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Dettaglio seduta n.480 del 05/08/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



(La seduta ha inizio alle ore 22.38)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Albano, Burzi, Casoni, Marengo Pedrale, Pichetto Fratin, Pozzo, Rossi Giacomo, Vaglio e Valvo.


Argomento: Statuto - Regolamento

Proseguimento esame proposta di legge regionale n. 655 "Statuto della Regione Piemonte" (Testo licenziato dalla Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte)


PRESIDENTE

L'esame della proposta di legge regionale inerente a "Statuto della Regione Piemonte", di cui al punto 2) all'o.d.g, prosegue con la discussione dell'articolato e degli emendamenti ad esso riferiti.



PRESIDENTE

ARTICOLO 49 Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Il capitolo che riguarda il Presidente della Giunta regionale e la Giunta stessa contiene articoli estremamente importanti, probabilmente il cuore dello Statuto.
Alcuni anni fa, quando è stata varata la norma che modificava ulteriormente le regole di elezione del Consiglio Regionale e del Presidente, passando dalla norma del Presidente indicato a quella del Presidente eletto direttamente dal popolo e dagli elettori piemontesi, il legislatore di allora deve avere avuto un minimo di prudenza e di dubbio su quello che stava facendo.
Quindi, hanno introdotto una norma secondo cui gli Statuti potevano modificare questa scelta; quando si modificava lo Statuto si poteva intervenire su questa norma costituzionale e prevedere altro. Prevedere altro vuol dire evidentemente un'elezione non diretta, ma un'elezione da parte del Consiglio, cioè una sorta di capo del governo eletto nel Consiglio, e non un capo del governo che si presenta in quanto tale al Consiglio.
Almeno questa possibilità l'hanno pensata e devo dire che i Consiglieri regionali e la maggioranza non hanno avuto il minimo dubbio nel non riflettere su questa possibilità e darla per scontata. Su questo, ho visto una prima cosa che ritengo negativa del percorso che ci ha portato qui cioè che le forze convinte di questo - so che sono significative e presenti hanno dall'inizio cercato di blindare il percorso e dall'inizio hanno cercato di non permettere un dibattito serio su questa questione.
Dico questo perché tra le forze politiche presenti in questo Consiglio l'idea di un governo emanazione del Consiglio, quello che a livello nazionale può essere considerato un premierato alla tedesca, un premierato forte e non come era precedentemente, è un'idea abbastanza diffusa, non è un'idea minoritaria, quindi non è un'idea solo del partito di Rifondazione Comunista, che pure è critica, ma è un'idea abbastanza condivisa. Nelle discussioni e nel confronto che facciamo con altre forze politiche, sia del centrosinistra sia del centrodestra, quest'idea è diffusa.
La prima anomalia è che il percorso con il quale siamo arrivati qua è un percorso che si è preoccupato di imporre, all'interno delle coalizioni che questa voce non comparisse, che la coalizione parlasse con una voce sola (quella della maggioranza), per non far emergere questa posizione.
Al di là delle ragioni di fondo, ci sono alcuni emendamenti che permettono di introdurre una serie di ragionamenti; credo che un primo momento serio sarebbe stato quello di un bilancio dell'attività dei primi anni di governo.
Non so cosa sia accaduto nelle altre Regioni; vivendo in Piemonte, mi sono interessato poco delle altre Regioni (credo che su questo il quadro sia meno netto), ma penso che in Piemonte il bilancio sia totalmente negativo.
Indubbiamente, il Presidente Ghigo riesce ad apparire facilmente sui giornali, riesce a farsi una gran propaganda, ma non direi che ha uno status di capo di Governo - non mi piace il termine governatore - maggiore rispetto al passato.
In questo periodo il Piemonte non brilla sicuramente per una capacità di intervento e di elaborazione. Il Piemonte è una delle Regioni che ha conosciuto i maggiori momenti di crisi e la cosa pazzesca è che il Presidente Ghigo sia riuscito a sopravvivere a tutto questo, senza fare e dire nulla. Penso al fatto più clamoroso: la crisi della FIAT, e il Presidente Ghigo è riuscito a essere nulla, in tutto questo.



(Commenti fuori microfono del Consigliere Scanderebech)



