi non lo vogliamo ovviamente cacciare, vorremmo limitare i danni) crea danni.
In realtà, sono state favorite dal mondo venatorio.
Il loro proliferare è stato generato dal mondo venatorio. Lo dicono i numeri, non lo dice Movimento 5 Stelle o un'associazione ambientalista piuttosto che qualcun altro. Lo dicono i numeri, basta guardare i numeri relativi non tanto alla presenza di alcune specie, ma alla quantità di capi cacciabili: se 15, 20 o 25 anni fa c'erano pochi capi cacciabili, era perché c'erano pochi numeri. Se andiamo a vedere quanti cinghiali si potevano cacciare in un anno, sono quelli che adesso si possono cacciare in un giorno. Come mai? È chiaro, il mondo venatorio ha voluto l'introduzione massiccia di queste specie che poi, ovviamente, hanno proliferato.
Sappiano gli agricoltori - in parte già lo sanno - che se oggi ci sono diversi animali che danneggiano le loro colture, è stato per il sollazzo e il divertimento di qualcuno, e per l'interesse economico di qualcun altro.
Qualcuno dice che è una posizione ideologica, ma non ho nessun problema a riconoscerlo. Qualcuno è più animalista, ma io, ad esempio, ho già problemi con il fatto che qualcuno pensi di andare in giro con un fucile. Ho fatto una scelta non violenta anni fa: per me è inaccettabile che qualcuno vada in giro per i boschi con un fucile se non è militare o un appartenente alle forze dell'ordine..
Io già non accetto quello, chi vuole sparare per me deve andare al poligono.
Il pericolo, certo. La caccia è pericolosa anche per gli altri, non solo per chi la pratica, ma anche per gli altri.
Si è detto che anche l'alpinismo è pericoloso. Certo, la montagna è pericolosa, molto pericolosa, però spesse volte chi incorre in incidenti si fa del male, involontariamente, a sé stesso, non va a sparare agli altri sempre involontariamente. Qui, invece, vediamo che è dannoso per altre persone.
Qualcuno rivendica la propria libertà di andare in giro con un fucile. Va bene, ma qualcun altro rivendica la propria libertà di poter andare in giro per i boschi la domenica senza rischiare una pallottola. È un diritto anche questo? Secondo me sì. Quale dei due prevale? Forse, prevale il diritto all'incolumità.
Allora, tra tutte le rivendicazioni e le proposte che abbiamo sul numero delle specie cacciabili - e qui si sono viste anche delle convergenze in Commissione su alcune specie, come su quelle della tipica fauna alpina piuttosto che su alcune specie di anatidi - c'è anche questa questione sulla quale abbiamo visto, per fortuna - e ci rallegriamo - una maggioranza spaccata in Commissione. Ci rallegriamo quando la maggioranza si spacca (questo piace a tutti i componenti dell'opposizione); ci rallegriamo ancora di più quando si spacca su un tema del genere, poiché in Commissione era caduto il numero legale prima di votare un articolo riguardante il divieto di caccia la domenica.
Io voglio proporre fortemente questo tema all'Aula. L'Assessore sa che questo disegno di legge non lo facciamo passare così: basta vedere il numero degli emendamenti finora presentati. La discussione sarà lunga. Noi poniamo questo problema: poiché è emersa anche da parte della maggioranza la volontà di andare incontro ai cittadini piemontesi, vietando almeno la caccia la domenica (almeno questo), noi chiediamo questo (potrebbe essere un buon punto di partenza, sul quale più forze possono convergere): vietare la caccia la domenica, almeno.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOTTA



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Bertola.
La parola al Vicepresidente Graglia in qualità di Consigliere.



GRAGLIA Franco

Grazie, Presidente.
Mi sembra opportuno intervenire su quest'importante tema, in questo dibattito, pur non essendo un cacciatore. Sappiamo tutti che la questione della caccia è un argomento politicamente molto controverso, in quanto coinvolge interessi contrapposti tra chi ha questa legittima passione e chi subisce danni agricoli ingenti e chi, ad esempio, vuole limitare l'accessibilità dei cacciatori ai propri terreni. È una questione di polemiche tra opposte posizioni ideologiche.
Il punto centrale, secondo noi, è che il provvedimento che la Commissione ha licenziato è viziato, sotto molti profili, dalla pregiudiziale ideologica anticaccia delle forze di maggioranza. Hanno presentato una proposta che giunge a indicare normative di dubbia legittimità: non lo diciamo noi, ma la relazione dell'Ufficio legislativo, che - citando una specifica recente sentenza del TAR, che ha impugnato avanti alla Corte Costituzionale alcune norme della legge regionale vigente - mette nero su bianco che, ad esempio, il quinto comma dell'articolo 2 del disegno di legge potrebbe motivare analogo provvedimento.
Il Consiglio è un organo legislativo, vincolato a procedere nel rispetto dei necessari presupposti di legittimità. Non a caso, è stato previsto l'Ufficio legislativo, che ha - appunto - il compito di evitare che vengano adottate norme incostituzionali o lesive dei diritti tutelati. Dovrebbe essere scontata una riconsiderazione di tale previsione, che rischia di esporre la Regione ai costi e ai rischi di un'ulteriore impugnativa, che verrebbe affrontata in una situazione di grande difficoltà, perché i ricorrenti addurranno proprio questa relazione come dimostrazione non solo dell'incostituzionalità della norma in questione, ma anche della scorrettezza istituzionale di un Consiglio che, pur formalmente avvertito ignora un giudizio tecnico.
Noi partiamo dal presupposto che l'attività venatoria è legittima, prevista dall'ordinamento nazionale, condivisa, sia pure da una parte forse minoritaria dei nostri concittadini, ma non per questo non meritevole di essere considerata nei propri diritti. Partendo da questi presupposti avevamo presentato una serie di proposte finalizzate a creare sinergie e integrazioni tra la realtà agricola e i cacciatori, ai fini del presidio del territorio. Una proposta che, purtroppo, è stata stravolta in senso fortemente limitativo, ma si dovrebbe dire punitivo, dell'attività venatoria, sino a conseguire effetti contrari agli obiettivi nostri dichiarati. È il caso della soppressione della legge 9/2000, che limiterà gli interventi di prevenzione dei danni provocati dai cinghiali, ma vi sono anche altri profili di merito che sono degni di censura. In primo luogo, la mancata previsione di Commissioni a livello anche provinciale, che consentano la partecipazione diretta dei rappresentanti dei cacciatori alle scelte gestionali relative a tale attività, oppure i poteri assolutamente discrezionali che su materie essenziali, a partire dal calendario venatorio, vengono attribuiti alla Giunta. E non abbiamo dubbi che saranno utilizzati in coerenza con il pregiudizio ideologico - ma si dovrebbe dire politico - che connota l'impianto normativo del disegno di legge in questione.
Io arrivo da una provincia molto agricola e ogni giorno gli agricoltori subiscono gravi danni alle loro coltivazioni; agricoltori che, tra l'altro sono quasi tutti cacciatori. Dobbiamo tutelarli, in qualche modo soprattutto in questo momento di crisi.
Per questo motivo, non possiamo votare la legge, perché secondo noi è lesiva dei diritti e delle esigenze della parte dei nostri concittadini che praticano la caccia, ma prima ancora perché è di dubbia legittimità, come confermato dal parere dei competenti Uffici.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Monaco; ne ha facoltà.



