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Dettaglio seduta n.235 del 04/07/17 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



(I lavori iniziano alle ore 9.40 con l'esame del punto all'o.d.g. inerente a "Svolgimento interrogazioni e interpellanze")


Argomento: Turismo religioso

Interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 1544 presentata da Frediani, inerente a "Contributi turismo di fede - Sahaja Yoga di Cabella"


PRESIDENTE

Buongiorno, colleghi.
Iniziamo i lavori del sindacato ispettivo proponendo l'esame dell'interrogazione indifferibile e urgente n. 1544.
La parola alla Consigliera Frediani per l'illustrazione.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente. Buongiorno, Assessore.
Torniamo a parlare della Fondazione mondiale Sahaja Yoga, che ha sede a Cabella. In realtà, la sede principale è a Magliano Sabina (RM); vi sono numerose sedi su tutto il territorio italiano e, direi, anche in tutto il mondo. Si tratta di un ente religioso e di culto che può compiere attività di istruzione, assistenza e beneficenza.
In particolare, parliamo di una scuola che ha sede nel Comune di Cabella Ligure, aperta nel 2009, che ospitava 59 studenti, di cui 12 italiani e il resto provenienti in gran parte dal nord ed est Europa, dalla Romania, Gran Bretagna, Finlandia, Francia e Svizzera. La struttura è stata chiusa nel marzo del 2015 in quanto dichiarata abusiva, fuori legge e degradata, a seguito di un'inchiesta della Procura dei minori di Torino, di alcuni sopralluoghi dell'Ufficio tecnico comunale e dell'ASL di Alessandria.
Abbiamo già presentato un'interrogazione in data 15 aprile 2015 in cui chiedevamo alla Giunta di riferire in merito all'effettiva entità dei contributi assegnati e liquidati dalla Regione Piemonte alla fondazione.
Infatti, risulta che la fondazione sia assegnataria di un contributo in conto capitale di 200.000 euro per la realizzazione di progetti ai sensi della legge 34/2007 "Iniziative a sostegno dello sviluppo del turismo religioso". Volevamo anche sapere le intenzioni della Giunta in merito a eventuali fondi non ancora erogati nel momento in cui sono sopravvenute le vicende giudiziarie.
In data 16 giugno, quando abbiamo avuto risposta all'interrogazione l'Assessora aveva dichiarato che era in attesa di ottenere maggiori elementi di natura formale al fine di valutare la posizione regionale e l'assunzione di eventuali provvedimenti in merito. AD oggi, consultando la banca dati dei presidi residenziali e semiresidenziali attivi disponibile sul portale ufficiale della Regione Piemonte, si riscontra l'assenza di dati relativi a presidi per minori attivi nel Comune di Cabella Ligure. La questione, poi, riguardava l'utilizzo effettivo di quella struttura, che agli occhi di chi ha effettuato il sopralluogo appariva più come una comunità per minori piuttosto che come un ente destinato a svolgere attività religiosa.
La nostra interrogazione, quindi, chiede se il contributo di 200.000 euro sia stato effettivamente erogato; se la Regione abbia avuto modo di valutare ulteriori elementi di natura formale e quale sia l'esito di tale valutazione; se ad oggi la Giunta sia in grado di verificare l'effettiva esistenza della struttura, la sua concreta operatività e il rispetto dei requisiti previsti dalla legge per le strutture che a vario titolo ospitano dei minorenni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Parigi per risposta.



PARIGI Antonella, Assessora al turismo

Grazie, Presidente.
In merito all'interrogazione proposta, ad oggi risulta la seguente situazione.
Per quanto riguarda l'erogazione, il contributo è stato erogato per la parte di acconto pari al 50 per cento del contributo complessivo di 200.000 euro, quindi 100.000 euro; non è ancora stato erogato il saldo relativo alla quota rimanente.
Per quanto concerne i punti due e tre dell'interrogazione, si rileva che è stato svolto da alcuni funzionari del Settore Offerta turistica e sportiva un sopralluogo presso la struttura oggetto del contributo, nel corso del quale è stato verificato (come risulta agli atti del Settore) che nell'immobile oggetto di contributo non ci fosse nulla che potesse far pensare allo svolgimento di qualsiasi tipo di attività didattica, mentre l'attività di istruzione parentale risulta venisse svolta in un immobile adiacente e quindi non nell'immobile oggetto del contributo. Tali esiti sono stati comunicati al Comune di Cabella Ligure con nota protocollata unitamente al parere sulle case per ferie, come richiesto dal Comune medesimo.
Dal punto di vista amministrativo, per essere perfezionata la pratica necessitava del certificato di agibilità da parte del Comune, che peraltro è stato rilasciato. Tuttavia Finpiemonte, essendo a conoscenza di ulteriori attività investigative che sono in corso da parte della Guardia di Finanzia di Novi Ligure, confluite nel procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Alessandria, ha richiesto con nota del 27 gennaio u.s. alla Guardia di Finanza un aggiornamento della situazione, senza avere ad oggi il riscontro necessario per chiudere la pratica.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 423 presentata da Frediani, inerente a "Garanzie occupazionali del personale precario dell'Agenzia Italia Lavoro operante in Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione indifferibile e urgente n. 423.
La parola alla Consigliera Frediani per l'illustrazione.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Questa, più che un'interrogazione, è un voler sapere come è andata a finire la vicenda, perché l'avevo depositata due anni fa e la risposta arriva oggi, per cui mi aspetto e mi auguro che la situazione sia arrivata a soluzione.
Parliamo del personale di Italia Lavoro; nelle premesse, che non sto a riprendere per non perdere tempo e dare più spazio alla risposta ripercorriamo tutte le vicende legate a questa struttura, che opera in Piemonte e in tutta Italia. In particolare, noi ci focalizziamo sul personale che opera in Piemonte. All'epoca in cui abbiamo depositato l'interrogazione, il problema riguardava proprio i lavoratori precari di Italia Lavoro, la quale è principalmente coinvolta in una serie di azioni (progetti nazionali e locali realizzati in partenariato con Regioni ed Enti locali) finalizzate a favorire l'inserimento delle categorie deboli nel mercato del lavoro e a sostenere lo sviluppo dei servizi per l'impiego (questa è l'ultima configurazione di attività di tale struttura).
All'epoca del deposito dell'interrogazione, la situazione era questa e non si manifestava la volontà di riproporre le attuali forme contrattuali per il personale precario né si era a conoscenza di un disegno strategico chiaro sulla creazione dell'Agenzia nazionale per l'occupazione. Tutto questo determinava un'incertezza sulla situazione dei lavoratori e sui ritardi che erano accumulati dal management di Italia Lavoro. Era poi apparso un articolo, in data 12 marzo 2015, che faceva proprio riferimento a "Italia Lavoro, il paradosso delle politiche attive". In questo articolo si poteva leggere che l'azienda che si occupa della occupabilità ricorreva alla stipula dei co.co.co. per i 900 precari il cui contratto era scaduto a fine marzo (parliamo sempre del 2015), ma con due mesi di sospensione.
Era avvenuto un incontro presso il Ministero del Lavoro in data 11 marzo; si erano garantiti finanziamenti a Italia Lavoro per nuovi progetti per circa 70 milioni anche attraverso finanziamenti europei legati a progetti, comprensivi dei 12 milioni previsti dalla Finanziaria. Il totale avrebbe dovuto essere sufficiente a coprire sia la base occupazionale che a garantire l'operatività di Italia Lavoro fino al 2020, quindi la nostra interrogazione era volta a sapere se fosse prevista una continuità lavorativa o, in alternativa, quale possibilità di stabilizzazione occupazionale sarebbe stata prevista per il personale precario piemontese e se esistesse il rischio di compromettere il livello dei servizi che l'Agenzia Italia Lavoro era tenuta a svolgere e a garantire sul territorio regionale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessora Parigi per la risposta.



PARIGI Antonella, Assessora regionale

Grazie. Rispondo naturalmente per conto dell'Assessora Pentenero quindi leggo pedestremente la risposta e, poi, gliela farò avere.
Dal 1° gennaio 2017 Italia Lavoro ha assunto la denominazione di ANPAL Servizi Spa, e opera come società in house di ANPAL secondo quanto indicato dal decreto legislativo 150/2015.
Alla luce della nuova missione istituzionale come "braccio operativo" della suddetta Agenzia nazionale, ANPAL Servizi è impegnata nella nuova programmazione per il periodo 2017-2020.
Al fine di garantire tale complessa fase di transizione e soprattutto dare continuità delle azioni in essere, ANPAL ha concesso ad ANPAL Servizi un primo ciclo di proroghe fino a marzo 2017, proroghe che verranno estese fino al 31 luglio 2017.
Intanto, nel C.d.A. ANPAL che si è svolto il 7 giugno scorso, sono stati definiti, nell'ambito delle linee strategiche di sviluppo di ANPAL Servizi per il periodo 2017-2020, i criteri per le attività di reclutamento di personale dipendente e collaboratori, alla luce delle disposizioni di legge.
In questo contesto, la società sta valutando un progressivo piano di stabilizzazione dei dipendenti a tempo determinato tramite la conversione dei rapporti in contratti a tutele crescenti, nel rispetto della normativa vigente (in quanto ANPAL Servizi si rifà a un regime contrattualistico di natura privata).
La conversione dei contratti potrà avvenire, in condizioni di fabbisogno aziendale, senza avviare nuove procedure di reclutamento, a condizione che gli stessi abbiano superato prove selettive ispirate a principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza.
Tale soluzione dovrebbe consentire di garantire la continuità e, in prospettiva, il consolidamento dei presidi professionali attualmente in essere in tutte le regioni, tra cui il Piemonte, valorizzando le competenze e le esperienze professionali acquisite.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la trattazione del sindacato ispettivo.



(Alle ore 9.52 la Presidente dichiara esaurita la trattazione del punto all'o.d.g. inerente a "Svolgimento interrogazioni e interpellanze")



(La seduta ha inizio alle ore 10.02)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Richieste di modifica dell'o.d.g.


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Chiedo se vi siano proposte di modifica.
Ha chiesto la parola il Consigliere Gariglio; ne ha facoltà.



GARIGLIO Davide

Grazie, Presidente.
Chiedo di valutare l'opportunità di far votare l'ordine del giorno n.
1140 "Sollecitare il Governo e il Parlamento ad impedire l'entrata in vigore nel nostro Paese del Trattato CETA, arrestando il processo di ratifica dell'Accordo e adottando ogni iniziativa necessaria ad ostacolare l'applicazione dello stesso anche in via provvisoria", di cui abbiamo parlato alla Conferenza dei Capigruppo, che è al punto 20) del nostro programma dei lavori. Chiedo di anticiparlo, in maniera da poterlo esaminare e votare nel corso della giornata.
Grazie.



PRESIDENTE

Chiede di votarlo nell'arco della giornata?



GARIGLIO Davide

Conseguentemente.



PRESIDENTE

Va bene. Chiedo, poi, all'Aula se è d'accordo.
La parola al Consigliere Ottria.



OTTRIA Domenico

Anch'io chiedo che venga discusso l'ordine del giorno n. 1126, "Vendita del Gruppo Ilva e ruolo della Regione a garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali degli stabilimenti piemontesi", di cui al punto 19) dell'o.d.g.
Poiché in questi giorni si discute molto di questa vendita e c'è forte preoccupazione presso gli stabilimenti di Novi Ligure, in merito alla difesa occupazionale, chiedo che l'atto d'indirizzo venga discusso e votato oggi.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola alla Vicepresidente Ruffino, che interviene in qualità di Consigliera.



RUFFINO Daniela

Grazie, Presidente.
Chiedo nuovamente un'informativa all'Aula da parte dell'Assessore Saitta relativa alla situazione dell'oftalmologia del San Luigi e alla possibile apertura.



PRESIDENTE

In Aula?



RUFFINO Daniela

In Aula. Grazie.



PRESIDENTE

Consigliera Ruffino, contatterò l'Assessore Saitta per chiedergli se arriva nel pomeriggio. Se arriva nel pomeriggio, tassativamente ci sarà la comunicazione.
La parola al Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Mi è stato comunicato che anche oggi non sarà possibile discutere le nostre question time: ovviamente colgo l'occasione per fare ancora le mie più sentite condoglianze all'Assessora al lavoro. Le chiedo, però, di aggiungere all'ordine dei lavori l'ordine del giorno n. 1142 "Stabilizzazione dei precari di Poste Italiane". Abbiamo trasformato la question time in un atto d'indirizzo e colgo l'occasione.



PRESIDENTE

Che ha già depositato?



GRIMALDI Marco

No, lo sto depositando adesso, come richiesta per implementare quest'ordine dei lavori.
Chiedo anche a tutti i Capigruppo e ai Gruppi, visto che oggi avremo anche l'audizione, di integrare il testo o di sottoscriverlo con noi qualora ovviamente fossero disponibili.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mighetti; ne ha facoltà.



MIGHETTI Paolo

Poiché la trattazione di molti ordini del giorno viene richiesta dai vari Gruppi e siccome il primo atti di indirizzo è un nostro documento cui non abbiamo aggiunto altre richieste, chiedo al Presidente di lasciare lo spazio alla discussione di questo ordine del giorno. Uno spazio adeguato.



PRESIDENTE

Ci mancherebbe altro. Certo.
I Consiglieri Gariglio e Ottria hanno chiesto unicamente che i loro ordini del giorno vengano votati nella giornata odierna.



MIGHETTI Paolo

Noi chiediamo che il nostro rimanga comunque in discussione.



PRESIDENTE

Va bene. Grazie.
L'o.d.g. è approvato, così come modificato, ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento interno del Consiglio regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Batzella, Cerutti, Corgnati, Ferraris, Gancia Pentenero, Rossi.
Non sono presenti l'Assessore Saitta e l'Assessora De Santis.


Argomento:

b) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali delle sedute del 27 giugno 2017.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i processi verbali del 20 giugno 2017.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione dell'ex Consigliere regionale Domenico Curci, deceduto il 19 giugno 2017


PRESIDENTE

È scomparso il 19 giugno scorso, all'età di 92 anni, Domenico Curci Consigliere regionale nella I e II Legislatura.
Nato il 1° gennaio 1925 a Foggia, laureato in giurisprudenza, è stato funzionario INPS e Consigliere comunale di Torino dal 1965 al 1970.
Eletto nel 1970 Consigliere regionale nella Circoscrizione di Torino nella lista Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, è stato Presidente del Gruppo consiliare e componente delle Commissioni Bilancio e Affari istituzionali.
Nella II Legislatura è stato rieletto in Consiglio regionale nella lista MSI-DN nella Circoscrizione di Torino ed è stato nuovamente Presidente del Gruppo consiliare oltre che componente delle Commissioni Bilancio e Urbanistica.
Con il Consiglio regionale del Piemonte, finché gli è stato possibile ha sempre mantenuto un stretto rapporto, sostenendo e partecipando attivamente alle iniziative dell'Associazione fra Consiglieri regionali già facenti parte del Consiglio, di cui è stato socio fin dalla sua fondazione.
Coloro che lo hanno conosciuto, lo ricordano per la sua sobrietà e per la grandissima serenità, sempre impegnato per il bene comune e aperto al confronto.
I funerali si sono svolti mercoledì 21 giugno scorso presso la Chiesa Gesù Salvatore di Basiglio in Provincia di Milano Al figlio Giulio, desidero rinnovare, a nome dell'Assemblea regionale le più sentite condoglianze e i sensi della nostra più sincera vicinanza.
Invito i presenti a osservare un minuto di silenzio in memoria del già Consigliere regionale dottor Domenico Curci.



(L'Assemblea, in piedi, osserva un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.11, riprende alle ore 10.13)



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale (seguito)


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale (seguito)

Argomento:

c) Impugnativa legge regionale n. 7 del 26 aprile 2017


PRESIDENTE

Informo che il Consiglio dei Ministri, in data 28 giugno 2017, ha esaminato la legge regionale n. 7 del 26 aprile, "Disposizioni in materia di disostruzione pediatrica e di rianimazione cardiopolmonare", e ne ha deliberato l'impugnativa. In particolare, ha dichiarato l'illegittimità per violazione dell'articolo 81, terzo comma della Costituzione, l'ammissione alla quale sono imputate le spese per la realizzazione dei percorsi formativi e informativi di carattere corrente per l'esercizio 2018 non presenta la necessaria copertura finanziaria.


Argomento:

d) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

e) Richiesta comunicazioni della Giunta regionale


PRESIDENTE

Comunico che è pervenuta, da parte del Consigliere Grimaldi, una richiesta di comunicazione dell'Assessora Pentenero, relativamente allo stato delle nostre politiche attive sui Centri per il l'impiego e sull'erogazione degli ammortizzatori sociali a seguito della notizia di martedì, riguardante la signora Jolanda Candido, disoccupata che si è data fuoco nella sede dell'INPS di Corso Giulio Cesare.


Argomento: Diritti umani

f) Cerimonia adesione a campagna "Verità per Giulio Regeni"


PRESIDENTE

Comunico inoltre che alle ore 13 in Sala Viglione si svolgerà la cerimonia di adesione alla campagna "Verità per Giulio Regeni".


Argomento:

g) Presidio davanti a Palazzo Lascaris dei lavoratori precari assunti da Poste italiane


PRESIDENTE

Alle ore 14.15 sarà presente un presidio davanti a Palazzo Lascaris dei lavoratori precari assunti da Poste italiane con uno o più contratti a tempo determinato.
Invito l'Aula a darmi indicazioni in merito al ricevimento di un'eventuale delegazione. Potrebbe avvenire in Sala dei Presidenti alle ore 14, se l'Aula acconsente, finita l'iniziativa per Giulio Regeni.


