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Dettaglio seduta n.226 del 30/05/17 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



(I lavori iniziano alle ore 14.40 con l'esame delle interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento interno del Consiglio regionale)


Argomento: Volontariato

Interrogazione a risposta immediata n. 1574 presentata da Campo, inerente a "Destinazione risorse regionali ai VVF volontari"


PRESIDENTE

Iniziamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
1574.
La parola al Consigliere Campo per l'illustrazione.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
La mia interrogazione a risposta immediata è finalizzata a richiedere chiarimenti - e una possibile soluzione - su una situazione che ci è stata segnalata in merito alle dotazioni economiche previste per gli anni 2016 e 2017 per i vigili del fuoco volontari.
Nell'assestamento di bilancio del 2016 vennero stanziati 400.000 euro per il 2017 ne sono stati previsti 300.000.
L'aspetto strano che è emerso e che c'è stato segnalato è che tali fondi, ripartiti anche in base ad accordi definiti a livello regionale e nazionale, possono essere utilizzati esclusivamente per la parte di formazione (a tal fine sarebbero stati destinati 400.000 euro), mentre gli altri 300.000 euro esclusivamente per le dotazioni tecniche del personale quando uno degli elementi fondamentali per garantire la piena operatività del sistema dei vigili del fuoco volontari è la perfetta efficienza dei mezzi che questi utilizzano durante le loro attività.
Sotto questo profilo, siccome si tratta di un intervento legislativo di un capitolo di spesa di una legge regionale, intendiamo chiedere se s'intenda intervenire modificando, in qualche modo, la legge che prevede questo impegno di spesa.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Valmaggia; ne ha facoltà.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
La variazione di bilancio che è stata approvata nel dicembre scorso prevedeva, come destinazione di questi 400.000 euro annui, la promozione di corsi di formazione destinati ai vigili del fuoco volontari del Piemonte il miglioramento del loro vestiario e della loro strumentazione, nonché la manutenzione delle loro sedi (peraltro, è quanto ha richiamato anche lei nell'interrogazione in oggetto). Questo è l'obiettivo che la legge assegna a tali risorse.
Per attuare quest'obiettivo dobbiamo definire un accordo all'interno dell'accordo quadro che abbiamo come Regioni con il Ministero dell'Interno e con la Direzione regionale dei vigili del fuoco: si dovrà definire un piano di attività che dovrà essere redatto proprio dalla Direzione regionale dei vigili del fuoco, che ha la responsabilità e il coordinamento anche della componente volontaria. Pertanto, nulla è ancora stato deciso.
Stiamo aspettando che la Direzione generale, attraverso quel Tavolo tecnico (la Commissione tecnica consultiva prevista dall'articolo 11 dell'accordo quadro), definisca le priorità e le attività, per cui al momento non c'è ancora niente di deciso, se non quell'obbligo che dicevo prima, richiamato anche nella sua interpellanza, di promuovere i corsi, di favorire il miglioramento del vestiario e della strumentazione in senso lato (in questo ambito può rientrare anche il tema dei macchinari, delle attrezzature), nonché la manutenzione delle sedi.
Quando ci sarà questo piano di azione, coordinato dalla Direzione regionale, ne prenderemo atto e si procederà nell'operatività di quanto il Consiglio, con la variazione di bilancio, ha deciso.
Grazie.


Argomento: Fondi sanitari

Interrogazione a risposta immediata n. 1573 presentata da Benvenuto inerente a "DGR 34-1998/2015 - Minori stranieri iscritti al SSN: costi e finanziamento della spesa correlata"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 1573.
La parola al Consigliere Benvenuto, per l'illustrazione.



BENVENUTO Alessandro

La considero illustrata, Presidente.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

In Piemonte il numero di stranieri in situazione di irregolarità ovvero mancanza di permesso di soggiorno, è stato stimato dal Ministero dell'Interno in 1.974 (sono dati del 2015), senza distinzione di età né di genere.
La spesa per assistenza ospedaliera di questa popolazione incide, su quella complessiva, intorno allo 0,2 per cento del totale.
È prevedibile un incremento non significativo di iscrizioni, posto che le famiglie interessate conservino l'opzione dell'iscrizione al Servizio Sanitario Regionale o l'accesso ai Centri ISI - Informazione Salute Immigrati (con i quali intercorre da tempo un rapporto di fiducia).
Ricordo al Consigliere Benvenuto che sono parte della spesa corrente non solo i fondi per l'iscrizione al pediatra di libera scelta, ma anche i fondi erogati annualmente dal Ministero della Salute specificatamente per coprire i costi delle prestazioni sanitarie erogate dalla Regione agli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno (così avviene in tutta Italia, per cui tutte le Regioni, indipendentemente dall'appartenenza politica, evidentemente attuano la legge).
Tali fondi hanno sempre abbondantemente coperto la spesa sostenuta dalla nostra Regione quali risultanti da ricognizione annuali sui flussi SDO (prestazioni ospedaliere), flussi C (prestazioni ambulatoriali), flussi C1 (pronto soccorso) e flusso farmaceutico.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia sanitaria e ospedaliera

Interrogazione a risposta immediata n. 1575 presentata da Bertola, inerente a "Stato della variante per l'Ospedale Unico ASL - TO5 nell'area identificata dalla DGR 4084 del 17/10/2016 e dell'assoggettabilità a VAS 0 della stessa"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 1575.
La parola al Consigliere Segretario Bertola, che interviene in qualità di Consigliere per l'illustrazione; ne ha facoltà.



BERTOLA Giorgio

Grazie, Presidente.
Torniamo sulla questione dell'Ospedale Unico ASL TO5. L'argomento pareva scomparso dal panorama politico, dal momento che non se ne parlava da qualche mese; invece pare ci siano tutta una serie di cose che dovrebbero andare avanti. Questo è anche un po' descrittivo di ciò che è avvenuto finora, perché da parte della Giunta regionale - bisogna ammetterlo - abbiamo avuto poca chiarezza.
Siamo riusciti a fare una Commissione congiunta (la II, la IV e la V).
Personalmente, ho avuto problemi ad avere i documenti che avevo chiesto, ci ho messo un po' di mesi e dal 7 febbraio attendiamo ancora i documenti che l'Assessore Saitta si era impegnato a fornire a tutti i Commissari, non solo al sottoscritto.
Siamo a novembre 2015 quando la Regione approva i contenuti dello schema di protocollo di intesa tra la Regione Piemonte, il Comune di Carmagnola, il Comune di Chieri e il Comune di Moncalieri, più l'ASL TO5 che è quella interessata dal nuovo ospedale, il tutto finalizzato all'avvio del processo tecnico-amministrativo per la realizzazione dell'ospedale unico ASL TO5, scelta che, come ripetiamo, non contestiamo. Abbiamo diversi dubbi, invece, sulla scelta della localizzazione.
All'articolo 4 del protocollo di intesa leggiamo che la Regione Piemonte, concordemente con i Comuni interessati, individuerà l'area sulla quale realizzare il nuovo ospedale unico, previa acquisizione, da parte dei Comuni interessati all'insediamo dell'ospedale unico, quindi Moncalieri e Trofarello, e i Comuni eventualmente coinvolti dalle opere ad esso collegate, dell'impegno a modificare le previsione dei loro strumenti urbanistici attraverso le procedure che saranno attivate nell'ambito dell'Accordo di Programma, di cui al successivo articolo del protocollo di intesa. Il 13 settembre 2016 il Comune di Moncalieri e quello di Trofarello comunicavano gli impegni derivanti dall'eventuale scelta dell'area candidata dagli stessi, giacché avevano candidato l'area di Cenasco che poi, peraltro, è stata scelta. Anche lì troviamo l'impegno a modificare ognuno per quanto di propria competenza, le previsioni dei propri strumenti urbanistici. Impegno che poi ha trovato conferma, sempre da parte del Comune di Moncalieri, il 26 settembre 2016, anche relativamente al consumo di suolo.
La principale osservazione che facciamo rispetto alla scelta dell'area è quella che consuma suolo agricolo che deve essere compensato, ancorch siano compensazioni che, a nostro avviso, non sono veritiere, non sono nemmeno ancora state assunte con una variante, nemmeno le compensazioni da parte del Comune di Moncalieri.
Attualmente non risulta esserci alcun progetto preliminare o definitivo che possa giustificare l'impegno alla modifica ai propri strumenti urbanistici da parte dei Comuni interessati. Del resto è opinione di molti che, a monte, sarebbe necessario fare una VAS (Valutazione Ambientale Strategica), allorquando si individua un'area che, a un certo momento, era molto più ampia dell'area che poi è stata localizzata ed è stata scelta per realizzare un'opera del genere.
Durante la Commissione congiunta alla quale facevo riferimento, prima del 7 febbraio 2017, l'Assessore alla Sanità precisava che sarebbero state a carico del Comune le spese per realizzare le opere necessarie al fine di rendere l'intera area idonea e fruibile fin dalla costruzione dell'ospedale unico.
Noi interroghiamo la Giunta per sapere a che punto siano queste varianti necessarie sia al vincolo dell'area individuata dalla Regione Piemonte per l'insediamento dell'ospedale, sia di compensazione dell'uso del suolo agricolo. Contestualmente chiediamo anche se non ritenga, come peraltro sostenuto anche da altre istituzioni come la Città metropolitana che tutto il procedimento debba essere interessato da una VAS.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Il Consigliere Bertola ha ricostruito in modo sintetico un dibattito e le posizioni che sono state assunte su questa vicenda. Abbiamo lungamente discusso su questo tema, ma non posso che confermare gli impegni assunti in Commissione in relazione al contenuto delle varianti e alle compensazioni tutte cose che sono state dette e che non ripeto.
La situazione per quanto riguarda questa infrastruttura è questa. Così come noi avevamo già affermato e detto, si sta completando, come Amministrazione regionale, lo studio di fattibilità e il piano finanziario.
Sulla base di questo studio che tra non molto - non sono in grado di dare oggi una data precisa - sarà pronto, è chiaro che inizieranno le relazioni con i Comuni interessati per dare attuazione a ciò che abbiamo indicato nel protocollo, anche agli impegni che ho avuto modo di indicare puntualmente in Commissione. A che punto sono le varianti è un tema del Comune. Credo che presentare delle varianti senza lo studio di fattibilità, anche di carattere finanziario, mi pare prematuro. Tra non molto ci sarà questo studio che diventerà l'elemento sul quale costruire tutto il percorso che per forza di cosa, non potrà che essere compatibile con le norme e con le osservazioni che sono state ripetutamente sollevate.
Ci tengo a sottolineare, per evitare equivoci, perché so che le forzature sono normali nel dibattito e nella dialettica politica, che per noi la compensazione non è un fatto, soltanto numerico, di superfici.
Continuo a dirlo, so che il Consigliere Bertola l'ha sentito, ma lo ripeto è riferito più al dibattito di Moncalieri.
Per quanto riguarda la Regione Piemonte, si tratta di una compensazione vera e non di una finzione, continuo a ripeterlo. Questo sarà un impegno che nel momento in cui si avvia il processo, sarà verificato puntualmente e credo di esprimere un'opinione di tutto il Consiglio.
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Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 1583 presentata da Bono, inerente a "Concorso per infermieri indetto dalla AOU Città della Salute di Torino"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n. 1583.
La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Agli onori della cronaca è salito un ulteriore dato negativo che coinvolge la Regione Piemonte, in particolar modo l'Azienda Ospedaliera Universitaria della Città della Salute di Torino. Sto parlando del megaconcorso per infermieri che è stato indetto il 22 febbraio 2017 per quattro posti di collaboratore professionale sanitario infermiere. Dico megaconcorso non per il numero di posti assegnati, ma per il numero di partecipanti.
Le domande presentate sono state oltre 7.000, con un ritorno economico per l'Azienda Ospedaliera Universitaria di circa 70 mila euro, visto che la tassa di partecipazione al concorso era di dieci euro.
C'era una preselezione del concorso che si è svolta presso il palazzetto dello sport, Palaruffini, nelle giornate del 27 e 28 aprile in tre sessioni diverse. In totale erano stati preselezionati circa 6.000 candidati degli oltre 7.000, divisi in 2.000 candidati circa per turno. A superare la prova erano stati 2.500, quindi circa un terzo.
Gli idonei sarebbero stati convocati alle successive prove concorsuali da tenersi il 10, l'11 e il 12 maggio con una prova scritta, una prova pratica e una orale. Per le modalità classiche di svolgimento della prova di preselezione era stato assicurato una presenza di domande diversa una dall'altra nella selezione. Qualcosa non ha funzionato, perché la sera stessa del concorso sembra che su un gruppo Facebook fossero state pubblicate molte delle domande presenti nelle prime due sessioni, quindi chi partecipava alla terza sessione il giorno successivo, essendo le stesse domande ma solo in ordine diverso, aveva la risposta a buona parte delle domande e quindi un indebito vantaggio. Per questo motivo è stato proposto un ricorso al TAR Piemonte da parte dei concorrenti delle prime due prove che si è pronunciato con un decreto di sospensione in maniera rapidissima il 9 maggio, proprio per evitare che si potesse andare ad un concorso nullo.
Il problema è che, essendo la prima prova il 10 maggio ed essendo arrivata la sospensiva il 9, la gran parte dei preselezionati al concorso (2.571 infermieri) era o già in viaggio, o già arrivato a Torino o aveva già prenotato un albergo, spendendo soldi di tasca propria. È dovuta quindi, tornare indietro - come si dice - con le pive nel sacco.
Pertanto, vorremmo sapere quali provvedimenti intende prendere o quali comunicazioni sono intercorse tra l'Assessore regionale e la Direzione generale dell'Azione Ospedaliera Universitaria Città della Salute di Torino, per comprendere come possiamo provare a rimediare sia al danno economico rispetto a chi aveva superato la preselezione (i 2.571 infermieri), sia cosa ne sarà adesso del nuovo bando che dovremo predisporre, quali tempistiche ci sono.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

In relazione alla domanda e non tanto sulla descrizione del percorso che mi pare arcinoto, preciso che: la Direzione dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute ha immediatamente avviato un'indagine interna affidata alla Direzione sanitaria, per accertare l'esatta dinamica dei fatti e le eventuali responsabilità. Entro la metà del mese di giugno sono attese le risultanze la Direzione dell'Azienda Ospedaliera Città della Salute ha anche immediatamente presentato un esposto alla Magistratura penale, dopo aver accertato che alcuni concorrenti hanno diffuso alcune domande non alla fine della giornata, ma dopo la prima sessione di preselezione si attende, nel frattempo, che il TAR Piemonte fissi la data dell'udienza in cui avviare l'esame del ricorso, presumibilmente entro la prima decade di giugno.
La Regione Piemonte attende l'esito di quante descritto per formulare le proprie valutazioni.


Argomento: Psichiatria

Interrogazione a risposta immediata n. 1581 presentata da Vignale, inerente a "La Regione torna senza i risparmi in psichiatria, blocca le assunzioni e torna al piano di rientro"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 1581 presentata dal Consigliere Vignale.
La parola al Consigliere Vignale per l'illustrazione.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Al di là dell'errore nel titolo, dove si ripete due volte "torna" credo sia estremamente utile, da questo punto di vista, avere una risposta dalla Giunta regionale, ed è ovviamente il motivo per cui abbiamo presentato l'interrogazione.
L'Assessore Saitta, in più occasioni, parlando della riforma della residenzialità psichiatrica piemontese, ha avuto modo di sottolineare che sarebbe stata una riforma che riordinava il sistema, ma senza nessun taglio al sistema stesso, quindi senza nessun risparmio di spese.
Nell'interrogazione, infatti, abbiamo volutamente citato una comunicazione comparsa sull'agenzia della Giunta regionale "Piemonte informa", dove l'Assessore Saitta dice testualmente: "Come è noto, vogliamo arrivare a una riforma del settore, ma senza alcuna riduzione di risorse".
Nel frattempo, la Regione Piemonte ha invitato - e questo è oggetto di un'altra question time che abbiamo presentato - tutti gli uffici legali delle ASL piemontesi affinché presentassero un ricorso ad opponendum, in merito alla causa che si discuterà il 7 giugno, dove i ricorrenti hanno già ottenuto la sospensiva.
Nella memoria che le ASL hanno presentato il 6 maggio - uguale per tutti, quindi vale per tutte le ASL piemontesi - a pagina 12 e 13 c'è un aspetto che sarebbe interessante discutere, non solo in pochi minuti in Aula, ma anche in sede di Commissione consiliare, perché le ASL (tutte le ASL piemontesi, non una) scrivono testualmente che l'accoglimento dei gravami avversi - cioè qualora la Regione perdesse - avrebbe come conseguenza non solo il far venire meno l'equilibrio di bilancio faticosamente raggiunto, ma ancor più gravemente renderebbe impossibili le nuove assunzioni programmate, con ricadute disastrose sui servizi sanitari offerti dall'Azienda esponente, nonché sulla finanza regionale, che vedrebbe annullarsi i risparmi di spesa conseguenti all'applicazione delle DGR impugnate, tali da comportare un nuovo precommissariamento, con reintroduzione nel Piano di rientro sanitario.
È evidente che uno, quando tenta una difesa, può scrivere ciò che vuole. Io, di professione, non faccio il legale, ma se avessi fatto il legale di professione, avrei fatto una difesa diversa, perché mi sembra eccessivo dire che, qualora si perda una causa, si ha un gravame disastroso sui servizi sanitari. Noi chiediamo all'Assessore quali delle due verità quali delle due esposizioni corrispondono a verità: non ci sarà alcun taglio in psichiatria, oppure il taglio sarà così consistente che garantirà alla Regione di fare le assunzioni e, altresì, di non rientrare nel Piano di rientro? Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Essendo imminente la discussione al TAR sul merito, credo sia prudente e conveniente non interferire sulle scelte che il TAR compierà. Ritengo che questo convenga a tutti, perché sono note le posizioni, anche del collega Vignale, su questa vicenda.
Non è per non rispondere, ma conviene a tutti lasciare che le parti interessate si confrontino al TAR, che assumerà le decisioni.
Non vorrei essere utilizzato e non vorrei neppure utilizzare eventuali affermazioni per sostenere, magari attraverso i legali, opinioni che possono - in qualche maniera - condizionare il lavoro dei giudici.
Pertanto, la mia posizione è questa: una richiesta di prudenza a tutti alla politica, in questo momento, visto che si è deciso di andare avanti in questo senso, con posizioni che sono arcinote. È bene che la politica faccia, a questo punto, un passo indietro e decida il TAR, come meglio riterrà.


