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Dettaglio seduta n.486 del 28/09/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



(Alle ore15.00 il Vicepresidente Toselli comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.45)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



(La seduta ha inizio alle ore15.48)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g., "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Albano, Angeleri, Burzi, Bussola Cota, Ghigo, Pedrale, Pozzo, Racchelli e Rossi Giacomo


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Sull'ordine dei lavori, con particolare riferimento alla richiesta di una comunicazione del Presidente Ghigo in merito ai fatti riguardanti le indagini della Procura di Verbania sui finanziamenti al sistema turistico del VCO


PRESIDENTE

La Consigliera Manica ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Volevo far presente, a lei, Presidente, e all'Aula nel suo complesso che, congiuntamente ai colleghi del centrosinistra e di Rifondazione avevamo inviato una lettera al Presidente del Consiglio, chiedendo una comunicazione urgente del Presidente Ghigo sulla vicenda che ha coinvolto l'Assessore Racchelli.
Nel dibattito della scorsa settimana, quando gli eventi erano molto diversi da quelli che ci troviamo davanti oggi, avevamo fatto rilevare, in Aula, come ci fosse parso assolutamente singolare che il Presidente Ghigo presenziasse senza dire alcuna parola sulla vicenda. Avremmo voluto avere risposte ai quesiti importanti che ci sembrava fossero sottesi al di là dell'indagine giudiziaria e che ritenevamo richiedessero una risposta della politica su come si intende il rapporto tra pubblico e privato, sulla questione dell'imparzialità della Pubblica amministrazione e, soprattutto sull'uso della spesa pubblica a fine di costruzione di sistemi di potere e di controllo di interi territori in questa regione.
Ci pareva che la politica non potesse abdicare lasciando la parola solo alla Magistratura, che fa il suo compito egregiamente in un ambito che le compete e non compete invece a quest'Aula. Riteniamo che sia molto importante che il Presidente dia queste risposte al più presto per le responsabilità che lo coinvolgono. Il Presidente, infatti, è responsabile della scelta degli Assessori come della politica collegiale della Giunta.
Nello stesso tempo, riteniamo assolutamente singolare che sia stata fatta pervenire una lettera ai Capigruppo che avevano firmato la richiesta di comunicazione, tale per cui l'assenza del Presidente per altri impegni istituzionali in quel di Roma - mi pare di avere inteso - rendeva impossibile questa comunicazione.
Mi chiedo se stiamo scherzando o se siamo consapevoli della gravità della situazione e delle rassicurazioni che noi dobbiamo ai cittadini e alle cittadine piemontesi e, soprattutto, se siamo consapevoli che va restaurato e reimpostato quel rapporto di fiducia che è l'elemento fondamentale che ci deve essere tra rappresentanti e rappresentati per saldare il patto democratico.
Ritengo che, alla luce di una situazione come questa, il fatto che il Presidente abbia deciso di scegliere altri impegni istituzionali e di non rinviarli urgentemente per essere qui a fare una comunicazione sia grave.
Il Presidente assume una grave responsabilità nei confronti dell'Aula e del Piemonte, ma se pensa che questa vicenda possa essere risolta traccheggiando o giocando semplicemente sui tempi e sulla dilazione degli stessi, sperando che nella notte l'Assessore Racchelli ci ripensi e decida di dimettersi e lui non debba venire in quest'Aula a dire che cosa intende fare, temo che questa volta questo atteggiamento di superficialità istituzionale non possa essere consentito.



PRESIDENTE

Devo comunicare al Consiglio che il Presidente Cota, nel lasciarmi le provvisorie consegne per la seduta, mi aveva anche rappresentato, come del resto vedo che ha scritto ai proponenti della richiesta di informativa, che avrebbe ritenuto suo dovere essere presente a questo tipo di dibattito, e che aveva immediatamente trasmesso al Presidente Ghigo questa esigenza e anche verbalmente sollecitato la comunicazione in Aula.
La concomitanza dell'assenza del Presidente Ghigo, per i motivi che riguardano il suo impegno romano, e anche del Presidente Cota, che da tempo aveva programmato un impegno all'estero, creano, dal punto di vista della procedura, una situazione specifica. Tuttavia, il Presidente Cota mi ha ribadito essere sua intenzione tornare sull'argomento e che, in questo senso, aveva convenuto con il Presidente Ghigo che la comunicazione sarebbe stata effettuata nella prima seduta utile, a parte quella di oggi, cioè la settimana prossima.
Naturalmente ci sarà la riunione dei Capigruppo; in quella sede sarà confermato l'impegno della comunicazione del Presidente Ghigo nella seduta del 5 ottobre. Prendo atto, naturalmente sono agli atti, delle considerazioni della Consigliera Manica. Quel che posso comunicare è che il Presidente Cota, oltre alla lettera scritta, mi ha manifestato il suo impegno e la sua convinzione sulla necessità di rispondere, non tanto a termine di regolamento, quanto sulla base delle esigenze politiche, quindi la sua intenzione di far svolgere la comunicazione la settimana prossima.


Argomento: Questioni internazionali

Dibattito su "Indirizzi in materia di cooperazione decentrata" (collegate mozioni n. 928 "Indirizzi in materia di cooperazione decentrata" presentata dai Consiglieri Mellano, Palma, Suino, Tapparo, Bussola, Burzi, Caracciolo la n. 929 "Indirizzi in materia di cooperazione decentrata" presentato dai Consiglieri Cattaneo, Cantore, Rossi O., Scanderebech, Bussola, Galasso Godio, Valvo, Bolla, Botta M., la n. 941, "Indirizzi in materia di cooperazione decentrata" presentata dai Consiglieri Mellano, Toselli, Costa R. Palma, Suino, Cattaneo, Botta M., Taricco, e l'ordine del giorno n. 931 "Sostegno alla fondazione Penelope" presentato dai Consiglieri Di Benedetto, Suino, Ronzani, Muliere, Deorsola, Picchioni, Tapparo, Palma Costa R., Contu, Placido, Moriconi, Leo, Galasso, Rossi O., Costa E., Riba Cattaneo, D'Onofrio, Botta M., Valvo,)


PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire, sull'ordine dei lavori, il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Immagino che l'Assessore farà una comunicazione sul tema ed interverrà ma i firmatari dei diversi documenti presentati, con una mediazione che poi ha visto partecipe anche l'Assessore Cotto, sostanzialmente, ritirano congiuntamente i documenti e ripresentano un testo di mediazione. La mediazione è stata dell'Assessore Cotto, che raccoglie e media le indicazioni di entrambi i documenti. Ci sono due proposte di mozione la n.
928, per quello che ci riguarda, e la n. 929 che ha prima firma il Consigliere Cattaneo che vengono ritirate (ovviamente, il Consigliere Cattaneo e il Consigliere Cantore che sono i primi due firmatari daranno atto del ritiro), poi c'é un ulteriore testo, depositato con le cinque firme necessarie, che raccoglie la mediazione con l'Assessore Cotto.
Se è necessario, chiederei qualche minuto di sospensione affinch l'Assessore Cotto possa consultarsi con la maggioranza. Forse è il modo migliore di procedere.



PRESIDENTE

Sospendo alcuni minuti la seduta perché ritirando le proposte, le mozioni n. 928 e n. 929, rimane l'ordine del giorno n. 931 a firma del Consigliere Di Benedetto e altri che, come mi suggerisce la funzionaria, è collaterale, ma collegato. E' stato depositato un documento a firma dei Consiglieri Mellano, Toselli, Costa Rosa Anna, Palma e Suino. Se si vuole verificare con l'Assessore come organizzare il dibattito, sospendo la seduta qualche minuto.



(La seduta sospesa alle ore 15.58 riprende alle ore 16.01)



PRESIDENTE

Possiamo riprendere la seduta perché la predisposizione del lavoro è stata più agevole di quanto prevedevo.
Si è concordato che l'Assessore Cotto svolgerà un'informazione introduttiva, in seguito, sulla base dell'introduzione, dell'esposizione dell'Assessore, ci saranno gli interventi dei Consiglieri, l'approvazione del nuovo testo (la n. 941, che riflette un atteggiamento bipartisan visto che è firmato dai Consiglieri Mellano, Toselli, Costa Rosa Anna, Palma e Suino).
La proposta di ordine del giorno n. 931 a firma del Consigliere Di Benedetto e altri sull'impegno a sostenere le "disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse", verrà portato all'attenzione del Comitato di solidarietà.
La parola all'Assessore Cotto.



