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Dettaglio seduta n.8 del 04/07/00 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento: Statuto - Regolamento

Dibattito su nuovo Statuto Regione Piemonte e su eventuale costituzione apposita Commissione consiliare - trattazione ex art. 43, comma primo lettera b) del Regolamento interno del Consiglio regionale (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.



(Commenti della Consigliera Manica relativamente alla presenza del numero legale)



PRESIDENTE

Prego i Consiglieri di rientrare in aula.
La parola al Consigliere Angeleri.



(Il Consigliere Angeleri attende qualche istante prima di iniziare il proprio intervento)



PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito relativo al nuovo Statuto della Regione Piemonte, di cui al punto 3 all'o.d.g.
La parola al Consigliere Angeleri.
ANGELERI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non è facile entrare nel vivo di un dibattito così interessante ed importante per questa Giunta regionale, alla ripresa dei lavori dopo la pausa pranzo. Anche perché non parliamo né di valutazioni calcistiche né di goal segnati, né di strategie ma di un argomento che deve interessare non solo noi in quest'aula, ma l'intera comunità politica piemontese.
Dal dibattito è emersa la volontà di lavorare per ricostruire un qualcosa di nuovo al passo con i tempi.
L'occasione ci è fornita dal dibattito sul nuovo Statuto regionale che con la revisione costituzionale, attribuirà all'Ente Regione particolari competenze sia sulla forma di governo che sui principi fondamentali di organizzazione e funzionamento dell'ente stesso.
Questo è un aspetto sicuramente non di poco conto, anche perch genererà, necessariamente, tutta una serie di modificazioni anche legislative sulle quali quest'aula dovrà lavorare.
C'è quindi bisogno - non entrerò nel merito oggi - di una Commissione speciale che si occupi di tali modificazioni. Commissione dove verranno rappresentati tutti i Gruppi. Una Commissione che deve iniziare a lavorare da subito con tutte le disponibilità del caso, di mezzi, di possibilità di utilizzare tutte le realtà che hanno le capacità di dare un contributo ad arricchire il dibattito.
Ritengo, inoltre, che il lavoro svolto dalla precedente amministrazione non debba essere vanificato. Mi riferisco, per esempio, al lavoro svolto sugli Stati Generali; alla documentazione prodotta che ha sviscerato a fondo quello che è il nuovo indirizzo del territorio regionale. Mi auguro che la Commissione Statuto possa prendere spunto dal lavoro svolto e tener conto del rapporto di collaborazione con i 1207 Comuni di questa regione.
Non voglio - ripeto - entrare nel merito della forma del nuovo Statuto dichiarando, per esempio se la "polizia" dovrà essere di competenza regionale o statale; oppure se gli Assessori debbano essere interni od esterni: in merito abbiamo già espresso le nostre opinioni.
Dico questo, perché - dato che ho sentito interventi riferiti ai tempi un dibattito importante di questo tipo, che ridisegna completamente quello che è il punto cardine di riferimento di una Regione, non debba avere limitazioni. Non lo dico per trascinare, al di là nel tempo, un dibattito che può diventare "stanco", lo dico perché questo dibattito deve arricchirsi di tutti i contenuti possibili.
Con chiarezza e coerenza, che hanno contraddistinto in questi anni il Centro Democratico italiano, così come abbiamo scritto nel nostro documento programmatico, noi riteniamo che la Commissione Statuto debba comunque rimanere nelle mani della maggioranza; questo nel rispetto, ovviamente, dei ruoli. Noi abbiamo fatto una battaglia, riteniamo giusta, per quanto riguarda la Giunta delle Elezioni. Abbiamo attribuito quel giusto spazio che la minoranza rivendicava, noi in questa fase riteniamo che la maggioranza debba anche in questo senso e in questo momento, in un'occasione così importante, dimostrare tutta la propria sensibilità e la propria responsabilità.
Avendo partecipato alla legislatura precedente ho la possibilità insieme a molti colleghi qui presenti, di fare un confronto con l'inizio dell'attuale legislatura. Rilevo, innanzitutto, un'atmosfera costruttiva un'atmosfera che nei cinque anni precedenti era rovente e che ha rovinato il dibattito politico in quest'aula.
Questo è un dato positivo. Se si vuole veramente il cambiamento occorre confrontarsi all'interno di quest'aula. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale. Sicuramente per la Regione Piemonte l'obiettivo è di realizzare completamente, almeno per quello che ci riguarda, il principio di sussidiarietà.
All'interno della Commissione ci impegneremo per andare in questa direzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Palma.
PALMA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la discussione che si sta svolgendo oggi in quest'aula - e che per certi versi interessa in maniera pressante il dibattito politico italiano - segue una linea che ha dettato le priorità dell'agenda politica italiana per oltre dieci anni, laddove l'intero sistema politico e una parte consistente dell'opinione pubblica riteneva che le riforme istituzionale nel loro complesso, la riforma degli assetti dello Stato e la riforma del sistema elettorale (e quindi del sistema di selezione del ceto politico) costituissero la chiave di volta non solo per la riforma dei Partiti, come alcuni, come noi, continuiamo a ritenere, ma per la riforma del Paese nel suo complesso.
Non sfuggirà a nessuno in quest'aula che il processo di modernizzazione politico ed istituzionale nel corso degli ultimi dieci anni, è quello che malgrado importanti risultati referendari, ha subito le più pesanti battute di arresto. Non si tratta solo del fallimento della Bicamerale, non si tratta solo del fallimento dell'ultimo referendum elettorale, si tratta nel complesso, di un consolidamento dell'attuale sistema politico e quindi, dell'attuale sistema dei Partiti e, conseguentemente, secondo un'analisi che ci appartiene, del sistema istituzionale dello Stato, così come oggi si presenta ai cittadini.
Se volessimo paragonare i timidi, ma pure importanti, risultati ottenuti in questi dieci anni e i processi di modernizzazione economica, e penso alla politica delle privatizzazioni perseguita con alterni risultati da diversi Governi, ai risultati che, invece, sono stati raggiunti sui temi istituzionali, troveremmo un'ulteriore conferma a questa grave battuta d'arresto.
La riforma istituzionale nel nostro Paese si è limitata, attraverso i "Bassanini", ad una ripartizione di funzioni e competenze di tipo sostanzialmente burocratico. Gli stessi promotori presentarono la riforma come "federalismo amministrativo", non solo per le resistenze del sistema politico, ma forse anche per un'assenza di coraggio da parte di chi queste riforme proponeva, non proponendo, ed è quanto il Parlamento probabilmente si appresta a fare, un vera ripartizione di aree di sovranità all'interno del corpo dello Stato e, soprattutto - e questo mi sembra il senso sostanziale della riforma federalista - una riduzione dei livelli di mediazione gerarchica interpretando il federalismo, non solo come sistema istituzionale o sistema di responsabilità degli Enti dello Stato, ma anche come sistema di accesso migliore dei cittadini ai propri diritti.
Oggi ci troviamo di fronte due strade, delineate con una qualche chiarezza: da una parte utilizzare la nostra riflessione sullo Statuto e il lavoro della Commissione che questo Consiglio presumibilmente istituirà come strumento di lotta politica nazionale (mi pare che le proposte del Consigliere Ghiglia, se di proposte si tratta, vadano in questa direzione) dall'altra immaginare una riforma dello Statuto - e quindi del "sistema Regione" - come riforma, appunto, di un "sistema delle regole". Non solo quindi, come giustamente afferma il Consigliere Marcenaro, dell'Ente Regione, ma della Regione nel suo complesso, come la prefigurazione credibile di una riforma federalista che si chiede alle Istituzioni delle Stato.
Qualcuno di noi, in campagna elettorale ha insistito - a dire il vero senza grande successo - sul fatto che il tema della devoluzione non si presenta, neppure logicamente, come tema prioritario. Il problema non è tanto - in questo momento - o solo quali poteri e attribuzioni debbano essere esercitate con piena potestà legislativa dalle Istituzioni regionali ma, soprattutto, qual è il sistema di regole con le quali la Regione deve organizzarsi per esercitare, appunto, tali poteri e competenze.
Esiste (lo dico al Presidente della Giunta regionale) una strada istituzionalmente ineccepibile e politicamente molto forte che sino a questo momento neppure i governi nazionali hanno scelto di perseguire, per dare un impulso importante al processo di riforma federalista: si tratta di esercitare fino in fondo, da parte delle Istituzioni regionali, o di chiarire in maniera più precisa da parte delle Istituzioni nazionali, i campi ed i margini di applicazione dell'art. 117 della Costituzione. E' la strada, (non voglio suggerirla a questa Giunta regionale) che si presenta come strada aperta per la Regione nel suo complesso, del conflitto di attribuzioni piuttosto che della forzatura istituzionale in sede di redazione dello Statuto.
La riforma federalista che la Regione può realizzare (non solo a Costituzione vigente ma può iniziare a realizzare al proprio interno, nel rapporto con i propri cittadini e con gli Enti territoriali) è una riforma di modernizzazione politica. Come tutte le riforme all'insegna della modernizzazione, non è solo una riforma di strumenti, di assetti d'impianti istituzionali, ma è anche una ridefinizione del sistema dei diritti e dei rapporti fra il cittadino e lo Stato. E qui giungiamo ad un altro punto centrale per la nostra riflessione e il nostro lavoro delle prossime settimane.
Il federalismo che la nostra Regione può già realizzare al proprio interno può essere di tipi molto diversi: può essere un federalismo che moltiplica, per quante sono le Regioni italiane, o realizza all'interno della Regione Piemonte lo stesso assetto centralistico e soprattutto statalistico - proprio della Costituzione nazionale -, oppure può essere un federalismo liberale, che interpreta il sistema delle regole non solo come mero meccanismo di funzionamento e operatività istituzionale, ma come strumento per modificare nel profondo i rapporti tra cittadino e Stato, tra cittadino e Regione, dando un impulso importante al sistema delle libertà.
Per far questo, Signor Presidente, non è possibile realizzare un federalismo che potremmo definire, forse impropriamente, "dell'identità regionale". Non è possibile realizzare un federalismo che sia la rappresentazione scritta di ciò che la Regione è, nel momento in cui il nuovo Statuto, il nuovo documento fondamentale della Regione viene approvato, è necessario realizzare un federalismo che sia essenzialmente ordinamento, sistema delle regole, che sia strumento che consenta di guidare e governare in maniera positiva le evoluzioni sociali ed economiche di una Regione che, come tutti sappiamo, cambierà nel corso dei prossimi dieci-venti anni in maniera profonda, anche nei suoi assetti demografici.
E' molto importante, Signor Presidente, perché il rischio è quello di creare un federalismo per "ieri" anziché per "domani" qual è quello che i cittadini, in questo momento, si aspettano da noi e dalla Regione.
Se riflette sull'esempio - per noi il più riuscito - di esperienza federalista, quella del grande federalismo liberale degli Stati dell'Unione, avrà sicuramente presente che la forza di tale federalismo consiste nel fare della democrazia e del sistema delle regole l'elemento "d'identità condivisa", non di fare riferimento (visto che fortunatamente negli Stati Uniti d'America non era possibile farlo) ad una qualche cultura o tradizione politica non condivisa. Questo federalismo liberale, che ha trovato nella democrazia la vera identità americana, è quello che in qualche misura potremmo realizzare da subito all'interno della nuova Regione.
Concludo con una considerazione sul tema più pressante della nostra discussione, quello dell'istituzione della Commissione speciale per la revisione e riforma dello Statuto. Non ho grandi ragioni di principio per oppormi ad una simile proposta. In linea di massima, preferisco sempre procedere con gli strumenti ordinari. Mi permetto anche di segnalare che tutte le riforme costituzionali realizzate nel nostro Paese sono state realizzate con il ricorso agli strumenti ordinari, e tutti i grandi tentativi di revisione costituzionale complessiva si sono schiantati contro i muri del sistema politico. In ogni caso, se questo è lo strumento di cui la maggioranza di quest'aula vuole dotarsi, non abbiamo obiezioni di principio, con la vertenza che spero sia nostra, sia della Giunta e del Consiglio nel suo complesso, di sapere con precisione che questa Commissione può essere una grande opportunità, un grande strumento di lavoro e di analisi, oppure può diventare la rappresentazione un po' patetica di un dibattito politico nazionale, e diventare impropriamente un anticipo di campagna elettorale, e di non consentire a questo Consiglio, a questa maggioranza e a questa opposizione, di realizzare una riforma dello Statuto in tempi certi.
L'unica garanzia che l'opposizione liberale e radicale chiede alla maggioranza non è una garanzia sul nome del Presidente, è una garanzia sui tempi e sui modi di funzionamento di questa Commissione, molto più simile a un impegno politico che ad altro, di decidere da subito d'impegnarsi in questo lavoro, davvero tenendo da parte le vicende romane e realizzando anche in questo un anticipo importante di riforma o di atteggiamento federalista.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Toselli, che interviene in qualità di Consigliere.
TOSELLI Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nessuno di noi nell'esprimere considerazioni in merito al tema in oggetto, ha ritenuto che la redazione del nuovo Statuto fosse soltanto un adempimento istituzionale previsto per legge.
Questo mi conforta, perché mi vede alla seconda legislatura, nella quale tutti quanti noi abbiamo, in vista della revisione dello stesso, un importante compito che ci è stato affidato dai cittadini piemontesi, ma ancor più perché faremo assumere a questa Regione un ruolo importante qualora saremo liberi di proporre personalmente e di essere compresi nella valutazione di quanto andremo a fare all'interno della Commissione specifica, quanto poi successivamente nel tirare quelle fila necessarie per rispondere alle esigenze reali che i cittadini piemontesi ormai da troppo tempo pongono.
Abbiamo una grande occasione: ridisegnare le funzioni e le possibilità operative della Regione - lo dicevo e lo ripeto - per servire al meglio le esigenze dei cittadini piemontesi. Ha notevolmente contribuito a questo inizio di percorso l'elezione diretta del Presidente della Giunta Regionale, accompagnata da un'importante riconoscimento giuridico: la legge di approvazione dello Statuto non è soggetta al visto del Commissario di Governo. In pratica, se vogliamo pensare in grande, ci è stata offerta una grande opportunità, quella di assimilare, in qualche modo, anche il Piemonte ad una Regione a Statuto Speciale. Penseremo, quindi, attraverso la Commissione Statuto, di individuare norme e finalità che siano adeguate alla realtà piemontese, alla sua articolazione territoriale e alla sua espressione socio-economica. Rivendicheremo funzioni, poteri e specifiche competenze, delineando anche, però, le modalità operative con le quali le stesse potranno essere effettivamente esercitate.
Mi riferisco, per esempio, alle modalità organizzative che noi proporremo per il sistema sanitario, per la tutela e la promozione della scuola e, ancora, per gli ormai inderogabili interventi di coordinamento a beneficio della sicurezza pubblica. Ho indicato soltanto alcune tematiche le prime che mi sono venute in mente, che dovremmo affrontare, migliorando così la qualità del servizio che lo stesso Ente, che noi siamo stati chiamati a rappresentare, dovrà fornire alla nostra comunità.
Un grande contributo che dovremo dare sarà certamente dovuto alla qualificazione in senso federalista dello sforzo costituente in atto in tutte le Regioni a Statuto ordinario, vista soprattutto la leadership del Presidente Ghigo nella Conferenza Stato-Regioni. Questa è una sfida fondamentale che tutti noi dobbiamo affrontare personalmente, ed è una grande responsabilità alla quale siamo chiamati e che, come Consiglio dovremo dimostrare di voler vincere. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.
MORICONI Oggi iniziamo un percorso lungo sulla scrittura del nuovo Statuto.
Penso che ogni movimento politico qui presente ha una propria idea della costruzione che intenderà realizzare.
Come Verdi, condividiamo alcune delle opinioni espresse in quest'aula e, naturalmente, abbiamo alcune idee originali. Oggi iniziamo un percorso essenzialmente di tipo strutturale. Se dobbiamo parlare delle tematiche che a noi sono care, credo che tutti sappiano che noi ci impegneremo per inserire nello Statuto i valori che si richiamano al pacifismo, alla solidarietà, alla tolleranza e alla convivenza tra persone diverse.
Nell'ambito delle idee condivise, che sono state espresse in quest'aula, noi non possiamo che essere d'accordo sui richiami fatti sulla scrittura dello Statuto, che dovrà contemperare quello che è possibile scrivere a livello regionale con le regole dettate dalla Costituzione italiana. In questo senso siamo d'accordo con quanto ha detto il Consigliere Marcenaro e concordiamo con il documento presentato il 30 giugno dal centrosinistra, che riferisce un chiaro percorso da seguire a livello nazionale per costruire la riforma federalista della Costituzione che, come ovvio, richiede la modifica del titolo quinto della stessa.
I discorsi fatti questa mattina e questo pomeriggio stimolano una nostra preoccupazione e una certa curiosità, di vedere come, nel corso dei lavori, proseguirà la discussione politica, perché alcuni avvenimenti che si sono già verificati nel corso dei nostri lavori, ci fanno temere che vi potrebbero essere delle tentazioni di trasformare la discussione politica nel conteggio dei voti di maggioranza. E' stato detto che questo non avverrà, e nessuno se lo auspica, quindi saremo ben contenti che questo non accada e che le nostre preoccupazioni possono essere smentite.
Il nostro pensiero è che, quando si scrivono le regole del vivere insieme - questo è lo Statuto - si deve partire da quelli che sono i principi fondamentali condivisi non solo dai Consiglieri o dalle forze politiche, ma anche dai cittadini; anche da quella larga fetta di cittadini che si estranea dal voto, perchè i principi sono esattamente connessi con le norme che vengono scritte. Come tutti qui ammettiamo, il momento democratico che è fondamentale, si tutela anche attraverso le regole che ci daremo. Per questo, ad esempio, tutti - credo - auspichiamo che le nuove regole permettano alle Regioni di lavorare e in questo senso è quasi ovvio che la modifica allo Statuto si deve accompagnare a quella del Regolamento ma pregiudizialmente noi vorremmo che si affrontasse il primo nodo: i tempi e i modi. Se tutti concordiamo che è indispensabile procedere alla riscrittura dello Statuto e quindi del regolamento, noi pensiamo che i tempi richiedono una chiara indicazione: prima, secondo noi, si dovrà affrontare la scrittura dello Statuto, poi quella del Regolamento.
Su questo passaggio pensiamo che vi sia la necessità di assumere decisioni chiare. Prima si stabiliscono le regole generali e successivamente quelle che specificano come le regole vanno gestite, cioè il Regolamento. Portare avanti la discussione sullo stesso piano potrebbe dare luogo a pericolosi rimbalzi da un argomento all'altro, con il possibile errore di forzare da un lato quello che si costruisce diversamente sull'altro. Insomma, vi può essere la tentazione di aggirare la soluzione di eventuali problemi, passando dallo Statuto al Regolamento o viceversa.
Come Verdi, siamo d'accordo e sosteniamo quanto proposto dal Consigliere Chiezzi sulla necessità che alla costruzione del nuovo Statuto debbano partecipare i rappresentanti degli enti locali, nei modi e nelle forme che sono state proposte dal Consigliere.
Un aspetto che vorrei sottolineare è il richiamo, che ho sentito più volte in quest'aula, ad un voto libero dalla disciplina di partito.
Certo, per me è facile dire che si dovrebbe essere liberi dalla disciplina di partito, visto che sono solo, però non vorrei, nello stesso tempo, che si spenda molta impegno nel ricordare, a parole, questo principio di libertà dalla disciplina di partito per poi dimenticarlo al momento del voto.
Mi auguro che su un tema così importante le affermazioni di principio trovino poi una loro applicazione pratica.
Sappiamo tutti che il cammino che iniziamo oggi avrà molti altri momenti di confronto e voglio sperare che il richiamo alla ragionevolezza e al dibattito sia poi applicato durante tutto l'iter legislativo e che le inevitabili difficoltà siano affrontate senza posizioni preconcette e lasciatemelo dire - senza troppi voti a colpi di maggioranza.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Moriconi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Brigandì; ne ha facoltà.
BRIGANDI' Signor Presidente del Consiglio, signori Assessori e colleghi, è evidente che questo dibattito ha solo un valore preliminare rispetto alle discussioni che verranno fatte quando entreremo nel merito di non se vogliamo un nuovo Statuto, ma di quale nuovo Statuto vogliamo.
Prima di ogni cosa, è opportuno sottolineare che io auguro una lunga vita a questa maggioranza, ma le alterne vicende possono prospettare facendo degli scongiuri - dei ribaltamenti. E io credo che le regole del gioco debbano essere valide per tutti.
Se cosi è, lo Statuto deve essere scritto da tutti, e quindi bisogna certamente avere una grossa attenzione alle esigenze della minoranza, che devono evidentemente dare il loro contributo di idee e di logica, e non certo di meccanismi atti a rallentare il processo di legiferazione dello Statuto. Quindi, ben vengano tutte quelle idee, quelle discussioni, quel dibattito politico che servirà ad arricchire questa legge importantissima che noi andiamo a fare.
Il mio Gruppo certamente sarà libero di votare come meglio ritiene opportuno, proprio per l'importanza che questo tipo di legge riveste, anche se so bene che, essendo forse il nuovo Statuto lo scopo fondamentale del Movimento che ho l'onore di rappresentare, e poiché tutti abbiamo delle idee sufficientemente chiare, probabilmente andremo all'unisono.
