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Dettaglio seduta n.201 del 24/01/17 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



(Alle ore 14.32 il Presidente Laus comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.00)



(La seduta ha inizio alle ore 15.05)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Campo, Corgnati, Gariglio e Giaccone.


Argomento: Edilizia sanitaria e ospedaliera

Esame mozione n. 764 presentata dai Consiglieri Andrissi, Batzella Bertola, Campo, Frediani, Mighetti e Valetti, inerente a "Creazione di una struttura presso SCR di coordinamento per la gestione degli interventi di nuova costruzione, manutenzione straordinaria e di riqualificazione energetica dell'edilizia sanitaria piemontese"; mozione n. 766 presentata dai Consiglieri Bono, Bertola, Andrissi, Campo, Batzella, Frediani Mighetti e Valetti, inerente a "Presentazione di un piano di edilizia sanitaria e di riqualificazione energetica"; ordine del giorno n. 786 presentato dai Consiglieri Ravetti, Allemano, Appiano, Berutti, Caputo Corgnati, Giaccone, Grimaldi, Ottria, Rossi e Valle, inerente a "Edilizia sanitaria in Piemonte"; mozione n. 765 presentata dai Consiglieri Bertola Andrissi, Batzella, Bono, Campo, Frediani, Mighetti e Valetti, inerente a "Individuazione dell'area del nuovo ospedale della TO5 senza consumo di suolo agricolo"


PRESIDENTE

Nella seduta antimeridiana è iniziato l'esame del punto 8) all'o.d.g.
riguardante quattro atti di indirizzo in materia di edilizia sanitaria.
Il Consigliere Bono ha illustrato la mozione n. 764; il Consigliere Bertola ha chiesto di attrarre a tale punto la mozione n. 765, avente ad oggetto "Individuazione dell'area del nuovo ospedale della TO5 senza consumo di suolo agricolo", da lui illustrata. L'ordine del giorno n. 786 è stato illustrato dal Consigliere Ravetti, il quale propone di formulare un testo unificato o, comunque, di portare delle modifiche, e di passare alla votazione del testo nel pomeriggio. Infine, la mozione n. 765 è stata messa in votazione, ma la votazione non è risultata valida per mancanza del numero legale.
Procediamo, dunque, con la ripetizione della votazione della mozione n.
765.
Indìco la votazione palese sulla mozione n. 765, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio non approva.
Per quanto concerne le modifiche apportate agli atti di indirizzo n. 764 766 e 786 darei la parola al Consigliere Bono e poi al Consigliere Ravetti per l'illustrazione.
Prego, collega Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Con gran rammarico abbiamo modificato la mozione che era frutto di un intenso lavoro del nostro Gruppo consiliare sulla storia e la valutazione del partnerariato pubblico-privato. L'abbiamo stralciata tutta, ma diciamo sin da subito che la ripresenteremo con un altro ordine del giorno in cui discuteremo nuovamente del tema, perché vogliamo mettere a fuoco una serie di punti che servono, secondo il nostro parere, a tutela finanziaria dell'ente Regione Piemonte. Le premesse sono diventate molto semplici (anche perché abbiamo avuto poco tempo per scriverle a mano).
E' prevista la realizzazione di almeno tre nuovi ospedali in Piemonte: la nuova Città della Salute di Torino, l'Ospedale unico Torino Sud e l'Ospedale unico del VCO. Le norme nazionali prevedono una centralizzazione delle acquisizioni di servizi e forniture, nonché delle procedure di appalto.
Per la realizzazione di nuovi ospedali servono, ovviamente, all'interno della Società di Committenza Regionale, competenze e professionalità elevate per la progettazione e la direzione lavori.
Nell'impegno viene stralciata la parte dei 90 giorni relativamente all'analisi del costi del partnerariato pubblico-privato e si va direttamente alla dicitura "presentare una proposta organizzativa che preveda la creazione presso la Società di Committenza Regionale (SCR) di una struttura con il compito di" - la parte finale rimane - "coordinare la rete di competenza delle ASL, interfacciare le strutture tecniche coordinare e monitorare la concreta attuazione dei piani".
Per quanto riguarda la mozione n. 766, grosse modifiche non mi sembrava che ce ne fossero. In questo caso, non si parla di partnerariato pubblico privato ma dello studio dell'IRES e dell'ARESS.
Ho eliminato, ovviamente, il riferimento a "la mancanza di programmazione" da parte della Giunta regionale, perché forse poteva essere oggetto di respingimento da parte della Giunta, quindi rimane semplicemente "la programmazione regionale al momento non ha tenuto conto degli indicatori energetici", in quanto l'Ospedale di Caraglio, l'Ospedale di Carmagnola e Venaria sono stati chiusi, confidando comunque nel nuovo ospedale unico della TO5.
Invece, per quanto riguarda le tempistiche - si diceva che 90 giorni erano troppo pochi - abbiamo accolto la richiesta di modifica con la dicitura "in tempi ragionevoli". Mi rendo conto che "tempi ragionevoli" apre lo spazio ad una serie di interpretazioni che potrebbero essere ampie ci affidiamo quindi al buonsenso dell'Assessorato, affinché i tempi ragionevoli siano veramente ragionevoli, a buon senso.



RESCHIGNA Aldo, Assessore al bilancio (fuori microfono)

E soprattutto riconosci l'efficienza dell'Amministrazione!



BONO Davide

Certo, dell'Amministrazione regionale e degli Uffici sempre, è ovvio! Deposito le modifiche per le firme.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Bono.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ravetti; ne ha facoltà.



RAVETTI Domenico

A seguito delle modifiche apportate dal collega Bono, in linea di massima ci pare possibile un voto favorevole da parte nostra. Ho soltanto bisogno di verificare alcune premessa della seconda mozione, ma lo far subito.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno n. 786, vorrei illustrare alcune modifiche. Resta, per la Giunta, l'impegno di incentivare l'elaborazione di studi per avviare progetti economicamente sostenibili di edilizia sanitaria nei territori piemontesi dove ancora una riflessone in tal senso non è avvenuta.
Il secondo punto resta, cioè l'impegno per la Giunta a presentare un'analisi dettagliata dei costi di gestione delle strutture esistenti.
Il terzo punto anche, cioè impegniamo la Giunta a presentare successivamente studi appropriati per la realizzazione di nuove strutture ospedaliere in sostituzione di quelle esistenti, motivando tutte le scelte assunte ivi comprese quelle che prevedono un ricordo a forme di partnerariato pubblico-privato.
Anche il quarto, così come convenuto con l'Assessore e con il collega Bono, a valutare tutte le migliori soluzioni e comunque a non escludere la possibilità di creare presso SCR una struttura con adeguate professionalità, con il compito di coordinare la realizzazione di nuove opere.
Stralciamo il punto 5), quello che riguarda l'ospedale nell'ASL TO5. E' prevista una modifica concordata con il collega Berutti, che riguarda la programmazione di un nuovo ospedale nel sud della Regione Piemonte, nella provincia di Alessandria, quindi uno studio appropriato. Il 7) è collegato al punto precedente, cioè l'individuazione in questo studio di un'area territoriale strategica su cui realizzare il suddetto nuovo ospedale. E l'ultimo punto, a predisporre un'analisi preliminare finalizzata al processo di fusione aziendale tra ASO AL e ASL AL evidenziandone i benefici e i vantaggi competitivi.
Mi avvicino al banco della Presidenza per sottoscrivere le modifiche.



PRESIDENTE

Grazie, collega Ravetti.
Indìco la votazione palese sulla mozione n. 764, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio approva.
Indìco la votazione palese sulla mozione n. 766, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio approva.
Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 786, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio approva.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno n. 984 presentato dai Consiglieri Rostagno, Ferrentino Appiano e Accossato, inerente a "Tutela dei lavoratori coinvolti nella procedura fallimentare della PMT di Pinerolo" (inversione all'o.d.g.)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rostagno; ne ha facoltà.



ROSTAGNO Elvio

Questa mattina avevo chiesto di inserire all'o.d.g. del Consiglio un ordine del giorno sulla tutela dei lavoratori coinvolti nella procedura fallimentare di PMT.
Chiedo di calendarizzarlo, magari subito dopo l'esposizione della relazione dell'Assessora Cerutti, in vista dell'incontro che i lavoratori e le organizzazioni sindacali avranno con l'Assessore Pentenero nella giornata di giovedì.
Pertanto, chiedo che dopo le comunicazioni della Giunta si tratti questo punto all'o.d.g.



PRESIDENTE

L'Aula acconsente, dopo le comunicazioni dell'Assessora Cerutti, di mettere in votazione un ordine del giorno - e credo che lo possiamo dare per illustrato - sulla tutela dei lavoratori coinvolti nella procedura fallimentare della PMT di Pinerolo? C'è un incontro calendarizzato per giovedì con l'Assessora Pentenero.



(L'Assemblea, tacitamente, acconsente all'inversione all'o.d.g.)



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Frediani; ne ha facoltà.



FREDIANI Francesca

Io l'illustrazione vorrei sentirla, anche per rispetto verso i lavoratori, perché possiamo evidenziare le problematiche.



PRESIDENTE

Quindi, l'Aula acconsente e poi si procederà all'esame dell'atto di indirizzo.


Argomento: Centri permanenza temporanea

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Posizione della Regione Piemonte sulla situazione dei Centri di identificazione"


PRESIDENTE

L'Assessora Cerutti è disponibile a rendere le comunicazioni della Giunta regionale in merito a "Posizione della Regione Piemonte sulla situazione dei centri di identificazione". Di cui al punto 3) all'o.d.g.
Prego, Assessora.



