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Dettaglio seduta n.141 del 04/04/16 - Legislatura n. X - Sedute dal 25 maggio 2014 al 25 maggio 2019

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



(La seduta ha inizio alle ore 10.15)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento: Montagna

EUSALP: la strategia macroregionale come opportunità irripetibile di sviluppo e coesione nell'ambito dell'area alpina


PRESIDENTE

Questo Consiglio è convocato in assemblea aperta ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento interno per la trattazione del tema "EUSALP: la strategia macroregionale come opportunità irripetibile di sviluppo e coesione nell'ambito dell'area alpina", così come richiesto dal Presidente Gariglio.
Nel porgere i saluti a tutti i presenti, esprimo i miei più sentiti ringraziamenti a quanti, con i loro interventi e i loro contributi sapranno offrire a quest'Assemblea spunti di riflessione e di lavoro imprescindibili.
Fin dal suo esordio, questo Consiglio regionale è stato sostenitore della partecipazione del Piemonte all'iniziativa per una strategia macroregionale alpina.
A questo proposito, mi piace ricordare la seduta consiliare del 28 giugno 2012, che fu dedicata interamente al tema di cui anche oggi si tratta e che ha condotto all'approvazione unanime di due atti di indirizzo in cui si invitavano le autorità regionali alpine ad impegnare gli Stati coinvolti ad investire il Consiglio europeo delle iniziative per una strategia macroregionale. Con i due atti di indirizzo, si impegnava soprattutto la Giunta e il suo Presidente a sostenere le iniziative in tutti gli ambiti in cui la Regione Piemonte fosse rappresentata o fosse presente, anche con il coinvolgimento diretto e fattivo delle Amministrazioni locali interessate.
Ricordo che oggi la Regione Piemonte partecipa attivamente ai lavori di EUSALP sia nell'ambito del gruppo di lavoro della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, rivestendo il ruolo di vice coordinatore, sia nell'ambito degli action group tematici.
Tale strategia rientra, inoltre, tra le iniziative europee di interesse regionale, di cui Consiglio e Giunta seguono con convinta attenzione il percorso. Attenzione che è stata ribadita anche nel corso dell'analisi del programma di lavoro della Commissione europea per l'anno 2016, la quale si sta svolgendo proprio in queste settimane presso la Commissione consiliare competente.
Com'evidenziato anche nel documento anche nel Documento di programmazione economica finanziaria regionale 2015-2017, per il Piemonte appare fondamentale la collocazione nell'ambito della strategia europea per la Regione Alpina, che interessa un bacino economico e culturale di circa 80 milioni di persone appartenenti a 48 Regioni di sette diversi Stati cinque dei quali membri dell'Unione Europea.
In Italia, com'è noto, sono incluse nelle Macroregioni Alpine, oltre al Piemonte, le due Province Autonome di Trento e Bolzano e le Regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Valle d'Aosta e Liguria.
I Presidenti dei Consigli regionali e provinciali interessati hanno dimostrato un grande apprezzamento nei confronti dell'iniziativa odierna e hanno assicurato la loro attenzione ai lavori che il Consiglio regionale del Piemonte sta curando sul tema EUSALP.
Il tema EUSALP, com'è noto, è una strategia macroregionale, vale a dire, secondo una definizione non mia, ma ampiamente condivisa, un quadro integrato approvato dal Consiglio europeo, che può essere sostenuto con finanziamenti derivanti da fondi strutturali e da investimenti europei per affrontare le sfide comuni che caratterizzano una zona geografica ben definita, così da beneficiare di una cooperazione rafforzata che contribuisca al raggiungimento della coesione economica, sociale territoriale.
Nella certezza di esprimere un giudizio comune con il Presidente della Giunta regionale, che ringrazio per la sua presenza, confermo che la Regione Piemonte condivide con la massima attenzione le linee guida della strategia che poggia i propri fondamenti su tre pilastri generali: migliorare la competitività, la prosperità e la coesione della Regione Alpina; assicurare l'accessibilità ai collegamenti a tutti gli abitanti della Regione Alpina; rendere la Regione Alpina sostenibile e attraente dal punto di vista ambientale.
EUSALP rappresenta inoltre una modalità che offre ai suoi partner gli strumenti per affrontare e risolvere problemi quali le disparità economico sociali e le disparità territoriali che sussistono tra Regioni Alpine, al fine di continuare a rendere la Macroregione Alpina sempre più competitiva e attraente per gli investimenti.
Questa giornata di incontro vuole rappresentare un'occasione per riflettere sulle opportunità e le sfide proposte dalla strategia, ma anche per individuare obiettivi comuni alle Regioni Alpine che possono essere raggiunti solo attraverso una fattiva collaborazione transnazionale.
Comunico ai colleghi che oggi non possono essere presentati atti di indirizzo, ma in una sintesi dei lavori di oggi, se portano a conclusioni che potrebbero essere tradotte in qualche atto di indirizzo, sarà eventualmente il prossimo Consiglio a promuoverli e ad approvarli.
Invito i colleghi e gli ospiti che vogliono intervenire a stare nei cinque-sei minuti di tempo, per dare la possibilità a tutti di esprimersi.
Do la parola al Presidente Rostagno, a nome del Gruppo del Partito Democratico che ha fatto la richiesta del Consiglio aperto.
Prego, Consigliere Rostagno.



ROSTAGNO Elvio

Grazie, Presidente.
Intanto buongiorno a tutti, non solo ai nostri costanti colleghi, ma a tutti gli intervenuti in rappresentanza di enti e organizzazioni.
Noi abbiamo richiesto, ovviamente con l'unanimità dei Capigruppo questo Consiglio regionale aperto perché riteniamo di vitale importanza questa iniziativa europea e ci fa veramente piacere il fatto che oggi sia qui con noi l'onorevole Bresso, che l'ha promossa fin dall'inizio, anche in fase regionale.
Non sto ad approfondire nulla rispetto alla macrostrategia, in quanto alcune linee sono state già illustrate dal nostro Presidente. Vorrei solo dire che, quando parliamo di Europa, normalmente ci vengono in mente gli aspetti economici e si evocano i vincoli di spesa, però ci sono altri aspetti di rilevante importanza: l'essere popolo e l'elemento della solidarietà.
Ebbene, la Regione Alpina è composta da territori con trend demografici, sociali ed economici diversi e da un'ampia diversità culturale e linguistica. Io credo che bisogna fare di questa diversità un valore: dobbiamo ricucire delle aree che sono state separate dalla storia politica ma che sotto il profilo culturale invece avevano delle comunanze, e stiamo parlando soprattutto dell'area alpina.
E' ovvio che noi abbiamo di fronte alcune grandi sfide, quali la globalizzazione economica, che richiede che il territorio si distingua per competitività e innovazione sviluppando la società della conoscenza e dell'informazione. Ci sono poi i trend demografici, che sono caratterizzati in particolare dagli effetti combinati dell'invecchiamento della popolazione e dei nuovi modelli di migrazione. Il Piemonte, sotto quest'aspetto, deve fare una seria riflessione. Inoltre, sono ormai anni che parliamo dei cambiamenti climatici e dei loro imprevedibili effetti che hanno conseguenze sulla biodiversità e sulle condizioni di vita di tutti noi.
Noi abbiamo depositato nei giorni scorsi anche un ordine del giorno su questo tema. E' un ordine del giorno che, ovviamente, deve essere aperto all'arricchimento degli altri Gruppi consiliari, e mi auguro che il dibattito di oggi ci aiuti a costruire un ordine del giorno che sia non solo condiviso, ma ricco di spunti ed impegni per tutti noi. Ritengo quindi che il nostro deposito vada ritenuto come un atto di mero servizio.
Noi, però, dobbiamo partire dal presupposto che, su questo aspetto, il Piemonte debba essere assolutamente operativo, semplicemente attraverso quattro operazioni.
La prima è che il Piemonte sia coinvolto nei nove tavoli di approfondimento delle azioni, e può essere un coinvolgimento rappresentato da figure provenienti da organizzazioni categoriali o rappresentative degli Enti locali.
La seconda: crediamo sia opportuno elaborare, con l'apporto ovviamente - della Giunta, ma con il coinvolgimento della Commissione e delle organizzazioni categoriali e rappresentative degli Enti locali, un piano operativo che definisca le varie priorità d'azione.
La terza: è importante promuovere iniziative culturali e di divulgazione, in modo che questa macrostrategia non sia un provvedimento o un'azione che rimane in seno agli Enti propositori, ma sia vissuta dalla gente e dal mondo dell'imprenditoria.
La quarta: attribuire a uno dei tavoli di coordinamento delle politiche transfrontaliere in seno alla Regione il ruolo di monitorare, animare e sollecitare un'azione efficace, che coinvolga tutte le rappresentanze e definisca i tempi del processo.
Solo in questo modo, a mio avviso, riusciremo a sfruttare al massimo questa irripetibile occasione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Rostagno.
La parola all'onorevole Mercedes Bresso.



BRESSO Mercedes, Europarlamentare

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, un saluto al Presidente, ai Consiglieri e a tutti gli invitati. Mi fa sempre piacere essere in questa sede, dove ho passato quasi vent'anni della mia vita.
Com'è stato ricordato, sono stata all'origine - in quel caso, in quanto Presidente del Comitato delle Regioni - della nascita dell'iniziativa di EUSALP e oggi, come parlamentare europeo, sono relatrice per la Commissione Affari regionali, insieme, peraltro, alla collega Briano, che è relatrice per parere, nella Commissione Ambiente.
E' per noi di grande interesse, venendo da regioni alpine - in questo caso, da un Collegio alpino - poter discutere in questa sede di questa strategia, che è la prima che non riguarda zone d'acqua. Le strategie macroregionali (questa è la quarta strategia europea) finora hanno riguardato zone divise a lungo da cortine di ferro, come la zona baltica la zona danubiana e la zona adriatico-ionica.
Questa è la prima che riguarda, invece, un'area diversa, che certamente ha conosciuto frontiere complesse, che nel passato hanno prodotto guerre anche sanguinose, ma ha anche coinvolto Stati transalpini, secondo una tradizione di cooperazione e collaborazione molto intensa.
Pertanto, è una strategia diversa. Diversa, perché riguarda le terre alte. Le frontiere di montagna non sono frontiere semplici come quelle delle zone di pianura o marine: sono frontiere complesse e difficili da attraversare ed hanno, nel tempo, rappresentato una sfida per tutte le popolazioni alpine.
Come dicevo, le strategie macroregionali sono nate soprattutto da iniziative intergovernative: non nascono dal sistema istituzionale europeo ma da iniziative intergovernative. Sono state rese possibili dall'inserimento, nel Trattato di Lisbona, di un nuovo obiettivo: quello della coesione territoriale, che si affianca alla coesione socio-economica pertanto ritengo che dovrebbero essere integrate più profondamente nel metodo comunitario, valorizzando lo straordinario potenziale di programmazione territoriale strategica bottom up.
Finora, tutti gli esercizi di programmazione territoriale europea sono stati top down e molto astratti. Questi sono i primi momenti in cui, da territori che hanno una storia ed anche un futuro comune, nascono delle strategie bottom up. Pertanto, sarebbe necessario (e lo dirò nel mio rapporto) un maggiore coinvolgimento della Commissione Europea, non solo come incaricata di predisporre, ma come iniziatrice delle strategie, ma anche un maggiore coinvolgimento formale, non solo su base volontaria, del Parlamento europeo nel suo ruolo di colegislatore.
Penso, infatti, che questo tipo di strategie si svilupperà ancora: ci sono molte iniziative in corso e, affinché possano svilupparsi pienamente all'interno della logica europea e della programmazione europea, occorre che ci sia un maggiore empowerment da parte delle Istituzioni democraticamente elette, dell'Unione Europea.
Tuttavia, credo anche che questo contesto legislativo si dovrebbe meglio articolare in base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità perché il sistema della governance attuale è molto centrato sugli Stati.
Io penso sia giusto che gli Stati siano coinvolti nella fase iniziale quando si lancia la strategia e, quindi, quando occorre una presa di coscienza, da parte degli Stati, dell'importanza di quei territori e di far cooperare quei territori. Ma, successivamente, dopo l'impulso iniziale e il coordinamento iniziale, e anche - naturalmente - mantenendo i propri compiti di controllo e sostegno, si dovrebbe lasciare, nella logica della governance multilivello, la governance dei progetti, la loro realizzazione e gli investimenti agli Enti regionali e locali, che devono essere i veri protagonisti dal basso di queste strategie territoriali di sviluppo.
Ed è per questo che considero molto importante che, al di là degli aspetti pratici (la Giunta regionale già lavora all'interno dell'Istituzione che è nata dalla strategia EUSALP), il Consiglio regionale, politicamente, se ne impadronisca. Occorre avere presente che sta al Consiglio, insieme agli altri Consigli regionali, e sono molti (sono 48 le Regioni che fanno parte della strategia macroregionale alpina), il compito di lavorare e considerarlo cosa propria e non cosa dei Governi perché è difficile che le Alpi siano viste, dai Governi che sono - in questo caso - a Parigi, a Roma, a Vienna e a Berlino, come qualcosa di strategico e di essenziale. Certo, nel momento in cui le strategie partono è così, ma poi è molto forte la tendenza a dimenticarsene e a considerarla una cosa fatta, di cui non occuparsi più.
Come dicevo, e come è già stato ricordato sia dal Presidente Laus sia dal Consigliere Rostagno, questa area comprende cinque Stati membri dell'Unione Europea e due Stati non appartenenti all'Unione Europea.
Pertanto, sette Stati, 48 regioni e quasi 80 milioni di persone.
E' certamente un'area che ha una grandissima attrattività umana naturale, economica ed anche culturale, con una storia segnata da divisioni e guerre, ma anche da nascite e dalla crescita di realtà statuali a cavallo dei confini alpini. Soprattutto la pianura e l'area montana della zona alpina sono parte di un sistema naturale e umano non scindibile, la cui interdipendenza ha segnato tutta la storia di questa regione.
Ritengo che questo sia un punto molto importante, perché spesso si parla della zona di montagna o della zona di pianura. Invece, lo sviluppo economico delle aree di pianura è stato possibile grazie alle risorse idriche, geologiche e umane delle terre alte. Contemporaneamente, il florido sviluppo dell'industria turistica nelle zone alpine, che ne fa la zona montana più sviluppata d'Europa e, forse, del mondo, è stato possibile grazie alle grandi aree di pianura e alle grandi aree metropolitane delle pianure perialpine.
Tuttavia ci sono state, e ci sono ancora, molte difficoltà di connessione che hanno segnato lo sviluppo e marcato, anche in senso negativo, lo sviluppo delle aree montane. Inoltre, un altro tema che giustifica la nascita di questa strategia è quello del cambiamento climatico. Le zone alpine sono particolarmente sensibili al cambiamento climatico e quindi le strategie di adattamento al cambiamento climatico sono assolutamente essenziali. Le autorità pubbliche, sempre sulla base del principio di sussidiarietà, devono rispondere alle sfide economiche e a quelle ambientali della Macroregione alpina.
Come sapete, la Commissione Juncker ha deciso di orientarsi verso il rilancio degli investimenti in Europa attraverso un piano di investimenti che si chiama Fondo europeo per gli investimenti strategici. Credo che questo rappresenti per l'area alpina un'opportunità per rilanciare e completare gli investimenti comuni che sono assolutamente necessari. Le potenzialità sono enormi, ma devono vedere la partecipazione dei soggetti pubblici e privati dell'intera area.
In questo contesto, come dicevo, credo che la strategia di EUSALP debba anche imparare a sviluppare nuove forme di governance multilivello partendo dalle Regioni e con il contributo delle altre istituzioni.
Il Parlamento Europeo deve, come dicevo, essere maggiormente implicato e vuole maggiormente implicarsi nelle fasi di ideazione ma, soprattutto nelle fasi di realizzazione e di completamento della strategia.
Come sapete, in quest'area c'è una storia enorme di strutture di cooperazione, che spesso, però, hanno caratterizzato o le zone di pianura o le zone di montagna. Forse questa è la prima volta che la strategia si fonda su un rapporto comune e su un progetto comune delle zone alpine più propriamente dette e delle zone perialpine. Credo che questa sia la caratteristica che permette di affrontare la strategia Europa 2020 con tutte le risorse possibili e non separando o, addirittura, creando conflitti tra le zone delle terre alte, le terre di pianura e le zone perialpine, quelle intermedie, dove, peraltro, ci sono alcune delle zone lacustri più importanti e famose del mondo, con un forte potenziale di sviluppo turistico che, a volte, tendiamo a dimenticare.
Non entrerò nei pilastri che sono stati scelti (sono tre più uno). Tre pilastri che riguardano la competitività, la connettività e l'ambiente. Mi sono soffermata di più su quello della governance. Un'efficiente governance è lo strumento per riuscire a dotare i tre pilastri concreti di una progettualità concreta.
Mi auguro che questa strategia non venga abbandonata dagli Stati ma soprattutto, non venga abbandonata dalle Regioni. Che le Regioni ne facciano un punto di forza per la loro azione futura. E' importante che da una Regione che si chiama Piemonte provenga un'azione ancora più forte di quella che c'è stata fino ad ora. Credo che impadronirsi della strategia anche da parte del Consiglio regionale sia un elemento molto importante per far sì che il Piemonte svolga appieno il proprio ruolo nello sviluppo concreto di questa strategia.
Grazie ancora per avermi invitata. Mi scuso perché non potrò stare fino alla fine dei lavori. Vi ringrazio per avermi invitata.