PAPANDREA Rocco

Caro collega, io non t'interrompo mai, nelle poche volte che intervieni! Riprenderò quest'argomento, perché non voglio abusare del tempo a mia disposizione, nel corso degli interventi che seguiranno. Voglio solo rilevare la capacità del Presidente Ghigo di brillare come immagine, ma di essere il nulla, nella sostanza. Credo che questo gli sia stato ampiamente favorito dal non dover dare conto a nessuno, ma - come ho detto riprenderò il discorso.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Presidente, quest'articolo è forse la migliore rappresentazione di come il presidenzialismo stia prendendo piede in questo Paese, stia raggiungendo tutti i governi regionali. I Presidenti non si chiamano più tali, ma ormai nel vezzo comune giornalistico si chiamano "governatori".
Rivolgo subito un appello alle forze di opposizione: come faremo ad opporci al presidenzialismo propugnato da Berlusconi, se tutti i sistemi regionali continueranno a orientarsi, come sta succedendo, verso la logica dell'elezione diretta dei rappresentanti e dei Presidenti, da parte dei cittadini? Il modo con il quale si eleggono i Presidenti pone un problema alla politica e pone un problema ai partiti, sempre più spiazzati dall'esasperazione dei personalismi dei protagonisti, attraverso l'elezione diretta del Sindaco, attraverso l'elezione diretta del Presidente della Provincia, o attraverso - come sta succedendo per le Regioni - l'elezione diretta del Presidente della Regione.
E' un'americanizzazione della politica, ma, a differenza di quello che succede in America, ai nostri Presidenti è dato un potere che non è dato al Presidente Bush; non vorrei sbagliare, ma lui non può sciogliere le Camere non può mandare tutti a casa, non è un suo potere.
Un potere riconosciuto al Presidente della Regione, invece, è quello di decidere la sua squadra di governo e decidere, se non è prevista questa modalità nella legge elettorale, di esercitare il suo mandato forte di uno svuotamento altrettanto simmetrico del potere delle assemblee elettive.
Qui, la cosa più evidente l'abbiamo vista, vissuta e - ahimé - praticata per tutta la vigenza dello Statuto, con l'approvazione sull'articolo della potestà regolamentare.
Siamo alla presenza di una democrazia autoritaria; è inutile nascondere quello che è nella realtà delle cose: l'elezione diretta del Presidente ha dentro di sé, con tutti i poteri che le vengono assegnati, questi elementi di progressiva tendenza all'affermarsi di forme di democrazie autoritarie che non ci aiutano a contrastare il monarca di turno, che si candida a governare il nostro Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Trovo strano che le forze che si dichiarano popolari non s'interroghino sul perché, se qualcuno proponesse alla maggioranza dei cittadini di tornare indietro, rispetto alla scelta dell'elezione diretta dei Sindaci dei Presidenti delle Province e dei Presidenti delle Regioni, avremmo la reazione di chi si sente espropriato di un potere nuovo, che lo sviluppo istituzionale gli ha consentito.
Naturalmente, la questione si può tradurre e vedere con gli occhiali dell'ideologia, oppure ci si può domandare se in questo processo, che, a partire dall'inizio degli anni '90, ha riguardato il nostro Paese, non ci sia una risposta a una domanda profonda, una domanda molto significativa.
Chi sente che siamo di fronte a una sfida riguardante la qualità della democrazia, deve sapere che la risposta a questa sfida non la troveremo indietro, guardando alle vecchie forme di organizzazione della politica, ma la troveremo e la dobbiamo cercare in avanti, cioè interrogandoci su come noi costruiamo il sistema dell'elezione diretta, cioè una partecipazione dei cittadini alla quale la grandissima maggioranza degli stessi non è disposto a rinunciare, costruendo dei sistemi che siano di equilibrio, di contrappeso, di costruzione della rappresentanza, in una dinamica completamente nuova, in una democrazia che assomiglia solo parzialmente a quella che hanno conosciuto altre generazioni, che deve misurarsi con grandi e nuovi fenomeni.
Il punto sul quale ci siamo divisi e su cui abbiamo discusso non riguarda la qualità della democrazia, ma l'indirizzo nel quale la qualità della democrazia va ricercata. Non si può mettere tutto sullo stesso piano il Governo delle Regioni non è il Governo del Paese, il Governo delle Regioni non ha il potere di dichiarare la guerra, il Governo delle Regioni non ha i poteri che riguardano un Parlamento nazionale. Dovreste chiedervi perché non c'è una Regione d'Italia dove si torni indietro rispetto alle esperienze dell'elezione diretta e perché, invece, si cerchi la costruzione a partire da questo fatto nuovo e cogliendo gli aspetti positivi, gli elementi di equilibrio e di partecipazione - di una democrazia rappresentativa moderna che sia in grado di fare i conti.
Nel nostro piccolo, e con la nostra modestia, abbiamo cercato, con l'elaborazione dello Statuto, di dare una risposta a questi problemi.
Abbiamo cercato di capire come noi ricostruivamo, dopo la decisione e l'esperienza dell'elezione diretta del Presidente della Regione, un nuovo equilibrio dei poteri, un sistema di pesi e contrappesi. Sappiamo bene che anche con questo Statuto, siamo ancora ad un passo formale. Naturalmente il discorso istituzionale intreccia il discorso politico, noi viviamo in un Paese nel quale il problema di cosa c'è dopo il populismo, diventa uno dei grandi temi della politica italiana, forse non solo italiana; se il populismo è stato un fenomeno che ha riguardato anche l'Europa. C'è chi pensa di dare una risposta a queste grandi sfide solo guardando all'indietro, chi pensa di dare una risposta a queste sfide pensando soprattutto di non fare i conti con la sensibilità e con l'opinione della gran maggioranza dei cittadini: voi non ne parlate e come se fossero tutti manipolati, come se le persone non avessero un'autonoma volontà, come se i cittadini non fossero persone, invece i cittadini capiscono e allora bisogna fare i conti con questa dimensione.
Se si vuole rispondere a preoccupazioni giuste e legittime che riguardano l'evoluzione delle moderne forme di governo, si risponde facendo i conti e dando delle risposte che siano in uno sviluppo dell'innovazione politica, nella costruzione di nuove forme di democrazia e di partecipazione. M'interessa in questa discussione anche un confronto politico-culturale, anche un elemento di indirizzo che riguarda il senso di una ricerca. Ci tenevo a dire queste cose almeno in questa fase di discussione generale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