CERUTTI Monica, Assessora all'immigrazione

Buon pomeriggio a tutti i Consiglieri e a tutte le Consigliere.
Credo che l'occasione della richiesta di queste comunicazioni consente anche di fare il punto, chiaramente in modo sintetico, sullo stato dell'arte del sistema di accoglienza della Regione Piemonte, e quindi riportare ciò che potremmo considerare come posizione della Regione Piemonte, visto che, come i Consiglieri sapranno, l'incontro che doveva esserci la scorsa settimana con il Ministro Minniti e la Conferenza delle Regioni è stato spostato a domani per problemi di salute del Ministro.
Quindi, ci troviamo nella situazione di non essere a conoscenza di quale sia concretamente la proposta del Ministro. Abbiamo notizie mediatiche, ma non abbiamo un documento su cui fare delle valutazioni puntuali.
Quindi, qui possiamo riportare le nostre considerazioni e cogliere l'occasione per riprendere successivamente il tema con il Consiglio regionale con una maggiore conoscenza di quale possa essere la proposta del Governo.
Vorrei fare un minimo di focus su quelli che sono i numeri dell'accoglienza per la Regione, ricordando che l'accordo della Conferenza Stato-Regioni ha assegnato alla Regione Piemonte il 7,2 per cento circa di tutte le persone accolte nel nostro Paese.
In realtà, la nostra percentuale odierna è un po' superiore (pari all'otto per cento), perché ci sono le Regioni che stanno vivendo il terremoto e che chiaramente, in questo momento, non danno un contributo rispetto al sistema di accoglienza.
In particolare, ad oggi, la presenza dei richiedenti asilo sul nostro territorio è poco più di 14 mila persone e, in particolare ancora, la maggioranza di queste sono nei sistemi di accoglienza prefettizia (i cosiddetti CAS, i Centri di Accoglienza Straordinaria). Sono invece 1.270 nel sistema SPRAR (il Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) che è il sistema di accoglienza gestito direttamente dai Comuni, con una ripartizione sulla Regione che era stata decisa all'avvio della nostra legislatura, che aveva visto una ripartizione del 40 per cento su Torino e Provincia e 60 per cento su tutte le altre Province.
In questa situazione l'obiettivo, che è anche quello del piano ANCI approvato da poco e che si sta cercando gradualmente di mettere in atto, è quello di avere una distribuzione che sia il più possibile equilibrata su tutti i Comuni, e quindi anche all'interno della nostra Regione.
Tra l'altro, un altro degli obiettivi - e questo sicuramente ha una sua validità - è quello di avere un'accoglienza diffusa, coinvolgendo il più possibile tutti i Comuni e man mano passare da un'accoglienza prevalentemente prefettizia ad una che, invece, sia gestita direttamente dai Comuni, in modo da non avere la sproporzione che prima ho detto.
Vorrei ricordare che, a livello nazionale, è stato approvato il fatto che il bando SPRAR per i Comuni sia sempre aperto e quindi ci sia sempre la possibilità di presentare un progetto da parte dei Comuni. Ed è stata approvata la cosiddetta clausola di salvaguarda, per cui se un Comune ha già dei progetti SPRAR, non avrà più avere dei progetti prefettizi sul proprio territorio, mantenendo però le proporzioni che sono quelle date dal piano ANCI, nel senso che non basta attivare un progetto SPRAR di tre persone per un Comune molto grande per essere tutelato sul fatto di non avere un'accoglienza prefettizia.
Al momento, su 1.201 Comuni, ben 902 non sono interessati né da progetti prefettizi né da progetti SPRAR; per cui è chiaro che uno degli obiettivi fondamentali da portare avanti con la Regione - che, come sapete non ha un ruolo di gestione ma sicuramente può avere un ruolo di indirizzo con le Prefetture e l'ANCI - è di far sì che questo non interessamento di 902 Comuni di nessun progetto possa man mano vedere un numero inferiore, e quindi più Comuni che partecipano.
E' stato approvato, ed è ora in via di definizione, quello che era stato richiesto più volte al tavolo nazionale, al quale partecipo, il tavolo del Viminale, cioè che fossero dati degli incentivi ai Comuni che ospitano. Sono in arrivo circa sette milioni di euro sulla nostra Regione ma, vorrei sottolineare, parametrati rispetto a quelli che erano i numeri dell'accoglienza del 24 ottobre. Pertanto non sono rivolti al futuro, ma sono rivolti al passato. Quindi, con la fotografia che le Prefetture hanno fatto al 24 ottobre, verranno dati al massimo 500 euro per richiedente asilo per ogni Comune; tra l'altro, si tratta di risorse che transiteranno direttamente dal Ministero ai Comuni.
E' chiaro che quest'incentivo è di per sé importante ed è chiaro che queste risorse hanno anche un valore simbolico importante, perché i Comuni potranno utilizzarli per tutta la comunità. Non sono, quindi, delle risorse aggiuntive da destinare all'accoglienza e dunque, da questo punto di vista credo sia importante che ci sia la possibilità, appunto con la discrezionalità delle singole Amministrazioni, di decidere come destinarle.
Abbiamo letto e abbiamo visto che alcuni Comuni, per esempio, pensano di destinarle alle morosità incolpevoli o ad altri obiettivi ed altre destinazioni di carattere sociale, però non c'è neanche il vincolo sul sociale: ogni Comune può decidere.
Questo è il quadro, molto sinteticamente, rispetto alla situazione dell'accoglienza. E' chiaro che oltre all'accoglienza l'obiettivo di tutte le istituzioni che vi stanno operando, è di lavorare all'integrazione - o inclusione, a seconda di come vogliamo chiamarla - e quindi la questione molto importante è quella di portare avanti, così come si sta già facendo in tantissimi Comuni, quei progetti che vengono chiamati di volontariato civico, che permettono alle Amministrazioni di portare avanti delle azioni che coinvolgono i richiedenti asilo e che danno quindi anche l'opportunità di incontro fra coloro che vengono ospitati e la comunità ospitante.
Noi tra l'altro, come Regione, abbiamo da poco approvato un accordo con tutti i Centri di volontariato della Regione, in modo che ci possa essere altresì un supporto nella costruzione di questi progetti, anche nel rispetto di aspetti molto tecnici che possono essere quelli dell'assicurazione e di cosa le persone possono fare o no. E' chiaro che poi l'obiettivo principale e successivo è quello di avere dei veri e propri progetti di inserimento lavorativo. Su questo è anche importante che si conoscano le opportunità a disposizione e che si sappia anche che in realtà le persone, dopo due mesi dal momento in cui hanno fatto la richiesta di protezione internazionale, possono essere destinatarie di contratti. Non è vero, quindi - questo continuiamo a ripeterlo, però forse è bene proseguire perché si persiste comunque nel credere il contrario - che i richiedenti asilo non possano lavorare: possono farlo, dopo due mesi dalla richiesta di protezione internazionale.
E' evidente - e così collego la questione CIE a questo piccolo focus che però voleva darvi, com'è giusto sia, i dati sulla Regione in modo molto sintetico, ma sono qui a disposizione per ulteriori precisazioni - che per c'è una questione importante che abbiamo già posto in diverse sedi, che è quella degli irregolari, cioè il fatto che molti dei richiedenti asili superato il percorso di richiesta e poi di ricorso e di appello (che, in modo spannometrico, dura all'incirca due anni), alla fine risultano essere irregolari e quindi in realtà non hanno più la possibilità di stare sul nostro territorio. E' chiaro quindi che in questo caso non potrebbero più essere destinatari, per esempio, di contratti di lavoro, pur magari essendone destinatari in quel momento.
Noi crediamo dunque - e questa è sicuramente una questione che ha portato a questa discussione, anche in questo caso, però, mediaticamente riportata e quindi bisognerà comprendere quale sia la vera proposta - al fatto che ci sia in qualche modo la possibilità di riconoscere l'attività che il richiedente asilo porta avanti sul nostro territorio - a partire sicuramente dalla frequenza dei corsi di italiano e di educazione civico linguistica, fino alla partecipazione a progetti di volontariato e magari anche ad essere destinatari di veri e propri contratti di lavoro - e che questi fattori costituiscano degli elementi che possano essere utili al riconoscimento della protezione umanitaria.
Pensiamo infatti che queste siano delle possibilità e che quindi il fatto che anche a livello nazionale si sia ragionato su quelli che sono stati chiamati mediaticamente "lavori socialmente utili" possa essere letto in questa direzione, perché finora quello che il richiedente asilo sta facendo sul nostro territorio in realtà non è - o lo è in minima parte uno degli elementi che viene considerato dalle Commissioni ed eventualmente, in modo successivo, per i ricorsi e per gli appelli.
E' chiaro che questo elemento deve portare a un'assunzione di responsabilità politica e crediamo che non possa essere lasciato alla discrezionalità delle Commissioni, o comunque valutato da persona a persona: si dovrebbe adottare, evidentemente, un approccio generale; anche se, per la verità, riportando i dati della Commissione dei richiedenti asilo rispetto agli ultimi tre mesi dello scorso anno, su un totale di 1.000 persone, se prima parlavamo di un 40 per cento che avevano una protezione e un 60 per cento di diniegati (che è il termine che viene usato), su questi ultimi tre mesi abbiamo già l'opposto, cosa che certo non toglie il problema, ma che attesta un 60 per cento di persone alle quali viene riconosciuta comunque almeno una protezione umanitaria.
Questo, quindi, sarà sicuramente uno degli elementi di discussione col Ministro, domani, ed è opinione della Giunta - quindi, da questo punto di vista, opinione condivisa - che il tema dell'irregolarità non possa essere gestito tramite un ampliamento del sistema dei CIE, anche se noi al momento non sappiamo quali sia effettivamente la proposta del Ministro.
Si parla di un cambiamento nominalistico, che dovrebbe però essere anche un cambiamento dal punto di vista della gestione; anche perché - e qui vengo alle considerazioni che possiamo fare - non si può dire che il sistema dei CIE finora abbia funzionato: non ha funzionato sicuramente perché non esistono accordi con molti dei Paesi da cui le persone che poi vi vengono rinchiuse provengono e quindi si parla di una percentuale di rimpatri al massimo del 50 per cento, con dei costi molto elevati. E quindi, già da questo punto di vista - al di là della questione che sicuramente non è secondaria per chi parla, ma che può essere compresa all'interno delle considerazioni generali, quella che in molti CIE la condizione delle persone non era una condizione dignitosa - lo strumento è lacunoso.
Devo dire che il CIE di Torino, forse per le visite che abbiamo a mano a mano condotto, ha garantito nel tempo delle condizioni migliori; ma comunque molte persone lì recluse sono in realtà persone che subiscono una doppia pena, perché sono persone che prima sono state in carcere e poi, in modo immotivato, si trovano all'interno del CIE.
Dico questo per sottolineare che un'altra delle considerazioni che abbiamo fatto è quella per cui si dovrebbe sempre più mettere in atto ci che si sta facendo solo parzialmente, cioè il riconoscimento dei detenuti in carcere, in modo da avviare il rimpatrio già dal carcere. Per esempio nelle carceri di Torino e Ivrea questa pratica già viene messa in atto; non viene messa in atto in molte altre carceri.
Quindi, credo che questo sia un aspetto importante, anche perch immaginiamo che certamente ci sia la necessità anche di dare delle garanzie di sicurezza generale alla popolazione e dunque, rispetto al fatto che ci possano essere delle particolari attenzioni nei confronti di chi è autore di reati o chi potrebbe essere sospetto di radicalismo o terrorismo.
Crediamo che questa sia un'altra questione da affrontare, quindi su questo sicuramente vorremmo comprendere quale sia la proposta del Ministro.
Da quello che abbiamo letto, si comprende che l'idea è di avere un numero di posti in tutto il Paese di circa 1.600-1.800 complessivamente pensiamo che anche rispetto al tema dell'irregolarità, visti i numeri comunque, queste strutture non sarebbero sufficienti, quindi è un'altra la soluzione per l'irregolarità.
Abbiamo già votato in passato un ordine del giorno che chiedeva la chiusura del CIE, pensiamo che, rispetto alle proposte attuali, non si parli certamente di un ampliamento perché, comunque, nella proposta che abbiamo letto sui giornali si parla di piccole strutture con al massimo un centinaio di posti e il nostro CIE ha già questa capienza.
Crediamo che domani sia opportuno comprendere meglio la proposta e certamente, considerare il fatto che i CIE, così come sono stati concepiti non possano essere la soluzione per quello che è certamente un problema che dobbiamo affrontare. Da una parte capire come gestire il tema dell'irregolarità, dall'altra come gestire questioni legittime legate alla sicurezza quindi, per esempio, interventi sicuramente più tempestivi ed efficaci su persone che sono certamente destinate ad essere rimpatriate.



BERTOLA GIORGIO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marrone; ne ha facoltà.