COTTO Mariangela, Assessore agli affari internazionali

Ho preparato con i miei collaboratori tre pagine di relazione, così ho anche l'occasione, se lo richiedono i Consiglieri, di consegnarle per permettere un dibattito più approfondito. Inizierei da "Le ragioni dell'impegno regionale nella Cooperazione allo sviluppo e nella Cooperazione decentrata".
La Cooperazione allo sviluppo e la Cooperazione Decentrata: sono una risposta forte, di gestione preventiva, alle problematiche che nascono in un contesto esterno ma che hanno importanti ricadute sul nostro territorio (per es. fenomeni migratori, sfruttamento minorile, tratta degli esseri umani, problematiche agro-ambientali...). E' una risposta che, oltre a risolvere operativamente i problemi, contribuisce all'allargamento della comunità dei valori e alla diffusione di una sensibilità etica nuova.
La Regione si fa interprete dello spirito di solidarietà diffuso sul territorio piemontese e offre percorsi di azione ed intervento a quanti vogliono impegnarsi su questi temi.
Colloca la Regione su un piano internazionale permettendole di collaborare con numerose organizzazioni internazionali ( FAO, BIT, UNICRI MAE, UE, ecc..).
La nostra idea di cooperazione: la cooperazione allo sviluppo non è materia da delegare a pochi esperti ma è materia di grande interesse per tutti che richiede un'ampia partecipazione della società civile Le tematiche connesse allo sviluppo sostenibile sono complesse e richiedono un approccio progressivo, attraverso fasi successive di programmazione che tengano anche conto dell'evoluzione dei rapporti e della crescita delle competenze dei soggetti coinvolti cooperare con chi già si impegna creando reti, sistemi e sinergie che contribuiscano a condividere le diverse competenze e professionalità presenti sul territorio piemontese cooperare attraverso il modello della cooperazione decentrata per intervenire direttamente nelle attività e nelle iniziative volte al rafforzamento istituzionale e democratico dei Paesi Terzi. L'attività di cooperazione internazionale della Regione Piemonte.
L'attività di cooperazione internazionale della Regione Piemonte prende l'avvio nel 1995 con un programma di intervento in Bosnia Erzegovina. Nato come aiuto umanitario in una situazione di emergenza, si e successivamente sviluppato come intervento di ricostruzione e riabilitazione.
Sulla base di tale esperienza si sono realizzati progetti in molti paese dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia.
Dal 1997 la Regione Piemonte ha dato avvio ad un programma annuale più articolato e innovativo, denominato Programma di sicurezza alimentare e della lotta alla povertà.
Inoltre, ha avviato ulteriori programmi di cooperazione, di cui i principali sono: in Marocco a partire dal 2000 un programma di cooperazione nel campo della promozione dello sviluppo economico e dell'impiego; nei Balcani, è stato sottoscritto nel 2003 un Accordo di Programma Regione Piemonte-Ministero degli Affari Esteri per il finanziamento di iniziative di cooperazione internazionale nei paesi dei Balcani in base alla legge 21 marzo 2001, n.
84 "Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell'area balcanica". Il programma prevede la realizzazione di interventi in collaborazione con enti ed istituzioni piemontesi negli altri PVS, a partire dal 2001, sono stati sostenuti molteplici progetti promossi da Comuni ed enti locali che, singolarmente o associati tra loro, hanno attivato autonomamente al di fuori delle aree considerate prioritarie.
Nell'attuare le proprie attività di cooperazione allo sviluppo la Regione ha valorizzato l'esperienza degli attori che tradizionalmente operano nel campo della cooperazione allo sviluppo (associazioni, ONG, etc..) affinch mettano a disposizione la loro competenza specifica per la realizzazione di progetti coinvolgendo anche altri soggetti della società civile ha scelto, in particolare, il modello di intervento della cooperazione decentrata tra Autonomie Locali per intervenire nelle attività volte al rafforzamento istituzionale, e democratico dei Paesi Terzi ha stimolato l'aggregazione dei soggetti impegnati nelle attività di cooperazione, coinvolgendo in modo attivo anche gli Enti Locali ha orientato qualitativamente i progetti proposti dagli Enti e dalle Associazioni con valutazioni di merito sui contenuti e sulle decisioni di spesa ha diversificato la propria azione predisponendo diversi percorsi di intervento (es. 3 percorsi Sahel ecc.) Le ragioni della promozione del ruolo degli Enti Locali e il loro coinvolgimento nella cooperazione decentrata.
Le autonomie Locali possono fornire un importante contributo poiché: rappresentano le comunità e le loro istanze detengono competenze utili per "rafforzare le istituzioni" dei Paesi terzi e per favorire processi di decentramento e di partecipazione democratica ("rafforzamento della democrazia") possono armonizzare e raccordare conoscenze e competenze per affrontare tematiche complesse che richiedono l''apporto complementare di più soggetti (cerchiamo di fare sistema) promuovono le eccellenze del proprio territorio La cooperazione decentrata è un orientamento condiviso e coagula consenso all'interno del sistema pubblico: iniziative intersettoriali ed inter-assessorili, crescente allocazione di risorse da parte di Enti Parco, cultura, istruzione, sanità, agricoltura risorse idriche, ambiente Consiglio Regionale (lo ricordavo prima: il progetto di sicurezza alimentare e altri progetti, tutti approvati all'unanimità, quali il programma Sahel, Comitato di solidarietà, ecc.) Autonomie locali (sono coinvolte 6 Province, 50 Comuni, 4 Aziende sanitarie.) Altre Regioni, Governo italiano, U.E., Org. Internaz. (FAO, BIT, ecc.) e all'interno della società civile: Aziende e associazioni di categoria (ASCOM, Coldiretti, C.A.S.A.
Confcooperative, ecc.). Tutte le associazioni di categoria hanno partecipato e partecipano a quel grande progetto proposto dall'Arcidiocesi di Torino Università e istituzioni culturali (oltre 10 facoltà di atenei piemontesi Teatro Stabile di Torino.) Volontariato (Caritas, organizzazioni non governative, Sermig, ecc) Enti a partecipazione pubblico-privata (Centro Estero, Finpiemonte, parchi tecnologici, SMAT, Hydroaid.) Istituzioni religiose (Pastorale del lavoro, Istituto Sacra Famiglia, Padri Cappuccini: accennavo prima al progetto "Giubileo" che ha coinvolto i lavoratori autonomi del Piemonte) Le cifre della Cooperazione allo sviluppo della Regione Piemonte: La Regione Piemonte è da tempo in prima fila, tra le Regioni italiane nelle attività di cooperazione allo sviluppo sia in termini di finanziamenti erogati che in termini di strategie e orientamenti metodologici nuovi e sperimentali (ne è un esempio significativo il percorso realizzato con gli Stati Generali) che oggi possono diventare patrimonio comune, diffuso e condiviso e divenire il supporto per favorire l'azione di nuovi attori.
Ricordo, come esempio significativo, il percorso realizzato con gli Stati Generali.
Abbiamo ritenuto necessario avviare un percorso denominato Stati Generali per consolidare l'esperienza maturata progettare in modo concertato nuovi sviluppi con gli attori del territorio definire metodologie e strumenti coerenti con i nuovi obiettivi.
La Regione Piemonte ad oggi: finanzia interventi in 50 Paesi gestisce complessivamente 150 progetti ogni anno in totale investe direttamente oltre 6 milioni di euro attiva risorse ulteriori del "sistema piemontese" pari a 6 milioni di euro utilizza finanziamenti nazionali e internazionali pari a 7 milioni di euro dialoga, si confronta e sostiene finanziariamente oltre 800 soggetti diversi.
Lo stanziamento assegnato alla cooperazione internazionale dal bilancio regionale per il 2004 è di circa 6,2 milioni di euro, di cui circa 2,0 milioni di euro sono impegnati per il Programma di Sicurezza alimentare (un milione in più di euro rispetto all'anno scorso).
Programma di Sicurezza alimentare e lotta alla povertà Le risorse finanziarie complessivamente impegnate dal 1997 al 2003 sono state oltre 6.5 milioni di euro, che hanno pertanto circa 13 milioni di euro, perché sapete che noi finanziamo il 50%.
Tale impegno finanziario ha consentito il cofinanziamento di 203 progetti coinvolgendo oltre 330 soggetti piemontesi, tra beneficiari di contributi e partners.
Le tipologie di intervento nei 7 anni di attuazione del Programma di sicurezza alimentare nel Sahel, hanno riguardato 95 interventi nel campo della formazione, 38 in quello del microcredito, 83 nel settore dello sviluppo rurale, 58 riguardanti le infrastrutture e 34 interventi relativi a studi, ricerche, scambi e gemellaggi.
I beneficiari diretti di tali interventi sono stati circa 50.000 persone in oltre 400 villaggi, tra cui donne responsabili di micro-attività economiche, carcerati, rifugiati, bambini malnutriti, lebbrosi.
L'intervento in Sahel, oltre ad avere un impatto positivo in loco, ha avuto evidenti risultati sul nostro territorio, in quanto ha valorizzato e sostenuto il "Sistema Piemonte" ad operare nel campo della cooperazione internazionale e a collocarsi su un piano internazionale.
L'attività continua. Come sapete, tra pochi giorni scadrà il bando relativo alla Bielorussia e all'Ucraina. Ogni anno, il Piemonte accoglie quattromila bambini, i cosiddetti "Bambini di Chernobyl". Li accoglie, li educa, li ama, ma poi si chiede: cosa succederà dopo i diciotto anni dei ragazzi? Abbiamo avuto contatti con la Bielorussa. Siamo stati a Minsk, abbiamo un Protocollo firmato con la Regione di Gomel e abbiamo parlato con diversi Direttori degli orfanotrofi da dove prevengono questi bambini.
Ci è stato detto che il 30% di questi bambini non ce la fa ad andare avanti: si suicida. Un altro 30% ripete gli errori dei genitori (alcolismo e prostituzione); solo un 20% ce la fa.
Abbiamo dunque voluto dare voce alle richieste delle famiglie e abbiamo aperto un bando per predisporre progetti di cooperazione là, per aiutarli a vivere là, attraverso la formazione e quanto il territorio risponderà.
Per ora mi fermo qui. Ringrazio tutti i firmatari della mozione per il lavoro che è stato fatto affinché si arrivasse ad una mozione il più condivisa possibile, perché questi argomenti - e questo Consiglio regionale lo ha sempre dimostrato - non hanno colore. Hanno bisogno solo di maggior partecipazione. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mellano.



MELLANO Bruno

Presidente e colleghi, abbiamo insistito notevolmente per portare in Aula un dibattito su questo importante argomento. Abbiamo insistito notevolmente per poter sentire, in Aula, ovvero in una sede pubblica importante, l'intervento testé fatto dell'Assessore Cotto, che davvero ringrazio anche per la sua passione nell'affrontare il delicato tema della cooperazione.
L'iniziativa di esigere un dibattito pubblico in Aula è nata quando all'inizio di luglio, ci siamo trovati, con il Comitato di Solidarietà, a dover affrontare le linee triennali della cooperazione e a dover affrontare una serie di esami e di progetti importanti che venivano presentati alla valutazione del Comitato. Alla luce del tempo passato dall'inizio significativo della cooperazione regionale e alla luce della mozione approvata all'unanimità (con 50 voti favorevoli) il 19 febbraio 1997 a prima firma dei colleghi Cavaliere, Suino e altri, abbiamo valutato necessario e importante, per valorizzare l'intero intervento della Regione Piemonte, un dibattito in Aula.
Anche alla luce degli annunciati aumenti di intervento nella cooperazione, in particolare nel "Progetto Sael" per la sicurezza alimentare, che porterà la Regione ad intervenire in otto Paesi anzich quattro, e a raddoppiare l'intervento in denaro, abbiamo valutato tutti assieme la necessità e l'urgenza di inquadrare questi interventi in una mozione di indirizzo politico. Non so se il lavoro a cui accennava l'Assessore Cotto abbia prodotto un documento all'altezza dei compiti e degli obiettivi. Non so se abbiamo fatto il migliore dei documenti; per di certo, adesso abbiamo una traccia su cui ragionare, su cui discutere e su cui eventualmente - e senza problemi - dividerci o fare sfumature diverse; però è una traccia e un quadro politico dei nostri interventi di cooperazione decentrata. Sottolineo "quadro politico", poiché dobbiamo essere consapevoli che nessun intervento è neutrale: anche i migliori interventi, fatti con le migliori intenzioni, con i migliori operatori e con i denari necessari, hanno sempre ricadute altre rispetto a quelle del mero progetto e del mero intervento. È a queste "ricadute altre" che vuole guardare il nostro Gruppo - il Gruppo Radicale - e che vuole guardare la traccia della mozione sugli indirizzi in materia di cooperazione decentrata.
Dobbiamo avere la consapevolezza che, laddove andiamo a mettere la mano, una mano attenta e importante, che vuole intervenire sicuramente a fin di bene, è però una mano che altera equilibri, che costruisce nuovi equilibri, che può aiutare nella costruzione di nuovi equilibri. Allora l'idea di una mozione nuova di indirizzo è proprio l'idea di essere consapevoli che un quadro istituzionale e politico alla cooperazione decentrata - in particolare alla cooperazione decentrata piemontese - è necessario e indispensabile. Proprio per i dati che ha snocciolato l'Assessore Cotto, per la ricchezza e la varietà di interventi, per la ricchezza e la varietà dei soggetti che in questi anni hanno cominciato ad intervenire in Africa o in altre parti del mondo, occorre che la Regione assuma su di sé quel compito di coordinamento e di indirizzo che, a nostro giudizio, deve essere proprio dell'ente Regione. Prima ancora della gestione diretta, prima ancora dell'intervento diretto - che c'è, ed è importante che ci sia - ci dev'essere - e noi riteniamo importante che ci sia - un orientamento e un indirizzo per cercare di fare un quadro, di fare rete, di fare sinergia all'interno di un mondo come quello della cooperazione, che in questi anni è andato sempre più a sostituire l'intervento statale, l'intervento bilaterale, l'intervento centrale, da governo a governo.
La cooperazione decentrata della Regione Piemonte è particolarmente importante, e su questo diamo volentieri atto alla Regione (anche a questo Governo regionale) di aver voluto continuare un'impostazione che nasceva dal Consiglio regionale e dagli interventi che ricordo importanti di Consiglieri cari che non ci sono più, che hanno richiesto e individuato un bandolo di una matassa, un bandolo importante come quello della sicurezza alimentare. Noi, con la predisposizione del testo, abbiamo tentato di individuare alcuni filoni: il filone del controllo, non tanto inteso come controllo di gestione o controllo finanziario-economico dei risultati, ma come controllo politico dei risultati, come attenzione alla ricaduta sociale, politica e culturale dei nostri interventi nel terzo mondo. Ma anche la ricaduta in generale politica di una cooperazione allo sviluppo di una cooperazione decentrata che si configura come la nostra politica estera.
Ricordo che ero con il collega Riba e con il povero collega Tomatis in Africa all'inizio dell'anno, ovviamente guidati dall'Assessore Cotto quando appunto l'Assessore Cotto, in ogni tappa della nostra visita in Burkina e in Niger, ricordava sempre di abbinare alla valutazione del progetto e all'incontro politico-istituzionale, quell'intervento che sta molto a cuore all'Assessore sulle adozioni internazionali. Quello noi vogliamo che faccia l'Assessore (e, più in generale, la Regione): che sappia abbinare, alla valutazione dell'intervento progettuale mirato, la ricaduta politica che può avere un intervento, una collaborazione o un accordo: quindi, andare ad intervenire nel singolo carcere di Ouangadougo in Burckna Faso, vuol dire intervenire in un meccanismo generale, come la situazione carceraria in Africa; incontrare il Ministro delle Pari Opportunità in Burkina Faso, vuol dire necessariamente parlare di mutilazioni genitali femminili, vuol dire necessariamente parlare di governo della condizione femminile e delle pratiche nefaste, come quelle dell'infibulazione o il mancato controllo riproduttivo delle donne in Africa.
Auspichiamo una ricaduta politica importante, con un'attenzione ai nuovi strumenti esistenti, che anche la cooperazione sempre di più si sta dando per valutare i progetti e gli interventi. Nella prima bozza di mozione, che poi abbiamo ritirato, avevamo ventilato l'ipotesi di fare riferimento a strumenti internazionali di cui la Banca Mondiale si è dotata, ma non abbiamo insistito su quel terreno per evitare divisioni strumentali o incomprensioni. Abbiamo scelto di depurare la nostra proposta di mozione per avere un testo che possa essere davvero condiviso apprezzato, valutato o comunque accettato da tutto il Consiglio, proprio perché il dato importante da rilevare è l'individuazione e l'elencazione che abbiamo fatto dei problemi, facendo riferimento a documenti ufficiali dell'ONU, ad incontri svolti in Italia (come quello del 17 aprile a Roma) sugli obiettivi del millennio, che inquadrano i nostri interventi progettuali, come la nostra miriade d'interventi importanti, significativi e in generale positivi, in un quadro d'intervento più complessivo e che sappia fare sinergia di tutte le iniziative.
Per questo, con soddisfazione abbiamo portato un testo che, non a caso per quanto ci riguarda, inizia con un citazione di Amar Tiessen.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Suino, sul dibattito generale.



