Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.477 del 04/08/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



(Alle ore 10.14 il Vicepresidente Riba comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.43)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta Franco Maria, Botta Marco Brigandì, Burzi, Cantore, Chiezzi, Marengo, Pedrale, Pichetto Fratin e Racchelli.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

b) Impugnazione del Governo avverso legge regionale 31 maggio 2004, n. 13 "Regolamentazione delle discipline bionaturali"


PRESIDENTE

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 28 luglio 2004, ha proposto ricorso contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta, per la dichiarazione d'illegittimità costituzionale della legge 31 maggio 2004 n. 13, "Regolamentazione delle discipline bionaturali", relativamente agli articoli 1-2, nonché agli articoli 3-4-5-6 7, ai primi due funzionalmente collegati, per violazione dell'art. 117 terzo comma, della Costituzione.


Argomento: Statuto - Regolamento

Proseguimento esame proposta di legge regionale n. 655 "Statuto della Regione Piemonte" (Testo licenziato dalla Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte)


PRESIDENTE

L'esame della proposta di legge regionale n. 655, "Statuto della Regione Piemonte", di cui al punto 2) all'o.d.g., prosegue con la discussione dell'articolato e degli emendamenti ad esso riferiti.
ARTICOLO 3 Emendamento rubricato n. 122 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea: all'articolo 3, comma 2 dopo le parole "...le comunità montane" inserire la seguente frase: "nonché con le autonomie funzionali, le rappresentanze imprenditoriali e dei lavoratori".
Tale emendamento è ritirato dai proponenti e conservato agli atti.
Emendamento rubricato n. 352 presentato dai Consiglieri Taricco, Picchioni Giordano, Di Benedetto, Caracciolo, Dutto, Cota, Cattaneo, Caramella: articolo 3, Principio di sussidiarietà.
Si propone di aggiungere al secondo comma, dopo le parole "comunità montane..." aggiungere "nonché con le autonomie funzionali e con le rappresentanze delle imprese e dell'associazionismo".
Il comma andrebbe ad avere la seguente formulazione: "La Regione ispirandosi al principio di sussidiarietà, pone a fondamento della propria attività legislativa, amministrativa e di programmazione la collaborazione con le Province, i Comuni e le Comunità montane, nonché con le Autonomie funzionali e con le rappresentanze delle imprese e dell'associazionismo".
Indìco la votazione nominale sull'emendamento rubricato n. 352, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 27 Consiglieri votanti 25 Consiglieri hanno votato SÌ 24 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 124 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: dopo il comma 3 è inserito il seguente nuovo 3 bis: "La Regione riconosce e dà piena attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale attraverso il riconoscimento e la valorizzazione dell'autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati, delle formazioni sociali degli enti no-profit e dell'associazionismo per lo svolgimento di attività d'interesse generale".
Indìco la votazione nominale sull'emendamento rubricato n. 124, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 28 Consiglieri hanno votato NO 25 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 123 presentato dai Consiglieri Galasso e Caracciolo: dopo il comma 3 dell'articolo 3 è aggiunto il seguente comma 4 che recita: "4. La Regione favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale".
Tale emendamento è ritirato dai proponenti e conservato agli atti.
Emendamento rubricato n. 125 presentato dai Consiglieri Rossi O., Cota Dutto, Brigandì, Galasso, Caracciolo: dopo il comma 3 aggiungere il seguente comma: "3-bis. La Regione favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale e valorizza le forme di cooperazione, a carattere di mutualità e senza fini speculativi, di solidarietà sociale, l'associazionismo e il volontariato assicurandone la partecipazione e la consultazione nello svolgimento delle funzioni regionali." Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

L'aspetto della sussidiarietà orizzontale è un aspetto al quale il Consiglio dovrebbe guardare con più attenzione. Insieme con una serie di termini assolutamente condivisibili, anche per l'entità e la valenza dei soggetti che sono coinvolti, si può non essere d'accordo sul fatto che la Regione dovrebbe favorire quelle forme di cooperazione a carattere di mutualità e senza fini speculativi di solidarietà sociale l'associazionismo, il volontariato e i vari soggetti? Fatte queste affermazioni di principio assolutamente condivisibili propongo di cominciare a prendere consapevolezza e ad interrogarsi in quali condizioni oggi versano coloro che prestano la loro opera all'interno di questi organismi. Stiamo parlando non solo di associazioni di volontariato che quindi operano prevalentemente nel campo del no profit, ma che magari per il proprio volontariato ricevono un rimborso spese in relazione a funzioni d'interesse generale. Stiamo parlando delle imprese sociali no profit, cioè di quella miriade di imprese che oggi hanno svolto un lavoro di surroga nell'ambito della sussidiarietà, perché sostanzialmente si è affermato il principio che si affidano a questi soggetti tutte quelle azioni e quei servizi che il pubblico non è in grado di garantire. O meglio, l'approccio alla sussidiarietà è diverso: si affidano al pubblico solo ed esclusivamente quando il privato non è in grado di svolgerlo.
Qui - privato no profit - abbiamo un problema, Presidente: la realtà di milioni di lavoratori subordinati, per i quali prevale il vincolo di essere soci. Lo Statuto è prevalente su qualsiasi norma di tutela del lavoro e approdiamo ad una realtà che potremo definire la frontiera o le nuove frontiere dello sfruttamento del lavoro, perché gli Enti - e qui certo c'è la Regione, la Provincia, i Comuni - pur di svolgere in economia e a minor costo tutti questi servizi, operano sul terreno dell'affidamento dei servizi ponendo le imprese sociali in concorrenza fra di loro e operando quel meccanismo per il quale la riduzione dei costi dei servizi va a gravare soprattutto su chi, all'interno di queste imprese sociali, opera e lavora.
Guardi, Presidente, lo cito in quest'aula, perché emblematico è il caso dell'ICS delle esumazioni al Cimitero Monumentale di Torino. Un caso emblematico di come il voler perseguire l'obiettivo del contenimento dei costi nell'erogazione dei servizi in un servizio tradizionalmente svolto direttamente dal pubblico attraverso il proprio personale e la propria organizzazione, approda ad una deriva con effetti devastanti, che colpiscono e turbano l'opinione pubblica. Ma pochi si sono soffermati sulla valenza vera e sulle cause vere di quel disastro che ha rappresentato la triste vicenda delle esumazioni nel Comune di Torino.