MARRONE Maurizio

Pensavo che il Consigliere Grimaldi, avendo chiesto l'intervento dell'Assessore Cerutti a titolo di comunicazioni, ci desse una sua interpretazione sulla risposta.
Sinceramente non mi ritengo troppo soddisfatto, ma per un semplice motivo. Se davvero l'ostilità del centrosinistra al CIE dipendesse, come ha detto l'Assessore da quello che ho capito, esclusivamente a un mancato funzionamento operativo nella dinamica delle espulsioni, quindi se dovessimo credere che il centrosinistra auspica un sistema più efficiente e più celere di espulsioni dei clandestini, allora noi, forse, saremmo i primi sostenitori di questa linea portata di fronte al Governo dall'Assessore Cerutti, ma non era questo quello che ci ricordiamo dal dibattito avvenuto allora, non è questo quello che leggiamo nei comunicati stampa dell'Assessore Cerutti, così come del Gruppo SEL o di tutto il centrosinistra piemontese.
In realtà, il timore che ci allarma rispetto a questa posizione è che si voglia arrivare a una situazione in cui, una mentalità in cui la clandestinità non è reato e non è neanche una situazione di pericolo sociale, allora si lascino i clandestini - ovvero persone che non hanno titolo di stare sul territorio nazionale - liberi di transitare e circolare come meglio loro aggrada. Questa è una situazione che non solo non condividiamo, ma è una situazione che, in questo periodo di terrorismo internazionale, semplicemente non ci possiamo permettere.
Il fatto che il nostro Paese sia ormai conclamatamente non ancora un teatro di attentati - grazie al cielo - ma, in modo ormai palese e innegabile di transito, di logistica, di rifugio per chi poi si macchia di terrorismo con tante vittime civili in nome dell'islam radicale, credo che questa situazione richieda a tutti uno sforzo di responsabilità, oltre le posizioni più culturali e ideologiche di ogni fazione.
Oggettivamente, se il no al CIE si traduce in un non creiamo quelle strutture che consentano di isolare e, soprattutto, vigilare sui clandestini e allora riapriamo quelle vecchie procedure, quelle vecchie prassi di cui sinceramente non sentiamo la minimia nostalgia, (fogli di via, ordini burocratici di espulsione, scontrino in tasca che basta per evitare un'esecuzione coattiva delle misure di espatrio assistito), allora noi su questa strada di sicuro non vi seguiremo mai.
La posizione del Gruppo Fratelli d'Italia in particolare, ma penso comune a tanti colleghi della nostra area politica, è la seguente: finché i CIE serviranno perché esiste una procedura internazionale - purtroppo non nazionale, quindi non discrezionale per chiunque governi - di espulsione che richiede la preventiva identificazione, allora queste strutture bisogna costruirle. Certamente non bisogna costruirle e non bisogna soprattutto ampliarle in contesti urbani che ne sono del tutto e funzionalmente avulsi.
Il fatto di avere il CIE in Corso Brunelleschi condanna tutto quel quartiere ad una sarabanda di evasioni e di rivolte, spesso anche sobillate da manifestazioni di elementi antagonisti anarchici che, periodicamente quasi settimanalmente, infestano il circondario della struttura di Corso Brunelleschi. Possiamo anche essere d'accordo per pragmatismo che i CIE non vadano costruiti nelle città, ma fuori dai contesti urbani, però finché ci saranno clandestini che permangono sul territorio nazionale, queste strutture andranno costruite. Ovvio che poi l'aspirazione è quella di rivedere integralmente il sistema.
Una cosa che, a mio modo di vedere, non va è il fatto che in Italia ci sia un'enorme area grigia di persone richiedenti asilo che non sono veramente profughi perché non hanno ottenuto dalle Commissioni lo status di rifugiato e di protezione internazionale, bensì vivono nel continuo limbo dei ricorsi, anche se non hanno diritto a quello status o, peggio ancora gli vengono attribuiti tutti riconoscimenti intermedi, surrogati sussidiari che non vogliono dire nulla perché sono a tempo, perché non garantiscono integrazione, perché, soprattutto, non sono titolo di rifugiato. Pertanto, è un problema preliminare perché, con i numeri che ricordava l'Assessore, siamo pieni di immigrati che rifugiati non sono, ma che continuiamo a trattare come tali, e che sono in realtà, se non oggi lo saranno domani, irrimediabilmente clandestini, il che ci falsa tutto il quadro della situazione in termini di politiche da predisporre.
Sulle soluzioni davvero di ampio respiro lo sappiamo benissimo tutti qual è l'unica via per ridurre gli sbarchi e ridurre i flussi incontrollati a monte: gli accordi o, comunque, realtà di intese internazionali con i governi che comandano, che hanno autorità sostanziale nei territori da cui partono i flussi.
Vorrei ricordare al centrosinistra che, piacessero o no, i governi magari dittatoriali, ma laici, che governavano nel Nord Africa avevano delle intese con l'Italia e, per quanto quei governi potessero non piacere sotto il profilo del rispetto dei diritti umani, quegli accordi li rispettavano. Adesso, invece, dopo aver osannato tutti - ricordo i toni anche un po' troppo enfatici e retorici su questa meravigliosa ondata di primavere arabe - ci ritroviamo l'ISIS, califfati vari, tagliagole e jihadisti che comandano su buona parte della costa che stanno dall'altra parte del Mediterraneo e dove, invece, ci sono governi laici che hanno un rapporto con l'Occidente, sono così deboli da non riuscire sostanzialmente a mantenere nulla di quello che noi pretendiamo in termini di controllo dei flussi clandestini.
Intendiamoci, per buonismo peloso si è consentito che il Mediterraneo diventasse una sorta di passerella per tutti i trafficanti di esseri umani riducendo lo Stato italiano quasi a complice di questo traffico di esseri umani andandoli a recuperare nelle acque internazionali non per assisterli salvarli e riportarli da dove erano arrivati, ma per portarli a casa e finire il tragitto iniziato dagli scafisti. Non credo che sia questa la mentalità che possa consentire, finché verrà prolungata, di adottare delle soluzioni a livello locale.
Finché arriveranno migliaia di persone - non è che si materializzano con la bacchetta magica, ma perché c'è una dinamica internazionale che i nostri ultimi Governi hanno agevolato - di flusso incontrollato, i territori saranno sempre irrimediabilmente scoperti sia sotto il fronte della clandestinità, vera e conclamata, sia sotto il fronte della finta clandestinità, nascosta sotto le vere spoglie di migranti economici, con un patina del tutto fittizia di profughi, quando spesso profughi non sono.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Benvenuto; ne ha facoltà.



BENVENUTO Alessandro

Grazie, Presidente.
Queste comunicazioni rispetto alla richiesta del Consigliere Grimaldi anche noi le avevamo avanzate per poter esprimere il nostro disappunto su quello che è stato fatto in questi mesi in Piemonte, partendo dalla responsabilità di un Governo che è rimasto immobile per molti anni sul tema dei migranti.
Anzitutto, noi vediamo un cambio di posizione del Governo. Il Ministro Minniti annuncia un aumento di rimpatri, di controlli, di retate.
Probabilmente è ancora presto e non si è visto ancora nulla, ma la domanda che i cittadini - e non la Lega Nord - si fanno è un'altra: ma non era tutto sotto controllo? Il PD ha sempre detto che non c'erano problemi: probabilmente, il nuovo Ministro si è reso conto che qualche problema c'è e c'è stato un cambio di direzione da parte del Governo sulla questione dei migranti.
Noi l'accogliamo in modo molto positivo, anche se ci rendiamo anche conto che, in questi tre anni, il PD ha portato in Italia 500 mila persone di cui nessun profugo, perché, alla fine, si è visto che solo un cinque-sei per cento dei richiedenti asilo sono profughi, ma tutti gli altri non lo sono.
Da questo punto di vista, chiediamo all'Assessore Cerutti un cambio di posizione; un cambio di posizione che il Presidente Chiamparino non ha accettato a settembre quando le altre Regioni del Nord (Liguria, Lombardia e Veneto) avevano assunto una posizione politica completamente diversa da quella presa dal Presidente del Piemonte e dalla sua Giunta.
Noi siamo favorevoli a tutte quelle che sono le politiche che vanno nella direzione dei rimpatri e dei controlli, e che ci sia un Piemonte molto più sicuro di quello di oggi.
Per quanto riguarda il CIE, il suo ampliamento non è la soluzione perché il CIE è sempre un prodotto del centrosinistra nato molto anni fa (che poi ha cambiato nome). E' un prodotto che nasce sempre dalle politiche del centrosinistra, che sono politiche sbagliate.
Per quanto ci riguarda, il problema parte dall'inizio, con la non disponibilità del Piemonte e dell'Italia, perché sul tema dell'accoglienza ci deve essere un cambio di passo immediato.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Batzella; ne ha facoltà.