SUINO Marisa

Comincio la nostra riflessione da un dato generale, così come ha fatto l'Assessore Cotto, prima di addentrarsi nella specifica degli interventi che caratterizzano le scelte in materia di cooperazione decentrata, da parte della nostra Regione.
La riflessione generale è di questo tipo: noi stiamo vivendo e affrontando una situazione nella quale il divario tra i paesi ricchi e i paesi poveri è in crescita ed è grandissimo. Questo è il dato vero. Siamo a dieci anni dalla Conferenza del Cairo e, di fatto, si rischia di vivere uno stop pesante e pericoloso a quello che potrebbe essere definito l'orologio dello sviluppo.
Ogni anno muoiono di parto 529 mila donne. I cinquanta paesi più poveri al mondo triplicheranno la loro popolazione nel giro di pochissimo tempo.
Quindi, si pone un problema di risorse per tutti. La minaccia maggiore è certamente quella della mancanza di fondi. I donatori si erano impegnati per cifre che si orientavano sui 6,2 miliardi di dollari. Di fatto, si è fermi a tre e ci sarà una forte diminuzione.
Ci sono problemi come l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, che provocano ogni anno sei milioni di morti nel mondo. Sono circostanze devastanti per qualunque economia e per le strutture sociali, a cominciare dalle famiglie dei paesi più poveri.
Il fondo è la maggiore risposta coordinata che si potesse dare.
Sappiamo che l'Italia, in questi giorni, non partecipa all'impegno assunto.
Il fondo globale fu lanciato al G8 di Genova, venne confermato dal Presidente Berlusconi a Evian. Adesso, di fatto, nella foga dei ritagli effettuati sulla finanziaria, risulta che il capitolo 2180 è stato tagliato e quindi l'Italia non parteciperà per quest'anno a questo fondo.
Questo scherzetto, oltre a crearci dei problemi di immagine, che sono già un po' critici, perché diamo un'immagine sempre più dubbia a proposito delle azioni a favore dello sviluppo e della povertà, provoca come conseguenza, trattandosi di cooperazione, il non intervento da parte degli Stati Uniti. Il budget destinato sarà decurtato del 50%, e quindi ci sarà un abbassamento pesantissimo di una delle fonti essenziali per la lotta alla fame in senso lato.
L'emergenza terrorismo ha spostato fondi, la realtà è sostanzialmente questa. Due persone su cinque al mondo vivono con meno di due dollari al giorno. Dai dati che mi risultano, sono tre miliardi in tutto. Quindi, è un fatto di una gravità impensabile. Ad aggravare la povertà, secondo i dati sono le disuguaglianze di genere, le difficili condizioni sanitarie e la rapida crescita demografica. Queste sono sfide apertissime.
L'AIDS è in cima a queste catastrofi e dobbiamo ricordarci che si è evoluto negativamente, in modo pesantissimo. Dieci anni fa la situazione non era così, la situazione era di ben altra entità. Io, convinta come sono della bontà delle azioni di pace, amo ricordare che per le spese militari ogni giorno, il mondo spende 2,2 miliardi di dollari che, se venissero devoluti per nove giorni di seguito, risolverebbero il problema di cibo educazione e cure a tutti i bambini che vivono in situazioni di povertà.
Sembra dire delle cose lapalissiane o quasi ideologiche, ma non è così perché è un dato reale.
Si potrebbe aggiungere che quelli che sono i garanti della pace sono anche quelli che hanno il diritto di veto all'ONU, sono coloro che producono più armi al mondo, ma questo discorso ci porta verso altri confini.
Gli obiettivi del millennio, che peraltro in parte, anche in questa versione depurata, sono stati riportati nella mozione, sono: salute accesso alle scuole e all'acqua, uguaglianza di genere e riduzione delle povertà. Questi gli obiettivi scelti da tutti i Paesi.
In troppi Paesi si consentono le mutilazioni sessuali e in troppi Paesi si consente la subordinazione della donna e un accesso discriminato e disuguale alla salute. E' giusto ricordare, non c'é assolutamente ideologia e fa male chi ne da una lettura ideologica, che se questi beni essenziali vengono negate alle madri, ricadranno sui figli. Inevitabilmente. Viene prima questo ragionamento della lotta per l'emancipazione femminile, è un fatto di economia generale: negare questi beni essenziali alle donne e alle madri, significa negarle ai loro bambini, quindi non dare sviluppo alla nostra società.
Va anche detto che l'aiuto pubblico, internazionale è diventato un'industria gigantesca e noi, forse, ci inseriamo in questo filone.
Certamente vanno democratizzati gli aiuti, vanno resi più trasparenti altrimenti si rischia che i poveri finanziano i ricchi: lo diciamo in questo modo, Assessore Cotto? Ripensare all'azione pubblica con una versione di maggiore trasparenza, con uno spazio politico che deve essere di coordinamento e non di gestione. Una delle pecche che caratterizza l'iniziativa della Regione Piemonte è che continua ad essere molto di gestione.
Il nostro intervento è importante tant'é che, come vede Assessore abbiamo cercato in tutti i modi di addivenire ad un testo, ad una mozione che sia più unitaria possibile, anche se mi è spiaciuto che siano prevalse logiche di ideologia che, in questo contesto, non dovrebbero esserci. Il programma per l'assegnazione dei contributi a favore dei progetti per la sicurezza alimentare e la lotta alla povertà, ha visto aumentare i Paesi d'intervento. Questo è un dato che può essere letto in modo positivo, ma può anche avere un risvolto negativo, tra questi c'é anche il Benin.
Arrivo velocemente a due nodi che permangono: come è possibile che un'associazione di volontariato o Onlus, che opera in un paese di nuovo inserimento, possa accedere al finanziamento previsto nel percorso "c" come soggetto privato senza fini di lucro, se non ha la possibilità di dimostrare la sua comprovata esperienza in attività di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo perché non è una ONG e non opera sugli altri paesi previsti prima di quest'anno. Questo è uno dei nodi che rimane completamente aperto e che rischia di far fuori completamente le associazioni.
Un altro nodo. L'articolo 12 della legge regionale n. 67 del 1995 istituisce un forum. Un forum annuale che nasce per un confronto sugli indirizzi programmatici e sullo stato di attuazione della legge ma, di fatto, mi risulta che per due anni non sia stato riunito: questo è un altro problema. Ho fatto molta fatica ad apporre la firma sul testo ultimo che è stato troppo depurato per una questione ideologica, e mi spiace. Su questi temi così non dovrebbe essere, ma qualche critica facciamola, altrimenti non si comprende per quale motivo abbiamo cercato di riportare all'Aula un testo che è nato in Aula ed è nato come lotta alla povertà come lotta a favore delle popolazioni del SAHEL (ha fatto bene l'Assessore a ricordare il Consigliere che ha "inventato", nella passata legislatura, questo intervento). Di fatto, ci dispiace molto che per due anni il forum previsto dall'articolo 12 della legge regionale, non sia stato riunito.
Ovviamente, per riunirlo e sentirlo, non intendo una sede nella quale si fa della pubblicità: sede ottima e importante per la politica, ma è un'altra cosa. Ancora un nodo: il meccanismo che si prospetta, permetterebbe l'espansione nei nuovi Paesi di soggetti che già operano nei paesi iniziali, senza considerare che possono esistere altri soggetti con competenze ed esperienze attivate in quel paese, ad esempio associazioni di immigrati. Alcune organizzazioni potrebbero essere spinte ad operare in paesi nuovi solo dalla presenza di attività finanziabili senza, di fatto avere alcuna esperienza diretta.
Sono due i pericoli che rimangono, stiamo bene attenti. Alcuni soggetti grandi, con sede legale in altre regioni, hanno di recente aperto sedi federate in Piemonte, proprio per rispondere ai bandi con la comprovata esperienza, ma non hanno nulla a che vedere con il nostro territorio e snaturano la cooperazione decentrata. Questo è un problema. L'alto problema è che inserire la CEIN tra gli organismi internazionali, è un'esagerazione perlomeno geografica, forse anche politica, considerato che ha residenza presso la Città del Vaticano, ma questo, di per sé, non è fonte sufficiente per inserirla tra gli organismi internazionali. E' importantissimo sentirne e valutarne l'opinione e il parere, ma è cosa diversa dall'inserirla tra questi organismi.
Concludo dicendo che questi sono i nodi che permangono, bene abbiamo fatto a scegliere una annualità, perché su questi nodi forse occorre che il prossimo anno, chi si troverà nella situazione, trovi anche degli accorgimenti e dei miglioramenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

L'argomento in questione lo abbiamo già affrontato in Commissione e credo che alcuni elementi sviluppati meritino un minimo di approfondimento.
Noi stiamo parlando di un fenomeno che è su scala mondiale, un fenomeno che coinvolge uno o due miliardi di persone, come è stato detto, e che ha degli effetti devastanti. Tuttavia, proprio in questi giorni, ci sono state interessanti iniziative su questi argomenti. Voglio ricordare, per chi non lo avesse notato, che c'é stato un intervento in sede ONU sul problema detto in modo semplicistico, della fame nel mondo. Proprio all'ONU il Presidente francese Chirac, il Presidente brasiliano Lula Da Silva, il Presidente argentino Nestor Kirchner, il Presidente cileno Ricardo Lagos e il Primo Ministro spagnolo Zapatero, alla presenza di Kofi Annan, hanno insistito sul fatto che la lotta alla povertà è un'arma molto più efficacie della guerra per evitare il disordine mondiale attuale. Possiamo ancora ricordare che nel mese di gennaio il presidente Chirac aveva appoggiato l'iniziativa di Lula a favore di una soluzione per evitare la morte quotidiana di 24 mila persone per fame nel mondo. Questo equivale a circa mille persone all'ora.
"Il più grosso scandalo" - aveva affermato allora il Presidente Lula "non è che la fame esista, ma che persista, mentre abbiamo i mezzi per combatterla o per eliminarla".
Altri dati: 1,4 miliardi di persone devono vivere con meno di un dollaro al giorno e tre miliardi con due dollari.
Non possiamo fingere di ignorare ciò che c'è alla base di questa disuguaglianza: il sistema neoliberista fa sì che le 225 persone più ricche del mondo - tra cui sessanta statunitensi - abbiano un reddito superiore ai mille miliardi, pari a quello del 47% più povero dell'intera popolazione mondiale. Ciò significa che con quello che hanno a disposizione 225 persone, dovrebbero vivere, se così si può dire, 2,8 miliardi di persone.
Questi sono dati ufficiali.
Nella mozione oggi in discussione si fa riferimento agli obiettivi del millennio - stabiliti nel 2000 con l'orizzonte 2015 - che non verranno mai raggiunti se non ci saranno i finanziamenti necessari. Al ritmo attuale, i bambini africani potranno andare a scuola solo nel 2129; la povertà potrà essere dimezzata solo nel 2147 e la mortalità infantile potrà essere ridotta dei due/terzi solo nel 2165.
In un'intervista a Freibetto di Carlin Petrini, pubblicata su "La Stampa", avente ad oggetto il Presidente Lula, è stato ripreso il concetto di ciò che serve ai paesi poveri. Carlin Petrini è molto ascoltato in questo Consiglio quando si tratta di mangiare, mentre quando si tratta di riflettere pochi lo ascoltano.
Nell'intervista, Freibetto sostiene che Lula propone un progetto di "fame zero" per combattere la fame. Secondo la FAO, infatti, il mondo produce cibo a sufficienza per undici miliardi di persone e sulla terra siamo la metà. Il problema, dunque, è di giustizia.
Dice Freibetto: "Quando Lula, Presidente del Brasile, parlò per la prima volta dell'idea di una fame zero mondiale, molti Presidenti europei si dichiararono entusiasti e la loro prima proposta fu di inviare alimenti ai paesi in difficoltà". Lula rispose: "Non chiedo cibo ma denaro".
Il cibo regalato serve in primo luogo a giustificare i sussidi agricoli nei paesi ricchi; secondariamente, a distruggere la cultura locale e creare dipendenza e, infine, a favorire la corruzione dei politici che gestiscono questi aiuti umanitari. Noi, invece, stiamo parlando di sostenibilità, di riattivazione delle culture locali e di ricostruzione delle identità e dei piccoli sistemi produttivi tradizionali. Questo in Brasile.
Parlando di risorse, è opportuno sapere che nel 2001, globalmente e complessivamente, sono stati stanziati 39 miliardi di dollari destinati alla cooperazione, cifra diminuita rispetto al 2000, quando era di 56 miliardi di dollari. Questa cifra, però, rappresenta lo 0,22% del PIL dei paesi sviluppati e l'Italia - come è stato detto - contribuisce con una quota pari allo 0,13 (allora, oggi è ancora diminuita) e gli Stati Uniti con lo 0,10%.
Possiamo ancora ricordare che 56 miliardi di dollari sono un'inezia di fronte agli 800 miliardi che ogni anno vanno in spese militari o ai 19,4 miliardi di ricavo di un singolo produttore di armi statunitense - questo è il neoliberismo - oppure i circa 425 miliardi di dollari nel mondo per le spese pubblicitarie, di cui 225 nei soli Stati Uniti d'America.
La situazione che abbiamo davanti, insieme alle analisi che più recentemente si stanno facendo, ci dice che se vogliamo davvero riuscire a raggiungere quegli obiettivi alla base del documento del millennio dovremmo pensare seriamente ad altre azioni. Tra le azioni principali quelli che dovrebbero veramente essere risolutive (che non sono di responsabilità della Regione Piemonte, ma che la Regione potrebbe attivarsi, insieme ad altri, per rilanciare la discussione che in questo momento non procede come dovrebbe) potrebbe essere la famosa idea della "tassazione Tobin".
Sapendo che ogni giorno le transazioni finanziarie sono qualcosa come 210 miliardi di dollari (soldi che vengono utilizzati per promuovere azioni finanziarie, creare attività produttive e non per favorire lo sviluppo) "una tassa - sosteneva Tobin - dello 0,1 o dello 0,25% permetterebbe di raccogliere 228 miliardi di dollari.
L'altra settimana, Landau ha rilanciato all'ONU l'idea una tassa di questo genere, anche diminuendo il tasso previsto, anche solo dello 0,01 che, però, dovrebbe essere imposta globalmente. Con una semplice soluzione di questo tipo, sarebbe veramente ed oggettivamente possibile pensare di superare la fame nel mondo, se davvero superarla è un nostro obiettivo e se davvero pensiamo e vogliamo operare per cercare di superare questo grave problema.
Naturalmente, non sono scelte che può assumersi la Regione Piemonte in linea diretta, ma può attivarsi, a tutti i livelli, per proporre queste soluzioni che sarebbero - ripeto - le uniche veramente efficaci.
Per quanto riguarda il superamento di queste gravi ingiustizie, è chiaro che puntare sulla promozione della cooperazione diventa una scelta inevitabile che va perseguita, al di là di altre valutazioni, sapendo quali interventi andiamo a sostenere, ricordando soprattutto che il nostro intervento e la nostra cooperazione si inseriscono, comunque, in un sistema economico di un certo tipo.
Non possiamo ignorare, per esempio, che ci sarebbe cibo per 11 miliardi di persone e invece, milioni di uomini, soffrono la fame.
Il problema è dovuto proprio alla disuguaglianza e ai metodi con cui i Paesi occidentali lavorano in campo agricolo. È noto che i sussidi agricoli e la spinta verso un certo tipo di agricoltura fanno sì che nei Paesi cosiddetti "poveri" il.