PRESIDENTE

Indìco la votazione nominale sull'emendamento rubricato n. 125, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 Consiglieri hanno votato SÌ 29 Consiglieri ha votato NO 1 Consigliere si sono astenuti 3 Consiglieri Il Consiglio approva.
Il Consigliere Cattaneo chiede la parola sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Ritengo che, così come la Presidenza puntualmente - riconosco sia competenza che correttezza - accorpa la discussione ed eventualmente la decisione su emendamenti dell'opposizione, altrettanto dovrebbe fare quando capita lo stesso argomento a prescindere se da parte della minoranza o della maggioranza. Bisognerebbe cercare, Presidente, di proporre gli emendamenti accorpati, altrimenti può succedere, com'è successo in questo momento, che probabilmente si è votato a cuor leggero un emendamento ancorché condiviso - ce ne assumiamo la responsabilità, abbiamo votato favorevolmente - mentre ci poteva essere una valutazione più compiuta tenuto conto anche degli altri emendamenti sullo stesso argomento.
Mi rendo conto che il lavoro è difficilissimo, tenuto conto che magari sono consegnati emendamenti all'ultimo minuto o in corso d'opera, per adesso volevo capire se era possibile mantenere quest'emendamento, perch se fosse possibile, gradiremmo che fosse votato.



PRESIDENTE

Lei si sta riferendo ad un altro emendamento, quello rubricato n. 390 presentato dai consiglieri Bolla, Angeleri, Cattaneo L'emendamento che il Presidente della Commissione ritiene una sovrapposizione - così come aveva ritenuto sovrapposizione l'analoga proposta dei Consiglieri Chiezzi Moriconi e Papandrea ed altri - recita: dopo il comma 3 dell'articolo 3, s'inserisce il seguente: "La Regione, in attuazione del principio di sussidiarietà, favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale".
E' a questo che si riferisce, collega Cattaneo? Il Consigliere Contu chiede la parola sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Presidente, bene ha fatto il Consigliere Cattaneo a richiamare la sua attenzione sugli ultimi quattro emendamenti, compreso uno dei nostri.
Ebbene, è paradossale, ma praticamente - anche se nello spirito non lo condivido - uno degli emendamenti a firma Chiezzi è identico a quello che è stato approvato a firma Rossi e Dutto. Tutti i cinque emendamenti sono sulla sussidiarietà orizzontale, cambia solo questo termine, ma sono solidale con il collega Bolla, che è il primo firmatario dell'emendamento n. 390, perché probabilmente, essendo intervenuto nel merito - non condividendone, se non con maggiore attenzione almeno con delle aggiunte necessarie, lo spirito - mi sembra che forse la dizione più corretta da inserire in Statuto sarebbe stata proprio quella dell'emendamento Bolla che non è ridondante, ma piuttosto essenziale.
Dopodiché il pasticcio è fatto. O l'assemblea ha il potere in sede di relazione tecnica, ma essendo stato approvato, purtroppo, è scelta obbligata doverlo ritirare. Mi dispiace per il collega Bolla, ma non pu esserci lo stesso argomento su due commi diversi.



PRESIDENTE

Il testo dell'emendamento n. 124, rispetto al quale il Consiglio ha votato in modo negativo, è del tutto analogo a quello dell'emendamento n.
390. Per questo motivo, ritengo che non possa essere rimesso in votazione l'emendamento n. 390.
Quindi, d'intesa con la Presidenza della Commissione, avendo bocciato un emendamento analogo, non può essere riproposto.



PRESIDENTE

PICCHIONI Rolando (fuori microfono)



PRESIDENTE

Mi sono presentato ai banchi della Presidenza, affermando che quest'emendamento andrebbe discusso...



PRESIDENTE

Io ho messo in discussione l'emendamento in ordine di presentazione.
Per cortesia, eviti di insegnarmi questo difficile mestiere, perché credo di svolgerlo già con un certo rigore.
Visto che è stato votato un emendamento che ha contenuto analogo ed è stato respinto, ritengo che non possa essere ulteriormente riproposto.
Abbiamo messo in discussione un provvedimento analogo con il parere negativo della Presidenza della Commissione. Il Regolamento non mi consente di mettere in votazione un altro provvedimento di contenuto analogo.



PAPANDREA Rocco

Se non vado errato, abbiamo votato degli emendamenti al comma 3, quindi siamo in votazione del comma 3.



PRESIDENTE

L'osservazione è sicuramente fondata. Tuttavia, non abbiamo votato i commi, ma stiamo discutendo l'articolo.



PAPANDREA Rocco

No, abbiamo votato emendamenti al comma 3.