BATZELLA Stefania

Grazie, Presidente.
L'Assessora ci ha illustrato la situazione dei richiedenti asilo nella nostra Regione e ci ha fornito un quadro generale del nostro Paese. Ha parlato di dati ben precisi sulla percentuale di richiedenti asilo nella nostra Regione, così come anche la percentuale tra la provincia di Torino (40 per cento) ed un 60 per cento nel restante delle province della nostra Regione.
Sono rimasta molta colpita. Non è una novità, ne ho avuto conferma quando l'Assessora Cerutti ci ha fornito questi dati che, ripeto, non sono una novità, perché ne ero già a conoscenza: in Piemonte ci sono 1.201 Comuni e soltanto 299 hanno aderito e aderiscono al progetto SPRAR, quindi ai progetti per i richiedenti asilo.
In effetti mi stupisce che siano 902 i Comuni non interessati ad alcun tipo di progetto e su questo - visto che è anche presente il Presidente Chiamparino - credo che la Giunta debba darsi da fare. Non è possibile che in Piemonte, su 1.201 Comuni, 902 non sono interessati ad alcun progetto.
Occorre sicuramente fare un lavoro maggiore.
Capisco che ci sia stato un lavoro da parte vostra di informazione e di sensibilizzazione nei confronti dei Comuni e dei Sindaci, perché alla fine sono i Sindaci che devono essere interessati al progetto affinché, a loro volta, possano sensibilizzare il loro Comune, il territorio che amministrano.
Nei vari Comuni la popolazione è ancora restia e non è ancora pronta dal punto di vista culturale, al cambiamento o all'accettazione di questi richiedenti asilo presenti nel nostro territorio.
Credo, quindi, che si debba lavorare ulteriormente e in maniera decisa altrimenti questa situazione non si riuscirà a gestire e a colmare come vorremmo e come si dovrebbe fare.
Volevo ancora chiedere delucidazioni all'Assessora in merito al fatto che per ogni richiedente asilo viene assegnato al Comune 500 euro. Non ho capito se i 500 euro sono a persona o se è una quota mensile fissa. Non sono riuscita a comprendere questo passaggio dei 500 euro.
Abbiamo avuto dei chiarimenti, ma ci sono ancora delle perplessità perché, come dicevo prima, non c'è un'informazione capillare fra la popolazione. Abbiamo avuto conferma - così ci ha detto l'Assessora - che i richiedenti asilo, dopo 60 giorni, quindi dopo due mesi dall'avvenuta richiesta di protezione internazionale, possono lavorare, quindi possono stipulare un contratto di lavoro.
Questo non è chiaro, perché fra la stessa popolazione c'è un concetto di pregiudizio nei confronti di questi lavoratori. Occorrerebbe veramente lavorare tantissimo affinché ci sia un'informazione capillare e diffusa tra la popolazione.
Per quanto riguarda i CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) occorre fare un breve cenno storico del perché sono nati.
Sono stati istituiti dalla Legge Turco-Napolitano - ripeto: Legge Turco Napolitano, lo ripeto per ben due volte - ma perché sono nati? Per trattenere in strutture gli stranieri che si trovavano e che ancora oggi si trovano in condizione di irregolarità e che sono destinati all'espulsione.
C'è stato poi un cambiamento: sono nati come CPTA (Centri di Permanenza Temporanea di Assistenza) e poi nel 2011 sono stati trasformati in CIE.
L'obiettivo iniziale poteva anche essere accettato e accolto, se fosse rimasto tale, ma in realtà il discorso è un altro, perché dobbiamo mettere al centro il rispetto della dignità e dei diritti della persona che, a mio parere, sono venuti a mancare.
I Centri di Identificazione e di Espulsione sono rimasti pochi.
L'Assessora ha detto di aver visitato più volte il CIE di Torino e anch'io mi sono recata a visitarlo. Sinceramente non ne sono rimasta entusiasta non è un bel vedere andare all'interno di questo Centro: sicuramente una persona che entra in questo Centro, quando esce non si sente felice e soddisfatta.
Personalmente sono uscita da questo Centro con un grande vuoto; ho sentito un grande vuoto dentro di me, perché mi sono chiesta per quale motivo noi dobbiamo imprigionare dietro le sbarre, all'interno di queste strutture.
Tra l'altro, nel CIE di Torino ci sono sezioni e strutture andate a fuoco, perché c'è stata più volte la rivolta da parte degli stessi ospiti e alcune aree non sono più abitabili. Gli ospiti, quindi, si riversano nelle parti ancora in buone condizioni e che non hanno preso fuoco.
Vi assicuro che è terribile vedere degli esseri umani, delle persone come noi, buttate fuori, all'interno di queste strutture, chiuse con delle sbarre e con delle cancellate altissime e con dei materassi all'aperto perché loro sono fuori e dormono in assoluta mancanza di condizioni igienico-sanitarie adeguate.
Noi ci chiediamo quale sia il reato che hanno commesso. Queste persone non hanno commesso nessun reato per cui devono rimanere in un regime di detenzione, dal momento che esistono già le strutture di detenzione quando si commette un determinato reato. Il CIE non è una struttura carceraria, ma è un centro di identificazione per un'eventuale espulsione; sicuramente questo è un mio parere, ma è anche la posizione del Movimento 5 Stelle.
Il Movimento 5 Stelle è favorevole alla chiusura di tali Centri, quindi la nostra linea è contraria al CIE e vorremmo che un giorno questi centri fossero definitivamente chiusi, perché riteniamo che ci siano altre metodologie, altri modi per poter affrontare il problema dell'irregolarità.
Assessora Cerutti, domani incontrerà il Ministro e poiché siete la forza che governa sia la nostra Nazione che la nostra Regione, il mio auspicio è che domani riuscirete a trovare un'intesa, perché abbiamo avuto notizia - alcuni quotidiani hanno riportato la notizia - di un eventuale ampliamento di Centri di identificazione e di espulsione. Noi non lo vogliamo, Assessora, e non lo volete neppure voi, quindi credo che domani quando si troverà a parlare con il Ministro si potranno trovare delle soluzioni e non soltanto per la Regione Piemonte. Sappiamo benissimo che le soluzioni vanno trovate, perché urge immediatamente una linea...



(Il Presidente ricorda alla Consigliera che il tempo a disposizione è terminato)



BATZELLA Stefania

Presidente, mi accingo a concludere.
Se vogliamo veramente chiudere questi CIE e vogliamo parlare di rispetto della dignità e dei diritti delle persone, dobbiamo farlo in un altro modo, mettendo in atto la macchina burocratica, diminuendo i tempi burocratici, perché queste persone, ospitate in questi Centri, inizialmente dovevano rimanere solo per trenta giorni, poi per sessanta giorni ed ora alcuni ospiti rimangono all'interno dei CIE fino anche a diciotto mesi! Questo non è più tollerabile.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

Grazie, collega Batzella.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio all'Associazione culturale "Albacherium" di Baldissero Torinese (TO)


PRESIDENTE

Saluto l'Associazione culturale "Albacherium" di Baldissero Torinese in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Centri permanenza temporanea

Comunicazioni della Giunta regionale inerenti a "Posizione della Regione Piemonte sulla situazione dei centri di identificazione" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito sulle comunicazioni dell'Assessora Cerutti, di cui al punto 3) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Stiamo affrontando un tema legato ai CIE, ma che in realtà investe un aspetto più di carattere generale che riguarda il problema dell'immigrazione all'interno del nostro Paese.
Questo è un tema che va affrontato almeno sul livello nazionale, visto che anche domani ci sarà l'incontro con il Ministro su quella che è una dinamica europea, perché spesso ci sentiamo raccontare una storia che è quella dell'ineluttabilità dell'ospitalità.
Allora, bisogna leggere i numeri di questo dato ineluttabile; fra il 2015 e il 2016 nelle quattro rotte che interessano le popolazioni, diciamo gli accessi all'Europa, abbiamo dei numeri diversi. Intanto abbiamo un numero che per noi è interessante, che riguarda la rotta spagnola, che non esiste: in tutte le rilevazioni statistiche, la rotta spagnola non esiste perché ancorché il Marocco sia a poche miglia dalla Spagna, non esiste una rotta di migranti che si recano da Ceuta e da Melilla fino a Gibilterra.
Poi, c'è la rotta balcanica, che nel 2015 contava 764 mila arrivi (quelli censiti, perché gli arrivi non censiti valgono da per tutto) e nel 2016 ne ha contati 123 mila! Abbiamo la rotta greco-turca, che contava circa 900 mila arrivi nel 2015, e che ne ha contati 182 mila nel 2016, quindi con una riduzione dell'80 per cento degli arrivi. Abbiamo invece una rotta italiana, che è passata dai 60 mila del 2014 a 185 mila del 2016, con un crescente aumento.
Allora, va detto che se l'unica porta d'accesso vera all'Unione Europea è diventata l'Italia, che è la rotta più difficile, perché non è una rotta che ha terra; mentre nella rotta balcanica si arriva via terra, mentre nella rotta greco-turca si arriva via mare e via terra, in quella italiana si arriva solo via mare. Quindi, nonostante in teoria sia la rotta più facilmente gestibile, il flusso va aumentando. E' evidente, allora, che c'è stato un errore di fondo fatto dal Governo Letta insieme al Ministro Alfano e che ha ripreso in modo ancora più consistente il Governo Renzi con - di nuovo - il Ministro Alfano, rispetto ad una politica di flussi migratori che è la seguente: "Appena esco dalle acque internazionali arriva la motovedetta italiana che mi salva!".
C'è un aspetto anche banale, che non fa per nulla sorridere, ma la dice lunga su come in qualche modo incentiviamo una tratta, perché ormai vengono imbarcati su navi, o barche, che hanno la finalità di superare le acque internazionali. Nulla di più, perché poi c'è questo intervento.
Al di là del problema nazionale, c'è un problema che è sempre nazionale, ma poi è anche locale. Il primo è quello sugli investimenti e sulle risorse.
Noi discutiamo da anni, non soltanto da quando c'è questa maggioranza sul tema delle risorse e scopriamo che questo è uno Stato che non ha risorse per la sanità (sono stati tagliati, dal 2009 ad oggi, circa 12 miliardi di euro in sanità); è uno Stato che non ha più risorse per le politiche sociali e le battaglie del Presidente, che prima vedevo nei banchi del Consiglio, su coloro i quali hanno diritto ad un posto in una RSA sono scomparse con la sua elezione a Presidente del Consiglio, insieme a quelle del centrosinistra, ma perché si scontrano con l'aspetto dei fondi.
Però, poi, scopriamo una cosa: un'altra delle storie che a lungo ci è stata raccontata anche dall'Assessore...



(Commenti fuori microfono)



VIGNALE Gian Luca

Guardate, i fondi per i migranti non sono risorse dello Stato, sono risorse europee che non possono essere utilizzate per null'altro se non per quella finalità. Quindi non stiamo distogliendo risorse a nessuno! Non stiamo sottraendo dalle risorse degli italiani o dei cittadini comunitari neppure un euro. Sennonché, quando quest'anno il Governo Renzi si deve fare approvare la finanziaria, cosa inserisce negli sforamenti? 4,1 miliardi di euro per spese per i migranti e tre e rotti miliardi di spese per il terremoto. Poi, nel frattempo scopriamo anche se c'è da salvare il Monte Dei Paschi 20 miliardi li troviamo, ma c'è un tema di risorse economiche che non possiamo far finta di non vedere, se viviamo in un mondo reale e non nella fantascienza.
Perché noi facciamo discussioni in punta di fioretto, ma quando poi usciamo da qui dentro e ci confrontiamo con le povertà quotidiane dei cittadini, uno dei primi aspetti che si sottolinea è: "Come? Un immigrato costa 40 euro al giorno, quasi 2.000 euro al mese, e io con 600 euro al mese potrei vivere in modo più dignitoso!". Però, ci è stato raccontato che non si devono contrapporre quelli che sono differenti problemi. Il problema è uguale, la povertà è uguale, vale per l'uno e vale per l'altro. Non riuscirete mai a far capire a persone in stato di necessità che i quattro miliardi che spendiamo per i migranti non potrebbero essere utilizzati almeno una parte, per i molti bisogni dei cittadini piemontesi, non importa la nazionalità, ma piemontesi regolarmente presenti nella nostra regione soprattutto italiani, io mi permetto di dire.
Guardate, l'aspetto paradossale è la mancia ai Comuni! Cioè, noi diamo 500 euro al Comune che ospita, che sono pari a 12 giorni di retta che diamo alla cooperativa che ospita il migrante! Poi, arriviamo a tutto, anche alla mancia per incentivare l'ospitalità! Mi avvio alla conclusione.
Il tema che più ci colpisce è certamente un aspetto di politica internazionale: nessuno può non pensare che non sia fattibile, anche nella difficile situazione internazionale, una situazione di blocco degli sbarchi, come è avvenuto in altri Stati! Noi siamo molto ligi al tema della pietas cristiana o meno, laica, però, poi, è stato molto utile che, invece sia accaduto quello che è accaduto e sta accadendo in Turchia o in Grecia.
La Turchia, in nome e per conto dell'Europa, ha bloccato una tratta, con le modalità che tutti abbiamo visto sui giornali internazionali, senza che qualcuno si scandalizzasse! Allora, molto semplicemente, occorre stipulare un trattato con la Libia o evitare di andare a salvare, come si dice.
Quante vite sono costate l'apertura di una rotta all'interno del Mediterraneo rispetto a una stessa rotta, quella spagnola, da cui non è arrivato un profugo (quindi, che non ha contato le migliaia di persone che hanno perso la vita tentando di attraversare il Mediterraneo)? Perché c'è un tema che noi non possiamo sottintendere, in particolare modo in Italia a differenza di altri Stati. Lo dicono i dati del Ministero dell'interno.
Noi abbiamo tra il cinque e il sei per cento, di mese in mese, di profughi tutto il resto, più del 50 per cento, sono persone che non hanno diritto a nulla alla fine dei due anni, oppure che beneficiano di protezioni che ci siamo inventati, quella umanitaria e altre.
Ma c'è un altro tema, che è il più significativo, e uso gli ultimi secondi a mia disposizione per questo.
Noi diciamo che non riapriamo i CIE. Io credo sia sbagliato, ma non in risposta ai CIE. Io segnalo - e l'Assessore lo sa bene, perché gli viene anche segnalato - che nell'arco del 2017, da gennaio a dicembre - i dati esatti non li ho, infatti glieli chiederò, ho semplicemente preso i dati che lei ci aveva fornito due anni fa, facendo una valutazione matematica: il 30-40 per cento ha diritto a rimanere in Italia, tutti gli altri no noi avremo tra i due e i 4.000 migranti che diventeranno clandestini. Il giorno in cui diventeranno clandestini, noi faremo loro il foglio di via ma non li riaccompagneremo alla frontiera - in realtà, noi ne abbiamo accompagnati 16 e rimarranno all'interno del nostro Paese. E voi cosa pensate che faranno? Vanno anche in Francia, vanno in Svizzera, vanno in Germania, sempre clandestini rimangono.
E voi cosa pensate che faranno? Diventeranno manodopera per la malavita organizzata o per il lavoro in nero.
Allora, esiste un progetto per gestire la situazione, come ci chiede l'Europa? Quando noi diciamo all'Europa che non si prende i profughi l'Europa, molto semplicemente, ci dice che ci mettiamo troppo tempo a identificare i profughi, che non abbiamo i luoghi, una volta individuata la mancanza del requisito, per rimandarli a casa loro. Questo si chiede. Si chiede di fare quello che alcuni Stati europei, anche popolari e anche socialisti, fanno oppure quello che altri chiedono con maggior rigore perché siamo di fronte a un'emergenza umanitaria non soltanto per quelle nazioni, ma anche per i cittadini italiani.



