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Dettaglio seduta n.137 del 08/06/82 - Legislatura n. III - Sedute dal 9 giugno 1980 al 11 maggio 1985

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI


Argomento: Problemi energetici

Adempimenti relativi all'attuazione dell'art. 2, legge 393/1975 (localizzazione centrali elettronucleari) in conseguenza dell'approvazione del Piano Energetico Nazionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Iniziamo con l'esame dell'unico punto all'ordine del giorno che reca: "Adempimenti relativi all'attuazione dell'art. 2, legge 393/1975 (localizzazione centrali elettronucleari) in conseguenza dell'approvazione del Piano Energetico Nazionale".
Prima di dare la parola al Presidente della Commissione farò una brevissima relazione sugli adempimenti che noi dobbiamo fare.
Il Consiglio regionale è oggi riunito per dar corso ad un importante adempimento previsto dalla legge 2/8/1975, n. 393, recante norme sulle localizzazioni delle centrali elettronucleari e sulla produzione e l'impiego di energia elettrica.
Tale legge disciplina infatti le procedure relative alla localizzazione, autorizzazione e nullaosta per la costruzione delle centrali elettronucleari da parte dell'ENEL.
Il 4 dicembre dello scorso anno il CIPE, con deliberazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 dell'8/1/1982, ha individuato la Regione Piemonte come sede per la possibile localizzazione di una centrale nucleare con due unità standard da 1.000 Mwatt, ciascuna nella zona già indicata lungo il corso del Po.
Sono così scattate le procedure previste dalla legge la quale stabilisce che entro 150 giorni dalla comunicazione della deliberazione del CIPE, la Regione Piemonte, d'intesa con i Comuni interessati, sentito l'ENEL ed avvalendosi dell'assistenza tecnica del CNEN, individui almeno due aree su cui possa essere insediata la centrale.
In mancanza di tale indicazione le aree sono determinate con legge nazionale su proposta del Ministro per l'industria, di concerto con il Ministro per il bilancio e la programmazione.
Questa procedura ha lo scopo di avviare, a cura dell'ENEL. le indagini necessarie per l'accertamento dell'idoneità tecnica delle aree prescelte e nell'ambito delle stesse, per la determinazione del luogo dove può essere ubicata la centrale.
La Regione Piemonte aveva già espresso con un ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale il 18/3/1981, la disponibilità a valutare la possibilità di utilizzare la tecnologia nucleare per produzione di energia elettrica sul proprio territorio.
Con un altro ordine del giorno, approvato al termine di un ampio dibattito del Consiglio regionale il 5 marzo scorso, era stato conferito mandato alla componente istituzionale del Comitato misto, istituito con l'ordine del giorno precedentemente ricordato, di esperire le consultazioni al fine di poter acquisire l'intesa da parte dei Comuni prevista dalla legge, fornendo ogni utile supporto tecnico ed informativo per le comunità locali per la salvaguardia delle prerogative produttive e delle condizioni ambientali.
Il termine dei 150 giorni previsto dalla legge scade oggi e il Consiglio regionale è chiamato ad esprimersi in merito.
E' opportuno sottolineare il rilievo e l'importanza della decisione che il Consiglio è chiamato oggi ad assumere e che dovrebbe dare il via alla seconda fase prevista dalla legge n. 393 per portare alla determinazione del sito ove la centrale va installata, tenuto conto delle connesse valutazioni di ordine tecnico, sanitario ed ambientale.
La procedura concordata in sede di conferenza dei Presidenti prevede che il dibattito sia ora introdotto da una relazione del Consigliere Marchini, Presidente della VII Commissione, cui seguirà l'intervento della Giunta regionale.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anticipo che la mia difficilmente potrà essere considerata una relazione, a prescindere dal titolo.
Sarà semplicemente una serie di elementi introduttivi al dibattito che in quest'aula andiamo a fare.
Perché non è una relazione? Perché questa nostra vicenda si va definendo di momento in momento e quindi ha difficoltà a registrare dei punti fermi sui quali soffermarsi e, in qualche misura, rende difficoltoso il convenire sull'opportunità di procedere.
Anche perché la caratteristica di questa vicenda è il fatto che è partita dalle premesse indicateci dal Presidente, ma si è sviluppata su un terreno del tutto imprevisto ed imprevedibile.
Direi, quindi, non una relazione, anche perché in sede di Comitato misto si è convenuto di predisporre su questa vicenda una relazione più specifica, cioè, in altri termini, una verbalizzazione ragionata di tutto il lavoro che è stato svolto.
Per introdurre questo dibattito andiamo ad esaminare qual è stata l'attività che le componenti del Comitato misto hanno intrapreso per ricercare l'intesa che è il presupposto giuridicamente essenziale e imprescindibile per un'indicazione da parte del Consiglio regionale dell'idoneità delle aree Po 1 e Po 2 ad essere considerate suscettibili di insediamento di centrale nucleare e, in questo senso, a ratifica delle deliberazioni già assunte il 5 marzo.
I lavori del Comitato misto si sono incentrati in quattro appuntamenti precisi: due appuntamenti con i Comuni e gli Enti locali delle aree Po 1 e Po 2, separatamente; un incontro congiunto con gli amministratori dell'area Po 1 e dell'area Po 2 congiuntamente, in questa sala, e un appuntamento diretto alla società piemontese, alla collettività, in generale incluse le forze della cultura e della politica che su questo argomento hanno posizioni politiche divergenti da quelle della maggioranza che è emersa, su questa tematica, in questo Consiglio. E questo abbiamo voluto perché oggi si assume un tipo di deliberazione (a prescindere dalla formulazione che daremo al documento e al provvedimento che andremo a prendere) che deve prevedere quello che è insito nei principi del nostro Statuto e cioè che le deliberazioni, o comunque le assunzioni decisionali di questo Consiglio devono avere sempre come presupposto il momento della partecipazione della collettività piemontese.
Forse per qualcuno, che non ha seguito questa vicenda, sarà stato un elemento di sorpresa il fatto che le consultazioni (meglio se definite momenti di confronto con le comunità locali) siano state divise in due tempi successivi.
Questo è avvenuto perché a noi è sembrato che, probabilmente, questa è una materia sulla quale noi avevamo molto da dire, ma al tempo stesso poco da dire e avevamo molto da imparare, da conoscere e da approfondire.
Abbiamo quindi ritenuto di introdurre questo metodo che non era della consultazione per la richiesta di un mero parere, ma dell'apertura di un dibattito con gli Enti locali per esplorare questa materia, la sua tematica e gli sbocchi che avrebbe dovuto avere.
Facendo un consuntivo, relativamente a questo aspetto, ci sembra che il metodo che abbiamo introdotto sia stato il più producente, anche se è stato un metodo che forse ci ha allontanati rispetto ad un risultato che potevamo perseguire.
La prima consultazione vedeva gli Enti locali (seppure con grande apertura rispetto alla posizione della Regione e alla problematica in genere) probabilmente più disponibili ad un assenso circa l'indicazione delle aree di quanto non sia avvenuto nella seconda tornata.
Quindi sembrerebbe che il Comitato misto abbia, in questo senso, scelto una procedura non premiante.
A nostro avviso, così sono le apparenze, mentre la realtà è profondamente diversa.
Ci siamo infatti resi conto, andando all'incontro con le organizzazioni locali e con gli Enti locali, che questa Regione e questo Paese si trovavano a gestire un momento estremamente delicato della storia delle istituzioni del nostro Paese.
Ci siamo cioè resi conto di quanto sia delicato e complesso, di quanti ritardi e diffidenze culturali esistano verso lo stato delle autonomie stato che non esiste, è solo scritto nella Costituzione, e quando viene proposto alla gestione e alla responsabilità dei politici e degli amministratori, si avverte il risorgere di molte preoccupazioni fondate, il ricordo di molte promesse non mantenute; ci sono quindi fenomeni da una parte di diffidenza, ma, dall'altra parte, di grande volontà di governare questa vicenda.
Abbiamo ritenuto che la legge n. 393 sia sostanzialmente una legge di procedura e non di merito, perché contiene una serie di norme che tendono ad ottenere una pronuncia di merito alla fine del momento procedurale stesso.
Questa norma di procedura, tra l'altro, è contraddittoria e, in una qualche misura, politicamente scorretta, nel senso che, mentre lancia un messaggio di grande partecipazione e responsabilizzazione degli Enti locali, mettendo gli stessi nelle condizioni di bloccare l'intera procedura, contemporaneamente ipotizza la procedura dell'intervento sostitutivo dello Stato e quindi è una legge che immagina lo Stato delle autonomie, direi, come una soluzione paternalistica messa a disposizione degli Enti locali, peraltro con la precisa indicazione della volontà e della capacità dello Stato centrale di comunque perseguire i suoi obiettivi, a prescindere dalla valutazione che ne fanno gli Enti locali.
Noi abbiamo volto (su questo hanno convenuto tutti i colleghi, anche se sulle applicazioni ci sono state delle differenze) che, al di là del problema delle centrali nucleari, dovevamo su questa vicenda cogliere un momento di crescita delle istituzioni e della democrazia. Se non nel nostro Paese, certamente nella nostra Regione.
Perché abbiamo immediatamente colto che i ritardi di questo Stato, che pur tutti abbiamo contribuito a realizzare e ricostruire, di fatto, hanno lasciato un grave stato di scollamento tra lo Stato stesso, i cittadini e i loro rappresentanti a livello periferico.
Abbiamo ritenuto che la Regione Piemonte abbia ormai acquisito una credibilità e una considerazione tale, presso la collettività, da non dover lasciare cadere un messaggio preciso che è venuto dalla collettività insieme al Comitato misto.
E' a questo punto difficile capire se la scelta che poi vi vado ad illustrare sia una scelta delle istituzioni o della collettività.
Certamente c'è stato un messaggio preciso in questo senso della Giunta e di alcuni Consiglieri, ma io ho l'impressione che uno Stato rappresentativo come il nostro, quando una classe politica si esprime e trova consenso totale nel destinatario della sua espressione, probabilmente resta difficile capire se questa intuizione nasce dalla volontà delle istituzioni o dalla volontà della collettività.
E' Stato rappresentativo quando i rappresentanti, cioè il Parlamento riescono ad essere all'unisono, se non sulle decisioni finali, certamente sulla tematica e sulla congiuntura nei tempi, sui problemi che si trovano ad affrontare.
Cosa abbiamo avvertito in questo incontro con le collettività locali? Abbiamo constatato (e devo dirlo a nome di tutti i colleghi, e pregare la Presidenza del Consiglio di esprimere questo nostro apprezzamento a tutti i Sindaci) una grande maturazione, della quale certamente non abbiamo mai dubitato, anche se poteva essere sottostimata.
C'è una grande disponibilità di nostri amministratori (che è espressione della grande disponibilità dei nostri cittadini) a capire, a cercare le ragioni dei problemi e a cercare le soluzioni.
Ma al di là di questa apertura, c'era qualcos'altro che mi ha molto colpito: la volontà di questi nostri amministratori di contare e governare questa vicenda. E questo è stato l'elemento che ha fatto muovere all'unisono sia gli Enti locali che il Comitato misto, per cui il nostro lavoro con gli Enti locali si é, in tempi abbastanza stretti, trasformato da un rapporto fra "non eguali" sul piano politico, a un metodo di lavoro in cui noi e gli Enti locali non eravamo più uno da una parte e uno dall'altra, ma eravamo un tutt'uno di istituzioni, di forze politiche e di espressioni della collettività che cercavano di perseguire un comune obiettivo.
Qual era il comune obiettivo? In primo luogo si è constatato di non aver più sentito utilizzare dalla collettività piemontese (dimostrazione ulteriore della sua maturità e del suo approfondimento culturale su questa tematica) gli argomenti tristi di una cultura che ormai si è vista fare giustizia.
Non abbiamo più ritrovato, sui problemi del nucleare, problemi di tipo ancestrale o psicologico. Non abbiamo più ritrovato delle angolosità di tipo partigiano. Abbiamo constatato una grande volontà di capire e di garantire le popolazioni e una grande volontà di essere presenti in tutta questa vicenda.
Come il Comitato misto ha dato corpo a questo rapporto nuovo che è nato con gli Enti locali? Contribuendo con loro ad elaborare una serie di momenti (non li chiamerei documenti, perché tali non sono) che hanno colto che cosa emergeva dalla realtà delle nostre riunioni.
In primo luogo la volontà dei Comuni di contare e della Regione di governare questa scelta, senza delegarla a nessuno.
Già il termine "delega" disturba molto in questo clima che si è creato perché la delega fa riferimento a qualcuno che è estraneo rispetto al delegante; mentre lo Stato è qualcosa di cui tutti siamo parte, e lo Stato è parte di noi stessi, quindi il termine "delega" ci disturba.
La consapevolezza di questa volontà degli Enti locali, Regione in testa, di non delegare questa decisione a nessuno, ha fatto sì che siano maturate alcune riflessioni, sulle quali i Consigli comunali hanno deliberato più esattamente.
E' emerso, in primo luogo, che il limite della legge 393 è di non dare un ruolo legittimato e politicamente significativo agli Enti locali e alle Regioni. Perché la lettura della 393 vede certamente presenti gli Enti locali e la Regione, ma li vede presenti come meri decisori, cioè soggetti che, sulla scorta della delibera CIPE e della relazione dell'ENEL di provvedimenti di tipo statale, devono dare un giudizio e decidere.
A noi è sembrato che questo fosse un ruolo non sufficientemente congruo alle responsabilità che gli Enti locali hanno su questa materia.
Cioè gli Enti locali e la Regione hanno ritenuto che in questa vicenda essi devono svolgere un loro ruolo e quindi (espressione dell'Assessore Salerno) c'é la volontà della Regione di governare queste vicende.
Che cosa vuol dire "governare questa vicenda"? Ci siamo posti questo problema ed abbiamo avuto l'impressione che governare significasse ricondurre ad unità le istituzioni del territorio.
Quindi è emersa l'ipotesi che si proceda attraverso un riportare ad unità le diverse istituzioni, attraverso un'ipotesi di costituzione di consorzi.
Evidentemente è un'ipotesi del tutto da specificare e da determinare ma che individua bene la parità di condizione dei diversi soggetti.
Questo ci sembra un fatto di grande significato, in quanto significa riportare la democrazia non ai numeri di abitanti e di problemi che si hanno dietro, ma al rispetto della volontà dei rappresentati.
Quindi è emersa questa esigenza di ricondurre ad unità tutte le presenze istituzionali sul territorio, tramite il consorzio.
Dopo di che ci si è resi conto che è difficile che esista un sufficiente rapporto di fiducia e di affidamento tra gli Enti locali e l'ENEL e l'ENEA, per far sì che le indagini di accertamento tecnico previste dalla legge possano essere affidate in toto a questi Enti di Stato.
Non è una constatazione che può lasciarci indifferenti, ma ci deve fare riflettere molto; è comunque una constatazione sulla quale si è mossa un'altra delle indicazioni che il Comitato porta in questa sede: cioè quella che ci sia una fase in cui questo consorzio, la collettività regionale nel suo complesso, vada a fare i suoi accertamenti a lato, ed insieme a quelli che la legge prevede per gli Enti di Stato.
Dopo di che ci si è ancora resi conto, nei limiti della legge 393, che non sembra pensabile, in una realtà così complessa come quella della Regione Piemonte dal punto di vista economico, sociologico e culturale, di ridurre l'indagine di accertamento sull'esistenza delle condizioni ad un'indagine di ordine tecnico-scientifico che evidentemente potrà dimostrare la validità di taluni parametri che la legge richiama, ma che certamente non sarà esaustiva di tutta una problematica come è quella dell'ubicazione di una centrale nucleare.
Di qui, quindi (ci sono i documenti disponibili che potrete leggere), è nata l'individuazione di tutta una serie di problemi che dovranno essere affrontati, approfonditi, risolti, prima di passare alla decisione definitiva sulla localizzazione o meno di una centrale nucleare in Piemonte.
Questo tipo di indagine, che ci sembra necessario avviare, ha due destinatari: la centrale nucleare e noi stessi.
Qualche delusione ci è venuta da qualche soggetto della società e non dagli Enti locali, che non ha colto nella sua pienezza la delicatezza di questa vicenda, intesa non solo come responsabilità di scelta, ma come responsabilità di essere soggetti di una scelta.
In altri termini, una parte della collettività non ha colto una delle motivazioni che un Assessore ha posto a fondamento della necessità che la Regione su questo si impegni.
La vicenda nucleare, nella storia dell'uomo, è un momento al quale culturalmente una Regione come la nostra, che punta alla diversificazione produttiva e, quindi, alla differenziazione scientifica della ricerca, non può sottrarsi.
Ci auguriamo che da questo dibattito avvii un coinvolgimento della collettività sui temi della ricerca e dei problemi che noi abbiamo insieme ai Comuni individuato, che faccia fare un salto in avanti anche alla capacità scientifica di ricerca e concentri l'attenzione della ricerca e della scienza applicata alla realtà e al territorio.
E' stata una delle esperienze, tra le tante stimolanti, meno stimolante.
Una relazione di questo genere evidentemente non si può limitare alle considerazioni di tipo metodologico che abbiamo introdotto, ma alla necessità di indicazioni, anche se sommarie, circa le argomentazioni che i Comuni hanno portato nelle nostre consultazioni e le proposte che ci hanno fatto.
Per concludere sul metodo e quindi sugli sbocchi che il nostro lavoro ha determinato, che cosa abbiamo creato assieme agli Enti locali? Abbiamo creato insieme, attraverso alcune riflessioni del Comitato misto (anche questo è in un documento che potrà essere messo a disposizione dei colleghi), e attraverso la predisposizione, insieme agli Enti locali, di una bozza di delibera, buona parte delle deliberazioni che poi gli Enti locali stessi hanno assunto.
In altri termini, al di là del pronunciamento positivo o negativo sull'avvio della seconda fase, tutte le deliberazioni dei Consigli comunali danno testimonianza del lavoro che insieme è stato svolto.
La domanda che viene dalla collettività regionale, attraverso le proprie istituzioni, è quella che si affronti, attraverso il metodo del consorzio, utilizzando lo strumento del convenzionamento con l'Università e con l'individuazione precisa di temi specifici a lato dell'indagine che verrà svolta dagli Enti di Stato ai sensi della legge 393, la ragione di questo nostro lavoro in comune.
A monte di questo tipo di decisione, che gli Enti locali hanno assunto vi è la preoccupazione di non dare un'interpretazione penalizzante ed irreversibile circa l'indicazione dell'area e il ribadire questa volontà che abbiamo creato insieme, di governare questa scelta.
Venendo ad un riassunto molto schematico delle posizioni che abbiamo potuto verificare nella società, incominciamo a dire che, rispetto al problema, gli Enti locali non hanno riproposto in questa sede alcun dualismo: nucleare sì, nucleare no. Si è constatata, invece, una grande consapevolezza che il Piano Energetico Nazionale non è nato sul velleitarismo, ma sulla realistica necessità di rispondere ad esigenze che il nostro Paese deve considerare non più differibili.
I Comuni hanno colto (al di là dei problemi di tipo oggettivo) l'inadeguatezza dei parametri utilizzati dagli Enti di Stato per redigere la carta dei siti.
La disponibilità idrica delle aree, in qualche caso, e il criterio demografico, non sono certo delle linee draconiane che possono dividere con una linea nera, aree suscettibili ed aree non suscettibili.
Queste linee nere sono così poco definitive che l'ENEA ci ha detto, in Comitato misto, che queste linee sono suscettibili di non indifferenti modificazioni qualora intervengano delle considerazioni di tipo socio economico.
I Comuni hanno colto al volo questa inadeguatezza dei parametri e dei presupposti dai quali si parte per pervenire alle indicazioni di questa carta e, quindi, l'hanno rimarcata con molta forza. Il Consiglio regionale di questo fatto deve farsi carico.
Peraltro, la caratteristica di questo nostro comune lavoro è stato l'aspetto istituzionale.
Abbiamo potuto constatare il grande prestigio che questa nostra istituzione (nella quale molte volte abbiamo l'impressione di perdere del tempo senza risultati concreti) si è conquistata. Ma devo anche dire che si è vista caricare di una grande responsabilità.
Voi leggerete nelle delibere dei Consigli comunali un far carico alla Regione di tipo decisivo e politicamente molto significativo, un carico di responsabilità politica.
Questo là dove ci si chiede di essere garanti di tutta una serie di garanzie, che noi abbiamo ritenuto di dover dare loro, non sul piano politico, ma sul piano giuridico.
Nei documenti che vi verranno sottoposti sono indicate tutte le carenze che gli Enti locali hanno ritenuto di dover individuare in ordine alle caratteristiche ed alle condizioni esterne non sufficientemente approfondite per l'individuazione di una centrale nucleare.
Sempre nelle diverse deliberazioni dei Consigli comunali, troverete riportate due argomentazioni: 1) i temi che si ritengono meritevoli di approfondimento nella fase dell'accertamento tecnico 2) le proposte di tipo metodologico, cioè la convenzione con le Università e di tipo istituzionale, cioè il consorzio dei Comuni; sulle quali abbiamo lavorato insieme.
E' forse bene spendere alcune parole per illustrare i comportamenti che abbiamo rilevato, cioè il tipo di risultanze che la consultazione fatta con la società piemontese ha dato. Abbiamo convocato i sindacati, le associazioni imprenditoriali, i partiti non presenti in Consiglio regionale, perché, in una vicenda di questo genere, chiunque, in una qualche misura, è portatore del consenso popolare, abbia pari dignità o comunque la possibilità di espressione, di partecipazione e di critica, con il dovere, da parte nostra, di non rendere questo solo un fatto rituale, ma un fatto di reale coincidenza politica.
Dal mondo industriale è venuta la preoccupazione che la nostra Regione non venga, in questa vicenda, scavalcata, rispetto alla prospettiva di ritardi od incertezze politiche.
E' stato espresso un apprezzamento sull'elemento significativo di questa vicenda: sulla volontà espressa dalla Regione di governare questa scelta.
Quando il mondo industriale, imprenditoriale in genere ci dice che apprezza il fatto che noi governiamo questa scelta, dice cose molto importanti.
Il mondo imprenditoriale piemontese (che è tra i più corretti ed avanzati del nostro Paese) vuole avere un interlocutore credibile senza macchia e senza paura.
Quindi questo è uno dei messaggi significativi che ci sono venuti. Non penso, su questo punto, che dobbiamo deludere le attese di una parte significativa della nostra società.
Dal mondo agricolo non potevano non venire le preoccupazioni sull'impatto che un eventuale insediamento nucleare avrà sul nostro territorio.
Dai collaboratori che si occupano dei Canali Cavour sono stati richiamati precedenti storici che non fanno onore all'ENEL e confortano questa nostra impressione che la Regione debba dotarsi di strumenti propri di indagine, di gestione di questa vicenda.
Da parte delle organizzazioni sindacali è venuto il richiamo a comportamenti in precedenza definiti in accordi di categoria; c'è stato un richiamo fermo che questa Regione, su questa vicenda, si doti di un piano energetico regionale.
Il mondo della cultura si è soffermato (probabilmente questo incontro non è stato preparato dal Comitato misto in modo adeguato) soprattutto sul rapporto tra il committente - Regione - che affida a qualcuno (Università Politecnico) una commessa attraverso lo strumento del convenzionamento.
Su questa parte evidentemente dovremmo lavorare ed è un tipo di determinazione sulla quale gli Enti locali convengono. Debbo dire che questa vicenda, così come ha stimolato gli amministratori e i Comuni anche meno presenti ad essa, stimoli appieno le capacità di ricerca che la nostra collettività è in grado di esprimere.
E' difficile pensare che una Regione industrialmente avanzata, che punta alle riconversioni delle intelligenze, quindi del terziario e dell'occupazione, possa, in questa misura, non porre al fatto culturale in sé una maggiore attenzione e non essere più coinvolta, a prescindere dal fatto che questo comporti poi un insediamento nucleare o meno.
I partiti che sono stati sentiti, Democrazia Proletaria e Partito Radicale, hanno ribadito le loro gravi perplessità su questa ipotesi di lavoro, motivandole in termini molto puntuali ed interessanti.
Ho l'impressione che alle argomentazioni di questi colleghi esterni, ma soprattutto al lavoro di tipo scientifico che il Comitato per il controllo delle scelte energetiche ha prodotto, bisognerà dare una risposta che vada al di là di una risposta di tipo politico; e bisognerà affidare agli esperti, che seguiranno il lavoro della Regione, l'incarico preciso di dare una risposta in termini di consenso o di non consenso rispetto alle argomentazioni estremamente significative che sono venute dai ricercatori e dalle espressioni culturalmente più avanzate di questo movimento.
Penso di aver messo i colleghi nella possibilità di cogliere il senso storico della vicenda che la deliberazione del CIPE ci ha portati ad affrontare.
Abbiamo cioè la responsabilità grave di far procedere un processo (che è quello della verifica che ci siano le condizioni a che nella nostra Regione si collochi una centrale nucleare e questo in linea con i pronunciamenti che questo Consiglio in ben già due occasioni ha espresso) con la problematica che è emersa, inventando degli strumenti istituzionalmente diversi e più ampi di quelli che la legge prevede.
Ho l'impressione che i colleghi del Comitato misto ed io ci si sia innamorati un po' troppo di questa nostra ipotesi di lavoro.
Non parlo della centrale nucleare, parlo di questa mancanza di umiltà quando siamo andati a consentire con i Comuni sulla necessità che questa vicenda in positivo o negativo, venga governata e decisa dai cittadini piemontesi.
Evidentemente non in antitesi, in contrasto con lo Stato nello Stato.
Questa nostra ipotesi di lavoro, di cui ci siamo innamorati tutti, ci rende adesso consapevoli di quanto abbiamo fatto nascere sul territorio, cioè di questa aspettativa e dobbiamo essere molto attenti nella determinazione per poter porre in essere un meccanismo di risposta concreta a questa aspettativa.
Per lo sforzo che hanno fatto i Comuni per andare avanti in questo lavoro, che è stato caratterizzato da grande senso di responsabilità e dello Stato; per non essere momento di delusione rispetto a questo processo, ho l'impressione che nelle deliberazioni odierne il Consiglio regionale dovrà fare la sua parte.
Non è il momento delle proposte che verranno fatte in sede adeguata, ma siamo certamente affezionati a questa nostra ipotesi di lavoro, tanto da enfatizzarla oltre misura; ma devo dire, con molta franchezza, che era da un po' di tempo che non capitava di ritrovarsi nel vivo del senso della politica.
Siamo qui abituati a dibattere sulle attribuzioni delle risorse, su priorità negli interventi, su selezione dei nostri comportamenti; abbiamo in questo nostro incontro con le popolazioni e con i loro amministratori, a volte in termini anche abbastanza duri e polemici, constatato di nuovo che esiste in questo Paese la volontà di fare politica.
Il gusto e la volontà di fare politica di questi nostri amministratori è tornata ad essere non più soltanto la gestione delle istituzioni, ma è diventato, è da sempre e continuerà ad essere fin quando esisteranno le istituzioni democratiche, la volontà, la capacità di scegliere il proprio futuro.
Il Consiglio regionale, in questa giornata, dovrà essere in grado di dimostrare agli Enti locali, nei confronti dei quali ha fatto nascere questa grande speranza, che non esiste solo l'istituzione burocratica al quale siamo abituati (con auto blu e trasferte), ma esiste qualcosa di diverso che con loro vuole scegliere, decidere e governare il proprio futuro.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