MONACO Alfredo

Grazie, Presidente.
Oggi arriviamo alla discussione generale di una legge che tutela la fauna e gestisce il patrimonio faunistico-venatorio dello Stato, in ambito territoriale della Regione Piemonte. Perché voglio presentare con particolare enfasi il titolo? Perché ho sentito che, ovviamente, è un tema fortemente divisivo.
Voglio ricordare la storia di questa legge. La legge nasce dalla necessità di un vuoto normativo - attenzione - regionale, perché in questi anni si è potuta svolgere un'attività venatoria, di controllo della fauna e di gestione del territorio dove insiste questo patrimonio e bene dello Stato perché per fortuna esiste una legge dello Stato. Diciamo che, per "viltade", fu fatta questa scelta che ha imposto a questo Consiglio regionale di lavorare per moltissimi mesi su un testo frutto di grandissima mediazione.
Ho sentito anche battute del tipo che forse accontenta nessuno, quindi forse è una buona legge! È vero che ci sono posizioni diametralmente opposte fra loro sulla concezione culturale, ma, nonostante i lunghi mesi addirittura gli anni, di lavoro che è stato svolto su quest'argomento, mi sembra che, ancora oggi, ci siano delle cose incomprese rispetto alle attività di cui stiamo andando a regolamentare, nell'ambito del recinto della legge nazionale, svolgendo il nostro compito, cercando di applicarla il più possibile recependo le varie sensibilità sui nostri territori.
Ebbene, io credo che, per l'attività venatoria, la politica deve avere una particolare attenzione, al di là di una serie di aspetti quali l'essere pro o contro, che personalmente non mi interessano per il ruolo principalmente sociale, il ruolo ambientalista e il ruolo economico di questa attività.
Sociale perché, in un'epoca in cui moltissime sono le condizioni di isolamento e di difficoltà dell'uomo nello stare insieme e nel comunicare con altri, soprattutto quando non si è più giovanissimi (non è irrilevante ricordare che il mondo dell'attività venatoria registra fra i suoi partecipanti un'età media molto alta, ci sono relativamente pochi giovani che si avvicinano a tale attività), l'attività faunistico-venatoria e quindi la gestione di quest' attività è importante perché rappresenta un elemento socializzante molto forte. Queste persone, infatti, si riuniscono più volte l'anno e stanno insieme per parlare delle loro cose indipendentemente dall'attività strettamente correlata al tema di questa legge; stanno insieme e riescono a mettere insieme su questo tema nei loro momenti di socializzazione anche le generazioni più giovani, quindi riescono a tenere insieme le famiglie e le persone. Credo che questo sia un ruolo verso il quale il politico non deve essere distratto e pensare che sia irrilevante perché, mentre tutti pensano che la comunicazione sia sulla piazza virtuale, queste sono persone che hanno ancora il piacere di stare insieme e, se possibile, intorno a un tavolo e quindi essere conviviali.
Ambientalista. Il ruolo ambientalista è importante, perché qui sembra che ci siano i tutori dell'ambiente e gli altri, fra cui ovviamente i cacciatori che sono i devastatori dell'ambiente. È esattamente il contrario: chi vive in aree di montagna o in aree rupestri saprà benissimo che in genere il cittadino che va a fare la passeggiata (più volte invocata in quest'Aula nei periodi delle passeggiate) non è proprio ben tollerato in quelle aree, perché ci va con l'atteggiamento di chi sta facendo la passeggiata in Via Roma e quindi poco rispettoso di ciò che lo circonda, o almeno in questo modo è vissuto dalla gente di montagna e dalla gente di campagna per quello che vede dopo il passaggio di questi passeggiatori domenicali, che non hanno alcuna idea di cosa sia l'ambiente e pensano che portandosi a fare la passeggiata come se fossero in Via Roma, stanno allo stesso tempo tutelando l'ambiente.
Poi ci sono quelli che immaginano un ambiente che sia capace di autoregolamentarsi: ho il massimo rispetto di tutte queste associazioni, ma vorrei ricordare loro che probabilmente questo potrebbe essere vero se non ci fosse l'uomo, primo elemento che altera tutto il sistema.
L'antropizzazione altera tutto il sistema naturale, perché l'uomo dove va ci mette mano e fa quello di cui ha bisogno per le sue esigenze di vita adottando dei comportamenti che in qualche maniera incidono su tutto il resto. Quindi diventa necessario e obbligatorio fare qualcosa per ricondurre l'intervento umano: così come altera quella regolamentazione naturale, deve essere necessariamente invitato a mettere poi mano per riportare tutto in equilibrio.
Non è il caso di ricordare - ma forse è il caso di farlo - che se noi lasciassimo degli ambienti in mano allo sviluppo naturale, una serie di animali non avrebbero beneficio incrementandosi di numero, ma potrebbero facilmente ammalarsi e quindi diffondere al loro interno e magari anche ad altre comunità una serie di malattie. Anche quello è regolamentato dalla legge n. 157 e, a discendere, da tutte le leggi regionali che si inquadrano in quel contesto.
Perché dicevo che è ambientale? Perché per pochi mesi, poche settimane poche giornate all'anno - io dico che il mondo dei cacciatori è un mondo di matti - spendendo tantissimi soldi, di cui molti entrano nelle casse della Regione, ma molti servono a pagare i danni, servono a pagare i territori nei quali insistono a cercare di tutelare quegli ambienti, ebbene, per quei pochi mesi all'anno e tanti soldi che spendono, durante il corso dell'anno tante attività le vanno a fare all'insaputa degli ambientalisti, che probabilmente questo non lo sanno: recupero di strade di montagna, recupero di piste forestali per il passaggio dei contadini, ecc. Altroché se i contadini non conoscono il ruolo dei cacciatori! Laddove i cacciatori si comportano e fanno quello che devono e sanno fare, mettono a disposizione le loro ore lavorative di volontariato, le loro attività, i loro mezzi e i loro strumenti per mantenere un ambiente il più possibile pulito e anche accessibile per altre attività sia in campagna che, soprattutto, in montagna. Forse l'Assessore di questo ha piena consapevolezza, avendo vissuto questa legge nei dettagli e nelle sfumature, incontrando tutti di più.
Quindi questo ruolo ambientalista di tutela dell'ambiente credo che vada riconosciuto e sottolineato. I contadini non sono i nemici dei cacciatori anzi credo che con questa legge probabilmente si potrà stringere un patto più solido fra le due categorie, se possiamo tenerle divise, perché molti il più delle volte sono dei cacciatori e sono dei coltivatori. Perché si può stringere un patto maggiore? Perché andando a fare delle visite e guardando in giro quelli che sono i danni cosiddetti nocivi e i danni da animali - gli animali hanno dei comportamenti e giustamente dove trovano da mangiare vanno a mangiare, però quelli provocati da attività umane si chiamano danni nocivi - abbiamo visto che nei campi dove si tenta di fare dell'agricoltura biologica con semi di altissima qualità (antichi semi di grano che sono stati coltivati in una maniera particolare e quindi a un elevato costo per l'altissima qualità) sono arrivati i cinghiali. I cinghiali hanno scavallato tutti i campi dove c'erano i cereali coltivati con la chimica, diciamo così, e sono andati a mangiare solo il grano di alta qualità. Li abbiamo visti in prima persona questi scempi, che hanno causato dei danni anche alla prospettive e all'incoraggiamento che noi cerchiamo di fare a un'agricoltura che deve tornare il più possibile in queste aree a fare un lavoro positivo.
Quindi credo che questo ruolo vada riconosciuto, perché poi li chiamiamo e chiediamo ai cacciatori di fare delle cose. Mettiamo gli ultrasuoni o qualcosa che faccia rumore, ma dopo due giorni il cinghiale è un animale perfettamente in grado di capire che quello è un rumore cui non risponde nessun'altra attività e quindi torna immediatamente nel campo. I cinghiali stanno via per un giorno quando gli mandi i segnali acustici che danno fastidio con i cannoncini rumorosi, ma poi tornano immediatamente a mangiare perché sano che quello è solo un rumore per loro assolutamente innocuo. I cinghiali non sono stupidi, saranno animali, ma non certamente stupidi: se non vedono il reale pericolo non vanno via e causano danni molto forti anche in termini di prospettiva.
Economico, perché ricordiamo che è un giro di affari notevole, un mondo che si muove spendendo tanti soldi anche per la tutela ambientale. Quanti lavori sono stati fatti grazie ai soldi che escono dai comparti delle ATC dei territori dove, a volte, le piccole amministrazioni non possono arrivarci e chiedono sostegno a queste organizzazioni che sono, di fatto finanziate con i soldi dei cacciatori e quindi, in qualche misura, vanno tutelate.
Mi dispiace che il tempo sia finito, ma vorrei dire solo un'ultimissima cosa sul tema. Ho fatto alcune proposte, che poi valuteremo con il Consiglio e con l'Assessore, di piccoli interventi qua e là che ritengo possano essere utili a tutti, non solo ai cacciatori. Migliorare la legge non deve essere un miglioramento necessariamente da partigiano, non deve soddisfare un'esigenza culturale di alcuni, ma di tutti. Noi dobbiamo fare una legge nel rispetto di quello che è garantito dallo Stato. Lo Stato ha garantito l'attività venatoria e noi dobbiamo, in quella linea e rispettando le istanze localistiche, recepirlo.
La grande innovazione di questa legge credo sia nella nuova governance dove ci sono migliori controlli, dove i soldi possono e devono essere gestiti in maniera corretta, rintracciabile e visibile. Dove non ci possono essere delle situazioni che sono state oggetto, quantomeno dubbio, nella storia recente e del passato.
Ritengo che questo sia un elemento di innovazione molto forte, che possa dare grande benefit anche ai territori su cui insiste la gestione del territorio faunistico venatorio.
Grazie