Ciononostante è importante dire qui, adesso, che i singoli Consiglieri hanno libertà di valutazione dei vari problemi.
Il federalismo è un discorso importante, che deve essere comunque valutato, perché, come abbiamo sentito qui, alcuni modelli non ci ispirano completamente.
Si è parlato del modello di federalismo dello Stato dell'Unione: è un modello di federalismo certamente migliore dei federalismi proposti dalle Unioni Sovietiche, però certamente non confacente a quello che noi riteniamo idoneo al fabbisogno dell'Italia.
Ritengo che noi dobbiamo pensare ad un federalismo di stampo europeo, e quindi non esclusivamente basato su questioni di carattere - la sinistra mi passi il termine obsoleto - capitalistico, ma su questioni di carattere sociale. Cioè, noi vogliamo proporre un federalismo che vada ad inserirsi in un più ampio progetto di carattere europeo per poter delineare l'esistenza di veri e propri popoli europei.
Quindi con l'intento di costruire non tanto un'Europa di nazioni quanto un'Europa di popoli, all'interno certamente delle singole nazioni e delle caratteristiche che, evidentemente, l'Italia, come nazione unita deve avere.
Dico questo per dire che noi non vogliamo e non proponiamo una riforma timida dello Statuto. L'obbligo che la legge ci dà a riformare questo Statuto non può essere un mero rimaneggiamento: deve essere una modifica profonda e fondamentale di questa Regione.
Non ci interessano le ripetizioni, in tutte le Regioni, dei modelli, ma ci interessa quello che noi abbiamo detto in campagna elettorale: essere padroni a casa nostra.
Ogni Regione, ogni luogo avrà la propria possibilità di stabilire le regole al proprio interno e noi vogliamo le nostre.
Penso alla Svizzera, che è una confederazione di più Stati, ma certamente i meccanismi di devoluzione dallo Stato alla gente non sono identici nei singoli Stati.
Quindi queste sono che credo dobbiamo tenere tutti a mente bene, perch non possiamo imporre ad altre Regioni il nostro modello. E noi vogliamo un modello del tutto autonomo, che si basa sul principio devolutivo assoluto cioè quello che i Comuni possono fare lo fanno fino a quando non c'è una cosa da fare che è portata allo stadio superiore, che saranno eventualmente le Province, o a livello regionale.
Noi abbiamo già dato la nostra proposta di modifica dello Statuto consegnando un disegno di legge. Voglio sottolineare che tutte le nostre proposte rassegnate oggi come proposta ufficiale del Movimento a cui ho l'onore di appartenere, esistono già in Italia, fanno già parte della legislazione dello Stato italiano.
Voglio dire, quando noi ipotizziamo il Presidente della Giunta come capo della polizia regionale non è una cosa che è al di fuori del mondo e che ci siamo inventati: è una cosa che esiste nella legislazione dello Stato italiano. Quindi, se è possibile in altre Regioni, può e deve essere possibile nella Regione Piemonte.
Quando noi riteniamo che il Presidente della Giunta debba far parte del Consiglio dei Ministri con possibilità di voto nel momento in cui il Consiglio dei Ministri delibera questioni attinenti alla Regione Piemonte non diamo una novità in assoluto, ma diamo un'impostazione che esiste nella legislazione.
A differenza, però, di come accade con la legislazione vigente, noi vorremo e pretenderemo che queste innovazioni vengano in concreto attuate.
Penso a questo come posso pensare, ad esempio, all'eventuale abolizione delle Province; norme che sono previste in alcuni Statuti regionali e che porterebbero all'indubbio beneficio di non avere più Prefetti, ma che di fatto poi non sono mai state applicate.
Quindi io ritengo che dobbiamo portare aventi queste istanze, così come dobbiamo portare avanti la proposta della sezione distaccata delle Magistrature superiori all'interno di questa Regione, oltre che per evidenti questioni di carattere logistico, al fine di dare alla gente una giustizia più certa, più immediata, più uniforme e più consona alle esigenze del territorio.
Queste sono le poche cose che volevo dire, per cui c'è ampio plauso alla delibera che si pone oggi in votazione.
Noi riteniamo certamente che debba essere costituita una Commissione che si occupi dello Statuto, ma soprattutto che se ne occupi a tempi brevi.
Colgo l'occasione della presenza del Presidente della Giunta per raccomandargli di individuare con urgenza soluzioni di modifica del Regolamento che, da una parte, garantiscano alla minoranza la possibilità di esprimere tutto quello che è giusto che esprima e, dall'altra, diano certezza alla maggioranza di non rimanere impantanata quando la minoranza non ha nulla da dire se non fatti di sterile melina.
Ringrazio per l'attenzione ed esprimo voto favorevole.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.
TAPPARO Presidente del Consiglio, Presidente della Giunta e colleghi, non si può non riconoscere che nel nostro Paese è in atto un processo volutamente graduale di avvicinamento ad una strutturazione federalista con trasformazioni che non possono sfuggirci, quale, ad esempio, quanto determinato dal trasferimento di compiti e di funzioni dallo Stato alle Regioni. Attraverso questo processo viene definita una riforma della struttura del Governo e della Presidenza del Consiglio che delinea per la prossima legislatura parlamentare undici Ministeri, perciò molte funzioni non saranno più gestite nella dimensione centrale e i Ministeri di riferimento per molte materie non saranno più necessari.
Certamente, è un processo graduale che incontra molte difficoltà soprattutto nella fase attuativa, ma delinea la necessità di non fare salti, di tenere il Paese insieme, osservando i processi economici e sociali come la necessità di avere un continuum che non subisca dei colpi.
Credo che l'annuncio di uno stato federale innanzi ad una situazione normale - non ad un evento bellico o ad una grande trasformazione o a grandi fatti - non sarebbe auspicabile e comunque realmente attuabile; gli interessi economici e sociali potrebbero temerlo. Anche l'approccio del Parlamento con la ripresa dei lavori in merito al titolo quinto della Costituzione, incorpora un necessario gradualismo.
Ieri, in un incontro dei Presidenti delle Regioni con i Presidenti delle Commissioni Affari Istituzionali della Camera e del Senato, si è potuto osservare il delinearsi di questo processo attraverso lo stralcio dei punti più significativi del titolo quinto, per poter arrivare, prima del termine della legislatura, ad elementi consistenti di realizzazione.
Credo che la fissazione delle competenze esclusive allo Stato auspicata, ma mai realizzata - rovesciando il meccanismo e la logica dell'art. 117, sia un elemento rilevantissimo che, insieme ad altri aspetti connessi all'operazione di stralcio, possa rappresentare un percorso concreto di trasformazione costituzionale per la costruzione graduale del federalismo. Certamente non possiamo "vendere" come federalismo il trasferimento di compiti e di funzioni - come pomposamente viene indicato il federalismo amministrativo a Costituzione invariata - e l'attuale ipotizzata trasformazionie della carta costituzionale. Sono certamente delle tappe di avvicinamento molto robuste, importanti, propedeutiche alla costruzione finale e necessarie per questo tipo di percorso.
Per lavorare in un clima costituente nella ridefinizione dello Statuto del Piemonte, credo occorra sostituire la normale dialettica presente nell'iter legislativo e nel dibattito sulle grandi scelte con qualcosa di diverso.
Se non raggiungeremo questo livello di sensibilità, saranno sempre operazioni astratte che, inevitabilmente, potranno essere esaltate in chiave elettoralistica, ma non saranno utili e producenti per la costruzione del patto che dovrà legare tutte le genti del Piemonte.
L'entrata di questa assemblea in una fase costituente, nella ridefinizione del suo Statuto, deve essere un atto eccezionale, che non pu non trovare - attraverso forme da individuare - solennità, rilevanza e riverbero in termini di coinvolgimento e di informazione delle nostre comunità.
E' riduttivo leggere il lavoro di modifica e di riscrittura dello Statuto soltanto in chiave di adeguamento alla riforma amministrativa e a quello che si realizzerà in termini di cambiamento della Costituzione.
Questa mattina, qualche consigliere citava la "missione", adesso è un termine di moda - a volte, le epoche ci offrono termini di moda, ma, oggi tutti parlano delle missioni: sia le imprese e sia i grandi enti pubblici Ma se è giusto dire qual è la missione che in questa fase storica si dà il Piemonte, in una prospettiva di propria originalità, che cerca di interpretare e proiettare le proprie specificità nella sua carta costituzionale regionale e nella attuazione della riforma amministrativa non è possibile fornire la spinta e il combustibile adeguato per la costruzione di una missione visibile.
In questo senso, occorre avere coraggio per interpretare le nostre potenzialità e ambizioni, stabilire il percorso, per riuscire a incardinare nella nuova formulazione della carta, del patto, come dicevo, che lega le genti del Piemonte, che è lo Statuto. Statuto che con la Legge Costituzionale n. 1/99 assume un rango ben più alto di quello che poteva avere lo Statuto lasciatoci dai nostri predecessori nella elaborazione fatta durante la prima legislatura.
Dobbiamo fare un'impegnativa operazione di smontaggio e rimontaggio perché se la nostra carta costituzionale regionale deve avere questi caratteri forti, non può contenere di tutto, come, ad esempio, le procedure per le interrogazioni. Ci dovrà essere uno Statuto dei principi, delle grandi linee guida regolatrici della nostra convivenza e un regolamento che delinei l'organizzazione della vita politica dell'assemblea massima del Piemonte.
Sentivo parlare poco fa di uno Statuto a sensibilità liberale. In effetti noi dovremo costruire uno Statuto che sappia coniugare la libertà con la giustizia sociale e con la capacità di offrire un ampio spettro di opportunità alla stessa portata di tutti i cittadini. Dobbiamo anche saper chiarire il principio di sussidiarietà.
Questo è un aspetto forte e l'assemblea, che non deve muoversi in modo autarchico ed egoistico, deve dirlo chiaramente: con i processi economici in corso - pensate che l'industria aeronautica non ha nemmeno più una base nazionale - è chiaro che non possiamo pensare che la somma delle politiche delle città possa rappresentare l'insieme della politica di una Regione. La Regione deve saper esprimere una guida d'insieme.
Qual è questo elemento guida? Nella nostra storia regionale vi era il criterio della programmazione, capace di mettere i pezzi dello sviluppo insieme, di ordinarli e di individuare il percorso sul quale i Comuni devono esprimere coerenza nel loro sviluppo. Normalmente pare una cosa logica, ma è chiaro che oggi, in un sistema in cui si tende, giustamente, a valorizzare lo sviluppo locale, non possiamo nemmeno pensare che un Paese ed una Regione tra i più importanti del mondo possa ritenere che il suo sviluppo sia semplicemente dato dalla sommatoria di tanti microsviluppi locali. Ci vuole un'anima, una guida per il proprio sviluppo, e la Regione la deve esprimere in qualche modo.
Con questo non si menoma la sussidiarietà. Non può pensare, ad esempio che ogni realtà locale crei la propria area industriale attrezzata a ruota libera, ma occorre un elemento ordinatore, di guida.
Tra l'altro qui si inserisce il discorso del federalismo fiscale, che è un aspetto molto delicato, il quale, è chiaro, deve restare incardinato nella Regione con un ruolo importante, per poter poi avere la forza di esprimere le capacità ed autorità di guida.
Ricordo la mia esperienza come Assessore all'industria in questa Regione all'inizio degli anni Ottanta. Ho constatato in tale periodo che i più grandi oppositori che non ritenevano che, ad esempio, la politica industriale dovesse essere in chiave regionale, erano la Confindustria, i grandi interessi economici organizzati e le grandi industrie (letto in chiave schematica, sono settori posti a destra).
Ma tali interessi, oggi, dopo aver perseguito un discorso antistatalistico, oggi si sono un po' intimoriti e adesso stanno frenando come probabilmente freneranno molti altri nei partiti del Polo. Trovare un punto di equilibrio tra capacità di esprimere delle politiche di rango regionale con quelle di livello nazionale e comunitario è un punto qualificante, come dicevo, è una parte della missione; il pezzo di missione che noi dobbiamo individuare e che qualifica, che dà la caratteristica, che ci distinguerà dalle Puglie, dalla Calabria, da altre regioni. E' la possibilità di personalizzare il nostro Statuto che ci viene data come opportunità.
Vorrei ribadire che il federalismo - mi dispiace non essere d'accordo in questo col collega Palma - non è solo un contenitore ordinamentale in cui muoversi, ma deve essere un qualcosa che permetta di far esprimere le nostre caratteristiche, che sono, non viste con carattere museale, la nostra storia, la nostra cultura, il nostro patrimonio linguistico, che si intreccia con nuove energie che arrivano nella nostra comunità e che sanno darne un disegno preciso e non una "marmellata", che sanno dare un'identità e non una sommatoria casuale. Questo è il senso profondo che dovrebbe interpretare la nostra Carta, lo Statuto del Piemonte.
In questo senso, credo che dovremmo, con coraggio, recuperare un po' il ruolo del Consiglio regionale (di tutte le assemblee), che ritengo, in fase di ubriacatura antiassembleare dalla fine degli anni Ottanta e materializzata all'inizio degli anni Novanta, ha tagliato le gambe al ruolo delle assemblee elettive come un momento sensibile di sensore diffuso nella società, capace di cogliere le esigenze, le proiezioni e le potenzialità delle Regioni e dei Comuni. Credo che vada definito in questo Statuto, così come la questione sul referendum consuntivo, che è un elemento importante.
Concludo dicendo che la Commissione per lo Statuto seleziona gli elementi costitutivi di un percorso, ma è l'assemblea che vive in fase costituente, che sa poi, in un dibattito all'altezza, poterli porgere, in modo solenne e forte, alla nostra comunità.
Dobbiamo fare questo percorso intrecciandolo insieme agli abitanti del Piemonte, non viverlo in una specie di "torre d'avorio", se così si pu definire, comunque al chiuso, non all'aperto, in rapporto con la gente della nostra Regione.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Tapparo.
La parola al Consigliere Marengo; ne ha facoltà.
MARENGO Carissimi Presidenti di Consiglio e di Giunta, cari colleghi, credo che il consigliere Tapparo, nell'accennare al federalismo abbia colto abbastanza nel segno, in quanto non ritengo che si possa parlare, in questo stato attuale, in questo momento attuale, di federalismo. Il concetto di federalismo prevede, in maniera semplificata, che più soggetti unitari preesistenti si uniscono tra loro con una Carta federale mettendo in comune la gestione di alcune problematiche di carattere sovraunitario.
Qui, invece, stiamo parlando di passare da un sistema unitario, che è la nazione Italia, a un sistema a gestione di problematiche di livello inferiore suddiviso, quindi non si può parlare di federalismo.
Il concetto del federalismo nasce nel '700 con Milton e prevedeva che più stati esistenti, più stati di per sé unitari e autonomi si mettessero insieme sottoscrivendo una Carta federale. Qui stiamo parlando dell'esatto inverso: vogliamo, cioè, passare da un'unitarietà esistente a una pluralità non ancora esistente ma da costruire.
La devoluzione, o devolution, è un qualcosa che nulla significa, nulla vuol dire. Si tratta di un concetto giuridico spagnolo del '600, che prevedeva l'incapacità femminile di accedere all'eredità se non in forma di usufrutto su tutti i beni: questo vuol dire devoluzione. Non ha un significato politico, gli è stato dato forse in questi ultimi mesi più che anni, forse perché qualcuno si è accorto che parlare di federalismo spaccando un'unità per arrivare a tante singole unità, era un qualcosa che andava contro il concetto stesso di federalismo. Così siamo passati alla devolution.
Devolution ha questa radice nella giurisprudenza spagnola del '600. Non ha avuto un significato politico se non nella guerra per l'indipendenza dei Passi Bassi conclusasi nel 1648, la cosiddetta "guerra di devulozione". Si basava, infatti, su questo concetto, secondo cui la Regina di Spagna non poteva avere la titolarità dei Paesi Bassi, ma avrebbe dovuto avere solo l'uso, l'utilizzo dei detti Passi Bassi. Da ciò il concetto di "devoluzione". L'unica volta, quindi, che in politica si è parlato di devoluzione, è stato in occasione di quella guerra.
Farei un breve accenno sulla questione del decentramento di poteri dallo Stato ai livelli più bassi, che corrisponde al concetto di sussidiarietà, che non è né un concetto di federalismo, né di devolution ma è il normalissimo concetto di sussidiarietà, secondo cui le problematiche devono essere gestite e valutate al livello più vicino ove sorgono.
Si tratta di un principio che assolutamente sento di condividere o meglio, mi sento di condividere fino a un certo punto: se noi parliamo di sussidiarietà, allora dovremmo dare dei poteri molto forti a tutti i livelli, dalle circoscrizioni in avanti, perché se accettiamo in toto questo concetto, vuol dire che il livello più vicino al problema deve decidere sulla questione. Ora sappiamo anche che ciò porterebbe a un'incapacità gestionale, perché comunque occorre qualcosa che sappia organizzare e amministrare tali problemi, che, seppur vicini a un certo livello, hanno un interesse ben maggiore. Mi viene in mente, a titolo di esempio, forse neanche troppo attinente, il problema delle discariche: se non ci fosse un livello superiore che lo gestisce, ogni Comune respingerebbe l'ubicazione di eventuali discariche nel territorio di propria competenza. In tal caso, secondo il principio di sussidiarietà ogni potere sarebbe in ambito comunale e andremmo incontro a delle problematiche non altrimenti risolvibili.
Tornando al discorso centrale, credo che la Regione, oggi come oggi sul problema della sussidiarietà debba porsi come livello minimo rispetto allo Stato, che rappresenta, invece, il livello massimo. Non credo che occorra fare un passaggio ulteriore, un passaggio verso le Province e verso i Comuni. Ritengo che due livelli siano più che sufficienti per dare organicità e possibilità di decidere su scenari più ampi dei microscenari nazionali (ovviamente, questo significa decentrare una serie di poteri).
La sussidiarietà ha in sé un altro punto: la responsabilità finanziaria, elemento fondamentale. Fare della facile demagogia, accusando "Roma ladrona" quando la spesa viene gestita e decisa a livello regionale mi sembra un po' forzato. Dobbiamo unire alla capacità decisionale locale anche la responsabilità finanziaria ed economica.
Si parla di federalismo fiscale, ma la parola federalismo è molto difficile da unire alla parola fiscale; "fiscale" e "federalismo" non sono facilmente coniugabili tra loro: federalismo è un sistema, fiscale è una componente attraverso cui lo Stato sopravvive.
Credo occorra ragionare sul gettito in sede locale, unendo al gettito il principio della solidarietà verso altre Regioni, rifacendoci al modello tedesco dove vige un sistema di solidarietà orizzontale. Non è lo Stato che trasferisce alle Regioni che non hanno capacità autonoma patrimoniale, ma altre Regioni, dotate di tale capacità, che devolvono a quelle che ne sono prive. Su tale sistema sono d'accordo. Sono altrettanto d'accordo sul fatto che nel nostro sistema sopravvivano Enti inutili, da abolire. Ad esempio condivido totalmente a che la Provincia perda la propria funzione.
Fatto questo brevissimo preambolo, che richiederebbe uno sviluppo più ampio, relativamente all'istituenda Commissione credo che questa debba lavorare in "sessantesimi" e non in "quarantesimi", ovvero non a colpi di maggioranza, ma su un dibattito comune a tutti, nelle opposte visioni del problema. Il lavoro della Commissione deve coinvolgere tutti alla ricerca di un qualcosa che ci dia un futuro, che crei un ulteriore momento epocale della storia italiana da aggiungere ai tre del passato: il momento ottecentesco, il momento fascista, il momento del democentralismo cattolico. A questo punto, ben venga un grande dibattito che ci veda tutti partecipi.
La Commissione deve lavorare su due livelli. Un livello minimo, pur importantissimo - non meno importante del livello massimo - che è l'ammodernamento dello Statuto, raccogliendo quanto è possibile raccogliere in termini di delegificazione, di trasparenza degli atti, di diminuzione delle spese e di apparato. Questioni sulle quali la Commissione pu ragionare e ben proporre all'aula al di fuori di grandi operazioni costituzionali.
Ma la Commissione deve anche lavorare su livello massimo; condivido perfettamente e totalmente quanto ha detto in precedenza il Consigliere Ghiglia: occorre arrivare ad una autonomia regionale che effettivamente consenta - sempre nel rispetto assoluto di unitarietà della Nazione - ad ogni Regione di avere una propria identità, di lavorare sulle proprie necessità, sulle proprie aspirazioni, scollegate da aspirazioni che non le sono proprie.
La Commissione deve svolgere un grande lavoro su livello minimo per arrivare, in tempi brevissimi, ad una proposta di Statuto, ad una discussione sui livelli di trasparenza degli atti, di burocratizzazione e via dicendo; inoltre, deve portare in quest'aula un grande dibattito che torno a dire, deve avere un risultato in "sessantesimi" e non in "quarantesimi", su quello che dovrà essere l'impegno, che condivido, di chiedere una modifica costituzionale per arrivare al Piemonte Regione autonoma.
Relativamente alla guida della Commissione, credo che, siccome non si tratta di commissione di controllo, sia fatto democratico che la maggioranza la presieda. Non credo che la guida della maggioranza possa limitare la Commissione nella sua capacità di discussione e d'esame. Non è opportuno immaginare la Commissione Statuto senza guida della maggioranza.
Non condivido eventuali opzioni diverse da queste.
Spero che la Commissione, nell'andare a dibattere, cerchi di analizzare le necessità del Piemonte di oggi e del Piemonte di domani e non si arrocchi su dibattiti di recuperi, di tradizioni, di cultura e di sensibilità del tempo passato, che forse servirebbero a dividere e a togliere la capacità di discutere in "sessantesimi", anziché in "quarantesimi".