Vi è stata riferita la posizione del Consigliere Marchini in ordine al procedimento dei lavori; credo comunque che fosse concordata dai Capigruppo. Do ora la parola all'Assessore Salerno.



SALERNO Gabriele, Assessore all'ambiente ed energia

In premessa al mio intervento vorrei analizzare come il Piemonte ha affrontato il problema della realizzazione di una centrale nucleare da due gruppi di 1.000 Mwatt ciascuno di potenza, quale è stato l'incontro che abbiamo avuto con gli Enti locali e poi l'esito di questo lavoro comune che, come ha illustrato il Consigliere Marchini, è estremamente interessante e importante ed anche una novità nella nostra nazione. Come Consiglio regionale dobbiamo estendere un ringraziamento sia all'ENEL che all'ENEA perché, se anche con un certo ritardo le documentazioni che sono state chieste e i dubbi che avevamo sono stati almeno in parte chiariti ed affrontati, a questi Enti chiederemo che in futuro, in raccordo con la Regione, nell'ambito degli stessi Comitati previsti dalle convenzioni, ci possano dare maggiori chiarimenti rispetto alle indagini di approfondimento che si faranno nelle località indicate.
Perché il Piemonte ha scelto la strada del governo, ha scelto la centralità del Consiglio regionale; in maniera estremamente opportuna sia il 18/3/1981 con un ordine del giorno nel quale dicevamo che eravamo disponibili ad affrontare questa scelta purché il Parlamento ed il Governo si dotassero di un piano energetico nazionale; successivamente il 5/3/1982 quando abbiamo delineato la strategia lungo la quale intendevamo muoverci e soprattutto istituendo il Comitato misto, formato dall'ENEL e dall'ENEA e fatto importante in Italia, da tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale, abbiamo scelto di andare ad un confronto con gli Enti locali interessati come momento di governo. Centralità del Consiglio che si è esplicitata in questo: se confrontiamo che cosa stanno facendo le altre Regioni rispetto alle scelte difficili sulla realizzazione di grandi impianti per la produzione di energia, siano essi elettronucleari o a carbone o anche ad olio combustibile, verifichiamo che la maggior parte delle Regioni ha scelto la strada delle Giunte regionali e non ha riconosciuto un ruolo al Consiglio, cosa che invece il Piemonte ha fatto e che ci ha consentito, oggi, di arrivare in maniera molto approfondita e serena a delineare in un ordine del giorno, in una delibera, il futuro della nostra Regione rispetto a questa scelta.
E' importante che si capisca che la componente istituzionale, o per meglio dire tutti i partiti che ne fanno parte, hanno scelto una strada di governo che non è prevista dalla legge, una procedura e delle metodologie che certamente la legge non ci imponeva, cioè una procedura di confronto di scambio, possibilmente di incontro non solo con i Comuni, ma anche con le Province, con i Comprensori, con le stesse Unità Sanitarie Locali.
Siamo andati a questo confronto e, secondo me, in Piemonte vi sono degli amministratori estremamente maturi, con delle differenziazioni di tipo politico e forse psicologico fra le due aree; nella sostanza si è compresa la volontà della Regione di voler governare insieme ad essi il problema e le problematiche conseguenti. Abbiamo verificato, sia il 10 maggio nell'area Po 1, sia l'11 maggio nell'area Po 2, sia nella giornata di lavoro del 21 maggio, con tutti i rappresentanti dei Comuni, delle Province, dei Comprensori e delle Unità Sanitarie Locali, stendendo un documento che abbiamo ritenuto comune fra queste realtà e la Regione, come vi fosse la disponibilità, a mio giudizio estremamente importante, a voler collaborare con la Regione, a vedere in essa un punto di riferimento e un momento di garanzia rispetto a queste tematiche.
Queste cose da me dette sono diversificate nei vari Comuni, tutte comprese nelle delibere dei Comuni; i Comuni non si sono espressi in maniera univoca rispetto a questo problema, ma vi sono posizioni articolate, a dire il vero meno numerose per i "sì", sia nell'area Po 1 che nell'area Po 2, posizioni interlocutorie in entrambe e posizioni per i "no" in entrambe, ma vi è, nella sostanza, una posizione univoca delle Province Comuni e Comprensori, che riconoscono alla Regione il ruolo di governo intanto danno la loro disponibilità alla creazione dei consorzi per poter affrontare insieme alla Regione queste tematiche; tutti chiedono che, per la disponibilità data, il Politecnico e l'Università abbiano affidato il compito di svolgere studi paralleli alle indagini tecniche fatte dall'ENEL e dall'ENEA e chiedono che ad essi siano affiancati tecnici.
C'è un altro aspetto politicamente e socialmente importante, che è stato evidenziato nell'ultimo incontro, in una riunione molto accesa, ma anche molto responsabile e contenuta; questi Comuni si sono trovati, per i meccanismi "perversi" della legge, di fronte a qualcosa che è più grande delle loro capacità e competenze, di fronte ad una scelta che diventa estremamente difficile perché affrontare tematiche complesse come quella dell'energia nucleare, tematiche locali come la garanzia della vocazione produttiva delle zone, il problema idrico, delle torri di evaporazione dell'impatto socio-economico, dell'impatto ambientale e socio-sanitario, va al di là delle capacità, anche se molto elevate, di questi Comuni.
Anche in quella sede è emersa, su richiesta proprio dei partiti presenti nel Comitato misto, questa esigenza di raccordo preciso fra Enti locali e Regione, per poter affrontare, nella sede più ampia e documentata possibile, in maniera seria e concreta, questo tipo di scelte. A mio giudizio, questa deve essere la lettura che dobbiamo fare di questo tipo di consultazione, la strada lungo la quale dobbiamo muoverci nel prossimo futuro, sapendo che il Piemonte non può imporre una scelta di questo genere agli Enti locali e alle popolazioni interessate, ma che deve governare con essi questo tipo di scelta, quando arriveranno i dati ed i sondaggi tecnici, gli studi che, secondo me, devono essere commissionati al Politecnico e all'Università, ai tecnici che i Comuni consorziati vorranno indicarci; e sulla base di dati di tipo tecnico si possano confrontare dubbi, perplessità, problematiche e sulla base di tutto ciò, se sarà opportuno, andare alla scelta del sito per l'insediamento di una centrale elettronucleare nella nostra Regione.
Le proposte possono essere: intanto esaminare queste problematiche e dire che il Piemonte è soddisfatto dei rapporti con gli Enti locali e che invita, nell'ambito del Comitato misto, a continuare lungo questa strada si impegna ad affrontare insieme ai Comuni consorziati questo tipo di problematiche e a decidere quando si completeranno le indagini e gli studi di tipo tecnico. Questa è la strada; tutte le altre, proposte da chi non vuole nemmeno consentirci di avere dati di tipo tecnico, sono le strade di chi vuole delegare al Governo e al Parlamento una scelta, e non vuole assolutamente governare; sono le strade di chi, ho avuto già occasione di dirlo a Sale e non ho perplessità a ripeterlo qui, vuole che magari in piazza si possano scatenare le folle contro una scelta che comunque andrà avanti, perché è prevista nel Piano Energetico Nazionale ed è prevista negli artt. 2, 3 e 4 della legge 393 con la possibilità di poteri sostitutivi; tutto quel potere sostitutivo che, con i nostri atti, noi abbiamo sempre voluto negare; noi riteniamo, e ritengo che anche oggi dopo questo dibattito il Consiglio regionale lo debba maggiormente esplicitare che il Piemonte deve governare queste scelte; vi sono le premesse e vi è la disponibilità; certo bisogna tener presente che vi sono problemi di tipo diverso: nell'area Po 1 gli effetti di tipo psicologico sono inferiori, o addirittura non esistono rispetto a quelli che sono sensibili nella zona alessandrina. Bisogna anche tener presente che nessun Comune ha deliberato perché si deleghi al Governo, tutti i Comuni hanno chiesto alla Regione che eserciti i poteri di governo; questo è un fatto politico e sociale importantissimo. Vi sono anche dei Comuni, di cui bisogna tener conto, che hanno espresso la loro non contrarietà all'avvio delle indagini di tipo tecnico, che si sono riservati a che l'individuazione dell'idoneità tecnica delle aree sia un atto che faranno essi insieme alla Regione quando arriveranno i dati relativi a tale idoneità, individuando quindi le aree suscettibili di insediamento nucleare e rinviando il problema dell'idoneità tecnica del sito ad un momento successivo, come prevede l'art. 4 della legge.
Da queste posizioni articolate, mi sembra che emerga un fatto importante: che l'approccio rispetto a questa tematica è stato per la Regione Piemonte un approccio importante e, se mi consentite, vorrei esprimere un ringraziamento a tutti coloro che hanno lavorato in questi mesi, ma anche dal '76 al '79 per affrontare con serenità, fermezza comprensione e capacità questo problema; soprattutto perché quando si è scelta la strada del governo, avendo questa scelta come centralità il Consiglio regionale, si è consentito anche, consentimelo Montefalchesi, a chi si oppone a questa scelta, di avere libera voce in manifestazioni pubbliche ed in confronti con i Comuni e, quindi, deve essere dato un apprezzamento al Piemonte anche da chi è scettico, perplesso, addirittura contesta la scelta nucleare, perché l'affrontare in questa maniera la problematica ha consentito a tutte le voci presenti in questo Consiglio regionale di poter dire il proprio pensiero; ma non solo nella sede del Consiglio regionale, ma anche nei confronti pubblici che abbiamo avuto il 10, l'11 e il 21 maggio e che avremo nel prossimo futuro.
Io termino dicendo che sarà importante che, come componente istituzionale del Comitato misto, magari con gli stessi Capigruppo, si arrivi a definire e perfezionare questo tipo di linea espresso dai Comuni e dalle Province, per arrivare, sulla traccia dell'ordine del giorno votato il 18/3/1981 e di quello successivo del 5/3/1982, a definire quello che dovremmo votare oggi, sempre nel clima di grande apertura e disponibilità politica e sociale per affrontare con una larga maggioranza questo tipo di problematica.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Petrini. Ne ha facoltà.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'introduzione del Presidente del Consiglio Benzi, la relazione del Presidente della VII Commissione Marchini e le proposte operative dell'Assessore Salerno, hanno aperto il dibattito in base agli adempimenti previsti dalla legge nazionale 393 e alle scelte del Piano Energetico varato dal Governo e dal Parlamento nazionale, per la localizzazione della centrale elettronucleare in Piemonte.
L'ordine del giorno votato poi dal Consiglio regionale a grande maggioranza nella seduta del 5 marzo scorso; i successivi lavori del Comitato misto, svoltisi con impegno in otto sedute; le consultazioni con i Comuni interessati che sono stati informati del processo decisionale in cui erano e sono coinvolti; il dialogo con l'Università, i partiti politici assenti da quest'aula, le organizzazioni sociali e le associazioni di categoria ed, infine, le deliberazioni, assunte dei propri organi decisionali, degli Enti locali interessati all'insediamento nucleare mettono oggi in condizione l'assemblea regionale piemontese, dopo la Lombardia, di indicare almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamento di centrali elettronucleari, aree per le quali l'ENEA (prima CNEN) aveva già espresso avviso favorevole e che ieri anche il Ministero della Sanità ha ritenuto entrambe proponibili.
Deve però essere detto, altrettanto chiaramente, che con questa decisione non compiamo una scelta irreversibile, ma consentiamo ai tecnici dell'ENEL e dell'ENEA di compiere quei rilievi che ci consentiranno di scegliere su dati di fatto. Si tratta allora di far partire contestualmente, nell'anno a venire, sondaggi seri e puntuali ed analisi approfondite di idoneità tecnica nelle aree Po 1 e Po 2 per la localizzazione della centrale, non pregiudicando la scelta del sito puntuale ove sorgerà la centrale elettronucleare, ben coscienti però che se non si riscontrasse luogo idoneo ove possa essere ubicata la stessa questa non dovrà essere costruita nella nostra Regione.
Per questo chiediamo ancora una volta di affiancare contemporaneamente agli organi centrali competenti - con lo strumento della convenzione - le strutture dell'Università e del Politecnico, che possano fornire una consulenza permanente e che, soprattutto, offrano apporti tecnici autonomi e complementari che siano di garanzia per la comunità piemontese e di supporto ai Comuni interessati.
La scelta, in ultima analisi, del sito puntuale vogliamo sia compiuta con il massimo di obiettività e deve dissipare nella sua fase conclusiva i dubbi che ancora oggi si riscontrano, fors'anche per mancanza puntuale di informazione e di approfondimento.
Dopo l'anno di tempo per la qualificazione del sito, vi saranno altre consultazioni ed infine la determinazione definitiva da parte della Regione d'intesa con il Comune interessato - del sito ove verrà effettivamente costruita la centrale. Ad essere ottimisti possiamo valutare in un anno e mezzo o due anni il tempo che precede l'avvio delle opere preliminari di costruzione della centrale.
Anche per questo e soprattutto perché la crisi energetica impone tempi stretti, indugiare e dilazionare non sarà la politica del Gruppo democristiano che intende, per quanto gli compete, recuperare il tempo perduto, pur con i vincoli e le necessità di cautela che la scelta nucleare comporta.
Sul problema dell'insediamento nucleare in Piemonte la letteratura in quest'aula e fuori di qui è certamente abbondante. Ma credo non sia superfluo svolgere alcune considerazioni connesse a questo dibattito e alle scelte conseguenti.
Avevo già avuto occasione di dire nel mio intervento del 4 marzo scorso a nome del Gruppo democristiano che, in base alla legge 393 e ai poteri costitutivi attribuiti da essa al Ministro dell'Industria di concerto con il Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica, se non decidiamo noi Regione Piemonte, d'intesa con i Comuni interessati entro L'8 giugno 1982, decideranno altri, sulle nostre teste e, quel che è peggio, delle popolazioni interessate e questo ancora oggi noi non lo desideriamo, perch siamo convinti di alcuni assunti.
Innanzitutto, l'atto di oggi costituisce, soprattutto per la Regione Piemonte, l'applicazione di una legge nazionale e la prima verifica del Piano Energetico varato dal Governo e dal Parlamento. Il Parlamento ed il Governo hanno collaborato allo sforzo del Paese nel darsi una programmazione chiara e concreta per la soluzione di uno tra i più gravi problemi che la comunità deve risolvere per continuare nel proprio sviluppo.
Si tratta cioè di ridurre in modo sensibile il costo energetico della nostra economia in generale. Infatti la nostra bilancia estera è drammaticamente appesantita dalle importazioni petrolifere e quindi pressata dall'urgente necessità di allentare tale vincolo per sostenere un reale e regolare processo di sviluppo che allarghi la base produttiva e l'occupazione.
E siccome siamo tra quelli che hanno facoltà di trasformare il programma in azioni concrete, dobbiamo saper fare la nostra parte coscienti del nostro senso di responsabilità e del nostro impegno di servizio svolto a favore dell'intera comunità piemontese. Inoltre nessuno credo, possa ragionevolmente sostenere il "non rispetto" delle leggi dello Stato. Al di là delle molte considerazioni che si potrebbero fare, lo Stato siamo anche noi in quanto Regione, in questa democrazia che ci vuole "partecipi", che ci vuole "protagonisti" nella vita politica sociale ed economica soprattutto come amministratori regionali disponibili ad assecondare e sviluppare ogni segno di progresso e di ripresa economica.
Senza contare che realizzare il Piano Energetico significa, per la maggioranza delle forze politiche, dopo aver cooperato alla stesura ed all'approvazione dello stesso, far di tutto per realizzarlo.
Vogliamo, in sostanza, svolgere il ruolo proprio affidatoci dalla legge nazionale contrariamente a quanto affermato da un quotidiano nazionale che gli amministratori regionali sono costituiti - in materia energetica - da collezionisti di alibi; non delegando, quindi, ad altri questa scelta svolgendo il ruolo di governo che ci è proprio e che ci è stato richiesto.
Il Gruppo democristiano ha espresso con chiarezza la propria posizione assumendosi precise responsabilità nei due dibattiti precedenti dimostrandosi nel concreto "forza di governo all'opposizione" contrariamente al PCI che in Lombardia, solo perché all'opposizione, si salva l'anima mettendosi dalla parte dei contestatori, contraddicendo l'atteggiamento nazionale che ha visto lo stesso partito votare a favore del Piano Energetico. La DC non si sottrae invece alle sue responsabilità ma altrettanto chiaramente aveva richiesto, ed oggi ne ribadisce la necessità, approfondimenti e verifiche, evidenziati anche dai Comuni, per poter decidere con cognizione di causa. Infatti, non si possono evitare interrogativi legittimi che c'erano e che permangono presenti all'interno della comunità. Per questo sollecitiamo risposte puntuali ai problemi ancora aperti e vigileremo con estremo vigore per il massimo delle garanzie ambientali nell'interesse delle popolazioni locali.
Ancora pochi giorni fa un altro grande quotidiano sosteneva che, quando si tratta di realizzare le centrali nelle zone dove raccolgono voti, i politici - ed in particolar modo gli amministratori regionali - sentono un potente desiderio di fuga.
Noi non siamo tra questi, convinti che il ruolo di governo dell'intero Piemonte lo si conquista nei momenti difficili. Non è infatti il singolo interesse a determinarci nella nostra scelta, bensì l'interesse generale della comunità regionale alla quale dobbiamo rispondere in termini di garanzia ambientale e di qualità della vita, ma anche e allo stesso tempo di sviluppo economico.
Siamo convinti che questa strada sia più garantista per i nostri Comuni. Si tratta di stabilire - come si è già tentato ed avviato - un corretto rapporto con i Comuni e le popolazioni interessate rivolto ad affrontare insieme i problemi che le scelte o la localizzazione della centrale - prevista in un secondo tempo - suscitano. Senza quindi soluzioni verticistiche della Regione, ma di piena collaborazione con gli Enti locali in un comune e democratico controllo di tutti i momenti del processo già avviato.
Siamo in definitiva favorevoli ad assumerci le responsabilità che ci competono in un reale e democratico confronto con il Governo nazionale, ma non facendo così scattare il potere sostitutivo del Governo e del Parlamento, in quanto se non provvediamo noi, le aree saranno comunque determinate per legge e ciò, in definitiva, espropria la Regione e gli Enti locali del potere decisionale, comportando tra l'altro questo atteggiamento, probabilmente, un aggravamento delle tensioni che già esistono nelle zone interessate.
Abbiamo quindi scelto la strada della ricerca del consenso. Ma, allo stato attuale dei fatti, la politica del consenso è riuscita o fallita? In questa fase i dieci Comuni del Vercellese e gli otto Comuni dell'Alessandrino ci hanno fatto conoscere con delibere consiliari il loro assenso o dissenso ai sondaggi preventivi. Noi ci troviamo oggi di fronte a delibere comunali di non assenso o, al contrario, di non opposizione alla fase di accertamento. Sostanzialmente, circa la metà dei Comuni non aderiscono all'intesa prevista dall'art. 2 della legge 393 e l'altra metà dei Comuni sono favorevoli agli approfondimenti tecnici e scientifici con molte riserve. Quasi tutti sono concordi nel ritenere che i sondaggi devono partire contemporaneamente nelle due aree interessate, riunendosi gli Enti locali in forme consortili.
Tutti ritengono di dover procedere durante le indagini all'approfondimento degli studi ad integrazione di quelli previsti dalla legge 393, in particolare sulla valutazione dell'impatto termico sull'ambiente circostante, con specifico riferimento ai corpi idrici interessati ed al clima; sulla valutazione delle disponibilità idriche in rapporto all'economia agricola; sulla valutazione dell'impatto socio economico con riferimento alla salvaguardia delle prerogative produttive ed occupazionali esistenti; sul potenziamento delle strutture socio-sanitarie sulla sicurezza dell'impianto, sulla predisposizione di adeguati strumenti per la pianificazione dell'emergenza e per lo scioglimento dei nodi riferiti alle azioni di pronto intervento; sulla predisposizione di specifici strumenti di informazione capillare a livello puntuale e regionale.
Ma se esaminiamo con obiettività e distacco le delibere consiliari assunte dagli Enti locali, dobbiamo constatare che, con il non assenso qualcosa indubbiamente non ha funzionato. Colpa di chi? Soltanto degli oppositori, che hanno fatto ricorso a tutti gli strumenti della dissuasione e anche dei persuasori che non sono stati abbastanza espliciti o convincenti nel presentare documenti e testi a favore del nucleare? Avevo già avuto occasione di dire nel dibattito del 4 marzo che l'origine bellica del nucleare ha sulle nostre popolazioni un impatto negativo, umanamente comprensibile, ma che solo la conoscenza razionale pu mutare in un più sereno approccio, basato sulla consapevolezza che anche processi come quello costituito dall'energia nucleare si possono controllare, minimizzando i rischi relativi e rendendoli comparabili od inferiori a quelli che ciascuno di noi corre ogni giorno e più volte al giorno.
L'errata certezza dell'insediamento ha prodotto nelle popolazioni interessate e quindi nelle loro Amministrazioni, una "psicosi da insediamento nucleare" che, lungi dal consentire una realistica ed obiettiva valutazione dell'evento, ha favorito il sorgere di timori, di diversa origine e natura, fondati od infondati, da meritare comunque una serena attenzione e delle considerazioni esaurienti nei limiti consentiti dalle conoscenze attuali. Parecchi amministratori sono preoccupati per gli eventuali effetti negativi dell'impianto, con particolare riguardo all'agricoltura; altri, i più numerosi, per il problema della disponibilità effettiva di acqua che, a nostro avviso, era una pre-condizione che doveva trovare accertamenti solleciti e definitivi anziché dilazionati nel tempo.
Si percepisce, inoltre, da parte delle popolazioni interessate, il timore che gli enti preposti alla gestione della centrale elettronucleare non siano all'altezza del loro compito. Se questa perplessità è giustificabile nell'uomo della strada, generalmente poco preparato per un'adeguata comprensione della sofisticata tecnologia nucleare, è doveroso invece porgere la massima attenzione ai pareri dei tecnici "addetti ai lavori" e credere inoltre che l'indipendenza reciproca delle responsabilità dei due enti, il costruttore - gestore - gestore ENEL ed il controllore ENEA, sia la migliore garanzia nell'interesse dei cittadini.
Va comunque sottolineato che la gestione nucleare nazionale è, sotto certi aspetti, soggetta anche a controlli di livello internazionale, quale quello esercitato dall'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica di Vienna, sui materiali fissili.
In questo quadro di espressioni di sfiducia generalizzata, si innesta il problema dell'esistenza o meno dei Piani di Sicurezza e Protezione Civile. In questa sede è opportuno sottolineare che è in fase di realizzazione, sotto la responsabilità dell'onorevole Zamberletti, un piano generale di emergenza civile che copre tutte le possibilità di intervento in caso di incidenti o emergenza di qualsiasi genere, sul territorio nazionale. Tale piano sarà certamente pronto molto prima della realizzazione ed entrata in esercizio di qualsiasi centrale elettronucleare o di altro tipo. In ogni caso ed in merito alla pianificazione di emergenza, si segnala che il Ministro degli Interni ha emanato, già nel febbraio del 1980, istruzioni relative alla partecipazione degli Enti locali alla formulazione e gestione dei piani. Tali istruzioni hanno trovato pratica applicazione per la centrale di Caorso, il cui piano è stato sottoposto a completa revisione con la partecipazione di Regioni Province e Comuni interessati e le cui strutture sono integrate nelle predisposizioni per l'emergenza di quella centrale. Dette disposizioni si applicano a tutte le nuove ubicazioni. E' evidente che detta partecipazione sarà richiesta ai Comuni piemontesi quando gli sviluppi della situazione lo richiederanno.
La maggioranza di questo Consiglio regionale ancora nella recente verifica, nel suo documento conclusivo, ha rinnovato l'impegno affinché la Regione dia, entro l'8 giugno, l'indicazione delle aree interessate all'insediamento della centrale nucleare in Piemonte evitando di delegare questo compito al Governo nazionale. E di questo prendiamo atto.
Ma la maggioranza di questo Consiglio regionale, che governa ormai da più di sette anni il Piemonte, dimentica che ancora nel secondo semestre del 1979, non tanto riferendosi alla mancanza del Piano Energetico Nazionale, ma facendo riferimento specifico agli irrisolti problemi della sicurezza e ai mancati accertamenti per acqua, inquinamenti ed impatto con l'ambiente, dichiarava che non sussistevano le condizioni per indicare le aree per l'insediamento? Questa maggioranza vuole essere talmente obiettiva nel riconoscere che, in questi ultimi tre anni, spesso ci si è dimenticati di informare, di far partecipare, di coinvolgere le comunità interessate recuperando un rapporto con gli Enti locali e le popolazioni e che quindi ci troviamo di fronte ad anni di tempo perduto? Vuol prendere atto che l'attuale maggioranza si presenta in quest'aula divisa dal PDUP, ma, quel che è peggio, di fronte alle comunità interessate si presenta non con un solo volto, ma con due posizioni nettamente contrastanti e divergenti continuamente evidenziate? Perché, infine, questa maggioranza non ha mostrato eccessiva compattezza e presenza nel condurre consultazioni e nel gestire un fatto così di rilievo? Ecco da dove nascono anche l'incertezza la sfiducia, il pessimismo. Non tanto dai problemi, ma anche dai comportamenti.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il problema in esame però non è solo un problema della maggioranza ma dell'intero Consiglio regionale. La legge 393, richiedendo l'intesa Regione-Comuni, configura un atto amministrativo complesso che non può avere giuridica validità se non in presenza di due manifestazioni di volontà concordi e positive. Ciò non di meno la Regione non può esimersi dal manifestarsi comunque una propria volontà in ordine alla questione delle indagini tecniche per la scelta delle aree senza pretendere il consenso preventivo di tutti.
E' doveroso a questo punto evidenziare una circostanza di notevole rilevanza: l'utilità di poter entrare in possesso di conoscenze estremamente dettagliate ed approfondite su una certa area geografica, così come richieste da una localizzazione nucleare, rappresenta un vantaggio inestimabile ai fini di un'accorta politica di programmazione e sviluppo in favore dell'area stessa; tanto più che tali elementi verrebbero acquisiti senza alcun onere, da parte dei Comuni, i quali poi avrebbero la possibilità di esprimersi, con reale cognizione di causa, in attinenza all'uso potenziale dell'area, ai fini di qualsiasi installazione industriale, agricola o civile, anche di tipo non nucleare.
Inoltre, come può facilmente comprendersi, tali indagini non comportano alterazione alcuna al territorio in generale né alle colture in particolare. Giova osservare, a conforto di questa argomentazione, ed a titolo informativo, che l'art. 7 del Decreto Nicolazzi dispone che "non sono soggette a concessione né autorizzazione del Sindaco le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato".
Da questa disposizione, ad esempio, deriverebbe la conseguenza che non è più necessario l'assenso dei Comuni per eseguire gli accertamenti geognostici. Le analisi preliminari potrebbero quindi essere eseguite anche a prescindere dal consenso dei Comuni. Ciò nondimeno è di tutta evidenza l'opportunità che la procedura relativa alla localizzazione segua le prescrizioni previste dalla legge 393. Appare, quindi, opportuno che la Regione Piemonte, nell'attesa di pervenire ad un diverso atteggiamento delle Amministrazioni locali, si esprima in termini favorevoli nei confronti dell'esecuzione delle indagini tecniche per la qualificazione delle aree di Po 1 d Po 2, affiancata in questo dal Consorzio dei Comuni delle aree interessate, da un Comitato scientifico composto da tecnici dell'Università, del Politecnico e degli Enti di Stato interessati riservandosi di assumere in seguito, previa acquisizione di ulteriori elementi e previo ulteriore confronto con le Amministrazioni locali interessate, la decisione relativa alla definitiva localizzazione della centrale.
Gli atti di governo e le scelte coraggiose assunte nell'interesse della comunità troveranno sempre il Gruppo DC in un atteggiamento di responsabilità. Ed è per questo che ci dichiariamo per il governo di questa scelta difficile, ma indispensabile, offrendo la nostra disponibilità e le nostre capacità a proseguire concretamente nell'azione per l'insediamento nucleare, convinti, come dice lo scrittore Biagi, di non avere nessuna simpatia esplicita né nascosta per l'Atomo, ma chiedendoci se il resto dell'Italia e del mondo è popolato da mandrie di sprovveduti e che i pochi intelligenti superstiti alloggino soltanto da noi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento tenderà ad illustrare i contenuti dell'ordine del giorno che è stato presentato.
Oggi siamo chiamati ad assolvere ad un obbligo di legge, cioè a valutare se esistono le condizioni per indicare almeno due aree suscettibili di insediamento di una centrale elettronucleare, ai sensi dell'art. 2 della legge 393.
Siamo arrivati a questo appuntamento, dopo che il 5 luglio 1979 il Consiglio regionale, dopo ampie consultazioni, decise che non sussistevano le condizioni per indicare le aree suscettibili di insediamento nucleare.
Ebbene, questo schieramento di forze politiche, che ha deciso di ribaltare (con l'ordine del giorno votato il 18 marzo 1981) la decisione assunta il 5 luglio 1979, ha indubbiamente fatto molte chiacchiere, e riempito molte pagine di giornali nel tentativo di sostenere l'indispensabilità delle centrali nucleari.
Ebbene, non solo non siete stati convincenti, ma dovete ancora spiegare cosa è cambiato rispetto alle ragioni che avevano motivato il "no" del 1979 all'individuazione delle aree.
Avete tentato di tutto, forzando il senso stesso della legge 393, con il tentativo di strappare l'assenso degli Enti locali all'individuazione delle aree, facendolo passare come assenso all'avvio dei sondaggi; cosa che, invece, concerne una fase successiva all'individuazione delle aree stesse.
La verità è che non solo non siete stati convincenti nei confronti di chi, come noi, si oppone alla scelta nucleare per ragioni di qualità del modello di sviluppo, ma non siete stati convincenti nemmeno nei confronti di quanti non hanno una posizione pregiudiziale verso il nucleare e la ragione risiede nell'incapacità di dare risposte rispetto ai requisiti minimi per l'individuazione delle aree.
E mi sorprende che l'Assessore Salerno ringrazi con tanta foga gli enti tecnici nazionali che avrebbero dovuto tentare di dare queste risposte.
Avete usato, in modo spesso non corretto nei confronti degli Enti locali, la possibilità (peraltro prevista dalla legge 393) che il Governo usi i poteri sostitutivi; mi chiedo allora qual è il ruolo degli Enti locali se essi hanno la possibilità di dire solo di "sì".
Dov'è quella Regione in grado di svolgere un ruolo attivo, che sconfigge le spinte neocentraliste, se essa si riduce ad essere (come in questo caso avviene) una lunga mano esecutiva delle scelte e delle decisioni del Governo; cioè, quel ruolo tanto contestato in quest'aula e ritenuto esiziale per la vita stessa delle Regioni.
Sono interrogativi questi a cui non ci si può sottrarre e comunque credo che, se una valutazione complessiva dobbiamo fare di tutta questa vicenda, essa non può che portarci a riconoscere che ne usciamo un po' tutti cresciuti politicamente e con un notevole fardello di esperienza in più.
Se non altro per avere constatato che vi è una società che matura sempre di più in termini politici, che ci sono gli Enti locali che sempre di più rifiutano un ruolo di esecutori di scelte fatte in altra sede e la domanda politica che emerge è la rivendicazione di un ruolo attivo nelle decisioni e nelle scelte di indirizzo e di sviluppo dell'economia.
Questo (delle partecipazioni alle scelte reali) è il nodo che è stato posto nelle consultazioni da parte degli Enti locali, dalle organizzazioni di categoria, dalle parti sociali, dalle associazioni e comitati.
Rispetto alle consultazioni un rilievo che dobbiamo fare, attiene allo scarso coinvolgimento della popolazione che, se ha voluto farsi sentire, lo ha dovuto fare attraverso convegni e dibattiti che hanno accompagnato le consultazioni.
E lo hanno fatto firmando in 5.000, nell'area Po 2 l'appello del Comitato per il controllo delle scelte energetiche della Bassa Valle Scrivia, che si oppone all'installazione della centrale.
Dalla consultazione è emerso un "no" chiaro al fondo del quale vi è un nodo, cioè il problema della qualità dello sviluppo che si vuole incentivare. No, Salerno, non pensiamo di scatenare la folla nelle piazze ci battiamo per una scelta cosciente, per uno sviluppo diverso, per una diversa qualità del modo di vivere e concepire il rapporto con l'ambiente e il territorio.
Sono stati posti problemi che richiedono delle risposte reali e non possono essere liquidati con un giudizio di strumentalismo o pretestuosità.
Sono i problemi posti dai Comuni nelle loro delibere, che condivido totalmente e che non riprendo.
Come si possono ignorare i problemi posti non solo dagli Enti locali ma anche da organizzazioni, associazioni, da un esperto in materia qual è il professor Mussa Ivaldi del Comitato per il controllo delle scelte energetiche, che sono relativi: alle garanzie di sicurezza ed ai piani di emergenza, tenendo conto delle nuove normative molto più restrittive adottate negli Stati Uniti rispetto a quelle tuttora in vigore nel nostro Paese alla validità di tecnologie che l'evoluzione in atto, probabilmente, le renderà superate prima ancora che entrino in funzione nel nostro Paese alla marginalità del nucleare nel Piano Energetico Nazionale, in rapporto agli investimenti enormi che esso richiede ed all'impegno (rilevato dalle organizzazioni sindacali) sul nucleare e che invece è scarso rispetto allo sviluppo di tutte le altre capacità energetiche alla validità o meno di installare 2 milioni di Kwh in un solo posto tenendo conto delle perdite di rete che in Italia sono il doppio di quelle degli altri Paesi.
Sono problemi, questi, che non sono pretestuosi e richiedono delle scelte politiche che attengono a quale sviluppo si vuole determinare ed all'interno di quale quadro di convenienze collocare una scelta energetica: cioè, se fare una scelta quale quella nucleare, che riproduce i caratteri di uno sviluppo profondamente in crisi e dalla quale non si sa come uscirne; oppure se fare una scelta energetica che costruisca sul risparmio sulla tutela dell'ambiente, sulla salvaguardia del territorio, quel quadro di convenienze che rende una scelta diversa dal nucleare, non solo indispensabile, ma anche urgente.
Sanlorenzo Dino, sabato mattina, nell'assemblea sulla protezione civile, richiamava i più di 200 miliardi spesi dal '77 ad oggi per riparare i danni provocati dalle inondazioni in Piemonte; è questo il sintomo dell'abbandono nel quale è stato lasciato il nostro Paese; ecco, allora, il nuovo quadro di convenienze di cui parlavo, cioè una scelta energetica che (in questo caso) si accoppi ad un riassetto idrogeologico. E' solo un esempio e ne potremmo fare molti altri, soprattutto relativi al risparmio.
Ma rispetto (e lo ricordava il collega Petrini) a questo piano che sta per essere elaborato dal Ministro Zamberletti per la protezione civile, non possiamo non rilevare che ci sono delle divisioni anche in casa sua, in quanto il Governo non riesce ad elaborarlo.
Ma un nuovo quadro di convenienze va valutato, anche in rapporto alla quantità e qualità dell'occupazione, che una scelta che si basi sul risparmio e sulle fonti rinnovabili può determinare, incominciando a costruire una risposta che eviti l'assistenzialismo forzato per migliaia di lavoratori, un'occupazione legata ad una parziale riconversione dell'apparato produttivo, verso la costruzione di tecnologie appropriate per le fonti rinnovabili, di meccanismi e controlli per il risparmio.
Non riprendo le proposte che ho già svolto nell'intervento del 5 marzo e per le quali rimando alla prossima uscita degli atti del convegno che abbiamo svolto l'8-9 maggio ad Alessandria.
Voglio ancora ricordare (rispetto agli adempimenti cui dobbiamo assolvere oggi) quella che a me sembra l'interpretazione corretta della legge 393; oggi noi non dobbiamo dare l'assenso all'avvio dei sondaggi, che concernono una fase successiva all'individuazione delle aree. Quello che siamo chiamati a fare oggi è di esprimere un parere sull'individuazione delle aree tenendo conto delle delibere dei Comuni. Questa individuazione non è possibile, in quanto manca l'intesa con i Comuni stessi.
Non vi è nessuna delibera dei Comuni che, ai sensi dell'art. 2 della legge 393, dia l'assenso alle aree. Questo forse significa rassegnarsi ai poteri sostitutivi del Governo? Io non credo, qui si è molto parlato di governare la scelta; ebbene governare la scelta significa avere la capacità ed il- coraggio di raccogliere anche ciò che viene dalla società.
Questo significa dire al Governo un "no" all'installazione della centrale nucleare, ma dire anche al Governo che ci impegniamo, come Regione Piemonte, a costruire una risposta ai problemi energetici che escluda il nucleare. Certo, questo pone la Regione nella necessità di esprimere un ruolo attivo propositivo, di programmazione; ma non è forse questo che tutti rivendichiamo? Per questo noi proponiamo che questo "no" venga accompagnato dalla richiesta al Governo ed al Parlamento di modificare il PEN, escludendo il ricorso all'energia nucleare ed al Governo stesso di rispettare le indicazioni contenute nella risoluzione sul PEN approvata dalla Commissione Industria della Camera e Senato il 22 ottobre 1981 (per le quali rimando all'ordine del giorno presentato a firma del sottoscritto) rispetto alle quali il Governo è gravemente inadempiente.
Ma io credo che queste richieste Governo sono credibili nella misura in cui la Regione è in grado di fare la sua parte. Non possiamo non rilevare i gravi ritardi che ci sono; per questo noi chiediamo che la Giunta commissioni subito uno studio per la predisposizione del Bilancio Energetico nella nostra Regione; che avvii la predisposizione del Piano Energetico Regionale; che presenti al più presto in Consiglio regionale un programma per lo sviluppo del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili; che, contemporaneamente, in collaborazione con l'ENEL e l'ENEA, presenti una valutazione degli effetti occupazionali e della possibile committenza per i vari settori produttivi in relazione ai programmi avviati ed avviabili al fine di valutare il possibile sviluppo industriale nel campo delle tecnologie appropriate e valutare i riflessi di questa potenziale committenza sull'industria.
Ad esempio, è urgente costruire un quadro di riferimento di possibile committenza di cavi per energia per la CEAT, al fine di contribuire a superare le difficoltà in cui questa azienda si dibatte.
Chiediamo alla Giunta che, in collaborazione con le Regioni Liguria e Lombardia, avvii ricerche per la gasificazione del carbone.
Chiediamo, inoltre, alla Giunta che, in rapporto con il Governo, avvii rapporti con i Paesi in via di sviluppo per verificare la possibilità di avviare un interscambio basato sulla fornitura da parte del nostro Paese di tecnologie appropriate per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili.
Ora è nota la carenza in questi Paesi di una struttura industriale in grado di produrre tecnologie, quindi qui si apre una potenzialità di esportazione ed interscambio che, se non copriremo noi, inevitabilmente coprirà qualche altro Paese.
Ed infine, per supportare questi impegni della Regione, proponiamo al Consiglio regionale la costituzione di una Consulta energetica regionale sostegno in grado di dare un sostegno tecnico-scientifico a tale programma.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bastianini. Ne ha facoltà.



