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Dettaglio seduta n.507 del 17/11/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


GALASSO ENNIO LUCIO



(Alle ore 10.31 il Consigliere Segretario Galasso comunica che la seduta avrà inizio alle ore 11.00)



(La seduta ha inizio alle ore 11.18)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta Franco Maria, Costa Enrico Ghigo, Pichetto Fratin, Racchelli, Rossi Giacomo e Vaglio.


Argomento: Statuto - Regolamento

Esame disegno di legge n. 655 inerente a "Statuto della Regione Piemonte Seconda deliberazione (ex articolo 123 della Costituzione)"


PRESIDENTE

L'esame della seconda deliberazione relativa allo Statuto della Regione Piemonte, di cui al punto 4) all'o.d.g. prosegue con la discussione dell'articolato e degli emendamenti ad esso riferiti.
ARTICOLO 5 Emendamento rubricato n. 53 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea e Contu: all'art. 5, il comma 1 è abrogato e sostituito dal seguente nuovo comma 1: "1. La Regione esercita la propria azione legislativa, regolamentare ed amministrativa al fine di indirizzare e guidare lo sviluppo economico e sociale del Piemonte verso obiettivi di progresso civile e democratico".
Tale emendamento, privo di portata normativa in quanto già votato, si considera superato.
Emendamento rubricato n. 182 presentato dai Consiglieri Contu e Chiezzi: nel comma 1 dell'art. 5, le parole "... la riduzione" sono sostituite dalle parole: "l'eliminazione".
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 182.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 174 presentato dai Consiglieri Contu e Chiezzi: nel comma 1 dell'art. 5, dopo le parole "... e il fenomeno dell'incertezza" è aggiunta la parola: "occupazionale".
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 174.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 54 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea e Contu: all'art. 5, comma 2 le parole "... Tutela i consumatori ..." sono abrogate.
La parola al Consigliere Chiezzi, per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente.
Stiamo affrontando gli emendamenti all'articolo 5, articolo che anch'esso, mal si concilia con la denominazione relativa agli argomenti dei "Principi fondamentali" in generale.
Nello specifico, la tutela dei consumatori è materia trattata all'articolo 10, che ha per denominazione "Diritto all'abitazione e tutela del consumatore".
Questo è un elemento di correzione necessario, che dà anche conto della bassa qualità di questo testo. E' uno Statuto molto prolisso, ridondante ci sono articoli - come questo - che ripetono le scelte già contenute in altri articoli.
Teniamo presente che lo Statuto che abbiamo di fronte prevede 102 articoli, mentre lo Statuto precedente ne aveva 82; è uno Statuto che ha un numero di articoli che nessun'altra Regione ha, in tal misura, approvato.
Infatti, la Regione Abruzzo ha approvato uno Statuto con 87 articoli, la Basilicata 63 articoli, la Calabria 59 articoli, la Campania 75 articoli l'Emilia Romagna 68, il Lazio 80, la Liguria 78, le Marche 57, il Molise 84, la Puglia 62, la Toscana 82, l'Umbria 85. Noi siamo arrivati a 102 articoli! Arrivare a 102 articoli, con concetti che si ripetono di articolo in articolo, è senz'altro la conseguenza di un testo che, anche dal punto di vista della stesura, segnala che non siamo di fronte ad un grande atto di impianto fondamentale di principi. Siamo di fronte a un pasticcio anche dal punto di vista dell'organizzazione degli argomenti.
Non è un grande lavoro, quello che è stato fatto. Pertanto, dal mio punto di vista, un lavoro siffatto non è meritevole di approvazione.
Possiamo tenere tranquillamente lo Statuto che avevamo, che almeno è ordinato per argomenti; chiaramente andrebbe aggiornato, ma non in questo modo! Non penso che il Piemonte faccia una bella figura a proporre testi di questo genere, pertanto, lo stupore iniziale che si può avere di fronte a un emendamento che toglie le parole "tutela i consumatori" è in realtà motivato dal fatto che questa tutela non deve comparire in questo articolo ma nell'articolo 10 dello stesso testo.
Questo non è probabilmente un errore che può inficiare la validità dello Statuto, come in altro caso vedremo, però è senz'altro un elemento di ripetizione che il buon andamento nella stesura delle leggi dovrebbe rifiutare.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 54.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 175 presentato dai Consiglieri Contu e Chiezzi: nel comma 2 dell'art. 5, dopo le parole "... tutela la dignità del lavoro" sono aggiunte le parole: "e i diritti dei lavoratori".
Emendamento rubricato n. 164 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per realizzare le condizioni atte a rendere effettivi il diritto allo studio, il diritto al lavoro, la piena occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori".
La parola al Consigliere Contu, per l'illustrazione degli entrambi emendamenti.



CONTU Mario

Grazie, Presidente.
La presentazione di quest'emendamento assume un particolare significato, peccato che non ci sia l'Assessore Leo, che, in modo colpevole, non ha mantenuto fede agli impegni assunti in quest'Aula, di varare al più presto un Testo Unico sul diritto allo studio; una legge quadro che, raccogliendo le miriadi di interventi - a volte settoriali, ma sempre particolari nella loro destinazione - dovrebbe avere l'unico obiettivo di rimuovere tutti quegli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico, che non consentono, anche ai meno abbienti, di poter raggiungere i più alti gradi d'istruzione. Parto da questo riferimento costituzionale perché è evidente che lo Statuto non può entrare tanto nel merito delle leggi, quanto nei principi ispiratori che ne dovrebbero guidare l'azione. Questo è il diritto allo studio.
Lei, Presidente, ha mischiato i due aspetti del diritto al lavoro facendo una semplificazione nell'accorpamento dei due emendamenti, ma in quest'intervento mi limito ad esporre la problematica dell'emendamento sul diritto allo studio, perché credo che li abbia accorpati in modo non accettabile e quindi le chiederei di...



PRESIDENTE

Facciamo due votazioni separate, ma con un'illustrazione unica.



CONTU Mario

La questione del diritto allo studio è di attualità. Propri oggi c'è una gran manifestazione degli studenti, attualmente in corso nel centro di Torino, il cui il filo conduttore è, da una parte, la "demorattizzazione" della scuola e, dall'altra, un richiamo molto forte alla vergogna della legge sui buoni scuola. Entrambi rappresentano un aspetto inquietante della situazione in cui versa il sistema scolastico e, quindi, dell'impossibilità di garantire quei presupposti di uguaglianza e di pari opportunità che dovrebbero essere alla base dell'azione della Regione.
Da una parte, quindi, diritto allo studio, necessità di costituire e di varare una legge quadro sulla materia; dall'altra, la necessità di inserire, all'interno dello Statuto, un richiamo forte - con un riferimento altrettanto forte sul piano costituzionale - alla rimozione degli ostacoli.
Tutto questo, che noi chiediamo di inserire nello Statuto, o almeno nei suoi Principi, contrasta con le scelte che questa Regione ha operato. Una scelta indubbiamente di classe - tra virgolette - come quella dei buoni scuola, ha visto anche l'opposizione dividersi. Oggi, traendo un bilancio dei beneficiari, possiamo affermare, con cognizione, che questa maggioranza di centrodestra ha regalato l'argent de poche ai figli di facoltosi imprenditori agricoli, ai figli di imprenditori commerciali e ai figli di titolari di avviati negozi nei centri storici delle nostre città più importanti. Una vergogna che si aggiunge alla vergogna che, in parte poteva essere attenuata con quel provvedimento che, invece, questa maggioranza non vuole e non è in grado di varare.
Per queste ragioni, Presidente, un richiamo forte nello Statuto ha ragione di essere. Da qui, il senso dell'emendamento.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 175.
Il Consiglio non approva.
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 164.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 165 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per contribuire al progresso della cultura e allo sviluppo della ricerca scientifica, promuovendo altresì l'adeguamento delle strutture e dei contenuti della scuola alle esigenze della società regionale e nazionale".
La parola al Consigliere Contu per l'illustrazione.