L'articolo in esame conferma, in linea anche con i nostri auspici, il principio dell'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale che recepisce, come ricordava il Consigliere Marcenaro, un consenso maggioritario ripetutamente espresso dai cittadini italiani, non solo in occasioni di tornate elettorali, ma di voti referendari. Proprio la scelta di aderire non solo ad un sistema efficiente, ma anche ad un sistema che raccoglie il consenso dell'opinione pubblica, non spiega altre scelte con cui l'assetto presidenziale, con queste caratteristiche, viene in larghissima misura pregiudicato e condizionato da un'impostazione istituzionale e, soprattutto, del sistema elettorale che riproduce quel ritorno al passato che sull'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale l'assemblea, fortunatamente, non ha intenzione di fare.
Ha ragione il Consigliere Marcenaro a dire che la gran parte dei cittadini italiani si è ripetutamente pronunciata verso forme di scelte e legittimazione diretta dei vertici dell'esecutivo, per lo meno sul piano del sistema delle autonomie degli Enti locali e delle Regioni. La stragrande maggioranza dei cittadini si è anche pronunciata ripetutamente verso meccanismi di selezione del ceto politico e di composizione delle assemblee che superassero, e non solo per ragioni simboliche, le caratteristiche del sistema proporzionale, sia pure con le correzioni introdotte dal premio di maggioranza, andando verso forme di elezione, ma anche di composizione, dell'assemblea regionale, di tipo maggioritario intravedendo, in questo strumento, un principio più efficiente di selezione di legittimazione della classe dirigente e, indirettamente, di riforma del sistema politico nel nostro Paese.
La storia della riforma istituzionale nel nostro Paese è una storia strana, è una storia simmetrica. I due dati su cui, sostanzialmente, si è misurato il consenso dell'opinione pubblica - la legittimazione diretta del vertice dell'esecutivo e, dall'altra parte, un meccanismo maggioritario di formazione delle coalizioni politiche e di elezione delle assemblee elettive - si sono diffusi in maniera simmetrica nei diversi sistemi elettorali ed istituzionali. Noi abbiamo, paradossalmente, sistemi di elezioni maggioritarie là dove non esistono principi presidenziali di legittimazione dell'esecutivo, e abbiamo, al contrario, sistemi presidenzialisti - quelli dei Sindaci, dei Presidenti delle Province e dei Presidenti delle Regioni - che sono supportati, e quindi in parte anche compromessi, da un sistema proporzionale che non si adegua per sue caratteristiche, per quello che la storia istituzionale è stata in grado di insegnarci, a sistemi istituzionali di carattere presidenziale.
In secondo luogo,non sono d'accordo con quanto sosteneva il Consigliere Marcenaro in una serie di interventi fatti nei giorni scorsi distinguendo l'elezione diretta del Presidente dal sistema presidenziale ed intravedendo, nel sistema presidenziale, un sistema nel quale il peso dell'esecutivo, e del capo dell'esecutivo, è preponderante rispetto a quello del legislativo in assenza di un sistema adeguato di pesi e contrappesi istituzionali. Intravedendo nei meccanismi di reciproca interdizione una misura di salvaguardia possibile insieme dell'autorevolezza dei governi del ruolo del legislativo. Al contrario, il sistema presidenziale non è un sistema che procede, come forma di governo per reciproche elisioni di poteri, ma è, al contrario, un sistema che consente una reciproca autonomia ed indipendenza anche sul piano istituzionale sia dell'esecutivo che del legislativo, rafforzandoli entrambi. I sistemi presidenziali classici non sono sistemi di parlamenti deboli e di governi forti, sono sistemi di governi fortissimi e di parlamenti fortissimi, che devono la propria forza, in larghissima misura ad un grado assoluto di indipendenza e di autonomia politica ed istituzionale. Sono i sistemi in cui i Presidenti non sciolgono le assemblee e le assemblee non mandano a casa i Presidenti; sono sistemi come quello americano, in cui ai governi è sottratto il potere di iniziativa legislativa riservato, per intero, alle assemblee elettive e nello stesso tempo, l'attività e la sfera del governo è salvaguardata dalle incursioni improprie del potere legislativo. Come minoranza abbiamo provato a suggerire un sistema di questo tipo anche per la nostra Regione. Questo sistema, però, come autorevolissimi commentatori hanno avuto modo di notare, non è un sistema presidenzialista o neopresidenziale, ma è, al contrario, un sistema neoparlamentare in cui continua ad esistere un rapporto di reciproca fiducia e sfiducia, diretta ed indiretta, tra legislativo ed esecutivo, in cui la dialettica fra i diversi poteri si esercita attraverso forme di reciproco condizionamento.
Questa è la ragione per cui, condividendo in larga misura l'impostazione che su questo specifico articolo si dà al nostro Statuto siamo costretti a denunciare che questa è la strada, più o meno commissariata, che la storia istituzionale italiana ha riservato al sistema delle autonomie negli ultimi dieci anni. Tale percorso è stato confermato in quasi tutte le Regioni e lo sarà anche nella nostra. Tengo a precisare però, che non riguarda complessivamente gli orientamenti e le convinzioni dell'opinione pubblica, ma incide sul sistema di elezione del Presidente escludendo di estenderlo alle procedure elettorali del Consiglio.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Siamo arrivati a uno dei punti più importanti dello Statuto: probabilmente, è proprio il punto su cui è incentrato tutto il nostro Statuto.
Dico quanto abbiamo già detto in Commissione: com'era facile prevedere quello che era stato scritto nell'articolo 122 della Costituzione è stato largamente ignorato qui in Piemonte, come in altre Regioni italiane.
Quell'importante inciso, che prevedeva che lo Statuto regionale potesse disporre diversamente dall'elezione a suffragio universale diretto del Presidente della Giunta, non è stato preso in considerazione, né qui n altrove. Non solo, ma questa discussione si è avviata senza avere il coraggio di affrontarla fino in fondo, mettendo a confronto le possibili ricadute di una scelta rispetto all'altra.
Avremmo anche potuto analizzare quello che abbiamo vissuto in questi quattro anni in Consiglio. L'analisi di un possibile sistema presidenziale poteva partire anche da quello che era successo in aula in questi anni, con gli effetti negativi che abbiamo visto e denunciato.
Più volte abbiamo denunciato e lamentato le assenze ripetute del Presidente Ghigo, non più di tanto interessato a seguire i lavori dell'Aula, perché sa che le sue politiche e le sue decisioni potrà portarle avanti anche al di fuori del Consiglio. Si potevano anche confrontare ipotesi e posizioni diverse.
Per quanto riguarda le possibilità ricordate dal Consigliere Palma anche se personalmente non sono favorevole all'ipotesi del sistema americano da lui ripresentato nella proposta di legge, indubbiamente quel sistema presidenzialista ha il merito di distinguere il potere legislativo dal potere presidenziale. Noi abbiamo confuso, come dice il collega Palma i due poteri del Presidente. Devo ricordare, a chi è affezionato al sistema americano, che tale sistema ha due enormi negatività, che tutti coloro che lo propongono dovrebbero almeno avere la volontà di spiegare.
Da un lato, la scarsissima affluenza al voto; dall'altro, come ricordano articoli usciti recentemente, è un sistema dove chi raccoglie più voti non sempre riesce ad eleggere il Presidente.
A parte questo, nella discussione abbiamo, quasi da subito, fatto una scelta a favore di questo presidenzialismo, usando argomenti non del tutto condivisibili. Quando si parla dei cittadini che possono scegliere il Presidente delle Province o delle Regioni, dobbiamo anche pensare che è una scelta inevitabilmente obbligata, effettuata su nomi candidati dai partiti.
La scelta sarà tra tre o quattro nomi indicati dai partiti.
Sarà quello, non sarà quello, ma dobbiamo chiederci e riflettere se sarà un caso che, quando abbiamo incominciato a votare con sistemi diversi anche da noi l'affluenza alle urne è andata diminuendo. Certo, in politica chi non partecipa ha sempre torto, però credo che soprattutto le forze che si richiamano ad un passato e ad un presente di democrazia, dovrebbero porsi il problema e il dubbio se siano proprio certi sistemi elettorali ad allontanare gli elettori dalle urne. Personalmente, sono preoccupato per il fenomeno della diminuzione delle partecipazione al voto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Picchioni; ne ha facoltà.



PICCHIONI Rolando

Arrivati alle 11 della sera, mi sorprende che il fatto di stamane sia passato completamente sotto silenzio o, perlomeno, con una disinvoltura tale per cui alcuni Consiglieri della minoranza fanno finta di non essersene accorti.
Stamane il Presidente Ghigo ha dato una lezione d'alta politica e non voglio attribuirgli qui un riconoscimento che, venendo dalla mia parte potrebbe essere anche ruffiano.



(Commenti in aula)



PICCHIONI Rolando

Lasciatemi finire. Avete parlato decine di ore, adesso parlo io per cinque o sei minuti, se il Presidente permette.
Presidente, voglio ricordare una lontana controversia con il Presidente del Consiglio di allora, che un giorno mi scrisse un biglietto, citando Shakespeare: "Il mondo è un palcoscenico dove i governanti attuano, come vogliono, le loro uscite e le loro entrate".
L'"uscita" di questa mattina è stata di un tempismo politico straordinario, di una sagacia callida, astuta, che ha messo in mora anche noi, partito di minoranza, che avremmo tutto da rimproverare, vista l'occasione perduta.
Una riflessione: chi ha vinto questa mattina? Le capacità personali del Presidente Ghigo possono anche non interessarci, di certo ha vinto la sua responsabilità di Presidente della Regione, come espressione di democrazia decidente nei confronti di un parlamentarismo o di un assemblearismo assolutamente parolaio, inane, incapace - uso parole dure che tarerò lungo il mio discorso.
Ha vinto lui.
Ha perso quest'assemblea, ed anche la forza politica dei partiti che rappresentiamo. Non siamo stati capaci di far convogliare intorno ad un progetto comune, o che perlomeno doveva essere tale, la forza e la volontà l'intelligenza politiche dei partiti che sono alle nostre spalle...