Argomento:

h) Ricevimento rappresentanze sindacali lavoratori Vodafone


PRESIDENTE

Infine, comunico, come già avete ricevuto informazione, che questa mattina alle ore 9 abbiamo ricevuto nella Sala dei Presidenti una rappresentanza dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali dei dipendenti Vodafone, i quali ci hanno consegnato un plico contenente le sentenze che certifica il percorso, la storia dei lavoratori Vodafone. Mi permetto di far distribuire il tutto dagli uscieri.
Ricordo altresì che, alle ore 18, si terrà la riunione dei Conferenza dei Capigruppo consiliari.


Argomento:

Nomine (rinvio)


PRESIDENTE

Colleghi, posticipiamo, l'esame del punto 3) all'o.d.g., inerente a "Nomine", e passiamo al punto 4) all'o.d.g.



(L'Assemblea, tacitamente, acconsente)


Argomento: Istituti Pubblici di Assistenza e beneficenza - II. PP. A. B.

Esame disegno di legge n. 193, inerente a "Riordino del sistema delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del disegno di legge n. 193, inerente a "Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza", di cui al punto 4) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Ravetti, che ha facoltà di intervenire prego.



RAVETTI Domenico, relatore

Grazie, Presidente.
Colgo quest'occasione per ribadire alcuni concetti già utilizzati in questa legislatura, che riguardano il sistema di welfare che abbiamo a disposizione e le risposte pubbliche che mettiamo a disposizione dei nostri cittadini, in particolare quelli più in difficoltà. Quello lo scenario entro il quale si muove la proposta di riforma delle IPAB in Piemonte.
Quello che abbiamo detto riguarda l'Italia, ma in particolare riguarda l'Europa che veniva definita - forse vale la pena ancora definirla così la "culla dei diritti". Ci sono due percentuali che mi convincono tuttora e ci convincono tuttora che, nonostante le difficoltà, questa è ancora la culla dei diritti: il welfare europeo vale il 58 per cento del welfare mondiale nonostante gli europei siano solo l'otto per cento della popolazione mondiale.
Ci è chiaro quindi che, rispetto a quelle che amiamo definire le fragilità sociali, gli Stati che compongono l'Europa - in maniera differente, questo è chiaro - continuano a mantenere inalterata la parte finanziaria dei loro bilanci a favore di chi non ce la fa.
Vi sono in Europa, ci dicono in sociologia, quattro modelli, e cioè quello socialdemocratico (scandinavo, in particolare), quello anglosassone definito selettivo, quello tedesco, definito corporativo e il modello mediterraneo, quello cui appartiene l'Italia, con un carattere che, anche qui, viene definito "paternalista".
Avremmo bisogno di molto più tempo per entrare nel merito di queste definizioni; offro alla discussione i titoli dei temi.
È evidente però che, per una serie di ragioni, questi quattro modelli sono entrati in crisi, nonostante tutto, come dicevo al principio. Sono entrati in crisi perché sono stati prima immaginati, poi realizzati e messi a disposizione appena dopo la seconda metà del secolo scorso, con scenari completamente differenti rispetto alla società attuale. Peraltro, a proposito degli elementi che hanno messo in crisi i sistemi europei, ve ne sono alcuni che meriterebbero un approfondimento ulteriore.
Nell'accezione negativa che comporta, ricordo l'invecchiamento della popolazione, quindi il grande tema delle cronicità e delle non autosufficienze, il tema della crisi finanziaria e l'insostenibilità del debito pubblico, altra questione che riguarda, in particolare, il modello mediterraneo e Paesi come l'Italia, che appartengono a quella fascia geografica a sud dell'Europa.
Ancora, l'emergere di nuove tensioni sociali, ma anche il tema dell'immigrazione, che porta con sé opportunità, ma molti problemi di carattere sociale e nuove tensioni sociali.
Aggiungiamo la crescita delle disuguaglianze e l'incapacità, in un mondo che ha utilizzato e diffuso la nuova tecnologia, di ridurre le distanze tra chi ce la fa e chi non è in grado di farsi carico, in autonomia, di sé stesso, della propria famiglia, di quelli che un tempo con un po' di ridondanza, definivamo diritti sociali come la scuola e la salute, tenendo conto che, in questa crescita delle disuguaglianze, la parte pubblica non è in grado di riempire i vuoti, di offrire un sistema adeguato di risposte.
Ci sono molte altre ragioni che hanno messo in crisi i sistemi di welfare europeo, e su questo ci sta tutto il limite della nostra azione di governo di un territorio; limite anche delle nostre divisioni, delle divisioni dei Gruppi di questo Consiglio. Avremmo bisogno, probabilmente di condividere l'analisi e, forse, di provare a dare risposte differenti ma è un'analisi che la politica non ha ancora fatto in profondità.
Devo dire, assumendomi la quota parte di responsabilità, che avremmo bisogno in questo tempo di mettere al centro delle nostre attenzioni e di dare priorità, con le nostre politiche, rispetto al grande tema delle disuguaglianze per ridurre le distanze. Per ridurre le distanze, serve fare insieme quell'analisi.
Pensate che in Italia l'età media è passata da 77 a 79 anni nell'ultimo decennio. Per questo aumenta del 25 per cento la spesa dello Stato per le pensioni ed è previsto che nel 2060 ogni lavoratore dovrebbe mensilmente pagare una pensione. Solo questo dato dovrebbe indurci a pensare che più avanti, senza alternative, noi manderemo questo modello in crisi profonda.
Eppure, manteniamo più o meno inalterate anche noi le risorse soprattutto per le non autosufficienze e per i minori. C'è un aspetto critico che si aggiunge a quello che vi ho detto, ed è la sottrazione di risorse a Comuni e Regioni che, con ruoli diversi, sono in Italia soggetti attuatori delle politiche sociali.
Nella sostanza, la riforma delle IPAB si muove in questo sistema di welfare italiano che ha due fattori critici, che riassumo in insostenibilità e inadeguatezza. Lasciamo fuori troppe fragilità sociali.
Le IPAB sono state, e sono, uno strumento per affrontare parte delle questioni che prima ho enunciato. Ci sono aspetti positivi, e non lo dico solo perché faccio parte di questa maggioranza: è che, per tempo, perlomeno in questa Regione, in particolare l'Assessorato di Augusto Ferrari ha avviato un'analisi ed è riuscito a condividerla con il territorio piemontese e con i protagonisti delle politiche sociali, a partire dal terzo settore, dalle amministrazioni comunali, dagli enti gestori delle politiche sociali per conto delle amministrazioni comunali. L'Assessorato ha condiviso un'analisi e ora è arrivato il tempo di porre in essere le prime soluzioni.
Avremo tempo per avviare altre riforme, avremo tempo per definire i contorni di una storia che è tutta da scrivere. Oggi siamo qui per avviare una riforma che il Piemonte attendeva da 16 anni e che consente di rimettere sui binari giusti un numero significativo di attività e di soggetti erogatori di servizi socio-assistenziali: le IPAB. Non c'era ancora l'Italia, ma le IPAB c'erano già, e non è cambiato molto rispetto ad allora. Quindi, a proposito della necessità di adeguare il sistema possiamo dividerci e avere idee differenti rispetto alla bontà di una riforma, ma non possiamo pensarla diversamente rispetto alla necessità di cambiare l'esistente. Anche perché i numeri, da soli, possono convincerci: i numeri dei commissariamenti, i numeri delle IPAB in crisi, l'incapacità non sempre, ma molte volte - di connettersi a una rete di servizi diffusa sul territorio e di essere soggetti che partecipano, in questo quadro così complicato, al sistema di quelle risposte che i cittadini che hanno più difficoltà meritano.
In Commissione, verso la fine dell'anno scorso, abbiamo incardinato il provvedimento, e questo è stato uno dei disegni di legge che hanno occupato il maggior numero di Commissioni, ma non soltanto della IV Commissione: quasi 20 convocazioni, circa 60 ore di discussione. Un confronto che ha modificato in alcune parti e migliorato in tantissime altre la proposta iniziale che, ricordo, nasce da un ordine del giorno votato all'unanimità dal Consiglio, e che nel 2015 ha impegnato la Giunta e l'Assessore Ferrari a elaborare una proposta di modifica del sistema. L'intenzione era, di per sé, condivisa da tempo in quest'Aula.
È un disegno di legge che, in attuazione del decreto legislativo n. 207 del 2001, ha l'obiettivo di ordinare le IPAB, trasformandole in aziende pubbliche di servizi alla persona, o in persone giuridiche di diritto privato. Abbiamo deciso, dopo un lungo confronto, di trasformarle in base ai valori di produzione, determinati dalle entrate effettive dell'ultimo triennio. In particolare, le IPAB con un valore di produzione inferiore nell'ultimo triennio a un milione e mezzo di euro, si trasformeranno in associazioni o fondazioni. Le IPAB con un valore di produzione medio nell'ultimo triennio compreso tra un milione e mezzo e due milioni e mezzo di euro, potranno scegliere se trasformarsi in associazioni, in fondazioni o in aziende pubbliche di servizi alla persone. Infine, le IPAB che hanno un valore medio di produzione nell'ultimo triennio superiore a due milioni e mezzo, si trasformeranno in aziende di servizi alle persona.
Che cosa significa questo? Sembrano soltanto definizioni, ma andiamo oltre. Questa è una legge che porta con sé un'ambizione: oltre alla possibilità di mettere in rete questi soggetti erogatori di servizi socio sanitari, ammodernare l'intero sistema, passando dalle azioni di volontariato (che, soprattutto nei piccoli Comuni, hanno segnato, purtroppo anche in negativo, l'esperienza delle IPAB), a un sistema molto più professionale in grado di reggere l'urto - uso questo termine - di un mercato molto aggressivo in questo ambito.
A chi pensa - lo dico subito - alla svendita di un sistema pubblico noi rispondiamo che si sta sbagliando; noi stiamo facendo il possibile per evitare quella svendita; stiamo facendo il possibile per mettere nelle migliori condizioni quella "storia" ed essere ancora "futuro".
Tra l'altro, per rendere ancora più forte il sistema, abbiamo previsto oltre che la possibilità di integrare nel distretto delle IPAB (e nei distretti limitrofi), anche la possibilità di fusione tra più soggetti definendo economie di scala più adeguate e forti per poter affrontare la sfida del mercato.
Insomma, ciò che ho cercato di rimarcare in questi 15 minuti di intervento - credo di non averne più a disposizione - è che 34 articoli ricompresi in VI Capi, che affronteremo prima con la discussione e poi con il voto, sono la dimostrazione che avviare una fase di cambiamento non è soltanto un impegno che ci assumiamo quando ci presentiamo agli elettori ma è anche un esercizio pratico che offriamo a quest'Aula e che pu certamente offrire al Piemonte intero uno scenario migliore, con l'obbligo dopo la riforma, di accompagnare questa trasformazione e di non dare nulla per scontato, ed eventualmente di cambiare quelle parti che meritano, oltre che attenzioni, ulteriori cambiamenti.
Però è un avvio, e noi lo definiamo un avvio positivo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Porchietto, relatrice di minoranza.



PORCHIETTO Claudia, relatrice

Grazie, Presidente.
In premessa ci tengo solo a sottolineare, in particolare ai colleghi della maggioranza, che l'eventuale veemenza nell'esposizione chiaramente è legata al fatto che credo molto in quello che abbiamo fatto in Commissione pertanto, non è di certo legata a interventi di carattere personale che il collega Ravetti ha fatto, ma rispetto a quello che è stato un lavoro discusso in tutti questi mesi all'interno della Commissione.
Mi permetto di partire proprio dalla relazione di maggioranza per fare alcune riflessioni, e poi scendere nel dettaglio rispetto alla posizione che, ancora oggi, difendiamo e manteniamo rispetto al lavoro che il centrodestra - Forza Italia in particolare - ha fatto in IV Commissione in tutti questi mesi.
Ho ascoltato con attenzione il collega Ravetti e nel sentire come la maggioranza ritiene che questo sia uno dei punti fondamentali - e, mi permetto di dire, forse anche caratterizzanti quello che è stato l'impegno che la Giunta e la maggioranza hanno preso in questi anni - mi lascia un po' perplessa il fatto di vedere molte sedie vuote: probabilmente, il welfare non è così nelle corde dei colleghi del centrosinistra.
Dico questo perché in tutti questi mesi, a partire da quell'ordine del giorno che all'unanimità votammo nel 2015, la maggioranza ha confuso l'unanimità rispetto all'attenzione che va posta a un sistema con l'appiattimento su un impianto legislativo che non condividiamo; e lo abbiamo detto fin dal primo giorno. Perché non lo condividiamo? In primis - lo dico soprattutto per quei colleghi, sia di maggioranza che di opposizione, che non sono magari nella IV Commissione e che pertanto, non hanno seguito, con la stessa attenzione che abbiamo seguito noi, l'evolversi di questa iniziativa legislativa - perché il testo originario è notevolmente cambiato rispetto al testo che è uscito; non perché c'è stata attenzione rispetto a quelle che sono state le grandi segnalazioni che abbiamo fatto, anche in fase di emendamenti, che, sin dal primo momento, abbiamo dichiarato di natura ostruzionistica, perché non ritenevamo che questo impianto fosse condivisibile, ma che con grande correttezza, soprattutto nei confronti dell'Assessore e dei colleghi abbiamo puntualmente esplicitato per cercare di far capire qual era il tema della nostra opposizione.
Le grandi differenze rispetto al testo originario e rispetto a quello che poi è stato deliberato pochi giorni or sono, nascono dal fatto che in realtà questo lavoro di mappatura, collega Ravetti, non era stato fatto.
Quello che voi state dicendo ("abbiamo mappato il territorio, abbiamo verificato...") non è vero, tant'è che siamo stati noi a chiedervi, come prima cosa, che l'Assessorato mappasse, dal punto di vista economico patrimoniale, il mondo delle IPAB. Perché diventava difficile immaginare che un impianto normativo stesse in piedi con delle fasce legate a dei dati di bilancio che non avevate.
Voi avete deciso di dividere in fasce tout court un sistema articolato e complesso, che, come diceva lei prima, è nato tanti anni fa e che, mi permetto di sottolineare, è sopravvissuto fino a oggi, nel bene o nel male a prescindere dalle Giunte regionali che sono succedute.
Ricordiamoci anche che molto spesso questi sistemi non riescono a sopravvivere perché non c'è l'attenzione delle istituzioni nel momento necessario, e non soltanto per mala gestio (poi per noi è sempre facile andare a vedere, in primis, la mala gestio e poi tutto quello che funziona). Ma in quel frangente - l'Assessore lo ricorderà molto bene chiedemmo a più riprese dei gruppi di lavoro perché gli Uffici non avevano idea di quello che fosse l'articolato e complesso mondo delle IPAB. E mi permetto di sottolineare come ancora oggi quella mappatura non sia completa: in realtà, noi abbiamo preso a titolo esemplificativo - come si suol dire - alcune realtà importanti o meno, ma il variegato mondo delle IPAB, con tutte le articolazioni e le complessità, a oggi non lo conosciamo ancora; ne è prova che solo poche settimane or sono io e il collega Vignale eravamo a Saluzzo e alcune delle IPAB più o meno grandi sottolineavano come non avevano mai avuto relazioni con gli Uffici regionali e mai nessuno aveva chiesto loro i dati di bilancio e neanche il valore del fatturato.
Prima cosa, oggettiva: scusate, ma noi stiamo andando a imporre una classificazione a un sistema di cui neanche conosciamo tutte le caratteristiche e le strutture! Abbiamo parlato a lungo della necessità di adeguarci sì alle normative nazionali, ma facendo attenzione a quella che era la peculiarità territoriale, e ricordando anche come il sistema delle IPAB, che si basa in modo capillare ed estremo sulla volontarietà di tante persone, in particolare nei consigli di amministrazione, ha la necessità di trovare nel sistema regionale chiarezza di regole.
Noi oggi abbiamo una proposta che giunge in Aula in cui, ad esempio nel testo licenziato, all'articolo 8, nei procedimenti di riordino demandiamo ad un secondo tempo alla Giunta regionale le regole del gioco.
Scusate, ma noi stiamo andando a dire al sistema: "Non ti preoccupare condividi questo documento; stai tranquillo, ti aiuteremo ad evolvere. Poi però, le regole del gioco te le raccontiamo in un altro momento, perché non le abbiamo ancora messe in campo, non le conosciamo ancora".
Tutti i colleghi questa mattina, al loro risveglio, credo abbiano ricevuto, come ho ricevuto io, una lettera della CISL (quindi non una sigla sindacale poco significativa in questo mondo!) che chiede e puntualizza una serie di aspetti che mi inducono a dire che, dopo un primo incontro avvenuto mesi e mesi or sono con le rappresentanze sindacali, in cui qualcuno ha detto loro "non vi preoccupate, sarete accompagnati passo a passo anche voi, che rappresentate i lavoratori in questa riforma", oggi si scopre che nulla è più avvenuto.
Il tema dirimente - lo ribadisco, perché l'ho detto la scorsa settimana in modo informale all'Assessore e lo ripeto questa mattina all'Aula - è che non abbiamo nessuna intenzione di fare emendamenti ostruzionistici. Noi abbiamo lavorato con coscienza e seriamente in Commissione in tutti questi mesi e ci è dispiaciuto, a un certo punto, rimanere da soli in opposizione.
Devo ancora capire il motivo per cui, a seguito della richiesta del Comune di Torino di essere auditi in Aula, l'audizione è avvenuta vis-à-vis con l'Assessore e si è chiusa la questione in questo modo. Tant'è che l'audizione con il Comune sarebbe avvenuta soltanto dopo avere deliberato il testo, come se non fosse importante sentire anche il capoluogo di Regione, che ha molte realtà importanti e delicate nel mondo delle IPAB su questo territorio prima di dire la parola fine al testo che portate in Aula. Eppure anche in quel momento - mi dispiace dirlo e lo dico con tristezza - siamo rimasti noi da soli a fare opposizione, anche se mi risulta che questa mattina molti emendamenti verranno nuovamente presentati in Aula dai colleghi del Movimento 5 Stelle. Mi chiedo il motivo per cui non abbiamo terminato un'elaborazione all'interno di una Commissione.
Lo dico, perché con serietà e onestà ribadiamo la posizione che abbiamo tenuto in tutti questi mesi, confermando alla maggioranza che a noi il tema è molto caro ed è molto delicato, ed è il motivo per cui continuiamo a dirvi che l'impianto, così com'è strutturato e così come verrà deliberato cioè parlando di massimi sistemi senza scendere nel definire delle basilari regole del gioco per questo sistema - non è l'impianto di riforma che possiamo scegliere.
Collega Ravetti, lei sa benissimo quanto nelle scorse settimane abbiamo ribadito che le Commissioni si gestiscono non d'imperio, cosa che lei ha fatto molto spesso su questo tema, ritenendo che le sollecitazioni che i Gruppi del centrodestra portavano fossero superate, richiamandoci per questa mattina in Aula a un senso di responsabilità e di condivisione di questo percorso. Noi non lo condividiamo, perché riteniamo che questo farà il male delle IPAB e che, fra un anno, quando questo assetto dovrà entrare a regime, dopo aver letto, e non solo sentito, il testo che verrà probabilmente deliberato in queste settimane, molte IPAB si renderanno conto che questo sistema nuovo le metterà alla mercé di un mondo che per loro è difficile da condividere, proprio perché la natura volontaristica continua a rimanere il perno su cui si fonda il sistema delle IPAB.
Mi auguro, Assessore, che non si debba essere fra un anno nuovamente in Aula per modificare questo testo, perché non soltanto per il sistema e per gli operatori, ma soprattutto per chi usufruisce dei servizi, sarebbe un disastro. Mi pare che anche coloro i quali da tanti anni rappresentano con le loro battaglie le persone più deboli abbiano cercato invano di sottolinearvi come questa struttura e questa riforma non sia confacente con il sistema esistente.
Chiudo con una chiosa e mi permetto solo di dire questo: non è che un sistema consolidato negli anni non debba per forza più funzionare nell'età moderna. Rottami e rottamatori abbiamo visto che fine fanno e non è detto che rottamare questo sistema sia veramente un bene per il Piemonte.
Spero che l'Assessore, di cui ho grande stima e che rispetto, pensi bene a quello che questa mattina abbiamo espresso, perché lo diciamo con onestà intellettuale e non per rimostranze nei confronti di una maggioranza che, in questo caso, concettualmente non ci rappresenta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono, secondo relatore di minoranza.