CONTU Mario

L'adeguamento alle mutate condizioni sociali è la raccomandazione perché di questo si tratta - ad una maggiore attenzione ad una società che cambia. Una società in sviluppo; una società che non è più quella che abbiamo storicamente determinato attraverso la presenza di una popolazione autoctona, ma è un insieme di culture, di etnie e di storie diverse che hanno contribuito, negli ultimi quarant'anni, a caratterizzare lo sviluppo del Piemonte. Potenti flussi migratori all'interno del Paese, dal sud al nord e dai Paesi extraeuropei, fanno, di questa Regione, un crogiuolo di culture, di confessioni e di fedi completamente diverse. Di fronte ad una società che cambia, il compito della Regione è di adeguare tutti gli strumenti legislativi, in particolare operando sul terreno della ricerca dell'esplorazione, dell'indagare nella società che cambia. Questa società questa moltitudine di persone che popola la nostra Regione, è portatrice di domande nuove. Sono domande poste nei confronti delle autonomie locali e del legislatore a livello regionale. Chiaramente, l'azione legislativa nei vari campi - in particolar modo nel campo dello studio e, quindi, nelle opportunità formative di acquisizione dei saperi attraverso la frequenza scolastica - deve, necessariamente, tenerne conto.
Le novità legislative impongono, oggi, una scelta - che noi non condividiamo molto - di caratterizzazione di una parte dei contenuti scolastici, legandoli maggiormente alle esigenze che vengono dal territorio. È un modo non condivisibile di concepire l'approccio all'acquisizione dei saperi, così frammentato da interessi particolari che dovrebbero intervenire dal territorio.
E' una cosa assolutamente contraddittoria. La riforma della scuola come proposta dalla legge Moratti, destina tre ore di lezione, nei vari ordini di scuola, che dovrebbero essere, nei suoi contenuti, definiti da provvedimenti legislativi assunti da quest'Aula.
Noi ci auguriamo che, nel tempo che intercorrerà tra l'approvazione di questo Statuto e la possibilità di rendere operativa ed attuativa l'ottava legislatura, qualcosa di grande possa succedere, perché ho ragione di credere che un'alternanza al governo di questa Regione potrebbe contribuire a mitigare alcuni aspetti nefasti delle novità legislative intervenute.
Questo, se non altro fin quando non avverrà un cambio a livello del Governo del Paese, potrà sicuramente provare ad ostacolarne la sua applicazione.
Quindi, il richiamo all'interno dello Statuto è doveroso sulla complessità della nostra società e sulla necessità che la scuola sappia cogliere, attraverso il suo dispiegarsi, le novità che sono intervenute.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente.
Intervengo per segnalare l'importanza di questo emendamento. E' un emendamento molto pesante dal punto di vista istituzionale, molto bello ed è anche scritto bene.
Questo emendamento - il collega Contu non l'ha detto, ma mi permetto di dirlo io - è stato ripreso testualmente dallo Statuto vigente.
L'articolo 4 dello Statuto scritto nel 1970 conteneva esattamente questi concetti: "La Regione, avvalendosi delle proprie competenze, in concorso con lo Stato e gli enti locali, opera in particolare per contribuire al progresso della cultura e allo sviluppo della ricerca scientifica, promovendo altresì l'adeguamento delle strutture e dei contenuti della scuola alle esigenze della società regionale e nazionale".
Quindi, si era giunti ad approvare un testo che, ancora oggi, è assolutamente valido ed attuale e che, ancora oggi, guarda in prospettiva.
Allora sì che era stato fatto un lavoro di alto profilo.
Richiamiamolo: la Regione opera in coordinamento con lo Stato, perch sia allora e, io sostengo, anche oggi, non c'è Regione che possa agire per conto proprio, come se lo Stato non esistesse, come se non esistesse una comunità nazionale, nella quale riconoscere principi ed indirizzi generali.
Già nel 1970 era scritto che la Regione fa parte dello Stato, ma la Regione dovrà operare in raccordo con gli enti locali, problema che 34 anni dopo non abbiamo ancora risolto.
Quindi, con faciloneria lo Statuto vigente è stato preso e buttato in un angolo, nonostante i tentativi fatti in Commissione, soprattutto all'inizio dei lavori, di dissuadervi a non gettare via tutto lo Statuto vigente, perché ci sono delle parti che sono ancora validissime. E questa è una di quelle.
Inoltre, è scritto che la Regione opera per contribuire. Anche sul concetto di "contribuire", la Regione è uno dei soggetti istituzionali, ma ci sono gli altri soggetti e ci sono i soggetti sociali. Quindi, c'era già questa attenzione a non pensare che si predisponeva una nuova istituzione che volesse agire al di fuori di un contesto. Contribuire a cosa? Come prima cosa al progresso della cultura.
Su questo bisogna dire che la Regione Piemonte, lungo tutto il suo percorso, sino ad oggi in modo diverso, ma sin dall'inizio, ha avuto molta attenzione a quest'aspetto, una straordinaria attenzione.
Sappiamo che, nei primi anni, la Regione Piemonte ha compiuto investimenti di carattere culturale molto ampli e anche molto determinati.
Alcune infrastrutture culturali, all'interno delle quali si svolgono attività di cultura, sono state addirittura inventate ed acquisite dalla Regione Piemonte; ad esempio, il Castello di Barolo. Quindi, questo pezzo dello Statuto ha avuto le gambe. E si diceva e si dice - propone il collega Contu - "allo sviluppo della ricerca scientifica".
Guardate l'attualità di questa frase! Oggi la ricerca scientifica langue in tutta Italia e viene indicata, oggi per il domani, come uno degli obiettivi da raggiungere in ordine a scelte di Governo. Si dice che c'è poca ricerca scientifica in Italia, soprattutto la ricerca di base, ma anche la ricerca applicata.
Ed è lì che segniamo dei punti di arretratezza rispetto al resto dell'Europa, e quindi è proprio in quel contesto che bisogna investire.
Questo lo diceva lo Statuto del 1970, e oggi viene giustamente riproposto.
L'ultimo aspetto è di promuovere l'adeguamento delle strutture e dei contenuti della scuola alle esigenze della società regionale e nazionale.
Da questo - e concludo - ne deriva che anche questo lavoro, che ha teso non considerare più alcuni elementi di grande validità dello Statuto vigente, è stato un errore; non si costruisce sulla sabbia, non si nasce oggi, non si nasce nel modo in cui è nata la volontà di portare a termine questo Statuto, all'ultimo minuto, in fretta e buttando a mare quello che c'era e cercando di inventare cose che hanno portato ad uno Statuto anche sovradimensionato dal punto di vista degli articoli. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei, Consigliere Chiezzi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Vorrei soffermarmi in particolare su questo emendamento inerente alla ricerca scientifica.
Come ricordava il Consigliere Chiezzi, è vero che, talvolta, nel nostro lavoro abbiamo, con troppa superficialità e forse con troppa fretta, scelto tra le parti del vecchio Statuto da mantenere e quelle che invece non abbiamo più riproposto.
Credo che questa formulazione sia di estrema attualità in questo momento e non penso che sfugga ai colleghi il fatto che, i problemi che abbiamo nel sistema produttivo, com'è stato ricordato ieri, si scontrano con i problemi della globalizzazione e quindi con un confronto che va oltre i confini nazionali. E' chiaro che questo confronto, da più parti, ormai viene individuato come il mezzo per tornare ad essere competitivi. Il mezzo che viene individuato è la ricerca. Su quello bisogna ricordare come altre volte, parlando anche di sviluppo industriale, da parte di alcuni Consiglieri, sia stato fatto notare come quella strutturazione dell'industria in Italia e in Piemonte, che era passata da una grande industria ad una strutturazione produttiva più centrata sulle piccole e medie industrie, sia un segnale preoccupante per quanto riguarda la ricerca. Le piccole e medie industrie non hanno la forza economica per sostenere quella ricerca che, invece, sarebbe necessaria per mantenere competitività. Ripeto, non solo regionale o nazionale, ma anche internazionale. Su questo punto si inserisce la proposta di emendamento che ha una sua particolarità.
Cerco di prevenire eventuali critiche. L'articolo 14 tratta di istruzione e ricerca, ma la peculiarità di questa formulazione è proprio quella di evitare il rischio che io individuo nell'articolo 14, ovvero di un certo qual concetto di regionalizzazione della ricerca. Come è stato ricordato poco fa, il tipo di ricerca che oggi si sta effettuando richiede il coinvolgimento e l'apporto di più soggetti, qualcuno dice anche soggetti privati, ma sicuramente il livello della ricerca in questo momento, in campo internazionale, è tale che non sono neanche sufficienti le risorse di una sola Regione per sviluppare piani che siano tali da sostenere la concorrenza internazionale. Ecco, allora, che l'ipotesi di poter lavorare attivarsi affinché la ricerca in Piemonte entri in collaborazione anche con finanze statali, il che potrebbe dare una possibilità migliore di crescita alla nostra società. Con il termine crescita, voglio ricordare come ho già detto ieri, non s'intende necessariamente crescita attraverso lo sviluppo di nuove fonti energetiche, di nuove fonti di materie prime. Proprio per il tipo di società, e il tipo di problemi che la società mondiale sta affrontando in questo momento, è necessario, ed è possibile, che la ricerca incentivi uno sviluppo per quello che diciamo nello stesso articolo, verso un'economia sostenibile.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Commissione Statuto, Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio Lucio