PRESIDENTE

Grazie a lei, onorevole Bresso.
Prima di dare la parola al Consigliere Gallo, Presidente della III Commissione, comunico che alle ore 13 è convocata in Sala A la Conferenza dei Capigruppo.
La parola al Consigliere Gallo.



GALLO Raffaele

Grazie, Presidente.
Oggi parliamo di EUSALP, di macrostrategia alpina, di macroregioni alpine, quindi di valorizzazione dei nostri territori alpini.
La regione alpina è un territorio dinamico, ricco di potenzialità e il Piemonte ha la fortuna - uso proprio questo termine - di avere circa il 35 del suo territorio di carattere montano e di rientrare a pieno titolo nella nuova strategia macroregionale alpina. in questa Macroregione che si presenta come una delle zone più ricche d'Europa, se pensiamo alla sua composizione.
EUSALP dovrà essere uno straordinario strumento per accelerare quei processi in atto da anni, con politiche mirate a raggiungere la coesione sociale, economica e territoriale di tutte le zone montane interessate.
Parliamo di un'area vasta e con peculiarità distinte da Comune a Comune che ci porta ad affrontare sfide diverse e differenti in base alle zone.
Proprio per questo il rilancio della montagna e l'interpretazione della strategia macroregionale deve partire, in primis, dai Comuni che, ad oggi devono essere i veri protagonisti di EUSALP e dei progetti ad essa collegati.
Le Alpi offrono tante opportunità diverse, rappresentano senza dubbio un'importante riserva idrica, ma sono anche note in Europa e nel mondo per la loro bellezza, per la loro biodiversità, per il loro patrimonio culturale, storico e turistico.
Oggi parliamo di EUSALP, ma in Piemonte abbiamo parlato tanto del ruolo della montagna e di sviluppo della montagna. Due termini diversi che hanno la stessa finalità, quella di tutelare e valorizzare quest'importante risorsa naturale, consentendone allo stesso tempo lo sviluppo economico che potenzialmente potrebbe avere. Per questo dobbiamo lavorare su più fronti a partire da quello turistico, incentivando la promozione di attività anche estive, in zone normalmente note e sfruttate per la stagione invernale.
Le montagne piemontesi sono conosciute e sono un'ampia meta per il turismo della neve, soprattutto da parte di inglesi, francesi e tedeschi.
Proprio per far sì che questi territori, già noti per lo sci, diventino anche meta di turismo estivo, è necessario continuare a promuovere attività culturali, sportive e musicali nelle vallate piemontesi nei periodi estivi.
Tuttavia, pensare alle nostre zone alpine solo in chiave turistica sarebbe riduttivo. Vi sono ampie zone di montagna che oggi poggiano la loro vitalità su altri fattori. Esiste, infatti, un indotto che ruota intorno alle attività artigianali presenti in questi territori, ma vi sono anche tanti piccoli negozi e il commercio di prossimità che rendono vivi i nostri borghi e che operano contro la desertificazione commerciale avendo, allo stesso tempo, un ruolo sociale e di comunità che dobbiamo valorizzare.
Non dimentichiamo l'agricoltura. Da qui il nostro impegno per agevolare chi, ogni giorno, si sposta da e per i Comuni montani per lavoro, per studio, per evitare anche la desertificazione scolastica e per incentivare l'incremento demografico secondo il trend degli obiettivi delle EUSALP.
I Comuni montani non possono essere sinonimo di invecchiamento della popolazione, ma devono diventare il motore dello sviluppo del nostro territorio. Per evitare un fisiologico abbandono della zone commercialmente meno ricche di prospettive, è importante agire concretamente per far diventare le aree alpine attrattive anche da un punto di vista economico con investimenti, ma anche con agevolazioni in ambito finanziario e fiscale.
La globalizzazione economica pretende che i territori si distinguano per competitività e innovazione. Per far parte di questo processo è necessario che le istituzioni regionali ed europee dialoghino tra loro con le realtà locali per creare una rete di sostegno adeguata al rinnovamento.
Partendo, ad esempio, dalla rete dei trasporti, che rappresenta un nodo strategico e fondamentale, anche per lo sviluppo delle zone montane. Credo che, in un'ottica di strategia alpina macroregionale comune, sia fondamentale aumentare la cooperazione transfrontaliera tra gli Stati europei, individuando obiettivi comuni e condivisi che si trasformino nel tempo in progetti.
E' evidente che, nel pensare alla montagna, non possiamo nascondere i grandi problemi legati ai cambiamenti climatici che sono in atto e che impattano sull'agricoltura e sul turismo con un progressivo scivolamento a sud dei nostri territori. E' anche evidente anche che quando pensiamo alla montagna non si può non pensare al grande problema del dissesto idrogeologico.
Vado rapidamente alla conclusione: questi sono stati solo macrotitoli.
Come possono interpretare la Regione e il Consiglio regionale questa opportunità rappresentata dalla strategia macroregionale? Beh, provo a citare qualche linea di indirizzo e qualche tema di sviluppo. Sarebbe forse opportuno pensare a specifici bandi dei Fondi europei gestiti dalla Regione Piemonte, legati espressamente ai grandi temi dell'EUSALP; avviare progetti transfrontalieri mirati a realizzare iniziative che possano essere finanziate anche nell'ambito del cosiddetto Piano Juncker; mettere in relazione i territori dell'area montana e le sue Università per studiare i cambiamenti climatici; veicolare, destinare e ragionare sui Fondi di sviluppo e coesione di livello nazionale.
Ecco qualche macroarea di ragionamento su cui lavorare per la montagna e per lo sviluppo dei nostri territori, con al centro il Piemonte.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Gallo.
La parola al professor Giuseppe Porro dell'Istituto universitario di studi europei.



PORRO Giuseppe, Istituto universitario di studi europei

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato con molto interesse gli interventi fatti finora.
Siamo di fronte, come sappiamo, ad una strategia europea importante EUSALP. Che cos'è una strategia nell'ambito dell'Unione europea? Nell'ambito dell'Unione Europea una strategia vuol dire una scelta politica precisa: cioè vuol dire che l'Unione Europea ha deciso di investire in una determinata area e in una determinata zona. Ma EUSALP è una cosa ancora più importante, perché secondo me l'Unione Europea ha deciso che la montagna è un elemento fondamentale nel processo di unificazione europea e che la montagna e la pianura devono collaborare tra di loro in un progetto unico europeo. Questo perché? Certo per motivi anche economici di sviluppo della montagna, ma anche per motivi di identità europea più che nazionale.
La montagna è un luogo di incontro di culture nazionali che hanno per una visione europea. Mi è capitato, durante dei Ferragosti, di vedere, al di qua e al di là delle Alpi, due comunità montane - una francese e una italiana - che si incontrano: ci sono le guide alpine, ci sono i rappresentanti delle istituzioni dei due Paesi e i Sindaci. Ebbene immediatamente noi ci accorgiamo che hanno una cultura in comune e le persone di pianura si rendono conto di quanto sia importante questa cultura comune, che è una cultura fondamentale in questo momento in cui noi stiamo ritornando a degli Stati nazionali che non dialogano più tra di loro. Noi abbiamo bisogno di ricordare che l'Unione Europea va avanti solo se c'è un'identità europea, che non vuol dire cancellare le culture nazionali, ma vuol dire integrarle in un progetto comune. Questa è la grande strategia di EUSALP.
Perché è importante questo progetto? E' importante per almeno due motivi. Il primo motivo è che mette in contatto Stati e Regioni che hanno in comune la montagna. Ma questo c'era già anche in passato: c'erano già forme di collaborazione di questo tipo. La novità, secondo me, è l'idea che la strategia non dev'essere a senso unico. Non solo, cioè, l'Unione Europea o gli Stati si pongono il problema di cosa possiamo fare per la montagna ma anche di cosa la montagna può fare per la pianura. Questa è la gran novità del progetto, ossia quanto è importante la montagna per la pianura e quanto è importante la pianura per la montagna, per realizzare progetti comuni.
Non si tratta di sviluppare solo le montagne perché hanno zone di sottosviluppo: si tratta di capire che tra montagna e pianura c'è la possibilità di svolgere delle azioni in comune estremamente favorevoli all'una e all'altra. Basti solo pensare alla tutela del territorio, alle acque pulite, agli ecosistemi, oltre alle attività di natura economica.
Questa è la grande novità e la grande strategia europea, ossia non è che i "ricchi" vanno ad aiutare i "poveri": no, il problema è che entrambi hanno bisogno di sviluppare insieme delle attività perché questo è quel che favorisce la pianura e la montagna.
Si è parlato - e se ne parlerà ancora - di nuove attività economiche in montagna: turismo, ristorazione, ecc. Attenzione, però, perché questo è l'altro punto importante di questo progetto. EUSALP non crea né nuove leggi né nuovi fondi. I fondi esistenti sono quelli che devono essere utilizzati e questo è il problema centrale: non ci sono nuove risorse economiche varate per la montagna, ma all'interno dei fondi ci sono ampie risorse economiche per la montagna. E allora questa è la strategia importante che dev'essere decisa a livello nazionale ed europeo. Perché dobbiamo pensare che una buona parte di questi fondi dev'essere investito per la montagna? Perché interessano la montagna e la pianura.
Certo, in EUSALP non ci sono rappresentanze della montagna e quindi ecco perché la strategia dev'essere nazionale ed europea. Non può essere dimenticato che lo sviluppo della montagna è un interesse comune e quindi dentro la spartizione dei sondi, bisogna ricordarsi che è chiaro che le pianure sono più forti e hanno più rappresentanti, ma che in realtà l'interesse della pianura è anche l'interesse della montagna, e viceversa.
Questa è la grande, nuova strategia europea.
Voglio ancora soffermarmi su questo punto, cioè sul fatto che l'Europa e anche il Consiglio europeo - devo dire, una volta tanto - hanno sviluppato una strategia a favore di un'identità culturale europea. La montagna è un baluardo della cultura europea. Sembra incredibile, perché le montagne dovrebbero separare le popolazioni; e invece le uniscono: mai le popolazioni che stanno da una parte e dall'altra di una montagna sono più unite, perché hanno tradizioni in comune. Allora, questa è un'identità europea ed EUSALP è una grande occasione di sviluppo per il sistema montano, ma nell'ottica della cooperazione pianura-montagna. E' un interesse della pianura sviluppare la montagna perché le ricadute sulla pianura saranno importanti; così come le ricadute del progetto EUSALP sulla montagna saranno altrettanto importanti.
Si tratta finalmente di una strategia europea che punta all'identità europea, in un momento molto drammatico nella storia dell'Unione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al dottor Alfonso Sabatino, della Federazione regionale AICRE.



SABATINO Alfonso, Federazione regionale AICRE

Grazie, signor Presidente, onorevole Bresso, signore e signori Consiglieri.
Nel mio intervento esporrò alcune considerazioni sull'attivazione della strategia macroregionale e la prima osservazione che voglio fare è, in realtà, un campanello d'allarme, dettato dal fatto che il processo incompleto di costruzione europea oggi si scontra contro il problema dell'immigrazione e dell'afflusso di profughi da aree di instabilità politico-sociale e di guerra; e questo conduce alla sospensione degli accordi di Schengen.
Ora, nell'ambito dei Paesi partecipanti alla strategia macroregionale alpina, noi abbiamo ben tre Paesi importanti - Francia, Germania e Austria che hanno sospeso l'applicazione degli accordi di Schengen e quindi questo nuoce al programma, alla sua realizzazione, alla libera circolazione delle persone così come delle merci, anche con danni economici. E naturalmente questo è un punto che auspicabilmente dovrebbe essere rimosso al più presto, proprio per consentire la realizzazione della strategia macroregionale alpina in modo fluido.
L'altra cosa che voglio ricordare è che l'Unione Europea oggi - se vuole realizzare in mondo adeguato la strategia macroregionale alpina deve riprendere il suo cammino. Io so che l'onorevole Bresso è impegnata al Parlamento europeo, sia per la realizzazione di quelle parti del Trattato che non sono state ancora applicate, che permettono di avanzare nel processo, sia nella revisione che nel rilancio del processo costituente europeo. Seguo con attenzione lo sviluppo ed incoraggio, ovviamente l'onorevole Bresso a proseguire su questa strada.
Detto ciò, la seconda osservazione entra più propriamente in argomento.
Sappiamo benissimo che la Macroregione alpina presenta dei punti di forza e dei punti di debolezza. I punti di forza sono, ovviamente, dati dalla sua posizione centrale nell'ambito dell'Unione Europea, dal fatto di essere un crocevia di traffici, ma presenta anche il fatto di essere sede di attività industriali e di centri di ricerca di eccellenza.
Tuttavia, presenta anche punti di debolezza. Li conosciamo: sono dovuti soprattutto al fatto che ci sono problemi nelle valli alpine meno frequentate, ci sono problemi di spopolamento, ci sono problemi anche nelle valli di attraversamento delle grandi vie di comunicazione, inoltre, c'è anche un discorso che è connesso alla riduzione della popolazione e al suo invecchiamento e cioè il decadimento di quelle che sono le culture alpine che si sono sviluppate nel tempo e si sono radicate nel territorio.
Quindi, noi abbiamo un problema di rispondere a queste sfide e soprattutto ad una grande sfida che è la sfida climatica, perché non dobbiamo dimenticare l'impatto che le variazioni del clima hanno sull'approvvigionamento idrico. Un punto da sottolineare è che il sistema alpino è all'origine di quattro sistemi fluviali decisivi in Europa che sono il Rodano, il Reno, il Danubio e il Po. Quindi, attenzione anche alle politiche di contrasto del cambiamento climatico, delle politiche di conservazione e di protezione dell'ambiente alpino.
Sotto questo aspetto, entriamo nel problema del contenimento delle emissioni di CO2. E' un problema che riguarda particolarmente le grandi valli che sono attraversate dalle vie di comunicazione transcontinentali che oggi sono soprattutto interessate da un traffico autostradale su gomma.
Ci sono progetti e la Svizzera ci insegna che tendono a trasferire il traffico su ferro; d'altra parte, la Svizzera da tempo ha affrontato il problema dei grandi trafori alpini, della modernizzazione dei grandi trafori alpini, quindi del Loetschemberg-Sempione e del Gottardo. Il problema è di realizzare i grandi assi Nord-Sud del Brennero e quello Est Ovest di Lione-Torino, ma anche fino a Lubiana. Quindi, c'è un grosso problema da affrontare, che è proprio quello di organizzare un sistema di trasporto su ferro che riduca la presenza del traffico pesante sulle grandi direttrici transalpine.
Aggiungo ancora che un punto decisivo sono le politiche di protezione del territorio e delle popolazioni alpine. D'altra parte, non dobbiamo dimenticare e qui c'è da apprendere molto dall'esperienza sia svizzera che austriaca, ma anche delle Province autonome di Trento e Bolzano, circa la fornitura di servizi alle popolazioni alpine, alle popolazioni che sono anche nelle valli più riposte, in modo da consentire loro non solo l'accesso ai servizi amministrativi, sanitari, scolastici, culturali in modo efficiente, ma anche per favorire le loro attività produttive sviluppate in loco. In particolare, ricordo l'integrazione delle attività agroalimentari tradizionali delle valli con le iniziative di trasformazione industriale come l'allevamento e l'industria casearia, la silvicoltura all'industria del legno, l'agricoltura specializzata e la farmaceutica per le piante officinali.
La terza considerazione di cui vi voglio parlare riguarda i meccanismi rivolti a rompere l'isolamento economico, culturale ed amministrativo delle valli alpine.
Come Federazione piemontese dell'AICCRE abbiamo ottenuto in questa sede del Consiglio regionale, il 19 novembre 2014, un convegno sul tema della strategia macroregionale alpina e soprattutto della realizzazione di un'Agenda europea digitale.
Questo convegno si è tenuto pochi giorni prima della XIII Conferenza delle Alpi, che si è svolta a Torino, e che aveva anch'essa all'o.d.g. il problema della Macroregione alpina.
Da cosa nasceva l'idea di questo convegno? Nasceva dal fatto che il Piemonte, come altre realtà dell'arco alpino (mi riferisco a Torino, ma anche a Lione, a Monaco di Baviera, a Vienna e a Zurigo) è stato centro di grosse iniziative editoriali, che poi sono progressivamente andate in crisi perché si è passati dall'imprenditoria della carta all'imprenditoria digitale.
Ebbene, il problema è proprio questo: cercare di sfruttare il patrimonio storico, di conoscenza, di energie imprenditoriali che si sono consolidati nella nostra Regione per rilanciare le forme di imprenditoria digitale e, naturalmente, in questo assicurarsi che venga costituito un web digitale alpino che, tra l'altro, avrebbe anche una grande opportunità di portare la connettività telematica all'interno delle valli, anche le più riposte.
L'altra iniziativa sulla quale ci siamo concentrati è quella di valorizzare il sistema di fortificazioni alpine che si estendono da Nizza fino alla Valle d'Aosta e che interessano entrambi i versanti dell'arco alpino occidentale: quello francese e quello italiano. Sono fortificazioni storiche, che risalgono ai tempi in cui tra il Piemonte e la Francia c'era lo stato di guerra, che si è prolungato fino alla Seconda Guerra mondiale.
Quello che proponiamo è che queste fortificazioni, che in questo momento sono in uno stato di abbandono che coinvolge anche le vie di accesso, i sentieri e le strade militari, rientrino in un programma di valorizzazione turistico-culturale in modo da essere trainante per il sorgere di iniziative non solo produttive, agricole e artigianali, ma anche industriali e culturali. Non dobbiamo dimenticare che, in fondo, l'arco alpino occidentale, quindi nei due versanti, è interessato a sud dall'area occitana e a nord dall'area franco-provenzale.
Detto questo, mi voglio concentrare sulle ultime osservazioni, che riguardano la leadership del processo. E' stato ricordato che, in fondo, la strategia macroregionale alpina poggia molto sul protagonismo dei suoi attori. Allora, sotto questo aspetto, non dobbiamo dimenticare che la strategia macroregionale alpina ha trovato soprattutto impulso da parte della Lombardia e delle Regioni italiane partecipanti all'Associazione Alpe Adria. Data questa premessa, il Piemonte come Regione non pu marginalizzarsi, ma deve assolutamente diventare una protagonista di primo piano e, naturalmente, può farlo se lavora in asse con le Regioni italiane e francesi limitrofi. Mi riferisco ovviamente alla Liguria e alla Valle d'Aosta, ma anche al Rhône-Alpes e al PACA, tenendo presente le vecchie comunanze culturali, ma anche economiche, che esistevano nell'area.
Non solo. Il Piemonte ha anche la possibilità di strutturare appieno quello che è stato il suo patrimonio e che tuttora è la sua forza, in termini di attività industriali e di centri di ricerca di eccellenza. In questo deve naturalmente porsi il problema di trovare le dovute alleanze e le dovute connessioni con le altre Regioni che fanno parte della strategia macroregionale alpina.
Voglio ricordare che, in occasione del gemellaggio Moncalieri-Baden Baden, il Sindaco di Baden Baden, di fronte alla ricchezza delle proposte di collaborazione che venivano dal contesto moncalierese, disse: "Bene, qui dobbiamo porci il problema di stabilire un gemellaggio fra il Piemonte e il Baden-Württemberg". Sapete benissimo che il Baden-Württemberg è una delle Regioni più importanti e produttive della Germania.
Concludo.
Naturalmente ciò comporta la necessità di una mobilitazione regionale sui meccanismi di formazione della volontà politica e di formazione delle decisioni politiche. Sotto questo aspetto, occorre prestare molta attenzione, non solo a come sono state realizzare le strategie macroregionali del Baltico, del Danubio e a come si sta realizzando la strategia macroregionale adriatico-ionica, che ha preceduto la costituzione della strategia macroregionale, ma dobbiamo anche tenere presente che possiamo mobilitare delle energie locali, sia con la consultazione della società civile e delle Istituzioni ma, soprattutto, sfruttando le opportunità ci offre il Consiglio per le Autonomie Locali del Piemonte.
In ultimo, voglio ricordare l'importanza, da parte del Piemonte dell'adozione della legge 234 del 2012, che è quella che permette l'accesso ai Fondi Strutturali Europei.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei, dottor Sabatino.
La parola all'onorevole Nicoletta Favero.



