Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.33 del 07/02/86 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

Scarica PDF completo

Argomento:


VIGLIONE ALDO


Argomento: Organizzazione turistica

Interrogazione del Consigliere Carazzoni inerente il turismo sul Lago Maggiore


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze" discutiamo l'interrogazione del Consigliere Carazzoni inerente il Turismo sul Lago Maggiore.
La parola all'Assessore Moretti.
MORETTI, Assessore al turismo Il Consigliere Carazzoni già la scorsa legislatura present un'interrogazione simile sulla diffusione di una cartina turistica del Piemonte, edizione De Agostini, che non riportava alcuna indicazione turistica del Lago Maggiore. E' strano perché la De Agostini opera nella provincia di Novara: Già allora io risposi al Consigliere che si sarebbero apportate le opportune rettifiche, tant'è vero che la successiva distribuzione venne rettificata nel 1981/82.
L'unico opuscolo illustrativo tuttora in circolazione delle stazioni sciistiche piemontesi, edito nel 1979, si intitola: "Dove la neve è più neve", in esso è regolarmente inclusa la località del Mottarone di Stresa.
Probabilmente l'osservazione si riferisce ad un opuscolo illustrativo predisposto con la collaborazione dell'Alpitour.
L'Alpitour prima di elaborarlo ha preso contatto con gli operatori della zona, perché il catalogo costituiva un momento di commercializzazione dell'immagine di alcune zone; ma gli albergatori della zona non erano d'accordo ad inserire l'immagine e la promozione turistica del Mottarone.
Anche sui castelli del Cannero c'è stato un errore, rimediato poi apportando delle modifiche e oggi è in circolazione rettificato quell'elaborato era stato realizzato dalla De Agostini.
Nella cartina turistica dei laghi, parchi e terme, realizzata dell'Istituto De Agostini, la parte preponderante è rappresentata dal bacino del Lago Maggiore, Orta e Mergozzo. E' tuttora in pubblicazione e non esistono difficoltà.
L'illustrazione è talmente precisa che è diventata il punto di riferimento turistico dei laghi dell'alto Novarese.
L'opuscolo illustrativo, che l'Assessorato ha inviato a tutte le delegazioni dell'ENIT, "Una riviera fra le montagne" (in italiano francese, inglese, tedesco) sta riscuotendo risultati notevoli. Le delegazioni estere dell'ENIT ci chiedono continuamente delle illustrazioni.
Del secondo opuscolo realizzato nel 1984 con l'apporto dell'Azienda Autonoma di Orta, Stresa, Verbania, Arona e Baveno, sempre della collana "Orizzonte Piemonte", a carattere il-lustrativo e corredato da un inserto informativo, intitolato "Dal Lago Maggiore al Lago d'Orta", nel corso del 1985 vi è stata una ristampa (circa 60mila copie). Questa è stata realizzata attraverso schede tecniche che hanno riportato le informazioni sulle strutture ricettive del lago e sulle risorse ambientali e culturali.
Negli opuscoli del Piemonte: "Piemonte, terra multiforme", "Viaggi in Piemonte", "Itinerari in Piemonte", "In giro per il Piemonte" si è sempre evidenziata con il dovuto rilievo la vocazione e la tradizione turistica del Lago Maggiore; sono stati anche realizzati nel 1983/84 pannelli fotografici distribuiti alle delegazioni europee dell'ENIT.
Le campagne pubblicitarie per molti anni - come il Collega Carazzoni ricorderà - sono state incentrate sulle montagne, sui laghi e sull'attività promozionale.
I dati statistici ci dicono che in Piemonte le presenze sui laghi sono del 51%.
Devo dare atto al collega Carazzoni di alcuni errori relativamente a Intra, Pallanza e Verbania, errori che vanno rettificati e pensiamo che queste rettifiche verranno apportate nelle prossime pubblicazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.
CARAZZONI Ringrazio l'Assessore Moretti per la sua risposta nel cui merito entrerò brevemente. Devo premettere una considerazione. Mi sentivo leggermente imbarazzato a sollevare questi problemi, che in fondo hanno un'importanza trascurabile, soprattutto nel corso di due sedute che hanno all'ordine del giorno un dibattito piuttosto impegnativo.
Il mio imbarazzo è ora superato dal fatto che parlo in un'aula pressoché deserta o con alcune qualificate presenze, purtroppo solo poche.
Sembrerò all'Assessore particolarmente pignolo e attento sulle pubblicazioni turistiche dedicate al lago Maggiore. Ma se ho voluto fare un'interrogazione è perché ci sono stato tirato per i capelli. Non è la prima volta che si verifica un errore su pubblicazioni turistiche riguardanti il lago Maggiore.
Ho avuto un illustre precedente in materia. Addirittura il Presidente Beltrami (che adesso non mi ascolta) aveva sollevato, mesi e mesi fa quando sedeva sui banchi come Consigliere, il problema analogo di una omissione che riguardava il Mottarone, non compreso in una pubblicazione turistica della zona. Questi errori non avvengono più con il nuovo governo, però con il vecchio governo sono avvenuti.
Primo, si è stampato la cartina geografica del lago Maggiore e ci si è dimenticati delle isole Borromee.
Secondo, si è stampato un opuscolo illustrativo (do atto che è stato fatto dall'Alpitour, però era un opuscolo stampato in collaborazione con l'Assessorato al Turismo), e ci si è dimenticati della principale stazione sciistica invernale del lago, cioè il Mottarone, problema sollevato opportunamente dall'ex Consigliere, ora Presidente della Giunta, Beltrami.
Terzo, alla mia interrogazione sui castelli di Cannero mi si è risposto collocando detti castelli che, com'è noto, sono stati costruiti su uno scoglio che sorge nel mezzo del Lago Maggiore nella Val Cannobina, in montagna.



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Carazzoni, bisognerebbe anche dire tutte le cose che abbiamo fatto per il Lago Maggiore, le grandi cose magari abbiamo dimenticato le Borromee che non bisogna dimenticare.
CARAZZONI Presidente, permetta, io sono all'opposizione e rilevo le cose che non avete fatto.
Sulla base di questi precedenti, allorquando mi sono trovato davanti un opuscolo che contiene un errore, piuttosto grossolano, che riguarda la mia città, cioè si parla di tre centri turistici distinti Intra, Verbania e Pallanza, dimenticando che dal 1939, periodo aureo forse, esiste l'unico Comune di Verbania, veramente mi sono sentito di sollevare il problema.
Che cosa dire a questo punto? E' costume che l'opposizione si dichiari sempre insoddisfatta. Io in questo caso mi dichiaro soddisfatto, perch l'Assessore Moretti ha dato atto che tutti gli errori denunciati sono stati riscontrati ed ha promesso di provvedere per il futuro.
Mi auguro di non dover più fare altre interrogazioni come questa e su questo argomento.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza del Consigliere Staglianò inerente il deposito di materiali radioattivi in Val Mesolcina


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 113 del Consigliere Staglian inerente il deposito di materiali radioattivi in Val Mesolcina.
La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla tutela dell'ambiente Le premesse del Consigliere Staglianò all'interpellanza in oggetto sono pressoché identiche a quelle fatte dagli Onorevoli Calamida e Ronchi in un'analoga interrogazione al Ministro per l'Ecologia.
E' bene tuttavia puntualizzare che non si tratta di un deposito da realizzarsi bensì di un progetto di deposito di scorie radioattive, per il quale la Società Cooperativa nazionale svizzera per l'immagazzinamento di scorie radioattive (CISRA di Baden), ha presentato, in data 22 dicembre 1983, regolare domanda al Governo elvetico di autorizzazione per eseguire le ricerche geologiche nei Comuni di Mesocco e di Rossa, nella Val Mesolcina, Piz Pian Grand.
La domanda citata altro non è che il primo risultato concreto su un problema che ha le origini almeno nel 1976, allorché il Governo elvetico decise di costruire un proprio deposito di scorie radioattive provenienti dalle proprie Centrali elettronucleari.
Già dal 1972, peraltro, era stata firmata apposita convenzione tra l'Italia e la Svizzera concernente la protezione delle acque italo svizzere dall'inquinamento.
In seno alla Commissione italo - svizzera cui partecipa di diritto un rappresentante della Regione Piemonte, fin dalla riunione tenuta a Sion il 29 ottobre 1976, l'argomento della costruzione da parte svizzera di un deposito di materiale radioattivo, venne sempre posta all'o.d.g. delle varie riunioni annuali succedutesi nel tempo.
Solo nella 11esima riunione tenutasi ad Ascona in data 17/18 maggio 1984 il problema assunse una concreta consistenza e in tale sede, di fronte ad una posizione della delegazione svizzera che non voleva riconoscere competente la Commissione italo-svizzera ad interessarsi del problema, i rappresentanti della Regione Piemonte e della Regione Lombardia insistettero ed ottennero il giusto riconoscimento sulle competenze della Commissione.
Non solo, ma si ottenne la possibilità di avere in visione e discutere gli atti progettuali del deposito in questione.
Per lo studio di detti atti venne formalizzato, con il coordinamento del Ministro degli Esteri, un apposito G.D.L. ai cui lavori partecip sempre la Regione Piemonte nelle persone dell'ing. De Giorgio e del consulente ing. Giancarlo Olivetti.
Lo studio portò ad un documento unitario della delegazione italiana in data 28 settembre 1984 con il quale, evidenziate le carenze di fondo e sostanziali di un progetto che avrebbe potuto individuare nella località Piz Pian Grand la costruzione di un deposito di scorie radioattive, si portava a conoscenza del Governo elvetico, nell'ambito delle consultazioni dallo stesso attivate, il preoccupato e motivato rigetto di una simile soluzione.
Le consultazioni proseguirono e a Stresa in data 1 febbraio 1985, nella 12a riunione straordinaria della Commissione, da parte della delegazione svizzera vi fu l'assicurazione che le argomentazioni addotte dalla delegazione italiana sarebbero state tenute in debita considerazione allorché il Governo elvetico si accingerà a decidere circa la domanda della CISRA.
Non solo, ma si raggiunse l'accordo di provvedere ad una nuova convocazione straordinaria del consesso qualora si fossero verificati dei fatti nuovi sulla vicenda.
Purtroppo tale impegno non venne del tutto rispettato e in data 30 settembre 1985 il Governo svizzero autorizzò anche le ricerche nei Comuni di Mesocco e di Rossa per un possibile deposito in località Piz Pian Grand unitamente ad analoghe autorizzazioni per le ricerche nelle altre località (Bois de la Glaivaz e Oberbanenstock U.R) candidate ad ospitare il deposito.
In risposta a detta autorizzazione del Governo elvetico alla CISRA per eseguire le ricerche geologiche in località Piz Pian Grand, gli Assessori Regionali della Lombardia e del Piemonte, Luigi Vertemati ed il sottoscritto, manifestarono la loro ferma e preoccupata opposizione al Ministro per l'Ecologia, al Ministro per il coordinamento della Protezione Civile e al Ministro degli Affari Esteri. La nota di protesta, firma congiunta in data 11 ottobre 1985, sollecitava altresì un tempestivo interessamento del Governo alla vicenda.
Successivamente, in data 14/15 novembre 1985 si tenne a Berna la 13a riunione della Commissione internazionale, dove grande spazio della discussione venne occupata dal problema in questione.
I rappresentanti delle Regioni Lombardia e Piemonte in tale sede sollevarono una formale protesta per il mancato preventivo confronto al tavolo della Commissione prima che il Governo Svizzero pervenisse all'autorizzazione nei confronti della CISRA, avvenuto in data 30 settembre 1985.
Si prese atto, pertanto, delle decisioni del Governo elvetico che vengono qui riportate, per sommi capi: l. Alla Società nazionale per l'immagazzinamento di scorie radioattive è concessa l'autorizzazione di eseguire: 1.1 un numero ancora imprecisato di trivellazioni a partire dalla condotta in galleria Valbella-Spina delle Officine idroelettriche della Mesolcina 1.2 una o più trivellazioni a partire dalla superficie del suolo nei territori dei Comuni di Mesocco e di Rossa l.3 perforazioni piezometriche in Valle Mesolcina l.4 un programma di ricerche geologiche e geotecniche, ivi comprese misurazioni geofisiche, idrogeologiche e geotecniche, prove ed esami lungo le trivellazioni, nelle condotta in galleria ed in superficie 1.5 i necessari lavori preliminari e consecutivi.
2. La decisione per quanto concerne la domanda di autorizzazione per una galleria di sondaggio e per le opere che da questa si dipartono, quali cunicoli pilota, perforazioni e caverne per ricerche ed esami, è sospesa fino al momento in cui la CISRA presenterà: 2.l una quantificazione dei risultati ottenuti dai lavori autorizzati sotto il numero l 2.2 una quantificazione, comparabile alla precedente dei lavori corrispondenti eseguiti nei siti di Oberhanenstock e di Bois de la Glaivar 2.3 una domanda per provvedimenti preparativi da eseguire in almeno un'altra località per la cui scelta sono predominanti i seguenti criteri: buona possibilità di prognosi geologica regione a debole rilievo topografico (zona del deposito definitivo chiaramente sotto il fondo valle) condizione idrogeologiche semplici e facilmente esplorabili tempi lunghi di migrazione delle acque sotterranee fino alla biosfera (evitare le zone di fuoriuscita) zona tettonicamente e sismicamente tranquilla 2.4 un concetto provvisorio sulla costruzione di un deposito definitivo a Piz Pian Grand tenuto conto dei risultati dei lavori autorizzati sotto il numero l.
Si sottolineò l'esigenza che le inerenti indagini vengano eseguite in parallelo sul quarto sito con quelle da condursi nei primi tre, cosicché si possano effettuare fruttuosi raffronti.
Superando quindi un comprensibile disagio insito nel vedere disattesi gli accordi, la delegazione italiana ha tuttavia ritenuto di confermare disponibilità ad una serena e fattiva collaborazione individuandone le modalità nella costituzione di uno specifico Gruppo tecnico incaricato di gestire un adeguato livello di informazione per conto della Commissione, ed ha sottolineato che tale procedura avrebbe anche il pregio di tranquillizzare le popolazioni piemontesi e lombarde - ma anche quelle padane in senso lato - che a più riprese hanno manifestato timori per le possibili conseguenze dell'iniziativa.
Sulla proposta vi è stata peraltro una chiusura della delegazione svizzera che l'insistenza e il paziente lavoro di mediazione svolto anche in via informale hanno potuto mutare da pregiudiziale a procedurale.
Le trattative hanno infatti potuto condurre ad un duplice risultato, di aver accertato, nella sostanza, quali fossero i limiti da considerare invalicabili nella definizione dei compiti del Gruppo e, nella forma, di raggiungere l'accordo per la presentazione della qui allegata concreta proposta per la sua costituzione, proposta che si ritiene accettabile.
La delegazione svizzera - esperite le consultazioni in ambito governativo - è impegnata a fornire una risposta sulla possibilità e sui limiti di accoglimento della proposta entro il mese di gennaio. Per il 7 marzo 1986 è già stata fissata una riunione straordinaria della Commissione, nella quale sarà esaminata la risposta e saranno discussi i connessi problemi.
Quanto sopra riferito è stato puntualmente portato a conoscenza del Ministro per l'Ecologia, tendente a caldeggiare l'interessamento del Governo centrale, anche in occasione di un prossimo incontro del Ministro dell'Ecologia con il Collega del Governo elvetico.
Si è voluto rispondere in modo articolato all'interpellanza riferendo con sufficiente precisione sui lavori della Commissione Internazionale, in quanto si ritiene che ciò possa rappresentare una risposta completa ed esaustiva dei problemi riportati nell'interpellanza .



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.
STAGLIANO' Ringrazio l'Assessore per la risposta puntuale che mi trova parzialmente soddisfatto. Se la collega Marchiaro ha seguito l'argomento si sarà resa conto senz'altro dell'originalità del problema.
MARCHIARO Ma io sostenevo la tua posizione.
STAGLIANO' Ed io rafforzo la tua affermazione, perché siamo in presenza di un problema che è sempre difficile cogliere in- tutti i suoi aspetti (stiamo parlando di scorie nucleari, non so se è chiaro). Batto sempre su questo chiodo, collega Nerviani, perché quando finalmente voi nuclearisti ci spiegherete cosa ne farete di quel che vi rimane degli impianti atomici allora potremo smetterla di insistere.
L'originalità del modo con cui abbiamo deciso di sollevare la questione consiste nel fatto che il territorio piemontese sta diventando, o si vorrebbe che diventasse, un ricettacolo di scorie radioattive, provenienti addirittura anche dagli altri paesi europei e non soltanto più da Gaeta. Mi sono premurato, una volta che ho depositato presso l'Ufficio di Presidenza il testo dell'interpellanza cui ha gentilmente risposto l'Assessore Maccari, di interessare di questo medesimo problema i miei compagni di partito, deputati di D.P. al Parlamento nazionale ed al Parlamento europeo perché non vogliamo, Assessore, che su questi argomenti si giochi a scarica barile.
Mi pare che, Assessore, il suo sia stato un buon lavoro preliminare.
Forse però - e qui risiede la mia parziale soddisfazione - occorre essere un tantino più occhiuti su quanto sta già avvenendo, non soltanto su quello che potrebbe avvenire. Ad esempio occorre tenere d'occhio la galleria di ricognizione, che è denominata camera di eventuale deposito, nella quale potrebbero già essere stati inseriti dei materiali non proprio ospitali. In questo senso, a beneficio degli sparuti colleghi presenti in aula a quest'ora, per richiamare il senso preciso e specifico dell'interpellanza devo dire che, anche a beneficio del Presidente, il quale non ricorda dov'è la Val Mesolcina, Piz Pian Grand è esattamente sul versante dello spartiacque padano a guardia di un vero e proprio incrocio di paesi e di regioni.
La roccia che costituisce questo picco è costituita prevalentemente come dicono i tecnici, da rocce metamorfiche, che presentano un notevole grado di fessurizzazione; la composizione chimica delle acque della zona presenta un'elevata concentrazione di ioni di solfato fino a 1000 milligrammi per litro, altamente corrosivi - penso che siano dati a conoscenza dell'Assessorato. Siamo poi in una zona dell'area alpina tuttora soggetta a movimenti tettonici.
Potrei diffondermi, l' ho fatto nella premessa dell'interpellanza e non voglio dilungarmi ulteriormente, ma voglio aggiungere soltanto che questo progetto di deposito radioattivo sta vagando almeno in cinque siti diversi perché nessuno lo vuole. In Svizzera il movimento ecologista è contrario le popolazioni locali della Val Grigioni sono contrarie. Sarà forse per la nostra benevolenza, o, per essere più precisi, per la vostra benevolenza se mi consentite, nei confronti della scelta nucleare, che adesso hanno scoperto l'Italia come ricettacolo atomico? .
Penso che sia inaccettabile quanto si va profilando e per questo manifesto l'interesse del mio Gruppo per quanto l'Assessore ha fatto. Mi parrebbe importante e significativo che Lei e il suo collega Lombardi prendessero un'iniziativa diretta nei confronti del Parlamento elvetico non affidando la questione soltanto al Ministro dell'Ecologia, che sicuramente si interesserà del problema, ma in questi , casi quattro occhi vedono senz'altro più di due.
Ringrazio ancora l'Assessore e mi auguro di non dover più intervenire su questo argomento.
Assicuro tuttavia che i nostri militanti della zona sono attivamente presenti e vigili, nei limiti delle nostre possibilità, è ovvio con il supporto e il conforto, tuttavia, di molti tecnici e della coscienza civile che si va diffondendo su questi temi, che potranno essere d'ausilio per il lavoro che le stesse istituzioni dovranno fare, per evitare che il nostro Piemonte diventi la pattumiera nucleare, non più solo italiana ma addirittura d'Europa.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Interpellanza del Consigliere Staglianò inerente le opere di beneficenza dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino


PRESIDENTE

All'interpellanza del Consigliere Staglianò, inerente le opere di beneficenza dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, risponde il Presidente della Giunta, Beltrami.
BELTRAMI, Presidente della Giunta Cerco di sunteggiare una risposta assai più ampia ed articolata, che semmai sono disponibile a passare al Collega interrogante, il quale chiede di conoscere gli interventi dell'ultimo decennio svolti dall'Istituto Bancario San Paolo di Torino in materia di beneficenza e chiede, di fatto una rendicontazione e anche un accertamento, attraverso i rappresentanti della Regione Piemonte e del Consiglio di amministrazione, di chi siano stati i destinatari dei 60 miliardi erogati dal San Paolo negli ultimi dieci anni.
Chiede inoltre quali siano i controlli effettuati dalla Regione Piemonte sull'Ufficio Pio del San Paolo e se non ritiene di promuovere una riunione dell'apposita Commissione consiliare tra i rappresentanti del Piemonte e del San Paolo.
Direi che la somma dei 60 miliardi è superata, in quanto il San Paolo ha erogato nell'ultimo decennio circa 83 miliardi con criteri che sono propri dell'Istituto, seguiti da sempre, stabilendo delle priorità. Tra l'altro le norme statutarie prevedono che l'utile esposto in bilancio venga attribuito, per un decimo, si fondi di riserva e che la parte residuale sia destinata, per almeno sette decimi, in ulteriore incremento dei fondi di riserva e per la rimanenza resti a disposizione del Consiglio per opere di beneficenza, .culturali e di pubblico interesse. C'è quindi tutta un'analisi dei criteri che sono stati seguiti, anche per l'accantonamento delle diverse voci, alle quali mi sono riferito.
Per dare un'elencazione a mo' di esempio e di richiamo, ripeto, con la possibilità di passare a Staglianò ogni più utile notizia, qual è quella che ho potuto reperire anche alla fonte, cioè dallo stesso Istituto bisognerà dire che, per esempio, per la costruzione degli asili nido ci sono stati interventi attorno a 250.000.000, cadauno, in complessi ubicati in Torino (2), Aosta, Cuneo, Genova, Napoli e Broni; totale degli interventi attorno all'Istituto, risultante dalla moltiplicazione di 7 per 250.000.000.
Sono poi stati fatti interventi per dotare i servizi di emergenza degli ospedali e le opere assistenziali di autoambulanze, distribuendole nelle zone dove è più tradizionale la presenza dell'Istituto, in Piemonte (63), in Lombardia (22), in Liguria (22) per un esborso che supera i 4 miliardi.
2 miliardi e 200 milioni sono stati assegnati all'attività di enti operanti nel campo del recupero e della prevenzione delle tossicodipendenze e altri interventi piuttosto consistenti sono stati rivolti all'assistenza di portatori di handicap.
Direi che l'intervento di maggior rilievo è consistito in un'erogazione di 3 miliardi e 350 milioni finalizzata al completamento di parte di un complesso immobiliare destinato ad ospitare giovani handicappati, sito in Rivarolo Canavese; l'Istituto propone poi, addirittura, tutta una serie di successivi interventi.
Per il settore della sanità nell'ultimo quinquennio sono stati spesi 4 miliardi e 400 milioni, e sono stati di fatto affidati a strutture pubbliche quali le UUU.SS.SS.LL.. e cliniche universitarie.
Fra le iniziative di maggiore portata spicca ulteriormente la destinazione di 4 miliardi e 500 milioni per il Dipartimento di Emergenza Accettazione dell'Ospedale San Giovanni Battista di Torino.
Sono state spese altre somme cospicue in interventi nel settore culturale; di rilevanza sono i due miliardi all'Università agli Studi di Torino per il programmato trasferimento della Facoltà di Economia e Commercio presso l'ex Istituto di Riposo per la Vecchiaia in C.so Unione Sovietica; sempre nel campo culturale 600 milioni sono stati affidati alla Galleria Sabauda; un altro contributo di 500 milioni per il castello di Rivoli, altri 3 miliardi per il Museo Egizio.
Poi ci sono taluni affidamenti particolarmente rivolti alla conservazione delle "Borse di studio - Luciano Jona" che fu Presidente dell'Ente: per questo intervento nell'ultimo quinquennio sono stati stanziati 6 miliardi. L'assegnazione delle Borse di studio viene effettuata da un'apposita Commissione, sulla base di rigorosi criteri di scelta; la partecipazione al concorso è aperta a tutti i candidati residenti in Italia in possesso di titoli.
C'è' poi il problema delle aziende Pie (cerco di riassumere) che di fatto sono due, non sono le principali attività assistenziali, e, comunque non riescono ad assorbire somme di grossa consistenza. Potrebbe essere suggerita all'Istituto l'opportunità di fondere le due opere Pie in una sola, visto che perseguono entrambe fini di carattere assistenziale. La gestione avviene attraverso una speciale Commissione, nominata dall'amministrazione dell'Istituto, e, in tale ambito, è anche rappresentato il Comune di Torino e non la Regione Piemonte.
L' Ufficio Pio opera nell'area territoriale piemontese e, di fatto interviene in ragione di somme di limitata dimensione, per sussidi a assistiti particolarmente bisognosi e alle persone sole o conviventi con uno o più familiari che versano in condizioni di particolare difficoltà.
Altri interventi sono rivolti al settore educativo in senso lato e aiutano giovani ospiti di istituti e colonie di ogni tipo.
Altri interventi sono rivolti a favore di vedove residenti in Torino con figli minori a carico. Finanziariamente i fondi erogati dalle Aziende Pie nell'ultimo quinquennio sono risultati pari a 14 miliardi di lire altri fondi per un importo di 4 miliardi sono affidati alle filiali per esigenze di assistenza ordinaria.
Devo precisare, da ultimo, che con riserva (ho cercato di leggere qua e là per non tediare e non sottrarre troppo tempo ai Colleghi) che assolutamente non esiste in queste Opere Pie una rappresentanza della Regione; e tanto meno esiste entro l'Istituto San Paolo per cui è impossibile stabilire, se non in forma di cordiale correttezza, entro rapporti fra Enti e istituzioni, un approfondimento delle poste e delle domande alle quali si è affidato il collega Stagliano; il quale, forse, non avendo ascoltato quest'ultima parte che sottrae una certa zona alla sua interrogazione, non sa che non c'è presenza della Regione all'interno dell'Istituto Bancario San Paolo, come esiste, invece in altri istituti e presidi bancari e non esistono presenze della Regione nelle cosiddette Opere Pie.
Ogni eventuale e consentito dialogo è rivolto solo ad aspetti di cortesia, soprattutto in base alla rilevanza degli Enti, quale può essere la stessa Regione, che richiedono chiarimenti e approfondimenti, come è avvenuto in questo caso, laddove ho trovato, fonte l'Istituto, delle risposte aperte, copiose e direi articolate. Queste possono non soddisfare l'interpellante, ma io non ha altre fonti di riferimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.
STAGLIANO' Ringrazio il Presidente Beltrami per la consueta cortesia con cui risponde; prendo atto di quest'ultima parte ché, ha voluto ripetermi, è in effetti rilevante ai fini politici.
Ne prendo atto poiché per me è una novità: dalle mie informazioni risultava che la Regione Piemonte avesse un proprio rappresentante nel Consiglio di Amministrazione, varrà per quello che dovremo eleggere in futuro, visto che, se non ricordo male, nell'elenco delle nomine c'è qualcosa che riguarda anche la Regione Piemonte nei confronti dell'Istituto Bancario San Paolo.
Se così non è la sostanza non muta, perché siamo in presenza di un Istituto bancario che va bene e - evviva! - di recente ha reso pubblici i suoi bilanci che sono molto floridi. Dico evviva perché mi compiaccio che le cose vadano qualche volta bene: lo dico però se gli utili vengono spesi per il bene collettivo e sono soprattutto controllati dalla società civile e dalle istituzioni democratiche.
Ora, a proposito dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, mi consenta Presidente Beltrami, qualche dubbio occorre pur averlo, non sulla bontà delle iniziative, ma sulla loro effettiva condivisibilità.
Mi riferisco, in particolare, al villaggio di Rivarolo Canavese, che è stato oggetto di una precedente interrogazione a cui a luglio mi aveva risposto l'allora Assessore Bajardi; parlo di un caso di pesantissima inge renza politico-assistenziale da parte di un Istituto come il San Paolo, in merito ad un indirizzo assistenziale che dovrebbe essere determinato e controllato dalle assemblee elettive, quindi da noi.
In sostanza, buttando sul piatto della bilancia un cospicuo gruzzolo di miliardi l'Istituto San Paolo, in collaborazione con l'ANFFAS l'associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti subnormali, ha proposto e realizzato quello che numerose associazioni di base di lotta all'emarginazione, hanno definito un ghetto emarginante, cioè un nuovo Cottolengo in cui agglomerare bambini handicappati provenienti non soltanto dalla regione Piemonte, ma anche dalle regioni limitrofe.
Ciò va contro gli indirizzi più moderni e più condivisi, largamente condivisi da parte della opinione pubblica più avanzata e dalle istituzioni democratiche, si contrappone, cioè, al servizio di territorialità nell'erogazione della assistenza, in particolare nei confronti delle forme di insufficienza fisica e mentale.
Ringrazio il Presidente Beltrami e leggerò con attenzione quanto lui gentilmente vorrà fornirmi.
Ma mi permetto da subito di segnalare questo problema che riguarda la capacità di governo delle nostre istituzioni nei confronti dei vari soggetti che operano sul territorio regionale.
Da questo punto di vista noi di D.P. continuiamo a pensare che la politica assistenziale non debba essere impostata dai privati, e che i contributi dei privati debbano rientrare dentro quelle politiche assistenziali che insieme si definiscono nelle istituzioni rappresentative proprio per impedire che si ritorni indietro di venti o di cinquanta anni verso concezioni assistenziali che si collocherebbero contro la coscienza civile più avanzata del nostro Paese.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Marchini e Santoni relativa alla Commissione invalidi civili


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Marchini e Santoni relativa alla Commissione invalidi civili.
La parola all'Assessore Olivieri.
OLIVIERI, Assessore alla sanità L'attività della Commissione regionale sino all'11 maggio 1984 consisteva in due sedute settimanali nel corso delle quali venivano esaminati complessivamente circa 40 ricorrenti. In considerazione del constatato incremento delle pratiche giacenti (5766) al 30.11.1984, su proposta del Segretario rag. Zaccone e in accordo con il Presidente effettivo prof. Giancarlo Bruno, con decorrenza dal 21 giugno 1984 le sedute settimanali sono state portate a 4 (e non 2 come indicato nell'interrogazione), utilizzando in modo continuativo sia i componenti effettivi convocati per due sedute (una al mattino ed una al pomeriggio del venerdì), sia i membri supplenti anche convocati per due sedute (una al mattino ed una al pomeriggio del giovedì) ed ovviamente incrementando ad 80 alla settimana i ricorsi esaminati.
Il motivo del notevole aumento dei ricorsi è da individuare per l'entrata in vigore delle Leggi Regionali n. 53 del 29/12/1981 (Esercizio delle funzioni medico - legali del Servizio Sanitario Regionale) e n. 31 del 27 ottobre 1982 (Disciplina degli Organi Collegiali Sanitari), in base alle quali è stata demandata alle UUU.SS.SS.LL. la competenza in materia di accertamento dell'invalidità civile. Successivamente alla deliberazione della Giunta Regionale del 22 febbraio 1983 le Commissioni di prima istanza per la sola Provincia di Torino sono state portate da 4 a 11, tutte regolarmente operanti. Di conseguenza la massa di pratiche che in precedenza erano in attesa di essere evase dalle Commissioni di prima istanza, attualmente costituiscono un contenzioso per la Commissione regionale che numericamente comprende al 31/12/1985 n. 5.271 ricorsi (e non ventimila come citato nell'interrogazione) con un tempo di attesa di circa 16 mesi.
Al fine di eliminare quasi totalmente la giacenza sopra descritta e stante le attuali difficoltà di reperire operatori sanitari disponibili per l'istituzione di una seconda Commissione Regionale Sanitaria, la Giunta regionale si appresta a predisporre un disegno di legge di modifica ed adeguamento dell'art. 11 della L.R. n. 31 del 27/10/1982, che preveda la corresponsione del gettone di presenza anche ai dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, limitatamente alle Commissioni regionali, qualora la partecipazione alle sedute della Commissione venga effettuata al di fuori del normale orario di lavoro.
Mentre, viceversa, pare di difficile attuazione la proposta di "organizzare il lavoro della Commissione in modo da poter evadere i casi gravi ed urgenti e con palese diritto di accoglimento", in quanto agli atti della Segreteria normalmente vengono presentati i ricorsi unitamente alla sola declaratoria di invalidità civile. Tale circostanza non consente di poter esprimere un giudizio obbiettivo sulla gravità o urgenza di ogni singola istanza di ricorso. Ulteriore documentazione sanitaria di supporto verrà richiesta ai ricorrenti quando saranno invitati per la visita medica.
Infine, nessuna facoltà o possibilità sussiste per scoraggiare l'inoltro indiscriminato dei ricorsi i quali, invero, per la maggior parte risultano essere infondati, poiché nessuno strumento normativo è stato predisposto in tal senso. A tale proposito si fa presente che il 50% dei ricorsi vengono presentati da Associazioni di categoria, Patronati, ecc che, ovviamente, hanno interessi diversi ad inoltrare un maggior numero di istanze indipendentemente dall'esito degli stessi.
Vorrei aggiungere alcune brevi considerazioni su questa materia, che indubbiamente merita attenzione, pur trattandosi di un argomento che spesse volte non viene palesato pubblicamente, che è invece estremamente importante e interessante sul piano della moralizzazione della vita pubblica in generale.
Senza dubbio l'aver iniziato la Regione Piemonte questa attività di chiarificazione nel campo degli accertamenti medico - legali è stato un grosso processo innovativo, che la distanzia per certi versi e la mette in una situazione ancora diversificata rispetto a molte altre Regioni italiane dove la pratica dell'accertamento medico - legale è qualcosa di piuttosto oscuro, legato a professionalità non certe e non specifiche, per cui è auspicabile che dappertutto si arrivi ad un modello simile a quello che è stato sostenuto nella nostra Regione.
Da questo però deriva anche un fatto fondamentale te, cioè che questa specializzazione, che non dà lustri ed onori palesi sul piano pubblicistico, è una specialità che non ha molti frequentatori, quindi è una specialità che ha pochi operatori e con una difficoltà fisica ad aver personale in grado di adempiere a questo compito estremamente delicato nell'ambito dell'accertamento dell'invalidità, senza ripetere gli errori e le intemperanze clamorose del passato.
Si spiega come, di fronte ad un nuovo metodo di operare, una vecchia e ancestrale abitudine (per cui la pensione di invalidità in Italia diventa quasi un correttivo obbligato arrivati ad una certa età) crei dei "reboant effects", per cui abbiamo una massa di domande che indubbiamente non hanno sostanza. Ci deve essere un periodo di acclimatazione perché diventi un problema di costume e di rimoralizzazione pubblica.
Non mi scandalizzerei molto di questo, sarebbe molto più grave che ci avvenisse nella prima istanza, ma voi capite che il caso grave del carcinomatoso, dell'enfisematoso, del cardiopatico viene già delibato in prima istanza; tutto quello che arriva in seconda istanza, nella massima parte dei casi, non presenta caratteri drammatici, si tratta semplicemente di persone che reclamano non avendo visto esaudito quello che era semplicemente un desiderio pseudoassistenziale o sociologico.
Da questo punto di vista non drammatizzerei la situazione, cerchiamo piuttosto con questi metodi di portarla a regime fino al momento in cui ci sarà un congiungimento fra una rimoralizzazione generale sull'argomento e da parte nostra la possibilità di adempiere a quella che è la continuità del problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.
SANTONI Ringrazio l'Assessore Olivieri per la precisazione delle cifre e dei dati oggettivi che ha voluto farci. Evidentemente noi non abbiamo gli strumenti dell'Assessorato quindi le nostre indicazioni erano approssimative, ma certamente non lontane da quelle che ci ha riferito l'Assessore Olivieri, soprattutto laddove i dati riportati ci fanno rilevare che i ricorsi avevano un periodo di attesa, prima di poter essere esaminati, di 18 o 16 mesi con l'introduzione del raddoppio delle sedute della Commissione regionale.
Il problema è grave, Assessore, e l'abbiamo voluto sottolineare nell'interrogazione sotto i due aspetti che Lei ha considerato, da un lato la lunghissima attesa per casi che, non saranno forse la maggioranza, ma che possono sussistere, nei confronti dei quali la Commissione in prima istanza non ha ritenuto di accogliere la richiesta di individuazione di invalidità a livello tale da far scattare l'assistenza pensionistica e dall'altro il fenomeno esattamente opposto, quello di presentare comunque il ricorso, laddove la domanda non è stata accolta in prima istanza. E' l'atteggiamento, giustamente biasimato dall'Assessore, che noi critichiamo.
Riteniamo che l'impegno debba essere sotto un doppio profilo: quello di trovare gli strumenti perché i casi che, per errore o per errata valutazione non sono arrivati a felice conclusione, trovino risposta dalla Commissione, in seconda istanza, in tempi che siano accettabili da chi l' ha proposta. Valuterà l'Assessore se ciò sia possibile attraverso un'anticipazione, al momento della proposizione della domanda, della documentazione a corredo, che potrebbe essere anche elemento per dissuadere la comune abitudine, purtroppo, di presentare comunque l'istanza "tanto non costa niente".
L'altro aspetto è quello di scoraggiare tutti quei fenomeni di routine che intasano gli uffici e che non hanno alcuna possibilità di sbocco perché mancanti degli elementi base che comportano gravi danni per chi invece ha diritto al riconoscimento.
Ringrazio l'Assessore per gli adempimenti già posti in essere e per la modifica al testo.legislativo che ha ricordato, segnalandogli appunto l'opportunità di valutare tutti quegli accorgimenti che possano soddisfare queste due esigenze che abbiamo segnalato, la celerità nell'esame di quelle domande che presentano caratteristiche tali da poter essere accolte e la riduzione delle domande o comunque l'eliminazione di tutta quella fascia-di domande che appaiono evidentemente infondate e quindi inaccoglibili, con tutto vantaggio del funzionamento degli uffici e degli utenti.