PRESIDENTE

Collega, la invito a concludere.



MORICONI Enrico

Termino questo semplice concetto.
Quando facciamo cooperazione, se promuoviamo dei sistemi di agricoltura che sono esattamente la riproposizione dei sistemi occidentali, andiamo a distruggere il sistema agricolo di quel Paese.
Se sviluppiamo - come talvolta facciamo - la filiera mais-bovini con l'idea di portare latte e proteine ai bambini, creiamo un disequilibrio perché come si produrrà del mais, esso verrà esportato. Questi sono tutti dati rilevabili dalle statistiche ufficiali.
Al contrario, se promuovessimo la produzione di sostanze proteiche con coltivazioni più aderenti alla tipologia del terreno - come sta avvenendo ad esempio, in Iraq, dove sono stati attivati dei progetti per ottenere latte dalla coltivazione della soia - faremmo delle scelte di un certo tipo, piuttosto che di un altro.
In conclusione, cosa si può dire? È più che opportuno che la delibera sia di valenza annuale, perché emerge la necessità di rivedere quali obiettivi e quali finalità occorre raggiungere per stabilire il sostegno alla cooperazione, proprio per non correre il rischio - che sovente è presente nelle azioni di cooperazione - di dar luogo ad attività non utili ricordando che comunque, modestamente, se si vuole combattere la fame nel mondo e se davvero crediamo che la fame del mondo sia un obiettivo, le scelte della cooperazione vanno bene, ma sono sicuramente di secondo ordine rispetto a quelle che dicevo prima.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Vicepresidente Toselli, che interviene in qualità di Consigliere.



TOSELLI Francesco

Grazie, Presidente.
Colleghe e colleghi, Assessore, è un momento certamente importante per l'Assemblea, visto che ci occupiamo di uno dei temi cari a molti Consiglieri: quello della solidarietà sociale e dei rapporti di cooperazione internazionale.
Desideravo, però, segnalare alla vostra attenzione un problema che fino ad oggi, ho fatto solo in modo informale, perché ritengo, di fatto che la Regione debba valutare l'opportunità di addivenire ad una soluzione.
Più volte, durante l'arco dell'anno, ci rechiamo in missione per portare aiuti e solidarietà sociale ed economica, anche rispetto a dei protocolli d'intesa che la Regione Piemonte firma con altre regioni maggiormente in difficoltà.
Ebbene, noi ci preoccupiamo di portare aiuti prettamente istituzionali.
Ma una cooperazione decentrata internazionale e istituzionale, di fatto, a mio avviso, si lega con una cooperazione che vede protagoniste anche le associazioni di volontariato, le organizzazioni non governative, le associazione economiche, quelle culturali, quelle dei giovani, cioè tutto quel mondo della solidarietà che si muove per essere presente e sostenere non solo moralmente, ma con aiuti materiali ed economici, quelle popolazioni maggiormente in difficoltà.
Chiedevo, Assessore, se nella firma di questi protocolli d'intesa con le regioni, a cui noi facciamo riferimento, fosse possibile inserire una clausola. Le associazioni di volontariato - o le associazioni nel loro complesso e le organizzazioni non governative - possono, di fatto, portare i loro aiuti, che non sono aiuti materiali comprati con soldi pubblici, ma sono aiuti di tante persone che, attraverso la propria sensibilità decidono di aiutare quella regione piuttosto che un'altra. Non si potrebbe prevedere, ad esempio, una clausola, nei nostri rapporti bilateriali di cooperazione internazionale con queste regioni più povere ed in difficoltà nel mondo, di sgravare dalle tasse doganali le associazioni che portano il loro aiuto? Renderemmo un bel servizio, un servizio ulteriore rispetto agli aiuti istituzionali, che sono certamente molti.
Mi sono permesso, colleghe e colleghi, di riportare tale questione sul tavolo in modo formale, perché sollecitato da un mondo che, rispetto alla sensibilità di ognuno di noi, è protagonista nell'essere vicino ai più bisognosi.
Per questa ragione - questa è la sede opportuna - era necessario che la mia voce fosse presente, affinché, Assessore, faccia verificare - ma lo faccia con determinazione, come ella sempre fa - se possiamo o meno procedere in questa direzione.
Le sarei molto grato. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Quando i colleghi, nel 1997, hanno elaborato e votato la prima scelta in questa materia, si trovavano in un ambiente istituzionale diverso da quello attuale, un ambiente istituzionale con contenuto federalistico minore.
Anzi, diciamo che allora non c'erano ancora segni specifici né della riforma amministrativa derivante dall'attuazione delle Leggi Bassanini n della riforma istituzionale (tra l'altro, con l'introduzione del principio di sussidiarietà).
Oggi, non possiamo non affrontare questo problema, avendo considerazione di questa situazione.
Nei giorni scorsi, durante il dibattito sul turismo, in un conflitto tra Centro e Regioni, emergeva, in qualche misura, la necessità di una funzione di coordinamento dello Stato nella politica di promozione turistica, per evitare sovrapposizioni o dimenticare aree del mondo, che veniva invece attuata attraverso un'eccessiva azione delle Regioni in materia di promozione turistica.
Anche nel campo della cooperazione internazionale, la critica che potrebbe emergere potrebbe essere di questo tipo: la casualità degli interventi delle Regioni e tra le Regioni potrebbe portare a molte sovrapposizioni e a molte esclusioni di aree importanti.
Questo è un limite che dobbiamo recuperare. Tra l'altro, anche per la funzione che riveste la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, dovrebbe riuscire a mettere nel suo calendario anche questo tipo di problematiche.
Occorre trovare degli equilibri, dei rapporti, delle sinergie nelle azioni delle regioni in materia di intervento internazionale.
Se, come diceva il collega Mellano, questa dovrebbe essere la politica estera della Regione, come incide, che cosa fa? Il Consiglio fa solo i notai e registra ciò che esiste nella Regione Piemonte, per quanto riguarda una serie di rapporti positivi, ma occasionali, quindi si finanziano le iniziative che provengono dall'articolazione della società, sia da istituzioni (Comuni e Province), sia da organizzazioni private? Il nostro compito è esprimere una politica che, senza negare il fiorire di questi processi, renda la Regione capace di dare un indirizzo, di fare delle scelte di macroaree oppure di situazioni nelle quali ci sia una massa critica e una continuità degli interventi.
Ci sono stati degli investimenti nel Sahel, che non hanno avuto continuità, per contrastare i processi di desertificazione. Questi investimenti hanno finito col perdersi, perché non c'è stata la continuità perché non c'era una politica: finché ce l'hanno fatta alcune organizzazioni, si è intervenuti, poi non ce l'hanno più fatta e tutto si è disperso.
Ciò che occorrerebbe - se ne sta parlando in questi ultimi anni - è fare un'azione politica, concordata con altre regioni o cercare sovrapposizioni volute, in certe aree, per rendere più forte e incisiva l'azione delle nostre regioni o di alcune regioni, oppure per distribuirci i compiti e non lasciare un'area accanto, ugualmente bisognosa, completamente scoperta dall'intervento di una regione o di più regioni italiane.
Questa è una scelta che va fatta. E' la politica. Non è che con questa politica si condiziona il Comune x, l'organizzazione y, a stare rigidamente in quest' ambito.
No tutti possono continuare a operare all'esterno, ma noi privilegiamo con meccanismi opportuni il finanziamento maggiore nell'ambito di quell'alveo che rappresenta la scelta politica di quest' Assemblea e per non fare né i notai, né quelli che pagano a piè di lista qualcosa che si sviluppa.
Non è che diciamo no all'isola di Reunion. Qualcosa si farà, però deve essere chiaramente percepito che la scelta di fondo della Regione è in una certa area territoriale. E' chiaro che queste sono scelte che possono cambiare nel tempo, ma intanto, per cinque o dieci anni, il Piemonte privilegia una certa area del mondo.
L'altra osservazione è sulle finalità: non finanziamo tutte le situazioni nella stessa misura, ma secondo una graduazione in base alle nostre politiche. Per esempio, rafforziamo il ruolo delle istituzioni locali come capacità di governare, capacità di avere autorevolezza capacità quindi di incidere sui processi di organizzazione democratica rafforzandoli. Altro esempio ancora: siamo più restii a finanziare laddove le donne sono discriminate, per favorire un processo di crescita di quei paesi rispetto ad altre realtà che stanno andando avanti. Ecco, questa è una politica che fa la Regione. Altrimenti, come dicevo, siamo i notai e finanziamo a piè di lista, accontentiamo tutti, poi sono tutti carini bravi, fanno nell'isola x o nel posto y delle cose graziose e interessanti e noi non possiamo maltrattare quel tipo di realtà, però dobbiamo premiare quella che risponde agli indirizzi che ci diamo.
Dobbiamo dare continuità nel tempo alle iniziative e dobbiamo avere questa garanzia: i progetti che si finanziano sono progetti che devono essere coerenti, territorialmente e funzionalmente, alle nostre politiche e che diano garanzia di una proiezione nel tempo, per avere la continuità e, soprattutto, occorre che ci sia massa critica. Come dicevo, un granellino ovunque è poco significativo, ma blocchi di granellini posti in alcune realtà sono più incisivi. Del resto, è un principio generale che non vale solo per questo tipo di politica.
Torno a dire - non per screditare qualcuno e inoltre, voi tutti siete al cospetto della critica fatta a questo poco e confuso federalismo che soprattutto nell'operatività a livello internazionale, l'intervento occasionale delle Regioni sottrae, a quella che dovrebbe essere la politica di un paese, quella capacità di azione unitariamente caratterizzata.
Ebbene, noi dobbiamo evitarlo.
La nostra azione può apparire poco incisiva, per cui a livello di stato possono dire: le Regioni investono qualche milione di euro, non preoccupiamoci, giocano un po', hanno i loro rapporti, lasciamoli fare. Se è così veniamo trattati come una marginalità che non vale la pena confutare, perché tanto piccola e insignificante da soddisfare solo esigenze locali e personali.
Noi dobbiamo battere quel tipo di considerazione, affermare che la nostra è una politica, ma per essere tale deve essere legittimata attraverso una capacità di coordinarci, almeno un minimo, con le altre delle Regioni, nel compiere gli interventi.
Direi di fare un passo in più a caratterizzare la nostra politica.
Stiamo andando avanti nella direzione giusta, ma dovremmo avere il coraggio di completare quella che è la politica estera della Regione Piemonte con questi tipi di caratterizzazione. Altrimenti, saremo prigionieri di cose che non saranno prese sul serio (un po' di risorse che vengono date in giro), oppure che saranno criticate perché sconclusionate, non hanno capacità di proiezione nel tempo e non si complementarizzano.
Chiedo all'Assessore questo tipo di attenzione per evitare di cadere nella marginalità oppure nella conflittualità.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Costa Rosa Anna.