FAVERO Nicoletta, Senatrice

Grazie, signor Presidente, per quest'invito; grazie anche al Presidente della Regione e a tutti voi. Un saluto particolare a Mercedes Bresso nostro rappresentate in Europa, e a tutti coloro che in questo momento portano avanti questa azione molto importante.
Faccio parte, con altri colleghi onorevoli, senatori e deputati, di quell'intergruppo parlamentare che si occupa di montagna. Saluto l'onorevole Borghi, che ha anche il grande compito, come Presidente di UNCEM, di spronarci, ci dà tutto il materiale e ci aggiorna sulle varie situazioni.
Noi, come azioni, cosa portiamo avanti in questo momento faticosamente? Le difficoltà ci sono, per quanto riguarda la posta, il digitale terrestre e la fiscalità, quindi azioni concrete che vanno a dare risposte ai nostri Sindaci.
Oggi ce ne sono molti, e li ringrazio per la presenza e per le difficoltà che ogni giorno incontrano, ma che con grande impegno superano.
Dall'onorevole Bresso è stato detto che è cambiato il contesto legislativo. Questo ci deve spronare per il cambiamento, il famoso cambiamento che deve avvenire nel nostro Parlamento e in tutti i contesti regionali.
Quale futuro, quindi, per la governance delle nostre montagne? Sappiamo esserci dei punti fondamentali che sono strategici e che sono da sviluppare. Sappiamo che a livello centrale - è stato ricordato bene dall'onorevole Bresso - a Parigi come a Roma c'è un interesse meno evidente, per quanto riguarda i problemi della montagna e delle Alpi, se non quando ci sono disastri e i dissesti, e allora bisogna andare a battere cassa.
Lo sanno bene il Presidente della Regione e l'Assessore al bilancio: quando succede qualcosa, bisogna andare a battere cassa per riuscire ad avere risposte immediate e per dare ristoro.
Spetta, quindi, più che altro alle Regioni, che sono coinvolte ad essere cosa? Ad essere propositive, ma anche molto decise nella loro azione, facendo sentire il loro peso.
Cosa sta succedendo in questo momento? La Lombardia, ma soprattutto il Trentino e il Veneto, si sono già organizzati; il Piemonte paga lo scotto di trovarsi tra le zone alpine nella zona ovest, dove è più difficile intervenire, perché c'è una perdita di popolazione molto evidente, perché le imprese faticano e faticano nella loro crescita e c'è un'evidente frammentazione dovuta al numero altissimo di Comuni.
Su 1.202 Comuni piemontesi, 1064 sono al di sotto dei 5.000 abitanti e questo rende l'azione difficile, molto difficile, organizzare la Regione e le varie aree.
Sappiamo poi che il grande cambiamento è: aree metropolitane, che si sono strutturate, con intorno tutte le aree vaste.
Occorre, quindi, fare sistema - e qui guardo i colleghi che l'altro giorno hanno parlato di fare sistema, come il nostro Assessore Ferrari - e occorre far coincidere le azioni. Ma perché? Perché bisogna dare dei servizi, bisogna offrire i collegamenti, che sono collegamenti stradali autostradali, ferroviari. Sappiamo quanto scontiamo queste assenze, nei territori periferici: io arrivo da Biella e ci impiego meno ad andare da Milano a Roma che venire da Biella a Torino o andare da Biella a Milano.
Questo la dice lunga, e oltretutto Biella è un capoluogo di Provincia; vi lascio immaginare quanto ci impiegano i Sindaci che sono arrivati dalla Valle Mosso o da Pray, quindi dalla Valsessera.
Promuovere, quindi, attraverso i fondi europei, quindi con strutture un po' meglio organizzate e più dimensionate con numeri credibili, può avere delle ricadute molto e più immediate. Molto e più immediate.
E, allora, organizzare che cosa? Le autostrade, non soltanto quelle correnti, ma soprattutto quelle digitali, perché è la nostra sfida, in un'Italia che viaggia ancora con i doppini a 54 K: mentre siamo a cinque giga, il mondo ormai sta guardando da quella parte e noi siamo un po' girati all'indietro.
Sappiamo che il Piemonte si sta organizzando, e di questo ringrazio il Presidente, perché sta spingendo in tal senso, ma noi dobbiamo essere ancora più veloci. La montagna ha bisogno anche di questo, ha bisogno di avere delle strutture e non soltanto le solite infrastrutture. Deve promuovere, attraverso il digitale, la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione in primis, pensando che poi dialoghi ogni tanto, perch sappiamo che paghiamo anche lo scotto di Istituzioni che non dialogano tra di loro attraverso i vari sistemi. Stiamo raggiungendo adesso in ASL, per esempio, un dialogo comune.
Chi mi ha preceduto ha parlato di ambiente, di dissesto e di tutte le possibilità che ci sono. La strategia EUSALP deve essere concreta ed efficace sui territori coinvolti, perché ci sono esempi precedenti di impegno, ma non hanno dato grandi frutti: parlo della convenzione per lo sviluppo sostenibile e la protezione delle Alpi. Si devono coinvolgere in primo luogo, come è stato detto, le Regioni, ma anche i livelli centrali del nostro Paese, quindi Ministeri e Parlamento attraverso le varie ramificazioni, e poi gli Enti locali. Preoccupa la mancanza di coinvolgimento dei livelli centrali, che è molto più alta che negli altri Paesi. E' stato ricordato prima dall'onorevole Bresso che gli Enti locali non fanno parte della strategia EUSALP, essendo le Regioni i soggetti partecipanti.
Quindi, c'è la necessità di coinvolgere la politica nell'attuazione di strategie, ma non soltanto la politica che si fa nelle Aule parlamentari o nelle Aule regionali. Altrimenti qual è il rischio? Quello solito, cioè quello che ci si impantani. In che cosa? Nella discussione tra tecnici, tra burocrati che si rimpallano le responsabilità, noi perdiamo tempo e intanto, ripeto, la pianura va avanti, le Città metropolitane vanno avanti mentre la Regione alpina ha necessità di riprendere il passo e di colmare quel gap che esiste.
Quali sono le grandi strategie? Mantenere la montagna diffusamente abitata, ma per fare questo bisogna offrire accessibilità, collegamenti servizi, renderla sostenibile dal punto di vista ambientale, quindi non penalizzarla ulteriormente con delle richieste assurde. Mi raccontava il sindaco di Valle Mosso di richieste mostruose per poter posizionare addirittura la cuccia dei cani. Fare una tettoia e un riparo della legna è diventato impossibile.
Quindi, dobbiamo risolvere questi problemi, altrimenti perché la gente dovrebbe stare in montagna? Ci dobbiamo porre questa domanda, signor Presidente: perché la gente dovrebbe stare in montagna dove non ha i servizi, non ha gli asili, non ha l'opportunità di andare nei negozi di prossimità (perché chi lo tiene aperto un negozio?), dove non c'è il segnale del cellulare, dove non c'è un collegamento. Chi glielo fa fare ai nostri cittadini di mantenere quella identità e quella cultura? Perché noi sappiamo che la sfida che ci attende è proprio quella di mantenere identità e cultura, che sono l'unica azione da portare avanti, insieme alla bellezza delle nostre Alpi e delle nostre valli alpine.
Io vengo da una zona bellissima: abbiamo la Conca di Oropa, un'unicità in tutta Europa. E' un'unicità con il suo santuario, 350 stanze alberghiere, impianti di risalita, tre rifugi alpini, pascoli ed alpeggi un Sacro Monte che è Patrimonio dell'UNESCO e dell'Umanità, dei musei, un cimitero monumentale e un santuario alpino che è il più importante di tutta Europa.
Occorre fare sistema e andare a cercare in ogni vallata e in ogni zona alpina quelle che sono le nostre vocazioni. Dobbiamo seguire le nostre vocazioni ed implementarle.
I Sindaci con i quali sono venuta oggi si stanno già impegnando, ma ad esempio il Sindaco Passuello - che ringrazio per le azioni che porta avanti mi diceva: "Noi, grazie anche ai fondi regionali ed europei, abbiamo progettato una lunga pista ciclabile, molto importante, che scende dalla Valsesia verso Pray, a lato di corsi d'acqua ". Il Presidente Chiamparino è uno che va in bicicletta, anche dalle nostre parti, e quindi conosce molto le zone. Il Sindaco mi diceva: "Perché non far passare lì sotto tutte le varie condutture che servono per i vari servizi?". E' impossibile, e con questa suggestione concludo.
Credo che si debbano superare questi che sono dei piccoli inghippi, che sono quelli che frenano, quelli che fanno da tappo affinché prosegua l'azione promossa dall'Europa e che verrà certamente portata avanti egregiamente anche per quanto riguarda l'occupazione e il lavoro. Qui abbiamo anche la nostra Assessora all'occupazione che, in modo puntuale, ci ha edotti sulla situazione e sulle possibilità di ricollocare i nostri lavoratori, ma anche di implementare il lavoro dei giovani.
Sappiamo che la montagna ha bisogno dei giovani, ha bisogno delle donne ed ha bisogno di un'azione molto forte. Ci sono delle buone opportunità.
Credo che tutti insieme - sono queste le parole che usiamo, cioè "tutti insieme", quindi i Sindaci, le Amministrazioni locali, l'area vasta, la Regione, il livello centrale e l'Europa - dobbiamo portare avanti questa strategia, affinché le Alpi diano il meglio o tutto quello che possono dare, ma mantengano le radici, perché nelle radici delle nostre montagne c'è la speranza per il nostro futuro. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al dottor Viano, Presidente dell'IRES.



VIANO Mario, Presidente IRES-Piemonte

Grazie, Presidente, dell'opportunità.
Intervengo soltanto su un tema, a partire da quanto emerge dalle illustrazioni fatte sulla strategia macroregionale, ovvero il fatto che non ci sono risorse specifiche destinate.
Questo vuol dire che, ancor più che in passato - in presenza, peraltro di una scarsità complessiva di risorse rispetto ai fabbisogni e di una competizione con le aree urbane densamente abitate e fortemente caratterizzate da attività economiche esigenti dal punto di vista delle risorse da mettere in campo - questa competizione della montagna - montagna intesa in senso lato, quindi comprensiva delle porzioni di territorio su cui la montagna gravita - è una competizione che può essere giocata soltanto se si è in grado di dimostrare che le risorse che si chiede di destinare non vengano disperse, non vengano spese tanto per dare un contentino a coloro che, in maniera ostinata, restano in montagna e hanno bisogno di avere qualche opportunità minima per continuare la loro "esistenza economica".
Questa sfida la si affronta con qualche possibilità di successo nel momento in cui abbandoniamo la logica degli interventi frammentati ed assumiamo il tema della pianificazione strategica di area vasta (quella dei sistemi locali) come precondizione essenziale per dare efficacia alle risorse che vengono destinate e spese sulla montagna.
Su questo chiudo subito. Per quanto riguarda IRES, impegno l'istituto e ho già dichiarato alle associazioni dei Comuni, ma ancor più all'Amministrazione regionale, che su questa partita intenderemo concentrare l'attenzione e le risorse umane di competenza e di intelligenza che sono in IRES, perché credo che sia una questione assolutamente non più rinviabile.
Occorre dare efficacia all'uso delle risorse e per far questo è necessario che le risorse siano spese nel quadro di una strategia che venga riconosciuta come portatrice di percorsi di sviluppo e non come tampone per situazioni allo stremo.
Vi ringrazio.



PRESIDENTE

La parola al dottor Fiorenzo Ferlaino, responsabile comunità e spazi locali IRES-Piemonte, che si avvarrà di alcune slide.



FERLAINO Fiorenzo, Responsabile comunità e spazi locali IRES-Piemonte

Darò solo qualche suggestione con delle slide sull'area di cui stiamo parlando.
Per capire l'area, in realtà bisogna considerare due confini: l'area allargata con tutte le sue Regioni (queste sono le sette Nazioni e le Regioni coinvolte) più l'area ristretta (questa è l'area della convenzione delle Alpi), che è più piccola, ma dà il segno di molti fenomeni altrimenti non si capisce se si usa solo uno dei due.
Mostro l'indice di densità demografica. Chiaramente la Lombardia emerge, così come emerge l'area di Zurigo. Però se guardiamo la densità demografica sull'area ristretta, ci accorgiamo come si posiziona la popolazione: chiaramente a fondo valle o comunque nel pedemonte.
Questa è la risorsa di quest'area, su cui probabilmente bisogna puntare, perché è una delle grandi risorse disponibili, che si oppone a quest'altra situazione, che è il consumo di suolo, che interessa ancora una volta la parte del pedemonte, dove la densità abitativa, chiaramente, è maggiore.
E' un'area ricchissima di parchi e di biodiversità.
Questa è una carta di Bazin molto famosa, perché è fatta a livello comunale sull'area ristretta e descrive la variazione della popolazione dal 1870 al 1990, quindi prende molti anni, più di cento.
Il blu rappresenta la crescita e il rosso indica la decrescita.
Questa è la situazione, non ci sono parole: la parte orientale ha fatto un processo completamente diverso dalla parte occidentale.
Voi potrete dire che sono gli ultimi periodi, ma questi sono non proprio gli ultimissimi periodi; il blu in questo caso è l'opposto, il blu è la decrescita. E' solo il colore, ma se vedete continuiamo a decrescere anche se in maniera diversa; negli ultimi anni, come sapete, i lavori di dislivelli lo dimostrano, si è interrotto questo processo e ci sono fenomeni di ripresa e anche di ritorno alle Alpi, non soltanto dei nostri giovani ma anche e soprattutto degli stranieri.
Tuttavia, il problema demografico resta forte. Questo è l'indice di invecchiamento, che non divide oriente e occidente, ma l'Italia dal resto del mondo. E' interessante la situazione. La Liguria, chiaramente, è quella messa peggio, ma noi seguiamo immediatamente.
Questo è l'indice di popolazione anziana, come vedete: sicuramente PACA, Liguria, etc., ma tutto il nostro pedemonte è gravemente interessato tutto il pedemonte italiano è gravemente interessato dalla situazione.
Le famiglie con una sola persona sono quelle marroni (si fanno pochi bambini).
Per quanto riguarda il PIL, questa è un'area ricca a livello regionale perché è la seconda dopo il triangolo delle capitali, cioè Londra, Parigi e Amsterdam, quell'area lì. E' la seconda area per ricchezza in Europa, ma se la guardiamo più fine, chiaramente, la distribuzione non è uguale, la nostra ha qualche deficit sulla ricchezza.
Poi, c'è l'indice di occupazione, la popolazione attiva, servizi e industria. Chiaramente, i servizi li fanno dappertutto, sono superiori all'industria, ma, in qualche modo, questa è un'area dove l'industria ha una grande importanza, che mantiene, non dappertutto, chiaramente non in Liguria e non nella Provence, ma in altre regioni permane.
Questa è la nuova risorsa: la popolazione straniera, che è un po' dappertutto, ma si concentra. Questa è la popolazione straniera maggiormente presente.
Da noi, in provincia di Torino, vedete i rumeni, gli albanesi e ci sono anche altri, i tedeschi, nelle Alpi cuneesi, svizzeri e tedeschi. I verdi sono i cinesi nei distretti lapidei: vedete la specializzazione di Luserna Bagnolo e i distretti del VCO. C'è una specializzazione in quel senso oltre alla foresta abbiamo anche questa risorsa, che è una risorsa attiva e i distretti lapidei lo dimostrano.
L'accessibilità, chiaramente, è molto scarsa, se non in alcuni poli.
Questa è l'accessibilità rispetto agli aeroporti.
In relazione al turismo e all'offerta di posti letto, vedete la parte orientale che è più forte. Per quanto concerne i pernottamenti, quindi la domanda, è sempre la parte orientale che prevale; nei pernottamenti per chilometro quadrato riemerge la parte orientale; nella media del soggiorno chiaramente, la fanno da padroni le Alpi orientali. Questo è il tipo di specializzazione, le seconde case sono presenti da noi e anche in Francia dove, però, sono anche molto presenti le case di vacanza, ma è il tipo di specializzazione presente nel turismo.
I lavori IRES fino adesso hanno interessato parti molto piccole. Alcune carte non tutte sono IRES, anzi, la maggioranza delle carte è EURAC, che è un Istituto di Bolzano, che ha 300 persone pagate dalla Provincia, nemmeno dalla Regione, e l'IRES è un decimo dell'EURAC.
Noi abbiamo lavorato fino adesso ad una scala più macroregionale franco italiana, perché quella era la dimensione richiesta. Non so se qualcuno ricorda la COTRAO (Communauté de travail des Alpes Occidentales), gestita da Martinengo.
Poi, si è passati nelle Alpi mediterranee, nel momento in cui lo spazio alpino era sparito dalla programmazione regionale, fortunatamente poi è ricomparso e, oggi, finalmente, lo spazio alpino e EUSALP costituiscono una strategia europea.
Guardate che è un enorme cambiamento, dalla nostra prospettiva scientifica significa poter avere una dimensione di lavoro che è quella giusta su cui si può lavorare.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPPRESIDENTE MOTTA



PRESIDENTE

La parola al Presidente UNCEM Piemonte, Lido Riba.