PRESIDENTE

Alle altre interrogazioni non è possibile rispondere per l'assenza dell'Assessore Turbiglio.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Indirizzi politico-programmatici della Regione Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito sugli indirizzi politico-programmatici della Giunta. E' iscritto a parlare il Consigliere Rivalta.
RIVALTA Intervengo a questa discussione sulla proposta programmatica della Giunta per dare il mio apporto ritenendo che i documenti di impostazione sia politica che tecnica, siano sempre importanti per lo svolgimento di qualsiasi attività.
Non eludo il confronto, poiché un tale atteggiamento non fa parte del nostro comportamento. Non rifiutiamo la discussione sulle impostazioni di carattere generale, come altri invece in quest'aula hanno fatto per due anni dal 1983 al 1985, ma questo non fa parte del nostro atteggiamento. Con questo impegno intervengo, anche se per molte ragioni che stanno nel documento si è poco stimolati a intervenire.
E' un intervento poco stimolante, confuso e contraddittorio. L'analisi strutturale del documento l' ha fatta bene e anche in modo spiritoso la collega Bresso.
Molte sono le questioni di fondo per la politica regionale che in questo documento sono dimenticate, altre sono appena sfiorate o trattate senza una sufficiente definizione, tanto che spesso è lasciato a chi legge di ricercarne un'interpretazione e,in qualche caso, sforzandosi di ricercare un'interpretazione di varie parti del documento, si finisce per ritrovare varie interpretazioni possibili.
Non ci sono elementi di analisi convincenti della situazione di fatto non dico in termini di quantità dell'analisi, ma sia pure nella sinteticità, in termini di cogliere gli elementi essenziali della situazione. Non ci sono convincenti giudizi e, naturalmente, anche solo per queste ragioni non ne derivano indicazioni di finalità chiare.
Diceva ieri il compagno Bontempi che, dopo il periodo trascorso all'opposizione da parte di alcuni partiti dell'attuale maggioranza, ci attendevamo da essi un apporto chiaro sul ruolo che essi vogliono giocare nella funzione di' governo che si sono attribuiti con il voto all'interno di questo Consiglio. Il documento anche in questo senso è assai deludente e nel provocare questo giudizio di delusione non gioca nessuno ruolo il fatto che lo abbiamo atteso a lungo. La delusione sta tutta nel documento e sotto questo profilo il primo semestre dell'attività della Giunta, che più ancora che nei fatti, che sono stati certamente pochi, poteva mostrare qualche elemento di qualità attraverso un progetto politico, si chiude emblematicamente con questo documento in modo del tutto insufficiente. Su questi documenti non si vota è una discussione che si è aperta ieri e si chiude oggi. Sarebbe forse giusto richiedere, come si fa con gli allievi a scuola quando non sono preparati, di ritornare in un'altra sessione persino da alcuni interventi fatti della maggioranza (tenete conto che gli interventi della maggioranza sono una specie di voto di fiducia) si poteva cogliere l'esigenza di rivedere le cose, di ritornare sulle questioni poste nel documento.
Si ha l'impressione che la Giunta abbia inteso questa scadenza di dibattito in Consiglio come una scadenza burocratica.
Stante il dovere di riconoscere l'intelligenza dei vari Assessori in qualche parte si palesa persino che qualche Assessore se ne sia disinteressato e che abbia detto: "superiamo questo giro di boa in qualche modo, poi continueremo a lavorare come vogliamo".
Il Consiglio regionale dovrebbe avere la forza di votare un Ordine del giorno per chiedere di rivedere questo documento e di ritornare fra 20 giorni o un mese a discutere in maniera più approfondita su una proposta più precisa e su dati più completi.
Intervengo nella speranza che un contributo dialettico possa essere preso in considerazione da questa Giunta, anche se non ci sarà l'ordine del giorno per rivedere, in un'altra prossima seduta, una nuova stesura di documento, soprattutto nella fase di definizione di altre impostazioni di carattere generale, per esempio,i documenti del Piano di sviluppo.
Il collega Bontempi ha svolto un intervento di carattere generale, io mi limito a intervenire nel merito di alcuni aspetti della politica territoriale e urbanistica, una competenza che non voglio definire settoriale, ma che ha un carattere orizzontale; è una competenza sulla quale ci si deve esprimere, sapendo che dalla competenza orizzontale trapelano la volontà e gli indirizzi di governo di una Regione e attraverso una competenza orizzontale, si indica se si vuole governare ed è una delle competenze più importanti per l'attività regionale.
Nel paragrafo a pagina 22, titolato "Disegno di assetto territoriale" si richiama un nuovo disegno di assetto territoriale e si dice "nei termini enunciati in precedenza". Ho cercato nelle precedenti 21 pagine di capire dov'era questa precedente enunciazione di un nuovo disegno di carattere territoriale, e vi confesso che non sono riuscito a trovare l'espressione di nessun disegno di carattere territoriale. Lo dico con molta tranquillità, non mi sono neanche voluto scrivere l' intervento, parlerò a braccio - chiedo scusa - perché mi sono reso conto che di fronte alla situazione che presenta il pronunciamento della Giunta, mi trovavo davvero imbarazzato, scrivere vuol dire pesare le parole e dare alle parole il carattere più preciso del sentimento che si prova. Ho smesso di scrivere perché sarebbe diventata davvero la scrittura di un documento del tutto stroncante, che mi avrebbe impedito un qualsiasi spirito di collaborazione dialettica, non certo di collaborazione politica.
L'unica indicazione che si richiama ad un nuovo disegno territoriale la si trova a pag. 11, tra gli obiettivi di fondo, che nel corso del documento spesso sono genericamente richiamati, ma mai ben definiti, e li si dice che fra gli obiettivi di fondo di questa Giunta il nuovo disegno territoriale regionale vede Torino giocare un ruolo di governo. Mi sono appuntato un primo punto esclamativo e contemporaneamente interrogativo. Si parla poco di questo disegno territoriale, ma dove se ne parla le parole vanno soppesate. Qualche collega mi potrà dire di non soppesare troppo le parole certo, se ci fossero altre argomentazioni che permettano di capire cosa vogliono dire le prime parole dette, si potrebbe anche sorvolare, siccome però non ci sono altre argomentazioni, la prima domanda che mi sono fatto è: che cosa significa un ruolo di governo da parte di Torino? Avrei voluto che si fosse parlato del ruolo di governo della Giunta regionale nei confronti del Piemonte.
Significa una delega latente verso il Comune di Torino, se si sta nell'ambito delle responsabilità istituzionali? Significa forse che l'economia torinese deve governare l'economia piemontese? Qualche dato dice questo, ma nel bene ci sono anche degli aspetti negativi; il passato ce l' ha dimostrato. La funzione di una Regione è quella di far si che un'economia, relativamente forte come quella torinese, non abbia, per sua logica interna, a governare la Regione e magari il paese come ha fatto nel passato per non provocare le stesse distorsioni.
Questa prima dizione lascia perplessi. E' saltato qualcosa nella battitura a macchina di questa frase? Può darsi. Lascia perplessi perch se non è un errore, come forse non è, questa dizione richiama quel clima di "torinocentrismo" che da qualche mese, forse già da qualche anno, sta risorgendo, sta rifiorendo acriticamente, portato soprattutto: sulla carrozza di particolari interessi non su una visione di carattere complessivo dell'economia.
Poi si aggiunge sempre con riferimento al nuovo disegno territoriale "capace di far competere la Regione più efficacemente con le altre metropoli italiane ed europee in un vasto spazio nazionale ed internazionale, dove le altre realtà territoriali regionali concorrono nella loro specificità a definire un Piemonte più equilibrato e meglio organizzato". Qui c'è un richiamo labile,non unico,ma quasi inesistente altrove.
E' possibile, dopo tutti i discorsi che si sono fatti nel passato, in vent'anni, quasi trent'anni, attorno al disegno territoriale del Piemonte ridursi a presentare una frase così imprecisa, così piena di equivoci e forse di sottointesi come questa? E' davvero poco esplicativa, e non costituisce una proposta alla comunità regionale. Credo che non solleciti nessuno muoversi attorno ad un'ipotesi di Governo che questa Giunta deve sostenere. In questa Regione c'è invece bisogno di una grande mobilitazione complessiva, non solo da parte della comunità, per poter reggere ad una situazione piena di contraddizioni, di crisi, ma anche di punte e di aree di sviluppo, con grandi problemi sociali, con grandi ripercussioni sulla condizione di vita e di lavoro delle classi meno abbienti. C'è bisogno di un Governo capace di aggregare attorno a sé, su un'idea convincente, l'intera comunità regionale. Da queste prime indicazioni di contenuto per un disegno territoriale regionale non c'è proprio nulla che possa aggregare chicchessia.
Leggevo ieri su "Stampa Sera" che a Ciriè è stata svolta dalle associazioni cattoliche un'indagine che dà dei risultati drammatici e sconfortanti. L'attività politica è ritenuta inutile e nella classifica delle attività inutili è anche posta al primo posto.
Non voglio dare peso ad un'indagine che dà dei risultati così stravaganti, però è un sintomo estremamente preoccupante, che aggiungo a quello che riportava "La Repubblica" alcune settimane fa, che soltanto il 2% dei giovani (in una situazione tra l'altro di non prospettive di occupazione, di lavoro; persino strumentalmente si potrebbe essere spinti a pensarla diversamente) ritiene l'attività politica un'attività di rilievo di significato, per cui valga la pena impegnarsi. Credo che il vuoto l'assenza di consenso verso l'attività politica cresca. Questo documento non esce che tra di noi, purtroppo; le fonti d'informazione restringono molto,al di là di quello che dovrebbe essere una giusta informazione.
Certo, se questo documento uscisse non credo che mobiliterebbe i giovani attorno a questa Giunta per operare, per essere presenti, per realizzare un nuovo disegno per il Piemonte.
Si divide il Piemonte in due parti: Torino e il resto della Regione.
Voglio esprimermi in termini propositivi, voglio dialogare con questa Giunta, non voglio fermarmi ad una stroncatura del documento, anche se motivata.
Pensavo che un documento politico della Giunta dovesse esprimere dei valori, delle indicazioni complessive che, pur tenendo conto delle articolazioni delle situazioni e del loro peso, portassero ad unità questa nostra Regione, pensando che tutto ciò che riguarda i quasi 2 milioni di abitanti dell'area torinese è problema anche degli altri 2 milioni di abitanti del resto della Regione.
Sembra che una di queste due realtà territoriali venga sottoposta al governo dell'altra, l'una di forte concentrazione e l'altra di insediamento articolato e diffuso.
Capisco che all'interno di una visione istituzionale municipale possano nascere tendenze a separazioni, ma all'interno di una Regione, all'interno di una Giunta regionale credo che non possano essere consentiti dubbi possibilità di interpretazione,che in qualche misura si agevoli o addirittura si sostenga un rapporto di concorrenzialità, di conflittualità.
Uscire dagli aspetti della crisi che stiamo vivendo, promuovere processi di innovazione, di qualificazione del sistema economico e di vita significa abbattere le contrapposizioni e le separatezze del passato e costruire un sistema economico produttivo, occupazionale, un sistema di vita unitario a livello regionale.
Penso per esempio alla maggior forza che sarebbe data ad un sistema economico dalla ricchezza della sua articolazione e diversificazione produttiva, se lo si vede in maniera unitaria, se non si gioca su tavoli diversi, occasionalmente, sulla base di spinte, ma si cerca di portarlo ad unità e su questa base trovare un ambito di espressione della dimensione regionale più,capace di intervenire davvero nello scontro che è in atto sui problemi dello sviluppo.
D'altra parte, anche per quanto riguarda gli aspetti sociali e culturali, il sistema di vita comunitario regionale costituisce una dimensione che può fornire maggiori e più elevati livelli di opportunità per tutti, per gli abitanti della parte esterna all'area metropolitana, ma anche per quelli che abitano nell'area metropolitana: si pensi alla più qualificata gamma di funzioni e di servizi, che può essere propria, se sostenuta da una comunità di oltre 4 milioni di abitanti, se considerata unitariamente.
La stessa loro articolazione e di-stribuzione in vari punti del territorio regionale può diffondere impulsi positivi alle altre comunità se non vista in una logica tutta torinocentrica, e favorire processi di unificazione, integrazione comunitaria regionale, che è un altro degli aspetti culturali e sociali che si deve promuovere.
In questo senso si può pensare allo sviluppo articolato, in modo diffuso, di attività rare come quelle culturali, universitarie o sanitarie indirizzi universitari, specializzazioni medico - ospedaliere, attività culturali di alta qualificazione, che possono essere presenti in centri minori della Regione a servizio dell'intera comunità regionale.
Anche in questo caso si possono utilizzare le realtà, le potenzialità e le vocazioni già localmente esistenti, incentivandole e sviluppandole in ragione di una loro funzione regionale.
Ma tutto questo non viene assolutamente fuori da questo documento; non esiste una visione regionale e non esiste una politica di tipo regionale caso mai l'assemblaggio di spezzoni di politiche locali.
Tutto ciò presuppone una concezione culturale, una politica di governo e di programmazione che consideri la comunità regionale come un livello unitario di vita - e in questo documento questo non c'è - e non già come una burocratica aggregazione di entità locali concorrenti fra di loro.
Si tratta di pensare, di operare nei termini di una città diffusa sul territorio regionale, organizzata in vari punti di concentrazione all'interno di aree di rarefazione di attività e di popolazione, pensare cioè alla Regione-Città, alla Regione che si fa città e alla città che vive di un intero spazio regionale, qualificandosi anche sotto il profilo culturale e ambientale.
L'unico riferimento che invece viene fatto in questo documento è il richiamo alle tre grandi dorsali. E' però il vecchio disegno che viene riproposto, senza neanche un richiamo di tipo culturale sul significato che deve assumere la politica che si porta avanti attraverso queste tre dorsali; non è un contentino dato a quelle aree; quelle tre dorsali devono far parte e sono nate nello spirito di una politica di unificazione regionale, politica che deve consentire, non certo solo attraverso la viabilità e i trasporti, ma anche attraverso l'uso di sistemi informatici e telematici, una funzionalità informativa unitaria. Questa politica era stata espressa perché il Piemonte nella sua entità di quattro milioni e mezzo di abitanti - poi sappiamo che la definizione amministrativa è sfrangiata da relazioni funzionali, per cui certe parti gravitano su altre Regioni - si presenti con questa dimensione anche di scala e di capacità di governo sulla scena dello sviluppo economico nazionale, nei rapporti con lo sviluppo economico d'Europa e delle altre parti del mondo.
Le stesse dorsali sono viste come dorsali che devono collegare la nostra Regione con l'Europa e con i porti liguri e quindi con il resto del Paese, con quell'economia mediterranea dei paesi africani e dell'Asia, che anche il PCI considera sia stata giustamente difesa in questi ultimi tempi dal Governo nazionale.
Questo spirito, che ci poteva vedere tutti uniti, di una Regione che si governa per diventare entità forte in una visione di politica generale di questo tipo non traspare. Non c'è la spinta culturale e politica per un disegno di questa natura.
Torno alla pag. 22 del documento. Si dice che "il disegno troverà una particolareggiata definizione attraverso una valutazione complessiva dei progetti definiti dai piani comprensoriali".
Quando si parla poco di certi problemi le poche parole che vengono dette dovrebbero essere soppesate di più.
Si dice: "trovare una particolareggiata definizione"; come ho detto non esiste neanche una definizione di massima. Per cui bisognerebbe rimandami a dire di darci almeno un primo disegno, un'ipotesi politica chiara di questo disegno per poterla discutere. Dico francamente che mi aspettavo che questa Giunta si avvalesse delle opportunità che ha nel cassetto, non perché gliele abbia lasciate la Giunta passata, ma perch gliele fornisce il lavoro fatto nella nostra Regione dai Comprensori, da tanti Consiglieri comunali di tutti i partiti che qui son presenti, che rappresentavano gli enti locali attraverso quella forma di delega con la quale i Comuni eleggevano i membri del Comprensorio. Ebbene, essendo stato in giro nelle organizzazioni del mio partito a discutere il lavoro e la conclusione dei piani comprensoriali mi risulta che almeno sette o otto Comprensori abbiano approvato il loro documento di pianificazione territoriale e che i restanti Comprensori abbiano comunque concluso l'elaborazione, almeno sul piano tecnico.
Altri non l' hanno approvata solo perché è venuto a mancare il numero legale, nelle ultime riunioni del mese di dicembre; di fronte al morente istituto, evidentemente la disaffezione è stata tale per cui non si è partecipato al voto. Ma l'elaborazione c'è, gli esecutivi di quei Comprensori l' hanno portata a conclusione anche politicamente, procedendo alle consultazioni, facendo un lavoro politico.
Mi aspettavo di trovare in queste pagine non solo un riconoscimento del lavoro dei Comprensori, che sarebbe stato doveroso, anzi,vi trovo un elemento di scorrettezza oltre che di insensibilità politica, il non richiamarsi a quel tipo di lavoro, ma trovo che i piani territoriali vengono da questa Giunta individuati come una possibile base per una valutazione complessiva per arrivare ad - un disegno regionale.
E' positivo che se ne tenga conto, ma non si tratta solo di tenerne conto, il problema è che la Giunta doveva dire nel suo programma che non si trattava solo di finalità generali, imprecisamente pronunciate tanto da non essere neppure assimilabili e comprensibili, ma doveva dirci che cosa pensa di fare, entro quali tempi, sapendo che quello che deve fare è previsto dalle leggi delle procedure di programmazione e di pianificazione.
Tra l'altro, per effetto della legge votata il 27 dicembre, entro tanti mesi avverrà l'esame e l'approvazione di questi piani con tutte le correzioni necessarie.
La Giunta doveva dirci che era possibile arrivare, entro quest'anno, e io dico persino senza aspettare il mese di dicembre dell'86, ad avere non il mosaico, ma l'aggregazione e l'integrazione ragionata dei piani comprensoriali e quindi di un Piano Regionale Territoriale.
Questo era lo strumento di governo da introdurre, ma qui, in questo documento, non compare.
Si vuole poi fare una considerazione per costruire un sistema dei progetti di.rilievo regionale contenuti in detti piani. Questo non è possibile farlo in qualsiasi momento, anzi, dovrebbe essere fatto nel corso dell'analisi del dibattito per la approvazione dei piani dall'intero Consiglio regionale, ma può essere fatto e concluso anche dopo, perché i piani, che hanno una valenza temporale lunga non necessariamente devono tenere in considerazione solo le indicazioni di carattere immediatamente operativo. All'interno di questa impostazione, di respiro più lungo, anche approvati i piani, si può dare una sistematicità programmatica ai progetti che si ritengono prioritari.
Si dice poi in questo documento che si vuole dare prescrizione di tutela ambientale e paesistica, attraverso l'attuazione della legge Galasso.
Vengo ad un'altra considerazione. A pagina 82 si dice che si dovranno selezionare, attraverso il secondo Piano di Sviluppo, i progetti che saranno approfonditi e realizzati con la procedura del P.T.O.
E' questo un altro elemento di grande perplessità. E' giusto metodologicamente, aspettare il Piano di Sviluppo per definire il quadro dei progetti territoriali operativi che si vorranno portare avanti nei prossimi cinque anni, e sotto il profilo metodologico va bene, però chiedo: la Giunta che cosa pensa delle questioni che sono in atto e che richiedono immediatamente che si dia vita ai Piani Territoriali Operativi? Un piano,se non è stato fermato in Assessorato,è stato avviato nella passata legislazione.
Non mi preoccupa tanto l'aspetto formale quanto il contenuto dei Piani Territoriali Operativi.
La Giunta regionale sotto questo profilo non ci dice nulla e rimanda al secondo piano di sviluppo, come se 11 dovessimo scoprire l'entità dei problemi di certe aree.
La centrale nucleare non è già in attuazione? C'è bisogno di un secondo piano di sviluppo per dire che in quell'area bisogna andare a fare il Piano Territoriale Operativo? In un documento politico-programmatico come questo nei problemi di pianificazione territoriale, che abbiamo l'urgenza di portare avanti non doveva essere messo un lavoro, che negli Uffici è gia stato avviato e che riguarda l'area di Trino, con tutti i problemi che là stanno sorgendo e che noi abbiamo denunciato con la mozione? Problemi che credo si possano governare, se no non avrei votato per la centrale nucleare, ma che per governarli davvero bisogna avere i pantaloni... La foga mi portava a dire una parola che non è ammessa in quest'aula, credo che le amiche Colleghe non abbiano problemi nel sentir parlare di pantaloni perché è anche un loro indumento.
Sembra che mi voglia appigliare ad un dato, non è una pulce che sta sul Piemonte, ma è un elefante che sta calpestando la pulce. E' preoccupante che non si dica subito che negli strumenti di governo ci deve essere il discorso del Piano Territoriale Operativo di Trino.
Non è soltanto una questione di carattere territoriale. Qui l'argomentazione vi avrebbe consentito di andare a vedere come la presenza della centrale nucleare può diventare, in una funzione di governo regionale, un elemento stimolante per lo sviluppo, per la caratterizzazione di quelle aree. Non solo in termini di occupazione possibile, perché si sapeva dall'inizio (e si misura oggi) che gli effetti saranno abbastanza limitati, ma in termini culturali, sociali, di preparazione di condizioni di base per lo sviluppo. Penso ad esempio ai problemi sanitari che nascono nel nostro paese con la politica nucleare. Come si affrontano? A Novara c'è un centro del famoso quadrante sanitario e la presenza della centrale di Trino ci deve indurre a pensare che cosa sarà Novara, quali saranno le articolazioni degli ospedali tra Novara, Vercelli e Casale. Non faccio del terrorismo voglio solo dire che dovendo convivere con una centrale nucleare, bisogna attrezzarsi e bisogna saper incominciare ad attrezzarsi.
Siccome si è spostata da Vercelli a Novara la Facoltà di Medicina perché appunto era il centro del quadrante sanitario, occorre incominciare a pensare alle funzioni che deve avere quella Facoltà di Medicina, agli indirizzi che possono essere assunti per corrispondere a quella presenza in quelle zone della centrale nucleare. Allora bisogna mettere in atto una serie di politiche che riguardano i rapporti con l'Università e la sanità.
Di tutto questo (ci sono dei pezzettini qua e là) non traspare un argomento centrale che deve essere nell'impostazione delle politiche regionali, dove si viene a dire che c'è lo strumento del P.T.O.
A Torino dobbiamo aspettare il piano di sviluppo? C'e' bisogno di aspettare per dire che Torino ha bisogno del Piano Territoriale Operativo? Abbiamo discusso la settimana scorsa la questione dello stadio, abbiamo detto che non era un problema di competenza comunale.
Non ho potuto essere presente a Collegno, ma ho letto dai giornali che il Sindaco di Torino ha dichiarato che lo stadio non verrà costruito nel campo volo.
L' ha detto perché ha sostanzialmente sostenuto che lo stadio è una questione del Comune di Torino. Torino che governa, ma governa in questo modo? Lo stadio comunale deve ancora avere caratteristiche comunali come poteva averle 50 anni fa? 0 non è uno stadio di una comunità di 4 milioni di abitanti? Lasciamo che il Comune di Torino vada avanti a cercare di fare un piano regolatore senza che la Regione dia un inquadramento che riguardi l'intera area metropolitana, stante il fatto che comunque c'è-uno schema di Piano Territoriale Comprensoriale, che, tra l'altro, deve essere portato avanti per l'elaborazione, che ci da un quadro più ampio? Lasciamo che lo sviluppo di Torino parta di nuovo dal Lingotto e vada chissà dove senza che ci sia una visione di carattere generale? Questo non impegna la Regione ad assumere un ruolo di governo nelle decisioni che a Torino si prendono, che non hanno soltanto valenza comunale? Non si dice, per esempio, che si deve lavorare sul Po con un progetto territoriale operativo. I vari interventi hanno richiamato la devastazione del Po, i rischi che corre e i problemi. E' l'unico grande fiume dell'Italia, è lo specchio, l'anima della condizione ambientale. Al Po affluiscono tutti gli altri corsi d'acqua. Non c'è solo il problema di Galasso per difendere i fiumi, ma c'è l'esigenza di intervenire con una politica complessiva. Il piano territoriale operativo è una necessità.
Esisteva un programma Po nel piano di sviluppo (come esisteva il programma dell'area metropolitana torinese) e indicava l'esigenza di incominciare con un Piano Territoriale Operativo, ma anche su questo sembra si debba aspettare chissà quale chiarimento del secondo piano di sviluppo per affrontare un tema di questo genere.
Intervengo collaborativamente con la Giunta per sollecitarla a non aspettare oltre su queste questioni e a muoversi rapidamente. Auspico anche che si dia vita alla costituzione, nella forma istituzionale che sarà necessaria, di quel centro di documentazione sul Po e sulle acque del Piemonte e non solo del Piemonte, se è possibile alle Vallere. Quella cascina - il Presidente Viglione lo ricorderà - è stata acquisita per le ragioni che già ho richiamato la settimana scorsa in occasione del dibattito sullo stadio, con l'intenzione di farne un centro di documentazione, un laboratorio di analisi delle acque, delle condizioni dei fiumi, della ecologia, dell'idrobiologia dei fiumi, attraverso i dati che si possono raccogliere quotidianamente, nei parchi disposti lungo il Po.
Auspico non solo che si dia vita al Piano Territoriale Operativo ma si porti avanti questo disegno e non si lasci che la cascina delle Vallere un giorno o l'altro venga occupata magari da un ristorante o da qualche altra attività ricreativa perché quella iniziativa è nata per questa funzione.
Nel documento si dà ampio spazio alla Legge Galasso. E' una preoccupazione perché certamente ha posto dei problemi di carattere operativo rilevanti. Sta insorgendo mezzo Paese. Leggevo su "La Repubblica" che in Parlamento sta dilagando oramai l'opposizione formale non solo quella di corridoio.
La Giunta fa un grave errore. Galasso ha formulato questa legge avendo davanti a sé una visione nazionale complessiva del nostro Paese. La legge riguarda tutto il Paese.
Se invece avesse avuto davanti un'Italia strutturata per gestirsi le proprie cose, come il Piemonte e come altre Regioni, non avrebbe promosso una legge di questo genere. L'esaltazione - e lo dico io che ho difeso il decreto Galasso - che se ne fa,uno strumento per difendere il territorio e l'ambiente, è un'esaltazione esasperata che sa persino di bandiera che non sta nei contenuti della politica che si deve fare.
Non è più forte il decreto Galasso delle possibilità politiche di intervento sul territorio a livello territoriale e urbanistico di cui questa Regione dispone. Quindi c'è anche una distorsione nella valutazione del decreto Galasso. Questi decretini hanno bloccato l'edificazione di interi Comuni, un caso eclatante è quello del Comune di Avigliana che essendo tutto nel decretino, per il 1986 non potrà concedere nessuna operatività edilizia.
Se si esalta il decreto Galasso, come strumento di governo, si sbaglia bisogna dire che Galasso ci pone il problema di marciare con più urgenza per finire i Piani Territoriali con dei tempi precisati, con i modi prescritti dalla legge, ma nel documento non si prende un preciso impegno.
La legge Galasso pone in un articolo la possibilità di superare i vincoli che essa introduce attraverso i Piani Paesistici o i Piani Territoriali- Urbanistici che le Regioni promuovono, o che hanno promosso.
Se lasciamo un dubbio sul fatto che si possa pensare di superare il decreto Galasso attraverso i piani paesistici, sarò cattivo profeta, ma credo che ci troveremmo tra qualche anno ancora con questa questione in ballo. Se invece vogliamo superare quei limiti attraverso la pianificazione territoriale e anche quella urbanistica, allora si potrà operare in fretta con documentazioni e informazioni sistematiche, arricchite e completate dove è necessario, che consentano di arrivare a questo superamento.
Il decreto Galasso ricompare dalla pagina 105 in poi nel capitolo urbanistico. Qui si fa di nuovo un'esaltazione del decreto Galasso, ma si cerca di inglobarlo in un problema di acquisizione di questo obiettivo nei piani regolatori. E credo che sia giusto. Però i Comuni vincolati dalla legge 1497 del '39 sono molti e se noi pensiamo di risolvere le questioni del decreto Galasso attraverso la revisione dei piani regolatori, il cammino diventa nuovamente lungo.
Credo che il primo passo debba essere quello a livello territoriale convinto che le indicazioni ambientali di carattere territoriale debbano trovare delle precisazioni di carattere urbanistico, ma con tempi anche più lunghi, avendo già recuperato la politica di emergenza che il decreto Galasso introduce attraverso la pianificazione di carattere territoriale.
D'altra parte, come potrebbe un Comune regolare ambientalmente il suo piano regolatore se non ha una visione più generale datagli da qualcuno che non può che essere che il piano territoriale. I vincoli posti per la tutela ambientale quasi mai sono limitati ad un unico Comune, ma riguardano un ambito territoriale di carattere sovracomunale assai più ampio.
Voglio dire anche qualcosa sulla politica urbanistica. Scusate se adesso uso delle esemplificazioni e immaginazione per andare più in fretta.
Ho l'impressione che l'Assessore Maccari in questa Giunta si sia predisposto a giocare il ruolo di Rambo il vendicatore. Non sto a rilevare i possibili contrasti tra urbanistica e territorio, che fra i due documenti non c'è raccordo, ma sorvolo.
Maccari arriva in Consiglio regionale, diventa Assessore e la prima questione che ci propone è la revisione totale della legge 56. La stronca anche nel suo giudizio e la stronca impropriamente.
La stroncatura è superficiale ; mi consenta Assessore, forse non l' ha scritto lei, ma allora mi preoccupano le persone che l'aiutano perch quella parte è davvero culturalmente molto carente.
Si dice che è una legge che non ha funzionato perché soltanto il 40 dei Comuni ha approvato il Piano Regolatore ai sensi della legge 56, dai dati che non sono recentissimi, quindi forse oggi sono migliorati, so quanta sollecitazione ha posto sempre il Presidente Viglione in questa direzione e risulta che il 40% dei Comuni, quindi più, di 500 Comuni, hanno il Piano Regolatore approvato con la legge 56.
E' una legge che ha appena sette anni di vita, eppure molti Comuni fra i quali quasi tutti i maggiori,escluso Torino, hanno un piano regolatore approvato ai sensi della legge 56.
Io non ho mai condiviso l'impostazione della legge 56, però non mi permetto per questa ragione di dire che la legge 56 ha fallito. Quando il contesto politico amministrativo riesce ad utilizzare una legge promuovendo la formazione e l'approvazione di più di 500 piani regolatori, soprattutto quelli dei grandi Comuni, credo che non abbia fallito.
Non sono notizie recenti e l'Assessore Maccari potrebbe darne di più aggiornate, ma i Comuni che hanno approvato il piano regolatore, ai sensi della legge 56, sono 889. Ha fallito una legge che è stata per 7 anni la base per una politica di rinnovo degli strumenti urbanistici nella Regione per cui 900 Comuni hanno un piano regolatore? La si stronca superficialmente dicendo appunto che ha solo promosso il 40% di nuovi piani regolatori.
Torino, secondo me, non supererà le difficoltà, se non facciamo quel piano territoriale operativo regionale, di carattere direttivo con una responsabilità non comunale ma regionale. Nella relazione si parla di Caselle, Settimo, Collegno e Nichelino. Comuni che non hanno il piano regolatore secondo la legge 56. Mi stupisco di questo, perché questi Comuni hanno comunque operato nell'ambito della legge 56, avevano dei piani regolatori non vecchi, li hanno aggiornati sulla base dell'art. 90 della legge 56, e di fatto hanno uno strumento urbanistico, hanno un piano regolatore approvato con la legge 56. Questa stroncatura mi sembra allora strumentale. Dove vuole andare a finire? Deve sapere, Assessore Maccari che in questo Consiglio regionale la legge 56 è sempre stato l'emblema del partito socialista e non solo di Astengo.
Giustamente i compagni socialisti, nonostante le critiche che ciascuno poteva apportare, hanno individuato in quella legge la grande qualità dell'apporto che il partito aveva dato attraverso un proprio componente.
Sono favorevole al fatto che si dica che la legge 56 va riconsiderata ma, vorrei che si dicesse con chiarezza entro quali limiti e con quali obiettivi. Qui la chiarezza non c'è.
Da quello che si legge nel capitolo dell'urbanistica emerge che in sostanza si vogliono allargare le maglie. La questione delle procedure faticose è vera fino ad un certo punto, Consigliere Brizio, la guardi anche con un distacco storico. Con tutte le procedure faticose in 7 anni 500 e più Comuni hanno approvato il piano regolatore. E' stata una fatica anche temporale, ma certamente non così drammatica e traumatizzante.
Vorrei che si ragionasse su queste procedure e si vedesse come si possano ancora migliorare i meccanismi, non solo temporali, ma anche di merito, attraverso cui si opera l'approvazione dei Piani Regolatori.
Dobbiamo affrontare questo problema per avere la completa conoscenza e trasparenza, come vengono determinati e di come procedano gli iter di approvazione dei piani regolatori.
Il CUR è oramai diventato una macchina difficile da governare e difficile da riportare all'essenza di un controllo urbanistico. Oramai si stanno intrecciando interessi di membri esterni del CUR con interessi di tipo professionale, non dico sul piano corruttivo. Quando un professionista opera in una rete professionale, anche se non fa i piani regolatori, è legato dalla sua natura di carattere professionale e questo legame finisce per diventare pesantissimo, tanto che ho la sensazione che la presenza esterna al CUR di membri e i loro naturali rapporti con l'esterno stiano diventando prevalenti e soffocanti sulle posizioni dei funzionari interni.
Non si possano risolvere questi aspetti facilmente dicendo "decentriamo il CUR alle Province" perché le Province troveranno questi stessi problemi anche in misura accentuata, proprio perché il rapporto di vicinanza e di espressione degli interessi locali saranno più immediati, avranno un ruolo sul piano elettorale e politico anche più incidente.
Quindi non sono sfavorevole a rivedere la legge 56, ma con cautela, con chiarezza, con grande trasparenza. Chiedo intanto la trasparenza per conoscere come vanno le cose nell'Assessorato all'Urbanistica. Nessun Consigliere regionale sa a che punto è l'iter di un piano regolatore.
Come Presidente della Commissione ho mandato una lettera all'Assessore Maccari due o tre mesi fa, ma non ha ricevuto risposta. Non voglio polemizzare su questo piano, ho detto che voglio intervenire cercando di conoscere i contenuti di merito nel corso dell'iter di approvazione, perch ciascuno di noi sappia cosa si sta discutendo e cosa si sta approvando.
Io non sarei per accelerare troppo gli incarichi a rivedere la legge chissà in quale modo, ma a fare un ampio dibattito e a costruire condizioni operative valide, perché il Consiglio possa fare esperienza di quello che è avvenuto, sul piano degli iter procedurali e sul piano degli effetti di contenuto che i piani regolatori hanno determinato.
E' quindi necessario che il Consiglio regionale prima di parlare di revisione della legge 56 abbia le condizioni qualitative di metodo necessarie per poterci ragionare.
Non intervengo più sull'edilizia residenziale, mi dispiace Assessore Genovese, perché tutti mi fanno segno di finire.
Voglio solo dire che condivido la sostanza del documento in quella parte. Attraverso una formulazione, pur burocratica della politica della casa, traspare l'essenza sociale che sta dietro a questa politica. Non a caso si indicano degli orientamenti prioritari di intervento, la politica che viene indicata è piegata ad andare a risolvere i problemi sociali, di cui non si parla nemmeno tanto, ma nella sostanza si rilevano per le indicazioni operative che si formano.
Avrei voluto parlare anche dei trasporti e della viabilità. Dico soltanto che li è riportato ampiamente già un programma e in questo senso non mi dispiace. E' il settore dove più esplicitamente si fa riferimento a documenti di piano già esistenti. Certo, si richiamano delle iniziative senza avvertire che non sono affatto finanziate, che sono nei grandi programmi nazionali e che quindi andranno largamente al di fuori della prospettiva di operatività di questa Giunta.
Non mi convince, non quello che l'Assessore Cerutti scrive, ma il suo comportamento. Lo dico qui e l'ho detto altrove. Ieri ho fatto un'interruzione che a molti è parsa intempestiva, ma chiara. Ho avuto la tempestività di capire dove andava a parare. Qui mi sembra che invece di Rambo si tratti di un Rocky, un pugile che sta per abbattere tutti. Direi anche ai componenti della Giunta di stare attenti perché alla fin fine possono trovarsi al tappeto. Ieri ne è stata data una dimostrazione, non è l'unica.
Assessore Cerutti, il suo comportamento di ieri è un comportamento che tende ad andare in senso contrario ad una politica di programmazione, ad una politica di collegialità. Un atteggiamento operativo che finisce con lo scavalcare, impedire la programmazione e deformarla, l' ha avuta anche per le ferrovie e rischia di averla nella viabilità. In queste settimane è molto solerte a venire in Commissione, ma il suo attivismo, proprio da Rocky sul ring, rischia davvero di impedire ad una Giunta di essere collegiale e rischia davvero di ragionare in termini di programmazione e di pianificazione.
Voglio poi dire non in termini moralistici che attraverso un legame di partito che dal Ministero a qui e da qui magari ad Assessorati provinciali e così via, nel settore delle opere pubbliche, rischia di esautorare le assemblee elettive e far diventare questo ambito di competenze importanti della Regione una competenza a lato, una competenza che vive altrove.
Quindi raccomando di evitare rischi e di mantenere fede invece alla fase attuativa della programmazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.
FERRARA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito al quale ho assistito solo questa mattina, ma che certamente si è svolto anche ieri dimostra l'importanza che ha la presentazione di un programma in un Consiglio regionale, un programma sia pur non previsto da norme e da regolamenti, ma che tuttavia consente di costituire un importante momento intermedio tra quella che è stata la presentazione della Giunta delle linee programmatiche e quello che dovrà essere invece il discorso più ampio, più complessivo, di carattere strategico che dovrà avere invece il piano regionale di sviluppo.
Noi crediamo che abbia un grande significato politico la presentazione di questo programma, che depone anche a favore, a nostro giudizio, di questa Giunta, anche per i tempi nei quali viene presentato. Si è fatta polemica dicendo che c'erano ritardi di una settimana, dieci giorni, un mese di ritardo o cose di questo genere. A me pare invece che i tempi siano uno degli elementi più importanti, più qualificanti di questo programma, in quanto sono tempi che vanno quasi a sovrapporsi rispetto a quello che sarà il dibattito sul bilancio, sulla presentazione del primo assestamento di bilancio, che poi sarà il vero bilancio con le scelte politiche che farà questa Giunta, che mi pare possa dare congruenza, consistenza, validità alle indicazioni programmatiche che nel documento di programma vengono presentate.
In sostanza mi pare che presentare un programma e subito dopo presentare un bilancio che tenga conto di questo programma, faccia si che non sia appeso, come forse qualcuno ha detto, ad un filo fuori dalla realtà, ma sia il modo più efficace è valido per calare queste linee programmatiche della Regione in quella che è la realtà operativa che la Giunta si accinge a proporre.
E' un programma diverso, forse, da quelli cui ero abituato (ho un'esperienza non di carattere Regionale): i programmi che avevo sempre visto, erano i programmi veramente con toni miracolistici, con grandi slogan, Torino magnifica.
Siamo stati troppo abituati a slogan, questo è invece un documento che mi pare parta da una valutazione di carattere oggettivo della situazione e della realtà industriale piemontese e da un'attenta ricognizione dello stato di salute dell'ente Regione come macchina organizzativa, ma soprattutto come risorse finanziarie a disposizione di questo ente.
Il Piemonte è stato caratterizzato in questi ultimi anni da un'industria privata che ha saputo reagire alla crisi mondiale che, alcuni anni fa, ha colpito le economie occidentali e Torino in modo particolare trattandosi di- una città con un'economia monoculturale legata al settore dell'auto, proprio quel settore che ha avuto la maggior incidenza rispetto alla crisi energetica.
Rispetto a questa grave crisi, che ha colpito la nostra regione l'industria privata in questi ultimi anni ha saputo ricreare condizioni di profitto, di efficienza ha saputo ricreare le premesse per una nuova espansione del suo sistema.
Di fronte a questa situazione, che ha caratterizzato la parte privata imprenditoriale dell'economia sta una macchina politica burocratica, che non è stata in grado di adeguarsi a questi processi.
Io credo che la funzione dell'Ente pubblico sia quella di controllo, di programmazione e di stimolo dell'attività della società dell'imprenditoria, dell'economia in genere, ma che essenzialmente nei momenti di crisi le attività di programmazione e di controllo devono essere in qualche modo secondarie rispetto alla funzione di stimolo alla ripresa.
Ebbene, questo non ci pare ci sia stato nell'attività degli enti pubblici territoriali. Molte volte questi enti pubblici hanno fatto poco: lamentazioni continue nei confronti dell'attività del Governo; hanno provveduto rispetto a determinate situazioni con provvedimenti di carattere assistenziale; non sempre, però, hanno saputo dare una prospettiva strategica, di più lungo periodo rispetto al sistema privato che attendeva dall'ente pubblico delle indicazioni; dei traguardi, degli obiettivi da raggiungere. Gli enti pubblici non hanno saputo creare le condizioni, le premesse, le strutture capaci di dare delle indicazioni al sistema imprenditoriale.
Si parlava prima del piano regolatore di Torino; nel programma- del 1975, presentato dalla prima Giunta Novelli, si diceva che il piano regolatore doveva essere attuato in breve tempo; non c'è ancora neppure il progetto preliminare del piano regolatore, ma non è solo questo, non c'è neppure il piano del comprensorio di Torino, ma anche altre cose più ridotte, più limitate, certe partecipazioni della Regione.
Credo che la PROMARK possa e debba svolgere un ruolo importante per lo sviluppo dell'economia del Piemonte e mi chiedo se veramente questo ruolo sia stato stimolato, siano stati fissati degli obiettivi a questa società oppure non si è lasciato in piedi questa società nel tran tran quotidiano molte volte inutile, per le esigenze della Regione Piemonte.
Leggendo il programma, che la Giunta ci ha presentato, a noi pare che questa prospettiva venga in qualche modo individuata. Esiste nel programma la coscienza che il sistema industriale complessivo si è mosso nella direzione giusta che si trova ancora a metà del guado e che occorre procedere con la partecipazione attiva della Regione per superare definitivamente tutte le contraddizioni ancora oggi presenti.
Questa scelta - ed è un giudizio politico particolarmente positivo viene fatta nella consapevolezza della situazione finanziaria dell'ente Re gione. E' una caratteristica che già abbiamo avuto modo di individuare quando si è presentato il bilancio di previsione del 1986 e che riconosciamo ancora alla Regione aver fatto una fotografia e aver fissato è uscito un documento ufficiale - in Lit. 280 miliardi il deficit che purtroppo questa Giunta si trova ad ereditare.
Questo il quadro complessivo nel quale si muove il programma che stiamo discutendo.
Non credo di dover entrare nel merito delle singole politiche fatte e indicate nel programma, ma per il grosso impegno finanziario che rappresenta per la Regione e per la grossa importanza che ha nello sviluppo della regione stessa vorrei soffermarmi sull'impegno perla formazione professionale.
Dai dati che sono disponibili, sulla base delle ricerche effettuate dall'Osservatorio regionale del mercato del lavoro, emerge che solo una piccola parte di giovani, che escono dai corsi regionali di formazione professionale di primo livello, trovano un lavoro.
E' un dato agghiacciante, se pensiamo che la Regione ha invitato i giovani a partecipare ai corsi, dispensando in qualche misura anche delle illusioni, ricercando il loro impegno, ma con quali risultati? Col risultato di aver riprodotto persone dequalificate, di aver gettato al vento preziose risorse regionali.
C'è un altro elemento incredibile che emerge da questo studio: si è appreso che, anche se siamo in presenza di persone che alla fine del corso di formazione hanno trovato lavoro, comunque l'aver conseguito quel diploma è un elemento irrilevante ai fini dell'ottenimento di questo lavoro. Mi chiedo se è questo il ruolo dell'ente Regione.
Ma è proprio dalla formazione professionale che proviene un'indicazione, un esempio per il futuro: il Centro Ghiglieno produce il 100 % di occupati al termine dei corsi di formazione. Se è vero che la Regione ha delle risorse limitate, ed è certamente vero; se è vero che ha competenze limitate, ed è anche questo vero, può agire nel sistema complessivo attuando una seria politica di formazione professionale, che è senz'altro lo strumento più diretto, più immediato ed anche efficace per il conseguimento di questi obiettivi.
Non c'è l'Assessore Alberton, mi dispiace, altrimenti avrei fatto giungere all'Assessore il sostegno che il PRI da ad un'azione di riqualificazione dei corsi, sapendo che occorre anche vincere le resistenze e le difficoltà che ci sono. In un'azione di questo genere il PRI si porrà dalla parte di chi assumerà questa iniziativa.
Esiste il problema della politica territoriale, credo che gli Assessori risponderanno ampiamente alle critiche che sono state mosse. La politica territoriale appare oggi la chiave attraverso la quale possiamo influire positivamente sui fenomeni di mutamento in atto in Piemonte.
Si tratta di raccogliere le vocazioni delle nostre aree e di rinforzarle, siano esse vocazioni a produzione industriale o turistica o agricola, eliminare le disparità e gli squilibri nei e tra i diversi settori, agendo uniformemente per l'ammodernamento dell'arretratezza, per una qualificazione degli interventi, scoprendo anche la valenza di settori finora ampiamente inesplorati.
Mi pare che la vocazione naturale di certe aree industriali o turistiche non possa essere sempre e solo oggetto di affermazioni generiche, ma debba trovare una politica concreta di effettiva crescita e sviluppo anche sapendo che facendo delle scelte si potranno creare delle difficoltà per quelle zone, quelle aree, quegli ambienti che da queste scelte non sono stati toccati.
C'è ancora un punto del programma che mi pare importante ed è quello che si riferisce all'ambiente. La questione ambiente, partendo appunto dalla realizzazione del decreto Galasso.
Mi dispiace che alcuni gruppi politici che sono vicini a questi temi non abbiamo rilevato questo aspetto, rafforzando forse le proposte di difesa di questa legge, rispetto ad altre pressioni tendenti ad annullarne gli effetti. Certamente ha ragione Rivalta, in Piemonte la politica di pianificazione non è una questione che parte da zero, alle nostre spalle e nel presente si è verificato un dibattito politico approfondito e circostanziato. C'è una base di crescita culturale ampiamente diffusa tra la popolazione, una sensibilità che le scelte programmatiche della Giunta hanno voluto confermare, per accrescere ulteriormente la consapevolezza su un patrimonio per il futuro e già oggi determinante.
L'applicazione- della 431 in Piemonte deve avvenire su linee di estrema correttezza: non è senza problemi, anzi problemi ce ne sono e ce ne saranno molti, alcuni anche oggettivi dovuti alla disponibilità della Regione.
Prima Rivalta parlava della difficoltà degli uffici a produrre dei documenti: ebbene la Regione avrebbe bisogno, per poter attuare meglio quanto previsto da questa legge, di cartografie in scala 50.000, ma purtroppo debbo dire che il problema del Cartografico, che se ha fatto parlare molto e sta facendo parlare molto, evidentemente ha però prodotto molto poco.
C'è infine una parte importante del programma della Regione che si riferisce al turismo. Gli ultimi dati dell'ISTAT sull'andamento del turismo in Piemonte mostrano un leggero miglioramento rispetto agli altri anni, è tuttavia chiaro che questo incremento di presenze non rimuove ancora i limiti strutturali e le deficienze che ostacolano l'apertura di una politica turistica regionale, capace di incidere per dimensione sulla nostra bilancia.
L'impostazione programmatica della Giunta è conscia di questi problemi infatti si specifica chiaramente l'obiettivo di sostenere il miglioramento qualitativo e quantitativo dell'offerta strutturale di servizi turistici.
Le larghe interconnessioni di questo settore sono evidenti, quanto il suo potenziale in termini economici e occupazionali. E' un settore sul quale l'Ente potrà incidere in maniera marcata contribuendo concretamente al miglioramento del Piemonte.
Mi pare che gli obiettivi, gli strumenti che sono inseriti nel programma diano delle indicazioni abbastanza confortanti.
Un'ultima nota sul problema del commercio per dire che le linee programmatiche indicano alcuni obiettivi precisi, mi pare, che devono essere seriamente perseguiti. La modernizzazione del settore del commercio è un requisito fondamentale per la modernizzazione dell'intera Regione.
Occorre valutare seriamente il rapporto fra commercio tradizionale e grande distribuzione, tenendo presente la peculiarità, la storia, le tradizioni che il commercio ha in Piemonte, ed evitare scelte precipitose dell'ultima ora, che forse hanno caratterizzato l'attività della precedente amministrazione e che certamente non hanno contribuito a creare le premesse di un'armonica integrazione delle diverse .tipologie.
Nel programma non c'è tutto, si dice, mancano delle cose; è vero. Nel dibattito di ieri è stato detto che non si parla della FIAT. Ebbene, non si parla della FIAT perché questa Giunta non si pone nei confronti della società con antagonismi o con sudditanze.
Non vedo per quale motivo si debba considerare la FIAT un elemento separato, e non invece una parte, seppure importante, di quello che è il sistema complessivo, sociale, culturale e produttivo, che è il destinatario di tutto questo programma e che comporta anche, certamente, delle posizioni, degli atteggiamenti nei confronti della FIAT; mi pare però che sia fortemente riduttivo fare un capitolo FIAT.
Un'altro capitolo è mancato rispetto alle critiche che si sono mosse.
Ed è il capitolo "questione morale". Su questo punto devo dire che abbiamo più preoccupazioni perché la questione morale è stata sempre considerata seria e fondamentale dal partito, repubblicano. Ricordo che quando Spadolini aveva assunto la Presidenza del Consiglio aveva posto l'emergenza morale al primo posto. Esiste questa emergenza morale; non crediamo che sia sinonimo di moralismo, ma che sia una cosa più seria essenzialmente un fatto che si verifica nei comportamenti. Non si risolve la questione morale facendone un capitolo, dicendo che non si deve rubare che si deve essere corretti, sono tutte cose che diamo per scontate.
Mi dispiace che non ci sia il Consigliere Rivalta, che, quando abbiamo discusso- la scorsa settimana - sullo stadio, sostenne non doversi lasciare nelle mani di chi vuole fare affari la gestione del territorio.
Credo che questa sia un'affermazione gravissima, che o ha senso, e allora deve andare oltre, o non ha senso, e allora, a mio giudizio, rientra nella questione morale.
BONTEMPI Era riferita allo stadio e a quello che abbiamo paventato essere l'assalto di affaristi del mondo del calcio: questo era il significato. Se no, sta tranquillo, non si farebbero affermazioni del genere.
FERRARA Credo di aver annotato abbastanza bene, non penso sia così.
Leggeremo sul verbale, se è un errore il problema non si pone. Se invece, come io credo, non è un errore, ma è un'affermazione precisa riferita a chi oggi gestisce la politica del territorio a Torino, quello che ho detto è confermato. Non credo, comunque sia il caso di affrontare questo, basta verificare il verbale e sapremo qual è la verità.
BONTEMPI Non ci sogniamo di fare un'affermazione del genere. 0 abbiamo degli elementi o facciamo bene attenzione. Nei confronti di nessun Assessore ci sogniamo di dire questo.
FERRARA Consigliere Bontempi, non c'è problema, perché se dal verbale risulta che non è vero quello che ho detto, chiedo scusa ufficialmente, ho sbagliato.