(Commenti fuori microfono del Consigliere Scanderebech)



PICCHIONI Rolando

Presidente, si tratta di una riflessione che dobbiamo fare tutti.
Quando ci mettete in crisi o in mora - al di là delle valutazioni giuridiche, che ho apprezzato, del Consigliere Palma - noi tutti dobbiamo fare un atto di "autodafè", compreso il sottoscritto, poiché non siamo stati capaci, come volontà collettiva, di mettere in campo un Regolamento che poteva essere l'unico antisistema nei confronti del regime presidenziale che voi condannate. Non si è riusciti, in quattro anni, a porre una parola finale attorno ad un vulnus aperto, ad un nervo scoperto che anche nelle precedenti amministrazioni abbiamo verificato essere una grave lacuna della legittimità democratica di questo Consiglio. Una democrazia decidente, dove tutto quanto si può dire e tutto quanto si pu fare, deve arrivare al rush finale dove la parola "fine" deve essere assolutamente scritta.
E' qui il problema della nostra sostanza; è qui il problema di una natura un po' schizofrenica: nel momento stesso in cui vogliamo limitare i poteri del Presidente, dimentichiamo alcune gravi omissioni nei confronti della conduzione legittima del Consiglio.
Al di là di quest'aspetto, ho colto nel dibattito odierno dibattito e in quello delle Commissioni una maturità straordinaria. Generalmente, le forze politiche ci portano sempre all'indietro, ci portano a non sciogliere i legami della propria appartenenza; ho riscontrato, invece, una maturità straordinaria anche nel confronto politico. Marcenaro, Cattaneo, Botta, la Lega, AN, voi stessi: tentativi ve ne sono stati. Ma il discorso, al di là della valutazione dei buoni propositi e della messa in campo della declinazione degli stessi, di cosa soffriva? Soffriva di disegni asimmetrici, che non riuscivano ad arrivare ad un ordito comune. Troppi erano i condizionamenti particolari, locali e politici, che ci condizionavano nel pervenire ad un risultato.
Può darsi che io rimanga poco in Consiglio, la mia vuole essere una testimonianza: una legge elettorale che porta ad 80 Consiglieri, su che cosa si giustifica? Si giustifica sul Titolo V della Costituzione? Si giustifica sull'articolo 51? Si giustifica sull'equilibrio dei poteri? Ma queste sono questioni all'interno del palazzo, non toccano la sensibilità civile, non toccano la cultura del cittadino; sono questioni "entriste" per cui non abbiamo titolo per rivolgerci moralmente alla cittadinanza, ai cittadini, alla comunità.
La questione relativa alle Province, al territorio. Credo che giustamente tutti i territori abbiano titolo ad essere rappresentati. In tal senso, pongo un problema che il Consigliere Tapparo ha sollevato tante volte: Torino capitale.
Signori! Ricordo, in occasione della costituzione degli Stati Generali l'umore antipolitico nei confronti di Torino capitale! Dobbiamo considerare che il Piemonte, in se stesso, è ridotto a poca cosa, mentre le Province, con tutte le loro penetrazioni periferiche sentono certamente oggi l'aggressione di tendenze culturali che provengono da altre regioni. Come mai la Regione Piemonte è l'unica Regione d'Italia che non esporta la sua cultura all'esterno, ma ingloba, ma introita solamente quanto altre regioni - la Liguria, la Lombardia - propongono? Questo ci porta ad una considerazione etno-culturale - chiamiamola come vogliamo: il problema delle Province, della loro rappresentanza e della loro legittimità ad essere qui, è un problema grosso, un problema politico che deve essere assolutamente risolto.
Ieri, con il Consigliere Papandrea, ci chiedevamo: qual è la motivazione morale per cui dobbiamo rivolgerci all'esterno? I cittadini piemontesi potrebbero dirci che si tratta di una casta di mandarini che vuole tutelare se stessa, perpetrare se stessa, procedendo ad un assestamento di potere. Dobbiamo essere noi a dare un surplus, un quid in più di anima, per fare capire che questa Regione non guarda a queste cose.
Certamente, attraverso il suo scheletro giuridico-formale, si possono intravedere tante cose che il cittadino non riesce a cogliere. Per questo credo che l'atto del Presidente Ghigo sia stato un atto di gran moralità politica, al quale certamente do tutto il mio consenso, come credo gli altri Consiglieri: di fronte a quella che avrebbe potuto essere una gran dissipazione, non solo politica e morale, ma anche istituzionale, c'è stata una precisa presa di coscienza da parte di un Presidente che rappresenta non solo il numero maggiore di cittadini che lo hanno votato, ma anche una moralità civica che non può essere assolutamente disattesa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Galasso; ne ha facoltà.



GALASSO Ennio Lucio

Non è stato toccato il tema nodale della democrazia decidente. Lo affrontiamo un po' non per slogan, ma per frasi magari sbrigative e spero un po' incisive. Il problema è tutto qui, nel senso che va meditata questa nuova condizione e, direi, questa nuova aspirazione del popolo, prima ancora che un'esigenza di chi deve governare e di chi rappresenta le istituzioni.
Quindi, democrazia decidente è da intendersi non come momento di distacco - e penso in questo modo di sintonizzarmi con quanto diceva il collega che mi ha preceduto - ma come rispetto della volontà popolare.
Il problema della volontà popolare discende dal tema della partecipazione, che è aspirazione che, da sempre, muove i popoli.
Il gran romanista Guarino ricordava: "La rivoluzione della plebe ebbe come motivo fondamentale la partecipazione di categorie sociali alla cosa pubblica che avevano raggiunto traguardi appaganti, sia sotto il profilo sociale che sotto il profilo economico, ma non riuscivano a partecipare".
Volevano cioè essere protagonisti della vita pubblica e perciò erano disposti, come in effetti avvenne, a rinunciare al beneficio che loro derivava dallo star fuori dai doveri dei patrizi. Oggi come allora il problema è quindi quello di contare nelle scelte, e voglio dire di più dovendo procedere agilmente e velocemente.
L'elezione diretta e il presidenzialismo sono aspetti che l'opinione pubblica ha già metabolizzato. Il problema che il legislatore e il politico oggi devono porsi è come sapere andare già oltre questa condizione e questa acquisizione da parte dell'opinione pubblica, quindi dare un respiro che lasci intuire il fascino e l'ampiezza del futuro e che sappia coniugare con raffinatezza normativa la voglia e l'importanza della società, dei corpi sociali e dei cittadini. E deve saper immaginare un ruolo incisivo, in una società moderna, che sappia far partecipare senza avvitarsi nei meccanismi burocratici che, a volte, avviliscono la prontezza e la scioltezza della partecipazione.
La risposta che oggi si dà con il sistema che andiamo disciplinando è un momento ineludibile che è stato scandito da referendum negli anni '90 dalle scelte costituzionali, dalle scelte legislative di attuazione e, da ultimo, dalle scelte referendarie del 2000.
Concludo, essendo terminato il tempo a mia disposizione e riprender con un altro tema fondamentale, che riguarda sempre il rapporto tra politica e società.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Caracciolo; ne ha facoltà.



