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Dettaglio seduta n.212 del 26/10/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Causa l'assenza degli Assessori chiamati a rispondere o dei Consiglieri interroganti, l'esame delle interrogazioni ed interpellanze, di cui al punto 2) all'o.d.g., è rinviato alla seduta di domani.
All'interrogazione n. 1740, essendo presente l'Assessore Vetrino, ma assente il Consigliere interrogante, a termine di Regolamento verrà data risposta scritta. Così pure all'interrogazione n. 1986 verrà data risposta scritta da parte dell'Assessore Mignone.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

a) Congedi



PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bosio, Ferro, Gallarini, Lombardi e Monticelli.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 3, 5 e 10 ottobre 1989 - in attuazione dell'art. 9 della L.R. n.
6/88 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

Verifica del numero legale


PRESIDENTE

Passiamo all'esame degli ordini del giorno relativi all'obiezione di coscienza, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Sono stati presentati tre ordini del giorno: n. 579 presentato dai Consiglieri Staglianò, Carletto, Ala, Bontempi Santoni, Gallarini, Reburdo e Fracchia n. 580 presentato dai Consiglieri Rossa e Tapparo n. 703 presentato dai Consiglieri Majorino, Minervini e Masaracchio.
La parola al Consigliere Staglianò per l'illustrazione del primo ordine del giorno.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, mi pare che l'argomento di cui dobbiamo trattare che ci trasciniamo da numerosissime sedute, non possa svolgersi senza che ci siano i requisiti minimi indispensabili perché sia dignitosamente svolto. Quindi chiedo preliminarmente la verifica del numero legale in quanto non è accettabile dal nostro punto di vista che la discussione avvenga con i banchi del governo e dell'aula praticamente vuoti. La prego Presidente, di procedere a norma di Regolamento alla verifica del numero legale e di provvedere di conseguenza agli adempimenti opportuni.



PRESIDENTE

L'art. 50 del Regolamento recita: "La Presidenza è tenuta a verificare se il Consiglio sia in numero legale per deliberare, quando ciò sia chiesto da un Consigliere ed il Consiglio stia per procedere a qualche votazione. I Consiglieri che richiedono la verifica del numero legale sono considerati presenti.
Per verificare se il Consiglio è in numero legale il Presidente ordina l'appello.
I Consiglieri in congedo e quelli assenti per incarico del Consiglio o della Giunta o delle Commissioni, entro il limite massimo di un quinto dei componenti del Consiglio, non vengono computati per fissare il numero legale".
Dato che il Consigliere richiedente non ritira la sua richiesta, si proceda alla verifica del numero legale per appello nominale.



(Si procede all'appello nominale)



PRESIDENTE

Sono presenti 27 Consiglieri.
In base ai congedi, il numero richiesto oggi è di 28 Consiglieri pertanto non c'è il numero legale.
Ai sensi dell'art. 50 del Regolamento rinvio la seduta di un'ora.
I lavori riprenderanno alle ore 11,15.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10,15 riprende alle ore 11,15)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordini del giorno relativi all'obiezione di coscienza


PRESIDENTE

La seduta riprende.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, non sono le ore 11,15.



PRESIDENTE

Sul mio orologio lo sono.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Dichiara il falso.



PRESIDENTE

No, il mio orologio segna le 11,15.
Collega, probabilmente ho l'orologio avanti, però mi creda il mio orologio segna quest'ora.
Possiamo quindi iniziare i nostri lavori con l'esame degli ordini del giorno relativi all'obiezione di coscienza, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Era stata avanzata la proposta di verificare per gli ordini del giorno n. 579 e n. 580 la possibilità di fonderli in un unico documento. Ciò per non è stato possibile per mancanza di tempi tecnici più che di volontà politiche.
Successivamente è stato presentato l'ordine del giorno n. 703 dai Consiglieri del Gruppo MSI-DN.
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, non voglio fare polemiche perché non è il caso.
Comunque prendo atto che il suo orologio è assolutamente sregolato, perch il Vicepresidente Petrini ha sospeso la seduta alle ore 10,15 dell'orologio che sta al centro della nostra aula e sul medesimo orologio in questo momento sono le ore 10,55. Quindi lei, signor Presidente, magari a fin di bene, sta violando il Regolamento. Chiedo che venga registrato tutto.
D'altra parte, se mi consente, signor Presidente, siamo stati costretti a chiedere la verifica del numero legale perché nonostante ci si presenti almeno gli interroganti o buona parte degli interroganti interessati all'ora stabilita per ricevere risposte attese da mesi, mesi e mesi, ancora questa mattina il banco del governo era assolutamente vuoto se si esclude la presenza dell'Assessore Brizio e del Vicepresidente Vetrino, i quali peraltro non avevano interrogazioni da svolgere e quindi non hanno potuto risolvere i problemi dell'avvio della seduta.
Ciò detto, signor Presidente, perché risulti ben scritto, volevo rapidissimamente richiamare, con la sua cortese attenzione, i contenuti di questo ordine del giorno, che porta il n. 579, la data del 24 novembre 1988 e la firma, oltre che del sottoscritto, del Capogruppo DC Carletto, del collega Ala (Lista Verde), dell'ex Capogruppo comunista Bontempi, del Consigliere liberale Santoni, del Consigliere socialdemocratico Gallarini del Consigliere Reburdo (Sinistra Indipendente) e del Consigliere repubblicano Fracchia.
E' un ordine del giorno che sottolinea l'alto valore civile e morale della scelta dell'obiezione di coscienza e l'importanza del servizio sociale quale occasione per l'affermazione e la diffusione di una vera cultura di pace basata sui principi della giustizia e della non violenza.
In questo ordine del giorno si ricorda peraltro la sentenza con cui la Corte Costituzionale nel 1985 ha affermato la legittimità dell'obiezione di coscienza rispetto al dovere di difesa della patria, perché questo dovere non si esaurisce... Signor Presidente, io mi fermo a questo punto, perch ritengo non sia assolutamente dignitoso proseguire in questo clima.



PRESIDENTE

Prosegua collega, il Capogruppo repubblicano mi esponeva un problema.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Non stiamo parlando di noccioline, stiamo parlando di un argomento per il quale centinaia di persone anche in questo Paese sono state in carcere negli anni passati per affermare questi valori.



PRESIDENTE

La ascolto con attenzione. Prosegua.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Dicevo che la sentenza della Corte Costituzionale n. 164 del 1985 ha affermato la legittimità dell'obiezione di coscienza, perché il dovere di difendere la patria non si esaurisce nell'obbligo di prestare il servizio militare, ma questo dovere può essere adempiuto perfettamente attraverso la prestazione "di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato".
Questa è una citazione testuale di quella sentenza, che è un grande valore per tutti quanti noi.
Inoltre, signor Presidente e cari colleghi, la legge n. 772 risulta nella sua formulazione, penalizzante nei confronti dell'obiezione di coscienza. La legislazione attuale non è adeguata a quanto previsto dai principi della stessa risoluzione del Parlamento europeo del 7 febbraio 1983. Questa insufficienza della legislazione attuale è evidente anche al legislatore nazionale, tant'è che si sta mettendo mano ad una riforma della legge n. 772.
Da tempo, signor Presidente mi avvio a concludere, la gestione del servizio civile viene attuata soltanto mediante circolari amministrative che hanno toccato molti aspetti fondamentali del servizio civile e della vita degli obiettori. Queste circolari non sono però passate all'esame del Parlamento. Ecco perché l'ordine del giorno, firmato da un amplissimo numero di forze politiche di questa assemblea e di singoli Consiglieri rivolge un invito al Parlamento nazionale affinché approvi sollecitamente una nuova legge in materia in conformità con la risoluzione del Parlamento europeo citata e in conformità con la sentenza della Corte Costituzionale anch'essa richiamata poc'anzi. Una legge nuova che riconosca a chiare lettere il diritto all'obiezione di coscienza.
Questo ordine del giorno auspica che, d'intesa con gli enti locali, ci sia da parte del Consiglio regionale una adeguata pubblicizzazione della legge rivolta in particolare a tutti i cittadini chiamati alle visite di leva.
Questo è quanto intendevo dire, singor Presidente. Naturalmente mi auguro che l'amplissimo schieramento di forze che si è registrato in calce a questo documento si trasformi in un amplissimo, possibilmente unanime voto dell'intera assemblea regionale del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Si vis pacem para pacem. Signor Presidente, se vogliamo la pace dobbiamo preparare la pace. Direi che questo è il senso profondo con cui il Partito comunista ha sottoscritto nella persona dell'allora Capogruppo Rinaldo Bontempi l'ordine del giorno in discussione. E' un ordine del giorno che, come ha illustrato il collega Staglianò, richiama e sottolinea l'alto valore morale e civile della scelta dell'obiezione di coscienza che costituisce, a nostro avviso, uno dei presupposti per preparare la pace.
Tale scelta, inoltre, è indispensabile per fare in modo che la nostra società, nel suo insieme, si evolva in direzione della solidarietà, della difesa dei più deboli, dell'impegno civile di cittadini che comunque sono tenuti ad espletare un servizio nel loro Stato, ma che vogliano espletare questo servizio in modo che l'utilità nei confronti degli altri cittadini che sono - come dicevo prima - i meno difesi, ne risulti concretamente evidente. Questo è il significato dell'ordine del giorno.
Direi che alcuni valori, come quello della pace, sono sempre stati proclamati da tutti ed oggi, grazie ad iniziative internazionali di rilevante portata, vanno affermandosi largamente nella coscienza sempre più alta dei cittadini di tutto il mondo.
Allora, l'approvazione di questo ordine del giorno da parte del Consiglio regionale del Piemonte indubbiamente costituirà un punto di partenza per fare in modo che la scelta dell'obiezione di coscienza, che è una scelta di civiltà, possa essere praticata da numerosi giovani i quali sono tenuti a prestare il servizio militare e sia praticata nel migliore dei modi. La legge che istituiva il servizio civile, alternativo al servizio militare, è del 1972. Quindi, pur essendo stata approvata quasi vent'anni fa, non ha trovato quell'applicazione che pur il legislatore auspicava al momento dell'approvazione.
E' una legge che ha trovato, inoltre, gli enti locali impreparati ad affrontare le nuove esigenze, le nuove istanze, i nuovi valori che i giovani obiettori di coscienza proponevano. Abbiamo avuto esempi, non certo belli, di enti locali che hanno stipulato delle convenzioni con il Ministero della Difesa per avere tra il loro personale dei giovani obiettori, poi utilizzati per servizi che poco o nulla avevano a che fare con le finalità della scelta fatta dai ragazzi. E' una scelta dettata da un desiderio di pace e da un desiderio di vivere in una società migliore e diversa, che deve essere rispettata anche dagli enti locali. L'impegno della Regione Piemonte nell'approvare, se lo approverà, questo ordine del giorno dovrebbe anche espletarsi nei confronti degli enti locali che si convenzionano con il Ministero affinché siano istituiti dei centri di documentazione diretti a diffondere la cultura della pace e siano costituiti centri di solidarietà all'interno dei quali i cittadini meno difesi possano trovare un punto di riferimento per far fronte ai loro bisogni.
Dunque, noi auspichiamo che la Regione Piemonte diventi parte attiva e solidale nella diffusione della conoscenza relativa all'obiezione di coscienza sapendo che così facendo essa adempie ad uno dei suoi compiti fondamentali: quello di preparare una società sempre più giusta, una società nella quale i deboli siano difesi, dalla quale la guerra sia bandita e dove le risorse non irrilevanti che si spendono per l'industria bellica trovino una destinazione diversa, utile alla società stessa nel suo insieme.
Per queste ragioni il Gruppo comunista ha aderito all'ordine del giorno ed auspica che venga approvato dal Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il 3 novembre 1988 il Gruppo socialista presentò un ordine del giorno nel quale ribadì l'esigenza di rispettare la libertà di coscienza dei cittadini e in questo campo riconoscere la scelta alternativa al servizio militare come un fatto estremamente rilevante.
Occorre procedere nell'opera di offrire degli spazi di operatività per quanto riguarda il servizio alternativo a quello militare che non vada a svuotare il servizio militare di leva che altrimenti aprirebbe la strada all'esercito di professionisti verso il quale il mio Partito ha posizione ancora non completamente determinata, ma certamente non favorevole.
La cultura della pace prima di tutto deve emergere nello spirito della massima assemblea elettiva, il Parlamento, come sede di maggiore garanzia.
La scelta di pace del nostro Paese deve essere la garanzia sul ruolo dell'esercito, che deve essere di popolo proprio per rappresentare un significativo elemento di radicamento nella società. Ovviamente non dovrà essere un periodo mortificante e di perdita di tempo, ma un breve periodo ad alta preparazione tecnica e fisica per quanto riguarda le competenze che l'esercito può dare.
La legittimità dell'obiezione di coscienza in alternativa all'obbligo di prestare il servizio militare viene ribadita. Occorre ovviamente adeguare norme che risalgono a più di quindici anni fa e tale adeguamento deve anche fare riferimento alle risoluzioni del Parlamento europeo che in materia ha indicato dei percorsi per strutturare il servizio alternativo a quello militare in modo chiaro e non residuale e marginale.
Auspichiamo che il Parlamento riveda la normativa attualmente vigente in materia di obiezione di coscienza e che approvi con sollecitudine una nuova legge che si avvalga delle indicazioni che il Parlamento europeo a suo tempo ha dato.
Per legittimare adeguatamente il diritto all'obiezione occorre equiparare la durata del servizio civile al servizio militare, sancire la smilitarizzazione del servizio civile in modo completo, ampliare i settori del servizio ad altri campi di utilità sociale sui quali oggi è impegnato il servizio alternativo al servizio militare.
E' importante stabilire un divieto affinché l'impiego degli obiettori di coscienza non sia fatto in sostituzione di personale regolarmente assunto (è un principio che noi diamo per quanto riguarda la legge regionale sui cantieri di lavoro); non attività sostitutive di operatività o di mancanza di organici, ma proiezioni su temi e su iniziative che siano aggiuntive a quelle della normale operatività degli organismi sociali che fruiscono degli obiettori di coscienza.
Nel nostro ordine del giorno riteniamo estremamente rilevante che la pubblicizzazione dei diritti dei giovani cittadini che si apprestano a compiere il servizio militare sia chiara e trasparente. Ovviamente questo aspetto dovrebbe anche essere visto in molte altre materie, dove il cittadino dovrebbe poter fruire meglio della conoscenza dei diritti-doveri ad esempio per quanto riguarda l'ambiente o il lavoro dove per ragioni storiche le conoscenze sono più accentuate.
Il Gruppo socialista chiede agli altri firmatari se è possibile formulare un documento comune, altrimenti, qualora non si arrivi a questa possibilità, si asterrà sull'altro documento e voterà favorevolmente sul proprio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente, dichiaro che il nostro ordine del giorno non vuole essere un atto strumentale di inserimento tra gli altri due. Se così fosse, saremmo, fra l'altro, davvero in ritardo.
In effetti, noi abbiamo presentato un ordine del giorno alla luce dell'evoluzione di tutta la problematica che investe le Forze Armate in Italia e di quanto nei Partiti si è determinato di nuovo. In particolare mi riferisco alla presa di posizione, testé ribadita dal Consigliere Tapparo verso la concezione di un esercito di popolo che contraddice le impostazioni storiche dello stesso Partito socialista. Ma mi riferisco anche a quanto il Partito comunista di recente, dall'avvento dell'on.
Occhetto a Segretario di quella formazione politica, ha creduto di dover dire, affrontando la problematica delle Forze Armate, in termini molto espliciti in favore dell'esercito dei cosiddetti "professionisti".
E' a tutti noto che il problema delle Forze Armate in Italia è come un termometro, uno strumento cioè di misura di quanto ridicola sia l'immagine dello Stato, se ci riferiamo oltretutto a quanto accaduto ultimamente a proposito del funzionamento dei radar, dell'abbattimento - così dobbiamo chiamarlo di aerei di linea nazionali che ha causato dolore e stragi, di tutta quella diatriba che denuncia quanto lo Stato non abbia le idee chiare in riferimento alla credibilità che esso stesso può avere quando una delle sue maggiori istituzioni è credibile.
Inoltre occorre far cenno anche a un discorso di mera questione economica. Noi cittadini italiani da oltre un decennio assistiamo ad un continuo comprimere la percentuale dei finanziamenti alla Difesa nel bilancio dello Stato, sia in ordine alle entrate, che per quanto riguarda le spese. Come punto di riferimento prendiamo il 1966, quando le spese per le Forze Armate si aggiravano intorno al 14% del capitolo di spesa globale del bilancio dello Stato, mentre le aliquote in riferimento alle entrate erano di circa il 16%. Ebbene, oggi siamo arrivati a livelli dell'8-9% e nel frattempo insistiamo ad avere in Italia questa assurda pratica della ferma obbligatoria che non offre ai giovani italiani alcuna garanzia.
A questo proposito nessuno deve dimenticare che cosa è accaduto nelle caserme italiane: quanti giovani si sono suicidati, quali interventi abbiamo dovuto registrare a livello di Ministro della Difesa per cercare di debellare ciò che ai tempi d'oggi è del tutto inaccettabile: il "nonnismo"! Che cosa accade tra le reclute degli Alpini? ...E' vero, la nostra è una Regione che ha tale vocazione. Addirittura nel Trentino Alto Adige questi poveri ragazzi, le reclute, per il lassismo che regna nelle casermette dislocate in montagna, vengono costretti dai "nonni" a mangiare sterco di mulo, a mo' di iniziazione!



TAPPARO Giancarlo

Non esageri!



MASARACCHIO Antonino

No, non esagero, si dice che in tal modo le reclute vengano "comunicate".
Io non esagero, ritengo di dover dire queste cose, se poi per le orecchie "pure" ciò che dico può sembrare esagerazione, è perché si tratta davvero di fatti assurdi sui quali non sempre si riesce ad essere informati.
Che cosa è accaduto a proposito di inchieste agli ufficiali? Ci sono stati ufficiali che si sono suicidati perché non hanno potuto o voluto sopportare l'onta di un'inchiesta infame. Tutto questo, messo insieme alla disorganizzazione dell'esercito, alla non qualificazione dei giovani, ci porta ad insistere sulla necessità che, proprio in un tempo in cui la pace è dominante, ci sia un esercito non di professionisti della guerra, ma attrezzato attraverso il volontarismo.
D'altro canto ciò che l'art. 52 della Costituzione afferma esplicitamente sul "dovere da parte dei cittadini di difendere la Patria" non è eluso dal problema di un esercito di volontari, cioè a dire di gente che sceglie diciamo pure quella carriera per esercitare non un mestiere, ma un'attività decorosa e dignitosa. Oltretutto, nel caso in cui si paventasse non dico una guerra, ma una calamità nazionale, e noi sappiamo che contro le calamità la politica dello Stato non è in grado di intervenire adeguatamente, allora potrebbe anche accadere quel tale reclutamento che si configura nell'etica della difesa della patria da parte di tutti i cittadini validi.
Qualunque altro discorso contro l' esercito dei volontari che potrebbe configurarsi nell'ambito di una mentalità guerrafondaia, cade soprattutto quando da altra parte politica si chiede che l'esercito sia di popolo, come se ancora fossimo ai primi del Novecento oppure intorno agli anni '40 di questo secolo, quando cioè le guerre si combattevano con tanta gente. Di fronte a ciò che accade per via della tecnologia militare di difesa sarebbe assurdo pensare che ci vogliano ancora oggi popoli armati di baionette, di fucili, di mitragliatrici o semplicemente di carri armati per sopportare l'offensiva di un'ondata bellica. Quindi il discorso di una più qualificata attività delle Forze Armate, che in ogni caso deve esserci giacchè le truppe di leva reclutate non possono costituire una qualificazione delle Forze Armate, è ineluttabile. Ma ciò vale soprattutto per l'abrogazione della leva obbligatoria, in favore cioè del reclutamento attraverso il volontarismo. Un esercito di volontari, o meglio le Forze Armate formate da volontari vanificherebbero del tutto lo specioso discorso dell'obiezione di coscienza. Dico "specioso" non perché l'obiezione di coscienza sia da rigettare o comunque da non considerare fra i valori dell'etica di una nazione, ma perché mi pare che l'obiezione di coscienza c'è in tanto in quanto c'è la obbligatorietà del servizio militare. Se il servizio militare fosse una scelta opzionale, allora verrebbe a cadere lo stesso motivo dell'obiezione di coscienza e, nel caso in cui dovesse esserci malauguratamente una mobilitazione, gli obiettori di coscienza potrebbero essere mobilitati per quelle attività per le quali si sentono portati e per le quali sanno di poter dare tutta la loro probità di cittadini della nazione.
Questi sono i motivi per i quali noi abbiamo presentato il nostro ordine del giorno; quindi non per differenziarci dagli altri, ma perch convinti che le argomentazioni esposte negli altri ordini del giorno siano superate dai tempi. Pertanto, non essendo attuali quelli, potrebbe essere considerato pregnante ed attuale il nostro documento, animato com'è da più seri intendimenti nell'ambito di una riforma generale delle istituzioni nazionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Come ho già detto altre volte quando si presenta un ordine del giorno in un determinato contesto storico come era quello di circa un anno fa, la sua discussione allora avrebbe avuto un significato perché si inseriva in una riflessione collettiva e popolare che aveva fatto della rivendicazione della riforma della legge sull'obiezione di coscienza al servizio militare uno dei punti attorno al quale si svolgeva un grande momento di mobilitazione e di testimonianza. Era in atto una campagna nazionale per la riforma della legge a fronte di un Ministro "teutonico" come Zanone che dal punto di vista etico e culturale è anni luce distante dal concetto di servizio civile. Centinaia di persone in Italia avevano avviato per molto tempo a rotazione una lotta non violenta di digiuno per ottenere da parte del Parlamento maggiore attenzione sullo stato di applicazione della legge che era dequalificato ed inaccettabile.
So che è un argomento estraneo alla cultura media di questo Consiglio regionale, contrariamente a quello che avviene in altri Consigli regionali e nel Consiglio comunale di Torino dove attorno a questi problemi c'è attenzione e tensione, ma voglio rilevare che proprio un anno e mezzo fa il Ministro Zanone si caratterizzò come un Ministro che puntava sul boicottaggio di una legge prevista dallo Stato, cercando in qualunque modo di evitare che migliaia di giovani scegliessero un'alternativa non violenta al servizio militare. Tant'è vero che eravamo in un momento in cui non c'era possibilità di scegliere gli enti; c'era una collocazione non adatta degli obiettori, anzi veniva sistematicamente applicato il concetto che se un obiettore chiedeva di svolgere il proprio servizio presso un ente che aveva certe determinate caratteristiche, ad esempio la Charitas per quanto riguarda il settore dell'emarginazione, volutamente questo obiettore veniva mandato o all'ARCI o a Pro Natura o da un'altra parte ancora, dove l'interesse culturale ed etico dell'obiettore era puramente ideale, ma non pratico; c'era quindi una serie di boicottaggi.
Inoltre, c'era il discorso della durata del servizio civile; durata prevista in venti mesi, ma con i ritardi con i quali si rispondeva alla richiesta di obiezione, il giovane che faceva obiezione di coscienza era obbligato ad avere davanti a sé almeno 36 mesi di tempo per avere la risposta positiva alla domanda e poter quindi avviare la sua collocazione nel servizio civile.
Sulla base di queste considerazioni ci fu la richiesta forte di modificare quella legge per adattarla ai tempi nuovi, però lo stesso Parlamento faticò notevolmente ad avviare questa riforma. E soltanto la volontà di alcuni parlamentari di diversi partiti ha permesso, attraverso l'on. Caccia della DC, di giungere alla formulazione di un testo unitario espressione dei vari Gruppi politici, che è stato però boicottato dall'allora Governo il quale si dichiarò contrario all'impostazione data dalla Commissione.
Sulla base di questo assunto, la riforma della legge non è ancora stata consolidata. Ci ha pensato, fortunatamente, la Corte Costituzionale che ha cercato perlomeno di tamponare alcune clamorose prevaricazioni che riguardavano la legge sull'obiezione di coscienza; in particolare sul discorso della durata la sentenza della Corte Costituzionale ridusse e dichiarò che, in assenza di un disposto legislativo di riforma, si doveva equiparare la durata del servizio civile a quella del servizio militare.
Oggi noi ci troviamo di fronte alla riduzione da 20 mesi a 12 mesi del servizio civile, però con una carenza legislativa che affronti globalmente questo processo di riforma. Ci auguriamo che questa riforma, che ha avuto già un testo unificato all'interno della Commissione Difesa della Camera possa svilupparsi ed ottenere i risultati.
Chiedo quindi che, da parte della Presidenza del Consiglio regionale si gestiscano in modo attivo gli ordini del giorno che verranno approvati.
L'ordine del giorno sottoscritto da molti Gruppi, una volta approvato dovrebbe essere fatto pervenire con le dovute sottolineature all'attuale Ministro della Difesa (che parrebbe essere più attento e sensibile a questi problemi di quanto lo fu il Ministro Zanone), ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio, ai Capigruppo parlamentari, al fine di sollecitare una rapida approvazione del testo di legge unificato.
Inoltre rivolgo formalmente l'invito al Consiglio regionale a partecipare al convegno che si terrà a Torino nei giorni 3, 4 e 5 novembre al Teatro Juvarra dal titolo: "Obiezione di coscienza - Le radici raccontano il futuro". Questo convegno è stato organizzato da vari enti e associazioni di diversa ispirazione e vedrà la partecipazione del prof.
Venditti, di Padre Balducci e altri. E' un'occasione che potremmo cogliere perché attorno a questo problema pensiamo si debba fare una riflessione generale.
Pensiamo che questo Paese meriti una legislazione avanzata dal punto di vista dei servizi che i cittadini debbono dare al Paese stesso. Per esempio, c'è una larga fascia del movimento pacifista che chiede l'istituzione di un servizio civile nazionale, al quale tutti i cittadini di ambo i sessi possono dare un anno della propria attività a servizio del Paese con grande afflato etico, ma anche concreto, senza dover coinvolgere invece le donne nella parificazione più deleteria dei sessi, come la proposta del servizio militare. A questa proposta noi contrapponiamo quella di un servizio civile nazionale alla quale tutti i cittadini, di qualunque sesso, possono svolgere un servizio totale ed assoluto.
Questo è un problema che interessa anche come Regione perché se ci fosse un servizio civile istituito e funzionante, probabilmente il suo collegamento con il discorso della protezione civile potrebbe avere un senso ed un ruolo importante. La prego quindi, signor Presidente, di segnalare al Presidente della Giunta regionale, in quanto responsabile della protezione civile, che anche questo è un problema che meriterebbe nell'ambito soprattutto del rapporto con il volontariato, un discorso serio e responsabile.
Concludo dicendo che grazie al servizio civile e degli obiettori di coscienza al servizio militare, oggi in questo Paese è possibile seriamente affrontare e proporre un'idea forte come questa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, alcune brevi annotazioni.
Innanzitutto invito i colleghi che hanno firmato con me l'ordine del giorno n. 579 ad apportarvi una piccola, ma necessaria correzione dovuta alla pronuncia, di questa estate, della Corte Costituzionale. Una delle questioni che venivano sollevate nell'ordine del giorno è stata attuata non dal Parlamento, non dal Ministro, ma dalla Corte Costituzionale, la quale sulla vicenda "obiezione di coscienza" è sempre stata un po' più tempestiva ed attenta del Parlamento, delle forze politiche e del Governo, e ha sempre cercato di tenere conto dei cambiamenti che avvenivano nella società civile e tra i giovani, di registrarli e di riconoscerne il fondamento costituzionale. Di questo va dato atto.
Vorrei proporre questa piccola modificazione al secondo comma: non "ricordata la sentenza della Corte Costituzionale", ma "ricordate le recenti sentenze della Corte Costituzionale che hanno affermato" aggiungendo in coda al comma: "che hanno equiparato la durata del servizio civile a quella del servizio militare".
Personalmente non ho difficoltà a riconoscere che l'attuale Ministro della Difesa, on. Martinazzoli, ha agito sull'argomento, nel periodo estivo, con tempestività dando immediata esecuzione al pronunciamento della Corte Costituzionale. Questo è un altro punto che, a mio avviso, può essere richiamato. Infatti, molte altre pronunce e sentenze della Corte Costituzionale sono state e vengono poi ignorate dal Parlamento e dal Governo, questa invece non lo è stata.
E' chiaro che la decisione di questa estate del Ministro Martinazzoli qualche problema l'ha suscitato, perché si è trasformata in un congedo anticipato di una serie di obiettori di coscienza che stavano prestando lavori e attività in determinati servizi ed istituzioni che sono così rimasti scoperti.
Sono dispiaciuto di non trovare l'unanimità del Consiglio regionale, in base ad argomentazioni tra l'altro difficili da capire qualora si leggano i testi.
Confermo la mia astensione sull'ordine del giorno presentato dal Gruppo socialista e motivo il mio voto contrario alla proposta di ordine del giorno presentato dal Gruppo MSI-DN. Ordine del giorno che posso condividere laddove si parla della crisi del servizio militare in Italia delle difficoltà, dei rischi - perché di rischi si tratta - che questo servizio comporta per molti cittadini. Lo stato di disagio nelle caserme, i suicidi, quelli che possiamo chiamare maltrattamenti, "nonnismo" ed altre situazioni del genere, la scarsa qualità di alcuni servizi (a cominciare dalle mense e dal servizio sanitario) che riguardano il nostro sistema militare sono ben noti, andrebbero ribaditi e ripresi. Tra l'altro la Regione, almeno per la Regione militare nord-ovest, qualcosa potrebbe fare.
Anni addietro c'è stato un protocollo di intesa, di cui però mai si è voluto parlare e noi siamo stati l'unica forza politica a richiederlo, così come avevo richiesto una discussione in aula tre anni fa sul rapporto sullo stato morale della truppa fornito dal Ministro competente di allora proprio perché convinto (anche se forse non lo sono tutti gli altri firmatari di questo ordine del giorno) che l'attenzione ai problemi dell'obiezione di coscienza debba accompagnarsi ad una grande attenzione alla qualità del servizio militare, attenzione ai giovani che lo praticano al fatto che costoro sono cittadini come gli altri e godono degli stessi diritti sanciti dalla Costituzione per quanto riguarda i diritti personali il diritto alla salute, il diritto ad un vitto decente e il diritto a vivere in maniera decente. La caserma è un luogo separato e chiuso. C'è pudore e ritrosia a parlarne. Quindi, almeno su questo punto riconosco che va fatto di più. Pur tenendo conto della fondatezza e della giustezza della scelta dell'obiezione di coscienza, non possiamo dimenticarci del problema che riguarda la qualità del servizio militare così come viene prestato oggi e anche del senso che questo ha. Sono però convinto che la soluzione proposta dal Movimento Sociale, quella di un esercito professionale e di mestiere, che certamente trasformerebbe in volontaria quella che adesso è la ferma obbligatoria, sia una scelta sbagliata che non va in direzione di una cultura della pace e in direzione di una concezione del servizio militare come attività di tutti i cittadini. Resto convinto, da un lato della necessità che tutti i cittadini prestino e diano una parte del loro tempo per finalità pubbliche e collettive e che possano scegliere quale debba essere; dall'altro lato però noi dobbiamo mantenere il servizio militare come servizio obbligatorio. Dobbiamo avviare una lunga discussione democratica per trasformare questo nostro esercito in un esercito al di fuori dei grandi schieramenti internazionali per quanto riguarda i blocchi esercito di un Paese che scelga la neutralità, che abbia unici compiti di difesa e che veda in primo luogo gli interventi nel campo della protezione civile, della tutela ambientale, dell'attenzione ai problemi della marginalità.
Questa è la mia personale utopia rispetto all'esercito. Si tratta certamente di un dovere costituzionale, ma che può essere ben diversamente normato e regolamentato all'interno di un Paese che scelga decisamente altre strade per quanto riguarda i modelli culturali da proporre ai giovani di questo Paese e anche per essere in sintonia all'interno di una Europa "casa comune" dice Gorbaciov; "dall'Atlantico agli Urali" diceva a suo tempo De Gaulle che scelga finalmente la convivenza pacifica al suo interno.