Argomento: Edilizia sanitaria e ospedaliera

Interrogazione a risposta immediata n. 1580 presentata da Ruffino, inerente a "Nuovo ospedale di Venaria"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione a risposta immediata n. 1580, presentata dalla Consigliera Ruffino.
L'interrogazione è data per illustrata dalla sottoscritta.
La parola all'Assessore Saitta per la risposta.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

In merito al cantiere per la realizzazione del nuovo presidio sanitario di Venaria, nel segnalare alla Consigliera Ruffino che ho risposto, proprio nell'ultima seduta del Consiglio regionale, ad analoga question time presentata dalla collega Accossato, non posso che ripetere quanto ho già dichiarato in quell'occasione e cioè che ho personalmente verificato durante un sopralluogo in data 13 aprile, come l'area del cantiere sia nel pieno dei lavori esecutivi. Gli scavi sono ormai terminati e le fondamenta hanno preso forma.
Un cantiere importante, che finalmente rende visibili e concreti gli sforzi congiunti di Regione Piemonte e ASL TO3 per realizzare il nuovo polo sanitario che ospiterà in un unico contesto tutti i servizi sanitari del territorio: letti di continuità assistenziale, ambulatori specialistici attività diagnostiche distrettuali, ricollocando in una struttura moderna e funzionale tutte le attività oggi presenti a Venaria. 17,8 milioni di euro è l'impegno economico previsto: 8,4 provenienti da finanziamenti statali (articolo 20 legge 67/88), 7,1 di fondi stanziati dalla Regione e 2,3 milioni di euro finanziati dalla dall'ASL TO3, attraverso un mutuo decennale.
Dopo la consegna del cantiere, avvenuta il 16 maggio dello scorso anno all'impresa appaltatrice, l'ASL TO3 sta monitorando il percorso di realizzazione delle opere e il rispetto dei tempi previsti (900 giorni dalla consegna cantiere con fine intervento credibilmente a inizio 2019).
Il 31 gennaio 2017 è stata iniziata la posa delle armature del solaio dell'edificio lato nord, mentre durante il mese di febbraio sono proseguiti i lavori di posa della guaina di impermeabilizzazione dei muri controterra.
Le elevazioni del piano interrato sono state completate il 7 febbraio scorso, in contemporanea con il riempimento a tergo di muri contro terra nella parte già impermeabilizzata, e il getto della prima parte dei solai e del piano interrato dello stesso edificio, sui quali si stanno concentrando gli interventi.
Il 22 febbraio sono state gettate le travi sulle quali saranno poggiati i solai, mentre a fine febbraio è stato eseguito il getto della seconda fase del solaio dell'edificio lato nord.
Ad aprile il 18 per cento dei lavori in progetto era già stato ultimato, in particolare le strutture portanti dell'immobile che hanno uno sviluppo di 11.000 metri quadri sono completate al 60 per cento e con il getto della seconda soletta sarà possibile a breve dare corso alla costruzione di tutte le pareti divisorie del primo piano, pari a ben 20.000 metri quadri di muratura.
La società di committenza SCR, che lavora in convenzione con l'ASL TO3 sta monitorando le singole fasi di esecuzione dei lavori, nel rispetto del cronoprogramma che la ditta appaltatrice si è impegnata ad osservare.
Per quanto riguarda, invece, il rispetto degli impegni assunti dal Comune di Venaria, ripeto ciò che avevo detto alla collega Accossato, e cioè che durante il sopralluogo mi ero limitato ad auspicare che i timori su presunti ritardi legati alle opere di viabilità connesse, quelle che doveva realizzare il Comune, fossero inventati. Il Sindaco Falcone, com'è noto, tramite stampa ha risposto, in modo anche piccato, invitandomi a non occuparmi delle tempistiche di sua competenza.


Argomento: Volontariato

Interrogazione a risposta immediata n. 1577 presentata da Ottria, inerente a "Richiesta parere della Regione Piemonte in merito all'approvazione dei decreti attuativi della legge sul terzo settore in vista della Conferenza Stato-Regioni"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta indifferibile e urgente n. 1577.
La parola al Consigliere Ottria per l'illustrazione.



OTTRIA Domenico

Grazie, Presidente.
Quest'interrogazione arriva dopo una sollecitazione che ci è arrivata da numerose associazioni di Alessandria ed Asti che già dal dicembre scorso ci avevano contattato in merito all'iter legislativo della legge n.
106/2016, la cosiddetta legge di riforma del terzo settore.
Non c'è bisogno di ricordare qui i numeri del volontariato e del terzo settore in Italia, che sono altissimi sia in termini di servizi resi sia di persone interessate attivamente dal volontariato, perché è un elemento essenziale della nostra società e dell'economia nazionale. È evidente come sia sentita e richiesta una riforma di questo mondo, anche per fare ordine nel nuovo ordinamento.
Tuttavia, nei giorni seguenti all'approvazione da parte del Governo dei decreti attuativi della legge, che è avvenuta il 12 marzo scorso, le perplessità da parte del mondo del terzo settore permangono, perché a fianco di alcune apprezzate novità, alcune modifiche, invece, vanno a minare nel nucleo l'idea stessa del volontariato e mettono in pericolo la stessa esistenza di molte associazioni di questo tipo.
Vi era la paura, che permane tuttora, di un progressivo esautoramento delle funzioni regionali sul terzo settore, su tutte quelle di controllo che, in base alla legge, sono demandate al Governo centrale, e della programmazione. Inoltre, si evidenzia che tutti gli enti interessati non dovranno avere scopo di lucro, ma al contempo si valorizzano altre forme associative in cui svolgere volontariato, alcune delle quali anche di recente sono state interessate da inchieste della Magistratura.
Molte associazioni sia locali sia nazionali e molti lavoratori del terzo settore, i cosiddetti food erasers, hanno sottolineato alcune perplessità specie riguardo alla parte sull'impresa sociale, che metterebbe a rischio la sopravvivenza della cooperazione sociale - che è un'esperienza importante di economia sociale e civile su base democratica e partecipativa nel nostro Paese - e quella sulla fiscalità, che provocherebbe appesantimenti del carico fiscale, soprattutto per l'associazionismo.
Della bontà di quest'ultima parte dipenderà l'efficacia dell'intero impianto normativo e anche l'esistenza stessa di molte organizzazioni del terzo settore. Inoltre, si registra un appesantimento del carico burocratico sulle associazioni e una limitazione molto forte delle libertà e delle autonomie statutarie che non sono alla base dell'iniziativa associativa.
Per questi motivi, vorrei sapere dalla Giunta quale sarà il parere che la Regione Piemonte intende portare nella Conferenza Stato-Regioni che prossimamente sarà convocata, al fine di dare le necessarie opinioni sui testi della riforma di questa legge sul terzo settore.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrari per la risposta.



FERRARI Augusto, Assessore alle politiche sociali, della famiglia e della casa

Grazie, Presidente.
La Conferenza Stato-Regione si esprimerà dopo che la Commissione competente nazionale degli Assessori delle politiche sociali avrà esaminato dettagliatamente il provvedimento. Questa Commissione non si è ancora trovata, quindi non ha ancora avuto modo di fare questo approfondimento e di esprimere una valutazione complessiva.
Immaginiamo che la riunione formale delle Commissioni Politiche Sociali Nazionali sarà convocata presumibilmente nella prima settimana di giugno.
Nel frattempo, nei giorni scorsi abbiamo potuto informalmente tra alcuni di noi e alcuni esponenti del Ministero avere dei contatti per affrontare almeno informalmente, alcune questione che anche a noi direttamente soprattutto le associazioni di volontariato, hanno espresso e, ancora di più, per esprimere alcune nostre preoccupazioni come Assessori regionali relativamente alla funzione delle Regioni nell'ambito della governance complessiva del terzo settore, in particolare del Registro unico del terzo settore.
Nei giorni scorsi questi contatti informali ci hanno portato anche ad avere dei momenti di confronto con alcune realtà nazionali del terzo settore e, in particolare, direttamente sia con il Ministro Poletti sia con il Sottosegretario Bobba. In quegli incontri, personalmente, anche a nome di altri colleghi regionali, ho messo in evidenza due aspetti: innanzitutto l'inquietudine del volontariato medio-piccolo organizzato, che esprime preoccupazioni relative innanzitutto all'allocazione delle risorse dei centri di servizio per il volontariato, anche a favore di altri enti del terzo settore che non sono volontariato. Ancora, una catena di comando che avvantaggia i grandi gruppi organizzati, che si ritrovano a decidere con il Governo linee e fondi per tutto il terzo settore. Inoltre, come già sottolineato, un aggravio burocratico sulla documentazione necessaria per l'adeguamento alle nuove norme nazionali e per il mantenimento dell'iscrizione nel registro unico nazionale.
Inoltre, come esponenti delle Amministrazioni regionali abbiamo rappresentato al Ministro e al Sottosegretario Bobba la preoccupazione di un ruolo marginale assegnato alle Regioni, che sotto questo profilo rischiano di diventare delle succursali meramente operative ed esecutive del Ministero. E questo finisce per ledere pesantemente una tradizione ormai consolidata nell'ambito di diverse Regioni, certamente nella nostra ma anche in altre, dove l'ente regionale acquista un ruolo di regia del complesso sistema integrato dei servizi che vede come interlocutori anche i soggetti del terzo settore e del volontariato. Il rischio è che questa funzione di regia complessiva del sistema venga meno e il ruolo venga ridotto a mero braccio esecutivo del Ministero.
Sulla base di questo, cosa stiamo facendo? Noi abbiamo elaborato una bozza di alcuni emendamenti da presentare al Ministero attraverso la Commissione per andare a emendare e rivedere alcuni articoli dell'attuale testo, soprattutto quello relativo al Codice del terzo settore.
Nello specifico, sottolineo che il nostro intervento riguarderà in particolare l'articolo 5, che fa riferimento al tema dei livelli essenziali di assistenza che, a nostro avviso, va tolto dal riferimento agli enti del terzo settore, perché il tema dei livelli essenziali di assistenza deve rimanere in capo all'Ente pubblico, perché è una prerogativa dell'Ente pubblico la garanzia dei livelli essenziali di servizio.
Così pure il nostro intervento riguarderà l'articolo 45, che nello specifico riguarda il tema del Registro unico del terzo settore, dove noi chiederemo che ci sia una piena collaborazione istituzionale con le Regioni e con le Province autonome e che venga esplicitata l'esistenza e l'importanza dell'Ufficio regionale per il Registro Unico nazionale del terzo settore, più una serie di altre cose che riguardano, nello specifico la garanzia del ruolo di regia regionale di tutta la materia.
Quindi, noi abbiamo ricevuto in questi contatti preliminari, diciamo così, ancora molto informali delle aperture sulla discussione di questi temi, sia per quanto riguarda il ruolo del volontariato, soprattutto quello di dimensioni più locali, diciamo così, e che quindi ha meno capacità negoziale dal punto di vista nazionale, sia sul tema delle funzioni regionali.
Ci auguriamo che queste aperture si traducano anche in alcune modifiche di alcuni articoli del Codice; fatto questo passaggio, certamente il nostro appoggio al percorso ci sarà, perché comunque la riforma ha una grande importanza per il sistema del Paese.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Ferrari.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione a risposta immediata n. 1582 presentata da Grimaldi inerente a "Inaccettabile ritardo nella costruzione del deposito nazionale di stoccaggio delle scorie radioattive"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 1582.
La parola al Consigliere Grimaldi per l'illustrazione.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
La vicenda che vi racconterò è una vicenda molto lunga, visto che il tema della chiusura del ciclo nucleare viene ormai dibattuto dalla fine degli anni Novanta, con la nascita di SOGIN S.p.A. dopo l'esito del primo referendum.
Siamo a qualche anno dall'esito del secondo referendum che ha bloccato il ritorno dell'Italia al nucleare, eppure la vicenda è ancora quella che stiamo descrivendo.
È qui presente la Presidente della V Commissione e tanti colleghi, che con me hanno firmato un atto di indirizzo che chiedeva di avviare la fase di denuclearizzazione del nostro territorio.
Anche se la SOGIN è incaricata di un progetto di deposito nazionale che è assai chiaro, cioè quello che dovrebbe portare i 75 mila metri cubi di scorie radioattive a bassa e media attività in un sito idoneo nazionale anche se questo deposito è previsto da direttive europee (n. 2011-70 Euratom), purtroppo questa vicenda si è fermata di nuovo a un passaggio che a noi è ben noto.
Dopo le vicende degli anni Duemila, che ricorderete bene sull'individuazione del sito nazionale, il processo doveva entrare nel vivo con la pubblicazione di questa CNAPI, cioè la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale.
Effettivamente, il CNAPI è stata consegnata da SOGIN e ha ricevuto il 20 luglio 2015 la proposta dell'Autorità di controllo, cioè dell'ISPRA, con la lista appunto, ma i siti non sono ancora pubblici. Perché? Perché la CNAPI attende il nulla osta del Ministero dell'Ambiente previsto già dal settembre 2015 e più volte rimandato.
Tra l'altro, il 14 settembre 2016, il Ministro dello Sviluppo economico, audito in Commissione Bicamerale Ecomafie, ha collocato la procedura di desecretazione del dossier tra il secondo e il terzo trimestre 2017. Nel frattempo, i ritardi e le criticità sono costati all'Italia l'apertura di una procedura europea di infrazione per mancata osservanza delle Direttive Euratom.
Però io entrerei nel vivo del nostro piccolo problema. Se noi non facciamo niente, perché la pubblicazione venga non solo desecretata pubblicata e discussa con le ragioni, noi abbiamo questo piccolo problema: in un triangolo d'acqua, e lo sapete bene, stiamo bunkerizzando il nostro sito di Saluggia rendendolo così, di fatto, idoneo a diventare temporaneamente, e lo siamo da anni, i veri detentori di tutte le scorie rimaste in Italia.
La cosa è ancora più grave, Assessore, e lo dico al Presidente che purtroppo in questo momento non è in aula, ma spero che se ne faccia promotore, non solo perché abbiamo rischiato con la piena di oltre dieci anni fa di desertificare tutta la Pianura Padana. Per quanto noi ci sforziamo, con l'idea che basta bunkerizzare, fare dei grandi argini e pensare che in qualche modo non succeda niente, mi fanno ridere gli appelli alla vicenda terroristica, quando quello è un sito che rischia di essere il primo obiettivo di qualsiasi attentato, rendendo di fatto l'intera Pianura Padana un terreno non più fertile.
Allora, ci possiamo permettere ancora oggi di essere il vero sito nazionale di stoccaggio? Possiamo ancora essere quelli che detengono il 95 per cento delle scorie nucleari in Italia in un triangolo d'acqua? Io credo di no.
Lo dico così, visto che mi pare che l'appello sia bipartisan: facciamo sì che questo Governo si assuma le responsabilità di pubblicare questa mappa, di iniziare la discussione con le Regioni e di evitare, e lo dico da subito, che tutte le scorie che oggi sono detenute all'estero e che torneranno in Italia...
Noi abbiamo il 95 per cento di quelle rimaste, ma la gran parte sono fuori, sono in Francia, sono in Inghilterra e ritorneranno in questo Paese.
E cosa facciamo? Le ospitiamo nel nostro Piemonte? In un sito inidoneo, in mezzo al Canale Cavour, sul Po? Vogliamo veramente fare questo? Io credo di no.
Un altro appello all'Assessore, affinché chieda al Ministero competente di pubblicare questa mappa e decidere in fretta il sito nucleare.



PRESIDENTE

Grazie, collega Grimaldi.
La parola all'Assessore Valmaggia per la risposta.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Grazie, Presidente.
Parto dall'audizione che il Ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda ha fatto alla Camera dei Deputati, nel settembre scorso, dove ha dichiarato che la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) doveva collocarsi logicamente in un momento successivo alla consultazione pubblica sul programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, e anche in un momento successivo alla redazione dei rapporti ambientali, in modo che i cittadini possano disporre di tutte le informazioni utili a meglio comprendere e valutare. In quella audizione, aveva stabilito delle previsioni e tempistiche che collocavano la pubblicazione della Carta tra il secondo e il terzo trimestre 2017.
Tutto questo non è stato fatto e nella seduta del tavolo della trasparenza nucleare del 26 gennaio scorso, come Regione Piemonte, abbiamo nuovamente richiamato il livello centrale da parte degli Enti e gli organi tecnici locali alla preoccupazione per questa mancata pubblicazione della Carta e abbiamo, anche a seguito del tavolo della trasparenza nucleare riscritto nuovamente, il 4 aprile scorso, al Ministero dello Sviluppo economico e al Ministero dell'Ambiente, evidenziando il forte ritardo e la preoccupazione, come Regione, per il blocco di questo iter di cui non si vede la fine.
Abbiamo scritto, segnalando che la riunione del 26 gennaio è stata l'ennesima occasione in cui gli organi tecnici locali hanno manifestato la loro forte preoccupazione per la mancata pubblicazione della Carta nazionale, e hanno ribadito che dilazionare nel tempo le azioni necessarie a pervenire alla realizzazione del deposito nazionale alimenta ogni giorno di più nelle popolazioni interessate il timore di non giungere al rilascio definitivo dei siti nucleari piemontesi e la diffidenza sulla temporaneità delle infrastrutture intermedie - in particolare i depositi - necessarie a condurre le operazioni di disattivazione degli impianti nel rispetto delle migliori condizioni di sicurezza.
Siamo fermi a questo punto. Nella visita che qualche settimana fa abbiamo fatto con la Presidente della V Commissione, Silvana Accossato, in occasione di "Porte aperte agli impianti nucleari", abbiamo potuto constatare che le strutture che erano all'interno delle piscine (la parte più pericolosa) e che dovevano essere inviate all'estero per il trattamento di riprocessazione sono state effettivamente portate all'estero.
Dunque, rispetto alla visita che facemmo un paio di anni fa, abbiamo constatato passi in avanti nello smantellamento della centrale di Trino e di Saluggia.
Continueremo a sollecitare il Governo affinché evidenzi, in primo luogo, la VAS e presenti il programma nazionale, e, successivamente comunichi la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, in modo da far partire quel percorso, cui anche l'Europa ci richiama, di individuazione definitiva del deposito nazionale sul quale calibrare anche tutte le azioni precedenti da parte del nostro Stato e della nostra Regione.


Argomento: Calamità naturali

Interrogazione a risposta immediata n. 1578 presentata da Berutti, inerente a "Azioni regionali a seguito degli eccezionali eventi atmosferici dell'aprile 2017"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n. 1578.
La parola al Consigliere Berutti per l'illustrazione.



BERUTTI Massimo

Grazie, Presidente.
Avevamo già avuto modo di sollecitare ed evidenziare le criticità riportate anche nell'interrogazione, e so che l'Assessore si è già mosso in tal senso sul territorio.
Ci riferiamo, nello specifico, agli eventi atmosferici (in questo caso le gelate) di natura eccezionale: le brinate di stagione ci sono sempre state, ma qualche mese fa eravamo in una situazione piuttosto eccezionale.
Al riguardo, avevamo anche trasmesso una lettera, come Gruppo, in cui evidenziavamo proprio l'eccezionalità dell'evento e chiedevamo l'attivazione dello stato di calamità naturale.
Oggi vorremmo dunque capire qual è lo stato dell'arte del percorso attivato dell'Assessorato in merito a questi eventi.
Grazie.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Ferrero; ne ha facoltà.