COSTA Rosa Anna

Siamo in quest'Aula semideserta, come di solito succede quando si discute di argomenti per i quali è facile fare strumentalizzazioni ed è molto più difficile entrare nel merito e cercare di capire.
Ho sentito auliche cose, oggi, e alcune considerazioni che condivido.
Penso che la Regione Piemonte, nell'ambito del lavoro svolto sul piano della cooperazione, si sia mossa facendo un lavoro eccellente.
Vorrei ricordare che la competenza sulla cooperazione - partita dal livello nazionale - ci ha consentito, attraverso una legge regionale del '95, quindi una legge che non ha ancora compiuto il decennio, di promuovere delle attività in campo internazionale. Non considero, non penso assolutamente l'attività della cooperazione internazionale come una politica estera, ma un elemento importante di lavoro nell'ambito delle competenze di una Regione. Un lavoro ben fatto, di questo ne devo dare atto all'Assessore Cotto, oltre che agli Uffici, perché non è facile pensare come gestire non solo le esigenze, ma anche interpretare i bisogni che sono distanti da noi. Bene hanno fatto anche l'iniziativa degli Stati Generali della cooperazione.
Quando qualcuno dice: "bisogna fare", "bisogna dire", "bisogna intervenire", io credo che l'azione più importante sia quella di documentarsi. Posso parlare perché mi sono data disponibile a verificare le attività che la Regione ha promosso e promuove nel campo della cooperazione internazionale. Tutto quello che può sembrare un atteggiamento personale o situazioni semplicistiche come sono state definite da alcuni Consiglieri io non le ho verificate, ma ho riscontrato un atteggiamento serio, un atteggiamento assolutamente responsabile tendente a non far sì che i nostri finanziamenti, o i nostri progetti, fossero progetti di casualità.
Invito i Consiglieri a prenderne atto, magari anche con una disponibilità e uno sforzo individuale di verifica in loco, ma non è facile coordinarsi. Sul piano del lavoro, del quale sono stata testimone, ho assistito allo sforzo che l'Assessore Cotto ha dovuto compiere, e che continuerà a compiere (l'atteggiamento è di assoluta serietà nei confronti di questi progetti): coordinarsi con il Ministero, audire le altre Regioni coordinarsi con le ONG, cercare di capire di attivare dei progetti ancorché non progetti di miliardi, perché non abbiamo fior fiore di miliardi - attivarli là dove un coordinamento di attività può dare un risultato. Senza pensare che noi risolveremo i problemi della fame nel mondo, non è un compito esclusivo della Regione Piemonte, non credo che sia solo la Regione Piemonte che possa determinare questo, credo sia giusto quello che noi stiamo facendo (aggiungo anche l'azione operata dal Comitato di solidarietà). Interagire e far sì che anche ciò che può sembrare un progetto piccolo, interagisca con altri progetti, di altri soggetti (in primis il Ministero e poi le altre Regioni), la cura di avere delle "antenne" sul posto, lavorare là dove ci sono delle ONG piemontesi - questo devo dare adito, perché l'ho visto personalmente - per cui abbiamo anche il riscontro dell'attività che viene svolta e di come vengono spesi i nostri soldi. Credo che non si possa andare oltre ad una fantasiosa capacità di pensare che la Regione Piemonte, attraverso la legge n. 67, possa risolvere i problemi del mondo.
Sono assolutamente d'accordo, oltre ad averla firmata, su questa mozione e ringrazio formalmente l'Assessore perché ha saputo impostare un lavoro anche minuzioso. I dirigenti del settore, i funzionari del settore hanno avuto la capacità di rapportarsi e di cercare là dove c'era la migliore interlocuzione al fine di collocare i nostri progetti.
In questo senso non solo sono d'accordo, ma penso che la Cooperazione internazionale debba rispondere a queste caratteristiche, ancorch realizzata da una Regione. Vorrei sottolineare che noi non siamo la Stato non abbiamo le stesse finanze e le stesse strutture, ma abbiamo il buon senso necessario per spendere al meglio le nostre risorse. Credo che sia importante per noi avere come riscontro, come amministratori che hanno preso delle decisioni, che su quei progetti c'é stata un'incisività. Dove noi abbiamo portato un'attività progettuale della Regione Piemonte - lo abbiamo già detto - faremo tutta la casistica della Cooperazione che viene fatta in loco. E' un progetto che ha dato delle opportunità, che ha creato condizioni di sopravvivenza in alcuni casi e, in altri, ha generato possibilità non solo di lavoro, ma anche di condizioni di vita migliori.
Non mi addentro oltre, anche se mi piacerebbe poterlo fare. Alcune situazioni le ho viste e constatate di persona, ma è sempre molto diverso parlare su ciò che si legge e non su ciò che si vede.
Ci saranno delle correzioni da fare, alcuni suggerimenti forniti dai Consiglieri sono ottimi, ma non trattiamo la Cooperazione in modo strumentale, come se la salvezza del mondo dipendesse dal frutto del lavoro della Regione Piemonte.
Assessore, credo che lei debba continuare sul piano del Coordinamento non c'é casualità, non c'é atteggiamento semplicistico, ma senso di responsabilità forte. In questo senso, sono assolutamente d'accordo e credo sia giusto procedere.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie Presidente.
Cari Consiglieri, l'ONU riunitosi a Roma il 17 aprile di quest'anno ha adottato la dichiarazione del Millennio. E' una dichiarazione solenne comprensiva di otto obiettivi: eliminare la povertà estrema e la fame assicurare l'istruzione elementare e universale; promuovere la parità fra i sessi; diminuire la mortalità infantile; migliorare la salute materna combattere l'HIV; assicurare la sostenibilità all'ambiente; sviluppare un partneriato globale per lo sviluppo.
Quanta solennità nell'enunciare obiettivi che corrispondono a situazioni drammatiche e tragiche in cui miliardi di persone vivono! Di fronte a questa dichiarazione solenne, concordo con l'iniziativa assunta dalla Regione Piemonte, con tantissime cose dette dai colleghi. A fronte di obiettivi così solenni, importanti e - ahimè - non ancora raggiunti (e per i quali il tempo sarà ancora lungo), auspicherei che alla dichiarazione solenne seguisse un impegno comune e unitario nel raggiungere questi obiettivi, sapendo che, qualunque cosa facciamo e in qualunque modo la facciamo, getteremo una goccia nel mare.
Ma la goccia sono d'accordo a gettarla: bisogna gettarla anche se è solo una goccia. I motivi sono tanti, ne cito uno solo: motivi umanitari.
La Regione Piemonte, come istituzione democratica, di fronte a questi giganteschi e difficili problemi da governare, a livello di stati e di continenti, spende in modo autonomo con le proprie piccole risorse, ma con la grande volontà di dire: "per quanto posso e per quando vedo, mi impegno in un'attività con finalità umanitarie, all'interno della quale voglio rendere visibile che la Regione Piemonte coopera, vuole avere amicizia, con le sue piccole forze, per il mondo e verso tutte le genti".
Impegno comune uguale goccia nel mare.
Sappiamo, colleghi, di avere analisi politiche molto differenti, sia sulla cause che generano questi squilibri così grandi, tragici e drammatici, sia sul modo di affrontare il problema. Questo è un dato di fatto che percorre tutto il mondo e, quindi, anche la nostra Regione e il nostro Consiglio regionale.
Sin dalla prima parola, insieme a tanti colleghi con i quali vorrei condividere quest'impegno, possiamo dividerci sulle scelte politiche da compiere. Lasciamo da parte questo dibattito politico, dove ciascuno è convinto delle proprie ragioni (pensa che solo imboccando una certa strada si potrebbero mettere le cose a posto) ed iniziamo a trattare il tema umanitario di cooperazione, di solidarietà e di confronto delle varie situazioni.
Avendo questo obiettivo, vorrei esprimere alcune considerazioni auspicando di poter contribuire anch'io, con il mio con voto all'approvazione della mozione.
Forse bisognerebbe correggere una piccola parte nella quale si segnano tra gli obiettivi, quelli politici. Gli obiettivi politici sono diversi mentre l'aiuto umanitario che diamo deve rafforzare la coesione sociale.
Dobbiamo lasciamo da parte gli obiettivi politici da raggiungere, perch altrimenti dovremmo scrivere tante frasi diverse quante sono le posizioni politiche qui rappresentate.
Chiederei agli estensori se è possibile eliminare la parte "i risultati politicamente significativi in termini di mutamento del quadro civile e istituzionale" perché affrontiamo un tema molto grande, molto bello, ma sul quale le posizioni sono differenti, sia nell'enunciazione sia, ancora di più, nella pratica.
Il secondo elemento di critica è che suggerirei di correggere il testo eliminando un certo passaggio in cui si dice che vi sono questi problemi ma si scrive, nella prima pagina, che esistono tre fenomeni complessi. Il terzo fenomeno è trattato in poche righe, nelle quali mi sembra si dica: "Beh, ci sono paesi in via di sviluppo che diventano competitivi. Sì, ma in che modo lo diventano? Guardate le loro ciminiere. Guardare il loro modo di fare manifattura. Guardate i loro servizi sociali. Guardate la tutela dei diritti del lavoro. È facile fare competizione quando ci si comporta in questo modo, non rispettando i diritti, l'ambiente" e via dicendo.
Tutto è giusto, però mi sembrerebbe sbagliato fermarsi lì. Mi sembrerebbe sbagliato che in una Regione come la nostra, nell'Occidente sviluppato con l'acqua corrente quasi sempre potabile, si veda solo il trave grande che "sta dentro" quelle società e non si parli, nello stesso tempo, dei grandi travi che abbiamo nella nostra società e che forse causano, pro quota, quelle situazioni che denunciamo.
Quando noi, nell'Occidente ricco, proteggiamo le nostre produzioni non ne cito, potrei citarne molte nel campo agricolo - forse diamo un contributo nella direzione nella quale quei paesi purtroppo si trovano perché sono costretti, anche da noi, a fare in questo modo.
Noi difendiamo le nostre produzioni; non paghiamo le materie prime quanto dovrebbero forse essere pagate e le abbiamo fatto per un paio di secoli.
Questo elemento, che è un grande elemento di dibattito, lo eliminerei vedendolo come un elemento di sofferenza. Dire solo: sì, certo, si va in Cina e si vedono le ciminiere tutte nere. Malissimo. Solo con quelle ciminiere nere poi i prodotti riescono a venderli qua.
E sì, cari, però noi cosa facciamo, a livello dell'organizzazione economica, per fare in modo che se ne esca? Dobbiamo anche coi cambiare qualcosa a casa nostra. Certi aiuti, in certi settori, magari occorre discutere se continuare a darli e in che misura.
Non starei lì a fare una polemica di questo tipo che tratta solo un corno del problema; c'è dell'altro.
Chiederei di accantonare questo punto C ad una discussione più ampia.
Messo in questo modo, mi sembra un po' a senso unico.
Confido nell'attenzione dei colleghi, sperando di poter contribuire anche con il mio voto, all'approvazione positiva di una mozione che, in pratica, cerca di andare nel solco delle decisioni dell'ONU.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