PRESIDENTE

Non essendovi altri iscritti a parlare, si proceda alla votazione dei tre ordini del giorno.
Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 579 nel testo modificato dal Consigliere Ala: "Il Consiglio regionale del Piemonte sottolineato l'alto valore civico e morale della scelta dell'obiezione di coscienza nonché l'importanza del servizio civile quale occasione per l'affermazione e la diffusione di una vera cultura di pace basata sui principi della giustizia e della non-violenza ricordate le recenti sentenze della Corte Costituzionale che hanno affermato la legittimità dell'obiezione di coscienza rispetto al dovere di difesa della Patria, perché esso non si esaurisce nell'obbligo di prestare il servizio militare, ma può essere perfettamente adempiuto attraverso la prestazione 'di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato' e che hanno equiparato la durata del servizio civile a quella del servizio militare ritenuto che la legge n. 772 sia penalizzante nei confronti dell'obiezione di coscienza e che la legislazione attuale non sia adeguata a quanto previsto dai principi stabiliti dalla Risoluzione del 7/2/1983 del Parlamento europeo considerato che, da tempo, la gestione del servizio civile viene attuata soltanto mediante circolari amministrative che hanno toccato molti aspetti fondamentali del servizio civile e della vita degli obiettori senza passare attraverso alcun esame del Parlamento r i v o l g e un invito al Parlamento affinché approvi sollecitamente una nuova legge in materia di obiezione di coscienza, in conformità con la citata Risoluzione del Parlamento europeo e la pronuncia della Corte Costituzionale, che riconosca il diritto all'obiezione di coscienza a u s p i c a altresì, d'intesa con gli enti locali, un'adeguata pubblicizzazione della legge, rivolta in particolare a tutti i chiamati alle visite di leva i n v i a il presente documento al Ministro della Difesa, ai membri delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato, ai Presidenti della Camera e del Senato ai Capigruppo parlamentari".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 33 voti favorevoli, 2 contrari e 5 astensioni.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 580, il cui testo recita: "Richiamato l'art. 52 della Costituzione che afferma come dovere dei cittadini la difesa della Patria sottolineato che l'alternativa di prestare servizio civile, invece del servizio militare armato, è ispirata all'esigenza di rispettare la libertà di coscienza dei cittadini, tutelandone la possibilità di scegliere, in base alle proprie convinzioni personali, il rifiuto a portare armi o a servire in corpi armati, sia pure per la difesa del territorio nazionale preso atto che la stessa Corte Costituzionale ha inteso ribadire questa esigenza riaffermando (cfr.: sent, n. 164/85) la legittimità dell'obiezione di coscienza in alternativa all'obbligo di prestare servizio militare derivante dal dettato costituzionale, riconoscendo che quest'ultimo pu essere sostituito dalla prestazione di 'adeguati comportamenti di impegno sociale non armato' ritenuto che la normativa vigente in materia, ed in particolare la legge n.
772, vada adeguata ad esigenze di maggiore specificazione ed articolazione emerse nel frattempo, tra cui occorre comprendere la stessa Risoluzione del 7/2/1983 del Parlamento europeo, anche al fine di evitare che nell'applicazione della norma legislativa, a fronte di vuoti normativi, si debba ricorrere alla regolamentazione mediante l'emanazione di circolari ministeriali che se possono avere un carattere esplicativo ed applicativo non possono altresì sostituirsi o surrogare la norma inesistente che è di stretta emanazione parlamentare il Consiglio regionale del Piemonte c h i e d e al Parlamento di rivedere la normativa attualmente vigente in materia di obiezione di coscienza, approvando con sollecitudine una legge che, in conformità alla citata Risoluzione del Parlamento europeo e alla sopra riportata sentenza della Corte Costituzionale, riconosca la legittimità totale del diritto all'obiezione, preveda un'equiparazione della durata del servizio civile a quella del servizio militare, sancisca la smilitarizzazione del servizio civile e l'ampliamento dei settori di servizio ad ulteriori campi di utilità sociale, definisca i termini di risposta da parte dell'Autorità competente, stabilisca il divieto di impiegare obiettori in attività per cui è previsto l'impiego di personale regolarmente assunto a u s p i c a che la normativa emanata a riguardo sia capillarmente ed efficacemente pubblicizzata, con particolare riguardo a coloro che si trovano a dover svolgere il servizio militare e potrebbero, quindi, avvalersi dell'alternativa ed invita la Presidenza della Giunta regionale a promuovere, d'intesa con le competenti Autorità, civili e militari adeguate iniziative in tal senso i n v i a il presente ordine del giorno ai Presidenti della Camera e del Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Difesa, ai membri delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato, nonché ai Capigruppo parlamentari".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 8 voti favorevoli, 2 contrari e 31 astensioni.
Pongo infine in votazione l'ordine del giorno n. 703, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte ritenuto e considerato che è a tutti nota la sproporzione fra la spesa militare e l'efficienza delle nostre Forze Armate: con conseguente inutilità di una spesa che viene pur sempre a gravare sui contribuenti mentre la riduzione di programmi di addestramento e di aggiornamento tecnologico (conseguente ai tagli costanti del bilancio del Ministero della Difesa) continuano a fare perdere credibilità alle nostre Forze Armate e le rendono persino inidonee a seriamente adempiere agli obblighi internazionali assunti dal Governo e dal Parlamento considerato che - per uscire da una siffatta situazione - occorre una normativa che rivoluzioni l'attuale sistema del servizio militare: attraverso un ordinamento delle Forze Armate che si informi ai principi della volontarietà e della professionalità: con conseguente abolizione della ferma obbligatoria considerato che ad una siffatta e moderna impostazione della questione non ostano preclusioni di carattere costituzionale né di altro genere considerato che l'obiezione di coscienza - in questo auspicabile nuovo ordinamento - da un canto non incrina i condivisibili principi consacrati nel vigente art. 52 della Costituzione e d'altro canto svuota di contenuto le problematiche oggi esistenti in materia di obiezione di coscienza al servizio militare i n v i t a il Parlamento ad approvare sollecitamente un nuovo ordinamento delle Forze Armate che si ispiri ai principi dell'abolizione della ferma obbligatoria e dell'istituzione di un esercito basato sul volontarismo e sulla professionalità: accantonando ogni ulteriore normativa in materia di obiezione di coscienza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 2 voti favorevoli, 25 contrari e 14 astensioni.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Adesione al Gruppo Misto Verde Arcobaleno del Consigliere Staglian


PRESIDENTE

Prima di passare al punto 5) all'o.d.g. faccio una comunicazione relativa alla modifica della posizione politica del Gruppo a cui appartiene il Consigliere Staglianò della quale si è parlato nella scorsa riunione del Consiglio, allorché lo stesso Consigliere ci segnalò la sua adesione al Gruppo Verde Arcobaleno nei confronti della quale questa Presidenza si era riservata di valutare la questione anche di carattere formale rispetto al Regolamento e di dare poi una risposta, cosa che abbiamo già dato attraverso le comunicazioni epistolari, ma che a questo punto do anche in aula.
L'Ufficio di Presidenza ha ritenuto di accogliere la richiesta in questi termini: il Consigliere Staglianò, pur appartenendo al Gruppo misto perché si è visto che non ci sono altre possibilità di diverse interpretazioni rispetto a quanto recita il Regolamento, avrà la facoltà di qualificare la sua collocazione politica attraverso l'aggiunta della dizione "Verde Arcobaleno".
Ha chiesto la parola il Consigliere Staglianò. Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, mi pregio di prendere la parola per rendere conto all'assemblea delle ragioni di una scelta, facendo precedere queste brevi considerazioni da una presa d'atto di quello che lei ha riassunto.
Con una decisione formale, della quale non posso che prendere atto, lei ha ratificato una scelta maturata per lungo tempo. Registro anche il trattamento singolare riservatomi. Nel 1984, vigenti le stesse norme regolamentari di oggi, la costituzione di un nuovo Gruppo consiliare fu ratificata dall'Ufficio di Presidenza del tempo con una soluzione diversa da quella attuata oggi.
Signor Presidente, sappiamo di essere agli sgoccioli della legislatura e personalmente non ho alcuna voglia di aprire polemiche o contenziosi formali, constato però, per onestà intellettuale e per dovere istituzionale nei confronti dell'assemblea, come la politica dei due pesi e delle due misure è ben lungi dal morire. Una politica che ritengo rischiosa soprattutto quando è applicata da organismi preposti all'applicazione e alla tutela delle regole di tutti.
Signor Presidente, non sarei partito da qui se non fosse stato necessario sottolineare la visibilità politica di una scelta compiuta dal sottoscritto, dalla quasi totalità dei rappresentanti istituzionali eletti nel 1985 nelle liste di DP in Piemonte, nonché dalla maggioranza del Gruppo parlamentare demoproletario. Noi abbiamo aderito formalmente, dopo averla avviata insieme ad altre forze ambientaliste ed alternative, nella primavera scorsa, al raggruppamento Verde Arcobaleno, raccogliendo alla nostra prima uscita elettorale 210.000 voti di cittadini piemontesi, un consenso significativo che testimonia l'urgenza e nello stesso tempo la disponibilità di una conversione ecologica del nostro modo di vivere, di produrre e di fare politica. Urgenza e disponibilità che acquistano dimensioni ancora più positivamente dirompenti per la vita della nostra comunità se si aggiungono alla crescita dei Verdi del Sole che Ride.
Colleghi, la questione ecologica è esplosa; molti trionfi della scienza e della tecnica si sono trasformati in minacce mortali per l'uomo; il modello di crescita illimitata cessa di essere aspirazione universale perché si scontra drammaticamente con le conseguenze dello sfruttamento del nord sul sud del pianeta e nello stesso tempo lo sfruttamento dell'uomo sulla natura oltreché dell'uomo sull'uomo.
Si rende tangibile, in altri termini, l'idea di limite che deve avere lo sviluppo e dunque la necessità di praticare un modello economico e di vita compatibile. La catastrofe nucleare di Chernobyl ha rappresentato lo spartiacque nel modo di pensare di milioni di donne e di uomini.
Signor Presidente, accanto al sempre vivo ed attuale, anzi drammatico problema della ripartizione della ricchezza e del potere fra le classi sociali, è destinata a crescere nei prossimi anni la mobilitazione intorno al problema di come mitigare i costi ecologici della produzione di beni.
Le forze che si battono per la trasformazione, che sono attente, come noi ci siamo sforzati di essere in tutti questi anni, ai fermenti nuovi che agitano la società civile non possono chiudere gli occhi di fronte a questo fenomeno di massa. Ed è qui, signor Presidente e colleghi, che si determina il salto di qualità politico necessario da compiere.
Il tentativo di DP (nel quale personalmente ho militato sin dalla sua fondazione, rivestendo responsabilità rappresentative ai più alti livelli anche nazionali) di rappresentare la sintesi delle nuove sensibilità sociali, delle diverse culture della trasformazione che si sono andate affermando, riconosciamo onestamente che non è riuscito. In questo c'è anche una notazione critica ed autocritica, magari anche sul nostro operato personale.
La ricchezza dei valori e dei contenuti, che anche i demoproletari hanno espresso negli anni passati, non hanno trovato spazio, espressione e moltiplicazione nell'involucro-partito. E' una presa d'atto anche questa alla quale aggiungo che il proseguimento materiale dell'esperienza condotta negli anni che abbiamo alle spalle nel nuovo contesto storico e politico è per noi ormai oltre questa forma-partito. D'altronde, undici anni or sono al suo sorgere DP si era autodefinito "uno strumento provvisorio per la costruzione di una nuova sinistra, per la trasformazione della cultura della sinistra".
La nostra esperienza può trovare spazio più utilmente oggi in un'aggregazione più vasta, fuori dai rigidi steccati della forma-partito e senza per questo rinunciare all'originalità dei singoli apporti che possono essere dati in questo movimento più ampio. In questo senso, ci pare oltretutto obbligato, per cercare di essere utili ai cittadini che si sono rivolti a noi in questi anni, rendere compiutamente questo atto dovuto da parte del sottoscritto ai colleghi con i quali ha lavorato in questi anni.
Oggi siamo oltre tutto questo: operando nel Movimento Verde Alternativo non abbiamo bisogno di alcuna riverniciata, come qualcuno vuole dipingere.
Il nostro impegno e la nostra presenza contro la scelta nucleare, fra la gente della Valle Bormida, con i cittadini di Leinì o di Orbassano in lotta contro nubi tossiche e miasmi fetidi, non hanno bisogno di essere richiamati o enfatizzati, così come la nostra presenza fra i più deboli della società, gli ultimi - come si dice evangelicamente - di questa società consumistica, non ha bisogno di essere sottolineato ulteriormente né di essere dal nostro punto di vista abbandonato.
Noi siamo impegnati nella rifondazione di un grande, più grande di quello attuale, soggetto verde alternativo, che auspichiamo si realizzi pienamente al più presto.
Noi vogliamo e perseguiamo l'unità con tutti i verdi di questo Paese e di questa Regione in particolare, l'unità con l'ampio reticolo associativo di base che guarda con interesse a quello che queste forze sapranno prospettare e fare nei prossimi mesi. Come Verdi Arcobaleno ci siamo concepiti come tappa provvisoria di questo obiettivo più grande. Qui in Consiglio, come già detto in altre circostanze, operiamo già con il collega Ala in maniera coordinata da alcuni mesi. In quest'aula, fino alla fine della legislatura per la quale mancano pochissimi mesi, troverete impegnato il sottoscritto come sempre e come sempre cercherò di ispirarmi ai valori della solidarietà, della uguaglianza, della libertà, della non-violenza per l'affermazione di valori etici e anticonsumistici, contro ogni alienazione del lavoro, per il recupero del valore d'uso del prodotto dell'uomo e quindi contro ogni mercificazione delle sue opere.
Mi vedrete impegnato per costruire un'alternativa anche politica ed istituzionale già possibilmente, come auspichiamo, nella primavera ventura se avremo il conforto massiccio che gli elettori hanno dato a queste formazioni politiche la primavera scorsa e quindi per cambiare l'aria in queste stanze.



PRESIDENTE

Nel prendere atto delle scelte politiche che lei ha compiuto e delle quali abbiamo grande rispetto (abbiamo infatti cercato di venire incontro alle nuove situazioni che si sono determinate), mi preme doverle dire per che l'Ufficio di Presidenza si è comportato correttamente secondo quanto è previsto dal Regolamento e quindi non adottando due pesi e due misure, ma proprio alla luce dei comportamenti avvenuti nel 1984 ha ritenuto che questa fosse l'interpretazione corretta da dare.


Argomento: Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Esame progetto di legge n. 393: "Esenzione degli edifici scolastici pubblici di ogni ordine e grado dall'applicazione della tassa di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 5) dell'o.d.g. che prevede l'esame del progetto di legge n. 393.
Questo punto è stato iscritto all'o.d.g. ai sensi dell'art. 32 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Presidente e cari colleghi, la proposta di legge al Parlamento riguardante l'esenzione degli edifici scolastici pubblici di ogni ordine e grado dall'applicazione della tassa di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, è una proposta di legge che raccoglie l'universale grido di dolore proveniente dalle scuole del Piemonte.
Le scuole che hanno dimostrato, o voluto a noi mostrare, di avere particolari problemi sono tantissime, ne elenco alcune perché i colleghi Consiglieri abbiano la percezione dell'importanza del problema apparentemente di poco conto. In effetti, per chi di scuola non si occupa tale problema può apparire non rilevante, in realtà le implicazioni ci sono e le avvertono i Consigli di Circolo e di Istituto che quotidianamente sono costretti a far fronte a tutte le evenienze con una disponibilità finanziaria che diventa sempre più ridotta. Cito, tra gli altri, il Consiglio di Circolo della Ottino; la Direzione Didattica Gozzano di Torino; il Coordinamento dei Consigli di Circolo della città di Torino; la Direzione Didattica di Canelli; la Direzione Didattica Gobetti di Torino la Scuola Media Statale "Nino Costa" di Foglizzo; la Scuola Media Statale "Luca Valenzano" di Tortona; la Scuola Media Statale "Leonardo da Vinci" di Torre Pellice; la "Remmert" di San Maurizio Canavese; la "Rosselli" di Fiano; la "Matteotti" di Torino; la "Pavese" di Torino; la Direzione Didattica di Via Baltimora a Torino; l'Istituto Professionale di Stato per il Commercio di Bra; la Scuola Media Statale "Massari" di Torino; la Direzione Didattica di Ciriè (Secondo Circolo); il Primo Circolo di Ivrea il Liceo ginnasio classico statale di Bra; il Distretto scolastico n. 15 la Scuola Media "8 marzo" di Torino.
Più che rifarmi alla relazione che accompagna la nostra proposta di legge, alla quale pur rimando affinché i colleghi Consiglieri ne siano edotti, intendo nell'illustrazione della proposta dare voce ad una di queste scuole per ascoltare direttamente le motivazioni delle scuole stesse. Agendo in questo modo riuscirò certamente ad essere molto più efficace perché è la voce diretta degli interessati che affrontano quotidianamente questi problemi che qui si fa sentire. Dunque, fra i tanti "cahiers des doléances" che sono qui in mio possesso, leggo quello del Consiglio di Circolo "Ottino" di Torino che così si esprime: "Le spese obbligatorie e di funzionamento assorbono ogni anno la massima parte della disponibilità finanziaria della scuola. L'incidenza di tali spese è pari mediamente al 65-70%. La crescita del tasso di inflazione, il conseguente aumento dei costi dei beni di consumo e non, il notevole incremento delle spese telefoniche, non trovano riscontro in un corrispondente incremento dei contributi erogati dallo Stato e dall'ente locale.
Il contributo erogato dallo Stato anche per l'incidenza della tassa raccolta rifiuti risulta nettamente insufficiente a far fronte alle diverse spese obbligatorie. Conseguentemente le spese per finalità didattico formative che dovrebbero costituire l'obiettivo preminente nella programmazione di bilancio in realtà rappresentano un'esigua parte degli stanziamenti e neppure permettono di soddisfare le effettive ineliminabili esigenze.
In particolare risulta impossibile finanziare ed incentivare iniziative di rinnovamento didattico e quindi ne risulta compromessa anche l'applicazione dei nuovi programmi per la scuola elementare, risulta impossibile promuovere iniziative assistenziali, ecc.".
Tralascio il resto e passo a quanto sempre questo Consiglio di Istituto ci fa notare in merito alla tassa raccolta rifiuti: "Per quanto attiene alla tassa raccolta rifiuti, la normativa in vigore mentre pone a carico degli enti locali la fornitura, la manutenzione, le spese di funzionamento degli edifici scolastici, lascia a carico dei bilanci dei singoli Istituti la tassa raccolta rifiuti".
Poiché i finanziamenti del Ministero della Pubblica Istruzione alle istituzioni scolastiche diminuiscono di fatto progressivamente ed essendo tra l'altro legati al numero delle classi effettivamente funzionanti, si verifica, cari colleghi, questo fatto eclatante: la tassa raccolta rifiuti è rapportata alla superficie dell'edificio e delle strutture annesse, e conseguentemente essa assorbe una parte sempre più rilevante delle già limitate risorse. D'altra parte non bisogna dimenticare che, essendo in atto un fenomeno di diminuzione di iscrizione degli allievi, quindi di perdita di classi, vi è, conseguentemente, una forte perdita di finanziamenti.
Posso concludere con un esempio tratto dal bilancio di una scuola media statale della nostra regione. Una scuola media statale di dodici classi che nel 1986 ha avuto un contributo ministeriale di L. 4.150.000, pagava nel 1986 una tassa raccolta rifiuti di L. 639.716; nel 1987 il contributo statale è aumentato di L. 600.000, quella scuola ha ricevuto L. 4.838.000 e ha pagato L. 786.000 per la raccolta rifiuti. Poi, grazie ai perversi meccanismi della Finanziaria, nel 1988 ha avuto L. 5.478.000 di contributo però la tassa raccolta rifiuti è aumentata vertiginosamente ed ha raggiunto la cifra di L. 1.177.632. Conseguentemente dal 1986 al 1988 il contributo ministeriale è aumentato del 31%, mentre la tassa raccolta rifiuti è aumentata dell'84%. Non possiamo porre rimedio a questo stato di cose perché la materia non è di nostra competenza, ma se non ci attiviamo affinché il Parlamento provveda, questo fenomeno è destinato ad accentuarsi ancora di più.
Essendo per noi impensabile che una scuola debba spendere più di 1/4 del proprio bilancio per pagare la tassa raccolta rifiuti, abbiamo elaborato la proposta di legge che ora vi illustro. Essa si compone esclusivamente di due articoli.
Il primo articolo recita: "Al fine di esentare dal pagamento della tassa raccolta e smaltimento rifiuti solidi urbani gli edifici scolastici pubblici di ogni ordine e grado, i Comuni sono autorizzati ad apportare le necessarie modifiche ai regolamenti". Modifiche che oggi non possono apportare.



BARA Giuseppe

Scusi, Consigliere Adduci, le chiedo solo un chiarimento: quali sono le spese a carico dei Comuni?



ADDUCI Donato

I Comuni sono tenuti a pagare le spese relative all'arredo (parliamo delle scuole dell'obbligo), mentre al pagamento della tassa raccolta rifiuti e alle spese di gestione, le scuole devono far fronte in proprio con le conseguenze che abbiamo visto: i fondi ministeriali arrivano con leggeri aumenti, mentre le spese per la tassa raccolta rifiuti aumentano vertiginosamente.
L'art. 1, peraltro, salvaguarda comunque l'autonomia dei Comuni, nel senso che i Comuni "possono" modificare il regolamento, cosa oggi a loro impossibile per legge.
L'art. 2, che intende tener conto anche delle difficoltà a noi presenti in cui i Comuni si trovano continuamente ad operare, afferma che "le somme non introitate dai Comuni in conseguenza delle disposizioni di cui all'art.
1, saranno integrate dallo Stato, con apposito provvedimento, sulla base di parametri validi per l'intero territorio nazionale in sede di approvazione delle disposizioni sulla Finanza locale". Perciò chiedo, data l'estrema semplicità con cui è congegnata questa legge, e data l'estrema urgenza della sua approvazione, che il Consiglio l'approvi possibilmente all'unanimità. Ci ripromettiamo di formulare successivamente un ordine del giorno, possibilmente unitario, diretto a far sì che anche i parlamentari piemontesi raccolgano il grido di dolore che proviene dalle scuole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho chiesto di intervenire perché sostanzialmente sono d'accordo con la proposta testé formulata. Non fosse altro per questo continuo aumento, ricattatorio da parte dello Stato verso i Comuni, del costo di taluni servizi in questi termini: "io ti trasferisco i capitali che ti ho trasferito in precedenza, se tu mi aumenti le aliquote di taluni servizi". Siamo arrivati così a livelli di assoluta insopportabilità. Staremo a vedere nel tempo se questo non è il sistema per dare alla fine ai Comuni quella facoltà impositiva locale atta - qui è il caso di dirlo ad una "babele" di provvedimenti differenziati da un territorio all'altro, da una provincia all'altra, da un Comune all'altro.
Questo di cui stiamo trattando è un problema molto pesante, che investe l'economia nazionale, e non soltanto le scuole così come molto opportunamente è stato già detto, ma tutto il mondo dell'imprenditoria. Si pensi a tutti coloro i quali hanno negozio, agli opifici degli artigiani, a cosa è avvenuto per i liberi professionisti, senza una differenziazione tale da giustificare questo modo strano di applicare balzelli così tanto vessatori.
Detto questo, non vorrei che si creasse un alibi per i Comuni e per le Province (le scuole di primo grado sono gestite e amministrate direttamente dai Comuni, quelle di secondo grado dalle Province). I Comuni e le Province (maggiormente i Comuni) sono beneficiari di quell'aumento del 50%, per cui è nella cattiva politica dei bilanci comunali il non adeguato investimento per le strutture scolastiche. Siccome le responsabilità hanno un capo, e la maggiore responsabilità è dello Stato nel sistema delle vessazioni tassatorie, il Movimento Sociale Italiano è d'accordo con questa proposta tuttavia mi pare opportuno avvertire che le responsabilità degli amministratori locali ci sono: al problema non saremmo arrivati se le Amministrazioni locali avessero provveduto per tempo a disciplinare questo rapporto con le strutture scolastiche, in maniera tale da non fare insorgere poi l'opposizione del Commissario del Governo. Spero quindi che la proposta abbia il migliore esito, e certamente così sarebbe stato, se la si fosse concordata in maniera diversa, tanto da evitare il suo rigetto, a questo punto molto credibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta che ha illustrato il collega Adduci ha dei fondamenti estremamente chiari. Certamente noi dobbiamo denunciare il fatto che attorno a uno degli elementi più strategici della forza di un Paese (la formazione del proprio capitale umano) siamo costretti, per la sopravvivenza delle scuole, a trovare un escamotage per far sì che si accolli ancora l'ente locale una spesa che dovrebbe trovare da parte dello Stato una particolare attenzione.
Il problema è complesso, perché rischia di essere un circuito nel quale poi si scaricano delle contraddizioni in modo abnorme. Tuttavia credo che per uscire da questa emergenza rapidamente occorra arrivare ad una determinazione in merito a questa proposta. Faccio dunque questa considerazione. Poiché le implicazioni e le connessioni di questa proposta rispetto a molti problemi sono ampie, chiedo se è possibile un rinvio in Commissione per un approfondimento da svolgere in tempi rapidi in modo da arrivare alla determinazione di un testo che sia il più soddisfacente possibile.
Il Gruppo socialista è attento ed è orientato favorevolmente rispetto a questa proposta così come è emersa, ritiene però che vada meglio affinata e che vada posta con estrema chiarezza la carenza da parte del momento centrale attorno ai problemi della scuola che, certamente non nell'articolato, ma come denuncia di principio, deve essere fatta emergere.
Chiedo quindi al presentatore e illustratore della proposta se pu accettare questa ipotesi di approfondimento che permetterà più serenamente e probabilmente con una riflessione più compiuta, in tempi certamente rapidi, di arrivare ad una definizione nella quale noi ci potremo ritrovare benissimo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta di legge che richiede al Parlamento di intervenire su questa tematica ci trova consenzienti nello spirito che l'ha dettata. E' emerso chiaro, dalla presentazione del collega Adduci e dagli interventi che ho sentito l'aspirazione delle scuole - direi la giusta aspirazione delle scuole - ad essere sollevate da un onere che, nei confronti dei mezzi di bilancio che ogni scuola ha, rappresenta una percentuale insostenibile. E' emerso anche dalle numerose lettere e note delle scuole piemontesi, che il Consigliere Adduci ha citato, che è facile prevedere potrebbero essere estese a tutte le scuole presenti nel territorio. Questo direi persino al di là della giustezza della cosa, perché quando si chiede di essere esonerati da un'imposta è facile trovare l'unanimità dei consensi. A mio avviso, anche per la conoscenza che ho del problema, è giusto preoccuparci di questo fatto, è giusto intervenire in qualche modo.
Quando si passa nel merito ad esaminare la proposta, bisogna convenire con quanto ha detto ora il collega Tapparo. La proposta deve essere ancora approfondita, perché il problema non è così semplice come potrebbe apparire. Intanto bisogna avere ben presente qual è la sostanza della tassa oggetto della presente proposta e non dimenticare che si tratta di una tassa, cioè si tratta di un tributo determinato a compenso di un servizio e rientra quindi fra quelli che il Comune deve recuperare dagli utenti.
Ancora nell'ultimo periodo è stato accentuato questo preciso riferimento e questa necessità. Si tratta di un onere che deve essere ripartito fra gli utenti ed è chiaro che se ci limitassimo ad esonerare qualche utente, il carico sarebbe ripartito con un aumento dello stesso sugli altri utenti. Il che non è così semplice e, forse, neanche giusto, specialmente se si considera che qui si parla di scuole di ogni ordine e grado e ci sono delle scuole che rappresentano, per il Comune che ne è sede, non un servizio ai propri cittadini, ma un servizio a zone più ampie di utenza. Quindi si finirebbe, ad un certo punto, che i cittadini di un Comune, qualora semplicemente di questo onere la scuola sia esentata, dovrebbero accollarsi il peso di un servizio che riguarda cittadini di un altro Comune.
Altri ragionamenti vanno fatti tenendo conto della vecchia legge comunale e provinciale, che ripartisce fra i vari enti locali quelli che sono i cosiddetti oneri di mantenimento. Le scuole elementari, le scuole dell'obbligo, per alcuni aspetti, fanno carico al Comune, altre scuole fanno carico alla Provincia, altre scuole, per i servizi di segreteria fanno addirittura capo allo Stato. Quindi c'è già una differenza di ripartizione di oneri e tutto questo comporta delle riflessioni, anche a proposito della tassa "rifiuti urbani".
Credo, quindi, che non sarà impossibile trovare una soluzione che tenga conto di tutte queste difficoltà. Non è nascondendoci queste difficoltà che il problema sarebbe risolto, anche perché se la nostra proposta è elaborata meglio e si inquadra meglio nel quadro legislativo vigente pu avere maggiori speranze di successo. Purtroppo grandi speranze non ne abbiamo, ma non vogliamo neanche fare soltanto delle proposte perché in questo momento può essere interessante farci vedere attivi e far vedere la nostra iniziativa in questo settore. Non abbiamo altri esempi di nostre proposte di legge al Parlamento che abbiano trovato un "audivi" tale da renderci ottimisti in questa materia.
Comunque, anche noi siamo dell'opinione che la proposta debba essere portata alla Commissione competente (che in questo caso ritengo sia la I Commissione trattandosi di problemi finanziari e di imposte) con l'impegno ovviamente, di ritornare molto presto in aula, con un testo che raccolga possibilmente i consensi di tutti, posto che sulla finalità siamo concordi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Ci sembra che ci sia una convergenza unanime da parte del Consiglio sulla necessità di sollevare questo problema.
Sono state avanzate delle indicazioni, dei suggerimenti per migliorare la proposta, in modo da renderla più forte nel confronto con gli organismi centrali dello Stato. D'altronde non poteva essere che così. Come amministratori comunali ci siamo misurati spesso con questo problema, per richieste provenienti dalle diverse amministrazioni delle scuole. Spesso si ricorreva ad artifici: ritornare sotto forma di contributo quello che la scuola doveva pagare come tassa. Certamente adesso il problema è diventato molto più scottante.
I dati che ha ricordato il Consigliere Adduci indicano che un quarto delle disponibilità per la gestione da parte di queste scuole deve essere versato ai Comuni. Evidentemente siamo di fronte ad una situazione che non è più tollerabile: è mutata la scala delle priorità per le amministrazioni delle scuole.
Siamo di fronte anche ad una deformazione del nostro sistema di tasse ed imposte. Questa dovrebbe essere una tassa, cioè un corrispettivo per un servizio che il Comune o un ente pubblico presta. Di fatto non lo è per quanto riguarda, a mio modo di vedere, le scuole e anche altre categorie di cittadini o di operatori. Penso, per esempio, ad un cinema; a quante centinaia di migliaia di lire deve versare per la tassa raccolta rifiuti mentre all'inceneritore e prima alla raccolta conferisce qualche biglietto o qualche mozzicone di sigaretta. Con l'aumento continuo delle tariffe si è arrivati a sovvertire i principi generali: una tassa si è trasformata addirittura e impropriamente in un'imposta. Il problema sollevato dal Consigliere Adduci ci porta a constatare direttamente come, spesso, si legifera a livello nazionale in modo improprio o, addirittura, distorcente.
A noi sembra - il primo presentatore è d'accordo - sia utile accogliere i suggerimenti che sono venuti, per un riesame in sede di Commissione che potrebbe anche non essere la VII. Decida la I Commissione, purché si addivenga in breve tempo a formulare le modifiche ritenute utili al fine che ognuno di noi dichiara di voler raggiungere. Proporrei però che fosse fissato un termine entro il quale la Commissione deve riferire al Consiglio: possono essere 20/30 giorni. Il dibattito ha già indicato una convergenza sostanziale: si tratta solo di affinare la proposta. Insieme al rinvio noi chiederemmo che fosse fissato un termine entro il quale la Commissione deve riferire al Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Attraverso i vari interventi si è convenuto di rinviare il progetto di legge n. 393 in sede di Commissione la quale concorderà i tempi per la discussione e il conseguente ritorno in aula.
Pongo pertanto in votazione la richiesta di rinvio in Commissione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Esame progetto di legge n. 189: "Promozione dell'Istituto storico per l'architettura militare europea con sede nel Forte di Exilles e linee di indirizzo al recupero funzionale del Forte"