CARACCIOLO Giovanni

Io vorrei dare un piccolo contributo al discorso pronunciato con molta enfasi dal Consigliere Picchioni.
Il punto cruciale che rischiava di far saltare l'approvazione dello Statuto era rappresentato dall'ipotesi di aumento del numero dei Consiglieri regionali, dapprima a 80, poi a 70. Tale ipotesi era stata dibattuta a lungo in Commissione ed era stata, alla fine, approvata a maggioranza.
In aula non sarebbe stato elaborato lo Statuto se non si fosse modificato il contenuto dell'articolo 16, riportando il numero dei Consiglieri a 60.
Accadendo ciò sarebbe avvenuto, come poi è accaduto, che tutta la filosofia dell'impianto della nuova legge elettorale, che era costata parecchi sacrifici, in primis al Presidente Riba ma anche ai Consiglieri Cattaneo e Marcenaro, che si prefiggeva una più equa rappresentanza di tutto il territorio piemontese nel Consiglio regionale, ed un migliore svolgimento del lavoro dei Consiglieri sarebbe venuto meno.
Di fronte a questo stallo insormontabile, a mio avviso, è stato determinante l'intervento del Consigliere Marcenaro, che con un accorato richiamo si è rivolto al Presidente Ghigo perché, in quanto Presidente di tutti i cittadini piemontesi, si assumesse la responsabilità di intervenire per superare le difficoltà e salvare quindi lo Statuto.
Veniva presentato di seguito, per iniziativa dello stesso Consigliere Marcenaro, firmato anche dal sottoscritto, un emendamento con cui si proponeva che i Consiglieri restassero 60, spiegando che quest'atto poteva consentire il proseguimento del lavoro e l'approvazione dello Statuto come atto irrinunciabile per tutti noi e per tutti i cittadini.
Il Presidente Ghigo ha accolto l'invito e si è pronunciato a favore di questa soluzione, dimostrando senza dubbio coraggio e buon senso.
Penso che vadano ringraziati il Consigliere Marcenaro, il Presidente Ghigo e tutti gli altri Consiglieri che, pur contrari a questa soluzione l'hanno accennata e alla fine, con spirito di sacrificio e buon senso l'hanno votata. E' stata, collega Picchioni, un'operazione politica, mi creda, solo un'operazione politica. Grazie.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale.
Emendamento rubricato n. 283 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: l'articolo 49 è soppresso ed è sostituito dal seguente nuovo articolo 49: "Articolo 49 (Elezione del Presidente della Giunta) 1. Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale.
2. L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative il Presidente e l'intera lista degli Assessori.
3. Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta".
Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea per l'illustrazione; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Vorrei fare una piccola premessa. Noi alcuni mesi fa in Commissione avevamo votato contro l'aumento dei Consiglieri da 60 a 80, e mi pare che abbiamo depositato gli emendamenti già alcuni giorni fa. Si tratta di emendamenti preparati da lungo tempo.
Rispetto alle questioni sollevate prima, è vero che bisognerebbe interrogarsi su quello che avviene e sull'evoluzione di quello che avviene.
Penso ci sia una dinamica che non coinvolge solo il nostro Paese e credo abbia alle spalle dei fenomeni più generali, delle tendenze molto forti che spingono per forme di governo sempre più efficienti, in un contesto in cui tra l'altro, il potere che questi governi esercitano è sempre minore, in cui una parte del governo è altrove.
In passato, emettere e governare la moneta era una delle forme principali di governo dei Paesi. Questo, ormai, appartiene solo più a uno Stato, eppure ci sono ugualmente queste tendenze; mentre c'è una tendenza dell'economia mondiale che va in una determinata direzione e che mette in moto meccanismi per cui questi poteri sfuggono al controllo pubblico e democratico, nello stesso tempo sono avvenuti dei processi, a mio avviso attivamente stimolati da questa tendenza, che hanno portato a forme di governo decisioniste, efficientiste.
Uno dei problemi è questo: quelle vecchie forme sono state messe in crisi; le nuove forme hanno avvicinato la partecipazione dei cittadini al governo? Fanno sì che i cittadini partecipino di più? Non c'è solo il dato della partecipazione alle elezioni; ci sono dei Paesi con tradizione democratica centenaria in cui ormai vota meno del 40% della popolazione.
Certo, se guardiamo il 40% della popolazione, va tutto bene, ma se guardiamo il 60% della stessa, esso esprime il fenomeno del distacco dalla politica, da chi governa, che è estremamente preoccupante e non trova delle forme di espressione politica, ma esiste.
Quanto abbiamo avviato in questi dieci anni, le riforme avviate sono andate nella direzione di contrastare una crisi - che si manifestava della partecipazione? Io credo di no. Credo che si possa dire tutto, fuorché questo. Ci si può consolare pensando che le forme di governo si sono stabilizzate, ma sicuramente non si può dire che questo fenomeno sia stato risolto.
La cosa è ancora più plateale se si considera il fatto che, dopo una serie di anni in cui sembrava che le forme di partecipazione attiva delle popolazioni alla vita pubblica fossero scomparse, negli ultimi anni vi è stata l'esplosione di movimenti enormi. Un anno e mezzo fa, sono scese in piazza, contemporaneamente, decine di milioni di persone, per esprimere un'opinione sulla guerra; fatto di cui la stragrande maggioranza dei Governi non ha tenuto minimamente in conto.
Questo significa che c'è una crisi della politica evidente, fortissima e ritengo che questi meccanismi l'accompagnino, ne siano stati stimolati e siano l'aspetto che tende a rafforzarla, a darle una stabilità.
Prendono a modello quei Paesi in cui questo è avvenuto e perdura; hanno una stabilità nell'escludere un pezzo significativo del mondo, della popolazione, dalla partecipazione e dalla possibilità di decidere.
Questo è un problema che si può anche non vedere se si sta chiusi all'interno delle Assemblee e dei Parlamenti, ma che si vede fortemente se si va in mezzo alla gente.