PRESIDENTE

Adesso vediamo il verbale, c'è la macchina della verità.
FERRARA Tornando invece al dibattito nostro, mi pare che il problema della questione morale sia contenuto in questo programma, là dove fa il punto preciso di quella che è la situazione finanziaria,, dove in sostanza rimuove l'errata valutazione nella quale era indotto il Consiglio regionale. Noi crediamo che la questione morale la si risolva con un atteggiamento serio, concreto di collegialità del lavoro della Giunta. Si parla di questione morale là dove si indica un ruolo centrale del Consiglio regionale; è questione morale fare in questo dibattito, nel dibattito del Consiglio regionale, mi auguro più ascoltato, forse, di quanto non avvenga normalmente, una vera attività di controllo, di verifica, di quella che è l'attività della Giunta.
Sicuramente, se verranno fuori delle situazioni meno che chiare, non ci saranno maggioranze o minoranze, ma il P.R.I., certamente, sarà dalla parte di chi vuole accertare, comunque, la verità e colpire chi, di chiunque si tratti, avrà comportamenti men che corretti.
Rientra sempre nella questione morale, e tengo a riaffermarlo, il problema della legge sulle nomine. E' una legge importante e significativa che può creare delle difficoltà di avviamento, ma che certamente costituisce un qualche elemento per accertare la competenza, la serietà delle persone preposte a guidare settori, società, enti, comitati nei quali la Regione ha un suo ruolo.
Nel corso dell'attività di questo Consiglio regionale avremo modo di meglio approfondire i vari aspetti del programma.
In merito al documento presentato un'ultima osservazione.
Un buon programma che non va avanti, non è un buon programma. Da una parte c'è un problema di efficienza dell'attività della Giunta, e dovremo evidentemente stimolarla, ma siamo certi che essa si muoverà in questa prospettiva di dare corpo e gambe al programma che ci ha presentato.
Ma ci sono anche altre situazioni, che a mio giudizio sono da rimuovere; sono tutta una serie di condizionamenti, di vincoli che caratterizzano l'attività pubblica, gli enti pubblici in genere, quindi anche dell'ente Regione.
Occorre operare, e credo anche in questo caso, al di fuori di quello che è il rapporto maggioranza-opposizione, ma in un rapporto così, quasi istituzionale, per individuare quelli che sono i condizionamenti, i vincoli, gli impedimenti ad una rapida ed efficace amministrazione e trovare tutti insieme il modo di superarli. Partendo da alcune situazioni che già si sono verificate, la pletorizzazione di comitati, enti consultivi che caratterizzano la Regione, che di fatto ne paralizzano l'attività.
Un ultimo punto è quello che si riferisce ai rapporti di questo Consiglio regionale. La Giunta ha svolto un'intelligente e importante riflessione sulle politiche della scorsa legislatura; con l'analisi finanziaria ha messo in luce le valutazioni errate, gli sbagli fatti di alcune spese.
Il programma delinea chiaramente qual è il campo di diretta competenza regionale, quali le possibili azioni, facendo giustizia di quella politica un po' interventista e conflittuale emersa negli anni scorsi e che non ha prodotto risultati utili.
La Giunta ha detto inoltre, sempre chiaramente, quale patrimonio di idee, di attività e lavoro svolto nella scorsa legislatura è recuperabile rivedibile in una chiave di continuità. E' manicheo dire che tutto quello che ha fatto la precedente Giunta è sbagliato, tutto quello che proponiamo oggi è giusto. Non è certamente l'atteggiamento di questa Giunta e nemmeno del partito Repubblicano; è altrettanto manicheo, però, ritenere che tutto quanto c'è di giusto in questo programma è perché è la continuazione del vecchio e tutto quanto c'è di sbagliato è qualcosa di innovativo e di nuovo rispetto al vecchio.
E' importante che questa politica avvenga sempre nella chiarezza perché il confronto espresso in questi termini, per quanto chiaro e franco,produce sempre dei risultati e dei cambiamenti. Una delle cause endogene del sistema bloccato della democrazia italiana è la mancanza di un confronto chiaro responsabile da entrambe le parti che distinguono la maggioranza dall'opposizione. Il risultato è conosciuto, si chiama immobilismo. Un male che corrode la democrazia, la distrugge nella peggiore delle maniere.
Il Governo dovrà sempre ricercare di essere aperto, disponibile al confronto nelle sedi istituzionali e recepire quelle idee e iniziative legislative in grado di contribuire ad un Piemonte migliore. Qualunque arretramento rispetto a questo atteggiamento non troverà certamente la voce consenziente del P.R.I.
L'opposizione, e essenzialmente il Partito comunista, può giocare un ruolo determinante anche sulla scorta dell'avvenuta esperienza di Governo regionale: ciò che ci distingue, forse, da quella che è la situazione bloccata a livello nazionale è che esiste in questo Consiglio regionale una possibilità di alternanza, che deve costituire un elemento di stimolo rispetto all'attività della Regione come ente nel suo complesso.
L'attività dell'opposizione del Partito comunista dovrebbe essere svolta sulla base dell'esperienza passata nel valutare politiche migliorative o alternative, ma sempre escludendo il confronto pregiudiziale, superideologizzato che non porta alla crescita, ma al regredimento culturale e politico.
Un confronto politico da svolgersi tenendo ben chiare e presenti le compatibilità, la situazione reale e le possibili situazioni ancorate in una prospettiva di riforma, motivi che accresceranno il ruolo istituzionale del nostro ente ancora abbastanza giovane.
E' stato detto che un limite di questa maggioranza è nell'ampiezza dei suoi numeri: non sono d'accordo. Molte volte negli anni passati ho detto che la forza e la debolezza delle precedenti maggioranze era proprio dovuta al numero-che determinava l'indisponibilità al confronto, indisponibilità oggettiva, vera, che c'è stata negli anni passati. Visto che per cinque anni ho dovuto rimproverare un atteggiamento di questo genere, oggi che si sono mutate le condizioni non mi porrò certamente nella posizione di fare la stessa cosa: la forza dei numeri è sufficiente e necessaria per procedere, ma la capacità di usare questa forza per confrontarsi serenamente con l'opposizione è il requisito essenziale perché l'attività complessiva della Regione possa avere un significato positivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.
CARAZZONI Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Giunta, nel lungo dibattito che ieri qui si è svolto sugli indirizzi politico programmatici presentati dal Governo regionale noi abbiamo ascoltato molti e documentati interventi su aspetti singoli e particolari del programma e altri ne abbiamo sentiti stamattina.
Quello di Rivalta ad esempio, che, bontà sua, era partito dicendo che questo documento non offriva grandi spunti all'esame, ma che poi è riuscito a dire molto lunghe e peraltro interessanti cose.
Noi non ci soffermeremo invece su aspetti specifici, su singoli capitoli del documento, essendoci piuttosto riservati il compito di tentarne un giudizio di sintesi, globale e riassuntivo.
Compito, in verità, alquanto dif-ficoltoso, poiché - come ci proponiamo di dimostrare - questo programma offre differenti chiavi di lettura anche a chi, come noi, si collochi all'opposizione dell'esecutivo che lo ha proposto: non si deve, cioè, sopravvalutarlo per le annunciate buone intenzioni (che comunque, sono troppe e tutte molto generiche); ma neppure si può, al tempo stesso, respingerlo acriticamente, a scatola chiusa, senza farlo oggetto di una qualche riflessione particolare.
E vogliamo cominciare proprio con un riconoscimento (che sarà anche l'unico, non si illuda la Giunta) che sentiamo di dover dare per onestà intellettuale e perché, liberi come siamo, tranquillamente crediamo di poter attribuire anche ad una formula, ad un governo, ad una maggioranza che pur non godono della nostra simpatia e che, di conseguenza, intendiamo contrastare con fermo rigore.
Vi è, nella premessa di questo documento, una affermazione di principio che a noi è parsa molto significativa, anche se non l'abbiamo vista ripresa negli interventi che ci hanno preceduto. La dichiarazione, cioè, che si vuole mettere (citiamo testualmente) "al centro dell'azione quotidiana" la risorsa "uomo", dal giovane che non intravede ancora un futuro, all'anziano ormai emarginato dalla società. Ebbene il Presidente Beltrami ci vorrà dare atto di questa sottolineatura che noi riteniamo di fare proprio perché è una dichiarazione che ci ha favorevolmente colpiti.
Pensiamo che non sarà facile "umanizzare" questo sistema politico e costruire, come si dice di voler fare, una Regione a misura "d'uomo".
Pensiamo, anzi, che proprio a causa di questo sistema politico - il proposito sia destinato a rimanere chimerico. E, tuttavia, il fatto che assoluta novità rispetto ad altri documenti programmatici recenti o remoti si sia scelto di esprimere un simile concetto, anche se soltanto a livello di intenzioni, è cosa che, da destra, crediamo di non poter lasciare passare sotto silenzio: questo riconoscimento all'homo faber, questa rivalutazione dell'uomo quale elemento centrale dell'attività politica questa valorizzazione delle potenzialità e delle capacità umane pur nell'epoca delle rivoluzioni tecnologica e robottistica; questa impostazione, insomma, che passa al di sopra di tante massificazioni oggi di moda ricorrenti, potrà si essere, come dicevamo, soltanto un'aspirazione o velleitaria o accademica, ma è anche, in punto di principio un'affermazione che proprio la destra, con la sua concezione spiritualistica della vita e della politica, non può non condividere.
Vi sono tuttavia accanto a questa novità, che abbiamo giudicata degna di sottolineatura, altre vistose carenze, presenti già nella premessa del documento; sono carenze che con la medesima imparzialità usata noi dobbiamo fermamente denunciare. Non si fa parola della "questione morale" di cui hanno parlato ieri i Consiglieri Bontempi ed Ala e che - è vero collega Ferrara - non si risolve attraverso l'istituzione di un capitoletto nel programma; ma che pure andava ricordata, come affermazione di principio se non altro, in una Regione come la nostra squassata da scandali di cui abbiamo tutti triste e fresca memoria: non si poteva e non si doveva dimenticare.
Questa lacuna è tanto più sorprendente se si pensa che a rendersene responsabile non è stata la maggioranza di sinistra che da quei scandali fu travolta e che avrebbe avuto quindi un buon motivo per tacere sull'argomento, ma è proprio la nuova maggioranza, quella che è andata al potere per portare - così ha dichiarato nell'elezioni del 1985 - una ventata di moralità all'interno delle screditate istituzioni.
Ora, delle due l'una: o il pentapartito si è semplicemente dimenticato della "questione morale", dando così prova in questo caso di grossolana insensibilità, addirittura offensiva per le attese e le speranze di tutti quegli elettori che nel maggio dello scorso anno avevano voluto con il loro voto dare un segno, voltare pagina, rispetto all'esperienza delle "giunte rosse"; oppure il pentapartito, sorvolando sulla questione morale, ha ceduto una volta di più ad un interno compromesso, tanto per non urtare la suscettibilità di una sua componente, vale a dire quella del P.S.I - lo diciamo anche noi chiaramente - che faceva parte nella precedente legislatura di una maggioranza di segno opposto all'attuale e che in questi scandali ebbe a rimanere pesantemente compromesso.
Ma, detto questo e pur volendo continuare .ad essere obiettivi, cosa potremmo ancora aggiungere in merito al programma presentatoci dal Governo regionale? Poco e molto insieme, e non stupisca la contraddizione di questi due termini. Infatti, secondo noi, tutto il documento è sottilmente ambiguo, anzi diceva molto bene il collega Ala definendolo "sfuggente" ispirato com'è da una filosofia che, mentre da un lato punta ad accreditarlo come progetto programmatico e realistico, dall'altro poi lo trasforma in una "summa" di tutte le esigenze presenti e future del Piemonte. E, dunque, sotto che aspetto dovremmo considerarlo? Ha l'abilità (ma forse è astuzia) di proporsi - e lo si sottolinea a più riprese - quale "documento di indirizzi", quale "tappa intermedia verso il piano regionale di sviluppo", quale "traccia di lavoro non ancora ben definita", quale "schema di orientamento per il futuro", insomma come una relazione apparentemente ammantata di modestia (ma sostanzialmente come vedremo in seguito, di falsa modestia) soltanto introduttiva ad un discorso più ampio ad impegni più precisi, ad un programma più organico.
La qual cosa, sia detto per inciso, lascia pur sempre l'amaro in bocca poiché, dopo sei mesi di paralisi pressoché totale, questa avrebbe dovuto essere e avrebbe potuto essere la prima occasione per un serio confronto fra maggioranza e opposizione. Ma pazienza, ci diciamo: il nuovo Governo regionale si dibatte tra mille difficoltà, composto com'è da forze politiche provenienti da esperienze diverse; è finora rimasto immobile, non ha saputo dar prova della sua esistenza, ha concluso poco o nulla.
E tuttavia adesso dimostra tanto senso di responsabilità da varare non il solito "libro dei sogni", ma un suo orientamento finalmente definito pratico non utopico, realizzabile a tempi brevi. Così proseguendo, uno si predispone a leggere questi indirizzi politico-programmatici che, per stessa limitazione dei proponenti, debbono, per il momento almeno, soltanto individuare poche, fattibili cose.
Se nonché - ed ecco dove viene a galla la sottile ambiguità di cui parlavamo prima - lette le prime 10 pagine e scorrendo le restanti 180 ci si accorge che questo non è esatto. Il documento infatti è tutt'altro che riduttivo: elenca tutti i problemi che da anni e da decenni assillano il Piemonte, dando però l'impressione che sia la prima volta che vengono scoperti, esposti, analizzati; questo naturalmente per merito del pentapartito! Ed allora come collocarsi di fronte ad una simile serie di cose risapute, di verità note, di rilevazioni ormai generalmente acquisite?, Chi potrebbe negare l'esattezza - a parte le osservazioni polemiche ieri sollevate dal collega Amerio e alle quali attendiamo con curiosità sia data risposta da parte della Giunta - dello stato di salute della società piemontese, quando innumerevoli diagnosi, fatte attraverso analisi, studi e ricerche sono già venute a dimostrarci che il Piemonte sta vivendo un periodo di profonda trasformazione sociale ed economica; che si va verificando una radicale innovazione delle strutture produttive; che il settore del terziario avanzato sta dimostrando una sempre maggiore intraprendenza? Per essere informati di tutte queste realtà, non avevamo certo bisogno di attendere il documento della Giunta regionale! Piuttosto ci attendevamo che ci si dicesse qualcosa, cioè che ci si venisse a disporre un disegno politico programmatico sul problema occupazionale, che da tutte queste innovazioni e trasformazioni è stato drammaticamente accentuato e che rappresenta oggi senza dubbio la più grave emergenza piemontese.
In particolare ci attendevamo anche noi che venisse almeno delineato quel rapporto-confronto che si intende avere con la Fiat, sembrandoci addirittura assurdo che a Torino ed in Piemonte potesse passarsi sotto silenzio la presenza di questa che è la massima industria italiana, con la quale, collega Ferrara, - volenti o nolenti - bisogna pur convivere; ma nei confronti della quale sarebbe responsabilità pesante non avere una propria strategia autonoma e ben definita.
In questo quadro quindi non ci sentiamo di condividere le tesi che sosteneva poc'anzi il capogruppo repubblicano.
Ugualmente, riprendendo il filo del nostro discorso, vi è forse qualcuno che si sforzi di negare che obiettivi di fondo di un governo, di qualunque governo non possono altro che essere, proprio come lo stesso documento tiene a precisare con tono cattedratico, il rilancio dell'economia piemontese o un nuovo disegno territoriale o, ancora, il superamento delle emergenze socio-ambientali? Condividendo questi obiettivi ottimali - proprio perché, per la loro evidenza e per la loro rilevanza, non possono che essere condivisi da chiunque e da qualunque forza politica - si dovrebbe allora concludere che il programma del pentapartito è un buon programma? Ma no, il punto è un altro! Perché non basta a qualificarlo un'esposizione diligente anche se reiterata dei problemi esistenti: occorre dire per ciascuno di essi quale soluzione si intende dare, con quali mezzi finanziari si intende provvedere, entro quali termini temporali si pensa di risolverli: Sono questi gli elementi di fondo, che, soli, possono caratterizzare una volontà capacità di governo e, insieme, stimolare confronti e contributi dall'opposizione.
Noi crediamo che, proprio in questa evanescente impostazione, in questa mancanza di progettualità organica e complessiva, a nostro sommesso avviso si riscontrano tutte le contraddizioni, la fragilità e l'inadeguatezza di questi indirizzi politico-programmatici del governo regionale: indirizzi che, enunciati dapprima - in tono quasi dimesso, si allargano poi a ventaglio in una amplissima serie di proposte, teoricamente anche condivisibili, ma per ripiegare infine sulla malinconica ammissione che li si sono indicate soltanto "per memoria", poiché non si sa come poterle realizzare; anzi per dirla con le parole esatte della relazione, che "l'attività della Regione nei prossimi anni dovrà essere sviluppata all'interno di un quadro di riferimento finanziario che, in base alle previsioni attualmente possibili, induce profonde preoccupazioni".
Si, le "giunte rosse", cadute senza lasciare eredità di affetti, in compenso hanno lasciato ben altre e più pesanti eredità. Sul piano morale innanzitutto, con l'immagine della Regione deprezzata, svilita e ridotta ad essere un simulacro di ente cui il cittadino non crede più, disgustato com'è venuto a trovarsi, dai molti episodi di corruzione, inefficienza clientelismo.
Sul piano economico (che è poi quello che ci interessa), con un disavanzo effettivo stimabile attorno ai 280 miliardi, onere che, unito al sistema di vincoli ormai propri della finanza regionale, nonché alle ridotte capacità di indebitamento della Regione, evidenzia l'impossibilità di qualsiasi manovra discrezionale sul versante della spesa di parte corrente ed insieme le difficoltà di finanziare nuovi investimenti.
L'impiego delle risorse libere risulta in gran parte predeterminato e la percentuale destinata a spese fisse (leggiamo nella relazione) è giunta nel 1985 al 64,5%. Nel periodo 1986-1988 le disponibilità sono valutate complessivamente in circa 200 miliardi.
Diceva ieri il collega Tapparo in un intervento, per altro pregevole che non ci si può appiattire sulla giustificazione che mancano i mezzi per poter fare qualcosa, questo almeno il senso di una sua affermazione che ci sembra di avere colto. Collega Tapparo, non ci complimentiamo per questa esposizione di coraggio e di fantasia, però vorremmo sapere di concreto che cosa si può fare in una situazione resa drammatica, resa ancora più pesante dal fatto che il disegno di legge in materia del governo, in materia di finanza, testé approvato alla Camera, dà deludenti risposte alle richieste avanzate dalle Regioni.
Si, attiverà - come promesso alla pag.38 - "tutte le necessarie iniziative presso il Parlamento affinché la riforma della finanza regionale venga approvata rapidamente con l'accoglimento delle proposte formulate dalle regioni".
Si, approfondirà la possibilità di recuperare margini nell'area delle spese discrezionali.
Si, porrà limiti ben precisi alla spesa rigida, in modo da aumentare la disponibilità per investimenti.
Si, tutte intenzioni buone, non c'è che dire: ma, come è risaputo e come un cattolico qual ò il Presidente Beltrami non dovrebbe ignorare, la massima evangelica dice che di buone intenzioni è lastricato l'inferno (la ricordava ieri il collega Benzi).
Noi possiamo prendere atto che il governo regionale si propone affinch il "sistema Piemonte" abbia a riacquistare efficienza e dinamismo, di coinvolgere accanto al pubblico anche il privato (affermazione questa che ci fa particolarmente piacere, ma che abbiamo sentito contestare da sinistra); di interessare il sistema bancario e in particolare i grandi istituti di credito del Piemonte; di aprirsi alla più proficua collaborazione con le realtà rappresentate dalle attività produttive e soprattutto con il mondo delle imprese industriali.
Possiamo prendere atto che il governo regionale mira al rilancio di tutti i settori economici, a cominciare da quello agricolo - con un'agricoltura che dovrà diventare più moderna, imprenditoriale e competitiva - per finire con quello turistico - con un turismo finalmente concepito ed inteso come una vera e propria realtà industriale dalle enormi potenzialità culturali ed economiche. L'Assessore Moretti era Assessore al turismo nella precedente ed in questa legislatura.
Questa affermazione che bisogna darsi da fare per trasformare l'industria turistica ci sembra che sia leggermente in contraddizione con la politica che lo stesso Assessore nel campo del turismo ha svolto in passato, ma questa è soltanto un'osservazione marginale che ci è venuta facile in questo momento.
Possiamo prendere atto che il governo regionale intende sollecitare essendosi nel frattempo appassito, come da noi esattamente previsto, il "fiore all'occhiello" delle "giunte rosse" cioè il Progetto Ignitor (ci è sembrato di vedere poc'anzi sulla porta dell'aula l'ex Assessore regionale Ferrero, è interessante ricordare che abbiamo avuto lunghe discussioni con lui), la localizzazione a Torino di una Agenzia Spaziale Nazionale, non meglio definita, portando avanti la vocazione tecnologica scientifica dell'area torinese, tanto da creare i presupposti di nuove possibilità di lavoro per il futuro.
Possiamo prendere atto che il governo regionale giudica importante il rilancio dell'edilizia in un'intervista rilasciata ad un settimanale della nostra provincia, il Presidente Beltrami parlava con interesse della possibilità, ipotizzava cioè la costruzione di un 18/20mila alloggi in edilizia agevolata e convenzionata, nell'arco di 2 o 3 anni tanto da rimettere in moto il settore edile, tuttora paralizzato dalla "Legge Astengo".
Noi siamo d'accordo con quanto diceva l'Assessore Rivalta, cioè che la Legge Astengo non sia oggi da considerare un totale fallimento, perch qualcosa ha pur fruttato, ma che sia da rivedere, da innovare, da allentare nei suoi vincoli, rimasti farraginosi, questo è sicuramente vero. E' senza dubbio rimarchevole che il governo regionale dichiari di rendersi conto che il cosiddetto "triangolo industriale" ha allargato i suoi confini economici verso Est e che, in questa mutata situazione, Torino rischia di diventare nuovamente periferica in Italia ed in Europa: per cui, bisognerà provvedere a curare più stretti raccordi e integrazioni territoriali con Milano e la Lombardia, se si vuole che il Piemonte riacquisti una sua centralità cosa da divenire veramente area di scambio e di relazione tra il centro Nord ed il Mediterraneo, tra la Valle del Rodano e la Valle Padana.
Possiamo anche prendere atto di tutto questo. Ma è ,proprio partendo da siffatte premesse, cioè dalla constatazione che soltanto di propositi si tratta, ancorché buone, che noi dobbiamo necessariamente concludere che il progetto delineante la strategia del pentapartito è soltanto una dichiarazione d'intenti, generica ed evasiva che contiene gravi carenze o per alcuni settori almeno, totale assenza di proposte; e che ha l'aggravante di risultare in molti suoi punti vago e volutamente indefinito, perché frutto di mediazioni estenuanti tra le forze politiche che compongono il nuovo schieramento maggioritario.
Ci ha allarmato poco fa l'accenno fatto dal Capogruppo repubblicano sulla funzione di stimolo che dovrebbe avere in quest'aula il Gruppo comunista, già forte di un'esperienza di governo, cosa che non si verifica a livello nazionale. Dove vuole andare a parare il P.R.I con questa dichiarazione? Non lo sappiamo. Ma ci sembra che sia alquanto degna di meditazione, perché non ci vogliamo trovare di fronte ad improvvisi ed imprevisti colpi di scena.
Sono le stesse mediazioni, cioè i patteggiamenti, i compromessi, gli equilibrismi (saremmo anche curiosi di sapere come verrà ad essere composto l'incidente di ieri tra Cerutti e Marchini) cui il governo regionale, a somiglianza di quello nazionale è di continuo costretto per far sopravvivere questa precaria alleanza di pentapartito, che finora ha impedito il decollo della IV legislatura, rimasta ferma al palo della ordinaria amministrazione, senza essere capace di produrre una qualsiasi legge importante e qualificante.
Dopo mesi e mesi di grigiore attendevamo la presentazione del programma di questo esecutivo per saggiarne la tenuta, per metterlo alla prova soprattutto per dimostrare nei fatti la caratteristica della nostra posizione, che nell'agosto scorso, scrivendo per "Notizie", così definimmo: "la nostra sarà un'opposizione che condurremo in nome ed in rappresentanza della Destra piemontese, di tutta la Destra, quella che ha votato M.S.I. e quella che, pur non avendolo ancora votato, sentiamo essere a noi vicina cioè di quel complesso di forze civili e sociali che sono state emarginate e soffocate da 40 anni di dittatura dei partiti. Staremo alla opposizione ma la nostra sarà un'opposizione costruttiva, di confronto e di stimolo".
Ecco perché aspettavamo con curiosità e con determinazione questo momento di confronto, ma l'appuntamento è stato, una volta ancora, rinviato dal governo regionale, che ha si licenziato un corposo documento di indirizzi generici, però senza alcuna scelta decisionale e precisa. Anzi per dirla con la collega Cernetti - che forse ha voluto scordarsi volutamente di far parte di questa maggioranza - un documento che denuncia un vuoto progettuale, perché (sono parole della relazione stessa) le scelte decisionali dovranno venire operate nella sede più appropriata, che è quella del Piano di Sviluppo. Attendiamo allora, non senza denunciare da un lato l'occasione perduta dal pentapartito; dall'altro il paralizzante immobilismo che continua ad andare avanti.
Ma nel frattempo, è logico ed ovvio che, anche dall'esame del documento politico sottopostoci, il giudizio del M.S.I-D.N. su questa formula, su questo esecutivo e su questa maggioranza è e rimane motivatamente negativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Questi "Indirizzi politico-programmatici" si caratterizzano, secondo la Giunta che li ha presentati, come momento intermedio fra le linee politico amministrative presentate ad inizio legislatura ed il prossimo Piano regionale di sviluppo.
Momento intermedio, quindi, che dovrebbe costituire per lo meno un approfondimento del primo documento presentato, che invece non è altro che una dilatazione dei buoni propositi elencati all'inizio di agosto. E si parla di buoni propositi sia sui progetti da realizzare sia sulle risorse senza mai indicare chi, cosa, quando e come in modo preciso.
Non è un caso. Per esempio, il testo del documento, contiene spessissimo verbi al futuro e impersonali: si farà, si finanzierà, si produrrà; si tutelerà. La gravità della genericità del documento è ulteriormente aggravata dai tempi lunghissimi di movimento della Giunta. Lo Statuto e la legge sul bilancio regionale prevedono scadenze precise per ognuno degli atti importanti della amministrazione: presentazione dei bilanci di previsione e consuntivi, dei bilanci di assestamento e di quelli pluriennali.
Senza il programma, però, tutte queste date sono destinate a non venir rispettate, oppure sono rispettate solo formalmente, così come è accaduto col bilancio di previsione dell'86. Ricordo le promesse della Giunta sulla presentazione della prima legge di variazione al bilancio, quella prima variazione che fornisce dati concreti dell'intervento regionale in campi molto vasti e fondamentali come la tutela ambientale e la cultura.
Ebbene, questa proposta di legge è appena stata depositata in Commissione, dove non sono ancora nemmeno iniziate le consultazioni.
Questo significa che considerando i tempi normali di approvazione delle leggi, non arriveremo ad una discussione in Consiglio prima della metà di marzo; inoltre, senza l'adozione della procedura d'urgenza, la legge entrerà in vigore ad aprile inoltrato. Entro il 30 aprile però bisogna presentare il conto consuntivo senza il quale non si potrà giungere all'assestamento di bilancio entro il 30 giugno. E' facile quindi prevedere uno slittamento progressivo dei documenti regionali di bilancio con le conseguenti ripercussioni negative sul funzionamento regionale.
In più, visto che la Giunta è prontissima a sfruttare ogni ben che minima scusa alla propria inerzia che scarichi la colpa sul Parlamento o sul Governo centrale, ecco pronta un'altra occasione. La Camera ha appena finito di esaminare il testo della finanziaria, e niente lascia prevedere che al Senato non ci sia la stessa battaglia e gli stessi gravissimi intoppi.
Altri mesi per rinviare, quindi. Altre scuse da utilizzare.
Voglio sottolineare che sempre a proposito di gestione amministrativa e bilancio già in questo momento ci sono dei servizi regionali completamente bloccati sul piano delle iniziative, in attesa che ai capitoli di spesa loro destinati in bilancio vengano assegnati i necessari fondi. Blocco dei servizi, quindi, costretti a gestire unicamente i residui attivi dell'anno passato senza benché poter usufruire degli scarsi benefici che offre un esercizio provvisorio. I maggiori servizi o settori di intervento bloccati da questa situazione sono: gli interventi di tutela ambientale (legge regionale 32 dell'82) il servizio geologico, tutti gli interventi in campo culturale. Ma il problema centrale, comunque rimane quello del programma cioè delle idee. E sono proprio le idee che mancano in questo programma.
La questione morale In questo Consiglio non se ne parla volentieri o, se lo si fa, lo si fa sotto voce e con imbarazzo. La fine della passata legislatura è stato uno dei momenti peggiori per il Piemonte dal punto di vista della credibilità della sua classe politica. Gli scandali che hanno coinvolto esponenti di primissimo piano dei partiti presenti in questo Consiglio sono ben lungi dall'essere risolti od anche solo spiegati.
Il caso Enrietti ne è l'emblema: uno scandalo tira l'altro, dagli affitti d'oro alle convenzioni d'oro fino ad arrivare alle campagne elettorali d'oro. Fatto salvo il sacrosanto diritto di ognuno a dichiararsi innocente, essendo considerato potenzialmente tale fino all'ultima possibilità di appello, rimane la questione del controllo sull'operato degli amministratori.
Nel primo documento presentato ad agosto dalla Giunta c'era un pallido cenno alla questione, laddove a pagina 8 si dedicavano ben 11 righe al concetto di massima trasparenza dei procedimenti decisionali e della attività amministrativa. In questi indirizzi non c'è una sola parola sulla questione come se d'incanto tutti i problemi si fossero risolti.
Questo è uno scandalo nello scandalo. Se la classe politica che governa è quella che ha governato, compreso il PCI, ovviamente, non sente nemmeno più l'esigenza di affrontare la questione della propria immagine, siamo allora arrivati ad un punto ben grave della crisi istituzionale, anzi della gestione partitocratica della cosa pubblica.
Se la Giunta vuole veramente cambiar pagina, così come ha strombazzato ai quattro venti nei mesi successivi alle elezioni, dia prova di coraggio e di fantasia affrontando la situazione con serenità e urgenza, non soltanto con la prevedibile proposta della responsabilità collegiale, termine al quale si fa riferimento fin troppo spesso per nascondere forse dei vuoti molto più gravi. Anche perché questa responsabilità collegiale moltiplica semplicemente le responsabilità anche di fronte alla magistratura, non ne elimina il pericolo alla radice.
Apporti istituzionali Molto sornionamente e devo dire anche ipocritamente, nel programma si annuncia il concetto della centralità del Consiglio (pag. 47): 8 righe per ripetere il nulla, comunque nulla in più di quanto già ampiamente reciti lo Statuto.
In realtà, sta accadendo proprio il contrario: sono sempre più evidenti i sintomi della Giunta nei confronti del Consiglio ed in particolare dell'opposizione non comunista: quella comunista è blandita e corteggiata l'altra è considerata meno che niente.
Il progetto di riforma del regolamento consiliare rispecchia fedelmente questa tendenza, accentrando sempre più poteri sulle cariche istituzionali espressione della maggioranza. Anche in questo ambito abbiamo una proposta da fare alla Giunta: un po' meno conferenze stampa è un po' più di rispetto dell'organo legislativo al quale deve essere garantita una informazione tempestiva e completa su ogni iniziativa regionale.
Tutela ambientale La lettura del capitoletto dedicato all'applicazione della Legge Galasso ha destato in noi non poche perplessità, non tanto per la vacuità delle indicazioni concrete della legge che pone problemi enormi soprattutto a livello locale, quanto piuttosto per la contraddizione fra le parole ed i fatti: le parole che sembrano illustrare il recepimento dei principi fondamentali della legge e i fatti che al contrario tentano di scardinarla.
Ci riferiamo alla vicenda dell'applicazione dell'art. 1 quater conclusasi come avevamo previsto e sollecitato, con l'intervento inibitore del Commissario di Governo. Suona fastidioso il proclamare a cose fatte: "avevamo ragione noi", però è la verità e se la Giunta fosse più attenta e meno caparbiamente legata alle proprie posizioni si sarebbe evitata una ulteriore figuraccia.
Se così è stata applicata la legge Galasso in prima battuta cosa succederà in seguito? La Giunta intende, e come, rispettare i termini precisi della legge? Abbiamo però notato con piacere che la caccia è trattata nel settore dedicato alla difesa delle risorse naturali e ambientali. Come mai non è stata però avanzata in parallelo la proposta di una revisione delle competenze assessorili e di servizio che rifletta questa posizione? In realtà la prima urgente riforma in campo ambientale è quella istituzionale e legislativa.
La normativa è confusa le competenze si accavallano ed aumentano i conflitti; mancano completamente o quasi i controlli. Questa è la grave situazione entro la quale si sta operando. La Regione, invece di favorire la diffusione dell'informazione, snellire e potenziare le strutture esistenti, contribuisce ad aumentare la confusione, in parte con la latitanza ed in parte con il suo stesso intervento.
Ecco un'altra semplice proposta alla Giunta: un riesame attento della struttura regionale preposta alla tutela ambientale, contemporaneo ad un riesame del quadro normativo, con particolare riferimento alla suddivisione delle competenze.
Trasporti A parte la generale genericità di questa sezione, che corrisponde a quella di tutto il programma, ci sembra importante e preoccupante la mancanza di scelte alternative alla attuale pericolosa politica che potenzia in modo spropositato il trasporto su gomma.
Invece c'è un totale appiattimento su quel poco che si conosce del piano nazionale dei trasporti attraverso lo schema di piano in circolazione.
Le tonnellate di asfalto che si riverseranno sul Piemonte per le opere previste contribuiranno potentemente alla distruzione del precario equilibrio ambientale nel quale viviamo. Non vale a questo proposito richiamarsi a questa o a quella situazione particolare che richiedono urgenti interventi di risanamento. Si tratta dell'impianto complessivo di tutto il programma, che invece di partire dal dato incontrovertibile di grave emergenza ambientale e saturazione da parte dell'ecosistema della capacità di accogliere opere ancora gigantesche di viabilità, come quelle prospettate, si pone come obiettivo un maggiore sviluppo dei trasporti stessi inteso come semplice aumento dei chilometri asfaltati e quindi sottratti alla natura e al suo equilibrio.
E' grave e preoccupante il silenzio della Giunta su una delle questioni centrali dell'azione di risanamento e di difesa idrogeologica in Piemonte e mi riferisco alle risorse idriche. Quello della definitiva entrata in vigore il l marzo prossimo della Legge Merli sul territorio nazionale in tutti i suoi dispositivi e limiti di inquinamento. Entreranno in vigore i nuovi limiti ammessi delle sostanze inquinanti negli scarichi liquidi e dovranno a quella data essere per lo meno verificati i progetti di risanamento e intervento urgente a suo tempo avviati dalla Giunta di sinistra.
Per quanto ci è noto la situazione è grave: pochissime sono le industrie che riusciranno a rispettare le nuove tabelle dei limiti, ed anche poche saranno le UUU.SS.SS.LL. in grado di effettuare i previsti controlli.
Senza parlare della particolare e grave situazione degli impianti di depurazione, dei quali solo uno si può effettivamente dire in funzione quello del Consorzio Po-Sangone, mentre tutto il resto è ben lontano dall'entrare in funzione.
La Giunta intende avviare presto una verifica degli investimenti finanziari degli anni passati nel campo della costruzione degli impianti di trattamento degli scarichi liquidi, civili e industriali? Come intende controllare inoltre la grave sottostima nelle dichiarazioni sulla quantità di liquami scaricati da parte delle industrie nella rete di raccolta dei consorzi? Le stime ufficiose del Consorzio Po Sangone parlano di una percentuale di evasione che supera il 50% del totale degli scarichi realmente effettuati, con una ingente flessione degli introiti che derivano dall'uso di questo servizio.
Anche questo è un grave problema che la Regione deve affrontare e che purtroppo non trova spazio nel programma presentato.
Se l'ente regionale non si struttura in modo tale da poter essere in condizioni di effettuare controlli seri ed efficaci, e non solo nel campo della tutela ambientale, i suoi interventi rischiano di essere del tutto vani, comunque molto meno incisivi di quanto la grave situazione di degrado ambientale richieda.
Per quanto riguarda il settore dello smaltimento dei rifiuti (mi spiace se entro nelle singole questioni, ma come diceva la collega Cernetti appartengo a quei nuovi venuti che si sono letti il documento), la nostra attenzione è stata attratta da una breve frase a conclusione del capitolo sulla difesa del suolo (pag. 143). Con essa per la prima volta la Regione afferma esplicitamente il criterio dell'uso delle cave dismesse come discariche, criterio che è sempre stato avversato da tutte le associazioni ambientaliste per i pericoli che comporta.
Personalmente non sono pregiudizialmente contrario a questo criterio se però si stabiliscono leggi precise.
Nel concreto, infatti, sembra che le cose vadano diversamente: è il caso della ex cava Ativa di Moncalieri, situata a pochi metri dalla sponda destra del Po. L'Assessore all'Ecologia della Provincia di Torino rispondendo ad una mia richiesta, ha confermato che il magistrato ha ordinato il riempimento della cava senza però comunicare con quali materiali si sta effettuando questa operazione.
Le segnalazioni giunteci parlano di inizio di discarica abusiva spontanea, cioè quelle discariche createsi per l'incuria o la colpa di qualcuno, con l'aggravante che la discarica ex cava si trova a pochi metri dal Po con conseguenze prevedibili per l'aumento dell'inquinamento del corso del fiume già troppo inquinato.
L'Assessore della Provincia Sibille mi ha inoltre confermato che l'Assessorato regionale per la tutela ambientale non intende intervenire per il rilascio di autorizzazioni allo scarico di rifiuti speciali, in base al D.P.R. 915. Questo significa che l'Assessorato non intende nemmeno controllare quello che avviene? Non è forse il caso di varare con urgenza un regolamento per l'utilizzo delle ex cave come discariche, prima che altri danni si aggiungano a quelli già accumulati? Non c'è quasi più nessun Assessore, sono grato a Maccari di essere rimasto, se non altro per sentire quello che alcune forze di opposizione hanno da dire sul programma presentato dalla Giunta.
Manca il Presidente, e, se il Vicepresidente sig.ra Vetrino e l'Assessore Maccari uscissero non ci sarebbe più nessuno.
Mi sembra che l'analisi di un programma richiederebbe la presenza almeno di coloro che l' hanno redatto. Altrimenti queste risposte, secondo un uso che sembra stia cominciando a nascere anche in questo Consiglio potrebbero essere date per iscritto. Gli Assessori e i singoli partiti che compongono la Giunta se le leggono, chiudiamo il Consiglio e passiamo la giornata all'aria aperta, che forse non è ancora così avvelenata da non poterla respirare del tutto.
Sanità Ne parlo in assenza dell'Assessore competente, a meno che non sia in qualche angolo. Mi sono servito di uno strumento interpretativo, se così posso dire, che mi è sembrato molto interessante, il G.A.P. non sapevo cosa fosse, ne ho preso visione da un numero di un giornale distribuito dall'Assessorato alla Sanità.
E' un gioco utile per l'analisi del politichese che ci rivela come i funzionari regionali, che l' hanno ideato, la sanno lunga sugli Assessori e sui loro programmi.
Il G.A.P.? Generatore Automatico di Piani Sanitari, dovrebbe essere di conoscenza dell'Assessore, anche perché l' ha pubblicato lui su "Educazione alla Salute" del settembre 1985. Peccato che non ne abbia tenuto conto visto che il programma di legislatura delineato sembra essere stato costruito seguendo e scegliendo i termini del discorso compresi nel gioco stesso. Infatti, leggendo il programma, si ha la stessa sensazione di vuotezza e demagogia che si ha leggendo il G.A.P. Non un parola sul vero nodo della Sanità e sul suo funzionamento: i legacci che la partitocrazia usa per bloccare il funzionamento delle UUU.SS.SS.LL. Vaghe promesse sul potenziamento dei servizi di rilevamento dell'inquinamento, racchiusi in poche righe senza una proposta concreta. E poi la ripetizione: tutta la parte che tratta le tossicodipendenze e gli handicappati (pag. 175) è perfettamente identica a quanto si era detto nel primo documento presentato (pag. 41). Nessun passo avanti, il nulla in questo documento, il nulla nel secondo.
Solo che quelle si chiamavano "Linee politico-amministrative" e questi "Indirizzi politico-programmatici": potenza dei sinonimi! Dove sta la differenza fra linee e indirizzi in questo caso? Spero che all'Assessore Olivieri venga posta questa domanda o dallo stenografico o da qualcuno che avrà buona volontà di riferirglielo, e sappia poi risponderci.
Cultura Un piccolo spazio di novità, forse, c'è in questo settore, scritto finalmente nero su bianco, nella sezione dedicata ai problemi culturali (pag. 177). Nelle prime righe del testo si dice che si farà "rigorosa attenzione alla distinzione tra cultura e politica". A parte la difficoltà concettuale di stabilire concretamente questa distinzione, noi vogliamo interpretare questa frase nel modo più semplice e diretto. Basta coi finanziamenti occulti ai partiti, attraverso le sovvenzioni ad associazioni e gruppi parapartitici o fortemente "protetti" da determinate forze politiche.
Peccato però che anche questa sezione sia scadente di idee e di progetti concreti su come utilizzare appunto i fondi regionali, quali strutture potenziare, quali criteri precisi e oggettivi adottare per i finanziamenti.
Senza tra l'altro pronunciarsi chiaramente sull'assistenzialismo suicida e parassitario degli enti teatrali pubblici, senza idee concrete sull'utilizzo delle grandi strutture a disposizione (Rivoli, le residenze sabaude) e precise scadenze per i progetti in corso (Museo del Cinema Museo delle Scienze). Nulla di tutto questo.
Questi sono i dovuti rilievi che mi sentivo di dover fare al programma che la Giunta ci ha presentato, rilievi di carattere essenzialmente tecnico e che non si richiamano a nessuna posizione di tipo pregiudiziale, ma che si rifanno unicamente all'analisi del testo fornitoci. Ma l'intervento di ieri sera di Rinaldo Bontempi, squisitamente politico, non può non provocare alcune riflessioni, appunto politiche, che dobbiamo affrontare per portare un contributo di chiarezza nella dialettica delle forze che operano nel Parlamento subalpino.
Ho trovato preoccupante l'intervento di Bontempi, come ho trovato preoccupanti le affermazioni che ha rivolto alla Giunta. Bontempi rammaricandosi del vetro che esiste fra governo e opposizione, afferma contemporaneamente di non voler alcuna cogestione specifica, secondo me contraddicendosi nei termini.
Basta osservare come si svolge il funzionamento dei lavori di questo Consiglio regionale per accorgersi - ma non c'era bisogno di arrivare fino al 1986 - che la tanto sbandierata contrapposizione maggioranza-opposizione non esiste.
La si richiama soltanto quando si devono fare dichiarazioni, che poi sono buone soltanto per la stampa e per quei cittadini che poi si richiamano al voto, nel momento in cui devono esprimersi.
Il sistema partitocratico, nelle sue commistioni più perverse, è ben funzionante e non mi sembra proprio di notare vetri, né spessi né sottili fra governo e opposizione comunista.
La solidarietà nazionale degli anni '76-'79 e le alleanze trasversali che hanno caratterizzato le due precedenti legislature (basti vedere come sono finite per capire quali fossero queste trasversali), una sorta di solidarietà che chiamerei regionale, hanno penalizzato il Partito comunista, come tutti sappiamo.
Il Partito comunista prenda questa affermazione non come lesa maestà ma come critica che proviene da un livello politico e che deve approdare mi auguro, su un livello politico.
E' questo il comportamento che il P.C.I. si propone di realizzare in questo Consiglio, dopo le analisi critiche, che giustamente, hanno fatto i suoi Consiglieri al programma della Giunta? Se un programma è così, come questi interventi l' hanno analizzato sarà interessante vedere nei prossimi anni come si muoverà l'opposizione comunista, perché a mio avviso l'ipotesi nostalgica della solidarietà, che ho definito regionale, mi sembra molto pesante e non lascia trapelare nessuno di quei segni che una reale forza di opposizione deve dare ai cittadini che l' hanno appoggiata con il loro voto.
A meno che il Partito comunista, sempre per quella confusione di identità di cui parlava Bontempi nella sua relazione ieri sera rimandandola però alla Giunta regionale, e che io attribuirei più che altro a un pesante appiattimento che le forze che compongono l'attuale pentapartito ricevono dal massiccio della presenza democristiana d'altronde come nelle due precedenti legislature che erano appiattite dalla presenza massiccia che il Partito comunista dava su di loro, a meno che non pensi ancora il PCI di essere governo della Regione e questa presunzione di governo non guidi ancora i suoi comportamenti politici.
Anche l'interessante intervento di Rivalta mi ha ricordato la lezione di un professore agli allievi che non hanno studiato e questa lezione, cari colleghi democristiani, voi la state a sentire gentili, buoni, non interrompete nemmeno come fanno i comunisti, i quali sentendo delle affermazioni che non condividono magari esprimono la loro opinione.
Il termine cogestione sta diventando una parola se non altro eufemistica, perché il termine più puntuale che il collega Bontempi avrebbe dovuto usare era forse "ammucchiata", sicuramente molto più preciso per definire le relazioni tra governo ed opposizione del PCI. V un sistema politico che continuiamo a sentir chiamare democrazia, ma che con un'estrema faccia tosta il collega Ferrara questa mattina ha dichiarato essere invece una cosa perversa, perché riduce i termini della democrazia nella nostra società.
Mi sembra invece che il PRI sia uno dei pilastri di questa "ammucchiata" ma, come diceva il collega Ferrara, parare bene è molto facile, è molto più difficile far corrispondere le azioni a quello che si dice.
Cito come ultimo esempio la posizione per quanto riguarda l'insegnamento della religione cattolica dove tutti i partiti cosiddetti laici si sono adeguati, pur dicendo verbalmente che non erano d'accordo.
Allora, abbiamo il coraggio di non usare parole che non hanno un significato preciso, quindi niente "cogestione", ma diciamo che il vetro tra Giunta e opposizione del Partito comunista è un vetro che Bontempi vorrebbe abbattere, mentre, secondo me e secondo la forza che rappresento un'opposizione non deve porsi in termini di cogestione o di cooperazione con la Giunta, ma deve svolgere il ruolo che il voto dei cittadini gli ha assegnato.
Mi sembra che più separazione netta esiste tra governo ed opposizione più ne ha da guadagnare la democrazia.



MARCHIARO MARIA LAURA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.
NERVIANI Mi rivolgo ai numerosi colleghi che non sono presenti ma che so essere molto attenti nell'attiguo bar, dove giustamente consumano il "rancio" pomeridiano. Parlo anche per loro perché c'è un altoparlante in quei locali e la nostra voce arriva anche là. L'efficienza del Presidente del Consiglio consente a tutti di sentire quello che si dice in quest'aula.
La seconda considerazione è rivolta al Collega Pezzana. Dopo aver sentito gli interventi dei colleghi comunisti, soprattutto quello della collega Bresso ieri, ho avuto l'impressione che ci fosse poca disponibilità all'ammucchiata in questo Consiglio, come dice il collega Pezzana.
Dopo quello che è successo ieri,quella di Pezzana mi è sembrata un'autentica istigazione a delinquere, perché oltre alla misura che è stata raggiunta ieri, penso che non si possa andare, nell'opposizione almeno sul piano verbale. Debbo anche osservare in premessa che le critiche che sono state mosse a questo programma hanno passato sovente il segno che dovrebbe esserci quando la memoria è viva e quando la storia è trascorsa da non molto tempo. Dicevo con una battuta al collega Carazzoni che l'unico ad avere diritto a manifestare il suo dissenso con accenni molto forti era lui per gli ultimi trent'anni, quarant'anni, mentre tutti gli altri penso che dovessero nell'intervenire avere una prudenza maggiore di quanto non sia stata usata nel dibattito che finora si è svolto. Si diventerebbe persino tediosi se si andasse in profondità e in larghezza, ma certamente un accenno dobbiamo farlo.
Il progetto principale, a cui dovrebbero guardare tutti i programmi e i progetti più particolari, il piano di sviluppo, è giunto nella precedente legislatura con il Partito comunista impegnato in primo piano nell'azione politica a pochi giorni dalla conclusione della nostra vita legislativa. Mi sembra che questo sia il primo esempio da ricordare a chi così aspramente e spesse volte causticamente ha attaccato questa Giunta che ha appena incominciato a fare in questi mesi i suoi passi.
Devo anche osservare che ai programmi, così profondamente e competentemente stilati nel tempo passato, si è dovuto constatare che sono seguite soltanto le parole e le nostre critiche perché il salto dalla programmazione, dall'abitudine allo scrivere, anche bene, alla concretezza c'è stato assai poco e ci insegnano molto le esperienze che abbiamo nel settore della sanità e della assistenza, senza nessun riferimento alla legge 20, su cui se avremo tempo però vorrò anche ritornare.
Debbo dire, per far giustizia, per riprendere qualche considerazione del Consigliere Bontempi, che sulla sanità (non intendo affatto attaccare il precedente Assessore) in conclusione di un lungo dibattito che c'era stato alla fine della legislatura, io dissi che qualche volta capitava che persone mediocri facessero delle cose eccellenti e che persone eccellenti su delle premesse politiche sbagliate finivano per realizzare soltanto delle cose concrete. Mi riferivo a Bajardi, che ritengo essere stato un Assessore di valore, a cui rinnovo la mia personale stima e il mio apprezzamento per il suo lavoro, fatto in un quadro politico che non condividevo allora e che non condivido ora e che era la condizione di premessa per la impossibilità a operare concretamente con delle risposte efficaci ad una società che vuole un modo di procedere diverso da quello che ha caratterizzato l'attività delle "giunte rosse" che si sono concluse nell'agosto dell'anno scorso.
Fra tutti gli interventi che si sono svolti debbo riconoscere che il più efficace, a prescindere da quello di Bontempi che ha soprattutto valenze politiche e il più degno di considerazione, senza voler togliere nulla ad altri, è quello del collega Rivalta che questa mattina in termini molto lunghi è entrato in temi specifici ed ha offerto con sufficiente concretezza delle proposte alla Giunta che possono sembrare addirittura non in contrasto, ma complementari a quanto è stato scritto.
In sostanza Rivalta ha messo in evidenza le carenze, ma ha anche fornito degli elementi di completamento delle linee che sono state stilate.
Anche per questa concretezza ritengo che dobbiamo ringraziarlo, ma immediatamente dopo, dobbiamo dire che Rivalta sembra uscito da una verginità, politico-amministrativa completa, mentre credo che qualche responsabilità di un freno consistente del Piemonte nel suo sviluppo edilizio e anche del suo processo programmatorio anche Rivalta debba mettere nella sua agenda; persino la sua totale fiducia, compresi i comprensori in cui ha creduto, che sono miseramente falliti e che ancora adesso sono il segnale di una "corruzione" del processo di governare che non dà fiducia, non dà prospettive. Attualmente ci sono ancora 200 persone che vegetano negli uffici senza fare assolutamente nulla in attesa di avere nuovi destini che non si possono creare dall'oggi al domani e che devono però essere definiti in questi tempi dalla nuova Giunta.
Alla Giunta, senza fare nessun particolare elogio, perché gli elogi si fanno quando le opere sono realizzate, debbo dire che i cinque mesi passati sono caratterizzati da un lavoro intenso e serio. Cinque mesi in politica sono un frammento di tempo assolutamente irrilevante, quando tutto questo è utilizzato per comporre, comunque, cinque energie politiche che hanno ciascuna la propria esigenza di manifestare indirizzi programmatici particolari.
Anche il senso del tempo va messo in evidenza, almeno da chi parla dai banchi della maggioranza, e deve essere ricordato a chi dall'opposizione così duramente attacca l'operato che è stato finora svolto e la proposta di lavoro che è di fronte a noi.
Bisogna tener conto anche dei quadri istituzionali nei quali ci muoviamo. In Consiglio regionale - l' ho scritto e lo ripeto qui anche al collega Bontempi che è intervenuto ieri facendo riferimenti di questa natura, e a Pezzana che vuole essere considerato opposizione, giustamente essendo qui presente in quella veste - va ricordato che la crisi istituzionale che noi viviamo con la polverizzazione dei partiti è una crisi di fronte alla quale dobbiamo assumere responsabilità politiche serie. So che ci vogliono tempi molto lunghi anche per queste cose, ma certamente la frantumazione è uno degli elementi che abbiamo di fronte a noi e che rendono particolarmente difficile il procedere, il sintetizzare le energie e le forze, il produrre anche dei programmi.
Qualcuno ci può ricordare che sarebbe stata opportuna una Giunta tripartitica di sinistra, a parte la mancanza dei numeri, ma questa è stata bocciata dall'elettorato e noi dobbiamo fare i conti anche con la democrazia e con i processi che si instaurano sulle democrazie fondate sul consenso. Dobbiamo ricordarlo tutti i giorni, altrimenti i Gruppi qui dentro diventeranno quattordici.
Questo programma arriva a noi, fatto che è stato ricordato poco, in una situazione di difficoltà, ma creata per dare alla Regione gli strumenti minimi per operare, per dare alla Regione un bilancio con cui agire immediatamente, per dare risposte concrete, immediate. Perché è chiaro che il processo doveva essere anche diverso, è chiaro che il bilancio avrebbe dovuto seguire al processo di minima programmazione, agli indirizzi programmatici della Giunta.
Invece abbiamo dovuto, peri tempi che ci hanno costretti e per ragioni che ho già annunciato, presentare il bilancio tecnico prima, portare queste linee programmatiche adesso, andare poi al perfezionamento del bilancio in una fase successiva.
E' dentro a questa realtà obiettiva e incontestabile noi non possiamo non trovare delle difficoltà, che si esprimono anche in qualche carenza che può essere rilevata in questo parallelepipedo, come è stato ripetutamente definito nel dibattito di ieri.
Una delle critiche più consistenti, amici comunisti, che è stata fatta è riferita alla parte programmatica riguardante le opere e i lavori pubblici e ciò avviene in presenza di una totale incapacità programmatoria in materia, che è durata dieci anni, da parte delle Giunte di sinistra.
Noi abbiamo rifiutato il ruolo di programmazione del settore dei lavori pubblici e dai banchi dell'opposizione della passata legislatura abbiamo ricordato il dovere di cambiare il taglio in questa materia. E' inutile che in questa sede si richiami l'immagine di Rocky e la si applichi al collega Cerutti, quando l'immagine di Rocky che opera in termini spregiudicati poteva essere cancellata con un'azione programmatoria molto più seria che non è stata fatta in passato e quando parlo di azione programmatoria, mi riferisco ai piani che tempestivamente dovevano essere portati in Consiglio, cosa che non è mai avvenuta neanche nella precedente legislatura, e che adesso non sono stati portati per le carenze di leggi che erano state precedentemente approvate.
Che cosa dice questo programma di Giunta? Ritengo che si sono manifestate delle linee di indirizzo nuove, particolarmente rilevanti.
La prima è questa, e lo dico provocatoriamente a chi vuol far passare questa Giunta come una "Rambo distruttrice" dell'ambiente. Qui c'è la volontà di difendere l'ambiente, colleghi Pezzana e Ala che siete intervenuti ieri e collega Rivalta che è intervenuto questa mattina, ma l'ambiente si difende dando possibilità e strumenti per operare in tempi brevi e con la possibilità di sviluppare le attività produttive correttamente senza essere soggiogati da vincoli e lacciuoli che impediscono ogni movimento, come è stato per lungo tempo, e come è ancora oggi e come potrà essere se non scioglieremo assieme i nodi della Galasso che è una legge su cui noi non discutiamo, ma che riteniamo debba essere perfezionata perché non determini degli arresti produttivi e non finisca per essere ancora più dannosa all'ambiente di quanto non sia stato il regime precedente, sovente criticato anche in questa sede. Un'immagine che per la Giunta e dalla parte della maggioranza mi sento di rifiutare un'immagine di distruttori dell'ambiente, di uomini che non tengono in alcun conto le esigenze di equilibrare questo nostro territorio piemontese sotto il profilo ambientale.
Anche quando l'Assessore Maccari propone di modificare la legge 56 - lo dico al Consigliere Tapparo e mi sento di ricordarlo anche al Consigliere Rivalta - credo che non abbia nessuna intenzione di cancellare la costruzione, anche positiva, che la legge 56 proponeva. Credo che il senso di quanto è scritto nelle pagine del programma sia quello di adeguare questa normativa alle esigenze che si sono manifestate così intensamente nel corso di questi anni da parte di ogni realtà produttiva, di ogni realtà impegnata nell'attività edilizia e soprattutto ogni attività urbanistica e organizzativa del territorio che proviene dai Comuni, che hanno vissuto condizioni di autentico avvilimento per troppi anni. Mi sembra quindi che le intenzioni dell'Assessore Maccari non siano così lontane da quelle che ha manifestato il collega Rivalta questa mattina.
Un accenno al discorso della libera imprenditoria.
Nel programma è ripetuto dappertutto, e questa è un'altra delle linee fondamentali, che occorre rilanciare il gusto di operare, occorre liberare le energie disponibili a creare ricchezze e lavoro in questo nostro Piemonte.
Non servono le agenzie del lavoro, non servono le definizioni di strumenti legislativi inventati, elaborati, se non crediamo veramente che queste energie esistono e se non riconosciamo degli strumenti con cui operare sollecitamente, se non le liberiamo dall'avvilimento che spesse volte il privato prova nel momento in cui si avvicina al pubblico e non trova i canali immediati di contatto e non trova le autorizzazioni nel legittimo per potere muoversi.
Queste sono le intenzioni. Non c'è il pericolo di togliere troppo gesso, di far camminare il paziente sciancato per tutto il tempo futuro.
Nessuna intenzione mi sembra ci sia di liberare indiscriminatamente da tutti i controlli del pubblico chi intende operare in termini produttivi.
Certamente, bisogna svincolare qualche cosa perché altrimenti si rischia di soffocare gli altri e di morire tutti di asfissia.
Un'ultima considerazione. Vi sono leggi che debbono essere sostanzialmente modificate perché non diventino soltanto impedimenti, vi sono energie all'interno della Regione Piemonte che debbono essere sprigionate in termini completi. Mi riferisco in particolare alle energie che provengono dal personale.
Debbo rilevare con amarezza che l'eredità che ci è stata lasciata dalle giunte di sinistra è quella di un personale sufficientemente sfiduciato e fortemente burocratizzato nel senso peggiore del termine.
Su questo punto vorrei ritornare; penso che la Giunta quando ha fatto accenno ad una burocrazia libera dai vincoli dei partiti è perché vuole riscoprire il senso liberale dei compiti di coloro che vivono nelle istituzioni.
BONTEMPI Lo svolgimento del tuo discorso è che la democrazia vincolata dai partiti è frutto della gestione delle Giunte di sinistra.
NERVIANI Bontempi, non ritratto quello che ho detto. Ho detto che una delle tentazioni che si verifica nelle realtà pubbliche è questa. Non uso interrompere, comunque accetto tranquillamente questa provocazione. Ho detto due cose, che ci è rimasto un personale sfiduciato questo è il primo punto; il secondo punto (che.non è riferito alle giunte di sinistra, ma posso riferirlo anche ad alcune giunte di sinistra) è che la burocrazia deve essere libera e capace di sviluppare la propria attività senza condizionamento alcuno. E questo - lo ripeto e lo sottolineo - vale per voi come vale per noi tra le affermazioni di principio che mi sento di fare in questa situazione. Ed è tanto più forte in quanto chi parla fa parte della maggioranza, quindi il discorso può essere interpretato in termini molto più positivi di quanto non faccia tu in questo momento.