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bona; ne ha facoltà.



BONA Angelo Luca

Grazie, Presidente.
Vengo da un territorio in cui c'è una forte presenza di cacciatori e di agricoltori, pur non essendo un cacciatore.
Rilievo tre aspetti critici di questo progetto di legge. Innanzitutto la restrizione apportata nei confronti della legge n. 157. Si va verso una restrizione molto forte e molto ideologica della legge n. 157 che già mette dei paletti, delle limitazioni e delle regole importanti al fatto di fare caccia vicino ai centri abitati. Prima sentivo dire: eventuale pericolosità o tutela, c'è scritto anche nella legge, delle comunità che abitano a ridosso delle zone di caccia.
L'altra è sicuramente quella dell'agricoltura. Gli agricoltori e i cacciatori, quantomeno sul nostro territorio, sono anche in polemica tra loro, soprattutto perché gli agricoltori rilevano che i cacciatori vadano con la mano troppo leggera, soprattutto per quello che riguarda i cinghiali o, comunque, quella specie che effettivamente provoca danni veramente pesanti alle coltivazioni agricole o agli stessi foraggi che poi sono utilizzati dagli allevatori. Mi riferisco, per esempio, alla collina novarese.
Un altro aspetto che non è assolutamente secondario è quello dell'applicazione dell'articolo 33 della legge n. 19 della Regione Piemonte che prevede, nelle aree protette, l'utilizzo, a pagamento oltretutto, dei cacciatori per limitare i numeri dei capi oppure per fare proprio dei controlli, delle selezioni, dei prelievi all'interno delle aree protette.
Questa modalità, in pratica, non viene quasi mai usata perché si fa ricorso ai selecontrollori, si fa ricorso al personale pubblico che è lì a sorvegliare o direttamente ai dipendenti del Parco. Questo, ovviamente provoca innanzitutto un costo aggiuntivo in termini di spesa pubblica perché, ovviamente, si pagano gli straordinari, si paga la presenza del personale pubblico sui territori, del carburante alle macchine, ecc.
C'è un mancato introito perché i cacciatori, che possono essere chiamati all'interno delle aree protette pagano, e anche abbastanza caro, la possibilità di entrare a fare dei prelievi e, terza cosa, assolutamente da non sottovalutare, è che si entra un po' nella nebbia, nel senso che mancano dei riferimenti certi in ordine al numero di capi che effettivamente, vengono prelevati. Ci sono numeri che volano, l'anno scorso si diceva che al Parco del Ticino siano stati presi 800-1000 cinghiali proprio perché, effettivamente, va tutto nel calderone della mano pubblica e quindi mancano - almeno per quello che so poi, magari, sarò smentito oppure saranno confermati questi numeri - numeri certi sull'attività di controllo all'interno delle aree protette. Ad esempio, da noi, c'è il Parco del Ticino e l'area del Fenera, molto popolate da cinghiali, con la presenza di foraggi per gli allevatori e di agricoltura, che in genere ricevono danni considerevoli.
L'ultimo aspetto è quello socializzante della caccia. I cacciatori sono organizzati anche sul territorio, fanno attività di manutenzione delle aree, soprattutto montane, di salvaguardia di presidio e di controllo sia della viabilità sia delle aree gerbide, quindi anche in funzione antincendio. Sono tutti aspetti che vanno assolutamente considerati, anche in virtù del fatto che questa gente paga la possibilità di cacciare, fa del volontariato - perché spesso di questo si tratta - sui nostri territori. Il fatto di tenerli maggiormente in considerazione e tutelando anche l'agricoltura, credo sia un aspetto centrale della nuova normativa che la Regione approva e non, invece, prendere delle parti e delle posizioni ideologiche che poi, alla prova dei fatti, al di là dell'ideologia, non trova un riscontro positivo su quello dei territori.
Riscontro positivo che penso sia quello cui tutti dobbiamo tenere in questa Assemblea.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ravello; ne ha facoltà.