PRESIDENTE

Emendamento rubricato n. 442 presentato dai Consiglieri Cotto, Toselli e Bussola: all'articolo 3, comma 2, dopo le parole "Comunità montane" aggiungere le seguenti: "Comunità collinari".
Ha chiesto la parola l'Assessore Cotto, che interviene in qualità di Consigliere.



COTTO Mariangela

Chiedo scusa al Presidente se l'emendamento è arrivato in ritardo, per ieri sera si sapeva che sarebbe stato presentato; poi, per un errore tecnico, il mio Gruppo non l'ha presentato. Ero assente in quanto impegnata, con l'Assessore Galante, in una riunione con i sindacati e davo per scontato che fossero presentati questi emendamenti.
Quando abbiamo approvato la legge regionale, nella scorsa legislatura sulle comunità collinari, abbiamo detto che ogni volta che si sarebbe parlato di comunità montane, si doveva aggiungere comunità collinari.
E' una legge regionale del Piemonte, è una legge che non è stata impugnata, quindi è una legge in vigore e trovo veramente grave non dare dignità, con lo Statuto, a tutte quelle zone collinari.
Non a caso l'emendamento è stato firmato anche dai colleghi Toselli e Bussola, che ben conoscono il territorio collinare. Sono giunte anche le osservazioni - come può confermare il Presidente Galasso - da parte dei sindaci e delle comunità collinari, che vorrebbero fosse data dignità alle loro comunità proprio nello Statuto.
Se andate a leggere le osservazioni di molti sindaci, vedrete che questa è stata un'osservazione puntuale arrivata alla Commissione nel corso del lavoro. A me sembra veramente importante sottolineare questo, senza spirito di polemica.
Sono presente in quest'aula da nove anni e so che anche se si è arrivati al comma 3, se non si è ancora votato l'articolo, è possibile tornare a discutere anche dei commi precedenti.



PRESIDENTE

Devo dire tuttavia che, ai sensi del Regolamento testé verificato abbiamo superato il punto sul quale doveva essere collocato quest'emendamento, che è stato consegnato dopo. Quindi, se non c'è il pieno accordo dell'aula, non credo che si possa fare.
Ha chiesto la parola il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Abbiamo presentato come Gruppo gli emendamenti all'articolo 8, che sono già depositati; anzi, li abbiamo presentati con le modalità per le quali ci eravamo accordati, facendoli sottoscrivere anche ai colleghi degli altri Gruppi, quindi a coloro che hanno costruito lo Statuto con il lavoro in Commissione.
Ritengo che quanto sollevato dall'Assessore Cotto e da alcuni colleghi del Gruppo venga fatto con uno spirito di grande legame e di rappresentatività per il territorio. Considerazioni espresse, certamente anche recependo alcune istanze emerse in modo molto esplicito durante le consultazioni che si sono succedute sul territorio della Regione, in particolare quelle di Alessandria e di Novara.
Voglio subito sgombrare il campo alla collega Cotto sulla questione che non sia stato presentato l'emendamento per questioni tecniche, in quanto non vogliamo assolutamente dire - e nessuno penso possa permettersi, tanto meno il sottoscritto - che l'emendamento non è stato presentato per una questione tecnica.
Ritengo che la collocazione nell'articolo 8 sia una collocazione più naturale, ma questa non esclude una collocazione anche in questa fase.
Quindi, per quanto ci riguarda, se c'è concordia fra tutti noi, lo si può inserire, purché questo costituisca eccezione, perché se si dovesse riaprire tra noi una rottura di quel patto di lavoro che abbiamo reciprocamente non sottoscritto, ma che ci siamo dati come impegno per arrivare entro il giorno 6 all'approvazione dello Statuto, vorrebbe dire che da questo momento ognuno fa quel che vuole, quindi si creerebbe disordine. Se vuole costituire un'eccezione e c'è l'accordo dell'Aula, per quanto mi riguarda può essere inserito, ma con un'accortezza: essendo lo Statuto sovraordinato alle leggi regionali, è ovvio che non possiamo inserire "comunità collinare", per la quale abbiamo una copertura con legge regionale, ma dobbiamo avere la copertura costituzionale del quadro normativo di riferimento nazionale, dove si chiamano "unioni collinari".
Pertanto, se c'è l'accordo, chiedo di scrivere "unioni collinari", che è la terminologia che ci garantisce dall'opportunità e possibilità per il Governo di impugnare lo Statuto. Si tratta di cambiare il sostantivo, di tenere una gerarchia normativa corretta. Lo Statuto è sovraordinato alla legge regionale, quindi, con "unione collinare", se c'è l'accordo riteniamo possa essere votato.



PRESIDENTE

La ringrazio, collega Cattaneo. Ho già raccolto la non unanimità del Consiglio nell'accogliere un'ipotesi di modifica, pertanto, la prima proposta di emendamento all'articolo 3, comma 2, non può essere riproposta.
C'è un emendamento successivo, all'articolo 4 e poi all'articolo 8 dove questo tema può sicuramente essere collocato. Naturalmente, la ringrazio e apprezzo la formulazione in termini giuridicamente ineccepibili, poiché il termine "comunità collinare" non ha copertura legislativa nazionale, quindi dovrebbe essere riportato a "unione dei Comuni", per cui i proponenti devono riformulare l'emendamento anche sull'articolo 4.
La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Naturalmente, valgono le affermazioni del Presidente e del collega Cattaneo.
Dal punto di vista della procedura, è evidente che solo in caso di una volontà unanime dell'Aula questo potrebbe essere riconsiderato, come fatto eccezionale.
C'è un punto, Presidente, che riguarda in generale lo svolgimento della discussione: vorrei sapere da tutti i Gruppi se la fase che si apre è una fase in cui ciascuno, a partire dagli Assessori, che dovrebbero avere una qualche responsabilità, presenta i propri emendamenti e li pone liberamente alla discussione; naturalmente è esercizio che tutti siamo in grado di fare e sappiamo quali sarebbero le conseguenze di un comportamento di questo genere.
Richiamo semplicemente, non un'intesa ad escludere, ma a lavorare tanto è vero che è stato presentato un emendamento all'articolo 8 che richiama esattamente la questione delle unioni collinari e richiama, vicino ai territori montani, quelli collinari.
Pertanto, la questione è affrontata in altro punto, perché, per il resto - caro Assessore - francamente altre argomentazioni non stanno in piedi. La legge è molto importante, ma lo Statuto sta sopra, non sotto.
Quello che dice la legge non condiziona quello che dice lo Statuto, mentre quello che dice lo Statuto condiziona quello che fa la legge.
Nel merito, la questione era facilmente risolvibile e questo verrà fatto all'articolo 4.