PRESIDENTE

Il punto 6) all'o.d.g. prevede l'esame progetto di legge n. 189 che è stato iscritto ai sensi dell'art. 32 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, svolgerei una brevissima relazione non esaustiva della stessa per consentire ai colleghi di valutare immediatamente l'opportunità di proseguire su questo disegno di legge, oppure di rimetterlo in Commissione o di considerarlo non attuale.
Ricordo che lo stesso disegno di legge - già approvato all'unanimità nel lontano 1980 - venne respinto dal Commissario del Governo in quanto mediante la promozione dell'Istituto storico per l'architettura militare europea noi esorbitavamo dalle nostre competenze.
Nel 1981 il compianto Presidente Viglione ripresentò lo stesso testo di legge, integrato da alcune specificazioni; tentando di superare le obiezioni del Commissario del Governo, scrisse nell'articolato le parole: "Per quanto di competenza regionale", immaginando di fare un istituto storico all'interno delle competenze regionali.
Nel 1986, insieme al collega Viglione, è stato ripresentato il disegno di legge oggi all'esame del Consiglio, la cui sostanza si identifica in due obiettivi sui quali chiedo attenzione.
Il primo obiettivo è di mantenere Exilles e il Piemonte all'interno di un segmento della cultura urbanistica e storica che ha una sua dignità ed autonomia, ma che ha soprattutto una sua specificità. Infatti l'architettura militare europea soprattutto nel '600-'700 ha lasciato in Europa dei segni di grandissimo significato che vengono analizzati e studiati a livello europeo da una serie di istituti storici che sono del tutto carenti nella nostra Regione.
Il sottoscritto e il collega Viglione avevano ritenuto di consentire con la realizzazione dell'istituto, il permanere o l'ingresso della Regione all'interno di questo circuito culturale internazionale, il che significa che a cura di questo organismo si realizzeranno anche in Piemonte evidentemente a cadenza non annuale, degli incontri e dei convegni che potranno avere per oggetto non solo opere di fortificazione piemontesi, ma anche di altri Paesi europei.
Questo obiettivo culturale e di presenza nel circuito europeo e mondiale garantisce altresì che sia il recupero funzionale che la successiva utilizzazione del Forte di Exilles stiano all'interno di un governo culturale che li preservi dalla banalizzazione che, come il tempo distrugge le memorie di quelli che sono stati prima di noi. Non è soltanto il tempo che distrugge, ma soprattutto la banalità.
Quindi, la realizzazione di un istituto storico, che abbia il dovere di conservare ad Exilles la sua dignità di fortezza, di qualità e di dimensione europea, garantirà che gli interventi che verranno fatti, non solo di carattere architettonico e monumentivo, ma anche di natura utilizzativa e la qualità delle manifestazioni, siano coerenti con la dignità del contenitore e con l'ambizione dell'obiettivo che ci siamo posti.
L'altro polo significativo della legge è rappresentato da un tentativo di valore duplice: legare, attraverso la realizzazione di un museo delle truppe alpine di fortezza, il contenitore e contestualmente cercare di far convergere su Exilles un interesse di natura turistica che vada al di là dell'area metropolitana.
Una delle preoccupazioni che si deve porre non solo alla manutenzione conservativa, ma all'attività di manutenzione funzionale, cioè destinata a dare uno scopo, è immaginare una destinazione che duri nel tempo, ma che sia anche di area vasta. Quindi, una destinazione che sia solo di area metropolitana condanna Exilles a non avere più un ruolo dal punto di vista turistico nel giro di una generazione. Dobbiamo riuscire invece a legare Exilles a una tradizione che si rinnova nel tempo e che ha addentellati in tutto il Paese.
Con questa iniziativa riteniamo che il secondo elemento che abbiamo evidenziato sia tale da giustificare l'insistenza con la quale personalmente, ma ritengo anche nella memoria del collega Viglione chiediamo che questa legge venga esaminata ed approvata dal Consiglio anche perché dal 1980 ad oggi sono avvenute cose di segno positivo e cose di segno negativo. Le cose di segno positivo sono che si continua a spendere dei soldi, si fanno opere di manutenzione dell'immobile, ma nulla si fa per la sua utilizzazione funzionale.
La proposta di legge è molto aperta, nel senso che i due obiettivi prioritari che abbiamo indicato vengono considerati compatibili con una serie di obiettivi che via via le comunità culturali del Piemonte e della città di Torino riterranno di dover avviare e troveranno sicuramente spazio sia nella legge sia nel contenitore.
Il contenitore è immenso, sia pure piccola come opera di difesa e di fortezza è enorme come contenitore destinato a ricevere manifestazioni o raccolte di tipo museografico. L'importante è che si cominci a partire immaginando che il Forte di Exilles deve tornare ad essere un Forte così come è stato nella storia, abitato da chi l'ha abitato nella storia (le truppe alpine della fortezza) e all'interno di questi due filoni sicuramente ci stanno tutte le iniziative che episodicamente vengono di volta in volta suggerite: il Museo della montagna, la raccolta delle memorie etnologiche della valle, altre iniziative più recenti che non condivido, il Museo Duca d'Aosta che possiede la raccolta dei manichini e delle divise delle truppe alpine di tutto il mondo e di tutte le epoche.
Queste esigenze di natura occasionale estemporanea potranno trovare un'accoglienza e una collocazione coerente e culturalmente garantita conch il Consiglio regionale si pronunci su questa proposta di legge che pone chiedo scusa per la ripetizione - due obiettivi fondamentali: garantire la continuità di Exilles come elemento del processo europeo e l'individuazione di una prima ipotesi di realizzazione di un Museo delle truppe alpine, che si potrà realizzare nella misura in cui le Associazioni interessate saranno disponibili. A lato c'è l'apertura del Forte alla localizzazione di tutti i momenti di memoria e di manifestazioni legati non solo alla cultura della montagna, ma anche alla cultura della storia perché il Forte di Exilles è sicuramente un Forte collocato in montagna, ma è soprattutto un momento significativo della storia del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Piemonte dispone di un patrimonio storico eccezionale di fortezze di altissimo livello: oltre al Forte di Exilles vorrei ricordare il Forte di Fenestrelle, il Forte di Bard, la Rocca di Cavour che storicamente è stata un centro importante del sistema difensivo, di cui oggi abbiamo solo dei ruderi marginali che varrebbe la pena recuperare. Invece per il Forte di Exilles abbiamo, anche per gli interventi dell'arch. Bertola, un mantenimento della struttura di notevole livello. Chi, amante della montagna, da ragazzino è entrato abusivamente nel Forte di Exilles avrà potuto notare quale significato ha questa fortezza come dimensione e come caratteristica in una valle che si fa stretta proprio in quel punto.
Credo che questo tipo di utilizzo dovrebbe esaltare quella che è stata per il Piemonte una delle sue tradizioni più alte, quella dell'architettura militare e di fortezza. Dovrebbe essere questo il primario elemento, cioè far sì che possa essere un centro dell'architettura militare storica, ma che possa costituire anche un centro di attrazione di turismo qualificato non della merenda della domenica, perché sarebbe devastante dell'equilibrio che già oggi questo Forte vede incidere attorno al suo territorio, la grande spianata che guarda verso la Francia.
Riterrei quindi imprudente pensare che possa diventare un contenitore onnicomprensivo anche se guarda ai problemi e alle tradizioni della montagna; lo si può qualificare come il Castello di Rivoli che in questi giorni ha avuto a Parigi un riconoscimento internazionale definitivo entrando a pieno titolo nel circuito internazionale dei musei, così anche dovremo tentare di fare per il Forte di Exilles affinché diventi una tappa importante del circuito internazionale che non serva quindi solo per un turismo locale, o al massimo provinciale, della domenica.
In questo senso sarebbe bene che anche l'Assessore al turismo e non solo quello alla cultura guardassero a questo grande sistema di fortezze piemontesi che più che i castelli può essere un patrimonio da presentare nei circuiti turistici. Il Forte di Bard (anche se è ai confini con la nostra Regione, già in territorio valdostano), quello di Fenestrelle con la gradinata più lunga del mondo, il Forte di Exilles e l'intero sistema di fortificazione di Gavi, possono costituire un circuito turistico di primario livello e ovviamente se reso fruibile con la possibilità di essere sede permanente museale verranno valorizzati maggiormente i caratteri di questa irripetibile struttura che non può essere lasciata degradare e disperdere.
Dico ancora che occorre pensare all'interno di questo grande patrimonio di fortezze anche la Rocca di Verrua che storicamente è stata riportata anche dalla pittura fiamminga e prima ancora nel 1400 come uno dei punti nodali del sistema difensivo dei Savoia nella pianura piemontese. Il Comune di Verrua Savoia ha organizzato una mostra di tutto quanto è stato possibile recuperare sul territorio relativo alla Rocca che è oggi il nodo più degradato di questo grande sistema difensivo storico piemontese; pu trovare un utilizzo nuovo, ma non può perdere la sua caratterizzazione storica e quindi occorre fare uno sforzo di conservazione.
Sono quindi favorevole ad affrontare ed eventualmente arricchire in corso di discussione questa proposta o se il relatore lo ritiene opportuno rimandarla ad un approfondimento ulteriore, anche se ritengo che già oggi potrebbe essere un momento di discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Come valsusino non posso che ritrovarmi appieno nelle proposte e nelle considerazioni fatte dal collega Marchini. Io considero il Forte di Exilles, come d'altra parte anche gli altri Forti presenti sul nostro territorio, strutture da recuperare e valorizzare al massimo. Dico per anche che sono rimasto perplesso (pur condividendo certe giustificazioni di carattere ambientale) quando si è deciso di cambiare il tracciato dell'autostrada della Valle di Susa che prevedeva, non lontano dal Forte di Exilles, ma a mio parere senza rovinare troppo il paesaggio, un viadotto che avrebbe consentito ai turisti italiani e stranieri di vedere questa splendida opera. Il tracciato è stato modificato e in quel tratto l'autostrada correrà in galleria e nessuno avrà più la possibilità di vedere, nemmeno fugacemente, questo Forte per poter pensare di visitarlo uscendo al primo casello autostradale.
Non ho i timori che ha il collega Tapparo, secondo il quale, dopo la rivalorizzazione di questo Forte si avrà soltanto un turismo domenicale con cartacce e annessi; e ciò perché la destinazione ipotizzata dalla proposta del collega Marchini di un Museo delle truppe alpine, internazionale sarebbe una destinazione che consentirebbe ai turisti di ogni parte d'Europa di venire a visitare il Forte e non soltanto per fare il pic-nic.
Io sono pienamente favorevole a questa proposta; non tocca a me dire se la cosa va affrontata in questo momento oppure rinviata in Commissione.
Certo, ci saranno problemi di finanziamento, però non è detto che le cose difficili non si debbano affrontare. Se si affrontassero soltanto le cose facili potremmo anche restare a casa.
Condivido l'opinione del Consigliere Marchini e prego tutti i colleghi di prendere in considerazione la sua proposta pur riconoscendo l'eguale importanza di altre strutture simili al Forte di Exilles presenti in altre zone (Gavi, Bard e Fenestrelle) perché, a livello di fruizione turistica la Valle di Susa è la più vocata, essendo la via normale di transito tra il Piemonte ed il resto d'Europa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

La nostra adesione a questa proposta potrebbe essere definita anche entusiastica, perché di fronte al recupero della memoria storica, quando ciò è inteso in maniera seria, il MSI affronta la politica degli investimenti con pieno convincimento. Oltretutto dalla relazione scritta alla proposta si rileva che si tratta di una struttura architettonica che sul piano dell'arte ha molto pregio, ma rappresenta anche un vissuto storico lontanissimo nel tempo, che è un po' l'anima stessa della storia di questo territorio italiano, il Piemonte, nel contesto europeo. Quindi la proposta è meritevole di adesione e di plauso, purché gli investimenti di natura politico-amministrativa siano mirati come esposti nelle intenzioni.
Nel testo, tuttavia, a proposito dell'art. 4 dove sono elencati coloro i quali dovrebbero far parte quali rappresentanti del Consiglio, manca la rappresentanza della Provincia. A me pare che la Regione non possa dimenticare, non dico la competenza della Provincia in merito, ma l'interesse che l'Amministrazione provinciale può e deve avere verso questa struttura e, quindi, per quel territorio verso le iniziative che vi si vorranno sviluppare. In tal senso presenterò un emendamento, semprech Marchini non faccia da sé, non provveda cioè autonomamente affinché ci siano due rappresentanti della Provincia di Torino nel previsto Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, rimandando ad un momento successivo (quando verrà discussa l'interpellanza relativa) il mio sopralluogo al Forte di Exilles desidero richiedere - non trovando queste informazioni all'interno del testo di legge e della relazione una serie di necessari chiarimenti, già richiesti per iscritto alla Giunta regionale, prima dell'estate.
Chiarimenti, per me preliminari: sono totalmente assenti elementi certi relativi ai rapporti tra Sovrintendenza, Intendenza di Finanza, Governi Ministeri e Regione, che coinvolgano anche l'annosa questione della "manica nuova" di Palazzo Reale. Molti aspetti, in queste vicende, non sono mai atti certi e precisi, quanto piuttosto lettere, comunicazioni, impegni assunti. Mai atti conseguenti che formalizzano quanto promesso o quanto previsto. Di chi è il Forte? E' una domanda che pongo in modo molto semplice. Se si tratta di una mia incapacità a capire, mentre altri hanno una risposta chiara, questo chiarimento ben venga, però per me la situazione non è chiara. Non mi è chiaro come la Regione Piemonte possa intervenire a livello dell'ordine di grandezze economiche coinvolte, non soltanto per quanto riguarda la destinazione d'uso possibile del Forte (su questo non ho nessuna preclusione rispetto ad un Istituto storico per l'architettura militare europea e per la sua localizzazione nel Forte di Exilles e non ho opinioni particolari riguardo alla destinazione dei locali e all'uso del manufatto, e su questo mi rimetto alle decisioni che possono assumere le comunità locali o il Consiglio regionale). Il Forte ha enormi spazi ed enormi possibilità, anche suggestive per una serie di interventi coraggiosi, fantasiosi e originali. Mi preoccupa piuttosto il fatto che negli ultimi anni la Regione si sia sostanzialmente disinteressata del destino di questo manufatto, così come mi preoccupa il non comprendere quale sia lo status di questo manufatto in questo momento. Ritengo quantomeno azzardato non tanto che la Regione Piemonte possa proporre la realizzazione di questo museo, quanto piuttosto possa pensare di portare a termine tutte quelle opere preliminari, indispensabili per rendere fattibile questo progetto. Cioè il restauro e il recupero del manufatto non tanto per mancanza di una volontà politica, che oggi può essere affermata quanto per gli aspetti economici che sono coinvolti in questo progetto.
L'impegno dichiarato nell'art. 1: "La Regione promuove il restauro e il recupero funzionale del Forte e la valorizzazione graduale delle opere e postazioni periferiche del sistema di difesa tra l'Assietta e San Colombano" può diventare una pura dichiarazione d'intenti, più che un atto reale che prelude a questa scelta, che dovrà poi concretarsi nei bilanci regionali, e quindi nell'iniziativa regionale.
Se su queste questioni giunge una risposta da parte del governo regionale, non ho alcuna difficoltà a votare ora questa proposta di legge proprio perché favorevole al restauro e al recupero del manufatto e all'individuazione della sua destinazione. Rimango però con le mie preoccupazioni: la Regione non ha la capacità economica di sostenere questa legge.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, giustamente è stato osservato che il Consiglio era convocato per le ore 9,30, ma avendo incominciato i lavori più tardi proporrei di proseguire nell'ordine dei lavori senza interruzione, dato che sono iscritti all'o.d.g. molti punti e tenendo presente che c'è il fenomeno della nebbia forse entro le ore 18 si potrebbe terminare questa prima giornata di seduta. So che è un sacrificio quello che propongo.
La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, lei sta correttamente tentando di sistemare una cosa che mi pare sia insistemabile. La convocazione del Consiglio regionale è decisa all'interno della riunione dei Capigruppo; concordiamo tutti che si inizi alle ore 9,30. Questa mattina addirittura abbiamo iniziato i lavori alle ore 11, ci sono Consiglieri che alle ore 9,30 erano presenti (il sottoscritto e pochi altri); la proposta ora è di non fare la pausa per il pranzo con una seconda seduta di Consiglio convocata per domani. A me pare che il rischio, se lavoriamo in questo modo, è quello di non riuscire a star dietro alle cose e creare quindi condizioni di lavoro difficili. Io capisco tutto, ma l'o.d.g. convoca il Consiglio di oggi alle ore 9,30 e alle ore 15, quindi mi paiono questioni su cui o c'è un minimo di volontà da parte di ciascuno oppure rischiamo di perdere più tempo con questa forzatura, perché poi il clima qui dentro non è dei più idilliaci, dal punto di vista della residenza. Quindi, signor Presidente, la prego di voler considerare questa osservazione come un elemento di richiamo a tutti i Consiglieri: se si decide l'inizio dei lavori per le ore 9,30, bisogna essere tutti presenti, perché non è possibile lavorare in questo modo proponendo poi di saltare legittime questioni che qualche collega ha compresa quella di aver programmato la sua giornata anche nell'ora e mezza di pausa. Mi pare davvero ingiusto nei confronti di chi è presente dalle ore 9,30.



PRESIDENTE

Consigliere Avondo, lei ha ampiamente ragione rispetto ad alcune questioni. Prima di tutto perché alle ore 9,30 eravamo in pochi, ma questa mattina il ritardo è andato oltre e non abbiamo potuto fare le cose che ci promettevamo di svolgere. La mia proposta è nata dal fatto che questa mattina abbiamo perso un'ora pur sapendo che il programma andrebbe rispettato.
Se riteniamo che gli ostacoli da superare non siano tali e tanti da rendere difficile la prosecuzione, inviterei ancora a valutare se non possiamo proseguire senza interruzione, magari cercando di chiudere i lavori anziché alle ore 19 o 19,30 alle 18 o 18,30. Se però l'attenzione si ferma agli impegni formali è chiaro che ho il dovere di rispettare gli impegni formali, poiché, come dice il collega Avondo, la seduta era convocata alle ore 9,30 e alle ore 15. Vorrei avere il vostro conforto; io sarei dell'idea di non sospendere i lavori, farei uno sforzo per guadagnare un po' di tempo, sapendo, collega Avondo, che purtroppo alle ore 15 non siamo in grado di riprendere, perché i pochi presenti delle ore 9,30 si ritroveranno alle ore 15 ad attendere ancora per cui rischieremmo di non riprendere fino alle 15,45.
Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, pare opportuno un intervallo proprio per non fare gli eroi. Tra l'altro, poiché la pattuglia di quelli che arrivano prima e stanno a lavorare è sempre la solita, mentre i fustigatori di costume fanno il pranzo tranquilli a casa e verranno dopo la siesta, se verranno, abbiamo anche la preoccupazione di non essere "presi per i fondelli", quindi cerchiamo di ricavare un piccolo spazio vitale. Anche se questo non avrà rilevanza con la stampa, ma almeno tra di noi si può dire: mangiamo un panino!



PRESIDENTE

Terminiamo quindi la discussione su questo punto, sospendiamo i lavori presumibilmente intorno alle ore 13,30 e riprendiamo la seduta intorno alle 14,30 anziché alle ore 15.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Esame progetto di legge n. 189: "Promozione dell'Istituto storico per l'architettura militare europea con sede nel Forte di Exilles e linee di indirizzo al recupero funzionale del Forte" (seguito e rinvio)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame del progetto di legge n. 189.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, il Gruppo comunista è d'accordo sul fatto che la Regione Piemonte si occupi di rilevanti emergenze di carattere architettonico e storico come quella relativa al Forte costruito sulla grande roccia di Exilles e che consideri gli interventi di tutela valorizzazione, restauro ed utilizzo di questi manufatti come un compito qualificante della propria attività.
Il Gruppo comunista ricorda che questa sua posizione non è di oggi. E' una posizione che ha prodotto scelte amministrative, da parte della Regione Piemonte quando partecipavamo al governo della stessa, coerenti con questo assunto. Nell'epoca delle Giunte passate e guidate dallo scomparso avv.
Viglione una delle attività che ha contraddistinto e anche suscitato dibattito è stata l'acquisizione di manufatti, di edifici di rilevante valore storico, architettonico, ambientale. Negli anni 1975/1985 c'è stato un impegno diretto dalla Regione per acquisire, restaurare e mettere in uso edifici storici di vario tipo. In linea di principio il Gruppo comunista continua a ritenere questo compito proprio della Regione Piemonte.
In questi ultimi anni, viceversa, abbiamo sentito da parte di questa Amministrazione regionale elevare critiche al comportamento tenuto dai governi precedenti, di cui siamo stati responsabili. Queste critiche sono emerse più volte e sono anche state illustrate pubblicamente dallo stesso Presidente Beltrami e forse anche dallo stesso Assessore Croso, come iniziative regionali non opportune. E' stata anche avanzata la proposta, da parte dei suddetti rappresentanti del governo regionale, della necessità della Regione Piemonte di disfarsi di alcune di queste acquisizioni o di interrompere impegni finanziari volti al recupero delle stesse.
Consideriamo queste critiche ingiuste. Abbiamo sempre insistito perch almeno queste opere acquisite al demanio regionale venissero completate e messe in uso. Abbiamo difeso e continuiamo a difendere un impegno della Regione Piemonte su questo tema. Non altrettanto ci pare abbia fatto la Giunta regionale perché più volte, per asserzione dei suoi componenti, ha criticato queste scelte e anzi ha proposto di vendere qualcosa.
Questa proposta di legge Marchini-Viglione va in direzione opposta: torna a riprendere un tema, se volete semplificando, caro al Gruppo comunista, quello di un'attenzione della Regione Piemonte ai manufatti di carattere militare (e ce ne sono molti in Piemonte) e propone un impegno che forse va anche al di là delle proposte, criticate come ultraottimistiche da questo governo regionale, fatte negli anni 1975/1985 dal governo di allora. L'impegno finanziario sotteso da questa proposta di legge di restauro del Forte di Exilles, con tutti gli apparati difensivi circostanti il Forte stesso, è un impegno di rilevantissimo onere finanziario. Rilevantissimo onere che difficilmente può essere assunto dalla Regione Piemonte. L'impegno della Regione in ordine al restauro ed utilizzo del Forte di Exilles dovrebbe perlomeno essere misurato un po' più concretamente sulle reali possibilità di finanziamento, poi dovrebbe essere reso più coerente con le dichiarazioni politiche che questa Giunta ha fatto.
Questa legge ci sembra quindi molto contraddittoria con quanto la Giunta ha detto sinora di voler fare. Poco male, la Giunta può sempre ripensare a certe sue posizioni, però lo scarto tra l'onere finanziario di questa proposta e le possibilità reali di finanziamento della Regione Piemonte è grande. Occorre riflettere su tutto questo. Riflettendo su questo, il Gruppo comunista chiede anche che l'insieme dei problemi connessi alla partecipazione della Regione Piemonte in opere di acquisizione e restauro di edifici di valore storico, vengano affrontati insieme, in modo da passare da una legge che è facile rimanga una semplice espressione di volontà, ad un concreto programma di azione.
Rimane aperto il problema di chi sia la proprietà del Forte. Non è cosa da poco, visto che in questa proprietà la Regione Piemonte ha assunto degli impegni. Resta aperto il tema, che sarà oggetto della discussione della prossima interpellanza, della possibilità di conoscere più da vicino come hanno fatto pochissimi di noi, la situazione del Forte di Exilles in ordine ai lavori in corso.
Quindi, il Gruppo comunista in linea di principio è favorevole ad affrontare il tema. Rileva forti contraddizioni che devono essere risolte in sede di un dibattito più approfondito, su tutti gli impegni in ordine alla valorizzazione e tutela di manufatti da parte della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente del Consiglio regionale, signor Presidente della Giunta regionale, vorrei che a questa legge ci si atteggiasse con un minimo di razionalità e di umiltà. Io l'ho trattata molto di corsa perché non immaginavo che nascessero le obiezioni che adesso invece vedo sorgere.
Allora, l'Assessore al patrimonio o si informa e legge la legge, oppure per piacere, lascia fare al Consiglio! Lo dico fuori dai denti, caro collega Croso. Questa legge non prevede la spesa di una sola lira sul contenitore. Questa non è una legge che promuove dei lavori, prende atto che i lavori si stanno facendo e si sono spesi miliardi e miliardi senza che si sapesse rispetto a quale utilizzazione si spendevano.
Noi siamo in ritardo nell'indicare gli obiettivi che la Regione intende perseguire dal punto di vista dell'utilizzazione rispetto all'avvio dell'opera di restauro e non viceversa. Quindi, non sono d'accordo che su questo si introduca un argomento che non c'entra niente. Questo vale - mi si consenta - soprattutto per il ragionamento di Chiezzi.
In questa vicenda la Regione ha speso soldi propri, la Sovrintendenza ha investito quest'anno soldi propri, ci saranno soggetti diversi che investiranno soldi loro (la CEE). Si tratta di capire se la Regione in questa vicenda ritiene di pilotare il processo di localizzazione all'interno di questa opera di recupero strutturale, di un recupero di natura funzionale e quindi finalizzare, quando sarà il caso, gli interventi di natura funzionale rispetto a quelli di puro restauro conservativo.
Questo è il punto! Se poi andiamo a leggere bene la legge, vedremo che c'è scritto che noi proponiamo un istituto storico. L'istituto storico all'interno del Forte di Exilles probabilmente non ci sarà mai, perché è molto difficile che i convegni si possano fare all'interno del Forte che non ha un'organizzazione interna tale da consentire di tenere, ad esempio, il convegno sull'architettura militare europea che, come è scritto nella legge, si preoccuperà proprio di riportare alla conoscenza internazionale e a valorizzazione culturale i sedimenti che ci sono nella nostra Regione quelli indicati da Tapparo. Qui sta semplicemente la creazione di un'autorità culturale che deve presiedere al Forte di Exilles per respingere i tentativi di banalizzazione ai quali assistiamo tutti i giorni. Questo è l'obiettivo che ci siamo posti con l'Istituto storico del Forte di Exilles - e mi piace qui ricordarlo - che è stata l'intuizione che mi ha visto solidale con l'ex collega Ferrero per quello che atteneva al Castello di Rivoli per il quale fu scelta come funzione sostanziale quella del Museo di arte moderna. Nel Forte di Exilles si è voluto incentrare un obiettivo preciso rispetto al panorama degli interventi culturali della Regione. A proposito di Rivoli nessuno si pose allora il problema se i soldi li avrebbe messi la Regione, lo Stato oppure il Comune, si afferm che restaurare il Castello di Rivoli significava segnare un punto di valorizzazione del ruolo culturale della Regione, intesa non in senso istituzionale, cioè che il Piemonte collocasse un museo destinato all'arte moderna che non esisteva ancora.
Analogamente la mia legge non fa altro che dire: "Noi riteniamo che la Regione Piemonte debba promuovere un istituto che si occupi della ricerca storica e non soltanto storica - come ha detto giustamente il Consigliere Tapparo - dell'architettura militare in Europa che è una questione significativa". Quindi, si avvia un istituto che con il Forte di Exilles in teoria non avrebbe niente a che fare.
Riteniamo di dover collegare le due cose perché c'è un forte problema di immagine che ne risulta conseguente, cioè l'istituto collocato nel Forte di Exilles garantisce che ci sia una presenza culturale forte. Infatti negli emendamenti che ho introdotto non solo viene riproposto - ringrazio il Consigliere Masaracchio - la Provincia, ma anche il Politecnico oltre che l'Università. Occorre garantire che il Forte di Exilles non finisca nella banalizzazione. Se nel 1980 questa legge non è stata vistata dal Commissario del Governo, fu perché allora prevalsero le forze della banalizzazione, che probabilmente volevano che il Forte di Exilles diventasse una delle tante ipotesi di realizzazione di strutture turistiche d"lite, tanto per intenderci. Così è stato, perché questa legge fu rigettata in modo pretestuoso.
Per quello che attiene all'altra questione, quella se avviare o meno il Museo delle truppe alpine, anche qui non si tratta di fare delle spese o realizzare delle opere, collega Croso, significa fare un'operazione che io avevo portato a termine, quella di convincere l'ANA (Associazione Nazionale Alpini) di Milano a creare una sede museografica che riguardasse questo tipo di associazione, nonché quella di fortezza, da collocarsi ad Exilles il che significa che i primi interventi verranno fatti fra quattro, cinque o sei anni.
L'ANA nel 1979 in via ufficiosa (al sottoscritto e ai colleghi che si occupavano di questo tema) aveva dichiarato la propria volontà di smantellare il Museo nazionale delle truppe alpine di Trento e trasferirlo ad Exilles. Quindi, abbiamo perso nel 1980 un'occasione storica: avere cioè il Museo nazionale dell'ANA, il che anche se porta ad un turismo carico di memorie, magari di appetiti un po' robusti, è però una realtà che non possiamo dimenticare. Nel 1980 avremmo avuto l'unico museo in Italia dell'ANA. Adesso dobbiamo rimetterci a lavorare e chiedere all'ANA e all'Associazione delle truppe da fortezza se ha senso l'ipotesi individuata dal Consiglio regionale.
Cosa vuol dire fare un museo delle truppe alpine, cari amici? Vuol dire semplicemente collocare nel Forte le presenze storiche delle truppe alpine, il che significa molto semplicemente prendere da un magazzino che esiste a Torino, che si chiama Gallettificio militare, alcuni camion di armi di tutte le epoche, cinquecento manichini vestiti con tutte le divise d'epoca originali delle truppe alpine di tutti i Paesi del mondo e cominciare a sistemarli nel Forte, perché se vogliamo avviare, come probabilmente l'Assessore ci dirà, la visita guidata al Forte di Exilles mi auguro che si possa fare - questa non può essere una visita guidata ad un mucchio di pietre, ma un qualcosa che dia la lettura di cosa è stato il Forte nel tempo e che, quindi, nella prima feritoia ci sia, per esempio collocata la colubrina e nella seconda feritoia sia piazzato il pezzo da 90 che c'era nel 1815! Questo è un ragionamento che non ha niente a che fare con le questioni di natura finanziaria ed istituzionale. Per fare questo non ci vuole una lira, significa soltanto voler affermare un ruolo regionale. E questo devo dire che il collega Chiezzi l'ha centrato, perché se non facciamo questo Assessore Croso, succede, per esempio, che il Comitato di lavoro sul Forte di Exilles, promosso dalla Regione Piemonte e presentato dal sottoscritto è diventato un gruppo di lavoro della Sovrintendenza che immagina, per esempio, di inserire il Forte di Exilles nel Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand, perché uno dei guardiaparco di Salbertrand va a fare il custode del museo! Il Forte di Exilles viene giocato come un'occasione per ragionare su un pezzo importante del nostro patrimonio culturale e storico che è quello dell'architettura militare che non ha niente a che fare con la tutela ambientale del territorio e con i parchi naturali! Che poi all'interno del Forte si trovino i locali per fare la sede del parco non mi scandalizza, ma si sappia che quello è il Forte sede dell'Istituto storico per l'architettura militare europea, non l'ufficio del parco! Siccome queste questioni sono ormai in ebollizione da troppo tempo e lo stesso Presidente della Giunta in una saletta è stato visitato da un personaggio che ha dato un suggerimento di utilizzo che sicuramente ci avrebbe visti divisi, non dico quale...