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare la Consigliere Manica; ne ha facoltà.
MANICA Nel corso della giornata c'è stato un ampio e articolato dibattito sulla materia in esame su cui sono intervenuti i Consiglieri dei vari Gruppi e non solo quelli del centrosinistra e di quanti avevano richiesto la convocazione di questo Consiglio, stante l'importanza del dibattito.
Riteniamo un risultato importante, a fronte anche di quella nostra richiesta di convocazione, il fatto che al dibattito abbia partecipato in modo corale e ampio l'intero Consiglio regionale. D'altronde, era quanto ci proponevamo nel momento in cui abbiamo assunto l'iniziativa: non pensavamo certo ad un'iniziativa di parte. Su un materia di questa importanza e sulla rilevanza della riscrittura delle regole costituzionali per la nostra Regione, volevamo avere un dibattito ampio, in una sede solenne, quale quella del Consiglio regionale.
La modifica dell'art. 123 della Costituzione, contenuto all'art. 3 della legge n. 1 del 22 novembre 1999, ci assegna un compito di grande rilievo. L'articolo, infatti, recita che ciascuna "Regione ha uno Statuto che, in armonia alla Costituzione, determina forme di governo, i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento e regola l'esercizio del diritto di iniziativa del referendum".
Attenendoci al testo dell'art. 3, quindi alla necessità di una carta fondamentale che, in armonia con la Costituzione, determini forme di Governo, principi fondamentali di organizzazione e funzionamento di una Regione, si pone per noi, immediatamente, un problema di grosso rilievo: sulla base di quale contenuti prima, e poi attraverso quali strade e quali percorsi noi addiveniamo ad un compito così importante, quale quello dell'art. 123 della Costituzione.
Dal dibattito svoltosi oggi in quest'aula emerge che la strada più utile da intraprendere sia quella condivisa anche dai Presidenti delle Regioni nel documento del 15 giugno 2000. Documento dove, partendo dalla realtà politica, profondamente modificatasi, per l'assetto politico istituzionale delle Regioni e dello stesso Paese, determinata con l'elezione diretta dei Presidenti delle Giunte del 16 aprile 2000, i Presidente hanno preso atto di come le quindici Regioni a Statuto ordinario del nostro Paese abbiano oggi dei governi stabili con Presidenti eletti attraverso una forma diretta, con un mandato stabile a governare fino al 2005 e che questa elezione diretta ha nei fatti rappresentato e rideterminato un rapporto nuovo da un lato tra la Regione e i cittadini e dall'altro lato nei fatti anche tra le Regioni, i Presidenti delle Regioni e lo Stato centrale.
E' indubitabile che la legge costituzione n. 1/99 e le elezioni del 16 aprile determinano un fatto significativo: determinare da un lato strumenti e carte costituzionali che ridefiniscono sia i rapporti con il territorio sia forme di autogoverno. Nello stesso tempo determinano una necessità di rifondazione del rapporto tra lo Stato nazionale e il ruolo delle Regioni in una prospettiva di tipo federalista.
Noi ci troviamo, in questo momento, di fronte ad un quesito. Istituiamo una Commissione per scrivere un nuovo Statuto. Tale Commissione scrive un nuovo Statuto nei termini proposti e definiti dalla legge costituzionale n.
1/99. Sappiamo perfettamente che una rilettura ampia, in termini federalisti, necessita della modifica del titolo V della Costituzione.
Pertanto - ripeto - la strada da seguire è quella condivisa dai Presidenti delle Regioni, non solo in un loro documento, ma anche nel recente incontro di ieri tra i Presidenti delle stesse e la Commissione Affari Costituzionali.
Nel loro documento i Presidenti rendono noto che, qualora il Parlamento decida di procedere alla riforma costituzionale stralcio, così proposta quindi stralciando le proposte sul federalismo fiscale e procedendo tempestivamente ad una riforma costituzionale - fatte salve le materie di esclusiva competenza dello Stato, forme speciali di autonomia, in ordine a scuola, sicurezza, politiche del lavoro ecc. - le Regioni si impegneranno fin dai prossimi mesi, a presentare una proposta di riforma costituzionale.
A tale fine, per assicurare un'integrazione coerente tra la fase costituente delle nuove Regioni e la trasformazione istituzionale dello Stato, i Presidenti delle Regioni si impegneranno a ricercare un nucleo di principi fondamentali comuni nei nuovi Statuti regionali.
Mi pare questa un'assunzione di impegno di grande importanza che pu fornire a noi la seguente indicazione: costituiamo la Commissione, mettiamo mano al nuovo Statuto, lavoriamo in modo coerente a tutti i livelli, come i Presidenti delle Regioni si sono proposti per giungere, al più presto possibile, ad una riforma costituzionale stralcio che già consentirebbe di lavorare in condizioni più serie e più avanzate.
Stante le condizioni attuali mi sembra, dal punto di vista dei contenuti, che occorra fare delle riflessioni.
La modifica della Costituzione, avvenuta attraverso la legge costituzionale n. 1/99, implica già la necessità, da parte nostra, di ragionare su uno scenario importante e complesso. Uno scenario che ha di fronte uno Statuto che non considera - lo abbiamo detto in molti solamente l'Ente Regione in senso generale, ma pensa alla definizione strategica del ruolo della Regione nei confronti di se stessa e dei propri amministrati e nei confronti del Governo nazionale.
Ci sono comunque alcune priorità da considerare: la prima riguarda le forme di governo. E' del tutto evidente che quando ci poniamo, oggi, la questione delle forme di governo, non possiamo prescindere dal fatto che i rapporti Giunta-Consiglio - in una fase in cui la rappresentanza da parte dei cittadini non è una rappresentanza mediata attraverso i compiti diretti del Consiglio, ma immediata al momento in cui avviene l'elezione diretta del Presidente - si devono ridefinire e rideterminare.
Quali sono, quindi, i ruoli di governo degli esecutivi? Quali sono, in che modo e come si esercitano i compiti di indirizzo del Consiglio? Ci sono varie riflessioni da fare in tale direzione che non voglio anticipare, mi limito a citare i titoli: ridefinire i compiti di indirizzo e i compiti di controllo; ridefinire le Commissioni specifiche che controllano gli atti e la legittimità degli atti stessi.
L'altro titolo che vorrei evidenziare, oltre a quella delle forme di governo e del rapporto Giunta-Consiglio, momento del governo e momento dell'indirizzo, è quello dei temi relativi alla partecipazione.
Il ruolo della partecipazione è del tutto diverso in un sistema nel quale i cittadini hanno una rappresentanza mediata, attraverso il ruolo dell'Assemblea, rispetto ad un sistema in cui il corpo elettorale pu assumere una funzione di indirizzo.
Sono d'accordo con quanti hanno sostenuto che la partecipazione, oggi nel momento in cui l'assumiamo, scrivendo le nuove regole dello Statuto e la nuova Costituzione, debba essere pensata come un canale di ampliamento vero dei ruoli delle cittadine e dei cittadini. La stessa attenzione va prestata ai grandi temi della concertazione e della negoziazione.
Pertanto, ripeto, vanno nuovamente analizzati i rapporti Regione-Enti locali: questi ultimi non devono essere considerati solo terminali periferici del ruolo strategico assegnato alla Regione, di questa nuova Regione che assume per sé il concetto della massima partecipazione dei cittadini che ha una nuova importanza, nei confronti dello Stato nazionale per la riscrittura di regole fondamentali, ma anche un ruolo fondamentale nei confronti della Comunità europea.
Avevamo già riflettuto su questa materia, su come inserire a livello statutario una norma di scorrimento, cioè una clausola di adeguamento automatico, a livello regionale, delle norme comunitarie immediatamente applicabili e di altri strumenti ed elementi per i quali la Regione svolge all'interno della Comunità europea, ruoli diversi.
Queste sono senz'altro delle questioni importanti inserite nell'agenda di merito e dei contenuti.
Mi sembra, però, che a questo punto l'elemento fondamentale sia come noi concludiamo l'ampio dibattito che abbiamo svolto in aula oggi. Penso che al mio intervento seguiranno quelli del Presidente della Giunta regionale e del Presidente del Consiglio. Ciò che desideriamo comprendere è: come e in che termini si conclude questo dibattito? Con un'assunzione da parte dell'intero Consiglio, attraverso un ordine del giorno, di alcuni principi generali sulla nuova fase politica e amministrativa, sui nuovi compiti assegnatici nella riscrittura dello Statuto, sulla nuova fase costituente? Con un ordine del giorno di siffatta natura in cui si afferma che si demanda ad una deliberazione successiva l'istituzione della Commissione, specificando come e in che modo avverrà tale istituzione? Siamo molto interessati a capire tutto questo, come anche ci piacerebbe comprendere meglio certe questioni emerse nel dibattito di oggi in modo differente e distante. Il Capogruppo di Alleanza Nazionale ha posto una domanda: "Statuto o proposta di riforma costituzionale al Parlamento per la Regione Autonoma?" Molti di noi dell'opposizione (ma con riscontri anche nella maggioranza) hanno fatto una proposta e avanzato un percorso. Un'ulteriore questione è stata posta, quella del coinvolgimento della Comunità, che il Capogruppo Ghiglia ha definito coinvolgimento" di secondo grado. Noi siamo propensi a forme più compiute, alte e sostanziali di coinvolgimento.
E' stata anche posta la questione del rapporto tra il Regolamento e lo Statuto. Il Capogruppo di Alleanza Nazionale ha detto: "Prima il Regolamento, poi lo Statuto". Ci è parso di cogliere una desincronizzazione: forse abbiamo capito male, ma noi siamo per una "sincronia" tra i due momenti, ritenendo - tra l'altro - lo Statuto sovraordinato al Regolamento.
Abbiamo apprezzato la proposta di un dibattito che coinvolga tutti perché le regole sono per tutti e scritte da tutti, e l'idea della contemporaneità del dibattito tra Statuto e Regolamento. Ci attendiamo risposte concrete dalla realtà di questo percorso, condivisibile e apprezzabile più di quanto non sia la proposta di un referendum consultivo che potrebbe, invece, creare ostacoli particolari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mercurio.
MERCURIO Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Giunta regionale e colleghi, a questo punto del dibattito sarò molto schematico e mi limiterò a fare solo brevissime considerazioni.
Purtroppo non ho potuto ascoltare gli interventi di tutti i colleghi per questo non se la prendano gli altri colleghi se citerò soltanto gli interventi dei Consiglieri Marengo e Marcenaro, che ho sentito stamattina.
I due interventi, messi insieme, sono condivisibili al 99%. L'1% che non mi vede d'accordo lo riscontro nell'intervento del Consigliere Marengo precisamente quando Marengo afferma, a conclusione del suo intervento, che lui è propenso ad una Regione a Statuto speciale.
Ho già detto, in occasione del primo incontro del Consiglio regionale che il Piemonte non è né la Valle D'Aosta né un'altra Regione a Statuto speciale. Gli Statuti di queste Regioni sono nati una cinquantina di anni fa, per ragioni storiche ben precise, che non mi sembra il caso di richiamare qui.
Ho già fatto, e voglio ancora fare, alcune brevi considerazioni. Il Piemonte è la Regione più importante in Italia, dal punto di vista finanziario e industriale. E allora, in che cosa vuole ancora essere "speciale" rispetto alle altre Regioni d'Italia, che non sono né le prime né le seconde, forse nemmeno le quindicesime? Il Piemonte è una delle aree più forti economicamente e finanziariamente, non solo dell'Italia ma dell'Europa tutta, ha costruito la "nazione" Italia! Ho anche ascoltato parte dell'intervento del collega Ghiglia. Mi sembra che nelle sue parole il Piemonte, da Regione a Statuto speciale sia passato a Regione Autonoma. Non è questo, credo, il fine che si è posto questa Assemblea. Vorrei ancora dire di più: noi abbiamo un Presidente della Giunta che, da piemontese, fa l'italiano: anche in questo il Piemonte è speciale! La nostra Regione è speciale già per moltissimi aspetti, in cosa vuole essere ancora speciale? Nel comprare lo zucchero pagandolo un po' meno, come avviene in Valle D'Aosta, nell'acquistare il caffè ad un prezzo minore? Dovremmo chiedere agli amici della Sicilia, per capire cosa hanno loro di speciale! Dovremmo mettere meno enfasi nei nostri discorsi, e limitarci a scrivere lo Statuto che - per quanto mi riguarda - deve ancora chiamarsi "Statuto della Regione Piemonte".
Punto.
Non mettiamo tanta enfasi, non inventiamo parole, non torniamo indietro nei secoli alla ricerca di chissà cosa, fino ad arrivare alla Guerra delle due Rose! Limitiamoci (l'ho detto nella prima riunione di Consiglio, lo ripeto ancora) al rispetto dell'art. 5 della Costituzione. Il contesto in cui lo Statuto deve essere modificato è quello della Costituzione, da cui nella gerarchia delle fonti, discende lo Statuto, che dobbiamo chiamare "Statuto" e basta! I bravi sudditi, un secolo e mezzo fa, hanno chiamato "Statuto" anche lo Statuto Albertino.
Siamo di fronte ad un decentramento. Certo, alla fine, tutto sarà "federalismo": una volta realizzato ciò che intendiamo realizzare, il federalismo e il decentramento finiranno con il coincidere. In sostanza non vedo, nella maniera più assoluta, diversità sostanziali di posizioni nel dibattito di oggi, a meno che non vogliamo inventarle! A meno che non vogliamo inventare aggettivi nuovi o scoprire l'acqua calda! Concludendo, posso dirmi molto soddisfatto per come è andato il dibattito. Dal dibattito sono emersi elementi di analisi profondi, per affrontare in modo serio ed adeguato alla sua importanza il momento costitutivo del nuovo Statuto.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Ghigo.
GHIGO, Presidente della Giunta regionale Colleghi Consiglieri, cercherò, nel mio intervento, di darvi delle indicazioni (per il ruolo che mi è stato assegnato) sul dibattito che in questo momento si sta svolgendo a livello nazionale, facendo ben attenzione a non "sovrappormi" al ruolo e al compito legislativo che è proprio di questa Assemblea e a cui l'Assemblea sta assolvendo in maniera encomiabile svolgendo un dibattito e un confronto su una tematica così importante quale la riforma dello Statuto.
Prima di entrare nel merito, credo valga la pena fare un passo indietro e ricordare - anche se è stato citato, in senso non particolarmente positivo, il lavoro svolto dalla Commissione Statuto della passata legislatura - ciò che, obiettivamente, la Commissione Statuto dovrebbe realizzare in questa legislatura, perché sono emerse considerazioni interessanti e significative.
Senza volermi sovrapporre, tenterò, per dare il mio contributo al dibattito di quest'aula, in relazione alle esperienze che sto vivendo, di mettere - non dico ordine perché è già stato fatto ed è sicuramente merito di tutti voi - a fuoco alcuni aspetti di procedura temporale che obiettivamente, potrebbero fornire un contributo essenziale allo svolgimento dei lavori della Commissione che, credo, voi - come Consigliere voterò anch'io - deciderete di costituire, anzi, me lo auguro.
Credo che la Commissione dovrà definire il sistema elettorale regionale: è un tema di particolare respiro e significato.
Noi Presidenti delle Giunte regionali ci auguriamo che sul tema dello Statuto, come su altri temi, si possano trovare non una convergenza o un'omologazione, ma linee comuni. E' ovvio - credo su questo dobbiate convenire anche voi - che non possiamo ipotizzare o pensare che nel 2005 le Regioni italiane votino con quindici diversi metodi elettorali indubbiamente, senza voler togliere autonomia ad alcuna Regione, credo sia auspicabile qualche linea di principio comune.
Definire i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e dei componenti della Giunta - sono i compiti, per certi versi, di routine approvare lo Statuto con legge regionale senza l'apposizione del visto da parte del Commissario di Governo, sono i compiti affidati dalla riforma costituzionale n. 1/99, che ha permesso l'elezione diretta del Presidente prevedendo, all'art. 3, uno Statuto regionale in armonia con la Costituzione.
Su questo aspetto, c'è il primo distinguo che vorrei porre alla vostra attenzione perché non è di poco conto. In queste settimane - anche nel dibattito odierno c'è stato qualche accenno in questo senso e credo sia un aspetto da mettere in particolare evidenza - qualcuno ha detto: "Noi faremo un Statuto al di là della Costituzione".
Interpretiamo bene il significato di "al di là della Costituzione". Non significa contro la costituzione. Nessuno - evidentemente, neanche i Presidenti delle Regioni più "barricadieri" - intendeva dare un'interpretazione di questo genere alle loro parole.
Diciamo che - ed è questa la riflessione che si collegherà alle considerazioni che farò sulle azioni che i Presidenti delle Regioni hanno realizzato attraverso la presentazione di un documento congiunto il 15 giugno - obiettivamente, lavorare alla realizzazione di uno Statuto sull'attuale Costituzione è un esercizio che potrebbe, per certi versi sembrare riduttivo, in quanto lo Statuto attuale, quello che regola la Regione Piemonte, è il frutto del periodo costituente del 1970.
L'affermazione "al di là della Costituzione" significa ipotizzare una riforma costituzionale e prevedere la stesura di uno Statuto conforme ad una nuova Costituzione, ma non contro la stessa. Credo che questa sottolineatura fosse dovuta a me, come, d'altro canto, anche in alcuni interventi oggi è stato rappresentato.
Noi siamo di fronte ad un bivio non di poco conto: operiamo in questa Commissione formulando uno Statuto che, naturalmente, se fatto adesso, non può essere conforme che alla Costituzione vigente, oppure formuliamo uno Statuto, rischiando di fare un esercizio puramente teorico, su una Costituzione che non sappiamo se verrà riformata dall'attuale Parlamento anche su questo, ogni tanto, si fa confusione, perché è il Parlamento e non il Governo che opera le riforme costituzionali.