RIBA Lido, Presidente UNCEM Piemonte

Non conosco il Professore, ma ho apprezzato il suo intervento, in modo particolare l'affermazione che il progetto EUSALP dovrebbe essere, nelle intenzioni dell'Unione Europea, un progetto di rivalutazione delle Alpi ivi comprese le Regioni alpine, e non delle Regioni alpine ivi comprese le Alpi (nella distinzione non mi addentro, ma è evidente).
Se non mi chiede di pagare il copyright dei diritti l'autore, cito l'ex Assessore Gian Luca Vignale, che girando, a fine mandato, per i GAL in Piemonte soleva dire, in piemontese "avuma spendù an barun 'd sold ma non si vedono" (abbiamo speso un mucchio di soldi, ma non si vedono) in montagna. Sono due elementi entrambi appropriati, dai quali si deve partire, se vogliamo che l'EUSALP sia un elemento di discontinuità e di cambiamento.
In questi dieci anni è profondamente cambiato tutto il contesto della funzione dell'economia, comprese l'economia montana e l'economia regionale.
Cito solo due dati, perché non abbiamo tempo.
Il primo - la montagna - è un elemento di complementarietà all'economia urbana, soprattutto torinese, ma urbana in generale, in quanto forniva manodopera, risorse ambientali e disinquinamento, materie prime, in qualche maniera, e la parte ludica, che era tradizionale, risale alle prime salite e scalate.
In questi dieci anni, la città ha smesso di svolgere qualsiasi funzione, non ha bisogno di manodopera, anzi, ne restituisce eventualmente; comunque, ha bisogno di manodopera di tipo diverso, non più amanuensi attaccati ai torni, caso mai necessita di elementi culturali, che occorre produrre tutti insieme.
Contemporaneamente, la montagna è individuata come un settore altamente qualificato per produzioni che noi non abbiamo ancora individuato come tali, e qui c'è una politica da rifare! Vedete, la montagna non ha cinquecento cose, non ha grandi capitali non può fare investimenti, non può ospitare una sezione della LUISS (anche se qualcuno ogni tanto straparla). Comunque sia, la montagna ospita una agricoltura di altissima qualità, che in questi anni è stata deteriorata in funzione degli interessi della pianura.
Una volta in montagna c'erano le aziende agricole e zootecniche che producevano prodotti fini, esattamente come avviene in Svizzera, in Austria o nell'Alto Adige. D'inverno scendevano - ci sono anche delle poesie di D'Annunzio che ne parlavano - a mangiare il fieno in pianura. Adesso le montagne non ospitano più niente: le aziende sono zootecniche di pianura e salgono a mangiare l'erba d'estate, grazie ai contributi dell'Unione Europea, se no potrebbe essere una.
Se capovolgiamo la situazione, i nostri formaggi raddoppiano di valore come quelli della Svizzera, eccetera eccetera.
Veniamo al legno: non penso di far torto al Consiglio regionale se dico che produciamo 22 milioni di quintali di legno all'anno e ne consumiamo circa tre. Ne importiamo circa 15 milioni, ivi compreso il legno da ardere cioè il pellet - e tutto il legno da opera. Il nostro sta lì e quello degli altri.
Perché il legno si coltiva! L'ambiente si coltiva! L'agricoltura si coltiva! L'industria si coltiva! Noi siamo ancora allo spontaneismo, "piuma lòn ca ven" (prendiamo quello che viene). Tra l'altro, codesto legno sopraccitato, ci consente di assorbire 24 milioni di quintali all'anno di CO2, quando la montagna, tutta assieme, ne produce sì e no un milione o un milione e mezzo. Naturalmente, questo ha un grande valore economico e ambientale, ma non è pagato. Ma perché non è neanche conosciuto! Bisogna, allora, ridefinire la montagna in questo nuovo cambiamento, e considerarla non più come elemento complementare alle esigenze della città ma come elemento di continuità di un'economia regionale. Non può più succedere che, attraversato il Sangone, è come aver passato lo Stige, per cui dall'altra parte c'è una situazione drammatica e infernale di sottosviluppo e arretratezza. Però è così, nel senso che i parametri. poi la povertà è un'altra cosa. La povertà oggi si misura da altro.
Questo è un concetto di cui discutevamo con il Presidente Avetta a proposito detta della Città metropolitana: la Regione deve avere una sua continuità di sviluppo, che cambia nelle caratteristiche, ma che è uguale nella sua affermazione complessiva. Per cui si passa da un paesaggio urbano con le sue caratteristiche ad uno rurale, ad uno montano, e in ogni posto c'è uno spazio per la produzione. Se no, non capireste perché mai la Regione del Trentino Alto Adige, al di là dei trasferimenti statali, ha un PIL superiore a quello della Lombardia o di altre realtà. Bisogna ripensare: questa economia non c'è! La montagna ha prodotti ecologici, ha prodotti agricoli, prodotti forestali, prodotti turistici. Noi, però, abbiamo un grosso deficit, al di là di tutte le grandi e intelligenti considerazioni che ho sentito, e questo problema va posto alla Giunta e al Presidente Chiamparino.
Sempre in riferimento al dibattito sulla Città metropolitana, oggi abbiamo bisogno di passare da una programmazione per capitoli ad una programmazione generale, altrimenti facciamo, al massimo, dei piani di settore, per cui il turismo fa il suo, l'agricoltura fa il suo (il più grande e il più sviluppato), l'industria fa il suo, e così via. La programmazione non so quanto sia un temine dequalificato, ma la programmazione è, di nuovo, la considerazione di un concetto di sviluppo integrato dove si collocano le risorse, i fabbisogni, si realizzano le esigenze che bisogna realizzare, si fanno gli investimenti, si prepara la gente, si crea il sapere e si va avanti. Questo è quanto abbiamo bisogno.
A questo punto, Presidente Chiamparino, abbiamo un grosso storico deficit. Ma se in passato quel dannato deficit non ci aveva mandato in rovina in montagna, perché la complementarietà con la città faceva sì che comunque, la marginalità venisse mantenuta attraverso un po' di sussidi, un po' di questo e un po' di quest'altro, quello che tu dicevi "poi i soldi non si vedono": e certo che non si vedono, servono per tamponare le falle per sopravvivere in una situazione.
Oggi non è più così. Perché se non si rimette in piedi lo sviluppo di questo pezzo del Piemonte, il resto, quello sviluppato, ossia le Città metropolitane di cui tanto giustamente si parla, non hanno più i mezzi per integrare quello sviluppo carente montano.
Bisogna, per esempio, ripensare alla concezione dei servizi: ne approfitto per parlarne vista la presenza dell'Assessore Balocco (ma non solo).
Le tematiche di cui si parla sempre a proposito dei servizi nelle zone interne sono, appunto, i trasporti, la scuola, la sanità e lo sviluppo economico. Ma io li metterei in un altro ordine di priorità, perché lo sviluppo economico non è un elemento residuale, che si fa tanto per fare.
Lo sviluppo è il perno: se c'è sviluppo, c'è l'insediamento e quant'altro.
Se manca lo sviluppo, puoi fare tutti i trasferimenti che vuoi, ma per mille ragioni che non starò qui a ripetere non saranno sufficienti alla sussistenza. Quindi ci vuole lo sviluppo.
Noi possiamo continuare a programmare il giro delle corriere da 30 posti che vanno dove ci sono 15 abitanti due volte al giorno e poi, se ho bisogno di trasferire un anziano, non è disponibile? Veniamo ai servizi: io ho perso interesse a litigare con le Poste, perché tanto fanno quello che vogliono. Ma vorrei che aprissimo dei servizi - c'è una politica vecchia come il mondo in Regione, mai arrivata al successo - dove abbiamo un centro con un bar, un ristorante, la vendita di giornali, la distribuzione dei tabacchi, la distribuzione delle poste, le ricette, eccetera eccetera.
Parliamo, cioè, di centri multiservizi, dove c'è anche la multiprofessionalità del titolare che magari, a chiamata, fa anche il servizio di taxi o altro. Non mi dilungo, ma la situazione va ripensata.
Che cos'è che, a questo punto, diventa per noi un elemento fondamentale? Capire che se continuiamo così come stiamo facendo adesso rischiamo un grande fallimento.
Vediamo, ad esempio, il supporto a tutti i servizi e alle attività produttive, la cosiddetta banda larga: sono sei mesi che cerchiamo di sapere - ne parlerà meglio di me il Presidente Borghi - che cosa ne faremo se ci potrà essere o meno. Noi non è diciamo che dovete farla, ma diteci almeno che cosa intendete fare. Perché poi in giro si sono 200 operatori privati, e ciascuno fa un tratto per andare su una punta, su un'altra.
Alla fine spendiamo un mucchio di soldi, ma i risultati non si vedono.
Perché poi i servizi, come abbiamo constatato, sono carenti: il 60% dei paesi sono privi di televisione, di radio o di tutti e due.
Noi abbiamo bisogno che in questa idea di riorganizzare la montagna questo 52% del territorio, con una popolazione non densa, perché non c'è più e difficilmente la gente si sposta verso la montagna, fa parte della poesia: "Settembre, andiamo. È tempo di migrare" (era al contrario, non era quella che diceva di salire su!). Se vogliamo tenere intelligentemente quello che c'è, dobbiamo avere una programmazione interconnessa fra tutti i vari settori. Così com'è adesso, l'organizzazione della Regione, a mio avviso - mi permetto di denunciarlo, ma lo facciamo con lo spirito più costruttivo di questo mondo - ha bisogno di una revisione. Perché noi, come territorio montano, non siamo inaccessibili come lo sono, invece, altre realtà montane.
Una volta, in Regione, quando capitava che ci mandavano a fare degli stage inerenti le montagne di tutto il mondo, si diceva: "Voi siete matti: avete le montagne a 20 o 30 chilometri dai luoghi più sviluppati del mondo di che cosa vi lamentate?". Pensate alle Ande, dove ci sono almeno 200 chilometri dai centri. Non solo. Ma non siamo neanche più a 20 o a 30 chilometri dalle zone più sviluppate del mondo, perché siamo interconnessi.
Perché se andiamo a guardare la punta delle vallate, le Alpi olimpiche Limone, probabilmente Alagna, non so Macugnaga (forse è piccola), si è riscoperta la funzione economica di quella montagna.
Ce n'è ancora da riscoprire: questa, per esempio, è una richiesta che avanziamo agli Assessori tutti, di scoprire la funzione economica delle terre di mezzo. È una grande scommessa.
Per finire, Assessore, per evitare che questa programmazione che sta partendo finisca di nuovo per essere una compilazione di piani settoriali che non hanno una direzione strategica politica e culturale, abbiamo bisogno che si ripensi l'assestamento.
Secondo me, modestamente, riferendomi ai precedenti storici l'Assessorato alla montagna dovrebbe essere il settore di direzione strategica di tutto ciò che si interconnette con la montagna, altrimenti diventa soltanto l'elemento amministrativo per sistemare le Unioni, non le Unioni. Tra l'altro, una cosa che l'Assessore Valmaggia, con tutto il nostro consenso dice sempre è: "Ci deve essere un primato nella programmazione dell'utilizzo delle risorse da parte delle Unioni montane".
Qui abbiamo abbondato: ne abbiamo 53 - "suma 'ncuntra al bun e anduma avant" - abbiamo battuto ogni record in Italia e credo in Europa fermiamoci lì.
E poi che cosa gli diamo da fare? Cioè, loro dovrebbero essere i soggetti apicali nella programmazione, e invece? Il 22 di aprile i GAL presentano già i loro Piani di sviluppo, autonomamente gestiti attraverso un settore, un segmento dell'Assessorato, come sempre storicamente prescindendo da qualsiasi cosa che abbiano da dire.
Non è che ce l'abbia con loro o dico che fanno male: fanno bene, perch fanno il lavoro che gli è stato assegnato e gli stato detto, ma qualcuno pensa che ci dovrebbero essere queste 50 Unioni messe in condizioni di avere un ruolo generatore di ragionamenti e poi una Regione e un'area regionale dove si seguono complessivamente le politiche della montagna? O si fa presso l'Assessorato alla montagna, o si fa, Presidente Chiamparino presso la Presidenza della Giunta. Ma non è possibile andare avanti inventando pezzo per pezzo.
Ne dico una, e finisco. Noi dobbiamo raccogliere circa un milione di metri cubi di acqua attraverso laghetti montani, se vogliamo che non vadano a ramengo le nostre stazioni sciistiche. Quelle del Trentino hanno il lago: basta che nevichi e che faccia freddo un giorno all'anno, fanno la neve per tutto l'anno e poi, se non nevica più, tanto meglio, avanzano di spendere soldi a togliere neve, ecc. Da noi non ci sono questi laghetti, dove hanno fatto qualche cosa sembrano degli stagni e non ci vanno neanche i rospi e quindi sono anche incompatibili dal punto di vista ambientale, dobbiamo fare questa politica. L'UNCEM è d'accordo, la montagna non è contraria, ma chi è che lo fa? Il trasporto, il turismo, lo sviluppo, ecc.? La banda larga, chi è che la fa? Quindi concludiamo chiedendo questo: un'organizzazione strutturalmente predisposta, in modo che lì si possano versare esigenze, richieste e proposte e che di lì si possano irradiare gli indirizzi politici per la programmazione, l'uso delle risorse, ecc. Certamente questo è un periodo benedetto in cui partiamo con alcuni milioni di disponibilità di risorse se dovessimo di nuovo concludere che ne abbiamo spesi tanti e non abbiamo ottenuto quello che volevamo sarebbe un elemento triste, però d'altra parte bisogna sapere che cosa vogliamo ottenere, per poterlo ottenere complessivamente.
Grazie molte.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAUS



PRESIDENTE

Grazie al Presidente dell'UNCEM, dottor Riba.
La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente. Innanzitutto un saluto e un ringraziamento agli ospiti presenti.
Ritengo che vadano segnalati alcuni aspetti della nostra Regione almeno dal punto di vista dei dati rispetto alla programmazione europea.
Quando la Regione Piemonte, il 18 ottobre 2013, sigla a Grenoble, con tutti gli altri Stati e Regioni dell'attuale Macroregione alpina, la strategia macroregionale delle Alpi, sigla un primo aspetto importante di politiche comuni.
In seguito anche all'aver siglato l'accordo di Grenoble, nel documento strategico unitario, che è il documento di programmazione di tutti i fondi europei, il nostro documento strategico unitario contiene un capitolo, che è la "Strategia unitaria per la montagna piemontese", perché si ritenne fondamentale cercare di superare quello che Lido Riba diceva prima, cioè interventi frammentati in più settori.
Vedete, quando noi discutiamo di politiche, ormai nell'ultimo quinquennio e anche di più, noi cerchiamo di avere chiaro un aspetto, cioè abbiamo bene in mente quelle che sono le attività da svolgere, ma per la mancanza di risorse non riusciamo ad attuarle.
La montagna non è in questa situazione. Io ricordo solo quali sono le risorse che sono state investite nella montagna nell'ultima programmazione europea, distinguendo volutamente quelle che sono le risorse regionali perché le risorse regionali servono a pagare gli stipendi dei dipendenti delle Unioni montane e poco altro, dai fondi europei, quindi i dati che ricordo sono dati che riguardano solo i fondi europei. Il mio dato non è aggiornatissimo perché è del 2014, quindi ci può essere stata qualche piccola modifica.
Fra il 2007 e il 2014, quindi l'ultima programmazione, nelle terre montane piemontesi sono stati investiti 473 milioni di euro: 52 nel FEASR quindi nel Piano di sviluppo rurale; 121 in misure specifiche per territori di montagna sempre nel FEASR, l'asse leader, quindi quello che finanzia i GAL, 52 milioni di euro, 65 milioni di FESR - quindi 65 milioni di fondo che finanzia le imprese - e altri 26 milioni di FESR, uno per il progetto ALCOTRA, l'altro per il progetto Italia-Svizzera. Invece, i fondi che sono andati davvero alle imprese, non in interventi esclusivi di cooperazione sono 60 milioni di euro e 95 di FSE (Fondo Sociale Europeo).
Se noi domandassimo ad un amministratore comunale di questa regione se si è accorto dove sono andati i 95 milioni di euro di Fondo Sociale Europeo, che - ricordiamo - può finanziare attività di formazione istruzione, politiche sociali, oppure dove siano andati i 60 milioni di euro di FESR, relativamente al sostegno alle imprese, al di là del progetti transfrontalieri, credo che non lo saprebbe.
Pertanto, dobbiamo cercare di fare una cosa: mettere insieme le considerazioni che molti relatori hanno fatto in merito alle risorse che abbiamo, perché abbiamo l'uno e abbiamo l'altro.
Qual è il problema che si è verificato in molti anni? Il problema riguarda, in particolar modo, l'ultima programmazione, perché in merito alle montagne piemontesi, fra trasferimenti regionali e legge sulla montagna dello Stato, siamo arrivati - nel 2008 - ad avere anche un finanziamento di 60 milioni di euro. Quindi, l'ultima cosa che mancava in montagna erano i soldi: c'erano più soldi che idee.
Oggi abbiamo una situazione differente, però è anche differente da un punto di vista sociologico, perché - lo ricordava il dottor Ferlaino, e quando ho fatto l'Assessore alla montagna abbiamo utilizzato molto l'IRES è necessario parlare di montagna con dati puntuali, altrimenti rischiamo di parlare di montagna con l'idea che ci facciamo della montagna.
Intanto, dobbiamo affermare alcuni aspetti positivi: la montagna, dal 2001 al 2011, nei due censimenti, ha una crescita demografica dello 0,8%.
E' vero (come si vedeva dai pallini azzurri) che questa crescita demografica riguarda una serie di aspetti: una crescita maggiore nei Comuni di fondovalle, una crescita dovuta alla popolazione straniera e un aumento dell'età. La somma di tutto ciò, però, ci porta al fatto che certamente in montagna si è fermato lo spopolamento.
C'è un dato che ha visto le montagne piemontesi, per più di un secolo spopolarsi: l'emigrazione prima, l'andare verso valle, poi, ecc. Questo è un dato che si è fermato, e - anzi - anche in alcune realtà di alta valle (ripeto, lo si vedeva da quei pallini azzurri) noi abbiamo un dato di crescita del numero di residenti e abbiamo un dato anche positivo sul numero di nascite.
Il macrodato è che, se uno guarda la popolazione scolare, è una popolazione scolare che non diminuisce, ma aumenta. E allora, questi aspetti non possono non essere tenuti in considerazione in una programmazione, che deve essere necessariamente unitaria. Ma - badate unitaria non perché ce lo dice EUSALP, ma perché ce lo dice il documento di programmazione strategica della nostra Regione. Esso, ad esempio (cito solo un passaggio, altrimenti rischio di essere più noioso di quanto sono) richiama che la necessità di rimarcare o, meglio, circoscrivere l'ambito di ciascun fondo (FEASR, FESR e FSE), come ha fortemente ribadito anche in passato la stessa Commissione europea, doveva scaturire non solo da una mera attività redazionale, ma da un lavoro comune e trasversale alle strutture regionali, coordinate all'interno di un unico tavolo di lavoro interfondo, soprattutto in vista della redazione dei POR.
E' evidente che se noi continuiamo a fare dei POR sull'attività formativa, sull'attività di sostegno alle imprese o altro, che hanno un concetto - consentitemelo - cittadino, non serve a niente all'interno delle aree montane.
Di cosa ha bisogno la montagna piemontese? Innanzitutto, di declinare quello che c'è scritto nei nostri strumenti, cioè fare in modo che le risorse previste ricadano in montagna essendo utili.
Per fare questo, sono opportuni alcuni aspetti.
Un primo aspetto, che è l'ultima occasione (il titolo dell'IRES lo diceva in termini generali, io lo dico rispetto a questo: "Un'opportunità irripetibile") per colmare il divario digitale. Abbiamo 90 milioni (80 o 90, non ricordo) di euro investiti sulla digitalizzazione della nostra regione, 40 dei quali all'interno del FEASR, quindi 40 riguardano i territori rurali. Ad oggi, però, manca - e se c'è io non la conosco - una strategia regionale di digitalizzazione. Non è che nel passato non abbiamo speso risorse per la digitalizzazione (posso ricordare il Protocollo Telecom, i bandi successivi, ecc.), ma oggi manca un progetto che, intanto rilevi le necessità e, in secondo luogo, intervenga in modo puntuale.
Noi non abbiamo capito che una parte dello sviluppo economico dell'attrazione turistica o di qualunque ambito passa attraverso queste cose, per cui è importante che quando vado a casa mia in montagna io possa essere collegato alla rete con il mio telefono e, quando prendo la linea non debba sfinirmi per aprire una mail e, alla fine, rinunciare.
Se non abbiamo capito che questo è il futuro che passa attraverso lo sviluppo, spiegatemi come faccio a vivere in montagna o come faccio a operare in quella realtà che non mi consente quello strumento che garantisce il 50-60-70% di normalità della vita. I nostri parenti, figli o nipoti passano magari un tempo esagerato attaccati a questi attrezzi perché a volte li utilizzano per il gioco, ma è un tempo altrettanto importante perché ci si fanno i compiti, le ricerche, perché le imprese ci lavorano, ecc.
Questa è un'occasione irripetibile, ma lo è anche quella dei servizi domiciliari socio-assistenziali. Abbiamo visto come, nell'arco alpino abbiamo fortunatamente - dico io - la popolazione anziana più elevata d'Europa. E' evidente che non possiamo trasferire ospedali in montagna anzi li stiamo chiudendo anche al fondovalle o li stiamo riducendo, ma dobbiamo trasferire nelle aree montane i servizi alle persone che ne hanno bisogno (è sufficiente vedere il numero di famiglie monoparentali, che hanno bisogno dei servizi socio-assistenziali), perché ci costa meno che mandare queste persone all'interno di una RSA, perché continuano a vivere il loro territorio e perché questo genera posti di lavoro.
Guardiamo gli aspetti positivi che abbiamo all'interno di questa regione: un gruppo di azione locale, in due realtà piemontesi, ha investito sulla creazione di cooperative di servizi alla persona e ha generato posti di lavoro e nuovi servizi, con le risorse esistenti (non dobbiamo mettere un euro). Questo è un altro aspetto fondamentale.
Gli altri tre - e finisco, Presidente - riguardano i Fondi Sociali Europei, un piano sul sostegno alle imprese FESR, che sia personalizzato alle imprese di montagna, perché non possiamo avere un POR sul FESR uguale per Torino e per le valli, anche quelle olimpiche. Dobbiamo averlo ovviamente, modulare e differenziato. Dobbiamo avere, sulla formazione professionale, un'attività che incentivi quelle alte professionalità cui facevano riferimento Lido Riba ed altri, che non può essere la stessa.
Abbiamo bisogno di formare, anche in numeri piccoli, delle professioni che in montagna hanno una grande capacità, ma non hanno accesso alla formazione: una valorizzazione seria delle risorse energetiche e non solo declamata.
Io mi sono un po' stufato di dire - lo posso dire, perché finanziammo con una risorsa importante, la filiera dell'energia - che il legno è l'oro verde del Piemonte. Sarà anche l'oro verde del Piemonte, ma se il petrolio i Sauditi l'avessero lasciato sotto la sabbia, non sarebbe mai stato l'oro dell'Arabia Saudita. Se non facciamo modalità serie perché quel legno venga utilizzato, che è la produzione di energia o la produzione di legno da opera, non ve ne sono altri, difficilmente interverremmo.
In ultimo - lo dico perché c'è anche un atto di indirizzo di questo Consiglio - iniziative di defiscalizzazione. Va detto che vivere in montagna è difficile. Non possiamo continuare a dire che garantiremo gli stessi servizi di chi vive in pianura: è una balla.
Vivere in montagna è complicato, deve essere incentivato. Così come noi ci auguriamo - è stato messo in atto tutto per poterlo fare - che le nuove misure di compensazione per gli agricoltori in montagna siano quelle di altre Regioni e che consentano alle imprese agricole montane non solo di rimanere là, ma di fare, con quelle risorse aggiuntive, manutenzione del territorio.
La situazione che noi avevamo è che l'indennità compensativa, a 400 o a 1.200 metri, fosse uguale. Oggi abbiamo gli strumenti per farlo, queste cose insieme vanno fatte ma, come è stato detto precedentemente, in capo ad un soggetto che si occupi in modo trasversale di queste sensibilità.



PRESIDENTE

Invito tutti i partecipanti a stare nei cinque minuti, per dare la possibilità a tutti di intervenire. Ricordo che la seduta termina alle ore 13.
La parola all'onorevole Renata Briano, Europarlamentare.



BRIANO Renata, Europarlamentare

Grazie, Presidente.
Grazie per l'invito e complimenti anche per l'idea di quest'iniziativa importantissima sulla Macroregione alpina.
Importantissima in Europa. Tutti noi in Europa siamo assolutamente convinti che i contenuti di questa strategia devono passare attraverso una governance che parta dal basso, quindi un ruolo importante da parte dei Comuni e, soprattutto, delle Regioni che sono protagoniste. Cercherò di essere breve, affinché l'obiettivo di questo incontro, per noi che decidiamo in merito a questa Macroregione, non sia soltanto quello di raccontarvi cosa stiamo facendo e quali sono i problemi, ma anche quello di ascoltare per poi portare ciò che abbiamo ascoltato in Europa.
Mi sembra che tutti gli interventi puntino sul fatto di come sia importante incentrare la strategia alpina sulla regione alpina. Questo non è così scontato in Europa. Lo dico perché tutti gli interventi hanno trattato di questo, ma per i colleghi europei che siedono e che fanno parte di questa regione, la Macroregione è un territorio più ampio, che dentro di sé ha delle grandissime città, importanti e ricche regioni, anche urbanizzate, che ne fanno una, se non la più ricca, d'Europa, come è stato detto.
L'onorevole Bresso ha spiegato il suo lavoro, lei è relatrice della Macroregione alpina, ma in Europa, proprio per la trasversalità dei temi chi siede nelle varie Commissioni - per esempio quella dei trasporti, io in quella dell'ambiente - lavora per costruire delle opinioni, quindi rendere trasversali le politiche legate alla strategia alpina.
Che parere ambientale costruire? Il primo dato che emerge e che la Commissione Europea ci ha dato è che la Macroregione alpina è l'area, dopo il Mediterraneo, più ricca di biodiversità in Europa, ed è anche il più gran serbatoio di acqua di tutto l'intero continente. Se ci fermassimo qui potremmo costruire un parere ambientale che va verso la difesa di questa risorsa, ma non è assolutamente il punto su cui vogliamo lavorare. Dobbiamo partire dal fatto che questa Macroregione ha in sé grandissime diversità territoriali e che, fra l'altro, la biodiversità che fa parte di questa Regione non è lì perché c'è la biodiversità e l'uomo non ha fatto niente ma in realtà quella biodiversità c'è anche per opera dell'uomo. Penso a tutto quello che è stato detto sulla gestione forestale, sull'agricoltura sulla gestione degli ambienti e così via. Una biodiversità che non è lì perché non si fa niente ma, perché, in qualche modo, c'è stata un'evoluzione anche delle attività umane.
Quello che sto cercando di fare, e su cui mi sembra che anche i colleghi degli altri Gruppi siano d'accordo, è di diversificare le decisioni, in materia anche ambientale, a seconda degli ambienti. Un conto sono le aree urbanizzate, un altro sono le aree di montagna. Come abbiamo visto dai grafici e dalle cartine precedenti nelle slide, non tutta la montagna è uguale. Purtroppo è stato detto che la Liguria forse è la più arretrata, quella che ha più problemi, poi c'era la zona occidentale diversa da quella orientale ma, obiettivamente, c'è una montagna che per il turismo, ma anche perché forse nell'investimento sul territorio ha fatto di più nel passato, ha una situazione diversa - penso all'Alto Adige o alla Baviera - rispetto alle problematiche che abbiamo nei piccoli Comuni delle Alpi più occidentali. Questo sicuramente è un punto su cui stiamo lavorando.
Cerco di essere concisa, in modo che i punti dell'opinione possano anche essere oggetto di discussione.
Per quanto riguarda aa trasversalità dei temi ambientali, non bisogna pensare che soltanto chi si occupa di ambiente fa politiche ambientali in questa Macroregione. L'abbiamo detto: l'agricoltura, la gestione forestale ma anche lo sviluppo economico possono influenzare l'ambiente nelle loro attività.
Penso al tema dei cambiamenti climatici, lo abbiamo detto tutti. E' chiaro che questo parere si incentrerà sulla lotta ai cambiamenti climatici, ma intanto dei cambiamenti climatici oggi, in questa Macroregione, sono responsabili soprattutto le zone industriali e le zone urbanizzate, rispetto a quelle di montagna. Da un lato, dobbiamo chiedere un grande sforzo nelle zone dove si produce maggiore inquinamento e produzione di CO2 e di agenti inquinanti, uno sforzo nella riduzione.
Invece le zone di montagna subiscono gli effetti di questi cambiamenti climatici. Penso allo scioglimento dei ghiacciai, ma anche allo spostamento delle specie alpine che vedono cambiare le condizioni ecosistemiche proprio per i cambiamenti climatici. Cercare di differenziare le nostre scelte e chiedere anche sforzi diversi.
L'Europa è anche quella delle regole e spesso viene odiata perché dà troppe regole, ma dovremmo cercare di dare regole un po' meno severe forse, sul tema ambientale, per chi vive in montagna e per facilitare la vita di chi vive in montagna, rispetto a chi vive nelle zone più densamente popolate.
L'altro aspetto su cui incentrare - l'aveva detto con convinzione anche il Presidente Chiamparino quando avevamo fatto un incontro a Bruxelles sulla strategia alpina - l'attenzione è il tema del dissesto idrogeologico forse quello più importante da un punto di vista ambientale. Comprendere che il dissesto idrogeologico è dovuto a cause molto diverse tra di loro è importante. Fare in modo che le popolazioni rimangano in montagna presidino il territorio, con l'agricoltura e la gestione delle foreste è una lotta a questo dissesto, così come la lotta ai cambiamenti climatici.
Su questo dobbiamo lavorare.
L'altro tema su cui tutti siamo concentrati, cercando di tararlo con grande equilibrio, è il tema del consumo di suolo. Un altro tema importante legato al dissesto idrogeologico. Nelle città si tombinano i rivi o si costruisce sugli argini, ma chiaramente in montagna bisogna cercare di evitarlo, per cercare di tenere le persone affinché il territorio venga gestito e non vi siano crolli.
Terminerei qui, perché questi sono i temi principali su cui stiamo lavorando e ascolto volentieri gli altri interventi. Siamo ancora in tempo per aggiungere, nel nostro parere, anche idee nuove.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'onorevole Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Mino, Deputato