Parere contrario, perché già da quanto è emerso, dall'intervento del secondo Consigliere di cui non ricordo il nome, vi è l'articolo 14 che assorbe quanto verrebbe proposto con il comma in discussione. Bisogna anche dire che l'articolo 14 ha maggiore completezza perché ha un respiro più ampio, pur collegandosi alle opportunità personali di crescita culturale e civile e si pone, altresì, il problema della rimozione degli ostacoli che ne limitano l'accesso alla cultura, alla formazione e alla ricerca.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 165, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 166 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per adottare le misure necessarie per assicurare la funzione sociale della proprietà privata".
La parola al Consigliere Contu per l'illustrazione.



CONTU Mario

Per anni siamo stati dipinti come gli acerrimi nemici della proprietà privata. Questo appare in evidente contraddizione con la proposta d'emendamento che invece ha una sua ragione importante di essere. Mai e poi mai, nella storia anche del comunismo, la questione della proprietà privata si è attuata nella sua concretezza con quel volto malefico con cui una propaganda interessata da parte del mondo occidentale criminalizzava il modo di funzionare delle economie degli stati socialisti. La funzione privata ha e svolge un suo ruolo importante. Va tutelata e difesa. Altra cosa è la proprietà privata che si viene a determinare mediante che cosa se non il furto e l'appropriazione indebita di patrimoni che, bene o male storicamente, sono appartenuti a tutta la collettività? La nostra storia, vecchia e recente, è ricca di questi episodi. Vorrei fare un richiamo storico. Una delle leggi varate all'epoca nell'ambito del Regno di Sardegna prevedeva di istituire nell'isola la cosiddetta legge delle chiudende. La legge delle chiudende aveva una caratteristica. Sino a quel periodo storico le foreste e i parchi naturali erano di proprietà dei comuni e delle collettività (chi ha studiato giurisprudenza conosce quest'aspetto del problema). Con la legge delle chiudende si dava la possibilità, a chi lo voleva, di recintare queste grandi aree forestali che, il più delle volte, erano utilizzate secondo un meccanismo di controllo sociale, che prevedeva la rotazione al libero pascolo dei greggi e al legnatico come risorsa fondamentale per i bisogni energetici coerenti con quel periodo storico. La legge delle chiudende instaura in Sardegna la proprietà privata, che già esisteva allora, per questo coloro che avevano i mezzi e le possibilità, come i signorotti, recintando questi ampi spazi ne diventavano proprietari. Arrivo al dunque.
Da quel preciso momento storico, con l'attuazione della legge sulle chiudende e il passaggio alla proprietà privata, in Sardegna ha inizio l'epopea dei sequestri di persona.
Ma riprenderò successivamente il discorso, magari come dichiarazione di voto, perché non vorrei abusare del suo tempo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente.
Anche il testo di quest'emendamento ha radici profonde sia nella storia italiana sia in quella del Piemonte.
Nella storia d'Italia, il tema della proprietà è stato trattato nella Parte Prima della Costituzione, in modo esplicito all'articolo 42.
L'articolo 42 recita: "La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad Enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi d'acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti". È un gran testo, perch inserisce il diritto di proprietà all'interno di una comunità democratica.
Il diritto è riconosciuto. Il diritto - secondo la Costituzione - è tale per cui il principio costituzionale è di rendere accessibile a tutti il diritto alla proprietà. Questo è un concetto molto importante.
Per altro verso, si dice che la proprietà non è un recinto impermeabile al contesto sociale ed economico nel quale la proprietà è ubicata. La proprietà è uno dei fattori di una comunità. Lo stato di diritto la prevede, la tutela, ma la limita anche. In caso di pubblica necessità infatti, sappiamo esservi una lunga legislazione in forza della quale l'utilizzo di un bene - il suolo in quanto tale - viene sottratto al diritto di proprietà in funzione di un interesse diffuso (aprire una strada, costruire una ferrovia, eccetera). Il diritto di proprietà recede di fronte al diritto più forte di una collettività di organizzare i propri modi di vita.
Quindi, già in Costituzione, si parla di limiti all'esercizio del diritto di proprietà. Sappiamo che nel campo dell'esproprio, ad esempio che in punto di diritto è l'azione che più penetra e confina il diritto di proprietà ad un risarcimento del bene sottratto, la strada per regolare questi rapporti è stata lunga. Fino a che punto la collettività pu comprimere il diritto di proprietà e riconoscere un valore a quella proprietà? È una lunga discussione che ha avuto fasi alterne in Italia dall'esproprio generalizzato all'esproprio a valore agricolo di tutti i suoli. In questi ultimi anni, da questo punto di vista, abbiamo riconosciuto molto di più alla proprietà come valore presunto.
Non mi dilungherò su quest'argomento, mi limiterò a dire che il tema era trattato.
Lo Statuto vigente trattava lo stesso tema. Infatti, precisava: "La Regione Piemonte adotta le misure necessarie per assicurare la funzione sociale della proprietà privata".
Quindi, nel 1970 si è ribadito, in veste regionale, il concetto costituzionale secondo il quale la proprietà svolge anche una funzione sociale, per cui la Regione deve intervenire.
Quest'emendamento ripropone, nel 2004, il tema della proprietà e il ruolo che la Regione Piemonte deve svolgere per assicurarne la funzione sociale.
Ho voluto precisare queste parole perché mi sembra, di nuovo, uno dei tratti dello Statuto vigente che, purtroppo, l'accordo raggiunto nel testo che stiamo esaminando in seconda lettura ha trascurato.



PRESIDENTE

Il parere del relatore?



GALASSO Ennio Lucio

Esprimo il parere contrario.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Contu, per dichiarazione di voto.



CONTU Mario

Grazie, Presidente.
Volevo soltanto completare il ragionamento, a giustificazione del mio voto favorevole all'emendamento, su questo affermarsi, in maniera geograficamente diffusa in Sardegna, della proprietà privata a seguito di questa legge sulle chiudende.
In una società prevalentemente agro-pastorale uno dei costi più notevoli è rappresentato dal fitto del terreni per pascolo.
Tutto ciò comincia a gravare pesantemente sull'economia delle famiglie.
In una società agro-pastorale, connotata da aspetti di matriarcato - i pastori stanno lontano delle famiglie per lunghi mesi - sono proprio le donne che mantengono e gestiscono i cordoni dell'economia domestica, che comincia a fare i conti in tasca ai nuovi proprietari feudali. Dico "feudali" perché, di fatto, è una sorta di ripristino di una forma di feudalesimo, perché i grandi latifondisti diventano "grandi latifondisti" a seguito di questi cambiamenti.
Difficilmente questa "impresa dei sequestri" fallisce l'obiettivo.
Buona parte delle richieste di riscatto a questi proprietari dei fondi sono assolutamente coerenti con la ricchezza posseduta, perché dietro c'era un controllo sociale.
La voce di popolo, attraverso la somma dei fitti dei vari pascoli strategici, vitali per la sopravvivenza delle greggi, ha indotto questa cosa.
Lì, il controllo sociale, e quindi la funzione sociale della proprietà privata, veniva meno. Era evidente che, in virtù di una legge, si era letteralmente rubato ai poveri, a quell'economia di sussistenza basata sull'attività agricola e pastorale. Ad un bene della collettività - era una proprietà collettiva - si sostituisce questa proprietà privata, che oggi in un contesto come la Regione Piemonte, assume aspetti diversi probabilmente storicamente rintracciabili in altre epoche (credo che quest'excursus ci porti sicuramente indietro nei secoli).
Riaffermo, quindi, l'importanza della tutela della funzione sociale della proprietà privata nell'ambito delle considerazioni espresse in questi due interventi.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 166, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 167 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per acquisire alla gestione o al controllo pubblico i servizi d'interesse generale".
La parola al Consigliere Contu, per l'illustrazione.