(Voci in aula. Il Consigliere Bontempi accenna ad uscire dall'aula)



PRESIDENTE

NERVIANI



PRESIDENTE

Bontempi, io non riprendo se tu non rientri, nel senso che voglio dirti che ho sentito sempre quello che hai detto e che ho soprattutto apprezzato il taglio di ogni tuo discorso, perché mi è sembrato sempre largamente disponibile. Adesso c'è stato un equivoco, probabilmente, ed io ti ho ripetuto esattamente il senso del discorso, lo sottolineo. Dico che questo però attiene ad alcune giunte di sinistra, può attenere anche ad altre Giunte, però la finalità e l'obiettivo di una burocrazia libera efficiente, severa è un obiettivo che è scritto nel programma, che mi sento di sostenere qui, perché ritengo che sia un'affermazione che non deve essere minimamente criticata, ma un'affermazione di valori.
Vado rapidamente a concludere e chiedo scusa. Ieri Bontempi ha detto che il suo intervento sarebbe stato personale e molto più libero di quanto non era stato in precedenza e che avrebbe concluso il Consigliere regionale novarese, mio amico, e il collega Bosio, io dico le stesse cose e dico che politicamente concluderà il collega Brizio, in termini più compiuti ed in termini magari più sereni. Debbo però dire a titolo personale alla Giunta che le difficoltà che trova sul suo cammino in questo momento, non debbono in alcun modo tradursi nella definizione della mancanza di passione politica. Questa riscoperta della passione, questa riscoperta dei valori e degli obiettivi alti, a mio avviso, deve essere fatta di nuovo tutti i giorni, perché il pericolo grosso che noi corriamo in questo momento, anche a livello nazionale, è di considerare la politica a livello più basso del machiavellismo peggiore che abbiamo conosciuto nella storia del nostro Paese. Debbo dire francamente che la maggioranza e la Democrazia Cristiana in termini precisi rifiutano di trasformare questa assemblea in una agenzia legislativa, cioè in una agenzia neutra che cerca soltanto di equilibrare fatti che avvengono fuori. Noi intendiamo tradurre questa passione politica in indirizzi di alta valenza morale, per la quale riteniamo indispensabile il contributo dell'opposizione che parte da Pezzana e che va alla grossa rilevanza del Partito comunista. Ma riteniamo che questo si debba sviluppare attraverso una posizione di rispetto. Tutto l'atteggiamento che è stato sempre assunto dalla Democrazia Cristiana nel passato è stato quello di una umile, dura opposizione.
Debbo osservare che in molti interventi che si sono svolti ieri è apparsa manifesta una tentazione ad una pseudoaristocrazia intellettuale che non ha assolutamente accresciuto-di nulla il valore dell'opposizione in particolare, ed in particolare dell'opposizione comunista.
Quando il raggio laser dell'intervento della collega Bresso è andato ad incenerire il parallelepipedo della Giunta, non ha portato un minimo di contributo al dibattito politico che si svolge in questo Consiglio. Noi invece riteniamo che quel modesto parallelepipedo, così difficoltosamente realizzato, è una piccola pietra che non è destinata a lastricare la strada dell'inferno, ma a costruire un corso nuovo, un corso nuovo che è fondato sui valori, soprattutto quelli della generale solidarietà politica delle forze che credono di dare al Piemonte un tono diverso, maggiore libertà in ogni senso, anche in quello imprenditoriale che ripetutamente ho cercato di richiamare nel mio intervento.