BASTIANINI Attilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non è più tempo di divagazioni sul tema; il rispetto della scadenza dell'8 giugno che vede la nostra Regione in prima fila insieme alla Lombardia nel rispetto degli adempimenti fissati dalla legge nazionale, ci impegna non solo ad una manifestazione vaga di indirizzi o al richiamo a preoccupazioni, ma ci impegna a dire con chiarezza che cosa le forze politiche pensano e vogliono riguardo all'insediamento del nucleare in Piemonte.
Mi consento una breve digressione per sottolineare come le due Regioni che hanno rispettato la scadenza dell'8 giugno posta dalla legge sono entrambe Regioni dove forte e centrale era la disponibilità dei liberali su questa materia. La Regione Lombardia ha come Assessore competente il liberale Sasso; la Regione Piemonte ha come Presidente della VII Commissione Energia ed Ambiente e come componente del Comitato misto il liberale Marchini.
Credo sia un segno di responsabilità di cui andiamo orgogliosi. Noi siamo orgogliosi di questo fatto, cioè che la presenza e il ruolo dei liberali siano determinanti nel far maturare in modo complesso e partecipato una decisione, a favore di una maggiore e più completa articolazione del rifornimento energetico nella nostra Regione.
Questa discussione ci impegna non a dichiarazioni vaghe o a preoccupazioni generiche e non mi sottraggo a questo compito, essendo la prima forza politica che ha il coraggio di dire che cosa pensa, anche nei dettagli, riguardo alla localizzazione della centrale nucleare in Piemonte su questo tema si sono riuniti gli organi di partito e si è decisa una linea che, per la sua importanza, credo di poter sintetizzare in poche parole: 1) il Piemonte deve mantenere una posizione di testa tra le Regioni interessate ad ottenere, se esistono le condizioni di sicurezza l'insediamento di una centrale nucleare, non per essere i primi della classe, ma perché riteniamo che, per l'economia del Piemonte, una diversificazione delle fonti energetiche ed uno stimolo di investimento pubblico con le dimensioni di una centrale nucleare non siano da rinunciare; ci opponiamo a tutte le manovre di rinvio, o, in qualche modo di rimando della decisione centrale, perché noi vogliamo questa centrale dove esistono le condizioni di sicurezza e vogliamo che, proprio per la sua importanza, questa decisione maturi nel dibattito della comunità regionale nel suo confronto con gli Enti locali, senza lasciare alcun spazio di alibi alle forze politiche piemontesi e senza mandare lontano responsabilità che dobbiamo assumere qui in Piemonte.
2) Le analisi tecniche devono essere condotte con il controllo della comunità regionale e degli Enti locali e devono interessare entrambe le aree Po 1 e Po 2, indipendentemente dalle posizioni assunte dai Comuni su questa materia, ma le verifiche tecniche non devono far dimenticare quelle che sono considerate le precondizioni e noi riteniamo che il nodo della disponibilità idrica nel Vercellese sia una delle tre condizioni essenziali, non verificandosi la quale, non è ritenuto opportuno dai liberali procedere in ulteriori esami nella zona. Cosa intendiamo quando indichiamo la disponibilità idrica come pre-condizione essenziale: non un complesso ed inattuabile richiamo all'uso plurimo delle acque, ma la verifica delle risorse idriche aggiuntive per garantire l'indipendenza e non la compatibilità delle attività agricole con l'attività della centrale nucleare; non c'è, quindi, una posizione neutra e chiediamo che questa pre condizione sia verificata in via preliminare.
Vi é, quindi, un orientamento che esprimiamo in quest'aula per evitare equivoci: stando così le cose, l'orientamento della Regione Piemonte, dove non si verifichi la pre-condizione della disponibilità idrica, deve essere orientata verso la zona Po 2, e questo deve imporre una revisione delle decisioni del Piano Energetico Nazionale, di intesa con la Regione Lombardia, al fine di non dare seguito alla centrale a carbone di Bastida Pancarana, perché si ritiene che il sovrapporsi a pochi chilometri di distanza di due centrali, una a carbone ed una nucleare, sia incompatibile con il mantenimento delle condizioni ambientali. La Regione Lombardia pu scegliere per Bastida Pancarana, ma se nella Regione Piemonte si scopre che per una serie di precondizioni e di opportunità la localizzazione del nucleare è nell'Alessandrino, si deve decidere che cosa fare di Bastida Pancarana, cioè l'ENEL o lo Stato devono chiarire quale dei due interventi ritengono prioritario. Questa è una posizione chiara, noi abbiamo deciso di giocare a carte scoperte; diciamo che la Regione Piemonte deve volere la centrale nucleare, che le analisi tecniche devono essere fatte in entrambi i siti senza seguire gli orientamenti dei singoli Consigli comunali, ma che la disponibilità idrica è una pre-condizione; che, stando così le cose l'orientamento regionale dovrebbe essere verso l'area Po 2 e che questo comporta una revisione, una correzione di tiro rispetto alle previsioni del Piano Energetico Nazionale e alle disponibilità manifestate dalla Regione Lombardia.
Credo di aver dato un contributo di chiarezza sulla posizione di una forza politica su questa materia e ci attendiamo che le altre forze politiche parlino di meno dei pericoli generali e dei vantaggi astratti ed entrino più nel merito dei problemi concreti che si pongono per l'intervento del nucleare in Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Signor Presidente, signori Consiglieri, nel corso di questa legislatura, nel breve volgere di due anni, è questa la terza volta che il nostro Consiglio è chiamato ad affrontare i problemi energetici ed in termini più specifici la questione della centrale nucleare in Piemonte.
Se da un lato tutto questo dimostra la sensibilità e l'impegno politico con cui questo Consiglio ha affrontato ed affronta il nodo nucleare (al di là delle primogeniture che avanzava Bastianini), credo che in pari tempo dia la possibilità ai singoli interventi, che oggi ogni forza politica sviluppa, di concentrare la propria attenzione sulle decisioni che oggi dobbiamo assumere lasciando a margine considerazioni e puntualizzazioni più di ordine generale che ogni forza ha avuto modo di sviluppare in precedenti dibattiti e che finirebbero con l'essere ripetitive di cose già dette, di posizioni già note.
Anch'io, come l'Assessore Salerno, do un giudizio altamente positivo delle consultazioni che abbiamo fatto nei giorni scorsi.
L'ampio ventaglio delle posizioni espresse dimostra che nei Comuni e nelle forze sociali consultare non c'é unanimità, ci sono, sull'ordine del giorno approvato dal nostro Consiglio il 5 marzo, posizioni che talora sono di consenso, talaltra di riserva ed in alcuni casi di perplessità.
In alcuni dei consultati, e devo dire non da parte dei Comuni (da cui non sono venute posizioni antinucleariste di principio, anzi, voglio ricordare che se oggi, da parte dei Comuni, si sono espresse posizioni mature che si fanno carico del problema energetico generale, è perché sui problemi dell'energia la Regione ha avuto una politica di informazione e di confronto, suscitando un'ampia partecipazione, non sempre facile, talvolta scomoda che parte dalla precedente legislatura durante la quale il clima nei Comuni consultati era ben altro), si è manifestata la convinzione che il Piemonte possa fare a meno della centrale nucleare e possa colmare il proprio deficit energetico ricorrendo ad altre fonti, predisponendo un piano energetico che non trascuri lo sfruttamento di ogni risorsa.
E' questo uno degli argomenti spesso tirato in ballo da coloro che si oppongono, sia in Piemonte che nel Paese, alla scelta nucleare e che in questa sede ha avuto qualche interprete.
A queste critiche nei precedenti dibattiti non sono mancate risposte molto articolate. Noi stessi, riconoscendone tutta la loro dignità, il loro peso, abbiamo cercato di confrontarci con queste critiche, vogliamo confrontarci cercando di dare risposte oggettive e convincenti.
Ma vogliamo dire che queste critiche oggi, forse (insieme a risposte convincenti sul piano delle argomentazioni generali, articolate) si possono e devono combattere con puntualizzazioni, con atti e con fatti che vadano nella direzione di quel Piano Energetico Regionale che la Giunta intende realizzare.
Un piano a cui le organizzazioni sindacali, durante le consultazioni ci hanno richiamato e che credo doveroso riproporre in questa sede come uno degli atti qualificanti della maggioranza da realizzare nei mesi che verranno.
L'Assessore e la Giunta hanno compiuto in questo ultimo anno atti e fatti non di poco conto su cui ogni forza ha avuto modo di esprimere pienamente sia il proprio giudizio che i propri suggerimenti.
Con l'approvazione del d.d.l. 2383 è possibile oggi avviare in VII Commissione un confronto serrato che abbia come punto di riferimento da un lato le proposte dell'Assessorato e dall'altro l'ipotesi di testo unificato dei progetti di legge presentati dalle singole forze politiche per produrre atti concreti che si muovano nella direzione del Piano Energetico Regionale.
So che su questo terreno esiste una piena disponibilità della Giunta ad accogliere questo confronto, a far maturare delle rapide decisioni politiche.
E' fuori di dubbio, tuttavia, che i ritardi che su questo terreno si sono registrati hanno finito con il pesare negativamente sulle consultazioni, hanno finito con il caricarle di contenuti interpretativi che non corrispondono né alla volontà di questa maggioranza, né alla volontà della maggior parte di questo Consiglio.
Abbiamo parlato di ritardi. Spesso, durante le consultazioni, si è voluto da parte di taluni ricondurre questi ritardi a responsabilità soggettive dell'Assessorato, del Consiglio. Si è dimenticato che le consultazioni stesse sono avvenute in un momento particolare con un quadro legislativo ben definito.
Si è dimenticato, per esempio, che Regioni come la nostra, che vogliono e intendono muoversi verso la definizione di un Piano Energetico, mentre da anni hanno un ruolo ben definito dalla legge quando si tratta di pronunciarsi sul nucleare (un ruolo, non dimentichiamolo, lo ricordava Marchini, in un quadro di scollamento del rapporto fra lo Stato e il sistema delle autonomie ed in cui la Regione puntava cercando di capire, a raccogliere e consolidare la propria credibilità), dall'altro, su un campo più vasto di politica energetica, sui problemi delle fonti alternative ed integrative sino a ieri, in linea di principio, non avevamo né competenze né voci in capitolo ed in linea di fatto continua ad essere sospesa ogni decisione operativa sull'art. 17 del d.d.l. 2383.
La legge di procedura sul nucleare, quella che assegna un ruolo di decisione e di coordinamento alle Regioni, è del 1975.
Chi, come noi, davanti ai Comuni ed alle forze sociali consultate si è mosso, ha voluto muoversi inserendo la decisione sul nucleare nel contesto di un Piano Energetico Regionale, non ha potuto non sottrarsi al dato di fatto incontestabile che il d.d.l. 2383 è stato approvato solo qualche mese fa, nello stesso periodo in cui la delibera CIPE chiamava le Regioni e gli enti energetici ad avviare entro 150 giorni le procedure sul nucleare.
Voglio dire, in sostanza, che, oggettivamente, la Regione, stante l'attuale quadro legislativo, si è trovata ad operare in questi mesi in una condizione difficile perché, sul nucleare, le sono assegnate precise responsabilità che sino ad ieri le erano negate sulle altre fonti energetiche.
Se questo spiega in parte l'origine dei ritardi di cui parlavo prima spiega anche il tipo di approccio politico che, come Consiglio e come Comitato misto, abbiamo avuto rispetto alle procedure della legge 393.
E' indubbio che, come Regione, noi la scelta della carta dei siti (la carta delle aree sarebbe meglio dire), come conseguenza dell'avvio delle procedure della legge 393, l'abbiamo accettata, per un insieme di ragioni.
La nostra parte politica in questo Consiglio aveva mosso non poche critiche al modo con cui l'ENEA ed il Governo erano giunti alla definizione di questa carta.
Critiche che non stiamo qui a riprendere, ma che mantengono tutta la loro validità perché, tuttora, non è chiaro sulla base di quali criteri oggettivi, sulla base di quali dati e di quale documentazione tecnico scientifica sono state definite le priorità di questa carta.
Abbiamo accettato l'avvio delle procedure della legge 393 per le ragioni chiaramente evidenziate nell'ordine del giorno del 5 marzo e che credo debbano essere riconfermate.
Abbiamo detto più volte che il Piemonte, qualora fosse stato scelto per una nuova centrale nucleare, avrebbe dovuto fare la propria parte sino in fondo.
Per questo ci siamo adoperati per avviare le procedure della legge 393 (rispondendo a Petrini: nel Comitato misto si è instaurato un rapporto di uguale dignità tra tutte le forze politiche presenti e non una divisione tra maggioranza e minoranza. Abbiamo fatto la nostra parte fino in fondo e difficoltà ne abbiamo trovate in quanto vi erano dei Consiglieri della minoranza che vestivano due abiti: uno qui e l'altro nelle zone in cui avvenivano le consultazioni).
Ma concretamente cosa significa, cosa ha significato e cosa deve significare fare la nostra parte fino in fondo? Anche alla luce delle polemiche che si sono sviluppate io credo sia opportuno ribadire che, come forza politica, la parte che abbiamo chiesto e che chiediamo, la parte che la Regione ha avuto in questi mesi e che dovrà mantenere non è né una parte critica, né una parte notarile.
Lo ricordava Marchini, l'obiettivo costante di questi mesi è stato quello di assicurare alla Regione un ruolo di governo dei processi aperti per ricondurre ad unità tutte le presenze istituzionali sul territorio.
Un ruolo di rifiuto della rinuncia a far la propria parte, ma, anzi nelle procedure della legge, di ritagliarsi il più ampio spazio politico possibile, stabilendo in questa ottica un rapporto corretto e di fiducia con i Comuni.
Se oggi quasi tutte le delibere assunte dai Comuni interessati, pur approdando a conclusioni diverse, hanno come tratto comune la volontà di stabilire un rapporto corretto con la Regione, un rapporto inteso a definire risposte unitarie ai problemi che si pongono, è perché l'autorità politica della Regione viene riconosciuta per quello che essa è ed ha saputo conquistarsi; per la capacità politica che ha avuto di essere sino in fondo un interlocutore politico insostituibile in questi 150 giorni decisivo nei prossimi 18 mesi durante i quali dovranno essere sviluppati nelle due aree, tutti quegli approfondimenti tecnico-scientifici che si renderanno necessari e che i Comuni puntualmente richiamano in undici dodici punti ripresi nelle loro deliberazioni.
Ma, consentitemi di ricordare, quanti di questi undici-dodici punti sono il frutto e la conseguenza di ritardi dell'ENEL e dell'ENEA a motivare meglio quelle due aree su cui sin dalla passata legislatura avevamo chiesto analisi più convincenti sulle condizioni di base per la localizzazione (acqua, inquinamento, impatto con l'ambiente)? Altre Regioni, come la Lombardia, di fronte al "no" dei Comuni hanno inteso, nel loro ordine del giorno, richiamare i poteri sostitutivi del Governo e del Parlamento in base all'ultimo comma dell'art. 2 della le e 393.
La Lombardia avrà avuto i suoi motivi per approvare un ordine del giorno di quel tipo, ma non so fino a che punto sia corretto.
Una simile strada, nella nostra Regione, produrrebbe delle grosse incognite politiche nel senso che (qualora fosse la Regione a richiamarla) produrrebbe dei guasti non indifferenti ad un rapporto delicato che la Regione ha instaurato con i Comuni e Regione esercitino sino in fondo un ruolo di governo delle scelte. Ruolo di governo delle scelte significa anche che, se tra 16 mesi non si verificherà l'idoneità dei siti rispetto alle problematiche aperte, noi dovremo dire "no" all'insediamento della centrale.
Un ruolo di governo, dunque, a cui i Comuni stessi nelle loro deliberazioni non abdicano, dal momento che, al di là delle decisioni assunte sulle procedure dell'art. 2 della legge 393, tutti auspicano la costituzione di un Consorzio nelle rispettive aree interessate e ritengono indispensabile una stretta collaborazione tra Comuni e Regione.
Peraltro, una decisione equilibrata oggi del Consiglio, che riaffermi la validità dell'ordine del giorno votato il 5 marzo, che valorizzi i rapporti costruttivi che in questi mesi si sono venuti definendo tra Regione e Comuni e che in pari tempo prenda atto del vasto arco di pronunciamenti che questi hanno espresso nelle loro delibere pu permettere, sin da domani, nell'immediato, di definire delle ipotesi di lavoro che vadano nella direzione degli approfondimenti degli studi che i Comuni stessi hanno sottolineato come esigenza e sui quali la spigolosità che ricordava Marchini, può solo essere superata attraverso la rigorosità delle indagini e degli approfondimenti sugli undici-dodici punti sollevati il recupero dei tempi morti che ENEL ed ENEA hanno lasciato.
Si tratterà, nel prossimo futuro, di vedere in sede di Comitato misto come è possibile lavorare in tal senso, coinvolgendo in primo luogo i Comuni che si considerano, a pieno titolo, interlocutori dello Stato.