Credo che quelle affermazioni si debbano interpretare in senso di proiezione, anche se, onestamente, ritengo sarebbe un esercizio di grande difficoltà, perché pensare ad uno Statuto su una Costituzione che non esiste - ma che tutti noi auspichiamo, in senso di riforma federale del nostro Stato - diventa, obiettivamente, difficile.
Allora, noi Presidenti delle Regioni cosa abbiamo convenuto, quali riflessioni abbiamo fatto? Voi potete prendere tutti i documenti - anzi, sarebbe opportuno che la mia segreteria li fornisca al Consiglio - che noi nel corso della passata legislatura abbiamo proposto, come Conferenza dei Presidenti, nelle varie sedi istituzionali, in primis la Bicamerale, dove presentammo una proposta di riforma in senso federale, che prevedeva tutti quegli elementi di cui oggi si discute. In primi, indubbiamente, l'elemento fondamentale per considerare una riforma costituzionale in senso federale è la costituzione della Camera degli enti locali, perché, ovviamente, quello è l'elemento di forte distinzione e caratterizzazione della riforma. La Bicamerale è andata come è andata, non è il caso di aprire polemiche sui motivi per i quali non ha potuto realizzare il proprio lavoro. Nella fase successiva, ci siamo trovati di fronte ad una proposta di riforma presentata dal Presidente del Consiglio, Amato. Su questa proposta di riforma, che di fatto era già una riforma pseudostralcio, perché non prevedeva, per esempio, l'elemento fondamentale, al quale noi continuiamo a dare prioritaria importanza, che è quello della costituzione della Camera delle autonomie locali.
Successivamente, la Commissione, cioè il Parlamento, ha prodotto il testo di questo disegno di legge. Testo che - per chi ha avuto modo di leggerlo ha sicuramente, nel suo articolato, degli elementi di particolare importanza, ma che non rappresenta di per sé, proprio perché figlio del documento presentato dal Governo Amato, un elemento di significativa soddisfazione in relazione all'obiettivo primario che noi abbiamo sempre perseguito - quando dico noi parlo dei Presidenti delle Regioni - ovvero una riforma vera, concreta, in senso federale del nostro Stato.
Allora, vista la contingenza dei tempi, vista la necessità di dotarci di strumenti che permettano ai Consigli regionali, alle assemblee - perci ci permettano - di lavorare su dati certi e su norme che, obiettivamente per la loro portata, possano rappresentare elementi di partenza per sviluppare in senso autonomo la realizzazione di uno Statuto veramente innovativo rispetto al passato, noi abbiamo elaborato una proposta attraverso un documento votato all'unanimità dai Presidenti delle Regioni.
Con ciò intendo dire quelli del centro sinistra e quelli del centro destra, perché - e questo è un fatto sicuramente positivo - nell'ambito della Conferenza dei Presidenti, sia pure con qualche sforzo e con qualche distinguo, si cerca, al di là delle appartenenze politiche, di assumere delle posizioni che siano nell'interesse degli Enti che noi rappresentiamo a prescindere dall'appartenenza politica che ci ha espresso, chiaramente non dimenticandola (questo è ovvio).
In questo documento, noi diciamo: "Bene, ci rendiamo conto che il processo di riforma in senso federale è un processo difficile, lungo probabilmente non esistono i tempi per affrontarlo; tuttavia vediamo che cosa è possibile fare in questo breve tempo che rimane da oggi alla fine della legislatura per tentare di dare qualche segnale. Segnale che non deve essere interpretato - lo sottolineo in maniera chiara - come un surrogato di riforma in senso federale dello Stato, né tanto meno deve essere, cosa ancora peggiore, interpretata come una riforma in senso federale dello Stato. No: sono due cose completamente diverse; stiamo parlando di due aspetti completamente diversi.
Questo è quanto è emerso nella riunione che abbiamo avuto nella Commissione Affari costituzionali, Comitato ristretto dei nove, Presidente l'on. Jervolino, la quale ha recepito le istanze che le Regioni hanno a lei portato; ha reso disponibile la Commissione a recepire emendamenti sui punti di cui vi dirò poi e che sono in discussione; naturalmente, ha accettato l'aspetto - lo dico in maniera chiara - che per le Regioni governate dalla Casa delle Libertà era essenziale che il titolo del disegno di legge viene modificato da "Riforma in senso federalista dello Stato" a "Riforma di quattro articoli della Costituzione", che sono i quattro articoli che rappresentano un elemento assolutamente propedeutico ad iniziare quel processo di riforma in senso federale dello Stato.
Quali sono questi quattro punti? Sono l'art. 117 che, come voi sapete è quello che prevede l'elenco delle materie concorrenti, cioè le materie di competenza specifica delle Regioni e le materie che invece devono rimanere di competenza dello Stato.
Questo disegno di legge ha degli elementi sui quali noi già abbiamo posto delle osservazioni; osservazioni che sembrano trovare una certa qual disponibilità, ma comunque nella Conferenza dei Presidenti di giovedì i Presidenti elaboreranno degli emendamenti che verranno poi presentati nell'ambito di questa Commissione Per darvi qualche elemento, dico che nel testo di legge il punto m) prevede che l'istruzione universitaria rimanga materia di competenza dello Stato, e noi chiediamo invece che su questa materia ci sia la competenza regionale; la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali è un altro elemento del quale noi specificatamente, come Regioni, chiediamo il trasferimento. Considerate che, nell'ambito di questo elenco, esistono già sanità, istruzione e non esiste invece l'aspetto legato alle politiche della sicurezza, che chiediamo vengano inserite nel contesto di quelle materie che le Regioni dovrebbero avere la possibilità di gestire.
Attenzione, quando si dice questo non si parla chiaramente di ordine pubblico - vorrei essere preciso e chiaro - ma si parla di un ruolo delle Regioni negli strumenti legislativi relativi alla sicurezza integrata del territorio, che è una terminologia - mi rendo conto - un po' sofisticata ma in che cosa consiste? Consiste nel fatto che le Regioni chiedono di partecipare a quei percorsi normativi e decisionali legati alle politiche di immigrazione, ai flussi migratori e ai Comitati di sicurezza che nell'ambito provinciale, rappresentano oggi uno strumento di controllo delle politiche di sicurezza sul territorio e che attualmente non vedono le Regioni coinvolte.
Naturalmente altri temi saranno oggetto di discussione, e naturalmente io mi auguro che la discussione a livello parlamentare, considerando che questa è una riforma costituzionale, considerando che, nonostante sia stata calendarizzata per l'11 di luglio, la Presidente Jervolino si è impegnata a far sì che la temporizzazione sia precisata e rispettata.
A tale proposito, voglio richiamare questo aspetto a mo' di esempio perché è interessante, anche al fine di quello che dovremo fare noi sul Regolamento dell'aula consiliare. Permettetemi questo inciso, ma è un'informazione che mi sembra utile dare.
E' stato iscritto come "Ordinamento federale della Repubblica", ma come vi ho già detto - questa terminologia verrà cambiata nella prossima Conferenza dei Capigruppo della Camera. Dopodiché, per questo provvedimento, è stato assegnato un tempo di dibattito di 14 ore e 59 minuti che, obiettivamente, su un tema così importante mi sembra essere un tempo di poco conto.
Tanto per darvi un'idea: ai relatori della maggioranza, cioè ai presentatori, 50 minuti; al relatore di minoranza, 15 minuti; al Governo 30 minuti; richiami al Regolamento, 10 minuti; tempi tecnici, 2 ore.
Ma la cosa più interessante è la suddivisione tra i Gruppi parlamentari dei tempi destinati alla discussione di questo provvedimento.
Interventi a titolo personale: 1 ora e 45 minuti, con il massimo di 20 minuti per il complesso degli interventi di ciascun Deputato. I Gruppi hanno a disposizione 7 ore e 39 minuti per la discussione di un provvedimento come questo. In particolare, i Democratici di Sinistra hanno un'ora e 36 minuti, Forza Italia un'ora e 14 minuti, Alleanza Nazionale un'ora e 6 minuti, Popolari Democratici dell'Ulivo 55 minuti, Lega Nord Padania 51 minuti, l'Udeur 39 minuti, Democratici dell'Ulivo 39 minuti Gruppo Misto un'ora e 50 minuti. Non me ne vogliano gli altri Gruppi se non li cito; comunque, a scalare, i tempi sono obiettivamente molto risicati.
Ciononostante, devo dire che la Presidente della Commissione, a fronte delle nostre considerazioni, e capendo che ovviamente un dibattito di questa portata non può avere uno spazio così limitato, si è resa disponibile a chiedere alla Conferenza dei Capigruppo che questi margini temporali siano articolati in maniera molto più ampia.
L'ulteriore punto che la Commissione si rende disponibile a prendere in considerazione è il regionalismo differenziato, che, nel documento del 15 giugno presentato dai Presidenti, era uno dei punti caratterizzanti.
Il regionalismo differenziato, in buona sostanza, che obiettivi si propone? Nell'ambito dell'autonomia che ogni Regione deve assumere in relazione alla sua capacità di attuazione di certi meccanismi di rinnovamento, intende far sì che alcune Regioni incomincino ad assumere funzioni in maniera più autonoma, e che altre lo facciano in maniera un po' più dilazionata nel tempo.
Il terzo punto, che è un elemento caratterizzante di tutta la proposta è quello dei controlli.
Il quarto è chiaramente quello dell'art. 119. L'art. 119 riguarda il federalismo fiscale. Su questo articolo ci siamo riservati di assumere emendamenti specifici in questo senso. Voglio ricordare, però, che già lo stesso articolo recita: "Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite". In buona sostanza, attraverso questo articolato, le Regioni, i Comuni e le Province per i trasferimenti delle materie specifiche relative al 117, o a quello che sarà il risultato del 117, saranno totalmente coperte dal punto di vista finanziario. Questo rappresenta, infatti, uno di quei rischi che noi, come Regioni - ma anche i Comuni e le Province maggiormente avvertiamo, ovvero la mancanza di copertura finanziaria di quelle che sono le materie trasferite e, soprattutto, il meccanismo di non compartecipazione a gettiti erariali centrali, puntando a una vera e sostanziale possibilità di gestione diretta delle entrate tributarie.
Questi quattro elementi sono i punti che, di per s rappresenterebbero, a nostro modo di vedere, una base sostanziale per intraprendere un dibattito consiliare significativo e concreto di riforma dello Statuto. Questo naturalmente deve avvenire attraverso la convergenza come tutti voi sapete, delle forze dell'opposizione e delle forze della Casa della Libertà, cioè del Governo e della Casa delle Libertà, perché è ovvio che questo elemento di riforma costituzionale - lo ricordo a voi tutti - è soggetta a una prima lettura in Camera dei Deputati, una successiva al Senato, e una seconda lettura nuovamente alla Camera dei Deputati; dopodiché occorrerà una maggioranza parlamentare di almeno due terzi. Perciò, quello che vorrei sottolinearvi è la disponibilità delle Regioni a procedere ad una riforma stralcio.
Le Regioni affermano con chiarezza e determinazione che non si tratta di riforma in senso federale dello Stato - così non si può e non di deve chiamare - ma semplicemente di modifica di quattro articoli della Costituzione che, come Presidenti delle Regioni, giudichiamo estremamente importanti proprio per il lavoro di riforma che dovremo attuare attraverso la formulazione dei nostri Statuti regionali, perché diversamente rischieremo di fare, come ho tentato di rappresentare prima, un lavoro teoricamente forse molto interessante, ma dal punto di vista pratico sostanzialmente inutile. Si tratterebbe di lavorare su un'ipotesi di riforma costituzionale che non esiste e, di conseguenza, a dover magari approvare uno Statuto che, dal punto di vista propagandistico, potrebbe avere qualche significato, ma dal punto di vista pratico, cioè del vero cambiamento e rinnovamento della nostra Regione, dei vari aspetti di rapporto e di risposta con i cittadini, nessun significato.
Questa è una partita aperta, è bene che lo sappiate tutti. Ci stiamo lavorando, ci lavora il Parlamento, ci lavorano le forze politiche. E' una discussione che evidentemente non posso dare per scontata. Ciò che do invece per certa, in quanto è documentale, è una convergenza che i Presidenti delle Regioni, di fronte a un'ipotesi di stralcio di questo disegno di legge, hanno trovato e porteranno avanti.
Questo sono le considerazioni che ritenevo doveroso farvi in relazione alla situazione del rapporto con il Parlamento che in questo momento abbiamo instaurato su questa tematica.
Per ciò che concerne gli aspetti più prettamente legati alle considerazioni che dovrebbe fare il Consiglio regionale piemontese, ritengo che dal dibattito odierno sia emersa una convergenza abbastanza ampia sulla volontà che alla costituzione e alla formulazione al nuovo Statuto della Regione Piemonte ci sia una forte partecipazione e collaborazione tra maggioranza e opposizione.
Questa è la linea che ho percepito in maniera netta e chiara; non posso che essere favorevole su questo aspetto. Ritengo che le regole debbano essere scritte con l'apporto della maggioranza e dell'opposizione, come d'altro canto, questa eventuale riforma stralcio, è inutile nasconderlo non potrà che essere fatta se maggioranza e opposizione, nell'ambito del dibattito parlamentare, troveranno un accordo.
In Regione Piemonte questa collaborazione emersa dal dibattito odierno è chiaramente da me auspicabile, e mi auguro che trovi, nella formulazione della Commissione, quell'equilibrio che permetta di rappresentare queste posizioni. Non solo, credo che lo Statuto della Regione Piemonte debba essere riscritto con una partecipazione più ampia. Sebbene sia corretto dire che i Consiglieri regionali rappresentino, per il fatto di essere eletti, i territori, le associazioni, i Comuni e le Province, ritengo tuttavia che debba avere, anche sotto forma di cambio di Regolamento, la partecipazione alla Commissione Affari Regionali della Camera, cosa che sembra non essere particolarmente possibile. Con questo non intendo proporre suggerimenti, perché credo che sia il compito che dovrà svolgere la Commissione. Comunque nella riforma stralcio, se verrà attuata, la Commissione si è indubbiamente impegnata a tentare di trovare un meccanismo di rappresentatività nell'ambito del Parlamento delle Regioni, che potrà essere istituzionalizzata nella Commissione Affari Regionali o in qualche altro modo, perché è chiaro a tutti voi che se nell'ambito della discussione stralcio qualcuno ponesse in maniera esclusiva o ad escludendum la costituzione della Camera delle Autonomie locali, questa riforma non si farebbe, perché è un elemento talmente dirimente e trasversale che indubbiamente porlo in quei termini significa non fare la riforma stralcio.
Le forze politiche hanno questo panorama molto chiaro, hanno la posizione di un Presidente della Regione che dice: "Va bene, vediamo se si può fare qualcosa". Naturalmente mi auguro che qualcosa, dal punto di vista della riforma costituzionale, si faccia, perché aiuterebbe molto il lavoro della Commissione Statuto, in quanto si troverebbe a lavorare su una riforma e, di conseguenza, su una Costituzione che non è più quella vecchia, ma potrebbe fare dei giusti esercizi di attuazione di un nuovo Statuto con tutte le autonomie che la Regione Piemonte e quest'aula riterrà di prendersi. Ci mancherebbe che qualcuno mettesse in dubbio - non lo faccio certo io - che i Consiglieri della Regione Piemonte, nell'ambito della Commissione e della discussione più ampia che avverrà in quest'aula assumano, nella formulazione dello Statuto, delle peculiarità, anzi, è auspicabile che questo avvenga, perché il principio al quale tutti ci riferiamo è proprio quello di rendere lo strumento dello Statuto il più coerente alle peculiarità del territorio piemontese nel contesto di una unità nazionale. Credo che questo è un aspetto importante da rappresentare.
Dobbiamo coinvolgere i comuni, le province e le associazioni, per far sì che questo Statuto rappresenti obiettivamente le maggiori istanze del territorio che noi rappresentiamo. Non dimenticando che, comunque, già a Costituzione vigente, il compito di formulare lo Statuto viene assegnato a questa assemblea. Noi abbiamo già questo strumento, dobbiamo avere la capacità e la volontà di far sì che questo strumento venga esercitato nel modo più attuale possibile.
Ritengo che per fare questo bisogna attuare un minimo di riforma costituzionale - mi riferisco ai quattro punti che ho citato prima - perch diversamente faremo un esercizio quasi inutile. Inoltre, la Commissione ma questo è un compito della Commissione, mi permetto semplicemente di esprimere un suggerimento - deve essere in grado di rappresentare il percorso che noi decideremo di assumere.
Qualcuno ha fatto anche riferimento all'esperienza degli Stati Generali della passata legislatura, che anch'io credo che, per certi versi, nella formulazione dello Statuto, possa essere ripresa, perché erano emerse fotografie del territorio abbastanza interessanti, le potrebbero offrire elementi di riflessione.
Mi auguro che possa emergere, dal dibattito di oggi, un documento comune per la costituzione di questa Commissione. Naturalmente, se questo come mi è stato anticipato, non si riesce ad identificarlo nella giornata di oggi, non credo che sia così negativo convocare una Conferenza dei Presidenti dei Gruppi per attuare una riflessione maggiore e un'ampia convergenza per la costituzione di questa Commissione, perché sarebbe molto edificante e caratterizzante per una Regione come la nostra, che ha certe tradizioni. Questo è l'augurio che vi faccio e mi faccio.