Grazie, Presidente.
Pochissime e brevi considerazioni, perché molte cose le hanno già dette coloro che sono intervenuti prima di me e anche perché il mandato che ci avete dato, ad essere sintetici, voglio provare a prenderlo sul serio.
Una premessa. Pochi territori come quello montano hanno tratto giovamento dalla capacità di fare programmazione integrata sul territorio.
Laddove questo è stato fatto si sono visti risultati positivi e credo che l'esperienza nella quale siamo incamminati di questa strategia macroregionale alpina possa essere, su scala più ampia, un'opportunità di questa natura.
Svolgo innanzitutto una prima considerazione. Io credo sia un successo non banale che l'Unione Europea abbia colto una proposta di tal genere e che stia lavorando su questo tema. Credo non sia banale perché il rischio era di veder "sciogliere" ragionamenti sulla montagna dentro un coacervo di altri interessi, tutti più o meno uguali. Il fatto che noi oggi siamo qui a parlare di una delle cinque strategie macroregionali attualmente riconosciute credo sia un termine di consapevolezza da cui necessariamente possiamo e dobbiamo partire, avendo contezza che quella che abbiamo di fronte è una straordinaria opportunità. E lo è proprio per il fatto che sia stato approvato dall'Unione Europea questo tipo di percorso e con quei contenuti che hanno le strategie macroregionali.
E' stato detto prima: noi qui parliamo di competitività di un territorio e di territorio come luogo di connessione, sia fisica sia delle idee - tradotto brutalmente, quindi, parliamo di strade e ferrovie, ma anche di internet, ecc. - sia di coesione. E il fatto che noi stiamo affrontando questo - è stato già detto anche da alcuni che sono intervenuti prima - è una straordinaria opportunità, non tanto per il fatto che noi siamo qui a parlare dei problemi della montagna in quanto tali, ma per il fatto che siamo qui a parlare di una delle Strategie che l'Europa mette in campo come sua opportunità in termini di sviluppo, di connettività e di coesione sociale, cosa che rappresenta quindi il riconoscimento a quest'area della possibilità di giocare un ruolo strategico per il futuro non della montagna ma dell'Europa. Da questo punto di vista, quindi, io credo che il lavoro grosso che dovrà essere fatto in generale sia quello di valorizzare questo tipo di consapevolezza che è emersa.
E proprio alla luce di questa considerazione, credo che dobbiamo fare molta attenzione, perché il rischio che si corre quando si affrontano questioni strategiche come quella attuale è di avere un bivio con due strade di fronte: da una parte la possibilità di fare una di quelle grandi operazioni di carta e virtuali che, alla fine, non serviranno assolutamente a nulla; dall'altra, l'idea di scommettere su questo tipo di percorso e provare a dargli sostanza. E anche a questo proposito, il rischio che noi corriamo è quello di affrontare questo tema, perché "visto che c'è la partita, ci stiamo dentro", oppure quello di provare a giocare quella partita da protagonisti.
E' stato detto prima da alcuni interventi, che ho trovato molto puntuali, che tutti i percorsi nuovi e tutte le strategie nuove che nascono sono guidate da qualcuno: chi le guida le disegna e le disegna, ovviamente sul proprio vestito. Guidare questa partita e giocarla da protagonisti quindi, non è una questione banale, perché vuol dire disegnare il vestito della futura strategia sui propri problemi, sui propri bisogni, sulle proprie opportunità.
Da questo punto di vista, credo che il Piemonte abbia tutte le carte in regola per essere tra i soggetti che giocano e trainano questa partita. E credo che in questo quadro - finisco subito, Presidente - più noi giochiamo questa partita avendo consapevolezza che quello è l'orizzonte e l'obiettivo, e più la giochiamo in quest'ottica, facendo gioco di squadra con tutti i soggetti economici, sociali, istituzionali che operano su quel territorio, più probabilmente saremo in grado, nel concreto, di dare all'onorevole Briano (in questo caso) le indicazioni puntuali su cosa dev'essere scritto su quel parere e sui documenti che verranno varati.
Oggi, infatti, probabilmente questa può sembrare una cosa banale e di orizzonte molto fumoso, ma domani quei documenti saranno la base su cui magari verranno varate misure che riguarderanno poi tutto il territorio; e se noi avremo giocato una parte da protagonisti, avremo agito da dentro e li avremo disegnati come serve a noi, ci serviranno. Se no, per l'ennesima volta quando si tratta di strategie europee, ci troveremo a dire: si tratta di un bellissimo progetto, ma è tagliato sui Paesi del Nord. E certo! Loro hanno giocato la partita e noi eravamo lì a fare i comprimari! Io quindi faccio veramente gli auguri e credo che la Regione Piemonte abbia tutte le carte in regola per giocare questa partita da protagonista.
Siamo all'inizio di una grande sfida e credo sia una sfida che il Piemonte non può non vivere come centrale per il suo futuro.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola all'onorevole Simonetti.



SIMONETTI Roberto, Deputato

Grazie, Presidente.
Anch'io entro nel solco di quanto è stato fin qua affermato, che è del tutto condivisibile.
L'ultimo intervento dell'onorevole Taricco è centrato, nella direzione di dare un ruolo al territorio padano che entra all'interno di questa realtà europea. Ed è chiaro che costruire il vestito addosso alle competenze e alla forza che i nostri territori possono dare significa avere anche una forza istituzionale che all'interno di EUSALP possa andare a contrattare come minimo alla pari.
Il problema di fondo è che il futuro per gli assetti regionali e per i Consigli regionali non è così roseo come probabilmente può essere altrove.
Non è roseo per una serie di modifiche costituzionali, che certo portano a tutto tranne che ad un'evidenziazione del regionalismo. La riforma della Costituzione - che andrà ad essere votata la settimana prossima alla Camera, poi al Senato in quarta lettura e sarà successivamente sottoposta al referendum di settembre - porta a tutto tranne che ad avere delle Regione forti all'interno di un assetto europeo che sta cercando in tutti i modi di allargarsi, di avere una concentrazione verso l'alto dei poteri dello Stato che stiamo comunque da sempre concedendo: la Polizia europea la necessità - dicono - di avere un Ministro dell'Economia europeo, ecc.
Questo significa quindi che neanche più il Parlamento potrà determinare le proprie politiche economiche e, di riflesso, le politiche nazionali di sviluppo: sarà l'Europa a decidere. Ma nel contempo non c'è una devoluzione verso il basso del potere da parte di Roma: c'è un accentramento.
Vediamo che gli articoli 116 e 117 della Costituzione svuotano completamente il potere delle Regioni, perché le materie che fanno parte dei temi di EUSALP - quello dell'innovazione, dei settori strategici dell'infrastrutturazione e del lavoro - sono tutte materie che prima erano per lo meno concorrenti e che adesso vanno ad essere direttamente a carattere esclusivo da parte dello Stato. E questo probabilmente toglierà forza ai sette Presidenti delle nostre Regioni nei confronti di aree che hanno lo Stato federale e Länder forti: la Germania ha un sistema di Länder forti e l'Austria è federale; per non parlare, poi, dei territori francesi.
Spero quindi che ci sia un segnale anche in questo senso: non solo quello di affermare la validità di un progetto, ma anche quello di volere che i territori non vengano ad essere annacquati anche a livello istituzionale e non solo identitario; che si faccia in modo che queste riforme portino devoluzione di competenze verso la Regione e verso i territori e non che li impoveriscano. Altrimenti, infatti, non dico che la partita sia persa, ma non sarà una partita da protagonisti, come sottolineava adesso giustamente l'onorevole Taricco. E questo è l'appello che aggiungo rispetto a tutti quelli che sono stati fin qui espressi, dei quali non posso che riconoscere il merito e la bontà, rispetto alla grande previsione del rapporto della montagna nei confronti della città e delle problematiche delle grandi aree urbane.
Presidente, mi fermo qui, anche per lasciare spazio e anche perché sono già tre ore che si dibatte. Ringrazio di questa possibilità di riferire in questo consesso e spero nelle leggi e nelle iniziative che poi questo Consiglio regionale farà in riferimento a questa possibilità di avere un'Europa vera delle Regioni e non degli Stati nazionali: un'Europa delle Regioni che a mio avviso, all'interno di questa grande amalgama senza identità che si sta configurando come Europa, potrebbe dare veramente un senso forte a tutti. Auspico che non ci sia, poi, la clausola di supremazia per la quale l'iniziativa all'interno di EUSALP di un determinato sviluppo infrastrutturale lede l'unità e l'interesse nazionale. Mi auguro che non si vada verso il governo di una persona non eletta a scapito di un Consiglio regionale eletto che ha fatto una legge, che ci dica che quell'intervento non è valido e che, pertanto, costituzionalmente ha la possibilità di cancellarcelo.
Non penso che questo sia un futuro in cui noi auspichiamo di vivere.
Purtroppo le istituzioni parlamentari stanno andando in questo senso e auspico quindi un ravvedimento operoso "in corner" con il referendum di ottobre.
Grazie.



PRESIDENTE

Rinnovo l'invito a contenere i tempi degli interventi.
La parola al Consigliere Appiano.



APPIANO Andrea

Grazie, Presidente.
Come sa, io sono sempre sintetico, Presidente.
Ritengo opportuno dare uno spunto nel mio ruolo di Consigliere regionale, in quanto il dibattito di questa mattina avviene non in un consesso esterno, ma anche con la partecipazione dei soggetti che rappresentano la comunità regionale e quindi all'interno del Consiglio regionale.
Il Consiglio regionale di una Regione che ha delle peculiarità pu concorrere efficacemente, nella sua eterogeneità territoriale e comunitaria, solo se, all'interno di una strategia più ampia, queste peculiarità proprie vengono in qualche modo riconosciute e valorizzate.
Non a caso, veniva citato tra le premesse che il nostro è un territorio dove i due terzi della superficie è a "marginalità geografica", pessimo termine per descrivere quelle che, invece, possono essere anche delle potenzialità e quindi degli elementi positivi, dove il numero di comunità locali e di Comuni rispetto ad altre Regioni d'Italia è molto più grande dove il numero dei Comuni con ridotta dimensione demografica è percentualmente l'aspetto più rilevante.
Allora, se vogliamo che si concorra tutti quanti in questa importante strategia, secondo me, occorre fare tre cose.
La prima è avere il coraggio, la forza e l'intelligenza di difendere l'istituto di prossimità, di rappresentanza più prossima possibile, che è quello dei Comuni, che peraltro rappresentano il soggetto su cui si fonda la storia d'Italia, non solo in Piemonte, ma anzi in altre parti d'Italia ancora di più, evitando semplificazioni che dicono in modo tranchant che sotto una certa soglia di abitanti, non ha senso che esista un istituto di rappresentanza territoriale. Occorre calibrare, laddove questo può essere utile, laddove può non essere utile; probabilmente, un Comune piccolo all'interno di un territorio pianeggiante e prossimo ad un'area metropolitana non ha senso. Tuttavia, un Comune piccolo, in un'area molto periferica o, comunque, a difficoltà geografica-orografica ha un suo senso perché può essere l'elemento che garantisce, con servizi adeguati, che la popolazione resti in montagna, viva in montagna e possa quindi svolgere anche per conto dei territori più cittadini e più di pianura, un ruolo fondamentale.
La seconda cosa è darci degli strumenti per cui, almeno quando si definiscono le strategie fondamentali, città e montagna collaborino in modo paritario, come alcuni esempi già esistenti dimostrano. Ne cito uno per citarli tutti: nella gestione e nella programmazione della politica delle acque nel nostro territorio provinciale, da anni esiste un'Autorità d'ambito organizzata, secondo me, in aree omogenee, dove si è saputo un minimo concedere parità ai territori, seppure diversi tra di loro, e almeno nella definizione generale dei programmi e delle azioni ci si è sentiti tutti parte della medesima squadra e del medesimo progetto.
Ultima e terza cosa è che occorre coerenza tra il livello locale e il livello nazionale. Sappiamo quanto sia difficile, a livello regionale mantenere alcuni presidi, come ad esempio le scuole più piccole all'interno dei territori montani. Sappiamo anche come i nostri atti di programmazione cerchino da sempre di tutelare questo aspetto specifico della nostra Regione. E' chiaro, poi, che questo deve avere come coerenza un riconoscimento del valore di questi interventi a livello nazionale - e forse non solo - laddove poi vengono definite le risorse, gli organici e le potenzialità in mano a queste diverse realtà.
Quindi chiudo come ho aperto: dobbiamo fare squadra pur in diversi livelli, ma concorrendo al medesimo progetto e con una coerenza di intendimenti. In quel modo, una grande potenzialità, probabilmente, pu sviluppare fino in fondo tutti gli elementi positivi che sono descritti nelle premesse e nelle conclusioni.



PRESIDENTE

Grazie, collega Appiano.
La parola all'onorevole Borghi.



BORGHI Enrico, Deputato

Grazie, Presidente.
Ringrazio anche il Presidente Chiamparino per l'iniziativa di oggi, che è assolutamente opportuna e che, per certi versi, è anche necessaria, per consentire ad una Regione così importante come il Piemonte di poter esprimere il giusto, necessario e doveroso protagonismo all'interno di un'iniziativa di questa natura, non fosse altro per le questioni che ci sono state ricordate in precedenza. I dati che anche questa mattina sono stati rievocati in questo consesso ci dicono una cosa molto semplice: esiste una profonda differenza all'interno del territorio di riferimento nella quale la Regione vive e sul quale la Commissione europea ha dato mandato alle Regioni e agli Stati di realizzare un piano d'azione.
Nella realtà del Nord-Ovest, alla quale apparteniamo, vivere in montagna e scegliere di stare in montagna è un atto politico, perché tutto congiura contro questa ipotesi, mentre invece, in realtà diverse vivere in montagna è un atto strutturale con la natura, con l'identità, con il territorio, con la prospettiva, con la base socio-economica di quei contesti. Non è un caso che abbiamo degli indici demografici di popolazione, di invecchiamento e di mortalità delle aziende profondamente differenti tra il Nord, Nord-Ovest il Nord-Est, la parte più alta e la parte più bassa delle Alpi.
Quindi, abbiamo bisogno che il Piemonte stia dentro questo percorso con la propria caratterizzazione e con la propria specificità, nella consapevolezza che, essendo questo un fatto politico, è un fatto che presuppone e prelude a delle scelte. Lo dico così, avendola vissuta in altri contesti: vi è un grande differenziale culturale e identitario, che diventa, in questo caso, politico fra le Alpi del Nord-Ovest e le Alpi del Nord-Est.
Per le Alpi del Nord-Est la montagna è il rifugio del guerriero; se parlate con un bavarese, per lui la montagna è dove si va a riposare.
Quindi, turismo, loisir, ambiente. Per noi la montagna è un tutt'uno con la storia delle nostre comunità. Noi non abbiamo solo turismo, non abbiamo solo loisir, non abbiamo solo ambiente, ma abbiamo anche attività produttive, abbiamo comunità, abbiamo cultura, abbiamo una storia che è integrata fra - questa è la seconda questione - le cosiddette "terre alte" e le città metropolitane. Questa è un'altra sfida.
In Parlamento, lo scorso mese di ottobre, quando era viva la discussione rispetto all'esigenza se perimetrare il territorio di riferimento esclusivamente all'area della convenzione delle Alpi - lo dico al Presidente Chiamparino e faccio appello a lui affinché questa esperienza non sia il "convegnificio" permanente ed effettivo della Convenzione delle Alpi - o estenderlo anche alle realtà metropolitane, è stata scelta questa seconda opzione. Ma il Parlamento nella sua risoluzione dice che bisogna orientare i focus sui territori alpini nella loro relazione con le terre metropolitane, quindi bisogna che il concetto prioritario venga inteso non in una logica autarchica, ma nella logica in cui programmiamo e riprogrammiamo le politiche d'integrazione, perché le infrastrutture si possono fare in tanti modi: le strade possono essere fatte per mantenere le persone o per farle scappare, sono sempre strade, ma si calano in un contesto profondamente diverso.
Quindi, abbiamo bisogno che il piano d'azione che verrà scritto anzitutto, contenga delle forti iniziative di innovazione, perché quando diciamo che vi è la fragilità ecosistemica, che lo sviluppo sostenibile pu essere il luogo nel quale introdurre anche nuove forme di economia a bassa incidenza di carbonio, che è quello che ci chiede la UE e verso cui dobbiamo tendere, che abbiamo bisogno della costruzione di meccanismi di connettività non soltanto fisici, ma anche telematici - mi verrebbe da dire anche culturali - noi abbiamo bisogno di interpretare EUSALP come una grande capacità di frontiera di innovazione e non come un'operazione burocratica.
Questo è l'appello che faccio in questo contesto, sperando, pensando e ritenendo che il Piemonte abbia un ruolo importante in questa cornice, non un ruolo né timido, né burocratico e neanche di appalto esclusivamente - lo dico in maniera molto esplicita - alla Regione Lombardia, sotto questi aspetti. La Regione Lombardia è molto importante, però ci sono dei punti diversi di visione e su cui occorre aprire un confronto rispetto a questo tema, perché questa non è una Macroregione intesa in termini istituzionali è una strategia macroregionale. E' vero che il diavolo si nasconde nei particolari e non vorrei in questo contesto aprire la discussione, ma credo che siate tutti sufficientemente avvezzi e maggiorenni rispetto al fatto di comprendere qual è la profonda differenza, anche di approccio, tra questi temi e queste interpretazioni.
Concludo su questo aspetto. Penso che ci sia la necessità di riuscire a costruire un percorso omogeneo di articolazione, perché - e lo abbiamo fatto, nonostante qualcuno abbia altre opinioni - nella risoluzione che il Parlamento ha varato, abbiamo scritto a chiare lettere che devono essere le Regioni e gli Enti locali i protagonisti di questa strumentazione e di questa applicazione.
Quindi abbiamo bisogno di Regioni che, più che forti dal punto di vista della dialettica politica, abbiano una forte capacità di innovazione rispetto alla capacità di riempire di contenuti questa strumentazione ed anche - e questo è un tema che in Piemonte si pone in maniera fragoroso una forte capacità di riaggregazione della base amministrativa, perché non potranno essere i 550 Comuni montani del Piemonte da soli i soggetti adeguati a vincere questo tipo di sfida.
Sotto questo profilo, quindi, un allineamento della governance, che sia assolutamente coerente rispetto alle prospettive, è un elemento fondamentale sul quale la Regione Piemonte è anche un laboratorio aggiuntivo, perché qui vi è l'unica Città metropolitana d'Italia che tiene insieme una gran metropoli con una grande realtà di valli alle proprie spalle.
La sfida delle innovazioni si vince qui e, rispetto a questi temi un'iniziativa come questa credo sia assolutamente centrale per dare la giusta dignità ad una prospettiva di questa natura, che è una grande prospettiva politica.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, onorevole Borghi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Allemano; ne ha facoltà.