FERRERO Giorgio, Assessore all'agricoltura, caccia e pesca

Grazie, Presidente; grazie, Consigliere Berutti.
La situazione che voi conoscete bene è che queste gelate hanno arrecato dei danni enormi, soprattutto in alcune aree. Il freddo è stato accompagnato dal vento, quindi non abbiamo soltanto il fondovalle colpito ma anche le strisce che risalgono le colline. È stato un evento veramente anomalo.
Da quanto abbiamo potuto verificare, nella vite sono state gelate anche le gemme secondarie, quindi non solo è stata compromessa totalmente la produzione di quest'anno, ma rischiamo di avere danni importanti anche il prossimo anno (chi conosce il sistema produttivo della vite potrà comprendere). Addirittura, in alcuni casi, le piante piccole sono state completamente gelate.
Che cosa succede? Secondo la legge attuale si tratta di un evento assicurabile e voi sapete che, in base alle dinamiche legislative vigenti tutto ciò che è assicurabile non è più indennizzabile sul Fondo nazionale delle calamità.
Che cosa si è fatto? Ci siamo riuniti già due volte come Assessori regionali - è un evento di livello nazionale, che ha coinvolto il Piemonte la Valle d'Aosta, la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Veneto, il Friuli, il Lazio, fino alla Sicilia - e abbiamo sollecitato il Governo a dirci se c'era una possibilità per cui questo evento, vista la sua importanza dal punto di vista del territorio e dell'entità dei danni, potesse seguire un percorso di indennizzo sul Fondo di solidarietà. Anche perché ci troveremmo nella situazione per cui, così com'è stato per l'alluvione, dovremmo fare migliaia di sopralluoghi, azienda per azienda, e constatare i danni con la struttura pubblica. Ciò significherebbe bloccare la struttura dell'Agricoltura, che, come sapete, è impegnata sui bandi del Piano di Sviluppo Rurale.
Nell'attesa abbiamo fatto un censimento e abbiamo inviato a tutti i Comuni un modulo per recuperare intanto le denunce presentate dagli agricoltori e vagliate dalle Commissioni agricole dei Comuni. Entro il 15 giugno - posso dirvi che tenteremo una proroga di 15 giorni per la consegna chiederemo ai Comuni di restituirci quanto denunciato dagli agricoltori e vagliato dalle Commissioni agricole. Casomai il Governo intendesse percorrere la strada di un indennizzo, abbiamo un mese di tempo (o poco più) per fare i sopralluoghi reali nelle aziende (così com'è stato fatto per l'evento alluvionale).
Diversamente, abbiamo un ulteriore strumento che potrebbe anche consentirci di attivare meccanismi più semplici, come gli sgravi contributivi e il rinvio della scadenza delle rate dei mutui.


Argomento: Produzione e trasformazione dei prodotti

Interrogazione a risposta immediata n. 1579 presentata da Graglia, inerente a "Azioni per la tutela della denominazione 'Tartufo bianco del Piemonte o di Alba'"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n. 1579.
La parola al Consigliere Graglia per l'illustrazione.



GRAGLIA Franco

Grazie, Presidente.
Essendo un'interrogazione un po' datata, è stata trasformata in question time.
Sappiamo tutti che il tartufo è un prodotto tipico italiano altamente qualificante del Piemonte.
Abbiamo appreso che il Ministero delle Politiche agricole e alimentari avrebbe avanzato la possibilità di modificare la legge nazionale n.
752/1985 variando la definizione di "Tartufo bianco" o "Tartufo bianco del Piemonte" o "Tartufo bianco di Alba" in un generico "Tartufo pregiato bianco", arrecando, in tal modo, un grave danno al nostro prodotto.
Poiché abbiamo appreso che il Presidente della Regione Piemonte avrebbe già provveduto ad inviare una lettera al Ministero delle Politiche agricole e alimentari, questa interrogazione mira a conoscere quali altre azioni sono previste per tutelare il prestigio di un importante prodotto qual è il tartufo bianco del Piemonte, in particolare di Alba.
Grazie.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Valmaggia; ne ha facoltà.



VALMAGGIA Alberto, Assessore all'ambiente

Con la risposta alla question time in oggetto, includerei anche la risposta alla vecchia interpellanza del 7 marzo scorso, che è identica.
Due sono i Tavoli a livello nazionale in tema di tartufi: esiste un Tavolo a livello ministeriale, nel quale si sta definendo un corposo e completo Piano nazionale della filiera del tartufo; vi è, poi, la proposta di legge con testo unificato dei proponenti Fenzi e Fiorio (Normativa in materia di tartufi) in discussione alla Camera dei Deputati.
Riguardo al Piano nazionale della filiera del tartufo, come Regione abbiamo sempre partecipato ai Tavoli tecnici, dall'autunno scorso fino ad oggi, inviando puntuali osservazioni previo confronto con i componenti della Consulta per la valorizzazione del patrimonio tartufigeno regionale in qualità di attori della filiera ed esperti in materia di tartufi.
Proprio su questo punto al Tavolo sul Piano nazionale della filiera abbiamo ribadito l'importanza di mantenere la denominazione "Tuber magnatum Pico", conosciuto come "Bianco d'Alba", che non indica la provenienza del tartufo - questo è il problema - perché non possiamo garantire la geograficità della denominazione dal momento che può crescere anche in altro luoghi. Ma il prodotto in sé, cioè il "Tuber magnatum", è un brand commerciale vero e proprio.
Come dimostra anche lo studio svolto dal Centro Nazionale Studi Tartufo nel mondo e, in particolare, in quello della ristorazione internazionale di alto livello, il "Tuber Magnatum Pico" è noto come tartufo bianco d'Alba e quindi con una denominazione usuale, volgare, antecedente al 1979. È stato ribadito sia sul tavolo del piano nazionale della filiera del tartufo sia durante l'audizione effettuata il 17 maggio scorso presso la XIII Commissione Agricoltura della Camera, alla quale abbiamo partecipato, sulla proposta di legge Fiorio.
Anche qui abbiamo richiamato il fatto che la Regione Piemonte pone l'attenzione sull'importanza che i nomi volgari, tartufo bianco d'Alba o di Acqualagna, per motivi storici e commerciali, hanno acquisito in decenni di promozione e costituiscono, di fatto, un patrimonio italiano nel mondo che sarebbe necessario mantenere.
Questi sono gli ultimi tasselli di un lavoro di difesa della denominazione che abbiamo portato avanti in ambito nazionale.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata.



(Alle ore 15.41 il Presidente dichiara esaurita la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata)



(La seduta ha inizio alle ore 15.45)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo Baricco, Cerutti, Conticelli, Ferraris, Gariglio Giaccone e Motta.


Argomento: Sistema informativo regionale

Relazione annuale 2016 del Difensore civico ai sensi dell'articolo 8, della legge regionale 50/1981

Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Relazione annuale del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale (ai sensi dell'articolo 6 della l.r 28/2009)

Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Relazione annuale del Garante regionale per l'Infanzia e l'adolescenza (ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera s e dell'articolo 11 della l.r. 31/2009)


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito, iniziato stamattina, sulle relazioni annuali rispettivamente del Difensore civico, del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e del Garante regionale per l'Infanzia e l'adolescenza, di cui al punto 4), 5) e 6) all'o.d.g.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Caputo; ne ha facoltà.



CAPUTO Valentina

Grazie, Presidente.
Anche se non sono presenti in aula ringrazio i Garanti e il Difensore Civico per l'illustrazione delle loro relazioni questa mattina, in particolare farò riferimento alla relazione che è stata illustrata dal Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza è una nomina molto importante per il nostro Consiglio, perché va a colmare un vuoto. L'assenza di una figura istituzionale che, in effetti, in questi anni, ancora non esisteva e non era stata istituita, nonostante la Regione Piemonte fosse tra le prime Regioni che aveva già legiferato nel merito con la legge n. 31 del 2009 quindi anche antecedente all'istituzione della figura del Garante dell'infanzia e l'adolescenza della legge nazionale, che è del 2011.
Oltretutto la legge regionale mette anche in attuazione l'articolo 11 dello Statuto. È una nomina importante quella del Garante dell'infanzia e l'adolescenza, perché è un faro sulle fragilità che conosciamo all'interno della società e sulle quali poi ritornerò citandone alcune, e che ha fatto presente anche la Garante nella sua relazione.
È anche un faro su alcune nuove fragilità che si approcciano e con cui oggi dobbiamo confrontarci all'interno di questa società - su questo ritorneremo - come il cyberbullismo o il bullismo, su cui si è intervenuti anche a livello nazionale.
L'esigenza di affermare i diritti dei minori e degli adolescenti dei bambini e delle bambine attraverso un organo monocratico, indipendente e autonomo, nasce dalla Convezione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che è del 1989, ratificata in Italia nel 1991. Questo rinnova profondamente la cultura dei diritti dei minori e li riconosce come diritti fondamentali. Diritti fondamentali per coloro che sono privi di ogni rappresentanza e per i quali è sempre più difficile far sentire la loro voce. I diritti dei minori sono riconosciuti ed ecco perché è anche importante la figura di un Garante, perché occorre definire come vogliamo dare una corretta applicazione ai concetti che questa Convenzione riporta.
Pensiamo al concetto di non discriminazione e di superiore interesse del bambino, il diritto alla vita, alla sopravvivenza, come anche al diritto all'ascolto. L'ascolto è uno dei concetti più importanti che viene riportato in questa relazione.
I compiti del Garante sono molteplici e si possono sintetizzare in ascolto e partecipazione, consultazione, elaborazione, promozione e sensibilizzazione, ma soprattutto segnalazione. Segnalazioni che possono avere percorsi diversi perché si procede a istruire una pratica che si pu concludere, ma in realtà una segnalazione può anche essere inviata agli Enti locali per far fronte a delle condizioni drammatiche, magari nei confronti di minori, oppure si può anche promuovere la modifica dei provvedimenti che sono acquisiti a carico dei minori. Questo sicuramente è uno dei lavori più onerosi per il Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Anche ieri su alcuni quotidiani nazionali veniva ripresa la figura dei garanti.
In Italia i problemi che venivano esposti da parte dei Garanti erano quelli riportati anche nella nostra relazione: la povertà e il conflitto tra genitori. Uno dei punti importanti per cui è fondamentale che anche noi ci si sia dotati di questa figura, è proprio perché si sta lavorando a livello nazionale a un registro di raccolta dati. Anche questo era un vuoto, perché ovviamente tale raccolta era tutta gestita a livello regionale, quindi possono essere differenti le modalità di azione nell'affrontare i fenomeni. Invece, avere un sistema di raccolta dati è fondamentale per seguire il percorso e la gestione delle azioni sociali che vengono messe in campo.
La figura del Garante non è sempre di facile comprensione. Per questo è accolto in maniera molto positiva che si sia lavorato per cercare nuove modalità di collaborazione. È importante che si sia arrivati all'istituzione di un settore, in così breve tempo, in soli cinque mesi all'interno della nostra struttura. Una struttura che ha elaborato un nuovo logo, che ha elaborato una procedura più veloce tramite il sito del Consiglio regionale, perché se dobbiamo ascoltare dobbiamo avere dei sistemi che facilitino le comunicazioni. Le segnalazioni arrivano solitamente tramite genitori o nonni, ma sta crescendo il numero di segnalazioni che arrivano anche attraverso i giovani, e noi su di loro dobbiamo puntare affinché abbiano la possibilità di esprimere i loro disagi.
Il punto di maggiore necessità dei giovani è quello di essere ascoltati, perché la società regala comunque tanti stimoli che hanno poi dei percorsi negativi. Noi dobbiamo lavorare al loro fianco come politica soprattutto per promuovere il senso di responsabilità, l'ascolto, la tolleranza tra giovani, ma soprattutto la coesione sociale.
Il lavoro che ha fatto il Garante in questi mesi è molto prezioso perché ha cercato di relazionarsi con tutti gli Assessorati, gli enti, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categorie, le società sportive, tutti quelli che ha citato. È molto importante costruire reti anche perché ciò consente di individuare i bisogni su cui occorre intervenire in una società che, in questo momento, è soggetta a dei grandi mutamenti.
Vorrei soffermarmi sui alcuni punti su cui si è soffermata la Garante.
Uno dei più importanti è quello sulla conflittualità dei genitori, citato in questa ricerca sui Garanti. Abbiamo una società che ha delle relazioni estremamente fragili, soprattutto nei contesti familiari. Questo è un punto su cui bisogna lavorare tutti, perché le famiglie hanno bisogno di sostegno sia giudiziario che sociale e i coniugi devono essere accompagnati nella separazione, nel non trasformare i figli in un oggetto di contesa, perch poi l'altro risvolto della medaglia è che si eccede negli allontanamenti attuati dagli Enti locali. Questo non è sempre la soluzione migliore per l'evoluzione del bambino: infatti il loro rapporto non si esaurisce nella famiglia, ma la famiglia è il fulcro per poi inserirlo all'interno delle nostre comunità.
Uno dei punti su cui occorre lavorare con la Garante - noi, come Partito Democratico, ci saremmo - è la revisione delle linee guida della DGR n. 42. L'anno scorso con la legge n. 4 del 2016 abbiamo definito il concetto di violenza assistita. Viene definita come violenza assistita quella che avviene tra le mura domestiche, ma nelle linee guida della DGR questo concetto, essendo linee guida del 2010, effettivamente non è riconosciuto. Non sono riconosciuti i traumi e gli esiti della violenza assistita. È un concetto fondamentale, perché ovviamente spesso si pensa che quella fisica sia migliore di quella assistita, ma in realtà non è così, perché chi assiste vede tutta una serie di conflittualità, anche affettive, in un clima di paura, con la trasformazione di un genitore da apparente aggressore ad apparente vittima.
Occorre intervenire con degli interventi programmati, perché rientra in quelle fragilità che noi, oggi, ancora conosciamo e su cui possiamo intervenire mettendo a sistema, con le reti che la Garante ha costruito degli interventi programmati soprattutto tramite le associazioni o rispetto ai disagi che vengono percepiti nelle scuole, che è uno dei luoghi importantissimi con cui dover collaborare.
Un altro concetto molto importante su cui occorre ritornare è quello del cyberbullismo, rispetto al quale abbiamo depositato una proposta di legge. Anche a livello nazionale è stata approvata recentemente una legge che interviene per sostenere i giovani, inserendo nella scuola un professore di riferimento e dando soprattutto ai giovani l'opportunità di chiedere - essi stessi - di rimuovere dalla rete dei video o qualsiasi contenuto non gradito. Consente, soprattutto, l'ammonimento verso i bulli.
Si tratta di un'altra sfida che dovremmo organizzare in questa direzione, come Regione, per mettere in campo quanto previsto dalla legge nazionale. Si tratta di un fenomeno che non è inevitabile, ma che, in alcuni casi, può essere preventivamente gestito. Lavorare in rete permette proprio questo: attuare delle azioni di prevenzione.
Per quanto riguarda i minori non accompagnati, la nuova legge Zampa approvata da poco al Parlamento (il 29 marzo), istituisce in Italia il sistema di accoglienza e protezione dei minori non accompagnati.
Un altro concetto importante che sarà introdotto è la figura del tutore volontario, che andrà a sostituirsi nella presa in carico da parte dei servizi sociali, con il Presidente del Consorzio, che si prenderà in carico il minore non accompagnato.
Anche su questo, anche il ruolo del Garante sarà, per il Garante, una nuova sfida: noi ci saremo e lavoreremo per costruire questa nuova figura così come il registro, soprattutto nella formazione e nella sensibilizzazione di intraprendere questo percorso. Non sarà facile, perch solitamente la Garante regionale deve fare da raccordo tra sistemi di tribunali ordinari che adottano, poi - in base alle istruttorie - dei percorsi differenti.
In ultimo, uno dei concetti importanti e sottolineati è quello della povertà.
Siamo soliti pensare che la povertà sia solo quella economica (pensiamo ai paesi più in difficoltà), ma la povertà è anche quella dell'educazione.
Come è stato sottolineato, occorre impegnarsi per favorire l'inclusione sociale ed evitare la dispersione scolastica, che è in decrescita, perch la nostra sfida è proprio quella di garantire dei servizi sanitari di qualità, far crescere in un ambiente sano, garantire l'istruzione ed anche perché no? - lo svago, che è uno dei principi riconosciuti ai bambini.
Occorre fare in modo che le famiglie stesse contribuiscano a dare un'accelerata alla loro crescita, rispettando tutte le tappe, affinch possano diventare aduli consapevoli e soprattutto adulti che non abbiano difficoltà a relazionarsi.
Concludo semplicemente pensando che la Garante ha attuato questa rete e che sia fondamentale l'esito della tutela, che dipende - sì - dal funzionamento dei servizi sociali, sanitari e di giustizia, ma che occorre anche fare sistema, lavorare e agire in sinergia.
Su questo, come Partito Democratico ci saremo e daremo il nostro contributo.


Argomento: Psichiatria

Richiesta, da parte del Consigliere Vignale, di chiarimenti in merito alla risposta dell'Assessore Saitta all'interrogazione a risposta immediata n. 1581, inerente a "La Regione torna senza i risparmi in psichiatria, blocca le assunzioni e torna al piano di rientro"


PRESIDENTE

Ha chiesa la parola il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Solo un aspetto (guardi, lo dico con tutta la pacatezza del caso): ho presentato poc'anzi una questione time relativa a un aspetto di carattere politico. Cioè chiedevo all'Assessore - che ha dichiarato una cosa - e alle



ASL - che ne hanno dichiarata un'altra - quale fosse la verità. Tutto lì.

L'Assessore dice: "Io non rispondo, perché siamo davanti a un Tribunale Amministrativo", ma nell'interrogazione immediatamente precedente correttamente, l'Assessore Saitta ha risposto al Consigliere Bertola su un tema differente, nonostante il tema posto nell'interrogazione fosse, anche questo, oggetto del TAR.
Perché dico che non è possibile questa condotta? Lo dico perché è evidente che il Tribunale Amministrativo è il luogo in cui i provvedimenti della Giunta, se un soggetto ricorre, finiscono. Per cui, se noi non potessimo più avanzare domande su tutto ciò che è davanti al Tribunale Amministrativo Regionale! Pensate per quanti mesi c'è stata la riforma sulla sanità: per tutti quei mesi non avremmo potuto avanzare delle domande! Però - badate - non è un aspetto secondario, perché a nostro avviso le ASL hanno scritto un dato falso e noi, oggi, volevamo che l'Assessore Saitta dicesse la verità: che ciò che hanno scritto le ASL all'interno del documento presentato da tutte le ASL piemontesi non corrisponde a verità.
L'Assessore Saitta non ha risposto, perché non poteva rispondere, ma non è, questa, una dinamica consiliare.
L'Assessore Saitta, visto che non ha presentato lui l'esposto, ma l'hanno presentato le ASL, ancorché coordinate dalla Regione Piemonte e dal suo Assessorato, aveva il dovere di rispondere. Lo dico (e ho concluso) all'Ufficio di Presidenza, perché l'articolo 71 (adesso, Presidente Ruffino, ha la sfortuna di presiedere lei) non casualmente, al comma 5 individua una facoltà in cui si chiede l'interruzione dei lavori nei casi in cui si ritenga che ci sia stato un pregiudizio sulla conduzione dei lavori che, ovviamente, non attengono alla Presidenza del Consiglio, ma attengono all'Assessore.
Ritengo, però, che un richiamo sia doveroso, altrimenti diamo la facoltà agli Assessori di rispondere quando e come (come, ci mancherebbe) quando e se vogliono alle interrogazioni dei Consiglieri regionali. E questo non è possibile.