RAVELLO Roberto Sergio

Grazie, Presidente.
Sebbene le circostanze mi abbiano portato a partecipare solo alla coda del lungo dibattito che si è sviluppato nelle Commissioni competenti e che ha visto il confronto di diversi punti di vista e di diverse culture, credo che, soprattutto come persona che ha avuto il privilegio di far parte di una Giunta regionale con deleghe particolari e specifiche, quali, ricordo prima fra tutte, quella all'ambiente, non possa sottrarmi a dare un contributo, soprattutto esperienziale a questo dibattito.
Da Assessore all'ambiente la tutela del territorio e la tutela dell'ecosistema e della biodiversità era un obbligo d'ufficio, ma da Assessore all'ambiente, nell'esercitare quest'obbligo, ho sempre cercato in ogni azione, in ogni decisione, in ogni piccolo o grande passo compiuto negli anni in cui ho vissuto quell'esperienza, di applicare un'impostazione che fosse distante da ogni forma d'ideologia e ho sempre tentato, a mio avviso, talvolta anche riuscendoci, di applicare una cultura antropocentrica che fosse ispirata a un antropocentrismo razionale ed equilibrato.
Perché negare che l'uomo sia, a tutti gli affetti, una parte, uno degli attori primari dell'ecosistema è probabilmente il primo errore che commette chi applica un'ideologia poco razionale e una cultura poco fondata sull'osservazione della realtà delle cose, è il primo errore che viene commesso. L'uomo è certo una componente essenziale dell'ambiente nel quale viviamo, ma è soprattutto colui il quale, più di ogni altra specie possiede gli strumenti per fare certo il male, ma soprattutto per fare il bene dell'ambiente. Questo vale per ogni attività che abbia riflessi sull'ambiente, vale per le politiche di gestione di smaltimento dei rifiuti, vale per le attività estrattive vale per l'agricoltura, per l'allevamento e, ultimo, ma non ultimo, vale anche per la caccia.
Al Consiglio regionale mi pare che sia naturale pensare di dover assegnare il compito di mettere nelle mani dei piemontesi uno strumento normativo che riconosca la caccia come ciò che è, cioè come un'attività che, se ben regolamentata, è anche utile a preservare l'ambiente del territorio curandolo e rimuovendo eccessive pressioni di fauna selvatica che sono causa.
Insomma, chiunque abbia avuto modo di partecipare a una seduta di una Giunta non può non ricordare quante sono le delibere, quante erano o quante fossero le delibere nelle quali si riconoscevano dei danni da fauna selvatica e rispetto ai quali, nella maggior parte dei casi, mancavano le risorse per far fronte a questi danni.
Il Consiglio regionale, dicevo, chiamato a dare uno strumento utile ed equilibrato nelle mani dei piemontesi, non può neanche adottare un'impostazione che neghi che la caccia abbia anche valori intangibili rispetto al mantenimento di culture e tradizioni identitarie che si tramandano da secoli.
Un aspetto che è stato "accarezzato" da alcuni colleghi che sono intervenuti prima di me è quello delle ricadute economiche. Mi rendo conto che sia pericoloso legare un'attività, quale è la caccia, ad aspetti economici, ma credo che non si debba avere paura di nascondere degli elementi che sono, anche qui, reali e oggettivi.
Ricordo gli atti di una conferenza dal titolo "Il valore economico della caccia nell'Unione Europea", svoltasi nel settembre del 2015 al Parlamento europeo; conferenza alla quale hanno dato il proprio contributo numerosi parlamentari e funzionari europei e alla quale evidentemente, non posso nasconderlo, ha dato un contributo importante la Federazione europea delle associazioni per la caccia e la conservazione. Caccia e conservazione sono due concetti che possono sembrare un ossimoro, ma evidentemente per chi sa di cosa sta parlando, così non è.
Secondo gli atti di questa Conferenza, si è stimato che allora circa 6,7 milioni di cacciatori europei contribuiscono all'economia dell'Unione Europea con 16 miliardi di euro. I cacciatori, spendono questa somma aggregata in licenze, affitti, acquisto di fucili, munizioni equipaggiamento e viaggi e, in occasione di quella conferenza, è stato giustamente rimarcato quello che è il valore ambientale dato da un'attività di volontariato svolta dai cacciatori impegnati nel presidio del territorio e, quindi, di conseguenza nella tutela degli habitat e delle biodiversità.
Valore economico che non si può non osservare e che ricade portando benefici reali per economie rurali che sono tra quelle più sofferenti del nostro territorio.
Secondo quanto sostenuto dalla FACE, solo in Italia nel 2015 il comparto caccia ha avuto un valore economico di circa 3,2 milioni di euro e ha garantito 43.000 posti di lavoro.
Nel ricordare questo momento, voglio leggere la dichiarazione di un europarlamentare che allora organizzò la manifestazione che ho ricordato nella quale sono stati citati i dati che ho appena ricordato. Questo europarlamentare è italiano e ha sottolineato: "Come l'impatto della caccia sulle economie nazionali e sull'economia europea sia decisivo e debba essere tenuto nella giusta considerazione e integrato nelle future politiche nazionali e comunitarie in materia di biodiversità e sviluppo rurale".
Perché mi piace citare questo passaggio? Perché ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere quello che oggi è un europarlamentare e che, qualche anno fa, condivideva con me l'esperienza in quanto collega, Assessore regionale all'ambiente in Regione Liguria: parlo dell'Onorevole Renata Briano, già amministratore eletto o nominato - non ricordo - in quota Rifondazione Comunista, amministratore che poi ha effettuato un passaggio aderendo al Gruppo del Partito Democratico, con tutte le conseguenze rispetto agli assetti in seno al Parlamento europeo.
Ho ricordato questi particolari perché sono null'altro che la prova che davvero spesso siamo soliti dirlo (molto più spesso al bar che in quest'Aula) che il buonsenso non ha colore, non ha appartenenze o, meglio che il buonsenso non dovrebbe avere colori e non dovrebbe avere bandiere o appartenenze, ma purtroppo questa cosa non ho modo di osservarla dalla lettura dei testi che si stanno discutendo oggi, poiché osservo con profondo dispiacere come la maggioranza, in questa situazione, abbia perso l'occasione di ergersi a strumento di equilibrio, di ergersi a garante degli interessi, così come dovrebbe essere, di un'intera comunità, evitando di abbandonarsi a legittime, ma non adatte al ruolo, partigianerie ed eccessi ideologici.
Questo non può che portarci a opporci duramente alle due proposte di legge quella della maggioranza e quella del Movimento 5 Stelle, risostenendo un approccio che era quello che abbiamo sostenuto nel corso della scorsa legislatura e che è ben rappresentato dalla proposta di legge a prima firma del collega Vignale.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Ci tenevo a intervenire anch'io nel dibattito in Consiglio regionale sulle tre leggi in tema di caccia, in quanto sono stato uno dei Consiglieri che nella scorsa legislatura, ha assistito - ma non sostenuto, anzi fortemente contrastato - a quello scippo con destrezza di democrazia perpetrato dalla Giunta di centrodestra, con veramente grande abilità (un'abilità che a volte in politica non si dovrebbe dimostrare) che ha portato a infrangere il sogno di centinaia di migliaia di piemontesi che speravano, dopo 25 anni, di poter arrivare almeno alla celebrazione del referendum sulla caccia. È un referendum nato nel 1986 sulla scorta di altri referendum nazionali; aveva avuto un iter nazionale, era stato bocciato nel suo iter nazionale e aveva avuto quindi un iter regionale. Il Piemonte era la prima Regione ad aver raccolto le firme su questo tema. Penso che sia un esercizio di democrazia quantomeno ripresentare oggi i punti di quei quesiti referendari che sono stati sottratti alla decisione del popolo piemontese sovrano.