ALLEMANO Paolo

Grazie, Presidente.
Parto da questa considerazione: se chiedessimo ad un qualsiasi piemontese che cosa è EUSALP, risponderebbe, nelle migliori delle ipotesi quanti soldi ci sono e a chi vanno, se non risponde, come ha detto il Presidente, che è una marca di latte.
Credo che questa sia la domanda sbagliata. E' stato detto da chi mi ha preceduto che in passato ci sono stati tanti soldi e poche ricadute. Mi sembra del tutto evidente che la sfida sia la progettualità. Sono le idee che mettiamo in campo.
Questo, già di per sé giustificherebbe un impegno incondizionato in questa direzione, proprio perché con i soldi non siamo andati molto lontani, ma se li facciamo precedere dalle idee, probabilmente faremo un tratto di strada significativo, che sintetizzo in modo molto rapido. Se ci avviene, il mio impegno sia incondizionato, insieme a questo Consiglio, per questa strategia di Macroregione alpina.
La prima l'ha spiegata molto bene il professor Porro: l'identità dell'Europa. C'è poco da fare: l'Europa è fragilissima, ma noi saremo molto più fragili se non ci fosse l'Europa.
Mi piace pensare che la storia l'abbiano fatta soprattutto le aree montane e i valichi. Il buco del Monviso del 1480 è ancora lì, anzi, è stato rimesso in sesto da questa Assemblea; le matasse del filo spinato hanno preso la ruggine, alcune sono state rimosse, ma sono del tutte irrilevanti. Quella era la strada sbagliata della storia che ha lasciato solo morti. I tunnel ci sono ancora e sono il cuore dell'Europa.
La seconda ragione è che percepisco, ancorché ci siano differenze tra Nord-Est e Nord-Ovest, che ha spiegato bene l'onorevole Borghi, un senso di alterità della montagna rispetto alla pianura.
Ora, è del tutto evidente che, qualsiasi problema si affronti, che siano i parchi, il lupo o il turismo invernale, c'è una parte di montagna che dice: "Fermi, noi non ci fidiamo della pianura, noi siamo altra cosa.
Tutto quello che fate è un cavallo di Troia per svuotarci ulteriormente di forza e di potenza".
Questo è un blocco veramente forte, che ovviamente si accompagna ad un'altra visione, speculare ed altrettanto nefasta, della città che considera la montagna una specie di parco giochi. E' di tutta evidenza che questa è l'occasione per fare in mondo che la montagna e la pianura si sentano un unicum. Credetemi, psicologicamente tutto questo è fondamentale.
Nel percorso sui parchi abbiamo avuto un'ostilità pregiudiziale che impediva all'Assessore, e a chiunque ci ha messo del suo, di dire: "Guardate che forse è anche un'opportunità". Infatti, la percezione prevalente è: "No, è una cosa che viene da voi, quindi è sicuramente qualcosa che ci arrecherà ulteriore danno".
Questa cosa qui, o la rimuoviamo adesso o rimarremo sicuramente al palo, a prescindere dai soldi che verranno con il Fondo europeo di investimenti strategici.
La terza ragione - e qui sarà velocissimo, perché è stato detto praticamente da tutti - intercetta questo progetto, anche un percorso del nostro legislatore, che è quello delle aree vaste. Per quanto sia importante il Comune piccolo di alta montagna, non sarà questo che va nella Macroregione, ma saranno le 48 Regioni che, a loro volta, sono costituite da aree vaste.
Se non riusciamo a creare veramente un sistema tra alta, media e basse valle e città di fondovalle, Torino, nessuno di noi avrà un luogo, ancorch minimo, nella Macroregione alpina.
E' vero che le Unioni montane sono 53; è vero che è un percorso enormemente difficile, ma è anche vero che l'abbiamo iniziato e che è un percorso che ha solo un'andata e non un ritorno, perché indietro non si torna. Anche volendo, non ci sono più le ricorse, non c'è più il contesto economico e giuridico e la gente non ci crede più. Non si impegna più in un Comune se non c'è un disegno fatto.
Ultima annotazione. Sarà anche l'occasione per dare alla montagna il peso che ha, passando attraverso le sue risorse, che sono state citate: energia, biodiversità, il legno e il turismo.
Penso che con i nostri Assessori e il nostro Presidente riusciremo ad orientare le risorse del PSR del Fondo di sviluppo e di coesione e, con l'aiuto dell'IRES e degli Enti strumentali, riusciremo a fare in modo che il discorso non sia retorico o troppo alto, ma sia calato in azioni che passano attraverso questi strumenti.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Allemano.
La parola al dottor Avetta, Vicesindaco della Città metropolitana di Torino.



AVETTA Alberto, Vicesindaco Città metropolitana di Torino

Grazie al Presidente Laus e al Presidente Chiamparino per l'occasione di parlare di un tema che, per una Città metropolitana come la nostra, è certamente strutturale e strategico: il 50% del territorio della nostra Città metropolitana è montano (il 48%, per essere precisi). Non a caso questa mattina molti l'hanno richiamato.
EUSALP, è stato detto, è una strategia tra territori, tra territori che sono diversi ed unici, che hanno caratteristiche geomorfologiche molto particolari e peculiari, ma che sono interconnessi e legati da un destino comune, da un destino che è anche condiviso, almeno per il lavoro che facciamo noi, come ci dice la nostra esperienza. Tra questi territorio non ci sono confini naturali. I confini li abbiamo messi noi, ma in qualche modo, se vogliamo rispondere alle sollecitazioni e a quello cui saremo chiamati dal Manifesto di Ventotene, forse l'Europa è anche nata per cercare di superarli questi confini, quindi EUSALP in questo ci viene incontro.
In questo senso, la strategia alpina è per noi un'opportunità per individuare obiettivi che sono comuni, transnazionali e anche di consolidamento della nostra capacità di cooperazione transfrontaliera, e forse ci consente di fare anche qualche passo in più, qualche passo in avanti rispetto alle cose che ho sentito questa mattina, tutte molto interessanti nella nostra visione politica, perché credo che sempre più dovremmo evolvere da una semplice rete di relazioni tra territori ad una vera e propria alleanza - mi fa piacere che l'abbia anche detto l'onorevole Briano - tra aree urbane, aree rurali e aree montane.
Sempre più, le grandi aree rurali e montane dovranno darsi l'obiettivo di ridurre quel divario che ancora oggi c'è rispetto alle grandi aree urbane, che sconta ritardi per tante ragioni, incrementando però un'idea di sviluppo che sia sostenibile, coeso, diffuso e, soprattutto, differenziato a seconda delle diverse esigenze, tutti consapevoli che il beneficio sarà reciproco, dell'area metropolitana, più urbanizzata, così come dell'area più rurale.
Lo diceva la Senatrice Favero: questa alleanza vale per le politiche relative alle infrastrutture, ovviamente per quelli più tradizionali come i collegamenti relativi alla viabilità o ai trasporti, o per quelli che tradizionali lo stanno diventando, perché quando si parla di collegamenti che viaggiano su un mega diventa un po' fuorviante parlare di innovazione rispetto a questi numeri, quindi tradizionali lo stanno diventando.
L'esperienza di Città metropolitana è, in questo senso, un buon banco di prova. Riprendo un po' la sollecitazione di Enrico Borghi. Noi siamo una sorta di paradigma: 315 Comuni, il 50% del territorio è montano, è l'unica tra le Città metropolitane italiane a confinare con uno Stato estero, la Francia. Siamo l'unica Città metropolitana il cui territorio confina direttamente con un'altra Regione, che è la Regione Valle d'Aosta; abbiamo circa un milione di abitanti nell'area più urbana, se così vogliamo chiamarla; un milione e 200 mila abitanti stanno nell'area più rurale e nell'area montana.
Il nostro obiettivo politico e amministrativo è di trasformare quelle che sono apparentemente delle criticità in opportunità.
Per la Città metropolitana di Torino, il territorio è l'elemento qualificante, è quello che ci qualifica. Lo dico volentieri e l'ho già detto in altre occasioni: Torino, senza le sue montagne, è un'importante e media città metropolitana europea; con le sue montagna, Torino è un unicum a livello europeo.
Tutti sappiamo che Torino è stata Città olimpica - quest'anno abbiamo festeggiato il decennale - e lo è stata grazie al fatto che aveva all'interno del suo contesto, le montagne olimpiche. Tutti sappiamo quanto le Olimpiadi siano state un elemento fondamentale di accelerazione e di consolidamento di quella trasformazione che ha interessato direttamente Torino, ma che certamente si sta riverberando in modo positivo su tutto il territorio e, probabilmente, anche sul resto della Regione Piemonte rispetto alle politiche culturali e alle politiche di sviluppo turistico.
Noi dobbiamo trasformare le debolezze in opportunità.
Ringrazio, e lo richiamo, il Consigliere Appiano per avere fatto riferimento anche alla gestione e alla governance di ATO3, che è la governance che presidiamo come Città metropolitana.
Da oggi al 2033 ATO3 investirà su questo territorio un miliardo e 600 milioni per migliorare il servizio idrico integrato. Di questo miliardo e 600 milioni di investimenti programmati da oggi al 2033, molti interessano territori montani. Molto si può fare su questo fronte, perché questo modello di governance funziona e ce lo dobbiamo dire.
In questo senso aggiungo anche, e mi avvio alla conclusione, che l'esperienza di cooperazione che abbiamo maturato come Provincia di Torino fin dai tempi dell'Amministrazione Bresso e poi con l'Amministrazione Saitta, debba e possa essere ulteriormente consolidata sotto la regia della Regione Piemonte.
Lo diceva anche il collega Borghi: le Alpi possono rappresentare tante opportunità; per un tedesco sono un luogo di riposo e di turismo e lo condivido, per noi e per i francesi le Alpi sono una cosa un po' diversa.
Conciliamo nelle nostre terre alte attività turistiche che sono importantissime, ma le conciliamo anche con le attività produttive.
Lido Riba ha fatto riferimento ad attività produttive di grande qualità, che sono per noi e per i francesi anche la via verso il mare.
Chiaramente faccio riferimento alle Alpi che stanno all'interno della Città metropolitana, però è chiaro che noi abbiamo questo tipo di caratteristiche, che condividiamo con i francesi.
La Città metropolitana eredita questa storia e questa esperienza. Noi negli ultimi dieci anni abbiamo partecipato ad oltre 60 progetti europei ne abbiamo guidati 20 e abbiamo portato a casa qualcosa che sta intorno ai 100 milioni di euro. E' sicuramente un risultato significativo per un lavoro di cooperazione transfrontaliera. Sediamo al tavolo di Spazio Alpino e siamo impegnati con diverse proposte, peraltro l'ultima sulla nuova call.
Insieme alla Regione Piemonte e all'Assessore Valmaggia siamo seduti al Comitato di sorveglianza di ALCOTRA con la Francia. Tramite ANCI-Piemonte partecipiamo al Comitato di ALCOTRA con la Svizzera. Sappiamo e confidiamo di poter contare su una Regione presente, forte ed autorevole; dobbiamo però, per richiamarci a quella alleanza cui facevo riferimento prima evitare quelle frammentazioni che possono in qualche modo pregiudicare questo percorso. Questo lo dobbiamo evitare assolutamente.
Siamo pronti a dare il nostro contributo di esperienza, un contributo che è maturato negli ultimi 15-20 anni. Valorizziamo le nostre caratteristiche, coordiniamo e supportiamo i territori, in particolare i Comuni, soprattutto quelli più piccoli, nelle loro forme aggregative. E' evidente che abbiamo tanti Comuni e ognuno non può fare per sé stesso, ma è altrettanto evidente che, attraverso la costituzione delle zone omogenee e attraverso i meccanismi con cui si radica e si esprime l'attività della Città metropolitana, possiamo dare un contributo significativo di coesione e di coordinamento di queste politiche.
In altre parole, facciamo e tentiamo di fare, al meglio delle nostre possibilità, ciò che prevede la legge e la riforma Del Rio e il nostro Statuto. Del Rio ha affidato alle Città metropolitane, come avviene in tutta Europa, il ruolo di motore di sviluppo e di centri propulsori di innovazione e di competitività. Il dottor Viano ha fatto riferimento alla pianificazione strategica, una funzione innovativa e fondamentale che è affidata solo alle Città metropolitane.
Noi questo ruolo, con le caratteristiche e con l'esperienza cui ho fatto riferimento prima, lo vogliamo svolgere fino in fondo in stretta collaborazione e sinergia, come abbiamo fatto in questi anni, con la Regione Piemonte, però con una dimensione europea, con una dimensione transfrontaliera, che è connaturata alla nostra struttura rispetto alla storia e anche alla condizione geomorfologica della Città metropolitana di Torino.
Questo è il contributo che intendiamo dare e ringraziamo per l'opportunità, perché credo che parlare di montagna in una Regione come il Piemonte e parlare di montagna in una Città metropolitana come Torino sia probabilmente uno degli argomenti strategici che dobbiamo dare alla nostra visione politica e al nostro contributo amministrativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mighetti.



MIGHETTI Paolo

Grazie, Presidente.
Ponendomi a pensare alla questione EUSALP, mi sono posto alcuni interrogativi: in primo luogo, se esista una regione alpina e, in secondo luogo, se esista un problema della montagna alpina.
Una regione alpina propriamente detta, una regione che fa capo ad un centro riconosciuto, a dei poli satelliti e ad un organismo funzionale propriamente detto, nelle Alpi non c'è. C'è, in realtà, un confine fisico uno spartiacque che divide la regione alpina in diverse nazioni e in diverse regioni.
Questo problema, invece, della montagna alpina esiste ed esiste nelle differenziazioni che abbiamo visto anche grazie al contributo dell'IRES.
Esiste una montagna alpina fortemente sviluppata, esiste un'area est che per quanto si dica che sia sviluppata come area di svago e di riposo, è un'area anche fortemente impegnata dal punto di vista produttivo. Mentre c'è un'area occidentale che patisce fenomeni del tutto diversi, cioè di spopolamento e di problematiche di sviluppo economico.
Se c'è un problema di sviluppo della montagna, è un problema sicuramente di perequazione, di attrattività dei poli urbani che, di fatto prosciugano le risorse economiche della montagna; un'attrattività che non va solo a coprire tutti i servizi che vengono accentrati nei poli urbani ma va anche a coprire tutta una serie di attività economiche che spingono sia la popolazione sia le risorse a spingersi nei poli urbani.
La complementarietà di cui si parlava prima nell'intervento di Lido Riba - concordo - è ormai finita, ma credo che sia finita da più tempo e questo aggrava il problema. Per questo motivo, fare programmazione e fare interventi spot sulla montagna mi sembra del tutto riduttivo, viste le esperienze pregresse. Infatti, quello che è fortemente da evitare è intervenire per piccoli progetti, che non vanno veramente ad incidere sul tessuto economico della montagna.
Forse sarebbe meglio ripensare a quelle cartine dell'IRES e capire quali sono i sistemi di fiscalità che vanno ad agire sui vari territori e sui vari territori e quali hanno un successo dal punto di vista economico.
Abbiamo visto come l'area orientale, caratterizzata da altri Stati e da Regioni a Statuto Speciale, come Trentino e Friuli, abbia risvolti dal punto di vista economico assai migliori rispetto alla nostra montagna.
Inoltre, volevo evidenziare alcune problematiche. Si è parlato di comunicazione e di vie di comunicazione e connettività. Chiaramente il nostro sistema alpino ha bisogno di comunicazioni, ma ha bisogno anche di comunicare in maniera stretta e continua, ha bisogno di vie di comunicazione efficienti che, ad esempio, non rimangano chiuse alcuni anni per una frana. Alle valli alpine per comunicare non servono dei tunnel di base, che vedremmo con il binocolo, e di cui vedremmo invece i camion e i lavori per anni con tutti i problemi connessi.
Per quanto riguarda il problema della connettività, sono stati fatti centinaia di progetti; forse è il caso di andare a recuperare i vecchi progetti e le vecchie infrastrutture che sono state realizzate, metterle a sistema, per non perdere quello che si è già investito.
Inoltre, vi è un'altra problematica: si parla di strategie uguali per una Macroregione, ma agiamo su territori di Stati e Regioni diverse con diverse legislazioni. Abbiamo realtà molto diverse tra di loro e abbiamo delle microaree confinanti che hanno delle connessioni, ma non abbiamo delle connessioni sulla macroarea.
I programmi: qui veniamo alla questione fondi strutturali e programmi già avviati.
Se vogliamo avere veramente una base su cui lavorare, forse dovevamo svegliarci un po' prima, quando i programmi non erano avviati. Avevo partecipato alla prima stesura dei PTI (ecco un altro acronimo), che era partito in tempo, ma si è arenato anche partendo in tempo. Quello era un tassellino solo orientato nel Piemonte e non una questione di Macroregione che deve comunque rispondere ad una collettività diversa.
Poi, la questione fondi strutturali mette in campo un'altra problematica: i fondi strutturali hanno dei paletti, dei paletti stretti.
Conosciamo benissimo le problematiche, che sono già evidenziate oggi sull'accesso ai fondi strutturali europei da parte dell'ultimo che deve beneficiare del fondo strutturale. Andare a mettere un cappotto su questi fondi strutturali è un'operazione abbastanza rischiosa, che può infittire il numero dei paletti che il cittadino comune che si trova a richiedere un finanziamento pubblico si trova davanti e, magari, ahimè, rinuncia.
Per l'ultima questione, richiamo questi paletti, che non solo sono un problema: sono un problema per cose veramente importanti, come la manutenzione del territorio. Ho chiesto in Commissione se attraverso i GAL si poteva fare un'opera di manutenzione del territorio più organizzata e più diffusa sul territorio. Mi è stato detto che, per esempio, il GAL pu attivare solo politiche di sviluppo, quindi di investimento; pertanto, la manutenzione del territorio ce la scordiamo.
Sul sito di EUSALP ho trovato la dicitura: "Programmazione dal basso".
Ma fino adesso che programmazione dal basso c'è stata? C'è stata un'idea che è partita da Bruxelles, è arrivata in Regione, dove poco si sa e se arriviamo, come diceva il collega Alemanno, al cittadino comune, della Regione Piemonte di EUSALP veramente non si sa nulla.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BOETI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrentino.