BONO Davide, relatore

Grazie, Presidente.
Siamo oggi arrivati in Aula dopo diverse sedute di Commissione, in cui il Movimento 5 Stelle, con una visione diversa da quella delineata ora dalla collega Porchietto, ha tenuto un po' il banco e il bandolo della matassa, soprattutto da parte delle opposizioni, cercando di portare una serie di miglioramenti a un provvedimento che ritenevamo, e riteniamo tuttora, non corretto o, meglio, non rispondente sia al dettato delle leggi nazionali (il combinato disposto della legge n. 328 della legge quadro sull'istituzione di un sistema integrato di servizi socio-assistenziali) sia al decreto legislativo 207/2001, che è proprio quello che detta le norme di riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
Come ha detto giustamente il collega Ravetti, oggi siamo in un sistema di welfare pubblico sociale, che è molto diverso dal sistema di welfare privatistico o di assistenza privatistica che c'era nel secolo scorso, per non dire quanto siamo lontani dal sistema caritatevole, assolutamente aleatorio, che era presente nel XIX secolo. Quindi, c'è stata un'evoluzione notevole, che è anche abbastanza inquadrata e inquadrabile dalle leggi che si sono susseguite nel tempo.
Se andiamo a fare una disamina storica, vediamo che le istituzioni di beneficenza nascono con una finalità caritatevole nel XIX secolo, ma anche prima, ossia con una finalità di assistenza soprattutto ai poveri.
Già con il Regno di Sardegna e con l'unione del Regno d'Italia ci si rese conto delle difficoltà ad affidare anche i lasciti testamentari perché di questo si parla soprattutto, cioè di lasciti di persone private a queste istituzioni spesso di carattere religioso, ma anche di natura laica di seguire un controllo, di controllare il flusso del patrimonio che passava dai lasciti testamentari a queste istituzioni. Quindi, si trattava di controllare ed evitare gli abusi.
Da qui nacque nel 1862 una delle prime leggi del Regno italiano, la cosiddetta "legge Rattazzi", che pose sotto il pubblico controllo le istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza; l'assistenza, alla lettera a), venne aggiunta successivamente con la legge Crispi, perch all'epoca si chiamavano solo "istituzioni di beneficenza".
La legge Crispi, trent'anni dopo, quindi nel 1890, in un passo successivo dà ulteriormente forza al controllo pubblico e istituisce la norma per cui i Consigli di Amministrazione delle IPAB vengono nominati dalle Giunte e dai Consigli municipali; così anche tutta una serie di altre norme che rendono sostanzialmente quasi "obbligatoria" l'assistenza ai poveri.
Nel XX secolo inizia un movimento di risveglio anche delle classi dei lavoratori, delle classi più povere rispetto al sistema liberal-liberista esistente, quindi nascono tutta una serie di leggi e di riforme, ovviamente sotto la pressione delle masse popolari. Per cui arriviamo lentamente prima alle assicurazioni obbligatorie solo per i lavoratori e poi al modello di assistenza universalistica di stampo socialdemocratico che citava il collega Ravetti, con un iter accidentato che si completa solo dopo la Seconda guerra mondiale.
Oggi siamo in una situazione di difficoltà, perché sostanzialmente mancano risorse, nel senso che sia il sistema pensionistico sia il sistema di assistenza in generale, considerato l'allungamento della vita media delle persone, si è ingrandito sempre di più. Quindi, dobbiamo trovare ricette e soluzioni che permettano il mantenimento di un sistema che ha dato dei risvolti, delle garanzie, delle certezze e delle sicurezze che sono state fondamentali per lo sviluppo socio-economico e culturale del mondo occidentale.
Però è ovvio che oggi non parliamo di questo, nel senso che siamo una Regione importante nel Paese Italia, ma non siamo in Parlamento; direi anche fortunatamente, perché sarebbe molto più difficile, ma anche più stimolante, affrontare il tema della revisione del sistema del welfare nazionale.
Noi oggi parliamo del riordino delle IPAB, delle istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza. E quindi dobbiamo partire dalle ultime norme, quelle più recenti che, senza richiamare Rattazzi e Crispi, sono le norme degli ultimi vent'anni. Quindi, il decreto del Presidente della Repubblica del 1990, che permetteva - e permette tuttora, finché non verrà approvata questa norma, ma anche dopo la sua approvazione - la possibilità per le IPAB che hanno un carattere prettamente privatistico di trasformarsi liberamente in associazioni o fondazioni con personalità giuridica di tipo privato. Quelle di natura prettamente religiosa, quindi, possono assumere carattere prettamente associativo o avere un C.d.A. nettamente privatistico e gestito da privati.
Le norme del 2000 e del 2001, però, hanno immesso notevoli novità nell'ordinamento. Innanzitutto, con la legge del 2000 - ed è importantissima, come ho detto tante volte all'Assessore Ferrari - le IPAB che operano in campo socio-assistenziale devono essere inserite nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali: le IPAB, cioè, sono un valore aggiuntivo, un plus del nostro sistema di welfare regionale e devono essere inserite nella rete della programmazione regionale. E quindi mi viene già il primo quesito, che è: come fare - lo dico all'Assessore Ferrari e al Presidente Chiamparino che so che mi ascoltano - se la maggioranza delle IPAB diventeranno, è vero, no profit, però soggetti con personalità giuridica di tipo privato? Come faranno a essere inserite nella programmazione regionale? Il D.lgs. 207/2001 detta ulteriori norme molto interessanti: mantiene la possibilità delle IPAB di trasformarsi in enti con personalità giuridica di tipo privato (quindi associazioni o fondazioni), ma detta una linea preponderante - e mi sembra questo il dato fondamentale - di indirizzo verso la trasformazione in aziende pubbliche di servizi alla persona. E questo è chiaro, come si evince dalla lettura degli articoli. Si dice: "Le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali sono tenute a trasformarsi in aziende pubbliche di servizi alla persona", punto! Poi, ci sono le cause per le quali ciò non è possibile, ma in primis, dunque, sono tenute a trasformarsi in aziende pubbliche di servizi alla persona.
È esclusa questa trasformazione "nel caso in cui le dimensioni delle istituzioni non giustifichino il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico", "nel caso in cui l'entità del patrimonio e il volume del bilancio siano insufficienti", "nel caso di verificata inattività nel campo sociale da almeno due anni", "nel caso risultino esaurite o non siano più conseguibili le finalità previste nelle tavole di fondazione o negli statuti": quattro precise caratteristiche, quindi, che possono escludere la trasformazione in aziende di servizi pubblici alla persona.
Al quarto comma si dice comunque che è possibile un piano di risanamento: nel caso in cui il patrimonio e il volume del bilancio siano troppo piccoli o in cui ci sia inattività, si può operare "un piano di risanamento, anche mediante fusione con altre istituzioni, tale da consentire la ripresa dell'attività nel campo sociale e il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico"; si parla quindi non solo del mantenimento dell'attività, ma del mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico.
È chiaro dunque quello che intendeva il legislatore nel 2001; sono passati 16 anni, ma non credo che sia stravolto completamente il senso di quanto detto da questa norma: è nettamente preponderante, cioè, l'interesse a mantenere la personalità giuridica di diritto pubblico, tant'è che anche all'articolo 19 in tema di fusioni si prevedono incentivi alle fusioni tra IPAB, al fine di mantenere l'attività nel campo socio-assistenziale e la personalità giuridica di diritto pubblico.
Fatta questa premessa doverosa, andiamo a vedere che cosa dice, invece il testo del disegno di legge licenziato dalla Commissione sanità e socio assistenziale: non dice esattamente la stessa cosa. Innanzitutto non c'è più traccia del patrimonio; e qui - metto le mani avanti nel senso che lo dico perché siamo coerenti, altrimenti diventeremmo poco credibili - va considerata la difficoltà di stimare correttamente il patrimonio. Ricorderà bene l'Assessore Ferrari tutte le polemiche sul patrimonio: come viene stimato? È stato censito tutto? È valutato correttamente? Abbiamo avuto grandissime difficoltà per mesi ad avere un censimento del patrimonio delle IPAB esistenti; e ancora adesso l'abbiamo molto per parti e non per tutte le IPAB. E quindi ci si è indirizzati di più sulla seconda parte della lettera b) dell'articolo 5 del D.lgs. 207/2001, cioè il valore medio della produzione. E si sono presi, ovviamente, dei valori che direi abbastanza arbitrari; però è stata fatta una scelta politica per cui il cut off è due milioni e mezzo: al di sopra dei due milioni e mezzo, cioè, le IPAB mantengono o assumono personalità giuridica di diritto pubblico; al di sotto dei due milioni e mezzo, o la assumono o scelgono se diventare invece, associazioni o fondazioni e quindi con natura giuridica di diritto privato.
Se facciamo un'analisi - che non è aggiornata, perché non ho i dati completamente rivisti (ricordo che ne avevamo aggiornati un centinaio, per adesso ho dimenticato la tabella in ufficio, ma ricordo che erano cambiati molto poco) e guardiamo le IPAB che hanno un bilancio superiore a 2,5 milioni di euro negli ultimi tre anni, vediamo che stiamo parlando di dieci IPAB: dieci su cento, quindi stiamo parlando di grosse realtà come la Casa di riposo di Asti, quella di Casale Monferrato, l'Istituto di Novara, la Casa di soggiorno per anziani di Castelnuovo Don Bosco, il Soggiorno "Borsalino" di Alessandria, l'Opera Pia di Saluzzo e la Casa di riposo di Vercelli (in teoria sarebbero sette, perché le ultime tre sono proprio al limite dei due milioni e mezzo e basta poco per scendere al di sotto).
Cosa vuol dire questo? Che noi stiamo facendo una legge che contraddice l'intento del legislatore, almeno nel 2001, che era quello di dire sostanzialmente, che le IPAB si trasformano in aziende pubbliche di servizi alla persona e solo marginalmente - nel caso in cui sussistano quelle condizioni che dicevo, cioè dimensioni troppo piccole, volume di bilancio troppo esiguo e patrimonio troppo limitato - si trasformano in enti privati.
Tra l'altro, si diceva che si sarebbe aspettato un documento di intesa da adottarsi in sede di Conferenza unificata per avere criteri generali uguali tra le Regioni. Invece qua siamo andati totalmente allo sbando.
Questa non è una precisa responsabilità dell'Assessore Ferrari e della Giunta Chiamparino, perché è dal 2001 che aspettiamo questa - mi si permetta di dire così - cavolo di Conferenza Stato-Regioni: non se n'è mai sentita traccia e in questi 15 anni non c'è mai stato un Presidente di Regione o un Assessore alle politiche sociali (in Piemonte come in altre Regioni) che abbia spinto per avere questo documento d'intesa con dei valori e dei parametri uguali tra Regioni. E quindi ogni Regione sta scrivendo leggi: 21 leggi - considerate le due Province autonome di Trento e Bolzano - diverse di riordino delle IPAB. Secondo me questo, di nuovo, è l'esempio di come forse il sistema Italia non funzioni tanto.
Un tema poi molto importante, che ovviamente in 15 minuti non riusciremo a trattare tutto, ma sul quale abbiamo depositato diverse decine di emendamenti, è quello trattato dall'articolo 4, al fine di rivedere i valori medi della produzione e inserire anche un elemento rilevante, cioè quello del saldo di bilancio: non è solo il criterio dimensionale dell'IPAB che conta, nel senso che ci può essere - l'ho detto tante volte in Commissione - un'IPAB che ha cinque milioni di valore medio di produzione negli ultimi tre anni, ma un bilancio negativo; e ci può essere un'IPAB che ha un milione di valore medio della produzione triennale, ma un bilancio positivo. Quindi dobbiamo aggiungere anche quel dato.
Per chiudere, però, nell'ultimo minuto che mi è concesso, tratterò il tema dei lavoratori, sollevato - come giustamente ricordato dalla collega Porchietto - dai sindacalisti della CISL. È vero che le norme del 2000 e 2001 dicono che comunque il personale, anche nell'azienda pubblica di servizi alla persona, avrà contratti di natura privatistica, però con mantenimento delle condizioni salariali e contrattuali di cui ha goduto fino all'ultimo, in attesa della deliberazione di un contratto nazionale di settore, cosa che ad oggi mi risulta non esistere.
Stiamo quindi di nuovo mandando centinaia i lavoratori in una grotta buia, senza luce e senza sapere qual è il loro destino e il loro futuro, in maniera molto leggera, o comunque l'Assessore - perché mi spiace, ma è suo compito - sta lavorando anche su questo ambito a livello nazionale per dare delle garanzie ai lavoratori che non si troveranno poi, nel momento in cui il 90 per cento delle IPAB - ripeto: il 90 per cento delle IPAB diventeranno associazioni e fondazioni di natura privatistica, con dei contratti come quelli adottati magari da qualche cooperativa (non molto attenta ai diritti dei lavoratori ma più attenta a vincere i bandi della Regione Piemonte), con stipendi dimezzati e con garanzie quasi azzerate? Questo, quindi, è un altro tema su cui io vorrei, se possibile discutere ampiamente - non solo tramite gli emendamenti ma anche a latere degli emendamenti - con l'Assessore e ovviamente con i Consiglieri di maggioranza e di minoranza, per trovare una quadra che sia il meno possibile lesiva dei lavoratori che operano in questo importante settore della Regione Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

È aperta la discussione generale.
La parola alla Vicepresidente Ruffino, che interviene in qualità di Consigliera.