Quindi, penso che il Movimento 5 Stelle si debba fare alfiere di quei quesiti, e per questo è stata presentata una proposta di legge che, oltre a ricomporre in modo organico la tematica della caccia sfregiata e sfigurata da quel gesto di cancellazione, con un emendamento, di una legge intera gesto che proprio non considero democratico e qualcuno in altre Aule, in Aule nazionali, userebbe altri termini che io però qua non intendo usare ma è sicuramente un gesto "indemocratico", legittimo ma "indemocratico" ripresenti quei quesiti per permettere in qualche modo ai firmatari della raccolta firme del 1987 e a quei piemontesi, che vorrebbero tutt'oggi andare a votare, di avere voce in capitolo. Almeno che la voce di cittadini che esercitano il loro diritto sancito dalla Costituzione, dallo Statuto e da Regolamenti, cioè di presentare proposte di referendum abrogativi di norme e di leggi regionali, abbia un po' di capitolo, un po' di spazio, un po' di voce nel dibattito consiliare oggi.
È infatti una situazione particolare quella in cui ci troviamo oggi a discutere e si deve mettere una pezza a questa situazione che ci vede, come Regione, senza una legge regionale. C'è una legge nazionale che è molto blanda, perché è una legge del '92. C'è una proposta della maggioranza di andare a tappare questa falla, questo vuoto normativo (finalmente dopo sei anni), però è una norma che non contiene quei quesiti referendari, né in un senso né nell'altro, e tende a delegificare, cioè tende a demandare alla Giunta le responsabilità delle scelte sulle giornate di caccia, sui calendari venatori e quant'altro.
Quindi, facciamo attenzione, perché è vero che tra un anno ci sarà un'altra Giunta, comunque non questa - magari di colore simile, magari di colore diverso - ma di qualunque colore possa essere significa dare un potere di scelta notevole a tutte le Giunte che si susseguiranno. Potremmo avere legislature in cui ci sarà una certa liberalizzazione della caccia, ci saranno legislature in cui sarà un po' più stretta. Non mi sembra che questo principio della delegificazione sia un principio che possa funzionare, perché è vero che c'è una continuità amministrativa, è vero che il voto è libero e, per fortuna, in questo Paese c'è la libertà di esprimere coalizioni diverse e maggioranze diverse, però mi sembra una scelta un po' timida, fatta per non scontentare troppo né una parte n l'altra. Alla fine quando si cerca di fare così, si scontentano entrambe le parti, perché c'è chi, come diceva qualche collega, vorrebbe imbracciare il fucile ogni giorno e sparare per divertimento.
Adesso non c'è più il collega Allemano e posso anche citare la National Rifle Association, visto che non c'è più la delegazione texana e siamo un po' più liberi di intervenire anche in questo senso, ma è ovvio che non è questo l'indirizzo che ha sempre avuto l'Europa e tendenzialmente il nostro Paese, e spero che non cambi. Spero che non arriveremo a regalare una pistola o un fucile ai nostri giovani, magari come regalo al compimento dei 18 anni di età, perché non è quello il modello; forse qualcuno, sotto sotto, potrebbe aspirare anche a questo dietro il principio della legittima difesa, ma è pericoloso. Però non vorrei andare su altri temi che non riguardano i temi della caccia.
Anche riguardo al tema delle tradizioni, qualcuno diceva che l'uomo è nato cacciatore e ci siamo lanciati in voli un po' pindarici in pedagogia e antropologia un po' spiccia, mi si permetterà. Nessuno di noi qui penso sia laureato in antropologia (neanch'io), ma è ovvio che le tradizioni sono un qualche cosa che si lega a un percorso storico e che si lega anche a un'evoluzione culturale, nel senso che nessuno di noi si veste più con un mutandone di pelo e brandisce la clava. Quindi, possiamo dire che c'è un'evoluzione culturale, pertanto dire che la caccia sia una tradizione si può intendere nel senso che potrebbe essere una tradizione familiare che si tramanda da nonno a padre e a figlio, però è un qualche cosa che non è più legato alla nostra sussistenza, nel senso che un tempo la caccia era legata alla sussistenza per procacciarsi il cibo.
Io, però, vorrei andare oltre.
Voi sapete che alcuni di noi, tra cui il sottoscritto, hanno scelte alimentari che tendono a limitare, se non annullare, il consumo di carne.
Tuttavia, stante l'evoluzione culturale, visto che sono in arrivo diverse tipologie di alimentazioni alternative e visto l'impatto ambientale di questo allevamento intensivo - ma sto di nuovo andando fuori dal tema caccia - magari domani ci porteranno ad altro (addirittura stanno facendo anche le bistecche sintetiche in laboratorio).
Questo per dire che l'evoluzione culturale, tecnologica e scientifica sono imprevedibili, però è ovvio che legarci solo a questi temi risulterebbe un po' semplicistico. Ora, nessuna Amministrazione, dal 1988 in avanti, ha avuto il coraggio di far esprimere i piemontesi su un quesito referendario.
Guardate, signori, in democrazia si vince e si perde - e noi lo sappiamo bene, più di altri - magari il referendum si perdeva, magari non si raggiungeva il quorum, perché il quorum è molto alto, abbiamo ancora un quorum assurdo del 50 per cento dei piemontesi, quando ormai al voto va il 60 per cento nelle elezioni politiche, si superava questo tema e si poteva andare avanti anche più semplicemente rispettosi delle regole democratiche.
Nella precedente legislatura si disse che era un problema di soldi. Abbiamo presentato un emendamento accolto per fare l'election day, accorpare i referendum alle prime elezioni di ambito regionale per ridurre i costi; si potrebbe lavorare - questo lo diciamo da tempo - per introdurre, non dico sulle leggi, perché servirebbe una legge nazionale, ma almeno sui referendum un voto elettronico.
Sui referendum penso che potrebbe essere più facile.
Ci sono tanti temi, quindi noi ci sentiamo di portare avanti questa proposta di legge, a prima firma del collega Bertola, che prevede la caccia solo alla lepre, al fagiano e al cinghiale e il divieto la domenica.
Come hanno già detto i colleghi Frediani e Campo, non si può far usare insieme i boschi a chi va a fare attività ludico-ricreativa sparando posto che sia ludico-ricreativa - con chi ci va per raccogliere funghi o per fare una passeggiata.
Tuttavia, signori, non confondiamo la questione sci e sci alpinismo con la caccia. Con lo sci, difficilmente ammazzo un'altra persona, nel senso che può succedere anche questo, ma non è che normalmente lancio gli sci in testa ad un'altra persona. I proiettili viaggiano, i proiettili possono colpire altre persone e i morti ci sono stati.
Non facciamo, quindi, paragoni incauti.
La nostra proposte di legge è assolutamente viva. Speriamo che ci sia una discussione all'interno dalla maggioranza di centrosinistra, in cui si possa recepire parte dei nostri emendamenti, per andare avanti, magari con una tradizione un po' vecchia e un po' da superare (verrà a superata a breve, io credo, con la prossima generazione) per garantire una limitazione dei danni, contemperando l'esigenza dell'agricoltura, in modo che non ci siano parti che si possano sentire danneggiate da questo provvedimento.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Se nella relazione di maggioranza ho fatto un tipo di illustrazione adesso, nella discussione generale, vorrei fare, se mi permettete Consiglieri, delle considerazioni più personali.