PRESIDENTE

Indìco la votazione nominale sull'articolo 3, come emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 Consiglieri hanno votato SÌ 35 Consiglieri hanno votato NO 3 Consiglieri Il Consiglio approva.
ARTICOLO 4 Dichiaro aperta la discussione generale sull'articolo 4.
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Affrontiamo un argomento importante che, rispetto al vecchio Statuto cambia significativamente. Non ho fatto in tempo a chiedere la parola per dichiarazione di voto sull'articolo 3, ma sono rimasto stupito dal dibattito che è avvenuto su tale articolo.
L'articolo 3 è l'unico articolo nuovo, finora introdotto nello Statuto.
Chi leggerà il dibattito svoltosi in aula scoprirà che questo nuovo articolo è stato inserito senza una parola di spiegazione. Si potranno leggere interventi sugli emendamenti che hanno creato qualche problema, ma nulla sull'introduzione di una questione considerata molto importante: il concetto di sussidiarietà.
Nulla compare sul perché sia avvenuto tale inserimento.
Mi pare, questo, un modo svilente di discutere. La stessa cosa è accaduta sulla questione della programmazione, che in questa nuova versione dello Statuto è stata ridotta quasi all'essenza del problema, quasi ad una citazione.
In questo Statuto si decide che la programmazione serve a poco o a nulla. In parte, ciò corrisponde all'operato dell'attuale Giunta dell'attuale maggioranza di governo, la maggioranza di centrodestra che ha stracciato le ipotesi di programmazione previste dallo Statuto.
Nella precedente legislatura abbiamo a lungo polemizzato sul fatto che non si approvasse il Piano di programmazione regionale; in questa legislatura abbiamo persino smesso di polemizzare, ma siamo andati ben oltre, perché anche la programmazione sanitaria è stata, non solo affossata nella pratica, ma anche nell'idea. Ci stiamo avvicinando alla fine della legislatura e anche rispetto al documento di programmazione sanitaria, che resta il settore fondamentale sul quale la Regione ha competenza, la voce principale degli investimenti regionali è stata affossata.
Ricordo che recentemente abbiamo svolto un dibattito relativo alla necessità di approvare il Piano di sviluppo regionale; in quell'occasione è stato detto che il documento di programmazione sanitaria è ormai superato e che ci sono i nuovi documenti finanziari e contabili che lo sostituiscono.
La novità essenziale presente in questi documenti nuovi, in questa nuova legge sul bilancio, era l'introduzione della divisione del bilancio in tre parti: un documento di programmazione economico-finanziaria regionale, una legge di bilancio e la Finanziaria. Quest'anno, al secondo anno, il documento di programmazione finanziaria è scomparso. Anche qui si sta facendo come per il Piano sanitario, cioè si è deciso che non si presenta.
La scorsa settimana scadeva il termine entro cui il Consiglio regionale doveva approvare quel documento, non per boicottaggio od ostruzionismo da parte di nessuno, ma quel documento non lo abbiamo visto, non esiste, non è stato elaborato. Un documento di una certa importanza, uno dei pochi documenti che permette di dare un senso ad aspetti che abbiamo già affrontato, alla partecipazione e alla consultazione con le parti sociali non esiste.
Sugli emendamenti preciseremo ulteriormente queste questioni, però mi pare che lo Statuto sia figlio di una concezione: della programmazione se ne può fare a meno.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Anch'io condivido molte delle affermazioni avanzate in precedenza; in particolare, rilevo che quest'articolo dimostra qual era lo spirito principale che ha guidato i lavori della Commissione, in altre parole una certa qual fretta di arrivare ad un risultato. Per farlo si è deciso di abbassare il livello dell'approfondimento. E' noto che quanto più si cerca di approfondire gli argomenti, tanto più facilmente possono venire alla luce i contrasti, le visioni diverse, quindi quanto più basso si tiene il livello della scrittura, tanto più è facile trovare delle convergenze. Il risultato che emerge è che, innegabilmente, chi leggerà lo Statuto dall'esterno, rileverà la poca profondità del testo.
In particolare, su quest'articolo appare evidente un punto. La programmazione, così come viene descritta, diventa solamente un fatto tecnico, nel senso che s'indica solo il modo con cui la Regione intende effettuare la programmazione con la collaborazione istituzionale e con gli strumenti di programmazione (tra l'altro, c'è un ripetizione al comma 2 ripetiamo due volte il termine programmazione). In questa stesura noi ci limitiamo ad indicare l'atto pratico e concreto che riguarda la programmazione, ma non inseriamo due criteri che, secondo noi, dovevano essere introdotti: uno riguarda il fatto che la Regione non solo deve impegnarsi a seguire un criterio di programmazione, ma deve avere dei tempi certi; l'altro che dev'essere un obbligo, per la Regione, seguire la programmazione e non una possibilità.
Com'è stato appena ribadito, l'articolo in questione non eviterà che nel futuro, tutti i documenti di programmazione possano essere, come adesso, semplicemente dei buoni propositi e mai arrivare alla loro stesura.
In quest'articolo non c'è la possibilità per cui, nel futuro, si possa richiamare la Regione all'obbligatorietà di redigere un Piano sanitario regionale, non esiste in questa scrittura. Questo è un punto negativo.
L'altro punto negativo, a mio avviso, è che in uno Statuto la programmazione poteva avere l'ambizione di indicare un qualcosa di più alto rispetto alle finalità generali. In questo caso, come finalità generali, al comma 3 si prevede: "Determinare e soddisfare le esigenze della comunità regionale". Soddisfare le esigenze della comunità regionale lo abbiamo copiato, pari pari, dal precedente articolo, che indicava una serie di punti che sono stati in vario modo disseminati in articoli successivi.
L'elencazione delle esigenze, raccogliendo dei punti nella scrittura precedente, aveva un senso, ma così rimane estremamente superficiale.