RUFFINO Daniela

La ringrazio, Presidente.
Parto dal convegno che Forza Italia ha promosso proprio in questa Aula era presente anche l'Assessore e il titolo era "Arianna e il Minotauro".
Ricordo il lavoro che è stato fatto dal nostro Gruppo su questo tema, con tanti incontri sull'intero territorio piemontese con gli Amministratori con le varie realtà e con le IPAB.
Basterebbe citare il fatto che, in base alla legge nazionale, se l'IPAB (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza) non svolge più il compito di erogare prestazioni per i poveri, va estinta. Basta una delibera della Giunta regionale e il suo patrimonio (mobili, immobili, redditi generati) può essere alienato a titolo gratuito proprio dal Comune in cui l'IPAB ha sede, e il Comune stesso può chiedere, con atto formale alla Regione, l'estinzione delle IPAB non più attive sul territorio.
Devo dire che questo processo, per i Comuni, è un'enorme possibilità di reperimento di risorse da destinare alla fascia più debole della popolazione attraverso i servizi socio-assistenziali. Manca davvero la reale consistenza del patrimonio delle IPAB in Piemonte; secondo il CSA arriva a non meno di quattro miliardi di euro. Il disegno di legge prevede la trasformazione delle IPAB in fondazioni private o in aziende pubbliche di servizi alla persona, ma questo è un altro fatto che preoccupa tremendamente le Amministrazioni comunali.
L'ex Assessore Beppe Bracco, lo ricordiamo tutti, scrive: "Difendere e non invece disperdere, come da talune parti si sarebbe tentati, il patrimonio di beni mobili e immobili donati dai torinesi, in questo caso al Comune, nel corso dei secoli per garantire l'esistenza dell'assistenza".
Ricorderà, Assessore, che quando ci siamo visti in Aula ho preso alcuni appunti rispetto al suo intervento. Lei ci disse: "Ascoltare e valutare.
Questo può essere un risultato utile per il Piemonte, per chi ha bisogno: abbattere il Minotauro e per abbatterlo occorre rimuovere gli ostacoli". Mi chiedo oggi: erano le IPAB gli ostacoli? Si parlava del raggiungimento degli obiettivi e dell'individuazione delle priorità strategiche, ma una priorità strategica era proprio il contrasto alla povertà assoluta. Sono stati fatti dei passi, oggi siamo arrivati sino a qui. Lei ci disse anche che il Piemonte era fanalino di coda, perché dal 2001 la nostra Regione non ha una legge sulle IPAB. Si pu discutere: sono sicuramente un tassello delicato e anche, in qualche modo un sistema di potere all'interno dell'intera regione. Ci disse che, per l'appunto, avevano messo mano alla legge la Lombardia e la Toscana, però ci disse anche che sui decreti attuativi la Regione Piemonte è al tavolo romano, che la Regione vuole un testo contrassegnato da equilibrio per far reggere un sistema, non arroccati ma con la volontà di risolvere.
Noi abbiamo una consapevolezza, che è quella che le IPAB sono motori territoriali su sanità e assistenza, e un grande timore: che un'accelerazione ci porti a perdere quello che in qualche modo è sempre stata una grande eccellenza.
Ho letto la comunicazione che è arrivata dalla CISL: ci dice che non ci sono stati ritorni sulle osservazioni; che le questioni che erano state evidenziate come critiche sul provvedimento relativo al personale sono rimaste sostanzialmente immutate; c'è l'espressione dell'assoluta contrarietà per l'essere stati esclusi per mesi da qualsivoglia forma di confronto. Forza Italia aveva auspicato e chiesto, a partire dal momento del convegno e, in seguito, anche in Commissione, la possibilità di fare un percorso condiviso, proprio in forza della crisi che colpisce le famiglie e le fasce più deboli del Piemonte.
Noi pensiamo che chi governa oggi non può evitare di considerare che in meno di un decennio, la povertà assoluta è sostanzialmente raddoppiata e che si stima che ci siano un milione e mezzo di famiglie in difficoltà, in particolare quelle numerose con figli minori, e questo è sicuramente un tema su cui, come Gruppo, puntiamo veramente da tanto tempo. E poi, i numeri degli anziani non autosufficienti e le famiglie che ovviamente usufruiscono di servizi assistenziali non adeguati: pensiamo alla loro condizione.
Ed è in questo contesto, che brevemente vi ho accennato, che si inserisce il disegno di legge 193, incentrato sul riordino delle IPAB. È però impossibile non aprirsi a considerazioni più ampie su questo nostro panorama del welfare. Quindi noi, come dicevo prima, avremmo voluto immaginare un accoglimento diverso, riportato dal nostro Gruppo, anche nei gruppi di lavoro. Abbiamo chiesto di non accelerare i tempi, perch pensiamo che magari i decreti attuativi della legge nazionale sul terzo settore, in cui si tratterà anche di IPAB, in qualche modo potrebbero stravolgere quello che noi oggi stiamo facendo. E poi anche la richiesta di un'assoluta trasparenza di un sistema in cui operano cooperative di altre Regioni, che potrebbero vedere nella nostra Regione una notevole opportunità.
Questi sono aspetti che Forza Italia ha chiesto di ponderare attentamente per giungere, proprio a cominciare dalle IPAB, a un modello di welfare piemontese in grado di rispondere alle necessità di tutti i cittadini, i più deboli in particolare.
Come si evince dai nostri interventi, c'è grande preoccupazione. La preoccupazione che abbiamo raccolto sui territori la riportiamo in questa Aula e chiediamo, ovviamente, che la maggioranza e l'Assessore ne tengano conto.
Grazie.



BERTOLA GIORGIO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Non faro un'analisi puntuale della norma sui singoli articoli, ma proverò a fare una valutazione di carattere generale, come peraltro anche il relatore di maggioranza e il relatore di minoranza hanno provato a fare perché quando si fa una norma, soprattutto quando si fa una norma di quest'importanza, tendenzialmente si individua qual è l'obiettivo. In alcune leggi è assolutamente semplice comprendere qual è l'obiettivo che la legge stessa si pone, lo si può condividere o meno, ma l'obiettivo è chiaro.
Devo dire che in questo caso - è già stato detto, ma lo ripeto - vi sono alcuni punti di partenza metodologici che non mi hanno mai convinto.
Il primo è l'aspetto della situazione generale complessiva, cioè è facile dire e sapere che nella città capoluogo o in altri territori grandi, medi o piccoli le IPAB hanno dei problemi di carattere economico e dei problemi di carattere gestionale, e questo è certamente un dato di fatto; è un dato di fatto che nel corso degli anni la Regione è dovuta intervenire con una norma vigente relativamente al commissariamento di alcune IPAB e anche alla cessione alle Amministrazioni comunali di altre IPAB, quindi è evidente che esiste un sistema con delle problematicità.
Questo, però, va messo sempre all'interno della situazione in cui viviamo: non è che mentre le IPAB hanno problemi di carattere gestionale Case RSA - gestite in modo assolutamente privatistico, con contratti assolutamente meno impattanti da un punto di vista economico - non hanno avuto problemi economici.
I problemi economici hanno riguardato molti soggetti, ma noi ci occupiamo delle IPAB. E allora, va ricordato - io temo che a volte l'Aula lo dimentichi - cosa sono: non sono solo istituti di beneficenza, ma sono soprattutto un enorme patrimonio collettivo, derivante da donazioni.
Guardate, l'unica similitudine che noi possiamo fare rispetto alle IPAB, rispetto a un patrimonio della collettività, non è con un patrimonio dell'Amministrazione regionale piuttosto che dell'Amministrazione comunale ma è con gli usi civici. Le IPAB e gli usi civici sono i due grandi patrimoni della collettività di questa Regione, perché noi siamo in Consiglio regionale.
La Regione Sardegna ha modificato, pochi mesi fa, la propria norma sugli usi civici: un tema meno impattante rispetto a quello delle IPAB, ma sempre una proprietà collettiva. L'ha modificata cercando di sgravare cercando di semplificare la gestione degli usi civici.
Pochi giorni fa (l'11 maggio 2017) la Corte Costituzionale ha annullato la norma della Regione Sardegna, che - ripeto - per impatto è decisamente minore rispetto a questa, stabilendo: "La destinazione dei beni pubblici può essere variata solo nel rispetto della vocazione dei beni e dell'interesse generale della collettività, mentre le norme che la Regione Sardegna ha votato producono l'effetto di sottrarre al patrimonio collettivo vasti appezzamenti di territorio".
Da noi è già accaduto, cioè da noi è accaduto che negli ultimi anni un numero significativo di IPAB, per esempio all'interno di questa città, ma non solo (il Buon Pastore, la Munifica Istruzione, l'Educatorio della Provvidenza, l'Opera Pia Lotteri e altre), sono state cedute, pertanto non è che non possiamo rilevare che l'Amministrazione comunale del capoluogo quest'anno ha chiuso il suo bilancio anche grazie alla cessione, per dichiarazione dell'Assessore al bilancio e del Sindaco, quindi anche grazie al fatto di aver patrimonializzato un'IPAB per svariati milioni di euro.
E allora, questo è un tema. Cioè, se c'era da fare una modifica era quella di evitare che si potesse cedere per patrimonializzazione o utilizzo ad altri fini, per fare in modo che tutte le attività derivanti da cessione o da un beneficio che i cittadini piemontesi hanno fatto, potessero avere altro. Noi a volte non lo sappiamo, ma gli asili in cui vanno i nostri figli sono IPAB. L'asilo in cui sono andati i miei figli è un asilo pubblico comunale, è un'PAB, perché è stato ceduto con una vocazione. E ce ne sono moltissimi, non sono soltanto RSA: ci sono strutture di riabilitazione. È un patrimonio collettivo pubblico da salvaguardare.
Questa norma cosa fa? Lo dico ai colleghi di centrosinistra, perché da questo punto di vista dovrebbero essere sensibili: nella riduzione di diritti, riduce il diritto della collettività di avere un patrimonio donato da terzi, riduce i diritti dei lavoratori (e poi vedremo perché, ma lo diceva già la collega Porchietto), riduce i diritti dei pazienti, riduce complessivamente i diritti collettivi di questa regione.
Riduce i diritti rispetto al patrimonio, perché è assolutamente evidente: è evidente che una norma che consente l'alienazione a terzi non soltanto con la cessione, ma anche con tutto ciò che non sarà azienda speciale, dà la possibilità di una gestione più privatistica.
Si dirà: "L'impresa faccia l'impresa". Va bene, ma l'impresa faccia l'impresa non nella proprietà pubblica o l'impresa faccia l'impresa nella proprietà pubblica con - come accade oggi - una valutazione e un controllo che forse oggi è stato insufficiente, all'interno della proprietà pubblica.
Riduzione dei diritti dei lavoratori: è assolutamente evidente che tutti i lavoratori IPAB, salvo quelli che lavorano all'interno di quelle IPAB in cui esiste già una cooperativa, che - segnalo - saranno anche interessate alle gestioni future, e questo non è un male, però sarà interessante vedere come ci sarà una strana continuità o discontinuità a seconda delle IPAB, rispetto a questa gestione, sono dipendenti del pubblico impiego. Hanno un contratto nazionale collettivo delle autonomie locali, come un dipendente del Comune di Torino, come un dipendente della Regione Piemonte, come un dipendente della Città metropolitana o delle Province.
È evidente che tutte le IPAB che non saranno aziende speciali, ma saranno fondazioni, avranno contratti di diritto privatistico, ed è assolutamente evidente che i magnifici tre euro e 80 centesimi con i quali le centrali cooperative hanno siglato uno degli ultimi contratti lordi saranno applicabili anche all'interno di queste strutture.
La garanzia della cura e dell'assistenza sarà uguale? Evidentemente no perché è assolutamente palese che, al di là della buona volontà di chi gestisce, di chi lavora all'interno di una struttura, il contratto salariale fa una grande differenza.
Stupisce, però, la differenza esistente fra ciò che diciamo e ciò che facciamo. Mi sorprendo che il centrosinistra, e mi permetto di dirlo anche ai nuovi amici di MDP o agli amici di SEL, che fa della tutela del diritto del lavoratore un tratto distintivo del proprio operato, non si renda conto che con l'approvazione di questa legge c'è un assolutamente evidente taglio dei diritti dei lavoratori, almeno da un punto di vista salariale, ma anche rispetto alle possibilità di licenziamento.
Vi è, poi, un aspetto che è l'ultimo in termini di discussione generale: un'IPAB non funziona - ci ha detto l'Assessore e ci hanno spiegato più volte in Commissione, a cui io non ho sempre partecipato perché, quando si ritiene una legge come questa, come io la ritengo inemendabile, la maggioranza si assuma la responsabilità di votare un testo invotabile - ancorché abbia un Consiglio di Amministrazione magari fatto da persone molto competenti, arriva il privato e immediatamente in quell'IPAB che era decotta e che non aveva il numero di persone in grado di garantire un bilancio in attivo, il bilancio va magicamente a posto.
È evidente che va a posto, ma non andrà a posto con un miglioramento dei servizi o della qualità della vita dei residenti e dei lavoratori: andrà a posto, come in tanti altri casi abbiamo visto, con alcune riduzioni, con la riduzione di diritti che, comportando un minor costo alla fine metteranno a posto il bilancio.
È così che vogliamo risanare una parte delle IPAB piemontesi? Io preferisco di no. Io preferisco tenere la gran parte delle IPAB che continuano a funzionare grazie ai tanti volontari che in questi anni - a loro sì va dato un ringraziamento - hanno gestito le IPAB e, al limite, si pongano correttivi esclusivamente nei casi in cui ciò è possibile, a parità di diritti, non a riduzione di diritti.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Appiano; ne ha facoltà.