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Io ricevo chi ritengo di ricevere!



MARCHINI Sergio

Presidente, non la sto accusando, dico solo ai colleghi che ogni giorno che passa crescono le pressioni di tipo banalizzante e si riducono le occasioni per far partire cose che dieci anni fa forse potevano partire, ma che oggi possono partire meno, perché noi non possiamo obbligare l'ANA a fare il museo, dobbiamo avviare una trattativa e verificare quali possono essere i ruoli.
Rispetto alla questione sulla quale il Presidente Beltrami si è adombrato perché non ha capito, dicevo soltanto che mi consta che ha avuto un suggerimento di utilizzazione che non ha fatto proprio e che non ha riportato in quest'aula, ma che ci avrebbe visti divisi.
Su questa legge ho lavorato tre anni, ci ho pensato dieci anni, sono emerse delle considerazioni che con la legge non hanno niente a che fare.
Se ci saranno i soldi per finire i lavori non basterà una generazione, il restauro del Forte di Exilles porterà via più di una generazione, perch spendendo 1-2 miliardi all'anno una generazione non riuscirà a completare il Forte di Exilles. L'importante è che la nostra generazione e questa legislatura indichino che cosa si ritiene che questo contenitore dovrà fare nel tempo.
Non capisco quindi le obiezioni di carattere finanziario perché il problema non esiste. Capisco altrettanto poco, anche se comprendo che non è la stessa cosa, i problemi che si pone il Consigliere Ala di sapere chi sia il titolare formale del Forte. E' un problema aperto, ma siccome noi promuoviamo e non realizziamo, ho l'impressione che proprio se abbiamo il dubbio in ordine alla titolarità sul Forte, è una ragione di più per far emergere la volontà della Regione che quel contenitore abbia una funzione.
Se fosse nostro perlomeno potremmo immaginare che siamo noi a decidere la funzione, ma se temiamo che sul Forte anche altri possano decidere, ragione di più per prendere posizione sugli obiettivi che intendiamo perseguire perché se è una cosa che dipende solo da noi possiamo rinviare a domani dopodomani, fra un mese, fra un anno, ma se, come probabilmente è, qualcun altro ha titolo per decidere, ho l'impressione che la Regione non prenderà posizione sugli obiettivi di grande periodo che si intendono perseguire.
Alcuni colleghi hanno suggerito il rinvio in Commissione. Forse la legge non è matura per la discussione, possiamo rinviare l'esame dell'articolato ad altra seduta, ma il rinvio in Commissione vuol dire che ci rimettiamo a riesaminare gli articoli? Rifacciamo le consultazioni? E' una legge che non richiede adempimenti finanziari, ma l'avvio di un processo di approfondimento della fattibilità dell'ipotesi. La realizzazione del museo comporta accordi con le Associazioni e una fase di approfondimento dei rapporti, quindi si avvia una fase di studio e di approfondimento per la quale nel 1990 per assurdo non ci vorrebbe neanche una lira. Ritengo che non ci siano problemi formali né istituzionali che giustifichino il rinvio in Commissione. Mi rendo conto che è probabile che sia opportuno, da parte di chi deve decidere o collocarsi meglio con un emendamento, un lasso di tempo tra il dibattito generale e l'avvio all'esame dell'articolato, ma il ritorno in Commissione mi è difficile capirlo.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,40 riprende alle ore 15)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Riprendiamo l'esame del progetto di legge n. 189, di cui al punto 6) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, chiedo alla cortesia sua e del Consiglio di consentire che si soprassieda all'esame dell'articolato e lo si rinvii alla prossima o ad altra seduta a discrezione della Conferenza dei Capigruppo per consentire al presentatore di proporre degli emendamenti che si facciano carico delle questioni che sono state poste questa mattina e soprattutto per consentire agli altri colleghi di atteggiarsi sulla proposta di legge in modo più motivato.



PRESIDENTE

Accolgo la richiesta del collega Marchini, pertanto l'esame del progetto di legge n. 189 è rinviato ad altra seduta.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame progetti di legge n. 257: "Modifica della L.R. 26/7/1984, n. 33 riguardante 'Norme per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica" e n. 121: "Prima ristrutturazione degli Istituti Autonomi Case Popolari della Regione Piemonte" - Presentazione pregiudiziale di non passaggio all'esame dell'articolato


PRESIDENTE

Passiamo quindi all'esame del progetto di legge n. 257, di cui al punto 7) all'o.d.g., la cui iscrizione è stata richiesta ai sensi dell'art. 32 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Avondo. Ne ha facoltà.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, a nome del Gruppo comunista chiedo a lei e al Consiglio di poter esaminare in modo integrato anche il progetto di legge n. 121, di cui al punto 18) all'o.d.g., anch'esso iscritto ai sensi dell'art. 32 del Regolamento interno del Consiglio regionale, che riguarda la ristrutturazione degli IACP e quindi si collega al progetto di legge n.
257.
La seconda osservazione non è di merito, ma di sostanza. La richiesta di iscrizione all'o.d.g. quindi di discussione in aula di questi due progetti di legge richiederebbe la presenza dei rappresentanti della Giunta che si occupano nello specifico della problematica, ma mi consenta Presidente, di richiedere anche un'attenzione di carattere più generale da parte dei colleghi degli altri Gruppi, membri della II Commissione che in questa questione sono coinvolti, perché diversamente rischiamo di fare una discussione che non ha la finalità che il Gruppo comunista, attraverso il richiamo in aula di tali progetti di legge, vorrebbe dare alla questione in oggetto. Quindi la inviterei in primis a richiedere la presenza dell'Assessore competente e se è possibile anche dei colleghi dei vari Gruppi che si occupano di questa questione.



PRESIDENTE

Accolgo la proposta di discutere congiuntamente i progetti di legge nn.
257 e 121.
Il Presidente della Giunta ha provveduto a richiamare in aula l'Assessore Genovese che entra infatti in questo momento.
La parola al Presidente della II Commissione, Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, io rendo la comunicazione ai sensi del settimo comma dell'art. 32 del Regolamento che recita: "Nel caso che un argomento a norma dei commi precedenti (cioè il richiamo in aula) pervenga all'esame del Consiglio senza che la Commissione abbia provveduto a norma del precedente art. 26 (cioè a licenziarlo e a farne relazione al Consiglio) l'argomento verrà preliminarmente illustrato dal proponente, dopo che il Presidente della Commissione avrà riferito sull'iter complessivo dello stesso" pertanto in qualità di Presidente della II Commissione rendo una comunicazione sull'iter complessivo.
L'iter è stato piuttosto tormentato come tormentoso è il problema: la Commissione ha tenuto circa venti sedute sull'argomento. Il progetto di legge n. 257 (farò poi anche una breve relazione sul progetto di legge n.
121 che riguarda la prima ristrutturazione degli IACP) è stato assegnato alla Commissione il 13/5/1987.
Dagli atti risulta che fu iscritto all'o.d.g. della seduta del 23/6/1987 e in quella occasione la Giunta regionale, cioè l'Assessore Genovese, chiese un breve rinvio al fine di consentire la chiusura delle consultazioni da tempo intraprese con gli IACP. Fu iscritto ancora qualche volta e il 22/7/1987 l'Assessore comunicava che riteneva possibile presentare il disegno di legge in Giunta per fine agosto e trasmetterlo alla Commissione. Fu iscritto ancora in settembre e l'11/12/1987 la Giunta regionale ha presentato il disegno di legge sulla stessa materia. Si decidono le consultazioni il 16 dicembre, che si terranno il 10/2/1988. Il 16 febbraio si decide la nomina di un gruppo di lavoro che verrà costituito formalmente il 23/3/1988. Tale gruppo ha tenuto sette riunioni, dall'aprile fino a settembre. Il 28/9/1988 il collega Picco, coordinatore del gruppo riferisce che il gruppo stesso ha terminato il suo lavoro e che l'unica proposta di modifica che avanza è molto limitata e riguarda di fatto solo il deposito cauzionale dei canoni, da considerare fruttifero. Questa proposta sarà accolta successivamente dalla Commissione.
Il 19/10/1988 c'è stata un'altra ampia discussione e l'Assessore Genovese ha comunicato la disponibilità a fornire una simulazione sugli effetti economici delle proposte. Questa simulazione viene illustrata il 16/11/1988; contestualmente la Giunta aveva convocato un confronto con le rappresentanze dell'inquilinato.
Fu inserito poi all'o.d.g. del 29/3/1989 e del 26/4/1989, quando viene nominato relatore il Consigliere Picco.
Voglio precisare che quanto riferisco trova conferma nei verbali. La materia è molto delicata ed è bene essere puntuali. Comunque, la comunicazione, che riassumo, in forma scritta è a disposizione dei colleghi del Consiglio.
Il 26 aprile, l'Assessore Genovese ricorda che "la Giunta si era riservata di fare un ulteriore incontro con il Comitato inquilini, oltre ad una verifica, come richiesto dagli IACP, sul calcolo dei canoni, sulla base di reddito e sulle fasce, verifica difficile da fare per la situazione dell'inquilinato".
Interviene allora - mi spiace citare i colleghi ma diversamente non si ha la dimensione di quanto è successo - il Consigliere Picco il quale chiede "se non è possibile ovviare a deficienze sperequative con un meccanismo parametrico che, discostandosi dai criteri della legge n. 392 venga incontro alle esigenze dello stato di manutenzione degli stabili".
L'Assessore Genovese si dichiara d'accordo con la proposta di Picco "relativa alla correzione dei parametri e si impegna a presentare le modifiche, nel limite stabilito dalla legge, per la seduta del 10/5/1989".
In quell'occasione il Consigliere Mercurio - mi spiace che non sia ancora presente - avanza delle perplessità e dichiara di voler sentire il proprio Gruppo.
Il 18/5/1989 l'Assessore Genovese invia alla Commissione una lettera con copia della sentenza della Corte dei Conti relativa ai canoni ed agli eventuali oneri per la Regione (copia della lettera e della sentenza della Corte dei Conti è allegata alla relazione scritta). Nella lettera l'Assessore Genovese richiama appunto alla responsabilità dei Consiglieri l'esame di questo problema, per le conseguenze che, se non affrontato, ne deriverebbero sul bilancio regionale.
Fu iscritto ancora all'o.d.g. del 7 giugno e del 21 giugno. Il 28 giugno, dopo aver discusso ampiamente le proposte giacenti, l'Assessore Genovese, dopo aver ricostruito la difficile situazione dello IACP di Torino e ricordata la lunga attesa di "una nuova deliberazione del CIPE sui canoni, che probabilmente avrebbe risolto il problema essendone obbligatoria l'applicazione", fa presente che "ritiene indilazionabile procedere in quanto la mancanza di legiferazione è l'accollo ai fondi ordinari di bilancio di una somma annua di circa 10 miliardi". Non è una cosa di poco conto.
In quella sede il Consigliere Mercurio ribadisce che "le preoccupazioni socialiste sono di ordine politico e dichiara che, qualora l'Assessore insista nella richiesta d'esame, il PSI non parteciperà alla discussione e farà conoscere la propria posizione in aula".
Gli altri Consiglieri di maggioranza prendono atto della richiesta socialista di "sospendere" l'esame dei provvedimenti e convengono di presentare alla Commissione, entro il termine di 30 giorni, le decisioni della maggioranza.
Il 26/7/1989 (alla scadenza dei 30 giorni richiesti in Commissione) l'Assessore Genovese ricorda la posizione differenziata della maggioranza.
Non gli "risulta che la maggioranza abbia definito una linea sul problema delle modifiche e che finora la Giunta non ne ha discusso; spera che l'argomento possa essere affrontato nella prossima seduta dall'esecutivo in calendario per l'1 agosto. Sottolinea tuttavia che il problema deve essere risolto dalle forze di maggioranza, ma che non crede ci siano ora le condizioni per assumere una decisione, vista anche l'assenza del Consigliere Mercurio".
Gli altri Consiglieri di maggioranza presenti, Bonino e Fracchia confermano che la maggioranza non è in grado di sciogliere le riserve e chiedono un'ulteriore proroga.
L'argomento è stato trattato - penso che posso dirlo con il consenso dei colleghi Commissari e in presenza dell'Assessore - in modo non formale senza che fosse iscritto all'o.d.g., in successive sedute. Non sembra che la maggioranza (ma questo sarà la maggioranza a confermarlo) abbia ancora sciolto la riserva e comunque non ha chiesto l'inserimento dei provvedimenti nel calendario dei lavori. Questo per quanto riguarda il primo punto all'o.d.g. oggetto di richiamo in aula.
Per quanto riguarda il progetto di legge n. 121 "Prima ristrutturazione degli IACP della Regione Piemonte", l'iter è stato molto più semplice.
Viene presentato nel giugno 1986; il 2/7/1986 viene effettuata l'illustrazione generale. Si chiede che le altre forze e la Giunta si pronuncino in proposito.
In sedute successive l'Assessore informa di aver chiesto un parere legale e dichiara anche che "se la proposta presentata dal Gruppo PCI è aperta, non ha intenzione di affiancarla con un disegno di legge della Giunta; al limite la maggioranza e la Giunta stessa potrebbero presentare o disegni di legge o delle proposte organiche di emendamento".
L'argomento viene rinviato a settembre e nel frattempo il 29/7/1986 è assegnata alla Commissione un'altra proposta di legge, presentata dai Consiglieri Ferrara e Fracchia, sullo stesso argomento.
Nel settembre 1986 viene rassegnato dall'Assessore il parere formulato dal prof. Dal Piaz. L'Assessore in quella sede richiama l'opportunità di fare un esame attento dei provvedimenti giacenti alla luce del parere espresso dal prof. Dal Piaz, e conferma che "non ritiene di presentare un proprio disegno di legge". Si sospende l'esame perché nel frattempo a livello nazionale erano stati presentati disegni di legge in materia, che la Commissione ha acquisito come richiesto dai Commissari.
Il 6/7/1988, l'Assessore Genovese, dopo aver ricordato la sua richiesta di sospensione dell'esame delle proposte giacenti "nel convincimento che fosse prossima l'emanazione della legge quadro nazionale", comunica di aver "maturato il convincimento dell'opportunità di una normativa regionale di riordino pur in assenza di una legge cornice". Chiede di posticipare l'esame dei provvedimenti giacenti, impegnandosi a presentare a settembre la proposta della Giunta regionale.
Questo argomento è stato anche discusso, incidentalmente, con la legge che riguarda i canoni. L'argomento perciò è stato oggetto di un esame diretto, con l'iscrizione all'o.d.g. da parte della Commissione in sei sedute. Se ne è discusso però anche congiuntamente ad altri problemi.
Questo è l'iter dei due provvedimenti in Commissione ed è quanto penso, la Presidenza della Commissione doveva rassegnare al Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho partecipato ai lavori della II Commissione dove il collega Mercurio rappresenta il Gruppo socialista e non ho avuto occasione di leggere i verbali, comunque ho sentito l'intervento del Consigliere Biazzi che è stato estremamente puntuale ed articolato.
Ci possono essere in tutti i nostri comportamenti delle motivazioni e dei riferimenti politici e questo mi pare che sia naturale, è innegabile che faccia parte del nostro modo d'essere.
Ma su questa vicenda, nello specifico, credo ci siano alcuni passaggi che sono meritevoli di considerazione. Se pensiamo alla decisione che abbiamo assunto mesi addietro per l'alienazione di 2.600 appartamenti dello IACP, ancora oggi in un palleggio incredibile non siamo riusciti ad arrivare ad una determinazione proprio perché lo IACP deve ancora compiere credo che l'Assessore dirà qualcosa nel merito, anche se non è strettamente legato al tema, ma in qualche modo è correlato - alcuni adempimenti essenziali per arrivare ad una corretta determinazione di quella alienazione.
Oggi come oggi noi non abbiamo una visibilità chiara, una conoscenza precisa - purtroppo dobbiamo dire questo, ed è un fatto che assume aspetti preoccupanti - per poter andare a fare una determinazione ultima come quella che stiamo discutendo, estremamente complessa, delicata, per le ripercussioni sui cittadini che dovrebbero essere le categorie a reddito meno elevato, comunque nelle fasce sociali certamente non a reddito medio alto.
E' per questa ragione che il mio collega ha chiesto ancora di riflettere, approfondire e attendere quegli ulteriori elementi da parte dell'Istituto Autonomo Case Popolari che ci permettono di arrivare ad una elaborazione più approfondita, più seria, più ampia, più corretta sul piano della profondità dell'intervento.
Quindi, certamente ci può essere anche una motivazione di opportunità politica, ma a questa precede la necessità di avere una maggiore visibilità sull'atto che andiamo a compiere e che ritengo che oggi non possa essere così chiaro. Ho citato l'esempio dell'alienazione di 2.600 appartamenti da parte dello IACP rispetto alla quale siamo bloccati (spero che l'Assessore possa dire qualcosa in merito) perché lo IACP deve ancora compiere alcuni passi importanti per poter dare conclusione a quella decisione, che io ritengo sia stata importante, dibattuta in quest'aula. Quindi, non sono dell'idea di aprire la discussione di merito oggi su questo punto all'o.d.g.; sono dell'idea di fare tutti gli approfondimenti necessari per arrivare ad un momento in cui la decisione sia suffragata da un maggiore livello di conoscenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ricordo che questa materia il collega Biazzi ha illustrato in modo egregio l'iter procedurale impegnò fortemente il Consiglio anche nel precedente quinquennio 1980/1985 con le note vicende sfociate addirittura nella decisione di commissariare l'ente stesso. Ricordo anche che vi fu un ampio dibattito sull'opportunità o meno di attuare la deliberazione CIPE. In quel periodo approvammo due leggi: la n. 33/84 sui canoni e la n. 64/84 sull'assegnazione degli alloggi, ed eravamo una delle prime Regioni che si apprestava a legiferare in materia in presenza di una deliberazione CIPE discussa e contestata dalle stesse Regioni, le quali obiettavano - credo con qualche fondamento che potevano operare e legiferare all'interno di leggi quadro molto precise votate dal potere centrale, ma non riconoscevano al CIPE, in quanto tale un potere ordinatorio alle Regioni stesse, tant'è vero che molte Regioni non procedettero a legiferare in materia. Ricordo che noi decidemmo di legiferare (strada certamente molto più complessa e difficile che sollev non pochi problemi) perché assumemmo, come forze che allora governavano questa Regione, la situazione dello IACP (per Torino in modo particolare ma con situazioni presenti anche nelle altre province piemontesi) come un problema di estrema gravità che abbisognava comunque di interventi che, in un processo sicuramente non breve, tendessero a riportare ad una situazione di normalità un dato che invece normale non lo era più.
Ricordo che il dibattito fu ampio e che giungemmo al voto di quei due articolati non con l'unanimità del Consiglio, ma con una astensione della minoranza, perché lavorammo coscienti della delicatezza del problema, in un rapporto molto aperto, molto collaborativo e raggiungemmo questo obiettivo.
Sono qui per sostenere - non solo perché allora proposi questi disegni di legge che la Giunta e il Consiglio approvarono - che noi facemmo bene a operare in quella direzione, perché l'ottica nella quale ci muovevamo aveva i seguenti obiettivi: risanare la situazione di bilancio, che adesso non so in quale stato si trovi perché non ho dati aggiornati in proposito chiudere la drammatica situazione dell'abusivismo che si ripercuote in modo estremamente negativo a livello di bilancio fare una verifica molto puntuale dell'utenza per eliminare tutte quelle situazioni di incongruenza che si sono determinate nel corso degli anni e che hanno significato, e che probabilmente significano ancora l'occupazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica da parte di soggetti che non hanno i requisiti per occupare questo tipo di alloggi stabilire criteri di assegnazione il più obiettivi possibili allo scopo di affrontare la spinosa e delicata questione degli occupanti abusivi. In qualche modo trovammo un percorso, un'ipotesi di soluzione successivamente ritoccata e perfezionata.
Sono ancora per sostenere la validità di quell'intervento, anche se magari creò non pochi problemi politici (governavamo la Regione insieme ad altri durante quel quinquennio). Avevamo piena coscienza che assieme a quelle questioni vi erano altri problemi di grandissima portata che erano rappresentati da quella struttura che si era costituita, da che cos'era lo IACP in Piemonte in ispecie a Torino e cioè di una struttura che aveva costruito nel tempo un numero tale di alloggi che per il Piemonte, in modo specifico per la provincia di Torino, assomma attorno ai 50 mila alloggi costruiti e che con una sola unità di gestione, di progettazione e di amministrazione gestisce interi quartieri. Già nel 1984, quando proponemmo questo disegno di legge come Giunta allora, ritenevamo che non fosse pensabile gestire una massa così grande di alloggi. Se facciamo un rapporto che può essere quello almeno di 1 a 4 (questa è la densità media degli alloggi di edilizia popolare pubblica) arriviamo solo in Torino ad una massa di 200.000 abitanti, il che equivale a due grandi città piemontesi ad esempio, Alessandria e Novara, messe insieme.
Noi credemmo allora e continuiamo a credere che non sia possibile che un patrimonio così grande ed importante con una funzione sociale anche di particolare significato sia gestibile in termini di efficienza, in termini di interventi rapidi per quanto riguarda la manutenzione, in termini di controllo effettivo dell'utenza, in termini di conoscenza puntuale dei soggetti e quindi di riscossione per quei soggetti che abitano in questi alloggi con tutte le modifiche che si producono, in termini di conoscenza delle proprie necessità che di volta in volta si manifestano in questo o in quell'altro quartiere. Non può restare tutto all'interno di un Consiglio di amministrazione così composto, con quella struttura, tra l'altro bloccata per tutta una serie di leggi nazionali. Altri IACP della Regione Piemonte presentano problemi di altra natura in quanto è più efficace il controllo dell'utenza: la morosità è decisamente bassa, allora era attorno al 25-30 ma la situazione di Torino presentava e presenta tuttora una drammaticità estrema.
Noi siamo partiti da questa situazione e abbiamo immesso nell'articolato di legge alcune idee che mantengono ancora intera la loro pregnanza e la loro validità nel senso che pensiamo che sia più che mai necessario intervenire in direzione di uno smembramento o disarticolazione di questo blocco che è lo IACP in modo particolare di Torino, che gestisce 50.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica, e addivenire ad unità gestionali più piccole (da 2.000 a non più di 7.000 alloggi per unità gestionale). Questo vuol dire che bisogna riformare totalmente anche in assenza di una legge quadro nazionale e ridisegnare lo IACP di Torino creare cioè nel territorio della provincia di Torino varie unità gestionali alle quali attribuire poteri e competenze per quanto riguarda tutta una serie di interventi (manutenzione, controllo dell'utenza, verifica dell'inquilinato, ecc.) e quindi possibilità di interventi più rapidi attorno ai problemi, per esempio, della manutenzione che è una delle questioni più drammatiche. I mesi di ritardo che si registrano solitamente per fare l'intervento o sull'ascensore o sul tetto o su un altro guasto che si produce all'interno di queste case, sono un dato ampiamente conosciuto.
Pertanto noi abbiamo ipotizzato di creare delle unità di gestione molto più piccole, più snelle che permettono la partecipazione dell'inquilinato con i Comitati di gestione che direttamente coinvolgono i soggetti. Questo fa recuperare, se si aumenta l'efficienza e la tempestività nell'intervento e quindi buon mantenimento di stato degli stessi edifici, quel minimo di fiducia degli inquilini che è indispensabile per ottenere anche quell'applicazione della legge sui canoni che noi abbiamo votato nel 1984 ma che si è dimostrata anch'essa inadeguata rispetto al fabbisogno e che necessita di ulteriori interventi. Occorrerà però agire con molta attenzione avendo presente le diversità profonde che esistono da situazione a situazione.
Ci stupisce - ecco perché abbiamo richiamato la proposta di legge in aula - che non si sia scelto (ricordo quanto ha detto l'Assessore in Commossone) di perseguire questo obiettivo che non sarebbe stato ovviamente l'atto risolutivo, ma avrebbe sicuramente dato dei risultati, avrebbe messo in movimento energie e forze, avrebbe coinvolto l'inquilinato, avrebbe sbloccato situazioni di carrozzone e avrebbe qualificato il momento direzionale centrale dello IACP che dovrebbe rimanere, secondo la nostra intenzione, il momento più qualificante di progettazione e di programmazione degli interventi dell'ente, quindi del ruolo stesso dello IACP.
Queste sono, a grandi linee, le indicazioni che sono contenute nella nostra proposta di legge. Le abbiamo chiamate "primo intervento" perch pensiamo sia necessario fare ulteriori interventi in proposito.
Credo che non possiamo, dopo cinque anni da quando abbiamo presentato in Consiglio regionale, allora come Giunta, un disegno di legge come questo, aspettare ancora che il quadro nazionale ci dia ulteriori e più specifiche indicazioni in proposito. L'attesa di una normativa nazionale è puramente un'attesa che di fatto può significare la volontà di non agire da parte della Regione. Dobbiamo assumerci tutta la responsabilità di governare questa materia a livello delle singole Regioni.
Il disegno di legge che ripresentiamo è, secondo noi, un piccolo passo di grande portata che va ad incidere su una fascia di utenza di circa 200.000 cittadini solamente nella provincia di Torino, cittadini che in alcuni casi soffrono condizioni di particolare disagio.
Quindi, da parte nostra c'è tutto l'interesse affinché questo disegno di legge vada in porto perché lo riteniamo particolarmente significativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, innanzitutto devo dire che il Gruppo DC si rimette alla Giunta, nel senso che la vicenda dello IACP ci preoccupa non da oggi.
Ricordo che nella passata legislatura, quando per la prima volta mi sono occupato di certe questioni, ho seguito la vicenda delle caldaiette.
Sul problema della prima ristrutturazione degli IACP in Piemonte gradiremmo conoscere la posizione della Giunta perché ci pare un argomento significativo sul quale occorre che la Regione e le forze politiche si confrontino.
Noi siamo d'accordo affinché il provvedimento ritorni in Commissione per una discussione più approfondita, visto che la situazione attuale non ci soddisfa.
Credo che questa sia anche la posizione della Giunta perché in più occasioni ho avuto modo di sentire preoccupazioni in ordine ad una serie di questioni che occorrerebbe affrontare e sulle quali occorre dare risposta.
Siamo pertanto d'accordo al rinvio in Commissione e sulla base degli spazi possibili il Gruppo DC darà il suo contributo con l'augurio che la Giunta possa offrire una sua proposta.
Sul progetto di legge n. 257, dopo che nel mese di giugno 1989 il Gruppo socialista pose una pregiudiziale politica in Commissione che mi pare il Capogruppo Tapparo abbia ripreso in modo meno forte, noi non abbiamo mai posto pregiudiziali politiche. In questo periodo, che il Presidente della Commissione ha richiamato facendo puntualmente l'iter di questi provvedimenti, noi abbiamo sempre posto questioni di merito in ordine a problemi che certo non sono di facile gestione perch l'adeguamento dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in una situazione nella quale, per esempio, la manutenzione è allo stato in cui è, appare non facile a tutte le forze politiche del Consiglio. O si interviene meccanicamente e drasticamente sulla base di tabelle, facendo finta di non vedere e di non sentire (è una strada che a noi non piace e che non condividiamo), oppure occorre guardare, capire, leggere, sentire rendersi conto della situazione abitativa nei quartieri.
Questo è stato lo sforzo che i miei colleghi in Commissione hanno cercato di fare con la disponibilità della Giunta, ancorché magari non sempre dispongano di tutti gli elementi conoscitivi per portare sul tavolo del confronto tutti gli elementi che vengono richiesti. Noi abbiamo detto che occorre ragionare sull'adeguamento delle tariffe sulla base delle situazioni oggettive nelle quali ci troviamo. Capisco che non è facile però dobbiamo fare uno sforzo, a costo anche di fare qualche azione non usuale nei confronti degli Istituti per andare a raccogliere quegli elementi che non ci vengono forniti.
Quando le UU.SS.SS.LL. (mi riferisco ad un altro settore per non sembrare colui che mette il dito nella piaga) non forniscono alla Regione i quadri conoscitivi e gli elementi, gli Assessorati alla sanità e all'assistenza hanno gli strumenti per poter verificare sul campo come stanno le cose. Quello che non ci sentiamo di fare è di applicare indiscriminatamente una legge, dei parametri e delle tariffe sulla base dell'equo canone che non tengano conto della situazione oggettiva e reale dello stato di questi edifici. Non è una questione elettorale o pre elettorale nella preoccupazione di perdere dei voti, non è e non può essere questo perché vorrebbe dire essere amministratori miopi, perché i voti che oggi si perdono si possono riacquistare e viceversa. Il problema è fare un provvedimento equo, nel senso che noi rischiamo, se non abbiamo tutti gli elementi conoscitivi sulla situazione degli edifici IACP, di commettere degli atti di ingiustizia, facendo pagare dei canoni sproporzionati rispetto allo stato effettivo delle strutture.
Vorremmo tornare in Commissione senza pregiudiziali politiche, sulle quali non ci riconosciamo, ma avendo tutti gli elementi che ci consentano di affrontare il problema nel merito onde trovare in tempi ragionevoli la soluzione giusta che tutti auspichiamo, anche perché noi che cerchiamo di dare un contributo ad una buona amministrazione della cosa pubblica siamo consapevoli che questi, come altri servizi pubblici, debbono essere adeguati ai costi e sosteniamo che i prezzi politici vanno bene fino ad un certo punto. Altri sostenevano questa tesi in anni passati, noi non l'abbiamo mai sostenuta e non la sosteniamo oggi. E' certo che per assumere una decisione che va sulla testa della gente vogliamo farlo a ragion veduta e con la contezza esatta della situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono oggi all'esame del Consiglio alcuni provvedimenti di grande importanza, delicatezza e rilievo politico.
Il Partito repubblicano nel 1986 presentò una proposta di legge di riordino degli Istituti Autonomi Case Popolari in un momento in cui sugli stessi esistevano notevoli preoccupazioni in ordine alla passata gestione.
Noi ponemmo quel problema convinti che si trattasse di un problema serio da affrontare. Non sollecitammo la discussione di quel provvedimento perché ci fu detto che a livello nazionale si stava elaborando una legislazione che in qualche modo prendeva in esame lo stesso oggetto della proposta di legge presentata dal PRI e quindi accantonammo la nostra proposta. La legislazione a livello nazionale è lenta quanto e forse più di quella regionale per cui a tutt'oggi ci sono tante intese, ma nessuno strumento legislativo.
Gli IACP gestiscono un patrimonio eccezionale, estremamente rilevante e siamo convinti che molte volte questo patrimonio non è gestito con la dovuta capacità ed adeguatezza di gestione che la stessa Corte dei Conti sollecita alla Regione Piemonte.
Io non ero come il collega Carletto presente nella passata legislatura e quindi non so bene cosa si era detto, ero però presente in altro ente istituzionale nella passata tornata amministrativa e in quelle circostanze il PRI sollevò alcune polemiche rispetto ai criteri e ai modi di gestione degli IACP. Abbiamo difficoltà a cambiare opinione a seconda delle sedie che occupiamo; le valutazioni su fatti omogenei riteniamo debbano essere omogenee, indipendentemente dal ruolo che si va ad occupare. Quindi a noi sembra sia opportuno fare uno sforzo per cercare da un verso di riordinare questi Istituti e dall'altro di renderne adeguata ed economica la gestione.
Non è accettabile una pregiudiziale di natura politica rispetto al fatto che i provvedimenti impopolari non si possono assumere a tre mesi dalle elezioni. Questa è una visione perversa della politica, io penso che i provvedimenti impopolari occorre saperli assumere anche in prossimità delle elezioni, perché i cittadini che ci devono votare sono più attenti e intelligenti di quanto non si pensi. Questa pregiudiziale non può essere accettata dal PRI.
Siamo d'accordo invece con la proposta del collega Carletto, che non vuole essere dilatoria, almeno noi la leggiamo in questo modo, ma che affida all'Assessore la responsabilità di dare un'indicazione tenuto presente che il PRI ritiene trattarsi di due argomenti urgenti che se possibile devono essere affrontati nei prossimi mesi prima della chiusura della legislatura.
Questo noi riteniamo potrebbe essere un elemento di qualificazione di una maggioranza e di una Giunta che sa affrontare argomenti difficili in situazioni particolari. Ci associamo pertanto alla valutazione che ha fatto il Capogruppo DC, Carletto, e chiediamo all'Assessore, alla Giunta, di esprimersi su questo argomento, confermando che noi siamo disposti a seguire con grande attenzione la discussione che si farà nella competente Commissione e dichiariamo fin d'ora la nostra disponibilità ad andare all'approvazione, qualora se ne ravvisassero le condizioni, di questi due provvedimenti legislativi prima della chiusura della legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Anche il nostro Gruppo concorda sul ritorno in Commissione auspicando che tale ritorno consenta l'esame nel merito e nell'articolato di questi due disegni di legge prima che scada la legislatura in corso, cosa che fino a questo momento non è stata fatta, come ha messo in rilievo senza una particolare interpretazione di quanto verificatosi in Commissione, ma solo leggendo i verbali della stessa, il Presidente della II Commissione Consigliere Biazzi. E' emerso che non c'è stata una volontà politica della maggioranza non dico di far approvare il proprio progetto o comunque di collocarsi nell'alveo dei progetti esistenti, ma non c'è stata una volontà della maggioranza di esaminare l'articolato e il merito di queste problematiche: il discorso in concreto è tutto qui.
Noi auspichiamo che questo si verifichi, non solo come ha detto il collega Carletto con l'aiuto, se ho ben capito, della Provvidenza, ma anche con la volontà politica della maggioranza di passare al merito dell'articolato e di far sì che prima della fine della legislatura decollino questi due provvedimenti, nel bene o nel male, noi auspichiamo nel bene, con una certa collocazione dello stesso articolato. E' una materia, mi rendo conto, estremamente complessa e delicata se si pensa alla situazione degli IACP in ordine alla quale lo stesso Presidente nell'ambito di un'intervista rilasciata pochi giorni fa, ha dichiarato candidamente che lo IACP non conosce in questo momento neppure il numero esatto degli alloggi che sta amministrando, non dico degli inquilini o degli assegnatari, ma solo degli alloggi. Quindi, pur in questa situazione noi auspichiamo che, al di là di tutte le priorità che dovrebbero esserci prima della fine della legislatura, questa sia una priorità nelle priorità per cui venga effettivamente esaminata e in qualche maniera, noi auspichiamo nel migliore dei modi, varati questi due disegni di legge.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