Soprattutto, non è indicata quella finalità che, secondo noi, dovrebbe essere alla base della programmazione, come ad esempio: "Superare le disuguaglianze presenti nella società piemontese". Questa poteva essere una qualità alta, che dava un significato ad un articolo che, così com'è, è un articolo monco.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Non so se quest'articolo riprenda, scorporato nella nuova veste organica data allo Statuto, il precedente articolo, quello dello Statuto attualmente vigente, che recita: "Autonomia, sviluppo economico, sociale e programmazione". Nella formulazione che viene proposta all'aula, con il nuovo strumento, ho cercato di capire quali sono gli strumenti della programmazione economico. La programmazione in che cosa si esplica? Attraverso quali strumenti? Il Piano regionale di sviluppo, il Documento di programmazione economico-finanziaria.
Certo che se lo Statuto - apro un inciso - è la fonte ispiratrice dell'azione dell'amministrazione, non so come si faccia a sopportare, a tollerare, da parte dell'Aula, che la Giunta non abbia ancora adottato il proprio strumento di programmazione per il 2004. Non l'ha adottato come Giunta e non l'ha proposto all'Aula. I piani territoriali di tipo urbanistico, ambientale e paesaggistico, rientrano a pieno titolo negli strumenti di programmazione? Probabilmente quest'articolo, che ne dà una visione ampia, manca di un'esplicitazione degli ambiti entro i quali si sviluppa la programmazione regionale, rischiando, quindi, di essere "general generico", con qualche ripetizione di troppo (che analizzeremo meglio quando discuteremo gli emendamenti).
Non credo che si possa aggettivare la programmazione o considerarla un fatto neutro; probabilmente, se non è di parte e se è nell'interesse della res publica, l'aggettivazione di programmazione democratica potrebbe essere il termine che più si addice al concorso, negli strumenti e nella definizione della programmazione, da parte degli esecutivi e del Consiglio regionale (con il tramite delle proprie Commissioni tematiche) mediante il coinvolgimento dei soggetti istituzionali che hanno diritto, a pieno titolo (per esempio le parti sociali) alla consultazione, al confronto e al riconoscimento della capacità di proposta.
Probabilmente, l'articolo 4 può essere implementato con una serie di emendamenti - che nel merito ci riversiamo di discutere - chiedendo che l'Aula presti attenzione al fatto che il termine "programmazione", così com'è nell'articolo, dice tutto e non dice niente, perché si fa un generico riferimento all'azione legislativa, regolamentare e amministrativa. Mi pare, quindi, poca cosa rispetto alla necessità di individuare gli strumenti della programmazione, che non sono solo quelli.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marcenaro; ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Si può anche pensare che intervenire in questa discussione, di fronte ad un atteggiamento puramente ostruzionismo, sia una perdita di tempo e una pura collaborazione a questo lavoro, ma ogni tanto occorre provare a chiarire alcune questioni o impedire, perlomeno, che nei verbali della discussione sullo Statuto compaiono solo interpretazioni destituite di qualsiasi significato e fondamento.
La questione della programmazione è la ragione stessa che fonda e legittima, politicamente, l'esistenza della Regione. La Regione non è un ente amministrativo pari agli altri ed ha sempre di più, nello strumento della programmazione, lo strumento della propria iniziativa.
Certo, la programmazione di cui parliamo oggi è un'evoluzione, da una parte, della situazione economica e sociale e, dall'altro, di dibattito culturale, in una realtà molto diversa da quella del 1970, al momento della stesura del primo Statuto della Regione.
Oggi parliamo di programmazione come di una capacità di organizzare secondo priorità definite, l'utilizzo di risorse, svolgendo un ruolo di regia dell'attività di diversi soggetti, pubblici e privati, in un quadro di effettiva valorizzazione del principio di sussidiarietà.
Abbiamo un'idea, come più volte si è detto, di una programmazione dal basso, cioè di una capacità di esercitare questa regia.
L'articolato che stiamo discutendo, da una parte, riprende e dall'altro, amplia notevolmente quanto era previsto nei corrispondenti articoli dello Statuto del 1970. Lo riprende letteralmente per quanto riguarda i primi tre commi, contenuti oggi nell'articolo 4, e lo amplia quando indica gli obiettivi della programmazione, individuandoli e sviluppandoli in singoli articoli successivi, per quanto riguarda lo sviluppo economico sociale, il patrimonio naturale, il patrimonio culturale, il territorio, la tutela della salute dei cittadini e i diritti sociali.
L'aspetto singolare che dimostra come questa sia, in larga misura, una discussione pretestuosa, è che i Consiglieri dovrebbero essersi accorti che la questione della programmazione, analizzata nello Statuto oggi in discussione, è affrontata in due articoli, nell'articolo 4 e nell'articolo 61, che testualmente recita: "La Regione opera per superare gli squilibri territoriali, economici e sociali" e articola il modo in cui la programmazione si sostanzia.
Oggi, quindi, rispetto all'impostazione tradizionale, abbiamo un forte sviluppo di tutta la questione della programmazione. È ovvio che se qualcuno pensa di confondere la questione delle politiche con la questione che riguarda gli assetti, gli statuti e i principi, compie un errore significativo. Se la Giunta non attuerà il Piano sanitario, sarà politicamente, una contraddizione che risulterà ancora più vistosa, per quanto mi riguarda, dal confronto tra questa politica e i principi, gli orientamenti e gli indirizzi evidenziati nei documenti fondamentali che stiamo discutendo.
Occorre, quindi, confrontare l'articolo 4, gli articoli successivi di indicazione degli scopi (che riprendono la seconda parte del vecchio articolo 4 dello Statuto) e gli articoli 61 e 62 della proposta che stiamo discutendo, riguardanti i documenti di programmazione economico finanziaria.
In questo modo, per quanto riguarda la programmazione e le forme di partecipazione della forze sociali, avremo uno Statuto più sviluppato e molto più avanzato di quello che ci avevano consegnato gli elaboratori del vecchio Statuto, tuttora vigente, della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio Lucio