È obiettivamente complicato riuscire a redigere un testo che, pur raccogliendo sensibilità di impostazioni politiche divergenti, concorra a definire linee di indirizzo per la politica della cooperazione decentrata della nostra Regione, minimamente vincolante e minimamente condivisa.
Sono convinto che nel complesso questo testo sia riuscito a raggiungere questo obiettivo e non sono neppure pregiudizionalmente contrario (in questo sospendendo altre più profonde ragioni di contrarietà) a raccogliere una serie di indicazioni del collega Chiezzi.
Sono convinto che più modestamente noi dovremmo tentare di aggiornare migliorare ed integrare gli indirizzi che questa Regione, meritoriamente si è data sette anni fa e che oggi sono inevitabilmente datati, piuttosto che confrontarsi su strategie complessive della cooperazione internazionale che non è solo quella decentrata che vedono, legittimamente, i diversi Gruppi politici di questo Consiglio su posizioni fra di loro molto diverse.
Raccolgo una serie di indicazioni che, se non altro nell'individuazione dei problemi, mi sento di condividerle. Abbiamo una serie di problemi - che sono molto più che affidati ad un documento di indirizzo - affidati alla prudenza della gestione di questi indirizzi da parte dell'autorità amministrativa, che, in qualche misura, questa mozione riesce ad individuare.
Il primo, lo ricordava molto bene la collega Suino, riguarda la questione degli insider. La cooperazione internazionale è uno strumento di politica internazionale che, automaticamente, finisce per privilegiare e per predeterminare, nei propri indirizzi, l'attività, la forza e la capacità (anche legittimamente lobbistica) di una serie di organizzazioni che, per il solo fatto di aver acquisito competenze e conoscenze su questo campo, si trovano a dettare queste politiche molto più che a rappresentarne uno strumento. Questo vale, nella nostra Regione, in particolare per alcune organizzazioni, ma vale complessivamente su tutto il tema della cooperazione decentrata.
Il secondo problema è quello, per così dire, capovolto, ma compresente di un approccio che rischia di essere troppo istituzionalistico ai problemi della cooperazione decentrata, dove gli enti locali, anziché divenire lo strumento di una progettualità politica più ampia che li coinvolge rischiano di diventare gli attori principali e di utilizzare tutte le altre risorse (direi anche, fra virgolette, politicamente più intelligenti) come degli enti esecutori o degli enti strumentali che si mettono al servizio di una progettualità che gli enti locali devono in larga misura ancora imparare a concepire e che non sono sempre in grado di promuovere.
Il terzo punto, che è sotto gli occhi di tutti, malgrado comprenda, in senso molto generale, le affermazioni fatte dal collega Chiezzi, è la natura drammaticamente in politica delle politiche di cooperazione decentrata. Quando dico "natura drammaticamente in politica" non alludo evidentemente, a scenari epocali o a strategie di grande politica internazionale, ma all'idea - anch'essa assolutamente meritoria ma assolutamente datata - che la cooperazione internazionale è sostanzialmente la politica umanitaria fatta dalle Regioni e dagli enti locali quando la cooperazione decentrata è un processo di reciproca responsabilizzazione delle comunità locali, che serve anche a conseguire interventi modestamente ma immediatamente politici; li ricordava il collega Tapparo. Il solo fatto di essere uno strumento di relazione e di lavoro comune fra comunità locali e istituzioni del nord e del sud del mondo, automaticamente potenzia la credibilità e l'autonomia, e quindi emancipa politicamente gli interlocutori di questi processi.
Un Sindaco di un Paese del sud del mondo, coinvolto in un processo di cooperazione decentrata, è un Sindaco, per ciò stesso, più forte e più autorevole innanzitutto rispetto al potere politico del proprio Paese. Se noi consideriamo che sono stesso Paesi in cui le autorità locali sono terminali amministrativi di regimi politici nazionali quasi sempre non contrassegnati da un tasso di democraticità particolarmente elevato, quello che noi riusciamo a conseguire, con questi progetti, è anche un dato immediatamente politico. E i dati immediatamente politici sono quelli che si ricordano nel dispositivo: la capacità di superare, ad esempio, dal punto di vista giuridico, la subordinazione delle donne nei processi anche sociali e produttivi è un elemento politico; la capacità di rafforzare l'autonomia delle istituzioni locali è un obiettivo politico; la capacità di restituire ad una parte della società, che viene giuridicamente privata di diritti, diritti che esistono innanzitutto perché noi rendiamo loro nostri interlocutori, è anch'esso un obiettivo direttamente politico.
Esiste, poi, un quarto elemento, che è quello più sfumato nella versione definitiva, sulla valutazione sia di prodotto che di processo degli interventi di cooperazione internazionale, ma che, perlomeno, rientra nella discussione che stiamo facendo e viene, nella sostanza, rimandato anche qui alla prudenza dell'autorità amministrativa che tutto questo dovrà gestire, ma che, perlomeno, questa mozione riconosce come un problema pur senza dare direttamente una soluzione.
Per questa ragione, ritengo importante che questa mozione venga innanzitutto votata dal Consiglio regionale, perché siamo andati avanti per anni e anni, con una mozione del 1997, di volta in volta aggiornando i progetti sulla base delle emergenze, ma non aggiornando le nostre determinazioni e gli indirizzi che, di volta in volta, dettavamo (semplicemente perché non dettavamo nessun indirizzo, e in questo c'é un dato di disponibilità anche istituzionale dell'Assessore a scegliere di venire in Aula e, con l'Aula e attraverso l'Aula, ridefinire i propri indirizzi).
Vi è, poi, un secondo dato che mi sento di sottolineare, di sposare e in qualche misura, politicamente di rivendicare, che da questa mozione emerge con grande chiarezza, cosa che, per ragioni storiche (e non per ragioni di responsabilità), non emergeva negli indirizzi precedenti: esiste un legame inscindibile tra condizioni di vita e condizioni di diritto, fra libertà e potenziale di sviluppo. Questa è una sfida che la politica internazionale nel suo complesso - ma anche la cooperazione decentrata della nostra Regione - ha dinanzi. Per cui, il problema non è semplicemente umanitario - fare i pozzi, fare i corsi di formazione professionale, fare le consulenze di carattere amministrativo - ma fare tutto questo tenendo presente che gli obiettivi che dobbiamo concorrere a conseguire sono di questo rango e di questa evidenza.
Rispetto agli emendamenti proposti dal collega Chiezzi, francamente non la farei troppo lunga. Esistono una serie di ragioni, sostanzialmente inverse rispetto a quelle del collega Chiezzi, che mi consiglierebbero di proporre la stessa cosa. Per intendersi, il punto c) del terzo paragrafo lo eliminerei, perché terrei distinti i problemi connessi ai processi di globalizzazione economica dai processi connessi agli interventi di cooperazione allo sviluppo. Il problema della globalizzazione economica è un grande problema, ma non è esattamente coincidente con un problema di cooperazione allo sviluppo, che in esso è compreso ma che ha criteri modalità di intervento e obiettivi sostanzialmente diversi. Quindi, tutta la riflessione sul social-dumping, che aveva, nelle parole del collega Chiezzi, accenti inquietantemente per lui liberistici (che io assolutamente condivido), forse può essere tolta da questa mozione, perché parla meritoriamente di altro, ma parla sostanzialmente di altro.
Anche l'ultimo emendamento che il collega Chiezzi ha proposto rispetto al dispositivo per tutelarsi dall'idea che, attraverso questa formulazione qualcuno voglia sostanzialmente iscrivere la Regione Piemonte al "Coalition of the Willing" in Iraq. Se questo serve per tranquillizzare il collega Chiezzi, secondo me, anche questo può essere tranquillamente tolto, perch il problema è di contenuto: i vari obiettivi sono sostanzialmente individuati e quella formulazione può essere, in questa forma, depurata.
Detto questo, spero - non perché ami in generale i voti unanimi, che in genere, sono i voti più perniciosi in tutte le assemblee elettive - che quest'assemblea voti a grande maggioranza il testo in esame reimpadronendosi in qualche misura di una competenza che le appartiene e che aveva perduto nel corso degli anni per ragioni molto diverse. Dato positivo che mi pare possa tradursi in una ragione per convenire su una serie di richieste che hanno la loro ragionevolezza, senza il bisogno di approfondire ulteriormente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Taricco.



TARICCO Giacomino

Solo per esprimere l'apprezzamento per questa mozione e per il fatto che era necessario riscrivere gli indirizzi e gli orientamenti alla luce dei cambiamenti che ci sono stati dopo quella del '97.
Molto semplicemente, penso che sia importante che le indicazioni che emergono e che, in qualche misura, caratterizzano quelle che dovranno essere le linee guida dell'intervento che la Regione Piemonte, molto opportunamente, sta portando avanti a sostegno e ad innesco della capacità di promozione e di crescita nei paesi con grosse difficoltà economiche vedano la valorizzazione di ciò che in questi ultimi anni è emerso come elemento che, dalla prassi, orienta le scelte che saremo chiamati a fare.
Personalmente, sono favorevole a questa mozione e sono favorevole anche al fatto, come diceva prima il collega Palma, che su temi di questa natura si possa vedere, seppur in diversità di orientamenti e divisioni, l'unità di tutta l'Aula sul varo di un testo di questo genere.
Penso che l'orientamento che viene delineato in questa mozione debba essere rivisto fra un anno per avere tutto il tempo di verificare tutta una serie di contenuti, potendo meglio approfondire e valutare eventuali correttivi e rettifiche di orientamento, che possano vedere la condivisione dell'Aula, ma entrando più nel merito di quanto non sia opportuno e utile fare in questo momento.
Personalmente, sono favorevole e il mio Gruppo approverà questa mozione.



PRESIDENTE

I firmatari della mozione propongono, in relazione al dibattito, delle modifiche, che illustra il collega Mellano.



MELLANO Bruno

Come ha già detto il collega Palma e altri colleghi, si accolgono le richieste puntuali del collega Chiezzi, avendole verificate con l'Assessore Cotto.
Quindi, il terzo capoverso, quello sull'attualità del tema della cooperazione, prevede solo due punti a) e b) e viene tolto interamente il punto c). Nella parte finale, nel dispositivo si toglie completamente la frase "politicamente significativi anche in termini di mutamento del quadro civile ed istituzionale", che diventa "risultati volti a rafforzare ad esempio:", e a seguire l'elencazione degli esempi. Faccio notare che c'è stato un errore di battitura: è saltato un "a capo" nell'ultima frase del primo capoverso degli impegni.



PRESIDENTE

Il dibattito è chiuso.
Mi pare che le modifiche che sono state illustrate, siano state ascoltate, quindi non le ripeto. In ogni caso, colleghi, prima della votazione, il testo originale è così modificato: nella premessa, al terzo capoverso viene tolta la lettera c) e nel dispositivo, alla seconda riga viene tolta l'espressione "politicamente significative anche in termini di mutamento del quadro civile e istituzionale" sostituita con la frase "risultati volti a rafforzare ad esempio:".
La parola al Consigliere Botta Marco.



BOTTA Marco

Ho sottoscritto l'ordine del giorno così com'era formulato, dove il punto c), che deve essere eliminato, è un punto significativo, perché è l'unico che introduce un richiamo alla necessità di contemperare le necessità della cooperazione, su cui tutti siamo d'accordo, con un'attenzione e una garanzia sulle clausole sociale che, a nostro avviso hanno un loro significato e specifico riferimento di tipo politico. Per quanto riguarda il mio Gruppo, non c'è l'intenzione di votare questo documento privato del punto c).
Questo non toglie che si possa procedere ugualmente, ma come Gruppo riteniamo che una sottolineatura della difesa del significato del lavoro italiano, della presenza italiana nei confronti della concorrenza asiatica dei problemi che nascono da un utilizzo di un lavoro sottopagato sfruttato, non garantito e senza garanzie sociali vada fatta, se questa maggioranza è una maggioranza che si richiama a determinati valori e principi, altrimenti il documento diventa un documento assolutamente buonista, che non ha un significato di tipo politico che invece, a nostro avviso, il punto c) gli attribuisce.



PRESIDENTE

Non ci sono emendamenti alla mozione. Ci sono dei proponenti, quindi il testo è concordato unanimemente dai proponenti, oppure uno dei proponenti ritira la propria firma.
La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

C'è una questione di delicatezza istituzionale. C'è una serie di firmatari, tra cui il collega Botta o rappresentanti del suo Gruppo che, se ho ben capito, non si riconoscerebbe in quel testo modificato.
E' evidente che i primi firmatari di questo documento non possono autoemendarselo contro la volontà di altri firmatari. Penso che sia possibile, da parte del collega Chiezzi o di altri colleghi, presentare un emendamento a questa proposta di mozione, perché l'emendamento alla mozione può essere messo in votazione, con la richiesta di abrogazione del punto c) del terzo capoverso.
Si vota l'abrogazione del punto c) del terzo capoverso e, a seconda dell'esito della votazione, si voterà la mozione nel suo complesso.
La mozione non è inemendabile, Presidente. E' chiaro che non può essere automaticamente emendata dal primo firmatario, se non con il concorso degli altri firmatari.
Quindi, inviterei il collega Chiezzi a presentare questa proposta come emendamento alla mozione, che poi si metterà in votazione. Dopodiché la mozione, così come emendata o non emendata, verrà messa nel suo complesso in votazione.