Signor Presidente e colleghi, penso di non dover ricostruire la vicenda perché già il Consigliere Biazzi, Presidente della II Commissione, è stato molto puntuale ed anche sereno nel ricostruire questa complessa vicenda di valutazione di proposte e di disegni di legge in materia di edilizia residenziale sovvenzionata, sia per quanto riguarda i canoni sia per quanto riguarda la proposta di prima riforma e riorganizzazione dello IACP di Torino, sia ancora - non lo ha detto perché non era oggetto del richiamo in aula oggi - in materia di definizione complessiva dei rapporti con l'inquilinato (assegnazione alloggi, mobilità e così via), per la quale è comunque all'attenzione della Commissione un disegno di legge della Giunta di modifica complessiva della legge n. 64 del 1984. Non credo di dovere ritornare su questo, ma di rispondere per quanto possibile all'insieme di obiezioni peraltro molto pacate che sono venute dai colleghi che sono finora intervenuti. Con una precisazione, però: la Giunta tramite l'Assessore si è espressa. Io dico con tutta tranquillità e serenità, salvo smentita, che la Giunta si è espressa nelle sedute di Commissione. I problemi sono sorti nel confronto tra i Gruppi all'interno della Commissione, in particolare con l'accentuazione che è venuta dai rappresentanti di un Gruppo consiliare che prima è stato richiamato.
La Giunta, o meglio il sottoscritto Assessore, aveva richiamato non delle responsabilità dei Consiglieri regionali in ordine ad un parere della Corte dei Conti. Avevo ritenuto invece di far presente al senso di responsabilità dei Consiglieri regionali le conseguenze che sul piano amministrativo finanziario potevano derivare per la nostra Regione. Ciò a scanso di equivoci, perché qualcuno ha equivocato facendo pensare che io richiamassi un'eventuale responsabilità personale dei Consiglieri regionali.
Ho ritenuto necessario farlo perché siamo in presenza di un'attività piuttosto cospicua, da parte della Corte dei Conti, di considerazione dell'attività di questo settore, in particolare dell'edilizia residenziale sovvenzionata. Peraltro concordo, ma questa è opinione diffusa nella Commissione, con quanto ha richiamato il Consigliere Carletto; ma è veramente difficile conciliare e far corrispondere l'adeguamento dei canoni a situazioni omogenee e comparabili di manutenzione degli immobili né si può fare una normativa diversa per i singoli Istituti autonomi. Si possono prevedere alcuni marginali correttivi parametrici che possono differenziare di fatto, non per istituto ma per realtà territoriali, il calcolo dei canoni, nel senso che si può operare tramite parametri di abbattimento collegati agli aspetti di territorialità. Però non potendosi fare una normativa diversificata per i diversi Istituti, ed essendoci una situazione molto diversa per quanto attiene lo stato del patrimonio, le manutenzioni e cosi via, siamo in una situazione molto brutta e difficile. In particolare a Torino siamo in presenza di un patrimonio anche molto recente, realizzato negli anni '70/'80, che è già in stato deplorevole di manutenzione in quanto, probabilmente, già realizzato al di fuori di ogni criterio ragionevole di progettazione e di esecuzione. Per cui aumentare i canoni di fronte ad una situazione di peggioramento delle condizioni del patrimonio e alla difficoltà di assicurare risposte adeguate, in termini di tempo certi ai problemi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio di Torino, crea una difficoltà reale che penso sia ben presente alla valutazione e al senso di preoccupazione di tutti i Commissari.
La Regione, occorre ricordarlo, non ha competenze dirette in questo campo, ma solo poteri sostitutivi; tra l'altro, non brilla per capacità di dare risposte amministrative tempestive. Come possiamo pensare, con un organico di sette persone nell'edilizia sovvenzionata, che si possano fornire ulteriori dati sul patrimonio dello IACP di Torino? Chi è stato Assessore prima di me sa che è una barzelletta e che la Regione non pu sostituirsi nell'attività ordinaria dell'Istituto.
La Regione ha cercato di essere presente anche commissariando l'Istituto.
Chiunque sia al vertice di un Istituto in queste condizioni, per il quale forse ricorrono le condizioni di liquidazione coatta-amministrativa si trova nella situazione in cui la quotidianità e le difficoltà non consentono di aggredire alcun problema. Perché questa è la storia che abbiamo alle spalle, se si vuole guardare ai problemi con oggettività.
Abbiamo l'esperienza dei vecchi Consigli di amministrazione, di un Commissario, di un altro commissariamento, per un breve periodo, composto da due persone, Presidente e Vicepresidente; poi, un nuovo Consiglio di amministrazione. Le difficoltà sono rimaste.
Negli ultimi due mesi abbiamo avviato una verifica "collaborativa" che si è interrotta a causa del poco personale a disposizione. Verifica che sta facendo, come può, l'unico dirigente regionale del settore e che rischia di arrestarsi perché è terminata l'unica consulenza di cui poteva avvalersi.
Secondo un percorso nuovo, nato dall'esperienza di Vercelli, abbiamo capito che per l'attività ordinaria non bisogna sostituire gli organi degli Istituti, ma affiancarli invece per approfondire aspetti particolari o eccezionali. E' molto più valido un commissariamento ispettivo, una verifica ispettiva o collaborativa, attraverso le quali ottenere le risposte che si ricercano; altrimenti bisognerebbe prevedere un "alto Commissario", con poteri eccezionali, come nelle ferrovie, pagato come un manager, con la possibilità di ricercare le collaborazioni che meglio ritiene, abilitato a far tabula rasa della situazione amministrativa ed organizzativa esistente. Con la verifica collaborativa avviata abbiamo capito parecchie cose sullo IACP di Torino nel giro di un mese e mezzo, e abbiamo dato anche un contributo alla conclusione di operazioni da tempo in corso; l'inventario dei beni immobili è finalmente finito; l'inventario dei beni mobili su Torino sta concludendosi; è stata terminata la prima fase dell'anagrafe dell'utenza; si sono date direttive per cercare di chiudere quasi cento cantieri da tempo aperti. Cantieri che non si riescono a chiudere, avviati all'inizio degli anni '80 e per i quali manca totalmente la contabilità, e per i quali c'è un'inchiesta penale in corso. La chiusura contabile è il presupposto per poter fare le manutenzioni su edifici che costruiti negli anni '80 hanno già bisogno di manutenzioni straordinarie. E queste non possono essere avviate, anche se ci sono i finanziamenti, sin quando non sia chiusa la contabilità. Si è dato un indirizzo per dire che rifacciano oggi, come è possibile, tutto ciò che non si è fatto nell'80 nell'81, nell'82, e che il risultato venga portato alla Commissione tecnica, operante presso l'Istituto, affinché si cerchi di chiudere questa situazione, che è di perturbazione continua e non consente di arrivare ad una conclusione.
Credo che entro l'anno l'Istituto di Torino riuscirà a chiudere ahimè!, con i risultati economici che immaginiamo, formalmente i bilanci consuntivi fino all'anno 1987.
Abbiamo dovuto dare un'autorizzazione ad assumere una consulenza esterna, proprio in questi giorni, per poter ricostruire la contabilità in modo formalmente perfetto per poter chiedere il condono, che va fatto entro il 31/12/1989.
Non è vero che c'è immobilismo, ci sono invece grandi difficoltà, anche a fronte di una capacità di lavoro della struttura regionale limitata poiché è dimensionata insufficientemente anche per seguire la sola attività ordinaria di gestione degli interventi. Non è cambiato nulla rispetto all'epoca in cui altri hanno fatto l'Assessore prima di me.
Devo dire però che si è rivelata preziosa, nella collaborazione con i pochi funzionari di cui disponiamo, l'unica consulenza esterna che in modo saltuario siamo riusciti ad attivare. In modo saltuario perché non riusciamo mai, da un bilancio all'altro, a fare un piano delle consulenze che consenta di poterne disporre per un periodo congruo di mesi dall'inizio dell'anno. Oggi bisogna fare i salti mortali per affidare una consulenza per il 1989 al mese di novembre, quando non si può quasi più deliberare questa è la situazione reale e credo che il Consiglio regionale, pur con il legittimo dovere di controllo degli atti dell'esecutivo, dovrebbe rendersene conto. Questa Regione non assume personale da undici anni e non siamo neanche in grado di mandare avanti le consulenze indispensabili (che sono consulenze da pochi soldi, fra l'altro; non le ricche consulenze di centinaia di milioni o miliardi affidate in altri momenti). Con la consulenza che abbiamo attivato siamo riusciti a fare una prima circolare per l'esercizio della vigilanza, precisando su una serie di aspetti delicati che cosa sono tenuti a fare gli Istituti e che cosa sono tenuti a fare i Presidenti dei Collegi sindacali degli Istituti, in quanto nominati dalla Regione, attraverso relazioni trimestrali alla Regione o quando l'Assessorato lo richieda; ciò, per cercare di cominciare a costruire un rapporto in cui la conoscenza della Regione sia più precisa rispetto ai problemi di gestione e al controllo della gestione degli Istituti. Stiamo predisponendo ora, su altri aspetti particolari, altre due circolari che dovrebbero ulteriormente chiarire i rapporti tra Regione ed enti gestori.
Al collega Tapparo che ha chiesto un'informazione circa la cessione degli alloggi autorizzata dal Consiglio regionale, rispondo che ho sollecitato ancora l'altra settimana l'Istituto Autonomo di Torino, in modo formale, a compiere gli atti che devono consentire le operazioni per le quali ha chiesto l'autorizzazione regionale. La verità è che di fronte ad ogni atto regionale o atto amministrativo proprio dell'Istituto, le decisioni si scontrano con una situazione strutturale ed organizzativa, di funzionamento dell'Istituto, che, oltre ad essere inadeguata, è demotivata a causa anche delle indagini penali in corso.
La conoscenza sulle manutenzioni. Oggi, rispetto alle discussioni che abbiamo fatto qualche mese fa, abbiamo qualche elemento in più e presto saremo in grado di fornirlo alla Commissione. Sappiamo qualcosa di più sulle manutenzioni fatte; non riusciamo ad avere un quadro preciso delle manutenzioni da fare, perché sta ancora operando un gruppo di lavoro presso l'Istituto, incaricato di fare tutte le indagini necessarie per definire per tutto il patrimonio, le manutenzioni necessarie; abbiamo poi non solo per l'Istituto di Torino, ma per tutti gli Istituti, un quadro preciso della morosità e del gettito dei canoni per fare dei raffronti precisi e non simulati con le proposte di legge che erano state presentate.
Rispetto alle proposte di legge devo dire al Consiglio perché lo sappia, come ha richiamato succintamente ma in modo puntuale il collega Biazzi, che la Commissione ha avuto, in due riprese, delle simulazioni sempre più approssimate alla situazione reale; simulazioni fatte dagli uffici con il CSI, per capire, applicando l'attuale normativa regionale o le proposte che erano state fatte dal Gruppo PCI e dalla Giunta, che cosa significa in termini di gettito complessivo di canoni e quindi quali ripercussioni possa avere rispetto alla gestione l'una o l'altra proposta tenendo conto, in modo particolare, che le manutenzioni ordinarie dopo le ultime precisazioni della Corte dei Conti non conoscono più deroghe e che quindi con i finanziamenti disposti dallo Stato non si consente più agli Istituti di affrontare problemi di manutenzione ordinaria, che devono essere coperti da una quota del gettito complessivo dei canoni.
Dopo aver detto queste cose - non credo di avere risposto a tutto, ma almeno alle richieste principali - penso di dover andare al nodo del problema. E' quello dei disegni di legge giacenti, alcuni richiamati alla discussione dell'aula, altri no perché non erano di iniziativa consiliare ma di iniziativa della Giunta regionale; alcuni nella stessa materia, altri su materia collegata strettamente. Faccio questa semplice riflessione. A nome della Giunta ho detto che, ancorché spiacevole per la situazione delle manutenzioni e con i correttivi che si possono introdurre riflettendo sulla situazione del patrimonio, richiamata in particolare oggi dal collega Carletto, gli attuali gettiti sono insufficienti a coprire le quote che devono consentire la gestione del patrimonio, le manutenzioni ordinarie e i rientri finanziari nei confronti del Ministero dei Lavori Pubblici: se questi non si realizzano, possono essere addossati alla Regione e se si vuole quantificarli per il Piemonte sono nell'ordine di 9-10 miliardi all'anno. Devo dire come stanno le cose, perché credo che questo sia il mio dovere.
Il secondo aspetto è nel merito delle proposte di legge; nessuno ha mai detto o scritto, dato che nel merito delle proposte non si è mai entrati salvo che per un'unica modifica proposta dal gruppo di lavoro come ha ricordato il collega Biazzi, che di colpo si debba realizzare un aumento dei canoni tale da consentire la risoluzione complessiva dei problemi che abbiamo di fronte. Ci sono delle preoccupazioni; ci dovrebbe essere anche una valutazione di merito. Bisognerebbe capire fino a che punto la normativa ci consente, in presenza di situazioni di degrado del patrimonio come a Torino, di avere una qualche cautela normativa che non consenta gli aumenti se non previa una verifica reale e con abbattimenti parametrici possibili laddove le condizioni di degrado del patrimonio siano di un certo tipo.
Questo discorso in Commissione non si è mai svolto, perché il confronto nel merito non è mai avvenuto. La Giunta aveva dato il proprio benestare tramite l'Assessore, ad avviare il confronto di merito; ci sono però state valutazioni politiche di opportunità e la richiesta di sospensione formulata in Commissione, e da allora non se ne è più parlato. Bisogna anche dire che quando si è discusso in Commissione questa estate la Commissione Lavori Pubblici alla Camera aveva licenziato un testo unificato, il "Ferrarini-Botta", che contemplava, con i provvedimenti collaterali di riforma degli Istituti Autonomi Case Popolari, una riforma complessiva di tutto il sistema, sia per quanto riguardava la riorganizzazione degli enti sia per quanto riguardava il riordino complessivo del settore dell'edilizia agevolata e sovvenzionata. Sembrava allora che si potesse pervenire a tempi celeri alla riforma.
Ugualmente sembrava che il CER dovesse licenziare, da una settimana all'altra, la proposta di modifica alla deliberazione CIPE del 1981 con innovazioni anche sostanziali rispetto alla normativa quadro oggi esistente e sulla quale sono state studiate le proposte di modifica della L.R. n. 33.
Sembrava quindi imminente anche questa modifica normativa, ancorché molte cose non fossero condivise dalla nostra Regione che con un funzionario ha partecipato assiduamente per un anno a tutti i lavori preparatori per la revisione della deliberazione CIPE del 1981. Oggi siamo in una situazione paradossale: è cambiato il Governo, è cambiato il Ministro, e di colpo sembra venire cancellata tutta l'elaborazione in materia e viene proposto come misura di accompagnamento della finanziaria, un disegno di legge in materia edilizia di carattere eccezionale, che riguarda le sole aree ad alta tensione abitativa e che stravolge i rapporti istituzionali cancellando ogni competenza per le Regioni. Il CER non è più stato convocato dal mese di luglio scorso. Siamo in una situazione in cui non sappiamo più che cosa avverrà.
Questo l'ho detto anche per precisare che l'altra proposta di legge, la n. 121, richiamata in aula, al di là di una difficoltà oggettiva dell'Assessorato e mia che non nascondo, si è fermata sia perché sembrava opportuno attendere decisioni statali, che si credevano imminenti, sia perché sembrava difficile prevedere norme di riorganizzazione funzionale e gestionale dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Torino senza sapere qual era il patrimonio dello stesso, qual era il disavanzo reale (con bilanci consuntivi che si fermavano al 1980).
Credo che a questo punto siamo in una situazione ambigua: per un verso lo scoramento porta a dire che probabilmente disegni organici di riforma a livello nazionale non sembrano destinati ad andare avanti a tempi brevi mentre la condizione di conoscenza si avvia ad essere migliore, nel senso che anche per l'Istituto di Torino entro l'anno avremo una conoscenza più precisa. Può darsi che questa conoscenza ci porti a dire che per Torino bisognerebbe chiedere un intervento legislativo statale eccezionale, come è avvenuto per Messina e per altre località italiane nel passato, ai fini di ripianare i circa 300 miliardi di disavanzo, perché si può pensare a parole o con le norme al più bel disegno riorganizzativo dell'Istituto di Torino ma se rimane un disavanzo di 300 miliardi non si gestisce nulla. Quando è in atto una criminalizzazione diffusa del Consiglio di amministrazione dello IACP di Torino, mi sento di dover dire pubblicamente, al di là di responsabilità precise che dovrebbero essere provate, delle difficoltà che per qualcuno potrebbero anche discendere dalla mancanza di decisione nell'aggredire dei problemi, che ciò mi sembra ingiusto e fuori luogo perché per gestire questa situazione occorrerebbero poteri eccezionali, non in capo al Consiglio o ad un Commissario, come abbiamo fatto nel passato sostenuti da finanziamenti, da strutture e affiancamenti adeguati. Comunque la situazione, se ragionassimo sul piano privato, è da liquidazione coatta amministrativa. Ma siccome la legge non lo esclude neanche per gli enti come lo IACP, quando avremo la situazione reale e se non ci saranno provvedimenti eccezionali a livello statale e se non sarà la Giunta e il Consiglio a farlo in questo ciclo legislativo, nel prossimo qualcuno dovrà chiedersi se l'Istituto di Torino non debba essere messo in liquidazione coatta-amministrativa.
Credo che sarà difficile sfuggire a questa riflessione paradossale ed amara. Noi possiamo aumentare i canoni, possiamo operare perché il funzionamento sia migliore, possiamo prevedere misure di prima riorganizzazione. Tutto ciò è un dovere. Un disegno di legge c'è; se si vuole riprendere il confronto e la discussione, riprendiamola pure; non ho alcuna difficoltà. Sono cose che doverosamente dobbiamo fare, ma non diamoci l'illusione che ciò possa risolvere il problema centrale dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Torino; ci sono alle spalle responsabilità così antiche, così complesse e così gravi che non possono essere fatte risalire ingiustamente e semplicisticamente alla incapacità di controllo della Regione in questi ultimi anni o in quelli prima, o alle insufficienze dell'attuale amministrazione o del Commissario che si sono avvicendati negli ultimi anni. La situazione è sommariamente questa. Non mi ero preparato per farlo oggi, perché non sapevo se si discutevano questi due punti all'o.d.g. e perché, per la verità, non conosco neanche bene qual è l'opinione della maggioranza e della Giunta in materia.
Qui si sono sentite anche le voci della maggioranza. Preferisco essere chiaro su questo tema perché non posso poi assumermi da solo la responsabilità. I Gruppi sono presenti anche in Commissione, e se ritengono che si debba riprendere l'esame in Commissione sono disponibile come sempre sono stato e per quanto possibile fornirò, tramite l'Assessorato, tutti i dati di conoscenza ulteriore che abbiamo. Cercherò anche di sforzarmi per capire quali ulteriori elementi di conoscenza siano necessari.
Su altri elementi richiesti, devo dire che non sono in grado di fornirli perché dovrei commissariare il Comune di Torino, dato che gli alloggi a cui si è fatto riferimento sono dati in gestione all'Istituto Autonomo Case Popolari di Torino, ma i fondi sono stati assegnati al Comune e la realizzazione o l'acquisto è dovuto al Comune. Su questa materia abbiamo scarsissimi dati di conoscenza e non abbiamo alcuna competenza istituzionale. Possiamo chiedere al Comune di Torino che ci aiuti ad avere un quadro della situazione; in ogni caso, però, la decisione va assunta in Commissione e presenta problemi che vanno al di là dei dati di conoscenza che si possono avere o non avere in modo esaustivo. Occorre cioè anche capire e dire che cosa si intende per dati di conoscenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, il Gruppo comunista mette in luce, anche sulla base delle ultime affermazioni dell'Assessore Genovese, il punto politico centrale che ci sta di fronte.
La L.R. n. 33/84 prevede l'obbligo di giungere ad una propria revisione entro due anni. Un ordine del giorno del Consiglio regionale del 3/7/1986 impegnava la Giunta a presentare entro breve termine tale riforma.
La L.R. n. 33/84 presenta molti problemi e storture che creano ingiustizie e malumori nei quartieri popolari gestiti dall'Istituto Autonomo Case Popolari.
La Giunta ha presentato un suo disegno di legge che è fermo in Commissione, bloccato da pareri negativi della maggioranza. Siamo quindi alla paralisi che dura da due anni e mezzo e che ancora oggi è stata riconfermata dagli interventi di membri della maggioranza.
Il dato politico è il seguente: la Giunta ha approvato una legge che non ha il sostegno della sua maggioranza, il che non è un problema politico da poco.
Il problema per noi si complica ancora, sentite le dichiarazioni di oggi che chiedono di rimandare in Commissione l'esame del provvedimento, il quale è fermo in Commissione da un paio di anni.
Il Gruppo comunista nel luglio 1988, quando già la legge era in Commissione ed erano nate proteste nei quartieri popolari, aveva fatto una proposta alla Giunta e alla maggioranza. Dai quartieri IACP erano nate proteste, non solo dai Comitati inquilini, ma anche dalle diverse Associazioni sindacali, che hanno organizzato due manifestazioni in Consiglio regionale, alle quali alcuni di noi sono intervenuti. Al di là delle interpretazioni sullo svolgimento di quelle manifestazioni, il Gruppo comunista aveva detto, nel luglio 1988, che per un problema così importante e delicato e di non facile soluzione la strada maestra era di sospendere l'esame del contestato disegno di legge, di avviare un confronto con la gente e con le organizzazioni dei quartieri, riesaminando il testo di legge e giungendo, come governo regionale, a concordare con le Associazioni sindacali e i Comitati inquilini un nuovo testo di legge che non generasse storture, problemi e ingiustizie nei quartieri.
Questa era la strada maestra, forse è una strada che non è formalmente codificata in norme regolamentari, ma riteniamo sia l'unica strada per far sì che una legge di questo genere possa essere approvata dalla Regione.
La nostra proposta è stata rifiutata o comunque, se è stata in qualche modo praticata, non ha ottenuto i risultati voluti perché la legge è sempre quella della Giunta, è sempre in Commissione e la Giunta non è in grado di avere una maggioranza che la sostiene.
Signor Presidente, la situazione dell'Istituto Autonomo Case Popolari peggiora. Gestire l'Istituto Autonomo Case Popolari non è facile, in questi ultimi due anni abbiamo anche ripreso un'attività a contatto con i quartieri, ci rendiamo conto che il mondo delle case popolari è un mondo difficile da affrontare, pieno di problemi, da quello dei canoni a quello delle manutenzioni, al problema delle assegnazioni e delle possibilità di acquisto. E' un settore che va governato unitariamente, per far ciò esiste un Istituto che dovrebbe farlo, cosa non facile da fare.
Noi non condividiamo, proprio per l'esperienza di questi due anni, la lettura che ha dato l'Assessore Genovese. Riteniamo che ci siano, nel peggioramento della situazione all'interno delle case popolari responsabilità anche di tipo soggettivo. Non tutto quello che va male è addebitabile alle scelte e alla capacità di gestione delle persone, per riteniamo - lo diciamo anche nel Consiglio di amministrazione dello IACP che siano maturate le condizioni per dire che siamo in grado di addebitare al vertice dell'Istituto le responsabilità che hanno peggiorato la situazione nell'ambito delle case popolari e hanno reso e rendono più difficile qualsiasi tipo di provvedimento, compreso quello della riforma dei canoni.
Questi addebiti si riferiscono innanzitutto all'utilizzo dei 78 miliardi per le manutenzioni, che potevano essere spesi in tempi più rapidi e con migliori risultati, e al pessimo uso della struttura interna, del personale dell'Istituto. Ritengo non sia ammissibile gestire un Istituto non utilizzando il suo personale perché ci sono indagini in corso da parte della Magistratura. Questo può durare un mese o tre mesi, non può durare degli anni. Il personale lo si deve utilizzare, se a norma di legge lo si può fare, altrimenti si prendono altri provvedimenti.
Inoltre riteniamo che le spese affrontate dall'Istituto per incarichi esterni siano state troppo rilevanti e di scarsa produttività. Sono elementi di carattere soggettivo che ci fanno dire che non si è agito al meglio.
A me pare che di fronte al problema IACP ci sia scarso interesse politico e che due soli soggetti siano presenti: da un lato l'Assessore Genovese, solo e abbandonato con la sua legge, dall'altro il Partito comunista anch'esso con la sua legge.
A questo punto rileviamo che il governo non è in grado di governare, ha una legge sulla quale non ha un appoggio di maggioranza, è una legge impraticabile, le dichiarazioni venute oggi rappresentano una volontà di dilazionare il problema e di non affrontarlo. Come Gruppo politico ci dissociamo dalla strada della "non scelta" seguita dalla maggioranza.
Signor Presidente, noi restiamo fermi a proporre la nostra legge chiediamo che venga discussa perché ci pare l'unico modo per costringere la maggioranza a compiere quell'atto doveroso, previsto non solo dai disposti della L.R. n. 33/84, ma anche dall'ordine del giorno che ho citato all'inizio, che è stato disatteso in tutti i suoi punti; se lei lo verifica vedrà che, punto per punto, nessuno degli impegni è stato portato a termine. A questo punto, come forza di opposizione, abbiamo richiamato la nostra legge in aula e chiediamo che si inizi rapidamente la discussione.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione la richiesta di rinvio in Commissione.