APPIANO Andrea

Grazie, Presidente.
Non me ne voglia la Consigliera Porchietto se prendo spunto dalla frase con cui ha aperto il suo intervento, cioè alcuni interventi espressi con foga non sono fatto personale, ma sono interesse alla materia. Ho partecipato a quasi tutte le 17 sedute di Commissione, quindi penso di aver guadagnato il diritto di esprimere un'opinione, sapendo che cosa è accaduto in Commissione.
Due questioni mi hanno colpito. La prima è la sua definizione della gestione della Presidenza della Commissione competente: una Commissione gestita con imperio. L'altra è che questa maggioranza ha voluto fare un'accelerazione indebita, siamo preoccupati che non si sia riflettuto abbastanza.
Aver utilizzato 17 sedute, quindi mesi e mesi di lavoro, forse un anno di lavoro, oltre alle consultazioni, e aver modificato radicalmente alcuni aspetti del disegno di legge originario, tutto mi fa dire fuorché ci sia stata una carenza di democrazia o un imperio.
Per quanto riguarda il termine accelerazione, che non è stato utilizzato dalla Consigliera Porchietto, ma da altra Consigliera, basta ricordare alcune date. Prima dell'intervento normativo del 2000 la materia delle IPAB era prescritta da una legge del 1890 (ante Repubblica, ante tutto). Dopodiché, la norma nazionale che ha dato il via al riordino delle IPAB è la n. 328 del 2000, articolo 10.
Dal 2000 al 2017 sono passati 17 anni e il decreto legislativo che è entrato nel merito e ha fissato i principi a cui ci siamo ispirati nello scrivere e nell'analizzare il disegno di legge è il decreto n. 207 del 2001, articolo 5. Sono passati 16 anni. In questi 17 anni, da quando il legislatore nazionale ha detto alle Regioni "fate la vostra parte riordinando un settore così importante del nostro ordinamento", i Gruppi che si sono detti preoccupati di questa accelerazione hanno governato gran parte di questi 17 anni, senza fare assolutamente nulla.
Un conto è fare convegni e incontri, un conto è provare a vedere come intorbidare un po' il percorso legislativo quando si sta per andare in Aula; altro conto è fare le norme e dare un po' di certezza a un settore dove molte istituzioni, in tutti questi anni di incertezza, hanno avuto difficoltà a operare e dove, per fortuna, ci sono moltissimi volontari che hanno portato avanti un aspetto e una parte così importante, anche in termini di sussidiarietà, dei nostri servizi.
Credo sia nostro specifico dovere dare un po' di certezza, sapendo che quello che andiamo ad analizzare e ad approvare non è un atto sacro, non è un Vangelo, neanche laico e, se nella fasi successive sarà necessario, una volta entrati nel merito dei procedimenti, apportare dei correttivi, sarà anche possibile apportarli, ma avendo una cornice finalmente approvata. Che è tutto, fuorché rivoluzionaria.
Da certi punti di vista, è proprio la traduzione dei principi che il legislatore nazionale ha scritto in una propria legge. Sono già stati ricordati prima, quindi non li ricorderò. L'articolo 5 del decreto legislativo 207 dice che la regola è che le IPAB diventino istituzioni pubbliche, diventino aziende pubbliche di servizi alla persona. Questa è la regola, comma 1, poi ci sono le eccezioni alla regola. Nell'ambito delle eccezioni alla regola si dice che, ove le dimensioni siano tali da rendere complessa la gestione sotto forma di azienda pubblica di servizi alla persona, allora si deve convergere verso il modello privatistico della fondazione o dell'associazione. Nel fissare questi limiti dimensionali interviene la Regione,.
Originariamente si pensava che i parametri fossero il patrimonio e l'attività e che ci fossero delle soglie nette e fisse. Nel dibattito di quelle 17 sedute abbiamo invece deciso, abbiamo licenziato un testo che estromette la valutazione patrimoniale come parametro dimensionale per scegliere il sentiero da percorrere, che non istituisce un termine rigido sotto il quale si va verso l'istituzione privata e sopra il quale si va verso l'azienda pubblica, ma che individua tre soglie.
Sotto la prima soglia, molto bassa (il milione e mezzo), si converge verso la fondazione o l'associazione di diritto privato. Sopra la soglia di due milioni e mezzo si va verso l'azienda pubblica e una intermedia, in cui c'è una facoltà di scelta, in modo da lasciare un po' di elasticità e flessibilità al percorso. Certo, l'azienda pubblica porta degli "appesantimenti", ma non vorrei che la trasparenza, il Revisore dei Conti e tutta una serie di garanzie siano solo esclusivamente vissute come un gravame quasi punitivo verso un'organizzazione che, comunque, gestisce un servizio pubblico, anche se sotto forma o come status di diritto privato.
Questa è la cornice in cui ci siamo mossi, sapendo che le IPAB future le aziende future o le fondazioni e istituzioni future saranno inserite in un sistema integrato di interventi e servizi sociali, secondo un principio di sussidiarietà, e rientreranno a pieno titolo nella programmazione socio assistenziale e socio-sanitaria. Peraltro, in questa legge teniamo anche conto di quelle istituzioni che non si occupano di socio-assistenziale e socio-sanitario e moduliamo, in modo un po' diverso, il percorso di evoluzione successiva, con l'obiettivo di razionalizzazione di servizi che può anche passare attraverso un processo di fusione. Anche su questo la Commissione ha discusso molto, approvando un articolo che cerca di incentivare questo percorso.
Si può fare qualcosa in Aula? Personalmente ritengo di sì. Per esempio è necessario rafforzare il coinvolgimento dei Comuni all'interno del processo che seguirà all'approvazione della legge. Alcuni di noi hanno presentato emendamenti che vogliono puntualizzare come il Comune è parte di un percorso, anche se la titolarità della scelta è in capo alla Regione.
Con questo, credo di venire anche incontro non solo a delle legittime aspettative, ma anche a richieste di intervento e di protagonismo delle autonomie locali. Così come il tema dei patrimoni. Non sono un elemento dimensionale, ma quello della vigilanza sul corretto utilizzo dei patrimoni è uno dei temi fondamentali.
Noi sappiamo che se l'IPAB è inattiva da due anni e non abbiamo aperto nuove finestre, prioritariamente i patrimoni, visto che l'IPAB andrà a estinguersi, andranno ai Comuni. Se i Comuni non accettano, la normativa prevede in ultima istanza, in via assolutamente residuale e, comunque, con gara con procedura di evidenza pubblica, di individuare un ente privato, ma è l'extrema ratio. Se il Comune dove ha sede l'IPAB inattiva si rende disponibile ad accogliere il patrimonio, lì andrà il patrimonio. Non c'è alcuna distrazione, nel rispetto delle disposizioni statutarie o delle tavole di fondazione.
C'è anche l'altro tema, quello dell'inattività se un IPAB ha un patrimonio disponibile. È nostro preciso dovere vigilare anche che l'utilizzo del patrimonio disponibile, cioè quello non necessario per svolgere la funzione per cui l'IPAB, o futura azienda o istituzione, vada a vantaggio del servizio pubblico, delle finalità originarie. Anche in questo senso è stato presentato un emendamento per rafforzare un principio, che è già nella legge, di vigilanza attenta sul corretto utilizzo del patrimonio.
Sui compensi, è altresì chiaro che le linee guida dovrà porle la Regione, attraverso la Giunta regionale, con un atto deliberativo in quanto, a livello nazionale, in tutti questi anni non si è raggiunta un'intesa quadro.
Ultima considerazione nei trenta secondi che mi restano. Possiamo migliorare la parte relativa alle garanzie sul personale? Tutto è migliorabile.
Possiamo dire che ci siamo disinteressati di questo tema? Io penso proprio di no. Ci sono degli articoli nel disegno di legge licenziato che lo dimostrano; penso all'articolo 18, sul personale delle future aziende in cui si dice che, in un contratto specifico, si mantengono le garanzie che a oggi i dipendenti hanno; più avanti, all'articolo 29, si entra anche nel merito del trattamento pensionistico dei dipendenti che continuano a prestare servizio presso l'ente anche dopo che esso abbia perduto il carattere di istituzione pubblica e di mantenere lo status antecedente a ciò che la legge nazionale impone.
Infine, anche sul patrimonio, all'articolo 28, le associazioni o fondazioni di diritto privato derivanti dalla trasformazione delle IPAB devono trasmettere alla Regione, che esercita quella funzione di vigilanza qualunque atto di dismissione o di modifica dell'utilizzo patrimoniale.
Credo, quindi, sentendo diversi punti di vista, che sia stato fatto un buon lavoro in Commissione e credo, altresì, che faremo un altrettanto buon lavoro in Aula con gli emendamenti di merito che varrà la pena approfondire.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Segretario Bertola, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Siamo all'ultimo passaggio - quello in Aula - di questo disegno di legge che riguarda il riordino delle IPAB. Sono organismi di diritto pubblico piuttosto antichi, come fondazione e costituzione, poiché, com'è già stato richiamato dal collega Bono, che ha fatto una breve cronistoria sull'evoluzione legislativa, si va addirittura a prima del Novecento quindi all'inizio della politica dell'Italia unitaria.
Negli anni sono state intraprese diverse modifiche normative; l'ultima è quella citata più volte questa mattina, ovvero il decreto legislativo n.
207/2001.
Ci hanno raccontato di un percorso piuttosto travagliato in Commissione anzi, molto travagliato - che ha avuto l'intenzione di operare un riordino delle IPAB, poiché, secondo quanto ci è stato detto, già in altre legislature c'erano stati dei tentativi di intervento ma nessuno di questi era stato poi portato a termine, poiché la legislatura era finita prima (anche non in modo anticipato come la scorsa).
In questa legislatura la Giunta è tornata, appunto, sull'argomento.
Diverse erano le perplessità che nutriva il nostro Gruppo consiliare relativamente al disegno di legge. C'è stata un'ampia discussione in Commissione e qualcosa è stato rivisto, sia attraverso nostri emendamenti sia nell'ambito di una discussione più complessiva. Sono però rimasti alcuni elementi che suscitano ancora forti perplessità. Quello principale va proprio all'origine della questione: pubblico o privato? Siamo all'articolo 4.
Se questo disegno di legge dovesse passare così com'è, su 101 IPAB, di fatto ne rimarrebbero solo 13 di pubbliche. Al riguardo, mi ricollego a quanto dichiarava il Consigliere Appiano: se la regola - il legislatore nazionale - prevede che rimangano istituzioni di diritto pubblico, con la sola eccezione che in alcune condizioni diventino private, qui è esattamente il contrario; passerebbe, cioè, un disegno di legge che dice: la regola, in pratica, è che diventano private; qualcuna resterà pubblica.
Perché? Perché si è stabilito un parametro, che non è il patrimonio (è stato giustamente richiamato quanto fosse difficile stabilire il patrimonio di una IPAB), ma il valore medio di produzione degli ultimi tre anni.
Allora, se passa il disegno di legge così com'è, le IPAB che hanno un valore medio di produzione superore ai 2,5 milioni di euro restano pubbliche; quelle tra 1,5 e 2,5 milioni di euro possono scegliere se restare pubbliche o approdare al privato. E noi abbiamo la forte sensazione assai fondata, peraltro - che molte di queste opteranno per il privato perché ci sono tutta una serie di obblighi e di vincoli in meno. È per questo che diciamo che facilmente il privato diventerà la regola! Quelle al di sotto di 1,5 milioni di euro diventano comunque private.
Nell'analisi che abbiamo svolto noi, restandone solo 13 di pubbliche su 101, si perde, innanzitutto, l'elemento fondante delle IPAB, così com'erano state concepite molto più di un secolo fa, e, forse, non siamo nemmeno troppo nello spirito del legislatore nazionale. Questo è un forte dubbio che abbiamo posto e che porremmo ancora porre durante questa discussione in Aula, a fronte degli emendamenti di merito che abbiamo presentato.
Legata sempre alla questione della probabile trasformazione in organismi privati della gran parte delle IPAB c'è un'altra preoccupazione in merito al personale, poiché lo stesso entra in un regime di diritto privato (con contratti di lavoro di natura privatistica), con un contratto nazionale che non c'è. Quindi noi mandiamo centinaia di lavoratori verso un futuro che è ignoto (perché non si sa verso cosa si muoverà), probabilmente verso la stessa precarietà che tutti i giorni cerchiamo di contrastare verso quella precarietà che ci porta ogni settimana a ricevere dei lavoratori, a cercare di risolvere i loro problemi con discussioni e tavoli di confronto. Anche qui, oltre a registrare il fatto che, anche per quanto riguarda le IPAB, il pubblico si va sempre più perdendo, emerge una fondata questione relativa ai lavoratori.
Sottolineo, altresì, che alcune Regioni che all'interno della norma hanno inserito dei riferimenti al rapporto lavoro, magari anche tutelati nei confronti dei lavoratori, hanno poi subito delle impugnative a livello nazionale. Dunque, questo è un altro elemento su cui bisogna ragionare e riflettere bene.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Anch'io ho partecipato ai lavori in Commissione sanità relativi a questo testo di legge. Tra l'altro, ero presente anche alla presentazione che l'Assessore Ferrari fece nel Comune di Oleggio, in cui abito, circa un anno e mezzo fa (probabilmente nel 2015). Alla stessa presentazione era anche presente una delegazione di lavoratori IPAB, perché erano preoccupati di perdere i loro diritti acquisiti in anni di attività nell'Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza. Era, dunque, un tema forte che questa legge doveva affrontare. Parzialmente lo ha fatto, chiaramente nell'alveo di una legislazione nazionale che va verso un contratto di tipo privatistico. Ciò non toglie che rimane sempre la problematica che questi lavoratori chiedevano e chiedono: mantenere i diritti acquisiti negli anni non solo i versamenti pensionistici e il trattamento di fine rapporto. Per credo che ci siano altre problematiche, come il diritto alla maternità e altre condizioni, che questi lavoratori rivendicavano e che temevano di perdere.
Però prima vorrei fare una piccola premessa. Spesso sentiamo in quest'Aula dire che il welfare è in crisi, che c'è una carenza di risorse c'è una difficoltà a trovare le risorse per i problemi sociali e che abbiamo un debito pubblico elevato. Però bisogna anche dire che l'Italia è uno dei Paesi più ricchi al mondo; abbiamo una ricchezza che è sette volte il PIL; il dieci per cento della ricchezza prodotta in Italia ogni anno finisce nei paradisi fiscali.
Per tutto ciò deve essere fatto un disegno politico strategico per recuperare risorse da queste ricchezze immense concentrate in poche persone, perché purtroppo la forbice economica è in continua crescita in Italia e non solo. Questa forbice economica è in crescita anche nelle nazioni del nord dell'Europa, dove il welfare ne ha contenuto la crescita ma di fronte al dilagare del neoliberismo, che credo pervada anche la sinistra italiana, questo sistema è entrato in crisi.
Quindi, occorre che le forze politiche italiane dovrebbero ripensare a come trovare le risorse per andare incontro ad un capitalismo che con la globalizzazione ha fatto un dumping contro le acquisizioni dei diritti sociali fatte nei gloriosi trent'anni del dopoguerra.
Se non affrontiamo questo tipo di discorso in modo serio e approfondito, ogni volta ci parleremo addosso dicendo che abbiamo una carenza di risorse, ma non è così, perché le risorse ci sono e anche in abbondanza, non le si vogliono toccare. Anzi, se andiamo a vedere il piano di edilizia sanitaria che questa maggioranza ha messo a punto per quanto riguarda la Città della Salute di Novara e il Parco della salute di Torino vediamo che è una grande operazione finanziaria che porta a un aumento degli oneri finanziari per centinaia di milioni a carico del sistema sanitario. Quindi, capite che stiamo andando in una direzione che non è quella indicata, perlomeno da noi.
Credo, però, che con questa legge di riordino delle istituzioni pubbliche di beneficenza è stato fatto uno sforzo importante dall'Assessorato che noi, in parte, non condividiamo, ma l'abbiamo espresso più volte in Commissione, perché crediamo che l'eccezione diventi la regola. Ovvero i testi legislativi nazionali indicano, come più volte hanno espresso i miei colleghi, un percorso che consenta alle istituzioni pubbliche di beneficenza di rimanere nell'alveo delle aziende pubbliche. Ma questo testo legislativo fa sì che solo il dieci per cento di questi enti di beneficenza rimanga in questo alveo, mentre l'eccezione diventa la regola.
Assessore, credo che probabilmente i parametri indicati sono troppo alti e questo lo riproporremo, com'è già stato affermato dai colleghi che mi hanno preceduto. Crediamo che il criterio dei due milioni e mezzo sia un criterio eccessivo; questa, forse, è l'altra difficoltà che abbiamo vissuto, cioè capire effettivamente i conti consuntivi e i patrimoni gestiti dalle IPAB. Si è fatto fatica a comprendere la fotografia che è stata fatta nei lavori della Commissione, però effettivamente non è che un'azienda con un fatturato sopra i due milioni e mezzo è un'azienda che sta bene, mentre un'azienda che sta sotto i due milioni e mezzo deve essere "privatizzata", sempre in modo no profit, ma comunque privatizzata.
Credo che ci sono aziende che con un milione di fatturato riescono a trovare un equilibrio e a reggere l'urto degli anni e aziende che, con un fatturato sopra i due milioni e mezzo, hanno magari difficoltà maggiori.
Quindi, probabilmente bisogna dare la possibilità e indicare anche una via maestra che, nel caso in cui c'è una possibilità di fare fusioni tra più istituzioni mantenendo l'azienda pubblica, come i testi legislativi nazionali indicano, questo possa essere fatto e consentirebbe anche ai lavoratori, pur rimanendo nell'alveo dei contratti privatistici, di mantenere i diritti acquisiti nel tempo.
Un altro tema è quello della cessione del patrimonio a terzi o privati effettivamente quel termine, a nostro dire, stona parecchio. Avrei preferito che ci fosse indicato perlomeno "associazioni" o "fondazioni" private, però quel "privati" crea grosse difficoltà.
Quindi, è un testo legislativo che, a nostro parere, può essere migliorato e noi presenteremo degli emendamenti in questa direzione. Credo che l'Assessore, che ha dimostrato una capacità di concertazione e di confronto notevole e una grandissima pazienza nelle circa 20 sedute della IV Commissione, consentirà di migliorare ulteriormente questo testo legislativo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Allemano; ne ha facoltà.