PRESIDENTE

Data la sovranità dell'aula, se ci sono degli emendamenti, sta a noi accogliergli. Siamo fonte di diritto, da questo punto di vista, non c' contrasto con le nostre normative.



PALMA Carmelo

Solo per completare e per intendersi. La seconda correzione, che era formale, non avendo colto segni contrari e nessun tipo di rilevo da parte dei proponenti, la intendo così intesa e modificata?



PRESIDENTE

Scusate, Consiglieri, sto cercando di verificare, tramite la nostra Ansa se effettivamente la notizia giunta sulla liberazione delle due ragazze italiane in Iraq sia vera. Mi sembra che diversi Consiglieri abbiano sentito questa notizia tramite l'Ansa, se è stata sentita vuol dire che è stata diffusa. Volevo solo verificare se anche il nostro servizio giornalistico aveva ricevuto questa Ansa. La voce è circolata volevo vedere un testo scritto per leggerlo all'Aula.
Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: eliminare il capoverso c) "la pressione competitiva esercitata sulle aziende italiane dalla concorrenza asiatica, resa possibile da un'organizzazione del lavoro che se da un lato rende questi Paesi economicamente più competitivi, dall'altro comporta costi sociali altissimi ed eticamente inaccettabili in termini di sfruttamento delle persone e dell'ambiente." Indìco la votazione palese su tale emendamento.
Il Consiglio non approva Indico la votazione palese sulla mozione n. 941 (modificata nel dispositivo) il cui testo recita: "Nei paesi in cui esiste la libertà di espressione, è più facile la lotta contro la carestia. Dirò di più, la carestia non ha mai colpito un paese con una forma democratica di governo e con una stampa relativamente libera.
Le carestie si sono verificate nelle antiche monarchie, nelle moderne società autoritarie, all'interno di dittature tecnocratiche, nelle economie coloniali governate da potenze imperialiste, in paesi governati da leader dispotici o da partiti unici intolleranti" (Amartya Sen) Il Consiglio regionale premesso che a partire dal 1995 la Regione Piemonte ha avviato una forte azione a sostegno della cooperazione decentrata: si intende per cooperazione decentrata una strategia internazionale di reciproca responsabilizzazione di comunità locali, declinata in un insieme di azioni e interventi di cooperazione in e con Paesi in via di sviluppo promossi da enti locali e caratterizzati dall'integrazione - in una logica di sistema - di soggetti diversi appartenenti ad una stessa comunità che stabiliscono accordi con i propri omologhi di altri Paesi la mozione n. 382 "Iniziative politiche di cooperazione con il Terzo Mondo" approvata all'unanimità dal Consiglio regionale in data 19 febbraio 1997 necessita di un adeguamento alle problematiche, alle sfide ed alle capacità d'intervento del nuovo millennio l'attualità del tema della cooperazione decentrata è resa di giorno in giorno più evidente da una somma complessa di fenomeni di cui tre in particolare meritano di essere richiamati: le ripetute crisi umanitarie legate ad emergenze ambientali o politico militari le tensioni legate ai fenomeni migratori, da tempo al centro del dibattito politico la pressione competitiva esercitata sull'aziende italiane dalla concorrenza asiatica, resa possibile da un'organizzazione del lavoro che se da un lato rende questi Paesi economicamente più competitivi, dall'altro comporta costi sociali altissimi ed eticamente inaccettabili in termini di sfruttamento delle persone e dell'ambiente la cooperazione decentrata esprime e diffonde nel "discorso pubblico" valori e sensibilità di relazione e scambio fra persone e comunità. E' sempre più forte la consapevolezza che queste esigenze tanto politiche quanto etico-culturali non possono essere soddisfatte, e rischiano al contrario di essere contraddette, da azioni di tipo puramente repressivo blocchi alle frontiere, barriere doganali.- né possono semplicemente risolversi in interventi che si limitino ad alleviare condizioni di bisogno e d'indigenza o a risolvere problemi "operativi": l'obiettivo di fondo della cooperazione decentrata, che va appropriatamente modulato secondo ragionevoli criteri di compatibilità, è quello di contribuire a modificare ed integrare le consolidate relazioni politiche, sociali e produttive, al fine di favorire la diffusione di equi ed efficienti modelli di sviluppo civile ed economico le attività di cooperazione della Regione Piemonte e le risorse messe a disposizione acquisiscono particolare rilevanza rispetto a quanto deliberato nel vertice europeo di Barcellona del marzo 2002 ove si era assunto l'impegno a raggiungere, nel bilancio nazionale dei paesi dell'Unione europea, la media dello 0,39% del PIL entro il 2006 per gli aiuti allo sviluppo; in quel quadro, si prevede che ciascun paese membro al momento deficitario debba raggiungere almeno la soglia dello 0,33% nello stesso anno 2006, mentre quelli che la superano dovrebbero mantenere il livello raggiunto. Si tratta di una decisione molto importante anche se smentisce, nel breve termine, l'impegno a raggiungere quota 0,7% formulata in sede ONU negli anni '80; l'Italia, prima dell'ultima annunciata manovra finanziaria investiva lo 0,16% del PIL il 17 aprile 2004 a Roma l'Onu, nell'ambito della "Millenium Development Goals Campaign", ha adottato la "Dichiarazione del Millennio", in cui si stabiliscono i seguenti otto obiettivi da perseguire entro il 2015: 1. eliminare la povertà estrema e la fame 2. assicurare istruzione elementare universale 3. promuovere la parità fra i sessi 4. diminuire la mortalità infantile 5. migliorare la salute materna 6. combattere l'HIV-AIDS 7. assicurare la sostenibilità all'ambiente 8. sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo alla luce degli obiettivi stabiliti dalla "Dichiarazione del Millennio" diventa sempre più urgente individuare e sostenere tutti gli strumenti tanto di carattere sociale, quanto di profilo più direttamente sanitario che possano favorire e promuovere l'effettiva emancipazione femminile, al fine di garantire alle donne la salvaguardia dell'integrità corporale, la "liberazione" da una condizione di brutale subordinazione sociale e giuridica e la possibilità, concretamente esercitabile, di governare in modo cosciente e responsabile la propria attività sessuale e riproduttiva la Regione Piemonte ha applicato, anche ai sensi del comma 4, art. 2 della L.R. n. 67/95 "Interventi regionali per la promozione di una cultura ed educazione di pace per la cooperazione e la solidarieta' internazionale", i principi della cooperazione decentrata in numerosi programmi con varie regioni e Paesi esteri, dalla Bosnia al Sahel, dal Marocco all'America centrale un numero sempre più nutrito di enti locali piemontesi (Province, Comuni ASL, Consorzi di Comuni, Enti Parco.) ha avviato per proprio conto o nell'ambito dei programmi regionali, azioni di cooperazione ispirate alla stessa logica si sono sviluppate in tutta la Regione decine di esperienze contrassegnate spesso da grande originalità e spessore culturale, che collocano il Piemonte ai primi posti in Italia (e in Europa) per ampiezza di investimenti e dinamismo nel settore della cooperazione decentrata sulla base dell'esperienza maturata negli ultimi nove anni e sulla base dei progetti e programmi di cooperazione in cui l'Ente è stato coinvolto direttamente o indirettamente, l'Amministrazione regionale ha avviato un percorso di riflessione denominato "Stati Generali per la cooperazione decentrata in Piemonte" con l'obiettivo di approfondire e verificare i risultati conseguiti (anche sul piano politico e culturale), rendere patrimonio comune le conoscenze acquisite dai diversi attori coinvolti e soprattutto promuovere la consapevolezza in ciascun soggetto del proprio specifico ruolo (quali siano le proprie competenze da rendere disponibili con chi collaborare, ecc.) e di quello delle altre componenti coinvolte nell'ambito di azioni di cooperazione internazionale allo sviluppo realizzate secondo la modalità della cooperazione decentrata si è ritenuto di attribuire particolare rilievo alle autonomie locali poiché, oltre a possedere utili competenze per la cooperazione, sono in grado di sensibilizzare, coinvolgere e armonizzare l'azione di diverse componenti della propria società civile per realizzare in partenariato con le istituzioni locali dei paesi del Sud del mondo progetti di sviluppo sostenibile si è ritenuto parimenti importante il ruolo delle organizzazioni sociali civili e religiose che, sulla base della loro vocazione alla solidarietà internazionale e della loro esperienza nei paesi del Sud del mondo, hanno una particolare e preziosa competenza per poter accompagnare le iniziative di cooperazione decentrata delle autonomie locali il percorso degli Stati Generali si completerà nell'arco dei prossimi due anni concatenando eventi di comunicazione, momenti di riflessione dibattito e auto-formazione che coinvolgeranno di volta in volta diversi attori ed esperti locali, nazionali, internazionali, la progettazione, la sperimentazione e la diffusione di strumenti e servizi per i diversi soggetti (per esempio "Poliedro" per le autonomie locali), la ridefinizione dei programmi regionali al fine di renderli coerenti con l'evoluzione del ruolo che la stessa Regione assumerà in funzione della crescita del "sistema Piemonte di cooperazione decentrata" la cooperazione decentrata, proprio per la sua natura, necessita tuttavia di quadri di riferimento nazionali e internazionali e, rispetto ai beneficiari locali, richiede momenti di coordinamento con le politiche realizzate in loco dai diversi programmi di sviluppo (regionali e nazionali) tale modalità di cooperazione infatti non è sostitutiva o in conflitto con altre tipologie come la cooperazione governativa bilaterale o quella cosiddetta "non governativa", ma può essere un utile complemento per favorire un maggior coinvolgimento delle forze della società civile (laiche e confessionali) ed evitando così che ad affrontare tali gravi problematiche siano solo esperti e volontari internazionali il coinvolgimento attivo delle diverse componenti della società civile delle nostre autonomie locali e di quelle dei paesi beneficiari contribuisce anche alla modernizzazione e alla democratizzazione delle relazioni politiche nelle aree in cui si interviene e alla "globalizzazione" politica dei principi di libertà e di diritto individuali tutto ciò premesso il Consiglio impegna la Giunta a privilegiare, all'interno delle linee programmatiche d'iniziativa sinora assunte, azioni di cooperazione decentrata finalizzate a conseguire risultati volti a rafforzare, ad esempio: la coesione sociale, il riconoscimento dei diritti fondamentali, la partecipazione e il protagonismo dei cittadini, la promozione del ruolo delle donne e la loro emancipazione civile, il superamento culturale di pratiche lesive dell'integrità fisica femminile, l'autonomia delle istituzioni locali nella consapevolezza che solo sostenendo questo mutamento - che di certo non pu essere determinato da una singola regione, ma a cui anche la Regione Piemonte deve concorrere - è possibile innescare un processo di duratura "liberazione" dal bisogno e dalla povertà, che nelle forme più dure ed estreme sempre si accompagna a forme di oppressione civile e politica a raccordare i propri programmi con quelli degli organismi internazionali, alle politiche di sviluppo dei governi nazionali e locali dei paesi terzi interessati tenendo in debito conto tutte le diverse analisi e strategie predisposte da queste istituzioni in tema di lotta alla povertà ad adottare, secondo i principi di sussidiarietà orizzontale, un approccio che riconosca e valorizzi la funzione delle organizzazioni non governative, che possono contare sul capitale umano (le conoscenze) e sociale (le relazioni) adatto per consentire l'effettivo radicamento dei programmi di sviluppo a verificare l'attuazione dei programmi finanziati con modalità che oltre valutarne l'effettiva realizzazione, gli obiettivi raggiunti, gli aspetti contabili, approfondiscano anche le ricadute che questi hanno avuto sul piano politico, sociale e culturale a predisporre strumenti che consentano alle autonomie locali di valorizzare le diverse componenti della propria società civile riconoscendone le competenze ed in particolare quelle degli organismi non governativi, delle istituzioni religiose e delle associazioni che hanno esperienze di cooperazione nei paesi del Sud del mondo." Il Consiglio approva.



PRESIDENTE

L'Assessore ha chiesto di intervenire per una questione connessa.