CARLETTO Mario

Chiedo la parola per una mozione d'ordine.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Poiché per il ritorno in Commissione è necessaria la maggioranza assoluta che in questo momento non c'è perché il Gruppo comunista ha dichiarato di non essere favorevole al rinvio in Commissione dei due provvedimenti, propongo un ordine del giorno di non passaggio agli articoli, che non richiede un tale tipo di maggioranza.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno per il non passaggio all'esame degli articoli del progetto di legge n. 257.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli, 11 contrari e 3 astensioni.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno per il non passaggio all'esame degli articoli del progetto di legge n. 121.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli, 11 contrari e 3 astensioni.


Argomento: Unita' locali dei servizi sociali ed assistenziali e dei servizi sanitari - Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame progetto di legge n. 468: "Indennità ai componenti degli organi delle UU.SS.SS.LL. e dell'assemblea dell'Associazione dei Comuni e modifica dell'art. 15 della L.R. n. 3 del 21/1/1980 e dell'art. 9 della L.R. n. 10 del 22/8/1983"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 468, di cui al punto 8) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Devecchi che ha quindi la parola.



DEVECCHI Armando, relatore

Signor Presidente, signori Consiglieri, la legge 27/12/1985, n. 816 "Aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali", pur applicandosi ai componenti delle assemblee delle Associazioni dei Comuni e delle Comunità montane per quanto ha attinenza alle aspettative ed ai permessi (artt. 1, 2 e 4), al rimborso delle spese di accesso e alle indennità di missione (art. 13), alla documentazione necessaria per ottenere i permessi (art. 16) nonché al rimborso o al pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi (artt. 2 e 22) e al rimborso dell'onere relativo alle assenze degli eletti, lavoratori dipendenti da datori di lavoro privato (art. 4), nulla dice relativamente alle indennità di carica e di presenza che possono essere corrisposte agli amministratori di tali enti e organismi.
Il disegno di legge originario prevedeva la disciplina delle indennità agli amministratori delle Comunità montane e delle UU.SS.SS.LL.; tale riferimento fu soppresso nel testo approvato dal Parlamento. Ciò ha creato gravi difficoltà interpretative in merito all'applicabilità delle norme agli amministratori delle UU.SS.SS.LL. lasciando alla competenza regionale la regolamentazione delle indennità da corrispondere agli stessi.
La Regione Piemonte, con apposita legge n. 3 del 21/1/1980 successivamente modificata ed integrata, ha disposto che al Presidente e ai componenti del Comitato di gestione delle UU.SS.SS.LL. venga corrisposta un'indennità di carica in misura non superiore a quella spettante al Sindaco e agli Assessori dei Comuni con popolazione pari a quella dell'ambito territoriale della USSL comunque nella misura corrispondente a quella spettante al Sindaco e agli Assessori dei Comuni con popolazione da 30.001 a 50.000 abitanti.
Ciò è quanto dettato dal secondo comma dell'art. 15 della L.R. n. 3/80 citata, articolo che risulta peraltro così modificato dalla L.R. 21/1/1982 n. 2 e dalla L.R. 23/2/1985 n. 14, leggi cioè anteriori a quella statale.
Inoltre, in attuazione dell'art. 13 della legge n. 181 del 26/4/1982 presso ogni USSL è stato istituito il Collegio dei Revisori dei conti organo della USSL medesima. La legge regionale di recepimento n. 10 del 22/8/1983 stabilisce all'art. 9 che ai membri del citato Collegio "si applicano le indennità di funzione previste per i membri del Comitato di gestione, nella misura del 60% al Presidente e del 50% ai componenti".
La situazione legislativa derivante dal complesso delle norme citate ha ingenerato nelle UU.SS.SS.LL. difficoltà interpretative e in alcuni casi applicazioni difformi.
Si ritiene pertanto necessario provvedere ad una riformulazione rispettivamente dell'art. 15 della L.R. n. 3/80 e dell'art. 9 della L.R. n.
10/83 al fine di determinare in maniera chiara ed inequivocabile le indennità spettanti ai membri dell'Associazione dei Comuni e delle Comunità montane, al Presidente e ai membri del Comitato di gestione delle UU.SS.SS.LL. nonché al Presidente e ai membri del Collegio dei Revisori dei conti.
Per quanto riguarda gli altri aspetti relativi ai rimborsi spesa e indennità di missione e alla individuazione dei casi in cui è prevista la possibilità di raddoppio delle citate indennità si richiama la legislazione statale vigente in materia.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Devecchi è aperta la discussione.
La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente, l'argomento trattato in questa legge è molto circoscritto, anche se darebbe l'occasione per una discussione che non abbiamo intenzione di fare per quanto riguarda la situazione in cui versano le UU.SS.SS.LL. Ci limitiamo invece ad esprimere il nostro atteggiamento che sarà di astensione su questa legge perché non prende in considerazione una figura, che ha un suo rilievo dal punto di vista della casella istituzionale nella quale noi lo collochiamo, che è quella del Presidente dell'Associazione dei Comuni. In altri termini, l'Associazione dei Comuni viene scarsamente valorizzata, quando invece il momento associativo intercomunale è molto importante per quanto riguarda la nostra realtà regionale. Non essendoci stato questo tipo di attenzione al Presidente dell'Associazione intercomunale, noi ci asteniamo sulla legge che andiamo a votare.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Emendamento presentato dal Consigliere Devecchi: dopo le parole "Comitato di gestione" aggiungere (settima riga) le parole "i limiti predetti vengono raddoppiati nei casi previsti dalla legislazione statale in materia".
La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Dichiaro che non partecipo alla votazione di questo emendamento.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 20 voti favorevoli e 8 astensioni (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 2 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 34 votanti 33 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 31 votanti 30 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Edilizia scolastica

Esame proposta di deliberazione n. 1227: "L.R. 21/3/1984, n. 18 Contributi per limitati interventi di edilizia scolastica Programma 1989"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare la proposta di deliberazione n. 1227, di cui al punto 9) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, provvedimenti di questo genere, se proposti al Consiglio regionale con la speranza di essere discussi ed approvati da tutti i Consiglieri regionali, dovrebbero avere un altro tipo di presentazione. La presentazione di questo provvedimento non è, a giudizio del Gruppo comunista, sufficiente per impegnarci ad approvarlo.
Questa critica viene quindi svolta ad un metodo di lavoro, di cui non è soggettivamente responsabile la conduzione politica dell'Assessore Nerviani (al quale però dobbiamo rivolgere oggi questa critica), in quanto ci risulta sia una prassi che è stata seguita, poco più, poco meno, in questi ultimi anni. Ciò nondimeno ritengo di svolgere alcune critiche, anche perché siamo a fine legislatura e può servire per i comportamenti futuri.
La ripartizione dei fondi è uno dei provvedimenti più delicati sia dal punto di vista amministrativo che da quello politico. E' più delicato dal punto di vista amministrativo, perché non è semplice individuare criteri oggettivi cui riferirsi nella suddivisione di somme che sono sempre di gran lunga inferiori alle richieste. Non è facile dal punto di vista politico perché un margine di discrezionalità esiste sempre.
Il tema non è semplice; il fatto che non sia semplice deve indurre non alla rinuncia della possibilità di ricercare un consenso ampio del Consiglio regionale, ma deve condurre a prendere le misure necessarie: una serie di informazioni che devono essere fornite ai Consiglieri regionali sulla base di un'analisi della situazione molto più ricca di quella che solitamente è stata fornita.
Occorre esplicitare in modo più preciso i criteri di erogazione di queste somme. I dati forniti dall'Assessorato sono insufficienti. Occorre fornire tutti gli elementi relativi all'importo delle opere sulle quali si chiede il contributo, all'esito di contributi analoghi concessi negli anni passati, al quadro dei contributi forniti per tutti i Comuni, per verificare se la distribuzione di queste risorse abbia effettivamente soddisfatto i criteri assunti in origine. Occorrerebbe fornire veri e propri tabulati che raccolgano la serie storica dei finanziamenti concessi.
Occorrerebbe anche, a consuntivo di un biennio o di un triennio, fare un vero e proprio rapporto consuntivo su quali Comuni hanno beneficiato dei contributi, per quale importo complessivo di opere, per quale percentuale di contributo rispetto agli importi complessivi delle opere. Occorrerebbe indicare quali sono i Comuni che hanno beneficiato di finanziamenti e poi non li hanno utilizzati.
Tutto questo non c'è. Allora diventa facile, signor Presidente, per un Consigliere di opposizione di fronte a queste proposte svolgere critiche severe. Non mi sembra nemmeno giusto, visto che si sta seguendo una prassi che non è mai stata molto criticata e contestata, la prima volta che si solleva la questione enfatizzare la critica. Tanto più verso un Assessore che gestisce la materia per la prima volta e a fine legislatura. Però mi sembra importante sottolineare questo problema per chi si troverà ad affrontarlo prossimamente. Bisogna cambiare metodo.
In Commissione ho fatto due soli rilievi all'Assessore. La serie dei contributi è, per il 90-95%, inferiore ai 40-45 milioni, ma poi ci sono due casi in cui si superano i 50 milioni. L'Assessore ha dato in parte risposte ed in parte no; non le chiedo neppure adesso. Quello che chiedo all'Assessore, visto che ancora per qualche mese gestirà questo settore, è di invitare gli uffici a fare una proposta di documentazione a corredo di questi provvedimenti che metta in grado l'opposizione anche di dare un giudizio, costringendola a muoversi da quella che potrebbe essere considerata una comoda posizione di agnosticismo, come quella che ancora questa volta terremo nei confronti di questo provvedimento.
Ritengo che questo potrebbe essere utile per governare questa materia non in balìa di meccanismi mal compresi, o delegati unicamente ad un'istruttoria tecnica, che sappiamo solo tecnica non è. Le scelte sono politiche con priorità, riferite ad una base tecnica, ma con margini di discrezionalità politica. Richiedo che l'Assessore proponga, prima della fine della legislatura, una discussione in Commissione sulla base di una proposta innovativa. Questa proposta sarà consegnata alla prossima Amministrazione regionale.
Per i motivi che ho esposto su questo provvedimento ci asteniamo.



SANTONI Fernando



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, al pari degli altri Commissari, in sede di Commissione ho avuto modo di intervenire e di chiarire l'atteggiamento politico nei confronti di questa deliberazione però così come ho fatto in quella sede devo pur dire che non mi pare si possa implicare in un giudizio negativo l'Assessore competente, il collega Nerviani, non tanto e non solo per lo scorcio di tempo dentro il quale egli amministra, detto fra virgolette, la "partita", ma per lo scrupolo che vi ha inteso porre nel cercare di trovare nell'ambito delle richieste una quadra che non si discostasse poi tanto da quanto è accaduto nel 1987 e nel 1988.
Tuttavia questo giudizio positivo verso lo scrupolo dell'Assessore non lo è altrettanto verso la politica che nella fattispecie si è gestita nel tempo da parte della Regione Piemonte, soprattutto perché quando si devono investire delle risorse piuttosto cospicue nel territorio si dovrebbe avere un quadro esatto delle necessità e, oltretutto, una politica di investimenti mirata.
Mi è stato opposto in Commissione che non è competenza specifica della Commissione stendere un programma o attendere all'esame di un programma: questo è vero, ma è anche vero che una politica di investimenti verso la scuola meriterebbe un programma di interventi, e un programma è tale quando c'è una casistica ben chiara e definita.
A domanda specifica, in sede di Commissione mi è stato risposto che si è tenuto conto della popolazione scolastica dei Comuni inferiori ai 10.000 abitanti, in funzione del fatto che a me era sembrato - come sembra ancora che ci siano delle differenze piuttosto pesanti fra la Provincia di Torino, la Provincia di Asti e la Provincia di Vercelli. Mi sembra che i contributi siano stati dati ancora una volta sulla base di parametri acquisiti nel 1987 e nel 1988. La mia obiezione è che si sarebbe potuto veramente creare un riferimento preciso se configurato attraverso i parametri dei Comuni che hanno fatto richiesta di intervento. Allora sì che noi, magari, avremmo potuto avere per la Provincia di Asti (lo dico per fare il caso) uno stanziamento pari a quello per la Provincia di Torino o viceversa.
Altra opposizione che si è voluta palesare in sede di Commissione è che nel territorio le scuole materne dovrebbero rientrare nell'ambito di un intervento programmato, giacché accade che tali strutture o sono quasi del tutto deserte o frequentate da pochissime unità. In un Comune di 200 abitanti - e qui nella fattispecie non ci sono riferimenti specifici per i Comuni di 200 abitanti - non solo non c'è una popolazione scolastica a quel livello di età, ma si prefigura addirittura che da qui a tre anni non ci saranno battesimi. Dico questo per significare che non ci saranno nascite per cui investire dei capitali nelle scuole materne senza che ciò rientri utilmente nell'ambito dell'attività di intervento del Comune nel territorio e per il territorio, mi pare possa essere considerato come un intervento di natura politico-amministrativa, non dico a pioggia, ma ad hoc, nel migliore dei casi, considerando cioè che la politica dell'Assessore non è del tutto da buttare a mare, cioè non è del tutto da disdegnare.
Queste motivazioni sono frutto di una comparazione attenta tra i dati del 1987 e quelli del 1988. Addirittura si rileva che in qualche raro caso ma esiste, per lo stesso Comune si è avuta una contribuzione sia nel 1987 che nel 1988, nel senso che l'opera è stata iniziata nel 1987, magari per iniziativa dell'Amministrazione comunale, e che nel tempo non è stata ultimata. Allora, se così fosse, l'intervento ultimativo da parte della Regione è giustificato, ma se così non fosse, esso non sarebbe giustificato.
Per queste ragioni potrebbe apparire che il Gruppo MSI-DN sia già pronto a dare un voto contrario. Invece no: noi ci asteniamo perch auspichiamo dalla politica di questo Assessore o di questo Assessorato, che nel tempo a venire - ancor quando si tratti di una scadenza elettorale imminente (quella che ci sta davanti) - di fronte a questi problemi di investimento per le strutture scolastiche ci sia davvero una politica di programmazione concreta, credibile, che si basi su coefficienti parametrati nella realtà di chi ha veramente bisogno e, pertanto, vero titolo ad ottenere il contributo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani per la replica.



NERVIANI Enrico, Assessore all'istruzione

Sono grato per i contributi che sono stati civilmente ed amichevolmente offerti dai colleghi Consiglieri che sono intervenuti e particolarmente dai colleghi dell'opposizione.
Debbo rilevare che le osservazioni fatte, respingendo tentazioni di difendere ad ogni costo il nostro operato, hanno consistente fondamento.
Per quanto riguarda le osservazioni ultime del Consigliere Masaracchio in ordine alla ripartizione per provincia, posso dire che è uno dei criteri che si potevano usare. Probabilmente affrontando il tema da un altro punto di vista saremmo arrivati a soluzioni diverse.
Non ho capito l'osservazione per quanto attiene le scuole materne che sono comunque comprese nel nostro intervento (ma anche questa annoto).
Più complessa è la risposta che debbo dare in ordine alla programmazione. Abbiamo fatto per lunghi anni (sia questa Giunta che quelle precedenti) una politica di programmazione oculata sui grandi interventi di iniziativa edilizia e l'abbiamo fatta in applicazione della legge n. 390 con un filtro piuttosto rigoroso. Più difficile è una programmazione che si costruisce su importi modesti e su realtà così diffuse sul territorio che presentano esigenze molte volte specifiche, particolari, di emergenza delle quali - non ho vergogna a dirlo - ne sono a conoscenza assai meglio i nostri collaboratori che non quanto ne siamo noi. Certe volte ci sono, al di là di tutti gli schemi, delle situazioni locali di emergenza tali che ci impongono, in termini di giustizia effettiva, degli interventi che apparentemente sembrano delle forzature.
Ho la coscienza tranquilla in ordine alle decisioni assunte in materia se non altro per il distacco con cui ho guardato alla cosa. Certamente nessuno potrà vedere la mano pesante dell'interesse politico di parte o dell'interesse personale di zona: i criteri sono quelli della suddivisione per provincia. All'interno della provincia i criteri sono quelli che sono stati dettati dal CROP, a cui noi abbiamo affidato in via preliminare l'esame della situazione.
Ciò nondimeno, credo che quanto detto dai Consiglieri Masaracchio e Chiezzi vada considerato. La materia, che oggi è articolata in tre parti e ha prodotto tre deliberazioni, deve essere unificata, cioè la legislazione che si riferisce ad interventi urgenti e di modesta entità deve essere unificata. E' un impegno che do a me stesso, ma che lascio a chi verrà dopo di me nella gestione della prossima legislatura. L'unificazione comunque mi sembra assolutamente indispensabile.
E' altresì indispensabile la discussione sui criteri fissati dal CROP che non è il nostro organo superiore, noi non siamo subordinati, il CROP formula delle proposte, è organismo tecnico. Già nel 1984 nella discussione della legge n. 18 mi opposi alla sostanziale dipendenza da organismi esterni, però il CROP è organismo di possibile seria consultazione.
Con il CROP e attraverso un esame in Consiglio regionale è opportuno definire dei criteri che non devono servire solo per l'edilizia scolastica ma per tutti i settori di intervento dei lavori pubblici.
Non voglio imbracare la Giunta in discussioni molteplici del tipo di quella che la non generosità dei Consiglieri avrebbe potuto attivare in questa sede oggi, ma il Consiglio deve definire i criteri di massima.
Aggiungo che la Giunta, qualunque essa sia, deve assumersi la responsabilità di decidere senza sentire, per le scelte specifiche, n Consiglio né Commissioni, consentendo tuttavia agli stessi l'analisi puntuale e tempestiva delle scelte che sono state operate perché ci sia l'opposizione politica al lavoro che è stato compiuto.
A questo riguardo, ricordo che su richiesta del Consigliere Chiezzi e di altri colleghi della Commissione abbiamo cercato di fornire la documentazione possibile in questo momento. Vorremmo offrirla in termini più completi e gli uffici stanno lavorando per assicurare un prodotto migliore.
Ritengo che l'importo di 3 miliardi su 150 complessivi metta in condizione di seria difficoltà, pertanto abbiamo cercato di operare con qualche paletto di riferimento sapendo che qualche sbandata era possibile.
Sarebbe comunque stata una sbandata involontaria di cui non avevamo responsabilità se non quella oggettiva che discende dalla posizione che occupiamo.
Ringrazio i colleghi per le critiche e i suggerimenti che verranno tenuti in seria considerazione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione testé discussa il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 25 voti favorevoli e 10 astensioni.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.


Argomento: Programmazione sportiva (impianti e attivita") - Edilizia scolastica

Esame proposta di deliberazione n. 1231: "Sussidi e contributi per la costruzione e l'adattamento di impianti sportivi scolastici. Comuni vari"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1231, di cui al punto 10) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 27 voti favorevoli e 10 astensioni.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.


Argomento: Edilizia scolastica

Esame proposta di deliberazione n. 1232: "L.R. 21/3/1984, n. 18 Legge 5/8/1975, n. 412, art. 8 - Opere urgenti di edilizia scolastica"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1232, di cui al punto 11) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 25 voti favorevoli e 12 astensioni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Esame progetto di legge n. 513: "Disciplina dell'applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 513, di cui al punto 12) all'o.d.g.
Il relatore Consigliere Mercurio dà per letta la relazione.
Non essendovi richieste di parola passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Norme generali sui trasporti

Esame progetto di legge n. 472: "Interventi per la promozione della bicicletta come mezzo di trasporto, attraverso la realizzazione di una rete di piste ciclabili e di percorsi che agevolino il traffico ciclistico" (rinvio)


PRESIDENTE

Per quanto riguarda il punto 13) all'o.d.g. i Capigruppo hanno concordato di rinviarne l'esame a domani.
Dovremmo passare ora all'esame del progetto di legge n. 472, di cui al punto 14) all'o.d.g., ma non essendovi ancora il parere della I Commissione non è possibile procedere.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, il parere della I Commissione non c'è, ma io mi chiedo fino a quando. Si era inteso che il parere della I Commissione venisse espresso su proposta precisa della Giunta in ordine agli impegni finanziari. Chiedo in primo luogo se la Giunta intende fare questa proposta; in secondo luogo, propongo di discutere la legge secondo le forme regolamentari possibili.
Mi sembra strano che si effettui una sorta di silenzioso rimando, non voglio chiamarlo boicottaggio, nei confronti di questa legge. Se ci sono dei dubbi vengano in luce, non c'è nulla di male a non essere d'accordo su una legge, ma la II Commissione, che l'ha esaminata nel merito, l'ha approvata e licenziata all'unanimità dei presenti; la sostanza del provvedimento dovrebbe vedere il Consiglio concorde. Spero che non sarà sulle cifre che si ferma un'iniziativa di questo genere. Sollecito anche lei, signor Presidente, a chiarire la situazione e a sciogliere questo dubbio. Come proponenti noi siamo in grado di discuterla anche subito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

In qualità di Presidente della I Commissione ritengo di dovere all'aula una risposta circa la mancata espressione del parere da parte della stessa Commissione. Già una decina di giorni fa la I Commissione prese in esame il provvedimento che prevede un impegno di spesa non sul bilancio 1989, ma su quello 1990, almeno nel testo che è pervenuto alla Commissione. Prevedendo un impegno di spesa su un bilancio non ancora presentato dalla Giunta, la Commissione ha ritenuto doveroso investire la Giunta del problema per avere l'espressione di volontà della Giunta stessa ad inserire tale stanziamento nel bilancio 1990. Infatti la Commissione non avrebbe potuto approvare un articolo finanziario che impegna una somma su un bilancio non ancora presentato dalla Giunta e votato dal Consiglio senza prima avere da parte della Giunta l'espressione di volontà di inserire quel particolare stanziamento nel bilancio 1990. Quindi ci è sembrato non solo opportuno, ma doveroso ed obbligatorio investire la Giunta del problema onde sapere se l'Assessore competente e la Giunta intera intendevano approvare quel particolare stanziamento e che quindi lo avrebbero inserito nella legge di bilancio per l'anno venturo alla voce corrispondente.
Il Presidente della Giunta mi ha comunicato che entro brevissimo termine la Giunta farà conoscere alla I Commissione l'orientamento per quanto riguarda quel particolare stanziamento e quindi ritengo di poter rispondere al collega Chiezzi e all'aula intera che il parere sarà espresso alla prima riunione della Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, prendiamo atto che finalmente questa questione si sblocca, quindi la nostra richiesta può essere quella di iscriverlo all'o.d.g. della prossima seduta del Consiglio.
Però, un po' per pignoleria e un po' per rigore ritorno su questa questione, perché non possiamo riproporre dei casi di questa natura. In sede di II Commissione i Commissari hanno lavorato, si sono confrontati con la Giunta perché è un'iniziativa dei Gruppi, si è chiusa la discussione, si sono raccolte le osservazioni, si è licenziata la legge che pertanto è stata iscritta all'o.d.g. del Consiglio. Si è quindi seguito l'iter obbligatorio stabilito dal nostro Regolamento. La Giunta si è impegnata a sciogliere la riserva finanziaria anche solo simbolica per l'inizio di questa legge, che è ovvio che andrà finanziata nella sua parte più congrua con il bilancio del 1990. La Giunta in Commissione si è espressa dicendo che, probabilmente, presenterà degli emendamenti; insomma continuiamo a fare il gioco delle tre carte, ma oggi, per bocca del Presidente della I Commissione, pare che questo gioco non si faccia.
Io ho voluto tornare sul problema perché le Commissioni quando lavorano, si muovono, operano, vanno a chiudere una qualsiasi legge, non devono poi trovarsi nella condizione di aspettare un impegno che era stato promesso, un parere che non viene e che non può essere sbloccato perché non si assolve a quell'impegno, e alla fine si fa un po' la figura dei burattini, Presidente.
Noi prendiamo atto che la Giunta risponderà, che la I Commissione darà il parere e quindi chiediamo l'iscrizione all'o.d.g. della prossima seduta consiliare e la discussione di questa proposta di legge. Ognuno poi si rapporterà in base alle posizioni politiche che di fronte a questa legge vorrà assumere.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Dichiaro pregiudizialmente che non ci sono riserve mentali né politiche né di altro genere, se non quelle amministrative su questi percorsi che stiamo tentando di risolvere al chiudersi della legislatura, con un bagaglio di leggi all'esame delle Commissioni, e altre che ancora non sono all'esame ma sono nell'aria, che complessivamente cercheranno di catturare una dimensione finanziaria, verso la quale la Giunta ha delle perplessità non sulla sostanza o sul contenuto dei provvedimenti, ma sulla possibilità fisica di reperire delle risorse.
Sono in concomitanza sul percorso di arrivo: la legge sulle piste ciclabili, la legge sui nomadi, per la quale la Commissione indica l'esigenza di utilizzare una somma attorno ai 200 milioni, c'è la legge sull'informazione, che avrà un carico estremamente tenue forse verso la fine di quest'anno, ma certamente avrà degli impegni di spesa non da poco per l'anno successivo. Abbiamo tentato di recuperare, in una corsa totale nelle riunioni di Giunta ultimamente, un intervento per tentare di dare fiato e respiro ad una Comunità della Val Chiusella, ed altre iniziative ancora.
La Giunta ha questa preoccupazione; noi non conosciamo i dati che possono essere utili per supportare e definire il bilancio 1990. Né a livello governativo, la Finanziaria, della quale pur conosciamo indirizzi ed intenzioni, ha avuto un riscontro definitivo attraverso un voto del Parlamento.
Allora siamo preoccupati di una cosa: di capire che cosa dovremo reperire in termini di risorse o, per altri aspetti, che cosa dobbiamo inventare in termini di risorse da qui alla fine della legislatura, per tentare con pari dignità, che riconosciamo ai proponenti sia del Consiglio che della Giunta, di far fronte alle cose essenziali. Chi governa ha questo titolo di preoccupazione, lo deve conservare e fare proprio e, semmai proporlo alla riflessione dell'aula, per cui noi non essendo contro questa iniziativa stiamo cercando di capire entro quali spazi economici si potranno risolvere definitivamente, da qui alla fine dell'anno e alla fine della legislatura, gli interventi finanziari della Regione. Tra l'altro gli stessi Gruppi di opposizione talvolta hanno sottolineato l'esigenza di avere un quadro complessivo della manovra economica della Regione.
Mi auguro che con la prossima riunione di Giunta possiamo essere in grado di sciogliere la riserva; se i proponenti o tutti i Gruppi vorranno portare in aula ugualmente il problema, la Giunta non potrà evidentemente opporsi, dirà solo se è in grado o meno di dare supporto finanziario a questa iniziativa, rimanifestando qui la volontà nostra di poterla finanziare.