BERTOLA GIORGIO


Argomento: Sistema informativo regionale - Partecipazioni azionarie regionali

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Prospettive future del CSI Piemonte in seguito al parere ANAC sull'attività in house del consorzio"


PRESIDENTE

L'Assessora De Santis è disponibile a rendere le comunicazioni della Giunta regionale in merito a "Prospettive future del CSI Piemonte in seguito al parere ANAC sull'attività in house del consorzio".
Prego, Assessora.
DE SANTIS Giuseppina, Assessora ai rapporti con società a partecipazione regionale Grazie, Presidente.
La richiesta di comunicazione presentata oggi alla Giunta nasce dai pareri resi da ANAC sulla procedura di dialogo competitivo in corso sul CSI Piemonte.
Per rispondere a questa richiesta di comunicazione, devo fare un passo indietro.
La procedura nasce da una scelta compiuta consapevolmente dai soci sancita dall'assemblea dei consorziati, nell'estate del 2015. La scelta che noi avevamo fatto era stata quella di cercare, per il CSI, una soluzione di mercato che consentisse di ottenere tre risultati: mantenere integre - non spezzettare - le competenze industriali presenti nell'azienda; creare qui a Torino, un player rilevante nel mercato dell'informatica per la Pubblica Amministrazione; infine, mantenere a quella parte di CSI così residua che sarebbe rimasta pubblica e in house, il ruolo di soggetto aggregatore della domanda pubblica di informatica del territorio e di regista e architetto del sistema dell'informatica pubblica piemontese. Questo è esattamente il ruolo che - ricordo - gli è stato affidato 40 anni fa da questo Consiglio 40 anni nei quali tante cose sono cambiate, e forse l'informatica più di tutto il resto.
Il metodo di questa operazione, cioè la procedura nota come dialogo competitivo, aveva come obiettivo proprio quello di sollecitare un mercato in termini di progetti di investimento, di innovazione e di sviluppo tutelando così il maggior numero di persone, tutelando le persone che lavorano dentro il CSI, ed evitando che si innescasse una gara al ribasso in termini di assunzioni, come abbiamo visto avvenire nel caso di altre procedure.
In ogni caso, l'oggetto della procedura di dialogo competitivo era quello di sollecitare progetti su CSI e progetti di crescita e di sviluppo non progetti di stagnazione e di crisi.
In questo senso e da questo punto di vista, la procedura ha dato un esito positivo, a nostro giudizio, ossia ha dimostrato che esistono dei player di mercato forti, degli operatori di mercato forti disposti ad investire su CSI.
Per quanto riguarda, invece, le modalità della procedura, queste sono state ampiamente, a suo tempo, vagliate dal punto di vista della legittimità della procedura stessa, rispetto alla legge regionale istitutiva di CSI, alla legge interna del consorzio, ossia il suo Statuto e a tutta la normativa nazionale a vario titolo rilevante.
Su questa vicenda e a dialogo competitivo ormai concluso, nel senso che era da svolgere l'ultima fase del dialogo, quella in cui i consorziati avrebbero deciso se procedere o meno con la messa a bando di un modello fra i partecipanti all'ultima fase del dialogo stesso, in questo intervallo di tempo è intervenuta, da parte del Comune di Torino, la proposta di presentare un quesito all'ANAC e si era, a suo tempo, concordato di proporre un unico quesito da parte di Comune di Torino, Regione Piemonte e CSI medesimo. Il Comune ha poi deciso di procedere per conto proprio, ANAC ha reso un primo parere e poi un secondo in risposta al quesito di CSI e Regione, che in sostanza confermava il primo - che è già pubblico sul sito di ANAC e quindi l'avete letto tutti - sollevando una serie di perplessità sulla procedura seguita.
Io non intendo in nessun modo, perché non è il mio ruolo, fare qui una disamina dal punto di vista tecnico giuridico dei pareri di ANAC. Ricordo soltanto - e da questo punto di vista veniamo al presente, alla situazione attuale - che la richiesta di parere non era obbligatoria, essendo la gara partita prima del nuovo Codice degli appalti, e in secondo luogo che conformarsi al parere medesimo non è obbligatorio nemmeno questo. Essendo che il parere di ANAC non è vincolante, l'unico obbligo che sussiste in capo ai soggetti che eventualmente decidessero di discostarsene, è quello di motivare in maniera approfondita il motivo per il quale si decide di non accogliere le perplessità di ANAC.
Siamo, quindi, su un piano di interpretazione della legge e, di conseguenza, dal punto di vista del puro diritto, sarebbe del tutto legittimo procedere con la gara con il solo obbligo, appunto, di motivare le ragioni per le quali non si accoglie il parere ANAC, che non ha natura di una sentenza di un giudice che va ottemperata.
Ricordo anche, e questo lo dico per completezza del quadro nel quale ci muoviamo, che negli ultimi due anni sono entrate in vigore regole sempre più stringenti in materia di affidamenti in house, che prevedono in ogni caso da parte di chi affida la previa dimostrazione che non esiste un aggiudicatario di gara CONSIP in grado di offrire quel prodotto o servizio e che, inoltre, il prezzo pagato da chi affida debba essere congruo rispetto a quello di mercato.
Immagino che questa responsabilità sia cosa nota, ma tanto vale ripeterlo: sta in capo a ogni singolo dirigente, sia esso un dirigente della Regione, di un Comune, di un Ente locale, di un ente pubblico, di un'ASL, di ogni singolo dirigente pubblico. Affidare a CSI è una responsabilità in capo ai singoli soggetti che non è in nessun modo superabile da scelte "politiche".
Queste norme, peraltro, vengono puntualmente ricordate, insieme ad altre, nel parere ANAC, che dice: "Tenete conto che in ogni caso dovete guardare gli appalti CONSIP e dovete garantire la congruità nel momento dei costi, nel momento in cui affidate ad ANAC".
Dal punto di vista giuridico e normativo, il perimetro nel quale ci muoviamo è questo e, secondo me, forse, più che di "perimetro" si potrebbe parlare di una linea abbastanza sottile. Il CSI infatti è un consorzio che funziona a riparto costi e quindi, a struttura dei costi costante qualunque riduzione di affidamento da parte di un consorziato determina in automatico l'aumento del costo dei servizi pagati dagli altri consorziati.
Cioè si innesca un meccanismo classico della teoria economica del free riding, cioè del farsi un giro senza pagare, per il quale c'è proprio un incentivo, se vogliamo, perverso a togliersi da CSI. Non esiste l'obbligo per i consorziati di affidare a CSI: andando a gara, così siamo tutti tranquilli, e lasciando che i costi di questa scelta si scarichino, in prima battuta, sugli altri consorziati, ma - e lo ricordo di nuovo per chiarezza - inevitabilmente prima o poi sulle persone che in CSI lavorano.
Le difficoltà di finanza pubblica di questi anni e questo insieme di norme hanno fatto sì che gli affidamenti gradualmente si siano ridotti e per conseguenza, la capacità del consorzio di investire si è quasi azzerata, mentre la capacità di introdurre competenze nuove si è invece azzerata del tutto.
Oggi il CSI per essere competitivo avrebbe bisogno di investimenti materiali e immateriali, di formazione, di persone, di prodotti, di servizi e di strumentazione, che gli Enti soci non hanno la possibilità di pagare.
Voglio ricordare che la disponibilità a effettuare questi investimenti era proprio il benchmark principale sul quale sarebbero stati misurati i progetti del dialogo competitivo. Ciò che noi, in primo luogo, chiedevamo era che chi rilevava un ramo di azienda di CSI si impegnasse a investire su questo ramo d'azienda.
Che cosa stiamo facendo oggi? In primo luogo, è in corso una valutazione tecnica approfondita tra i nostri uffici e gli uffici di CSI del parere ANAC, per capire se e quali siano, se ce ne sono, le possibilità di salvare la procedura che si è fatta finora o di individuare altre soluzioni di mercato che siano ottemperanti rispetto alle richieste di ANAC.
Esaurita questa valutazione, vi sarà naturalmente un confronto con gli altri soci per capire se esistono soluzioni condivise o se qualcun altro (noi ne avremmo piacere) avesse qualcosa da proporre che fosse praticabile.
In ogni caso, di qui a qualche settimana l'assemblea dei consorziati verrà convocata per prendere atto dell'esito della procedura di dialogo competitivo, ossia del modello che si potrebbe eventualmente mettere a bando. L'assemblea dei soci dovrà decidere se accettare quel modello o meno e dovrà anche decidere se procedere o meno con il dialogo competitivo. Se la decisione ovviamente fosse quella di non procedere, tale decisione andrà motivata e andranno date delle indicazioni per il futuro.
Ricordo che a oggi il consorzio ha visibilità sui suoi conti fino al 31 dicembre 2017; essendo che siamo al 30 maggio, non è un orizzonte particolarmente ampio.
Di qui a fine giugno e subito dopo, occorre evidentemente che ciascuno dei soci si assuma la propria responsabilità, però lo faccia compiutamente guardando ai conti, guardando alla necessità di equilibrio finanziario guardando alla necessità di investire nel lungo periodo, guardando al quadro normativo e a quello che ti consente o non ti consente di fare e guardando - vorrei dirlo sottovoce - anche al futuro dei dipendenti del Consorzio, futuro sul quale molte parole si sono spese, ma devo dire da molte parti esclusivamente parole.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora De Santis.
La parola al Consigliere Valetti.



VALETTI Federico

Grazie, Presidente.
Chiediamo l'apertura del dibattito. Posso? Grazie.
Cosa pensare delle dichiarazioni? Visto che tutta questa procedura di privatizzazione dell'Ente CSI si è trovata contro un parere autorevole e chiaro dell'ANAC in seguito a una richiesta esplicita fatta dal Comune di Torino, che - ricordiamo - è uno dei soci principali del Consorzio.
Quindi ci viene da dire che in questo momento l'Assessore De Santis ci dice che il parere ANAC non conta poi così tanto, tant'è che la Regione dopo avere recepito il parere chiesto all'ANAC dal Comune di Torino, ha chiesto una seconda possibilità di sapere il parere, come se chiedere due volte la stessa cosa producesse risultati diversi, tanto che non conta.
Dopodiché, in questo momento dice: "Ma sì, in fondo non ci interessa il parere dell'ANAC, possiamo andare avanti lo stesso".
Allora, io non so se questo rappresenta un intervento kamikaze, un suicidio politico dell'Assessore, ma francamente siamo veramente stupiti da questo tipo di intervento.
Quest'Amministrazione, questa Giunta del Presidente Chiamparino si candida per essere quella che mette la pietra tombale sul CSI e lo fa chiudere definitivamente. Innumerevoli Giunte regionali e Amministrazioni regionali hanno, piano piano, portato il CSI a un affossamento economico e a una riduzione delle commesse, per mancanza di direzione e per mancanza di piani industriali, perché la Regione è comunque il socio capofila del Consorzio del sistema informativo, colui che dà le direttive al Consorzio del sistema informativo, quindi il fallimento del CSI è il fallimento della Regione Piemonte e anche il fallimento di tutti i soci principali.
Poi, ricordiamo che al momento delle presentazioni della DGR in cui la Regione annunciava il dialogo competitivo per cedere delle parti del CSI persino la vecchia Giunta Fassino, con rappresentati in Comune non se la sentì di avallare pienamente questa scelta, quindi già un'Amministrazione dello stesso partito in città prendeva moderatamente le distanze da questa direzione, quindi non si parla di una questione di partiti politici, ma proprio di una scelta che già si palesava fortemente critica sin dall'inizio.
Allora ci viene da dire che o dobbiamo pensare che la Giunta non dispone delle capacità di capire una cosa così semplice come il fatto che un Consorzio pubblico che viene privatizzato non può ricevere in proroga affidamenti diretti e non può ricevere nuovi affidamenti diretti dalle Pubbliche Amministrazioni, oppure dobbiamo pensare che l'ha fatto apposta sapendo in questo modo che le aziende che vanno a ricavare dei pezzi del CSI, e vedremo a che prezzi, in realtà spolpano un concorrente, ma non si prendono assolutamente nulla. Questo è lo spolpamento guidato di un'azienda pubblica.
Tutto questo perché? Proviamo a fare un'ipotesi.
Il Consorzio vanta più di mille dipendenti; un Consorzio che è cresciuto a dismisura mentre le commesse calavano, quindi i soci stessi e prima la Regione Piemonte hanno avallato una crescita del personale di questo Ente e allo stesso tempo hanno avallato una riduzione delle commesse da parte dei soci e da parte delle ASL. Perché le ASL, la sanità è materia di competenza regionale e non di qualcun altro. Quindi, le ASL si sono permesse di andarsi ad approvvigionare sul mercato ognuna per conto suo e a comprare le proprie soluzioni, mentre restavano più di mille dipendenti pian piano a girarsi i pollici, perché le commesse non arrivavano. Ma guarda che roba strana! Cioè, nessuno gli chiede di procurarsi le soluzione ICT per la Pubblica Amministrazione. È veramente una sciagura. Chissà come ha fatto a capitare questa cosa negli ultimi decenni? A questo punto, pensiamo davvero che il problema sia solo disfarsi del Consorzio senza prendersi la responsabilità politica, quindi lo lasciamo fare la mercato, ci rivolgiamo al mercato.
Infatti, prima l'Assessora De Santis affermava che, se questa procedura di dialogo competitivo non potesse proseguire in seguito al parere dell'ANAC, si cercheranno altre soluzioni sul mercato. Molto bene, quindi ci affidiamo al mercato e quindi non ci prendiamo la responsabilità di dire alle persone "guardate che dovete andare a casa perché il lavoro non c'è più". Non c'è più perché noi abbiamo costituito un consorzio, lo abbiamo fatto crescere in dimensione e non gli abbiamo dato le commesse. Quindi questa roba sembra un po' una manovra funzionale alla gestione del consenso politico, più che alla crescita di un ente strumentale utile. Tant'è che le nostre Pubbliche Amministrazioni sono estremamente indietro con l'Agenda Digitale, sono estremamente indietro nell'innovazione e nelle pratiche che farebbero risparmiare soldi alle ASL e alle Pubbliche Amministrazioni.
Abbiamo delle partite importanti, come il fascicolo sanitario elettronico, che viene richiesto a livello nazionale, e le ASL sono libere di rivolgersi al mercato ognuna con la propria soluzione, quindi acquistare separatamente dei servizi che potrebbero essere facilmente gestiti a livello centralizzato almeno piemontese, e facendo delle economie di spesa.
Tanto più che abbiamo le infrastrutture, abbiamo il personale, abbiamo i tecnici, abbiamo il consorzio. Niente. Tutto questo non serve.
Quindi, cosa facciamo? Lo diamo in pasto alle aziende sapendo che il CSI privatizzato non avrà più nessuna possibilità di ricevere le commesse dalle Pubbliche Amministrazioni.
Se questo non è un fallimento malcelato, una liquidazione malcelata del CSI come abbiamo già visto per altre piccole aziende e aziendine partecipate della Regione, come per esempio Pracatinat, che ovviamente non è paragonabile come dimensione, però la procedura è quella. Cioè, noi pensiamo che non abbiamo nessuna idea per rilanciarlo, non abbiamo nessuna possibilità di fare questa operazione senza prenderci le nostre responsabilità, quindi lo facciamo fare ai privati.
Questo è veramente il fallimento politico sul CSI della Giunta Chiamparino, che verrà ricordata come la Giunta che ha definitivamente affossato il Consorzio del sistema informativo regionale.



PRESIDENTE

Grazie, collega Valetti.
La parola al Consigliere Campo.



CAMPO Mauro

Grazie, Presidente.
Ogni tanto rimango stupito dalla profondità con cui riuscite a dimostrare di non capire neanche quello che state facendo.
Facciamo un passo indietro.
Il CSI è l'Ente strumentale, e ciò significa che gli Enti che ne sono proprietari delegano a questa realtà tecnica quelle attività per cui non hanno strutture interne.
Con questo Consorzio il Piemonte negli ultimi 15 anni almeno ha comunque costruito il Sistema Piemonte, il che significa integrazione digitale delle pubbliche Amministrazioni piemontesi, non solo della Regione Piemonte, non solo del Comune di Torino, non solo della Provincia di Torino oggi Città metropolitana, ma di centinaia di piccoli enti, i quali, grazie a una visione che c'era, ma che evidentemente oggi non c'è più, vedeva il Piemonte come una realtà che necessitava di integrazione e che poteva giovarsi delle nuove tecnologie digitali, dei servizi di informatizzazione e dello sviluppo di un'economia digitale. Perché dietro alle politiche pubbliche, indirizzate anche da politiche europee...
Pensiamo ai piani e-government dei primi anni Duemila, in cui significativi investimenti sulle piattaforme per il lavoro sull'agricoltura, sulla lotta al digital divide, grazie a una regia centralizzata, hanno permesso a decine di aziende private piemontesi di lavorare, perché c'era un contesto in cui lavorare, con degli obiettivi.
Questi obiettivi da otto anni non ci sono più: è questa la disgrazia! Perché se avessimo un'azienda in grado di dotarsi di obiettivi in maniera autonoma e portarli avanti...
Avevamo la decima azienda italiana di ICT! Ce l'avevamo! Aveva competenze sullo sviluppo, sulle infrastrutture, sui servizi; conosce a 360 gradi come funziona la Pubblica Amministrazione regionale (e non solo anche dei piccoli Comuni, fino al sistema bibliotecario, le multe o le cose più banali).
Che cosa è venuto a mancare? È venuto a mancare un minimo di progettualità politica! Signori, assumetevi le vostre benedette responsabilità! È questo che non c'è più: non avete una visione che sia una; e dove ce l'avete, non siete neanche in grado di capire come portarla avanti.
Perché il disastro lo avete fatto sui confidi, lo avete fatto sull'IPLA! Dove mettete mano, fate pasticci: ve ne rendete conto? Per carità, CSI ha bisogno di una riforma, ne ha bisogno da tanto tempo. Ma il pesce puzza dalla testa! Quello che manca è la capacità di dirigere le cose.
Ricordo che la nostra Assessora tre anni fa, in un'assemblea dei soci tramite il Presidente del CSI, mi disse: "Noi possiamo tranquillamente partire con questa idea del dialogo competitivo, tanto c'è una norma che permette di garantire le commesse per almeno tre anni, forse addirittura cinque, se privatizziamo una partecipata". Questo tre anni fa.
Già all'epoca io sollevai il dubbio: "Guardate che ho il dubbio che non si possa fare una cosa del genere". Ma a nessuno è venuto in mente di porre prima una domandina all'ANAC? Se non ci avesse pensato il Comune di Torino a nessuno sarebbe sorto il dubbio: accadeva un disastro! Pensate forse che non sarebbero state sollevate problematiche per un affidamento diretto ad una società o ad un pezzo di società privatizzato? Pensate che non sarebbe stata sollevata alcuna questione? A che cosa andavamo incontro? Eppure, le responsabilità oggi non ce le vogliamo assumere, anzi facciamo delle bieche minacce: "Il CSI ha visibilità sulle sue commesse fino al 31/12". Signori, il CSI siamo noi! È un consorzio di Enti pubblici: se non ha i conti in ordine, il prossimo anno glieli saldiamo lo stesso noi, ve ne rendete conto? E quei servizi che offre il CSI - che peraltro li garantisce alla Regione, alle Province e ai Comuni - non è che si "spengono" da un giorno all'altro!