COTTO Mariangela, Assessore agli affari internazionali

Desidero ringraziare tutti per i contributi ricevuti, faremo senz'altro tesoro dei molti suggerimenti.
Volevo chiedere al Consiglio se era possibile approvare una proposta di deliberazione, che è stata licenziata dalla Commissione il 29 ottobre 2002 quindi due anni fa, che riguarda un piano triennale che scade a dicembre 2004. Non era un provvedimenti iscritto all'o.d.g. di oggi, però è collegato alla mozione. Riguarda le direttive, con validità triennale, per la cooperazione, l'educazione di pace. Il periodo è trascorso.



PRESIDENTE

Su questo punto ci sono obiezioni? Lo possiamo considerare un argomento connesso, ma rispetto alla votazione bisogna vedere il testo ed eventualmente approvarlo.



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Assessore, non mi sembra ci siano le condizioni, quindi l'argomento rimane iscritto all'o.d.g. di una successiva seduta.


Argomento: Cooperazione - Problemi del lavoro e della occupazione - Attivita' di promozione

Esame disegno di legge n. 628 "Interventi per lo sviluppo e la promozione della cooperazione"


PRESIDENTE

Esaminiamo il disegno di legge n. 628, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Dire di procedere in questo modo: sentiamo la relazione del relatore Consigliere Godio, poi mi pare che non ci siano i tempi per fare altro che un dibattito generale perché, verso le 18,30, sentiti gli impegni di alcuni Consiglieri e Gruppi, sospenderei la seduta.



GODIO Gianluca, relatore

Visto che ne abbiamo già ampiamente discussa in commissione do per letta la relazione, il cui testo recita: "Illustre Presidente Egregi Consiglieri Il riconoscimento della funzione sociale ed il sostegno e la promozione della cooperazione, principi già codificati a livello costituzionale nell'articolo 45 della Carta fondamentale, sono stati oggetto, nel corso degli anni, di lunga evoluzione normativa che ha progressivamente concorso a delineare un panorama legislativo in grado di rispondere alle mutate esigenze delle forme consociative riconosciute.
Il primo nucleo di norme poste a disciplina del movimento cooperativo e mutualistico può essere individuato nella versione originaria del Titolo VI del Libro V del codice civile del 1942, che, in epoca comunque antecedente la Costituzione repubblicana, già provvedeva ad enucleare una serie di disposizioni relative alla istituzione, modificazione ed estinzione di una società cooperativa, all'identificazione degli organi societari ed alla regolamentazione del riparto delle quote e degli utili.
Successivamente il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 (Provvedimenti per la cooperazione) ha approfondito il profilo della vigilanza e dei controlli sulle cooperative costituite mentre la legge 31 gennaio 1992, n. 59 (Nuove norme in materia di società cooperative), oltre a rivedere profondamente alcune disposizioni racchiuse nella versione originaria del codice civile, ha delineato un quadro normativo più preciso in tema di fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, istituiti e gestiti dalle associazioni nazionali di rappresentanza del mondo cooperativo.
La legge 3 aprile 2001, n. 142 (Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore) si è incentrata sulla necessità di reperire, in seno alla cooperativa, figure diverse di prestazione d'opera rispetto al lavoro subordinato, giungendo a definire precise ipotesi giuridiche di compartecipazione, con quote di proprietà, nella gestione delle imprese nelle quali i lavoratori prestano la loro opera, prevedendo pertanto, in capo al socio lavoratore, diverse tipologie e soluzioni contrattuali che oltre al lavoro subordinato sopra citato, si estendono alla collaborazione coordinata e continuativa, al lavoro autonomo, al lavoro parasubordinato.
In attuazione di una delega contenuta nella citata legge 142/2001 il decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ha precisato e revisionato alcune disposizioni relative alla vigilanza sugli enti cooperativi, mentre il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366) ha provveduto, all'articolo 8, a riscrivere integralmente il Titolo VI del Libro V del codice civile dedicato alle società cooperative ed alle mutue assicuratrici.
La riforma della disciplina delle cooperative, inserita in un provvedimento che provvede altresì ad una sostanziale revisione integrale dell'intero diritto societario, ha comportato una vera mutazione radicale del panorama normativo in questione, creando un tessuto legislativo finalizzato a cogliere l'evoluzione economica e concettuale dello strumento cooperativistico e a delineare un contorno giuridico flessibile in grado di rispondere alla contingenza economico-finanziaria così profondamente mutata dai tempi della stesura originale del codice civile.
Il tratto caratteristico della riforma del diritto delle società cooperative è identificato nella netta distinzione, introdotta dal novellato articolo 2512 del codice civile, tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente, con la previsione, per ciascuna tipologia, di procedure differenziate di istituzione e gestione finanziaria e, soprattutto, con la riserva a favore delle sole cooperative a mutualità prevalente di un regime fiscale particolarmente agevolato, come espressamente previsto dal novellato articolo 223-duodecies delle disposizioni di attuazione del codice civile, così come introdotto dall'articolo 9 del D. Lg. 6/2003, disposizione che, tra l'altro, ha integralmente riscritto l'intera Sezione V del Capo I di tali disposizioni attuative.
La carrellata normativa non può terminare senza ricordare che nel gennaio 2006 entrerà in vigore il New Basel Capital Agreement (meglio noto come "Basilea 2"), il nuovo accordo siglato tra gli istituti di credito che consentirà alle banche di determinare modelli interni di calcolo del patrimonio minimo che dovranno avere le imprese che vogliono accedere a finanziamenti bancari.
In base a tale accordo le piccole e medie imprese, tra cui le cooperative saranno raggruppate in classi di rischio omogenee e l'appartenenza alla specifica classe determinerà il rischio che intenderà assumere l'azienda bancaria.
Anche a livello regionale la normativa in vigore ha cercato progressivamente, di cogliere le istanze derivanti dall'evoluzione naturale del movimento cooperativistico e, dapprima con la legge regionale 15 maggio 1978, n. 24 (Provvedimenti a favore del movimento cooperativo) poi con la legge regionale dicembre 1997, n. 67 (Interventi per l'inserimento qualificato di giovani disoccupati e di lavoratori in cassa integrazione straordinaria o ex dipendenti da aziende in crisi in cooperative già costituite o di nuova costituzione), si è percepita l'importanza della cooperazione come strumento di creazione in forma associata di opportunità di lavoro innanzitutto per coloro che sono definiti "soggetti deboli del mercato del lavoro", e si è provveduto a disegnare un assetto normativo finalizzato a sostenere e promuovere le cooperative mediante finanziamenti fortemente agevolati e contributi a fondo perduto per la formazione dei soci e dello staff manageriale, nell'ottica di migliorare la cultura imprenditoriale evitando così politiche meramente assistenziali.
La revisione della legislazione regionale, che pure in questi anni ha fatto registrare risultati ampiamente apprezzabili e condivisi, nasce dall'esigenza di adattare, nell'ambito delle potestà legislative riconosciute alle Regioni da parte del nuovo Titolo V della Costituzione il panorama normativo esistente all'evoluzione delle disposizioni nazionali che, come si è visto, sono state notevoli e numerose.
Il disegno di legge, di cui si chiede all'Aula consiliare sollecita approvazione, ha registrato nella sede della VII Commissione permanente che ha esaminato il provvedimento in sede referente, un interessante e costruttivo dibattito che ha condotto ad un affinamento formale e sostanziale del contenuto del testo, peraltro ampiamente condiviso dalle forze sociali ed economiche in sede di consultazione.
L'articolo 1 definisce i principi e le finalità della legge.
L'articolo 2 indica i destinatari degli interventi, identificati, nello spirito della revisione del diritto cooperativistico di cui al D. Lgs.
6/2003, nelle cooperative a mutualità prevalente, nei consorzi tra questi e nelle sezioni regionali delle associazioni nazionali giuridicamente riconosciute.
L'articolo 3 prevede l'incentivazione di servizi prestati da centri di consulenza tecnica, forma di assistenza tecnico-gestionale alle società cooperative pensati per sostenere i processi di sviluppo, il consolidamento, la riqualificazione e la riconversione delle società cooperative.
L'articolo 4 prevede le possibili tipologie di intervento tra cui il sostegno alla capitalizzazione finalizzato alla realizzazione di programmi d'investimento e la promozione e partecipazione alla costituzione di fondi per il sostegno alla capitalizzazione delle società cooperative.
L'articolo 5 prevede l'istituzione di un fondo di garanzia per favorire l'accesso al credito.
L'articolo 6 demanda al programma degli interventi il compito di definire l'importo massimo degli incentivi, le eventuali dimensioni minime e massime delle cooperative ammissibili, le eventuali priorità tipologiche territoriali e settoriali per l'accoglimento delle domande, le cause di inammissibilità, di revoca o decadenza dei benefici già concessi, le procedure e la modulistica per la presentazione delle domande di contributo e finanziamento.
L'articolo 7 attribuisce l'attività di promozione della legge alla struttura regionale competente in materia di cooperazione, mentre l'articolo 8 individua le modalità di gestione degli strumenti a disposizione.
Gli articoli 9 e 10 definiscono la composizione, il funzionamento e le competenze della Commissione regionale per la cooperazione.
L'articolo 11 prevede l'istituzione dell'Osservatorio regionale della cooperazione al fine di monitorare il fenomeno cooperativo sul territorio piemontese e di quantificarlo in termini di consistenza numerica e di impatto occupazionale, mentre gli articoli 12 e 13 definiscono gli obiettivi e le funzioni di tale Osservatorio.
Nell'articolo 14 si prevede il collegamento, tramite il sistema informativo regionale, tra l'Osservatorio regionale e quello nazionale in materia di cooperazione.
L'articolo 15 delinea la disciplina transitoria del provvedimento mente l'articolo 16 prevede la procedura di richiesta del parere dell'Unione Europea, nelle cui more si prevede che gli incentivi legislativi siano disposti nel rispetto della regola comunitaria del "de minimis".
L'articolo 17 introduce nel testo del provvedimento una clausola valutativa che provvede a definire i parametri ed i contenuti della relazione annuale che la Giunta regionale è tenuta a presentare al Consiglio regionale al fine di valutare lo stato di attuazione delle disposizioni legislative e di monitorare i risultati ottenuti in relazione alle finalità perseguite.
L'articolo 18 dispone l'abrogazione della l.r. 24/1978 e della l.r.
67/1994, mentre l'articolo 19, in ossequio al vigente ordinamento contabile regionale, individua in seno al bilancio preventivo le unità previsionali di base a cui imputare derivanti dall'attuazione delle disposizioni legislative."


Argomento: Questioni internazionali - Ordine pubblico e sicurezza

Liberazione in Iraq di Simona Pari e Simona Torretta


PRESIDENTE

Posso leggervi i testi delle Agenzie Ansa che mi sono state consegnati.
Ansa Roma 28 settembre: "Un momento di gioia per tutti gli italiani.
Dobbiamo ringraziare il Signore che ha aiutato e protetto queste due ragazze". E' il commento del Ministro per le politiche comunitarie Rocco Bottiglione che accoglie con largo sorriso la notizia riferita dai cronisti alla Camera." (Applausi dai banchi dei Consiglieri)



PRESIDENTE

Vi leggo un altro testo: "Momenti di emozione in aula e al Senato quando il Presidente Marcello Pera ha interrotto il dibattito per dare conto dei flash delle agenzie che, citando l'emittente araba Al Jazeera riferiva della liberazione delle due Simona. Il Presidente Pera ha detto che il fatto che le agenzie ripetessero insistentemente il flash, faceva pensare che la notizia avesse una sua solidità. Il Presidente Pera, pur con le cautele del caso e affermando che questa era solo una prima notizia, si è augurato che nei prossimi minuti tutto possa esser confermato ufficialmente".
Un'altra Ansa. "Roma 28 settembre: La donna irachena sequestrata in Iraq assieme alle volontarie italiane appartenente all'ONG Intersos, è stata liberata. Lo rende noto Intersos. "Il sito web utilizzato spesso dai gruppi dei rapitori ha subito diffuso la notizia di Al Jazera sulla liberazione delle due italiane". "Simona Pari e Simona Torretta sono state liberate dai loro sequestratori e consegnate all'incaricato d'affari italiano".
Lo ha annunciato la televisione Al Jazeera, ripetendo per tre volte la notizia. In questo momento, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi sta tenendo una Conferenza stampa a Palazzo Chigi.
La notizia proviene da diverse fonti e costantemente confermata Ha chiesto di intervenire il Consigliere D'Ambrosio; ne ha facoltà.



D'AMBROSIO Antonio

Per festeggiare la liberazione delle due Simona (personalmente continuo a dire "Simona" e non "Simone") proporrei di sospendere il Consiglio e riaggiornarci martedì prossimo.



PRESIDENTE

Considerando che la relazione è stata svolta e il provvedimento è stato incardinato, accogliendo la manifestazione di condivisione da parte di tutto il Consiglio, di chiaro chiusa la seduta.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17.59)



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