Come dicevamo in Commissione, il quesito del referendum regionale sulla caccia del 1987 prevedeva la riduzione delle specie cacciabili. Se si fosse votato sì, se avesse prevalso in Piemonte un orientamento, e soprattutto se qualcuno non avesse sottratto la discussione generale, in Piemonte ne sarebbero rimaste solo tre.
Su questo punto ci sono differenti opinioni, però credo che si possa dire che, in più di vent'anni, tutti i Giudici che hanno affrontato il problema hanno respinto le eccezioni che le leggi regionali non potessero ridurre le specie cacciabili rispetto alla normativa nazionale.
A conferma di ciò, la sentenza n. 1002 del 1988 della Corte Costituzionale sancisce che le Regioni possono apportare, con propri atti, variazione all'elenco delle specie cacciabili, ma che tali variazioni - dato il carattere inderogabile del nucleo minimo di tutela identificato attraverso la legge statale e i successivi atti governativi - in ogni caso, anche per le Ragioni a Statuto speciale e per le Province autonome dotate di competenza esclusiva, non potranno operare altro che nel senso di un rafforzamento del fine protezionistico affermato dalle norme fondamentali della legge n. 968.
Significa, appunto, che le Regioni possono ridurre le specie cacciabile, ma non aumentare il numero.
Come molti sanno, a seguito di un ricorso al TAR contro il calendario venatorio, i cacciatori hanno ottenuto, nell'estate del 2016, più o meno tra giugno e luglio (litigavamo già allora con il Consigliere Vignale) l'inclusione, nell'elenco delle specie cacciabili, di uccelli in grave pericolo di estinzione, almeno così sostenevamo noi.
Con l'approvazione degli emendamenti del luglio del 2016 alla legge sulle semplificazioni, depositati tra l'altro dall'Assessore Ferrero, sarebbe stato un passo importante per l'applicazione del principio dell'articolo 1 della legge n. 157 del 1992, secondo cui le Regioni hanno l'obbligo di tutelare le specie selvatiche.
Dicevo allora che purtroppo tutto taceva e le doppiette facevano rumore.
Il Piemonte scontava allora - e lo sconta paradossalmente anche adesso - un vuoto normativo sulla materia e una mancanza di un piano faunistico venatorio, facendo diventare il tutto più difficile.
Con il rinvio di quella discussione, ricordo che il Consigliere Vignale e le opposizioni ci portarono alla non discussione, se vi ricordate, proprio per salvaguardare i posti di lavoro e la discussione su un tema legato alle finanziarie regionali. Non incrocio i temi apposta, ma ricordo che non l'abbiamo normato in quell'estate proprio per quel motivo.
La stagione venatoria aprì con la possibilità di abbattere esemplari appartenenti a ben 39 specie (il numero forse più alto da quarant'anni a questa parte), mentre noi denunciavamo la non volontà della Conferenza dei Capigruppo di addivenire in fretta ad una normativa. Cosa fece l'Assessore? Provò a emanare una legge ponte (chiamatela come volete), un'accelerazione su una normativa tampone, per evitare l'inconveniente capitato nell'omnibus. Accelerammo, così, la discussione su questa legge.
La faccio breve, poiché l'ho già scritto nella relazione: credo che dovessimo normare, che fosse giusto addivenire a una legge che tenesse in considerazione le esigenze di tanti. Come sapete, se fosse per me avrei riportato al giudizio che molte associazioni ambientaliste ed ecologiste portavano negli scorsi anni, qui in Aula, cioè avrei ridotto maggiormente le specie cacciabili e anche considerevolmente il calendario venatorio ad alcuni giorni della settimana. Ma, proprio perché bisogna trovare un punto di equilibrio, abbiamo provato a tenere assieme tanti aspetti.
Su due punti, però, vorrei ancora che ci fosse un avanzamento. Me l'avete già sentito dire in Commissione e proverò a riassumere in pochi minuti i due punti di avanzamento che vorrei ancora oggi provare a mettere in campo.
Uno lo trovate nell'emendamento n. 2), all'articolo 2: "Sono inserite le seguenti parole: alzavola, ghiandaia, gallinella d'acqua, fagiano di monte". Ricordo, solo per il compagno Presidente Gallo, il Lyrurus tetrix il cosiddetto gallo forcello.
Una delle cose belle in questa stagione politica: tutto avrei detto, meno di imparare sulla Salmo trutta, il fagiano di montagna e la coturnice! Cosa voglio dirvi? Come ho detto più volte, i galliformi alpini stanno vivendo una grande difficoltà, che si concretizza con un calo numerico in tutta Europa e la stessa Unione Europea prevede misure di tutela che, per nel nostro Paese non vengono prese molto in considerazione. Mi pare che lo scorso anno abbiamo autorizzato l'abbattimento di 619-620 galli forcelli e 315 coturnici. Sono numeri rilevanti, avulsi - secondo noi - da una corretta gestione venatoria e privi di quel buonsenso che volevamo mettere in campo.
Per questo, sono contento che, insieme alla Consigliera Accossato, il Consigliere Ottria, ma tanti altri colleghi del Partito Democratico, dei Moderati e degli altri Gruppi di maggioranza, abbiamo depositato quest'emendamento. Su questo, Presidente, non so quanto si potrà dire, per noi vorremmo un voto chiaro e, se ce ne fosse la necessità, visto che si è usato più volte, anche il voto segreto.
Ultima cosa: sulla domenica. Noi abbiamo presentato l'emendamento riguardante la soppressione della caccia la domenica prima che il caso di Gian Carlo Baragioli, uscito nei boschi per raccogliere le castagne e ucciso da una fucilata di un cacciatore, venisse fuori mediaticamente. E lo dicevamo anche prima di quel report che alcuni ritengono falso: io non so se qualcuno vuole dare qui, in Aula, i numeri effettivi di quante sono le centinaia di feriti e gli incidenti a tale riguardo, ma poco importa, qua dirci se sono 15 o 19, se è vero o no quello che dicevamo allora, cioè che a solo cinque settimane dall'apertura della stagione della caccia c'erano già tre morti e due feriti tra i non cacciatori e cinque morti e sette feriti tra i cacciatori.
Facciamo finta che questi numeri siano falsi, cioè che ci sia solo un morto (quello citato) e che ci siano solo tre feriti. Ma possiamo dirci, anche per un'eventuale mediazione (io la lascio in campo, così), che non siamo interessati - lo dico al nuovo Capogruppo Ravetti - a ipotizzare delle soluzioni che ci porterebbero a vedere delle bandierine, ma non dei risultati concreti? Cioè, per intenderci, l'alternanza della "domenica sì domenica no" proposta dal già Capogruppo Gariglio non ci interessa, perch crediamo non sia una soluzione utile.
È vero o no che fra ottobre e novembre la vegetazione è più fitta e le persone vanno maggiormente nei boschi, a differenza dei mesi successivi? Allora, invece di mediare sull'alternanza, possiamo dirci che nei primi due mesi della stagione venatoria (ve lo dice uno che di caccia ne capisce poco, ma ne capisce qualcosa di più di campagna), fra ottobre e novembre forse anche perché c'è un clima diverso, c'è una vegetazione diversa e i rischi sono maggiori? Lo dicevamo soprattutto per la caccia al cinghiale dove c'è - tra l'altro - la popolazione un po' anziana, le carabine che vanno molto più a lunga distanza, a lunga gittata, rispetto ad altri tipi di caccia. Ecco, le due cose entrano in contrasto: vegetazione alta e più persone la domenica che vanno in giro per i boschi (io, come sapete, ho una casa vicina a Roppolo e lo constato).
A me piacerebbe entrare in questa discussione, perché molti hanno detto: "Ma sì, il rispetto degli altri!". Qualcuno ha anche detto che i cacciatori possono cacciare di più la domenica, perché anche loro lavorano.