RESCHIGNA Aldo, Vicepresidente della Giunta regionale (fuori microfono)

E alla Città di Torino, tra le altre cose!



CAMPO Mauro

E anche alla Città di Torino, certo! Ma, cari signori, pagano tutti! Non è una questione di bandiera: ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando? Pensate che non se ne discuta anche con la Città di Torino? Ne discutiamo con tutti. È una questione di visione! Stavate facendo una procedura che è costata soldi - perché avete messo soldi vostri, soldi nostri, e ce li hanno messi le aziende per fare le proposte - senza preoccuparvi di chiedere un parere sulla fattibilità dell'operazione.
Infine, avete fatto dell'insider trading, perché avete regalato alle aziende private le informazioni su come funziona il CSI e le sue commesse quella famosa "stanza" dalla quale le aziende informatiche potevano prendere tutte le informazioni su come funziona, sui dettagli delle commesse e sui bilanci del CSI; bilanci che gli stessi Enti hanno fatto in modo che CSI non avesse chiari in questi anni (perché era impossibile, in corso d'anno, avere un quadro chiaro di quali sarebbero stati i trasferimenti o le commesse effettivamente confermate). Continuiamo così.
Allora, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di una mano pubblica che non è in grado di fare il suo mestiere, che è quello di decidere dove vogliamo andare. Dobbiamo farcelo dire dalle aziende che cosa serve alla Pubblica Amministrazione regionale per la propria agenda digitale? È possibile? Io le ho vissute alcune cose in CSI e ricordo quando il Comune di Torino fece il bando per passare alla telefonia su IP: fece appunto il bando e se la prese nella giacca da Telecom! Cosa accadde dopo? Chi vinse Telecom Italia, appunto - non fornì i servizi effettivamente necessari al Comune. Quindi il Comune andò dal CSI e disse: "Sapete che c'è? Ci mettete in casa vostra il servizio?" e così è stato. Questo al Comune di Torino che all'epoca non era sotto la Giunta del Movimento 5 Stelle.
È per questo che, forse, chi si è già scottato al Comune di Torino, ha avuto qualche riserva e qualche preoccupazione quando si è proposta questa idea! Perché poi, sparita questa realtà, che risponde, comunque, alla politica per cui nel momento in cui qualcuno ha un capriccio glielo risolve... perché di questo parliamo quando citiamo il CSI, non dimentichiamocelo. Si dice che è inefficiente, ma l'inefficienza è legata al fatto che non si sa neanche che cosa chiedono i clienti (clienti proprietari, fra virgolette), per cui si risponde sempre nel modo migliore garantendo sempre i servizi anche quando non arrivano i soldi, anche quando le idee su cosa si vuole sono poco chiare. Pensate che un privato offrirà lo stesso servizio? Abbiamo visto in Sicilia cos'è successo: glieli hanno staccati i servizi alle anagrafi, dopo che per sei mesi non sono arrivati i soldi! Il CSI i soldi non li riceveva per tutto l'anno (forse solo a fine anno arrivavano) e - continuo a ricordarlo - si tratta di un ente strumentale.
Casualmente, ci siamo inoltrati sulla strada della banda ultra larga: investiamo 90 milioni di fondi strutturali nostri (di cui siamo responsabili) insieme a quelli che arrivano dallo Stato, e lo facciamo fare ad Infratel, una società del Ministero. E per fare che cosa? Per mettere fibre ottiche ovunque, fino all'ultima casa in montagna, senza sapere neanche se la accenderemo (perché l'accensione non è ancora stata prevista si vedrà). Parliamo di 290 milioni di investimento pubblico, di cui risponderemo all'Europa (siamo già in ritardo, perché ovviamente sono partiti tutti i vari ricorsi). Stiamo distruggendo tutto quello che dovrebbe essere il servizio.
Pongo un altro banalissimo esempio: siamo entrati in questa legislatura e la Regione non aveva idea di come funzionassero i bilanci delle ASL; non aveva il quadro di quale fosse il patrimonio (non ce l'ha neanche adesso!) non aveva idea di cosa c'era negli ospedali piemontesi. Perché? Perché non c'era un sistema informativo della sanità piemontese. Casualmente, dagli anni Duemila, ce l'abbiamo in agricoltura, nel lavoro e in mille altre materie, ma nella sanità, dove i soldi c'erano e ci sono stati per anni no. Che cosa si è fatto? Li si è dilapidati, dicendo: "C'è l'autonomia organizzativa e gestionale delle ASL", e ciascuna si è fatta il proprio sistemino. Qual è stato il risultato? La Regione, che deve programmare controllare e distribuire i "dindi", non sapeva dove si spendevano i soldi né per che cosa. E ci siamo ritrovati nel piano di rientro, dove peraltro c'era scritto: "Facciamo il sistema informativo della sanità piemontese" quello che avevamo già scritto nel 2012 e che nel 2017 non c'è ancora. E noi continuiamo a dire: "Ma il CSI non è in grado". Certo, se neanche glielo chiediamo! Facciamo le delibere per dire che il CSI deve coordinare i sistemi informativi della sanità e poi non gli diamo attuazione. Dunque, cosa facciamo? Chiediamo a Cineca (un consorzio dove dentro ci sono i privati e gli diamo anche i nostri database sanitari) di farci un "cruscotto" per sapere come va la sanità in Piemonte, col "prova e poi paga eventualmente", oppure "prova e poi per forza paga", perché altrimenti non hai il servizio.
Io vorrei che vi assumeste le vostre responsabilità politiche, ed è per questo che vorremmo che l'Assessora ne traesse le conclusioni. Non basta che se ne vada il Presidente liquidatore di CSI, se ne deve andare anche chi ha messo quel Presidente liquidatore a fare quel mestiere, chi ha fatto sì che in tre anni il CSI fosse strutturato per essere spezzato e venduto e non strutturato per lavorare meglio e risolvere le proprie problematiche chi ha fatto fare un benchmarking per vedere se poteva stare sul mercato e che ha tenuto in un cassetto perché su quel benchmarking c'era scritto che tutto sommato, il CSI a mercato ci stava.
Qualcosa si poteva fare anche a livello di programmazione da parte di chi ha responsabilità di farlo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Sozzani; ne ha facoltà.



SOZZANI Diego

Svolgo solo alcune considerazioni; non entro nel merito delle affermazioni che sono state fatte precedentemente, ma evidenzio solo un elemento di preoccupazione.
Tutti sanno quali sono le mie idee di garantismo e soprattutto le considerazioni che ho fatto più volte sull'ANAC, questo ente creato come elemento in più rispetto a un'attività sui servizi pubblici in genere, che però ha - così mi sembra di comprendere - una caratteristica di prevenzione. Quindi, quando ci sono dei dubbi nella Pubblica Amministrazione, cosa che normalmente i dirigenti dovrebbero sapere a priori, si fa la richiesta preventiva all'ANAC e questa fornisce la risposta. A volte, le risposte sono precise; altre volte meno; soprattutto nell'ambito del nuovo Codice degli appalti vi è una certa confusione perché abbiamo fatto un Codice, abbiamo fatto le modifiche, dobbiamo fare le linee guida che riscrive la stessa ANAC e che a volte contrastano con le norme del Codice.
Al di là di un'analisi di questo genere, la preoccupazione che ho è sulla gestione della cosa pubblica tout court. Rispetto a quanto abbiamo sentito precedentemente, adesso abbiamo il problema del CSI, ma poi abbiamo anche - adesso non c'è l'Assessore Balocco - tutto il problema sull'appalto diretto alle Ferrovie dello Stato riguardante le linee regionali. Anche lì c'è già stata una contestazione dell'ANAC, ma dopo una serie di notizie che chiedemmo a suo tempo anche attraverso una conferenza stampa, si sta tacendo sullo stato di avanzamento della gara d'appalto che doveva essere attivata all'interno della Regione Piemonte; gara che non so a che punto sia.
Non voglio sviare il discorso che stiamo facendo: il discorso è complessivo. Rispetto a oggi, una situazione di libero mercato, nella quale l'obiettivo finale è la riduzione dei costi (mi sembra di comprendere), in un momento di difficoltà in cui le società pubbliche devono mettersi sul mercato e, rispetto a una ridondanza di personale - lo sappiamo bene anche nel campo dei rifiuti e della gestione complessiva dei rifiuti - è difficile che società pubbliche possano competere con il mercato, perch l'efficienza del mercato è sicuramente diversa rispetto all'efficienza delle cosiddette amministrate di tipo pubblico, è chiaro che il mondo sta cambiando. Sta cambiando soprattutto in termini economici: soldi non ce ne sono più, i cittadini devono spendere di meno, ma occorre mantenere i posti di lavoro. È evidente che, quando si mettono le municipalizzate piuttosto che le società a capitale pubblico sul mercato, vi è questo tipo di problematica.
Chiediamo se sia possibile comprendere, da parte della Giunta, le linee guida nell'ambito dell'applicazione delle gare d'appalto che vengono fatte ovunque, che coinvolgono soggetti importanti come Telecom, Ferrovie dello Stato o CSI, in modo che ci sia una linea di gara nota al Consiglio regionale, che ci sia una modalità da seguire in tutte le attività svolte dalla Pubblica Amministrazione regionale nella gare di qualunque ordine e grado.
Questa è la preoccupazione. Non vorremmo fra poco trovarci a discutere su altro argomento che ha delle finalità simili; finalità assolutamente identiche per alcune parti a quelle di cui discutiamo oggi. Ci sembra che si sia un po' restii nel dare risposta ai Consiglieri quando fanno delle domande precise come in questo caso. Non vorremmo discutere un'altra volta in Aula con tutta una serie di problematiche che potranno venire anche da qualche altro settore che non sia solo quello dell'informatica di cui discutiamo oggi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Una piccola riflessione, perché noi oggi non possiamo che registrare un aspetto: un processo avviato poco dopo l'inizio di questa legislatura, a tutti gli effetti, si è interrotto. L'Assessore ha lasciato un margine di "possibilità", che è quella di verifica con gli Uffici se vi è la possibilità di continuare sulla modalità di gara individuata, ma mi paiono che le possibilità siano assolutamente risicate. Quindi, da questo punto di vista, al di là del merito, e poi vi entrerò seppure brevemente, possiamo dire che l'aver esperito una volontà di esternalizzazione del CSI sia fallita.
Sostanzialmente, abbiamo perso tre anni. Li abbiamo persi noi e le imprese che vi hanno partecipato. Lo dico, poi spiegherò anche perché posso dire in coerenza e anche rispetto all'attività fatta nella precedente amministrazione, con un po' di superficialità. Quando si mette in moto un procedimento così significativamente corposo, quale la cessione di un pezzo di CSI, che condivido, credo che si debbano mettere in campo tutta una serie di verifiche preventive per capire se quel tipo di attività è fattibile oppure no.
Sottolineo un aspetto che mi sembra la parte più gravosa, all'interno della quale credo vi siano interessi differenti. Da una parte il CSI, che come è normale che sia, è conservativo, nel senso che chi si è comportato sempre in un certo modo, cambia con difficoltà; da un'altra parte l'amministrazione comunale attuale che, in qualche modo, ha cercato secondo me, di ostacolare il processo di esternalizzazione; da un'altra parte ancora la Regione. Dimentichiamo sempre che esistono due soggetti, lo dico con molta tranquillità ai Consiglieri del Movimento 5 Stelle. Non ci sono solo i lavoratori, ma anche i denari dei cittadini, però se fossi un dipendente del CSI, non avrei tutta questa tranquillità nel sapere che il mio posto di lavoro può essere messo in discussione perché mancano le commesse. Ricordiamoci che è un consorzio, non è un ente di cui la Regione fa parte, sbagliando.
Noi esprimiamo ancora la minoranza, addirittura, dell'espressione di quel consorzio; per molti anni abbiamo espresso un numero risibile di esponenti all'interno del consorzio, ancorché siamo coloro i quali fatturano maggiormente all'interno del consorzio stesso.
Il Movimento 5 Stelle è sempre molto attento - legittimamente - a un uso corretto del denaro del cittadino. Io faccio presente che il denaro del cittadino è usato in modo non corretto tanto quando acquistiamo una siringa che ha cinque volte il valore reale, tanto quando manteniamo un numero di dipendenti che non svolgono un'attività, ma ricevono uno stipendio pubblico, perché lo è a tutti gli effetti (ogni qualvolta si è trattato di intervenire nei confronti del CSI, ci ha messo mano il pubblico, quindi le tasse dei cittadini piemontesi), così come quando si acquisiscono tutta una serie di servizi dal CSI a un costo superiore a quello del mercato è, di nuovo, un comportamento non corretto.
Posso dire tutto ciò in assoluta tranquillità, perché - come Assessore ho utilizzato il CSI apprezzandone le qualità dei lavoratori, ma devo riconoscere che un numero consistente di dipendenti si è allontanato, cioè ogni qualvolta ha trovato un'opportunità lavorativa in altre situazioni se ne è andato, e devo dire che ha fatto bene chi è riuscito a farlo, perch non vive in questa incertezza perenne.
Mi permetto di dirlo, altresì, perché assieme ad alcuni colleghi, nella scorsa legislatura, abbiamo presentato una proposta di legge che distingueva i due aspetti che ritengo dovrebbero essere l'impianto su cui lavorare e che, purtroppo - in questi tre anni - non è stato realizzato: il CSI come detentore, non soltanto della banca dati, ma come soggetto in cui si fanno le strategie digitali di questa Regione, e il privato che le attua, perché possiamo dirci tutto quello che vogliamo, ma l'imprenditore privato farà sempre meglio il suo mestiere di imprenditore rispetto a qualunque tipo di soggetto pubblico o para-pubblico che intende sostituirsi a quel lavoro, perché è un lavoro in cui - inevitabilmente - si ricerca anche il profitto.
Condivido una parte delle cose espresse dal collega Campo: è vero che noi avevamo la decima azienda italiana di ICT, ma non avevamo la decima azienda per fatturato, perché gran parte di quel fatturato, anzi la quasi totalità di quel fatturato (non c'era ancora la legge Bersani, quindi si poteva anche usare fatturato non pubblico) era completamente pubblico ed era completamente pubblico con indicazioni non risibili.
Ricordo che nella legislatura che va dal 2005 al 2010 ho chiesto il numero di esternalizzazioni fatte dal CSI: superavano (non voglio dire un dato errato, comunque erano molte, molte decine di milioni), se non ricordo male, 285 milioni, di servizi che il CSI aveva dato ad aziende esterne pur avendo 1.000 dipendenti che lavoravano all'interno del consorzio.
Allora, quando si cerca di fare un'attività di razionalizzazione, la prima cosa da fare è internalizzare, avendo molti dipendenti, tutto ciò che si può internalizzare e si cerca di creare profitto rispetto alle proprie dipendenze.
Poi, condivido che il CSI è stato anche molto utile come soggetto che erogava lavoro a terzi con procedure che non sono esattamente quelle dell'evidenza pubblica, però io credo che l'unico aspetto - e concludo che dobbiamo individuare, pur rischiando di aver perso del tempo (ed è un tempo preziosissimo, perché noi siamo in un frangente in cui abbiamo centinaia di milioni di euro, 280, che intervengono sul sistema dell'innovazione digitale piemontese, da quelli interamente pubblici, cioè dagli 80 e rotti milioni di euro che investe, non ricordo quanto, la Regione Piemonte fra FES e FEASA, a quelli che invece investe il privato) è quello di usufruire di chi fa strategie per l'innovazione digitale all'interno della nostra regione.
Abbiamo maledettamente bisogno di molte aziende in cui, oltre a esserci chi le pensa, le realizzino e le realizzino, possibilmente, in modo quanto più possibile dialogante fra di loro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Mi spiace sia andato via il Presidente Chiamparino, perché mi volevo rivolgere anche a lui e devo dire che, per una volta (almeno per noi) ritengo condivisibile almeno in parte l'intervento del collega Vignale. In effetti, ci avete fatto rimpiangere (almeno in questo caso, ed è difficile mi permetteranno la battuta i colleghi del centrodestra) la Giunta della scorsa legislatura.
La scorsa legislatura, per chi - come me e il collega Vignale - era presente, si tentò di modificare l'assetto societario e organizzativo del CSI, con una proposta di legge. Ricorderanno bene i colleghi che erano presenti (tra cui l'Assessore Reschigna, che allora era Capogruppo del Partito Democratico, ma forse il Partito Democratico non era così caldo e acceso nel difendere il CSI già allora) che l'allora Consigliera Cerutti che oggi è Assessora abbastanza autorevole di questa Giunta, fece con il sottoscritto, il nostro Gruppo consiliare e la Consigliera Artesio - che oggi è Consigliera comunale - una battaglia ferocissima, su questo.
Potrei dirne anche altre, nel senso che una buona parte della campagna elettorale della Consigliera regionale Cerutti (mi spiace che oggi sia assente, quindi non ne parlerò assolutamente male, ma so che c'è il Capogruppo Grimaldi che eventualmente potrà intervenire in suo soccorso) è stata fatta anche tra i lavoratori del CSI, perché si era diffuso il panico. Parliamo di oltre 1.000-1.200 lavoratori del CSI di cui non si sapeva il destino, se fosse andata avanti quella proposta di legge.
Ho detto che ci avete fatto rimpiangere il centrodestra, perché, non si sa se complice la scadenza anticipata del mandato elettorale (qualcuno dalla maggioranza di centrosinistra annuisce) o per altri motivi: magari li abbiamo convinti, li abbiamo fatti ragionare, magari è stata anche l'attività di ostruzionismo, perché in quel caso facemmo ostruzionismo, lo ammettiamo. Grazie a molti emendamenti, qualcuno magari anche un po' privo di merito, bloccammo una riforma che ritenevamo scellerata e il risultato di quell'attività fu il fatto che venne approvata una delibera con cui si disse quello che dicevano prima i colleghi Campo e Valetti, e cioè che la Regione Piemonte doveva affidare la parte informatica sanitaria delle ASL al CSI.
Esiste una delibera e una legge che dicono questo, però - come è stato detto - di questo non c'è traccia. Ancora oggi, per quanto riguarda il fascicolo sanitario elettronico, avete detto giustamente che è stata fatta una delibera due o tre settimane fa, ma è una delibera molto di indirizzi e siamo nel 2017. Si parla ancora di metterci d'accordo con il livello nazionale, quindi sembra tutto abbastanza fermo anche da quel punto di vista.
Pertanto, è vero che le commesse che diamo al CSI magari non ottengono risultati, ma ha ragione il collega Campo: il problema non è solo o sempre di chi opera all'interno del consorzio; occorre una politica lungimirante che non cambi idea ogni tre anni. Nel 2012 avevamo un'idea (la Regione dovrebbe ragionare in un'ottica di continuità amministrativa). Nel 2014 è arrivata questa Giunta e ha detto "facciamo il dialogo competitivo", ma hanno ragione i colleghi perché siamo tutti trasaliti alla risposta dell'Assessora De Santis.
L'ANAC non sarà un tribunale - questo è certo - e la sua non sarà una sentenza, è un parere, ma davvero questa Giunta - e lo chiedo all'Assessora De Santis, perché non c'è né il Vicepresidente né il Presidente - vuole andare avanti nonostante il parere dell'ANAC? Cioè voi volete fare una relazione scritta con delle motivazioni per cui ritenete superabile il parere dell'ANAC? È questo quello che avete detto voi, come Giunta, nell'insieme. A me sembra, francamente, che si stia andando oltre l'accettabile, perché vorrei vedere se l'avessero fatto altre Amministrazioni, visto che il Vicepresidente Reschigna non aveva altro da dire, sull'invettiva del collega Campo: "Vediamo un po' cosa fa il Comune di Torino!".
Ma qui stiamo parlando di un ente con oltre 1.000 lavoratori, un consorzio. Noi dobbiamo dare continuità , avere un'idea, magari discutendone. Sarebbe bello riuscire a discuterne tra i vari soci e, magari anche con i Consiglieri del Consiglio regionale e del Consiglio comunale provare ad avere un'idea, una strategia, un fine verso cui tendere, e se riteniamo, come credo sia, importante puntare sull'informatica e sull'informatizzazione del nostro sistema regionale. Altrimenti francamente ha ragione il collega Campo quando scoprì come funzionava il dialogo competitivo. È una normativa abbastanza recente, con la quale noi diamo libero accesso a tutte le informazioni di strategia industriale di un consorzio ai privati. Bella strategia! E poi non andiamo neanche avanti perché ovviamente ci siamo dimenticati di studiare le leggi, eh! Assessora De Santis, le leggi! Perché non ci voleva l'ANAC per sapere che se c'è un privato non può dare le commesse in affidamento diretto per tre anni ad un privato. Non ci va l'ANAC! Basta sapere le leggi! E le leggi io credo che voi le sappiate meglio di noi! Quindi, vuol dire, forse, che c'è qualcuno che sta ciurlando un po' perché, forse, c'era l'intenzione di arrivare ancora oltre e portare ancora oltre, fino all'irreparabile, il CSI - saluto il Presidente Chiamparino che è ritornato in aula - per spezzettarlo e poi svenderlo.
Presidente Chiamparino, ho detto prima, quando lei era assente, che spero che sia una posizione singola dell'Assessora De Santis quella di voler andare contro un parere dell'ANAC, perché il parere dell'ANAC non è scritto così a caso, ma è basato su delle leggi. E voi le leggi le conoscete benissimo, meglio di noi, visto che le hanno scritte dei vostri colleghi. Quindi, dovete spiegarci a che cosa mirate, perché non è credibile sentir dire né che volete andare contro il parere dell'ANAC n che volete esperire altre procedure di vendita al privato, perché non stanno in piedi.
Se volete smontare il sistema informatico della Regione Piemonte ditelo ai cittadini, lo faremo sapere e valuteremo ovviamente le conseguenze, perché ognuno, giustamente, come diceva il collega Campo, si deve assumere le proprie responsabilità politiche. E mi spiace constatare che in questa maggioranza oggi nessuno abbia proferito verbo su questo tema, nessuno abbia aperto bocca. Si fanno molti concioni su tanti temi di massimi sistemi di filosofia, magari anche utili ma che poi non portano a risultati concreti. Invece, su temi importanti per il destino della Regione Piemonte e per 1.200 lavoratori vi è un silenzio assordante da parte di questa maggioranza.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RUFFINO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Appiano; ne ha facoltà.