VIGLIONE ALDO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.
STAGLIANO' Signor Presidente e colleghi, come in un romanzo di appendice, neanche stavolta siamo alla fine. Così infatti ci ha avvertito la Vicepresidente Vetrino, quando il 21 gennaio scorso ha presentato il programma della Giunta. Stiamo infatti discutendo di un ponte tra la voglia matta di rivincita dei primi giorni d'agosto e l'agognato Piano pluriennale di sviluppo prossimo venturo. Ma è un ponte stretto, piuttosto che malfermo come ad esempio il pentapartito del Comune di Torino da questo piccolo corridoio possono passare solo alcuni, i più forti e robusti; tutti gli altri,i disoccupati, gli emarginati, gli ecologisti, i pensionati, più che il fosso dovrebbero saltare nel fosso.
Giunti a questo punto della nostra "due giorni programmatica", si rischia di ripetere ragionamenti consumati, critiche già formulate, esempi già fatti. In particolare, le osservazioni della collega Bresso, dei colleghi Tapparo, Ala, Pezzana e altri rilievi fatti dalla collega Cernetti.
Ho letto il documento con l'attenzione del neofita, anch'io catturato come altri, dalla voglia di conoscere le novità (un vecchio vizio del mestiere di cronista), sebbene disincantato dalla "routine documentaria" a cui la lunga militanza politica, nonostante la mia giovane età, finisce per abituarti.
L' ho trovato un programma sostanzialmente inadeguato ad affrontare la crisi sociale, ad esempio, a risollevare la schiena dei piemontesi piegati dalla ristrutturazione tecnologica, impostata e gestita selvaggiamente dal padronato. Le istituzioni pubbliche, colleghi della Giunta, non sono un arbitro di calcio, nemmeno quando la falsa coscienza ce lo vuole far credere. Da che parte storcerà il bastone il governo pentapartito piemontese? Più che sui punti specifici mi soffermerò sull'impostazione di fondo che mi consentirà di discutere fraternamente anche coi compagni comunisti su quello che a noi di DP sembra essere un loro pericoloso abbaglio.
Volendo seguire il vezzo semiologico, che pure ha percorso quest'aula soprattutto ieri, della ricerca della parola chiave, a me è balzato agli occhi il verbo "coordinare", usato ripetutamente dalla collega Vetrino.
Questo verbo cuce un proposito all'altro, intesse tutta la trama del "programma degli intenti". Coordinare: mettere cioè assieme il denaro pubblico con le idee e gli interessi privati. Nulla di infame, per carità anche se non ci è molto simpatico. Una scelta politica che va colta per quello che è, criticata per quello che rappresenta e profila.
Riconosco questa scelta perché è su questo che dovremo misurarci nei prossimi mesi e forse anni. Si parla di: coordinare i servizi di sviluppo in agricoltura, per la crescita imprenditoriale coordinare la promozione di servizi alle imprese, ai processi di innovazione tecnologica, magari con l'ausilio della Finpiemonte.
coordinare il servizio sanitario pubblico con quello privato trasferendo possibilmente a quest'ultimo le prestazioni più remunerative.
E poi coordinare altre cose ancora.
Un anno fa il convegno della Fondazione Agnelli sul triangolo informatico Torino - Ivrea - Novara, denominato Tecnocity, diede lustro "scientifico" all'assunto fondamentale del Romiti - pensiero. La tecnica ovvero l'innovazione tecnologica - sostiene il Cesare di corso Marconi condottiero della riscossa antipopolare - va separata dalla politica, cioè dai rapporti sociali e dai suoi conflitti.
Ad un anno di distanza le forze di maggioranza hanno risposto: "ricevuto"; e questo è rilevante, compagni comunisti. La politica si mette quindi al servizio della tecnica, e le istituzioni rappresentative si degradano a "piazza degli affari", una specie di borsa per allocare risorse e per la compravendita di azioni sociali o, se si vuole, di consenso sociale. Il "sistema Piemonte", di cui parla Bianca Vetrino, è tutto qui: visto che lo stato centrale taglia le gambe alle finanze locali, in verità gambette smagrite da centomila miliardi di denaro pubblico, trasferiti in tre anni agli industriali privati (come ha dovuto rinfacciare l'onorevole Craxi all'agguerrito convegno confindustriale svoltosi al Lingotto nel novembre scorso), alla Regione Piemonte non resta che programmare l'incontro tra i progetti (privati) e le risorse (pubbliche), attingendo a piene mani anche alle casse comunitarie.
I contrappesi dello stato sociale risultano insopportabili e, lasciando alla propaganda dei "lingottisti" come il direttore della Federmeccanica Felice Mortillaro, lo slogan "più mercato, meno stato", la Regione si adopera per trasferire nel mercato quel che avanza del denaro di Stato.
Compagni e colleghi comunisti, si può davvero dire che il pentapartito non ha idee, come hai detto tu, compagno Bontempi, e non produce una politica? Queste sono idee precise e a me pare, che questa è una politica definita.
E' il modello di società che avanza la nuova destra, all'arrembaggio anche di quel che resta della capacità di mediazione sociale della DC - i colleghi democristiani non mi ascolteranno molto volentieri, anche se Brizio è presente e mi fa piacere. Un tempo a Piazza del Gesù si diceva: "gli imprenditori facciano i comodi o utili propri, ai più deboli vada almeno una parte di quel che viene dalla produttività del sistema". Oggi è sempre più difficile dirlo e sempre meno soprattutto lo si fa.
Intaccare questa capacità di mediazione sociale avrà delle implicazioni politiche, soprattutto nel prossimo futuro, come non mancheremo di vedere.
Badiamo, collegi! Alla DC è pur sempre affidata la rappresentanza dei "valori familistici"; i laici rampanti assumono quella degli "interessi".
Pur scontando un inevitabile schematismo, un buon esempio di quanto vado dicendo è riscontrabile nella politica sanitaria proposta. Vediamo, anche se non c'è l'Assessore Olivieri ad ascoltare.
All'umanitarismo, e lo dico senza vezzo polemico, del Presidente Beltrami è concessa l'agibilità nelle strutture sanitarie pubbliche (a cominciare dai consultori): schiere di volontari del Movimento per la vita e di Comunione e Liberazione sono pronti ad impugnare la spada contro il peccato della sessualità libera e consapevole. Al trasferimento ulteriore di denaro pubblico - un vero e proprio boom tra il 1981 e il 1984, in piena "Giunta rosa" - nei laboratori e nelle cliniche private, abbarbicate intorno all'edera del prof. Poggiolini, a tanta materialità butterà il suo occhio vigile la Vicepresidente repubblicana Vetrino.
Mere forzature polemiche, già lo sento dire. Mi si dimostri, allora come fronteggerà il pentapartito una crisi sociale che nell'area metropolitana torinese ha un solo precedente storico di tale entità quando trasferirono a Firenze la capitale del Regno Sabaudo.
Lo sviluppo, propostoci dalla Giunta, dovrebbe essere incardinato - a leggere i documenti - intorno a tre assi, così come sono stati espressi nella relazione fatta dal Vicepresidente: la centrale elettronucleare di Trino Vercellese, l'autoporto di Rivalta Scrivia e il potenziamento dell'aeroporto di Torino Caselle, oltre al progetto montagna. Una strategia di canalizzazione delle risorse, che attizzerà soltanto la crisi sociale e l'emergenza eco-ambientale.
Per la centrale, ad esempio, dovrete convincere tutti i piemontesi della bontà della scelta fatta un anno fa dalla "maggioranza energetica".
Dove non arriverà il "denaro del silenzio", erogato dal PSI per conto della legge 8 sui siti con la quale comprare il disagio delle comunità, locali dovrete occultare (ma vi sarà difficile, credetemi) l'ingente immobilizzo di capitali pubblici (già giunti a 9.000 miliardi, dai 3.300 iniziali, nel solo giro di un anno, come ha dimostrato con precisione scientifica la compagna e collega Mercedes Bresso, in un articolo pubblicato su "Nuova Ecologia"): diversamente investiti pro-durrebbero ben più degli improbabili 2.700 posti di lavoro, da riservare poi neanche alla manodopera locale.
Nel documento programmatico, rifiutate, e questo mi farebbe piacere,il ruolo notarile e di ufficio pagatore assegnato dallo Stato alla Regione.
Giusto, Peccato che l'Enel abbia continuato a farla da padrone nell'intero Vercellese, comprandosi indisturbata anche la cascina Cavour, con tutto il suo prezioso patrimonio di storia dell'agricoltura piemontese.
Per la diversificazione delle fonti energetiche dite che c'è tempo; vi aspetteremo al varco, visti i costi crescenti dell'opzione nucleare.
L'Autoporto di Rivalta Scrivia, a sua volta, dovrebbe alleviare il dolore per il taglio così poco "Signorile" alle ferrovie piemontesi. Il trasporto privato su gomma avanzerà a gonfie vele, più comodamente, su nuove autostrade che l'Anas non disdegna, e nemmeno l'Assessore Cerutti, il quale anzi, ne risulta visibilmente appagato: un ulteriore saccheggio dell'ambiente, di cui non si avverte il bisogno. Da Caselle potranno alzarsi in volo, invece, le scocche della Pininfarina, dimezzata di operai per produrre, negli Stati Uniti, l'auto "made in Italy". Niente paura per l'occupazione locale, però, colleghi liberali! La pista d'atterraggio dell'aeroporto torinese restituirà al Piemonte un po' di sciatori londinesi, ci ha detto il direttore del Sestrière dott. Giraudo, che potremo dirottare opportunamente, con le bretelle autostradali, sulle piste della Val Chisone, dove già campeggia la neve artificiale "made in Fiat".
In attesa della "Rimini bianca", in alta quota, il progetto montagna potrà eliminare i vincoli protezionistici anche sopra i 1400 metri, per riversarvi un altro po' di cemento: davvero un rompiscatole, questo Galasso, come abbiamo sentito dire poc'anzi, elegantemente, col garbo che gli è proprio, dal collega Nerviani. La centralità dell'uomo nell'ambiente va bene: ma che guaio tutte queste limitazioni, definite dal Parlamento nazionale- (per una volta che ne ha fatta una buona),.
La Giunta ha scritto che va rivista la disciplina sull'uso dei suoli.
C'è un errore. Avreste dovuto scrivere "abbiamo già rivisto la disciplina sull'uso dei suoli". Cos'altro è, infatti, quella leggina, che avete approvato tutti insieme, e me ne rammarico, anche con i compagni comunisti la settimana scorsa, sotto il titolo di "Interpretazione autentica dell'art. 85 della legge 56"? Libertà di costruire palazzi a gogò. Ma su questo dovrà pronunciarsi ancora il Commissario di Governo, al quale mi sono già premurato di rivolgere un'istanza.
Signor Presidente 'e colleghi, compagni della sinistra. Come è possibile vedere, siamo di fronte ad un revanscismo di idee, che, se realizzate come già dicevo, aggraverebbero le cose. E sin qui siamo quasi tutti d'accordo. Ma, e qui è il mio punto di dissenso con voi, colleghi comunisti, la rivincita è impostata in buona misura - sulla crisi delle idee della Giunta precedente, così come si è manifestata tra l'80 e l'85. Ed è a questa crisi che va ricondotto anche il fastidio per i vincoli territoriali (e non vi tedio ancora con l'esempio nucleare), al cui scioglimento la Giunta Viglione aveva già lavorato con fervore, attraverso una prima modifica della legge sull'uso dei suoli, che è se non sbaglio, dell'84. Al di là dei buoni sentimenti, manifestati anche in questi giorni di dibattito, era già cominciato, in verità, il tramonto della pianificazione di Astengo, tradotta proprio in quella legge 56 all'alba del primo governo delle sinistre, dieci anni fa.
Non parliamo, poi, del pluralismo informativo, in carta stampata, che ha toccato in questi anni il suo punto più basso in assoluto, addirittura dalla Rivoluzione francese in avanti. Questo è un problema, Presidente Beltrami e Assessori della Giunta, che manco vi sfiora, mi par di capire e si direbbe leggendovi. Né, d'altra parte, hanno avuto seguito le parole sulla trasparenza profuse in campagna elettorale, visto che ad esempio come è stato già detto in questi giorni, ripetutamente, sul controllo degli appalti nulla si dice nel vostro programma, se non, qua e là, qualche generico cenno metodologico.
Alla territorialità dell'assistenza - par di capire - viste le ristrettezze finanziarie, ovvierà il volontariato organizzato dalle parrocchie. Buona cosa, per carità, quando non pretende, però, di sostituire il servizio sociale, a cui nulla di concreto si riferisce nelle vostre pagine. E scusate, se non ho capito.
Sono quasi convinto che qualcuno di voi ha già pensato, forse lo ha anche detto: "Scontato, è il solito scontento." Tuttavia anche quei contenuti condivisibili del programma, che pure qui e là ci sono, bisogna riconoscerlo, come ad esempio un tentativo di programmare il turismo: è difficile 'pensare che l'Assessore Moretti, in una Giunta di sinistra avrebbe fatto diversamente (a Moretti raccomanderei piuttosto di stare attento alle grinfie della Sestrière S.p.A.); o come i cantieri di lavoro ed il ruolo che viene assegnato alla Commissione regionale per l'impiego tuttavia, dicevo, questi pochi punti di consenso, riscontrabili nel vostro documento, non colmano minimamente quel vuoto di prospettiva, che la parola "sviluppo", cela soltanto: quale sviluppo? Per andare verso quale società? Per soddisfare quali bisogni? Ha ragione il Consigliere Benzi: l'Assessorato al lavoro è disponibile a bloccare i contributi erogati a vario titolo alle aziende che fanno straordinari e lavoro nero? E' qui, a questo punto, che emerge piena l'egemonia culturale del grande padrone Fiat. E' qui che si manifesta evidente quel darvinismo sociale mai teorizzato in loco, per la verità, ma messo dentro alle cose dentro agli atti prospettati. Si, si salvi chi può, i più deboli soccombano.
Anche i carcerati, che potrebbero usufruire della semilibertà, più che una visita "una tantum", sicuramente partecipata, del Presidente Beltrami non si aspettino però altro; e gli emarginati dalla droga più che la carità cristiana, non si attendano. Mi creda, Presidente Beltrami, nutro il rispetto più vero per le sue convinzioni morali, religiose ed ideologiche.
So che la sofferenza per le ingiustizie patite dalla gente non la lasciano indifferente. Ma lei è a capo del governo: atti concreti, la gente si aspetta; coerenza di comportamenti, tra le parole e quel che alle parole consegue. E qui, nel programma, del suo parlare alla gente più debole della società piemontese, come ci disse il 1 agosto, insediando la Giunta, mi consenta, di queste parole non vedo tracce conseguenti nel vostro documento.
Al dramma della droga, che in quegli anni esplodeva, la prima Giunta di sinistra, nel '76, dedicò le sue energie migliori, per studiarlo, per impostare una prima risposta e qualche cosa è stata fatta. Oggi conosciamo meglio quel che si annida dietro l'eroina. Ma - mi domando - oggi per i 12.000 tossicodipendenti tra i 17 e i 24 anni di età della sola città di Torino e per quel 14% di popolazione sopra i 65 anni di età senza assistenza del capoluogo piemontese, cosa prospetta il governo regionale? Dietro lo sviluppo che manifestate non c'è posto per loro, questa è la verità. Un guizzo di ingegno per inventare lavoro nel riassetto idrogeologico del Piemonte, nel rimboschimento, nel risanamento dell'ambiente in cui viviamo davvero non guasterebbe, per non rassegnarsi tanto per cominciare, visto che il 2000 non è così poi così distante, a quella società dei due terzi, come direbbe il Ministro De Michelis, che dovrebbe tenere fuori dal mercato del lavoro fino al 2003 proprio quei sedicenni del movimento dell'85 a cui persino il PSDI ha dedicato un articolo su uno degli ultimi numeri di "Notizie": un fatto che fa davvero notizia.
Ma qui occorrerebbe mettere in crisi l'idea industrialista dello sviluppo sociale che pervade quasi ogni poro della cultura regionale, a cui è legato come ad una catena lo stesso movimento operaio tradizionale nell'illusione, compagni, che Soviet più elettrificazione forzata, magari nucleare, facciano il socialismo, o che, colleghi della maggioranza, il mercato puro, basato soltanto sul sistema dei prezzi, potrebbe tenere conto degli uomini e delle donne, come direbbe Leontief di rimando al liberismo selvaggio di Fridman.
Occorre pensare a valori forti, molto più forti, ad altri parametri per valutare il benessere, riscoprendo i valori d'uso, a cominciare dall'aria e dall'acqua, che non valgono nulla in una economia mercantile che ripone invece nella conquista ininterrotta delle risorse naturali lo scettro del proprio comando per perpetrare l'ingiustizia sociale ora tra Nord e Sud del mondo, ora tra città e campagna, ora tra padroni delle tecnologie o dei mezzi di produzione, come dir si voglia, ed operai spersonalizzati.
Occorre pensare pur'anche ad un'altra scienza, per soddisfare il bisogno dell'uomo contemporaneo di comprensione e di conoscenza critica; un bisogno che non ha niente a che spartire con il malinteso prestigio di ospitare a Torino l'Agenzia Spaziale Nazionale, utile, forse, per trasformare la fiducia nel metodo razionale in fede nel progresso necessaria, senz'altro, questa fede per realizzare una bella piattaforma di lancio, qui in Piemonte, per le guerre stellari targate SDI, tanto care ai dirigenti di corso Marconi, oltre che a quelli della Casa Bianca. "Fiat oblige?" Almeno questo no, per dignità di questa assemblea.
Dalle pagine della rivista dell'Onorevole Donat Cattin, il pluricitato Capogruppo democristiano, ha lanciato una sfida politica. Brizio gongola "per l'assenza - cito testualmente - di un lavoro di rottura e di aggregazione della sinistra, capace di intaccare la maggioranza e costruire una prospettiva di alternativa".
Colleghi e compagni della sinistra, cominciamo ad agglutinare alcune delle idee della collega Bresso, dei colleghi Tapparo, Ala, Rivalta Pezzana ed altri che si sono pronunciati, che dal dibattito sono emersi in questi due giorni. Forse se partiamo da li si potrà ricominciare a costruire quel senso comune che intanto vale ancora la pena di battersi, e che fra la gente (vedo che i colleghi comunisti ascoltano molto attentamente) è stato frustrato da una gestione piatta di quel che passa il convento. Né cambia molto se quel che passa il convento va soltanto modernizzato.
Avremo allora speso bene la nostra legislatura, senza dover consegnare come sinistra il Piemonte degli anni '90 ancora ai fautori della ragnatela di autostrade e delle pericolose avventure da guerre stellari.
Noi di DP ci muoveremo in questa direzione con le nostre modeste forze ma con tutta la nostra passione politica, rinnovando la sfida della consultazione e della partecipazione diretta dei cittadini, sui loro problemi a cominciare dal ricorso all'art. 64 dello Statuto regionale per un referendum fra i Comuni dell'area Po 1 interessati all' installazione nucleare, come ci siamo premurati di fare con una proposta di delibera raccogliendo la sfida del collega Marchini e che vi annunciai il 14 novembre scorso quando la maggioranza del Consiglio cancellò con un tratto di penna la volontà popolare di 20.000 cittadini piemontesi. Sarà, quella un'altra occasione per verificare i buoni propositi contenuti al riguardo nel documento della Giunta, là dove si parla, a proposito di energia, della necessità di mettere a confronto tutte le forze sociali, fra i buoni propositi - dicevo - e i comportamenti concreti.
Come vedete non demordiamo, ispirati come siamo da un'idea di stato delle autonomie vere; non vogliamo, in sostanza, che si ripetano all'infinito le occasioni mancate, come quella dei Comprensori, abortiti per tornare allo stato napoleonico delle Province. In tal senso, ci adopereremo per contribuire a colmare quel vuoto statutario sugli strumenti della partecipazione che ai Gruppi di maggioranza non sembra importare gran ché; c'è anzi un po' di insofferenza per il pluralismo, come si evince dalle parole, se le ho intese bene, del collega Nerviani, il quale le ha anche scritte per cui difficilmente mi sbaglio: dalle cose che testé ha detto se ne deduce che per il pentapartito basta rompere il termometro per eliminare la febbre: un bel colpo, davvero! Signor Presidente e colleghi, da quanto ho sin qui argomentato, è del tutto evidente che il mio pronunciamento è contrario al documento della Giunta, però non sarà ostile a tutte quelle proposte che si muoveranno, e mi auguro che vengano anche dalla maggioranza, per risolvere i problemi della parte più colpita della società piemontese da un modello di sviluppo che ha degradato l'uomo e il suo ambiente a poco più che una merce. O forse meno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Grazie Presidente, il Gruppo socialista considera molto importante il documento sugli indirizzi programmatici che ha presentato la Giunta. E' un documento nel quale la nostra delegazione ha lavorato e ha concorso in misura significativa per la parte che spettava ai colleghi e ai compagni che fanno parte della Giunta, Maccari, Moretti e Olivieri e per la parte che spettava al Gruppo socialista, il quale è già intervenuto con i compagni e colleghi Cernetti e Tapparo.
Abbiamo cercato di portare in questo documento e nel dibattito il contributo della visione del mondo alla quale ci ispiriamo, aperta, laica comprensiva, anche sulle questioni politiche. Un contributo che taglia netto con una visione che mi è parsa piuttosto manichea in alcuni interventi e che in ogni caso veniva comunque rappresentata- dall'immagine che il collega Bontempi ha fatto del diaframma di vetro che separerebbe la maggioranza nei confronti dell'opposizione. Se qualora ci fosse, noi vogliamo abbatterlo.
Siamo convinti della validità delle idee, delle cose che andiamo sostenendo, e vogliamo che si apra e che si faccia questo confronto come si è andato sviluppando. Mi sembra di poter dire che è stato un confronto estremamente serio, al di là delle posizioni anche dure che si sono sviluppate.
Con questo documento, la Giunta e la maggioranza di pentapartito che la sorregge mi sembra si siano presentate a questo confronto con la più grande attenzione, la più grande disponibilità ad ascoltare anche le osservazioni che sono venute e che verranno, anche da parte della maggioranza, perché mi pare di dover mettere in evidenza che il documento non aveva la pretesa di esaurire tutto perché altrimenti, avrebbe veramente reso inutile il nostro dibattito.
Quindi la Giunta da una parte e il Gruppo socialista dall'altra sono attenti al contributo che si è andato sviluppando. Io credo che sarà presente in quella che è la prospettiva di lavoro che nasce da questo documento. Mi sembra di dover dire anche che è un documento coerente. Qui si sono usati molti aggettivi:. Questa è la valutazione che diamo come Gruppo socialista :è un documento che ha prodotto un dibattito molto ampio molto ricco.
Un dibattito che si è andato sviluppando su questa proposta di documento, nel quale si può anche dire che emerge il nuovo volto del Piemonte. Emerge il volto del Piemonte dei prossimi anni, il Piemonte che si avvicina al duemila. Abbiamo seguito un metodo corretto perché potesse coinvolgere e interessare tutte le parti. Ecco, la Giunta si presenta, a questo punto con questo documento e assume naturalmente, di fronte al Consiglio e al Piemonte la piena responsabilità.
Si è molto discusso sui cinque mesi che ci stanno alle spalle, se la Giunta ha lavorato poco o tanto. Credo si possa dire che la Giunta ha lavorato; i sei mesi che ci stanno alle spalle sono mesi nei quali naturalmente, si realizza la transizione, il passaggio, quando esistono dei cambi di formula. Con questo documento si segna l'inizio di una piena responsabilità che questa maggioranza e la Giunta si assumono di fronte al Piemonte.
Potrei dire, richiamando un'immagine, che la Giunta con questo documento ha attraversato le Colonne d'Ercole e si avvia a navigare in mare aperto.
Questo non ci esenta dal fatto che ci sono sempre i rischi quando si viaggia.
Sarà stato anche per questo che si sono usati diversi aggettivi diretti in qualche modo a frenare a ridimensionare questo impegno, si è fatta uria critica secondo la quale non ci sarebbero idee ma inerzia, mancanza di progettualità, un programma sfuggente persino (qualcuno diceva difficile da leggere).
Sono stati usati questi aggettivi. Mi pare che, mettendoli tutti insieme (da parte delle opposizioni, naturalmente), si tenda in qualche modo a fare del catastrofismo, cioè ad andare al di là di quelli che possono essere anche dei limiti che ogni documento, ogni programma ha e nei confronti dei quali il dibattito è essenziale, perché questi limiti possano essere colmati e superati. Posso dire che è un programma di rilevanza politica, di serietà, di grande dignità. Un programma sul quale si è svolto il dibattito e ciascuno ha fatto la sua parte. Vorrei, dire al collega Bontempi che ciascuno, anche nella maggioranza, ha fatto la parte delle guardie svizzere, anche perché dimenticheremmo che questo è il paese dove circa un secolo fa ci fu la breccia di Porta Pia (poi venne sostituito l'uso della via XX Settembre, lo dico con una visione molto laica ma anche con grande rispetto per la Chiesa cattolica e la religione); da quel momento molta acqua è passata sotto i ponti del Tevere e del Po e le cose ci hanno mostrato una situazione diversa, di reciproca comprensione.
C'entrano queste cose di collaborazione e di solidarietà con i momenti storici importanti. Nei fatti politici c'entrano i fatti politici.
Una coalizione si misura sulla capacità di intesa politica per governare e sui programmi. Questa coalizione (senza richiami storici, nei quali tuttavia troviamo ragioni di conforto e credo che questo valga per tutto il paese), si è formata su queste cose. Le svolte in democrazia sono determinate da questi avvenimenti, come risultato degli orientamenti che esprimono gli elettori e le elettrici, i quali (io ho già avuto modo di dirlo) intuiscono che queste cose non erano fatti predeterminati, ma fatti che hanno mandato in crisi, perché ci sono momenti di grossa contraddizione, specialmente nell'ambito della sinistra presente. Mi auguro che il Congresso del Partito comunista, il quale si pone seriamente dei grossi problemi, abbia la forza e la capacità di compiere ulteriori revisioni, su una via socialista e democratica, perché si concorre - in questo modo a dare un ulteriore contributo agli sforzi che il paese deve compiere.
Noi questo contributo lo stiamo dando nel governo del paese in mezzo a tante e grandi difficoltà, per cercare di risolvere i problemi, essendo sovente oggetto di incomprensione ed incontrando difficoltà come quelle che abbiamo riscontrato nel portare avanti la legge finanziaria. Tuttavia cerchiamo di farlo, crediamo che questo sia un merito che non possa essere ignorato dalla gente, quando ci si impegna, come stanno facendo i socialisti, là da una parte, qui dall'altra, in uno sforzo in questa direzione.
Certo, poi ci sono i numeri, perché nel sistema democratico sono i numeri che contano e formano le maggioranze, ma non è il numero grande che in qualche modo ci possa distrarre, come è detto, dal senso di responsabilità e dagli impegni che bisogna assumere.
Noi, in questo senso, vogliamo ancora una volta mettere tutto il nostro impegno, nello sforzo che deve essere compiuto; sono d'accordo che governare non significa fare solo del tecnicismo e della burocrazia, ma significa mettere delle idee, significa dare dei" contenuti, significa caratterizzare i metodi di governo anche con quella componente fondamentale di umanesimo socialista alla quale noi ci riferiamo e che riteniamo importante nel fare queste cose.
Altrimenti, certo, se manca questo umanesimo come noi lo consideriamo questa speranza,vorrei dire anche cristiana, perché può riferirsi anche a loro, anche se per noi l'umanesimo è socialista, per noi,caro Marchini allora, certo, lo consideriamo così, e dovreste averne un po' di più anche voi di queste cose, altrimenti non solo rischiate di fare del pragmatismo senza principi, ma anche dell'estremismo senza ragione.
Il problema, semmai, è quello, oltre che di arricchirsi di contenuti come è successo, di dare a tutti, cari colleghi, la fierezza di andare al di là delle posizioni che sono state espresse, a sostegno oppure con critiche che alla fine sono questioni politiche, perché anche laddove ci sono state le critiche, alcune questioni di fondo hanno rappresentato il comune denominatore dell'impegno di questo Consiglio regionale.
Ci dà la possibilità di uscire di qui con fierezza e dire che questo Consiglio regionale ha lavorato, ha preparato, ha gettato delle basi sulle quali si può indicare alla gente, alle articolazioni, alle forze politiche e sociali le ragioni di un nuovo impegno.
Ho il dovere di dire che noi, che siamo stati parte essenziale della maggioranza che ha retto questa Regione fino a ieri, rappresentiamo questa linea di continuità; abbiamo concorso ieri insieme ai compagni di Giunta del P.C.I. e del P.S.D.I. a superare le difficoltà che abbiamo incontrato perché questo paese e questa regione non è da oggi che si trovano in difficoltà, bensì da molti anni.
Voglio dire che non erano un freno; qualcuno ha parlato di freni, ma io direi che non c'erano e voglio dirlo rivendicando questo impegno, questa continuità che i Socialisti hanno seguito ieri, e continuano a seguire; ma se un freno c'è, è un freno che è ben più grande, è il freno nei confronti del quale dobbiamo tutti far forza per sbloccare la situazione.
Il Piemonte non è più la regione che era soltanto vent'anni fa, che era ai tempi rappresentati nel film "Rocco e i suoi fratelli", la terra alla quale guardava la gente, molta gente di altre regioni, ma soprattutto povera gente dal meridione, non lo è più.
La crisi è una crisi pesante, è una crisi forte, è stato rilevato da tutti; forse è stata ancora più accentuata rispetto ad altre regioni che non hanno avuto questo rigonfiamento, questa pressione di inurbati alla ricerca di lavoro. Nello stesso tempo ci sono stati processi profondi perché abbiamo un sistema capitalistico, imprenditoriale, sensibile attento, capace, come ha dimostrato di essere.
Credo si debba riconoscere, ma mi pare che sia stato riconosciuto al di là della presenza o no di un capitolo sui problemi della FIAT, che questa grande azienda, che ha saputo, certo con i grandi problemi, problemi di occupazione, di compressione sui lavoratori, ha saputo mostrare la sua capacità di fronte ad una concorrenza violenta, virulenta, come ci è dato sapere. Compressione perché certo, quando siamo in periodi di crisi così c'è uno scarico di conseguenze su chi lavora, al quale si fa fronte con la Cassa Integrazione Guadagni, ma è chiaro che questo non può essere qualcosa di immaginato per una società permanentemente in crisi: bisogna trovare delle vie d'uscita.
C'è una società, voglio dire quella piemontese, che mentre ha dovuto far fronte a tutti questi problemi, ha tuttavia tenuto sempre presente, è lo ha fatto anche nella parte pubblica, ci tengo a precisarlo, grazie alla sensibilità delle forze politiche e sociali, ma lo ha fatto anche nella parte imprenditoriale per questa sua volontà di trovare delle vie d'uscita di dare delle risposte a questa sfida.
Oggi ci troviamo in una situazione con la quale veramente bisogna fare i conti; ho l'impressione, come accade sovente alle forze politiche di qui che ci siano forse diversi ritmi e diverse velocità di realizzazione tra le forze imprenditoriali private o pubblico - private e le forze politico sociali; diciamo forse che le forze politico-sociali sono anche in ritardo vorrei dire in un ritardo che deve essere considerato con la consapevolezza che si tratta di un processo che si deve realizzare, ma è una situazione con la quale dobbiamo fare tutti quanti i conti, e mi sembra che lo stiano facendo i sindacati, lo stiano facendo le stesse forze politiche, lo dobbiamo fare come ente Regione e lo dovremo fare anche come enti locali.
Consentitemi colleghi di dire che questo- documento ha la consapevolezza di dover fare questi conti e di proporsi come il momento di riferimento, per un rinnovato impegno delle forze politiche e sociali ecc.., il momento del governo dello sviluppo, del rilancio di un programma che vuole invertire le tendenze partendo da una realtà, da una valutazione realistica, senza proporsi voli pindarici, ma dicendo le cose che debbono essere seguite.
Forse è necessario che si stabilisca come realizzarle, come dare operatività (questo si credo che sia importante) perché se vogliamo cambiare, se vogliamo indicare nuovi obiettivi, se vogliamo galvanizzare l'impegno della comunità in generale e l'impegno delle comunità locali in particolare, è chiaro che dobbiamo dare e indicare degli obiettivi stabilire delle priorità; qui mi sembra ci sia una sottovalutazione, e ne parlo così perché voglio che sia anche un contributo al dibattito.
Negli anni '75/'85 questa Regione ha governato con l'apporto, è già stato ricordato, dei Comprensori, che erano in preparazione (e per questo forse c'era tutto questo entusiasmo) e che poi sono stati ufficializzati.
Ascoltavo stamattina ed anche ieri gli interventi che parlavano dei Comprensori e mi pareva, cari amici, lo dico con molta serenità, di assistere ad una trigesima rispetto al funerale che è stato fatto qualche settimana fa, ad una trigesima nella quale il caro estinto comincia a presentarsi di fronte ai nostri occhi come qualcosa che abbiamo troppo sbrigativamente seppellito, dando retta ad alcuni amici che avevano un'idea ben precisa, idea che però io non condivido anche se ci uniscono impegni comuni all'interno della maggioranza. Si tratta di vedere come realizzare questa transizione. Questo programma chi lo realizza? Come si realizza il concorso di tutta la comunità piemontese? Lo trasferiamo così, "sic et simpliciter", ai Comuni, ai Consorzi dei Comuni, alle Comunità montane, ai Circondari, a chi? Queste sono le domande che intendo porre. Non voglio dire che sia tutto calcolato, anche perché su questa questione dei Comprensori, essendo arrivato qui da poco, non ho ancora capito bene chi è che ha voluto sopprimerli: l'unica cosa certa è ,che tutti li hanno soppressi, che tutti li hanno voluti chiudere. Non ho detto che bisogna sopprimerli.
Accolgo l'invito del Presidente, anche perché non voglio portar via tempo a nessuno. Però nessuno creda che i problemi si possono risolvere con tanta facilità, con tanta semplicità. Da qui in avanti ci sono problemi che si presentano in tutta la loro complicatezza, però se noi sappiamo stabilire un rapporto, nel quale la Regione è presente, viva, di dialogo con tutte le altre rappresentanze delle comunità locali, ebbene,noi diamo un grosso contributo per far si che questa Regione sia davvero, anche nei fatti, Regione d'Europa, snodo, crocevia; per far si che si sfugga a questo richiamo centripeto di tipo torinocentrico non perché noi non vogliamo riconoscere il ruolo che deve avere Torino come capitale del Piemonte,ma perché esso non sia esaustivo di tutto il resto. Altrimenti si aggrava il problema del Piemonte diviso tra Torino e il resto del Piemonte.
Bisogna che la Regione ridiventi momento di governo e di programmazione regionale; essa lo può fare nella misura in cui veramente ha questo rapporto stretto con tutte le realtà. In questo modo, cari colleghi, signor Presidente, concorriamo a riparare il Piemonte dai rischi che sono in quest'asse preferenziale, che in qualche misura sposta il ruolo protagonista del Piemonte e lo mette in secondo piano.
Noi invece riteniamo che il Piemonte possa svolgere come nel passato un grande ruolo. Mi sembra che ci sono tutti i campi d'azione dai problemi del lavoro, all'agenzia, alla formazione professionale, su cui non mi dilungo perché ne ha parlato molto bene il collega e compagno Tapparo all'industria e all'innovazione. C'è una grande volontà per la parte che riguarda la sanità, e direi all'amico 0livieri che i poli su cui deve imperniarsi tutta l'attività, la ricerca, l'intervento debbono perlomeno essere quelli che fanno capo agli ospedali generali delle varie province.
Così direi per la questione dell'assistenza. Si parla molto di una società che va purtroppo invecchiando.
Al collega Carletto direi che bisognerebbe studiare come organizzare le necessarie strutture. Credo che sia possibile, con il concorso degli enti locali, con le Province, con i Comuni, realizzare veramente delle cose concrete, che sono quelle che sono state scritte nel programma.
Per quanto riguarda la cultura, non c'è soltanto una visione torinocentrica, ma c'è una cultura e - ci sono strutture culturali, di arte, di cinema, di lirica diffuse, da Vignale ad Alessandria, ad altre città ancora.
Voglio sottolineare positivamente lo sforzo compiuto per quanto riguarda il turismo. Questa effettivamente non è mai stata una regione che si è posta il problema del turismo, tranne che per alcune zone. Mi pare che sia giusto e doveroso valorizzare il paesaggio che abbiamo, mi pare importante andare alla ricerca di qualcosa di nuovo, riformando i vecchi luoghi comuni e cercando di realizzare un impegno nuovo che passa attraverso le varie comunità.
Alcune, cose sono state fatte e credo debbano essere sviluppate nel quadro di un ambiente disinquinato per il rilancio delle terme che abbiamo ad Acqui, per il recupero energetico, per quanto riguarda l'individuazione di un grande centro di una fiera internazionale per la quale non bisogna dimenticare che esistono degli impegni, perché queste cose vincono nella misura in cui, appunto, sono il risultato di un sistema e non già una cattedrale nel deserto. Così dicasi per la caccia e la pesca.
E' una società che, si dice, si sta terziarizzando; si riduce il tempo impiegato per il lavoro e si allarga quello del tempo libero, dove oltre alla cultura credo che ci sia anche il problema degli hobby ai quali si sta dedicando tanta gente.
Certo ha bisogno di alcune modifiche, come mi pare ne vadano fatte alla legge 56, con quel senso di impegno e di responsabilità con la quale sta lavorando il collega Maccari. Noi socialisti abbiamo sempre detto chela cosa alla quale dobbiamo sfuggire è il fare le cose per colpi e contraccolpi.
La legge Astengo rappresentò il colpo che doveva essere dato ad una situazione di sviluppo urbanistico selvaggio; era doveroso, era necessario bloccare questo tipo di sviluppo e quella legge ha rappresentato un grosso risultato. Dopo oltre dieci annusi è visto il risultato, che giudico positivo e voglio ascrivere all'impegno dei socialisti: si è visto il risultato positivo e si sono viste anche alcune carenze. Allora dico che bisogna rimediare a queste carenze, non secondo la logica del contraccolpo ma secondo una visione di rinnovamento nella continuità di un'azione.
Credo che il compagno Maccari abbia ben presente che non può essere individuato come l'uomo che ha rotto tutti i lampioni di Bonn.
Per quanto riguarda i trasporti c'è un grosso sforzo e un grosso impegno, ad esempio per la combinazione rotaia-gomma, di cui ha già parlato il collega Mignone che mi trova d'accordo anche su quanto egli ha detto sul problema del terzo valico. Ci sono grosse novità oltre gli Appennini; mi sembra che il Piemonte rispetto alla Liguria mostri di essere culturalmente lontano. C'è bisogno di attenzione maggiore, perché è nell'interesse del Piemonte, non solo perché l'asse passa attraverso Alessandria dalla quale provengo. Lo direi se fossi nei panni del Conte Cavour, ma non lo sono e so no contento di non esserlo; lascio all'amico Marchini, semmai di esserlo.
Solo per punti: quando si parla dello sport, come è stato già detto sono d'accordo, non può essere visto come una cosa torinese.
Sono del parere- che i problemi delle strade, dei collegamenti sono importanti. Sono del parere che bisogna essere attenti a quell'altra parte del Piemonte che ha ragione di lamentarsi di una disattenzione, di momenti di trascuratezza. Sono del parere che occorre fare una politica più incisiva e più decisiva nei confronti del recupero ecologico.
La bonifica delle acque: abbiamo degli esempi grandi, che sono appunto il Consorzio di bonifica del bacino dello Scrivia che nel giro di alcuni anni, ha fatto tornare limpida l'acqua che prima era inquinata.
Abbiamo poi altri problemi: sono il Tanaro, il Bormida. Bisogna che li risolviamo perché sono problemi di salvaguardia dell'ambiente, ma anche di lavoro: potrebbe essere una soluzione a problemi di nuova occupazione in un settore importante.
Abbiamo il problema di rilanciare il discorso degli aeroporti, secondo una visione programmata. E' stato confermato, quanto è stato detto Assessore Cerutti, sul problema degli aeroporti; il terzo livello, quello di Casale, il quale, probabilmente, è oggetto di discussione perch Alessandria ha addirittura tre aeroporti che andrebbero comunque visti con tutta l'attenzione necessaria, e vorrei dire anche che bisognerà avere anche qui, una visione programmatoria; perché non può essere che un giorno arriva l'On. Zamberletti e dice: "Biella-Cerione è un aeroporto di portata nazionale, da protezione civile"; un altro giorno, arriva qualcun'altro e dice: "Cuneo-Levaldigi è "commerciale", ecc., ecc..
Voglio dire :che il problema semmai, e quello di vedere che anche qui le cose si facciano secondo un giusto rapporto. E qui entra in gioco il rapporto tra Stato e Regione, un rapporto corretto di ruolo della Regione nella programmazione. Se no, corriamo il rischio che mentre non siamo più presenti nel territorio, si manifesti una tendenza a riacquisire nuovi spazi da parte dello Stato, che mettono in ombra la Regione. Parliamoci chiaro, c'è anche questo rischio.
Aggiungerei, per quanto concerne i trasporti, i caselli di Predosa e di Rivalta Scrivia, giacché riteniamo che Rivalta possa essere un punto di riferimento molto importante.
Infine l'Università: bisogna avere più coraggio nel parlare della seconda Università e individuarla secondo gli studi che sono stati indicati da Comitati scientifici autorevoli delle tre province, dei tre Comuni che sono Novara, Vercelli, Alessandria, con estrema chiarezza, fuori da ogni preoccupazione.
Io credo, per concludere, che si debba operare in questa direzione. Il documento raccoglie questa sfida: qualcuno ha detto "ha posto l'uomo al centro". Credo sia giusto porre l'uomo al centro, investire sull'uomo, fare tutti gli sforzi necessari perché, veramente, l'uomo sia il protagonista.
D'altro canto, cari Colleghi, nella 'storia abbiamo degli esempi: cosa sarebbe successo se il re di Spagna non avesse investito su Cristoforo Colombo, il quale, alcuni secoli fa, si presentò in diverse capitali d'Italia e d'Europa senza essere ascoltato? Ma venne ascoltato dal re di Spagna e dalla regina Isabella. Forse l'America sarebbe stata scoperta successivamente. Ma non fu, anche quello, un investimento sull'uomo? Non fu anche quello un investimento che dette fiducia, dove fiducia non ce n'era molta? Non arrivo a dire che Cristoforo Colombo fosse un piemontese, anche se a Cuccaro Monferrato, voi forse non lo sapete, c'è una via intestata a Cristoforo Colombo, e abbiamo quasi la presunzione di dire che Cristoforo Colombo è nato in Piemonte, a Cuccaro Monferrato.
Per concludere ribadiamo la rinnovata fiducia che abbiamo nell'uomo quell'uomo che è a posto, che è onesto, che è trasparente nei confronti del quale non si può , come Ala per un verso, Carazzoni per l'altro enfatizzare alcune cose che possono succedere, che fanno parte della vita quell'uomo che ha una moralità, della quale noi ci sentiamo portatori, dico noi socialisti, e non abbiamo bisogno di scrivere dei capitoli per dire che bisogna stabilire un codice di comportamento. E' un codice di comportamento morale al quale ci ispiriamo.
Ci sono poi momenti, come accade nella vita, di difficoltà, ma non è lecito utilizzarli, strumentalizzarli come da qualche parte si è fatto, per fare una "combine" con il ruolo che ha svolto nella storia un grande partito, con il quale è cresciuto questo Paese; noi abbiamo fiducia che crescerà il ruolo del partito socialista; il Gruppo socialista, nel passato, oggi e nel futuro, anche in questo nostro Piemonte, raccoglie la domanda che ci viene dalla gente, che ci viene dalla storia, attivizza e rinnova l'entusiasmo anche nel nostro personale. Sono d'accordo che ci si debba sentire più impegnati perché questa Regione,che è parte importante di questo Paese,continui a lavorare, a progredire, a realizzare nuovi traguardi per superare le difficoltà e raggiungere il benessere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Caro Presidente, cari colleghi, il "caro" penso che a quest'ora s'imponga perché mi sembra di essere ritornato alla mia prima e seconda legislatura per la storia di questa Regione, quando venivo relegato alle ore 15; quindi, vedi Pezzana, la condizione di coloro che sono in minoranza si ripete: io ero l'oratore delle ore 15 e nessuno ha mai messo in discussione questo mio ruolo e mi ero quindi attrezzato con i miei apparati digestivi, come si dice adesso. Ora, invece, siamo diventati partito di maggioranza per cui ho qualche difficoltà, di nuovo, a mettere a fuoco i miei apparati digestivi in quest' ora.
Noi liberali siamo tra coloro che hanno contribuito a costruire un concetto, quello dello stato parlamentare puro, ed io penso di essere rimasto un parlamentare puro, non nel senso che non sia stato in qualche misura contaminato dai vizi della vita, tutt'altro; ma nel senso che riconosco, vivo e partecipo molto a questo confronto che deve essere nell'immediato a caldo, quindi ho difficoltà a scrivere, ma soprattutto devo dire che avrei avuto difficoltà a scrivere quello che competeva ad altri scrivere, mentre l'opposizione ha avuto buon gioco qui a scrivere nel dettaglio, puntualizzare, a rilevare.
A noi sembra, in questa concezione parlamentare della nostra istituzione, che si debba pure, quando ci si avvia ormai alle conclusioni del dibattito, dare risposte, che competono ai partiti a delle sollecitazioni che sono venute che sono, tra una battuta e l'altra, di gran lunga più stimolanti e più significative, di quanto non possano sembrare seppure in relazione al clima che ne è venuto. Allora mi pare che proprio questo dato ci deve far dire che il documento della Giunta, a cui il nostro Assessore ha contribuito, è pregevole proprio perché, senza supponenza, con grande umiltà e, se mi consentite, senza timori di mettere in luce anche i suoi limiti, ha messo il Consiglio nelle condizioni di riflettere molto secondo il carattere di ognuno di noi e secondo il ruolo: qualcuno ha fatto dell'umorismo, qualcuno ha fatto delle riflessioni più significative qualcuno ha dato delle risposte.
A noi sembra che questo modo di avvicinarsi ai problemi della Giunta sia non solo apprezzabile, ma abbia delle ragioni precise, che non sono di oggi, non sono di ieri, ma hanno le radici nella storia di questa Regione e proveremo anche a spiegarlo.
Il non aver voluto qualche formula immaginifica, tipo quella a cui si faceva riferimento nella passata legislatura, gli "arazzi" che noi poveri mortali lontani dai tavoli della Giunta avevamo difficoltà a vedere.... Ci dicevano c'è un grande arazzo con delle linee; voi,per carità,siete nell'ultima fila e non riuscite a vederlo, ma noi che adesso siamo addetti ai lavori incominciamo a vederlo venir fuori con tutti i suoi colori la sua profondità: questa Giunta non cerca di vendere uno scenario che non esiste quindi ha dato a tutti noi la possibilità di verificare, anche nei limiti l'istituzione, il re nudo.
Attenzione! qui c'è un re nudo, ma è la Giunta che è nuda o è la Regione? E' nuda questa maggioranza, è nuda questa Giunta o qui siamo in un festival dello streap-tease che prosegue da qualche anno? Su questo bisogna ragionare. Ho il dovere di ufficio di chiudere il mio giudizio sul documento della Giunta, che evidentemente condivido in ogni sua parte non solo per questa nota, ma perché con altrettanto realismo ha cercato, per quanto possibile, senza sollevare le ire di alcuni partner di vecchie maggioranze, di mettere in evidenza come bisognerà pure fare chiarezza sul metodo di governo della leva finanziaria rispetto agli obiettivi, rispetto alle risorse, pur dando atto che la situazione di gestione finanziaria anomala trovava una giustificazione in un quadro nazionale; ma sono cose che vengono dette in una maggioranza composita, non solo perché è fatta di cinque, ma perché fatta di tre partner nuovi e di due che continuano. Questo è un dato che va pure considerato.
Questo nostro giudizio è un giudizio positivo, che non tende però ad enfatizzare il lavoro fatto, anche perché il lavoro della Giunta non vuole e non merita né è suscettibile di essere enfatizzato. Questo non è un documento politico, ma mi par di capire che è un documento ricognitivo ragionato: si prendono le cose, si scrivono, su queste si avvia un primo ragionamento.
Direbbe Donat Cattin, "Reagan ha misurato la sua legislatura sui primi cento giorni di governo". Consentitemi, ma ci sono situazioni sulle quali bisognerà pure ragionare. Credo si possa ragionare dando risposte agli interrogativi che sono venuti. Ho apprezzato che si sia fatto dell'umorismo sul documento perché l'umorismo, anzi, l'invettiva è il sale della vita parlamentare, al di fuori della quale si riduce tutto a un triste ripercorrere carte scritte, rivedute, corrette, fotocopiate. Mi è piaciuto il termine di parallelepipedo dato a questo documento dalla signora Bresso anche perché mi sono finalmente ritrovato con i responsabili, per esempio dell'invenzione di un linguaggio in cui si usa il termine "contenitore" al posto di scuola. Mi fa piacere che questo linguaggio sia ormai desueto, non mi sogno neanche di dire a mia figlia che deve alzarsi.per andare al contenitore, continuo a dire che deve andare a scuola.
Ricordo che giravano sui nostri tavoli dei bellissimi libri con grandi fotografie a colori con il titolo "Contenitori nei paesi occidentali", io pensavo a contenitori, pezzi meccanici, invece erano gli edifici scolastici.
Posso capire che alla signora Bresso, che in questa cultura è cresciuta, e direi anche bene, le sia rimasta la voglia di usare queste parole in termini spregiativi. Avrei qualche difficoltà tornando indietro a definire i documenti che la maggioranza delle passate legislature presentava a questi tavoli. Forse ho più facilità a definirli rispondendo al Consigliere Ala, il quale si lagnava di questa dimensione strana grossa, di una cosa faticosa da leggere. Gli direi, se fosse qui, che la politica non è fatta di approssimazione e di risposte ai problemi della gente, andando in giro tra una balera e l'altra o in una discoteca o tra un concerto e l'altro (non ho capito quali siano i suoi interessi musicali).
La politica è una cosa diversa, un po' più difficile e qualche volta ci richiede anche la fatica di esaminare un parallelepipedo, tra l'altro di dimensioni accettabili nel senso che sta nella borsa.
Questo non avveniva in passato. Direi ad Ala che in passato lui avrebbe dovuto abbonarsi, perché i documenti nella passata legislatura erano edizioni settimanali e sono stati raccolti dalla Fratelli Fabbri Editori in dispense che ogni sei mesi venivano rilegate e la prima dispensa conteneva già la rilegatura. Stiamo sullo scherzo.
Voglio dire che questi argomenti, caro collega, mi hanno fatto riflettere molto. Non è un caso (poi ascolteremo ancora un intervento del P.C.I.) che a fronte di queste considerazioni, che non si riducono certo a queste cose, sia stato fatto un intervento interessante e significativo come quello del Consigliere Bontempi. Vuol dire che in effetti ci si è misurati con questi documenti con molta più serietà di quanto non appaia dalla terminologia usata. Probabilmente si è arrivati alle conclusioni alle quali stiamo arrivando noi, e le domande che si sono posti soprattutto i nostri amici della sinistra, ce le poniamo anche noi.
Cerchiamo di capire che risposte diamo. Per esempio, quando la collega Bresso ci dice: "Perché un pentapartito? Perché questa Giunta? Perch questo pacchetto di mischia?" Io ritengo di dover dare una risposta rispetto si limiti che questa Giunta, che questo pentapartito ha rispetto alla società. Tutti gli interrogativi che la Collega ci ha posto ci devono far riflettere molto, ma hanno, a mio giudizio, una risposta molto realistica.
Perché un pentapartito per noi liberali? Per noi liberali il pentapartito è l'alleanza più avanzata che è pensabile in questa società in questo periodo storico. Noi ci abbiamo creduto quando altri pensavano che l'alleanza di tutti su tutto e contro tutto potesse produrre per questo paese. Noi pensavamo che non fosse così e ci siamo orientati, fin da allora, per una soluzione di pentapartito che era il massimo di solidarietà tra le forze progressiste in questo paese e, sottolineo questo punto, fra le forze progressiste dei cinque partiti laici. Perché dico questo? Perch indubbiamente, dobbiamo registrare che alcune difficoltà a misurarsi con le questioni della città, con la gente, con la società, con le Regioni, con l'Europa, sono diventate problemi dell'istituzione non di questa Giunta.
Forse il pentapartito qui è arrivato tardi rispetto alle attese e alle esigenze che nel tempo questa società si è trovata di fronte. La città, la Regione, la società, l'Europa si sono mosse, nei dieci anni passati, mentre il quadro politico qui era arretrato rispetto alle esigenze.
Per questo dico che il pentapartito non solo è una scelta giusta, ma è una scelta arrivata troppo tardi e forse i limiti oggettivi, evidentemente non in termini di responsabilità, stanno nel ritardo in cui il pentapartito è arrivato in questa sede.
Di questi ritardi qualche forza politica ha la responsabilità e, alla fine, la storia la misurerà. Noi qui non diamo giudizi, ma collaboriamo con grande serenità e con spirito di collaborazione in funzione degli obiettivi che ci poniamo, ma certamente non possiamo non prendere atto che la difficoltà che ha questa maggioranza, questa Giunta, questa istituzione di essere protagoniste di alcune vicende trova le sue radici in una vicenda storica. Quindi ha come responsabilità, a nostro giudizio, alcune decisioni prese in ritardo oppure che non si sono volute prendere oppure che si sono prese: ognuno legga le questioni come meglio crede.
Il tutto alleato con dieci anni di governo che sono stati la chiusura totale al dialogo con la città, con la società, con l'Europa, al dialogo con i grandi processi di innovazione tecnologica, di modernizzazione del sistema, di liberalizzazione del sistema che stavano andando avanti. A tutto questo il Partito comunista, a Torino e in Piemonte, ha chiuso ogni possibilità di dialogo.
In questo senso è apprezzabile che il collega comunista ci abbia detto: "Esiste un muro di vetro, bisogna superarlo". Non so se ci sia o non ci sia. Ho troppa stima per il Consigliere Bontempi per pensare che, se lui dice che c'è dal suo punto di vista, vuol dire che c'è. Ritengo che vada superato e non per superare quella necessaria differenza tra opposizione e maggioranza. Un grande partito, come il P.C.I., che in questa città e in questa Regione ha grandi responsabilità, proprio per il fatto che esiste a prescindere dal ruolo che svolge, quanto più è messo nella condizione di conoscere le ragioni delle decisioni e i problemi che sono alla base della decisione, non solo ci aiuterà a decidere meglio, ma soprattutto concorrerà alla crescita complessiva della nostra società.
Ci si chiede, in termini anche freudiani, perché non si parla della Fiat. Cari amici, devo raccontare un piccolo aneddoto. Quando abbiamo trasferito la nostra sede da via Maria Vittoria a via Alfieri, qualche signorina qui presente ricorderà che era stata pubblicata una "grida" dell'allora Presidente Sanlorenzo che cominciava col dire che da quel momento noi avevamo gli uffici più belli di Torino, più belli di quelli della Fiat. Mi fa pensare che per molti comunisti ci sia (come per noi liberali il busto di Cavour) ancora infilata nella testa qualche cartolina in cui ci sono le fabbriche fatte con il tetto con una falda sola, con la ciminiera e uno con il cilindro. Sfortunatamente a Torino questa immagine non serve perché quel signore con il cilindro normalmente era grasso e colui che porta il cilindro a Torino ha anche la fortuna di avere un fisico sottile.
Non si riduce il problema della società al nostro rapporto amore e odio verso la fabbrica, verso la Fiat, non ci si chiede cosa pensa questa Giunta della Fiat. Questa Giunta si atteggia rispetto ai problemi della società all'interno della quale la Fiat ha una posizione non di secondo piano, e chiama i problemi per quello che sono, non li "soggettivizza" rispetto agli orientamenti di Tizio, Caio, Sempronio.
Ma questo è molto significativo perché se questa Regione si trova in difficoltà a dare delle risposte, voi come opposizione ci contestate, ma rifiutate di fare il salto, di capire come mai noi non siamo in grado di dare delle risposte.
Si è interrotto il dialogo e questo cercherò di dimostrarlo. Voi siete stati per dieci anni ossessionati in modo parossistico dal fatto di riuscire a costruire un rapporto con la Fiat: questa è la realtà. La "santificazione" di Novelli si è consumata sui cancelli della Fiat, quando le strade dell'inferno si sono rivelate molto meno lastricate di quello che lui pensava. Le ha percorse quasi tutte verso la beatificazione e poi improvvisamente si è trovato di fronte ai cancelli della Fiat e li il suo processo di beatificazione si è interrotto perché si è scontrato contro i cancelli di Mirafiori. Novelli è finito li e si è scoperto che era un comunista come tutti gli altri. Aveva il diritto e il dovere, rispetto ai grandi scontri della società civile, che sono tipici di una società aperta e pluralista come la nostra, di prendere posizione. E' finita la leggenda di qualcuno che riuscisse a condurre in una nuova Arcadia, in una nuova utopia una società industriale avanzata senza traumi, senza scontri, senza confronti, senza progetti verso il suo futuro.
Si è rivelato che questo non era possibile. Qui, cari amici, c'è la radice delle difficoltà che ha questa Giunta. A quel punto è nata quella situazione parossistica in cui la città e la Regione Piemonte anzich occuparsi del governo si sono preoccupate solo di ingessare questa Regione e questa città: Ecco che allora vengono fuori le ragioni di alcune risposte.
Quando si dice: "Perché permettete che la Città di Torino vada avanti con il ragionamento del Lingotto e dello Stadio e alla Regione non viene a chiedere niente?" Certo, è fisiologico. Quando una realtà viene compressa nelle sue naturali aspirazioni, come ognuno di noi, da un sistema di vincoli non normativi ma di natura culturale, come quelli che il P.C.I. ha calato su questa città per dieci anni, ma che ha cercato di calare anche prima.., qualcuno ricorderà la polemica sul Teatro Regio.
Per questo vado molto cauto a seguirvi, cari amici di sinistra, sul problema dello Stadio. Ricordo le polemiche sul Teatro Regio che all'epoca della ricostruzione era considerato un'opera faraonica perché si riteneva che Torino non fosse in grado di produrre quel tanto di gusto e di attenzione ai problemi della cultura, in particolare della musica, da riempire il Teatro Regio. Una decina di anni fa c'era ancora qualcuno nella cultura di sinistra che riteneva la cultura operistica funzionale in senso stretto ad una cultura di élite.
Da allora si è coltivato questo disegno. E' abbastanza normale che a questo punto la realtà si ribelli e le forze della società evidentemente sfuggono al controllo del governo e anche al confronto democratico. Perch dietro alle cose che Torino farà, non curandosi della programmazione regionale, c'è consenso.
Alla mia sinistra, ne sono onorato, siede il Vice Sindaco di Torino, il quale l'altro giorno quando Rivalta parlava di promuovere un referendum su uno stadio nuovo o lo stadio restaurato, mi diceva che i torinesi vogliono lo stadio nuovo. Ma nessuno di questi torinesi è andato a guardare se il disegno dello stadio nuovo è più bello di quello dello stadio restaurato.
C'è dentro ai torinesi, come dentro ognuno di noi, la voglia di vedere realizzato qualcosa: è una dimostrazione di vitalità insopprimibile di una società evoluta come quella piemontese e quella torinese. Allora, la programmazione ha senso nella misura in cui prende atto che la vitalità del sistema va incanalata, va in una qualche misura coordinata, va equilibrata ma va riconosciuta, non la si può disconoscere.
La vicenda Lingotto. Ho indubbiamente qualche riserva nel giudicare il sistema politico rispetto ad un'operazione in cui, tutto sommato, è parsa chiaramente subalterna rispetto al potere privato. Anche qui, rispetto ad una voglia di presenza - se mi consentite - anche monumentale, di testimonianza di una grande realtà culturale imprenditoriale, la società politica che tipo di risposta ha dato? Nessuna.
Allora è normale che la voglia di esistere e di documentarsi di una grande realtà come quella della grande azienda abbia prevalso rispetto ad un disegno di governo inesistente. Cari amici, la Fiat ha chiuso la sua trasformazione in azienda avanzata e sta conducendo la sua trasformazione in punto di riferimento più di attività finanziaria che non di attività aziendale.
Questo lo ha fatto in una situazione di totale divorzio con le istituzioni.
La colpa è di chi? Non lo so. Certamente non è colpa di questa maggioranza e di questa Giunta! Allora è difficile, quando ormai esiste nella Fiat il più alto sistema di robotizzazione d'Europa, capire come possiamo fare per evitare che ci sia l'espulsione dalla fabbrica; è un processo che si è avviato e per larga parte è compiuto in assenza delle istituzioni, perché le istituzioni rispetto a quel processo hanno chiuso gli occhi e 5 anni dopo vengono a chiedere a questa Giunta che cosa fare rispetto ad un processo che si è chiuso e che questa Giunta deve governare in relazione ai suoi effetti indotti sul territorio, con i suoi traumi sociali.
Posso capire, ma non sottoscrivere fino in fondo, l'immagine dell' "uomo al centro". L'uomo per un liberale è sempre al centro, non l'homo faber", l'uomo destinatario. Noi pensiamo che al centro dello sviluppo ci sia l'uomo protagonista, non l'uomo destinatario. Questa sottigliezza amici democristiani, andrà pure tenuta presente.
Ho un dovere di testimonianza alla signora Cernetti. Sulla legge 20 per esempio, c'è questa differenza. Al centro dei problemi assistenziali c'è l'uomo, indubbiamente. Si tratta di capire se è un destinatario o se è un protagonista. Per esempio il Partito comunista, dopo avere difeso la legge 20 in Commissione e in aula, quando ha dovuto affrontarla nella società, in ordine al pronunciamento dei vescovi, improvvisamente l' ha mollata.
Dove vogliamo arrivare in termini di qualità della vita? Torino l'avete compressa e adesso esplode. Auguriamoci di governarla nel modo migliore, ma certamente è esplosa in conseguenza della vitalità che per 10 anni è stata contenuta e repressa. Si sono accumulate risorse finanziarie, aspettative ed esigenze che adesso vengono fuori e a queste si darà la risposta più razionale possibile, ma non si può pensare che la decisione sullo stadio, anche se teoricamente questo è vero, debba essere subordinata alla predisposizione di un piano territoriale che probabilmente troverà la sua approvazione tra 25 anni. Questa è utopia, anche se mi rendo conto, che dal punto di vista concettuale è accettabile per non dire che è obbligatorio in termini concettuali.
In questo senso noi ci troviamo in mora rispetto alla società, non questa Giunta e questa maggioranza, ma questa istituzione, per gli errori dei comportamenti politici, istituzionali e le forze di opposizione avevano una parte di responsabilità nella misura in cui queste cose non le hanno denunciate. Lo dicevamo ieri con Brizio. Nella passata legislatura impegnati come eravamo al lavoro di opposizione, non abbiamo forse sufficientemente lavorato per aggregare le forze di opposizione, che avrebbero dovuto, nel disegno che era nella testa di ognuno di noi costruire e gestire la nuova realtà. Questa forse è stata una carenza nel rapporto tra i partiti di opposizione.
Parlando di rapporto con la Città e di rapporto con la Fiat ci avete tirato per i capelli. Come potete dire che questa Giunta non dà una risposta sui rapporti con l'Europa, sui rapporti con la Città e con il resto del territorio piemontese? Che non c'è una risposta al problema Torino-Milano? Ricordo i viaggi, non so se in aerei privati o in prima classe, abbastanza frequenti fra Torino e Milano, ma in quest'aula non se ne è mai parlato. Perché? Perché affrontare il rapporto fra noi e Milano è un'operazione politica che certamente non poteva passare senza qualche lacerazione. Significava, per esempio, decidere che giudizio dare sulla canalizzazione del Po.
Sono liberale e devo quasi tutto alla Rivoluzione francese, ma l'Europa non è Parigi. Se abbiamo un rapporto privilegiato con il sud della Francia non vuol dire che siamo una Regione europea. In questo momento probabilmente la Regione europea è Milano.
Ieri nell'intervento comunista è stato detto che un rapporto con Milano, per quello che Milano ha da dare a un processo di europeizzazione dell'Italia rischia di emarginare Torino a un ruolo di localizzazione della grande azienda.
BOSIO Noi abbiamo detto l'esatto contrario. Abbiamo denunciato che è un errore considerare la Lombardia contraria agli interessi del Piemonte.
MARCHINI Allora, l'intervento che ha fatto qualcuno per il tuo Gruppo è stato mal calibrato, spesso succede che quando si parla con il cervello la lingua tradisce un po'.
L'europeizzazione del sistema non significa, secondo me, portare le auto Fiat in 25 minuti in meno nel sud della Francia, significa essere inseriti nei grandi processi di intermediazione finanziari europei e questi passano per larga parte da Milano. Sono situazioni consolidate con le quali dobbiamo fare i conti.
La diversificazione del Piemonte passa con una presa d'atto di questo.
Attenzione, cari amici! Qui sono d'accordo invece con la sinistra: puntare tutto soltanto sul territorio, immaginando che creando sul territorio una grata di sentieri destinati ai trasferimenti internazionali significhi immettere la nostra economia nel sistema internazionale, è sbagliato.
L'esempio del Frejus, che vivo tutti i giorni, ne è una testimonianza. Il sistema Frejus è partito, ormai è a regime; che si faccia o non si faccia l'autostrada, il percorso del Frejus è a regime, ma non ha indotto su Torino assolutamente niente.
Non basta fare passare i TIR attraverso il Piemonte per essere coinvolti nel processo di commercializzazione internazionale, bisogna impiantare nella nostra Regione, in particolare a Torino per questo aspetto specifico, le professionalità, le impren-ditorialità, i centri del potere economico internazionale dell'intermediazione. In questo senso, quindi, il nostro rapporto con Milano è un rapporto che fa saltare un'immagine della città che vedeva la Fiat disegnata in un certo modo e con una miriade di personaggi dall'altra parte con le bandiere rosse.
Perché nella passata legislatura il confronto con Milano non si è avviato? Perché non si voleva questo, cari amici. Allora anche questa risposta la dobbiamo dare, la dobbiamo avviare.
Devo ricordare ai colleghi, soprattutto a quelli di non vecchia nomina che la terziarizzazione del Piemonte è un processo che la sinistra ha sempre osteggiato, perché significava mobilità sociale, quindi mobilità elettorale, significava una qualità della vita che in una qualche misura poteva mettere in evidenza alcune disuguaglianze sociali che spiacciono a tutti, ma che non possiamo non riconoscere esistere.
Una delle persone che più stimo qui dentro, il Consigliere Rivalta, ama dire: "Attenzione al processo di terziarizzazione indotto dal Frejus." Significava cambiare un'immagine che la sinistra aveva di questa Città e di questa Regione e che questa Giunta e questa maggioranza non possono capovolgere =in un giorno, neanche in un anno; sarà tanto se riusciremo a muovere il percorso, perché la guida delle istituzioni è vivere nell'alveo di un fiume che corre, rispetto al quale le istituzioni possono modificare alcune variabili marginali; non possono fare andare l'acqua in su; preso atto che l'acqua va in giù, possono fare in modo che non vada a dilagare nei campi, ma che dia il massimo di valori positivi e il minimo di danni ma non può impedire all'acqua di andare in un certo senso.
Questa maggioranza cercherà di dare una risposta, in termini politici e da partito politico nella modestia e qualche volta nel grigiore delle proposte, che sono la conseguenza di una situazione, che i partiti politici hanno il dovere di esaminare, sulle quali debbono confrontarsi e discutere per arrivare; ognuno per la sua parte, alle conclusioni che considereremo più utili per la nostra società.
Quindi, cari amici, non è che non ci sia un salto politico significativo tra la vecchia e la nuova maggioranza. Troppe volte si è detto che si usava la terminologia dei passati documenti e che sostanzialmente si faceva riferimento alle stesse cose. Sono convinto che qui nessuno di noi ha delle visioni della società e degli obiettivi molto diversi. Ci conosciamo troppo bene. La società è andata troppo avanti per immaginare che quello che immagino io come quadro ideale per il quale lavoro sia molto diverso da quello per cui lavora il mio amico Amerio. Sono diverse le strade che percorriamo per arrivare ad uno stesso risultato. E' quindi ovvio che quando parliamo dei risultati abbiamo l'impressione di dire le stesse cose. Però le nostre differenze sono forti rispetto ai comportamenti nei momenti in cui le nostre prospettive si devono concretizzare in atti politici significativi.
Torniamo ai cancelli di Mirafiori. Il processo di modernizzazione è stato ostacolato dalla sinistra in modo massiccio. Il fatto che questa Giunta prenda atto che la modernizzazione del sistema e l'innovazione tecnologica sono canali obbligati attraverso i quali passa questa società è una constatazione coraggiosa che la sinistra non ha mai fatto, perch dietro a questo c'è anche la consapevolezza e la presa d'atto, caro Rivalta, che questa società, questa Regione pagherà storicamente non alcuni prezzi, ma passerà attraverso alcuni passaggi.
Il Consigliere Rivalta ci diceva l'altro giorno una cosa sconvolgente e cioè che, vista la moltiplicazione demografica nel mondo, che è minore nei Paesi industriali avanzati, questi probabilmente verranno investiti da forti correnti migratorie. Ma non avverranno per caso, ma perché si creeranno nelle realtà industriali avanzate delle situazioni socio economiche che metteranno a disposizione condizioni di vita più umane. Noi ne siamo lieti dal punto di vista dell'uomo al centro delle cose, siamo ben lieti che milioni di persone troveranno nel nostro Paese condizioni di vita più umane.
Questo vuol dire che la storia non si congela.
Così come il problema della disoccupazione non può essere visto come una palla al piede o come una conseguenza distorta di un processo, è un elemento di un processo con il quale bisognerà fare i conti. Dovremo anche realisticamente dirci che cos'è il terziarie. E qui veniamo ad alcune domande.
Qualcuno mi chiede: cosa diciamo alla gente? C'è nel documento della Giunta, bisognerà soltanto avere qualche pudore di meno. Mi riferisco al Consigliere Staglianò. Qualcuno ha avuto l'infelice idea di introdurre in questa sala, in termini provocatori, sperando di avere immediatamente l'adesione dell'Assessore, il problema di Sestrière.
Qualche Gruppo politico ha già avuto le anticipazioni di questo disegno, che è volutamente provocatorio e irritante nel primo momento; poi quando ci si ragiona su, si capisce che il progetto Sestrière è stato probabilmente disegnato tutto (in termini politici non in termini di impresa) per poter presentare ai politici l'ultima diapositiva. Il progetto Sestriere è un progetto finanziario, non è un progetto territoriale (per adesso). Si dice semplicemente, per supplire in genere alla non adeguatezza delle strutture turistiche del Piemonte, in ispecie della Valle di Susa e di Sestrière, bisogna agire in termini radicali, ma non perché questo sia nella testa di qualcuno cattivo e brutto (anche in questo caso con il cilindro in testa, questa volta però magro perché deve sciare). No. Non è così. Ci hanno illustrato e spiegato come la portata media degli impianti in Europa è di 3.000 persone-ora mentre la portata media di un impianto in Italia è di 250 persone-ora e che l'intervento pubblico nelle Regioni speciali in Italia e nel resto d'Europa, rispetto a questi investimenti, è di una certa percentuale, che certamente scandalizza l'Assessore. Ho colto la vicenda Sestrière in termini emblematici per spiegare cosa vuol dire la terziarizzazione e non è una specie di girone o di settimo cielo cui fare riferimento. Sono questioni estremamente serie che richiedono risorse coraggio, investimenti se si vogliono fare. Altrimenti si possono anche non fare, ma allora lo si dice.
L'ultima diapositiva dice brutalmente: "se il sistema pubblico rispetto all'iniziativa turistica è disposto a dare quello che in tutti i Paesi danno ai nostri concorrenti i poteri pubblici, noi andiamo avanti su questo progetto, altrimenti chiudiamo".
Questo non è un fatto di volontà, ma un'oggettiva constatazione: se non si fanno gli interventi con il livello di redditività internazionale questi interventi a Sestrière non si fanno. Immaginate che l'Austria ha un budget turistico superiore a quello dell'Italia e, come voi sapete l'Austria non ha il mare, non ha i laghi, non ha grandi città storiche, ha soltanto , qualche pista. Allora, se si parla di turismo inteso come occupazione del tempo libero è una cosa, ma quando parliamo di turismo inteso come terziario, come settore cioè in grado di produrre occupazione bisognerà capire che ci misuriamo con una domanda specifica, qualificata rigorosamente determinata e resa obbligatoria dalla concorrenza internazionale.
Il Consigliere Staglianò ha fatto ancora delle battute sulla neve artificiale. Ma la neve artificiale è neve. Nella politica turistica internazionale la neve è quella artificiale, l'altra è un puro incidente di percorso, tant'è vero che chiediamo la dichiarazione di calamità naturale perché ha nevicato.
Negli USA, da anni, la neve si fa con i cannoni da neve, se poi Giove Pluvio ne manda dell'altra, allora la si spala: questa è la filosofia che c'è dietro una moderna stazione invernale, non è la visione romantica di quattro amici che battono 1e piste a piedi.
Allora, si può non volere o si può volere, ma si deve sapere che il turismo moderno, soprattutto il turismo montano, è una certa cosa. Poi possiamo rifiutarlo.
Le domande che sono di fronte a questa Giunta, a questa maggioranza, a questo Consiglio regionale sono nuove e difficili da immaginare.
Per esempio sull'Università non bisogna avere, attraverso un sistema gattopardesco, la tentazione di non parlare della seconda Università per far si che non si faccia, ma non bisogna neanche avere, sempre in termini gattopardeschi, la miopia di non parlare della prima Università permettendo che continui a essere quello che è, cioè una non-Università.
Parlare dell'Università in Piemonte significa in primo luogo chiedere al Governo nazionale alcune giustificazioni per il fatto che il Piemonte è in rapporto 1 a 10 rispetto alle risorse con la Lombardia per l'Università.
Anche questo fa parte del rapporto MI-T0. Quando torneremo ad avere il primo Politecnico d'Europa, o comunque d'Italia, e avremo la Facoltà di matematica più significativa d'Italia e magari le Facoltà di informatica più avanzate d'Italia, a quel punto, il confronto con Milano lo faccio volentieri, se so che mi misuro con una regione che ha a disposizione per l'Università dieci volte le risorse che ha il Piemonte, allora ho qualche difficoltà, qualche preoccupazione ad avvicinarmi a Milano. Allora, caro Villa, parliamo pure della seconda Università, ma parliamo anche della prima, che in questo momento è in una situazione drammatica. La seconda Università è pensata per rendere un servizio migliore, ma la prima non dà un servizio. Questa è la realtà brutale che in questa sala da qualche mese non viene più considerata.
Il bisogno della gente, la sanità. Il documento è molto brutale, in termini di coerenza, per dire che questo è un discorso da parlamentare puro non è una difesa ad oltranza. L'attuale Assessore era Presidente dell'USSL l-23 a Torino. Mi sembra un po' curioso che improvvisamente si scopra che quello che dicevano le opposizioni inascoltate per dieci anni retrograde, reazionarie e revanchiste avessero qualche fondamento.
Ma siete, veramente sicuri che la gente voglia quel tipo di risultato che scriviamo nei nostri documenti? Se voi chiedete ad una donnetta che cosa sa.della sanità, risponderebbe che per essere curati agli occhi bisogna andare in Spagna e che per essere curati di cancro bisogna andare in Francia. Sa solo quello, perché non si è mai preoccupata di sapere se il medico di base è il medico di famiglia, se il sistema sanitario è attivo o passivo, se i medici hanno un contratto unico oppure se sono considerati dipendenti come gli altri. Sa però che ci vogliono sette mesi per un'analisi e sa comunque che il sistema piemontese è tale per cui un piemontese, se vuole farsi curare, va in Francia per quelle stesse operazioni che, per esempio, i marchigiani vengono a fare a Torino nelle cliniche private convenzionate con quelle regioni. Ho l'impressione che la domanda esca un po' dagli schemi classici del servizio, della prestazione concetti ai quali siamo legati.
Noi liberali riteniamo che per forza di cose il Piemonte si sia di nuovo collocato in una dirittura che ci mette nelle condizioni di poter immaginare che Piemonte e Torino saranno un'area forte dell'Europa del futuro. Non perché qui è concentrato il meglio dell'imprenditoria piemontese, ma perché intorno a quella realtà dovranno nascere necessariamente, pena la morte della stessa attività imprenditoriale, una qualità di servizi, soprattutto una ricerca di servizi alla persona di grandissimo livello.
Noi misureremo la gestione in termini di proposta degli indirizzi programmatici della Giunta, nella misura in cui si converrà con noi su questa constatazione che a Torino alcuni soggetti, non quelli politici hanno fatto delle scelte precise, le quali comportano grandi benefici sul piano dell'azienda, ma soprattutto grandi benefici sul piano della società e della qualità della vita.
Intorno a una grande azienda moderna che vuol diventare leader nazionale, europeo ed internazionale, non ci può essere un habitat e un territorio provinciale, ci deve essere un habitat, un territorio europeo internazionale, mondiale che dia ai cittadini del proprio territorio i servizi che danno il meglio della qualità della vita a livello europeo e internazionale.
La Giunta si troverà, tra breve, a dover fare delle scelte che riapriranno tra di noi uno scontro politico difficile. Se ci fosse Viglione alla Presidenza della Giunta, probabilmente disegnerebbe un arazzo.
Gli anni settanta erano gli anni della ricomposizione, erano gli anni del grande trauma dell'esplosione dell'urbanesimo su Torino. Questi sono invece gli anni del rilancio del Piemonte e di Torino, attraverso l'europeizzazione della nostra regione, ma non allargando l'au-tostrada del Frejus o facendo la Voltri-Sempione, che non sono sufficienti, ma avviando un processo che miri a considerare le nostre decisioni, finalizzate a fare del Piemonte e - consentitemi di dire - della Liguria e della Lombardia un'area omogenea. La dimensione regionale non è più sufficiente, bisogna ragionare nei termini in cui si ragiona a Bruxelles dove per regione si intende l'area omogenea. Dobbiamo ragionare in modo che questa fortunata area possa non soltanto realizzare le condizioni della sua conti-nuità quale protagonista della trasformazione industriale, ma soprattutto possa cogliere le opzioni in positivo che ne possono derivare ai cittadini in termini di qualità della vita.
La gente si aspetta di vivere in un ambiente più tutelato e vi posso assicurare che il management delle grandi aziende non ha nessuna voglia di vivere in una realtà depauperata dal punto di vista ambientale perch altrimenti si trasferisce. Di aree di questa natura fortemente industrializzate ce ne saranno molte. E' l'opzione di questo management che sarà raro e prezioso, sarà determinata soprattutto dalle qualità ambientali in cui lo manderemo a vivere, quindi centri di ricerca, servizi turistici di grande livello e di grande significato. Che nella provincia di Torino ci sia il più grande impianto di neve artificiale d'Europa ci deve fare riflettere: è una delle condizioni per realizzare questo tipo di nuova realtà.
Abbiamo una responsabilità grande nei confronti dei cittadini che aspettano decisioni che li riguardano, ma abbiamo anche responsabilità gravi rispetto a cittadini che su questo hanno già scommesso, investito e vinto la prima battaglia.
L'azienda ha vinto il primo round, il secondo round non lo vincerà più da sola. Si pone il problema di recuperare il nostro rapporto col sistema industriale perché il sistema industriale ha potuto al proprio interno dietro ai propri cancelli dopo averli chiusi e lasciato fuori i santi (o magari i terroristi, secondo i casi) realizzare e vincere la prima fase senza e magari contro la società politica. In quest'aula è stato fatto un dibattito che aveva per oggetto un certo numero di licenziati FIAT che non erano assenteisti, sicuramente, e non erano neanche di quelli che andavano a zappare la vigna il sabato pomeriggio, ma erano licenziati per altri motivi. E qui li abbiamo difesi.
La prima fase il sistema industriale ha potuto realizzarla e vincerla.
Se però il sistema urbano e il sistema generale degli Enti locali non riusciranno a dare intorno all'azienda quel complesso di situazioni che viene chiamato qualità della vita, il sistema industriale non potrà scendere sul territorio come ha fatto l'Olivetti ad Ivrea, negli anni '50 per realizzare la qualità della vita che si riteneva minimale per proiettare sul piano internazionale un'azienda che era basata soprattutto sul "management". Su questo non ci sono grandi differenze politiche.
Ho l'impressione che le differenze politiche sono sui prezzi che si devono pagare, sui sacrifici che si devono fare.
La politica è soprattutto questo. Non è la contemplazione dei processi ma è atteggiarsi rispetto ai processi in ordine ai pesi che si devono affrontare, ai prezzi che si devono pagare, ai sacrifici che si devono fare. La lotta politica è fatta di questo.
In questo senso ho l'impressione che il discorso del Consigliere Bontempi debba essere in qualche misura considerato dalla maggioranza. Fra maggioranza e opposizione, fra Giunta e Consiglio, deve esserci un circuito di ragionamento, che possa uscire da queste aule e andare nella società, in modo che rispetto a questi processi la maggioranza, la Giunta e l'opposizione possano fare la loro parte, come diciamo noi avvocati: "conoscendo le carte"; perché non c'è niente di peggio che fare una causa con un collega che non ha visto gli atti; il collega che non ha visto gli atti si gingilla, chiede il rinvio, fa delle pregiudiziali strane. A me sembra che il primo compito che la Giunta deve affrontare nei confronti delle istituzioni e della società in generale sia quello di mettere tutti nelle condizioni di conoscere le carte. In questo senso il rapporto con la FIAT va ripreso, il rapporto con la società va ripreso per metterci nella condizione, di nuovo, di conoscere le carte.
Noi riteniamo che per errore di tutti, ma per massima responsabilità della maggioranza passata e della Giunta passata, le istituzioni, in particolare quella regionale, per troppo tempo non hanno potuto vedere le carte.
Questa Giunta non ha sui propri tavoli le carte della realtà, deve costruirle, deve ritrovare i rapporti, le informazioni, i collegamenti sui quali ragionare e decidere.
Anche solo l'opera di messa a disposizione delle carte sulle quali lavorare e decidere è un modo di rilanciare il senso d'essere di questa nostra istituzione. Questa è la vera preoccupazione perché in tutti i vostri interventi, egregi colleghi al di là della componente critica o del sostegno al discorso della Giunta, mi è sembrato di cogliere questa preoccupazione di fondo, che l'amico Bontempi ha fatto emergere in modo chiaro. Cosa siamo, chi siamo, cosa facciamo, per cosa lavoriamo, per cosa ci impegniamo? Se questa Giunta potesse, in termini ragionevoli, farci capire chi siamo, per cosa facciamo;-, su cosa lavoriamo e su cosa incidiamo, ho l'impressione che le distanze rispetto ai tempi passati sarebbero del tutto evidenti, comprensibili e apprezzabili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.
BOSIO Signor Presidente e signori Consiglieri, volevo esordire con due preliminari che mi nascono avendo avuto l'opportunità di sentire altri colleghi.
Uno è questo: se il documento presentato è una prima e parziale generica bozza, una scaletta di lavoro, potevate dirlo e scriverlo senza fare le dichiarazioni che avete fatto, senza rilasciare le interviste, che avete rilasciato, senza chiamarle: "indirizzi programmatici", perché gli indirizzi sono una cosa certa, precisa, sono delle scelte.
Avete presentato un programma. Oggi non ci si può trincerare dietro il fatto che in realtà si è scherzato, che erano solo primi, elementari esercizi di calligrafia. Allora interviene veramente la questione del tempo che è passato.
Il secondo preliminare è un ringraziamento al compagno e collega Rossa per gli auguri che ha fatto al nostro Congresso di avanzare sulla strada della democrazia.
Non credo però che la democrazia passi dagli aeroporti dell'alessandrino. A ognuno la sua ricerca.
Vorrei ricordare cha alla nascita del pentapartito noi indicammo tra l'altro un aspetto preciso che a nostro giudizio avrebbe sicuramente caratterizzato il futuro di questa alleanza, di questa maggioranza, di questa Giunta. E cioè che essa avrebbe dovuto fare i conti, e conti duri con tutta la passata esperienza decennale di governo delle sinistre.
Con quel passato ci si sarebbe dovuti misurare mentre per noi in un modo o nell'altro era d'obbligo far diventare tempo di ricavare lezione dai limiti, pure evidenti, che erano venuti crescendo nella esperienza nostra di governo e di guardare avanti, di cercare di cogliere i segni più profondi dei cambiamenti, delle trasformazioni sociali, delle pensioni delle dinamiche, dei bisogni e delle domande nuove sul piano culturale e sul piano ideale, per cercare di adeguarci, per trarne lezione, per proporre scelte, sbocchi più avanzati e democratici per l'intera collettività regionale, per riuscire a ricavarne anche una più elevata capacità di governo.
Nella nostra stessa funzione di opposizione cerchiamo, credo non possa essere negato, di esercitare, per quanto ci riguarda e ci compete, anche un ruolo e una funzione che non sfugge sui problemi alla necessità e all'esigenza delle scelte.
Al termine del dibattito sul programma presentato dalla Giunta credo sia possibile constatare come avverate per intero o quasi le nostre previsioni. Badate, in questo c'è anche un marginale elemento di incertezza, perfino un minimo di moto sentimentale verso un passato che noi non vogliamo far rivivere così come è stato perché consideriamo superato dalla sua stessa capacità di costruire le condizioni nuove per un futuro nuovo; ma che ritroviamo qui a ogni pie' sospinto dallo stesso documento programmatico risollecitato sia pure in modo generico dai richiami e dallo sforzo, ahimè vano, dell'attuale maggioranza e Giunta di adeguarsi ad esso di adagiarsi su di esso, sui suoi segni almeno in termini di superficie per farne un punto di appoggio.
Una Giunta è un'alleanza che - sono parole del Presidente - è nata per svoltare radicalmente, per cambiare profondamente, per essere il riscatto del Piemonte, nata per eliminare l'insopportabile scentratezza nel cosmico ordine della borghesia conservatrice di un Partito comunista al Governo della Regione, ebbene, non può far altro che riconfrontarsi con quelle esperienze e non trova di meglio che affidarsi in molti casi programmatici ad una affermazione di continuità, ad una ricopiatura stentata, come lo sono tutte le ricopiature a memoria, a poche e non felici interpretazioni delle fonti. Ci ha vagamente tentato in un peraltro pregevole intervento il collega Petrini, tentando di dare questa definizione: "è una continuità di un programma che a sua volta era un'altra continuità"; ma mi sembra difficile da sostenere.
C'è poi un pizzico di buon conservatorismo, per non perdere la propria identità del tutto, e una sostanziale resa agli avvenimenti, agli accadimenti, ai processi che li sottendono in questa Regione. Nella sostanza, un.pericoloso vuoto culturale, un affanno molto trasparente a dire qualcosa (perché deve pur essere detto in un programma) di unitario di ispiratore in una maggioranza talmente vasta da parere l'esercito di Dario, ma che muove ai tre punti cardinali.
Che lo si voglia o no, credo si debba tutti noi e, per tante ragioni ognuno con la sua storia culturale, ideale e le sue scelte, prendere atto che con il suo bagaglio di grandi e meno grandi tragedie e di ancor più piccoli drammi come quelli della neve, il mondo e con esso la società regionale vanno verso il duemila.
Viviamo un'era di trasformazioni profonde lo abbiamo detto, lo scriviamo; un'era di trasformazione degli assetti produttivi, di quelli sociali, dell'intera struttura del potere- per questo c'entra Torino, la Regione e la FIAT - dei modi di vivere e di pensare, mutamenti in gran parte nuovi con i quali tutti si confrontano. E non abbiamo da ridire n vogliamo porci come gli unici testimoni di questa situazione. Tutto questo è misurabile e visibile in modo certo e chiaro, qui in Piemonte con dimensioni, con traumi, con potenzialità anche grandi. Sono processi in corso sui quali occorre adeguare indagini, interpretazioni e sfide.
E su tutto questo, sui costi sociali, sulle scelte da compiere che si misura, e per intero in qualsiasi collocazione, lo spessore ideale culturale delle forze politiche, il ruolo, l'autonomia, le funzioni delle istituzioni e dell'istituto Regionale. E' un passaggio lungo, difficile e del tutto inedito per l'intera umanità, non affrontabile con vecchi strumenti di intervento e di analisi dentro il quale si misurano conflitti aspri in grado di determinare oggi la qualità futura di una società intera a seconda dei loro sbocchi e delle forze che vogliono governare questi conflitti e questi processi. In questo non ci sono né equivoci di mezzi n equivoci di finalità.
Il Piemonte è un pezzo di testimonianza di come sulle spalle di duri sacrifici imposti alle forze attive e migliori del paese sia andato avanti un disegno di formidabile concentrazione del potere capitalistico sia in termini economici che finanziari.
Il collega repubblicano Fracchia nel suo intervento usava una frase, un modo di dire ormai troppo usato "sistema Italia o impresa Italia", "sistema Regione o impresa Regione". Termini giustamente e formidabilmente ridicolizzati dell'economista Ruffolo. Sistema Italia o sistema Regioni? Chi? La FIAT che fa mille miliardi di utile producendo di meno e con molto meno occupati? Sistema Italia,la Montedison che si getta nella grande finanza mentre la chimica italiana segna 5.000 miliardi in passivo? Sistema Italia, la Borsa, che sale alle stelle, ma con una crescita che va a zero? L'impresa Italia della finanza pubblica che va in rovina essendosi accollata oltre che le strozzature di un vecchio sistema di potere anche le spese di queste gigantesche operazioni di ristrutturazione, di riconcentramento di potere? Altro che l'industria e l'industriale Agnelli che contro e senza i politici fa le operazioni che fa! Chi ha pagato quei costi immani scaricati sull'intera collettività? BRIZIO Chi ha governato il Piemonte? BOSIO Chi governa questo paese? Scusa Brizio attorno a questioni che hanno dimensioni di ordine internazionale, tu mi stai chiedendo chi governava il Piemonte? E' l'impresa Italia dei disoccupati, dei cassintegrati, dei giovani senza lavoro, delle donne espulse dalla produzione, degli anziani e dei pensionati che pagano 700 lire il biglietto del tram? Conviene smetterla con una certa cultura che sottintende o si esprime attraverso certi linguaggi che non sono né nuovi né moderni vogliono solo nascondere il segno e il senso preciso, vero e duraturo di uno scontro di classe, aspro e duro entro il quale c'è chi vince e arraffa e c'è chi perde e paga.
Quando, tra l'altro, parliamo di un vetro lo vediamo collocato là, non tra di noi; è un vetro con l'esercizio reale del potere e delle scelte.
Voglio richiamare l'attenzione su due questioni, la prima questione è riferita si problemi dell'innovazione. Noi comunisti riteniamo necessario e indispensabile per noi, per le classi lavoratrici, per il movimento operaio intero assumere il problema dell'innovazione, della sua qualità, della sua estensione in tutti i settori produttivi, nei servizi, nella scuola, nelle infrastrutture civili, nella pubblica amministrazione. Questo per assumere fino in fondo un disegno che comporta la modificazione anche della stessa cultura programmatoria, nostra e della sinistra per non parlare di una modificazione profonda anche di quello che citava il compagno Tapparo ma che guardano ad un modello sociale da pieno impiego, però di progresso, di crescita reale della qualità della vita. Infatti proprio l'attuale quadro delle cose qui in Piemonte, come nel paese intero, indica che la sfida dell'innovazione non è volta alle singole imprese, ma alla cosiddetta "capacità sistemica", cioè all'interazione di economia e di società, di stato e di mercato, di industria, di servizi di scienza, di cultura diffusa, di ambiente, di amministrazione pubblica.
Qui sta una novità decisiva, un dato portante di un programma che voglia essere all'altezza delle sfide, delle svolte, della subalpinità. Ma forse era un lapsus freudiano di autodifesa, per non dire subalternità con questo programma che appare vuoto, debole e privo di spessore ai grandi dominatori che le scelte le compiono, e sul serio, agli Agnelli che dicono che loro usano i governi e il potere politico, se ne servono, poi li buttano: "radi e getta", ai Romiti, per i quali il profitto è il vero e l'unico valore etico.
Se c'è il rischio in questo paese che verremo gettati tutti, mi sa che prima verrete gettati voi, cari colleghi della maggioranza. Liberalismo e privatismo non riescono più perché i fatti e i processi reali sono concretezza spigolosa, dura à mascherare. Proprio l'attuale fase della rivoluzione tecnologica e scientifica rende più che mai necessario un governo dell'innovazione e una strategia generale di coordinamento e di programmazione tra pubblico e privato.
I luoghi della produzione diventano sempre più parte di una filiera di servizi, di consulenza, di strutture finanziarie di vendita. Concordiamo con determinate analisi del collega Marchini, anche se, a volte, ha delle fughe illuministiche. In una realtà così piatta si può finire di essere scambiati per lucciole.
Cresce in: modo del tutto incontrollato e quasi impercettibile un tessuto di medie, di piccole e di piccolissime aziende per effetto di un decentramento, frutto di attività residuali, ma in molti casi anche frutto di una nuova e sempre più alta qualificazione. Aumenta il bisogno di servizi alle imprese, necessità ed effetto stesso dell'innovazione; non solo di interventi sulla tecnologia, ma anche di riorganizzazione della stessa impresa e del sistema intero che circonda le imprese. Si fanno più forti le istanze sociali che rappresentano nuove e più avanzate potenzialità per una occupazione altrettanto nuova e qualificata.
Viene fuori così la necessità di un intervento molto articolato, fatto di investimenti, di politiche redistributive, di processi di mobilità sicuraménte, che una parte delle forze che si richiamano a noi, devono ancora conquistare, per alcuni aspetti, di nuovi e continui processi formativi, di servizi qualificati, di potenzialità territoriali da assecondare e da esaltare, che richiamano l'esigenza di nuove articolazioni dei poteri; di nuove politiche generali.
Perché ho richiamato questo? Se la realtà è questa come si fa a non vedere che quelle grandi aziende capitalistiche come la Fiat, alle quali è stato consentito una riconcentrazione immensa di poteri, di finanze, oggi possono determinare in un punto cruciale della situazione del nostro paese le scelte e l'autofinanziamento che vogliono, ma al 18% dei tassi di interesse; questo è il dato presente oggi nel nostro paese. Il differenziale dei tassi è il più spropositato fra tutti i paesi industriali dell'occidente. Come fanno le centinaia e migliaia di aziende che sono cresciute e crescono in piccola e piccolissima dimensione? Ci sono questioni di ordine generale che vanno poste prima di tutto sul piano della politica e non solo della politica economica.
Noi siamo impegnati, anche duramente, a ricostruire ed allargare, sulla base di questa nuova realtà, la nostra capacità di risposta di governo a questi processi a queste realtà sicuramente in forte movimento e in sommovimento.
Però in questa fase, il banco di prova per voi è qui, è questo programma, sono i suoi segni, per la verità molto flebili. Mi pare che si misuri fino in fondo l'inadeguatezza vostra alla sfida che così sprezzantemente alcuni di voi avevano lanciato alla sfida che la società regionale sta proponendo a tutti.
Mi pare di vedere qui per intero il segno di un fallimento di egemonia culturale oltre che politico. I numeri non esprimono di per se stessi egemonia e cultura. Forse sta anche qui una delle ragioni di un collante delle forze del pentapartito che, per molti versi, appare strano. Ci sono persino delle coincidenze di nomi. Io avevo scritto: "il collante di un comune mezzo tono grigio, chiaro scuro". Il collega Marchini ha tenuto a precisare che il grigio non è un brutto colore. Credo che stiano proprio così le cose. C'è qui un collante che è rappresentato da una resa a priori a confrontarsi con i gravi e i complessi problemi della società e della crescita regionale. Il collante è questo arretrarsi, è questo non affrontarli fingendo di lasciare campo a indeterminate forze che metteranno in moto chissà cosa.
La seconda questione discende direttamente dalle cose che ho detto. E' la questione dell'istituto regionale. Così, come nella crisi, nei suoi processi, nelle modificazioni che essa induce si consuma il compromesso tra le ragioni del capitalismo e le esigenze reali della democrazia. Basti solo pensare al potenziale dirompente che sta nei processi innovativi e nei segni del loro uso per quanto attiene al determinarsi e al formarsi di nuove e più potenti sedi di decisione e di potere. Chi le controlla? Non sta più in piedi un determinato compromesso sociale, politico 'ed istituzionale. Occorre dunque che si assuma per intero il ruolo, la funzione alta, decisiva delle istituzioni e delle autonomie locali, della Regione in particolare. Occorre garantire un'autorevolezza piena, una credibilità reale, efficienza, fiducia ai poteri regionali, se ci si vuole confrontare con una società intera e se non si vuole soggiacere ai più forti e pesare sui più deboli.
Chi può avviare un coordinamento reale tra pubblico e privato? Chi pu orientare risorse e organizzare scelte complesse, fare interagire settori aree se non le istituzioni democratiche? Se non il loro ruolo, se non la loro funzione? Occorre che questo consesso subalpino stia sotto alle Alpi ma stia sopra per dignità, per responsabilità, per capacità di proposte per autorevolezza di indirizzo e di governo e si affermi con autorevolezza.
In realtà - e non è una battuta - sta sotto non solo alle Alpi ma anche in termini di vuoti, di incertezze, di avvilenti mortificazioni nel senso istituzionale. E ciò che è avvenuto ieri verso sera e una indicazione.
Non è così che si governa realmente una regione come questa e non penso che questo sia il potenziale reale di questo intero Consiglio. Frutto di questo stato di cose è proprio il modo e le ragioni che qui hanno portato al pentapartito ma lo è anche la formula stessa. Pensate, qui si è giunti ad una maggioranza, frutto di un calcolo politico che nasceva dentro lo scontro nazionale tra le forze del pentapartito, che segnava e segna ancora più oggi la fine del tentativo di dare all'alleanza a cinque un valore e un ruolo strategico. Pare che il bilancio della Difesa sia caduto sotto i colpi del Parlamento. Lo dico per sottolineare come quella scelta che voleva imporsi, come quella dei mille anni, con un grande valore strategico e che avrebbe dovuto garantire una serie di questioni, stia sfrangiandosi cadendo, stia creando situazioni di corrosione dell'intero assetto e dell'intera struttura democratica di questo paese.
Il pentapartito in Regione dove è nato e in quale momento? In quelle sedi come arma e strumento di una lotta segreta da usare nei momenti opportuni. Il Vice Sindaco di Milano, socia lista, usci qualche giorno fa con una sortita: "Se togliete Craxi, la Giunta di Milano cadrà". Noi non accettiamo quelle questioni. Così qui è nato il pentapartito. Non è tanto frutto di litigiosità, ma del fatto che la società da cui si aspettava il rilancio, la crescita, lo sviluppo, se le fosse stata garantita piena libertà di iniziativa di mercato, meno vincoli, in realtà ha creato ulteriori, pesanti e più gravi squilibri, divaricazioni dirompenti fenomeni nuovi di accaparramenti di ricchezza e di potere.
Se si vuole guardare,questa Giunta è nata da un fallimento e in questo si spiega anche la debolezza e l'incapacità nello stendere un programma corretto e coerente. E' già esposta sull'orlo di altri ed eventuali fallimenti, per questo niente può consentire a questa Giunta e maggioranza di osare qualche cosa, di arrischiare idee e progetti, di avanzare qualche passo coraggioso in una parte o nell'altra.
La società regionale, quella comunità piemontese, termine tante volte richiamato, pagano e pagano duramente.
Nessun personalismo, dunque, non ci sogniamo di negare alcune delle capacità individuali. Non ce ne voglia, dunque, l'Assessore Genovese sappiamo bene distinguere il grano dall'olio - mi consenta solo di dire che però è l'intero campo che dà il raccolto, e ahimè!, ho paura che andremo verso anni di carestia se queste cose durano!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio che conclude il dibattito da parte dei Consiglieri.
BRIZIO Il nostro Gruppo chiude con il mio intervento la sua partecipazione al dibattito sul programma, che ha cercato di dare con ampia disponibilità attraverso gli interventi autorevoli dei colleghi Petrini e Villa e del vice Capogruppo Nerviani.
Abbiamo cercato di limitare i nostri interventi perché ci saranno le repliche della Giunta. Siamo compartecipi di questo esecutivo e ci sentiamo fino in fondo responsabili.
Riteniamo che il documento sia tempestivo e sia un buon documento organico, con una parte generale positiva e con la parte dedicata alle politiche settoriali molto bene indirizzata.
Abbiamo sentito critiche di vario genere.
La collega Bresso ha voluto fare dell' ironia. Diceva Giovenale: "difficile est non satiram scrivere". Fare dell'ironia può essere un modo di partecipare al dibattito. L'unica cosa certa è che allora non si pu gabellare il proprio intervento "come una cosa seria", per riprendere la citazione di Pirandello. Forse la collega Bresso, che è una buona ricercatrice, dovrebbe fare quello che non ha fatto, caro Bosio: leggere il documento programmatico '80/'85 e farne oggetto di una ricerca...