CONTU Mario

Presidente, la ringrazio per la possibilità che mi dà di illustrare quest'emendamento, perché stiamo parlando di servizi essenziali per la sopravvivenza della nostra collettività, della nostra popolazione.
Parliamo di beni come l'acqua. Presidente, so che lei è attentamente impegnato sulla questione della costituzione degli ATO e della loro indicazione da parte dei Comuni, soprattutto montani, i Comuni che hanno la proprietà delle fonti delle acque, affinché possano contare maggiormente non siano espropriati del bene acqua e abbiano ricadute in positivo, perch da quelle fonti traggono alimentazione, nel senso letterale, e dissetano gli abitanti della pianura della parte pedemontana e della pianura piemontese.
Attorno alle fonti dell'acqua si è aperta una battaglia politica di non poco rilievo, che tiene conto di quest'aspetto.
Le cito, come esempio, l'importanza del controllo pubblico di un bene essenziale come l'acqua, ma potremmo parlare del gas o, più in generale delle altre fonti d'energia. Recentemente la SMAT, che gestisce l'ATO della provincia di Torino, ha portato all'attenzione dei Comuni la modifica del proprio Statuto. Nella modifica del proprio Statuto si è veicolato attraverso i canali di comunicazione con i vari soci della SMAT, che sono i Comuni, un testo di deliberazione dello Statuto che veniva giustificato con la necessità di adeguarlo alle intervenute modifiche nel frattempo varate dal Governo Berlusconi, per quanto concerne il diritto societario.
Questo è avvenuto a luglio e devo dire che i Comuni di centrodestra e di centrosinistra, con o senza l'apporto di Rifondazione Comunista, hanno votato all'unanimità il nuovo testo dello Statuto.
Succede un fatto straordinario, Presidente: qualcuno si è preso la briga di leggere quello che stava votando e si è accorto che, dentro le pieghe dello Statuto, all'articolo 13, era stato inserito un comma che prevedeva l'ingresso al capitale societario da parte dei privati.
Scalpore, Presidente! Nel frattempo, buona parte dei Comuni avevano già votato quest'atto; fortuna vuole che il Comune di Torino e altri piccoli Comuni della prima cintura (i Comuni di Beinasco, Moncalieri e Nichelino) non avessero ancora compiuto questa votazione. E fortuna vuole che il Consiglio comunale di Torino, in modo molto avveduto, abbia bocciato quell'articolo della modifica statutaria veicolata in modo improprio tanto si parla di uno Statuto, tanto vale modificarlo una volta per tutte! come giustificazione alle intervenute modifiche sul diritto societario.
Era, naturalmente, un tentativo di aggirare le assemblee elettive. Il Comune di Torino ha approvato gli emendamenti proposti dal nostro Gruppo e altrettanto è successo a Beinasco. Il Comune di Torino, più altri due Comuni, costituiscono la maggioranza e ci auguriamo che nell'assemblea prevista per il 14 gennaio - la terza assemblea dei soci che si terrà dopo il verificarsi di questi fatti - venga scongiurato definitivamente l'ingresso dei privati nella gestione delle acque, in questo caso dell'ATO della provincia di Torino.
La invito, pertanto, Presidente, lei che è molto attento alla problematica dell'acqua, a vigilare perché, oltre all'atto di rapina che si potrebbe determinare nei confronti dei piccoli Comuni montani, che rivendicano di poter contare di più, sta passando in modo strisciante, con quello strumento, anche l'ingresso dei privati nella gestione delle acque.
Lei concorderà che tutto si può mettere sul mercato, ma beni essenziali come quello dell'acqua devono restare nella forma gestionale, e quindi nella sua ricaduta tariffaria, controllati al 100% dal pubblico.
La richiesta di emendamento chiede di inserire nello Statuto un ruolo attivo della Regione, affinché vengano salvaguardati i servizi pubblici essenziali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Colleghi, l'emendamento proposto dal collega Contu - Contu non l'ha detto, ma io lo voglio dire - è il testo che prevede lo Statuto vigente quello del 1970. All'articolo 4, esso recita: "La Regione opera in particolare per acquisire alla gestione o al controllo pubblico i servizi di interesse generale".
Che stagione era il 1970, 70 anni dall'inizio del secolo? Era una stagione in cui il secolo era iniziato - lo ricordiamo tutti - con un grande intervento delle istituzioni pubbliche, dei Comuni, allora gestito dai liberali, che nell'impianto di una società moderna dell'inizio secolo aveva previsto lo sviluppo di investimenti pubblici per la costruzione di reti di servizio, non solo le ferrovie, ma anche l'acqua, il gas, le famose municipalizzate, negli anni successivi.
Nel 1970, dopo la ricostruzione, il Consiglio regionale, pur nelle sue differenti opzioni politiche, aveva ripreso questo tema. Nel 1970 non vi era un dibattito forte sulla possibilità di far gestire ai privati le reti dei servizi; era una scelta quasi scontata quella di rilevare, semmai, uno spezzettamento delle reti dei servizi esistenti e della necessità, essendo servizi rivolti all'interesse pubblico, di riportare anche gestioni private all'unicità del servizio, che voleva dire anche all'economicità ed efficienza dello stesso.
Diciamo che siamo "il giorno dopo" la nazionalizzazione dell'energia elettrica, che aveva avuto lo stesso percorso (tanti produttori, tanti gestori) e poi l'interesse nazionale che irrompe nella società e dice: "Basta, l'energia è un bene che deve essere trattato in termini di interesse collettivo e non di scelte private". E così l'energia è arrivata sulle colline, in cima alle montagne e così via. Nel 1970, quindi, la Regione Piemonte era nel solco che privilegiava, per alcune reti di servizi, il ruolo pubblico. In seguito sono avvenute tante cose e poi gli interessi privati sono tornati prepotentemente a far sentire il loro punto di vista e anche a prevalere, così si è cominciata a spezzare una cosa un'altra, a trasformare aziende pubbliche in Società per Azioni, a fare spezzatini e via dicendo. Oggi il dibattito sulle reti pubbliche di servizi è uno dei dibattiti all'attenzione del mondo intero. Ha fatto bene Mario Contu a citare il più trattato di questi beni pubblici e forse anche il più importante, quello dell'acqua. L'acqua è vita, senza acqua non c'è vita senza acqua non c'è salute, senza acqua non c'è dignità.
Le reti che portano l'acqua in tutto il mondo dovrebbero essere reti di interesse generale e l'acqua dovrebbe essere un bene fornito a tutti, al di là del proprio reddito, dovrebbe essere gratuita.
Recentemente in Piemonte, un po' in controtendenza, il Comune di Torino ha assunto una decisione molto importante: mantenere in mani pubbliche la gestione della rete dell'acqua. E' un segnale molto importante che va sostenuto e penso che inserire nello Statuto della Regione Piemonte una scelta chiara e netta di volontà di gestire o di controllare pubblicamente i servizi di interesse generale sia una scelta molto attuale, di forte prospettiva e da condividere.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