Solo un rilievo tecnico. In ordine agli emendamenti presentati relativamente all'articolo 4, osservo che per quanto riguarda gli emendamenti n. 126, 127, 131 e 132 poi darò il parere, mentre per quanto riguarda gli emendamenti n. 128, 129 e 130, voglio far presente che al Titolo III, Capo I "Programmazione regionale", l'articolo 61 già citato affronta questi temi, quindi suggerisco ai presentatori se non ritengano più opportuno affrontare il problema quando si discuterà dell'articolo 61.



PRESIDENTE

Quando arriveremo agli emendamenti in questione, accoglieremo le proposte dei proponenti (ovviamente consiglieremmo di ritirarli).
Ha chiesto la parola il Consigliere Palma.
Ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Mi rendo conto che questa non è una situazione particolarmente propizia per approfondire una serie di temi che emergono dall'articolato statutario però l'articolo 4 e poi in seguito l'articolo 5 rappresentano un nodo tematico e anche un nodo normativo che la proposta di Statuto all'esame ha scelto sostanzialmente di non sciogliere, riproponendo ed aggiornando in parte, ovviamente innovando, le formulazioni ereditate dal precedente Statuto senza soprattutto far emergere - e questo è il dato più negativo, a nostro parere - la sostanziale soluzione di continuità che la rottura del paradigma tradizionale della programmazione come strumento per promuovere lo sviluppo economico ha manifestato nelle politiche pubbliche degli ultimi trent'anni.
Mi rendo conto che questa - ripeto - non è una riflessione neppure possibile in una situazione nella quale evidentemente l'Aula è alle prese con altri conti, però noi abbiamo sotto gli occhi una formulazione che deriva dalla formulazione del 1970 e che nel 1970 esprimeva una fiducia complessiva in una serie di strumenti d'approccio alla politica e alle modalità d'azione dell'istituzione regionale che i trent'anni trascorsi hanno dimostrato essere, nella migliore delle ipotesi, insufficiente e inadeguata per perseguire e raggiungere gli obiettivi che la politica regionale si prefigge.
La formulazione dell'articolo 4 è una formulazione, come si vede ibrida: al comma 1 ripropone il tema generale dell'obiettivo del progresso civile e democratico, secondo una formulazione che sa, anche nel suo tenore letterale, di vecchio; al comma 2 introduce in forma abbastanza tradizionale il tema della governance, intesa essenzialmente come metodologia di collaborazione istituzionale; al comma 3 riprende il tema della sussidiarietà orizzontale, richiamato ma non svolto radicalmente all'articolo 3 del nostro Statuto.
L'impressione è che proprio questi articoli - l'articolo 4 e l'articolo 5 - dimostrino la resistenza e l'eccessiva prudenza di quest'Aula e delle forze politiche di fare fino in fondo i conti anche con i fallimenti di una serie di strumenti cui la politica faceva affidamento e che oggi la politica non può più utilizzare.
Anche gli ultimi trent'anni di politica regionale, ma in genere gli ultimi trent'anni delle politiche pubbliche, hanno consigliato, a destra come a sinistra e in tutte le esperienze più innovative, di risolvere le questioni in termini molto diversi da quelli che s'immaginavano trent'anni fa, ad esempio il rapporto fra efficienza amministrativa e libertà soprattutto per le ricadute che tutto questo ha sullo sviluppo economico e sociale. Invece, dal testo che noi abbiamo alle mani traspare ulteriormente un'impostazione secondo la quale l'intelligenza pubblica e l'intelligenza della politica che si distilla nelle decisioni istituzionali e nelle azioni di governo, il ruolo della programmazione e il ruolo della definizione della costruzione di scenari in cui quest'intelligenza è in grado di indirizzare la società verso obiettivi che la società nel suo complesso non sarebbe altrimenti in grado neppure di intravedere.
La storia della nostra Regione dimostra esattamente il contrario dimostra che un approccio al tema della programmazione intesa come intelligenza del futuro economico della Regione è stato un approccio sostanzialmente fallimentare, che la programmazione intesa come capacità di disegno del destino economico e sociale, e non solo, di una comunità faceva emergere un'eccessiva presunzione della politica e che il problema della politica oggi è essenzialmente di restringere la programmazione al perimetro dell'azione di governo, facendola diventare un sistema organizzativo di funzionamento del potere, non già di intenderla come strumento di definizione - ripeto, perché di questo si tratta - del destino di un'intera comunità.
Noi, in realtà, tutto questo lo sappiamo, questo lo sanno le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, ma tutto questo non lo fanno emergere con sufficiente chiarezza; nella migliore delle ipotesi, solo lo richiamano nell'articolato statutario. L'impressione è che questo tipo di formulazione, così come per altro verso molto diverso una serie di formulazioni degli articoli della nostra Costituzione, finisca per diventare una remora e un vincolo per le politiche pubbliche anche del futuro. Noi sappiamo come, ad esempio, il principio costituzionale della tutela della salute sia diventato, nel corso di questi anni, la giustificazione per opporsi a qualunque tipo di riforma "efficientistica" del sistema sanitario pubblico. Un articolo dello Statuto, con questo tenore letterale e, se mi consentite, anche con questo spirito, continua ad ancorare ad un approccio vecchio e superato nei fatti l'azione di governo dell'istituzione regionale, definendo una mission possibile della Regione del governo regionale che non è più riconosciuto nei fatti, in modo unanime tanto dalle destre quanto dalla sinistre di governo.