ALLEMANO Paolo

Grazie, Presidente.
Sì, 17 sedute di Commissione, una per ogni anno di vuoto normativo quindi, non mi sembra un tempo irrilevante.
È già stato detto che, in questi ultimi anni, è cambiato il mondo, in modo particolare sono cambiati i bisogni della popolazione anziana. Quindi abbiamo un sistema assolutamente non adeguato alle nuove necessità.
La Consigliera Porchietto diceva che stiamo rottamando un sistema.
Preferisco parlare di adeguamento del sistema, di efficientamento, perch non mi pare che nessuno in buona fede possa sostenere che, lasciando le cose come stanno, noi rispondiamo a un bisogno.
Le cose così come stanno sono affidate alla generosità di persone sul territorio e sono in una situazione di fragilità assoluta, perché a volte questa generosità si trasforma poi in avventura, dipende sempre dal feeling che c'è tra il board di queste strutture e le Amministrazioni. Le Amministrazioni hanno mandato quinquennale, certamente non si tarano in base allo spettro dei bisogni della popolazione anziana. Quindi, siamo in una situazione dove l'improvvisazione la fa un pochino da maestra.
Questo percorso si è anche approfondito negli ultimi anni, quando le case di riposo hanno perso la dimensione sanitaria che avevano. È stato citato il Saluzzese e io ho passato la vita nell'Ospedale di Saluzzo, che da sempre ha fatto i conti con gli "ospedali" dei Comuni vicini (così venivano chiamate le case di riposo): si operava in quelle case di riposo e io ho fatto delle guardie mediche in quelle strutture! È evidente che la dimensione che ha preso la sanità ha lasciato queste strutture in una situazione non definita, dove appunto hanno prevalso atteggiamenti caratterizzati da improvvisazione, senza nulla togliere alla generosità di persone che mettono anche soldi loro, oltre che tempo, per tenerle in vita. Ma è chiaro che pensare che questo sia il contesto in cui si deve operare oggi non è serio. Senza contare che ci sono Amministrazioni di poche migliaia di abitanti - o magari anche sotto i mille - che si avventurano ancora nella "cittadella dell'anziano", senza chiedersi come sono i bisogni, che sinergia si può fare con le strutture vicine e che contraggono mutui, dicendo "io faccio la struttura e poi in qualche modo qualcuno ci penserà, ad esempio la Regione". Non mi sembra che questo possa essere uno scenario che una classe di governo regionale si può permettere: non rottamazione, dunque, ma adeguamento ai bisogni.
Si è parlato di mappatura inadeguata. Ora, io non vedo come questo non potesse accadere: se per 17 anni nessuno ha battuto un colpo, è di tutta evidenza che queste situazioni, così fragili e così lasciate alla capacità dei singoli personaggi del territorio di recitare un ruolo, hanno fatto sì che ovviamente non fosse così semplice, con una telefonata, avere la situazione patrimoniale e dei bisogni. Mi sembra quindi che se c'è inadeguatezza, questa non sia solo legata alla cattiva volontà, ma proprio al fatto che il non governo crea delle zone grigie e delle sacche dove non si entra.
Un'altra obiezione è che ci staremmo shiftando in modo prevalente sul privato. Ora, è scritto chiaramente nella legge - ma questo lo sappiamo tutti - che non è che quel 90 per cento di IPAB che diventeranno associazioni o fondazioni esce dal campo visivo della Regione, perch quelle strutture hanno una mission e nella misura in cui svolgono una funzione legata al welfare, evidentemente saranno rigorosamente controllate da questa sede, dal governo regionale.
Sul tema dei contratti, si paventa una deriva contrattuale di natura privata, ma lo status di questi dipendenti anche nelle aziende pubbliche è di diritto privato; questo lo dice la legge (me lo spiega il mio "giurista" di riferimento, che è il Consigliere Appiano). Mi sembra quindi che stiamo creando una contrapposizione che, nei fatti, non esiste, perché comunque ci sono elementi di diritto privato che interagiscono con quello pubblico. E il fatto di avere delle aziende di servizi alla persona fortemente legate alle istituzioni locali e a controllo regionale non esclude dal controllo anche quelle strutture più piccole che hanno evidentemente altra mission e altri volumi di riferimento.
Concludo dunque facendo rilevare ancora un elemento, che è nato proprio in Commissione grazie alla spinta dei colleghi del Movimento 5 Stelle. Si parla, all'articolo 6, del distretto di coesione sociale. A me sembra un passaggio fondamentale, perché la fusione non è una cosa lasciata, così, al grado di simpatia che c'è tra un Comune e quello confinante, ma legata a delle strategie, a una mappatura, a un bacino territoriale. Noi, dunque non abbiamo detto: "Va beh, eventualmente, in base al grado di simpatia che c'è tra di voi, vi fondete o vi separate". No, si introduce questo elemento molto forte, che è il luogo dove si fanno le politiche della salute, che sono inevitabilmente un mix di sanità e di welfare.
Io credo che queste considerazioni siano sufficienti a considerare questo un passaggio epocale e penso che qui si faccia un pezzo di storia: un pezzo di quella storia nata nella seconda metà dell'Ottocento e che noi oggi attualizziamo, perché siamo cittadini di questo mondo.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Allemano.
Prima di proseguire chiedo solo gentilmente ai commessi se possono chiedere al pubblico esterno all'Aula di spostarsi e parlare possibilmente a bassa voce.
Ha chiesto la parola il Consigliere Campo; ne ha facoltà.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
Ebbene, dopo 16 anni dalla legge nazionale arriviamo a una proposta di recepimento che ha richiesto mesi di discussione in Commissione e che magari richiederà qualche mese di discussione in Consiglio.
È una battuta: in Consiglio, normalmente, queste cose finiscono rapidamente, anche perché la maggioranza di solito non ha neanche la pazienza di dibattere ulteriormente. Purtroppo molte delle norme che abbiamo discusso in questa sede ce le siamo tolte in un paio di sedute, al più ricorrendo al contingentamento dei tempi di discussione. E ovviamente speriamo non sia il caso di questo disegno di legge, che è effettivamente controverso.
Noi, da un certo punto di vista, quando l'abbiamo visto incardinato abbiamo pensato: bene, finalmente si affronta il tema. Si tratta di un argomento che è abbastanza esemplificativo dell'evoluzione che ha avuto il nostro Paese nell'affrontare, appunto, le questioni sociali, che sono sempre state trattate al di fuori di una reale programmazione e di una reale contestualizzazione, che facesse sì che i vari strumenti - pubblici e non pubblici - che venivano messi a disposizione della società funzionassero bene insieme e facessero parte di un meccanismo a supporto della società civile.
Così non è stato: non lo è stato per queste entità, che arrivano dall'inizio della storia del nostro Paese e che hanno avuto un ruolo importante di supporto alle comunità locali e di interventi laddove appunto, come sempre, lo Stato si mostrava deficitario, distratto o comunque discontinuo e inadeguato. E questo è un problema che abbiamo sempre avuto e che, purtroppo, è andato peggiorando negli ultimi anni.
Il nostro problema, cioè, è che il nostro Paese - e questo ovviamente è un ragionamento che faccio io, basandomi sul quadro disponibile - ha sempre disperso le sue risorse in mille rivoli: quando ne aveva tante, questo permetteva di fare di tutto e fra il tanto che si faceva c'era anche tanto di buono; al drenarsi delle risorse disponibili - per l'infelice avventura dell'euro in cui ci siamo infilati inadeguatamente preparati - legate agli equilibri economico-finanziari, invece di selezionare e di rafforzare le situazioni sistemiche, le soluzioni strutturali, l'organizzazione e l'efficienza del sistema e in luogo di integrare i vari sottosistemi che hanno sempre funzionato slegati (tra cui le IPAB), noi cosa facciamo? Procediamo a un progressivo smantellamento di tutti i sistemi: di tutto.
L'abbiamo fatto con la sanità, con il socio-assistenziale e lo stiamo facendo oggi con le realtà a mano a mano più piccole, che fino adesso erano rimaste marginali perché intervenivano a livello di piccole comunità, ma che ovviamente, allo sparire delle risorse, delle soluzioni e dei sistemi più grandi, vanno a finire sotto l'occhio "acuto" di chi dice che ci sono ancora delle risorse da drenare da qualche parte per tentare di puntellare uno status quo che comunque va degenerando.
Sotto questo profilo, appunto, io sono molto scettico sull'intervento dall'alto, perché purtroppo gli interventi che abbiamo fatto fino ad oggi sono stati disfunzionali e, soprattutto, non raggiungono gli obiettivi che ci poniamo anche con questo provvedimento. Noi, ad oggi (anno 2017), non abbiamo neanche ancora sotto controllo il sistema sanitario regionale che quando sono entrato in quest'Assemblea nel 2014, era in grave crisi: non si riusciva ad avere i bilanci di alcune ASL e ogni Azienda Sanitaria era - ed è, a tutt'oggi - un piccolo regno che fa sostanzialmente quello che vuole dal punto di vista della programmazione e della gestione delle proprie risorse. Possiamo dire che sulla parte di gestione delle proprie risorse ne ha ben donde, ma la parte della programmazione, invece, quella sarebbe stata propria del ruolo specifico di questo Ente, che invece ha inciso con due delibere di cosiddetto riordino, che poi però hanno lasciato nella loro scia un ricco marasma, di nuovo, di soluzioni più o meno funzionanti.
Sotto questo profilo, quindi, cos'è che non ci piace di questo DDL? Il fatto che noi stiamo prendendo delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che hanno come oggetto il sostegno alle parti più deboli della nostra società, alle parti che magari a volte non sono in grado di accedere al servizio pubblico vero e proprio di più alto livello, e le stiamo trasformando da un punto di vista organizzativo, da un punto di vista economico, da un punto di vista di trasferimento di risorse e di funzioni.
Ma non c'è scritto da nessuna parte, o meglio, nelle discussioni si è un pochino perso traccia di chi fossero i destinatari di questi servizi.
A me un po' fa anche specie il fatto che noi, a un certo punto, siamo arrivati a distinguere le parti cosiddette grasse, quelle dell'assistenza (le case di riposo, le RSA, quelle che tutto sommato tirano) rispetto ad altre IPAB cosiddette minori, che però forniscono anche servizi fondamentali; servizi che - ricordo - lo Stato centrale e la Regione, così come gli Enti locali, hanno via via diradato. Sto pensando, per esempio agli asili nei piccoli centri: alcuni sono IPAB. Ebbene, che fine faranno questi asili? Questa è una delle domande che viene da porsi. Soprattutto che fine faranno tutte le varie attività? Perché le IPAB fanno tante cose non solo assistenza agli anziani, ma fanno appunto asili, nonché le cosiddette case vacanza per anziani e per i poveri.
È vero che erano un po' passate fuori traccia, sparite dall'orizzonte del controllo e spesso anche in situazioni piuttosto ambigue dal punto di vista della gestione economico-finanziaria, ma questo non è niente di più che la ripetizione in piccolo di quello che succede in grande, perché la nostra stessa Regione, così come le ASL, non ha contezza del proprio patrimonio. Se io vado a un'ASL a chiedere "mi sapete dire quanto vale e in che stato è il patrimonio edilizio che non utilizzate?", non lo sanno. Non lo sa neanche la nostra Regione, questo Ente. Quindi è facile, come si suol dire, prendersela con i piccoli e gli indifesi. Per carità, ce n'era bisogno, però in che contesto stiamo riconducendo queste entità, sotto quale attenzione? È vero che ne abbiamo discusso in quasi 20 sedute di Commissione, però di nuovo non ci siamo posti.
Entrando in un organo legislativo, credevo che l'organo legislativo avesse l'obiettivo di affrontare i problemi della società, no? Come affrontiamo - dicevo a me stesso - la grande questione dell'aumento della povertà, della marginalizzazione, delle nuove diversità che si diffondono dentro la nostra società moderna? Credevo che proponessimo dei quadri normativi volti ad affrontare la complessità delle problematiche.
Purtroppo, stiamo facendo sempre più solo piccoli interventi.
Sul grande problema della casa per chi non se la può permettere abbiamo fatto un riordino della governance, ma continua a mancare il riordino complessivo; abbiamo, tutto sommato, eliminato un po' di Consigli di amministrazione, ma per certi versi temo che abbiamo anche ridotto la capacità di controllo su quello che succede nel mondo della gestione delle case popolari.
Così come sulla sanità - l'ho detto prima - e sull'assistenza sociale: abbiamo sostanzialmente tirato i remi in barca come Ente programmatore e come Ente legislativo. Qui stiamo di nuovo - questo l'ho detto all'inizio della discussione sulle IPAB, poi tante cose le abbiamo un pochino cambiate, però continuo a dirlo - recependo una norma nazionale che comunque è vecchia, che non tiene conto del fatto che dal 2008 in avanti siamo entrati in una profondissima crisi economico-finanziaria, da un lato e sociale dall'altro, una crisi che coinvolge i rapporti tra le persone all'interno della società civile (i problemi dell'immigrazione, dei rifugiati), che coinvolge i rapporti dei cittadini con le istituzioni e con la politica, e la mia organizzazione politica, perché la mia realtà politica nasce in parte anche da questa crisi.
Sotto questo profilo, ci si potrebbe chiedere quale potrebbe essere il primo passo da fare all'inizio della discussione. È vero che c'è una legge del 2001 che dice la Regione deve indicare i parametri e le caratteristiche per definire i tipi di scelta (cosa può diventare privato, cosa deve rimanere pubblico), ma viste le finalità, viste le tipologie di risorse pubbliche che questa realtà hanno, l'obiettivo sarebbe dovuto essere quello di esplicitare il 99,9 per cento di ciò che queste realtà fanno nel nostro Piemonte. Per quelle che non funzionano e non fanno niente, ci sta bene che le risorse rientrino nella capacità e nella gestione dei nostri Comuni, ma quelle che operano, indipendentemente dal volume di affari, costituiscono una risorsa importante, perché individuano cose che funzionano e che servono sui territori, cose che magari non vediamo perché guardiamo il quadro generale e non il dettaglio.
Ebbene, queste cose devono rientrare nel funzionamento pubblico semmai, meglio integrate, e magari possono anche servire a ritarare certi tipi di realtà pubbliche che forse se ne fregano un po' troppo dei problemi specifici dei singoli territori, che forse si perdono sempre dietro alle norme di vincolo di bilancio, ai limiti economici, ai problemi di gestione del personale, di gestione dei contratti e non sanno più coprire quelle che sono le vere esigenze, non sanno più riorganizzare le proprie attività in funzione di ciò che serve.
A me quello che è sempre mancato in tutte le discussioni che abbiamo fatto sull'assistenza sociale, così come sulla sanità (purtroppo molto poche sull'assistenza sociale, in verità) è il case study: che cosa veramente è necessario, che cosa ci sta chiedendo, cosa manca sul territorio? Abbiamo sempre calato dei modelli dall'alto, degli standard calcolati non si sa bene come, quindi quello che chiedo, con questo inizio di discussione - prima in discussione generale, poi entreremo nel merito è di rifocalizzare l'attenzione sul fatto che stiamo riordinando un sistema (per la parte funzionante) pubblico che deve dare supporto alle categorie di persone che più hanno difficoltà e che forse sono molte più di prima sicuramente più di quante erano nel 2001.
Di conseguenza, stiamo molto attenti a quello che trasformiamo in diritto privato, stiamo molto attenti, perché col diritto privato ci sono alcune problematiche. Le fondazioni sono forse una delle entità meno trasparenti presenti oggi sulla piazza, per cui io mi preoccuperei di fornire risorse pubbliche a delle fondazioni.
Noi proporremo una serie di emendamenti per rivedere queste problematiche.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Frediani.
Ho iscritti a intervenire i Consiglieri Ottria, Valetti e Berutti.
Prego, Consigliera Frediani.



FREDIANI Francesca

Grazie, Presidente.
Arriviamo a questa discussione in Aula dopo aver partecipato attivamente anche alla discussione in Commissione. Si tratta di un provvedimento che ha visto impegnati tutti i miei colleghi, compresa la sottoscritta, che non appartiene alla IV Commissione, proprio perch riteniamo che sia un provvedimento assolutamente non condivisibile.
Prima il Consigliere Vignale ha detto che è un provvedimento non emendabile e probabilmente è vero, nonostante noi abbiamo presentato una serie di emendamenti che illustreremo nel corso di questa giornata.
Tuttavia riteniamo che, come forza di opposizione, sia nostro dovere cercare perlomeno di mantenere viva la discussione, evidenziando gli aspetti critici del provvedimento per cercare di migliorarlo, laddove si riesca a farlo.
L'importante per noi è stato alimentare il dibattito in Commissione sostenendo la nostra visione e cercando di portarla avanti con coerenza, in modo compatto, quindi riteniamo che la nostra attività di opposizione in Commissione abbia avuto assolutamente un senso e che altrettanto senso avrà la nostra attività di opposizione in Aula.
Questo provvedimento è già stato analizzato in modo approfondito dai colleghi che mi hanno preceduto nei loro interventi, in cui hanno evidenziato tutte le criticità legate a questo tipo di organizzazione proprio dal punto di vista della trasformazione delle IPAB in un soggetto diverso rispetto a quello che sono state fino ad oggi.
Io mi soffermerei sulla parte relativa ai lavoratori, proprio perch sono destinataria, come credo anche i miei colleghi, di una comunicazione dei sindacati, che hanno posto alla nostra attenzione alcune problematiche relative a questi cambiamenti che oggi verranno discussi in Aula.
Credo che tutti abbiamo ricevuto la mail da parte del sindacato CISL e tutti noi abbiamo avuto modo di analizzare i punti che sono stati sottoposti in questa comunicazione. Ovviamente, si parla di rischio di perdita dei diritti dei lavoratori.
Allora, credo che dovremmo riflettere sul fatto che ci troviamo di fronte a un momento in cui rischiamo di sottrarre nuovamente dei diritti ad alcuni lavoratori, di metterli per un certo periodo di tempo in una condizione di estrema incertezza, quindi costringerli a vivere un momento di perdita di diritti assicurata, nel senso che sicuramente passando sotto un nuovo contratto perderanno dei diritti acquisiti e la loro condizione verrà a cambiare. Oltre a questo, vivranno anche un periodo di incertezza relativamente alla condizione in cui si troveranno tra qualche tempo.
Infatti, ci sarà una fase in cui si andrà a definire il contratto nazionale di settore, che al momento ancora non esiste.
È importante prendere coscienza dell'importanza di questo momento e ricordarsene magari in futuro, perché tra qualche anno rischiamo di ritrovarci - magari non noi direttamente, ma i rappresentanti della politica che saranno al nostro posto - a dover trattare atti di indirizzo a tutela dei lavoratori che proprio oggi rischiamo di danneggiare con l'approvazione di questo provvedimento.
Adesso siamo ancora in tempo e possiamo ancora fare qualcosa per consentire di intervenire e cercare di conservare perlomeno qualche tutela per questi lavoratori, oppure cercare fin d'ora di mettere qualche paletto che ci consenta di non danneggiare troppo e di non peggiorare troppo la condizione di questi lavoratori.
Ovviamente, il nostro compito è quello di interrogarci su quali potrebbero essere gli strumenti che abbiamo a disposizione. Pare non sia possibile conservare l'attuale contratto di lavoro e che quindi sia quasi un obbligo dover passare questi lavoratori sotto un contratto di tipo privatistico; anche questo andrebbe approfondito e l'Assessore dovrebbe farsi carico di queste istanze che sono pervenute via mail dai sindacati e verificare che sia possibile mantenere queste condizioni, ma soprattutto è importante che l'Assessore fin d'ora inizi - se non l'ha già fatto ovviamente, perché di questo non ho notizia - ad aprire un dialogo con le parti sindacali, per cercare di creare un percorso condiviso. Troppo spesso abbiamo visto in quest'Aula dei lavoratori vittime di percorsi che vengono imposti dall'alto e che non hanno potuto dare voce reale e concreta alle loro istanze.
Penso che istituire un tavolo regionale con le rappresentanze sindacali sarebbe sicuramente un buon inizio; magari non potremmo intervenire, perch le norme non prevedono di mantenere il contratto attuale, però potremmo avviare un percorso che consenta in breve tempo di arrivare a questo contratto nazionale di settore, quindi partire da un percorso condiviso a livello regionale e poi arrivare a questo contratto nazionale di settore che però contenga le tutele necessarie per consentire ai lavoratori di mantenere, di preservare e di difendere le condizioni che attualmente li riguardano.
Quello che chiediamo oggi, anche attraverso la nostra attività emendativa, è di non fermare la riflessione, cioè di fare bene attenzione al momento preciso che stiamo vivendo, al fatto che ogni nostra decisione ogni decisione che verrà presa in quest'Aula, andrà a impattare sulla vita di molti lavoratori e ricordarci che il nostro compito è quello non soltanto di curare, quindi intervenire a posteriori, come purtroppo stiamo facendo per moltissime altre situazioni o, perlomeno, come chiediamo di fare per moltissime altre situazioni.
È inutile che faccia riferimento a situazioni che abbiamo visto recentemente in quest'Aula, da Eurofidi ad altri tipi di lavoratori che operano nel campo privato, ma in questo caso mi riferisco ai lavoratori del pubblico, ovviamente, quindi Eurofidi è l'esempio più lampante di fallimento politiche regionali a tutela i lavoratori. Dicevo, non vorrei che tra qualche anno ci dovessimo trovare qui - noi o chi per noi - a discutere su come tutelare i lavoratori delle IPAB.
Pertanto, approfittiamo di questa giornata di discussione di questo provvedimento e chiediamo all'Assessore in primis di impegnarsi per avviare questo percorso condiviso non facendo mai mancare il dialogo con i lavoratori e, di conseguenza, di interfacciarsi con le rappresentanze sindacali per cercare di salvaguardare tutti i diritti acquisiti dei lavoratori delle IPAB.
Crediamo sia doveroso, da parte dalla Giunta, accogliere questa nostra richiesta, e che soprattutto i lavoratori se lo aspettino, perché al di là della riorganizzazione generale del sistema, che ha tutte le conseguenze negative che i miei colleghi hanno illustrato durante i loro interventi sicuramente quello dell'impatto sulle persone che all'interno delle IPAB operano è la problematica più pesante e che rischia poi di ritorcersi contro la Regione stessa.