PRESIDENTE

Il Presidente Beltrami ha assunto un impegno molto preciso in questa direzione. Pertanto il progetto di legge n. 472 verrà iscritto all'o.d.g.
nel momento in cui sarà definitivamente risolta la questione finanziaria.


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 1212: "L.R. 4/6/1975, n. 43, art. 2 Modificazione al Piano regionale dei parchi e delle Riserve naturali Comuni di Chivasso, San Sebastiano Po e Verolengo"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 15) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 1212.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento era già stato posto all'o.d.g. la scorsa seduta. Erano state sollevate eccezioni circa il fatto che non erano stati consultati tutti i soggetti che potevano essere interessati dalle modifiche che la Giunta, attraverso una sua deliberazione, proponeva.
Purtroppo non ho avuto la possibilità di essere presente alle consultazioni, ma mi è stato riferito che la deliberazione recupera questa esigenza: la consultazione è stata effettuata e c'è stata una riconferma della Commissione per portare questi divieti transitori che, essendo previsti dalla legge n. 43, impedirebbero modifiche, insediamenti costruzioni di strade, che sono invece richieste dai Comuni di Chivasso San Sebastiano Po e Verolengo. Siccome i progetti sono stati esaminati con particolare interesse e con molta attenzione da parte dei Consiglieri della Commissione competente, riterrei di riproporre al Consiglio, a nome della Giunta, questa deliberazione predisponendoci ad un voto favorevole tenendo conto che tutte le norme di legge sono state osservate.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, intervengo perché vorrei conoscere come si sono svolte le consultazioni e che esito hanno avuto. La scorsa volta era stato sollevato il problema che la legge prevede di acquisire i pareri attraverso consultazioni delle Associazioni ambientaliste e venatorie (questo scrive la legge n. 43). Volevo sapere quali soggetti erano stati consultati e cosa avevano detto.



PRESIDENTE

L'argomento era di competenza della VII Commissione.
Ha pertanto la parola il Consigliere Bara, Presidente della VII Commissione.



BARA Giuseppe

Signor Presidente, volevo soltanto dire che la legge non prevede alcuna consultazione quando si tratta di stralciare alcune parti.



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



BARA Giuseppe

Non c'è alcuna norma che prevede le consultazioni! Visto però che voi avete detto in aula che avreste fatto ricorso al Commissario del Governo io ho chiesto che la legge ritornasse in Commissione per consultazioni.
Allora abbiamo di nuovo consultato il Comune di Chivasso, il Comune di San Sebastiano Po, il Comune di Verolengo, le Associazioni agricole regionali le Associazioni industriali regionali, le Associazioni artigiane regionali le Associazioni ambientaliste regionali. Quindi la consultazione è stata svolta! Informo inoltre il Consiglio che il Comune di Chivasso ha già iniziato i lavori per la strada, ma ha dovuto fermarli: non possono costruire la strada già finanziata perché manca questo pezzo! Il Consiglio si regoli di conseguenza ed assuma le proprie responsabilità.



PRESIDENTE

La risposta alla domanda posta pregiudizialmente dal Consigliere Chiezzi è stata data dal Presidente della VII Commissione, Consigliere Bara: le consultazioni sono state fatte.



CHIEZZI Giuseppe

Quali Associazioni ha consultato?



PRESIDENTE

L'ha detto il collega Bara!



(Commenti dai banchi comunisti)



BARA Giuseppe

L'ho già detto: Associazioni ambientaliste, artigiane, agricole e i Comuni interessati!



PRESIDENTE

Si può desumere che sono state consultate tutte le Associazioni ambientaliste della Regione Piemonte, tutte le Associazioni artigiane tutte le Associazioni agricole.



(Interruzioni del Consigliere Chiezzi)



BARA Giuseppe

Le Associazioni che sono state consultate sono: Pro Natura, WWF, Lega Ambiente, Italia Nostra. Le abbiamo consultate tutte! Ci sono due memorie scritte che il Consigliere può farsi carico di leggere.
Presidente, il collega vuole sapere quali sono contrari: gli ambientalisti sono contrari e i Comuni sono favorevoli.



PRESIDENTE

Questo era scontato.



(Scambio di apostrofi tra il Consigliere Bara ed alcuni Consiglieri comunisti)



BRESSO Mercedes

Finita la manfrina di chi cerca voti, possiamo parlare.



BARA Giuseppe

Signor Presidente, chiedo che chiarisca cosa vuol dire chi cerca voti!



PRESIDENTE

Collega, la prego.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bresso. Ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, non si capisce perché, ogni volta, su una questione che riguarda un parco o comunque la tutela dell'ambiente, il Presidente della VII Commissione, che di queste cose si occupa, considera un insulto che qualcuno si preoccupi della tutela dell'ambiente e quindi ritiene che la tutela dell'ambiente interessi solo per ragioni elettorali che, come sappiamo tutti, non è una grande realtà, perché molto spesso cose di questo genere producono, caso mai, tensioni a livello locale. Comunque, faccio notare che qui chi ha detto: "cercate voti" sei tu, collega Bara, e non eravamo noi. Allora, restituisco semplicemente quello che è stato inviato nel nostro campo e lo rimando indietro. Mi pare che chi cerca voti è chi ritiene che con le strade si ottengono i voti, poi ognuno cerca i voti presso gli elettori che ritiene congeniali. C'è chi li cerca presso gli ambientalisti e c'è chi li cerca presso coloro che vogliono le strade.
Detto questo, signor Presidente e colleghi Consiglieri, la questione è più seria di come sta sembrando ridicola in questa impostazione. Non c'è dubbio che i Comuni di Chivasso, Verolengo e San Sebastiano Po, che hanno un problema reale di attraversamento del loro territorio da parte di migliaia di TIR che, peraltro per ragioni trasportistiche che non sono molto chiare, attraversano questi territori. La questione caso mai che non si riesce in nessun modo a dibattere è un problema istituzionale. Noi siamo di fronte, sempre di più, a contestazioni che arrivano alle diverse sedi decisionali e istruttorie della Regione, contestazioni su questioni anche molto rilevanti, per le quali non abbiamo una modalità di istruzione che ci consenta di capire l'insieme del problema. Richiamo questo aspetto perch sto meditando, anche se siamo pieni di cose da discutere di qui alla scadenza elettorale, di richiamare in aula la nostra legge sulla valutazione di impatto ambientale perché siamo - l'Assessore Vetrino lo ha già detto varie volte - senza uno strumento che consenta di rispondere in maniera coerente e coordinata alle domande che vengono da istanze diverse su problemi che hanno valenza complessa. La questione è che il Parco del Po viene smangiucchiato e sbriciolato ogni giorno. Ogni volta che ci riuniamo c'è una proposta di modifica: può darsi che dipenda dal fatto che i confini erano mal posti, ma non è questa la realtà, è che c'è una serie di esigenze di fare delle cose per le ragioni più varie, poi c'è l'esigenza della tutela, esigenza che spesso entra in conflitto anche perché non c'è un luogo in cui si possa capire come la progettazione delle opere a forte impatto sull'ambiente possa essere resa compatibile con l'ambiente e verificata. Lo so che c'è chi ritiene che qualunque progettista fa il meglio e che quindi problemi per l'ambiente non ce ne sono, ma questa non è la realtà del nostro territorio; chiunque osservi cosa succede sul territorio piemontese ed italiano in genere sa che non è vero che la progettazione è fatta nelle migliori condizioni possibili per l'ambiente.
Se andate a leggere quello che si andrà ad esaminare la prossima seduta perché è già all'o.d.g. della VII Commissione, che riguarda la questione dei collegamenti del ponte di San Mauro, vedrete anche che emergono grossi problemi di comprensione del fatto se quella sia, dal punto di vista della soluzione trasportistica, della soluzione ambientale, una soluzione di buon compromesso che riduca cioè l'impatto sull'ambiente. Questo tipo di istruttoria non c'è e quindi che cosa fa l'Assessore? Prende la richiesta dei Comuni e chiede di fare al funzionario la rettifica del Piano dei parchi, punto e basta! A me sembra che questa sia una procedura che non si può più accettare ed è per questo che richiameremo in aula la legge sulla valutazione di impatto ambientale e vi chiederemo di prendervi su questo aspetto le vostre responsabilità, visto che c'è anche un disegno di legge della Giunta, la quale però apparentemente non intende spingere su questo aspetto.
Mi risulta che la Regione Lombardia stia facendo questo, cioè stia dotandosi velocemente, anche contro l'opinione del Ministero che vorrebbe passare prima con la legge nazionale che però ha tempi lunghi, di uno strumento istruttorio di questi aspetti sui quali non riusciamo avere un'opinione. L'Assessore non ci ha giustificato la deliberazione dicendo: "Abbiamo fatto un'istruttoria che dimostra che questa è la soluzione migliore che complessivamente risolve la questione dei camion che passano dentro Chivasso - però minimizza l'impatto sull'ambiente - e verificato tutto non si può che passare di lì". Questa cosa non emerge da nessuno, ci dobbiamo fidare di chi ha fatto il progetto per il Comune di Chivasso Verolengo e San Sebastiano Po, i quali certamente l'hanno fatto con le migliori intenzioni del mondo, ma siamo di fronte a domande anche di tutela ambientale che mettono in discussione proprio questi aspetti. Peraltro, ho un minimo di istruttoria mia, ma non pretendo che le ragioni e i dubbi che ho io siano i più giusti, il problema è che non ho nessun luogo in cui li posso verificare con serietà. Allora, un po' di istruttoria l'ho fatta.
Mi risulta che una delle obiezioni fatte dalla Lega Ambiente (che è l'unica Associazione di cui ho le obiezioni perché non sono riuscita a vedere quelle delle altre Associazioni) dice che, a loro avviso - e avrei voluto che qualcuno mi dicesse se questo "a loro avviso" è una stupidaggine o meno la liberalizzazione del tratto di autostrada Torino-Milano che va fino a Chivasso, cioè il non far pagare per quella tratta il biglietto potrebbe risolvere da sola la questione, perché la ragione di questo passaggio dei TIR in Chivasso è una ragione di riduzione del costo dei percorsi, cosa che sta succedendo in tutta Italia. Ovunque abbiamo le autostrade che sono disaffezionate dai TIR perché costa troppo andare sulle autostrade. Allora, non è che noi possiamo fare delle "camionali" perché i TIR possano andare in quel tratto. I problemi mi sembra che finiscano per essere affrontati in queste maniere strane. Non è detto che la soluzione che è legittima e comprensibile, per un Comune sia la migliore: un organismo di ordine superiore come è la Regione dovrebbe discutere queste cose, ma non si riesce, cioè non si sa dove, come e chi le istruisce.
All'Assessore chiedo di dirmi se non esiste nessuna possibilità che queste cose siano da qualcuno e da qualche parte istruite. Per carità capisco benissimo i cittadini che abitano a Chivasso, a Verolengo e a San Sebastiano Po, non voglio che siano "gasati" tutti i giorni da migliaia di TIR. ma non so neanche se devo assolutamente sempre accettare l'unica soluzione che è quella di chi ha fatto il progetto e che ha affrontato la questione dal solo punto di vista del problema di quei Comuni, e non da un punto di vista più generale che comprende la pianificazione degli usi del territorio e la tutela dell'ambiente, in particolare, in questo caso, di quel pezzo martoriato del Piano del Parco del Po.
Personalmente su questo aspetto mi asterrò perché non voglio infierire contro gli abitanti di questi Comuni, però credo davvero che questo modo di istruire le pratiche e di preoccuparci della tutela dell'ambiente sia perverso perché non può che produrre un aumento continuo dei costi economici, i quali costi servono a distruggere l'ambiente. Questa è la realtà del nostro Paese ovunque! Non si fa altro che costruire nuove strade per sopperire alla mancanza di politiche di pianificazione che potrebbero spesso evitarle, e di questi casi ne discutiamo diversi alla settimana.
Vorrei pertanto che ci fosse un impegno da parte della Giunta a trovare un luogo di soluzione dei conflitti ambientali che rispetti la volontà della Comunità europea che su questi aspetti ha previsto uno strumento di cui sono largamente scaduti i termini di applicazione. Non è certo il DPCM attuale l'applicazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale che tutti continuano a chiedere (lo chiedono per le discariche per le strade, per le circonvallazioni) e su cui si continua a negare non solo la legge, ma anche degli strumenti per il momento sostitutivi e partecipativi che consentano di affrontare le questioni nella loro globalità e non a spizzichi e bocconi che non produce altro che dissesto del territorio.
Penso che qualcuno di noi può darsi che voglia anche votare contro e lo farà, io invece mi asterrò proprio perché ritengo di non essere messa in grado come Consigliere di prendere una decisione serena che tenga conto di tutte le questioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, prima di tutto vorrei porre un problema istituzionale. Mi spiego. Sono varie volte che il Consigliere Bara interviene in aula in qualità di Presidente di Commissione e vorrei ricordare che essere Presidente di Commissione significa ricoprire un ruolo istituzionale, un ruolo al di sopra delle parti, un ruolo di garante dei diritti dei Consiglieri di tutte le parti politiche, invece il Consigliere Bara interviene con atteggiamento arrogante, fazioso e palesemente intollerante verso gli argomenti posti dall'opposizione! Pongo un problema istituzionale. Io non faccio parte della VII Commissione, ma non è detto che non chieda di iscrivermi. Non sto scherzando e non intendo far divertire l'assemblea, sto ponendo una questione seria di rapporti corretti tra Consiglieri e chi in quest'aula ricopre ruoli istituzionali. Se fossi iscritto alla VII Commissione adotterei l'atteggiamento più radicale nei confronti della Presidenza della Commissione stessa, compresa la decisione di non partecipare più alle sue riunioni.
Signor Presidente, la prego di affrontare questo problema perché è compito suo garantire che tutti coloro che ricoprono ruoli istituzionali lo facciano con correttezza e nel rispetto di tutti i Consiglieri! Venendo al merito della deliberazione, non è più accettabile che a cinque anni da quando l'area del Parco del Po è stata inserita nel Piano dei parchi si continui ad andare avanti con stralci in assenza di una legge. A me basterebbe questo motivo per non votare la deliberazione.
Riconosco che Chivasso ha un problema drammatico di attraversamento di veicoli pesanti con un inquinamento non più sopportabile. Sono in possesso del parere espresso dalla Lega Ambiente e vorrei, prima che la deliberazione sia posta in votazione, che qualcuno si esprimesse sulla validità o meno di queste argomentazioni. La Lega Ambiente sostiene che la tangenziale sud, in funzione della quale si propone lo stralcio, dovrebbe servire ad evitare che il traffico veicolare diretto ad Asti-Casale attraversi la città di Chivasso e che tale risultato lo si può ottenere anche senza costruire la tangenziale sud, facendo cioè passare il traffico diretto ad Asti-Casale attraverso le tangenziali est ed ovest e la liberalizzazione di un tratto dell'autostrada Torino-Milano. Si allungherebbe il percorso di alcuni chilometri, ma il risultato sarebbe lo stesso.
Siamo in una situazione in cui da tutte le parti vengono denunciati i guasti della continua e crescente cementificazione del territorio. Sono d'accordo con tali affermazioni anche perché la Lega Ambiente afferma che a Chivasso l'unica area verde in cui potenzialmente potrebbero essere realizzate piste ciclabili, percorsi ginnici ed aree attrezzate verdi è proprio la zona sud dove si intenderebbe costruire la tangenziale.
Chiedo che prima di porre in votazione la deliberazione la Giunta argomenti se la tesi sostenuta dalla Lega Ambiente è valida onde permettere al Consiglio di decidere con cognizione di causa. Sentite le argomentazioni della Giunta mi riservo di decidere come votare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, alcuni Consiglieri del Gruppo comunista, in mancanza di argomenti per difendere tesi politiche che sono proprie delle posizioni del proprio Gruppo, tendono a personalizzare questo tipo di riferimento alle opinioni espresse in un modo del tutto antipatico. E' successo in una dichiarazione della collega Bresso domenica scorsa, quasi che le posizioni del Presidente e del Vicepresidente della VII Commissione fossero determinanti rispetto alle posizioni che i singoli Gruppi possono assumere su problematiche peraltro molto delicate quali la politica dei parchi.
Quindi prego i Consiglieri comunisti di dismettere questo atteggiamento perché oltre che indisporre non contribuisce in alcun modo a far chiarezza sulle posizioni nel merito dei problemi che andiamo a discutere.
Seconda osservazione. La deliberazione che stiamo discutendo dà per scontato un atteggiamento della Giunta che non può presumersi, come superficialmente qui viene detto, non abbia un entroterra di verifica a livello interdisciplinare o perlomeno interassessorile. I funzionari dell'Assessore Vetrino, non credo debba essere io a dirlo, si sono preoccupati di verificare che gli atti della Regione in termini di pianificazione territoriale per assentire alla realizzazione di questa infrastruttura fossero conseguenti. Quindi se vogliamo ogni volta ritornare su argomenti di questo tipo, quando purtroppo dobbiamo collocare il provvedimento in termini autorizzativi rispetto ad un istituto che è quello della deliberazione del 1985 che delineava il programma dei parchi, è un alterare totalmente la sostanza dei problemi. Qui stiamo semplicemente superando un impasse di tipo formale rispetto ad un aspetto sostanziale che comunque è in atto con una serie di provvedimenti che sono già stati licenziati ed autorizzati a vari livelli, dall'Amministrazione regionale oltre che da altre Amministrazioni. Non riesco a capire perché non si faccia lo sforzo di fare delle proposte, mi rivolgo in particolare alla collega Bresso che ha un'attitudine particolare ad affrontare i problemi dell'impatto ambientale. Dovendo realizzare questa infrastruttura, supposto non eludibile questo problema in quanto non ci sono alternative perché ci che dicono in sintesi gli ambientalisti non corrisponde al vero, cioè né la tangenziale est né la tangenziale ovest, supposto che ci fossero, sarebbero in grado di sopperire al grave problema che qui è stato ricordato di qualità della vita e di qualità ambientale; nemmeno la liberalizzazione dell'autostrada, quando si attuerà, sopperirà comunque al problema di by passare rispetto al centro per raggiungere la statale Oltre Po che comporterebbe comunque, quando si realizzeranno le altre infrastrutture, la realizzazione di un altro ponte, ponendo quindi problemi analoghi a questo.
Si dica, per favore, invece che dovendo comunque realizzare questa infrastruttura peraltro assentita nel Piano regolatore, quindi congruente a tutti i livelli di previsione urbanistica, l'impatto ambientale o la qualità della vita la possiamo risolvere eliminando o attenuando l'impatto sul territorio e rispetto alla natura circostante e rispetto agli insediamenti, perché qui siamo abbastanza vicini agli insediamenti, ma non in modo così drammatico come pare denunciato dagli ambientalisti, in modo che si possa sopperire a questa esigenza.
Chiedo che ci siano dei giudizi di merito che entrino nei problemi alla giusta collocazione. Qui non siamo a decidere se questa strada si debba o non si debba fare, questo è già stato tutto deciso, tant'è vero che si sta realizzando.
La terza considerazione è in ordine al problema più generale che attiene alle politiche future in merito a questo provvedimento. Se dovessimo trovarci in futuro sempre di fronte a questi dilemmi, se cioè la realizzazione di ogni infrastruttura debba essere intesa come una contraddizione palese rispetto alla politica di tutela dell'ambiente e della qualità della vita, penso che non dovremmo decidere più nulla perch ci troveremmo comunque, in qualsiasi circostanza, in condizioni peggiori di quelle nelle quali ci troviamo in occasione di una deliberazione di questo tipo. Anche su questo sarebbe opportuno che il Consiglio regionale del Piemonte assumesse quella maturità che gli deriva da un'esperienza di decisioni e di scelte che sono state compiute, rispetto alle quali non sono questi provvedimenti che mettono in crisi le scelte fatte e le politiche che si vogliono affrontare in futuro, sono le soluzioni progettuali che in positivo dovremmo dare al parco fluviale, soluzioni sulle quali si è aperto il confronto in VII Commissione e in altre sedi.
Non bisogna pensare che ci sia una stanza dei bottoni e un ambito di specialisti, ma tutto il Consiglio dovrebbe essere investito e a tal fine sarebbe opportuno che potessimo avere modo, a seguito anche del rinvio in Commissione delle leggi che sono giacenti, di avere un confronto finale su questi problemi. Ho l'impressione, Assessore Vetrino, che il rinvio in Commissione sia stato un modo elegante per risolvere un problema procedurale che doveva essere riportato in quel filone. I problemi politici che stanno di fronte alle scelte che dobbiamo compiere, di qui alla fine della legislatura, devono investire tutto il Consiglio. Forse varrebbe la spesa di dedicare ancora un confronto, quando le condizioni saranno mature rispetto al quale non dovremo ripetere discorsi già fatti o riperpetuare polemiche sterili nel merito di provvedimenti che probabilmente verranno ancora sottoposti all'esame del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Devo dichiarare la mia insoddisfazione anche in merito alle esperienze che vado acquisendo nella VII Commissione, cioè mi sento frustrato quando vedo che problemi di rilevante importanza vengono tradotti per colpa di tutti o di nessuno in termini di ludibrio consiliare. Non so di chi possa essere la responsabilità, ma certo è che i problemi della VII Commissione al pari di quelli delle altre, sono tanto importanti che meriterebbero un modo diverso di essere presentati e rappresentati in Consiglio, onde evitare che si possano occasionalmente inscenare speculazioni e strumentalizzazioni. Infatti è proprio vero che nessuno vuole dire no a questa opera che comunque va ad essere realizzata. Con motivazioni diverse, attraverso ciò che accade in Consiglio, abbiamo sentito anche da parte di coloro i quali si professano a spada tratta ambientalisti, che in ogni caso, per una motivazione o per un'altra, magari sono disposti ad astenersi di fronte al problema. Questo vuol dire che la questione pu essere estrapolata dal contesto generale che è di natura culturale e politica, dal problema dell'ecologia e della difesa del suolo e del territorio. D'altro canto non può essere che tutte le attività dell'uomo inteso nel senso più lato della parola, siano fermate proprio perché c'è da salvaguardare un pezzo di territorio che è incluso in un progetto di parco.
Chivasso, per chi ha la ventura di dover attraversare quella città, è guastata proprio dai mezzi che l'attraversano; quindi è un problema ecologico quello di voler realizzare una bretella che faccia defluire tutto il traffico, almeno quello che è possibile, verso l'esterno della stessa città.
Problematiche trasversali hanno impegnato anche il Consiglio comunale di Chivasso, infatti in quella sede c'è stata maretta proprio quando si doveva stabilire se andare avanti nella costruzione di detta bretella o no.
I pareri sono stati diversi anche nell'ambito degli stessi Partiti di opposizione. Io dico francamente che il rappresentante del MSI-DN nel Comune di Chivasso è stato determinante quando si è dovuto decidere se realizzare o no questa opera. Quindi, al di là di tutti i problemi che sono riconosciuti credibili per quanto riguarda la difesa del suolo e di determinate zone del territorio della provincia di Torino, affermo che il Comune di Chivasso non può fare a meno di questa arteria. Altri collegamenti potrebbero essere realizzati e forse, nel tempo, quando sarà aumentata la potenzialità dello sviluppo delle attività economiche - perch questa è una escalation continua - magari dovremo, per Chivasso e per altri Comuni della fascia circostante la città di Torino, trovare altre soluzioni in aggiunta a quelle in questo momento messe in campo e realizzate. Allora mi chiedo se a quel tempo non sarà stato opportuno che tutta la politica della salvaguardia della salute dell'uomo non la si sia affrontata con realismo e concretezza, tanto da non creare una posizione di ostracismo nei confronti della progressione delle cose naturali, in funzione di una visione univoca, scevra da paraocchi contro lo sviluppo della realtà economica.
Per queste considerazioni, e nell'attesa che rientri nell'ambito dei rapporti della VII Commissione una fattività e una collaborazione diversa più serena, più concreta, noi guardiamo positivamente alla realizzazione di questa bretella.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, in VII Commissione, quando per la prima volta venne discusso questo provvedimento, ricordo di essere stato l'unico Consigliere ad aver votato contro. Riconfermo ora in aula il mio voto contrario.
Motivo il mio voto, come feci già in Commissione, in base ad alcuni aspetti di carattere pregiudiziale che sono, in primo luogo, la mia non disponibilità a provvedimenti stralcio rispetto al Piano dei parchi, prima dell'approvazione dei parchi medesimi. Accetto modificazioni dei confini ma solo contestualmente all'approvazione dei parchi. Quello che io contesto è una politica che non è riuscita ad attuare la deliberazione quadro sui parchi, pur riuscendo ad attuare numerosi stralci del piano stesso. Quindi il mio voto contrario è motivato da questo atteggiamento pregiudiziale: solo lo strumento del parco attuato, o la contestualità dei due provvedimenti, può, a mio avviso, permettere alla Regione di attuare gli stralci ritenuti necessari.
Inoltre ritengo estremamente serio il problema dell'inquinamento ambientale, legato al traffico delle automobili e dei camion, che caratterizza il Comune di Chivasso. Si tratta di una situazione ai limiti della vivibilità quella che caratterizza una serie di abitazioni e di pezzi di questa città. So pure che la situazione di Chivasso non è isolata sul territorio regionale, ma riguarda numerosi Comuni (la Valle di Susa, ad esempio) o altre zone della nostra Regione, dove la qualità della vita in conseguenza del traffico è diventato un problema angoscioso: rumore polveri, inquinamento atmosferico, impossibilità di dormire la notte, sono problemi reali che caratterizzano queste zone.
Ritengo altrettanto, però, che la soluzione consistente nel costruire sempre e soltanto altre strade per spostare di qualche centinaio di metri il traffico, in assenza di strumenti di pianificazione anche soltanto urbanistica, che impediscano di costruirvi poi abitazioni immediatamente a lato - e questo è il caso della tangenziale di Torino politica questa che rappresenta una costante di tutte le amministrazioni locali, equivalga unicamente a spostare inquinamento, traffico e rumore, con il risultato di urbanizzare ed occupare altre aree e di dilatare quindi l'inquinamento complessivamente aumentandolo.
Ogni politica che produce nuove strade, produce di fatto un incremento del traffico e quindi un incremento dell'inquinamento complessivo.
Chiaramente questo risolve i problemi di alcuni abitanti, ma in un futuro neanche troppo lontano, a meno che non si prendano altri provvedimenti attorno a queste arterie si costruiranno nuove case, nuovi condomini. Ad esempio, la politica di espansione urbanistica di Chivasso ha riempito negli ultimi dieci anni tutto il rettilineo, che va dal passaggio a livello sulla Chivasso-Asti fino all'incrocio tra la statale e la deviazione per Castelrosso, di una serie ininterrotta di condomini. Se queste sono le politiche urbanistiche del Comune, non si vede perché non debbano riprodursi anche su tutte le altre strade.
La stessa tangenziale che da Torino porta fino al ponte che è posto all'ingresso di Chivasso vede crescere continuamente l'occupazione a lato di questa tangenziale degli edifici più strani: industriali, commerciali ecc. Chi ha potuto percorrerla negli ultimi anni, può notare che ogni tre mesi l'occupazione di suolo lì attorno aumenta. E non ci sono norme, o non le si vuole usare, per impedire l'occupazione attorno alle strade che andiamo creando in questa maniera. Più in generale c'è questa utopia di pensare di creare in ogni Comune del Piemonte una circonvallazione a nord una a sud, una ad est e una ad ovest, facendo quindi, anziché le vecchie mura, un anello di asfalto attorno ad ognuno di questi Comuni, quasi che noi potessimo ancora permetterci il lusso di occupare nuovo spazio.
Il secondo motivo di opposizione, di nuovo di carattere generale, è che sono stufo di trovare la soluzione ai problemi del traffico attraverso la costruzione di altre strade. Ogni volta può essere singolarmente giustificabile, ma concettualmente e complessivamente è politica quasi demenziale.
Il terzo punto che voglio brevemente accennare è il problema della VII Commissione. Il problema è stato sollevato dal collega Montefalchesi e per quanto sta a me riguarda la Presidenza della Commissione. Voglio fare questa precisazione perché il collega Picco si è sentito coinvolto in questa vicenda, ma io non ho assolutamente intenzione di coinvolgerlo. Per ho la sensazione che la VII Commissione, o il suo Presidente, stia lavorando con estrema passione ed estremo piacere allo sbocconcellamento del Parco fluviale del Po. L'incidente che ho sollevato in Commissione martedì scorso circa l'iscrizione all'o.d.g. di una deliberazione, neppure giunta alla Commissione, che prevedeva un altro stralcio, mi pare sia il segno di un'eccessiva rapidità e volontà, non già di realizzare i parchi o il progetto regionale, quanto piuttosto di attuare rapidamente e sollecitamente i provvedimenti della Giunta regionale che vanno in un'altra direzione. Ho sempre pensato che il Presidente di una Commissione ambiente questo non risulta scritto da nessuna parte, quindi accetto ogni obiezione in merito dovesse rappresentare quella istanza istituzionale, in prima fila nella realizzazione dei progetti di rilevanza ambientale della nostra Regione. Questo era il mio desiderio, il mio soggettivo modo di interpretare il ruolo istituzionale del Presidente della Commissione, colui che cerca di attuare, di concerto con la Giunta regionale, gli indirizzi regionali in materia (tra l'altro essendo un Presidente espresso dalla maggioranza di governo) espressi nel programma del 1985, ribaditi nel 1987 ribaditi nel Piano regionale di sviluppo, ribaditi non so quante altre volte, ribaditi dal Vicepresidente della Giunta regionale soltanto sabato scorso in quest'aula, relativi all'attuazione di un progetto di parchi.
Invece ho la rammaricata impressione di vedere come ci sia molta più buona volontà nell'approvare sollecitamente le deliberazioni di stralcio addirittura iscrivendole all'o.d.g. quando neppure sono agli atti della Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il tema che affrontiamo l'abbiamo già vissuto alcuni mesi fa, forse l'anno scorso. Evidentemente è un tema che ha delle implicazioni importanti e complesse. Non voglio entrare tecnicamente nel merito, però a me pare che, ad esempio, la proposta dell'uscita al casello autostradale di Chivasso per il traffico rivolto a Casale sia tecnicamente improponibile se non si fa un nuovo ponte o un altro tratto di strada, altrimenti si costringe il traffico conoscendo bene Chivasso - a passare davanti allo stabilimento Lancia e poi nel centro del paese. Probabilmente sarebbe diverso il caso di Carmagnola dove l'arretramento del casello potrebbe, questo sì, modificare dei problemi, ma il caso di Chivasso non si presta a questo tipo di soluzione.
Noi siamo privi di un ausilio ad assumere una decisione che possa farci misurare gli effetti che un certo tipo di decisione può avere e quindi assumere fra varie decisioni alternative quella che riteniamo più opportuna, non è detto che minimizzi l'impatto ambientale quella che scegliamo, comunque chi vuole ridurre l'impatto ambientale farà un certo tipo di scelta. Dovremmo valutare anche, perdurando i tempi lunghi a livello nazionale, se non sia il caso di pensare ad uno strumento che possa essere di ausilio alla decisione, non la decisione ovviamente.
Per una parte dell'intervento della collega Bresso sono d'accordo rispetto a questa limitazione che abbiamo che non vuol dire penalizzare i bisogni, le esigenze e i problemi di un paese. E' chiaro che in questa decisione si ripresenta lo storico conflitto fra interessi micro o comunque più locali e gli interessi generali di una collettività. E' un problema evidentemente complesso. La strada alternativa ipotizzata dal Comune di Chivasso dopo dieci anni potrebbe diventare una strada cittadina perché la cultura di molti amministratori di cittadine e paesi è questa: fatta la circonvallazione, dopo dieci anni diventa un'altra via cittadina, per cui il Comune chiede di poter fare una successiva circonvallazione proprio perché non si è salvaguardato quello che doveva essere un patrimonio da tutelare. Questo è l'interesse micro negativo. Invece c'è un interesse micro positivo che è la condizione della qualità della vita. Dall'altro lato l'interesse macro è quello di vedere la salvaguardia generale dell'ambiente, della qualità della vita e ovviamente deve trovare un punto di equilibrio con l'interesse specifico.
Questo aspetto è stato toccato da alcuni interventi, però noi non possiamo, nel momento in cui ci vogliono tagliare 500 chilometri di ferrovia a minor traffico, considerare ininfluente questo discorso di politica dei trasporti, perché non possiamo pensare che siano i TIR a cadenzare la velocità e quindi non hanno il problema di percorrere una strada provinciale o una statale perché non hanno la preoccupazione del sorpasso. Attorno alla politica dei trasporti qualcosa va detto. Mi si consenta di citare un esempio. Un'azienda di Torino ha deciso di trasferire un'industria al sud di componenti per auto perché con le agevolazioni che ha questo gli fa gioco. Certamente non ha considerato che per rialimentare la FIAT, azienda che assorbe il suo prodotto, inciderà nell'Autostrada del Sole nel sistema dei trasporti in modo pesante con due autotreni al giorno.
Questo costo non viene considerato, cioè questo costo va a carico della collettività e un giorno la somma di quei due autoreni più molti altri frutto di decisioni scoordinate non guidate porterà a fare entrare in collasso una strada, un'autostrada, una circonvallazione e una tangenziale.
Credo quindi sia un problema da affrontare almeno a questo livello di assemblea elettiva. Capisco che il Comune di San Sebastiano Po, dove ho dei carissimi amici, possa anche non affrontare questa dimensione del problema ma qui è lecito, è necessario, è giusto ed è opportuno.
Sarebbe stato importante poter disporre di alcune ipotesi alternative: la prima era quella prevista dall'originario Piano regolatore di Chivasso che non toccava l'area di salvaguardia per risolvere questo problema; la seconda ipotesi che può essere di per s' valida; la terza che potrebbe essere di tipo diverso. Attorno a questo problema era opportuno avere quindi uno strumento che ci permettesse di capire qualcosa e quindi assumere una decisione meditata. In questo caso la compromissione dell'area a tutela è minima, è abbastanza marginale anche se potrebbe essere ancora più minimizzata rispetto ad una fascia di rispetto che è stata determinata troppo vasta dal lato del parco e del fiume. Quindi, non ci troviamo dinnanzi a uno scardinamento, cioè non si sta facendo un atto in spregio alla politica dei parchi oppure in spregio a quello che è ipotizzato nei quattro disegni di legge della Giunta per quanto riguarda il Parco del Po.
E' vero che si può rosicchiare ogni giorno, ma mi pare sia molto ridotta nel tempo questa politica di rosicchiamento. C'è un nodo e un'esigenza che è esplosa, probabilmente non la si affronta nel modo migliore, per dobbiamo in qualche modo dare una risposta.
Ho molte perplessità sul come si arriva a queste decisioni probabilmente si poteva arrivare in forme diverse, ma ci troviamo - ed è brutto dirlo - dinnanzi al gioco fatto e quindi c'è quel pezzo, che svincoliamo, quindi non autorizziamo l'intera opera, non c'è un problema del tracciato, bensì di un tratto rispetto al quale occorre dare una deroga al regime vincolistico che abbiamo stabilito sino all'anno prossimo per quanto riguarda quest'area.
Come già diceva il Consigliere Bara, ovviamente in modo più impulsivo ma fa parte del carattere di ognuno di noi, non ci troviamo dinnanzi ad un atto nefasto, per cui chi lo compie è un insensibile. Personalmente sono favorevole a portare avanti in questa legislatura, con uno strumento diverso per quanto riguarda la legge generale sui parchi, l'ipotesi dei quattro disegni di legge della Giunta. Quindi come Capogruppo lo dichiaro ufficialmente se per caso ci fossero degli equivoci. Non penso che la decisione di oggi alteri, se non in modo infinitesimale, quello che è l'impianto di quella politica, di quelli che sono i benefici, ovviamente da vedersi con la nuova legge sui parchi che avrà dei caratteri diversi.
E' per questo che noi diamo il nostro assenso a questa decisione, pur sapendo che si tratta di una decisione critica, non ottimizzata nel processo decisionale, che tralascia l'occasione per questa assemblea di poter prendere reale consapevolezza di questo dramma dei trasporti e della cultura che si deve avere anche a livello periferico (interessi micro) che è poco sensibile, per cui, lo ripeto, le circonvallazioni finanziate dopo dieci anni diventano strade cittadine: gli amministratori che hanno mal governato non devono più aver diritto di pretendere una soluzione.
Il problema dell'Ecolinea a Leinì si è sviluppato così: inizialmente quello stabilimento era in mezzo ai campi, i processi di urbanizzazione attorno a quello stabilimento sono venuti dopo, attraverso le decisioni di quegli amministratori che oggi lamentano l'esistenza dell'Ecolinea a Leinì.
Come amministratori, nel rivedere la legge sul governo del territorio cioè la revisione della legge urbanistica n. 56/77, non possiamo non tenere conto di questi aspetti. Quindi, il passaggio dinnanzi a queste discussioni non deve essere il problema tecnico di Chivasso, deve essere da parte nostra l'accumulo di conoscenze e di esperienze per poter poi governare o decidere legislativamente in modo adeguato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, i comunisti di Chivasso e i comunisti eletti in Consiglio regionale ritengono che la città di Chivasso abbia urgente bisogno di realizzare un'opera che consenta la circonvallazione, da parte del traffico leggero e pesante, del centro abitato.
Riteniamo, quindi, che le condizioni di vita per quanto riguarda il rumore, la respirazione dell'aria e il caos abbia raggiunto limiti tali per cui è assolutamente necessario risolvere il problema.
Il problema va risolto con una circonvallazione a sud della città di Chivasso. Il Gruppo comunista non condivide la proposta di realizzare un lungo percorso di tre o quattro chilometri per allacciarsi, con due bretelle, all'autostrada. Non sarebbe una soluzione. Proporre un percorso di questo genere significherebbe mantenere una grossa quota del traffico dentro la città. Quindi c'è bisogno di una circonvallazione a sud della città.
Accolgo la sollecitazione del Consigliere Picco di accompagnare alle critiche anche delle proposte concrete. Per fare questo, dato che non sono in VII Commissione, ho cercato di documentarmi sugli atti che stiamo per approvare. La situazione è la seguente: innanzitutto risulta che il Piano regolatore della città di Chivasso prevedeva un tracciato di circonvallazione a sud che solo in un piccolissimo tratto (sulla base della cartografia di cui dispongo) toccava la zona vincolata a parco. Quindi dal punto di vista della compatibilità ambientale era di gran lunga preferibile all'attuale, mentre dal punto di vista della funzionalità era a pari livello. La domanda che pongo è: "Come mai non si è utilizzato il tracciato di Piano regolatore?". La domanda deriva da questo fatto: sappiamo tutti che i tracciati stradali sono la prima delle opere di urbanizzazione e di valorizzazione dei terreni. Sappiamo anche che un compito dei Piani regolatori è di individuare lo sviluppo dell'urbanizzazione che è sostenuta in primo luogo dalle nuove strade. I Piani regolatori sono strumenti che consentono un dibattito pubblico e una chiarezza per tutti circa i terreni che saranno valorizzati e quelli che non saranno valorizzati.
Allora, capite che realizzare una strada di Piano regolatore ha un significato ben diverso da realizzare una strada in contrasto con il Piano regolatore.
Siamo nella condizione in cui, invece di realizzare una strada di Piano regolatore che risolve un problema, si realizza, per risolvere lo stesso tipo di problema, un altro tracciato stradale. Capite a questo punto che il problema delle speculazioni edilizie, che possono essere innescate in modo non trasparente da questi interventi, esiste. Di qui, la nostra domanda all'Amministrazione regionale: "Perché non si è utilizzato il tracciato di Piano regolatore?". E' una richiesta di chiarimento decisiva ai fini della collocazione del nostro Gruppo.
A riprova di ciò, in una lettera del Sindaco della città di Chivasso datata 28 giugno 1989, si legge la seguente frase: "L'Assessorato competente della Regione Piemonte ha espresso parere negativo (in data 12 giugno 1989) rimandando la valutazione di ogni ulteriore stralcio dell'area tutelata al momento di verifica e di elaborazione della legge istitutiva del Parco del Po attualmente all'attenzione della Commissione consiliare competente". Questo significa che sul tracciato si è avuto il parere negativo dell'Assessorato regionale competente, il che ci conforta nel richiedere le ragioni per le quali si è scelto questo tracciato anzich quello del Piano regolatore.
Facciamo ancora un passo avanti. Il 5 luglio 1989 il Comune di Chivasso adotta una deliberazione di Giunta (tra l'altro alla riunione erano presenti solo quattro componenti su sette, il minimo indispensabile per funzionare) nella quale si cita il parere negativo dell'Assessorato competente regionale, ma si delibera la domanda di stralcio di queste aree per consentire la realizzazione della strada. In tale deliberazione la Giunta municipale, tra gli altri motivi a sostegno dello stralcio del Parco, indica il seguente: "Che lo stralcio dell'area suddetta non vanifica la realizzazione del Parco del Po e che la nuova strada potrebbe costituire un confine certo del Parco". Che le strade possano costituire confini certi del Parco è vero, ed è ragionevole cercare di farlo.
Sulla base della documentazione cartografica che disponiamo, sia quella sulla quale siamo chiamati a deliberare sia quella, molto grossolana, che è stata alla base della deliberazione del Comune di Chivasso, invito i Consiglieri a guardare il documento cartografico, che è poco più che uno scarabocchio, in base al quale il Comune di Chivasso ha deliberato lo stralcio di area a parco; non vi è nemmeno lontanamente l'idea di un progetto possibile di una strada, è un tratto di pennarello tracciato senza alcun criterio. Se si esamina il tracciato in scala 1:5.000 deliberato dall'Amministrazione di Chivasso e lo confrontate con lo stralcio proposto dalla Regione Piemonte ci si accorge di due cose. La prima e più importante è la seguente: la strada non viene presa come confine per il parco, così come diceva la deliberazione del Comune di Chivasso. A parte il giudizio sulla bontà o meno di stralciare le aree a parco, se si fa uno stralcio perlomeno lo si faccia tenendo come confine la strada. Invece, nello stralcio che viene proposto si stralciano aree situate a sinistra e a destra della strada. Se per le aree stralciate sul versante ovest, lontane dal fiume, c'è una logica, non c'è più logica nello stralciare in modo indeterminato (si torna ad una indeterminazione del confine del parco) le aree che stanno a est, aree che, a prescindere dalla morfologia, vengono svincolate da un vincolo pesante e possono così essere liberate e valorizzate.
La seconda cosa è che i confini vengono riprodotti in modo difforme, e sulla cartografia che deliberiamo e sulla cartografia del Comune di Chivasso.
Chiedo una breve sospensione per vedere insieme ai colleghi la cartografia su cui deliberiamo. A mio avviso, si potrebbe proporre nella deliberazione o in cartografia un emendamento che faccia chiarezza sul fatto che il confine del parco non è quello della cartografia allegata, ma è la nuova strada.