Questo spiega - e vado a concludere - l'orientamento del nostro Gruppo.
In questo caso non si tratta, evidentemente, di riscrivere, a botte di emendamenti che per di più si inserirebbero in un quadro in cui gli emendamenti servono a tutt'altro, una serie di articoli che hanno questo tenore, questa formulazione e questo spirito. Ma vi è stata, in sede di Commissione Statuto ed inevitabilmente anche all'interno di quest'aula l'esigenza di testimoniare che c'è qualcosa di diverso che il Consiglio avrebbe dovuto avere il coraggio di riconoscere.
Questo non significa non riconoscere, da parte nostra, che una serie di innovazioni sono state introdotte, che il tema della sussidiarietà orizzontale è stato in qualche misura richiamato, che l'esigenza di intendere il rapporto con la società, non solo e non tanto come un rapporto di guida, emerge anche dagli articoli di questo Statuto, in particolare dagli articoli 4 e 5. Però, tutto questo è, a nostro parere, gravemente insufficiente e il complesso della formulazione continua a denotare un affidamento più o meno retorico ad una serie di strumenti che hanno fatto il loro tempo e che, sostanzialmente, né le destre né le sinistre di governo intendono più utilizzare.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Presidente e colleghi, ci troviamo dinnanzi ad un articolo molto importante, anche per il ruolo dell'assemblea, perché ne caratterizza uno dei suoi aspetti fondamentali cioè la capacità di concorrere a stabilire gli indirizzi e i grandi orientamenti, come sede di sintesi del sistema degli interessi del Piemonte.
Il metodo della programmazione è quello più naturale ed ha degli strumenti che cambiano nel tempo; nel 1970 lo strumento guida era il Piano regionale di sviluppo, oggi mutuando l'evoluzione a livello statale è diventato il Documento di programmazione economico-finanziaria regionale.
La terminologia può anche cambiare, ma corpi organizzati complessi programmano il loro percorso di vita, in quanto la spontaneità darebbe spazio ai forti rispetto ai deboli e il ruolo di un'istituzione è quello di portare a sintesi, con scelte politiche ovviamente diverse, perché ci sono opzioni diverse interpretate dalle diverse forze politiche, quelli che sono gli indirizzi di fondo.
Bisogna però vincolare il governo regionale al rispetto di questi indirizzi. Io ho provato con un emendamento, che si discuterà più avanti, a porre un vincolo per il governo regionale, che non può procedere con la legge finanziaria o con il bilancio se non ha già avuto l'approvazione dall'assemblea del Documento di programmazione economico-finanziaria. Oggi è questo documento che incarna i grandi indirizzi, i grandi orientamenti e le grandi opzioni.
Prima lo faceva un documento di respiro che oggi, probabilmente, non ha più ragione di essere, cioè il Pieno regionale di Sviluppo. Ma oggi il Documento di programmazione economico-finanziaria giace dimenticato in qualche Commissione o forse non è nemmeno arrivato e si pensa già alla legge finanziaria e a quella di bilancio. Sta qui l'elemento di recupero di un potere del Consiglio Regionale. Non si può presentare la legge finanziaria e il bilancio di previsione se prima quest'Aula - come forza ed interprete dell'indirizzo - non vede l'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria regionale.
Quando abbiamo parlato del recupero del ruolo del Consiglio nello Statuto, ho sentito delle dichiarazioni roboanti fatte anche da autorevoli rappresentanti del centrodestra, ecco che il Documento di programmazione ha questo ruolo. Certamente, è passata l'epoca della programmazione tradizionale, ma essa ha avuto un ruolo importante.
Vorrei solo ricordare il Ministro Giolitti, che si era stabilito in quel governo di centrosinistra ed aveva, addirittura, un segretario della programmazione, che allora era Giorgio Ruffolo. Si svolse una maturazione in quel senso, che certamente non era la logica dei piani quinquennali della NEP, oppure di altre forme di economia di piano come quella sovietica. Quindi, questo discorso mi sembra importante.
Poi, può succedere che la formulazione possa avere degli affinamenti.
E' un peccato però aver effettuato quasi 99 sedute di Commissione con una rappresentanza in essa di 30 Consiglieri, quindi metà Consiglio Regionale in cui sarebbe stato utile fare un lavoro di scavo, mentre qualcuno, che a quelle Commissioni ha partecipato pochissimo e ha dato un contributo esilissimo (suo diritto, ovviamente), solo oggi riscopre gli aggiustamenti da fare. Questi aggiustamenti, però, dovevano essere realizzati nella sede propria per chi era componente di quella Commissione, in quanto era il lavoro della Commissione stessa ha offrire lo spazio adeguato. Altrimenti risulta essere un'offesa per chi ha partecipato, come nel mio caso, a 98 sedute su 99. A questo punto anch'io avrei potuto aspettare di arrivare in aula per fare tutti i giochi che si possono fare.
Concludo dicendo che la programmazione è un punto strategico se sapremo vincolare il governo regionale al rispetto degli indirizzi che questa assemblea compie come atto politico alto e solenne costituzione di una linea politica.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale.
Passiamo all'esame degli emendamenti.
Emendamento rubricato n. 126 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea: all'articolo 4, nel titolo dell'articolo dopo la parola "programmazione" aggiungere la parola: "democratica".
Emendamento rubricato n. 127 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea: all'articolo 4, comma 2 dopo le parole "...programmazione" aggiungere la parola "democratica".
Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