PRESIDENTE

La parola alla signora Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi, farò un brevissimo intervento, in coerenza con un tema di fondo che noi trattammo quando si parlò del funzionamento del Consiglio regionale; credevamo, e lo ribadiamo, che questa assemblea potesse recuperare un ruolo nel momento in cui essa sapesse diventare momento di sintesi politica e di decisione, lasciando alle altre sedi quelli istituzionali delle Commissioni e delle consultazioni il momento dell'approfondimento del tema del dibattito e del confronto.
Anche perché, su questo tema, il Consiglio regionale in dieci anni si è molto soffermato con analisi molto approfondite; in questa stessa legislatura per tre volte noi abbiamo affrontato il tema dell'energia e, in specifico, il tema della centrale nucleare e a questo riguardo le posizioni dei partiti sono abbastanza definite in linea generale ed anche particolare; il Consiglio regionale ha stampato un volumetto con gli interventi che, a proposito della centrale nucleare, le varie forze politiche fecero nel dibattito in cui si arrivò all'ordine del giorno che oggi ci serve da traccia per definire un nostro aggiornato comportamento rispetto ad un iter che abbiamo seguito tutti insieme come Comitato misto come forze politiche e come Consiglio regionale.
Il Consigliere Viglione, in occasione di uno di questi dibattiti, disse che quando il Consiglio regionale affrontava il tema della centrale nucleare, affrontava certamente un problema molto importante; io credo che importante lo sia tuttora, anche se questo non è ancora il momento definitivo, perché dobbiamo ripetere che questa prima indicazione delle aree è di tipo ancora preliminare e serve ad acquisire quegli elementi tecnici essenziali per arrivare all'individuazione del sito, sulla base di indicazioni più approfondite, che non abbiamo ancora, che non sono ancora disponibili, ma che possono essere acquisite se si dà corso a questa prima fase.
Non va dimenticato che, alla fine di questa prima fase, gli Enti locali dovranno nuovamente esprimersi per la definitiva localizzazione, operando così un nuovo controllo su quanto effettuato, verificando se tutte le problematiche sono state effettivamente risolte; in questo senso non sono d'accordo con il Consigliere Marchini, quando dice che nella legge 393 gli Enti locali non hanno un ruolo; secondo me, invece, ce l'hanno; la Regione ha fatto bene ad approfittare di tutti gli spazi che la legge consentiva per verificare nella comunità le possibilità e per confrontarsi con la comunità stessa; credo che la Regione abbia sostanzialmente potuto ben gestire questa fase di consultazione, di rapporto e di raccordo con gli Enti locali; penso anche di poter dire che se la Regione ha fatto questo l'ha fatto per un estremo senso di responsabilità avuto dalle forze di opposizione, che hanno gestito, avendo di fronte la centralità del Consiglio, il coinvolgimento di tutte le forze necessario a questo riguardo e credo che i partiti di opposizione abbiano aiutato la costituzione di una certa atmosfera rispetto a questo problema, che non è certo quella che avremmo desiderato tutti, perché il desiderio di tutti sarebbe stato che tutti i Comuni si esprimessero con positività; questo non è avvenuto credo, però, che, leggendo le deliberazioni, possiamo verificare una grande maturità degli amministratori locali rispetto a questo problema e che, pur con delle annotazioni contrarie, hanno dimostrato di aver approfondito il problema, di averlo sofferto, di averlo confrontato con la comunità.
Credo che compito nostro sia quello di recuperare, da quelle deliberazioni, tutte le disponibilità che ci sono e che oggi ci aiutano a definire una linea concorde rispetto a questo problema, tenendo conto che in questa vicenda non c'è stato nessun protagonismo; l'Assessore in prima persona, che avrebbe potuto essere facilmente il protagonista di questa situazione e ne aveva i mezzi, non ha voluto lui stesso diventarlo, perch ha avuto rispetto di questa centralità del Consiglio; non è stato protagonista il Presidente della VII Commissione, credo che il protagonista vero sia stata la centrale nucleare, che ci siamo tutti sognata come un fantasma e includo anche quelli, come il Partito Repubblicano, che credono da sempre nella necessità della centrale nucleare anche in Piemonte, visto che il Piano Energetico Nazionale l'ha indicata e che da sempre in questa sede e fuori, senza remore e titubanze, senza indulgere alle pressioni che potevano venire dalle realtà locali e senza temere sconquassi elettorali ha detto che una centrale nucleare in Piemonte poteva essere, per la nostra Regione, un'occasione per dimostrare la sua volontà di sviluppo per questo Paese, che è molto in ritardo rispetto agli altri Paesi europei e del mondo sul programma energetico, che dobbiamo comunque affrontare se vogliamo affrontare il problema dello sviluppo.
Io ritengo che questo debba essere messo in evidenza, come notato da altre forze politiche, cioè il ruolo che ha avuto il Consiglio nella sua interezza rispetto a questo problema e la necessità che oggi si decida per l'adempimento che dobbiamo comunque portare. L'Assessore, per l'adempimento del rispetto della centralità del Consiglio, vuole lasciare al Consiglio nella sua interezza e ha detto di arrivare "magari" a questa decisione; io credo che il "magari" deve essere assolutamente tolto e noi oggi, assumendo anche le indicazioni positive che ci vengono dai Comuni e la disponibilità che comunque tutti i Comuni hanno lasciato trapelare di avvio e di accesso ai fondi per la rilevazione delle indagini, come comunità regionale dobbiamo avere questo coraggio di dire che, in questo momento, indichiamo al Governo le due aree, affinché su tali aree si possano portare avanti tutte le indagini necessarie; non mi soffermo sulle precondizioni, sulla salvaguardia ambientale, sull'informazione, tutte cose che avranno il loro iter, che dovranno essere fatte ed integrate.
Quello che noi oggi chiediamo alla comunità regionale è di decidere per quanto ci riguarda siamo disponibili a dare il nostro apporto, a concordare un ordine del giorno o una deliberazione unitaria che possa tener conto di questa indicazione. Chiediamo a tutti, atteggiandoci, come si è atteggiato il Consiglio regionale della Lombardia, che ha delegato al Governo il potere sostitutivo; questo non lo vogliamo, perché sarebbe un andar contro ad una linea politica che abbiamo intrapreso tutti insieme, di grande coinvolgimento, responsabilità e protagonismo corale a questo riguardo; quello che chiediamo è di decidere insieme, concordemente, una scelta di sviluppo non solo per il Piemonte, ma di sviluppo per tutta l'umanità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Anch'io farò un breve intervento, perché sulle problematiche di carattere generale attorno alla questione del nucleare abbiamo già avuto in Consiglio regionale due occasioni per poter esprimere le nostre opinioni sugli orientamenti cui attenersi.
Tuttavia non ci nascondiamo che ci troviamo di fronte ad una scelta fondamentale e qualificante per ogni politica di sviluppo, quale noi riteniamo che la Regione debba svolgere in questo particolare momento, per un contributo allo sviluppo economico dell'intera nazione.
E' dal marzo '81, dal primo ordine del giorno di questo Consiglio, che ci si è fatti carico di contribuire, pur con senso critico, a realizzare gli obiettivi indicati dal Piano Energetico Nazionale.
Questo dibattito di oggi si inserisce all'interno di un processo che ha già visto questo Consiglio assumere importanti determinazioni, diverse dal passato, e dare delle indicazioni di prospettiva che vadano nel senso di tener conto anche della scelta energetica nucleare come tipo di energia alla quale ricorrere in questa fase dello sviluppo.
Non starò a ricordare la nostra posizione che, al riguardo, è nota quando diciamo che il nucleare è necessario, pur con tutte le esigenze di compatibilità per quanto riguarda l'impatto ambientale e la sicurezza. N sto a richiamare le indicazioni contenute nell'aggiornamento del programma di maggioranza che proprio in questi giorni andremo a discutere.
Voglio solo, da un lato, precisare che non vi è una semplice ed acritica accondiscendenza ad un "tutto nucleare", cosa che certo noi non vogliamo; dall'altro lato, sottolineare la positività del Piano Energetico Nazionale, nella misura in cui dà rilevanza alla diversificazione degli approvvigionamenti energetici.
Fra l'altro, da poche settimane, è stato approvato il d.d.l. 2383 (o 655 bis) che prevede appunto gli incentivi per il risparmio energetico.
Tralasciando, quindi, le considerazioni generali rispetto all'argomento specifico di oggi, dobbiamo anche noi evidenziare la brevità dei tempi concessici per questa consultazione che abbiamo svolto, considerata anche la complessità politica amministrativa del nostro Paese. Così come la non completezza delle informazioni che si sono potute assicurare alle popolazioni, e non dovuta certo a colpe della sola Regione.
Vi sono sì dei punti oscuri, ma vi sono anche degli elementi positivi che vanno senz'altro evidenziati: intanto la decisa azione svolta dalla Regione per avere un rapporto serio e continuo con gli Enti locali. Il primo punto positivo è quello, quindi, della collaborazione con gli Enti locali, i quali hanno scoperto un terreno fertile sul quale lavorare per recuperare una comune volontà di governo responsabile. Abbiamo poi rilevato la disponibilità degli amministratori a discutere e a farsi carico dei problemi più generali del Paese, dell'economia e dello sviluppo, che non consentono ulteriori incertezze verso una politica energetica rigorosa e responsabile, aperta a tutte le forme di energia che la natura e la scienza ci mettono a disposizione. Ultima cosa: la positività di un'ampia consultazione che ci ha fatto crescere tutti assieme, dagli Enti locali alle forze sociali e culturali presenti. Abbiamo così avuto modo di recuperare rispetto ad un'informazione che non sempre era stata completa ed oggettiva.
In questi mesi abbiamo certo dovuto recuperare delle posizioni rispetto al passato: la diffusa, e qualche volta legittima, diffidenza rispetto agli Enti statali predisposti alle politiche energetiche da un lato e dall'altro, rispetto ad un'informazione che in precedenza è stata data in un modo non sempre oggettivo e razionale, ma invece additando spauracchi o facendo leva sull'emozione più che sulla ragione.
L'elemento centrale da sottolineare è quindi la volontà da parte della Regione di governare questa scelta assieme agli Enti locali.
Da questo punto di vista bisogna evidenziare la volontà di avere una parte attiva nella fase degli accertamenti ed approfondimenti tecnici assieme agli Enti locali e alle forze culturali e scientifiche presenti nella nostra Regione.
Su questo aspetto vi è certamente l'assenso del Gruppo socialdemocratico. E, da questo punto di vista, devono essere recepite le indicazioni dei consorzi degli Enti locali previsti per le due aree e la collaborazione scientifica con l'Università ed altri Istituti scientifici.
Bisogna, quindi, saper cogliere questo senso di responsabilità che è emerso da più parti e che anche in quest'aula è stato ribadito da più forze politiche. Quindi, questo senso di responsabilità è la parte da valorizzare in questo processo, perché la ragione e non l'emotività prevalga nell'esame e nella discussione dei problemi.
Noi esprimiamo, quindi, il nostro assenso affinché ci sia l'avvio per i sondaggi di natura tecnica, che siano seri e scientificamente fondati in collaborazione con gli Enti statali e locali per non pregiudicare quella che sarà la scelta per l'individuazione del sito. Quindi è attraverso gli accertamenti che devono essere dissipate le incertezze che ancora rimangono rispetto agli indici di densità di popolazione, rispetto alla disponibilità idrica, con particolare riferimento all'agricoltura e rispetto ai piani di emergenza.
Ecco che allora deve essere qui espressa la volontà di non lasciarsi espropriare da quelli che sono i nostri poteri e le nostre competenze e di non demandare allo Stato l'esercizio del potere sostitutivo.
Se vi è stata la centralità del Consiglio in questa vicenda, allora esso deve svolgere fino in fondo un ruolo di chiarezza a questo riguardo.
Su questo aspetto, penso, non ci devono essere atteggiamenti di rinuncia. Invece vi deve essere un pronunciamento chiaro perché si prosegua nelle indagini e per poter fare una buona scelta. Va recepita, dunque l'indicazione che, al termine del dibattito, vi sia una riunione del Comitato misto, unitamente ai Capigruppo, per esaminare le possibilità di addivenire ad un ordine del giorno che raccolga il consenso del maggior numero di forze presenti in Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Viglione.