APPIANO Andrea

Intervengo molto rapidamente, perché penso che in quest'Aula, come in altre occasioni accade, quando c'è una questione delicata sono molte le voci che sanno dire tutto ciò che non va bene fare, ma un po' meno le voci che sappiano, al di là delle dichiarazioni general generiche, dire qual è invece la strada che, con efficacia dimostrata in punto di partenza, pu portare alla soluzione migliore.
Credo che l'unica cosa che non possiamo permetterci, visto che abbiamo un consorzio di dimensioni notevoli, mille e più posti di lavoro, più soci coinvolti in questa vicenda, è di recitare parti diverse sullo stesso palcoscenico. Per cui dobbiamo decidere innanzitutto se abbiamo interesse a trovare una soluzione, oppure se abbiamo interesse a speculare su un problema.
Perché dico questo? Perché rispetto a qualche anno fa, non a decine di anni fa ma solo qualche anno fa, la materia del contratto pubblico, degli appalti, degli affidamenti in house è radicalmente cambiata. Fino a non troppi anni fa chi aveva una propria società o un proprio consorzio, quindi chi disponeva direttamente di un organismo terzo, poteva permettersi di affidare servizi in house senza particolari analisi preventive. Il discrimine era avere la società, esercitare un controllo analogo esercitarlo poi per davvero per non incorrere in un sindacato di legittimità della propria attività - e a quel punto poteva affidare i servizi.
Da un po' di anni a questa parte la normativa in materia è cambiata radicalmente, perché - veniva citato come en passant, come se fosse un elemento di contorno, invece è un elemento di sostanza - quando si deve affidare una commessa, anche se si ha nella propria disponibilità una società in house, bisogna fare una comparazione di mercato. Cioè non si pu prescindere dalla valutazione che il costo e la qualità del servizio che viene offerta dalla propria società sia o non sia in linea con il valore di mercato di quel tipo di attività. Se poi disgraziatamente - e dico disgraziatamente, perché questo a volte porta a delle distorsioni - c'è un bando CONSIP già affidato, in quel caso la discrezionalità viene ancora meno, perché o si ottiene il servizio a un prezzo inferiore da quella aggiudicazione CONSIP, oppure da lì non si scappa. Questo è il quadro di riferimento.
Cosa ha cercato di fare questa Amministrazione? Ha cercato di trovare una difficile strada che permettesse di salvare tutti i punti di vista cioè di salvare la legittimità della procedura e, dall'altro lato, salvare la possibilità dell'affidamento in house dei servizi.
Il parere ANAC è molto articolato, non è neanche nelle ultime righe perentorio sulla possibilità di ricerca di soluzioni, pur diverse dalla proposta su cui è stato chiesto un parere, e si articola su due questioni.
La prima è: valutate la legge istitutiva di quel consorzio e valutate se il consorzio ha nella possibilità di affidare a terzi una parte dei servizi attribuiti al consorzio. E questo è nella nostra piena disponibilità d'Aula, perché la legge è stata approvata dall'Aula - non questa ma molte Aule fa - e dovrà tornare prima o dopo in Aula.
Poi c'è la seconda parte, cioè l'entità e la tipologia di servizi che viene affidata a terzi in un'eventuale procedura di esternalizzazione e di privatizzazione è in linea o non è in linea con la disciplina del "in house providing"? E questa è la seconda parte del discorso. Se uno va a leggere le ultime righe, e su questo si ragiona: "Si ritiene che l'oggetto della procedura di dialogo competitivo e della cessione di ramo a terzi, pur non riguardando tutta l'attività di produzione del consorzio, ma la parte definita di operation (personale dedicato 75 per cento di unità) rientri comunque nelle attività demandate allo stesso dalla legge regionale istitutiva e dallo Statuto, i quali espressamente affermano che a CSI è affidato il compito di progettare, realizzare e gestire il sistema informativo regionale nonché i sistemi informativi degli enti consorziati.
Tali compiti, pertanto, devono essere svolti direttamente dal consorzio anche mediante acquisizione sul mercato di servizi utili allo svolgimento degli stessi".
Quindi, se vogliamo seriamente affrontare il tema piuttosto che utilizzarlo per fare un po' di propaganda - per carità, tutto è legittimo ricordiamoci che dietro a quella propaganda ci sono comunque mille e più persone e una nostra partecipata molto importante. Da un lato, dobbiamo ragionare e credo che questo fosse il senso che l'Assessore rappresentava se attraverso una modifica della legge istitutiva e attraverso una rimodulazione della proposta di cessione a terzi di parti delle attività si sta nel novero di questa linea tracciata dal parere, ma soprattutto nel novero della legislazione sul "in house providing". Dall'altro lato dobbiamo ricordarci che noi Regione, come la Città di Torino e come altri soggetti, oltre a essere soggetti che danno attività e quindi fruitori di servizi, siamo anche soci e quindi dobbiamo decidere di metterci attorno a un tavolo ciascuno con le proprie quote e stabilire congiuntamente una strategia, se crediamo nella possibilità di valorizzazione e salvaguardia del consorzio.
Se come soci ci mettiamo invece uno a chiedere il parere da una parte l'altro a operare dall'altra e poi nelle aule i rappresentanti delle forze politiche usano l'argomento in modo diversificato a seconda dell'ente in cui si siede per fare un po' di propaganda o discussione polemica, sappiamo che questa strada porta ad un esito infausto, innanzitutto per questo tipo di realtà. E credo che nessuno abbiamo interesse a che il CSI non venga valorizzato adeguatamente e il personale non venga nel rispetto della legislazione esistente, salvaguardato sia nelle sue competenze professionali, sia come posto di lavoro.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Ovviamente facciamo nostre le preoccupazioni dei tanti lavoratori che hanno manifestato la scorsa settimana per chiedere che non venga cancellata una storia e, soprattutto, che non vengano messi a repentaglio i loro posti di lavoro.
Credo sinceramente - spero che le parole dell'Assessora vogliano anche dire questo - che tocchi prima di tutto a noi e a tutti i soci pubblici, a partire dalla Regione, dalla Città, ma anche dagli Atenei piemontesi capire che strada percorrere.
A mio avviso, ci sono ancora delle possibilità per far sì che il CSI (soprattutto la grande parte del CSI) rimanga non solo pubblico, ma soprattutto che si chiarisca qual è il suo ruolo a quarant'anni di distanza da quella felice intuizione.
Per quanto sia cambiato il mondo dell'informatica, ancora oggi, per il tema dei dati e, più in generale, della proprietà intellettuale e dell'ingegnerizzazione di alcuni servizi pubblici, rappresenta una delle maggiori sfide del futuro, non solo del pubblico, ma dell'intera umanità.
Per quanto oggi sia irripetibile una scelta come quella adottata quarant'anni fa - quella di avere una granda azienda pubblica nell'ICT valgono ancora di più le sfide verso i grandi big player dell'informatica: basti pensare a quanto sta accadendo, per esempio, nel Comune di Torino.
Credo sia del tutto legittimo fare una scelta sui servizi migliori.
Constato solo che mi sembra una contraddizione il fatto che la proprietà intellettuale di quelle informazioni e anche della comunicazione interna ai nostri Enti debba essere uno di quegli oggetti di discussione che soprattutto gli attori del Consorzio, devono fare.
Mi aveva affascinato l'idea del Presidente Chiamparino di dire "forse riusciremo a fare una sfida nuova": utilizzare, cioè, il meglio delle nostre competenze e far fare tre passi in avanti al nostro sistema pubblico, per esempio nel campo della sanità.
In campagna elettorale più volte avevamo detto che all'orizzonte c'erano grandi sfide da affrontare, a partire dalla cartella clinica elettronica, dal tema dell'uniformità di un sistema di prenotazione unico penso, ancora, alla vicenda delle ASL piemontesi. Constato solo il fatto che, anche in quel frangente, si potrebbero generare fra i 60 e gli 80 milioni di euro su tantissimi campi (la vaporizzazione dei medicinali ne è un esempio, ma viene poco utilizzata). Ne cito un altro, che riguarda la mobilità passiva, che non è tracciata: oggi perdiamo 200 milioni di euro ma se il sistema di prenotazione nel nord Italia fosse veramente informatizzato, forse sarebbe anche più chiaro quali sono quei flussi! Credo che ci sia un core business del CSI pubblico che abbia ancora senso di esistere. Ma credo che abbia senso di esistere anche la parte che dà affidamenti verso l'esterno: al riguardo - l'Assessore si è già espresso più volte - ci devono essere competenze anche all'interno della Regione o comunque, all'interno di una stazione appaltante. Perché in tutte le scelte che faremo, non più tramite affidamenti diretti ma in appalto o gestite da una nuova società sempre per gara, il pubblico dovrà tornare ad avere delle competenze per dare quegli affidamenti e per fare quelle gare! Se non ci sarà più quel distinguo, ci chiediamo quale sarà la divisione del CSI grande e pubblico e quale sarà la storia di un altro pezzo del CSI (se così sarà diviso).
Intanto chiederei che l'Assessora, una volta sentiti tutti i partner del Consorzio, delinei, nelle prossime Commissioni, il risultato di quel Tavolo di lavoro: spero che non ci sia solo una soluzione; spero, altresì che verranno coinvolti anche lavoratori, che credo abbiano intanto il diritto di conoscere il piano industriale di questa nuova storia.
Credo che a loro vada l'attenzione dei passaggi nei prossimi mesi.
Grazie.



PRESIDENTE

Non essendovi ulteriori richieste di intervento, darei la parola all'Assessora De Santis, per una breve replica.
DE SANTIS Giuseppina, Assessora ai rapporti con società a partecipazione regionale Grazie, Presidente.
Non intendo ripetere ciò che ho dichiarato in apertura, perché sarebbe del tutto inutile. Ma non ho detto che è volontà della Regione procedere a prescindere del parere di ANAC. Ho detto - e lo ripeto - che il parere di ANAC non era vincolante: non è obbligatorio, dunque i soci del Consorzio dovranno insieme assumere una decisione. Perché è una decisione. A casa mia le decisioni non si prendono sui comunicati stampa, ma nelle sedi dovute che in questo caso è l'Assemblea del Consorzio.
Questo è il primo passo, forse il più semplice.
Il passo più complicato viene dopo: i soci del Consorzio - in Assemblea, a casa propria, tutti insieme - devono dire che cosa vogliono fare del Consorzio. La scelta di questa procedura, che è stata dipinta ancora oggi come un'operazione di liquidazione - peraltro, vi pregherei di andarci piano con certe frasi, perché sono un pochino esagerate! - in realtà era un progetto di politica industriale: io credo che se oggi avessimo un player forte dell'informatica pubblica la nostra Regione starebbe meglio, i nostri servizi starebbero meglio, in prospettiva. Quindi non è che non avessimo un progetto, perché ce l'avevamo.
Ne dico un'altra: ammiro profondamente il Consigliere Bono, il Consigliere Campo e il Consigliere Valetti per la loro capacità di leggere la legge, di interpretarla, sapere come si fa, quella di prima, quella successiva, quella che verrà e che non è ancora scritta...
Sono in uno stato di ammirazione profondissima. Io sono una umilissima laureata in legge e vedo quanta fatica fanno i nostri Dirigenti bravi a capire, in certi casi, puramente e semplicemente qual è la norma applicabile.
Ammiro le vostre certezze, per cui la prima volta che avrò un dubbio verrò da voi a farmelo spiegare.



(Commenti del Consigliere Bono)



PRESIDENTE

DE SANTIS Giuseppina, Assessora ai rapporti con società a partecipazione regionale



PRESIDENTE

Perché sono sicura che quando uno ha questo tipo di convinzione sicuramente ne sa più di me! Voglio però dire un'altra cosa: fermo restando il dovere di ciascuno di noi alla legalità e al rispetto delle norme, il nostro mestiere non consiste nel passare le carte a qualcuno perché ci dica, eventualmente, che cosa fare; consiste nel risolvere i problemi che abbiamo di fronte. La responsabilità di un politico e di un amministratore la considero in questi termini, non nel fatto di svuotare i cassetti, fare l'elenco e scrivere a qualcun altro di dirmi che cosa devo fare, in modo da non rischiare nulla.
Peraltro, lo dico ribadendo quello che ho detto prima, ossia che la normativa è complessa. È anche cambiata nel frattempo, ma è stata compiutamente valutata e se ne è data una interpretazione (ANAC la dà diversa), ma di questo stiamo parlando, non di altro. Per essere chiari nessuno ha provato a vendere il Colosseo! Ciò detto, quello che faremo d'ora in avanti certamente non lo possiamo decidere da soli. Certamente, per quanto riguarda la Regione, la decisione verrà assunta fra Giunta e Consiglio, però il tema riguarda anche gli altri soci.
Da questo punto di vista, devo dire che l'evocazione del Consigliere Valetti, se non sbaglio, del caso Pracatinat mi mette una qualche preoccupazione. Perché se c'è un caso nel quale noi avevamo costruito tutte le condizioni perché le cose andassero bene e chi si è tirato indietro non siamo stati noi, che fino all'ultimo abbiamo... E ancora oggi stiamo Consigliere, glielo dico, cercando quantomeno di salvare una prospettiva di lavoro a quelle persone. E chi ci dice che, forse, chissà che cosa dice la legge, non siamo noi, è la sua parte politica in altri Enti.
Allora, per cortesia, almeno su questo lo spettro Pracatinat non me lo evocate. Perché davvero in quel caso lì mi preoccupo, perché devo pensare che le cose che si dicono nelle assemblee non hanno nessun valore, che gli impegni che si assumono non ne hanno e che poi, alla fine, qualcuno decide e non so cosa farà. Le persone chiaramente sono l'ultima delle preoccupazioni.
Ripeto, tutto questo detto, io il problema di CSI non lo vedo esclusivamente come un problema di tipo normativo, giuridico, tecnico e amministrativo, ma lo vedo come un problema che da un lato riguarda mille e passa persone. Sarò all'antica: per me le persone non sono esattamente la stessa cosa degli account, ma un oggetto leggermente differente. Quindi, da un lato dobbiamo preoccuparci delle persone, dall'altro abbiamo un problema industriale, gestionale e finanziario, di cui dobbiamo farci carico.
Che poi il tema dell'informatizzazione della Pubblica Amministrazione della innovazione nella Pubblica Amministrazione, del rapporto diverso e più trasparente fra le Pubbliche Amministrazioni e i cittadini, fra le Pubbliche Amministrazioni e le imprese che passa attraverso un uso diverso dell'informatica si affronti esclusivamente con gli strumenti di un consorzio pubblico che non siamo più in grado di sostenere, questa sinceramente è una cosa rispetto alla quale mi permetto di nutrire qualche dubbio.
Cito, per concludere un dibattito che c'è stato in Comune. Questo è un comunicato stampa ufficiale del Comune in cui si dice, e lo dice un Consigliere o qualcuno appartenente al Movimento 5 Stelle: "Guardiamo avanti verso un CSI che faccia ciò per cui è nato, lasciando la posta elettronica ai fornitori di servizi. Credo che questi servizi devono tornare a essere in ogni senso proprietà comunale. Questa è una fase di transizione alla fine della quale potrà tornare al CSI la posa elettronica nella forma più evoluta".
Se dovessi spiegare con parole mie che cosa questo significa avrei qualche difficoltà, ma evidentemente non sono un'informatica, sono una laureata in legge. Devo dire che cosa possa tornare a quale CSI, sulla base di ragionamenti costruiti in questi termini è una cosa che mi lascia molto molto, molto, molto in pensiero.