PRESIDENTE

Ringrazio il Presidente Ghigo. A me resta il compito istituzionale di chiudere questo dibattito.
Signor Presidente della Giunta e colleghi, lo Statuto è indubbiamente la carta fondamentale della Regione. E' la nostra piccola costituzione; mai come ora ha una valenza di Costituzione, se non nel rango della norma perché il nostro Statuto oggi non prevede il rango di legge costituzionale ma soltanto di legge ordinaria, quanto nella valenza giuridica della nostra Regione come pietra miliare della futura legislazione regionale, come fondamenta del nuovo edificio legislativo regionale.
Il legislatore costituzionale, con la legge costituzionale n. 1 del '99, ci dice alcune cose fondamentali. Innanzitutto che lo Statuto è la carta fondamentale della Regione, che allo Statuto è assegnato il compito di determinare, da un lato, la forma di governo e, dall'altro, i principi fondamentali dell'organizzazione e del funzionamento della nostra Regione.
Inoltre, assegna allo Statuto il compito di regolare l'esercizio del diritto di iniziativa del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione, la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti.
Parto dal primo punto. La forma di governo, per un'istituzione sia essa statale o regionale, regola proprio i rapporti di forza, gli equilibri che esistono tra i vari organi dello Stato o dell'ordinamento di tipo statuale.
Questo è un compito fondamentale che la dice lunga sulla portata e sull'importanza che ha l'approvazione del nuovo Statuto e il contenuto che avrà il nuovo Statuto. Al comma secondo ci dice che lo Statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge, che non è soggetta all'apposizione del visto da parte del Commissario di Governo. E' il legislatore costituzionale che stabilisce l'importanza di questo atto e che assegna a questa legge, che noi approveremo in questo Consiglio regionale un ruolo fondamentale, emancipando lo stesso Consiglio regionale ed assegnandogli un compito e una funzione del tutto nuova di autonomia vera.
Di contro, abbiamo assistito ad una modifica legislativa e costituzionale, non soltanto con riferimento ai compito dell'assemblea regionale, che approverà lo Statuto con legge senza visto, quindi soltanto nel rispetto dei principi costituzionali e con le forme di tutela proprie di qualunque legge. C'è la possibilità da parte della Corte Costituzionale soltanto di bloccare, di bocciare e di esprimersi sulla questione di legittimità costituzionale dello stesso Statuto, senza l'intervento del Commissario di Governo. Da un lato opera così, dall'altro modifica il sistema elettorale dei Presidenti delle Giunte regionali, stabilendo l'elezione diretta del Presidente della Giunta. L'elezione diretta del Presidente della Giunta vuol dire indubbiamente riconoscimento del ruolo e della funzione del Presidente della Regione come capo del governo regionale e, se volete, gli assegna un'investitura popolare nell'ambito di un disegno e, direi, anche, di un processo storico irreversibile, che porterà sempre maggiori poteri alle Regioni. Se da un lato il legislatore fa questo dall'altro stabilisce che lo Statuto è approvato dal Consiglio regionale in piena autonomia. Vuol dire che lo Statuto è un atto fondamentale di competenza dell'assemblea. Lo ricordo a voi e lo ricordo a me stesso perché, in tutte queste consultazioni che si stanno attuando tra Governo e Regioni, è mancato (sono certo che si porrà rimedio, voglio essere ottimista) l'interlocutore fondamentale. Se i Presidenti di Regione sono un valido interlocutore politico per il processo di riforma in atto per quanto attiene i rapporti tra esecutivi, i poteri legislativi e per quanto riguarda da un lato le riforme costituzionali che impongono le attribuzioni delle assemblee legislative e dall'altro le riforme costituzionali che sono collegate con l'approvazione dei nuovi Statuti, gli interlocutori privilegiati non possono che essere le Assemblee regionali. Questo è importante e voglio sottolinearlo con forza davanti a voi, perché se è vero che i Presidenti delle Giunte regionali sono stati eletti direttamente dal popolo, è anche vero che noi tutti siamo stati eletti dal popolo, il quale ci ha assegnato la funzione legislativa e, in questo caso, la funzione costituzionale. Il Presidente Ghigo ha ricordato i rapporti intercorsi tra i Presidenti delle Giunte regionali e la Commissione Affari Costituzionali della Camera, facendo un resoconto molto preciso di quanto è successo.
Nell'ultima riunione di venerdì scorso a Roma con il Presidente della Camera Violante, i Presidente dei Consigli regionali hanno lamentato che nella consultazione non sono stati coinvolti i Presidenti delle Assemblee regionali. Su sollecitazione unanime di tutti i Presidenti delle Assemblee si è detto, da parte del Presidente della Camera (in questo caso soprattutto da parte del Presidente della Commissione Affari Costituzionali), che è il caso di correggere il tiro e di coinvolgere i Presidenti delle Assemblee regionali. Questo per dire che esiste la Conferenza dei Presidenti delle Giunte regionali, ma esiste, organo fondamentale ed importante, anche la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali: organismo che avrà una sua importanza fondamentale soprattutto alla luce dello scambio di idee necessario tra le varie assemblee regionali al fine di individuare i principi cardini e i principi comuni che dovranno presiedere all'approvazione degli Statuti.
Fatta questa premessa, devo dire che il dibattito di oggi è stato molto positivo; se dobbiamo iniziare un cammino, siamo partiti con il piede giusto. Ho notato una tempestività - devo ringraziare i Consiglieri proponenti, coloro che hanno proposto la richiesta di convocazione straordinaria dell'Assemblea - nella richiesta di dibattito e successivamente, oggi, in aula, devo rilevare l'elevato grado, da un lato di attenzione e dall'altro la profondità e il pregio del contenuto del dibattito. In questa assemblea sono già state presentate tre proposte di legge prima ancora del dibattito odierno, tre proposte che sottopongono all'aula e agli organismi competenti tre bozze di nuovo Statuto. Ricordo la proposta di legge n. 18 a firma dei Consiglieri Marcenaro ed altri; la proposta di legge n. 24 a firma del Consigliere Ghiglia ed altri e la proposta di legge n. 79 a firma del Consigliere Brigandì. I Consiglieri regionali si sono subito attivati per porre mano al compito riformatore e costituzionale che devono adempiere. Vi è un dibattito generale sui principi che devono presiedere ai nuovi Statuti, ma non voglio entrare nel merito di questo dibattito anche perché questo sarà un compito specifico e precipuo dell'aula, dell'autonomia della sovranità e dell'assemblea regionale.
Il dibattito e l'approvazione dello Statuto - che spero avvengano in tempi brevi - si muovono nell'ambito di un contesto di tipo costituzionale.
Lo dice il legislatore costituzionale. Penso, allora, alla necessità di trovarci ad affrontare il problema magari modificando gli articoli 117 (come giustamente diceva il Presidente Ghigo) e 119. Se avremo un aumento delle competenze ai sensi dell'art. 117, le Regioni dovranno avere anche i mezzi necessari per potervi far fronte. Questo è indubbio, altrimenti si rischia di realizzare una riforma monca che avrebbe il sapore di una presa in giro, in questo contesto di grandi aspettative, del tutto intollerabile.
L'invocata modifica dell'art. 117, così come proposta anche dal coordinamento dei Presidenti di Regione, è prevista dallo stesso legislatore Costituzionale il quale aveva pensato a questo articolo già nel 1948 (un articolo, secondo me, rivoluzionario per quei tempi e per la situazione politica, sociale ed economica di quegli anni). Se fosse stato attuato allora, l'art. 117 avrebbe dato un forte impulso al regionalismo avrebbe collocato l'Italia ad un livello molto avanzato in tema di regionalismo. Continuo a considerare l'art.117, per quei tempi, come una norma di una portata innovatrice molto importante, quasi straordinaria. Il legislatore del 1948, all'art.117, dopo aver indicato tutte le materie che sono attribuite alla competenza legislativa delle Regioni, indica al secondo comma "altre materie indicate da leggi costituzionali": già allora si era pensato all'art. 117 come un articolo aperto. E' chiaro che tutte le norme costituzionali sono modificabili con il meccanismo di cui all'art.
138, ma lo stesso art. 117 prevedeva un'apertura, una possibilità di modifica. Si richiama la legge costituzionale alla luce delle previsioni contenute in altre leggi costituzionali con le quali sono stati approvati per esempio, gli Statuti delle Regioni autonome; l'art. 117 prevedeva un'apertura che va nel senso di una modifica dei rapporti tra varie legislazioni, cioè la possibilità di attribuire alle Regioni una competenza legislativa esclusiva. Questo è un tema oggetto di dibattito, ma questa possibilità è prevista, secondo me, già dall'art. 117 della Costituzione ed esiste anche nell'ordinamento e negli Statuti di alcune Regioni autonome.
La Sicilia, ad esempio, è una Regione che ha una competenza legislativa molto ampia.
Come ho detto precedentemente, sarebbe molto importante muoversi su due binari: sul binario regionale e su quello dello Stato nazionale, che dovrebbe predisporre riforme necessarie a rendere più agevole il nostro lavoro. Del resto lo Statuto si deve obbligatoriamente muovere su un binario costituzionale. Questa è una mia valutazione e una mia considerazione.
Il dibattito di oggi certo non può esaurire il tema dell'approvazione del nuovo Statuto. E' un primo passo verso la realizzazione di una legge che impegnerà per diverse ore e per diversi giorni, il lavoro dei nostri Consiglieri regionali.
Dal dibattito di oggi è emersa una volontà comune: la volontà di predisporre, in questa legislatura e al più presto, il nuovo Statuto. La volontà di redigere lo Statuto attraverso l'istituzione di una Commissione speciale - con delle modalità, mi pare di capire, che dovranno essere definite - nella quale i Consiglieri regionali predisporranno il documento da presentare successivamente in aula.
Sottolineo che negli interventi di tutti i Consiglieri, di tutte le forze politiche, dal Consigliere Marcenaro, al Consigliere Chiezzi, al Consigliere Ghiglia, al Consigliere Saitta - non voglio tralasciare nessuno sono emersi già degli spunti concreti, cioè dei "pezzi" di nuovo Statuto che dovranno essere dibattuti e approfonditi in seno alla Commissione.
Pertanto, abbiamo iniziato con il piede giusto e questo modus procedendi è il modo migliore per giungere all'approvazione della Carta fondamentale per la nostra Regione.
Non voglio - ripeto - in questa sede entrare nel merito dei principi e delle posizioni di ciascuno, però mi pare che l'aula oggi ci abbia dato un indirizzo, che verrà formalizzato nella Conferenza dei Capigruppo. Anch'io sono del parere che, piuttosto che stilare un documento che potrebbe essere di parte, sia meglio aspettare un giorno, un giorno e mezzo e trovare forse, una convergenza su un documento unitario. Dal dibattito, comunque, è emerso un percorso che vincolerà tutti Consiglieri. Con questo spirito faccio a tutti voi gli auguri di buon lavoro, sperando di avere al più presto un nuovo Statuto.


Argomento: Varie

Saluti alla delegazione texana in visita al Consiglio regionale


PRESIDENTE

Colgo l'occasione per salutare una delegazione texana che oggi è giunta in visita alla nostra Assemblea regionale. Delegazione guidata dalla senatrice Jane Nelson e accompagnata oggi in aula dal Sindaco di Monasterolo, Antonio Prochetto.
La senatrice è qui presente e mi dicono sia felice di festeggiare la ricorrenza del 4 luglio in regione Piemonte.
Noi le porgiamo il benvenuto e siamo molto lieti che la delegazione possa seguire per qualche minuto i lavori della nostra Assemblea regionale.
Tra l'altro la Senatrice giunge in aula dopo la discussione di un punto fondamentale che è il dibattito preliminare all'approvazione del nuovo Statuto della Regione Piemonte.
Il Consiglio vi saluta e vi porge il benvenuto.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Proposta di deliberazione n. 808 "Ratifica ai sensi dell'art. 40 dello Statuto della DGR n. 11-30013 del 8/5/2000. Decreto legislativo 16/4/94, n. 297, art. 14 e successive modifiche ed integrazioni. Parere della Regione Piemonte sul calendario scolastico 2000-2001"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 4) all'o.d.g. "Proposta di deliberazione n. 808".
La parola al Consigliere Contu.
CONTU Grazie, Presidente.
Ho chiesto la parola perché la discussione di questo atto deliberativo arriva dopo un'approfondita discussione sullo Statuto. Dal dibattito è trapelata, da parte di tutti, l'esigenza di semplificare l'attività deliberativa e anche legislativa.
Credo, Assessore, mi rivolgo a lei in quanto proponente, se non abbia senso dare un segnale forte non procedendo alla votazione in aula di questo parere. Oltretutto noi esprimiamo un parere per di più difforme dall'assunzione da parte del Sovrintendente regionale agli studi che ha già varato il calendario, per cui noi esprimiamo un parere che non è neanche conforme. Nel senso che il calendario è già stato assunto. Non so Presidente, se sia opportuno deliberare su atti assolutamente inefficaci tant'è che intervengono su una decisione già assunta, ampiamente comunicata dai mezzi di informazione, forse imputabile a tempi tecnici diversi.
Certamente tale deliberazione ci deve far riflettere sulla revisione anche delle competenze su materie come questa.
LEO, Assessore all'istruzione (fuori microfono) E' così.