(Voci in aula)



PRESIDENTE

BRIZIO



PRESIDENTE

Mi riferisco al programma della Giunta del quinquennio '80/'85, battuto con quattro macchine da scrivere e presentato con tre numerazioni di pagine, 1a prima da pag. 1 a 20, la seconda dalla 1 alla 16, la terza dalla 1 alla 69. E' stato discusso il 26 novembre 1980 e la discussione si è conclusa 1'1.12.80. Una ricerca vi consentirà un confronto ed un approccio più serio ai problemi.
Trattavasi allora di una Giunta che aveva governato per cinque anni e quindi non aveva problemi di rielaborazioni, di ripresa di contatto con il potere cui avete fatto riferimento.. Il punto di partenza è lo stato del Piemonte. Non c'è in noi la volontà di arrenderci agli avvenimenti o di non fare i conti con i dieci anni passati con cui siamo obbligati a fare i conti; tali conti stanno scritti nello stato del Piemonte. Il dato per questa partenza del programma è la presa di coscienza dal malessere e del declino della nostra Regione. C'è una caduta occupazionale non soltanto fra i giovani a causa della pesante ristrutturazione industriale, c'è un'avanzata del terziario superiore molto limitata.
Non si tratta di correre dietro a Milano, si tratta di crescere. Il terziario è stato per molti anni al tempo stesso mitizzato ed esorcizzato come qualcosa di negativo, di non connaturale al Piemonte.
Abbiamo avuto un riequilibrio territoriale all'indietro, c'è minor disequilibrio tra la provincia e la capitale che è andata indietro. Stiamo correndo il rischio dell'isolamento, c'è il prevalere dell'asse centrale nello sviluppo: siamo veramente in quella crisi sociale cui ha fatto cenno Staglianò, crisi assai vicina a quella del 1861 dopo la perdita della capitale d'Italia.
Siamo in uno dei momenti più difficili del Piemonte e con questa si tuazione dobbiamo fare i conti.
L'obiettivo di fondo non può che essere un grande sforzo per il rilancio dell'economia piemontese. Il che non significa semplicemente cedere al privato, lasciar fare, abbandonare lo stato sociale; al contrario, significa trovare un punto d'incontro tra pubblico e privato avere la capacità di legare le forze e le risorse umane per spingerle verso una nuova fase di progresso e di ripresa.
Certo lo stato nazionale dell'economia pesa, ma il prodotto lordo ha incominciato a riprendersi. C'è stata una perdita occupazionale pesante ed una grande ristrutturazione del sistema produttivo e anche un lento ritorno del capitale - all'investimento, senza di che non c'è ripresa economica.
Noi riteniamo che solo nell'incontro tra pubblico e privato ci sia possibilità di sviluppo per il Piemonte.
Ma se questo è lo stato della Regione quale comunità, c'è anche uno stato della Regione quale ente: una situazione finanziaria difficile, una rigidità di bilancio sulla quale pesa la situazione nazionale; la mancata legge sulla finanza regionale, la carenza di risorse, l'eccesso dei vincoli.
Qualcuno, citando Donat Cattin ha detto: "non si può solo piangere sulla scarsità di risorse". E' vero, però ne vogliamo prendere atto e colgo l'occasione per parlare della polemica nata su discrepanze di valutazioni e posizioni diverse. La capacità di discutere e di affrontare i problemi è una grande ricchezza della D.C.. Forse è questa grande ricchezza che ha fatto si che la nostra forza politica continui ad avere un grande consenso un grande radicamento nel Paese.
Dobbiamo però prendere atto della rigidità legislativa. Il complesso delle leggi di questi 15 anni costituisce un affastellamento che talvolta rende difficile l'operatività dell'Ente. E' necessario un riesame del quadro legislativo regionale che il programma richiede con chiarezza, v'è necessità di una revisione complessiva, vi sono dei vincoli ed è su questi vincoli che deve incidere l'azione della Regione. La Regione ha una possibilità di intervento diretto sulla realtà che è limitata ma importante: gli interventi della programmazione regionale. Si torna a parlare di programmazione concreta che lega risorse e progetti, non di una programmazione velleitaria al di fuori di quelle che sono le possibilità concrete di intervento diretto. Questa legislatura dovrà essere segnata da alcuni punti importanti- che qui sono stati oggetto di dibattito e tra questi va posto primariamente l'assetto degli Enti locali e l'attuazione del processo di delega che è stato fermo in questi anni e che si deve portare avanti se si vuole avere un colloquio diverso con le autonomie locali e rilanciare il rapporto di credibilità e di partecipazione. Deve andare avanti anche il problema di una nuova legislazione urbanistica. Se ne è parlato molto, noi non siamo in una posizione, nei riguardi della Legge 56, tale da respingerne i principi, ma abbiamo detto più volte anche nell'ultima legislatura quando si trattarono le modifiche della Legge 56 che purtroppo l'impianto della legge non consentiva modifiche adeguate ai fenomeni nuovi e quindi a portare avanti un governo del territorio efficace. In definitiva le modifiche più illuminate della Legge 56 hanno finito di andare ad aggrovigliare i vincoli complessi di questa legge anziché scioglierli. Certo è stata applicata, se i Comuni non avessero predisposto i piani regolatori, sarebbe stata la paralisi totale. I piani regolatori sono stati preparati ma molti sono da approvare e tutti insieme credo, sentiamo l'esigenza di criteri diversi per la gestione del territorio, moderni più attenti alla realtà dell'economia nella quale oggi viviamo.
Un altro punto centrale è la riqualificazione della formazione professionale sulla quale molto si è dibattuto. Non siamo certo noi che non avvertiamo l'esigenza di un collegamento fra formazione professionale e lavoro.
I contratti di formazione lavoro hanno creato in Piemonte, anche se si può discutere fino a che punto si sia trattato di effettivi nuovi posti di lavoro, 6/?.000 posti oltre quelli del progetto degli industriali cui si è fatto cenno.
Noi siamo fra i pochi che fin dall'inizio hanno creduto in quella novità contrattuale e siamo convinti che si debba rafforzare la formazione professionale del secondo e terzo livello, ma la mancanza di connessione professionale del primo livello è imputabile ad una minore necessità o è imputabile ad una non adeguata preparazione, cioè a figure professionali che non sono quelle che vengono oggi richieste? Anche questo aspetto deve essere studiato con attenzione e con realismo, perché per quanto si vada avanti non crediamo che la società di domani sarà massificata verso le stelle, vi saranno, anche nella società del futuro, possibilità e azioni di tipo diverso.
Circa la politica del lavoro ci si riallaccia in parte alla fase finale della precedente legislatura con provvedimenti ai quali abbiamo dato il nostro consenso votando allora le leggi sulla cooperazione e sui cantieri di lavoro.
Sui cantieri di lavoro rivendichiamo d'essere stati noi a chiedere il finanziamento regionale. Il collega Tapparo certo ricorda.bene come nella prima stesura di legge non ci fosse il finanziamento regionale; noi dicemmo allora "senza il finanziamento regionale la legge non cammina". Oggi abbiamo la prova di quello che si diceva e si rileva la necessità di aumentare la percentuale del finanziamento regionale.
Noi riteniamo che la IV legislatura porterà anche il ritorno ai grandi investimenti strutturali. Qui la polemica si è aperta, ma la polemica sulle opere faraoniche non ha oggi più senso. Forse siamo stati tutti anche affascinati da questa lotta contro le grandi opere, però in realtà occorre prendere atto che le opere che si sono fermate hanno causato ritardi gravi per il Piemonte. E' necessaria una politica forte nei trasporti, nelle ferrovie e nelle strade, la politica dei centri intermodali va portata avanti e sta bene il finanziamento del FIO al sito, come va portata avanti anche la centrale nucleare con tutte le garanzie del caso.
Qui abbiamo sentito avanzare ulteriori riserve, inviti al ripensamento come quelli del collega Reburdo, ma la caduta del prezzo del petrolio non sarà eterna e gli economisti prevedono che non durerà oltre il 1990;è finita la grande corsa ad estrarre petrolio, l'oro nero, saremo di nuovo nelle condizioni di difficoltà sia sotto il profilo dei prezzi, sia sotto il profilo della quantità. Allora ci troveremo nelle condizioni di aver ancora bisogno di energia e la centrale nel 1990 non sarà ancora cosa fatta.
Occorre pensare ad un rilancio e ad un riordino degli enti strumentali.
Ho ascoltato tutto il dibattito dal primo all'ultimo intervento, non mi sono allontanato dalla sala consiliare se non per pochi minuti, nessuno ha trattato se non "en passant" un tema che è centrale per l'azione del Piemonte.
Occorre che la Finpiemonte diventi una finanziaria capace di intervenire con forza nel processo economico per creare le condizioni della ripresa economica della nostra Regione. Lo stesso vale per il Sito e per l'Ipla, che sono estremamente importanti su livelli diversi; occorrerà avere il coraggio di affrontare la questione del Cartografico, definirla e abolire le partecipazioni incrociate che siamo riusciti a creare attorno al Sito qualcosa di singolare e di strano.
Più chiarezza negli enti strumentali, una gestione che sia più legata agli obiettivi di ripresa economica e di sviluppo che sono culturalmente quelli che questa Giunta deve porre al centro della sua impostazione.
Questo, come ha già detto il collega Nerviani, senza fare un discorso contro l'ambiente poiché siamo per una difesa dell'ambiente ma non per il blocco all'insegna di una difesa dell'ambiente solo figurativa o poco concreta o non calata nella realtà. Sotto questo profilo rinvierei ancora l'ala ecologista che è qui presente ad un testo importante.
V'è stata proprio a Torino, all'inaugurazione dell'anno accademico, la prolusione del prof. Borello, persona culturalmente, come è ben noto collocata a sinistra, il quale, da chimico di grande valore, si è posto il problema della convivenza dell'ambiente e della vita dell'uomo con l'avanzata della tecnologia e della chimica. Nel suo discorso ha spezzato più di una lancia a favore del progresso facendo una serie di riferimenti e confronti che hanno posto in evidenza come, dove c'è questa grande società industriale, alla fine c'è il massimo di vita dei cittadini. Borello nel suo discorso ha rivendicato il ruolo della avanzata della tecnica come elemento di crescita dell'uomo.
Il vero obiettivo è quello di avanzare. Qui si è ironizzato sul sistema Piemonte. Quando si dice sistema Piemonte si intende tutto il complesso della vita economica della Regione, tutte le forze che si muovono e credo non si possa ironizzare anche se gli economisti hanno in proposito posizioni differenziate. Il sistema Piemonte va portato verso il grande obiettivo della ripresa economica cercando di raccogliere tutte le forze e allora il documento della Giunta giustamente centra il problema delle risorse complessive e quello dei rapporti con il sistema bancario e con il capitale finanziario. V'è in Piemonte una massa di capitale finanziario veramente rilevante, c'è stata un'accumulazione notevole in questi anni v'è comunque una nuova potenza della finanza piemontese alla quale non corrisponde una serie adeguata di, investimenti .
Dobbiamo anche domandarci perché questo non è avvenuto e non avviene.
Certo noi non proponiamo un'autarchia regionale che sarebbe ridicola al momento in cui si aprono tutte le frontiere, proponiamo uno sforzo autentico e forte per raccogliere forze finanziarie in Piemonte verso investimenti che rilancino in qualche modo l'economia locale.
Ci sono delle possibilità: abbiamo due grandi istituti di credito presieduti oggi da due professionisti, al di fuori di ogni critica possibile (San Paolo e Cassa di Risparmio) che , hanno disponibilità di depositi particolarmente rilevanti: di fronte a progetti e a grandi possibilità si può e si deve muovere qualche cosa. Il S. Paolo si è già mosso.
Sul numero di "Lettere piemontesi" citato nel dibattito, c'è un articolo di Zandano molto interessante che illustra la nuova fondazione dell'Istituto S. Paolo tesa a mettere a disposizione una serie di risorse proprio su questi due temi: cultura e innovazione.
C'è quindi la possibilità di raccogliere risorse se si creano delle aspettative, se il clima è quello della ripresa.
La svolta politica ha anche questo significato, un'apertura diversa di fronte alle capacità di ripresa. La svolta politica c'è perché la maggioranza è diversa, c'è un tono diverso dal 1975 e dal 1980 e noi non abbiamo mai detto che nel 1975 non ci fosse una carica particolare.
Oggi il clima è mutato, l'avvio di questa nuova svolta è più moderato più attento e più pacato e ciò non significa che essa sia meno profonda e non dia i propri risultati in una situazione di tipo diverso. La maggioranza esiste, è omogenea e garantirà la stabilità di governo in questi anni.
Vorrei ancora fare un breve accenno all'intervento di Bontempi, molto interessante. Bontempi ha posto il tema del confronto maggioranza e opposizione e anche della difficoltà dell'opposizione - di un'opposizione importante come quella comunista - a collocarsi in questo confronto ed è arrivato all'abusata dizione del vetro che separa e rende difficili i rapporti. Dobbiamo prendere atto tutti delle difficoltà complessive dell'istituzione regionale in questi anni, di fronte ad un nuovo centralismo a livello nazionale e anche di un nervosismo che nasce da questa difficoltà di contare e di pesare della Regione.
Da parte nostra e da parte della Giunta non c'è alcuna volontà di non avviare un confronto serio, di non portarlo avanti, ma credo che anche qui il discorso riguardi tutti. Probabilmente anche il Partito comunista ha i suoi problemi oggi. Indubbiamente in quest'aula ci sono nuovi piccoli Gruppi che da un lato cercano protagonismo, movimento e prendono spazio dall'altro, nell'ambito del Gruppo comunista, v'è un'ala ecologista che cammina per conto suo.
Di fronte a questa situazione anche il Gruppo comunista trova una difficoltà reale a collocarsi come forza capace di riaggregare un'alternativa e questo è molto importante. Siamo stati all'opposizione l'ultimo quinquennio, ma avevamo già i numeri per l'alternativa, avevamo un'altra carica. Da qui prendono origine difficoltà dei rapporti.
Voglio dire che la maggioranza di pentapartito aveva già i numeri nel 1980 e quindi era già possibile e numericamente presente anche se politicamente in via di maturazione.
Oggi c'è una condizione diversa del Gruppo comunista, ma tuttora credo che il confronto ci sia e si possa anche intensificare. C'è da parte nostra la massima disponibilità - che non significa consociazione - al confronto perché apprezziamo quanto possa essere utile. Credo lo si debba portare avanti su ogni problema; l'abuso delle mozioni - è una valutazione del tutto amichevole - come tema di messa in mora dell'esecutivo è una strada sbagliata, come quella di voler far apparire artificiosamente inerte ed inattiva la Giunta che ha presentato tempestivamente il programma e che ha dimostrato sul problema del bilancio forte capacità di scegliere, poiché è riuscita a passare dal bilancio tecnico al bilancio definitivo nel giro di venti giorni con una determinazione che, occorre pur riconoscere, non tutti si attendevano in un momento in cui c'è una grande scarsità di risorse.
Un accenno alla questione morale. Della questione morale si è parlato nel documento di maggioranza del luglio scorso. Poche righe, che per secondo noi sono necessarie e sufficienti. Noi abbiamo sempre sostenuto come D.C. che la questione morale non è questione politica, ma di comportamento. Quando si è fatta una dichiarazione di principio, quando si promette e si assicura un'azione di trasparenza amministrativa, il discorso riguarda poi la gestione. E' sulla gestione che si deve dimostrare anche sotto il profilo morale, coerenza di comportamento e limpidezza di azione.
E' un fatto comportamentale più che un fatto programmatico.
Non credo che su questo tema si possano ulteriormente spendere parole.
Il Gruppo comunista lo sa bene, dovrebbe essere almeno un momento di meditazione. I1 P.C.I., forse in modo convinto, ha creduto di farsi garante della moralità quando ha promesso nuovi modi di governare, governi dalle mani pulite facendosene garante. Ma non ha potuto, di fronte ai fatti, che vedere crollare queste ipotesi.



PRESIDENTE

BONTEMPI



PRESIDENTE

Noi abbiamo ritenuto di poter fondare qualche regola di trasparenza che è del tutto tema confacente...



PRESIDENTE

BRIZIO



PRESIDENTE

Ma sul tema delle regole, benché noi non fossimo entusiasti di certi aspetti della legge delle nomine, abbiamo contribuito alla sua approvazione e cerchiamo - Bontempi tu lo sai con quanto impegno - di darvi applicazione. Le regole ci sono, sono applicate, saranno applicate, ma la questione morale è una questione di comportamento e su quel terreno c'è tutto il nostro impegno e non dubitiamo ci sia anche quello degli uomini della maggioranza.



PRESIDENTE

BONTEMPI



PRESIDENTE

Noi faremo una proposta di una nuova deliberazione....
BRIZIO



PRESIDENTE

Se si tratterà di norme chiare noi saremo d'accordo, perché aspiriamo alla massima trasparenza. Il comune senso della morale c'è e va praticato negli atteggiamenti, questa è la nostra opinione, questo è il problema di fondo.



PRESIDENTE

La virtù va praticata, non predicata.
BRIZIO Anche predicata, meglio se praticata. Vado alla conclusione, perché mi pare sia tempo.
In definitiva il programma c'è, ha una sua validità ed ha ragione Staglianò quando dice: "E' vero, c'è una politica". Non è propriamente la politica che Staglianò individua, ma è certamente una politica di incontro tra pubblico e privato per una nuova ripresa della nostra Regione. Noi siamo convinti che la spinta che molti si aspettano, direi la marcia più forte della Giunta e della maggioranza, strada facendo, ci sarà e prenderà quota. Noi, come D.C., ce ne sentiamo responsabili e poniamo in questo impegno di governo tutta la tensione morale di cui siamo capaci, tutta la necessaria determinazione.
Ci auguriamo soprattutto che questi anni, ed è l'obiettivo della nostra azione, segnino veramente un cambiamento di rotta nel Piemonte, una ripresa della vita economica, una crescita della qualità della vita, un miglioramento della complessiva situazione piemontese.
Pensiamo che alla fine di questo quinquennio, nel 1990, avremo un Piemonte migliore e siamo convinti di poter contribuire a realizzarlo.


Argomento: Varie

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale relative a: elezione di Ugo Spagnoli alla carica di Giudice Costituzionale e ingresso al Parlamento del Consigliere Viller Manfredini


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, un piemontese, un torinese è stato eletto all'altissima carica di Giudice Costituzionale, è Ugo Spagnoli.
Noi ci felicitiamo con lui e con il suo partito, perché Ugo Spagnoli è stato da sempre un uomo meritevole per il suo impegno, per la sua intelligenza e per la sua capacità.
Un Consigliere che è qui con noi dovrà prendere l'aereo per Roma. Non so se l'esperienza che ha fatto qui, in Consiglio regionale, servirà, in quel gran mare che è Roma, a far emergere i problemi delle comunità locali in quella che la Costituzione chiama: "la Repubblica delle autonomie locali". L'esperienza di questi mesi probabilmente potrà essere d'aiuto a far comprendere in quali difficoltà le autonomie locali vivono e che la Repubblica delle autonomie locali deve essere realizzata come vuole la Costituzione. Complimenti, auguri e felicitazioni al nuovo eletto al Parlamento e ancora a Ugo Spagnoli, che ha rappresentato per il Piemonte una figura intemerata, che merita la carica che gli è stata assegnata.
Sospendo brevemente la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 16.45 riprende alle ore 17.15)


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Indirizzi politico-programmatici della Regione Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