PRESIDENTE

Consigliere Grimaldi, poi chiuda.



GRIMALDI Marco

Chiudo. Perché, la gran parte della popolazione non gode soprattutto della domenica libera per andare in giro in quei luoghi di montagna, di campagna? E non sarebbe giusto - visto che il fenomeno della caccia è una dimensione marginale, rispetto alla popolazione generale - trovare un punto di mediazione? Noi chiediamo di vietare la caccia la domenica, ma - come vi ho appena detto - come Gruppo Liberi e Uguali siamo pronti a una mediazione che ci porti a dire: "Almeno vietiamola a ottobre e novembre, nei mesi in cui la vegetazione è più fitta e più persone entrano in quei luoghi".
Grazie.



PRESIDENTE

Mi è sfuggito il Gruppo nato oggi: ne prendiamo atto; è l'unica novità politica!


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Elementare "Silvio Pellico" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della classe V D della Scuola Elementare "Silvio Pellico" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Caccia

Proseguimento disegno di legge n. 182 "Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria in Piemonte" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame del disegno di legge n. 182.
La parola al Consigliere Andrissi.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Effettivamente, in Piemonte sembra che il dibattito sulla caccia si sia un po' cristallizzato dal 1990, quando venne svolto un referendum che ebbe un risultato eclatante (oltre il 43 per cento dei votanti e il 93 per cento di sì), in un'Italia che ancora non aveva subito un consumo del territorio e la cui normativa nazionale ha poi portato a una distruzione ulteriore degli ambienti in cui le specie selvatiche possono trovare la biodiversità.
Andrebbe fatto un ragionamento importante proprio sul consumo di suolo perché tutta Europa viaggia a 1.000 chilometri quadrati all'anno, e già questo è un primo motivo che porta a delle crisi ambientali importantissime, non ultimo il cambiamento climatico. Il consumo di suolo infatti, oltre a ridurre la biodiversità e quindi la possibilità per le specie selvatiche di approvvigionarsi il cibo e trovare rifugio, porta anche a un incremento del cambiamento climatico, e proprio in questi giorni lo viviamo probabilmente in prima persona con questo aprile anomalo.
Anche le grandi opere che sono state realizzate dagli anni '90 ad oggi non hanno mai tenuto in conto, sebbene in altri Paesi europei vi fosse una maggiore sensibilità, del passaggio dell'avifauna, tant'è vero che il Parco del Ticino viene considerato uno dei corridoi ecologici più importanti nord sud, ma se togliamo il Parco del Ticino e pensiamo al Piemonte all'autostrada e all'alta velocità messe una a fianco all'altra comprendiamo che sono un ostacolo enorme al passaggio dell'avifauna, che spacca in due la parte nord dalla parte sud della Pianura Padana. In altri Paesi europei, invece, queste cose le studiano e le prevedono.
Credo che in questi anni sia proprio mancato un approccio scientifico all'evoluzione delle popolazioni selvatiche, perché non penso che l'equilibrio delle specie che in parte si vanno a cacciare possa essere regolato dall'attività umana. Come ho appena detto, l'uomo, quando interviene, lo fa con una spaventosa superficialità e un'incapacità di analisi effettiva della complessità delle relazioni ecologiche, e questo porta a dei danni dovuti al fatto che determinate specie si sviluppano con una presenza superiore rispetto allo standard abituale; danni causati dall'intervento dell'uomo, che in qualche modo limita quei sistemi di regolazione naturale che porterebbero a un controllo maggiore.
La Pianura Padana viene considerata dai botanici un deserto a cereali. È ovvio che in queste condizioni pensare che una Regione non possa in qualche modo regolare le specie cacciabili, secondo me è fuori luogo; oltretutto la normativa nazionale, com'è stato detto, prevede (normativa che è arrivata nel 1992 non per un per un caso, credo) che proprio le Regioni, in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali autorizzino le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Quindi è chiaro che, nel momento in cui si ha un monitoraggio in particolar modo per quelle specie che, a causa del cambiamento climatico.
Lo vediamo, per esempio, per la presenza dei cormorani, specie che era stata messa in discussione dall'utilizzo del DTT in agricoltura perché non consentiva alle uova di arrivare a maturazione. Oggi, a causa del cambiamento climatico, i cormorani sono diventati stanziali; a causa del cambiamento climatico, stanno risalendo sulle Alpi, tra l'altro insieme alle zanzare (ulteriore effetto fastidioso). Lo stesso fenomeno lo vediamo per gli habitat delle specie galliformi, come diceva il Consigliere Grimaldi.
Ovviamente il cambiamento climatico impone verso queste specie una maggiore attenzione e una maggior protezione, perché si riducono gli areali dove queste specie possono sopravvivere e quindi l'uomo in qualche modo, con un'azione successiva al danno che ha provocato, deve cercare di porre rimedio. In questo condivido l'azione della Regione. Noi vorremmo per un'azione più forte; più forte perché riteniamo che le specie selvatiche siano messe in forte crisi, come possiamo vedere tranquillamente girando per le nostre campagne. Tra l'altro, il tema della sicurezza nel girare per le campagne è un tema forte (nel Novarese, come è già stato citato, è morta una persona).
Condivido il fatto che la caccia più pericolosa sia la caccia al cinghiale perché è una caccia che viene fatta da più cacciatori insieme e questo (mi riferiva una guardaparco) porta a un'incitazione collettiva delle persone che vi partecipano e a una maggior difficoltà a controllare le loro azioni poiché è un gruppo di persone che batte il territorio con dei fucili che hanno una gittata superiore. Quindi la pericolosità di questo tipo di caccia è veramente notevole e confligge con il piacere di fruire dei boschi, di andare a raccogliere funghi, castagne ecc. da parte di cittadini; confligge anche con l'attività di alcune persone che fanno footing come me, che cercano le zone più ossigenate del territorio e spesso percorrono le strade non asfaltate, le strade sterrate dei boschi per correre e si trovano a incrociare lo sguardo arcigno di qualche cacciatore a me è capitato spesso e volentieri di imbattermi in qualche cacciatore che si sentiva disturbato dalla corsa del sottoscritto, sebbene silenziosa.
Viviamo queste situazioni soprattutto la domenica, quando uno ha un po' di tempo libero per poter praticare queste attività, che nel resto della settimana ovviamente sono più limitate nel tempo e nello spazio.
Quello che constatiamo a livello del testo legislativo che sarà in discussione è che non abbiamo avuto riscontro del 20 per cento del territorio regionale destinato alla protezione della fauna selvatica. Un altro aspetto è il controllo della fauna previsto a livello nazionale dal testo legislativo nazionale con controlli di tipo ecologico. Questa è un'iniziativa che non ho mai trovato citata e di cui non trovo riscontro se non raramente.
Noi porteremo avanti le nostre proposte che vogliono tener conto dell'evoluzione del territorio, del paesaggio e dell'ambiente che, negli anni, è sempre più antropizzato e quindi sempre più limitato al passaggio di avifauna o, comunque, di fauna che, in qualche modo, è selvatica e quindi ha sempre maggior difficoltà a trovare nicchie ecologiche dove riprodursi o, comunque, dove trovare momenti di ristoro e di rifugio.
Un testo legislativo regionale deve tener conto di queste condizioni mutate nel negli anni, purtroppo, in modo sempre più negativo, perché l'araa ovest della Pianura Padana è una delle aree che ha subìto maggiore impatto da parte del consumo del territorio. È fortemente antropizzata e quindi merita un'attenzione sicuramente altissima.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Valetti; ne ha facoltà.



VALETTI Federico

Grazie, Presidente.
Sempre in linea con quanto detto dai colleghi, vorrei esprimere un concetto un po' diverso anche nell'osservazione del mutato ruolo della caccia nel tempo, che va anche un po' di pari passo con le mutate condizioni socio economiche, e anche culturali, dei cittadini piemontesi.
Innanzitutto assistiamo a uno spopolamento delle aree, chiamiamole marginali, del Piemonte, quindi delle vallate alpine, delle montagne, anche delle stesse campagne e delle aree boschive dove vi era un controllo territoriale delle persone del luogo. Abbiamo assistito, parallelamente allo spostarsi da un regime di caccia più o meno tradizionale o di sussistenza dei popoli che vivono certe aree rurali e montane, a una caccia intesa sempre più come sport di massa e non effettuata da pochi cacciatori con una certa sintonia e consapevolezza del territorio, delle risorse non illimitate e anche con un certo rispetto di questo equilibrio.
L'uomo è una specie vivente, è un animale un po' più evoluto di altri, ma ha vissuto in queste condizioni di equilibrio per millenni. È chiaro che quando questo tipo di pratica diventa uno sport, non ci siamo più, perch si aprono dei territori a delle comitive e a dei regimi di caccia che non sono sostenibili, che si alimentano da sé e che alimentano anche un giro economico. Oltretutto, impattano perché non sono più compatibili con altre attività di uso e di diritto all'uso delle nostre risorse naturali, quindi dei boschi collinari, delle pianure e delle montagne.
Qual è il messaggio e il ragionamento che voglio provocare? È di capire come non sia la caccia vissuta al giorno d'oggi, per come è diventata, il vero problema, cioè l'eccesso. L'eccesso che ne ha fatto diventare una pratica assolutamente insostenibile, una pratica fatta di gruppi di comitive e di cittadini che alla domenica si spostano dalle città con le carabine per andare nei boschi e nelle montagne, ormai disabitate dai propri cittadini originari, quelli che la caccia la praticavano in un altro modo, con consapevolezza e un po' di criterio per cui, se non erano sicuri piuttosto non sparavano. Quando le cose diventano fenomeno di massa purtroppo, aumentano i rischi, aumenta la goliardia e aumenta anche quel senso di branco e di sport che non è proprio quello il tema della caccia almeno per come l'ho vissuta io a livello familiare, essendo successore di generazioni di cacciatori in montagna, che però l'hanno praticata in un altro modo.
La suggestione che voglio dare è che dobbiamo un po' ripensare al modo di vivere la natura, senza troppi eccessi e riconsiderando che, in qualche modo, anche quella è una tradizione di certi popoli montani e di campagna ed è una tradizione che, comunque, merita un certo rispetto.
Un'altra provocazione che posso lanciare è che anche il consumo di carne in generale, anche l'eccesso di consumo di carne di allevamento; quel tipo di alimentazione lì non è proprio il massimo dell'eticità e della sussistenza.
Se consideriamo anche che esageriamo da quel fronte, è un problema, secondo me, molto più grande, anche dal punto vista dell'impatto ambientale, della stessa caccia, per quanto sentita come grande problema sia dal lato ambientalista sia anche dal lato di cittadini che vogliono passare la domenica tranquilli, passeggiando per i nostri territori, senza avere paura dire cadere vittima di qualche cacciatore.
La suggestione che lancio è un po' di moderazione e di ragionare su queste cose, perché i contributi che si portano in quest'Aula sono molto diversi anche come esperienza personale e storie raccontate.