BERTOLA GIORGIO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Grimaldi.



GRIMALDI Marco

Grazie, Presidente.
Consigliere Vignale, prima di parlare di casa loro, forse, dovrebbe ricordarsi le immagini di Aleppo e anche un po' cosa succede in quei Paesi prima di parlare, come ha fatto il Consigliere Marrone, di complicità, di buonismo peloso dell'Europa. Di sicuro, ci sono delle responsabilità, e sono grandi come una casa, nell'avere reso più instabile tutto il fronte del Nord Africa.
Credo che il nostro Paese ne sia corresponsabile, così come lo è di più la Francia, così come gli interventi in quella parte del pianeta, di sicuro le vicende irachene e afghane non hanno aiutato la stabilizzazione dell'intera area, però di queste cose non ne parliamo mai. Parliamo di cose assai distanti dalla realtà, perché quando i Consiglieri del franchising di Salvini e Meloni intervengono qui in Aula e ci spiegano che con gli immigrati che arrivano in Italia è in corso una sostituzione etnica - così ho sentito dire - forse bisognerebbe ragionare un attimo sui numeri. Non lo so, io ve ne dico due, solo per capirci, così non parliamo solo di ideologia e di idee diverse, che abbiamo di sicuro su questi temi.
I migranti sbarcati sulle nostre costo nel 2016 sono 181 mila, pari allo 0,29 per cento della popolazione italiana. I richiedenti asilo titolari di protezione internazionale ospiti del nostro sistema di accoglienza erano, al 31 dicembre 2016, 176.554, pari allo 0,29 per cento della popolazione italiana. Gli immigrati presenti in Italia, al 1° gennaio 2016, erano cinque milioni e 54 mila, cioè pari all'8,3 per cento della popolazione italiana, cioè molto sotto alle medie di tanti e tanti Paesi europei. E guardate un po' anche la nostra storia, perché non è retorica fatevelo dire da chi ha metà della famiglia in Argentina! Guardate la storia dell'umanità, guardate che tutta quell'immigrazione non è solo legata alle due guerre mondiali, è legata a crisi economiche e alla mancanza di progetti e prospettive in questo Paese.
Immaginatevi cosa poteva fare la popolazione piemontese davanti alla richiesta, magari, del Governo Argentino, per dare un permesso, di lavorare per qualche anno a La Boca gratuitamente! Mio zio si sarebbe unito ai suoi parenti e avrebbe spaccato La Boca! Quelle persone hanno pagato i contributi e molti degli immigrati che sono qui in questo Paese pagheranno la mia e la sua pensione, sempre se avremo una pensione.
Allora, vorrei che rimanessimo ai numeri e ai dati, al progetto dell'ANCI, che prevede un'accoglienza diffusa. Su questo, per capirci, o state nella nostra discussione, in cui chiediamo a quei Comuni che non si assumono le responsabilità - come diceva la Consigliera Batzella, poi le do un suggerimento - di fare la loro parte, oppure, se voi non condividete neanche questo, cioè di renderla sempre più piccola e diffusa, allora voi sì, che volete l'altro modello, quello delle cooperative arruffone, quello dei CARA, quello dove mettiamo lì per poi non si sa cosa, per fare cosa? Per fare esplodere le situazioni come succede anche nei nostri territori? Credo che tutta quella parte del progetto, che spero Minniti presenterà, cioè un Piano ANCI rivisto, in cui si rivedono quei numeri potrà essere accolto dalla nostra Regione. Guardate, non ho dubbi: se c'è una cosa di cui, in qualche modo, questo Paese non si deve vergognare è di aver trattato diversamente i temi dell'immigrazione rispetto ad altri Paesi europei. Dall'altra parte, noi dobbiamo spronare quei 900 Comuni che oggi non ci sono in Piemonte a fare la loro parte; partirei dai 240 sopra i 3.000 abitanti, ovviamente, perché potrebbero dare un pochino di più e magari - lo dico alla Consigliera Batzella, ma anche a tutto il Gruppo dei 5 Stelle - anche dal Comune di Venaria, se avesse voglia di contribuire nella rinascita a cinque stelle di questa comunità (lo dico sommessamente visto che è nell'elenco di quei Comuni). Facciamo un appello, anche voi aiutateci a far sì che tutti i Comuni lo facciano.
Arrivo invece alle note per me dolorose di questa discussione, molte delle quali legate all'escalation della vicenda Amri, cioè di quell'attentatore che, tra l'altro, conosce bene il nostro Paese. Ma lo conosce bene perché è stato nei CIE e quindi non ha funzionato? Oppure lo conosce bene perché ha girato le carceri italiane senza essere identificato lì, per poi essere portato in un CIE per essere rimpatriato? Ma - lo diceva giustamente l'Assessora Cerutti - se non ci sono gli accordi internazionali, sapete cosa ce ne facciamo del raddoppio dei CIE? Niente.
Perché, se da una parte l'identificazione si può fare quando sei detenuto come diceva giustamente l'Assessora, cosa facciamo? Gli facciamo fare un surplus di detenzione? Che senso ha? I CIE sono nati per questo? Sono nati per identificare e espellere. Ecco l'identificazione, se hai commesso un reato, si può fare nelle carceri, tanto l'espulsione - come ha dimostrato la vicenda Amri - se non ci sono gli accordi, non serve a niente.
Per questo motivo, il fallimento dei CIE non è solo un termometro di disumanità in cui possiamo dire "ah, Torino adesso va meglio di altri", non è questo il punto. E' un fallimento incredibile, l'hanno dimostrato in tanti, non l'ha solo scritto Amnesty e altre ONG, ma l'ha scritto il Senato della Repubblica, l'hanno scritto le Commissioni d'inchiesta guidate da De Mistura. Quei luoghi vanno chiusi, punto. Sono una storia esaurita in cui si sono consumati drammi e in cui, tra l'altro, soldi e impegno istituzionale hanno portato a risultati scarsissimi.
Allora noi lo diciamo sinceramente: la Regione deve stare lì, nel solco di quello che abbiamo scritto, altro che raddoppio! Noi vogliamo il superamento di quelle strutture, perché non hanno più senso di esistere.
Arrivo all'ultimo punto, su cui - secondo me - c'è troppa sottovalutazione: sto parlando del lavoro gratuito. Un conto è dire che tutti quei migranti che si sono resi disponibili, spesso con generosità e con tanta voglia di avere qualcosa in più che un'accoglienza, cioè provare a essere integrati, hanno voluto partecipare a dei progetti messi in campo dai Comuni. Io trovo che questa sia una cosa giusta, che va valorizzata e che in qualche modo va anche premiata. Ma se invece l'idea è che, dopo l'ampliamento dei CIE come grande slogan per affrontare il tema dell'immigrazione, si intende imporre il lavoro socialmente utile, cioè il lavoro gratuito, come obbligatorio per tutti i richiedenti asilo in attesa dell'esito della domanda, ecco, siamo davanti a un fatto epocale, nel senso che l'introduzione per legge dell'obbligo del lavoro gratuito di fatto modifica - lo dico al Presidente Chiamparino - in modo radicale la condizione giuridica e sociale del richiedente asilo e trasformerà uno status dal riconoscimento di un diritto sulla base degli elementi presenti in status da acquisire con lavoro gratuito o a paga ridottissima.
C'è poi un'altra questione, a mio parere, che sottovalutiamo, e non è solo il cambiamento di paradigma assai delicato, ma c'è tutto il resto del mondo, c'è quello che noi viviamo, che vivono i nostri giovani. Il Consigliere Vignale parlava di conflitto fra i poveri italiani e gli immigrati. Tra l'altro, bisognerebbe ricordare, Consigliere Vignale, che non è che gli Enti locali e il welfare non spendano niente per la nostra povertà: secondo me spendono male, che forse è anche peggio del tema dell'immigrazione, perché ogni notte un dormitorio non costa meno di 30 euro e guardate che poi paghiamo i buoni per le docce, paghiamo i buoni pasto e paghiamo i servizi sociali. No, solo per intenderci.
Anche molti poveri italiani potrebbero dirle: "Sa che c'è? Non spendete 200 euro al giorno per quello e datemi un reddito minimo". Lo sosteniamo anche noi. Consigliere Vignale, venga dalla nostra parte, condivida i progetti di reddito di autonomia per le persone, e in questo sì che forse abbasseremmo un po' di conflittualità, perché se tanti poveri italiani avessero la possibilità di un reddito e politiche attive del lavoro per riprenderlo, forse anche questa discussione verrebbe meno.
Ma ritorniamo al punto. C'è un'altra vicenda del lavoro volontario degli immigrati che è rischiosissima. Ma a voi pare normale che a tutto quello che abbiamo già visto si possa aggiungere un ennesimo esercito di manodopera gratuita, il cui impiego può arrivare fino a due anni per ogni richiedente? Ecco, credo che gli effetti sarebbero devastanti per tutti i lavoratori, italiani e immigrati, i quali saranno così messi in una competizione sfrenata.
In più, se è possibile fare il volontario per svolgere attività utili alla collettività, significa che quei posti di lavoro potrebbero esistere ma tuttavia non si è disposti a retribuirli. Ecco, questa è invece una sfida che lancio al PD: se il posto di lavoro esiste, perché dovrebbe essere svolto gratuitamente, pervertendo l'idea stessa di politica attiva per il lavoro? La povertà, la disoccupazione e l'immigrazione sono forse delle colpe per le quali bisogna risarcire la società? La povertà diffusa in Italia e la crisi occupazionale non sono le piaghe in cui la soluzione dovrebbe essere il primo punto dell'agenda politica del Governo? E ai profughi che fuggono dai conflitti e dalle violenze, non saremmo tenuti ad accordare accoglienza e integrazione anziché reclusione forzata e lavoro gratuito? Ecco, mi sembra di vivere un inquietante mondo al contrario in questo senso.
Allora spero che anche quella parte venga rigettata, perché un conto è premiare chi ha voluto integrarsi, altro conto è dire che tutti quei migranti che hanno partecipato a dei progetti del genere nei Comuni vanno in qualche modo inseriti in un'altra discussione, che è quella dello status del migrante col permesso umanitario, che è un'altra cosa. Attenzione a non confondere il tema della richiesta di asilo politico con la trasformazione dei lavori gratuiti con lavori obbligatori, che rischia veramente di creare un'ennesima bolla che la ghetto economy ha già acquisito! Concludo. La verità, Consigliere Vignale, è che ci sono tanti che sfruttano l'immigrazione: non solo le cooperative che fanno malaffare, ma c'è un pezzo di economia legale del nostro Paese che continua a sfruttare questo tema parlando di emergenza quando strutturalmente ha sostituito masse di lavoratori pagati con masse di lavoratori in nero. Ecco, questo è uno dei temi che, a mio avviso, nel piano di Minniti deve ritrovare più forza e una dignità anche nella discussione politica.
Grazie.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola alla collega Conticelli, invito tutti al rispetto dei tempi, poiché alle ore 17 dobbiamo terminare la discussione.
Prego, Consigliera Conticelli.