PRESIDENTE

Non essendovi interventi, pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 29 voti favorevoli e 12 astensioni (1 Consigliere non ha partecipato alla votazione).


Argomento: Bilanci preventivi - Bilancio pluriennale

Esame disegno di legge n. 71 "Prima integrazione alla legge regionale 7 aprile 2000, n. 33 (Bilancio di previsione per l'anno 2000 e pluriennali 2000-2002)"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 5) all'o.d.g. "Disegno di legge n. 71" Il relatore è il Consigliere Pier Luigi Gallarini.
La parola al relatore Gallarini.
GALLARINI, relatore Signor Presidente, signori Consiglieri, la I Commissione ha esaminato nella seduta del 23/6/2000 il DDL 71, "Prima integrazione alla legge regionale 7/4/2000 n. 33 "Bilancio di previsione per l'anno 2000 e pluriennale 2000-2002".
In base alla norma di cui alla legge regionale 29/12/1981, n. 55 (Norme di contabilità regionale), il disegno di legge in oggetto integra la legge regionale n. 33 del 7/4/2000 (Bilancio di previsione per l'anno 2000 e pluriennale 2000-2002) ed approva all'art. 1 i bilanci di previsione per l'anno finanziario 2000 degli Enti dipendenti dalla Regione e di Enti di gestione di Aree protette, all'art. 2 il Piano di attività per l'anno 2000 del Museo regionale di Scienze naturali. La I Commissione ha licenziato nella stessa seduta, il testo a maggioranza, rimettendolo all'Aula consiliare per la sollecita approvazione.



PRESIDENTE

Sono pervenuti degli emendamenti agli artt.1 e 2 del disegno di legge n. 71, a firma del Consigliere Chiezzi. Poiché il Consigliere Chiezzi non desidera illustrarli, cercherò di illustrarli io brevemente.
ART. 1 1.1) Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: all'art. 1, comma 1, togliere le lettere "a), b), c), d)" La parola all'Assessore Burzi.
BURZI, Assessore al bilancio e finanze Come credo di avere anticipato nella scorsa seduta, la Giunta è contraria ad accogliere questo emendamento.
Reputo importante definire bene i motivi della nostra contrarietà perché, su questo argomento, abbiamo avuto un piccolo supplemento di discussione in sede di I Commissione. Oltre a cercare di spiegare bene le motivazioni della nostra contrarietà, vorrei cercare di chiarire bene anche le esigenze e gli obiettivi che hanno spinto il Consigliere Chiezzi a presentare questo emendamento. Chiaramente, non mi permetto d'interpretarlo, mi permetto solo di fornire al riguardo alcuni elementi informativi.
Questa legge si pone come obiettivo - l'ho già detto nella scorsa seduta - l'approvazione della legge finanziaria di questo lungo elenco di Enti (essenzialmente sono Parchi, a cui vanno aggiunti quattro Enti strumentali), che è lo strumento base per l'esercizio delle loro funzioni.
I capitoli di stanziamento complessivi sono, per tutti gli Enti, già stabiliti: l'ho detto e lo ripeto, non sono previsti, con l'approvazione di questa legge, varianti agli impegni finanziari dell'Ente Regione. Ci dicasi anche per gli Enti oggetto dell'emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi (vale a dire l'Agenzia regionale per i servizi sanitari, l'Agenzia Piemonte Lavoro, l'IRES e l'Ente regionale per il diritto allo studio universitario), per i quali non tutte le cifre sono state ancora determinate, in quanto stiamo attendendo idonei provvedimenti da parte del governo.
Sono convinto che per questi Enti sia urgente (ho già spiegato nella scorsa sessione di Consiglio il motivo per cui, come Ente, siamo in ritardo nel dotarli di strumenti adeguati), porre termine a questa carenza. Nella prossima sessione di Giunta (credo avverrà lunedì 10 luglio) proporr come avevo detto in sede di I Commissione - un disegno di legge per porre termine a questa situazione che, per molti versi, è una situazione solo formale. Ritengo anche, però, che il controllo del Consiglio (nelle sue varie attività e nelle Commissioni) sugli Enti in questione debba essere un controllo sostanziale. Mi spiego meglio.
Credo che sui Parchi (parlo dei Parchi per comodità, ma per similitudine il concetto è ovviamente estensibile a tutti gli altri Enti) ci debba essere un'ampia (e normalmente c'è) discussione in sede di legge di bilancio o delle variazioni della stessa. Gli Enti hanno un'ampia autonomia nella gestione dei propri bilanci (con i loro organi di amministrazione e di controllo), sottoposta responsabilmente all'esecutivo.
Sono convinto quindi che debba esserci, in aggiunta a tutte le doverose esigenze d'informazione, sia preventiva che consuntiva, anche un esame approfondito dei loro rendiconti.
E' un tema che più volte, in sede di I Commissione - e non solo di I Commissione - è stato posto. Con questo disegno di legge (in veste di Assessore alle finanze, non all'utilizzo dello stesse) vorrei portare all'attenzione colleghi della I Commissione la necessità di un confronto su questi Enti. Bisogna definire quali devono essere i doveri del Consiglio regionale in termini di controllo e conoscenza, senza inutilmente interagire con questi Enti che non solo hanno una ben precisa natura giuridica, ma anche una loro autonomia oggettivamente riconosciuta nell'ambito dei Consigli di Amministrazione, delle strutture direttive e degli organi di controllo. Proprio agli organi di controllo responsabilmente, dovranno essere delegate le decisioni, nell'ambito degli stanziamenti complessivi, ferme restando - ripeto - tutte le esigenze di controllo sostanziale, non formale, che il Consiglio regionale deve esercitare.
Credo che quella del controllo sia una delle funzioni più alte attribuite ad un Consiglio regionale, oltre ovviamente all'informazione preventiva. Quanto all'informazione stiamo organizzando, per quanto attiene le tematiche del "bilancio" in senso lato, una riunione. Formalizzerò la richiesta per tale riunione alla Presidenza del Consiglio, proponendo la data di sabato 22 luglio. Certo, un simile incontro non esaurirà il tema ma almeno i Consiglieri (soprattutto quelli di prima nomina, ma un ripasso fa senz'altro bene a tutti, in primis a me!) avranno una serie di informazioni più ampia possibile sulle tematiche del bilancio. Quanto agli Enti strumentali, si dovranno organizzare, nelle Commissioni competenti occasioni di analisi e d'informazione. I Parchi credo siano, tuttora competenza prevalentemente della V Commissione quanto alla loro gestione mentre sono competenza della I Commissione I come risorse. Quanto agli altri Enti, le Commissioni competenti dovranno fare lo stesso.
Il dire "no" all'emendamento nasce dalla necessità di dare, senza ulteriori incrementi, agibilità agli Enti che ne sono privi, senza nulla aggiungere loro, ma anche senza nulla togliere. Nasce dall'esigenza d'informazione e controllo che il Consiglio ha e su cui, a mio avviso, deve riflettere, per espletare al meglio tale sua funzione, ancor di più in questa nuova legislatura.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.
MANICA Presidente, Assessore Burzi, colleghi, sul disegno di legge n. 71 sulla prima integrazione alla legge regionale del 7 aprile 2000, test illustrato dal Consigliere Gallarini, avevamo già avuto modo, in Commissione, di constatare come questo fosse stato un provvedimento tra quelli stralciati nella cosiddetta "notte dei lunghi coltelli", cioè l'ultima seduta di bilancio, dell'ultimo giorno, dell'ultima ora dell'ultimo minuto della legislatura.
Tale stralcio, per i tempi e per i modi con cui la maggioranza ha portato in discussione il disegno di legge relativo al bilancio, ha determinato una situazione particolarmente complessa per alcuni Enti strumentali coinvolti in questo provvedimento.
La situazione dei parchi, in questi mesi, è stata gravissima. Nessun parco ha potuto mettere mano ad alcun adempimento di bilancio; avevano anche situazioni di pagamenti ed interventi urgenti ed immediati che, in questa fase, sono rimasti completamente bloccati.
Questo provvedimento, che ha subito quello stralcio in seguito - come dicevo prima - ai tempi con cui la maggioranza uscente dell'ultima legislatura ci portò all'ultima discussione dell'ultimo bilancio all'ultimo minuto possibile, adesso è un provvedimento urgente in quanto tardivo.
Questa è l'osservazione che volevamo fare, in sede di dichiarazione di voto, per ricordare e rimettere alcuni tasselli in ordine rispetto all'iter del disegno di legge in esame.
Nello stesso tempo, non avendo potuto entrare sufficientemente nel merito e non avendo a disposizione bilanci ed elementi maggiori di chiarimento degli Enti e dei parchi stessi, e pur esprimendo apprezzamento su alcune delle proposte avanzate anche dall'Assessore Burzi nel suo intervento e nella sua replica, esprimeremo un voto di astensione.



PRESIDENTE

Se non ci sono altri interventi, dichiariamo chiusa la discussione su questo punto.
Pongo in votazione l'emendamento 1.1) al disegno di legge n. 71, art. 1 comma 1, con il quale si propone di togliere le lettere a), b), c) e d).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 12 voti favorevoli, 30 contrari (1 Consigliere non ha partecipato alla votazione).
Si proceda alla votazione per alzata di mano dell'art. 1, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 49 votanti 48 favorevoli 34 astensioni 14 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
ART. 2 2.1) Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: "L'art. 2 è soppresso".
L'Assessore esprime parere contrario. Lo pongo in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli, 29 contrari (1 Consigliere non ha partecipato alla votazione).
2.2) Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: "L'allegato b) è soppresso".
Non essendo stato approvato il primo emendamento, credo che questo si possa considerare superato.
Si proceda alla votazione per alzata di mano nel testo originario dell'art.
2, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 41 votanti 40 favorevoli 28 astensioni 12 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art.
44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 41 favorevoli 41 non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere L'art. 3 è approvato.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Pongo ora in votazione l'intero testo di legge per appello nominale.



(Il Consigliere Segretario Pozzo effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 46 votanti 44 hanno risposto SI' 30 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri La legge è approvata.
Questa è la prima legge approvata della legislatura.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bussola, Casoni, Cavallera, Rossi Oreste, Vaglio.


Argomento: Problemi energetici - Opere pubbliche

Esame ordine del giorno n. 22 relativo a: "Impianto di produzione di energia idroelettrica in Valchiusella" (interrogazione collegata) (rinvio)


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 22 e l'interrogazione collegata presentata dai Consiglieri Moriconi e Suino, di cui al punto 6) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Moriconi.
MORICONI Signor Presidente e colleghi Consiglieri, su questo punto, chiederemmo di posporre la discussione, in quanto, come ben ricorderete, l'altra settimana c'era stato un incontro, al quale aveva presenziato anche il Presidente Ghigo, con una delegazione di rappresentanti del Comitato Valchiusella, si era discusso e il Presidente Ghigo aveva assunto degli impegni.


Argomento: Comitato regionale e sue sezioni

Esame disegno di legge n. 74: "Nuove norme per il funzionamento del Comitato regionale di controllo" (rinvio)


PRESIDENTE

L'esame del disegno di legge n. 74, di cui al punto 7) all'o.d.g. del quale è relatore il Consigliere Gallarini, è differito su richiesta dello stesso Consigliere (richiesta che dovrebbe avanzare formalmente).


Argomento: Pari opportunità

Esame ordine del giorno n. 2 relativo a: "Manifestazione del Word Gay Pride" e ordine del giorno n. 20 relativo a: "Word Gay Pride 2000"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 2, presentato dal Consigliere Chiezzi, e l'ordine del giorno n. 20, presentato dai Consiglieri Papandrea Moriconi, Chiezzi, Giordano, Mercurio, Caracciolo, Riba, Mellano, Contu e Manica, di cui al punto 8) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Moriconi.
MORICONI In merito all'ordine del giorno che presentiamo potremmo dire: meglio tardi che mai! La manifestazione è iniziata sabato scorso e, in questa sede, ne parliamo giusto in tempo prima che termini.
Per quanto concerne questa manifestazione, sono state scritte molte parole. Molte e diverse sono le posizioni espresse sia nella società sia credo - tra di noi.
Noi chiediamo che il Consiglio regionale appoggi in maniera ufficiale la manifestazione per il valore simbolico che essa rappresenta. La simbologia, secondo i firmatari, è riferita principalmente al richiamo del concetto di difesa della libertà.
La libertà - lo abbiamo studiato tutti fin dai primi anni della scuola dell'obbligo - è soprattutto la possibilità che deve essere lasciata agli altri di fare, di dire e di pensare le cose che vogliono. Mi viene da dire che tanto maggiormente si difende la libertà quanto più lasciamo esprimere le idee che sono lontane dalle nostre.
Questo atteggiamento di espressione della libertà è benefico in un doppio senso, perché, da un lato, permette di tutelare la libertà delle persone e, dall'altro, dà luogo ad una crescita della coscienza civile, di un atteggiamento libertario e promuove nei cittadini la voglia di libertà.
L'adesione non può che portare ad un miglioramento nel clima di convivenza civile tra tutti i cittadini.
Nel merito della manifestazione si sono dette molte cose e, in alcuni casi, non sempre corrette.
Innanzitutto, occorre ragionare tutti insieme sul fatto che le scelte sessuali sono materia individuale e che ogni cittadino deve essere libero di vivere come meglio crede. Così, chi fa scelte diverse non è né un malato né un deviato, è, invece, una persona come noi perché l'essenza di un individuo non può certo essere ridotta alla vita sessuale dello stesso.
Nel merito si può ancora ricordare che quanto più ognuno di noi è sicuro delle proprie scelte eterosessuali, tanto più non dovrebbe avere dubbi nel concedere agli altri di manifestare le loro preferenze.
Sempre nel merito, uno dei problemi sollevati riguardava l'opportunità della scelta politica di svolgere la manifestazione proprio a Roma, centro della cristianità. Certo, in Italia cattolicesimo e cristianesimo sono ancora concetti forti - forse troppo forti - perché chi si considera cittadino del mondo non può dimenticare che sono migliaia le religioni che vivono nel mondo e - lasciatemelo dire - non è detto che quella più vicino territorialmente sia la più importante. Se, invece, vogliamo ammettere che la religione cattolica sia la più importante, allora, la scelta è giustificata perché, tra le tante angherie che gli omosessuali hanno subito nei secoli, nessuno può dimenticare che vi è stato anche il sacrificio del rogo, da cui deriva il termine spregiativo tuttora in uso, derivato proprio dall'ortaggio che solitamente si bruciava insieme ai condannati.
Anche la scelta del momento non pare particolarmente problematica. Se il Giubileo è la riconciliazione del popolo di Dio con il suo Dio, ecco che diventa normale che chi ha fatto scelte diverse partecipi alla riconciliazione. Cristo - si dice ancora e tutti lo ammettono - non ha mai avuto parole di condanna per nessuno.
In questo senso non posso dimenticare la lezione che mi viene dalla Chiesa Valdese, piccola in Italia e, forse, per questo sempre molto attenta nella difesa della libertà. La Chiesa Valdese, ad esempio, non ha mai avuto alcun dubbio nel riconoscere la manifestazione del World Gay Pride.
Vi è ancora il problema sulla visibilità. C'è chi dice che la manifestazione potrebbe turbare coloro che la vedono: niente di più sbagliato. La manifestazione è collocata in luoghi ben definiti, lo stesso corteo prevede un percorso preciso, per cui solo chi la vuole vedere la vedrà. Molto diverso, se vogliamo fare il discorso generale, è invece il rapporto con la televisione e i media. Questi ci presentano, infatti, a qualunque ora, le immagini delle manifestazioni, non solo quelle italiane ma quelle di tutto il mondo, quindi i puritani dovrebbero piuttosto scagliarsi e adirarsi contro chi diffonde queste immagini, non contro chi fa le manifestazioni in luoghi precisi e dove, ripeto, chi non vuole vedere non vede. Chi si sente offeso, deve pensare che non è certo colpa di chi fa le manifestazioni nei luoghi concessi.
In conclusione, crediamo che l'adozione di questo ordine del giorno rappresenti un segno di libertà e di civiltà a cui spero tutti vorranno dare parere positivo, votando, per una volta, non su preconcetti, ma su elementi di alta idealità, come mezzo per far crescere il senso della libertà nei cittadini.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

Grazie, Collega Moriconi.
Come abbiamo detto, sul punto ci sono due proposte di ordine del giorno. L'altra è presentata dal collega Chiezzi.
CHIEZZI (fuori microfono) Proposta che risulta assorbita.



PRESIDENTE

E' stata assorbita. Se ci sono altri interventi sul punto, il dibattito può essere svolto su entrambi gli ordini del giorno ad essi assorbiti. Se invece non ci sono richieste di parola devo mettere in votazione l'ordine del giorno, uno solo, considerando quello del Collega Chiezzi assorbito anche dal primo documento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Salerno; ne ha facoltà.
SALERNO Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ritengo che questo argomento richieda una profonda discussione, perché esiste tutta una sfera di diritti civili che andrebbe affrontata con un discorso non limitato ad una singola manifestazione che, lo dico sinceramente, disapprovo totalmente, bensì con un approfondito dibattito. Pensiamo, ad esempio, ai diritti civili dei conviventi, quando alle volte non ci sono più genitori, né familiari, per cui il convivente è l'unica persona abilitata magari a firmare ricoveri o altre situazioni di vitale importanza, e non gli viene riconosciuta la possibilità di farlo. Come vedete, c'è tutta una sfera di diritti civili legati a questo intenso argomento.
Ritengo, però, che altra cosa sia vedere. Se è vero che sono le televisioni che approfittano, è anche vero che le televisioni riprendono ma riprendono qualcuno che ovviamente ha un modo di ostentare questa sua condizione e qualificazione in maniera che ritengo di cattivo gusto.
Ripeto, la televisione e i mass-media riprendono delle persone che sfilano magari in costume, se non addirittura nude (lingue di fuori, oggettistica varia): una cosa che considero di cattivo gusto.
Questo tipo di manifestazione, non so nemmeno se definirla semplicemente di cattivo giusto, è un qualcosa che si pone in maniera sbagliata rispetto alla stessa questione, che va invece considerata esternamente seria e dibattuta con altri tipi di argomenti.
Siamo quindi assolutamente contrari non solo all'ordine del giorno, ma anche a questi tipi di manifestazioni sbagliate, brutte da vedere e brutte da discutere, per chi, sfortunatamente, in quelle piazze e in quelle strade predisposte, si trova a dovere passare.