E' chiaro che, quando si legge quest'emendamento il pensiero va immediatamente alla gestione dell'acqua, com'è stato ricordato.
Credo che inserire quest'emendamento nel nostro Statuto sia un atto da valutare con particolare attenzione proprio perché riguarda un problema di estrema attualità.
Come accade sempre più frequentemente quando si parla di problemi ambientali, vediamo che le scelte locali sempre più facilmente diventano conseguenza di scelte internazionali e, a loro volta, le scelte locali vanno ad influenzare le scelte internazionali. Perché succede questo? Perché, in questo periodo di neoliberismo sfrenato, vediamo come i servizi essenziali che i vecchi Stati liberali avevano tenuto in gestione pubblica vengono svenduti o perlomeno ceduti alla gestione privata. In tal modo, non solo causiamo dei problemi nei nostri paesi e nelle nostre regioni, ma generiamo anche delle conseguenze gravi, se non gravissime, in altri paesi in paesi diversi, soprattutto nei paesi cosiddetti poveri.
Quando le imprese, le strutture, gli enti di gestione pubblica vengono parzialmente o totalmente privatizzati, le conseguenze quali sono? Che queste aziende di servizi concorrono, ad esempio, ad andare a gestire privatamente l'acqua nei paesi poveri. E non è un'ipotesi futura ma è ci che ormai accade quotidianamente.
Allora, ribadire il controllo pubblico dei servizi di interesse generale è importante - ripeto - non solo per quello che riguarda la gestione dei nostri acquedotti, ma anche come atto di tutela e di difesa verso altri paesi affinché non si verifichino questi episodi nei quali enti pubblici privatizzati italiani, come altri europei, vanno a fare delle gestioni private in altri paesi.
Su questo punto, mi permetterei di ricordare come questo tema si colleghi con il discorso che era stato fatto due o tre anni fa sulla finanziaria, perché non possiamo dimenticare che il neoliberismo imperante sta cercando di imporre la privatizzazione dei servizi per far passare la gestione di questi servizi dal pubblico al privato, con le conseguenze inevitabili che sempre abbiamo visto in questo campo.
La gestione privata non potrà mai venire meno a quello che è il suo scopo principale, quello di produrre un guadagno. Questo non è un concetto contestabile, il privato ha l'interesse nel ricavare un guadagno, non sicuramente nel fornire un servizio. Questo è il motivo per cui le popolazioni, quando devono affrontare il discorso della privatizzazione dei servizi, vedono sollevarsi dei problemi, delle critiche, che peraltro abbiamo visto anche in Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Il parere del relatore?



GALASSO Ennio Lucio

Il parere è contrario.
E' encomiabile lo sforzo dei presentatori dell'emendamento, ma si auspica anche una maggiore attenzione. Infatti, il quarto comma dell'articolo 3, già votato, e l'articolo 60, che andremo ad affrontare coniugano passato, presente e futuro, coprono tutte le problematiche di riferimento illustrate e soprattutto svellano ogni ancoraggio al passato superato e superando.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente, e grazie al relatore per la replica, anche se non la comprendo bene. Il relatore cita due articoli nei quali, a suo modo di vedere, è espresso lo stesso concetto. Non mi pare così. Il primo articolo citato è l'articolo 3, quarto comma, che dice: "La Regione favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini". Cosa c'entra?



(Commenti del relatore Galasso fuori microfono)



CHIEZZI Giuseppe

Nell'articolo 3 non c'è niente che riguarda l'acquisizione alla gestione o al controllo pubblico delle reti di interesse generale.
L'articolo 3, comma 4, recita proprio l'inverso: "La Regione favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale". È esattamente l'opposto. È la sussidiarietà.
Con l'emendamento sosteniamo che il nostro obiettivo è di inserire nello Statuto, una volontà esplicita di portare, sotto la gestione e il controllo pubblico, le reti di interesse generale. L'articolo 3 non dice tutto questo.
Il secondo articolo citato è il 60, che recita: "La Regione allo scopo di realizzare infrastruttura e gestire servizi a livello regionale e di garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti dai documenti di programmazione e quando il conferimento agli enti locali non possa essere realizzato, ha facoltà di costituire, con legge, enti o aziende strumentali e può partecipare, unitamente ad enti pubblici e privati, alla costituzione e all'amministrazione di società".
La linea che indirizza l'articolo 60 non è così nettamente a favore di un controllo pubblico. Sappiamo che la linea della costituzione di società o di partecipate è una linea nella quale, quando avviene l'ingresso dei privati, spesse volte, l'interesse del privato, al di là della composizione societaria e del peso numerico (che, formalmente, i privati hanno all'interno della società), determina un indirizzo che tiene conto dei loro interessi. Un privato, partecipando ad una società, cerca di trarne un profitto, non di fare del bene. Mi sembra, quindi, che questo concetto sia contenuto solo nella nostra proposta. Nello Statuto che avete approvato, e che vi apprestate a votare nuovamente, non è previsto.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 167, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva



(Il Consigliere Chiezzi eccepisce sull'esito della votazione)



(Su richiesta di tre Consiglieri viene ripetuta la votazione)



PRESIDENTE

Dispongo la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 167.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 168 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per attuare le riforme necessarie per determinare giusti rapporti sociali e civili condizioni di vita nelle campagne e favorire l'impresa, singola e associata, di coltivazione diretta e familiare, nelle forme della proprietà e dell'affitto".
La parola al Consigliere Contu per l'illustrazione.