FERRENTINO Antonio

Grazie, Presidente.
Ritengo anch'io che quella di oggi sia un'occasione molto importante se riusciremo nell'approccio di cui vi parlava l'onorevole Borghi, cioè un approccio politico al tema, che, tra l'altro, si giustifica con i numeri stessi di EUSALP: 80 milioni di abitanti, 48 Regioni e sette Stati (di cui cinque europei e due extraeuropei). Quindi, già di per sé questi numeri ci obbligano, o almeno dovrebbero obbligarci, ad un approccio politico al tema.
Abbiamo tre grossi temi per fare in modo che questo approccio politico si coniughi in discontinuità rispetto al passato, e uno è sicuramente quello della governance. E' stato già detto, non lo ripeto: per colpa anche di questo Consiglio regionale - non di queste persone fisiche - si è inteso porre fine ad una esperienza, quella dei 23 enti che facevano sintesi in Regione Piemonte di più di 500 Comuni.
Oggi, abbiamo una situazione estremamente debole, che faticherà a rispondere alle sfide se non riuscirà velocemente a riaggregarsi.
Richiamo anche un tema, che molte volte viene evocato e poi lasciato per la convegnistica, di cui si diceva prima, quello dei sistemi elettivi il sistema della rappresentanza degli eletti della montagna è un tema che è stato posto più volte.
Il tema della governance è quanto mai importante, e dobbiamo capire se vogliamo affrontare questo tema in modo completamente diverso.
Anch'io, come il collega Andrea Appiano, faccio l'esempio in positivo di quello che è stato ATO3. Io facevo parte di quel Gruppo di lavoro che per due anni ha scritto questa convenzione - il Sindaco di Torino era Chiamparino - in cui si coniugavano due elementi: la Città di Torino rinunciò ad una parte della sua rappresentanza e riuscimmo ad approvare una convenzione che aveva una doppia valenza, sia di teste che di numeri. La Città di Torino, che rappresentava il 45%, è rappresentata dal 27%, perch aveva ceduto una parte di questa sovranità ai territori del resto della provincia (solo per fare un esempio di cosa può essere un diverso approccio e una diversa governance).
Il secondo tema è quello della residenzialità, e qui cerchiamo di essere chiari. Ovviamente, non posso che citare dei titoli per fare in modo che la residenzialità in montagna, nelle nostre realtà, possa essere diversa.
Parlo della connettività: moltissime realtà, oggi, scontano un ritardo assolutamente insopportabile.
Parlo della fiscalità di vantaggio: quale migliore occasione di una macrorealtà come EUSALP per provare ad affrontare, con il Consiglio Europeo e con le varie Regioni, il problema degli insediamenti delle piccole realtà produttive nei Comuni montani, non per avere dei privilegi ma per certificare le difficoltà ad operare in alcuni territori? Poi, i servizi in senso lato. Faccio anch'io qualche esempio per farmi capire, ma, anche qui, si deve provare a giocare in attacco e non sempre in difesa. Non possiamo pensare di difendere tutto quello che c'era vent'anni fa, trent'anni fa o dieci anni fa.
Faccio anch'io l'esempio dell'ufficio postale in positivo: con il Vicepresidente Reschigna si è provato, per quanto riguarda la riduzione del servizio postale, a dare delle risposte. Anche qui si può provare a giocare in anticipo, e faccio un esempio: in Piemonte ci sono uffici postali di Comuni montani che non solo hanno salvaguardato l'apertura su cinque giorni, ma l'hanno raddoppiata, avendo lo stesso orario di apertura della Città di Torino. In che modo? Facendo sì che diventasse un ufficio postale multiservizi, in cui si danno una serie di servizi e non soltanto il servizio postale.
Allora, in questo senso vale per gli ospedali e per le scuole. Dobbiamo provare a capire senza pensare che si possa difendere dicendo che vent'anni fa o trent'anni fa c'era; è ovvio che l'approccio deve essere completamente diverso.
Poi, c'è il problema della formazione e della cultura. E' chiaro che quello formativo è uno degli aspetti assolutamente centrali. Ovviamente, li ho citati soltanto per tema.
Arrivo al terzo elemento, quello dello sviluppo sostenibile e del taglio delle risorse. Quale migliore occasione, con un'area così grande per provare a fare fronte comune, per cercare di fare in modo che ci siano delle risposte, che non possono essere eluse se vengono richieste in modo coeso da una realtà così grande? Anche qui cito dei titoli, che sono già stati richiamati prima: l'importanza di poter pensare che si possa utilizzare la risorsa legno, la risorsa acqua e la risorsa energia nel suo complesso, ma provando a gestirla come territori e non accontentandosi di poche prebende da parte di società.
L'ultimo è un tema sempre legato allo sviluppo e alle risorse, che anche qui è stato citato più volte e mai affrontato: non si capisce perch i grossi vettori di trasporto merci (ferrovie o gomma) non possano lasciare delle risorse certe al territorio. Non vedo perché se un'autostrada attraversa un territorio montano ci si debba accontentare di qualche abbonamento scontato.
Penso che su questo possano svolgersi ragionamenti molto forti politicamente e questa strategia di un territorio che consta 80 milioni di abitanti, se avremo l'approccio politico giusto, potrebbe essere l'occasione.



PRESIDENTE

Grazie.
Conclude i nostri lavori l'intervento del Presidente Chiamparino, a cui do la parola; ne ha facoltà.



CHIAMPARINO Sergio, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Intanto rivolgo un ringraziamento a tutti gli intervenuti, a tutti coloro che hanno parlato, portando un intervento anche attivo, e naturalmente, al Presidente Laus che ha organizzato questo incontro.
Per evitare il rischio di essere troppo lungo e di cadere in quei rischi di retorica che sempre esistono in incontri di questo genere partirei dal punto introdotto dall'onorevole Bresso, che poi è stato ripreso dall'onorevole Briano - che, tra l'altro, ringrazio per la cortesia di essere rimasto fino alla fine dei lavori - quando in modo molto chiaro in generale Mercedes Bresso e sul profilo ambientale che l'onorevole Briano segue hanno caratterizzato EUSALP come una strategia che ha una finalità fondamentale: invertire la logica della programmazione comunitaria.
Quindi qui c'è una prima risposta al Consigliere Mighetti: il bottom up non c'è mai stato, sostanzialmente; il tentativo delle Macroregioni è esattamente quello di poter invertire questa tendenza, cioè partire dal basso (bottom) e cercare di far risalire qualcosa verso l'alto (up). Così dimostro di avere anche qualche fondamento della lingua di Albione! Allora, senza ripetere le cose che ancora da ultimo diceva il Consigliere Ferrentino, la nostra è una Regione, sia dimensionalmente che quantitativamente - questo vorrei chiarirlo, altrimenti secondo me perdiamo di vista un'opportunità - centrale e, se mi è concesso, centrale in quella concezione euromediterranea che sempre di più dovrebbe essere l'ispirazione fondamentale delle nostre politiche di crescita, di sostenibilità della crescita medesima e di sviluppo, in cui le montagne hanno un ruolo fondamentale di cerniera.
L'espressione è banale, però dico cerniera proprio perché, se la si mette sul piano di uno dei temi - qui ringrazio ancora l'onorevole Briano che ha ricordato un mio intervento al riguardo - che più ci angoscia, cioè il dissesto idrogeologico delle nostre terre, è evidente che le montagne sono cruciali: se una cerniera è aperta, il rischio è che non si mantenga un assetto equilibrato del territorio; se si chiude, è possibile che da entrambi i versanti ne vengano effetti positivi.
Le comunicazioni. Qui mi spiace polemizzare, più che con il Consigliere Mighetti, forse con la Consigliera Frediani, che peraltro non ha parlato ma io polemizzo per.



(Commenti della Consigliera Frediani)



CHIAMPARINO Sergio, Presidente della Giunta regionale

Eh sì, perché le comunicazioni rappresentano di nuovo quel ruolo di cerniera. Le montagne, è banale dirlo, o dividono o uniscono e in alcuni casi, per unire, bisogna sgombrare le frane. Su questo sono totalmente d'accordo e magari suggerirei anche di mettere qualche paravalanga, se vogliamo dirla tutta.
In altri casi, bisogna anche fare i tunnel di base e magari accorgersi che i camion che rischiano di esserci sono quelli del raddoppio di una certa autostrada, di un certo traforo che reca lo stesso nome di quello del tunnel di base, in cui non mi pare di aver visto molte bandiere No TAV protestare quando si è, di fatto, raddoppiato il traforo. In proposito peraltro, sono d'accordo, perché mettere in sicurezza un traforo autostradale è importantissimo, ma mi sarei aspettato qualche bandiera di protesta in più, che invece non ho visto.
Quindi ne deduco - e non voglio essere polemico - che forse, se andiamo al nocciolo, siamo più d'accordo di quanto sembriamo rispetto al fatto che anche le comunicazioni materiali devono avere una loro modernità che guardi al XXI secolo. Poi, ovviamente, ci sono anche le comunicazioni immateriali che forse oggi hanno un'importanza ancora più rilevante, e qui il Consigliere Vignale ha fatto alcuni esempi.
Quindi le montagne hanno questa centralità, in una territorio che forse ha le caratteristiche del più grande Paese d'Europa, se lo si considera nel suo complesso. Un territorio che può spostare il baricentro d'Europa verso il Mediterraneo e verso una nuova epoca di globalizzazione dal punto di vista dei flussi commerciali, dei flussi turistici e dell'apertura al Canale di Suez.
Questo è il quadro, il che non significa che non ci si occupi - come qui hanno evidenziato molti interventi - anche delle questioni interne.
Prendo spunto, ma solo per fare una battuta, riproponendo quello che i colleghi Consiglieri attuali hanno già sentito dire nel mio intervento a conclusione della discussione sul bilancio e nell'intervento di Lido Riba.
Certo, ci va la programmazione, che prima di tutto vuol dire una cosa caro Lido: vuol dire prendere le enne leggi di spesa fatte in enne anni (per non dire enne decenni) e rivederle, partendo dal fatto che la logica secondo cui ognuno ha il suo pezzettino da gestire, la sua legge di spesa da cui andare a prendere qualche risorsa non solo è sbagliata concettualmente, ma non è neanche più efficace per la comunità piemontese.
Questo è il punto politico, se si vuole tornare a fare programmazione. Ma chiudo perché questa è una questione, diciamo, indotta, relativamente ai margini della discussione odierna.
Ecco, io ho letto che quella è la connotazione con cui ci misuriamo. Mi chiedo: a che punto siamo? Vi faccio questa domanda. E quali problemi incontriamo sulla strada per arrivare a implementare seriamente la programmazione europea che tutti vediamo come un punto di riferimento dal punto di vista di una Regione importante che sta in quell'area? Allora, se mi permettete, vi leggo una mail che mi è arrivata casualmente, una di quelle seriali: "Apri società in Slovenia". Non dico chi è, anzi è una certa SBC, e lo posso anche dire perché tanto non so chi è. Dunque: "Apri società in Slovenia. Unica tassazione sull'utile 17%.
Detrazioni del 100% dei costi societari, senza IRAP, senza studio di settore e tanti altri vantaggi. Scopri di più". La chiudo e, insomma, mi sembra che dia l'idea di alcuni problemi fondanti e fondativi dell'Unione Europea coi quali bisognerebbe misurarsi, se stiamo all'interno di quella logica che ho cercato di spiegare.
Dopo questa sorta di introduzione, voglio indicare tre problemi e poi mi fermo.
Uno è già stato introdotto, mi pare, dall'onorevole Borghi: la Macroregione alpina, così come si configura, ha una forte trazione germanofona, per come è nata, perché c'è sempre stata una maggiore attenzione di quelle Regioni, a cominciare da quelle italiane adatte a questo tipo di politiche (segnatamente il Sud Tirolo-Alto Adige e il Trentino). Questo c'è, è un dato. Aggiungo anche che i cambiamenti avvenuti in Francia, specialmente negli ultimi tempi, non ci hanno rafforzato perché hanno riaggregato Regioni francesi spostando il baricentro decisionale più verso il centro che verso le montagne. Il nuovo Presidente del Rhône Alpes è il Presidente dell'Auvergne e questo, rispetto al ruolo centrale che aveva il Presidente precedente nel Rhône Alpes, ha un po' spostato gli equilibri. Poi ci sono le varie novità come le Regioni accorpate, e via dicendo.
In sostanza, bisogna riprendere un'iniziativa del Nord-Ovest per riequilibrare, e non solo per una banale ragione di assetti di potere.
Peraltro, mi permetto di ricordare a lor signori - ma sicuramente lo sanno meglio di me - che EUSALP è una strategia ed ha come vincolo tre "no" fondamentali: 1) no a nuovi fondi, il che non vuol dire che si spendono meglio risorse che ci sono, ma che si può anche avere più utilità e magari più spazio per prendere altri soldi (comunque non sono previsti nuovi fondi) 2) nessuna nuova regolamentazione, quindi nessun nuovo quadro giuridico 3) 3) nessuna nuova istituzione, quindi occorre fare squadra e spendere meglio i soldi.
All'interno di questa logica noi dobbiamo batterci per avere un maggiore equilibrio, non soltanto per vedere affermato di più il nostro ruolo, ma per la questione della trazione germanofona di cui ho detto prima. Tale trazione, oltre a rendere più difficile il capirci nel parlare (come dice sempre mio cugino di Portacomaro!), ha anche un altro effetto: inesorabilmente, per come sono fatti i flussi economici e geografici rischia di marginalizzare o, comunque, di non sfruttare appieno le potenzialità euromediterranee, che hanno invece nell'Occidente (il sistema dei porti del Tirreno, i porti liguri e quelli del Mediterraneo francese) un fattore di attrazione di uno dei principali assi commerciali indotti dalle nuove tendenze della globalizzazione. Questo, secondo me, è il punto cruciale di merito e di sostanza per questo tipo di iniziativa.
Veniamo al secondo tema, e qui ci sta dentro, naturalmente, il discorso dei corridoi multimodali. L'ho già accennato prima: se non si sposta in questo senso, noi rischiamo di continuare ad avere la trazione germanofona ma lo dico con tutto il rispetto per amici e colleghi, e includo qui dentro un po' anche la Lombardia, che sta in mezzo, per cui, alla fine...
Noi rischiamo di assistere ad un'Europa che, ancora una volta, sarà un'Europa a trazione del Nord, dei grandi assi dei porti del Nord, che sottovaluterà la risorsa euromediterranea.
Più brevemente, altri due problemi che io rilevo. Uno l'ha citato l'onorevole Simonetti: lui l'ha declinato molto in chiave di polemica politica interna, io lo declino però in un modo... però il problema c'è.
Mentre si impianta una strategia che ha, come scopo, quello di implementare la programmazione dal basso, è inevitabile domandarsi, nei singoli Stati e nella politica dell'Unione Europea, quale sia il ruolo del sistema delle autonomie.
Non vi è dubbio che la grande crisi - ne abbiamo discusso l'altra sera ha portato ad una ricentralizzazione di alcune politiche, perché quando devi fare politiche di spending review è chiaro che centralizzi (sembra più facile centralizzare), ma si deve trovare un assetto equilibrato; non possiamo avere il pendolo in cui si passa dall'estremismo federalistico ideologico alla ricentralizzazione tecnoburocratica. E questo vale non solo per l'Italia, ma anche per l'Europa e per la stessa Unione Europea.
Qui c'è il punto, e lascio come interrogativo - soprattutto a Briano che frequenta assai più di me quei luoghi - anche una questione: il Comitato delle Regioni è ancora un luogo dove si può esprimere questo rapporto equilibrato fra il sistema delle Regioni e Unione Europea oppure anche lì, si impone una rivisitazione e una logica che dia maggior presenza e, soprattutto, una presenza capace di incidere di più? Veniamo all'ultima considerazione; a dire la verità, mi stupisce un po' il fatto che nessuno ne abbia fatto cenno (forse ne ha parlato Paolo Alemanno, ma parlando del passato): guardate, signori, che i reticolati e i cavalli di Frisia sono tornati belli lucenti e sono tornati in alcune delle Regioni che si affacciano su questa Macroregione! Allora, capisco che non possiamo risolverlo noi, però teniamo a mente che in questa strategia in cui abbiamo l'ambizione di far pesare di più le nostre comunità all'interno della programmazione europea, dovremmo avere ancor più l'ambizione di far pesare la nostra volontà di un'Europa libera di un'Europa in cui non circolano solo le merci ma le persone, di un'Europa capace di accoglienza rigorosa, non di accoglienza e basta. Di accoglienza rigorosa! Anche perché fanno riflettere i dati che ha mostrato il dottor Ferlaino, fra i tanti che ci ha fatto vedere. Poi, magari, le slide si possono anche approfondire; tra l'altro, colgo l'occasione, tra parentesi per dire che ho apprezzato molto la presenza dell'IRES, perché credo che noi - lo dico autocriticamente - dovremmo, proprio in questo contesto usare di più, fra virgolette, le competenze e le conoscenze accumulate.
Il dato sull'invecchiamento della popolazione ci deve far capire che una delle condizioni perché l'Europa ci sia è che si crei, con i decenni futuri, una nuova base culturale e sociale dell'Europa. E questa non pu che venire dal frutto di un'accoglienza rigorosa dei popoli che vengono da quei Paesi che cercano in Europa libertà e possibilità di affermare una vita nuova per loro e per le loro famiglie.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Chiamparino.
Ringraziando i nostri ospiti, il Consiglio regionale si conclude qui.
Buon pomeriggio a tutti.
Invito i Capigruppo a recarsi in Sala A per la Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.10)



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