PRESIDENTE

Il parere del relatore è contrario.
La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Mi stupisce il parere contrario del relatore. Ho detto prima di non aver terminato il mio pensiero: ci sono, in questa discussione, molti punti che ritornano, nel senso che c'è anche un gioco di parole.
Abbiamo superato il periodo del "nuovismo", per cui tutto ciò che era nuovo era bene; adesso, sentiamo parlare del ritorno al passato, piuttosto che guardare avanti, come se questo diventasse qualcosa di vuoto, se non di retorico.
Le stesse parole di "democrazia decidente" possono coniugarsi facilmente con le parole di "democrazia autoritaria". La democrazia del Presidente degli Stati Uniti è decidente, pertanto dichiara guerra; non so quanti cittadini siano contenti di avere una democrazia decidente e autoritaria di quel genere, piuttosto che una democrazia parlamentare che magari, non prende la decisione di dichiarare la guerra.
Ritengo che questa domanda dovremmo porcela. Certo, è stato detto che l'opinione pubblica ha metabolizzato i sistemi elettorali, ma quale altra scelta abbiamo lasciato ai cittadini italiani? Quale altra scelta lasciamo ai cittadini piemontesi, se non quella di andare a votare per questo presidenzialismo? E' questa la scelta che imponiamo? E' questa la scelta che i cittadini piemontesi dovranno metabolizzare? Per riallacciarmi a quanto ha appena detto il Consigliere Papandrea, quando la democrazia decidente sceglie di forzare e andare alla guerra, quando le democrazie decidenti europee scelgono di mandare gli eserciti nazionali a fare la guerra, cosa ne è della volontà popolare? Quando parliamo di istituzioni e di democrazia decidente in quest'aula, cosa sappiamo di quello che si muove all'esterno, nei vari movimenti? Noi pensiamo che l'idea della democrazia sia rappresentata unicamente da quel 60-70% che partecipa all'elezione delle persone che faranno parte delle diverse istituzioni assembleari; non consideriamo tutta la parte di popolazione che si esprime al di fuori di quei canali.
Quando troppo facilmente si adottano certi schemi di giudizio e di valutazione, si può incorrere in errori di valutazione; errori che portano a ritenere che la democrazia possa essere piegata alle proprie interpretazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Grazie, Presidente.
Qualcuno dice che "governare vuol dire decidere", ma l'esercizio del governo non sempre porta a decisioni equilibrate. In nome del decisionismo il Presidente Bush ha scatenato una guerra ingiusta - lo riconoscono tutti rispondendo ad un imperativo.
E allora, siamo testardamente convinti che non si possa procedere nella strada dello svuotamento progressivo delle assemblee elettive, come luogo di rappresentanza dei cittadini. Questo è il problema. Quando noi rivendichiamo con forza e proponiamo che l'elezione del Presidente del Consiglio debba avvenire all'interno dell'aula. Affermiamo un principio forte contro l'ipotesi di una deriva plebiscitaria che pone soprattutto al centro la personalizzazione della politica. Questo è il pericolo. Noi sosteniamo con forza nei nostri emendamenti che, in qualche modo, bisogna fermarsi. C'è un grande economista, del quale non ricordo il nome, che ha sostanzialmente sostenuto questo concetto: la necessità di smantellare lo stato sociale, la necessità di mettere sul mercato i servizi, la privatizzazione dei servizi - molto spesso dei servizi essenziali dall'acqua, all'energia più in generale, al gas, a tutte le cose che sono fondamento delle condizioni della qualità della vita delle persone come bene insopprimibili - sono incompatibili con i parlamentarismi. Questo è il fatto nuovo che si è verificato, cioè che noi continuiamo a sostenere che il Parlamento, la Provincia, l'assemblea provinciale, il Comune, il Consiglio comunale, il Consiglio di Circoscrizione, il Consiglio di quartiere, siano l'entità all'interno del quale devono trovare diritti di rappresentanza tutti i cittadini.
Questo problema si collega direttamente alla forma elettorale. Ci si dovrebbe chiedere: perché nel nostro Paese oggi inspira un vento nuovo di ritorno al proporzionale? Perché oggi nel Paese c'è una riscoperta del proporzionale? Perché c'è una riscoperta della politica come luogo di rappresentanza e le maggioranze, così come vengono definite dalle attuali leggi regionali e i poteri straordinari dati ai Presidenti degli esecutivi mettono in mora la democrazia rappresentativa. Su questo noi sosteniamo una tesi (anche nel rapporto con il centrosinistra, ci sono sempre maggiori aperture alle nostre proposte sul bilancio partecipato, sul rilancio e sulla necessità di riavvicinare i cittadini alla gestione della cosa pubblica): non considerare quell'atto del voto come ultimativo, in modo da porre i cittadini in condizione di esercitare il controllo sulla delega espressa attraverso il voto. Questa è la scommessa alla quale ci battiamo forse ci vorrà del tempo, ma abbiamo ragione di credere, non dico come nei corsi e ricorsi della storia, che questa nostra intuizione sia giusta.
Il Consigliere Picchioni ha fatto un grande elogio del decisionismo manifestato oggi dal Presidente, ma sollevo un dubbio: questo decisionismo di fronte ad una compagine di governo abbastanza disorientata al suo interno, posta e collocata su posizioni diverse sulla questione del sistema elettorale, sarebbe stato possibile se, in mano, non avesse un potere che è quello che gli deriva dalla possibilità di mandare tutti a casa e di mandare tutti alle elezioni?



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere, ne ha facoltà.



RIBA Lido

In Commissione abbiamo lavorato molto su questi testi e, in modo particolare, su questo. Sono state dette molte cose, aggiungo poche considerazioni.
Non so da che angolo si guardi la società per intravedere una volontà esigenza e un grande rimpianto del proporzionale puro. Ne sento parlare con molta enfasi dall'UDC, dal Presidente Follini. Tuttavia, non sfugge a nessuno che ne parla con tanta enfasi in funzione di una battaglia politica con la quale ha caratterizzato, essenzialmente, in mancanza di altre opportunità, la sua struttura politica e su questo ha costruito una battaglia che non ha né maggiore né minore dignità di altre battaglie politiche, ma certamente non è un elemento che ricava in qualche maniera la dignità di interpretare un largo consenso popolare.
Qual è il partito politico così stupido che si aliena totalmente alla volontà popolare, in modo massiccio, senza pensare di doverne ricavare drammatiche e pesanti conseguenze? Non è affatto così. Lo dico per i Consiglieri che hanno fatto interventi che, sul piano politico-culturale considero degli argomenti, ma proprio perché li considero tali voglio fortemente riproporre le antitesi di questi ragionamenti. Oggi come oggi sarebbe impensabile rivolgerci ai cittadini con una proposta di questo genere: Votiamo per il Comune? Chi è il Sindaco? Voto il Sindaco. Votiamo per la Provincia? Chi è il Presidente? Voto per il Presidente. Votiamo per la Regione? Per chi votiamo? Per 350 candidati, così ognuno sceglie il proprio e poi gli stessi, in funzione di grandi elettori, eleggeranno il capo dell'esecutivo. E' un po' come la "dieta" del tardo Sacro Romano Impero, nella quale tutti si mettevano d'accordo per eleggere un imperatore sempre più debole finché l'operazione sparì dalla storia.
Questo è esattamente il contrario dei concetti portanti di una democrazia che ripartisce, solennemente, in modo garantito, i poteri: il potere legislativo. Ho da aggiungere questo, Consigliere Papandrea: noi siamo un potere legislativo, non siamo soltanto un comune che, alla fine può anche sommare avendo soltanto un compito gestionale. Noi siamo nella concezione classica, o nella realtà classica, del potere legislativo e del potere esecutivo che devono essere rigorosamente divisi. Non c'è scuola che abbia un'interpretazione diversa da questo punto di vista. Qualcuno che ha la mia stessa anzianità ricorda che nella legislatura 90/95 passammo più tempo a decidere quali erano gli avvicendamenti, quali erano le ipotesi sugli Assessori, pervenendo all'esaurimento di quel ciclo politico: qui come da altri parti. La condizione che separa nettamente l'esecutivo dal legislativo è una condizione che interpreta adeguatamente, oggi, il senso che si è consolidato. Almeno questo è il portato delle ancore deboli e fragili riforme.
Altra è la concezione se, invece, vogliamo che gli eletti abbiano un potere assoluto, derivandolo dall'essere sempre determinante anche con numeri piccoli. Noi scontiamo fortemente questa situazione. Mi ricordo che nel 1976 mi trovavo per caso ad Istanbul con alcuni amici, la Turchia era in piena campagna elettorale e apprendemmo che in quella campagna erano coinvolti tredici partiti. Noi abbiamo pensato: "Si capisce, è un Paese ancora così lontano dai nostri approdi democratici"; consideravamo quella la dimostrazione di un'arretratezza istituzionale politica, non sapendo che, in senso inverso, saremmo noi disinvoltamente arrancati verso quei sistemi. Il problema dell'elezione che assume anche i poteri dell'esecutivo va in quella direzione, anche perché è portato a massimizzare il potere che gli deriva ad ogni singolo eletto, dalla sua rappresentatività. Lamento che noi non siamo riusciti a creare ciò che abbiamo promesso, che è stata intrinsecamente considerata la promessa delle riforme, cioè la semplificazione del quadro politico nell'ambito di un bipolarismo che sarà effettivamente tale solo quando i poteri di interdizione saranno così massicci.
Relativamente alla considerazione del collega Picchioni su come mai in quattro anni non siamo riusciti a cambiare le modalità, aggiungo anche, per quanto mi riguarda, non ci siamo riusciti in tre legislature. Tutto ci indica che è effettivamente uno dei problemi più significativi che il Piemonte si porta dietro e che condiziona le modalità con le quali abbiamo dovuto accontentarci di decidere sul nostro Statuto.