CONTICELLI Nadia

Grazie, Presidente.
Credo che questa discussione sia utile e, visto che questo non è un tema che trattiamo una volta per tutte - al di là dei percorsi e, se sarà necessario, delle informative in Commissione - sarebbe bene che la vicenda venisse seguita anche dal Consiglio, quindi ringrazio il collega Grimaldi per aver chiesto oggi l'informativa.
Partiamo dai CIE, visto che ce n'eravamo occupati come Consiglio regionale. I CIE, come è stato ricordato, sono stati istituiti dal centrosinistra prendendosi la responsabilità di fare la prima legge organica che cercava di affrontare il tema dell'immigrazione. Erano stati istituiti per la stessa esigenza che oggi qui, direi, è emersa trasversalmente, cioè quella di non chiudere gli occhi, di non voltare la faccia dall'altra parte, rispetto a quelle migliaia di persone che, nel momento in cui non viene loro riconosciuta la protezione umanitaria internazionale, diventano - da un giorno all'altro - illegali su un territorio, rischiano di restare invisibili o di essere inseriti, fino a quel momento, in percorsi di integrazione sociale o anche, magari lavorativa, ma, dal giorno dopo, perdono questi diritti.
Pertanto, il tema non è se quei centri li chiamiamo CIE o in un'altra maniera, e credo che anche la proposta del Ministro vada in questo senso: il tema è quello di capire come si riaccompagnano queste persone e cosa "si fa di loro" nel momento in cui non hanno avuto il riconoscimento del diritto di asilo e protezione.
Fino ad oggi i CIE hanno funzionato in maniera altalenante e concordo (l'ha già detto l'Assessore) sul fatto che oggi si potrebbero semplificare alcuni passaggi burocratici, come l'identificazione. Infatti, per quanto riguarda il CIE di Torino, molte persone (la quasi totalità) vengono trasportate al CIE magari dopo un breve periodo di detenzione, pertanto l'identificazione potrebbe essere espletata nel momento della detenzione anche per semplificare i costi burocratici e amministrativi e per evitare a queste persone una sorta di doppia detenzione.
E' stato ricordato il problema della Spagna: è vero, la Spagna ha quasi dimezzato, anzi ha ridotto di oltre due terzi, gli ingressi, ma ha una situazione anche geografica (non è questo il momento di discuterne) ben diversa da quella dell'Italia, poiché si confronta con il Marocco, quindi con un solo Stato e peraltro in condizioni un po' diverse da quelle in cui si trova la Libia oggi.
La Spagna ha praticamente due città (Ceuta e Melilla) in terra di Marocco, che sono quelle che hanno fatto porta di ingresso. Pertanto, al di là della scelta politica, è più facile operare un controllo più militarizzato, più ferreo delle frontiere. Inoltre, come ha ricordato il collega Grimaldi, non ci possiamo nascondere che, negli ultimi anni, la guerra in Siria ha fatto scoppiare la vera emergenza, e naturalmente tra la Spagna e la Siria c'è una distanza geografica notevole, e ha rimesso in gioco in primo piano la parte orientale del Mediterraneo.
Ritengo che la strada sia quella che ha seguito il nostro Governo, cioè quella di un coinvolgimento europeo, perché non c'è nessuno Stato d'Europa che possa, da solo, approcciarsi ad un tema di questa portata, quindi costringere l'Europa non a ributtare il cerino nelle mani soprattutto di Grecia e Italia, che sono i Paesi di approdo, ma ad attivare una politica di erogazione economica ed anche di accoglienza rispetto allo sveltimento delle pratiche comunitarie.
Naturalmente, rispetto alle pratiche occorre rendersi conto che stiamo parlando di persone che spesso scendono dai barconi senza niente, pertanto bisogna fare delle verifiche anagrafiche in paesi o villaggi dove non ci si collega certamente a Internet, per cui il tempo medio arriva, purtroppo, ai due anni.
Adesso, aspettiamo di conoscere la proposta del Ministro. Come dicevo la cosa che considero positiva è quella di evitare lo sconfinamento nei fenomeni di illegalità e creare un bacino diretto tra i fenomeni di situazione illegale dal punto di vista anagrafico e situazione illegale perché, invece, si pratica l'illegalità.
Occorre porsi il problema di tutto il percorso: l'accoglienza, come inserirli nei percorsi d'integrazione lavorativa e cosa succede a queste persone quando vengono o non vengono riconosciute.
Tra l'altro, poiché ci sarà l'incontro con il Ministro - l'Assessore l'avrà già ben presente - segnalo il tema dei minori, che spesso sono ospitati in case di accoglienza, case comunità, che - però - teoricamente al compimento dei 18 anni dovrebbero essere, per la normativa, per i progetti SPRAR, in grado di cavarsela con le proprie gambe. Non so quanti dei nostri figli al compimento dei 18 anni sarebbero in grado di salutarci uscire da casa e mantenersi. E questo, purtroppo, a volte vanifica un po' i percorsi positivi di accompagnamento e formazione che si fanno su quei ragazzi nelle case comunità e che sono un investimento da parte della nostra comunità. Occorrono, pertanto, dei progetti ponte.
Considero positivo il coinvolgimento dei Comuni, che peraltro ribalta totalmente la strategia del precedente Governo, per cui gli inserimenti avvenivano all'interno delle Amministrazioni comunali direttamente con comunità o con associazioni senza il coinvolgimento dell'Amministrazione.
Questo, sì, creava problemi anche nell'accesso alla rete dei servizi.
I progetti portati avanti con il privato sociale e la comunità di riferimento, ma da parte dei Comuni, fanno sì che i richiedenti siano subito inseriti in una rete di servizi e di relazioni. Questo compensa, in qualche modo, la richiesta di attenzione e di legalità da parte della popolazione.
Non concordo del tutto con il collega Grimaldi: ritengo che l'inserimento in lavori socialmente utili sia una modalità di inserimento perché l'altro tema dell'accoglienza è che l'accoglienza non vuol dire solo dare un tetto e un pasto caldo; l'accoglienza vuol dire utilizzare questo periodo di attesa anche per la formazione. E la formazione può essere una formazione lavorativa o una formazione sociale.
L'inserimento in lavori micro, in lavori socialmente utili è stato utilizzato anche nei progetti di mediazione dei conflitti o di inserimenti sociali anche nella nostra città. Ricordo i vari progetti su Barriera (Urban, Barriera amica, ecc.), con i senzatetto e con persone che erano state espulse dal mercato del lavoro. Certo, non c'era una retribuzione era una sorta di volontariato gestito; certo, in tanti casi è andato anche a sopperire a quelli che forse prima erano posti di lavoro del pubblico però è stato sicuramente un percorso di integrazione positivo, non solo per queste persone, ma anche per le comunità che le hanno ospitate.
Ritengo che il ruolo della Regione debba proseguire nella direzione intrapresa del coinvolgimento di tutto il territorio, altrimenti lasciamo che la questione dell'accoglienza sia relativa solo alle grandi aree urbane che, di per sé, attirano tante marginalità, e quindi poniamo queste in una marginalità in più. Il coinvolgimento di tutto il territorio regionale porta, come è già successo in alcuni casi, anche alla sperimentazione di buone pratiche, che coinvolgono la popolazione e che in tanti casi ci fanno riscoprire che quelle che possono sembrare delle criticità o delle marginalità possono diventare anche delle potenzialità o delle opportunità.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Gancia.