CONTU Mario

Mi deve scusare, Presidente, se uso una metafora per illustrare l'emendamento. È la prosecuzione naturale dell'emendamento che si dava per perso. Non comprendo come il relatore, Consigliere Galasso, non abbia colto il valore estremamente pregnante di un emendamento, proposto da questi banchi, sulla tutela della proprietà privata nell'ambito della sua funzione sociale. Quest'emendamento è strettamente collegato. Non c'è, non l'abbiamo trovato. È già acquisito nei fatti. Il relatore sostiene che è ridondante inserirlo all'interno di uno Statuto.
Presidente, uso anche qui una reminescenza storica. Nella mia terra, da tempo immemorabile, era praticata l'arte dell'abigeato. L'abigeato era una forma di una ridistribuzione sociale del reddito che consentiva - il Codice barbaricino lo permetteva - il furto del gregge, il furto dell'altrui proprietà (in questo caso le greggi) se compiuti con abilità e con destrezza, ad una sola condizione: chi portava via le greggi del proprio vicino doveva dimostrare di averne bisogno (magari aver perso le greggi per una carestia o per una peste). Veniva punito il furto solo nel caso che alla persona derubata venissero sottratti i capi di bestiame necessari per la sopravvivenza della propria famiglia.
Questo è uno di quei casi nei quali si può enfatizzare il ruolo e la funzione sociale della proprietà privata. Si era legittimamente proprietari di un bene che serviva alla propria sussistenza, ma operava questa forma di ridistribuzione e di riequilibrio del reddito. Il principio è che tutti hanno diritto a vivere di quelle risorse e si consente a tutti, attraverso questo riequilibrio, di poter operare - in questo caso, la pastorizia senza ledere gli interessi privati, per quanto concerne i mezzi di sostentamento. È una cosa alla quale dovremmo guardare con molta attenzione, parlando oggi degli eccessi con i quali si è sviluppato il discorso della proprietà privata e a quali concentrazioni di risorse, di ricchezze e di capitali a danno dei più poveri, di coloro che non hanno neanche il bene essenziale come quello della casa, perché ha comportato alti livelli di ingiustizia sociale in un paese del cosiddetto progredito Occidente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Anch'io intervengo, perché l'emendamento è importante e sono importanti anche le cose suggerite dal collega Contu, il cui intervento manca solo di una conclusione. Una volta si diceva: gaudeamus, igitur juvenes dum sumus.
Dopo l'intervento del collega Contu potremmo dire abigeamus igitur, perch il senso conclusivo poteva essere anche questo .A parte questo scherzo, il collega Contu non l'ha detto e quindi lo dico io: l'emendamento è il testo contenuto nello Statuto vigente. Si dice in questo testo che un obiettivo della Regione Piemonte era ed è quello di attuare riforme.
A quel tempo la parola riforma era una parola parecchio importante tutti parlavano di riforme e della necessità, ancora nel 1970, di dare vita a dei mutamenti che, per alcuni, erano di carattere strutturale. Mi riferisco alla mia parte politica, quindi al Partito Comunista Italiano e ai suoi progetti di trasformazione della società, legati alle riforme di struttura, quindi grandi riforme che dessero un'ossatura diversa del ruolo dello Stato, del ruolo dei privati.
Ma via via sul tema delle riforme si poteva scendere da un ramo all'altro, c'era il riformismo; e allora nel dibattito presente nella sinistra c'era la sinistra che oggi chiameremmo antagonista, che chiedeva le riforme di struttura, e c'era la sinistra più moderata, quella che aveva poi portato i socialisti al Governo, e che era chiamata, con un po' di critica, la sinistra "riformista e non riformatrice". Poi c'erano i grandi e piccoli riformismi del caso per caso.
Però si parla nel '70 di riforme necessarie e qui dentro ci stavamo tutti, perché erano necessarie riforme. Per fare cosa? Anche qua ci sono altre due parole che segnano un'unità d'intenti nel 1970 - pur nella differenza di posizioni politiche - e che adesso riproponiamo, cioè attuare le riforme per determinare giusti rapporti sociali e civili; quindi giustizia sociale.
Se ne parla poco di questi tempi, più che di giustizia sociale ci siamo attardati su diritti ed affermazioni astratte di diritti. La giustizia sociale è un termine molto giusto e molto forte, che è bene richiamare.
Poi ci sono altri elementi che possono anche fare sorridere oggi, per era un'attenzione ancora valida. Non so nel 1970 quanto il PIL del Piemonte fosse determinato dall'agricoltura, ma sicuramente molto più di oggi e già poco rispetto ad anni precedenti. Però il fatto che si parli di condizioni di vita nelle campagne significa che nel '70 vi erano differenti qualità della vita nelle campagne. Oggi già si sente parlare poco di campagne, ne parla solo più il collega Riba ogni tanto e di rimando un po' i colleghi Toselli e Taricco, ed io che, essendo di Moretta, della campagna ho ricordi personali.
Però la domanda è: la campagna dov'è? Dove stanno le campagne? La vita in campagna cos'è? Nel '70 c'era ed era segnalato come un elemento di differenza da superare.
Poi si parlava di favorire l'impresa, la coltivazione diretta e familiare. Però sono parole che non fa male ripetere anche oggi, perch l'agricoltura del nostro Piemonte è forse meritevole di altri interventi che non corrispondono più esattamente solo a questo. Ma quando diciamo: "Teniamo la gente in montagna, in collina e in campagna", non pensiamo con queste parole alla "coltivazione diretta e familiare" qua richiamata? Non è ancora attuale tutto questo? Vedo che il collega Brigandì è ansioso di replicare, quindi concludo per consentirgli di avere la parola.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, signor Presidente.
E' già stato detto che quest'emendamento riprende una formulazione del precedente Statuto. Però credo che si possa riaffermare il concetto che anche se sono passati molti anni e le condizioni della vita nelle campagne sono profondamente cambiate rispetto agli anni nei quali è stato scritto questo testo, la ruota dello sviluppo e del cambiamento ha fatto sì che ancora oggi ci siano i problemi a cui questo emendamento fa riferimento.
Sono ancora visibili per chi ha dimestichezza e familiarità con quello che accade sul nostro territorio.
Quello che voglio dire è che, con il passare del tempo, si è sempre più acuito quello che era il percorso iniziato un po' prima degli anni in cui è stato scritto il vecchio Statuto.
Ricordo sempre che il nostro Paese, come tanti altri, vive in campo agricolo un'evoluzione che vede, di anno in anno, diminuire le imprese e le aziende di piccole dimensioni a favore della concentrazione della proprietà, oppure anche solo della gestione in aziende di dimensioni sempre più grandi. Questa linea di sviluppo era stata descritta efficacemente e messa in atto inizialmente negli Stati Uniti, dove il Ministro dell'agricoltura degli anni '50 aveva detto in un discorso agli agricoltori: "Ingrandirsi o sparire".E' quello che effettivamente si verifica: e non solo da noi ma in tutti i Paesi del mondo. Dico purtroppo perché è altrettanto dimostrato e dimostrabile che la moltitudine delle persone che vivono nelle aree urbane di paesi del cosiddetto Terzo Mondo in condizioni di estrema indigenza e povertà, è costituita da ex contadini espulsi dalle loro attività in virtù di un fenomeno di concentrazione della proprietà che si realizza perché le piccole proprietà non riescono più a garantire un reddito sufficiente a coloro che le gestiscono. Sono stritolati nella morsa tra costi crescenti della produzione - anche il semplice aumento del gasolio provoca un effetto a catena e diretto su costi esiziali - e ricavo delle vendite, che è sempre calante. L'ingrandimento delle proprietà e l'aumento delle produzioni fa calare i prezzi delle materie prime. La necessità di porre attenzione al contenuto dell'emendamento è relativa all'indirizzo evolutivo che stiamo vivendo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere, ne ha facoltà.



RIBA Lido

Le circostanze non consentiranno di votare a favore, ma di apprezzare il fatto che ci sia un richiamo, dato che la giornata deve essere utilizzata quando si pongono delle questioni che meritano un'attenzione.
Obiettivamente il rapporto tra la città, la campagna e la montagna si è evoluto per conto suo. Che si sia evoluto nei termini giusti, probabilmente era previsto dal vecchio Statuto; che si sia fatto quello che il vecchio Statuto auspicava, dai risultati non si evince. Oggi abbiamo una campagna molto sofferente per l'internazionalizzazione, una situazione di reddito nel nostro Paese, che si configura attraverso i passaggi successivi, il prelievo su tutti i passaggi delle merci dal produttore al consumatore quello che si chiama la società del terziario dei servizi, solo in parte delle attività industriali e artigianali, ma soprattutto i servizi. Per fare un esempio, che può essere una curiosità, un quintale di grano vale attualmente, 25 mila lire. Un quintale di pane vale 500 mila lire. Al tempo in cui vigeva e si configurava il vecchio Statuto, un quintale di grano veniva pagato al contadino 110 chilogrammi di pane. Io portavo un quintale di grano al mugnaio e ne ricevevo 110 chilogrammi di pane perché si recuperava la crusca (il pane era umido, quindi pesava di più). Il contadino recuperava un 10% di aumento. Adesso passiamo da 25 mila a 500 mila lire. In questa situazione c'è una debolezza intrinseca, una fragilità. Un'economia che si regge attraverso tutti questi ricarichi progressivamente fa sì che il contadino ricavi sempre meno, il consumatore debba pagare sempre di più, ed evidentemente l'economia ha una sua fragilità: soltanto un passaggio di elementi finanziari, con un'aggiunta di elementi di costi finanziari, senza che ci sia una trasformazione.
La scorsa settimana, sotto i portici di Via Roma, un'organizzazione contadina (un'organizzazione di coltivatori, perché il termine "contadino" è superato anche nella concezione letteraria) distribuiva gratuitamente con un cartello di richiamo ai prezzi, prodotti della terra. Con l'indicazione che quell'insalata che viene pagata 2 euro al mercato, anche 3 euro al chilo, viene pagata al coltivatore 0,10 centesimi, ed è sempre insalata che proviene dai territori del Piemonte. Mentre, per contro banane che vengono comprate da Paesi ancora più affamati, subiscono un ricarico minore, sotto questo profilo. Stiamo lentamente ignorando una grossa trasformazione della nostra struttura sociale, produttiva, economica e organizzativa, rispetto alla quale un'attenzione maggiore sarebbe anche importante.
Voglio ancora richiamare un aspetto. Trent'anni fa l'espulsione massiccia di gente dalla terra ha portato tanti coltivatori a fare gli operai, ma non hanno fatto fortuna, perché si è alleggerita una pressione demografica che sarebbe diventata una pressione politica. Il risultato è che oggi, con tutti i limiti, il fratello di quell'operaio che è rimasto a coltivare la terra è ancora un soggetto, magari non ricco, però è uomo attivo, un uomo che ha qualcosa da fare. Invece il povero Cristo di operaio ritorna alla campagna magari espulso con pensionamento anticipato, a 55 anni, con una casa in affitto, nessuna funzione sociale, quindi ha pagato doppiamente il prezzo: è andato a servire e poi è stato buttato fuori.
Sotto questo profilo sono le ingiustizie, le incongruenze di una comunità di una società che alla fine, se avesse ricavato, e se anche adesso volesse ricavare, elementi di attenzione a quello che si evolve nel nostro sistema di relazioni tra i vari ambienti produttivi della campagna, della montagna della città, tra le diverse comunità, forse farebbe bene. Ho voluto fare quest'intervento perché è bene che vengano accolte questioni che suscitano riflessioni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Commissione Statuto, Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio Lucio

Esprimo parere contrario all'emendamento.
Al Consigliere Contu non suggerisco approdi goliardici, ma la lettura dell'opera di Paolo Grossi "Il nuovo modo di possedere", che è una riflessione sulla discussione alla legge di fine '800 sugli usi civici.
A tutti dico di leggere, in modo più completo, l'elaborato statutario posto che comunque le risposte alle problematiche date, di cui apprezzo la passione con cui sono state affrontate, sono già contenute nell'articolo 8 dello Statuto.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 168, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva Emendamento rubricato n. 169 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per agevolare lo sviluppo economico e sociale dei territori e delle comunità collinari e montane".
Devo dire che quest'emendamento è molto simile alla formulazione contenuta nell'articolo 8, che recita: "La Regione riconosce la specificità dei territori montani e collinari e prevede politiche di intervento a loro favore, al fine di assicurarne le opportunità di sviluppo e la conservazione del particolare ecosistema".
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 169.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 170 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per promuovere lo sviluppo della cooperazione e dell'associazionismo".
La parola al Consigliere Contu, per l'illustrazione.