La seduta riprende con il dibattito sugli indirizzi politico programmatici delle Regione Piemonte.
Ha la parola il Vicepresidente della Giunta regionale, Vetrino.
VETRINO, Vicepresidente della Giunta regionale Signor Presidente e colleghi, il "fair play" politico vorrebbe che alla conclusione di un dibattito, soprattutto per chi si accinge a replicare per primo, si debba ringraziare tutti coloro che con il loro contributo dialettico, di pensiero, di proposta, magari di satira fine a se stessa magari di denuncia talvolta pesante, talvolta del tutto gratuita, abbiano contribuito in qualche modo allo svolgersi del dibattito.
Io lascerò questo "fair play" al Presidente anche perché, in linea peraltro con la schiettezza e la rigorosità del documento che il Consiglio ha avuto di fronte, vorrei essere schietta e rigorosamente breve.
Merita subito attenzione e mi spiace che non sia presente, la schiettezza dell'intervento della collega Cernetti, che in fondo sollecitava tutti a dimenticare un brutto passato ed a voltare pagina passando dalle parole ai fatti.
Dico subito alla collega Cernetti che le sue osservazioni sono, per certi aspetti perfette, ma non lo sono più quando attribuiscono al documento della Giunta lo stesso valore di "libro dei sogni" che hanno avuto quelli del passato. E lo dico anche alla collega Bresso, perché se la collega Bresso cercava in questo documento un'elencazione di "grandi idee" quelle magari innovative, intelligenti della sua esilarante barzelletta queste idee da "scoop" giornalistico: "84 progetti", "caso Piemonte" "scenario", "Torino magica", "40 mila posti", queste cose in questo documento non ci sono.
Infatti, la sua connotazione essenziale è quella di una forte operativa. Il Piano di sviluppo con l'analisi meticolosa che abbiamo avuto il coraggio di fare su tutti gli aspetti della attività regionale, sarà più facile e aiuterà a definire quelle precise e probabilmente poche scelte di campo che la collega Cernetti voleva vedere già evidenziate in questo documento.
Devo dire ad Ala che non è vero che questo documento non sia pervaso da quella tensione morale, che significa consapevolezza delle responsabilità e delle difficoltà.
Ala evidentemente ha letto il documento perché è anche riuscito a trovare quelle poche righe sulla protezione civile. Tra l'altro siamo in un momento in cui il poter disporre di una struttura di protezione civile sarebbe interessante e importante. E' giunto un telegramma del Prefetto che ci invita a rimanere all'erta perché nella notte tra venerdì e sabato l'Italia sarà nuovamente colpita da ondate di tempo marcatamente perturbato e anche sulle nostre regioni sono previste precipitazioni copiose e persistenti. La Regione però non è ancora titolare di una delega della Protezione civile e questo spiega il motivo per cui ci stiamo avvicinando alla Protezione, civile attraverso quella dichiarazione di principio, che cercheremo di attualizzare anche attraverso la costituzione di un ufficio.
E' questa materia che compete al Presidente e credo che su questo si vorrà soffermare.
Ala deve ammettere che non c'è alcuna traccia nel nostro documento di antagonismo nei confronti della società.
C'è invece una ricerca - e mutuo un termine che mi è molto piaciuto nell'intervento del Consigliere Marchini - umile e consapevole di dialogo confronto, collaborazione con le forze politiche del Consiglio, con le forze sociali, economiche e con la gente del Piemonte.
Finalmente le proposte non piovono dal cielo ma nascono dai dati reali dalle vocazioni storiche di una società che cambia, non da velleitarismi ideologici. Certo, Ala, faremo anche le strade, per lo meno faremo quelle che nei dieci anni che sono passati non siamo riusciti a fare, speriamo almeno di poter completare quelle che rappresentano parte significativa della infrastrutturazione della nostra Regione.
Le scelte di campo ci sono. Sono venute però molte critiche che dicevano che queste scelte di campo non-esistono. Ci sono e sono quelle che discendono dagli obiettivi di fondo,, dal disegno programmatorio, dal disegno territoriale, dalle politiche di settore, sono quelle sulle quali taluni Consiglieri qui presenti hanno voluto intervenire con puntualizzazioni, con considerazioni, con integrazioni, tutte osservazioni delle quali la Giunta terrà conto con particolare attenzione.
Non c'è dubbio che tra le scelte strategiche di fondo che ha fatto questa Giunta, c'è la difesa del territorio e dell'ambiente. Qualcuno ha detto che in questo documento è quasi esaltata. La collega Bresso la considera una scelta di moda. Appartengo ad una forza politica che ha espresso sensibilità ambientale non solo con Galasso.
Concordo con Tapparo quando ci richiama alla giusta misura su questo argomento. Ma non è soltanto la giusta misura quella che ci guiderà nella difesa del territorio e dell'ambiente, è il concetto stesso di pianificazione che oggi è in evoluzione, per cui l'idea di piano deve rispondere ad una diversa concezione formativa procedurale e disciplinare nell'intento di ridare certezza di diritto ad operatori pubblici e privati e soprattutto di attivare un processo di gestione del territorio che sia in grado di adeguarsi contestualmente all'evolversi dei bisogni socio economici e ambientali ed al manifestarsi delle trasformazioni del territorio ad esso conseguenti. Non per nulla le norme della legge 431 (che si chiama "Galasso", ma che è la legge "Gullotti") considera questi provvedimenti con un valore socio-economico.
Ieri il Consigliere Petrini parlava della necessità di interpretare questa legge e lo stesso On. Galasso questa mattina in un'intervista a "Repubblica" ammette che alcune proposte di riforma sono accettabili e perfino utili. Rimane la politica di fondo, ci saranno le correzioni se saranno necessarie. Questa legge ha imposto una discussione ampia a tutto il paese sulla materia della tutela ambientale, basata finalmente su precisi elementi di riferimento.
La tutela viene fondata su un criterio oggettivo dove lo strumento del vincolo assume un valore soprattutto procedurale. Mi dispiace che la collega Bresso, al di là delle battute, non abbia colto nel documento questo concetto che per altro mi sembra in linea con le idee che lei ha espresso nella consultazione con le associazioni naturalistiche, con le quali ci siamo confrontati dopo la pubblicazione dei cosiddetti "decretini".
Infatti l'equivalenza introdotta dalla legge 431 tra piano paesistico e piano urbanistico territoriale pone la tutela ambientale ad un livello paritario, anche sotto l'aspetto formale e procedurale con la pianificazione urbanistica. Questa è una maturazione che abbiamo fatto tutti, è una maturazione che ha fatto il partito comunista rispetto a certe impostazioni del passato ed è un concetto nuovo che, tra l'altro, farebbe raggiungere una pari dignità progettuale tra l'urbano e l'extra urbano, con vantaggi sociali ed anche economici, derivanti da una valida politica di tutela e valorizzazione dell'intero territorio.
E' la linea che indicava ieri il Consigliere Petrini, quando ha iniziato il dibattito con il suo brillante intervento. Questo è al centro del disegno programmatorio.
Non piace all'Assessore Rivalta o forse non gli piace del tutto.
Ci sono stati degli interventi settoriali interessanti che però hanno distolto a volte l'interesse da parti politicamente più rilevanti del programma, per altro sottolineate sia nel volume che nella relazione introduttiva della Giunta.
Sto parlando della parte riguardante le risorse finanziarie (alla quale il collega Turbiglio mi ha delegata a surrogarlo). Non voglio ripetere l'analisi di bilancio né ricordare come si svolgerà il rientro dal deficit voglio invece chiarire, in quanto è evidentemente sfuggito, il significato di quanto abbiamo già votato in questa aula in occasione, per esempio dell'approvazione del bilancio 1986.
Abbiamo compiuto una scelta precisa, abbiamo ristabilito il nesso inscindibile che lega obiettivi di politica economica e sociale, politica finanziaria e di bilancio e politiche di assetto e gestione del territorio riconducendo le scelte programmatiche ad un quadro di compatibilità finanziaria che sola può dare concretezza ed operatività alle opzioni.
E ciò almeno per due mozioni, intanto perché noi crediamo, come scriveva qualcuno, che la vita deve essere vissuta andando avanti ma pu essere compresa solo tornando indietro e questo è il significato dell'analisi svolta. Non ho mai messo dito contro le passate gestioni. Ci sono stati - degli errori, ma chissà quanti errori faremo noi - nei prossimi cinque anni che abbiamo davanti. Vogliamo almeno far in modo di non commettere gli errori del passato. In secondo luogo perché dal risanamento economico nasce e si impone il risanamento morale. Questo lo diceva Einaudi. Il mio rammarico è per quello che non ho sentito dire in questa aula.
Accertato, come scrive Manzella che ieri è stato citato dal collega Bontempi, che con il moralismo e le indignazioni non si riparano gli scandali avvenuti né si evitano quelli ancora venturi, bisogna pensare alle garanzie, ai contrappesi, alle politiche di bilancio affinché in questo sistema si cominci a rubare dimeno.
Il risanamento economico come risanamento morale è un cardine, un punto di riferimento nuovo ed essenziale nel governo del Piemonte.
Quando, nemmeno tanto tempo fa sedevo, a volte con un po' di nostalgia sui banchi dell'opposizione, ho più volte ripetuto ciò che devo e posso ripetere in quest'aula e cioè che i bilanci pubblici non sono un fatto puramente contabile, né si tratta di una traduzione politica della ragioneria, ma sono la misura reale dei risultati di una politica. E' motivo che nasce, ma trascende non soltanto il solo governo perché il recupero del deficit interessa tutti, non è solo un obiettivo, ma è un valore politico, culturalmente vitale per la Repubblica, partendo dal Piemonte.
Quindi la questione morale la stiamo affrontando non solo nelle pagine del programma, ma con fatti precisi approvati anche in quest'aula e sono il bilancio, il deficit, la gestione della legge sulle nomine, che può darsi che creerà qualche problema, qualche devianza. Non faccio più parte della Commissione consultiva per le nomine, non conosco a pieno i problemi. Uno dei motivi con cui nella passata legislatura abbiamo affrontato il problema della questione morale è stato quello di portare alcuni punti fermi in settori particolari e tra i settori intravisti c'era quello delle nomine.
Altro segno tangibile di questa politica, oltre ai bilanci a cui ho accennato, è l'impostazione che da parte del Piemonte è stata data al Fondo Investimento e Occupazione. Stiamo creando una struttura interna capace di assicurare sulla base della professionalità ed i corsi formazione, nei quali sono occupati alcuni funzionari regionali, il massimo rigore nella elaborazione, analisi e valutazione dei progetti. Questa è una garanzia morale e lo è più di qualunque promessa, perché tende ad assicurare una dignità progettuale, che all'interno della struttura mancava, una dignità che proprio per una questione morale non possiamo lasciare all'improvvisazione.
I soldi spesi per la formazione dei funzionari sono stati quindi investiti su fondate premesse politiche e si sperava vivamente che qualcuno, oltre al Consigliere Petrini, sottolineasse questo fatto Molti hanno lamentato che non ci sono le scelte. Il motivo di fondo di Carazzoni era sostanzialmente questo. Nel programma noi abbiamo definito una serie di politiche generali e settoriali. Il riferimento di base sul quale ci stiamo confrontando con le forze sociali, produttive e culturali del Piemonte, il confronto si rifà al nodo di fondo da sciogliere per l'Italia e per il Piemonte e cioè se continuare sulla strada del ristagno, della politica giorno per giorno, di un deficit pubblico che continua a crescere oppure imboccare finalmente la strada dello sviluppo per una maggior occupazione e beneficio sociale.
Quest'ultima strada viene nei termini e nelle modalità proprie dell'ente Regione delineata nel programma come un'offerta organizzata di confronto con un piano di lavoro comune. Siamo infatti consapevoli che le energie necessarie a questo disegno devono essere molteplici consapevoli e rispettose dei meccanismi che conducono allo sviluppo.
Su questo tema noi abbiamo fornito una traccia, offerto garanzie iniziato il confronto. Il collega Rivalta chiedeva se non era il caso che questo programma venisse ridiscusso. Ma questo programma deve essere costantemente, giornalmente ridiscusso. Abbiamo di fronte la necessità di fare, nei termini, il piano di sviluppo regionale. Faremo una proposta e da quel momento incomincerà il dibattito, il confronto nella società e in questo Consiglio. Non tra venti giorni, ma da oggi, da domani comincia il confronto sulle scelte per il Piemonte.
Non è vero che questo governo, come diceva ieri il collega Bontempi non ha una alimentazione esterna - naturalmente parlo dell'alimentazione ideale della quale parlava lui. Certo occorre selezionare. Ma non è vero che non ci sia una alimentazione esterna, anzi, su questo la nostra sensibilità è continua e massima, non per nulla abbiamo parlato di apertura del Piemonte all'esterno, ma anche di apertura della Regione al Piemonte.
Questa è la legittimazione sociale, il rapporto di fiducia che stiamo costruendo tra le istituzioni e la popolazione, questo è il "sistema Piemonte", a cui vogliamo rafforzare le fragili sponde e quanto siano fragili ce lo ha indicato anche il collega Rivalta ricordandoci l'indagine di Ciriè.
Voglio rassicurare i colleghi Bresso, Bontempi, Rivalta. Abbiamo trascorso molto tempo ad elaborare il programma, solo che alla più sincera passione politica uniamo anche la testardaggine, qualcuno ha parlato di caparbietà, di coloro che, in quanto rispettosi dei meccanismi che conducono allo sviluppo, accettano proposte politiche alternative, non viziate da omissioni psicologiche, conflitti ideologici, travagli politici che altrimenti ricondurrebbero allo sfascio. Non speculiamo sui travagli altrui, ma non si può stare tutta la vita comodamente in mezzo al guado.
L'affidabilità di una maggioranza come il progresso di un confronto politico è data soprattutto da comportamenti coscienti e responsabili fino in fondo delle proprie azioni. Non è dunque questo un disegno liquidabile come un pragmatismo senza principi; è un pragmatismo fondato su taluni sani principi.
Devo poi precisare che procedendo a definire l'apertura all'esterno alla società, all'ente Regione ci siamo preoccupati di assicurare il massimo di riorganizzazione interna, cercando di eliminare (e la strada non è breve) le disfunzioni interne. Questa è una delle garanzie di sostanza e non solo di immagine che vogliamo offrire alla società.
E' una garanzia che ha delle premesse morali su un problema che non è esclusivo della Regione, come diceva Benzi, ma che è presente anche in molte aziende, che hanno organizzazioni che dovrebbero essere riorganizzate, che hanno dei disservizi, che fanno delle inadempienze delle immoralità. E questo anche nel privato.
Ci sono stati anche interventi sulla politica culturale. E' un peccato che la malattia non abbia potuto consentire all'Assessore. Alberton di ascoltare alcuni interventi, in particolare dei colleghi Sestero e Villa.
Cercherò, in verità molto indegnamente, di sostituirlo in questo ultimo scorcio di dibattito.
Noi con questo programma non abbiamo intenzione di costruire, come qualcuno ha affermato, una monocultura fondata sui miti del tramonto.
Tutt'altro: Noi riconosciamo la pluralità culturale del Piemonte e lavoriamo sui diversi piani per rafforzare le vocazioni che emergono senza voler assolutamente imporne altre. Forse non è tanto la questione del Comune o della Regione che si fanno impresari. Ci possono essere dei momenti, delle iniziative significative in cui addirittura è necessario che ci sia l'intervento diretto dell'ente istituzionale.
Il principio di rafforzare le vocazioni che emergono senza volerne assolutamente imporre altre, mi sembra che sia un principio di fondo che vada valutato per il suo significato. Questo è un punto che ha formato una parte significativa di questo programma, è un punto che è stato impostato con estremo rigore dall'Assessore Alberton e che è stato condiviso nella discussione della Giunta.
Vorrei che si rileggessero le parti di analisi socio-economica sull'ambiente, sulla cultura, sul turismo, sulla formazione professionale.
Siamo consapevoli che il cambiamento genera anche mutamenti e nuovi bisogni. Ne teniamo conto, pur nell'ampiezza e nel grado di modernità e arretratezza, che è il disegno della nostra società.
Si parla dell'emarginazione. Sappiamo quanti sono i giovani che abbandonano la scuola dell'obbligo prima del tempo? In Italia sono 200.000 in Piemonte è una popolazione numerosa che rischia di essere esclusa per tutta la vita. Questo è un problema reale e non assistenziale, che indichiamo all'assemblea.
Il valore culturale del programma parte da questa stagione dei doveri che sottende la rinascita economica e sociale che vogliamo per il Piemonte.
Il Consigliere Staglianò ha parlato delle emergenze sociali, ha ricordato una serie di categorie che sarebbero abbandonate da questo programma.
Intanto vorrei fargli osservare che talune di queste categorie, anzi proprio quelle che determinano le cosiddette emergenze sociali, sono state addirittura individuate in un obiettivo del programma.
Certo, sulle tossicodipendenze si possono anche avere delle idee diverse. Per esempio, il Consigliere Staglianò dice che in questo programma non è previsto nulla in confronto alle grandi energie della Giunta di sinistra del '76. Devo dire che certamente non è previsto nulla del programma del '76, che si fondava su luoghi comuni ed equivoci, che era favorevole alla cultura della droga, ai centri erogatori di metadone.
Nel nostro programma è scritto ben altro e devo dire che era ora.
Questi problemi danno la misura dello sforzo e dei doveri che ci attendono.
Sono scelte oculate e precise non solo per l'istruzione, ma anche per la cultura generalmente intesa.
Non è per esempio una scelta attuare una politica votata all'effimero e poi improvvisamente con ritardo decidere il restauro delle residenze sabaude, salvo poi rimandare il finanziamento al FIO dopo aver dato non centinaia di milioni, ma decine di miliardi alla politica dell'effimero.
Questo non è stato un metodo organico. E' stata una scelta di altri anni. Noi credevamo che fosse carenza di idee programmate, soprattutto in rapporto al quadro delle risorse, tenendo conto che non può esserci della casualità nella politica culturale.
Chi ricorda il caso Panza di Biumo? Una collezione che si voleva comperare, malgrado non ci fosse sulla piazza un solo critico disposto ad esporsi per sostenerla, come scelta estemporanea, casuale, senza un quadro credibile delle risorse.
Sulla politica culturale in questo programma si definisce un quadro operativo e non appeso in aria, anche se questo termine devo dire che è molto interessante. E' un programma largamente intersettoriale nella definizione della politica turistica, dell'ambiente e dei beni culturali ed ambientali. Non una cultura di semplice consumo, ma i presupposti più seri per un autentico rilancio culturale del Piemonte.
Una società diffusamente colta è anche una società più giusta. Il nostro programma ha anche questo obiettivo di giustizia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Sartoris.
SARTORIS, Assessore all'artigianato e al commercio.
Mi scuso intanto per la voce, frutto di una stagione non propriamente primaverile.
In questa fase è data ai componenti la Giunta l'opportunità di intervento sui temi specifici che sono contenuti nel documento, essendo la collegialità, alla quale richiamava Staglianò, attribuita all'intervento conclusivo del Presidente della Giunta. Devo dire che mi è difficile dire poche cose in pochi minuti su settori che sono legati a fatti ai quali parecchi interventi si sono richiamati.
Anche se è un po' di tutti la tentazione di considerazioni politiche a conclusione di un confronto così ampio. La passione del nostro impegno politico per i grandi temi, come è stato dimostrato spesso in questo Consiglio, può allontanarci dall'argomento a cui siamo chiamati a discutere.
Un documento programmatico non è un progetto, è un documento aperto che può- subire delle modificazioni anche consistenti se gli apporti-sono positivi e concreti. Si possono esprimere le sensazioni, ma forse sarebbero più gradite indicazioni di scelte alternative, motivazioni precise dell'inaccoglibilità della proposta della Giunta.
Ho seguito con attenzione tutti gli interventi per individuare le ragioni di coloro che giudicano il programma privo di una politica. Ho ricavato la convezione che forse ancora una volta con toni ironici o con atteggiamenti impegnati non si è abbandonato il gioco delle parti. Forse questa affermazione non è tutta giusta, perché la responsabilità di tutti ha giocato un certo ruolo nel portare attenzione sugli interventi significativamente più ricchi di proposte.
Nessun componente del gruppo di "signori" che sta seduto qui, come ci ha definiti la professoressa Bresso nella sua lezione, porta in sé pretese di consenso acritico.
Ho preso la parola per rispondere ad un'unica osservazione che è stata avanzata rispetto al settore dell'artigianato del quale ho la responsabilità di Giunta. E' stato detto che la Giunta non ha ancora presentato il disegno di legge sulla legge quadro e che non è stato fatto ancora nulla rispetto ai temi che travagliano il settore dell'artigianato nel particolare momento.
C'è l'impegno come ha ricordato il Consigliere Amerio, di presentare questo disegno di legge ed è in via di predisposizione, nel corso del mese di febbraio, impegno che cerchiamo di mantenere con tutte le nostre forze.
Vorrei aggiungere che nel settore dell'artigianato nel frattempo qualcosa è stato fatto, forse troppo poco. E' stata firmata una convenzione con l'Artigiancassa che consente agli artigiani di utilizzare un finanziamento di dimensione più alta rispetto al passato (da 120 a 180 milioni). E' stato inoltre assunto un provvedimento di abbassamento dei tassi di interesse che sono a carico degli artigiani per i finanziamenti.
Desidero sottolineare lo sforzo che la Giunta ha fatto, per esempio nel settore di responsabilità del quale mi occupo, l'attività delle cave tanto cara ad alcuni Consiglieri,con una corretta ed equilibrata valutazione che comprende l'esigenza ambientale con quella produttiva.
Questa ricerca di compatibilità noi la stiamo facendo, non si tratta - mi rivolgo al Consigliere Ala - di leggiadria, ma di tentativi per comporre le veramente difficili opposte necessità che oggettivamente esistono.
Ho preso la parola anche per richiamare l'attenzione sulle attività produttive. Mi pare che solo due o tre interventi si sono richiamati alla necessità di attivare delle iniziative intorno alle attività produttive da parte della Regione.
La Regione ha competenza di intervento è possibilità di svolgere un ruolo reale e incisivo. Nel momento in cui si interviene su un programma è opportuno sempre verificare quali possibilità legislative, di delega la Regione ha per incidere in determinati settori. Ebbene, nel settore delle attività produttive la Regione può avere un ruolo reale incisivo agli effetti della loro attivazione e del loro sviluppo per concorrere a superare la carenza delle fonti di lavoro.
L'altro motivo che mi ha spinto ad intervenire è la necessità di intervenire urgentemente nel campo della promozione commerciale, come ricordavano i Consiglieri Benzi e Tapparo, per diffondere sui mercati, in particolare quelli esteri, la conoscenza dei prodotti piemontesi.
Sul tema economico è stata ripetuta una esigenza indiscutibile, quella di riuscire a coniugare la crescita del prodotto interno lordo del Piemonte con la crescita occupazionale.
Che cosa può fare realisticamente la Regione a sostegno della sua economia se non rivolgere l'azione verso quei protagonisti produttivi che non possono autonomamente affrontare costi e rischi dell'innovazione inevitabilmente legata alla ricerca? I settori dell'artigianato e del commercio, che sono stati pochissimo ricordati, sono sicuramente tra i più ricchi di operatori che si trovano in queste condizioni. Noi ci siamo posti degli obbiettivi che oggi sono più raggiungibili rispetto al passato proprio perché è intervenuta la legge quadro dell'artigianato. Nel programma vi sono indicazioni che possono far avanzare l'intero asse delle politiche mirate al settore che, se valorizzate appieno, possono innescare fattori di innovazione tecnologica e produttiva e favorire l'occupazione. Si pensi agli effetti che si potrebbero avere sull'occupazione se venissero assorbiti anche solo due addetti per azienda anche solo da parte della metà delle aziende artigiane presenti in Piemonte. Mai come oggi è auspicabile nel campo delle attività economiche minori la politica dei due tempi: razionalizzare l'esistente anche con interventi contingenti, progettare il futuro con realismo tenendo conto delle competenze regionali e partendo da quelle con gli approfondimenti dovuti.
Per questo Il documento traccia linee di intervento regionale, fondate sulla snellezza delle procedure di intervento e sulla destinazione di risorse adeguate ai vari programmi. Per questo ultimo aspetto già il bilancio 1986 dimostra come, pur in presenza di un'ulteriore riduzione di disponibilità generale, la Giunta si è coerentemente mossa aumentando gli stanziamenti per l'artigianato. Non solo. La Regione è dotata di enti strumentali, ai quali occorre riconoscere un ruolo importante di progettazione e di esecuzione come lo ha ricordato il Consigliere Brizio.
Non possono rimanere inutilizzate le risorse di questi enti o presso questi enti. La Finpiemonte ha un fondo di riserva straordinario di 24 miliardi: certi meccanismi vanno rivisti.
Ma interventi in altri settori economici sono indicati nel programma sui quali però non si è avuto modo di acquisire proposte e posizioni: il commercio, settore vissuto in Piemonte all'esterno dei grandi processi di riorganizzazione socio-economica, che hanno caratterizzato gli ormai lontani anni '50 e '60 la promozionalità. La nostra Regione, malgrado abbia continuato ad incrementare negli ultimi anni le sue esportazioni in valori assoluti, non l' ha fatto con i ritmi di crescita delle esportazioni complessive italiane, né di quelle del complesso delle regioni settentrionali; di conseguenza la nostra regione ha visto diminuire anche il suo ruolo rispetto alle esportazioni nazionali i servizi alle imprese, funzione che la Regione è legittimata a promuovere e a guidare attraverso i mezzi che ha o che può predisporre. La rincorsa tecnologica delle imprese richiama in questo campo, come non mai più cospicue risorse e la Regione, come il programma indica, intende farsene carico.
Sono d'accordo con chi afferma che esistono spazi che consentono di andare al di là delle risorse regionali intese in senso stretto. Mi pare che gli indirizzi programmatici siano animati anche da questa convinzione.
Sono tra coloro che credono alla necessità di modificare la conduzione dell'attività regionale proprio in ordine agli interventi nei settori economici. L'ammodernamento e il rilancio di Torino e del Piemonte, che tutti considerano indifferibile,, passano, come sarà dimostrato, attraverso lo sprigionarsi di risorse e di energie che esistono e che è compito dell'istituto regionale far emergere con un'azione capace, idonea a rivitalizzare un giusto ed equilibrato rapporto tra pubblico e privato.
Personalmente - e chiedo scusa ai Consiglieri - non posso ritenermi soddisfatto del dibattito perché non vi ho colto indicazioni tali che possano migliorare nei settori che riguardano la mia responsabilità specifica, le proposte introdotte nel documento .
Anch'io voglio dire a Bontempi che in questi due giorni non ci sono stati vetri di sbarramento tra la Giunta e il Consiglio. Forse il confronto, mantenendosi nell'ambito di strategie di parte, ha segnato il passo e ha parzialmente impedito quella scintilla, che cercheremo di provocare con i fatti e con il lavoro che Consiglio e Giunta si apprestano à svolgere per i prossimi anni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi, ne ha facoltà.
BONTEMPI Non ho diritto di parlare, può anche non essermi concessa la parola, ma voglio spiegare l'atteggiamento del mio Gruppo. Siamo stati molto incerti se lasciare l'aula dopo la replica del Vicepresidente.
Credo che sia inammissibile un atteggiamento così spregiativo nei confronti di quanto abbiamo detto e di quanto abbiamo fatto in questi anni e liquidatorio sulla base di motivazioni inesistenti. Non credevo, che si sarebbe arrivati a questo punto. Disapprovo il modo.con cui sono stati trattati due argomenti, e chiederò il verbale naturalmente. E' stato detto che nel '76 siamo stati "portatori della cultura della droga" .
Noi dichiariamo la nostra grande preoccupazione per questo atteggiamento che purtroppo continua nelle repliche. Se non ce ne siamo andati probabilmente è perché non abbiamo ancora imparato che siamo in un clima in cui non bisogna lasciarne cadere una.
Annuncio fin d'ora, poi starò zitto e vi chiedo scusa di questo non dovuto intermezzo, che il nostro atteggiamento dopo questa replica muterà profondamente, perché non è assolutamente accettabile questa situazione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerutti.
CERUTTI, Assessore ai trasporti Colleghi Consiglieri, sarò brevissimo anche perché particolari divergenze sulla problematica della viabilità e dei trasporti non sono nate dal dibattito consiliare in questi due giorni di programma.
Ho voluto cogliere due aspetti che mi sembrano estremamente importanti sollevati dall'opposizione comunista (l'intervento di ieri di Bontempi e quello di questa mattina di Rivalta) e dal Consigliere Marchini che ha trattato con la stessa preoccupazione un problema focale su quello che sarà lo sviluppo dell'attività amministrativa regionale in cinque anni.
La preoccupazione dei colleghi Bontempi e Rivalta era rivolta ad un centralismo gestionale di Torino come struttura che agisce privilegiando l'area centrale torinese? Questa preoccupazione non dovrebbe esserci e non mi sembra che emerga dal documento programmatico dell' amministrazione. C'è invece un riferimento che potrebbe destare in noi una certa preoccupazione.
Marchini ha accennato in modo molto valido alcuni aspetti. Faceva riferimento a problemi ine-renti i rapporti esterni, non secondari ma pregnanti sul ruolo che la Regione deve svolgere nei confronti della fabbrica, intesa non in senso generico, ma per indicare la Fiat, rapporti non secondari che avranno valenza sul futuro della Regione.
Sono rapporti politici, ma possono anche essere aspetti economici, che ci turbano e ci preoccupano. Giustamente Marchini ha accennato a problemi nati negli anni '70, quando gli Enti locali hanno dovuto sopportare uno sviluppo abnorme della città di Torino per tutta l'immigrazione e una serie di fatti che hanno interessato il territorio e hanno visto concentrare su Torino una massa di risorse che hanno penalizzato l'altra parte del territorio.
Siamo di fronte ad alcuni segnali abbastanza significativi: non a caso si parla di Lingotto, di Sestriere, della pista della Mandria, per strutture o altro.
Cosa significa tutto questo? La preoccupazione di non subire un'altra volta delle scelte che vengono imposte all'Ente locale e che siamo costretti a subire. Non voglio invadere il settore del collega Moretti, ma una considerazione su Sestriere è di dovere. Di fronte ad un fatto indiscutibile, il progetto Sestriere può rappresentare un momento eccezionale di sviluppo e di ripresa, soprattutto per l'immagine che viene data: neve artificiale, aspetti occupazionali, grande rilancio di immagine nel mondo europeo. Non può essere una penalizzazione dello sviluppo che il settore del turismo deve avere sull'intero arco Alpino e pertanto sugli aspetti che riguardano un turismo di carattere generale? Nella sostanza ritengo che anche Marchini abbia voluto sottolineare un aspetto: la Regione Piemonte non può dirottare o pensare di risolvere problemi di questa natura solo con la propria forza. Problemi di questo genere sono da riportare nella giusta dimensione, cioè in una dimensione nazionale e non per ricercare di nuovo i soliti contributi o per avere dei finanziamenti.
Vorrei sottoporre ai colleghi un dato estremamente significativo che dovrebbe farci pensare. Abbiamo aperto da poco l'autoporto di Susa ed è immediatamente scattata da parte della vicina Regione Val d'Aosta la protezione sul suo autoporto. In quale modo colleghi? Non per dare dei servizi migliori. Mentre noi siamo costretti a far pagare un minimo di tassa di gestione (25.000 lire per ogni funzione) la Val d'Aosta vara una legge, ed il Governo gliela approva, dove non solo è gratuito tutto questo servizio, ma addirittura viene suddivisa una quota di incasso per l'IVA (visto che è una Regione autonoma e l'IVA viene completamente trattenuta gli operatori sono invogliati in questa direzione perché percepiscono addirittura 10.000 lire per ogni operazione).
Quando per il Sestriere si fa riferimento che le vicine Regioni hanno queste possibilità di iniziativa, bisogna anche rendersi conto che con situazioni economiche e condizioni ovviamente giuridiche di tipo diverso la Regione Piemonte non può assolutamente reggere un confronto di questo genere, che al di là del servizio, al di là di tutto quello che potremmo inventare, è sicuramente perdente nel turismo in modo particolare. Pensate che cosa può significare l'IVA e pertanto che cosa potrebbe essere l'investimento che il turismo da solo creerebbe nella nostra Regione. Non avremmo bisogno in questo settore di ricorrere ad altri finanziamenti.
Questo ci deve servire per tutta una serie di settori estremamente importanti.
Nel settore della viabilità e dei trasporti abbiamo fortunatamente elaborato (questo era un settore non definito sicuramente, ma che ci dava un pochino di respiro sotto l'aspetto di programmazione; è stato riconosciuto anche dal Consigliere Rivalta stamattina nel suo intervento) l'avvio di una struttura interportuale non secondaria per il trattamento delle merci, soprattutto in una regione come la nostra e il discorso su Rivalta Scrivia, che il collega Mignone ieri ha richiamato nel suo intervento e che secondo lui ha visto la Regione Piemonte un po' in sordina o dietro le quinte. Devo dire che sono perlomeno cinque anni che affrontiamo questo discorso con serietà con la vicina Liguria per far capire che il Piemonte non vuole impossessarsi di una fetta di economia ligure quando parla di Rivalta Scrivia e quando parla di collegamenti con i porti liguri. Abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a sostenere che l'indirizzo della legge di partecipazione nel capitale societario di Rivalta.
Scrivia è un discorso che vede le due Regioni pagate da una ripresa di attività portuale che premierà sicuramente la Liguria e il Piemonte, visto che è il retroterra naturale di quel porto che, negli anni, forse per attrezzature non più all'altezza dei compiti, forse per altre ragioni, ha perso capacità operativa.
Così dicasi per i rami secchi. Ala nel suo intervento dice che non si parla più di rami secchi. I colleghi lo sanno benissimo. Ci siamo trovati di fronte ad una situazione "semplice" di fronte ad un atto governativo: o la protesta pura e semplice o la ricerca di finanziamenti regionali per tenere le Ferrovie-(in questo caso avremmo eliminato qualsiasi decreto) o un confronto con il Governo che prevede sicuramente la ricerca di fondi che la Regione non avrebbe, per mantenere delle strutture che riteniamo siano parte di un patrimonio dello Stato.
Sono problemi: ne ho accennato qualcuno soltanto nel settore della viabilità, dove Ala continua a sostenere che abbiamo troppe strade, che cerchiamo di realizzarle con termini prioritari.
Marchini giustamente sottolineava che non è sufficiente un collegamento stradale per rilanciare un'economia, ma soprattutto per sentirci europei nel vero senso della parola. Però Marchini sa benissimo che se la Val di Susa continua ad essere così isolata da un contesto, se l'alto Novarese o il Verbano risultano essere sempre isolati, se tutta una serie di emarginazioni territoriali non vengono recuperati, almeno come possibilità di rilancio, sul quale poi indubbiamente si misura la capacità di una Amministrazione, di una Giunta, di un intero Consiglio per- un rilancio vero e proprio, diventa difficile capire come possiamo affrontare certi problemi o creare queste premesse.
Chiudo, chiedendo anche scusa se in determinati momenti forse la passione, forse vivere vicino a problemi reali porta anche a dimenticare un "fair play" o comunque atti o atteggiamenti che devono essere sempre alla base di comportamenti politici.
Voglio dire ai colleghi che il mio stile è quello di un aperto confronto con tutti. Ringrazio Rivalta per il termine datomi di "Rocky" per due ragioni semplici: perché siamo alla quarta edizione, mi hanno detto,di Rocky, perciò significano quattro legislature e forse sarebbero troppe perché è un personaggio sempre attuale. Ma soprattutto per un fatto che voglio cogliere: sarà anche pesante perché è un peso massimo, però è un pugile e un pugile colpisce sempre di fronte mai dietro la schiena e pertanto accetta questo dialogo e questo confronto, soprattutto usa i mezzi che ha.
Sono stato accusato da Rivalta che questo piano decennale, questi soldi in qualche modo li portiamo a casa, forse utilizzando certamente un "collegamento verticale" come l' ha chiamato stamattina. Colleghi, ci sono certi momenti dopo aver fatto certe scelte di fondo. Non possiamo sistematicamente tornare a discuterne soltanto. Ora in un momento di confusione generale, basta leggere i giornali, cade Spadolini, cade la Falcucci (cade l'accidenti), la mia preoccupazione era quella di portare più fieno sulla cascina in tempi validi, in modo che di fronte a momenti di vacche magre ci fosse almeno un minimo di sopravvivenza.
Al di là di questo, volevo dire ai colleghi che certamente ci aspettano momenti difficili, il fatto di utilizzare qualsiasi forma e qualsiasi pressione di tipo politico corretta per realizzare degli obiettivi che sono ormai patrimonio di questo Consiglio, oltre che di una Giunta, che vedono una continuità (il caso vuole) in questo programma illustrato dalla Giunta dove questo discorso ritengo sia collocato correttamente. Vi è una problematica rimasta in sospeso quella del piano delle Ferrovie, e noi ci auguriamo, avendone fatto preciso riferimento nel piano generale dei trasporti, di poterlo riportare anche sul territorio in termini operativi.
Questo lo vedremo certamente prima del mese di giugno. Avevo pronta la risposta all'interrogazione del collega Pezzana sul nodo di Torino. Il quadruplicamento su Torino, che significa collegamenti veloci, la mobilità il considerare queste infrastrutture a sostegno di un economia che deve decollare, il fatto che Torino deve farsi carico dell'innovazione tecnologica, sfida questa sicuramente vincente e pagante, sono prospettive che ci devono però far attentamene pensare e tenere presente che in questo sforzo c'è la Regione composta da più province, da più tasselli importanti e significanti per il ruolo che dovrebbero svolgere.
Questa sarà la scommessa, al di là del protagonismo. Del fatto che magari i partiti piccoli, così come ha detto Brizio ogni tanto sgomitano o usano lo spillo. Noi non soffriamo del fatto che tutti i giorni aprendo il giornale vediamo che sul programma della Regione c'è lo scontro fra DC e PCI: ne prendiamo atto, ma vogliamo anche dirlo e ribadirlo che in questo confronto fra DC e PCI c'è sempre comunque un supporto e un contributo che questi partiti minori socialisti e laici riescono comunque a dare a qualsiasi tipo di Giunta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.
GENOVESE, Assessore al lavoro e all'occupazione.
Signor Presidente e colleghi, sono dispiaciuto per le manifestazioni di intemperanza che ho avuto ieri nei confronti del collega Amerio e che non nascevano dalla convinzione che rivolgesse verso di me, come persona, una critica serrata e dai toni abbastanza netti, bensì perché mi sembrava, per usare l'espressione che il collega Amerio ha usato, che quando ci si appresta a dare delle valutazioni o a ricercare i percorsi per dare soluzione ai problemi dell'altra "metà del cielo" occorra una prudenza maggiore di quanta ieri non sia emersa dall'intervento di Amerio.
I problemi dell'occupazione, l'altra "metà del cielo",sono difficili complessi ed in prospettiva drammatici, non possono conoscere semplificazioni né si possono risolvere mettendo in stato d'accusa una Giunta che opera da poco tempo; sono problemi, questi, e concordo con quanto diceva il Consigliere Bosio prima, che ci trascineremo dietro a lungo, che ci impegneranno per tanto tempo, al di là delle vicende delle maggioranze e delle opposizioni, ai diversi livelli istituzionali, ma soprattutto a livello Regionale.
Impegneranno la capacità, la creatività e la fantasia della classe politica del nostro Paese, se ancora c'è questa fantasia e questo impegno e se la consapevolezza dei ruoli istituzionali e delle responsabilità che sono affidati, ritornerà all'altezza che è richiesta e si tradurrà nella tensione ideale di tempi che paiono ormai sempre più lontani.
Dovendo rispondere su alcune cose precise, mi è consentito fare poche osservazioni di carattere generale, non potendo purtroppo raccogliere gli stimoli che derivano dalle osservazioni, dalle critiche e dalle proposte che sono state fatte, avendo un grado di libertà, di "movimento" minore di quando sedevo nei banchi dell'assemblea come Consigliere.
Però alcune osservazioni vorrei farle. Sento anch'io, come il collega Bontempi, un certo disagio, ma non da oggi e non dal momento in cui sono cambiate le maggioranze all'interno della Regione e da quando abbiamo presentato i lineamenti programmatici di questa Giunta. Lo sento e lo avverto, come altri colleghi all'interno del Consiglio, da quando è caduta progressivamente - e non credo sia solo nella nostra assemblea - la capacità di affrontare e svolgere il ruolo istituzionale che ci è affidato forse per un deterioramento oggettivo della vita politica istituzionale nel nostro Paese, dei rapporti tra i Gruppi, dei rapporti con la società e per la difficoltà di ritrovare il filo di una corresponsabilizzazione istituzionale sui grandi problemi che va al di là e viene prima della divisione tra maggioranza e opposizione.
Credo non ci sia e non debba esserci difficoltà - ho sempre pensato così, almeno personalmente - a raccogliere gli stimoli, le critiche e le osservazioni e a valutarli con la convinzione che una maggioranza, il Governo, deve avere un insieme di obiettivi definiti, rispetto ai quali deve però essere aperto il dialogo per alimentare la ricerca di proposte e di soluzioni. Ed io credo che questa volontà contraddistingua la Giunta al di là delle difficoltà e di quanto possa magari in alcuni momenti apparire.
Come ritengo, per l'esperienza che ho vissuto che non sia stato difficile, neppure nel passato, riuscire a porsi come interlocutori nei confronti delle maggioranze in un clima politicamente corretto, che ha consentito, non sempre ma per lunghi periodi, di raggiungere e realizzare importanti convergenze attorno a problemi che attengono alla vita e al ruolo dell'istituzione.
Ieri il collega Bontempi ha detto che sente un disagio crescente e si è chiesto se c'è la capacità di ricreare la consapevolezza del ruolo istituzionale della Regione; questo non è certamente solo un problema della Giunta.
Anch'io provo disagio all'interno dell'assemblea, in un avvio difficile di rapporti, di approfondimento, di alimentazione culturale e politica e di proposte adeguate per affrontare i problemi della nostra Regione.
Per me questa è la vera questione morale. Credo cioè, che in questa sede la prima questione morale sia quella di riuscire, nella diversità dei ruoli, a ridare fiato all'istituzione e di riscoprire e definire un ruolo preciso per le istituzioni in un contesto così difficile, sia sul versante dei rapporti con il Governo centrale, sia sul versante dei rapporti con la società civile, economica e culturale della nostra Regione.
Detto questo, vorrei fare alcune annotazioni molto brevi, andando per punti e quindi in modo schematico.
Curiosamente ieri osservavo che quando nel novembre del 1980 ci fu la discussione (scusa Bontempi vado indietro anch'io un momento, come il mio Capogruppo Brizio) sui lineamenti programmatici della Giunta, intervenendo per il mio Gruppo facevo sostanzialmente due osservazioni: nei lineamenti programmatici della Giunta mancava la considerazione del problema della FIAT e c'era scarsa attenzione ai problemi del riequilibrio territoriale ed economico della nostra Regione. Gli stessi rilievi vengono oggi posti dal Capogruppo P.C.I. alla Giunta.
Non so se sia casuale e se, al di là delle cose che tutti pensiamo l'evoluzione della vicenda economica e sociale della nostra regione negli ultimi anni porti ad enfatizzare, in certi momenti, il ruolo che Torino deve svolgere in una situazione generale di cedimento e di crisi che ha creato difficoltà su tutto il territorio regionale.
Il contesto è però profondamente mutato; 5 anni fa si pensava ad un riequilibrio territoriale basato soprattutto su infrastrutturazioni fisiche equilibrate e sul "decentramento" industriale; oggi occorre misurarsi con problemi ben più complessi e difficili, ma all'interno di questi credo rimanga come obiettivo centrale (e debba rimanere) il riequilibrio territoriale, cioè la realizzazione diffusa ed equilibrata di condizioni culturali, economiche sociali e di una accettabile qualità della vita come il collega Rivalta questa mattina ricordava.
Ed una parola credo di dover dire anche sul problema della FIAT. Questo problema ritorna all'attenzione avvicinandosi la scadenza del 30 giugno prevista dall'accordo del 1983, anche se ovviamente ha implicazioni che vanno molto al di là di una scadenza definita da un accordo tra le parti.
Il problema della FIAT, che oggi di nuovo si presenta, è quello di un gruppo che, contrariamente a quanto alcuni pensavano nel 1980 (e lo facevamo osservare allora dall'opposizione alla maggioranza di sinistra) non ha conosciuto un declino produttivo inarrestabile anche in presenza di un processo di internazionalizzazione crescente e di concorrenza sempre più forte.
All'interno di profondi processi di ristrutturazione la grande impresa rappresenta un punto di riferimento per il rilancio produttivo del Piemonte, che rimane una regione industriale con una base produttiva forte su cui innestare nuovi processi di-terziarizzazione collegati allo sviluppo del settore industriale. Noi non siamo una regione che ha visto svilupparsi, come in Lombardia, il terziario avanzato e i servizi finanziari; ma dalla crisi sta rinascendo - pur con tutte le difficoltà sul versante occupazionale - una regione industriale moderna che può affrontare i problemi gravi e difficili dell'occupazione, dell'equilibrio interno e perseguire il raggiungimento di tassi di occupazione compatibili con una situazione di evoluzione economica, di tenuta sociale e democratica non proponendosi obiettivi di concorrenzialità (forse ciò non è chiaro nel documento) o di competitività nei confronti della Lombardia, ma realizzando un livello adeguato di innovazione e di modernizzazione.
Dobbiamo quindi sottolineare la necessità e favorire la modernizzazione complessiva del "sistema Piemonte" e la diffusione dei processi innovativi sul nostro territorio; ma abbiamo anche problemi di tenuta sociale e democratica e problemi di giustizia che non possono essere trascurati a fronte di una situazione occupazionale gravissima e di un cedimento complessivo del mercato del lavoro della nostra regione.
Non credo sia il caso di ritornare puntigliosamente sui dati riguardanti il tasso di disoccupazione nella nostra regione; mi limito a dire che non si tratta di dati errati, quanto di un utilizzo diverso (discutibile come in ogni caso) dei dati statistici risultanti dalle rilevazioni - trimestrali allargate dell'ISTAT, elaborati dall'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro.
Nella redazione della nota congiunturale da parte dell'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro si usano le medie mobili ponderate degli ultimi tre trimestri, mentre nella relazione programmatica della Giunta si è fatto un confronto fra il 1980 e il 1985, utilizzando i dati risultanti in modo "secco" dalle rilevazioni trimestrali.
Il dato di Novara, la cui disoccupazione risulterebbe del 10% al mese di luglio di quest'anno, nasce dalla elaborazione dei dati contenuti nell'indagine sulle forze di lavoro in Piemonte, pubblicata dalla Regione da cui risultano complessivamente 220.000 unità come forze di lavoro e 22.000 persone in cerca di occupazione.
Abbiamo quindi un dato secco, riferito a quel trimestre, che è confrontato col trimestre dell'80; il dato perciò non è errato, mentre l'utilizzazione del dato avrebbe dovuto meglio evidenziare che era significativo per la valutazione della dinamica occupazionale e non per la valutazione della situazione occupazionale in un determinato momento.
Credo comunque che nell'utilizzazione di questi dati - lo dico anche per me e per la Giunta - occorra una certa prudenza, perché si tratta sempre di dati statistici e quindi bisogna fare riferimento anche al modo con cui sono stati raccolti e al significato che hanno.
Per essere occupati, secondo questa indagine, basta aver lavorato un'ora nella settimana di riferimento; cioè se una persona rientra nel campione e ha lavorato un'ora nella settimana di riferimento ai fini statistici - risulta occupata, qualunque sia l'occupazione che ha avuto per un'ora in quella settimana.
Ma al di là dei dati su cui si è discusso noi abbiamo una dimensione del fenomeno che è nota da anni e che il collega Tapparo aveva evidenziato come "sacca di disoccupazione critica" all'interno della massa complessiva dei disoccupati in Piemonte, in occasione del convegno del 1984: una sacca critica di 75-100.000 persone che difficilmente riescono o riusciranno a inserirsi nel ciclo produttivo per va- rie condizioni, per il protrarsi di una condizione di inoccupazione che rende sempre più problematico l'inserimento, o per l'età.
Con l'ultima rilevazione abbiamo notato un cedimento delle caratteristiche complessive del mercato del lavoro nella nostra regione che preoccupa e che richiede di non eludere la domanda che il Consigliere Staglianò poneva.
Continua a crescere il tasso di disoccupazione. Ma abbiamo il cedimento delle forze di lavoro, degli occupati e dei disoccupati e la diminuzione della cassa integrazione; tutti questi aggregati hanno segnato una flessione, indicando chela situazione di crisi è giunta a un punto di cedimento complessivo del mercato del lavoro in alcune aree importanti della nostra regione.
Se questa è la situazione in cui dobbiamo operare concordando largamente con l'intervento fatto dal collega Tapparo, ma anche con le osservazioni (se sfrondate da alcune punte critiche) del collega Amerio credo che dobbiamo dire che non siamo di fronte solo a una condizione in cui si realizza un mix tra ristrutturazione e innovazione nella nostra regione, bensì di fronte a una situazione ben più complessa: siamo una regione in cui c'è un mix di innovazione e di modernizzazione che non pu essere negata e che è importante in prospettiva per il rilancio della capacità produttiva, ma siamo anche in presenza di aree di profondo cedimento, di disgregazione sociale ed economica che realizzano un miscuglio esplosivo e che pongono in termini ben più gravi che per il passato, il problema del riequilibrio territoriale per realizzare condizioni diffuse ed omogenee una accettabile qualità della vita che erano alla base delle ipotesi di programmazione della nostra regione.
Per quanto riguarda l'agenzia del lavoro e il problema del prepensionamento (collega Amerio, consentimi di dirlo non in termini polemici) siamo stati fermi poiché per la volontà politica, espressa in Consiglio regionale, l'approfondimento è stato assegnato alla Commissione consiliare competente.
Nel programma della Giunta ci sono delle indicazioni, forse minime per motivi di economia del documento, ma parallelamente c'è il lavoro politico che sta andando avanti in Commissione e che mi pare sia sfociato nell'incarico al collega Tapparo di stendere un documento base che costituisca il riferimento per eventuali iniziative legislative nei confronti del Parlamento da parte del Consiglio regionale o comunque per il confronto che si deve aprire con il governo centrale in merito alle proposte di politica del lavoro che il Ministro De Michelis ha formulato su queste ci dovremo a breve termine confrontare all'interno della nostra Regione e unitamente alle altre Regioni per dare il contributo politico e di proposta che a noi è richiesto in un momento importante, quando a livello nazionale sono in discussione le nuove politiche del lavoro e la politica industriale ed è necessario che le nuove norme tengano conto della particolarità e della specificità dei mercati di lavoro e dei sistemi produttivi esistenti all'interno della realtà italiana.
Per il resto mi sono scontrato con difficoltà reali di gestione, per quanto riguarda l'Assessorato che mi è affidato e devo dire con semplicità e schiettezza che mi è parso, nella fase iniziale di attività, già abbastanza impegnativo e importante cercare di dare continuità al lavoro che era stato precedentemente impostato per la scarsità delle risorse che abbiamo registrato in applicazione delle leggi che la Regione si è data.
E' chiaro che l'attuazione della legge sulla cooperazione pone problemi non semplici e certamente dovranno essere riviste alcune norme. Stiamo dando vita al "fondo di garanzia", che era previsto dalla legge e si sta cercando di affinare gli strumenti di analisi e di definizione, affinch queste iniziative, magari limitate, ma significative di "job creation" corrispondano, per serietà d'impostazione e per ragionevole prospettiva di espansione produttiva, a quelle esigenze che erano alla base del provvedimento e non vanifichino la prima esperienza concreta di "job creation" che la nostra Regione ha avviato.
Per i cantieri di lavoro, e quindi su un versante ricollegabile al sostegno della domanda pubblica in generale, devo dire che la particolarità applicativa di questa legge pone problemi non semplici che in prospettiva dovranno essere da tutti nuovamente valutati.
Il problema, oggi, non è solo quello dell'espansione dell'intervento ma della sua finalizzazione e di una valutazione più approfondita del Lampo di applicazione della legge, perché stiamo creando delle situazioni, in prospettiva oltreché delle situazioni socialmente preoccupanti che possono crearsi nella fase post-cantiere, che sono molto simili a quelle create dalla legge n. 285, anzi peggiori, anche se più contenute. Siamo infatti in presenza di una manodopera normalmente qualificata, che presta servizio temporaneo in servizi socialmente utili, molte volte in servizi di carattere culturale e che al termine dei sei mesi ci chiede, pressantemente qual è la loro prospettiva e il loro futuro. Alcuni occupati nei cantieri sono arrivati a dire che li abbiamo illusi perché non hanno nessuna possibilità concreta, finita questa esperienza, di immettersi stabilmente nel mercato del lavoro.
Quando si realizzano interventi concreti della Regione, per dare vita o sostenere iniziative capaci di promuovere impresa o occupazione, anche temporanea, dobbiamo aver ben presenti tutti i problemi, non semplici che esistono. Credo che dovremmo cercare di dare vita ad una legge organica per realizzare il coordinamento dei processi di innovazione e delle forme di intervento o di supporto ad interventi, che possiamo organizzare attraverso la Finpiemonte, dotandoci di un organismo apposito a livello regionale.
Rispetto alla Lombardia non abbiamo però un'agenzia di sviluppo, quale sostanzialmente è il Cestec; da noi la Finpiemonte è stata creata con altre finalità istituzionali e di intervento anche se credo che non necessariamente dobbiamo ripercorrere quella strada vista l'esperienza delle agenzie pubbliche di sviluppo di altre regioni.
Dobbiamo operare per dare alla Regione un ruolo e la capacità di promuovere il coinvolgimento di più soggetti, pubblici e privati all'interno di un processo certamente complesso e difficile, ma che punti a favorire l'introduzione e la diffusione nel sistema della innovazione e della modernizzazione (e qui concordo con Tapparo e con Bosio) con l'ambizione, perché in partenza deve essere così, di farlo a tutto raggio a 360 gradi, ponendosi il problema sia a livello territoriale che a livello sistematico in tutte le aree della nostra Regione.
Rimane a questo punto da richiamare, come ha fatto il collega Staglianò, il problema del rapporto tra innovazione ed occupazione: è questo il problema centrale che deve essere motivo di riflessione per tutti, perché attorno ad esso si gioca davvero - come sugli altri grandi temi richiamati, dei progetti territoriali operativi, dei piani territoriali, della centrale nucleare e così via - il ruolo di Governo della Regione e il futuro dell'istituzione.
L'interrogativo che Staglianò ha posto è "per quale sviluppo?". Ha ragione. Noi ci incamminiamo su questa strada, cerchiamo di impegnare il pubblico sulla strada del sostegno e della promozione all'innovazione e alla modernizzazione, ma abbiamo davvero il dovere di chiederci: per quale sviluppo? Dobbiamo conoscere meglio anche che cosa avviene sul versante del sistema finanziario e delle imprese, perché altrimenti rischiamo di esaurire l'azione politico-istituzionale della Regione, solo sul versante certo necessario, del sostegno alla modernizzazione, mentre si aggravano le condizioni dell'occupazione complessiva nella nostra Regione.
Aggiungo qualcosa a quanto ha detto Bianca Vetrino sulla formazione professionale, avendo sentito il collega Alberton.
Stiamo per licenziare un primo rapporto di ricerca redatto dall'Osservatorio regionale del mercato del lavoro, sui formati dal sistema di formazione professionale regionale e potremo valutare gli sbocchi occupazionali che i formati hanno trovato all'interno del mercato del lavoro piemontese.
Credo che questa ricerca possa essere la base di partenza per una considerazione complessiva dell'intervento della Regione e per la ridefinizione del sistema di formazione professionale. I dati che emergono e che già ricordava il Consigliere Tapparo nell'intervento di ieri, sono estremamente significativi e preoccupanti. Da essi risulta che non più del 26/27% dei formati trova uno sbocco occupazionale garantito e coerente con il grado di formazione che ha avuto dal sistema formativo professionale della nostra regione. Allora : quale sviluppo? Credo proprio che dovremo impegnarci a fondo, dovendo conoscere meglio i percorsi su cui sono avviati, anche se ciò non è facile, la grande impresa e i grandi gruppi finanziari di questa regione. Ciò perché, a fianco dell'innovazione abbiamo anche un problema di nuova industria e di reindustrializzazione.
Non possiamo infatti dimenticare che i grandi gruppi, come la FIAT e l'Olivetti e altre grandi imprese di questa regione, non sono solo imprese di carattere internazionale ma anche di composizione di prodotti, larga parte dei quali, non è realizzata nel nostro mercato.