VIGLIONE Aldo

Prego il Presidente ed i colleghi per soli cinque minuti di attenzione.
Ringrazio molto la Giunta, il suo Presidente e l'Assessore Salerno, per l'opera che, in precedenza, l'Assessore aveva fatto per il problema energetico e, più in particolare, per quanto riguarda l'insediamento nucleare; la Commissione ed il suo Presidente, rifiutando i termini che venivano esposti da qualche eccesso di protagonismo apparso prima in aula perché il problema energetico non appartiene a singole persone, a qualcuno che, trovandosi seduto sulla poltrona della Lombardia o del Piemonte, ha determinato l'ultimo scatto all'arrivo dei 100 metri, ma è un ripensamento una lunga meditazione fatta dal Consiglio, un percorso non breve che dura dal 1975.
Devo anche dare, non perché vogliamo avanzare delle scuse, brevemente una giustificazione dell'ordine del giorno che concluse i lavori della seconda legislatura regionale, quando il parere non era stato espresso perché ne mancavano le condizioni, perché mancavano le informazioni del Piano Energetico Nazionale, cioè tutto l'insieme che oggi caratterizza la vita politica regionale e nazionale rispetto al problema dell'energia.
Quell'ordine del giorno era interlocutorio, cioè lasciava campo ad una corretta informazione, ad un approfondimento, ad una valutazione generale con le popolazioni, ovviamente non solo con quelle interessate ma con tutta la comunità. Ci pare di cogliere che non fosse allora un equivoco, o un'evasione dal problema, oppure un fatto elettorale, ma fosse invece un fatto assolutamente giusto.
Vogliamo essere molto chiari non solo per le forze politiche del Consiglio nei confronti di tutto il Piemonte, di quanti in particolare hanno a cuore le sorti del nostro Paese per quanto riguarda la produzione energetica.
Il Gruppo socialista esprime adesione alla proposta dell'ordine del giorno, ma, al di là di questa adesione, che viene ad essere articolata in vari punti, noi vogliamo dire che il Gruppo socialista si muove affinché il Piano Energetico Nazionale, al quale hanno dato contributo moltissime forze politiche, sia realizzato e nel Piano Energetico Nazionale sono assegnate due unità da 1.000 megawatt alla Regione Piemonte; il Partito Socialista intende che queste siano realizzate.
Anche a quelli che pensano che si giri intorno all'ostacolo, che non si decida, rispondiamo che il Gruppo socialista, e lo ha dimostrato tramite l'opera della Giunta e dell'Assessorato, attraverso una serie imponente di interventi, una serie di informazioni e di partecipazioni (non si possono pretendere ulteriori atti di informazione per quanti vogliono informarsi) intende perfettamente adempiere a questo Piano Nazionale; ed esso, volendo svolgere un ruolo di governo delle scelte, non ha nessun dubbio a dire che una volta verificate le condizioni di assoluta sicurezza del suolo, cioè tutti gli interventi che devono precedere la costruzione di due unità di tale imponenza e una volta avviato il processo, esso si concluda attraverso l'adempimento di quanto è previsto dal Piano Energetico Nazionale. Sotto questo aspetto non abbiamo mai avuto alcun dubbio, vogliamo che questo Piano sia realizzato e portato all'interno del governo regionale realizzato in un intento tra governo regionale, Consiglio regionale e tutte le popolazioni, quelle interessate e quelle fuori dal diretto interesse e diciamo subito che non saremo d'accordo con tergiversazioni od altro che si possa manifestare all'interno del Consiglio oppure all'interno della stessa maggioranza.
A quanti pensano che non siamo chiari, rispondiamo che oggi sono avvenute le condizioni che avevano determinato la sospensione dell'ordine del giorno della passata legislatura, perché mancavano alcune condizioni base per procedere, non soltanto l'informazione, ma anche il Piano Energetico che è la condizione per poter procedere; oggi queste condizioni si sono verificate e noi andiamo incontro alla procedura che darà luogo all'accertamento in primo luogo delle condizioni; se non sussistono condizioni di sicurezza o di suolo evidentemente non vi è discussione a riguardo, ma se sussistono le condizioni di sicurezza e di territorio adeguate alle prescrizioni tecniche, il Gruppo socialista darà tutta la sua forza in quella direzione affinché questo Piano sia realizzato.
Oggi si tratta di dar corso a questa fase di avvio, che precede ogni atto definitivo, a dover mediare fra il non rinunciare ad essere governo più facile sarebbe stato dire che mancava l'intesa con i Comuni interessati e, quindi, si chiedeva il potere sostitutivo del Governo, la qual posizione poteva apparire la più semplice e comoda, ma noi non scendiamo a posizioni comode, a posizioni che possono elettoralmente garantire qualche successo immediato, ma che si sconterà nel futuro quando mancheranno posti di lavoro, quando non ci sarà energia sufficiente per creare sviluppo nel nostro Paese; a quanti hanno avuto questi dubbi, a quanti hanno giocato in quest'aula ributtando la palla da una parte all'altra del Po, perché magari la convenienza elettorale gli garantiva più successo da una parte che dall'altra, noi diciamo che, condotte tecnicamente le indagini che devono garantire la sicurezza dell'impianto, là dove esistono le condizioni ottimali (non siamo d'accordo con Bastianini che dice "la preferenza nostra è per questa o per l'altra area" perché noi abbiamo individuato delle aree sulle quali dovranno poi essere eseguiti gli accertamenti e, quindi rifiutiamo questa posizione; diciamo, invece, che le condizioni devono sussistere nel complesso delle aree che sono state indicate) noi sceglieremo quell'area.
Sotto questo aspetto noi diventiamo governo e non figure "anomale" chiamate a decidere e non decidono mai. Noi non vogliamo essere tali e quindi l'articolazione dell'ordine del giorno della deliberazione porta queste condizioni, chiede che vi sia una serie di atti ed esige, questo è l'ultimo punto che voglio trattare, di non essere sostituiti dal Governo e dal Parlamento; nel momento in cui abbiamo chiesto per gli Enti locali e per le autonomie locali maggiori poteri e maggior decisione, non vorremmo come Gruppo socialista, essere sostituiti.
Ma il secondo punto è il modo di essere governo del territorio: non basta dire "noi vogliamo essere governo", bisogna anche indicare il modo ed il termine per esserlo. Questa soluzione ce l'hanno anche offerta i Comuni interessati, che nell'articolazione delle varie deliberazioni, alcune ripetute perché si sono costituiti dei Consorzi, altre invece hanno propriamente manifestato delle opinioni, indicando i vari modelli che vi possono essere. Al di là di qualche rifiuto che è stato espresso, vi è la convinzione che questo deve essere governato, che questo processo deve avvenire, perché si ha la consapevolezza che, se ciò non avviene, non vi può essere sviluppo e quelli che chiedono lo sviluppo della fabbrica e dell'occupazione devono anche sapere che lo sviluppo è legato al fatto energetico; tutto questo è una vera contraddizione. I modi di governo sono il raccordo, come giustamente l'Assessore Salerno ha evidenziato, fra l'azione regionale e quella dei Comuni o i Consorzi dei Comuni e può essere ricondotto ad una sostanziale identificazione dei valori di un impianto di questa portata con i risultati economici che può garantire per le zone. I Comuni danno, danno a metà o non danno questo consenso; essi avvertono anche i grandi benefici che ne possono trarre e non si sottraggono ad esser governo di questo processo con la Regione; non rimangono assenti per riguarda sia la salvaguardia del territorio, sia lo sviluppo dell'occupazione, della produzione e di tutti gli altri valori industriali che possono discendere da un investimento che non sarà inferiore ai 6-7.000 miliardi nel complesso degli anni che verranno.
Il Partito Socialista esprime questa opinione; ormai siamo giunti alla conclusione di questo iter, ormai non si può più tergiversare, le posizioni devono essere nette e precise, non vi possono essere delle posizioni che non sono diversificate, solo per dilungare ancora il problema. Noi vogliamo che questo processo abbia a compiersi, nella garanzia assoluta della vita umana e della qualità della vita, ma si tenga presente cosa esso vuol dire per lo sviluppo della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzitutto una considerazione di carattere generale che ho già avuto occasione di esprimere in altre circostanze e che si sostanzia in un concetto peraltro condivisibile: le scelte politiche (piccole o grandi che esse siano) devono, nella fase finale della realizzazione, passare attraverso la perfetta osservanza delle leggi vigenti.
E' un'affermazione che non ha bisogno di essere dimostrata e che costituisce un'ineluttabile conseguenza dello "stato di diritto". E questa affermazione assume una notevole rilevanza per le odierne decisioni.
Prima di ritornare su quanto accennato con questa breve premessa, va osservato che, sulla questione del nucleare, sono state spese parole autorevoli e responsabili in numerose occasioni: e desidero ancora una volta ricordare la Conferenza regionale sull'energia che si tenne in quest'aula nell'ottobre del 1979, che si caratterizzò per il suo alto livello culturale e scientifico e nel corso della quale si verificò lo scontro ideologico tra "nuclearisti" ed "antinuclearisti" attraverso un confronto, attuatosi con dovizia di realismo, delle tesi di scienziati, di esperti, di uomini politici e di rappresentanti culturali.
In quella sede, la Giunta che governava la Regione mantenne un comportamento sostanzialmente asettico sul problema. In quella sede, fu particolarmente apprezzabile l'intervento del Presidente dell'Ente Nazionale Elettrico della Repubblica Francese, il quale mise in evidenza che se l'operazione, nel suo Paese, ebbe il sostanziale consenso delle popolazioni interessate (a partire dal 1956) ciò era dovuto al substrato psicologico dell'operazione e più precisamente allo sforzo di informazione dei pubblici poteri nei confronti delle popolazioni interessate.
Queste considerazioni erano state svolte nel corso della Conferenza regionale dell'ottobre 1979: ma, evidentemente, non si è fatto tesoro di questa regola di esperienza della Repubblica Francese e non si è fatto nessun sforzo da parte della Giunta di governo di allora per creare una "cultura nucleare" nell'ambito delle popolazioni piemontesi in generale e di quelle interessate alla possibile installazione della centrale nucleare in particolare.
Alle problematiche della possibile installazione in Piemonte delle centrali, si è accennato, con una scelta di sostanziale "sì", in sede di formazione del programma di governo regionale del settembre 1980.
Ma nulla, sostanzialmente, è stato fatto per quanto riguarda il problema dell'informazione: si é, di nuovo, cominciato a parlare di informazione nel gennaio 1982, quando è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Piano Energetico Nazionale e quando la Regione Piemonte è stata indicata come Regione suscettibile dell'installazione di una centrale.
Ma l'informazione - nella realtà - non c'é poi stata, neppure nei confronti degli amministratori di quei Comuni che abbiamo consultato in sede di Comitato misto. Di questo possono essere buoni testimoni i colleghi del Comitato stesso: quando ci presentavano per le consultazioni, siamo stati tutti quanti (più o meno) avvicinati dagli amministratori dei Comuni interessati i quali ci chiedevano se si doveva in quell'incontro scegliere il "sito puntuale" della centrale, oppure se si doveva dire soltanto che la centrale poteva essere collocata nell'area Po 1 piuttosto che in quella Po 2; comunque tutti lamentavano carenza di informazione.
Questa mancanza di idonea informazione è stata la causa principale del mancato assenso corale dei Comuni ed è stata anche la causa della confusione logica che ha caratterizzato la motivazione di quasi tutte le delibere prese in argomento dai Comuni.
Fatta questa considerazione di carattere generale - ma pur rilevante sulla mancanza di informazione alle popolazioni interessate, va ora portato il discorso sul testo legislativo.
Come è noto, la Regione Piemonte deve indicare le due aree suscettibili di insediamento della centrale, previo il parere consultivo dell'ENEL, del CNEN e del Ministero per la Sanità.
I pareri consultivi ci sono stati e sono stati espressi in una certa maniera. E' invece mancata l'intesa con i Comuni interessati: e allora il meccanismo dell'art. 2 della legge 393 non può scattare perché l'obbligo della Regione è quello di indicare le aree, ma con l'intesa dei Comuni interessati.
E va per inciso rilevato che il citato testo di legge è estremamente infelice perché il pretendere l'intesa corale dei Comuni interessati (la convergenza cioè delle loro volontà propositive per quanto riguarda la scelta dei luoghi) ha significato commettere, in sostanza, un "abuso" del concetto di partecipazione: perché se è vero che il concetto di partecipazione è ampiamente condivisibile, che sta scritto nello Statuto della Regione Piemonte e che è ispiratore di numerose leggi di struttura, è anche vero che la partecipazione non può arrivare fino al punto da costituire il presupposto di una scelta legislativa o politica, né pu intendersi la partecipazione come totale unanimismo su di una proposta.
Tornando al meccanismo legislativo vigente, la Regione non può dunque indicare le aree perché sono mancati l'assenso e l'intesa con i Comuni interessati.
Che cosa si deve allora fare? Non certo orientarsi a concedere una delega in bianco al Governo, come ha fatto la Regione Lombardia. Questo no di sicuro e chi mi ha preceduto si è già espresso in questo condivisibile senso.
Non è nemmeno esatto parlare, in senso tecnico, di potere sostitutivo del Governo. Che cosa prevede la legge? Prevede che debba esserci una proposta di legge del Ministro dell'Industria al Parlamento per l'indicazione delle due aree suscettibili di insediamento della centrale.
Ci si trova di fronte all'ineluttabilità di questo meccanismo e di fronte all'inopportunità di una delega in bianco al Governo: e in questa ottica è bene valutare quanto accennava il Consigliere Marchini, cioè il "messaggio politico" da dirigere al Governo e nel senso di dirigerlo concretamente verso la proposta di legge che dovrà essere formulata dal Ministro dell'Industria.
Quale può essere il contenuto di questo "messaggio politico"? Pu essere la riproduzione delle conclusioni di questo Consiglio regionale tolte nella seduta del 5 marzo 1982 e che, sempre stando al clima degli interventi che si sono sinora verificati, saranno le conclusioni politiche alla giornata odierna: conclusioni che si sostanziano nella volontà di vedere individuate le due aree Po 1 e Po 2 come aree di possibile installazione di una centrale nucleare.
La prima parte del messaggio politico da dirigersi al Ministro dell'Industria dovrebbe essere nel senso di chiedere di essere consultati come Regione, nella fase di formazione della proposta di legge per il Parlamento e di manifestare, fin d'ora, quella che è la volontà politica del Consiglio regionale del Piemonte.
Ma questo non sarebbe sufficiente, sarebbe invero riduttivo. E' necessario, nel contesto e nel contenuto di questo messaggio politico, il mettere in luce quello che deve essere l'atteggiamento di protagonista della Regione Piemonte nella fase successiva dell'istruttoria diretta all'accertamento dell'idoneità tecnica del "sito puntuale" della centrale.
Come si può essere protagonisti? Si può essere protagonisti nelle maniere che sono già state condivise da tutti i Comuni, quale che sia stato il loro atteggiamento sulla centrale: 1) creazione di consorzi 2) convenzioni con il Politecnico e l'Università per un migliore approfondimento tecnico 3) possibilità di fare intervenire i tecnici dei Comuni e delle popolazioni interessate in quel processo di individuazione, nella fase numero due, del sito puntuale nell'ambito delle due aree.
Il Consigliere Marchini mi pare abbia accennato che questo sarebbe un po' un atto di forza, originale, della Regione e dei Comuni: nel senso che pur non essendo previsto dalla legge, si è inteso - attraverso il meccanismo di queste proposte - (dei consorzi, delle convenzioni con il Politecnico e l'Università, ecc.) di essere protagonisti e controllori della seconda fase.
Se è vero che questo non sta scritto nella vigente legge, però questo comportamento, questa pretesa è ampiamente legittima, non solo sotto il profilo politico (sul quale non c'é motivo di dubitare) ma anche sotto il profilo istituzionale: tanto più che sulla possibilità di un affiancamento agli organi amministrativi (ENEL ed ENEA) di tecnici e di strutture governate dalla Regione e dagli Enti locali ha già avuto occasione di esprimersi (non si può non tener conto in uno Stato di diritto delle opinioni espresse dagli alti consessi giurisdizionali) la Corte di Cassazione con una sentenza del 9 marzo 1979; e la Cassazione si è espressa non su un problema teorico, ma su un problema concreto che era stato sollevato da alcuni proprietari di terreni siti nella zona di Trino Vercellese, non appena ebbero notizia che si stavano svolgendo da parte dell'ENEL e del CNEN delle indagini preliminari ai fini di approfondire gli argomenti relativi all'eventuale installazione di centrali nucleari.
In quella sede, e con quella decisione, venne affermato, dal quel consesso giudiziario, prima di tutto che la previsione da parte della legge 2/8/1975, n. 393, di penetranti interventi di organi pubblici (ENEL e CNEN) per la cura del patrimonio ambientale e per la salute cittadini attribuisce agli stessi un'intoccabile ed esclusiva funzione di garanzia, pur essendo gli interessi coinvolti anche di pertinenza dei singoli: i quali sono portatori di valori differenziati che non possono essere annullati dalla gestione pubblica degli interessi relativi all'approvvigionamento delle fonti di energia.
Dopo questa premessa, si concludeva rilevandosi che le popolazioni interessate oltreché i proprietari e gli usufruttuari delle zone suscettibili di installazione di una centrale nucleare, hanno il diritto di fare controllare da tecnici di loro fiducia e da esperti le condizioni climatiche, di habitat, le caratteristiche geologiche, idriche ed economiche della zona medesima, in vista delle modificazioni che potrebbero subire per l'insediamento di una centrale nucleare.
E' dunque già stata aperta una porta a favore della legittima pretesa per le ragioni accennate, sotto il profilo dello stretto diritto di poter essere protagonisti - la Regione in via principale insieme ai Comuni e alle popolazioni interessate - della seconda fase relativa all'effettivo accertamento dell'idoneità tecnica.
Concludendo, ritengo sia opportuno (salvo diverse decisioni o diverse limature di questa proposta, in sede di riunione dei Capigruppo e della competente Commissione) formulare questa proposta: prendersi atto sul piano formale che la Regione non può adempiere all'obbligo di decidere sulle aree, stabilito dalla legge 393/1975, essendo mancato l'essenziale consenso dei Comuni interessati; nello stesso tempo, provvedersi all'approvazione di un ordine del giorno, portatore della volontà della maggioranza che si è delineata in questo Consiglio, non nel senso di dare una delega in bianco al Governo in sede di formazione del progetto di legge, ma, piuttosto, di richiedere un preciso mandato per la Regione Piemonte come protagonista nella scelta delle due aree, sia nella fase del controllo e sia nella fase dell'istruttoria sull'idoneità tecnica dell'area.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Posto che i Gruppi hanno espresso la loro valutazione sul lavoro fin qui svolto, pregherei la Presidenza di sospendere la seduta per una decina di minuti, per dar modo al sottoscritto e ad altri colleghi di elaborare un'ipotesi di delibera, per illustrarla prima del pranzo ai colleghi dei Gruppi che seguono questa questione in particolare; in base agli sbocchi di questa breve sospensiva, si dovrà valutare il tipo di ragionamento che si farà nella nostra riunione.



PRESIDENTE

Io personalmente non ho nulla in contrario come Presidente del Consiglio regionale; è chiaro che non vi deve essere più di un quarto d'ora di sospensione per poter riprendere i lavori. Perciò, egregi colleghi, la richiesta che ha fatto il collega Marchini è molto chiara: solo il tempo per vedere seriamente certe sfumature che forse sono ancora complesse, ma poi direi di andare avanti per vedere la conclusione.
Colleghi, il Consiglio riprenderà fra un quarto d'ora.



(La seduta, sospesa alle ore 12,50 riprende alle ore 13,20)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