PRESIDENTE

Grazie, collega Salerno.
La parola al collega Brigandì per la dichiarazione di voto; ne ha facoltà.
BRIGANDI' Signor Presidente e colleghi Consiglieri, vorrei brevemente far rilevare che, pur considerando positivamente ogni tipo di libertà, quindi anche quelle accennate dal Consigliere relatore, secondo il mio parere non è competenza del Consiglio regionale deliberare su una manifestazione che si terrà a Roma. Per questo motivo, riterrei di non prendere posizione e di lasciare, ovviamente, i Consiglieri del mio Gruppo liberi di votare cosa meglio ritengono opportuno.



PRESIDENTE

Grazie per la dichiarazione del collega Brigandì, che, se ho ben compreso, era una dichiarazione di libertà di voto al Gruppo.
BRIGANDI' Sì, certo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ghiglia per dichiarazione di voto.
GHIGLIA Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ovviamente condivido l'intervento del collega Salerno. Nel ribadire il voto convintamente contrario del mio Gruppo, vorrei aggiungere un paio di considerazioni alle cose testé dette dal collega Salerno.
Finalmente fra quattro giorni finirà su tutti i giornali del mondo il tormentone sul Gay Pride, che interessa una sola fetta della società, i gay, il che è assolutamente legittimo. Però, sinceramente, di fronte alla fame, alle guerre, alle carestie, ai disastri, al Governo di centrosinistra e tutto il resto, che ogni giorno i giornali ci seviziano con articoli di ogni genere, pseudosociologici, parapsicologici, in cui spiegano che è un diritto o meno sfilare più o meno lontani dal Colosseo, sinceramente ci sembra una cosa abbastanza noiosa.
Ribadisco quel che diceva giustamente il collega Salerno e che ci spinge a votare in maniera convintamente contraria. Scusa se mi permetto collega Brigandì, non è un fatto pilatesco, nel senso che si svolge a Roma e quindi ognuno vota come vuole. Noi riteniamo che ci siano delle cose giuste e delle cose sbagliate, anche nell'epoca della globalizzazione, in cui tutto è soffuso, attenuato, plastificato, senza alcun tipo di scontro perché se uno parla contro oggi sembra quasi che debba assumere chissà quale posizione intollerante, sessista, sessuofoga, omofoba. Poi anche tutta questa aggettivistica - non oggettistica - fa parte di un certo tipo di mondo, che è quello della militanza omosessuale. Grazie al cielo in questa nazione, come in altre, ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero come vuole.
C'è una cosa che non ci convince però, ed è il fatto che, prima di tutto, non dimentichiamolo, questa manifestazione si svolga nell'anno del Giubileo. Che significato assume, allora, una manifestazione che si svolge a Roma nell'anno del Giubileo? Assume il significato della provocazione nei confronti del mondo cattolico, non c'è altra spiegazione. Poteva essere fatta lo stesso anno ma magari da un'altra parte. I luoghi simbolici che questa manifestazione va a toccare hanno il netto e definito intento della provocazione, non della testimonianza, che è un problema o non problema, o felicità di chi lo vive.
Il secondo elemento che ribadiamo con forza e convinzione, è rappresentato dal fatto che, se è assolutamente un diritto di tutti - ci mancherebbe altro! - la libera espressione dei propri costumi sessuali questa libertà si ferma nel momento in cui offende quelli che hanno costumi sessuali diversi. I tanto vituperati e ormai ridotti a una minoranza (visto che si parla solo dei Gay Pride) eterosessuali vivono la loro altrettanto legittima eterosessualità senza per forza doverla esprimere in modo estroso, tipo alcune macchiette viriliste di qualche importante comico toscano, credo anche di sinistra, che ogni tanto mostrava il "marsupio".
Non cito comici dell'estrema destra, ma comici di sinistra, così sono più "trasversale" anch'io.
MARCENARO (fuori microfono) Esistono nove Paesi in cui l'omosessualità è perseguita con la condanna a morte.
GHIGLIA Il Capogruppo del DS, il Consigliere Marcenaro, ci dà una lezione di omosessualità - ne prendo atto, però gli rispondo che non mi interessa.
MARCENARO (fuori microfono) Rispondo con un corteggiamento.
GHIGLIA Ti ringrazio; ma, oggi, compio trentacinque anni e la mia età anziana costringendomi a scegliere, mi spinge a scegliere la qualità e non solo la quantità o a beccare dove capita.



PRESIDENTE

Se insistete, mettiamo tutto a verbale, così potete ritornarci anche dopo la chiusura della riunione.
GHIGLIA Ripeto, ti ringrazio, Consigliere Marcenaro, ma respingo il corteggiamento. Comunque, un mazzo di fiori non sarebbe stato male se avessi avuto delle intenzioni serie, perché io faccio solo cose serie.



PRESIDENTE

Vuol dire che respinge per il momento? GHIGLIA Caro Presidente Riba, come le svolte del comunismo e del fascismo dimostrano, nella vita non si può mai dire mai. Ma, su questo, sono tanto convinto che direi mai comunque. Questa è una provocazione - ci mancherebbe altro - anche simpatica da parte del Consigliere Marcenaro che mi auguro per me stesso, che non abbia conseguenze reali.
Noi siamo assolutamente determinati a respingere l'ordine del giorno per le motivazioni dette e per un'altra questione. Si può discutere di tante cose, ma non si può chiedere a una parte del mondo cattolico di riconoscere - ed è, poi, questo il fine vero, ultimo e anche serio di questa manifestazione - un'equiparazione delle coppie omosessuali alle famiglie naturali. Questo per noi - non mi dilungo - non è possibile oggi non sarà possibile domani, è contro la nostra ideologia, anche se oggi fa un po' moda e trova tanti difensori, ma ci opponiamo oggi e ci opporremo sempre.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.
CATTANEO Innanzitutto facciamo gli auguri di buon compleanno al Consigliere Ghiglia.
Noi abbiamo letto e valutato questo ordine del giorno, anche se sono un po' imbarazzato a parlare a nome del Gruppo, perché in aula siamo in quattro o cinque e non so dove siano gli altri.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

CATTANEO



PRESIDENTE

Ho già detto all'inizio che non ho problemi a fare autocritica o a mettermi in alcune situazioni. Questo ordine del giorno impegna di fatto il Presidente della Giunta regionale, quindi il governo del Piemonte, ad attivarsi presso le istituzioni competenti (il Governo nazionale, la municipalità di Roma) per l'autorizzazione di una manifestazione, la giornata mondiale dell'orgoglio omosessuale-lesbico, che, poi, di fatto questa manifestazione è già cominciata e, come sembra, si potrà anche regolarmente svolgere.
Quindi, questo impegno, da un lato, a nostro giudizio, è superato dall'altro, una valutazione in merito dell'orgoglio omosessuale-lesbico onestamente - lo dico in quest'aula - ci imbarazza un po'. Rispettiamo la valutazione dei proponenti l'ordine del giorno, cosi come rispettiamo da sempre la laicità dello Stato; comunque, in quanto partito e forza democratica, come tutti i partiti e le forze politiche presenti in quest'aula, rispettiamo la libertà personale di fare questa o quella scelta su questo non c'è dubbio. Altra cosa è parlare dell'orgoglio omosessuale lesbico e, soprattutto, parlare di alta valenza simbolica che ha assunto questo appuntamento, per la difesa, la libertà e la democrazia.
Questo passaggio non è che non lo condividiamo, ma riteniamo che, in questa aula, dove non c'è una competenza specifica, impegnare il Governo del Piemonte a fare un intervento di questo tipo, ci sembra comunque una richiesta, visto che è superata, un po' sopra le righe.
Rispettiamo la libertà personale di fare qualsiasi tipo di scelta sessuale. Guardiamo con grande attenzione questi eventi, ma noi ci asterremo: questa è la posizione del nostro Gruppo. Lasciamo naturalmente libertà ad ogni singolo Consigliere di votare come meglio crede, perch questa è una forma di rispetto verso le personali sensibilità e le personali convinzioni, però la posizione del movimento e del Gruppo ripeto - è quella di astensione.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.
MANICA Intervengo non per fare dichiarazioni d'amore, ma per raccogliere invece, un'osservazione che fatto poco prima il collega Cattaneo, il Capogruppo di Forza Italia.
Questo è il tipico ordine del giorno su cui non esistono i voti o le discipline di Gruppo o di partito. E' il tipico ordine del giorno in cui ognuno esprime un voto secondo coscienza: è una tipica materia di questo genere.
Proprio per questa ragione, per favorire una dialettica all'interno di questo Consiglio, perché la nostra intenzione non è quella di affermare astratti principi ideologici, ma di rendere concrete e praticabili forme di libertà e di riconoscimento dei diritti, sapendo sempre che nella libertà di scelta e nel concetto stesso di libertà e di libertà di scelta, è connesso il principio di responsabilità a cui tutti ci atteniamo nel momento in cui lo rivendichiamo, eterosessuali ed omosessuali.
L'intenzione con cui l'ordine del giorno era stato presentato era di attivare, presso le istituzioni competenti, non tanto un'autorizzazione della manifestazione - questo è un punto superato - ma perché essa si possa svolgere in un clima di tolleranza e di relazione reciproca. Questa era l'intenzione dell'ordine del giorno e, penso, anche degli stessi organizzatori.
Se l'osservazione che ha fatto il collega Cattaneo era relativamente rivolta ad alcuni punti del dispositivo dell'ordine del giorno, cioè dall'"impegna il Presidente della Giunta regionale" in poi, noi potremmo anche modificarlo, se rimane la sostanza del testo che abbiamo presentato sfumare alcune espressioni o aggiornare alcune parti che sono oggettivamente superate, come quella relativa all'autorizzazione, per arrivare ad un voto più ampio e comune del Consiglio regionale, partendo dalla considerazione che ci si esprime secondo coscienza.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Sono d'accordo a far confluire nell'ordine del giorno presentato il 5 giugno, l'ordine del giorno che ho firmato con altri colleghi del centrosinistra e di Rifondazione; sono anche d'accordo se altri colleghi non firmatari di uno dei due ordini del giorno, intendono proporre modifiche agli stessi a partecipare alla stesura di un nuovo testo. La cosa più importante contenuta negli ordini del giorno è quella di condividere una libertà fondamentale di tutti i cittadini italiani: manifestare le proprie opinioni, le proprie idee e i proprio modi di essere. Non si tratta di essere d'accordo con il contenuto della manifestazione, l'aspetto importante in democrazia è essere d'accordo che si possa manifestare, al di là dell'approvazione dei contenuti. Non si chiede di partecipare ad una manifestazione dell'orgoglio omosessuale e lesbico, si chiede di consentirla. Se questa manifestazione non piace, se ci si professa contrari non si va, nessuno è obbligato ad andarci (Consigliere Salerno, non vada alla manifestazione se è contrario).
Ben diverso è il tema se, in una istituzione pubblica e democratica come la nostra, si consenta o no a qualcuno di manifestare le proprie idee.
Questo è un fatto decisivo per la democrazia, che non è ancora stata assimilata da alcuni colleghi.
Voto favorevolmente all'ordine del giorno firmato da tutti i colleghi del centrosinistra e mi dichiaro disponibile a ridiscutere il testo insieme ad altri colleghi, se faranno questa proposta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Contu; ne ha facoltà.
CONTU Intervengo con un certo imbarazzo per il clima che si è creato in quest'aula, che è molto coerente con l'immagine che i media continuano a propinare all'opinione pubblica sulla questione dell'omosessualità.
Per le cose successe oggi in quest'aula, la notizia di domani su La Stampa o su La Repubblica potrebbe essere: il Consigliere Ghiglia continuando un nobile spot - iniziato da altri - e per contribuire alla causa della diversità, ha dichiarato oggi in aula la sua condizione di omosessuale...



(Commenti in aula del Consigliere Ghiglia)



PRESIDENTE

CONTU



PRESIDENTE

Ho inteso male, chiedo scusa. Il Consigliere Ghiglia, in una situazione diversa, in Consiglio comunale è stato portatore di una battaglia significativa di contrasto (almeno nelle sue articolazioni e nelle Commissioni di merito) e una discussione che ha pervaso un anno di dibattito all'interno del Consiglio stesso. La tematica verteva sul riconoscimento dei diritti delle famiglie di fatto. Problema attualissimo nel nostro Paese, problema che abbiamo risolto all'interno del Consiglio comunale con una difficile mediazione che poi non abbiamo condiviso.
In fin dei conti, nel dispositivo di impegno di questo ordine del giorno si chiede al Presidente della Giunta di farsi portavoce, affinché il World Gay Pride possa svolgersi pacificamente nel luogo designato: ad oggi non è ancora certo se verrà rispettato il percorso originariamente autorizzato in merito allo svolgimento della manifestazione.
Nel merito del dispositivo, non so come si possa intervenire, forse si può intervenire anche dicendo: prendiamo atto che la manifestazione ha inizio, resta il problema che la stessa ha avuto un prologo disgustoso nell'ostentazione di forza - perché di questo si è trattato - nelle sue manifestazioni di contrasto da parte di neofascisti. Va assolutamente ricordato che, proprio in occasione dell'inizio della Giornata Mondiale dell'Orgoglio omosessuale e lesbico, una manifestazione di neofascisti ha attraversato la città di Roma, autorizzata dal Ministro dell'interno, con scene assolutamente edificanti che sono state diffuse dai media. La discussione in quest'aula sta assumendo un clima (anche perché il Consigliere Ghiglia ha lavorato in quella direzione) non consono all'importanza dei valori che sono in campo. Stiamo mettendo in campo una battaglia di civiltà, l'ordine del giorno è nato dal fatto che è stata pesantemente messa in discussione la possibilità che la manifestazione si svolgesse. E' già un punto alla presa di posizione dei Consigli comunali delle istituzioni locali, il dibattito che c'è stato nel Paese ha acconsentito di essere raggiunto. Oggi si chiede che, correttamente, con gli obiettivi raggiunti, il Presidente della Giunta si attivi affinché la manifestazione di sabato 8 luglio possa svolgersi regolarmente.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Ghiglia per fatto personale.
GHIGLIA Rinuncio per serietà.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Angeleri; ne ha facoltà.
ANGELERI Mi sembra che si stia dando un po' troppo risalto ad un tema che ha tutto il nostro rispetto, ma che riteniamo debba rimanere in un ambito e nello spazio un po' più ristretto. Abbiamo appena affrontato un dibattito che, probabilmente, meritava un'attenzione diversa come di fatto c'è stato da parte di quest'aula. Volevo ribadire la posizione del Centro Cristiano Democratico relativamente agli ordini del giorno in oggetto. L'intenzione sarebbe quella di non partecipare al voto, pur rispettando le indicazioni che provengono dagli stessi, ma vogliamo essere presenti in aula e quindi il nostro sarà un voto di astensione. In particolare, mi sembra che la richiesta avanzata nell'ordine del giorno numero n. 20, a firma dei Consiglieri Papandrea e altri, sia un po' eccessiva, laddove "impegna il Presidente e la Giunta regionale ad attivarsi presso le altre istituzioni affinché venga autorizzata la manifestazione romana." Abbiamo interpretato questo ordine del giorno come un'ulteriore provocazione che si aggiunge a quella relativa all'organizzazione del "Word Gay Pride 2000". Quindi - torno a ripetere - pur rispettando le libertà sessuali di ognuno, su quest'ordine del giorno ci asterremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.
DEORSOLA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il voto del Gruppo del CDU sarà di astensione; in linea con quanto detto dal collega del CCD Angeleri.
Sull'argomento rileviamo due aspetti: da una parte l'esigenza di garantire a tutti i cittadini il diritto di manifestare secondo le regole di garantire dei diritti sanciti dalla Costituzione e dall'altra parte rileviamo l'inopportunità che si svolga la manifestazione a Roma con le modalità previste.
Non condividiamo in particolare che la manifestazione rappresenti un'alta valenza simbolica e, conseguentemente, la nostra posizione sarà di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brigandì.
BRIGANDI' Vorrei fare una dichiarazione di voto personale. Sono perfettamente d'accordo con il Consigliere Chiezzi se l'ordine del giorno si limitasse a dichiarare che tutti, anche degli omosessuali, possono manifestare. Sono perfettamente coerente con il taglio dell'ordine del giorno quando si dichiara contro la pena di morte, l'omofobia, gli integralismi e il razzismo di ogni genere. Vorrei che questo fosse chiaro.
E' evidente, ripeto, che questo ordine del giorno, per un verso esula le competenze di questa Regione, per l'altro è del tutto generico. Non si capisce, infatti, cosa significa "attivarsi presso le istituzioni" e soprattutto - mi si consenta - il criterio dell'alta valenza simbolica francamente non lo capisco.
Quindi, sui principi stabiliti dal Consigliere Chiezzi e sugli altri principi, personalmente sono d'accordo, mentre non sono d'accordo sull'impostazione.
Per cui, in base alla dichiarazione dalla Consigliera Manica, se nell'ordine del giorno venisse riportata l'affermazione di questi principi il documento verrebbe da me certamente valutato, se ciò non avviene il mio voto sarà di astensione.
Nel documento - ripeto da una parte ci sono principi che condivido dall'altra ci sono dei principi diametralmente opposti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Palma per dichiarazione di voto.
PALMA Per andare incontro alle esigenze espresse dal Consigliere Brigandì e per chiarire la natura di questo documento, che nelle intenzioni dei promotori, sicuramente di alcuni di questi promotori, non era un documento di adesione ai contenuti del "Word Gay Pride", che sono, per chi li conosce molto vari che non uniscono neppure tutti i partecipanti a questa manifestazione; essendo, invece, interesse dei promotori dell'ordine del giorno, quello di riaffermare un diritto garantito, per fortuna, e non purtroppo, dalla Costituzione italiana, che è quello della libera espressione del pensiero, propongo un emendamento, che adesso formalizzerò.
Propongo di modificare il dispositivo, rendendo come dispositivo il secondo capoverso delle premesse.
Il dispositivo dell'ordine del giorno diventa un dispositivo inequivoco, così nessuno inizia a discutere sulla valenza simbolica di queste iniziative, di queste manifestazioni, semplicemente riconosce il diritto alle organizzazioni omosessuali e transessuali di tutti i cittadini e tutte le cittadine, a manifestare. Diritto previsto e garantito dalla democrazia e dalla Costituzione e dalle regole di convivenza civile.
Propongo, quindi, contestualmente, l'abrogazione dell'attuale dispositivo di eliminare le parole da "impegna il Presidente e la Giunta regionale" fino alla parola "designato". Invito gli altri promotori dell'ordine del giorno ad associarsi a tale modifica.