Nell'affrontare, cioè, il problema della diffusione dell'innovazione e della modernizzazione, particolarmente nell'area della piccola e media impresa non possiamo dimenticare questa realtà e la possibilità di introduzione di nuove attività produttive da parte dei grandi gruppi industriali e finanziari della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore all'urbanistica Non so bene chi sia "Rambo il vendicatore", ho l'impressione però che sia uno che spara; se ci fosse un "Rambo vendicatore" nel campo urbanistico e se potesse avere come munizioni le proteste dei Sindaci e degli amministratori, di tutti i colori e di tutto l'arco costituzionale, tanto per rimanere nell'arco costituzionale, credo che noi saremmo tutti fucilati.
La legge n. 56 ha avuto effetti positivi perché ha creato una cultura urbanistica, che non esisteva,non solo in Piemonte,ma nel Paese in generale, ed è nata in un momento in cui era necessario porre una serie di vincoli. I momenti di cultura cambiano, così come cambiano i momenti economici e questo non vuol dire non riconoscere le validità di atti passati. E' fuori dubbio che oggi la situazione è diversa da quella di 10 anni fa, la cultura urbanistica degli amministratori è cambiata, oggi siamo di fronte a un tessuto di 1200 Comuni che sono sensibili alle necessità di formazione di piani regolatori, di atti e di strumenti urbanistici. Non ci sono più gli amministratori degli anni '50 e degli anni '60, di questo si deve prendere atto agendo di conseguenza.
Oggi, viceversa, c'è il grande disagio degli amministratori nel costruire i piani regolatori e nel gestirli. Un iter di piano che dura 5-7 anni deve far riflettere tutti, e dobbiamo riflettere anche sulle cose dette ieri dal Consigliere Bontempi sul modo di vivere l'assemblea, sul modo di affrontare la tematica legislativa, sul modo di mettere in piedi le leggi.
Oggi indubbiamente abbiamo una serie di piani regolatori, ma molti Comuni hanno approvato dei piani burocratici che rispettano nel minimo la legge, spesso però andando in carenza della progettualità del piano. Io credo che "'un' overdose di legislazione" possa far morire d'asfissia una democrazia.
La legge è uno strumento che deve contenere norme precise, ma quando viene troppo appesantita con una serie di atti regolamentari finisce per essere svilita e resa difficilmente comprensibile. Le leggi che non si capiscono sono sempre cattive leggi.
Il dramma del modo di legiferare nel paese, indipendentemente dal tipo di formazione politica e di maggioranza, è un dramma che viviamo tutti. Lo viviamo sui giornali, a livello parlamentare, a livello regionale. E' fuori dubbio che una legge che ha bisogno di altre leggi interpretative è una legge che pone dei problemi.
Non credo che, a meno che si voglia fare un processo alle intenzioni si vogliano allargare le maglie in modo indiscriminato, ma indubbiamente certi processi e certi contenuti di legge vanno rivisti. La legge 56 non è l'unica legge che va rivista alla luce dei nuovi fenomeni economici del Piemonte, anche altre leggi dovranno essere, riviste.
Dobbiamo ripensare se vale un unico Comitato Urbanistico Regionale che diventi "il tribunale della rivoluzione urbanistica". Mi trovo ad essere presidente di un "tribunale komeinista" dove spesso mi trovo in difficoltà e l' ho scritto anche in una lettera al Presidente della Giunta - a passare mille e duecento piani. Non ha senso che mille e duecento piani passino attraverso un unico filtro. Passata la grande maglia territoriale mi pare che si possa decentrare su sei comitati di approvazione regionali.
Ha ragione il collega Rivalta che deve essere rivista la composizione interna del Comitato Urbanistico Regionale per evitare che a livelli di Comitati Urbanistici, a livelli di commissione comprensoriale ci si riduca ad essere delle stanze di compensazione fra professionisti di diverse provenienze, ma che si ricada all'interno del comitato o delle commissioni a riportare delle situazioni che con i momenti dell'approvazione non hanno molto a che fare.
In questo quadro va rivista la normativa urbanistica regionale. Non è certamente favorire il lassismo. Sono cambiati i tempi, è cambiata la cultura degli amministratori. Quando da parte nostra si parla di apertura nei confronti delle autonomie locali,alle autonomie locali si dia anche un senso di responsabilità e non le si consideri delle tutelate a vita.
Una seconda breve considerazione: mi spiace non ci sia il Consigliere Bresso Dobbiamo rivedere anche le leggi sull'ambiente, perché ho l' impressione che sia perfettamente inutile fare piani che prevedono centinaia di siti senza aver la possibilità di farne decollare l'1 o il 2 dovremmo fare piani e contro piani che diventano elemento di frustrazione ma non permettono di realizzare un ambiente migliore e più vivibile. Si deve anche operare con buon senso, terminologia sparita purtroppo dal mondo pubblico e che bisognerebbe riprendere perché non è prerogativa di nessuno ma è una dimensione umana. Ci vuole buon senso quando si affrontano i problemi, non si possono creare piani su piani,, sovrapposti l'uno all'altro, aumentando le difficoltà nel settore, come riscontriamo quotidianamente.
E' chiaro che nella polemica tra maggioranza e minoranza ciascuno cerchi di portare acqua al proprio mulino, però l'affermazione che dopo dieci anni dall'attuazione della legge Merli, nessun giovamento si abbia per l'acqua mi pare eccessiva e ingiusta. In questi dieci anni l'attuale Giunta è responsabile degli ultimi sei mesi e non è responsabile dei nove anni e sei mesi precedenti. Mi rendo conto che l'imbuto finale degli ultimi sei mesi è l'imbuto in cui viene tutto a sedimentarsi e'a bloccarsi, ma ragionando con un'ottica non dico imparziale ma che tenga conto degli anni dei mesi e dei giorni, credo sia opportuno fare delle distinzioni.
Siamo pronti ad accettare qualsiasi suggerimento o idea per ipotesi di legge. E' stato detto che nel programma l'ambiente è visto come un tema da sfruttare e da non difendere. Mi pare che questa frase non abbia bisogno di commento, caso mai lo verificheremo nel corso di questi cinque annue potremo vedere al consuntivo se le cose stanno cosa o saranno diverse.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.
MORETTI, Assessore al turismo Mi soffermerò su alcuni punti che riguardano le competenze del mio Assessorato e su un problema politico emerso nel corso del dibattito.
Per quanto riguarda le competenze del mio Assessorato, sono stati delineati alcuni indirizzi nel programma.
Ne vorrei informare i colleghi che sono intervenuti, chi a supporto chi per criticare.
Voglio soffermarmi sul fatto Sestrière: no o si.
Non sono di questo parere; la risposta no o si, non dà un'informazione corretta. Il prossimo giovedì farò una comunicazione in sede di Consiglio questo problema deve rientrare in un piano di settore che deve tener conto del riequilibrio territoriale. Abbiamo dei riferimenti di studi e analisi nel Primo Piano di Sviluppo, che sono stati ripetuti dal secondo Piano di sviluppo; sono punti di riferimento che hanno una loro finalità, e verranno ripresi dal terzo Piano di sviluppo e terremo conto degli studi ed analisi fatti dall'IRES.
Gli apporti politici che la maggioranza e la minoranza sono un fatto di idee, di proposte, di discussioni, di dibattito e di decisioni, sono proposte che non devono essere abbandonate.
Mi soffermo sulle problematiche del turismo in una seconda fase, quando si discuterà del Piano di Sviluppo le affronteremo sotto un profilo territoriale e promozionale.
Il turismo. Sotto il profilo territoriale avremo occasione e motivi per discuterne; per quanto riguarda il problema promozionale lo affronteremo come contenuto,. 'Che cosa vuol dire? Bisognerà parlare di prodotto, di immagine e di mercato. Se penso di fare riferimento al ruolo delle Pro Loco, ebbene, è un turismo superato. Occorre pensare ad altro, alle prospettive dell'economia turistica.
Ho rilevato che del terziario, non solo si parla in questa legislatura ma si è affrontato con impegno l'ar-gomento nella scorsa legislatura. Cosa vuol dire terziarizzazione? Vuol essere non alternativa ad una economia industriale della nostra regione, ma riequilibrio territoriale, economico e valorizzazione del terziario inferiore: turismo, commercio, ecc...
Ho seguito l'intervento del Consigliere Bresso. Il problema caccia e pesca è stato collocato nelle attività di tempo libero. Se qualcuno pensa che in Piemonte la caccia possa diventare un momento turistico, non sono di questo parere.
Proprio perché ho una visione diversa, la caccia nel programma della Giunta viene affrontata e collocata e legata al territorio; bisogna tenere conto dell'implicazioni della caccia, per tutti gli effetti che provoca sia nei confronti dell'agricoltura, che nei confronti dell'ambiente.
C'è uno studio d'intesa con l'Università che tocca l'aspetto tecnico scientifico della fauna e della pesca, con cui si vuole affrontare tutta la problematica.
Il problema politico. Penso che il pentapartito ha dato una sua impostazione al programma con il concorso del PSI.
Ci sono momenti di confronto e di dibattito nell'assemblea elettiva non rinunciamo ad accettare proposte alternative.
La mia posizione politica è favorevole al rapporto con l'assemblea elettiva e le forze politiche dell'arco costituzionale- ed in particolare con la sinistra.
Voglio essere molto chiaro: non sono per un'impostazione rigida, ma per una politica aperta al confronto politico e far emergere da un dibattito l'impostazione del Piano di sviluppo della Regione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore al personale Signor Presidente, le ho chiesto, e ho chiesto al Presidente della Giunta di intervenire in questo dibattito, perché credo che alcuni spunti che il dibattito stesso ha offerto, mi consentano intanto di dare alcune risposte sui problemi che sono stati sollevati e anche forse di chiarire e di completare un quadro di programma che, per quanto attiene alle materie di mia competenza, non sempre in un documento programmatico si riescono ad esplicitare in modo compiuto.
A me pare che il problema del personale sia un problema importante. Ci siamo lasciati, Presidente Viglione, l'ultima sera della passata legislatura parlando di personale, i problemi del personale e della sua organizzazione mi sono piovuti sul capo e oggi, sto faticosamente cercando di presentare proposte a quest'assemblea e ai lavoratori della Regione che tentino di dare soluzione a questi problemi. Il collega Petrini nel suo intervento ha opportunamente richiamato l problemi del.personale e più complessivamente dell'organizzazione, ripeto molto opportunamente, perch ritengo che le più belle idee, il più bel programma di una Giunta non potrebbe essere realizzato senza le gambe, cioè senza quelle strutture che consentono al programma di procedere.
Il personale, le strutture della nostra Regione sono le gambe delle nostre idee, perciò il problema del personale è un problema che, a mio modo di vedere va, affrontato rapidamente. Vorrei cercare di spiegare rapidamente qual è il percorso, che il Consigliere Bontempi chiamava "la strada", che intendiamo seguire.
"La strada" è quella che abbiamo individuato in due fasi: una prima fase è quella che consente di dare al personale regionale tutto quanto il personale ha il diritto di avere, quindi l'applicazione del contratto, che in questa Regione non è stato purtroppo applicato integralmente.
Per realizzare queste condizioni, per dare ai dipendenti della Regione Piemonte quanto in altre Regioni è stato dato, come ho avuto modo di apprendere anche attraverso i contatti intercorsi con i colleghi delle altre Regioni, occorrono alcuni strumenti che in questi giorni ho avuto occasione di delineare in un documento che è stato distribuito alla Giunta e che sarà presto all'attenzione delle OO.SS. e di tutti i gruppi consiliari.
Questa comunicazione mi è sembrata opportuna anche per rispondere alla polemica emersa da parte dei sindacati e da parte di qualche forza politica, per la quale il disegno di legge presentato è un disegno di legge parziale rispetto al problema complessivo dei dipendenti. Che il disegno di legge attenga sostanzialmente ai problemi della seconda dirigenza, è questa una osservazione giusta e condivisibile. Peraltro devo dire che il disegno di legge è un passaggio obbligato per consentire le applicazioni di tutti gli istituti previsti nel contratto.
E' un atto che io definisco urgente, decisivo, fondamentale che ci apre la possibilità di applicare tutti questi istituti. Poiché, peraltro, viene richiesto alla Giunta di conoscere fin d'ora i percorsi che s'immagina di realizzare nel documento che verrà distribuito, essi sono individuati con strumenti e passaggi.
Nella legge è individuato l'accesso alla II dirigenza. In questo documento, aperto, sul quale ci confronteremo con le organizzazioni sindacali, con le forze politiche e con i Gruppi, è individuata: la prima qualifica dirigenziale, i percorsi per realizzare i concorsi speciali dalla seconda all'ottava qualifica, il modo per attuare la quinta qualifica funzionale ed è infine, nella fase successiva, l'ordinamento generale del personale che noi immaginiamo di realizzare che costituisce la seconda fase di realizzazione. Questo è giusto che io lo dica, perché nel merito dei problemi credo, oggi, di non dover entrare. Avremo l'occasione di confrontarci, si aprirà il confronto sindacale sul disegno di legge e su questo piano di lavoro relativo agli adempimenti conseguenti all'approvazione di quel disegno di legge, apriremo, credo alla fine del mese, con le organizzazioni sindacali il confronto, e così pure in Commissione e in aula.
Mi pace di poter dire che oggi ci siano le condizioni e la consapevolezza per marciare speditamente in questa riorganizzazione, anche da parte delle organizzazioni sindacali che forse nel passato non sempre hanno compreso la necessità indilazionabile di applicare questi istituti.
Oggi mi pare che nelle organizzazioni sindacali, pur nella diversità e quindi nella dialettica giusta e doverosa, aperta e anche forte su alcuni problemi, ci sia la consapevolezza che questi problemi vanno affrontati e risolti e che il problema dei dipendenti regionali e della riorganizzazione dell'Ente non può attendere.
L'invito che mi sento di dover fare, a nome della Giunta, che nei giorni scorsi ha preso atto del disegno di legge, autorizzandomi ad iniziare questa trattativa e questo confronto con le organizzazioni sindacali, è di chiedere a tutte le forze politiche la disponibilità ad affrontare rapidamente questi problemi. Chiedo a tutto il Consiglio regionale la disponibilità di affrontare questi problemi in tempi brevi perché la tensione che è presente all'interno dei dipendenti regionali e della struttura è una tensione che richiede delle risposte.
Da parte della Giunta e da parte mia c'è la consapevolezza che solo attraverso un lavoro serio ed approfondito che coinvolga tutte le parti interessate quindi il Governo, i lavoratori attraverso le organizzazioni sindacali, le forze politiche, il Consiglio, solo attraverso un lavoro articolato, approfondito di- tutte la parti interessate, solo così si possa uscire dalle difficoltà in cui oggi ci troviamo e nelle quali i dipendenti regionali sono "stufi" di trovarsi inseriti.
I dipendenti regionali chiedono dei provvedimenti rapidi e coraggiosi per consentire alcune realizzazioni che paiono giuste: il problema della formazione più merito uguale avanzamento (da molti anni in questa Regione non c'è più stata mobilità verticale) il problema del merito uguale incentivi economici.
Questi sono temi sui quali i lavoratori della Regione ci chiedono un impegno e io mi auguro che su questo impegno, non solo il Governo regionale, ma, tutte le forze politiche di maggioranza o di opposizione si sentano coinvolte.
Il secondo argomento che volevo toccare è il problema dell'assistenza che, in alcuni interventi è stato richiamato, in particolare dalla collega Cernetti che purtroppo in questo momento non è presente.
Su questo problema non si parte da zero e non si costruisce sul nuovo c'è un esistente che va adeguato, c'è il nuovo che va pensato secondo criteri più moderni, più attuali, più legati ai problemi della nostra comunità piemontese.
Proprio per cercare di rendermi conto di questi problemi, anche perch questo è un settore che, a differenza del personale, non ho avuto occasione in passato di seguire, io ho da alcuni mesi iniziato una presenza nelle UUU.SS.SS.LL. della nostra Regione. Una presenza nelle UUU.SS.SS.LL. per confrontarmi con gli amministratori per cercare di capire quali sono i problemi e le carenze, per visitare le strutture socio-assistenziali della nostra Regione, per confrontarmi con gli operatori e con i problemi, per tentare di affrontare i problemi dell'assistenza non solo attraverso una programmazione fatta a tavolino, ma attraverso la conoscenza della realtà esistente sul territorio e tentare con grande umiltà di dare qualche risposta.
Dobbiamo fare i conti con le risorse, cari colleghi, in questo settore.
Le risorse sono poche, diceva opportunamente la collega Cernetti, anche se dobbiamo dire che la Giunta faticosamente ha concesso al settore dell'assistenza, per quanto riguarda le strutture, un grande aumento rispetto al passato (per queste strutture nel bilancio 1985 erano destinati circa 1 miliardo, quest'anno ho 3 miliardi mezzo da mettere sul territorio regionale per adeguare le strutture socio-assistenziali). Sono, come potete immaginare, cifre assolutamente insufficienti e inadeguate, occorre attivare, secondo me, tutte le risorse che noi troviamo sul territorio disponibili ad aiutarci in questo settore; i patrimoni esistenti, le IPAB che attivano sempre nuovi patrimoni, le risorse dei Comuni, il volontariato. Tutto quanto noi troviamo sul territorio regionale in grado di aiutarci al fine di rispondere ai problemi del settore socio assistenziale, a mio modo di vedere, va assolutamente valorizzato e incentivato.
Gli strumenti legislativi, oltre alle- risorse,-sono un altro problema che è stato toccato, anche da Marchini; la legge regionale n. 20. Abbiamo la legge 20, abbiamo il Piano sociosanitario che ha modificato in parte questa legge.
Essa non ha avuto piena attuazione. Devo dire che l'unificazione delle competenze in capo ad un unico Assessore non ha portato avanti, a mio giudizio, un processo di integrazione reale anzi, mi pare di poter dire non per colpa dell'Assessore ma perché i problemi sono importanti, che nel settore socio-assistenziale si sia avuto negli ultimi anni, un processo di cristallizzazione e di depauperamento. Devo dire sotto questo profilo che in questi mesi molti amici mi hanno sollecitato con la domanda "allora cambi la legge 20?", quasi se questa domanda fosse una sfida politica. Non è una sfida politica! Ci troviamo in una situazione in cui dobbiamo dire che la carenza di una legge nazionale del settore socio-assistenziale crea delle difficoltà ci auguriamo che il Parlamento rapidamente legiferi in questo settore. Noi oggi abbiamo la legge 20, abbiamo il Piano socio-sanitario,dobbiamo nei prossimi mesi affrontare alcuni nodi di applicazione di queste leggi sui quali sicuramente il Consiglio regionale sarà chiamato a decidere. Il problema delle funzioni, se rimangono tutte in- capo ai Comuni o, come dice la legge 20, vadano tutte in capo alle UUU.SS.SS.LL. entro il 31 dicembre di quest'anno. Se alcune possono rimanere in capo ai Comuni ed altre passare in capo alle UUU.SS.SS.LL..
C'è il problema della pianta organica socio-assistenziale delle UUU.SS.SS.LL. un altro problema importante sul quale dovremmo decidere.
Debbo dire sotto questo profilo, che la mancanza del riconoscimento a livello nazionale dei titoli di studio di gran parte del personale di questo settore, ci ha resi prudenti e, devo dire, che il provvedimento del Governo attualmente alla Corte dei Conti per procedere, superata questa fase e definito questo problema, potrà procedere nel definire anche questo aspetto.
Il problema degli anziani che è stato da più parti richiamato, certo è un'emergenza. Condivido totalmente l'affermazione della collega Cernetti quando ha detto: "il vero problema nella nostra regione, non è tanto il problema degli anziani autosufficienti, quanto il problema dei non autosufficienti".
Dobbiamo lavorare su questo fronte, e questo obiettivo è condiviso da tutta la Giunta regionale.
Credo che il collega Olivieri, che dispone di risorse ben più consistenti di quelle di cui purtroppo dispongo io, vorrà, come mi è parso di capire in alcune sue affermazioni recenti, anche lui condividere questa responsabilità al fine di realizzare nella nostra regione strutture protette per anziani non autosufficienti.
L'anziano deve vivere nel suo ambiente e sotto questo profilo il ruolo della famiglia mi pare fondamentale. Là dove non esistono le possibilità e/o le condizioni, credo che le difficoltà non possano ricadere sugli anziani stessi. La scelta di lasciare la propria abitazione, a volte anche solo temporaneamente, deve essere possibile in soluzioni dignitose e vivibili, in strutture dove la dignità e la centralità della persona siano garantite.
Mi paiono questi i problemi più importanti che sono emersi nel dibattito, avremo, sia per quanto riguarda il personale che per i problemi dell'assistenza, occasione di confrontarci in aula nei prossimi mesi.
Consentitemi di fare una battuta sul problema del muro di vetro, che divide l'aula dalla Giunta.
Ho avuto occasione recentemente di presentare in V Commissione - ed è stato approvato - un piccolo disegno di legge che finanzia le strutture socio-assistenziali. E' un disegno di legge che la Giunta ha predisposto e il P.C.I. ha predisposto nello stesso testo; nella stessa stesura c'era una piccola differenza, nel senso che la Giunta ha proposto 3 miliardi, il P.C.I. ha proposto 4 miliardi. Ma la sostanza, il testo, i problemi sono gli stessi. Debbo purtroppo registrare che questo provvedimento è passato a maggioranza in V Commissione.
Da parte mia e da parte della Giunta - ma lo dirà molto meglio il Presidente - c'è la totale disponibilità a confrontarmi sui problemi. Credo che ci sia bisogno che la Giunta si chiuda di meno sui problemi e sia disponibile ad aprirsi di più.
Per quanto mi riguarda questa disponibilità (l' ho dichiarato e lo riconfermo) credo ci sia, se il PCI mi consente, nel suo atteggiamento oggi in aula e nelle situazioni prima citate, mi sembra di avvertire una posizione un po' diversa, mi pare proprio si senta orfano del potere.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Olivieri, che ha chiesto di intervenire su fatti specifici.
OLIVIERI, Assessore alla sanità Signor Presidente, signori Consiglieri, in questi due giorni di dibattito sul programma della Giunta l'argomento sanità ha sollevato la solita entusiastica partecipazione, tipicamente piemontese, quale è la cultura storica. E' il dramma della sanità piemontese.
Il mio programma può essere bello, brutto, criticabile o non criticabile; in realtà, è passato, non so per quale ragione, con scarso interesse. Non me ne dolgo, per carità. Senza dubbio ci sono delle profonde e specifiche giustificazioni sull'atteggiamento del Consiglio, che potrebbero essere fatte risalire o al tipico complesso freudiano che coglie in genere i Consigli degli Enti locali e di tutte le assise quando si parla di problemi sanitari, come incolpai più volte il Consiglio comunale di Torino, oppure ai problemi che gravano sulla Regione Piemonte, che sono focali, sostanziali, drammatici, a incominciare dall'occupazione, e che fanno passare in seconda linea questa materia che in realtà è una grossa parte della sostanza della vita sociale di ogni popolazione.
Credo che in Piemonte vi sia all'origine una scarsa considerazione, in termini culturali, del problema sanitario, che è anche la radice storica del disastro della sanità piemontese. Fate attenzione a quello che dico perché è importante. Gli elementi storici vanno sempre valutati in modo approfondito. Se fate un confronto con le Regioni che non hanno avuto una cultura cosiddetta fabbricatoria e industriale, vedrete che la sanità ha avuto nel passato, in un passato anche remoto, un'altra attenzione.
Quando drammaticamente arrivammo alla riforma ospedaliera del '68 partimmo nelle peggiori condizioni delle regioni settentrionali o centro settentrionali. Questo lo paghiamo ancora oggi. La preoccupazione principale è sempre stata la produzione, la fabbrica, l'industria. La sanità è sempre stata considerata come elemento marginale e oggi scontiamo la mancanza di cultura sanitaria nella nostra regione. Ci portiamo dietro un bagaglio negativo pesantissimo e non possiamo pensare di aver recuperato negli ultimi anni né di poter recuperare con immediatezza negli anni futuri: questa situazione ci vede fortemente penalizzati nella divisione del Fondo sanitario nazionale, con dei livelli di divisione che si aggirano attorno al 6-8% sopra la media di .distribuzione del fondo e con un recupero lentissimo. A un nostro recupero corrisponde un abbassamento delle altre Regioni.
Il patrimonio ospedaliero (o stabilimenti come si usa dire oggi in termini fabbricatori ma poco medici) è assolutamente disastrato e questo è il segnale della mancanza di cultura sanitaria nell'ultimo cinquantennio e questo determina la divisione del Fondo per quota capitale, mentre invece il- fondo capitale dovrebbe essere diviso secondo le necessità delle singole regioni. Quindi partiamo in condizioni fortemente svantaggiate.
In questo programma c'è l'essenza della linea degli anni futuri, c'è una scelta precisa su due seri elementi: i grandi rischi e gli anziani. Non c'è una scelta a pioggia.
Dopo un primo periodo in cui si è cercato di riequilibrare un tessuto disastrato per ragioni storiche, oggi bisogna pensare di coprire i punti in cui vi è un'emergenza, per esempio quella degli anziani, e di coprire un buco storicamente clamoroso qual è quello dell'avanzamento tecnologico e dell'alta specializzazione. Bisogna avere il coraggio di fare delle scelte anche dolorose. Sarà necessario, per ripetere le parole dell'Assessore Carletto, un incontro fra Consiglio e Giunta perché queste scelte dovranno essere fatte in comunione di spirito e ragionatamente attraverso una valutazione delle necessità obiettive.
E' ovvio che non possiamo abbandonare gli altri elementi di fondo che hanno sostanziato la politica di questi anni e che sostanziano la politica nazionale. Il piano sanitario nazionale è intriso degli stessi elementi che muovono il piano socio-sanitario regionale. Evidentemente dovremo fare delle scelte molto accurate e far si che elementi che potrebbero parere di crescita non rimangano elementi di discrasia.
Su questi argomenti essenziali dovremmo avere modo di incontrarci in un dibattito franco e aperto senza asperità né ideologiche né polemiche.
Sono rimasto perplesso quando ho sentito parlare di cultura della droga. Sono un tipico esponente della cultura della droga. Bisogna avere sempre molta umiltà, per esempio, in un campo come questo, bisogna riconoscere che l'approfondimento culturale sulla materia è in continua evoluzione. Dieci anni fa non sapevamo nulla su questo argomento. Ho dibattuto a lungo e ho portato avanti la questione del metadone per degli anni in Consiglio comunale. Poi ad un certo punto mi sono ricreduto come uomo di buon senso, perché sulla base degli approfondimenti culturali mi sono reso conto che avevo fatto un errore. Errore che ha fatto anche il Ministro Altissimo.
In campo sanitario non servono né le polemiche né le ideologie, ma discussioni, analisi dei problemi per trovare delle soluzioni per la gente.
Sono convinto che occorrano limpidezza di discorso, il dibattito in Commissione e in Consiglio, senza freni inibitori ma con purità di spirito.
Io garantisco il mio impegno, chi mi conosce sa che sono una persona che cerca di portare avanti i discorsi in questo modo.
Chiedo che si approfondisca la materia, non per una soddisfazione personale, ma perché, essendo un vecchio uomo della riforma, da vent'anni mi batto su questa materia; mi sono rimangiato moltissime cose, quello del metadone è un elemento marginale, ho dovuto ricredermi su tante cose, ma credo sinceramente di portare un'esperienza vissuta e sincera della materia.
Avremo dei momenti difficili, ce lo dice il panorama che abbiamo intorno. Dovremmo discutere dello sciopero delle categorie mediche dovremmo discutere dei decreti che mettono in crisi livelli occupazionali importanti per l'assistenza.
Chiedo a nome della Giunta che sulla materia sanitaria ci sia sempre uno scambio approfondito, sincero nel tentativo di risolvere i problemi.
Questo è il mio impegno.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Beltrami.
BELTRAMI, Presidente della Giunta regionale Gli Assessori hanno risposto compiutamente, si conclude con questo mio intervento finale la seconda fase attorno alle linee, sulle quali noi con una certa ambizione vorremmo tentare di costruire il domani del nostro Piemonte. Abbiamo parlato di un documento aperto, il dibattito ha offerto qualche elemento di ulteriore integrazione, annotazioni che non potranno essere ignorate nei successivi adempimenti che troveranno nel piano di sviluppo sbocco e coronamento.
Qualcuno dei colleghi (questa non è neppure l'ora in cui si possono stabilire momenti conflittuali, ma solo delle considerazioni ad alta voce) avrebbe addirittura detto che, posto che ci siano stati vuoti lamentati sarebbe stato assai interessante che il dibattito li avesse potuti ricolmare.
Ha detto la Vicepresidente Vetrino, presentando il documento, che si tratta di un elemento di mediazione, di passaggio tra le dichiarazioni del primo di agosto e il Piano di Sviluppo del Piemonte. Non ha usato la parola "ponte", perché forse - è stato detto - troppo usato in politica. Mi si consenta magari di ricordare, a quest'ora nella stanchezza, una frase che assumo molte volte a meditazione, quest'anno nel periodo di ricorrenza del XX Congresso, una frase storica attribuita a Nikita Krusciev, il quale affermava che la politica promette spesso di costruire ponti proprio laddove non vi sono fiumi.
Il piano di sviluppo dovrà, quindi, nascere da questo documento in un processo di collaborazione nel quale la Regione dovrà tentare da adesso sino ad allora di coinvolgere tutti i soggetti istituzionali e sociali, in grado di offrire significativi contributi, sollecitando quindi ogni più utile intervento.
Lo spirito del documento alla fine è quello di rivolgersi alla gente il Consigliere Ala aveva sottolineato l'assenza di questo richiamo- alle sue forme associative nelle sue diverse manifestazioni d'imprenditorialità sociale, di rappresentanza economica, pubblica e sindacale e addirittura ai singoli mai dismettendo l'ambizioso progetto pur davanti alle grandi dimensioni degli interessi, alla complessità della macchina di umanizzare il sistema di costruire, come ho detto più volte nel passato, la Regione a misura d'uomo (e una collega, puntualizzò che avrei dovuto significare che doveva essere costruita anche a misura di donna ).
Talvolta il tono dimesso che taluno di noi ha, l'evidenziare di stare stretti nei cosiddetti "panni dell'ufficialità", possono anche essere interpretati come espressione di apatia, o di abulia davanti ai grandi problemi della Regione. Ma non è stato così e decisamente non è così. E' vero, ci siamo accostati con trepidazione, consci dei limiti personali, per certi aspetti atterriti dalla dimensione del mandato ricevuto, soprattutto per la delicatezza del momento nel quale il Governo della Regione riceveva l'investitura.
Loro comprendono che intendo parlare del tentativo in atto da parte di taluni settori dello Stato di riappropriarsi degli spazi appartenenti ormai, per storia e titolo costituzionale, alle Regioni. Poiché sembra che da oggi decolli verso il Parlamento della Repubblica un collega associandomi a nome della Giunta ai voti fatti dal Presidente del Consiglio regionale, so che certamente questo collega per il ruolo che potrà svolgere (ogni politico ha dei limiti direi politico-fisici all'interno dell'ambiente), farà sentire a Roma i messaggi che sono riecheggiati, non più tardi dell'altro giorno, nella Conferenza dei Presidenti delle Regioni,della non definizione dell'area finanziaria affidabile alle Regioni, o meglio dell'incertezza che quasi sta divenendo costante e che blocca le cosiddette "programmazioni per il lungo periodo" diversamente da quanto sta avvenendo nella vicina Francia, laddove i Piani divengono contratti con lo Stato con ogni consentita copertura politica-finanziaria, del non comune riversarsi sulle Regioni di una serie di attenzioni, e chiederei di essere capito per il modo in cui formulare queste attenzioni: non parlo di delicatezza, ma di prudenza, di controlli taluni assai sofferti e dai quali intorno all'immagine si accendono dubbi ripeto attenzione e controlli non slegabili da una massa di contenzioso legale - amministrativo che sta divenendo veramente area di grossa preoccupazione assorbente non poche energie e non poche risorse finanziarie della Regione.
Siamo preoccupati non tanto per il riferimento al ponte senza il sottostante fiume, quanto di non ingannare la gente, stendendo cortine fumogene sul territorio, scrivendo libri con grosse ambizioni, proponendo una Regione capace di fare di tutto e tutto condizionare, bensì di tentare di creare, in un contesto politico-economico difficile, le condizioni reali di una ripresa dell'attività economica e della qualità della vita della nostra gente.
Questa esigenza, di volta in volta, viene interpretata dal nuovo Governo in termini di azione prudente, meditata, orientata ad un lavoro graduale, senza suscitare impossibili aspettative e senza demagogiche affermazioni, ma con azioni puntuali e interventi che noi riteniamo ragionati.
Partiamo in sordina ma vorremmo guardare lontano, ci sia consentita almeno questa ambizione.
E' un nuovo corso della storia di questo Piemonte, con la tendenza a migliorare, a crescere, che non può non tenere conto dell'esperienza maturata nei passati tre lustri di vita, cogliendone gli aspetti migliori fruendo delle capacità e delle doti di quanti, adesso, risiedono nell'area di pentapartito, questa esperienza hanno vissuto, quindi, non in chiave di ricerca di responsabilità politiche di ieri, quanto come approfondimento necessario per il futuro. Stimoli e raccordo politico, dignitosamente rispettoso dei ruoli con il Governo centrale, nel quale il Piemonte è largamente rappresentato da una decina di Parlamentari.
Sono un paio di mesi che sento parlare dei ritardi con i quali abbiamo presentato questo documento. Devo dire che è parzialmente vero, che però è stato presentato concomitantemente con gli altri due livelli di Governo, ma non nascondo neppure (questa è un' ora tarda nella quale, forse, queste cose non si dovrebbero più dire) che è stato scritto e riscritto almeno due otre volte, man mano che si completava il quadro conoscitivo della vita della Regione, da parte dell'attuale Governo.
Con la franchezza dovuta ai colleghi, talvolta ho avuto l'impressione anche perché si è surriscaldato un certo clima, che venisse chiesto a noi in questi sei mesi di presenza, quanto non è stato fatto, ovvero quanto non è stato potuto fare, in dieci o addirittura in 15 anni, dimentichi che questo è solo un documento volontario, non previsto dalla nostra legislazione, mentre l'esperienza regionale, vorrei solo rifarmi ai primi mesi del 1980, aveva fatto sorgere, sotto il profilo della puntualità segnali che poi una serie di cose non ha consentito che giungessero o che fossero coronati dal successo.
Ho svolto per tanta parte della mia vita il ruolo dell'oppositore quindi capisco anche queste tensioni, e talvolta, magari involontariamente i fatti, le cose, il contingente hanno fatto si che qualcuno di noi le abbia anche accresciute.
C'è chi ha detto che in questo documento c'è il vuoto, chi ancora che il vuoto c'è solo parzialmente, ma se qualche cosa c'è,appartiene alla continuità del passato.
Senza fare riferimenti che sono già stati condotti da altri, potrei ricordare che a fronte di dieci anni di inoperatività della legge Merli cosa sulla quale io dissento decisamente, il tentativo di porre delle linee, all'interno di questo documento c'è stato, di costruirlo su supporti e su principi di indirizzi certi, tant'è che il Consigliere Staglianò da una sua angolazione ha avvertito, contrariamente a chi ha accennato all'esistenza del vuoto, che invece esiste un filone, una linea ben precisa ispirata da papà Romiti, quindi involontariamente c'è una sotterranea presenza anche della FIAT, pur se non è stata riproposta in termini di ufficialità.
La collega Bresso ha detto, con maggior cautela, che invece di parlare di troppe cose, occorrerebbe parlare di poche cose, ma soprattutto bisognerebbe farle.
Direi che su questo posso anche, e decisamente devo, convenire.
Laddove non riesco a convenire invece è allorquando la stessa collega concludendo con Pirandello, avverte che "non è una cosa seria" quel che abbiamo presentato al Consiglio regionale. Io non ho molta conoscenza di Pirandello, ma mi ricordo di una commedia "Cosa è se vi pare", proprio di Pirandello, che di fatto prospetta l'esistenza di due verità.
Ciò si attaglierebbe a queste riflessioni e, direi, anche alla conduzione di questo tipo di dibattito, così come si è svolto. Il mio compito è però quello di difendere il prodotto ufficiale, per cui, direi di fare con l'umiltà sottolineata dal Consigliere Marchini, un riferimento certo: per noi esiste una sola verità e questo ce lo sia consentito come forza di Governo, ed è quella che è espressa dal documento.
Lo sforzo che intendiamo compiere, comporterà, tra l'altro, il collegamento della finanza regionale con le risorse economiche del settore privato, intorno alle proposte e ai programmi di intervento della Regione utilizzando le partecipazioni finanziarie regionali e quant'altro pu essere recuperato. Io amo sottolineare quando ho l'occasione di farlo talvolta c'è stata anche magari qualche interpretazione che certamente non rispondeva al mio spirito, allo stato d'animo con il quale ho espresso talune considerazioni, il contrasto, il conflitto che esiste in questa nostra società piemontese. I 5300 miliardi della Regione Piemonte, dei quali larga parte assorbiti dal collega Olivieri, ed altri ancora con il vincolo di destinazione statale o regionale, impallidiscono davanti a quelli della Fiat o di istituti di credito largamente consolidati gli uffici studi i quali dispongono di patrimoni per altro non ancora confrontati con quelli della Regione.
Ma nessuno può impedirci di inserirci nel sistema, con le deleghe ricevute dalla Costituzione, di tentare di mediare, di pilotare lo sviluppo della società piemontese. In questo senso direi, me lo si consenta instancabilmente abbiamo ricercato il rapporto con la società. Potremmo averlo fatto sbagliando, o nel modo meno interessante, ma questa ricerca di un approccio con la realtà della società piemontese c'è stata,, in ogni verso e in ogni direzione, con il sindacato e con l'imprenditoria, con le organizzazioni di categorie, con quanti, dai giovani agli anziani sono impegnati nel settore del sociale.
Abbiamo trovato anche delle disponibilità, e dovranno essere utilizzate per quanto sarà possibile, per organizzare, razionalizzare, impostare l'intervento, per altro già avviato da alcuni Istituti di credito nel settore dei Beni Culturali ed Ambientali. Sono approcci nei quali sono maturati indirizzi, si è convenuto su atteggiamenti; non esistono protocolli.
Questo in risposta anche a talune sollecitazioni intervenute stamattina nella stessa interrogazione del Consigliere Staglianò. Ripeto, possono apparire aspetti di un certo interesse, senza che noi possiamo pretendere di gestire furbescamente il denaro degli altri, bensì rioffrire, ed è legato alla cosiddetta sintesi dei processi espressi dal nostro ruolo dalla nostra funzione, un servizio o una larga parte di servizi alla comunità.
Al sindacato, nell'incontro che abbiamo avuto in Regione, alle categorie e alle forze sociali, abbiamo chiesto di fruire delle loro diverse esperienze, degli Uffici Studi e Documentazione, del patrimonio storico in loro possesso.
La nostra è una Regione che ha delle grandi potenzialità e amo poter creare, stabilire questo confronto tra taluni aspetti che costituiscono anche: il rovescio delle animazioni nella nostra Regione, certamente ricche, dotate di peculiarità, di fantasia. Attraverso un non comune progetto di brevettazione detiene il ruolo dell'industria automobilistica sbarca a Milano sul piano della finanziaria, Gemini docet , recuperando quell'asse Milano - Torino in termini impropri, sui quali è venuta meno talvolta, l'esperienza e l'iniziativa politica, che con Tecnocity accetta la sfida delle alte tecnologie. L' ha ricordato anche in questa aula il collega Marchini, ci sono zone in Piemonte dove sono im-pegnati i due terzi dei robot installati in Italia e metà dei laser di potenza dell'intera Comunità Economica Europea, è un'area che comporta esportazione di tecnologie in Cina e nell'Unione Sovietica.
Non sto a ricordare il discorso di Pininfarina che sbarca a Detroit con delle restituzioni, mi auguro che oltre al prodotto restituito e all'immancabile utile che auguro a quella dimensione industriale, possa esserci anche una restituzione in chiave di occupazione per la nostra gente.
Il Piemontesi propone quale cerniera tra il Mediterraneo e il Centro Europa, accetta il nucleare e partecipa alla promozione della centrale di Trino, davanti alla rinuncia o il no di molte Regioni, con problemi a non finire per noi e le stesse popolazioni.
Su questo tema, che per altro poteva in parte affrontare il collega Maccari (una volta tanto, fuori dagli abiti stretti dell'ufficialità, il Presidente anima un processo di sintesi delle cose, quindi ho titolo di parlare anche a nome dell'Assessore Maccari) non animati da lucida follia noi non intendiamo percorrere la strada dell'avventura, rispettosi di quanti non condividono o discutono la scelta.
Il recente congresso dei metalmeccanici, al quale io ho pur partecipato, ha ricordato quanto possa essere sofferto questo tipo di scelta, se è vero che da quella assemblea è uscito un risultato di 134 persone favorevoli mentre 133 erano contrarie-Convinti come siamo, e io lo sono profondamente, che all'interno del Governo dobbiamo esprimere le migliori energie per raggiungere il risultato che attorno a questo problema debbano essere conservate tutte le forze che hanno dato luogo alla scelta del nucleare in Piemonte.
Così interviene l'impegno di seguire il dettato dell'ordine del giorno votato dal Consiglio regionale in un atteggiamento dignitoso qualcuno addirittura, forse ha anche ragione, è anche diffidente nei confronti dell'ENEL con il quale ci siamo incontrati venerdì 31 gennaio ribadendo i contenuti.
Avevo in animo di trattare l'aspetto sanitario, ma attorno a questo problema che aveva sollevato il collega Rivalta stamani, manca il tempo e la possibilità; lo lascio solo come memoria, certamente bisognerà dare atto che anche il più recente piano socio-sanitario votato attorno al concludersi della scorsa legislatura non ha tenuto conto, se non con taluni riferimenti specifici, dei laboratori di sanità pubblica di questa nuova realtà che viene ad insediarsi a Trino Vercellese.
Quindi una sollecitazione a me stesso, agli Assessori competenti ad altri di stabilire ogni migliore, recupero. Attorno ad altre manifestazioni di ricchezza, la baldanza del Convegno del Lingotto nel quale si è celebrata la ripresa, la rimonta di un certo mondo industriale, esistono taluni problemi che presentano un Piemonte del tutto diverso (parlo dei 7.000 cassintegrati della FIAT, oggi diciamo 7.000 meno 500, perché esiste questo recupero che a mio avviso deve costituire l'avvio di un processo di recupero più ampio di questo problema). Certo che il Governo della Regione guarda con attenzione e interesse a quanto sta accadendo in questa direzione).
Mi riferisco al migliorato clima tra l'azienda e il sindacato cogliendo l'occasione di queste conclusioni per richiedere ulteriori sforzi, l'andare avanti non solo verso le due parti, ma anche al Parlamento per una revisione della legislatura in materia che riapre le porte della speranza verso la ripresa.
Vi sono in questo Piemonte ampie sacche di emarginazione sociale e non solo quelle legate alla devianza giovanile, alla droga, alla cosiddetta rinuncia dei mondi vitali, ma anche quella della povertà generica che non risponde all'equazione economica: investimento uguale ricchezza.
In tal senso si colloca e giustifica il nostro contatto con la società anche quella meno nota, quella che è stata definita la società degli ultimi, il colloquio ad esempio con la complessa realtà del mondo delle carceri. Certo il contatto che ho avuto con questo mondo, che è stato ricordato stamani in questa aula, risponde ad una intima vocazione di taluni di noi. Non sono andato, se posso usare questo riferimento personale, a cercare consensi nelle carceri, ma sono andato ad offrire un gesto di solidarietà dell'Ente pubblico, compenetrando ulteriormente in una attività che propone la Regione Piemonte e, devo riconoscerlo al mio predecessore Viglione, come Regione di avanguardia nel rapporto con gli Istituti di pena, di prevenzione di tutto il territorio nazionale.
L'altro giorno a Roma prendevo contatto con questa realtà per tentare di accelerare e crescere in termini umani questo scorrimento al carcere delle Vallette e soprattutto nella ricerca di creare quegli Istituti di sicurezza, attenuate in Torino quelle che potrebbero ritenersi le carceri di quartiere, che non lo sono per una formulazione diversa della legislazione nazionale, ma che certamente, già due su tre hanno avuto una loro individuazione di sede e potrebbero diventare, se gli Enti pubblici si muovono con una certa celerità, una grossa realtà per un diverso rapporto.
Non penso che debba esaurire questo intervento su quest'aspetto, cerco di andare in là. Avevo intenzione di parlare un po' di una certa caduta dell'immagine del settore della sanità, ma l'intervento del collega Olivieri, di fatto, ha già occupato questo spazio.
Certamente noi registriamo un altro aspetto, sottolineato dall'Assessore Olivieri, quello che il Piemonte nella sua tradizione di parsimonia, di correttezza, di economia è stato penalizzato dalla legislazione statale e dalla normativa in chiave di restituzione di flussi finanziari che sarebbero stati diversamente necessari alla nostra comunità.
Siamo in una regione che vive del sistema di monoinformazione e abbiamo, a differenza delle altre regioni, meno dimensionate della nostra un unico quotidiano e l'informazione del TG3 che non copre neppure la metà del territorio regionale.
Ci siamo mossi e ci stiamo muovendo. Dovremo però poter ricercare altri spazi per stabilire dei recuperi onde poter consentire una più corretta accelerata, costante, periodica e aggiornata comunicazione sul piano dell'informazione alla popolazione del Piemonte.
Martedì scorso è stata presentata in Giunta e dovrebbe essere licenziata martedì prossimo, una leggina sul settore dell'informazione attraverso la quale crescere un po' di tensione per quella parte dell'altra stampa che,pur non uscendo quotidianamente ha comunque la possibilità di informare,-di giungere alle popolazioni e alla gente, così come posso assicurare che attorno a questo e discusso problema del TG3 noi dell'area (non sono neppure ticinese perché sono incuneato da altre parti) l'alessandrino e altri possono fruire di queste comunicazioni.
Il tentativo nostro è di marciare con la velocità della società che è esterna alla Regione, rispetto alla quale possiamo avere dei ritardi e questo comporta anche la revisione di talune tecniche di intervento e un raccordo più interessante con il personale, ma ne ha già parlato il collega Carletto.
Devo dire che questo personale di collaborazione, la macchina uomo e struttura ha dovuto in pochi mesi tentare di affrontare o dovrà affrontare l'impianto operativo della legge sulle sicurezze, gia iniziato dalla precedente Giunta, quella sulla legge per il condono e adesso la legge sui piani paesaggistici.
Sono convinto,e tento di arrivare alla conclusione impegnandomi a leggere qua e là , che la Regione da sola non potrà mai farcela. Non solo per la verifica o l'impianto di un censimento delle risorse, ma per la complessità di questa nostra Regione, per la robustezza di alcune realtà che esistono nel Piemonte e che certamente sono, da sole, in grado di determinare talvolta svolte di carattere politico sociale non facilmente controllabili dall'Ente pubblico.
Quindi il problema delle risorse finanziarie dovrà produrre anche degli atti di intelligenza, lo aveva ricordato lo stesso Consigliere Tapparo,oltre ad una più attenta rilettura tra le maglie della legislazione regionale e quella statale, cercare di attingere anche a quelle fonti laddove c'è denaro facilmente o relativamente - spendibile.
Parlo ad esempio dei progetti FIO, delle normative della CEE, della BEI, dei fondi GEPI per talune aree di depressione, dei fondi CEE. La a volta scorsa per colpa di nessuno sono state perse le possibilità di accedere ai 50 miliardi della CEE , oggi ce ne sono altri 30 miliardi in circolazione ed ho l'impressione che potremmo forse, perdere anche quel treno.
La legge 240 sui consorzi, i piani straordinari dello Stato nel settore dell'agricoltura e della viabilità.
Il piano triennale dell'ANAS:, farà rifluire sul Piemonte circa 240 miliardi certi, più altri 170 miliardi che potrebbero, mi auguro, essere recuperati in tempo breve.
Il discorso di attivare la promozione di taluni processi di per s riproduttori di ricchezza può ricondursi a quest'impegno della costruzione di 18-20 mila alloggi di edilizia popolare, al completamento del discorso della metanizzazione. L'avere sottoscritto con l'Artigiancassa una convenzione che prevede l'aumento del tetto massimo dei fidi per gli artigiani da 120 a 180 milioni.
Seppure in dimensione assai diversa, non possiamo certamente dimenticare che gli stessi investimenti nel campo della borsa neve, e della cosiddetta borsa dei vini piemontesi, sono di per se stessi capaci di attivare un certo discorso.
Rinuncio a parlare di formazione professionale. Il collega Lombardi che ha rinunziato a parlare mi consentirà di superare anche la lettura di un appunto che mi aveva diligentemente passato.
Esiste un grosso e serio discorso attorno al problema patrimoniale, non è questa la sede per poterlo svolgere, quanto meno non ho il tempo di poterlo svolgere. Dovremmo tentare di razionalizzare però l'uso per settore di utilizzo, dopo aver acquisito una grossa dimensione di patrimonio approfondirne lo stato delle destinazioni e, non potendo tentare di accorpare in un'unica unità la presenza della Regione, dovremmo se sarà possibile, tentare con una certa gradualità la concentrazione in pochissime sedi ricercando l'organicità degli accorpamenti, ad esempio, mettendo assieme il geologico con la protezione civile e la pianificazione territoriale.
Parlando di immobili, l' ha sollevato il collega Brizio, lo lascio solo per memoria, non posso neppure toccare questo argomento, dico ai colleghi che hanno avuto la bontà di ascoltare, che esiste il problema del Cartografico.
Su questo dovremo tirare delle conclusioni, sapere quel che dobbiamo fare, dovremo tentare, mi si consenta, di deciderlo assieme, se conservarlo, attivandolo nella dimensione di progetto oppure riducendolo oppure buttandolo. Comunque è un discorso che lasciamo per memoria.
Ognuno di noi può avere delle idee per ora lasciamo il problema per memoria. Sulla protezione civile, una semplicissima puntualizzazione visto che ci sarà occasione di parlarne ulteriormente in approfondimento nei prossimi giorni proporremo al Consiglio regionale una leggina.
So che nel passato una pari e uguale proposta di legge non ha avuto una sortita felice, non è stata coronata da successo.
Oggi opera nel settore una unità flessibile entro la quale convergono funzionari esperti dei diversi campi di competenza della Regione, ma siamo in assenza di una struttura alla quale potersi riferire. Il Presidente della Regione è Presidente anche del Comitato regionale.. Penso che il discorso non lo possiamo fare adesso, ma senza arrivare a sottrarre spazi alle forze dello Stato, alle rappresentanze dello Stato, devo dire che pur qualche riflessione, per non essere assente su questo grosso discorso dobbiamo farle.
In anticipazione al disegno di legge abbiamo anche individuato i locali dove collocare la Protezione civile; sarà al primo piano di Piazza Castello in un fabbricato antistante a quello del Governo e dentro lo stesso, per i primi tempi, potremmo tentare di rinvenirvi la cosiddetta sala operativa e i collegamenti con il C.S.I. laddove sono presenti apparecchiature di alta, finissima, sofisticata strumentazione; tenterèmo nel futuro di legare da qualche altra parte le diverse presenze. Io dovrei riferirmi alla collegialità della Giunta, ma rinvio ad altro momento perché ci sarà sempre occasione di parlarne anche se siamo stimolati alla centralità del Consiglio, un atto decisamente dovuto ogni volta quasi fosse un rito religioso. Devo tentare di chiudere l'intervento.
Avevo una parte scritta per la questione morale. Mi si consenta di darla ugualmente agli atti anche se ci avevo messo un po' di anima, ma in questo periodo di "laicità" e in quest'ora decisamente tarda potremmo lasciare un momentino l'anima fuori dal Consiglio regionale anche se tenterò di mettere in questa conclusione un tocco, del tutto umano. Loro però vorranno giustificare questa mia risposta, o non risposta, inadeguata ed incompleta anche il frutto di un compromesso con la loro cortesia perché altrimenti avrei veramente lo scrupolo di aver disatteso anche chi si aspettava qualche cosa di più impegnativo, Io l'avevo pur anche, per certi aspetti, scritto.
Leggevo nei giorni scorsi una nota di Giorgio Ruffolo, l' ha citato qualcuno di loro, riferita alla sinistra italiana, ma con una fotografia che coglieva l'intera società.
Diceva Ruffolo: "Viviamo nelle società più potenti che la storia dell'uomo abbia creato, ma forse proprio per questo sono anche le società più fragili".
Può dirsi cosa anche della società italiana e di quella piemontese.
Qualcuno a Torino ha detto, ma io non lo ritengo vero, che tra i fattori di debolezza, o fragilità locale,ci siano quelli ritenuti di natura prevalentemente culturale, dipendenti dal legame ai valori tradizionali della cultura di tipo operistico - industriale propria della società piemontese, insufficientemente aperta alle innovazioni. E' stato scritto "nostalgico punto di una tradizione operistica gloriosa finché si vuole, ma oggi limitatrice, che ostacola l'adeguamento ai tempi." E' una valutazione che non può trovare questa sera ampi spazi di risposta, in quanto troppo assorbente, e, se è vero che essa non può essere accettata, evidenzia un clima che c'è anche in questa nostra area metropolitana.
Altri aspetti che investono la Storia e la Sociologia rispetto all'attuale assenza dei confini marcati tra le classi sociali, sul ruolo e sull'innovazione dei movimenti popolari di cultura all'interno della società, mentre taluni postulano la grande alleanza sociale dei protagonisti della produzione, di quanti sono socialmente attivi, contro il parassitarismo creando una fascia di avanguardie allocate trasversalmente alle classi sociali tradizionali ed ai ceti.
Noi sentiamo invece che la classe operaia, anche attraverso la sua espressione organizzativa sindacale, che talvolta in questi ultimi tempi ha vissuto anche momenti di difficoltà, deve poter svolgere un suo primario ed insostituibile ruolo che affonda e trova riferimento nelle radici della storia dell'uomo e sta tentando di muoversi al passo coi tempi in una funzione che non solo la Costituzione, ma la vocazione dell'uomo, la libertà, la giustizia ritengono essenziali.
Non appaia dunque ambizioso, ma noi vorremmo fare violenza su questo obiettivo, promuovendo forme di collaborazione tra le forze sociali dell'imprenditoria e del sindacato, dei servizi sociali attraverso le quali definire ampi sforzi di convivenza civile ed umana di non conflittualità.
Ritorno per la chiusura su un argomento che ho toccato in apertura.
A quanti addebitano al Governo regionale ed a taluni di noi, ed ho anche parecchi amici tra costoro, la troppa riservatezza, la eccessiva modestia, una parvenza di timidezza, sia consentito di ricordare che essa non è espressione di rinuncia ai valori essenziali o di debolezza, ma ricerca che vuol essere di stile, di un modo di essere testimone di molti uomini del Piemonte, magari uomini della montagna usi a consumare entro se stessi,e talvolta devo farlo ricorrentemente, emozioni, ansie e gioia per con fermezza, e Dio voglia, con rigore morale. Il passato dunque è da buttare e solo da oggi inizia il meglio per il Piemonte? Forse qualcuno aspetta che io qualche volta abbia a dire queste cose.
E' domanda che mi sono posto altre volte ma io non lo dirò mai, non per convenienza di calcolo entro e fuori le componenti del pentapartito. Da questa scelta non può che discendere un corretto rapporto con l'opposizione, rispettosi dell'altrui pensiero (ed intendiamo esserlo) la quale si convincerà (opposizione) che non il tatticismo, ne l'opportunismo ma l'onesto riferirsi al bene comune e al bene dell'uomo, al bene della gente consentirà di incontrarsi sulle cose concrete quelle che offriranno a tutti la possibilità di partecipare alla costruzione dell'edificio comunitario.
Da oggi almeno nell'intenzione inizia questo ambizioso sforzo per fare riaffiorare ed emergere l'energia, la potenzialità, la fantasia, la creatività del Piemonte, la sua carica di operosità di imprenditorialità riscoprendo tradizioni e storia in una terra che dopo aver fatto il paese è stata per molto tempo richiamo e riferimento.
Lungo questa strada,signor Presidente, colleghi Consiglieri,e con questo stato d'animo sono state costruite le pagine del documento programma che io mi auguro in ogni modo arricchito da questo e da altri dialoghi che correranno all'interno di quest'aula e della società.
Da oggi, comunque in chiave di servizio, c'è' l'impegno del Governo della Regione per uno sforzo intendendo costruirlo entro la società piemontese.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno sulla mafia


PRESIDENTE

Sono stati distribuiti due ordini del giorno, uno di Staglianò e l'altro a firma di altri Gruppi sul processo alla mafia che si tiene a Palermo.
Comunico che su questo fatto così importante vi sarà in quest'aula i giorni 21,22,23 marzo un grande convegno con la partecipazione di quegli stessi giudici che hanno operato per tanti anni nelle istruttorie, compreso il Ministro Martinazzoli e altri parlamentari.
Con questa saranno quattro le iniziative che abbiamo assunto quest'anno nella direzione di sostegno all'opera della Magistratura.
Chiede di intervenire il Consigliere Staglianò.
STAGLIANO' Chiedo al Presidente di porre in discussione e quindi in votazione l'Ordine del giorno sulla mafia.



PRESIDENTE

Per poter discutere e quindi votare l'Ordine del Giorno è indispensabile il numero legale, che, tra l'altro, mancava già verso la fine dell'intervento del Presidente della Giunta. Procediamo comunque all'appello nominale per verificare se effettivamente esiste o meno il numero legale. Comunico che in aula vi sono solo 22 Consiglieri, manca il numero legale, per- tanto dichiaro chiusa la seduta.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.20)



< torna indietro