GANCIA Gianna

Grazie, Presidente.
E' difficile liquidare nei pochi minuti che abbiamo a disposizione in Consiglio un argomento così complesso. Molto è stato detto: concordo soprattutto con tante situazioni prospettate da chi ha parlato prima di me.
Mi piacerebbe fare, però, un'analisi, perché ritengo sia sempre importante, anche di quello che è avvenuto in passato e dire che oggi c'è un dato finalmente positivo. Noi siamo stati la prima forza politica a denunciare (parlo di 24 anni fa, ahimè, anche di più) che l'immigrazione così gestita sarebbe stata sicuramente un problema.
E' facile esercizio, per chi di voi ne avesse voglia, prendere delle pagine dei quotidiani di oggi e vedere come siano cambiati i titoli sempre le stesse persone, i soliti saloni delle informazioni - o come siano cambiati i fondi dei cosiddetti opinionisti o opinion leader e come finalmente quasi tutti anche oggi in questo bel consesso abbiamo capito che il problema dell'immigrazione così affrontato è un problema serio, cosa che fino a pochissimi anni fa (e parlo di tre-quattro anni fa) veniva negata.
Possiamo dire, cari colleghi soprattutto, per quel che esiste di sinistra, che finalmente, dopo aver mangiato cento fette, avete capito che si tratta di polenta. E questa direi che è abbastanza una bella notizia.
E' ovvio che non è possibile gestire così l'immigrazione. Non accettiamo, cosa che ha fatto in parte il collega Grimaldi, nessuna accusa di xenofobia o di razzismo, perché è questo tipo di immigrazione che crea disuguaglianza e, di conseguenza, razzismo tra poveri. E' una situazione veramente incresciosa che vediamo essere anche pericolosa, soprattutto nelle periferie e non solo di tutte le città. Ma poiché noi questa analisi che state facendo, e per fortuna ci stiamo arrivando tutti, l'abbiamo già fatta da parecchio tempo e vorremmo arrivare da una filiera di pura protesta ad una filiera di proposta, non mi trovo d'accordo con le parole di chi dice che i Sindaci hanno un qualche potere. I Prefetti hanno il potere e i Prefetti hanno gestito, su indicazione dei Ministri dell'Interno, l'immigrazione. Non è mai corretto, Assessora Cerutti parlare di solidarietà, perché io le garantisco che, nel momento in cui venissero tolti i fondi (cioè i soldi, gli sghei, i dané) che, come ha detto correttamente il collega Vignale, sono soldi di noi contribuenti vorrei vedere dove arriverebbe la solidarietà della Chiesa, delle cooperative rosse e dello stesso Papa Francesco.
Abbiamo i CIE che propongono delle situazioni gravissime. Un esempio: a Moncalieri sono ospitate anche persone che si sono rifiutate di dare le generalità, è ospitato anche un turco. Inoltre, non vedo molti siriani presenti in Italia.
Ribadisco una cosa: la posizione della Lega, della quale mi onoro di fare parte, non è una posizione di chiusura al mondo. Le richieste di asilo politico sono una situazione e sempre, anche oggi con la firma del documento sull'Iran, abbiamo prestato il nostro aiuto. Qui però parliamo di profughi che arrivano dalla Nigeria, che è un Paese con un PIL del tre per cento, ricco di petrolio e di materie prime.
Quindi, è impensabile continuare in questo modo. Ci vuole un braccio di ferro con l'Europa e mi pare che questo Governo onestamente stia cambiando un po' l'atteggiamento rispetto al Governo di prima. Le chiediamo Assessora Cerutti, visto che sarà lei a rappresentare la nostra voce, di ricordare domani che la Città del Sole e dei campanelli purtroppo resta ancora un'utopia. Noi abbiamo a che fare con i nostri italiani e ribadisco, in questo modo creiamo ed alimentiamo semplicemente odio e xenofobia con queste scellerate politiche di immigrazione fatte solo per fare lucrare a qualcuno: cooperative, cooperative legate alla Chiesa.
Addirittura adesso lo Stato, anziché fare impresa - e lei, Presidente Chiamparino, sa bene, e su questo mi trova d'accordo, che l'obiettivo primo di questa Giunta dovrebbe essere quello di creare lavoro - anziché creare una cultura di impresa, fa sì che si speculi sulla pelle di questa povera gente. Quindi, si danno i soldi per un'ospitalità fine a sé stessa ed assolutamente inutile.
Qui non c'entra l'umanitarismo, non c'entra la pietas, non c'entra la cristianità. Vorrei ricordare una figura a me cara, che è Madre Teresa di Calcutta. Voi l'avete mai sentita dire "andate in Europa?" o "uscite dall'India."? Poniamoci questa domanda.
Fuori di qui c'è un profondo disagio e, lo ribadisco e so di ripetermi sarà sulle nostre coscienze la guerra civile che potrebbe scatenarsi tra i nuovi poveri - quelli che non hanno più lavoro, quelli che un tempo erano la media borghesia, quelli che in America hanno votato Trump - e i nuovi poveri che stanno arrivando, che sono desiderosi di un futuro.
Gestire in questo modo, con politiche così scellerate un dramma umanitario, credo che sia da irresponsabili e che sia assolutamente una situazione da fermare al più presto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Andrissi; ne ha facoltà.



ANDRISSI Gianpaolo

Grazie, Presidente.
Poco prima di Natale ho partecipato ad una manifestazione in piazza Castello insieme ai "Non violenti" torinesi, nella quale il motto era che prima si vendono le armi e poi si creano i profughi e anche i problemi sociali conseguenti.
Purtroppo il dato dell'osservatorio Milex sulla vendita di armi del 2016 ha visto un aumento del 168 per cento delle esportazioni di armi da parte dello Stato italiano. Quindi, anche l'Italia ha partecipato a quella che diceva il Consigliere Grimaldi, cioè una destabilizzazione del Nord Africa, del Medio Oriente, ma parlerei anche dell'Est Europa. Però questo tratto che ha caratterizzato gli ultimi anni, che il Papa chiama "Terza guerra mondiale a pezzi", di fatto l'abbiamo visto iniziare dalla caduta del muro di Berlino, dalla quale vi è stato un susseguirsi di guerre che ci ha portato fino ad oggi. Lo vediamo rappresentato nella dottrina militare che la NATO ha imposto alla piccola Italia che gioca a fare il "gendarmino" del mondo, tra l'altro con tantissime missioni internazionali più o meno caratterizzate dalla presenza di guerre e cose affini.
Quindi, è una situazione veramente di grande difficoltà, perché questa dottrina militare è una dottrina accettata dai Paesi occidentali ed è una dottrina di grande aggressività. E lo vediamo in Piemonte con la scelta di produrre F35, con un piano che fino al 2020 impegnerà 13 miliardi di euro.
Sono 13 miliardi di euro per produrre aeroplani che avranno l'abilitazione a portare bombe nucleari, sebbene il 23 dicembre sia stata approvata dall'ONU - e tra l'altro anche il Governo italiano con una giravolta l'ha approvata - una risoluzione che mette al bando (un bando internazionale) le armi nucleari.
Però noi stiamo continuando a produrre aeroplani bombardieri - e sottolineo che sono bombardieri, quindi non armi difensive ma offensive che saranno abilitate al trasporto di armi nucleari. Considerando che l'Italia non è una nazione nucleare, perché dopo il referendum del 2011 non abbiamo neanche il nucleare civile, mi chiedo se sia necessario spendere una cifra così importante per un aereo che, se non in fase aggressiva potrà servire alla nostra nazione e non alla difesa. C'è da considerare anche che l'Italia non dovrebbe accettare la guerra come risoluzione dei conflitti.
Queste cose le possiamo anche riscontrare nel piano industriale di Finmeccanica. La stessa Finmeccanica che quest'anno dovrà fermare la produzione a Caselle per sei mesi, perché non abbiamo progetti che vadano oltre quello che è l'Eurofighter. Finmeccanica nel suo piano industriale che peraltro abbiamo letto - prevedeva due progetti di "aeronautica civile" (questo per descrivere il quadro internazionale in cui siamo inseriti). Di questi due progetti, uno lo ha praticamente abbandonato circa un mese fa vendendo quasi tutte le proprie quotazioni nella joint venture che aveva con la Sukhoi, azienda aeronautica russa, sebbene i russi avessero investito un miliardo di fondi per realizzare questo superjet da 120 posti! L'altro progetto riportato nel piano industriale di Finmeccanica, gestita dall'ex sindacalista Moretti, prevedeva la realizzazione di un aereo (anche in questo caso da 100 posti) con ATR, vendendo le quote di MBDA (MBDA produce bombe e missili, e ci sono molti ordinativi). Anche questo progetto è stato, tra virgolette, abbandonato.
Questa è la situazione: una situazione che crea, purtroppo, guerre e attriti a livello internazionale e noi "giochiamo" a una crescita economica basata anche sulla vendita di armi. Lo ha fatto il Governo Renzi e vedremo adesso, con il nuovo Governo, cosa farà Gentiloni come Ministro competente su questi settori internazionali.
Vi è, però, un dato di fatto, oggettivo: il Governo Renzi ha giocato sulla vendita di armi e il loro aumento non gli ha portato bene dal punto di vista macroeconomico, dal momento che il PIL italiano non ha ottenuto quel successo che probabilmente Renzi sperava di ricevere! E ci troviamo a gestire un aumento di profughi, sebbene, come dicevano i colleghi, sia stata bloccata la rotta dei Balcani in vari modi (alcuni decisamente discutibili).
Vorrei riportare l'esperienza diretta del mio Comune, la cui Amministrazione ha decisamente subito l'assegnazione di profughi, come credo sia accaduto in moltissimi Comuni del Piemonte, perché i progetti prefettizi sono praticamente imposti. Tutto ciò ha generato, a mio avviso una situazione di allarme, fomentando situazioni di razzismo e di non accettazione di persone che, ahimè, vivono un momento di grande difficoltà.
Mi sono quindi adoperato in tal senso - come penso abbiano fatto altri colleghi - per cercare di ridurre questa tensione sociale che si era creata in paese, cercando di attivare corsi di lingua italiana e cercando di offrire delle possibilità lavorative attraverso l'Associazione Bionovara (associazione che, tra l'altro, ha offerto possibilità lavorativa a due ragazzi richiedenti asilo).
Effettivamente, l'emergenza più grossa è quella lavorativa, perché il vedere delle persone pagate nelle loro attività quotidiane che non svolgono alcuna attività, genera, in un cittadino italiano, un senso di rabbia e di rancore tale da considerare queste persone quasi più tutelate degli italiani.
Sicuramente, creare possibilità lavorative è importante. Può essere una soluzione il lavoro socialmente utile: bisogna vedere se, effettivamente si riesce in questo modo a creare una maggiore integrazione di queste persone, magari anche attraverso l'insegnamento della lingua italiana.
Effettivamente il piano ANCI - quindi un maggior riparto dei richiedenti asilo - può rappresentare una soluzione importante, e per i Comuni maggiormente accoglienti una maggiore distribuzione di queste persone potrebbe contribuire a ridurre le tensioni sociali.
Detto questo, non credo che i CIE, così come le carceri italiane (abbiamo visto, purtroppo, la vicenda del terrorista jihadista ucciso a Sesto San Giovanni) siano la soluzione per queste persone. Visto il loro rancore personale, il carcere, piuttosto che il CIE, potrebbe contribuire com'è stato riconosciuto anche sui mass media - alla diffusione di situazioni estreme, che potrebbero anche sfociare nell'attivazione di cellule terroristiche. Non credo, quindi, che sia quella la strada da percorrere. Piuttosto, un piano ANCI di maggior - e più equilibrata distribuzione, perlomeno nelle fasi di riconoscimento dello status di profugo o di rifugiato o, in generale, di riconoscimento della tutela e protezione internazionale, attivando subito corsi di lingua italiana e attivando, altresì, dei percorsi di inserimento per queste persone.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Presidente della Regione, Sergio Chiamparino ne ha facoltà.