In questo momento in cui si conclude una fase di lavoro a cui ne dovranno seguire altre attorno al problema del nucleare, credo non sia assolutamente il caso di richiamare le varie ragioni di merito su cui siamo già stati impegnati in dibattiti in precedenza. Penso che si debba invece sottolineare l'impegno che proviene dai Comuni attorno a questa questione attraverso la discussione seria che essi hanno condotto in questi ultimi due mesi ed attraverso le deliberazioni che sono state assunte.
Credo che questa sottolineatura sia doverosa anche perché dobbiamo riconoscere che i Comuni sono stati chiamati ad esprimersi, secondo una procedura d'urgenza, dopo che il Piano Energetico Nazionale è stato approvato e dopo un silenzio non breve, anzi lungo, nei quali erano stati lasciati, in una forma molto ristretta di tempo, dopo due soli incontri.
Sotto questo profilo credo si debba valutare positivamente il clima politico e l'impegno civile e sociale che una parte di questi Comuni hanno espresso.
Quando mi riferivo al lungo silenzio, mi riferivo al silenzio in cui l'ENEL e il CNEN hanno lasciato la Regione Piemonte ed i Comuni in questi due anni senza contribuire e senza darci ulteriori informazioni ed ulteriori elaborazioni che potessero alimentare, su basi nuove, la discussione.
Oggi siamo costretti a posporre ogni decisione formale sulla prospettiva della centrale nucleare in Piemonte, alla richiesta di una lunga serie di approfondimenti che i Comuni ci hanno sollecitato. Una richiesta, se volete, non nuova, anzi, antica perché sono richiesti quegli approfondimenti che già negli anni passati (e in una certa misura lo richiamava anche Viglione nel suo intervento) i Comuni e noi avevamo richiesto agli organi dello Stato e che in gran parte avrebbero potuto essere affrontati, se ci fosse stato un impegno coerente da parte di questi organismi.
Una richiesta di approfondimenti che non sono solo quelli - e qui lo preciso perché questa è l'interpretazione che viene data alla legge 393 dall'ENEL e dal CNEN, legge che, peraltro, voglio sottolineare, è stata approvata nel 1975 in un clima molto diverso di maturazione anche culturale attorno a questi problemi - di natura geologica e sismica. Probabilmente in quel periodo, nel 1975, la provincialità del nostro approntamento culturale faceva pensare che saremmo approdati ad un livello culturale adeguato nella misura in cui si fossero approfonditi il problema della geologia e della sismica. Non ci sono solo questi problemi, i Comuni ce ne hanno richiamati tanti altri che sono indicati nell'ordine del giorno che viene presentato riteniamo che, su questo arco di problemi, si debbano condurre gli approfondimenti e oggi siamo costretti, come richiedono le deliberazioni dei Comuni, a posporre una decisione definitiva attorno al problema del nucleare al momento in cui questi approfondimenti saranno stati fatti, in modo da avere, in quel momento, una possibilità di espressione cosciente.
La posizione dei Comuni va ascritta ad un impegno dei corpi istituzionali locali che era mancato, sotto questo profilo, nel passato e che oggi, per le varie ragioni ricordate: la presenza del piano e il rispetto degli impegni legislativi e nazionali, è stato assunto e, voglio anche aggiungere, all'impegno che hanno svolto i partiti in generale qualcuno in maniera più incisiva, qualcuno in maniera più difficile e meno articolata. Penso, per esempio, alle diversificazioni che ancora ci sono state tra il livello regionale e il livello locale in alcuni partiti, ma nel complesso richiamo l'impegno che i partiti nella nostra Regione, almeno i partiti che credono all'esigenza del nucleare, hanno posto perché, pure se in un breve periodo, i Comuni si esprimessero, assumendo a loro volta un impegno responsabile.
Sono cadute, rispetto al recente passato, penso per esempio agli anni di lavoro fatti nel 1978/1979, gli equivoci di atteggiamento interno ai vari partiti; se differenziazioni ci sono state, sono certamente motivate da posizioni ed atteggiamenti personali molto sentiti e molto coscienti.
Oggi raccogliamo un risultato politico nel vedere una parte dei Comuni esprimersi nella direzione di un lavoro per affrontare il problema del nucleare. Se pur non formalmente viene espresso il consenso secondo quando richiesto dall'art. 2, perlomeno questo è da interpretare. Qualche dubbio esiste: che formalmente si sia corrisposto all'art. 2; i Comuni hanno aderito all'invito della Regione nella sostanza cioè nell'accettazione anzi nella richiesta che finalmente venga dato avvio alle ricerche per giungere ad una scelta basata sulla conoscenza.
Risottolineo che non può essere intesa questa conoscenza soltanto limitata agli aspetti geologici e sismici; c'è il corollario dei problemi che sono indicati nell'ordine del giorno, non li cito, ne abbiamo discusso nella precedente seduta di Consiglio regionale, è quindi su quella strada che Regione, e non solo Regione, anche organismi dello Stato, l'ENEL e l'ENEA in primo luogo, devono impegnarsi con lavoro responsabile perch questo colloquio con i Comuni continui perché il problema possa essere affrontato e non si sfugga invece alle varie questioni.
Nessun Comune, salvo forse quello che oggi è retto da un Commissario dichiara di avere simpatie esplicite per il nucleare; una parte dei Comuni dichiarano, invece, di essere nettamente contrari ai nucleare; una parte pur non dichiarando di avere simpatie esplicite per il nucleare, si è impegnato però a lavorare con la Regione, con gli organi dello Stato per cercare di affrontare e risolvere il problema e considera il nucleare una condizione di necessità; nessuno di esso si propone con priorità rispetto ad altri per ricevere la centrale nucleare, anzi, si propende, da parte di tutti, a riunirsi in consorzio in modo da affrontare questo problema insieme con la Regione.
Credo ci siano quindi le condizioni positive per andare avanti nel lavoro e per poter giungere, superate le ragioni di ulteriore conoscenza che sono state prospettate, ad una decisione che sia anche formalmente valida.
Non so se quei pronunciamenti possono rispondere all'intesa formale richiesta dalla legge 393 né credo sia il Consiglio che deve dirimere oggi questa questione (dubbi esistono da parte di tutti, non si potranno risolvere in termini positivi o negativi; è un fatto strettamente giuridico).
Credo che, come Consiglio regionale, dobbiamo cogliere da queste deliberazioni l'impegno di lavoro che viene sottolineato dalla comunità regionale, almeno da una parte; proviene da queste deliberazioni anche un'indicazione di metodo verso la Regione, in parte coincidente con lo stesso impegno che la Regione si era data, che viene posto di fronte anche agli organi dello Stato, all'ENEL e all'ENEA.
Sotto questo profilo non partecipo ai ringraziamenti che faceva Salerno nei confronti dell'ENEA e dell'ENEL perché ritengo che siano stati due anni persi, che non ci sia stato da parte di questi Enti l'aiuto che avrebbero dovuto dare. I Comuni, richiamandoci all'esigenza di affrontare una serie di questioni molto analitiche, indicano anche una prospettiva di metodo di lavoro a questi organismi dello Stato, al Governo stesso e, direi, allo stesso Parlamento, affinché si abbandonino le improvvisazioni e le decisioni burocratiche e si vada alla sostanza delle questioni.
Credo sia un'indicazione di metodo non inutile. Richiamo qui il fatto che, per le informazioni che ho ricevuto, e spero di modificare questo dato di informazione se non è corretto, è davvero preoccupante che nel Consiglio di amministrazione dell'ENEL. svoltosi venti giorni fa, il 20 maggio u.s.
e non svolto nel 1975 quando è stata promulgata la legge 393, si è appreso quasi alla sprovvista che viene dato per certo che la Regione Piemonte raggiungerà all'intesa con i Comuni, quindi si esprimerà per la centrale nucleare e c'è la premura, adesso, di rincorrere i tempi per acquisire l'apparecchiatura per fare le indagini microsismiche, tenendo conto che l'impresa che le fornisce richiede tre mesi di tempo dalla commessa e che i tempi per le indagini sono previsti per legge nei successivi dodici mesi.
Ecco che anche questo dato ci pone di fronte ad una situazione di impreparazione, di non impegno di questi organismi nazionali nei confronti del nucleare.
Credo che anche queste indicazioni di metodo che provengono dai Comuni e che noi stessi abbiamo fatto nostre e che abbiamo prospettato ai Comuni e che continuiamo a fare verso gli organi dello Stato, siano un impegno necessario verso organismi dello Stato che in questi anni hanno davvero fatto poco per affrontare, in termini di rapporto politico, culturale e democratico, il problema del nucleare nel nostro Paese e nella nostra Regione.
Il Governo ed il Parlamento devono trovare il modo di condurre gli approfondimenti necessari richiesti dai Comuni e dalla Regione, continuando il dialogo con i Comuni e con la Regione Piemonte, nella sostanza quel dialogo che in fondo Comuni e Regione pretendono.
Credo non si debba ricorrere ai poteri sostitutivi nel caso in cui venissero considerate le deliberazioni inefficaci rispetto all'art. 2 della legge 393; credo che il Parlamento ed il Governo debbano trovare strade meno impositive, nella sostanza efficaci, per portare avanti il lavoro che abbiamo condotto fino adesso. Mi sembra restrittiva una concezione che si trincera dietro il cavillo giuridico - formale di un articolo della legge 393; caso mai, modifichiamolo nel senso di lavorare insieme e non nel senso di sostituirsi alle Regioni e ai Comuni, perché si possa davvero dare una risposta, nella sostanza, ai problemi che i Comuni e Regioni pongono.
Sottolineo ancora, rispetto all'intervento di Montefalchesi, ma non per aprire una discussione che conduciamo da molto tempo, che tutta la maggioranza, in maniera unanime, la componente di Giunta in maniera unanime, ritiene il nucleare come un dato essenziale per la produzione dell'energia elettrica, un dato essenziale per lo sviluppo, nel senso non solo di fornire energia alle esigenze produttive, ma nel senso stesso di fornire stimoli allo sviluppo produttivo e alla caratterizzazione produttiva del nostro Paese.
Aggiungo e ribadisco qui quello che richiamava il Consigliere Marchini questa mattina nel suo intervento di presentazione: questo lavoro attorno al nucleare, la scelta del sito puntuale, il chiarimento attorno a tutte le varie questioni che sono ancora da chiarire, ricordate nell'ordine del giorno che voteremo, deve essere considerato un lavoro scientifico di grande portata.
Il nostro Paese presenta davvero grandi carenze di approfondimento scientifico in vari settori, anche in questo dell'energia ed in particolare in quello del nucleare; credo che il lavoro che i Comuni e la Regione sollecitano debba essere assunto come una grande occasione di qualificazione del lavoro scientifico del nostro Paese e, soprattutto della nostra Regione.
Dovremo fare di questo lavoro un momento di qualificazione delle nostre strutture di ricerca, a partire intanto dall'Università e dal Politecnico.
E' di qui la ragione di una convenzione con l'Università e il Politecnico nel senso di avere, come Regione e come Comuni, gli apporti tecnici e scientifici che queste strutture già ci possono dare, ma anche nel senso inverso di stimolare queste strutture, Università e Politecnico, sulla base di un problema reale che abbiamo nel nostro Paese e nella nostra Regione, a qualificare la propria attività di ricerca, a qualificare la propria attività didattica e a qualificare la propria attività di formazione professionale di tecnici.
Il discorso dell'energia non si esaurisce con oggi, anzi, si apre, si dispiega su settori come quello nucleare, nel nostro Paese, anche sulla base delle decisioni che prendiamo oggi: abbiamo bisogno di formazioni tecniche e scientifiche in grado di sopportare l'enorme lavoro di approfondimento, di predisposizione, di progettazione, di gestione e di controllo che una centrale nucleare ci darà.
Vi è poi un'esigenza di avere questa capacità tecnico-culturale che è legata anche al fatto di poter connettere nella nostra Regione quegli organismi che a spezzoni già operano in questo settore del nucleare.
Richiamo il fatto che a Bosco Marengo abbiamo un impianto statale di trattamento del materiale nucleare; che a Saluggia c'è già una sezione dell'ENEA che opera sul ritrattamento del materiale che esce dalle centrali; che c'è l'Istituto Biomedico di Saluggia che opera nel settore nucleare; credo che abbiamo la possibilità e l'esigenza che, a partire da Università e Politecnico fino a queste strutture tecniche e scientifiche che operano nel settore nucleare, si stabilisca una relazione sistematica di operazioni che ci offra quella garanzia di conoscenze culturali necessarie alla gestione di un processo come quello del nucleare.
Non c'é solo il nucleare, anzi, il nucleare lo abbiamo ritenuto tutti unanimemente come un complemento necessario per soddisfare l'esigenza di energia rispetto alle produzioni che devono provenire da altri settori quelli tradizionali e quelli alternativi che devono essere introdotti e che devono trovare un dispiegamento che vada al di là della pura sperimentazione, come è stata fatta fino ad ora.
Allora, vi è l'esigenza di operare per il risparmio nei settori dell'edilizia, dei trasporti, dell'industria, degli usi civili; c'è l'esigenza di operare per quelle che sono chiamate scelte alternative quelle che non sono ancora oggi entrate nella pratica e diffusa produzione di energia.
Intanto nel nucleare ancora, ma anche nell'ambito della fusione; credo che l'impegno dell'Ignitor, pur essendo un impegno di ricerca, debba essere nella nostra Regione sostenuto, in particolare poi dell'ENEA che è uno degli organismi che deve decidere, partecipare ed impegnarsi in questa direzione, ma in generale l'impegno nei vari campi possibili delle fonti alternative.
Sotto questo profilo finisco dicendo, e nell'ordine del giorno abbiamo incluso questa questione, che è necessario che l'ENEA che ha costituito con la sua nuova formulazione una sezione chiamata "Fare" (sezione per le fonti alternative e per il risparmio energetico) istituisca in Piemonte, dove stiamo lavorando per risolvere il problema dell'energia anche attraverso il nucleare, una struttura operativa, stabile che collabori con la Regione e con gli Enti locali affinché qui, dove forse siamo la punta più avanzata in Italia, come Regione, verso il lavoro per il nucleare, ci permetta realmente di formulare le analisi, le ricerche e poi di determinare e caratterizzare, in termini attuativi, i processi conseguenti per lo sfruttamento di energie alternative, ribadendo in questo senso quello che è un impegno di questa Giunta per il nucleare, ma nucleare come complemento delle produzioni energetiche e, quindi, a fianco del nucleare, lo sfruttamento delle fonti tradizionali, le idroelettriche ancora, ma di altre fonti alternative.
Sotto questo profilo, quindi, la sottolineatura che ci deve essere data dall'ENEA, dal Ministero, della costituzione di una struttura operativa del Fare nella nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, signori Consiglieri, brevi considerazioni dopo un dibattito così appassionato che dura da parecchi anni in questa sede e di fronte ad una scelta così importante che il Consiglio tra poco andrà a fare.
Soltanto per sottolineare che si è lavorato con grande passione, con gradualità, ma con metodo. Non si è perso assolutamente tempo (ricordo gli incontri che avemmo con il Ministro Pandolfi, quando allora si voleva che la scelta fosse fatta con estrema premura; ricordo gli incontri con il Ministro Marcora), ma siamo arrivati con gradualità a fare questa scelta in maniera unanime da parte di tutto il Consiglio.
Voglio ricordare che in tutto questo dibattito sulla scelta che andiamo a fare, si è recuperato tutto il patrimonio culturale che si è espresso nei lunghi dibattiti della seconda legislatura. Voglio ancora sottolineare il dato originale che il Piemonte sta portando nei confronti delle altre Regioni in questa materia: avendo portato questa scelta non soltanto come fatto del governo regionale, ma come partecipazione corale e, quindi, come la manifestazione concreta della centralità del Consiglio.
Direi che l'atto peculiare che il Piemonte può vantare di fronte a tutte le altre Regioni è quello di andare a fare questa scelta con l'accettazione, quasi totale, da parte dei Comuni, del ruolo di governo della Regione, intesa nel suo complesso e non soltanto dell'esecutivo.
Direi che questo fatto è estremamente importante; va sottolineato e dato merito al senso di responsabilità che i Comuni e le forze sociali hanno dimostrato in questo Piemonte.
Stiamo facendo oggi una scelta molto importante, che colloca il Piemonte nel centro del dibattito europeo e quindi in linea con la cultura con le tradizioni e con la vocazione europea del Piemonte. Stiamo facendo un'altra scelta importante, equilibrata e matura per lo sviluppo del Piemonte; uno dei testi e degli slogan più importanti che il governo regionale si pone è appunto quello di puntare allo sviluppo e al rilancio del Piemonte. Con questa scelta equilibrata ne diamo un contributo fattivo.
Nella chiusura di un capitolo se ne apre un altro. Difficoltà ce ne saranno ancora, ma sicuramente con il senso di responsabilità che ha guidato tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione nei confrontarci su questo argomento, le affronteremo all'altezza delle nostre tradizioni.
La Giunta è consapevole di aver fatto un atto preciso di attuazione di un punto importante del suo programma.
A due anni dall'elezione di questa Giunta, un risultato concreto ed estremamente importante è stato ottenuto e nella sede giusta che è quella del Consiglio regionale.
Va dato atto al contributo positivo che tutte le opposizioni hanno dato su questa tema e faccio ciò con grande compiacimento.
Il Piemonte, facendo questa scelta, non si colloca, perché la Lombardia l'ha fatta pochi giorni fa, come prima delle Regioni, ma credo che per la peculiarità e la modalità della scelta si colloca sicuramente come la Regione che maggiormente ha contribuito a risolvere il problema dando un senso della governabilità complessiva e non di imposizione nei confronti delle popolazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La riunione delle forze politiche ha posto due proposte alla vostra attenzione: una di ordine del giorno e l'altra di deliberazione. Questi documenti hanno la firma dei Gruppi PRI, PSDI, PSI, DC, PCI e PLI.
Do lettura dei due documenti considerando che si è convenuto di cominciare con l'ordine del giorno perché attiene maggiormente alla problematica e alle determinazioni che competono alle nostre istituzioni mentre la deliberazione è soprattutto incentrata sul rapporto Regione Stato.
"Il Consiglio regionale riafferma la necessità di una diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e di continuare lungo la strada della ricerca e della sperimentazione di fonti rinnovabili ed alternative nonché del risparmio energetico, sollecitando inoltre la costituzione di una struttura operativa decentrata del F.A.R.E. (sezione dell'ENEA per Fonti Alternative e Risparmio Energetico) ribadisce la volontà di svolgere un proprio ruolo di governo, nella logica dello Stato delle autonomie locali, rispondendo alle legittime aspirazioni espresse in più sedi circa la gestione della materia energetica ed operando, conseguentemente, un salto di qualità nel processo di scelta giudizio e controllo della vicenda nucleare fa propri gli indirizzi sostanziali contenuti nel P.E.N., approvato con deliberazione CIPE del 4/12/1982, che individua il Piemonte come Regione interessata alla localizzazione di due unità termoelettriche nucleari da 1.000 Mw ciascuna, e che riconferma l'efficacia e le procedure della legge 393/75 riafferma le determinazioni e gli impegni assunti nei propri precedenti ordini del giorno, con particolare riguardo alle aree, prendendo atto dei lavori svolti dal Comitato misto, secondo il mandato conferito dagli atti consiliari sopra richiamati fa proprie le risultanze delle consultazioni con gli Enti locali, ai vari livelli istituzionali, nonché le premesse degli atti deliberati dai Comuni e gli atteggiamenti ufficiali espressi dalle Amministrazioni provinciali e dai Comitati comprensoriali interessati, sottolineando in particolare l'esigenza di approfondire gli studi: a) sulla valutazione dell'impatto termico nell'ambiente circostante, con specifici riferimenti ai corpi idrici interessati ed al clima, in dipendenza del previsto inserimento delle torri di raffreddamento ad umido b) sulla valutazione delle disponibilità idriche in rapporto all'economia agricola delle aree e all'interferenza che ne deriverebbe dall'insediamento dell'impianto in argomento c) sulle valutazioni dell'impatto socio-economico con riferimento alla salvaguardia delle prerogative produttive ed occupazionali esistenti unitamente ai riflessi ed alle modificazioni che l'insediamento dell'impianto ingenererebbe nel tessuto socio-economico locale e piemontese d) sul potenziamento delle strutture socio-sanitarie con particolare riferimento ai servizi di Fisica Sanitaria e sull'istituzione di uno specifico centro di coordinamento radiometrico territoriale e) sulla sicurezza dell'impianto in rapporto alle condizioni di tettonica sismicità, idrogeologia, geotecnica delle aree interessate f) sulla sicurezza dell'impianto in rapporto alla tecnologia specifica che sarà adottata, con riferimento agli standards di sicurezza europei ed americani g) sulla predisposizione di adeguati strumenti per la pianificazione dell'emergenza e per lo scioglimento dei nodi riferiti alle azioni di pronto intervento, unitamente ad un'effettiva partecipazione degli Enti locali in merito alla formulazione, attuazione ed aggiornamento dei piani di emergenza esterna h) sulla predisposizione di specifici strumenti di informazione capillare a livello puntuale e regionale, relativi all'energia in generale ed all'uso della tecnologia nucleare di produzione elettrica e di ricerca i) sulla necessità di definire e predisporre le forme di controllo democratico in tutti i momenti del processo ed anche, nell'eventualità di costruzione della centrale, nelle fasi di progettazione, installazione e successiva gestione della stessa l) sulle ulteriori problematiche specifiche delle zone interessate, con particolare riguardo alle garanzie delle vocazioni produttive delle zone stesse.
Auspica pertanto l'avvio, ad opera della Regione, di concerto con gli Enti locali e con l'impegno degli Enti di Stato, degli accertamenti tecnici e degli approfondimenti sopra richiamati, finalizzati anche all'accertamento dell'idoneità tecnica delle aree, garantendo in ogni fase delle procedure di legge e in quelle integrative promosse dagli Enti locali, l'espletamento di autonoma e responsabile funzione di governo da parte della Regione e dei Comuni interessati promuove l'aggregazione, in forme consortili, dei Comuni interessati, individuata quale strumento di verifica politica, favorendone l'attuazione e valorizzandone le funzioni di controllo e di giudizio del processo istruttorio in atto constata che, pertanto, la Regione è chiamata a garantire in ogni momento, oltre alla funzione di governo sopra richiamata, l'informazione, la partecipazione ed il controllo democratico di tutti i soggetti interessati dà mandato alla Giunta regionale ed alla Commissione consiliare competente di individuare ipotesi di modalità operative per attuare gli studi sopracitati, finalizzati, anche attraverso lo strumento della convenzione con Università e Politecnico di Torino, a fornire un supporto tecnico di controllo e garanzia in appoggio e in raccordo coordinato con gli Enti locali, per la risoluzione di tutte le problematiche che emergeranno nel corso delle indagini, nonché per rispondere alle esigenze politiche richiamate al punto precedente e di riferire in merito in tempi brevi al Consiglio regionale impegna a tal fine la Giunta regionale a predisporre ed attivare in tempi stretti le convenzioni sopra richiamate con l'Università ed il Politecnico di Torino".