CONTU Mario

Cooperazione e associazionismo: Presidente, sono certamente argomenti affascinanti. Quale migliore occasione, per gli Enti locali, di varare delle politiche attive in direzione della valorizzazione dell'apporto che può derivare dall'associazionismo e della cooperazione? Io mi limiterei però, all'aspetto dell'associazionismo.
Per "associazionismo" intendiamo tutte quelle forme in cui un insieme di cittadini decide di riunirsi attorno ad uno scopo sociale, facendo, di questo, un proprio impegno, che, molto spesso, attraversa il tempo libero.
L'associazionismo può essere di tipo culturale, di tipo sportivo o ancora di tipo ricreativo: c'è, insomma, una miriade di modalità nelle quali l'associazionismo esprime la propria missione sociale, nel senso che dietro ad un'associazione, c'è un corpo sociale, dietro a questa forma di associazionismo c'è una sua struttura giuridica importante, costituita dallo Statuto, all'interno del quale è indicato lo scopo sociale.
Bisogna favorirlo. Ma dell'associazionismo non bisogna abusare, perch molto spesso il ruolo che svolge l'associazionismo è suppletivo di compiti primari che dovrebbero competere direttamente, per esempio, agli erogatori di servizi. Allora, qui si apre quella barriera sottile che separa il ruolo virtuoso - penso al volontariato - su alcuni settori importanti del nostro sistema dei servizi: penso alla sanità e alle gravi carenze su settori come quelli relativi all'infanzia o ad una popolazione che più rapidamente invecchia. L'associazione di volontariato, molto spesso, supplisce, in modo indebito, alle carenze del sistema dei nostri servizi. Da una parte bisogna certamente curare questa modalità nobile di contribuire allo sviluppo sociale e civile della nostra Regione, ma dall'altra bisogna salvaguardarne lo spirito originario, evitando che, nella confusione delle competenze, ci sia un uso improprio dell'associazionismo per finalità che non le sono proprie e che rischiano di colmare carenze che, invece dovrebbero essere garantite e superate attraverso l'assunzione del personale necessario per far funzionare questi servizi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Grazie, Signor Presidente.
Sono particolarmente grato al Consigliere Contu, primo firmatario di questo emendamento, per aver voluto affrontare due argomenti che mi stanno particolarmente a cuore.
Poco tempo fa, abbiamo affrontato in Aula una discussione relativamente al ruolo della cooperazione svolto dalla Regione Piemonte. Sappiamo come la cooperazione possa rappresentare un volano per quanto riguarda alcuni problemi che affliggono una parte rilevantissima della popolazione mondiale, anche se rimarrò sempre dell'idea che la cooperazione può e deve svolgere un ruolo di accompagnamento e, in parte, di sollievo dalle problematiche tragiche che, come ripeto, riguardano ormai due miliardi di persone (su una popolazione totale di sei miliardi).
Questo ruolo non può sostituirsi a quello che tanti studiosi del problema della disuguaglianza nel mondo hanno individuato: si parla di un'incredibile disuguaglianza tra la parte ricca e la parte povera della popolazione, disuguaglianza che si può solo risolvere con azioni a livello internazionale, come la finanza etica, ma soprattutto, come prima azione con l'abolizione del debito dei Paesi poveri.
In un contesto così tragico, il ruolo della cooperazione va valorizzato, ampliato e sviluppato, proprio perché potrebbe contribuire almeno in parte, a risolvere o, quantomeno, ad alleviare questi enormi problemi. In campo sanitario o in campo alimentare gli interventi della Regione potrebbero aiutare tante persone; magari non risolvere il gigantesco problema della disuguaglianza sul nostro pianeta, ma almeno dare la forza per continuare a sperare in un futuro migliore.
L'altro richiamo di questo emendamento riguarda l'associazionismo: credo che non siano necessarie molte parole per illustrare cosa sia.
Viviamo in un'epoca nella quale - naturalmente non penso che il mio pensiero sia condiviso da tutti - questa società sta pericolosamente deviando verso l'individualismo e l'egoismo personale, che sono poi la diretta conseguenza del neoliberismo imperante e credo che per certi versi anche il nostro Statuto, pericolosamente, non riesca a mettere, almeno idealmente, un freno a questa deriva.
Ebbene, credo che questo emendamento potrebbe rappresentare proprio uno stimolo, o un punto fermo, un indirizzo chiaro per far capire e mettere nei principi che, sviluppo della nostra Regione in questo periodo così dominato dal pensiero neoliberista, può anche passare attraverso una visione un po' diversa, meno individualista e più collettiva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente.
Anche questo emendamento richiama uno dei dieci punti contenuti nell'articolo 4 dello Statuto.
Era un grande articolo, non c'è bisogno di tante parole messe in disordine attraverso una serie di articoli per fissare quelli che vengono chiamati i principi fondamentali.
Il principio fondamentale è promuovere e individuare la cooperazione come uno dei mezzi, una delle organizzazioni economiche che può dare sviluppo economico e sociale. La cooperazione è stata per anni, soprattutto negli anni '70, una grande speranza; vi erano cooperative di vario tipo (cooperative di consumo, cooperative per costruire case, cooperative di servizio); bisogna dire che forse quella stagione nella quale la cooperazione veniva vista come un settore economico fuori dal sistema capitalistico, fuori dall'angusta logica del profitto, si è un po' dispersa.
Una delle caratteristiche della cooperazione era di fare delle cose quindi dare servizi, costruire case, difendere i consumatori. Uno degli aspetti innovativi, direi rivoluzionari, che aveva in sé la cooperazione era proprio quello di riunire forze di lavoro senza proporsi di raggiungere dei profitti. Era uno spartiacque grande, questo; mentre la società per azioni, mentre le altre società previste dal Codice Civile avevano comunque come finalità il profitto, la cooperazione nasce scrivendo a chiare lettere che non vuole fare profitto. E' una questione di non poco conto: mettere in piedi una cooperativa per costruire qualcosa e dire: "Queste persone si associano, ma cosa vogliono fare queste persone? Vogliono vivere del proprio lavoro, generare ricchezza, ma non vogliono con questa struttura di lavoro fare speculazione. I risultati economici del proprio lavoro rimangono dentro la cooperativa, per comprare nuovi macchinari, per andare avanti nell'obiettivo sociale".
Una forma di cooperazione particolarmente interessante era quella della cooperativa indivisa, cioè nell'ambito delle cooperative di abitazione c'era un altro grande elemento di novità: la cooperativa non chiedeva, per dare la casa ai soci, di avere la proprietà del suolo, ma diceva: "Con una convenzione, il proprietario pubblico del suolo dia in uso in concessione il suolo per un certo numero di anni". Gli anni erano moltissimi e la cooperativa poteva già avere una lunga prospettiva di lavoro, però non voleva il suolo; il suolo rimaneva nelle mani pubbliche. Quindi, la cooperazione è stata una grande scommessa.
Oggi, purtroppo, quando parliamo di cooperazione spesso lo facciamo perché dietro l'etichetta di cooperazione si celano cose del tutto diverse da quelle che ho cercato di rappresentare. Oggi, dietro la cooperazione tante volte c'è sofferenza sul lavoro, c'è mancanza di rispetto del lavoro c'è lo sfruttamento delle persone. Oggi le tante cooperative non è che corrispondano a quell'idealità di un terzo settore economico: via dal pubblico, via dal settore propriamente capitalistico, ma un settore autogestito, in cui si cresceva tutti insieme e l'economia dava lavoro dava ricchezza, ma distribuita a tutti.
Mi sembra, dunque, che lo Statuto del '70, con i suoi dieci punti fondamentali dell'articolo 4, fissasse un paletto molto importante, che oggi forse bisognerebbe riprendere con forza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu, per dichiarazione di voto.