PRESIDENTE

Grazie, collega Frediani.
La parola al Consigliere Ottria.



OTTRIA Domenico

Grazie, Presidente.
Ho Ascoltato molti interventi, alcuni davvero interessanti, anche da parte delle minoranze, che in particolare su alcuni punti mi trovano abbastanza d'accordo.
Questa legge arriva dopo 17 anni di vuoto legislativo e questo è il vero problema. Non mi scandalizzo per le 17 sedute di Commissioni, perch credo che in queste sedute sia stato fatto un buono lavoro. Non ho partecipato a tutte, però la maggior parte del testo l'ho potuto seguire e devo dire che, per come è uscito dalla Commissione, è sicuramente migliore di quello che ha iniziato il percorso.
Ricordo, ad esempio, la formazione dell'articolo 7, dove si prevedono le IPAB inattive, il cui patrimonio viene trasferito; inizialmente, c'era un trasferimento non condivisibile addirittura verso associazioni private mentre adesso il testo prevede che siano privilegiati il Comune, oppure i Comuni facenti parte del Distretto, mentre solo come ultima alternativa è prevista una gara a evidenza pubblica per individuare i soggetti privati.
Poi vi sono anche altre caratteristiche che mi trovano d'accordo, ma credo che questa legge sicuramente andava rivista, perché il sistema era molto variegato e, complessivamente, molto deficitario.
Sul territorio - parlo del territorio in cui abito, che conosco meglio ci sono situazioni di diverse IPAB con situazioni molto diverse. Alcune svolgono una pregevole attività, e in questo non le distinguo tanto attraverso il volume d'affari, perché ci sono grossi complessi che svolgono servizi socio-assistenziali di grande portata, anche con ingenti patrimoni ma che sono attualmente in situazioni deficitarie e addirittura sono commissariate. Viceversa, vi sono altre IPAB, sempre di tipo socio assistenziale, che hanno volumi d'affari inferiori al milione e mezzo, che è la soglia prevista, ma che svolgono un ottimo servizio e hanno un attivo di gestione.
Credo che questa soglia sia necessaria, però ritengo che probabilmente si poteva anche tarare meglio o, comunque, tenere conto dell'effettiva produzione non solo quantitativa, ma qualitativa, di queste istituzioni.
Credo che questa legge sia un'opportunità: anche il fatto di poter rientrare nelle attività dei distretti socio-assistenziali è un'opportunità che può, in qualche modo, stimolare e offrire un servizio migliore, in prospettiva, sui territori.
Vengo all'aspetto che, invece, mi lascia un po' perplesso e che credo possa essere migliorato (è l'ultimo argomento che citava la Consigliera Frediani): quello relativo al personale. Nella legge ci sono alcuni articoli (l'articolo 18 e l'articolo 32, relativo alle norme finali) che hanno messo delle tutele per i lavoratori, ma queste tutele, seppure giuste, si fermano un po' a cristallizzare il momento del passaggio.
Dicono, cioè, che sicuramente il posto viene mantenuto, che i diritti acquisiti vengono mantenuti, ma ritengo manchi la prospettiva seguente cioè che - anche alla luce delle indicazioni che mi sono arrivate dal sindacato - occorra fare ancora uno sforzo, anche magari attraverso un atto di indirizzo che vada a meglio tutelare il percorso successivo all'atto di trasformazione in aziende.
Questo credo che si possa fare, non solo per tutelare i lavoratori (è il nostro primo principio da salvaguardare), ma anche per preservare il servizio che i lavoratori che continueranno ad operare in queste strutture nel futuro potranno garantire, anche rispetto all'assistenza alle persone di cui dovranno prendersi cura.
Credo, cioè, che lavorare nelle migliori condizioni possibili sia anche un'opportunità per il servizio. Troppo spesso - a me è capitato anche di vederlo come Sindaco, con una struttura comunale - ci sono cooperative che non applicano i maggiori contratti collettivi di lavoro nazionale, e questa è un'istanza che dovrebbe essere sicuramente accolta.
Sono questi gli aspetti sui quali si può ancora migliorare il testo che per il resto considero abbastanza condivisibile.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valetti.



VALETTI Federico

Grazie, Presidente.
Trattiamo un argomento importante, come lo sono tutti gli argomenti che riguardano il ruolo del pubblico e delle istituzioni, in merito a quello che chiamiamo ancora "Stato sociale", o quello che resta dello Stato sociale, per capire se vogliamo ancora quel tipo di stato, quel tipo di paese.
Qualche collega che mi ha preceduto ha enunciato alcuni tipi di modelli di società e di Stato a seconda delle tradizioni culturali dei vari paesi.
Non ci piace certamente definire il modello italiano assistenzialista e non è neppure quello che vogliamo.
Riteniamo, però, che alcune delle contraddizioni della società sono generate da alcune scelte che facciamo, alcune scelte economiche, alcune scelte di tipo strategico anche nazionale, in merito a politiche economiche e a quello che chiamiamo liberismo o neoliberismo; in ogni caso, non siamo di certo in una condizione di Stato puramente assistenzialista e di predominio del pubblico. Magari una volta, e sempre meno, il pubblico è stato usato anche erroneamente come ammortizzatore sociale.
Secondo noi, questo tipo di concezione va decisamente ripensata, perch va senz'altro rimessa al centro la persona e non il lavoro. È stato sicuramente un errore associare il benessere delle persone a un posto di lavoro fisso, perché sono due questioni diverse. Sono egualmente importanti, ma sono due questioni diverse.
I limiti di questo sistema si sono presentati duramente con le ultime crisi - dagli anni 2000 in poi - perché abbiamo visto che diventava impossibile garantire l'equazione "posto di lavoro/benessere sociale della popolazione".
Pertanto, cosa succede? Succede che andiamo verso nuove forme di assistenza a nuove forme di società. Dissociando questa equazione "lavoro benessere", ovviamente dobbiamo pensare ad altre situazioni. Il ruolo che hanno avuto le IPAB fino ad oggi è stato importante in quel modello di Stato laddove il lavoro non era sufficiente a garantire il benessere della maggioranza degli italiani.
Oggi abbiamo degli indici di povertà molto preoccupanti: siamo intorno a quattro milioni di persone solo in Italia che sono sulla soglia o sotto la soglia della povertà, quindi questo ruolo è ancora importante. È ancora importante il ruolo pubblico, il ruolo capillare per cui ci siamo spesso pronunciati sulle distinzioni nella libertà di portare a statuto privato delle IPAB in base alla dimensione, perché secondo noi quello non era un criterio di decisione, non era un criterio di selezione, come non lo era il criterio dei bilanci delle IPAB. Infatti, laddove ci sono bilanci problematici, occorre andare ad analizzare le cause e capire perché, fare un processo di revisione un po' più articolata e meno impulsiva, meno sui numeri, ma più sui processi.
Dico questo perché anche il nostro Gruppo politico - in sede nazionale ma anche in questa sede - ha più volte espresso la necessità di creare ammortizzatori diversi che non siano ritenuti come semplice Stato assistenzialista, inserendo il principio fondamentale che tutti gli italiani e le italiane hanno diritto a uno stile di vita dignitoso, che sia sopra la soglia della povertà, garantendo i bisogni essenziali. I bisogni essenziali per noi sono - ovviamente - la casa, la scuola, la salute l'ambiente (sono quelli fondamentali). Poi, potremmo aggiungerne altri come il diritto a spostarsi, il diritto ad essere riconosciuti dalla società, perché l'eguaglianza si manifesta anche su questo.
A oggi, tuttavia, il reddito è una misura importante di disuguaglianza.
Per questo noi proponiamo misure universali per i cittadini italiani, per fare in modo che tutte le strutture di assistenza sociale siano sempre meno necessarie. Da qui la proposta di reddito di cittadinanza vincolata alle persone che effettivamente non sono messe in grado dallo Stato (perché lo Stato è l'insieme della cittadinanza, sono le istituzioni, sono i cittadini, ma sono anche le aziende e tutti i soggetti privati) di sopravvivere dignitosamente. Quindi, lo Stato si deve dare delle controproposte in vario modo.
Perché non solamente il privato? Perché un argomento così delicato non può essere solo lasciato in mano all'iniziativa privata. Deve esserci ancora un ruolo fondamentale del pubblico, fino al raggiungimento di quelle che noi auspichiamo come misure di sostegno universale: sostegno universale al reddito, sostegno universale ai servizi essenziali alle persone di questo paese.
Pertanto, prima di tutto, ancora prima di parlare dei lavoratori delle IPAB, pensiamo a questo criterio discriminante della conversione da diritto pubblico a diritto privato sulle IPAB, in base al reddito e in base allo stato dei bilanci.
Riteniamo, invece, che maggiori risorse dovrebbero provenire anche dallo Stato centrale, per fare in modo che queste situazioni e anomalie economico-finanziarie vengano sanate e che queste strutture vengano messe ancora una volta, in condizione di essere efficienti. Il criterio di efficienza nel sociale non è criterio di efficienza nelle società private per questo temiamo questo passaggio.
Tornando alla questione dei lavoratori, in assenza di una definizione di contratto di lavoro nazionale, siamo molto preoccupati, ancora una volta, per la loro tutela. Questo tipo di lavoro è un lavoro che si fa anche con l'anima, è un lavoro importante, è un lavoro nel sociale che va sostenuto, perché è anche un lavoro difficile. Come abbiamo visto anche nella sanità, le tensioni in campo sanitario non hanno certo creato una buona condizione del servizio pubblico, non hanno creato del benessere ai cittadini. I cittadini piemontesi hanno sofferto enormemente il piano di ridimensionamento della sanità, le ridefinizioni e la tensione anche all'interno delle strutture, i cui dipendenti trasmettono questo malessere ai cittadini che usufruiscono dei servizi. Non vi è attualmente garanzia su questo ambito, come su molti altri ambiti di lavoro.
Quello che noi abbiamo chiesto, e chiediamo ancora una volta, che si facciano delle misure globali, che le Regioni cerchino di legiferare il meno possibile, se non in piena sintonia con il Parlamento e con lo Stato centrale per permettere che vengano attuate tutte quelle misure collaterali che servono a gestire questo tipo di problemi sul lato lavorativo e sul lato sociale.
Ancora una volta, noi riportiamo fortemente questa posizione all'Aula e sappiamo che alcune perplessità non sono strumentali all'attività di opposizione, ma sono condivise anche da colleghi delle diverse parti politiche, anche da colleghi della maggioranza in una certa misura, quindi quello che chiediamo è di continuare questo dibattito e ridefinire, nei parametri e nelle modalità che ho descritto, alcune delle nostre preoccupazioni in merito a questa legge.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Berutti; ne ha facoltà.



BERUTTI Massimo

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato abbastanza attentamente gli interventi. Parto dalla considerazione delle 17 sedute di Commissione che è stata più volte ripresa.
Non ho partecipato molto alle sedute di Commissione, non ne faccio parte, tuttavia mi risulta che in molti casi ci fossero forti incongruenze e molte mancanze, quindi se la cosa è andata per le lunghe non è certamente perché c'è stato un lavoro capillare, non c'è stata quella capillarità che può portare a una legge, oserei dire, elaborata all'85-90 per cento. Dico questo per un semplice motivo. Mi sembra, dopo aver ascoltato i Consiglieri di maggioranza e di opposizione, che sono state fatte molte considerazioni e molte osservazioni. Altrimenti, il processo poteva essere molto più lineare, passando attraverso gli interventi dei Capigruppo, e a quel punto tutto poteva svolgersi in modo più scorrevole. Invece mi è parso di capire che ci sono ancora parecchie cose che devono essere riviste.
La riflessione è questa. Se noi dobbiamo mettere mano a una legge, ma sono passati 17 anni e nessuno l'ha fatto, io non credo che questo nasca dal fatto che tutti gli altri erano inermi e inattivi e questa maggioranza ha messo mano alla legge nazionale. Se ogni volta che mettiamo mano a una legge nazionale, tipo quella sulla sanità, quell'obbrobrio che ha fatto Balduzzi, che ha fatto danni soprattutto all'Italia - in particolare, la Regione Piemonte ha dato una grossa mano - forse è meglio stare fermi.
Credo che questa sia una valutazione da non sottovalutare.
A prescindere da ciò, possiamo anche aggiungere quello che diceva la Consigliera Porchietto prima, ossia il fatto che si è partiti con molta determinazione da una parte, ma con poca conoscenza dall'altra, al punto che noi abbiamo avuto modo, nei vari territori che rappresentiamo, di incontrare varie componenti delle IPAB e vari soggetti che le rappresentano fortemente preoccupati, ancora recentemente. Non vi è stato con loro un confronto e non è stata dedicata loro un'attenzione che, in qualche modo avrebbe potuto portare a un'elaborazione certamente più attenta.
Infatti poteva esserci, se non mi è sfuggito qualcosa, poiché si impongono delle trasformazioni da parte della Regione, anche un'attenzione finanziaria, perché le trasformazioni aziendali non sono di poco conto.
Alla fine, anche qui, quei soggetti sono stati lasciati in balia degli eventi e hanno subito un'imposizione e nulla più. Neanche dal punto di vista giuridico hanno avuto la possibilità di essere seguiti. Abbiamo solo una legge, un'indicazione di imposizioni, ma così alla fine non so dove andremo a parare.
Io mi soffermo, per una mia deformazione professionale, sul Capo III articolo 10, "Disciplina dell'azienda". Viene detto che l'azienda, che già di per sé ha un significato giuridico anche da Codice Civile, non ha fini di lucro. Anche su questo si potrebbe avere qualcosa su cui discutere.
Viene detto che ha personalità giuridica di diritto pubblico, che dispone di autonomia statutaria, patrimoniale, finanziaria, contabile e gestionale e che opera con criteri imprenditoriali. Mi soffermo su questo punto perché penso che sia elemento di riflessione.
Con il caos che c'è in Italia dal punto di vista giuridico nella gestione del sistema di azienda con il diritto privatistico, voi dovete spiegarmi come si fa a gestire - lo vedremo nel tempo, il tempo sarà galantuomo - un sistema con aziende che sono già nel caos dal punto di vista del riordino, con questo tipo di impostazione, con personalità giuridica di diritto e operare con criteri imprenditoriali. Credo che questo credo sia uno dei punti interrogativi.
Capite, noi possiamo riordinare tutto quello che vogliamo, ma se alla fine non mettiamo chi deve gestire e deve muoversi nelle condizioni di operare perché ci sono tutta una serie di procedure previste dal diritto pubblico (sappiamo benissimo come funziona e quali difficoltà comporta), ci dobbiamo fare delle domande.
Un conto è dare delle linee, un altro conto è operare realmente sui territori. Forse andava fatta una riflessione, Assessore, perché credo che questi siano gli elementi essenziali. Noi possiamo dare delle indicazioni possiamo fare quello che vogliamo, possiamo chiamarle in mille modi, ma poi c'è l'elemento gestionale che riguarda quei poveri cristi che sono sul territorio e che si trovano a dover far funzionare il baraccone, senza rimettere dei soldi ma, soprattutto, senza rischiare di saltare dopo due anni che si sono organizzati. Poi c'è tutto l'altro aspetto, legato al fatto che sappiamo benissimo che quando il pubblico si mette a gestire con dei crismi di un certo tipo, alla fine rischia di saltare ancora prima ancora di arrivare alla fine della prima stagione di bilancio.
Credo che questi siano gli aspetti che raccolgono tutto, perché poi c'è di mezzo il personale, e tutta una serie di altre questioni che sicuramente non vanno dimenticate e che sono state chiamate in causa. Se salta l'azienda, salta il personale, con tutta una reazione a catena per quanto riguarda problemi di immobili e tutto il resto.
Credo che queste siano le riflessioni più tangibili che riguardano chiunque mette mano a riorganizzazioni dove ci sono delle strutture con situazioni gestionali all'interno. Credo che si debba porre un minimo di attenzione su questo, perché alla fine è l'unico aspetto che mette insieme tutti i temi toccati.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mighetti; ne ha facoltà.



MIGHETTI Paolo

Grazie, Presidente.
Quando ci mettiamo a discutere di questa legge - legge attesa da anni e che da anni vaga tra le stanze di questo Consiglio regionale - non dobbiamo dimenticarci il focus; focus che dà ragione a intervenire a livello legislativo su un tema che riguarda i Comuni piemontesi in maniera diversa ma comunque diffusa sul nostro territorio.
La questione delle IPAB è certamente delicata, perché coinvolge il tema della sostenibilità finanziaria di attività che interessano la sfera pubblica; ma parliamo anche di sostenibilità di un sistema occupazionale rispetto all'indotto e al personale impiegato nelle IPAB.



(Brusìo in aula)



MIGHETTI Paolo

Però, Presidente, se ci fosse un po' di silenzio, potrei intervenire con più tranquillità.
Finché non c'è silenzio, non continuo.



PRESIDENTE

Invito i Consiglieri a consentire al Presidente Mighetti di fare il suo intervento, con la speranza di essere ascoltato.