Vi do ora lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale premesso il proprio ordine del giorno approvato in data odierna preso atto che la deliberazione CIPE del 4/12/1981, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 dell'8/1/1982, approvando il P.E.N., ha individuato il Piemonte come Regione interessata alla localizzazione di due unità termoelettriche nucleari da 1.000 Mw ciascuna, ed ha riconfermato l'efficacia e le procedure della legge 393/75 visto il proprio ordine del giorno del 5/3/1982 dove, assumendo l'indicazione delle aree Po 1 e Po 2, nella superficie indicata dalla carte dei siti richiamata dal P.E.N., si conferma la necessità di far confluire tale indicazione, insieme agli studi propedeutici condotti nella seconda legislatura e a tutti i problemi emersi, nessuno escluso, in sede di verifica ultimativa, nell'apposito Comitato misto istituito in base alle determinazioni assunte dal Consiglio regionale il 18/3/1981, in materia di localizzazioni elettronucleari in Piemonte visto che l'art. 2 della legge 393/75 assegna alle Regioni il compito di indicare almeno due aree del proprio territorio suscettibili di insediamento di centrali elettronucleari ai fini dell'esecuzione delle indagini necessarie per l'accertamento della loro idoneità confermate le indicazioni contenute nei propri precedenti ordini del giorno, con particolare riferimento a quello del 5/3/1982, per l'indicazione delle aree premesso che i Comuni indicati nelle aree Po 1 e Po 2 hanno assunto posizioni diversificate, di cui alle delibere in allegato che,pur rispondendo in molti casi all'intesa richiamata dalla legge, non si esprimono in senso negativo circa i sondaggi di idoneità tecnica, anzi ne auspicano l'effettuazione, anche al fine di poter acquisire dati per una possibile intesa fondata altresì su tutti quegli approfondimenti di natura socio-economica, sanitaria, ambientale, di sicurezza e partecipazione alle scelte considerato che vi è stato anche l'auspicio da parte di molti dei Comuni interessati affinché venga costituito un Consorzio di Comuni per ciascuna area al fine di rapportarsi con l'Ente Regione relativamente alla soluzione dei problemi connessi all'eventuale localizzazione della centrale nucleare e venga conclusa una convenzione con l'Università ed il Politecnico di Torino per consentire di disporre di uno strumento di verifica tecnica relativamente alle indagini di cui sopra visto anche che tale Consorzio è stato unanimemente valutato come momento istituzionale di collegamento tra i vari Consigli comunali dei rispettivi Comuni al fine di consentire loro una verifica politica dei risultati delle indagini di cui sopra viste le comunicazioni in allegato, attraverso le quali l'ENEL, l'ENEA il Ministero della Sanità esprimono avviso favorevole circa l'individuazione delle aree Po 1 e Po 2 ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2 e 3 della legge 393/75 delibera 1) di ribadire l'indicazione delle aree Po 1 e Po 2 nella superficie indicata dalla carta dei siti, richiamata nell'allegato A del P.E.N. quali aree suscettibili di insediamento di centrali nucleari, lasciando all'autorità centrale la valutazione circa il valore formale del presente deliberato 2) di trasmettere al Ministero per l'Industria gli atti adottati dai Comuni, di cui in allegato,ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2 e 3 della legge 393/75 3) di richiedere un sollecito avvio degli accertamenti tecnici e degli approfondimenti, citati in premessa,ed in particolare delle indagini necessarie per l'accertamento dell'idoneità tecnica su entrambe le aree e su tutti i Comuni in esse compresi, ai sensi dell'art. 3 della legge 393/75, fatti salvi i poteri che spettano alla Regione di provvedere sulla richiesta del Ministro per l'Industria, d'intesa con il Comune o i Comuni interessati e sentito l'ENEL. di determinare definitivamente, ai sensi dell'art. 4 della legge medesima, l'eventuale sito puntuale 4) di trasmettere al Ministro per l'Industria l'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale in data odierna.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 65 dello Statuto".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Credo che, prima di votare questo ordine del giorno e questa proposta di deliberazione, debbano essere espresse alcune valutazioni da parte della D.C. su questi due documenti.
Mi pare che la prima considerazione che dobbiamo fare é, per un verso triste e per un altro verso significativa, nel senso che dobbiamo registrare il raccordo che la comunità regionale e la Regione in quanto istituzione hanno trovato nelle ultime settimane su questa vicenda. Un raccordo che è stato significativo nel lavoro che il Comitato misto ha svolto, un raccordo, tra la Regione e i Comuni e le aree interessate che, a nostro giudizio, se fosse stato costruito prima, se fosse stato ricercato negli anni passati, se avesse visto la maggioranza più attenta all'esigenza di costruirlo, forse non avremmo dovuto recuperarlo nelle ultime settimane faticosamente; l'aver recuperato questo rapporto con l'impegno della D.C.
nel Comitato misto e in Consiglio regionale, ci consente di dire che forse per governare atti importanti come questo (e di atti importanti ce ne sono altri), ci vuole il concorso di una forza politica significativa come la D.C.
Abbiamo partecipato con impegno a questo ruolo istituzionale - credo ci sia stato riconosciuto anche dal Presidente Enrietti - lo abbiamo fatto perché riteniamo che il nostro ruolo è un ruolo di governo dall'opposizione e non riteniamo di poterci riconoscere in atteggiamenti che altre forze politiche, che qui sono in maggioranza e in altre Regioni sono all'opposizione, hanno avuto in quella sede, anche se il collega ed amico Ferro ha cercato faticosamente di dare un'interpretazione a quell'atteggiamento.
Riteniamo che il problema dell'energia sia un problema nazionale e che una Regione come la nostra debba farsi carico di esso e le forze politiche debbano farsi carico di questo problema al di là dall'essere in maggioranza o in opposizione. Noi, credo, abbiamo risposto con il nostro atteggiamento a questa nostra esigenza e a questo nostro convincimento. E allora credo che non abbia senso la battuta che ha fatto Ferro quando dice che alcuni Consiglieri vestono due abiti. Devo dire, invece, che abbiamo registrato in questa vicenda che molte forze politiche vestono anche due abiti, a seconda che si parli in Regione o nelle realtà locali.
Ma su questa materia è un atteggiamento che non mi stupisce più di tanto, perché spesso in noi prevale l'esigenza di raccogliere qualche consenso in sede locale, piuttosto che avere una capacità di sintesi complessiva di un problema importante come questo. La D.C., in questa vicenda, si è collocata con la consapevolezza che un problema come questo va tenuto sotto il controllo della Regione attraverso il Comitato misto che è l'emanazione dell'esecutivo e del Consiglio.
La posizione del nostro partito, che è nota a tutti, ribadisce la non centralità del nucleare, nel quadro delle risorse energetiche, si riconosce pienamente nel P.E.N. che ha ridimensionato il nucleare, ma, nello stesso tempo, prevede una centrale da 2.000 Mw in Piemonte.
Noi riteniamo che si debbano esperire tutte le verifiche tecniche e scientifiche per capire se in Piemonte ci sono le condizioni per insediare questa centrale nucleare.
Ribadiamo la posizione della D.C. rispetto a questo problema e diciamo anche al collega Montefalchesi - che nelle consultazioni ha fortemente criticato la maggioranza, avendo invece il Gruppo D.C. un atteggiamento molto più rispettoso delle istituzioni, essendo partito di opposizione che le cose che ha detto quando ci chiede un Piano Energetico Regionale quando ci ricorda che in questa Regione non è stata fatta una minima indagine sui bisogni e sulle esigenze per individuare le aree di sprechi le dica in modo strumentale in quella sede, mentre è qui che bisogna dirle ed è qui, con atti politici concreti, che bisogna dimostrare che ci si associa o ci si dissocia dalle maggioranze che governano questa Regione.
Noi diciamo che queste cose le abbiamo esposte all'Assessore nel dibattito, le ribadiamo spesso in VII Commissione, perché riteniamo di poter concorrere per costruire un domani energetico nella nostra Regione meno incerto, con degli obiettivi più concreti per i quali tutti insieme lavorare.
Ci riconosciamo nell'ordine del giorno e nella deliberazione che è stata letta dal Presidente della VII Commissione, ci riconosciamo perch in primo luogo, sono stati rispettati i tempi: abbiamo sempre chiesto che i 150 giorni fossero rispettati.
Condividiamo le linee che sono espresse nell'ordine del giorno e nella deliberazione perché siamo convinti, e lo abbiamo detto spesso, che le due aree debbano essere poste sullo stesso piano e nelle stesse condizioni indipendentemente dalle espressioni di volontà espresse nelle deliberazioni assunte dai Comuni.
Ci riconosciamo perché la creazione di più Consorzi è un fatto importante, non solo perché ci è stato richiesto dalle realtà locali, ma perché riteniamo che sia il vero modo per raccordarci, noi, Regione con i Comuni. Ci riconosciamo perché l'affiancamento un'equipe scientifica dell'Università e del Politecnico è una delle richieste fatte dal Gruppo D.C., non perché vogliamo fare sempre e comunque la polemica agli Enti di Stato.
Se dovessimo alla fine andare a vedere se sono più carenti gli Enti di Stato, il Governo o la Regione Piemonte o la maggioranza che la governa, ci addentreremmo in un meandro così difficile e complesso per cui, credo, che l'unità o la quasi unità che stiamo ricercando in questo Consiglio probabilmente si romperebbe in pochi minuti.
Credo che invece di polemizzare con gli Enti di Stato, sia utile aver previsto di affiancare un'equipe scientifica locale perché sicuramente pu essere di serio supporto agli Enti di Stato, ai quali riconfermiamo la nostra fiducia e ai quali chiediamo, se in passato non è stata data in modo puntuale e completo, una disponibilità alla collaborazione o al confronto con la Regione e con le realtà locali per fornire tutti quegli elementi e quelle indicazioni scientifiche che sono importanti e che è indispensabile siano messe a disposizione degli Enti locali per poter fare un discorso serio su questo problema.
Ci riconosciamo in questo documento e in questo ordine del giorno perché ci siamo posti in questa materia con il rigore che ci deriva dalla convinzione che queste scelte debbano essere fatte seriamente. Un impegno che vogliamo mettere in questa come in tutte le questioni per essere al fianco della comunità regionale nel suo complesso, alla quale vogliamo ribadire che la D.C., dall'opposizione, intende svolgere un ruolo attivo concreto, decisivo di governo.
Abbiamo contribuito alla stesura di questi due documenti, li voteremo anche perché ci pare che quelle correzioni che sono state apportate avendole proposte con altri colleghi, derivino da un modo corretto di interpretare giuridicamente la deliberazione dei Comuni e un modo corretto di non fuorviarci dall'espressione di volontà che i Consigli comunali hanno espresso.
Ci pare sia importante rimettere gli atti dei Consigli comunali al Governo e ribadire che le aree Po 1 e Po 2 sono scelte dalla Regione Piemonte, lasciando però all'autorità centrale la valutazione circa il valore formale della deliberazione assunta.
Ci paiono questi gli ultimi ritocchi per cui la D.C. concorda pienamente con questi due documenti e ad essi darà il suo voto.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PICCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Né io e né il collega Carletto eravamo presenti nella passata legislatura, però siamo stati forniti ampiamente di documentazione abbondante che dimostrava costantemente, esaminandola, per chi l'ha voluta esaminare, l'operato della maggioranza del Consiglio nella precedente legislatura in merito ai problemi dell'energia, e dell'energia nucleare in modo specifico.
Ricordo che sono stati fatti non solo importanti dibattiti in questo Consiglio, ma ricordo anche che è stata data vita ad iniziative di ordine scientifico altamente importanti e significative che qui più di una forza politica ha ricordato.
Ricordo queste cose per un motivo semplice: perché, se noi prescindiamo da quanto è stato dibattuto, discusso, costruito nella passata legislatura noi non comprendiamo perché oggi giungiamo ad una conclusione ampiamente unitaria di questo Consiglio, non comprendiamo perché si può giungere, come è stato qui espresso dalle forze politiche, all'approvazione di un ordine del giorno e di un atto deliberativo che, fatta eccezione, forse, per una sola forza politica presente in questo Consiglio, trova il consenso unanime del Consiglio stesso.
Abbiamo, dietro di noi, un periodo abbastanza lungo di impegno e di lavoro in questo senso; abbiamo prodotto un risultato non certo trascurabile ed è risultato che la coscienza più generale sui problemi dell'energia è cresciuta notevolmente; abbiamo avuto oggi problemi con le popolazioni e problemi anche con alcuni Comuni, ma il clima è decisamente cambiato rispetto al passato, c'è una conquista politica e culturale su un terreno nuovo, più positivo, di responsabilizzazione più generale delle popolazioni, del sistema delle autonomie che è il risultato nient'altro che di un lavoro tenace, magari anche con dei vuoti, fatto in questi anni.
Se obiezione può essere fatta, e noi non abbiamo mai rinunciato a farlo ancora nel recente dibattito del marzo u.s., è che abbiamo davvero perduto un certo periodo di tempo, perlomeno un paio di anni, quando, di fronte ad alcuni studi che ci erano stati presentati e di fronte al fatto che sulla base di quegli studi presentati, ritenuti da noi stranamente carenti, non si è avuto né volontà politica, né competenza per andare ulteriormente ad irrobustire quei primi approcci con le realtà, in grado di permettere anche a noi, livello di governo regionale, di dare risposte a quelle domande che il sistema delle autonomie, che le popolazioni si ponevano, si pongono ancora oggi e ci hanno posto durante le consultazioni.
Credo che una brevissima dichiarazione finale ci porti a dire che oggi giungiamo, dopo l'atto deliberativo del CIPE di dicembre che faceva scattare, dall'8 gennaio u.s., i tempi di 150 giorni per i pronunciamenti giungiamo a questo termine con un lavoro che è estremamente positivo, con un rapporto con il sistema delle autonomie, con le associazioni, con le popolazioni che va sottolineato.
Mi sembra che sia da considerare un aspetto che è stato ricordato ampiamente questa mattina nella relazione del Presidente della VII Commissione, Consigliere Marchini, quando egli ci ha ricordato che noi giungiamo a termine di questa prima fase con un rapporto con i livelli statuali della nostra Regione decisamente più favorevoli rispetto a quello che era alcuni mesi fa e, comunque, con un rapporto che può permetterci anche negli anni a venire di gestire tutta questa partita dell'energia in termini completamente nuovi e diversi, ad un livello di responsabilità e di coordinamento che erano impensabili solamente un anno fa.
Questo è un fatto estremamente importante: dimostra come i livelli statuali periferici, i Comuni, ma anche le Province, i Comprensori, attorno a questa questione dell'eventuale installazione di due unità elettronucleari da 1.000 Mw in Piemonte, si sono impegnate in un discorso che nella stragrande maggioranza dei casi è uscito dal localismo, si è fatto carico di un problema a livello regionale e a livello nazionale, ha affrontato questi problemi in un'ottica di coordinamento e di programmazione. Questo dimostra che siamo forse in una fase nuova, di ripresa positiva, di un coordinamento e di discorso complessivo che pu permetterci di governare questa ed altre materie in termini completamente nuovi e diversi, cioè né i Comuni, nella loro stragrande maggioranza, né la Provincia, né i Comprensori e neppure le USL hanno abdicato a quelli che erano i compiti, magari non previsti in modo preciso dalla legge, ma che si sono assunti e di cui si sono fatti carico e con essi hanno voluto misurarsi e cercare insieme delle risposte di carattere positivo.
Perché alcuni Comuni hanno deliberato di non aderire all'intesa? Hanno deliberato di non aderire all'intesa perché sono mancate certe risposte puntuali che dovevano essere date da certi livelli di governo o da certi Enti statuali e credo che le preoccupazioni che questi Comuni hanno espresso siano le preoccupazioni nostre, preoccupazioni che abbiamo espresso noi come PCI, ma che ha espresso in più occasioni questo Consiglio regionale e noi oggi abbiamo fatto bene ad approvare un ordine del giorno ove (e faremo bene a metterlo poi anche nel dispositivo della deliberazione) si ribadisce la necessità di rispondere a quei quesiti, che erano quesiti che ci ponevano le popolazioni nelle consultazioni; questo come condizione per giungere poi eventualmente ad una scelta che sia fondata davvero su un insieme di certezze e non sulla base di imposizioni centrali, senza rispondere a dubbi veri che esistevano ed esistono- a livello delle nostre comunità locali.
Credo che dobbiamo considerare tutto questo processo innescato come un processo estremamente positivo e di grande valore politico, un processo che ci ha permesso di ottenere e ci permetterà di ottenere questi risultati; si potrà dire: "forse si poteva fare di più", sì, anch'io sostengo che forse era possibile fare qualche cosa in più; certo, dobbiamo trarre da questa esperienza un insegnamento particolarmente significativo: cioè che le scelte, e soprattutto le scelte di questa portata, non possono essere compiute a prescindere da quelli che sono i vari livelli statuali periferici e più si va al contatto, al rapporto, al coinvolgimento di questi livelli, più sarà la capacità di compiere le scelte giuste, precise più sarà la capacità di fare veramente un governo della Regione non diviso in tanti altri livelli statuali, ma capace, attorno a queste grandi scelte di unificarsi e di gestirle concretamente.
Vorrei sottolineare ancora un aspetto: abbiamo oggi la possibilità di giungere a questa conclusione con l'approvazione di questo ordine del giorno e di questo atto deliberativo, senza rinunciare minimamente a quello che è l'impegno più complessivo sul piano programmatico e politico che questa maggioranza si è assunta nell'atto della sua costituzione e ribadito ancora nei documenti che sono a nostra conoscenza e che verranno discussi giovedì prossimo.
Abbiamo bisogno, dopo che abbiamo raggiunto questo risultato, di non fermarci, di non rinunciare, nel modo più assoluto, a quegli atti successivi che ci permettono di costruire davvero questo Piano Energetico Regionale che abbiamo insieme considerato come condizione per parlare dello sviluppo del Piemonte, per riuscire poi a far sì che i nostri discorsi sullo sviluppo non rimangano discorsi sulla carta, ma si concretizzino. Ma anche questa seconda parte riferita al Piano Energetico Regionale va costruita rapportandosi alle comunità locali, perché solo se si comprenderà che il nucleare è una scelta che noi abbiamo compiuto, che la vogliamo perseguire, ma che essa rappresenta un elemento particolare, marginale rispetto a tutte le altre fonti che esistono a livello nazionale e, quindi che possono essere utilizzate anche nella Regione Piemonte, avremo anche più assenso dalle popolazioni locali, metteremo in movimento più energie mobiliteremo più forze economiche e sociali per far sì che questa strategia vada concretamente avanti.
Ecco che allora dobbiamo davvero chiedere a questi enti nazionali che tutta la partita dell'idroelettrico sia ripresa e precisata concretamente o il problema delle biomasse, del biogas per il riscaldamento devono davvero uscire dalle enunciazioni generali, o da alcuni progetti specifici e diventare invece azione concreta di un programma che fa diventare davvero, in questo caso, la scelta nucleare come parte di un discorso più complessivo.
Termino dicendo che giungiamo oggi a questi due atti: ordine del giorno e atto deliberativo, avendo fatto la scelta che qui prima di me qualcuno ha ricordato, la scelta di governare fino in fondo questo processo senza abdicazioni, senza voler imporre niente al sistema delle autonomie locali.
Sono un ordine del giorno e un atto deliberativo particolarmente importanti che ci differenziano sostanzialmente rispetto all'operato di altre Regioni; e questo dimostra, ancora una volta, come questa maggioranza, certo, insieme anche alla minoranza, vuole compiere questi atti coscientemente, atti di governo precisi; non ci troviamo solamente in presenza di una minoranza che vuole governare dalla minoranza: certamente in presenza anche di una volontà politica molto precisa, di una maggioranza che è tale, che formula delle proposte, che vuole governare questi processi e in questo cerca consensi ed incontri possibili, li trova con la minoranza, e allora insieme procediamo e troviamo accordi su quegli atti che abbiamo prima ricordato.
Ogni forza politica ha fatto il proprio compito e il proprio dovere abbiamo avuto il Consigliere Montefalchesi che si è impegnato sia in Consiglio e sia a livello periferico nella sua legittima battaglia per un'ipotesi diversa di scelte; abbiamo avuto, soprattutto in Consiglio regionale, la presenza su questi temi largamente convergente delle forze politiche. Le coerenze non sempre ci sono state a livello periferico, sono magari comprensibili queste manifestazioni di dissenso locale rispetto a certe posizioni prese a livello centrale; credo che, se c'è una forza politica alla quale non si possa imputare di aver vestito due abiti diversi, in questo caso, sia sicuramente il PCI: abbiamo teso a comprendere le difficoltà che si manifestavano a livello locale ed anche a livello locale il nostro sforzo è stato quello di cercare di compiere anche l'atto deliberativo del Comune in un'ottica più unitaria possibile. Questo nostro atteggiamento è stato in alcuni casi premiato, in altri casi abbiamo visto delle deliberazioni finali negative; è evidente però che, d'ora in avanti con gli impegni presi nella deliberazione e nell'ordine del giorno dobbiamo arrivare a dare, tutti insieme, le risposte a quegli interrogativi che a livello locale si sono posti e che ancora non hanno avuto delucidazione completa, compiendo quegli atti che sono le convenzioni con il Politecnico e l'Università, come abbiamo proposto e la prima proposta era dell'Assessore Rivalta, per poi procedere nelle fasi successive, nelle condizioni migliori di rapporto e di governo tra l'istituto regionale, il Consiglio regionale, il sistema delle autonomie locali e le popolazioni.
Senza questo rapporto stretto, evidentemente, non sarà possibile giungere nemmeno alla fase due, che sarà quella più importante.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BENZI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Intendo solo precisare che voto a favore dell'ordine del giorno in quanto è conforme, nella sostanza, alla presa di posizione del nostro Gruppo quale è stata delineata sia nell'odierna seduta e sia nel corso della seduta del 4/3/1982.
Mi asterrò invece nella votazione della deliberazione in quanto, pur dandosi atto che non c'é stato l'assenso dei Comuni interessati, la parte dispositiva è equivoca: da un canto si indicano le aree Po 1 e Po 2 come suscettibili di installazione delle centrali nucleari; d'altro canto testualmente, si rimette al giudizio dell'esecutivo l'interpretazione della validità formale e giuridica di siffatta indicazione e, quindi, dell'intera deliberazione.
Il che è quanto meno equivoco e offre il fianco ad un infortunio in sede di controllo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il nostro Gruppo esprimerà voto favorevole sui due documenti.
Ho l'impressione che con questi due documenti la Regione si faccia carico di una grossa responsabilità nei confronti degli Enti locali e la nostra forza politica ritiene di avere contribuito a determinare questa situazione; così come ha contribuito a far nascere questa responsabilità a carico della Regione, sarà attenta affinché la Regione risponda in ogni momento alla responsabilità che si è assunta.
In secondo luogo, esprimo il ringraziamento personale e dei Consiglieri nei confronti dell'Assessore che ha aderito a che l'ultima parte dell'ordine del giorno rimandi ad una concertazione tra il livello consiliare e la Giunta le determinazioni delle attività puntuali di attuazione di questa vicenda.