PRESIDENTE

Consigliere Chiezzi, aveva chiesto la parola? CHIEZZI (fuori microfono) Sono d'accordo con la proposta del Consigliere Palma.



PRESIDENTE

Se tutti i proponenti l'ordine del giorno accettano di modificare il documento non è necessario votare le modifiche. Il Consigliere Chiezzi considera la sua proposta superata.
Do lettura dell'ordine del giorno modificato: "Il Consiglio regionale del Piemonte posto che: fin dal dicembre 1996 il movimento lesbico-omosessuale ha indetto la manifestazione per la Giornata Mondiale dell'Orgoglio omosessuale e lesbico a Roma la concomitanza con le celebrazioni del Giubileo cattolico inizialmente interpretata come provocazione discorsiva, è utile oggi per mantenere aperta la dialettica tra concezioni culturali differenti e per sottolineare le posizioni sessuofobe e discriminatorie di certa parte del mondo religioso e politico motivazioni pretestuose si stanno moltiplicando per snaturare le caratteristiche della manifestazione, mettendo in questione valori fondanti la vita democratica del nostro Paese, quali la laicità e la pluralità dello Stato, il rispetto della Costituzione, i diritti civili delle minoranze riconosce il diritto delle organizzazioni omosessuali e transessuali e di tutti i cittadini e tutte le cittadine a manifestare, diritto previsto e garantito dalla democrazia, dalla Costituzione e dalle regole della convivenza civile."



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.
CATTANEO Visto che c'era brusìo chiedo al Presidente del Consiglio di rileggere l'ordine del giorno.



(Il Presidente del Consiglio Cota rilegge l'ordine del giorno)



PRESIDENTE

Il Gruppo di Alleanza nazionale chiede la votazione dell'ordine del giorno, come emendato, per appello nominale.
Pongo in votazione l'ordine del giorno per appello nominale.



(Il Consigliere Segretario Pozzo effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 40 hanno risposto SI' 21 Consiglieri hanno risposto NO 8 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri L'ordine del giorno è approvato.
SALERNO Presidente, noi abbandoniamo l'aula per protesta contro l'approvazione dell'ordine del giorno.



(Il Gruppo di Alleanza Nazionale abbandona l'aula)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni - Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Esame ordine del giorno n. 18 relativo a "Istituzione Commissione Speciale ex art. 19 dello Statuto regionale"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 18 dei Consiglieri Brigandì Dutto - e sottoscritto personalmente - di cui al punto 9) all'o.d.g.
Chiedo ai Consiglieri proponenti se intendono illustrare il provvedimento. Ha chiesto la parola il Consigliere Brigandì, ne ha facoltà.
BRIGANDI' Signor Presidente, colleghi, credo che il provvedimento si illustri da sé. Nella premessa abbiamo scritto per filo e per segno ciò che s'intende fare.



(Commenti della Consigliera Manica fuori microfono)



PRESIDENTE

BRIGANDI'



PRESIDENTE

Va bene. Su richiesta della Consigliera Manica illustro l'ordine del giorno.
Noi siamo molto attenti alla questione "giustizia", sia in senso civile che penale. E' evidente che siamo anche molto attenti al principio della rigida separazione dei poteri. Non intendiamo (e l'abbiamo scritto in maniera chiara) fare considerazioni o valenze in riferimento ai provvedimenti giurisdizionali, alle sentenze, ordinanze o decreti. Per sappiamo che in questa Regione ci sono problemi che nascono dalla logistica, abbiamo avuto la relazione del Procuratore generale all'inizio dell'anno giudiziario. Pensiamo anche solo ai divorzi, a sentenze civili importanti, perché sono collegate ai posti di lavoro o a tutta una serie di situazioni per cui c'è bisogno d'immediatezza. La giustizia civile, anche se tardiva, è sempre giustizia: un reato punito cinque anni dopo è un tipo di discorso, responsi civili in ritardo un altro: sono comunque sempre delle ingiustizie. Per questo noi riteniamo opportuno monitorare la situazione logistica. Ripeto: solo la situazione logistica! Vogliamo sentire dalla viva voce dei magistrati, dei cancellieri, quali siano le esigenze di carattere logistico e, in quest'ottica, andare a verificare.
La nostra richiesta è basata su questi principi: non modificare ma assecondare le problematiche della Magistratura, in riferimento alle situazioni logistiche, verificare l'entità di tali problematiche anche con gli Enti locali, primi depositari della logistica. Infatti, gli edifici parte del personale e parte delle strutture utilizzate sono fornite dagli Enti locali.
Per tutti questi motivi credo sia opportuno approvare la nostra proposta.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Grazie Consigliere Brigandì per la sua illustrazione.
Vorrei, nel caso in cui lei si fosse dimenticato, precisare al Consiglio regionale che si tratta sì di un ordine del giorno, ma che sostanzialmente potremmo parlare di una deliberazione, dato che propone di istituire una Commissione e indica i criteri e le modalità con cui ci debba avvenire. Se diamo questo fatto per acquisito, apro volentieri il dibattito.
Ha chiesto la parola la Consigliera Manica, ne ha facoltà.
MANICA Presidente e colleghi, nel merito di questo ordine del giorno la precisazione testé fatta è opportuna, nel senso che, in effetti, è vero: trattasi di una deliberazione, perché propone l'istituzione di una Commissione speciale. Quindi, può esserci una volontà del Consiglio, ma che demanda ad un atto deliberativo successivo, con le stesse modalità diverse le finalità - con cui eventualmente costituiremmo una Commissione come quella per lo Statuto: trattasi di analoga procedura e di analoga materia.
Volevo fare alcune considerazioni di percorso di questo ordine del giorno.
Trattiamo di una materia, quale quella della giustizia così come è stata proposta, che nei fatti non vede competenze da parte della Regione poi vedremo quale sarà l'ordine di nuova regolamentazione nel futuro assetto federalista che tutti insieme contribuiremo a definire nei confronti del Governo nazionale, anche sui temi della giustizia,.
Faccio un intervento di percorso, collega Brigandì, avanzandole anche una proposta; so che anche il collega Tapparo ed altri vorranno intervenire maggiormente nel merito della proposta che lei ha fatto.
L'art. 30 del Regolamento del Consiglio regionale norma, a un certo punto, le indagini conoscitive. Se ho capito bene, lei è mosso da una necessità di maggiore e migliore conoscenza della situazione nella realtà regionale, che vuole conoscere, indagare e monitorare. Una Commissione del Consiglio regionale, il Consiglio stesso, può sempre svolgere un'attività di indagine conoscitiva, certo non un'attività ispettiva, che spetta ad altre sedi.
Se l'intenzione che la muove è quella di conoscere e di svolgere un momento di approfondimento, noi non abbiamo, da questo punto di vista alcuna pregiudiziale.
Ci sembra, però, che lo strumento della Commissione speciale configuri un altro scenario e, soprattutto, configuri una situazione diversa rispetto alla quale non vi una competenza specifica della struttura regionale in materia di giustizia con queste caratteristiche.
Pertanto, la proposta che noi potremmo fare in questa direzione, è in ottemperanza all'art. 30 dello Statuto, che norma le "indagini conoscitive che possono essere svolte dalle Commissioni previo consenso dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale e sono dirette ad acquisire notizie informazioni, documenti relative alle materie di loro competenza ed in vista della trattazione di proposte questioni sottoposte al loro esame". Mi sembra che l'esigenza che lei poneva possa essere ricompresa da questo articolo.
Nello stesso tempo, è il Consiglio stesso - quindi, votando, ad esempio, un ordine del giorno opportunamente modificato - che può demandare alle Commissioni lo svolgimento di indagini conoscitive e, in ogni caso spetta all'Ufficio di Presidenza definire modalità per lo svolgimento delle stesse. Qui potremmo trovarci nel caso specifico configurato dal comma 2 dell'art. 30, cioè il Consiglio, votando un testo di ordine del giorno che indica un'indagine conoscitiva, la mette in capo ad una Commissione.Io so che il Presidente della VIII Commissione ci propone, in ogni seduta, una serie di indagini conoscitive ad ampio spettro sulla realtà piemontese, che spaziano dagli Enti locali, alle deleghe, a momenti molto ampi.
Come dicevo, l'ordine del giorno, opportunamente modificato nei contenuti dell'indagine, che deve essere delimitata e circoscritta, perch solo così possiamo rientrare nell'art. 30, demandata eventualmente all'VIII Commissione, potrebbe - se questo è l'ordine delle questioni - configurare le situazioni per cui noi entriamo nel merito di questo dibattito, di questa proposta e la esaminiamo.
Nei termini in cui è configurata, per ragioni di merito e per ragioni di metodo nell'ordine del giorno, con questa formulazione non saremmo d'accordo alla Commissione di indagine, per cui dovremmo esprimere un voto contrario.



PRESIDENTE

Mi permetto di chiederle se l'intervento vale anche come dichiarazione di voto per il Gruppo che ella rappresenta.



(Commenti della Consigliera Manica)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Presidente, il tema che ci prospetta il collega Brigandì non è privo di interesse. Noi abbiamo vissuto in questi ultimi mesi, soprattutto per quanto riguarda l'area della Provincia di Torino, l'istituzione dei Tribunali metropolitani; ciò è valso anche per altre grandi città. Tale istituzione ha toccato anche i tribunali di Pinerolo, di Ivrea e di Torino con nuove configurazioni territoriali e nuove responsabilità. Questo tema unitamente all'introduzione del giudice unico con una rideterminazione degli uffici e dei ruoli all'interno della Magistratura e dell'Amministrazione Giudiziaria non ci deve vedere disattenti, perché uno dei grandi problemi che il nostro Paese ha è quello della difficoltà dei tempi e delle modalità con cui offrire giustizia ai cittadini.
Sappiamo che, molto spesso, a livello di Unione Europea, l'Italia viene considerata un Paese che, in materia di giustizia, lascia a desiderare.
Quanto ci evidenzia il collega Brigandì non è privo di interesse: il problema è come l'istituzione Regione può atteggiarsi positivamente dinanzi a questo problema.
C'è anche una ragione di operatività del Consiglio: ci sono otto Commissioni istituzionali; poi si istituirà - forse - quella sullo Statuto ci saranno certamente, nel corso della legislatura, altre Commissioni di inchiesta; siamo 60 Consiglieri, una parte dei quali - almeno sino ad oggi impegnati in Giunta: diventa anche un problema di ingolfamento dell'attività, per questo dobbiamo calibrare e misurare bene i nostri impegni.
Io proporrei al collega Brigandì - ma è una proposta da verificare, non mi sono consultato con i colleghi dell'opposizione - se si potesse, su un tema così importante, verificare la possibilità di istituire un gruppo di lavoro all'interno dell'VIII Commissione, in modo da procedere, con tempi relativamente brevi, ma anche senza affanno, ad un'opera di rilevazione e di valutazione, da portare poi all'attenzione dell'aula e creare le condizioni per un dibattito ed una più ampia valutazione.
Non nascondo quindi i problemi. So che oggi, ad esempio, il Tribunale di Ivrea ha delle grosse sofferenze, perché all'aumento delle competenze non è corrisposta un'attenzione in termini di locali, di personale, di struttura, e non possiamo pensare di sottrarci a questi tipi di problemi con il fatto che la giustizia non è tra le competenze assegnate dalla Costituzione alle Regioni.Quello della giustizia resa alle esigenze dei cittadini è un tema che tocca anche un'assemblea elettiva di livello regionale; però, proporrei al collega di trovare uno strumento diverso della Commissione di indagine. Ricapitolando: non nego il valore delle argomentazioni in merito ai problemi da qualificare, ma propongo di trovare un altro strumento di lavoro, più leggero, che permetta di portare avanti l'obiettivo che ci si propone con questa iniziativa, senza però caricarlo con tutto quello che si determina con una Commissione di indagine e tenendo conto anche del personale e di altri aspetti che bisogna impegnare nell'iniziativa.
Noi dobbiamo cercare di recuperare personale per la giustizia e non per studiare la situazione in cui essa si trova.
In questo senso, vorrei chiedere al collega se è possibile, con calma nel lasso di una settimana, ricalibrare l'iniziativa e mirarla in modo leggermente diverso nella operatività e uguale nel merito.



PRESIDENTE

Grazie, collega Tapparo, per il suo intervento.
La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Grazie, Presidente.
Cari colleghi e colleghe, sono d'accordo sul merito della proposta.
Portare alla luce lo stato della giustizia piemontese, dal punto di vista logistico e delle attrezzature, è una tema importante.
Condivido le osservazioni espresse dai Consiglieri Tapparo e Manica.
Invito i firmatari di questa proposta a riflettere sull'obiettivo da raggiungere, che non penso sia istituire una commissione in più: non è neppure nel loro interesse.
In prima approssimazione hanno individuato in una nuova Commissione lo strumento capace di fare queste cose. Ma penso anch'io che, viceversa nell'ambito delle Commissioni competenti - penso all'ottava Commissione forse anche qualche altra Commissione - si possa avviare un filone di lavoro teso a raccogliere questi dati e che possa essere fatto all'interno di una delle Commissioni permanenti, assumendo una decisione che può essere aiutata da un ordine del giorno del Consiglio e da una presa di posizione da parte del Presidente del Consiglio che autorizzi una delle Commissioni permanenti - forse l'ottava - ad avviare un'indagine conoscitiva, quindi a mettere a disposizione le strutture e, probabilmente, anche risorse, per portare a termine questo lavoro.
Quindi, anch'io aderirei al contenuto della proposta, chiedendo un momento di riflessione collettivo sullo strumento, perché sono già dodici le Commissioni all'opera, se comprendiamo anche la Commissione speciale per lo Statuto - che mi sembra veda la condivisione di tutti. Non aggiungerne una tredicesima, forse, consentirebbe di realizzare l'obiettivo dell'istruire l'indagine; aggiungere un'altra Commissione penso ci crei degli inciampi di non poco conto nel procedere del lavoro.
Quindi chiederei ai colleghi Consiglieri di discutere insieme in merito a questa richiesta.



PRESIDENTE

Grazie per il contributo del Consigliere Chiezzi.
I proponenti consentono al rinvio e alle considerazioni espresse da alcuni colleghi durante gli interventi? La parola al Consigliere Brigandì.
BRIGANDI' Signor Presidente, qui, evidentemente, siamo su posizioni diametralmente opposte.
Credo che l'argomento sia urgente, spinoso e di grosso volume, per cui mentre ci può essere un'ampia disponibilità, se per caso qualcuno avesse vaghezza di cattiva intenzione da parte del proponente, cioè, se qualcuno pensasse che si voglia andare a mettere il naso e a rompere le scatole alla Magistratura, abbiamo tutto lo spazio possibile per spiegare che la nostra proposizione è seria da quel punto di vista. Dal punto di vista dello strumento, temo non ci sia spazio, poi si può vedere, si può vagliare, la riproporrete; vedremo cosa fare o cosa non fare, se lo ritenete.
Credo che all'interno della VIII Commissione ci sia già una più che sufficiente carne al fuoco, quindi, un'ipotesi di lavoro di questo tipo sarebbe certamente secondaria, mentre occorre un'intera Commissione per verificarlo. Lascio pensare ai signori Consiglieri quale sia la problematica parlando soltanto di Torino. Teniamo presente che in tutto il Piemonte questi elementi sono riportati: la problematica inerente al nuovo palazzo di giustizia, la problematica inerente ai lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili agli altri all'interno dell'attività giurisdizionale data tutti con meccanismi che non hanno scaturigine nel Ministero di Grazia e Giustizia, negli enti locali. E' sufficiente pensare agli esposti presentati al Consiglio Superiore della Magistratura in materia. Questa è la mia proposta. Se il Consiglio riterrà di accettarla o di non accettarla lo vedremo, però non ritengo di poter fare più di questo.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Brigandì.
Se non ci sono altri interventi, iniziamo con le dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Marengo.
MARENGO Signor Presidente, le chiederei la verifica del numero legale perch non mi pare, ad occhio, che ci sia.



PRESIDENTE

Il Presidente acconsente, anche perché ci accingiamo, non essendoci dichiarazioni di voto, almeno per il momento, alla fase di votazione quindi, verifichiamo a tutti gli effetti il numero legale in aula.


Argomento:

Verifica numero legale


PRESIDENTE

Si proceda all'appello nominale per la verifica del numero legale, su richiesta del Consigliere Marengo.



(Il Vicepresidente Toselli effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Constatata la mancanza del numero legale, essendo presenti in aula n.
26 Consiglieri anziché 28 (sono in congedo n. 5 Consiglieri), lascio la Presidenza al Presidente Cota.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

MARCENARO (fuori microfono) Presidente, la Giunta è stata determinante nel far mancare il numero legale, ne prendiamo atto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Brigandì; ne ha facoltà.
BRIGANDI' Signor Presidente, il problema è questo: il numero legale è stato richiesto dal Consigliere Marengo, il quale non ha dato la propria presenza, per cui la richiesta a monte è nulla.



PRESIDENTE

E' uno dei tanti punti oscuri, Consigliere Brigandì, perché non è più scritto nel nostro Regolamento che il Consigliere che chiede la verifica del numero legale debba considerarsi automaticamente presente in aula quindi è uno dei punti sui quali, forse, è il caso di riflettere.
Rilevo, comunque, la mancanza del numero legale. Vista l'ora, siccome la sospen sione di mezz'ora porterebbe fuori dal tempo previsto per la riunione del Consiglio, la seduta è tolta, rinviando a martedì prossimo.
Vorrei soltanto fare una breve puntualizzazione a margine: mi ero impegnato, in sede di Conferenza dei Capigruppo, a fare una programmazione dei lavori fino alla fine di luglio, prima delle vacanze estive. Nella prossima riunione dei Capigruppo ci sarà, quindi, una riunione congiunta (Capigruppo e Presidenti di Commissione) per fare tale programmazione.
Specificherò domani se detta riunione si terrà nella giornata di giovedì o di venerdì. Buona serata.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti alla Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.36)



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