PRESIDENTE

Grazie, Assessora De Santis.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Obblighi vaccinali e le ricadute conseguenti all'approvazione del decreto legge adottato dal Governo"


PRESIDENTE

L'Assessore Saitta è disponibile a rendere le comunicazioni della Giunta regionale in merito a "Obblighi vaccinali e le ricadute conseguenti all'approvazione del decreto legge adottato dal Governo".
Prego, Assessore.



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità

Grazie, Presidente.
Mi è stato riferito che, dopo la Conferenza dei Capigruppo, era utile e necessario capire l'avanzamento non soltanto del dibattito nazionale, ma anche del decreto nazionale, per decidere ed esprimere valutazioni sul percorso che noi anticipatamente abbiamo avviato attraverso le due proposte di legge, quella del collega Grimaldi e quella del collega Ferrentino.
Ricordo, soltanto per collegarmi ai cambiamenti che stanno avvenendo che le due proposte di legge presentate dai colleghi riguardavano la vaccinazione obbligatoria per le cosiddette quattro vaccinazioni che, di fatto, erano obbligatorie per l'iscrizione agli asili e alle scuole materne.
Immediatamente dopo, e posso dire anche grazie alle iniziative regionali, non soltanto la nostra, ma anche quelle dell'Emilia e della Toscana, il Governo ha deciso - devo dire anche con qualche mese di ritardo, perché questa era la richiesta di tutte le Regioni - di procedere ad approvare un provvedimento, in questo caso un decreto, per rendere obbligatorie le vaccinazioni.
I giornali hanno riferito - non ricostruisco il contenuto di quel decreto, che non si conosce ancora, perché abbiamo soltanto informazioni giornalistiche, ma anche informazioni che sono state date dai Ministri e anche dal Presidente del Consiglio - che le vaccinazioni saranno obbligatorie per i minori di età compresa tra zero e i 16 anni. Parliamo dai zero ai 16 anni e l'obbligatorietà riguarda 12 vaccini e non soltanto quelli considerati obbligatori.
È chiaro che l'elemento dell'obbligatorietà è un elemento importante che in qualche maniera ci aiuta a risolvere un problema che non sapevamo come risolvere. Quando i colleghi presentatori delle leggi avevano immaginato di aggiungere ai quattro anche qualche altra vaccinazione penso al morbillo, per esempio, o ad altri vaccini - avevamo tutti i dubbi di assumere una decisione a livello regionale che potesse essere in qualche modo impugnata. Il decreto supera questo, perché li rende tutti obbligatori.
Il decreto, che mi dicono sarà pubblicato questa settimana, compie questa scelta; è chiaro che noi, come Regioni, in questo periodo, cioè dal momento in cui è stato annunciato il decreto alla fine del Consiglio dei Ministri, abbiamo assunto delle iniziative, per la verità anche prima, per tenere conto dei problemi di applicazione. Insomma, il tema vero è che c'è un passaggio epocale per quanto riguarda le vaccinazioni e l'organizzazione delle ASL deve essere in grado di dare delle risposte velocemente, per evitare problemi agli utenti. Questa è la questione.
Parliamo di numeri, come voi sapete, importanti; mi pare che qualche numero sia stato anticipato per quanto riguarda il Piemonte: si tratta di 263.575 sedute vaccinali, quindi parliamo di numeri considerevoli. Si tratta di 28.000 soggetti da vaccinare, poi le situazioni sono molto diverse, ma ad ogni modo è un'attività complessa per mettersi in regola rispetto a quello che prevede il decreto. Le nostre strutture non sono attrezzate in questo senso, ma non soltanto in Piemonte, perché riguarda tutta l'Italia.
Per questo motivo, abbiamo detto al Ministro che bisognava tenere conto dei tempi di applicazione, sostenendo che condividiamo l'obbligatorietà però l'applicazione sicuramente non può essere fatta al 10 settembre, cioè all'inizio dell'anno scolastico, perché è praticamente impossibile.
Inoltre, abbiamo suggerito di trovare delle modalità in modo da diluire nel tempo l'applicazione, entrando comunque nel regime dell'obbligatorietà.
Vedremo che cosa il decreto concretamente conterrà per quanto riguarda questo aspetto, cioè sulla diluizione, che potrebbe essere fatta secondo le Regioni, cioè secondo noi, in un anno.
Questa è la prima questione che abbiamo posto, vedremo il decreto e poi faremo le valutazioni. Se ci saranno dei problemi nella fase di passaggio parlamentare, c'è ancora una possibilità di correggere il percorso ipotizzato. Tuttavia, avendo sentito il Ministro della Salute, mi pare che questo aspetto per quanto riguarda un'applicazione non immediata sarà contenuto nel decreto. Mi è stato garantito questo e non ho motivo di dubitarne, perché anche il Ministro e il Governo hanno la necessità di non creare problemi nell'applicazione.
La seconda questione che abbiamo sollevato è relativa al costo della vaccinazione. Parlando di numeri importanti, i costi aumentano. Era già previsto il Piano vaccinale; voi sapete che i vaccini sono inseriti nei LEA e, nel Piano vaccinale, che prevede alcune risorse, c'è stata la ripartizione. Il processo di obbligatorietà accelera il percorso e ci significa che bisogna anticipare delle risorse che erano state immaginate per gli anni successivi. Quindi, abbiamo detto che deve essere affrontato il tema delle risorse.
L'altra questione che abbiamo posto è quella della campagna di comunicazione. Siamo convinti che la campagna di comunicazione e di sensibilizzazione per l'obbligo vaccinale in Piemonte debba essere fatta a livello nazionale e concordata con le Regioni. Anche su questo suggerimento abbiamo avuto disponibilità da parte del Ministro. Come dicevo prima, è un cambio epocale, dobbiamo decidere, vedremo quali saranno i tempi del decreto e poi vedremo concretamente che cosa fare. Se i tempi saranno quelli immaginati dalle Regioni e suggeriti al Governo, abbiamo un po' di mesi per riuscire a risolvere gli obblighi vaccinali. Qualora i tempi fossero diversi - è chiaro che questa è una decisione che spetta al Governo nazionale - il problema si porrà lo stesso, perché parliamo di numeri importanti e dobbiamo potenziare i nostri servizi. Il potenziamento dei servizi per tutte le sedute vaccinali diventa fondamentale.
In questa fase di avvio, probabilmente, occorrerà valutare l'ipotesi di un impegno anche dei pediatri di libera scelta per quanto riguarda le vaccinazioni. Qui ancora non c'è stato nessun confronto con i pediatri, ma è un altro tema sul quale stiamo lavorando come Regione e sicuramente, come Regione, faremo una verifica.
Terza e ultima considerazione relativamente alle procedure.
Se dovessimo indicare, così come abbiamo fatto, ma precisandolo per quanto riguarda il Piemonte, una procedura semplificata, potrebbe essere questa e lavoriamo in tal senso: il genitore, al momento dell'iscrizione a scuola, presenta i certificati per le vaccinazione che il figlio ha già fatto e, in qualche maniera, deve assumersi l'impegno, attraverso la prenotazione, per tutte le vaccinazioni obbligatorie. Per questo percorso la soluzione più semplice è quella di definire, a livello di tutto il sistema sanitario regionale, una sorta di prenotazione, un modulo di prenotazione che può essere sottoscritto al momento dell'iscrizione scolastica.
Insieme alle scuole, decidiamo una modalità; d'altronde, siamo sempre Stato italiano, indipendentemente dai Ministeri cui apparteniamo. Questa potrebbe essere una modalità. Seguendo l'evoluzione del decreto che uscirà insieme al MIUR, anche a livello locale, decideremo le modalità per semplificare il percorso dei genitori. Questa mi sembra la modalità più facile. È chiaro che la prenotazione concreta, il giorno in cui questo avverrà, sarà effettuata attraverso il lavoro di programmazione sulla base dell'età e di tutte le cose che conosciamo.
In conclusione, penso di poter anticipare, per le informazioni che abbiamo avuto, che il Ministero andrà in questa direzione. A questo punto una svolta importante per quanto riguarda la vaccinazione obbligatoria saremmo in grado di poterla gestire; almeno, questa è sicuramente la nostra volontà.
In ogni caso, l'elemento dei costi è importante, ma l'obbligatorietà nel momento in cui diventa legge, sarà applicata. Poi c'è un altro elemento: anche qui, mi risulta che il decreto del Governo indichi che oltre a un lavoro di obbligatorietà per il sistema sanitario, vi sia anche un lavoro di sensibilizzazione e formazione da parte di tutti gli operatori scolastici. Vedremo come sarà il decreto, ma in ogni caso questo lavoro di relazione e di rapporto con il mondo scolastico lo avvieremo e ne decideremo le modalità, perché, oltre all'obbligatorietà, continua il lavoro, che è sempre stato fatto, di sensibilizzazione sul valore delle vaccinazioni per quanto riguarda la tutela della salute pubblica.
Secondo me, è opportuno che i due provvedimenti - poi decida il Consiglio - stiano in Consiglio; vedremo quale sarà l'evoluzione dal passaggio dal decreto alla legge. In ogni caso, continua a essere un utile elemento non dico di pressione, ma di indicazione della necessità di fare in fretta. Questa è una discussione che abbiamo già fatto, vedremo concretamente cosa fare, ma probabilmente, avendo l'elenco di tutti quelli che chiedono di prenotarsi per la vaccinazione, potremmo anche decidere di fare una cosa molto semplice, dal punto di vista epidemiologico. Se oggi il tema è il morbillo, daremo la precedenza al morbillo. Le scelte possono essere anche fatte in funzione dei problemi che abbiamo sui diversi territori. Oggi noi abbiamo, rispetto ad altre Regioni, il tema del morbillo: possiamo affrontarlo per primo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Grimaldi; ne ha facoltà.



GRIMALDI Marco

Intanto vorrei rassicurare i Consiglieri, che la scorsa settimana erano preoccupati per il mio stato d'animo e per quello del Consigliere Ferrentino, che siamo felicissimi di quello che è successo. A noi interessava ben poco la bandierina politica o il fatto di arrivare per primi rispetto ad altre Regioni italiane. Abbiamo sempre detto che auspicavamo che le quattro malattie obbligatorie diventassero otto o 12 e pensavamo anche di dover sfatare delle "balle".
Molti ci hanno detto: "State raccontando una finzione, perché l'obbligo non è così in tutta Europa". Certo, ma nessuno di noi è felice di dover vincolare questo obbligo all'iscrizione scolastica. Non è che ci recasse grande felicità e non credo nemmeno al Governo. Il punto è anche sfatare questo mito della libertà di scelta. La libertà di scelta è quella che ci ha fatto scendere sotto l'effetto "gregge" e fa rischiare quel cinque per cento della popolazione che non può, in molti casi, arrivare al vaccino per tanti motivi; magari perché figli di un'altra stagione, in cui non c'erano, oppure perché - appunto - non ne hanno le possibilità.
Perché speriamo che un decreto nazionale venga riconvertito in legge e possa andare velocemente verso l'approvazione? Perché speriamo che cadano altre balle. E ne abbiamo sentite! Non parlo dei Consiglieri in aula, ma di quello che ci è piovuto addosso: "La comunità scientifica è divisa!". Sarà che quando affronto una nuova materia mi piace studiarla, ma grandi divisioni all'interno della comunità scientifica non ne ho viste e non mi pare ci siano, né in termini di pubblicazioni né in termini degli effetti di quella che è stata una delle più grandi innovazioni del secolo.
Ho fatto questa premessa per dire che, in qualche modo, non esistono fantomatiche e misteriose sostanze dentro i vaccini, non esistono correlazioni fra queste e l'autismo. Ricordo che i vaccini sono fra i medicinali più controllati. Certo, ci sono degli effetti collaterali che tra l'altro, sono anche registrati secondo una strategia nazionale. Di certo, e lo dico a tutti i Consiglieri, se siamo arrivati a questo punto è perché le battaglie culturali non si vincono una volta per sempre e chi fa politica lo deve ricordare.
È per questo che il nostro primo impegno non è solo quello di garantire come quest'obbligo verrà portato avanti, ma è quello dell'informazione, del tornare a lanciare un messaggio di serenità alla nostra comunità, a partire dalle famiglie. Infatti, sia io sia il Consigliere Ferrentino eravamo impegnati, non solo a capire se era finito o no l'iter del nostro provvedimento. Noi lasciamo lì quei testi, qualora siano utili, finché non vedremo esattamente la riconversione del decreto e finché potremo ancora mettere a disposizione tre cose.
La prima. Spero che il piano di informazione sarà nazionale, però è chiaro che i nostri pediatri e le nostre ASL dovranno svolgere un lavoro straordinario. Ricordo, per esempio, che per morbillo, parotite e varicella non c'è un'ASL che abbia coperto il 95 per cento, quindi siamo ampiamente sotto l'effetto "gregge". Tra l'altro, i numeri ci parlano di altri effetti distorcenti. Qualcuno ci diceva: "Ma non muore più nessuno di morbillo!".
Posto che 30-35 anni fa (il Presidente mi direbbe 40, perché anch'io invecchio sul morbillo!) ne morivano 300 di persone, prima che ci fosse una strategia, su questo. L'altra settimana, ad esempio, c'erano due persone in fin di vita, alle Molinette, per una polmonite in qualche modo derivante dal morbillo, quindi sono sereno, ma occorre fare informazione, capire subito con i pediatri e le ASL qual è il piano di comunicazione anche rispetto al piano nazionale, anche se non possiamo aspettare solo il piano nazionale.
La seconda questione. C'è un problema di organizzazione. L'avevamo già affrontato sull'altro piano nazionale dei vaccini: ridendo e scherzando fra una cosa e l'altra serviranno altre 50 persone. Il collega Bono diceva: "Cosa sono?". Ma 50 persone possono costare fino a due milioni di euro. E quanto costa solo la parte dell'esavalente? Avevamo già fatto un calcolo per i nostri progetti di legge: se sono 1.600-1.800 i bambini che ogni anno non lo fanno, per 16 cicli, più o meno arriviamo ai 26.000 e più o meno sono 270-280.000 vaccini. Una cosa enorme.
Per questo, la terza preoccupazione (le metto in fila, perché con il collega Ferrentino l'avevamo già detto nella nostra legge, e vale ancor di più se l'accelerata è nazionale) verso questo anno scolastico è che non possiamo gettare nel panico le famiglie che entro settembre devono iscrivere i propri figli.
Bene l'idea di un numero unico, un numero verde, se possibile; bene l'idea non tanto di un'autocertificazione, ma di una certificazione che venga fatta direttamente dalla scuola, magari con la possibilità della prenotazione online o attraverso il numero verde o il SovraCup, con un certificato o con la mail. Si prenota, cioè, anche telefonicamente, si dà il contatto e-mail o anche solo l'indirizzo di casa, arriva la certificazione online o cartacea e la si presenta alle scuole.
Mi pare che anche questo possa essere un punto sensato. È chiaro che fra una cosa e l'altra, ci vorranno anche sei mesi, forse un anno, per arrivare alla copertura totale, però torniamo indietro rispetto a quell'effetto "gregge", che manca non solo su una parte delle tre che ho citato (morbillo, varicella, parotite), ma anche su altre che, in qualche modo, sono comprese nelle 12.
Un'ultima cosa...