PRESIDENTE

Non essendoci altre richieste di intervento, chiudiamo la discussione generale.
La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Giorgio, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca

Grazie, Presidente.
Un breve intervento non tanto per intervenire nel merito dei contributi importanti, che avete dato questa mattina, ma anche per ringraziare del lavoro svolto. Pur nelle diversità di vedute, ognuno ha sempre portato la sua visione di questo mondo.
Volevo solo ricordare che è stato fatto un lavoro importante e possiamo dire che su questo provvedimento non è mancato l'esercizio della democrazia. Quando abbiamo portato in Commissione il provvedimento, avevamo già esaminato circa 600 proposte di emendamenti su un testo iniziale, poi l'abbiamo portato in Commissione (abbiamo fatto 19 sedute di Commissione) e sono stati presentati 523 emendamenti, di cui 19 accolti.
Ne approfitto anche per ringraziare il Consigliere Gallo e con lui tutti i componenti - maggioranza e opposizione - della III Commissione, compresi i relatori.
Non è mancato il momento di confronto, diciamolo molto chiaramente. Dico soltanto due cose. La prima è che quando c'è molta tensione sul fare le norme è perché si ricorre alle norme e quando si ricorre alla legge, in ogni momento, è perché sul campo è mancato il buonsenso.
Vi posso dire che, per quanto riguarda la convivenza, più volte citata, tra il mondo venatorio, il mondo agricolo e le sensibilità della cittadinanza ci sono luoghi in cui non sono venute mai a mancare, cioè c'è sempre stato un confronto costruttivo e positivo, perché lì si è applicato il buonsenso ci sono momenti e luoghi dove questo non è accaduto e, quindi, è stato necessario sempre far ricorso alle leggi nelle loro integrità, nelle parti più intime, nelle virgole, nei regolamenti, nelle delibere. Questo vuol dire che in quel casi è mancato il buonsenso di convivere e abbiamo avuto anche eccessi, e li abbiamo tuttora, li avete citati voi, della presenza di alcune specie che rendono in alcuni territori quasi impossibile praticare l'attività agricola.
Vi devo dire che questo è uno dei crucci più grandi che in questi anni mi accompagna; abbiamo provato e stiamo provando tutte le soluzioni possibili e immaginabili, ma ci dobbiamo rendere conto che, quando non c'è la volontà di risolvere un problema da più parti, quel problema non è risolvibile soltanto con le norme, c'è bisogno che tutti mettano un po' di sforzo in questo senso.
Credo che - e poi finisco, perché volevo intervenire solo per una modalità anche fare norme che siano di largo vantaggio per l'esercizio venatorio oggi non sia un dato positivo per coloro che praticano l'attività venatoria. Se queste norme non sono almeno un po' in sintonia con quello che è il sentire comune dei cittadini, non faremmo loro un bel servizio.
Se ogni volta che li mandiamo a praticare un'attività, legittima, prevista dalla legge e posso dire in alcuni casi anche utile, perché c'è bisogno di avere sentinelle sul territorio, per capire l'andamento delle specie come si moltiplicano e qual è la loro presenza, forziamo troppo la mano ponendo quest'attività in contrasto con quello che è il sentimento comune dei cittadini, allora questo non è neanche positivo nei loro confronti, perch si troverebbero a praticare quest'attività in un contesto ostile. Questo credo non sia interesse per nessuno, perché quando i cacciatori vanno in giro per le campagne, hanno bisogno di trovare un contesto positivo, di scambiare due parole con quelli che ci lavorano, con quelli che camminano nei luoghi dove vanno a pranzo. Quindi, dobbiamo cercare, ed è lo sforzo in cui spesso non sono riuscito, ma con alcuni soggetti è stato intrapreso un discorso, di far capire che questa convivenza deve arrivare con il confronto e non con la contrapposizione.
Chiudo su una modalità di lavoro. Vi chiedo una cortesia.
So qual è il Regolamento e quindi quando si possono presentare gli emendamenti, e ci mancherebbe, ognuno è libero di presentarne quanti il Regolamento glielo consente, però noi, come abbiamo fatto in Commissione abbiamo sempre cercato di valutare gli emendamenti nel merito, cercando di trovare quelli che erano funzionali al miglioramento di un testo che non è perfetto. Come tutti i testi di legge, quando l'avremo appena terminato e approvato, avrà già delle problematiche, per le quali magari potremmo dire che, forse, sarebbero opportune delle modifiche.
La cortesia che vi chiedo per applicare questa modalità è presentare gli emendamenti con un po' d'anticipo e non il giorno stesso in cui dobbiamo esaminare l'articolo, poiché vanno anche condivisi, va verificato il sentimento di tutti e facciamo fatica a dare un parere nel merito e nel contenuto, quindi si rischia di limitarsi a dare un parere che, a volte, è più politico che di valutazione del contenuto.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Ferrero.
Mi è stato chiesto d'interrompere la discussione dell'articolato, che spostiamo al pomeriggio, per procedere con le nomine.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Colleghi, possiamo passare all'esame del punto 3) all'o.d.g., inerente a "Nomine".
Si proceda alla distribuzione delle schede per le seguenti nomine:


Argomento: Nomine

Proposta di deliberazione n. 295 "Asperia - Azienda speciale della Camera di Commercio di Alessandria per la promozione economica" - Collegio dei Revisori dei Conti - Nomina di 1 membro effettivo e di 1 membro supplente

Argomento: Nomine

Proposta di deliberazione n. 120 "Commissione di Garanzia" (articolo 91 Statuto della Regione Piemonte e articolo 3, l.r. 25/06) - Elezione di 1 membro in sostituzione del Signor Claudio Simonelli"


PRESIDENTE

La votazione avviene a maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Nomino scrutatori i Consiglieri Segretari Ottria e Bertola.
Prego la Vicepresidente Motta di procedere all'appello nominale.



(La Vicepresidente Motta effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione è terminata.
Sono stati effettuati due appelli nominali.
Si proceda allo spoglio delle schede.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.41)



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