PRESIDENTE

Passiamo ora alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Se non vado errato, nel '75-'76, in Italia c'erano sicuramente meno partiti. Ce n'erano due che raggiungevano il 75%, ma c'era un sistema proporzionale. Nelle elezioni 2004, oltre ad esserci un'infinità di partiti, con il sistema maggioritario che è stato introdotto e sospinto dai due partiti principali in modo sempre più massiccio, i due partiti principali riescono, a malapena, a raggiungere la percentuale di uno dei due partiti principali di allora.
Questo è un problema.
Al di là del fatto che il più grande partito è quello dei non partecipanti, la stragrande maggioranza dei cittadini che partecipano, per il 60% non vota i due partiti maggiori, ma gli altri. Nonostante quello che si cerca di fare, questo è il dato. Non solo, ma rispetto alle elezioni di cinque anni fa, il dato è peggiorato, da quel punto di vista. Ognuno pu vedere la realtà dal suo punto di vista, ma la realtà è questa. Faccio notare che in una fase in cui esisteva un sistema elettorale nettamente più proporzionale, esistevano partiti di maggiori dimensioni. Se oggi mettiamo insieme i due partiti di maggioranza relativa, non riescono ad esprimere neanche la metà non dico della popolazione, ma dell'elettorato.
Veniamo all'articolo. Si è detto che il Presidente Ghigo è stato brillantissimo. Credo che ci sia stata una situazione a fronte della quale il Presidente Ghigo e questa maggioranza sono stati brillantissimi e forse la minoranza un po' debole. L'elemento del Piano sanitario regionale non è solo grave perché a fine legislatura non ce l'abbiamo...



PRESIDENTE

Consigliere Papandrea, si attenga all'emendamento.



PAPANDREA Rocco

Non è grave perché dopo quattro anni non lo abbiamo, ma è grave perch è stato messo nel cassetto dopo che abbiamo fatto una consultazione popolare che lo ha stroncato. Siamo andati in giro per le province, abbiamo consultato le associazioni e ci hanno detto che quel piano fa schifo.
La conclusione del Presidente è: "Non facciamo un piano e porto avanti la stessa politica. La porto avanti senza piano".
Credo che quest'elemento di ulteriore limitazione del rapporto e della partecipazione democratica, offensivo verso le istituzioni, abbia anche a che fare con la scelta di eleggere un Presidente a suffragio universale.
Possiamo riconoscere l'abilità del Presidente in questione nel vendere la propria immagine e nel superare momenti di difficoltà, ma sicuramente il Piemonte non ne trae beneficio. Ne trae un beneficio lui come personaggio politico, ma il Piemonte non ne trae un grande beneficio. Questo è uno degli esempi più significativi, ma potremmo prolungarci.
Anche per queste concrete prove si dovrebbe riflettere sugli effetti che ha avuto quella forma di presidenzialismo. Ricordo che nel meccanismo di allora, che continueremo a proporre, non c'era solo quello, ma anche quanto denunciato prima dal Consigliere Palma. Abbiamo un sistema misto che li elegge in contemporanea e dà, comunque, una garanzia di maggioranza nell'assemblea.
Anche questo è un tipo di deformazione del nostro meccanismo elettorale, compresa l'elezione presidenziale, che andava, discutendo dello Statuto, corretta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Mellano; ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Sarò breve, ma non volevo lasciar passare l'occasione del voto sull'articolo 49 senza aggiungere almeno una considerazione.
Il collega Riba, nel suo ampio intervento, ha parlato del meccanismo dei grandi elettori. Il meccanismo dei grandi elettori era il meccanismo che il gruppo dei Radicali aveva pensato ed individuato per dare forma...



PRESIDENTE

Le chiedo scusa, Consigliere Mellano, ma non pensiamo di fare un'altra discussione sull'emendamento n. 284, perché abbiamo già parlato di entrambi i temi.