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Ho finito.
C'è anche la questione - diceva l'Assessore - di come reperire i vaccini. Su questo facciamo un'attenta scelta. È chiaro che c'è tutto il tema dell'esavalente, però c'è anche il tema dei focolai. Pertanto, se mai dovessimo fare una programmazione, condividiamo l'approccio e il fatto di dover dare, da subito, una risposta ai focolai in corso.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Se fosse un film, questo sarebbe un film comico: penserei un po' all'armata Brancaleone, tra Regioni amministrate dal Partito Democratico e Governo.
Peccato, però - molto peccato - che questo non sia un film e voi stiate giocando, per meri e beceri scopi elettorali, con la salute dei cittadini italiani.
Questo mi fa estremamente arrabbiare. Ma, essendo una persona riflessiva, preferisco parlare invece di arrabbiarmi: penso sia più utile anche se credo che non riuscirò a convincervi, ma proverò almeno a dire due o tre cose, anche a sfatare alcune delle questioni sostenute dal collega Grimaldi.
Innanzitutto, partiamo da una premessa: il decreto, a oggi, non c'è.
Siamo l'unico caso al mondo (forse nel mondo civile, democratico) in cui annunciamo, con delle conferenze stampa, dei decreti urgenti, talmente urgenti che non vengono pubblicati per giorni, forse settimane. Talmente urgenti che le Regioni si ritrovano con l'Assessora Viale della Regione Liguria, emettono un comunicato stampa e ricordano all'Assessore Saitta che è coordinatore - non per caso, o forse per caso - degli Assessori alla sanità regionali, che da qui a settembre è impensabile gestire una situazione di emergenza che create voi, perché diventerebbe una situazione di emergenza non per le malattie, ma per i servizi vaccinali che devono gestire le vaccinazioni.
Pertanto, noi chiediamo una cosa innanzitutto all'Assessore Saitta perché non l'abbiamo capita (forse siamo un po' limitati): che lei sappia o le abbia riferito qualcuno dal Ministero, dall'Istituto Superiore di Sanità, è in corso una situazione emergenziale di un'epidemia legata a qualcuna delle 12 malattie oggetto delle vaccinazioni dell'ipotetico decreto Lorenzin? Perché questo è il tema! I decreti, cioè, si fanno per urgenza. Mi direte che gli ultimi Governi hanno usato la decretazione d'urgenza un po' come - mi si permetta - si va al bagno, ma non dovrebbe essere così. Soprattutto quando parliamo di salute, se facciamo un decreto che è una decretazione d'urgenza, ci deve essere un'urgenza.
Noi stiamo chiedendo da giorni se esiste un documento dell'Istituto Superiore di Sanità che stabilisce l'esistenza di una situazione di rischio per la popolazione, perché delle due l'una: o il rischio c'è, e allora Roma non ha informato le Regioni e voi - Regioni - non avete informato noi Consiglieri regionali e cittadini (e questo sarebbe molto grave), oppure l'emergenza non c'è, e allora, come dicevo prima, state facendo una mera strumentalizzazione, a fini elettorali, del tema più sentito dagli italiani, da tutti i cittadini: la salute.
Non potete venire a raccontarci frottole in Commissione, quando quelle due leggi erano depositate da mesi! Avete presentato due proposte di legge regionali, tutte e due da parte della maggioranza, quando noi, a gran voce dicevamo: "Va bene" (va bene più o meno) "discutiamone". Poi vi dirò la nostra posizione, così magari la possiamo annotare e segnare.
Le due leggi regionali le avete spinte pesantemente quando tutti sapevano - anche noi, che siamo gli ultimi degli ultimi, perché siamo Consiglieri regionali di opposizione, opposizione anche a Roma - che a Roma si stava muovendo qualcosa, si stava predisponendo una legge nazionale; non pensavamo a un decreto legge, pensavamo a una legge, non pensavamo tanto.
Lo sapevamo noi: a maggior ragione lo sapevate voi! Pertanto, mi spiace, collega Grimaldi, siete voi che volevate mettere la bandierina, dicendo: "Altolà, prima che arrivi il Ministero dimostriamo che la Regione Piemonte sta facendo qualche cosa per rendere obbligatori i vaccini e per dimostrare, appunto, che siamo sul pezzo".
Questa è una mera strumentalizzazione - non dico pura marchetta, perch è già stata abusata - elettorale.
Mi spiace, ma con la salute non si scherza! Avete dato, ancora una volta, dimostrazione, a livello regionale e nazionale, di incapacità (o peggio) amministrativa, perché non si fanno le cose così. Le cose si devono spiegare ai cittadini, perché la risposta dei cittadini a livello nazionale penso l'abbiate sentita anche voi: non solo coloro che citava il collega Grimaldi, che magari riportano tesi assolutamente non credibili come il collegamento con l'autismo o qualche altra questione vecchia di anni o decenni, ma persone che hanno vaccinato i propri figli, che mi hanno chiamato dicendomi "questi sono matti!", perché l'insieme della decretazione d'urgenza con un decreto che non c'è, con i giornali che sparano (nel senso informazioni), con la politica che è incapace di dialogare su qualunque cosa, ha avuto un effetto esplosivo.
Tra un po' ci saranno le persone per strada che si accapigliano, non tra chi è "no vax" o "sì vax", ma tra chi vuole l'obbligatorietà e chi la libertà di scelta o la raccomandazione.
Ma è questo il Paese che volete costruire? Se è questo il Paese che volete costruire, spero vivamente che a ottobre si abbia una risposta di qualunque tipo, perché sarà sicuramente migliore di quella del Governo che c'è oggi a livello nazionale. Ma questa ovviamente è una mia posizione.
La raccomandazione. A livello scientifico internazionale, visto che si parla di questo, da anni l'Istituto Superiore di Sanità riporta pagine sul sito - che adesso stranamente sono state oscurate, perché se andate a cercarle, le troverete solo tramite copia cache, cioè non si trovano più pubbliche - che dimostrano il dibattito in corso tra il migliore risultato dell'obbligatorietà rispetto alla raccomandazione. Dimostrano come nei Paesi nordici - non mi dite che geneticamente i Paesi nordici sono migliori, perché non è vero - la raccomandazione ha portato un incremento della copertura vaccinale.
Caso della Regione Piemonte: dal 2006 è ancora vigente l'obbligatorietà per i quattro vaccini, ma non viene più erogata la sanzione né fatta la segnalazione al Tribunale dei minori. Perché? Perché è del tutto evidente che la famiglia che non fa i vaccini ai propri figli non necessariamente è una famiglia che non cura i bambini, per cui devono essere allontanati. Pu esserci il caso di chi si dimentica di vaccinare i figli e non gli dà neanche da mangiare e da vestirsi, ma ci può essere il caso di qualcuno che fa delle scelte diverse, per diverse motivazioni (filosofiche, religiose e quant'altro), magari anche sbagliate, però ci possono essere.
E di questa percentuale di persone che non si vaccinano, circa il cinque per cento, come diceva il collega Grimaldi, la metà circa sono per motivi di salute e l'altra metà è per scelta. In alcuni casi, vi sono anche persone di cui non si trova più l'indirizzo di residenza, persone che hanno cambiato ASL e persone, invece, con serie difficoltà sociali e socio economiche. Quindi, non è tutto bianco e nero, cioè c'è un quadro in cui se inseriamo una corretta informazione, otteniamo una copertura vaccinale maggiore, ma lo dicono le rilevazioni scientifiche.
Il Piemonte, guarda caso, dal 2006 non ha più l'obbligatorietà e, come avete visto, abbiamo i dati più alti; siamo una delle poche regioni sopra il 95 per cento, mentre le altre Regioni che non hanno fatto questa manovra di superamento dell'obbligatorietà hanno percentuali più basse. Il secondo caso è il Veneto; il Veneto nel 2017 ha fatto una legge per il superamento dell'obbligatorietà. Anche loro hanno fatto degli studi statistici ed epidemiologici, dai quali risulta che hanno una copertura vaccinale più alta di altre Regioni.
Quindi, cosa vuol dire? Vuol dire che se noi facciamo contrapposizione tra idee opposte, non faremo altro che divaricare le posizioni. Mi spiace che a dovervelo dire sia io, che non penso di essere così grandemente intelligente; penso che alcuni di voi lo siano molto più di me, e tra questi c'è sicuramente il Presidente Chiamparino.
Se invece proviamo a spiegare, a far parlare le persone, a fare corretta informazione, farmacovigilanza completa e magari a mettere la raccomandazione e non l'obbligo, la copertura vaccinale aumenta, perché le persone si sentono più rassicurate. È la risposta animale naturale: quando ti obbligano a fare una cosa, tu già parti un po' prevenuto, pensando: "C'è qualcuno che mi vuole fregare". In questo modo, aumentiamo le teorie complottiste, o meglio, le aumentate, inserendo l'obbligatorietà. Quindi la nostra posizione è, e rimane, per la raccomandazione.
Ultimo tema. Chiederei all'Assessore che ha relazionato sulla difficoltà di portare a pieno regime il decreto legge che non c'è (potremmo chiamarlo così) in tre mesi. Il problema è quello di avere soldi, ed è per questo che dicevo che ci servono le coperture economiche, perché bisogna comprare nuovi vaccini e bisogna potenziare il servizio vaccinale.
Ma sapete cosa significa dire alle famiglie che i loro bambini non possono andare a scuola da settembre, se non sono vaccinati per tutti i 12 vaccini? La nostra situazione è che il 95 per cento è vaccinato per quattro vaccini, l'85 per cento è vaccinato per MPR e poi le percentuali scendono perché per varicella e rotavirus non è vaccinato nessuno. Quei dati Assessore Saitta, secondo me, sono sbagliati, perché penso che in Italia e in Piemonte di vaccinati contro il rotavirus, nella fascia da sei a 16 anni, non ci sia nessuno.
Il rotavirus, per chi non lo sapesse, è un virus che provoca influenza gastrointestinale. Quindi, significa che decine di migliaia.



(Commenti fuori microfono)



BONO Davide

Quello non lo so, perché il decreto non c'è. Leggevo le notizie dei giornali.
Passiamo alla varicella. Non c'è la copertura vaccinale per la varicella, perché non veniva offerta, e vado a chiudere. Quindi, vuol dire decine, se non centinaia di migliaia di persone che devono vaccinarsi.
Stiamo mandando in tilt il servizio vaccinale per una cocciuta e strumentale campagna elettorale.
So che non vi avrò convinti con queste poche parole, ma chiedo una particolare attenzione sul tema della responsabilità genitoriale. Chiedete alla Ministra Lorenzin di spiegare esattamente cosa intende fare con questo decreto d'urgenza. Sollevare il tema della sospensione della responsabilità genitoriale - che così si chiama dopo la trasformazione della patria potestà o potestà genitoriale - significa scatenare il panico. Ma voi ve lo immaginate il 2,5 per cento dei bambini italiani nati ogni anno, cioè il 2,5 per cento di 500 mila (6.500-7.500 bambini) sottratti ai genitori perché non li vogliono fare vaccinare? Io chiedo solo se ci sia un senso in tutto questo e se ci sia una logica, o se veramente siamo arrivati alla frutta, a tre mesi dalle elezioni nazionali.



PRESIDENTE

Ho ancora quattro richieste di intervento, precisamente delle Consigliere Frediani e Batzella e dei Consiglieri Vignale ed Allemano.
In base al tempo rimasto, penso che se ne possa fare uno solo, a meno che non decidiate di stringere i vostri interventi. Lo dico solo a titolo di informazione.
La parola alla Consigliera Frediani.



FREDIANI Francesca

Grazie. Sarò breve e spero di riuscire a consentire ad un altro collega di intervenire.
Ho già detto in Commissione che mi sembra che il tema sia stato affrontato con una superficialità veramente incredibile. Sentire il collega Grimaldi dire che si è informato e che non gli risulta che ci sia divisione nella comunità scientifica è un qualcosa di veramente inaccettabile. Noi sappiamo che ci sono divisioni nella comunità scientifica ed è notizia di pochi giorni del fatto che un medico sia stato radiato proprio perché ha espresso delle posizioni contrarie ai vaccini.



(Commenti del Consigliere Grimaldi)



FREDIANI Francesca

All'obbligatorietà dei vaccini, certo!



PRESIDENTE

Ognuno ha la possibilità di intervenire.



FREDIANI Francesca

Soprattutto se rimane nell'Aula consiliare.
La frase "sfatiamo questo mito della libertà di scelta" me la sono appuntata e la riferirò a tutte le mamme con cui sono in costante contatto.
Tra l'altro, consiglierei ai colleghi di farsi un giro nelle scuole, tra i genitori...



(Commenti del Consigliere Grimaldi)



FREDIANI Francesca

Posso parlare, Consigliere Grimaldi? Le dà così fastidio la libertà di espressione? Dopo la libertà di scelta, la disturba anche la libertà di espressione! Stare in maggioranza le fa male!



PRESIDENTE

Presidente Grimaldi, lei è intervenuto, quindi permetta ai colleghi di fare altrettanto.



FREDIANI Francesca

È il delirio della maggioranza! Ci si sente un po' onnipotenti.



PRESIDENTE

Per cortesia, cerchiamo di proseguire negli interventi, con le regole che tutti conosciamo.
GRIMALDI Marco (fuori microfono) Che lei non fa rispettare!



PRESIDENTE

Stia certo che le faccio rispettare.
Prego, Consigliera Frediani.



FREDIANI Francesca

Vorrei capire quale regola non ho rispettato.



PRESIDENTE

Prosegua.



FREDIANI Francesca

Qua siamo a un punto che se solo si esprime un'opinione che non è in linea con quella espressa dal collega Grimaldi significa che non si rispettano le regole. Siamo veramente oltre la libertà di espressione. Dico solo che sono stata zitta per tutti gli interventi dei colleghi e non vedo perché.



PRESIDENTE

Infatti, le chiedo di non interloquire con i colleghi e di proseguire nel suo intervento.



FREDIANI Francesca

Se di emergenza si tratta, mi chiedo come potremo arrivare a inizio scuola abbastanza coperti, in modo da poterla affrontare. Forse, l'impegno per la vaccinazione vale già come copertura vaccinale? Questo non mi risulta. Se veramente siamo in una situazione di emergenza, mettiamo a rischio i nostri figli, mandandoli a scuola e sapendo che non tutti i bimbi saranno coperti dai vaccini. Quindi, diciamo che il discorso dell'emergenza viene meno, un po' decade.
Mi chiedo come possiate pensare che i genitori possano accettare di buon grado un'imposizione, senza - come diceva il collega Bono - che vi sia stata un'adeguata campagna informativa e che loro si sentano convinti. Ogni decisione presa che riguardi la salute dei propri figli deve essere presa in piena coscienza. Non si può pensare di imporre ai genitori un qualcosa che riguarda la salute dei propri figli. Bisogna essere profondamente convinti.
Credo che ci debba essere libertà di scelta, perché non si può pensare di togliere la potestà genitoriale soltanto per il fatto che non si è rispettata una legge imposta dall'alto. Ci deve essere convinzione quando si fa qualcosa e - ripeto - soprattutto quando si parla della salute dei propri figli.
Mi rendo conto che è un concetto che magari non può essere chiarissimo a chi figli non ne ha, ma vi assicuro che è un qualcosa che vi si ritorcerà contro. Perché imporre in questo modo significa avere poca fiducia nei cittadini, considerare il popolo non all'altezza della comprensione di ci che è bene per la società, considerarlo inadeguato a fornire una risposta opportuna rispetto ad un'emergenza.
Qua non c'è alcuna emergenza, né si è fatta una campagna informativa verso i genitori. Tra l'altro, si conta di affidarsi agli insegnanti! Quegli stessi insegnanti che non sono proprio ben disposti verso il vostro Governo, visto tutto quello che avete combinato da quando avete messo le mani sulla scuola (l'avete praticamente distrutta e devastata!). Vorrei proprio vedervi quando andrete a dire agli insegnanti che dovranno convincere i genitori della bontà dell'obbligatorietà vaccinale! Vorrei proprio vederlo! Vorrei essere una mosca per entrare nei consigli di istituto e osservare le loro reazioni! Tra l'altro, vorrei capire con quale responsabilità: gli insegnanti non sono dei pediatri, non hanno una formazione medica!



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità (fuori microfono)

Ma chi le ha detto che devono fare i pediatri?



PRESIDENTE

Assessore, per cortesia!



FREDIANI Francesca

Mi scusi, ma nell'Ansa che è uscita prima ancora che lei parlasse...
Siamo anche veggenti, in questo Consiglio abbiamo l'Ansa veggente che dice che lei ha già parlato in Consiglio, quando in realtà lo ha fatto solo nel pomeriggio! Almeno noi ci siamo preparati bene: in quell'Ansa c'è proprio scritto che questa attività di informazione verrà affidata ai docenti, che - lo ripeto - per quanto siano persone sicuramente istruite, sicuramente competenti e sicuramente capaci, con un'abilità di persuasione elevata rispetto alla media, credo veramente che si stiano attribuendo loro delle funzioni pesanti ed eccessive: li carichiamo anche di una responsabilità che non è assolutamente in linea con quello che dovrebbe essere il loro compito.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Frediani.
Abbiamo ancora tre minuti a disposizione prima di chiudere la seduta.
Chiedo cortesemente il silenzio in aula.
Ha chiesto la parola la Consigliera Batzella; ne ha facoltà.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
Il collega Bono, nel suo intervento, ha esordito dicendo che gli sembrava di vivere in un film, o - ancora - che se si dovesse girare un film, voi sareste degli ottimi attori.
A me, invece, sembra di essere su "Scherzi a parte", un programma che andava in onda tempo fa e che guardavo con interesse.
Come dicevo, mi sembra di essere su "Scherzi a parte". Perché? Perch l'Assessore Saitta ci fornisce delle informazioni 40 minuti prima del termine della seduta del Consiglio pomeridiano.
Ma a parte i 40 minuti...



(Commenti dell'Assessore Saitta)



BATZELLA Stefania

Assessore, mi faccia parlare, perché quando è intervenuto lei noi abbiamo avuto rispetto e siamo stati in silenzio, nonostante facessimo fatica a tacere! Chiedo cortesemente anche a lei di ascoltare i nostri interventi.
Noi abbiamo un decreto ministeriale della Ministra della salute, la quale avrebbe potuto ricoprire qualsiasi altro ruolo fuorché quello di Ministra della salute! Purtroppo, ahimè e ahinoi, l'attuale Ministra della salute (spero ancora per poco), tra l'altro non laureata, è ancora Lorenzin, quindi dovremo resistere e sopportare questa nomina.
Come dicevo, abbiamo un decreto ministeriale che in realtà non esiste che non conosciamo e che non sapremo quando verrà divulgato. Pare che verrà pubblicato nei prossimi giorni o nelle prossime settimane sulla Gazzetta Ufficiale, ma in realtà non lo conosciamo. Questo decreto non si conosce ancora.
Si parla di 12 vaccinazioni obbligatorie. Si parla di oltre 22.000 bambini e ragazzi, di età compresa fra zero e 16 anni, che dovranno essere vaccinati. In realtà, non siamo neanche così sicuri che siano oltre 22.000 i bambini e ragazzi di età compresa fra 0 e 16 anni.
A parte questo dettaglio, lo stesso Assessore ho affermato che sono previste oltre 260.000 sedute vaccinali, per un importo di sette milioni di euro. Mi chiedo dove troveremo questi sette milioni di euro. Assessore; con tutte le priorità che abbiamo in Regione Piemonte, ci sono sette milioni di euro a disposizione per vaccinare questi bambini?



SAITTA Antonio, Assessore alla sanità (fuori microfono)

Certo.



BATZELLA Stefania

Tralasciando ancora questi sette milioni di euro che dovremmo avere a disposizione per vaccinare questi bambini e ragazzi, mi pongo un'ulteriore domanda: c'è, forse, una situazione di emergenza, Assessore, e noi non ne siamo a conoscenza? C'è una situazione di urgenza ed emergenza? Perché se c'è, ben venga...



(Commenti fuori microfono)



BATZELLA Stefania

"Ben venga" nel senso che questo decreto ha un senso e possiamo metterlo in pratica, possiamo applicarlo.
Ma se non sussiste alcuna emergenza, per quale motivo la nostra Ministra Lorenzin (anzi, la vostra Ministra!) ha subito messo in atto...



(Commenti fuori microfono)



PRESIDENTE

Scusate, colleghi! Altrimenti chiudo il Consiglio visto che sono le ore 18! O c'è silenzio e la Consigliera può proseguire il suo intervento, o chiudiamo!



BATZELLA Stefania

In considerazione del fatto che un decreto ministeriale è stato emanato con una certa urgenza, mi chiedo dov'è l'urgenza! Non siete coerenti con le vostre scelte! Voglio inoltre sfatare un mito: non è vero che il Movimento 5 Stelle è contrario alle vaccinazioni! Noi non siamo contrari alle vaccinazioni, ma siamo per la raccomandazione, siamo per la libertà di scelta. Noi riteniamo che sia discriminatorio non permettere alle famiglie di scegliere. I genitori hanno diritto di scegliere cosa fare sui propri figli. Ciò non significa che le vaccinazioni non siano importanti, né che non esistano rischi. Ma questo non è il momento di discutere di correlazioni o di rischi.
Mi preme tuttavia evidenziare - lo ha anticipato lo stesso collega Bono che siamo fra le Regioni con la percentuale più alta di copertura vaccinale - superiamo il 95 per cento - rispetto ad altre Regioni. Ancora noi riteniamo che siano utili e indispensabili delle campagne informative.
E poi non dobbiamo affidarci, come ha detto l'Assessore nelle sue dichiarazioni...
Noi siamo venuti a conoscenza delle dichiarazioni dell'Assessore prima ancora che le rilasciasse in Aula; combinazione, i giornalisti ne erano già al corrente, c'era già un'Ansa in tal senso, usciva già un'Ansa su quello che l'Assessore doveva dire.
Qui abbiamo appreso che l'Assessore contatterà i pediatri di libera scelta e si deciderà se saranno loro a vaccinare o meno i bambini. Dunque ci sarà una collaborazione tra l'ASL e le scuole. Vi ricordo che gli insegnanti svolgono un mestiere differente, non sono sanitari e sono già oberati di lavoro e di responsabilità! Io credo che l'informazione, le campagne di sensibilizzazione e il dialogo con le famiglie siano di competenza esclusivamente sanitaria: non sono di certo gli insegnanti a dover fare campagne sanitarie e fornire informazioni sulle vaccinazioni! Detto questo - vado a concludere - ribadiamo che presteremo molta attenzione e vigileremo sulla questione, perché noi non facciamo campagna elettorale e non facciamo marchette, a differenza del Partito Democratico!



(Commenti fuori microfono)



PRESIDENTE

Colleghi! Il Consiglio regionale termina qui.
Buona serata a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.02)



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