PRESIDENTE

E' stato presentato un altro ordine del giorno firmato dal Consigliere Montefalchesi.
Ve ne do lettura: Il Consiglio regionale del Piemonte Sentita la relazione del Presidente della VII Commissione e la comunicazione della Giunta in merito alle risultanze delle consultazioni per l'individuazione di almeno due aree suscettibili di insediamento nucleare ai sensi dell'art. 2 della legge 2/8/1975, n. 393 tenuto conto della diffusa opposizione espressa dalle popolazioni dei territori interessati a tale possibile insediamento, nonché dell'opposizione espressa da organizzazioni sociali, associazioni e comitati preso in esame le deliberazioni degli Enti locali delle aree Poi e Po 2, la cui totalità esprime parere negativo in merito all'intesa prevista dall'art. 2 della succitata legge 393 valutando opportuno assumere una posizione chiara ed inequivoca in merito all'installazione di una nuova centrale nucleare sul territorio piemontese constatato come siano del tutto irrisolti i problemi relativi: all'approvvigionamento idrico in relazione ai riflessi negativi che ne deriverebbero alle caratteristiche agricole delle zone interessate agli effetti sull'ambiente e sul microclima derivanti dalle emissioni dalle torri di raffreddamento e dallo scarico dell'acqua usata per i sistemi di raffreddamento nel corpo idrico recipiente agli effetti sulla struttura socio-economica delle zone interessate all'insediamento, derivanti dalla temporanea immigrazione di molti lavoratori addetti alla costruzione della centrale alle garanzie di sicurezza e dell'inadeguatezza dei piani di emergenza specie in relazione a possibili incidenti catastrofici ed alla luce dell'emanazione di altri Paesi di nuove normative e parametri di gran lunga più restrittivi di quelli tuttora adottati nel nostro Paese ritiene che non sussistano le condizioni per indicare le aree suscettibili di insediamento di una centrale nucleare da 2.000 Mw in Piemonte constatato come l'insediamento di una nuova centrale nucleare è consequenziale ad una sovrastima delle previsioni di aumento della domanda elettrica nel nostro Paese, tende a riprodurre i caratteri di uno sviluppo profondamente in crisi, particolarmente nella nostra Regione; non corrisponde all'esigenza di una profonda modifica dell'attuale struttura dei consumi rilevato che è ormai provata l'impossibilità di controllare l'impiego delle centrali nucleari, dalle quali potrebbero essere prodotti anche ordigni bellici esprime la più ferma opposizione a qualunque insediamento elettronucleare in Piemonte chiede al Governo, la modifica del P.E.N. escludendo il ricorso all'energia nucleare il rispetto delle indicazioni contenute nella risoluzione approvata dal Parlamento il 22/10/1981 ed in particolare: la presentazione di un decreto delegato sulla ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche la predisposizione di un piano per il massimo sfruttamento delle risorse idriche la predisposizione di un piano nazionale di metanizzazione la predisposizione di un programma di intervento per le infrastrutture necessarie all'utilizzo del carbone e lo sviluppo di nuove tecnologie (gassificazione, combustione a letto fluido) la predisposizione di un'organica legislazione di impatto ambientale, in grado di raggiungere per il nostro Paese gli standards dei Paesi industrializzati più avanzati la cancellazione dei programmi PEC e CIRENE la riforma del CIP la modifica del ruolo e dell'organizzazione dell'ENEL attraverso una legge organica di riforma l'elaborazione di una proposta organica di riassetto istituzionale delle competenze, ponendo l'Ente Regione in grado di partecipare attivamente a tutte le scelte energetiche la presentazione di una valutazione degli effetti occupazionali (diretti ed indotti) dal P.E.N., disaggregati per le varie fonti ed i vari programmi.
Il Consiglio regionale del Piemonte si impegna a costruire una risposta ai problemi energetici della Regione che risponda alle esigenze di profonda riconversione dell'apparato produttivo, di riqualificazione e crescita dell'occupazione, di rispetto delle esigenze ambientali e territoriali, attraverso il ricorso alle fonti rinnovabili dell'energia solare, eolica, geotermica, allo sviluppo del risparmio energetico, dell'utilizzo del metano.
Si impegna altresì ad avviare rapidamente l'esame del testo unificato di legge giacente presso la VII Commissione 'Promozione di studi per il risparmio delle risorse energetiche e di impianti sperimentali per lo sfruttamento di risorse energetiche rinnovabili', anche al fine di avviare un rapido utilizzo dei fondi stanziati dalla legge 655 bis-B impegna la Giunta a superare i ritardi nella predisposizione del bilancio energetico regionale e del piano energetico regionale a predisporre, in collaborazione con gli Enti statali (ENEL ed ENEA) e con le strutture tecnico-scientifiche presenti a livello regionale, un programma per lo sviluppo del risparmio, l'utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili, lo sviluppo di tecnologie appropriate per la realizzazione dello stesso a presentare una valutazione degli effetti occupazionali e della possibile committenza per i vari settori in relazione ai programmi avviati ed avviabili al fine di valutare il possibile sviluppo industriale nel campo delle tecnologie appropriate impegna altresì la Giunta ad esprimere al Governo la necessità di avviare rapporti con i Paesi in via di sviluppo per verificare la possibilità di avviare una cooperazione basata sulla fornitura da parte dell'apparato industriale del nostro Paese di tecnologie appropriate per l'utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili.
Il Consiglio regionale nel quadro di tali impegni decide di costituire la Consulta Energetica Regionale per un adeguato sostegno tecnico e scientifico a tale linea di politica energetica".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con il seguente esito: presenti e votanti 54 favorevole 1 Consigliere contrari 53 Consiglieri Pongo ora in votazione l'ordine del giorno letto in precedenza dal Consigliere Marchini e firmato dai Consiglieri Marchini, Ferro, Petrini Viglione, Mignone e Bruciamacchie. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con il seguente esito: presenti e votanti 54 favorevoli 53 Consiglieri contrario 1 Consigliere Infine, pongo in votazione la proposta di deliberazione firmata dai Consiglieri Marchini, Ferro, Carletto, Viglione, Mignone e Vetrino. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con il seguente esito: presenti e votanti 54 favorevoli 52 Consiglieri contrario 1 Consigliere astenuto 1 Consigliere Ricordo, infine, che il Consiglio è convocato per il giorno 10 giugno prossimo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,40)



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