CONTU Mario

Continuando sulla falsariga delle cose dette dal Consigliere Chiezzi condivido profondamente il giudizio severo che, nel suo intervento, ha tracciato sulla cooperazione.
Oggi dobbiamo arrenderci di fronte ad una realtà: la cooperazione ha perso molte delle sue ragioni ideali che erano a fondamento dello strumento di cooperazione con una forte missione anche sociale. Vorrei ricordare che la storia del movimento operaio ha tracciato, da questo punto di vista, un percorso luminoso, con l'istituzione delle cooperative di mutuo soccorso.
Le cooperative di mutuo soccorso rappresentavano una formidabile rete di sostegno e di collegamento con connotati certamente di classe e in uno Stato in divenire; in un passaggio storico ben preciso dell'avvento della società industriale, garantiva forme di protezione sociale che uno Stato ancora in una fase di passaggio così cruciale non era in grado di garantire.
Poi, la cooperazione si è sviluppata, strada facendo ha perso buona parte della sua idealità. Non a caso, in questi passaggi, il ruolo che hanno giocato lo Stato e le istituzioni è stato un ruolo non rispettoso della cooperazione stessa. Le forme di cooperazione sul lavoro ben presto sono diventate molto spesso catene per chi operava e si caratterizzava all'interno di questa impresa, perché allora doveva essere così: il passaggio successivo alla forma di impresa sociale. La cooperazione che fa un passo in avanti, che per noi rappresenta sicuramente un passo indietro snatura la sua natura sociale, la sua ragione di essere, fa prevalere lo Statuto dei soci rispetto ai diritti soggettivi di chi aderisce allo strumento cooperativo e in questa progressione in negativo oggi assistiamo a scenari inquietanti di armi legali, perché tutelate dalla legge, di deregolarizzazione dei contratti di lavoro.
E' terribile quello cui stiamo assistendo. Oggi molti dei gridi di allarme sulla precarietà e sull'insicurezza rispetto al proprio futuro lavorativo ci arrivano proprio da questo strumento, che doveva rappresentare un valore aggiunto e che è stato snaturato nella sua ragione di essere a causa di meccanismi perversi, che hanno costretto la cooperazione a mettersi sul mercato, competendo con le stesse regole del mercato e quindi dandosi strumenti non più partecipativi, ma di direzione verticistica, molto spesso anche "tiranna", nei confronti della propria ragione di essere e di esistere, che gettano quindi un velo inquietante sulla cooperazione ormai nel terzo millennio.
Questo, chiaramente, deve farci riflettere tutti. Allora, il richiamo al rilancio della cooperazione nello Statuto ha un suo significato. Nella nostra proposta c'è un significato profondo: rilanciare una cooperazione che recuperi quella idealità e quella ragione di essere e di esistere.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese dell'emendamento rubricato n. 170 Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 171 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per potenziare l'impresa artigiana e favorirne l'ammodernamento".
Emendamento rubricato n. 172 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per coordinare le attività commerciali ed agevolare l'organizzazione razionale del sistema di distribuzione per la tutela del consumatore".
Emendamento rubricato n. 183 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione promuove lo sviluppo della cooperazione e dell'associazionismo, il potenziamento e ammodernamento dell'impresa artigiana, il coordinamento e l'organizzazione razionale del sistema della distribuzione commerciale".



(Commenti fuori microfono del Consigliere Contu)



PRESIDENTE

Si, sono accorpati. Insomma, Consigliere Contu, utilizzo lo stesso parametro che anche lei mi aveva dato ieri. Il parametro è questo: quando ci sono argomenti che sono già stati trattati, lei mi aveva detto che non avrebbe più fatto l'illustrazione e quindi avremmo fatto le votazioni.
Dunque, con riferimento all'emendamento n. 171, d'accordo; il n. 172 parla della tutela del consumatore, che è un argomento che abbiamo già ampiamente trattato; lo stesso per quanto riguarda l'emendamento n. 183, quindi le chiedo, per gentilezza, di fare un'illustrazione unica e poi facciamo delle votazioni separate.



CONTU Mario

Presidente, suggerirei di separare almeno l'aspetto della tutela del consumo (contenuto nell'emendamento n. 172) dagli altri due emendamenti anche se ognuno è a sé; al limite ritorniamo con le dichiarazioni di voto quindi non si sposta molto il termine del problema.
Presidente, vorrei affrontare questa problematica del sistema di distribuzione, la necessità della sua organizzazione razionale, rendendo prevalente l'illustrazione sulla tutela del consumatore.
Presidente, mi dovrebbe prestare attenzione anche perché intendo utilizzare questa opportunità di tutela del consumo per formulare una proposta non strettamente collegata allo Statuto, ma che potrebbe trovare attuazione. Lei sa che la tutela del consumatore è normata, nella nostra legislazione regionale, dalla legge del 12 luglio 1994, n. 23, intitolata: "Provvedimenti per la tutela e difesa del consumatore". Le vorrei far notare un particolare anomalo: questa legge, all'articolo 5, prevede che sia costituita la Consulta regionale per la difesa e la tutela del consumatore mediante un decreto del Presidente della Giunta regionale. Cosa scopro (su segnalazione anche degli interessati)? Che sei rappresentanti dell'Università sono designati rispettivamente dalle Facoltà di Medicina Farmacia, Agraria, Economia e Commercio, Giurisprudenza e Veterinaria senza che nessuno dei corsi attivati da queste Facoltà abbiano al centro della loro azione i diritti dei consumatori; paradossalmente, è esclusa l'unica Facoltà che invece attiva proprio un insegnamento di diritto dei consumatori. Non lo trova un po' anomalo, Presidente? Allora la proposta è questa. Utilizziamo pure l'opportunità dello Statuto per parlarne, ma chiedo se lei, anche con procedura d'urgenza vuole favorire un percorso di integrazione e di modifica a questa legge per estendere magari a sette i rappresentanti - evviva Dio! Si può dire così? Io sono laico! - introducendo il rappresentante dell'unica Facoltà che attiva il corso di diritto dei consumatori, che è quella di Scienze Politiche.
Se lei, Presidente, è d'accordo e vuole dare la sua disponibilità (eventualmente la firma), saniamo un'ingiustizia palese, evidente, di questo organismo. Naturalmente, a questo punto, la nostra richiesta di inserimento dentro lo Statuto ha il suo valore in termini assoluti, perch richiama alla tutela dei consumatori, ma, forte di questa opportunità possiamo, con un percorso semplice e semplificato, pensare di integrare la Consulta dei consumatori con il rappresentante dell'unica Facoltà dell'Ateneo torinese che attiva il corso di diritto dei consumatori.



PRESIDENTE

Posso dire che, a mio parere, la sua proposta è ragionevole.
Personalmente, posso sottoscrivere una sua proposta di legge che vorrà presentare prossimamente.
Indìco la votazione palese dell'emendamento rubricato n. 171 Il Consiglio non approva.
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 172.
Il Consiglio non approva.
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 183.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 173 presentato dai Consiglieri Contu, Moriconi e Chiezzi: dopo il comma 2 dell'art. 5 è aggiunto il seguente: "3. La Regione opera per coordinare e sviluppare i servizi sociali, con particolare riguardo alla salute e alla sicurezza sociale, all'abitazione alla scuola e alla formazione professionale, all'assistenza sociale, alla viabilità e ai trasporti, alle attività turistiche, all'impiego del tempo libero ed allo sport".
Indìco la votazione palese sull'emendamen-to rubricato n. 173.
Il Consiglio non approva.
Comunico che il Comitato di Solidarietà è aggiornato alle ore 14.15.
La seduta è riaggiornata alle ore 15.00, con l'approvazione dell'articolo 5.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.20)



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