CHIAMPARINO Sergio, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Intervengo molto rapidamente, perché il tema riveste un'importanza tale da richiedere una considerazione non conclusiva. La discussione che c'è stata è anche in funzione delle prossime volte che dovremo ritornare sul tema.
Non intendo rubare all'Aula molto tempo, quindi esordisco subito dicendo che, al contrario del Consigliere Benvenuto, di cui rispetto le opinioni, penso di essere assolutamente nel giusto nell'aver preso una posizione radicalmente diversa da quella dei colleghi di altre Regioni prima di tutto sul piano culturale - e direi anche etico - del messaggio che viene mandato.
Sono onorato di essere il Presidente di una Regione in cui c'è un giovane senegalese disperso, purtroppo, nell'albergo distrutto dalla valanga provocata probabilmente dal terremoto, che era un richiedente asilo che da poco aveva ottenuto il permesso di soggiorno.
Sono onorato di essere il Presidente di una Regione in cui un gruppo di senegalesi o di altri richiedenti asilo opportunamente addestrati sono andati ad aiutare le popolazioni colpite dal terremoto.
Sono onorato di essere il Presidente di una Regione in cui ci sono Comuni, come Ormea, come Chiesanuova e tanti altri, che - ho avuto modo di appurarlo personalmente - in occasione di un evento drammatico come quello dell'alluvione (che poteva essere ancora più drammatico!), hanno visto queste persone in prima fila, insieme ai residenti, dare una mano a pulire le strade, le case e le officine che erano state invase, e a cercare di rimediare ai disastri che erano stati provocati.
Prima ancora di essere una questione politica e di legge - lo ripeto è una questione etica e di messaggio etico che chi ha responsabilità pubbliche deve dare: ognuno sceglie da che parte stare. Io sto dalla loro parte.
In secondo luogo, a me sembra che il Ministro Minniti si stia muovendo con dinamismo, intanto proprio sul piano internazionale della definizione di intese con i Paesi da cui proviene e/o transita, diciamo così, la maggior parte dei migranti, che, non vi è dubbio - su questo conveniamo tutti - è la strada maestra per costruire dei corridoi umanitari controllati e gestiti. Non vi è dubbio su questo.
Mi pare che l'aver ripreso in mano l'iniziativa diplomatica con un'intensità evidente fa ben presagire per il futuro. Vedremo domani quale sarà il piano presentato: non intendo commentare i titoli di giornali, dico solo che mi sembra, da quello che ho potuto leggere e approfondire, un piano un po' più articolato rispetto al precedente, che faceva presagire il modo in cui era stato presentato quando si era detto: "Un CIE per ogni Regione".
Intanto mi sembra un piano che ha un contesto internazionale in cui ci si sta muovendo; poi ha un programma di interventi che non si riduce certo alla costruzione di CIE così come sono stati conosciuti e come sono diventati nella pratica (ma ritornerò sul tema, dato che ho vissuto anche la fase delle origini, per cui credo di poter fare due considerazioni anche su questo).
Soprattutto, come tutti conveniamo e come il sistema dei Comuni e l'ANCI dicono da tempo, bisogna giustamente puntare - come noi stiamo cercando di fare - per un'accoglienza il più possibile diffusa sul territorio.
Adesso il Consigliere Grimaldi non c'è - non lo vedo -, ma diciamo che sarei d'accordo con lui se le cose fossero come lui dice; ma dato che non è credo - come lui dice, non sono d'accordo con lui.
E' chiaro che non si può usare il lavoro dei migranti, dei richiedenti asilo o di coloro che sono in attesa per sostituire altre attività lavorative definite, di qualunque tipo esse siano. Ma a nessuno sfugge tutti voi, quasi tutti voi, avete avuto esperienza o di Sindaco o di amministratore e lo sapete - l'ammontare dei lavori che sarebbero utili e necessari (e che non si fanno perché non è possibile farli) per rendere le nostre comunità in tanti aspetti più accoglienti, più belle, più vivibili.
Io credo quindi che vi sia uno spazio enorme per attività lavorative che compensino il sostegno che lo Stato giustamente dà ai migranti, senza che queste siano sostitutive ma in modo che, anzi, siano accessorie e integrative a quelle attività di comunità che tutti noi sentiamo il bisogno di accrescere e di sviluppare di più.
D'altra parte, basta guardare il nostro Piemonte, dove ci sono prove di Comuni - tanto per essere chiaro, amministrati dal centrosinistra e dal centrodestra; posso fare degli esempi, all'inizio della Valsesia (non mi riferisco a Varallo): ho parlato di Chiesanuova e di Ormea, ma ne possiamo citare molti altri amministrati, ripeto, dal centrosinistra e dal centrodestra - dove i migranti fanno attività che sono integrative e che hanno contribuito significativamente a far "riconoscere" - parafrasando il titolo di un saggio scritto da un sociologo torinese che certamente il Consigliere Grimaldi conosce (Marco Revelli) - il "diverso". E questo del lavoro integrativo è un modo per il "riconoscimento del diverso" secondo me molto importante per le nostre comunità.
Visto che stamattina il Consigliere Grimaldi - lo posso svelare - mi ha fatto un regalo e mi ha donato il Manifesto del Partito comunista in tutte le traduzioni, dall'italiano fino al fiammingo.
GRIMALDI Marco (fuori microfono) Per sua cultura generale.



CHIAMPARINO Sergio, Presidente della Giunta regionale

Visto che mi ha fatto questo dono per mia cultura generale, posso dire che non vogliamo ricostituire "l'esercito industriale di riserva", di cui si parla, appunto, nei testi sacri a cui tu mi hai richiamato questa mattina.
Terza e ultima cosa che voglio dire è questa e nel merito Grimaldi ha ragione: se noi confrontiamo le cifre, in Italia i numeri sono piccoli rispetto a qualunque altro Paese europeo; è inutile che stiamo lì: li possiamo girare da sotto o da sopra, ma sono piccoli.
E' vero, il CIE è stata un'esperienza nata da una legge del centrosinistra (la Turco-Napolitano). Ma attenzione, si era nella legislatura '96-2001, cioè venti e più anni fa, in cui io mi onoro di aver fatto parte alla Camera dei Deputati. Era, quello di vent'anni fa, un periodo in cui i flussi migratori avevano modalità e intensità diverse da quelli di oggi. Io lo dico per allora, ma vale anche oggi: uno strumento di difesa che serva per verificare, controllare ed eventualmente espellere chi approfitta o comunque è coinvolto nei flussi migratori e si è macchiato di reati, o non è desiderabile perché magari ha delle chiare appartenenze criminali nel suo Paese d'origine, è sempre necessario.
Il problema, oggi, è un altro: è che il CIE, così com'era, oggi non è più adatto per una ragione, cioè che i numeri dei flussi di migranti sono molto più grandi. E tra l'altro, da questo punto di vista, l'aver introdotto il reato di clandestinità, che andrebbe abolito, ha ulteriormente complicato le cose perché ha reso più lenti tutti i procedimenti della giustizia penale. Diciamo che si è cercato di supplire a quello che i CIE non riuscivano e non potevano più fare, peggiorando la situazione con il reato di clandestinità. In realtà, quindi bisogna riprendere tutta la materia dall'origine.
Come? Io qui mi fermo, perché la tentazione di addentrarmi su tematiche di tipo geopolitico sarebbe forte: basterebbe che l'Europa pensasse un attimo a cosa potrebbe essere fra dieci anni senza immigrazione; ma lascio questo argomento subito da parte perché mi porterebbe a perdere tempo e probabilmente ad affrontare temi di cui non ho neanche la competenze.
Quello che però mi sento di dire qui concludendo è che oggi ciò che bisogna fare è rivedere radicalmente tempi e criteri per l'accoglienza e per la definizione del diritto ad essere protetti e tutelati.
I tempi sono ovvi: è chiaro che se ci vuole un anno e mezzo per decidere se una persona ha diritto o meno, quelli sono tempi incompatibili con la possibilità, anche, di respingere eventualmente chi venisse fuori non aver diritto di restare perché, per esempio, è affiliato a gruppi o reti criminali del Paese di origine. Ma i criteri diventano fondamentali: oggi, infatti, c'è qualcuno che mi sa spiegare come si fa a definire - e beata la Consigliera Gancia che è così sicura di poterlo fare - dove sta il confine fra la condizione di un migrante che sfugge alla guerra e a Paesi che non riconoscono i diritti umani e quella di un migrante che sfugge a Paesi dove c'è la fame e dove c'è la prospettiva di quella fame? Il criterio è evidentemente ormai troppo stretto per poter essere definito solo sulla base del mancato rispetto dei diritti umani: bisogna in qualche modo rivedere ed allargare il concetto di diritto umano, ivi comprendendo anche quello ad avere una vita economicamente e socialmente dignitosa.
E allora questo potrebbe sì, a quel punto, ridurre effettivamente a situazioni marginali coloro che non ricadono in questi criteri e quindi non possono essere accolti e dunque devono trovare delle strutture per essere nel rispetto dei diritti delle persone e attraverso gli accordi di rimpatrio, rimandati al loro Paese d'origine.
Spero di essere riuscito a dare l'idea di un salto di qualità che bisogna fare, e naturalmente è un salto di qualità che dovrebbe essere fatto dall'Europa. Anche chi, da questo punto di vista, critica l'uso eccessivo del sistema del cosiddetto terzo settore, dice una cosa vera: in Italia, oggi, probabilmente non potremmo fare altrimenti, ma in un Paese ideale un sistema di questo genere dovrebbe essere gestito da personale assunto dall'Unione Europea, con le divise dell'UE, che parli le lingue fondamentali dell'UE e che sia in grado di completare i corridoi umanitari dai luoghi di accoglienza fino ai Paesi dove queste persone vogliono andare e possono andare. Questo è il sistema che bisognerebbe mettere in piedi.
A me sembra - però lo vedremo meglio domani - che l'intenzione e le linee su cui si vogliono muovere il Ministro Minniti e il Governo facciano pensare che qualcosa in questo senso si possa muovere.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 984 presentato dai Consiglieri Rostagno Ferrentino, Appiano e Accossato, inerente a "Tutela dei lavoratori coinvolti nella procedura fallimentare della PMT di Pinerolo"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame dell'ordine del giorno n. 984, di cui al punto 39) all'o.d.g.
E' vero che sono passate le 17, ma c'era l'accordo di votare questo documento perché l'Assessora Pentenero giovedì avrà un incontro in merito.
La parola al Consigliere Rostagno per l'illustrazione.



ROSTAGNO Elvio

Sarà un'illustrazione brevissima. La premessa è tutta inserita nell'ordine del giorno.
Essendo stata definita e approvata una procedura di concordato preventivo che non si è conclusa nei giorni scorsi con l'emissione di un piano concordatario, che riguarda un'azienda di 185 dipendenti, tale situazione porterà l'azienda al fallimento.
Nel frattempo il commissario, poiché vi erano interlocuzioni per possibili acquirenti, aveva attivato un bando che scade a fine gennaio. Il problema è che la normativa vigente sul piano nazionale non consente ammortizzatori fra la chiusura dell'azienda e l'eventuale riapertura.
L'eventuale riapertura ha bisogno di qualche mese.
L'ordine del giorno impegna la Giunta e, nello specifico. l'Assessore Pentenero a trovare delle misure alternative che consentano per un periodo di dare un piccolo stipendio a coloro che non saranno impegnati nella continuità aziendale (circa 40). Ovviamente non è scritto, ma dobbiamo impegnarci, per le varie forze politiche che siamo, a sollecitare perch sul piano nazionale si corregga l'apparato normativo per questa fattispecie che, in questo caso, riguarda questa azienda, ma non è da escludersi che riguardi altre aziende.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vignale.



VIGNALE Gian Luca

L'aspetto è un po' anomalo ma, come accade spesso, è che viene indicato.
Noi lo condividiamo, è un tema su cui volevamo presentare una mozione ma vorremo capire qual è l'operato della Giunta regionale o dell'Assessora Pentenero o dell'Assessora De Santis. E' giusto che il Consiglio lo solleciti, ma visto che si tratta di una cosa recente, ma non di ieri vorremo capire se da questo punto di vista la Giunta regionale si è mossa per fare ciò che le compete.



PRESIDENTE

Non è presente l'Assessore Pentenero, quindi non può rispondere.
Se non vi sono richieste di intervento, indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 934, il cui testo verrà allegato al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio approva.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17.07)



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