PRESIDENTE

D'accordo, però non ritengo di dover sospendere la seduta; nel frattempo proseguiamo con un altro punto all'o.d.g.


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita - Caccia

Esame progetto di legge n. 527: "Determinazione delle tasse per le concessioni di riserva di caccia ed azienda faunistico-venatoria"


PRESIDENTE

Esaminiamo pertanto il progetto di legge n. 527, di cui al punto 16) all'o.d.g.
Il relatore Consigliere Gallarini dà per letta la relazione.
Non essendovi richieste di parola passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Emendamento presentato dal Consigliere Ala: al secondo comma, le parole "sono ridotte ad un decimo" sono sostituite dalle parole "sono ridotte del 25%".
La parola all'Assessore Ripa.



RIPA Franco, Assessore alla caccia

Sull'argomento della tassa per le concessioni di riserva, pur non avendo la competenza specifica del patrimonio, vi sono degli interessi da tutelare di carattere localistico in quanto la zona Alpi di solito interessa i soggetti cacciatori anche locali, quindi immaginiamo i piccoli Comuni montani.
Riteniamo pertanto di mantenere la previsione dell'art. 1 e la stessa misura della riduzione, quindi l'emendamento non viene accolto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala per l'illustrazione dell'emendamento da lui presentato.



ALA Nemesio

Desidero illustrare il mio emendamento. Che le motivazioni della riduzione nella zona Alpi fossero derivate dalle caratteristiche depresse della stessa lo avevo capito, però che la zona Alpi fosse così depressa rispetto alla pianura di valere un decimo di quest'ultima, rappresenta - a mio parere una enorme novità per il territorio e per la politica regionale.Non è accettabile pensare che la pianura valga 100 e la montagna 10, nel senso che o si tratta di uno sconto enorme (quindi ciò configura un atteggiamento di favore rispetto ad una zona), oppure si ritiene un dato di fatto che la montagna valga 10 in termini economici e la pianura valga 100.
Se effettivamente crediamo che la situazione della montagna sia depressa a tal punto, tutta la restante parte della politica regionale è demenziale e questo provvedimento è benemerito. Se invece non è così, e mi pare che dalla politica di questa Regione non emerga una considerazione della montagna come zona depressa a tal punto, ritengo sia opportuno individuare sì una riduzione, ma una riduzione compatibile con i rapporti e con l'equilibrio tra le due aree. La riduzione da me proposta è del 25 cioè 100 pianura, 75 zona Alpi. Il rapporto: 100 pianura, 10 zona Alpi presuppone la necessità di fornire una rigorosa documentazione che illustri queste condizioni di pauperismo e di depressione tali da determinare questa valutazione.
Mantengo pertanto il mio emendamento che desideravo illustrare perch non è stato - mi risulta - distribuito ai colleghi Consiglieri, partendo forse dal fatto che tanto sarebbe stato bocciato e quindi non era neanche il caso di porlo all'attenzione dei colleghi. Ritengo che questo provvedimento sia un fatto grave, uno sconto agli amici cacciatori che non si giustifica in alcun modo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Ala che non è stato accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 25 contrari e 6 astensioni.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 1 nel testo originario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 34 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 34 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 36 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Petizioni

Esame relazione della V Commissione sulla petizione contro l'amianto (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 17) all'o.d.g. che prevede l'esame della relazione della V Commissione sulla petizione contro l'amianto.
Ricordo che sull'argomento è stato approvato tempo addietro un ordine del giorno all'unanimità del Consiglio.
La parola al Consigliere Emilia Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Non è che io intenda dare l'inizio ad un ampio dibattito, desidero per segnalare che il lavoro svolto su questo problema dalla Commissione è in qualche modo integrativo e integrato rispetto all'ordine del giorno che è stato approvato qualche settimana fa. Penso che il collega Olivetti vorrà dire qualcosa di più nel merito, ritengo comunque importante, nel momento in cui si esamina questo lavoro, sottolineare che si tratta di un problema di grande rilevanza sul quale le indicazioni che sono state date dalla Commissione tengono conto della audizione dei firmatari della petizione che hanno espresso una serie di preoccupazioni e di riserve, che sono sostanzialmente già raccolte nell'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale.
Questo mio intervento vuole dunque soltanto sottolineare l'importanza di questa iniziativa affinché non diventi una delle tante cose passate in coda al Consiglio sulla quale non si presta la dovuta attenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivetti.



OLIVETTI Michele

Signor Presidente, ho chiesto la parola per significare che non ritengo necessario un ampio dibattito sopra un argomento sul quale c'è unanimità di consensi circa l'atteggiamento da assumere, tanto più che questo è già stato riassunto e puntualizzato in precise declarazioni nell'ordine del giorno che è già stato approvato da questa assemblea.
Come riferiva la collega Bergoglio, Presidente della V Commissione l'aver udito ancora gli estensori delle petizioni, da cui era partita l'idea di fare questo ordine del giorno, non ha fatto che confermare che in quell'ordine del giorno sono state accolte tutte le istanze proposte.
E' iniziativa di alcuni colleghi una lettera per il Presidente anche questa ampiamente sottoscritta a conferma che su un problema di salute di quel tipo non ci sono delle contrapposizioni di carattere politico perché è un fatto obiettivamente al di là di qualsiasi differenziazione - in cui si chiede di assumere le risultanze di un ulteriore studio scientifico epidemiologico, che è stato fatto su questo tema, e di promuovere una informativa per le popolazioni interessate a questa situazione.
Il dibattito è tutto riassunto qui: quindi a questo punto non occorre fare un dibattito, ma agire perché le parole non farebbero che aggiungere sottolineature a consensi e approdi decisionali a cui siamo già arrivati.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, ho apprezzato l'ordine del giorno approvato giorni fa in ordine al problema dell'amianto e dell'uso dell'amianto. Mi rendo conto che questi ordini del giorno hanno una filosofia che è seguita dall'attenzione di alcuni Consiglieri e poi, come ha detto il Consigliere Olivetti, non si dà seguito con ricadute sul territorio a queste iniziative.
Vorrei anche dire che la mia adesione ad un ordine del giorno, che non ha indirizzo solo sanitario o ambientale, ma sanitario ambientale e di tutela dei livelli occupazionali di coloro che vivono in aziende di questo genere, deve essere colta, altrimenti si falsa il significato di quel documento.
Noi sappiamo che se marcia una filosofia con uno spaccato interpretativo solo, rischiamo di avere sul territorio piemontese fra qualche settimana l'unico presidio di una miniera con valenza europea, che è localizzata in Balangero, con 210 persone fuori dal ciclo produttivo impoverendo ulteriormente l'unica unità produttiva che esiste nelle Valli di Lanzo. Il problema ha da essere considerato a fronte del fatto che noi possiamo indicare una maggiore attenzione ambientale e sanitaria; voglio dire cioè che se questo ordine del giorno lo applichiamo solo con una interpretazione è sbagliato, perché il rischio è che noi su questa base andremo a forzare la chiusura della miniera di Balangero con la conseguenza che importeremo amianto russo, che è tre volte più inquinante di quello di Balangero che è considerato tra i più raffinati. Quindi, avremo chiuso un'unità produttiva di 210 dipendenti ed importeremo amianto russo ad alto inquinamento.
Vorrei pertanto richiamare l'attenzione del Consiglio alla filosofia di quell'ordine del giorno, che ha giustamente un aspetto sanitario, ma che ha anche un aspetto di mantenimento dei livelli occupazionali. Mi pare giusto richiamarlo se non sull'onda dell'emozione o della sensibilità pur giusta sui problemi ambientali: magari non avremo risolto un problema perché non ha le ricadute richiamate dal collega Olivetti, ma avremo aperto un altro problema, quello dei livelli occupazionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, innanzitutto chiedo di discutere questo argomento così importante in condizioni di agibilità del Consiglio, quindi non intendo entrare nel merito ora. Propongo di discutere tale questione nella seduta di domani mattina, perché io non condivido affatto la tesi dell'Assessore Cerchio.



PRESIDENTE

D'accordo, Consigliere Montefalchesi.


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 1212: "L.R. 4/6/1975, n. 43, art. 2 Modificazione al Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali Comuni di Chivasso, San Sebastiano Po e Verolengo" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo pertanto l'esame della proposta di deliberazione n. 1212.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Abbiamo fatto la verifica sui confini secondo le richieste del Gruppo comunista. Credo che questa verifica possa tutto sommato fugare le preoccupazioni che erano state esposte, in quanto (pur nella frettolosità di certe verifiche, tuttavia qualche cosa abbiamo potuto capire) questa zona è in ogni caso vincolata dalla legge Galasso, perché i 150 metri di salvaguardia dal fiume esistono comunque. Credo che questa preoccupazione possa per certo verso essere annullata e dunque la maggioranza conferma la decisione che ha preso in sede di Commissione di accogliere la proposta del Comune di Chivasso di ulteriore allargamento e quindi di ulteriore deroga rispetto alla precedente richiesta.
Nonostante il ritardo con cui affrontiamo questo argomento in fine seduta, credo vadano dette alcune cose.
Premesso che ogni deroga deve essere attentamente valutata in qualunque campo essa sia indirizzata, quindi bene ha fatto il Consiglio ad approfondire questo argomento forse in un modo anche più completo di quanto abbia fatto la stessa Commissione consiliare competente, quello che va chiarito è che l'istruttoria svolta dal Servizio parchi è un'istruttoria di tipo territoriale, limitata però all'area ricadente nel parco. Quindi si presuppone che i progetti a monte abbiano ottenuto una precedente autorizzazione. Questo vale nel caso della strada di Chivasso della quale oggi abbiamo discusso.
Vorrei ricordare che per altri casi stiamo dando una deroga anche per consentire ampliamenti di insediamenti artigianali ed industriali che necessitano di miglioramenti funzionali. Nessuno si è soffermato su questo ma nel caso specifico c'è una vera autorità della Regione nel senso che queste cose le potrebbe approvare o non approvare, in questo caso le approva. Nel caso di una strada diventa abbastanza difficile fare, a questo punto del progetto, una richiesta di valutazione di impatto ambientale. La valutazione di impatto ambientale si poteva fare a monte quando la previsione della strada era considerata nel suo complesso. Si tratta di modifiche che la Giunta ha ritenuto di approvare perché sollecitata dai Comuni che attraverso i loro Consigli comunali hanno deciso di realizzare queste opere.
Diceva la collega Bresso che c'è un problema di confini mal posti. Io devo dire che forse non si tratta di confini mal posti, quanto posti in assenza di una cartografia aggiornata e ad una scala che forse potrebbe anche essere rivista. Questo spiega le deroghe che noi in questi anni siamo stati costretti ad apportare costantemente con nessuna particolare disponibilità da parte della Giunta o voglia di portare queste deroghe.
Quindi quella della deroga dovrebbe essere una procedura straordinaria purtroppo però in assenza della legge istitutiva del parco che regolamentasse i confini in assoluto e quindi tenesse conto di tutte le esigenze che nel tempo sono andate maturando, noi siamo stati costretti ad intervenire attraverso queste modifiche. Devo dire che purtroppo non saranno le ultime se non si pone fine a quello che ormai viene chiamato lo sbocconcellamento del parco attraverso le deroghe alla legge istitutiva.
Credo che in un momento come questo, dialettico, polemico come è stato per certi versi, il superamento del conflitto vero in questo caso è la legge istitutiva del parco. Quindi il Consiglio, la Commissione consiliare competente innanzitutto, trovi in sé la capacità per avviare concretamente questo discorso che porrà finalmente la parola "fine" a tutte queste deroghe.
Il collega Chiezzi faceva riferimento in particolare a un parere negativo che l'Assessorato aveva dato di fronte ad una prima istanza del Sindaco di Chivasso. Il parere negativo iniziale del mese di giugno di quest'anno era motivato dal fatto che all'epoca pareva che il Piano del Parco del Po potesse camminare abbastanza speditamente e che quindi la deroga potesse essere superflua. Quando abbiamo visto viceversa che la riforma della legge istitutiva dei parchi andava per le lunghe e che queste lungaggini si sarebbero introdotte anche nella futura legge istitutiva del Parco del Po, di fronte alle pressioni del Comune, in particolare del Comune di Chivasso, che a larga maggioranza aveva approvato quest'opera, si è deciso di intervenire attraverso questa deliberazione di modifica dei confini.
Un altro discorso che è stato ripreso è quello della valutazione di impatto ambientale. La VIA è ad un punto un pochino morto nel nostro dibattito e, se mi consente la collega Bresso, anche nel dibattito più generale a livello nazionale: si stanno facendo dei convegni nuovi (l'Ordine degli ingegneri e degli architetti sta addirittura prevedendo per i prossimi giorni dei corsi sulla valutazione di impatto ambientale), ma se ne sta ancora, purtroppo, sempre e solo parlando.
Per quanto ci riguarda devo dire che con deliberazione della Giunta è stato costituito alcuni mesi fa un gruppo di lavoro interassessorile che io spero possa presto produrre un documento di aggiornamento che la Giunta presenterà al Consiglio per sviluppare un dibattito che sia preludio a quella legge regionale definitiva che dovrà effettivamente porre termine a tutti i conflitti dei quali abbiamo discusso. Di fronte a queste cose e chiarito soprattutto il confine che era stato messo in discussione in questo momento, credo che noi possiamo, non certo con allegria, andare all'approvazione di questa modifica. Lo dobbiamo fare di fronte all'esigenza che ci è stata rappresentata dai Comuni, di consentire di avviare opere che - ripeto - sono volute dai Consigli comunali di quelle comunità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto. Ha diritto a cinque minuti.



CHIEZZI Giuseppe

Lei capisce, signor Presidente, che con questo "orologismo" che la contraddistingue i Consiglieri regionali sono obbligati a sintetizzare molto. Sintentizzando molto devono anche colorire di più i pensieri.
Ci siamo trovati di fronte ad un comportamento sordo e irragionevole da parte della maggioranza. La proposta del collega Picco mi è parsa poco più che un bluff, ma ai bluff di Picco risponderemo comunque sempre, li accetteremo come veri, tutte le volte che li proporrà.



(Commenti da parte del Gruppo DC)



CHIEZZI Giuseppe

Fate le proposte, ma poi rispondete senza argomentare. Si risponde con affermazioni, da parte dell'Assessore Vetrino, grottesche. Con l'Assessore Vetrino la polemica si svolge sempre con stima personale, questi sono argomenti politici. Politicamente l'affermazione dell'Assessore Vetrino secondo la quale dobbiamo stare tranquilli perché il fiume è comunque tutelato dalla legge Galasso, è un'affermazione curiosa. Non vorremmo che un giorno l'Assessore Vetrino venisse a tranquillizzarci proponendo lo stralcio di tutto il Parco del Po con il motivo che intanto la legge Galasso tutela il fiume per 150 metri. Questa affermazione, Assessore Vetrino, è grottesca! Questo provvedimento, per carità, ha il peso che ha ma non bisogna ripetere questa affermazione per provvedimenti più importanti.
Ci asterremo.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto, pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 1212, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 26 voti favorevoli e 8 astensioni.
Ricordo che il Consiglio è convocato per domani mattina alle ore 9,30.
Invito i Consiglieri ad essere puntuali.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,45)



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