MIGHETTI Paolo

Non è tanto questione di "speranza di essere ascoltato". È, piuttosto una forma di rispetto che vale per tutti, e chiaramente è oggetto anche dell'intervento del sottoscritto.
Come dicevo, bisogna valutare tutta una serie di problematiche cui questa nuova norma dovrebbe dare risposta. È una nuova norma che ha avuto un cammino all'interno delle Commissioni consiliari abbastanza lungo: i colleghi di maggioranza ricordavano 17 sedute di Commissione, in cui il Movimento 5 Stelle ha operato nel senso di migliorare la proposta e andare ad analizzare quali fossero le problematiche da risolvere nelle stesse.
Veniamo, dunque, alle problematiche riscontrate.
Partirei, innanzitutto, dalle problematiche derivanti dal fatto che il panorama delle IPAB piemontesi è molto variegato, perché spazia da istituzioni poste ai margini estremi del nostro Piemonte, dove effettivamente, i valori del patrimonio immobiliare sono minimi, a situazioni in cui, invece, il patrimonio può rappresentare un aspetto apprezzabile ancora oggi, nonostante la crisi del mercato immobiliare degli ultimi anni.
Su questo fronte ci siamo interrogati più volte anche rispetto a quello che è l'adeguamento normativo che stiamo facendo. Se andiamo ad analizzare il decreto legislativo n. 207/2001, all'articolo 5, comma 2, lettera b) notiamo che si parla di "entità del patrimonio" e di "volume del bilancio" come entità economiche su cui valutare, appunto, la sostenibilità di questi enti. Nella nostra legge, invece, abbiamo previsto un valore assolutamente diverso: noi ci riferiamo, infatti, al valore medio di produzione calcolato sul triennio.
Ritengo che i valori riportati nella legge nazionale possano offrire un contributo maggiore per specificare quelle che sono le peculiarità di ogni istituto rispetto a quello che noi prevediamo. Perché il valore medio di produzione è, di per sé, un valore lordo, un valore che l'estimo ci insegna essere totalmente scevro da quelle che sono le valutazioni di costo e le valutazioni di sostenibilità dell'attività finanziaria in corso. Come ricordavano anche i colleghi di maggioranza negli interventi precedenti questo aspetto non ci aiuta a riportarci, appunto, al focus iniziale quello dell'equilibrio finanziario di queste IPAB; focus che ci dice di provvedere a una nuova legge per impedire situazioni di insostenibilità finanziaria e, da queste, tutti i problemi connessi (mi riferisco ai problemi occupazionali e ai problemi nell'erogazione delle prerogative di assistenza delle IPAB).
Che cosa, invece, sarebbe stato utile fare? Sarebbe stato utile analizzare quali erano i parametri economici migliori, per capire questa sostenibilità. Perché questo valore medio di produzione identifica solo la grandezza dell'istituto, ma non è detto che un istituto grande abbia grandi ricavi; potrebbe anche avere delle grandi perdite; non è detto che l'istituto di piccole dimensioni non possa essere una struttura virtuosa che eroga assistenza e che ha un bilancio finanziario solido, anche in corrispondenza del suo valore patrimoniale.
E proprio sul valore patrimoniale potremmo aprire un nuovo capitolo fatto di valutazioni su come questo patrimonio immobiliare viene stimato.
Va da sé che nell'Ottocento, all'epoca delle prime leggi sulle IPAB, il valore catastale aveva un senso; oggi, invece, ci sono molte altre valutazioni da fare. Per quanto concerne la valutazione immobiliare abbiamo, per esempio, una banca dati nazionale riconosciuta l'Osservatorio del mercato immobiliare - che è direttamente collegata all'Agenzia delle Entrate, su cui ritroviamo delle medie di valori ricavati, appunto, dagli atti notarili; è, cioè, un interfaccia molto fedele rispetto al valore attuale delle transazioni immobiliari.
I valori catastali, invece, sono oramai assolutamente inaffidabili specie per immobili i cui interventi di regolarizzazione catastale sono stati fatti magari decenni e decenni fa. Si tratta, quindi, di valori inaffidabili che vengono poi trasposti con coefficienti in un valore immobiliare che non dà il vero senso del patrimonio delle IPAB.
Volevo chiudere con una valutazione sul lavoro svolto in sede di Commissione.
Ritengo che in quella sede si sia fatto un grosso lavoro, specialmente dal Movimento 5 Stelle. Penso, inoltre, che il nostro sia stato un lavoro propositivo e che si sia parlato e approfondito molto anche grazie al nostro contributo. E se oggi siamo qui a dibattere per sciogliere dei nodi che a noi paiono ancora insormontabili, credo sia merito del nostro lavoro.
Spiace, quindi, che all'interno della minoranza, che dovrebbe essere quantomeno abbastanza coesa nel cercare di fare opposizione a provvedimenti che non sono propriamente quelli che noi preferiamo, negli interventi di apertura del Consiglio ci si rivolga al Movimento 5 Stelle. Il Movimento 5 Stelle non ha presentato il disegno di legge in oggetto; ha fatto opposizione. Ma, poi, chi fa opposizione è chi non presenta emendamenti.
Questo mi sembra un rovesciamento della realtà che non fa bene al dibattito in questo Consiglio e non fa bene soprattutto alla bontà delle leggi.
Perché difendersi dicendo che l'altra parte dell'opposizione è peggio della propria non giova sicuramente alla costruzione di provvedimenti migliori.
Grazie.



PRESIDENTE

Non essendovi ulteriori richieste di intervento, darei la parola all'Assessore Ferrari; ne ha facoltà.



FERRARI Augusto, Assessore alle politiche sociali, della famiglia e della casa

Grazie, Presidente.
Credo che, soprattutto in questo momento, il lessico della politica debba essere molto prosaico e non affidarsi al linguaggio dell'epica, che rischia di essere fuorviante. Consentitemi però di dire, almeno, che noi abbiamo fatto un passo politicamente importante: al di là delle opzioni e delle valutazioni che ciascun Gruppo politico può compiere, io ho l'impressione che l'essere riusciti ad arrivare in Aula - portando questo tema all'attenzione dell'Assemblea e permettendo al Consiglio di prendere le decisioni che ritiene più opportune e più adeguate - lo ritengo politicamente un passaggio quantomeno importante. Non voglio usare altri aggettivi che sarebbero del tutto fuori luogo, però diciamo così: un passaggio importante e significativo.
La Giunta ha operato in obbedienza a un ordine del giorno che il Consiglio ha votato all'unanimità: questo è il punto di partenza. La Giunta si è messa al servizio di un indirizzo politico che il Consiglio ha dato nella sua piena autorevolezza. E allora, proprio in ragione di questo, io mi sono domandato, appena dopo l'atto di indirizzo del Consiglio: come conviene agire, tenendo conto che l'ordine del giorno del Consiglio si colloca in una fase e in un contesto che ha alle spalle 15-16 anni in cui questo argomento ha fatto fatica ad emergere a livello del dibattito politico ufficiale? Io - gli Uffici, l'Assessorato - ho fatto una cosa molto semplice, che però mi sembrava assolutamente doverosa, in ragione del fatto che l'ordine del giorno non è stato un atto della maggioranza, ma del Consiglio nella sua completezza.
Ho provato a ragionare e a studiare le carte: ho provato, cioè, a cercare di capire che cosa le Amministrazioni regionali precedenti - di qualsiasi colore politico - avevano già fatto su questo punto, per tentare di capire se i disegni di legge già elaborati negli anni precedenti - da maggioranze di centrodestra e da maggioranze di centrosinistra, da Assessori alle politiche sociali di centrodestra e da Assessori alle politiche sociali di centrosinistra - avessero degli elementi che costituivano un filo rosso da raccogliere, oppure fossero dei provvedimenti radicalmente diversi l'uno dall'altro.
Infatti, se fossimo stati di fronte a provvedimenti o proposte di legge radicalmente diversi l'uno dall'altro, certamente avremmo dovuto fare un certo tipo di riflessione; ma se all'interno di quei provvedimenti ci fosse stato un impianto (perlomeno un filo rosso comune, perché si trattava di affrontare un problema di sistema che aveva degli aspetti molto concreti) anche se magari all'inizio potevano essere prevalenti gli aspetti ideologici, bene, allora si sarebbe dovuto fare un altro tipo di lavoro.
Ho constatato un dato, un elemento di fondo: che in tutti i disegni di legge costruiti nel corso di 15 anni c'era l'esigenza di trovare un punto di equilibrio tra il mantenimento di una regia pubblica in capo alla Regione sul processo di trasformazione degli Enti e, nello stesso tempo quella di essere in grado di individuare e garantire la specificità e la peculiarità di alcune esperienze che, in base alla propria autonomia potessero scegliere e avessero le condizioni per poter scegliere.
Ecco, mi pare di poter dire che questo elemento, che adesso sento un po' contestato e un po' criticato, in realtà faceva parte del patrimonio e dell'elaborazione di questi 15 anni, che ha caratterizzato più orientamenti politici. Allora, la ratio che, dal mio punto di vista, ha caratterizzato lo sforzo di questo lavoro era finalizzata proprio a trovare il punto di equilibrio concretamente possibile sui problemi più delicati e più sensibili, perché questa era la caratteristica fondamentale di questi 15 anni che abbiamo alle spalle. E parlo dei criteri di trasformazione degli Enti, del tema delle fusioni, dell'argomento dell'estinzione e della devoluzione del patrimonio, del ruolo dei Comuni, della questione del personale.
Vorrei anche dire che tutto questo avviene in un contesto politico legislativo e costituzionale in cui, dal 2001 in poi, viene mantenuta in capo alle Regioni la prerogativa dell'attività di programmazione e di legislazione nel campo delle politiche sociali. Io dunque capisco il tema sollevato dal Consigliere Bono, che dice che ci voleva un intervento della Conferenza Stato-Regioni nel 2001 che definisse i criteri oggettivi e comuni: io lo condivido.
Sta di fatto, però, che quello che è successo con la riforma del Titolo V ha messo in capo alle singole Regioni l'attuazione di questi indirizzi tant'è vero che da quel momento in poi la Lombardia si è mossa in una certa direzione, l'Emilia Romagna e la Toscana in un'altra, fino ad arrivare appena prima del nostro, a un intervento come quello della Regione Veneto molto più pesante rispetto a quello che noi stiamo prevedendo in questo momento. Proviamo a guardare e a mettere in relazione quello che è successo ne 2003 in Lombardia e quello che succede in Veneto nel 2014 sulla riforma quadro delle IPAB. Gli elementi di flessibilità e di equilibrio che noi abbiamo comunque voluto garantire in questo provvedimento lì non ci sono: l'intervento è molto più secco, molto più unilaterale, molto più direttivo.
Allora, mi pare che in questo contesto abbiamo operato e dico quindi che c'è stato - ed è stato ribadito da più parti - un lungo lavoro dentro la Commissione. Io ho ritenuto - e ringrazio il modo con cui il Presidente di Commissione ha agito in questa direzione - che quel tempo speso sia stato necessario e doveroso. E sono convinto che in Commissione si sia sviluppato un vero dibattito politico: vero, non artificiale, non artificioso e nemmeno pregiudiziale.
Sono anche convinto che questo dibattito vero, che è andato alla radice delle posizioni di ciascuno di noi, ha permesso di mettere a confronto punti di vista diversi che hanno, sia pure a titolo diverso, prodotto dei risultati positivi dentro il percorso legislativo. Dico anche che persino la posizione del Gruppo di Forza Italia, che è stato quello più pregiudiziale rispetto alla proposta - nel senso che in più occasioni la Consigliera Porchietto ha ribadito l'irricevibilità di questo DDL - abbia avuto un risvolto positivo dentro il percorso. Perché? Perché sono convinto che anche questo stimolo molto radicale e molto estremo rispetto alla posizione che dovevamo costruire abbia comunque messo in campo, come esito importante, quello di aggiornare in tempo reale la mappatura su tutta la problematica delle IPAB esistenti. E questo è stato un elemento importante dobbiamo dirlo.
Io non so come mai alcuni dicono che non hanno ricevuto comunicazione.
Io posso testimoniare direttamente che più volte sono stati chiesti i dati a ciascuna IPAB. Dei 111 che dovevamo raccogliere, ne abbiamo raggiunti 105 106, ne mancheranno sei o sette, che non hanno risposto alle nostre sollecitazioni più volte ripetute.
Ma adesso possiamo dire che abbiamo un quadro sufficientemente compiuto di questa situazione, in modo tale che possiamo anche governarlo meglio e gestirlo in maniera più adeguata. Questo lavoro ci ha permesso di sollevare alcune situazioni che da anni erano dormienti e che erano assolutamente lasciate senza governo. Questo ci ha permesso, invece, di sollevare, di affrontare e di governare queste situazioni.
Quindi, direi che c'è stato un lavoro necessario, politicamente rilevante; anche le posizioni più estreme hanno permesso di avere dei risvolti positivi. Il lavoro fatto sia dalla maggioranza sia dal Movimento 5 Stelle su alcuni articoli in particolare - penso agli articoli 4, 5, 6 e 7 - è stato, a mio avviso, estremamente importante per migliorare e focalizzare meglio le problematiche.
Possiamo dire che c'è stato uno stravolgimento del testo? Direi che c'è stato un miglioramento del testo, ma del resto a che cosa serve il dibattito nelle Commissioni? A che cosa servono gli istituti della democrazia, se non a fare in modo che ci sia un confronto civico e civile sulle questioni, in cui si possa il più possibile portare alla convergenza i diversi punti di vista? Questo è quello che, nel limite del possibile abbiamo fatto su alcune questioni molto importanti ed estremamente delicate.
Ne cito alcune: il fatto di avere introdotto delle fasce sui criteri rispetto alla trasformazione delle IPAB e di avere introdotto il tema delle fusioni, valorizzando l'ambito territoriale di riferimento come il luogo di programmazione e di integrazione dei servizi all'interno di quel distretto e di quell'ambito.
Rispetto al passaggio iniziale, il ruolo dei Comuni è stato migliorato soprattutto quando dobbiamo stabilire il processo relativo all'estinzione delle IPAB e quindi la successiva devoluzione del patrimonio, che non pu essere scisso rispetto alla sua funzione originaria che, comunque, deve mantenere una vocazione e una destinazione di carattere sociale e socio assistenziale. A me pare che, sotto questo profilo, siano stati fatti passi in avanti estremamente utili e importanti.
Dobbiamo anche dire che viene esplicitato, in maniera molto chiara e forte all'interno del testo di legge, che le IPAB, al di là della loro trasformazione di natura giuridica, cioè sia come azienda pubblica di servizi sia come fondazione o associazione di natura privata, sono riconosciute come soggetti che fanno parte a pieno titolo del sistema integrato dei servizi territoriali, secondo l'impianto della legge n. 328 ma soprattutto in base al principio della sussidiarietà, che è costituzionalmente sancito.
A me pare che, anche su questo punto, non abbiamo fatto un'operazione separata rispetto al resto del mondo. Abbiamo fatto in modo che questo tassello venisse riconosciuto come parte integrante del processo del sistema integrato dei servizi sociali territoriali, e quindi entrano a far parte a pieno titolo anche delle fasi di programmazione dei servizi territoriali. Mi pare che questi temi, che sono stati oggetto di dibattito di approfondimento e miglioramento del testo, abbiano prodotto dei risultati positivi.
Mi avvio alla conclusione. Come sempre, l'eventuale approvazione di una legge, quando dovesse capitare - e spero abbastanza rapidamente, perch abbiamo avuto modo di dibattere e di confrontarci - non rappresenta certamente il punto di arrivo. Credo che, da quel momento, inizi un anno in cui abbiamo la necessità di accompagnare, in virtù delle nostre competenze regionali, tutto il processo che si mette in moto. Quindi, è chiaro che ci saranno provvedimenti di attuazione, in stretta relazione con i territori e ci sarà anche - da questo punto di vista, non ho nessun problema a dirlo l'apertura del confronto necessario con le organizzazioni sindacali per le garanzie rispetto ai lavoratori, tenendo conto che, nel quadro complessivo, buona parte di questi lavoratori non sono dipendenti delle IPAB, ma sono dipendenti delle cooperative che gestiscono i servizi delle IPAB.
Per quanto riguarda i dipendenti delle IPAB in senso stretto, è chiaro che noi, in legge, facendo riferimento ai due articoli che il Consigliere Appiano richiamava, abbiamo potuto scrivere quello che effettivamente si può scrivere, e che non si può prestare a nessun tipo di ricorso di chicchessia. Questo punto l'abbiamo scritto e l'abbiamo discusso a lungo in Commissione, non l'abbiamo fatto in maniera semplicistica e superficiale.
Abbiamo approfondito fino a che punto, su questo passaggio del personale dipendente al momento della trasformazione dell'ente, la scrittura del testo di legge potesse effettivamente spingersi. Mi pare che abbiamo raggiunto quello che si può effettivamente raggiungere.
Detto questo, l'impegno politico che mi assumo è quello di aprire immediatamente il confronto con le organizzazioni sindacali, per accompagnare questo processo in modo tale che sia effettivamente garantito fino in fondo.
Ma non è la prima volta che succede, perché quando abbiamo fatto il lavoro sulle ATC in un contesto completamente diverso, mi pare che la trasformazione e riduzione delle partecipate delle ATC di Torino e del Piemonte centrale sia stato gestito attraverso una cabina di regia Regione sindacati che ha accompagnato il processo in maniera, a mio avviso positiva, senza scompensi.
Concludendo, ringrazio tutti i Consiglieri che hanno partecipato al lavoro e tutti i tecnici degli Uffici dell'Assessorato, che hanno dato un contributo essenziale per il miglioramento e l'approfondimento del provvedimento.



PRESIDENTE

È terminata la discussione generale.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.06)



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