MELLANO Bruno

Riprendo la mia considerazione. Il meccanismo dei grandi elettori era lo strumento che il gruppo dei Radicali aveva individuato per cercare di dare forma, sostanza e corpo alla scelta presidenzialista, alla scelta americana, alla scelta del Governatore che, investito dal voto popolare e diretto dei piemontesi, sia in grado di uniformare, nelle sue scelte e nei suoi programmi, le scelte e i programmi del governo regionale.
Di fronte a quello che è successo e a quello che stiamo per votare, non possiamo che esprimere un voto contrario e una delusione che, come ricordava il collega Palma, ha l'ambizione di rappresentare molta più parte di quell'opinione pubblica che ha votato per questo Consiglio e per questi rappresentanti.
Tutta la campagna elettorale regionale nel 2000 si è interamente incentrata sulla figura del Presidente: un Presidente che decide, un Presidente che sceglie con la nuova forza dell'elezione diretta e con la carica di Governatore. Al contrario, abbiamo dovuto prendere atto che, come ha detto il collega Papandrea, vi è un decisionismo perlopiù di facciata e di immagine. E' un'evoluzione negativa, che ratifica l'incapacità di decidere del Consiglio regionale nel suo insieme, certo per tutto il problema del regolamento assembleare e dell'interpretazione e attuazione che di questo regolamento assembleare abbiamo dato in questi quattro anni.
C'è anche un problema di una maggioranza consiliare di 40 eletti su 60 che non ha saputo trovare, dentro di sé, nelle sue istanze e nei suoi progetti politici, la forza di dare un'indicazione, di dare o prefigurare un programma, un progetto, un disegno o un ideale.
Questa soluzione, chiaramente dimessa, che si va a scegliere, è una rinuncia alle grandi speranze e alle grandi attese che molti elettori piemontesi hanno riversato sulla figura e sulla testa del Presidente Ghigo e che si aspettavano dal Presidente Ghigo non solo la ratifica di un'incapacità di decidere e un'incapacità di scegliere, ma una forza progettuale, una forza di ideazione e divisione. Purtroppo, mi spiace dirlo, non voglio essere presuntuoso, ma quello che sta succedendo oggi è la sconfitta di un progetto politico che, forse, non era quello della maggioranza, ma che certamente era quello di quelle migliaia di elettori che hanno premiato la vostra coalizione vincente, anche perché era vincente contro la vecchia partitocrazia proporzionalista.
Caro Consigliere Picchioni, caro Consigliere Moriconi, quello che abbiamo visto oggi è la vittoria di quel modello, la vittoria e il ritorno di quel modello che la prima fila di quest'aula, in qualche modo, auspica e che il Consigliere Picchioni sembra non riconoscere nelle evoluzioni moderne e attuali del gioco d'aula che, anche oggi pomeriggio, è successo e che ci vede tutti inchiodati, ancora un volta, ai vecchi vizi e alle poche virtù di un sistema che tende, forse, a rappresentare qualche debolezza in più, ma certo non riesce a governare come si dovrebbe un territorio importante come la regione Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Deorsola; ne ha facoltà.



DEORSOLA Sergio

Poche parole per richiamare la posizione, che avevo già sostenuto in Commissione, di contrarietà della parte politica che rappresento al sistema di elezione a suffragio diretto del Presidente della Regione. Può sembrare singolare sostenere, oggi, questa tesi quando il Consiglio ha dimostrato una sua incapacità e c'è stata, come opportunamente richiamato dal Consigliere Picchioni, un brillante affondo del Presidente della Giunta.
Quando si parla di norme statutarie, credo che bisogna avere una visione più ampia.
Se è vero che il funzionamento del Consiglio - praticamente da quando siedo in quest'aula, anche nella scorsa legislatura - ha una difficoltà accentuata a formare la propria volontà, non bisogna, da questa difficoltà pensare ad un ragionamento che spesso è errato, il ragionamento ex adverso: che sia valida la posizione contrapposta. La nostra posizione è contraria all'articolo 49, questa mia dichiarazione vale anche per dichiarazione di voto sull'articolo. Voto per il quale chiedo la forma dell'appello nominale.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 283 sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 284 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: l'articolo 49 è soppresso ed è sostituito dal seguente nuovo articolo 49: "Articolo 49 (Elezione del Presidente della Giunta).
1. La conferma dell'elezione del Presidente e del Vicepresidente della Giunta avviene a seguito dell'approvazione del Programma di governo con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative per la Legislatura.
2. In caso di impedimento del Presidente della Giunta per decesso inabilità, su dimissioni, la presidenza della Giunta regionale è assunta da Vicepresidente, il quale assume gli stessi poteri e funzioni del Presidente. In caso di impedimento anche del Vicepresidente, il Consiglio regionale viene sciolto e conclusa la Legislatura".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Papandrea per l'illustrazione ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

In conformità con quello che avevamo affermato nella nostra proposta di legge, pensiamo che occorra votare sia un Presidente che un Vicepresidente.
Sostanzialmente, pensiamo che la formula attuale, per cui la decadenza del Presidente determina l'automatica decadenza del Consiglio, sia una formula sbagliata.
Muovendoci in una logica che non è la nostra, ma andando incontro a quella logica per cui non cambia la maggioranza, si introduce un elemento nuovo, per cui sin dall'inizio si elegge un Presidente e un Vicepresidente che può sostituire il Presidente. Questo è un elemento non di poco conto.
La norma che vincola, in questo modo, la vita del Consiglio a quella del Presidente è norma miope, che può non funzionare; in passato, in alcune Regioni, ha creato problemi come l'assunzione di doppi incarichi, ecc.
Adesso non è più possibile, ma anche alla luce di questo sarebbe bene andare verso una forma di elezione del Presidente che contenga in sé anche l'elezione di un Vicepresidente in modo tale da avere un'autonomia del Consiglio maggiore di quella prevista in queste norme.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento n. 284 sul quale il relatore Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 285 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: all'articolo 49, comma 1, dopo le parole "legge elettorale regionale" aggiungere la frase: "Il Presidente della Giunta non può essere eletto per più di due mandati".
L'emendamento n. 285 è ritirato, in quanto inammissibile perch disciplinato dalla legge nazionale.
Emendamento rubricato n. 286 presentato dai Consiglieri Galasso e Caracciolo: il primo periodo del comma 2 dell'articolo 49 è sostituito dal seguente: "2. La Giunta regionale e il Presidente uscente cessano dalla carica alla data di proclamazione del nuovo Presidente".
E' razionale che se restano in carica i Consiglieri, a maggior ragione resta in carica la Giunta e il suo Presidente fino alla data di proclamazione del nuovo Presidente, per altro qui si riprende la norma vigente.
Indìco la votazione palese sull'emendamento n. 286.
Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 287 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: All'articolo 49 il comma 3 è soppresso ed è sostituito dal seguente nuovo comma 3: "3. La conferma dell'elezione del Presidente della Giunta avviene a seguito dell'approvazione del Programma di governo con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative per la Legislatura".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Papandrea per l'illustrazione ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Anche sulla scelta attuata attualmente di elezione diretta del Presidente, noi possiamo decidere. Questo è quanto previsto nell'articolo.
Possiamo prevedere che il Presidente, in occasione della prima seduta del Consiglio, presenti un proprio programma. Nell'altro emendamento era globale e aveva al centro l'elezione in forma diversa del Presidente, ma in questa formula può vivere indipendentemente dal meccanismo d'elezione.
Sarebbe importante che, nonostante l'elezione diretta da parte del Presidente, il Presidente si presenti in aula nel momento in cui è eletto e presenti un proprio programma, che deve essere approvato dal Consiglio.
Teniamo conto che nell'articolo successivo si parla di sfiducia nei confronti del Presidente. Questa è una formulazione che serve a dargli fiducia, perché se gli possiamo dare la sfiducia, dovremmo anche, almeno per quanto riguarda un programma politico, pur non influendo sulle sue elezioni, utilmente inserire il particolare che il Presidente presenta un proprio programma che deve trovare un consenso maggioritario. Mi pare che sarebbe un problema di modifica e di compensazione dei poteri tra l'assemblea e il Presidente non di poco conto: perlomeno, quest'ulteriore legittimazione darebbe un peso più consistente alle maggioranze che si compongono. Penso che bisognerebbe vincolarlo alla presenza della lista degli Assessori, in modo che anche quell'elenco faccia parte del programma illustrato ed approvato.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 287, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 00.08)



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