La mia può anche essere una dichiarazione di voto. Sull'intero articolo c'è stato un dibattito che si collega, in qualche modo, a questo emendamento. Non si tratta semplicemente di un problema di programmazione ma di individuare la programmazione come uno degli strumenti principe attraverso il quale si consente la partecipazione della società all'azione del governo.
Quindi, credo che la declinazione democratica sia importante per questo, proprio perché collega l'istituto della partecipazione con l'azione di governo.
Credo che tra la nostra concezione e quelle che qui abbiamo sentito ci sia una divergenza formidabile, una divergenza sulla valutazione della realtà in cui stiamo vivendo. Sono convinto che gli strumenti della programmazione del passato siano diventati obsoleti, ma lo sono diventati per decisione politica, così come lo è diventato lo Stato sociale. E' stata l'azione delle forze sociali, i rapporti di forza sociale, il dominio delle forze imposte dalle politiche liberiste a renderli obsoleti, non altro.
Questa è la prima questione. La seconda questione è che indubbiamente un certo tipo di programmazione avvenuta in realtà come l'Unione Sovietica ha segnato un fallimento, con la conseguenza di un problema noto a tutti: la Cina. Si tratta di un Paese che sta crescendo - a mio avviso, in modo molto distorto - e che conosce indubbiamente dei successi nel suo sviluppo ma non si può dire che una certa dose di programmazione in Cina non esista.
La Cina viene normalmente citata come uno degli esempi di Paesi più dinamici ed importanti, pertanto raccomando una certa prudenza nel considerare le politiche, anche forti, di programmazione, come politiche superate. Andrei più cauto - ripeto - all'interno di un quadro, che non condivido, con una programmazione deformata e non democratica, mentre noi chiediamo una programmazione democratica; un intervento forte sulle dinamiche della crescita politica e un intervento programmatorio danno dei risultati stupefacenti.
Dall'altra parte, riconoscendo che quasi tutti i modelli che hanno operato in tal senso sono falliti, non credo che i modelli liberisti, in quanto vivi, non siano falliti. Indubbiamente sopravvivono, esistono, e su questo non c'è dubbio, ma gli effetti delle politiche liberiste credo siano drammatici e portino sempre più il mondo in una direzione pericolosa, con un aumento delle tensioni che sfociano sempre più in tensioni armate.
Ritengo che, dietro tutto questo, ci sia un rapporto stretto con l'affermazione delle politiche liberiste, alle quali purtroppo si sono adeguati sia i governi di centrodestra sia i governi di centrosinistra, e questo si vede benissimo in Europa, dove gli strumenti di programmazione sono stati accantonati, sono diventati obsoleti.
Penso che, per gli effetti che hanno avuto quelle politiche, il superamento degli strumenti della programmazione, proprio per gli effetti drammatici che ha avuto quel superamento, dovrebbe portare ad un ripensamento e a riformulare una programmazione non autoritaria, che intervenga e corregga fortemente tutte le deformazioni provocate dal libero mercato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu per dichiarazione di voto.



CONTU Mario

Presidente, noi proponiamo di aggiungere un aggettivo alla programmazione, perché tendenzialmente la programmazione si presenta come uno strumento neutro, uno strumento che, all'interno di regole definite dal modello di società, molto spesso ne diventa strumento di subalternità e non, come dovrebbe essere, di programmazione tesa a governare le storture di un modello di sviluppo.
Occorre una programmazione all'interno di un certo modello di sviluppo per assicurare a tutti e alla propria comunità condizioni di vita improntate al benessere e alla qualità della vita.
Sentendo il collega Papandrea, mi veniva voglia di dire: "I vecchi e cari piani quinquennali!" Certo, erano un atto autoritario, in altri contesti e in altri Paesi, che andavano continuamente ratificati, anno per anno, secondo il raggiungimento degli obiettivi, e ricorretti. Ma ciò che oggi sorprende, e che dobbiamo ammettere, al di là della volontà di inserire l'elemento della programmazione all'interno dello Statuto, è che la Regione poco fa su questo terreno.
Spesso, la discussione sul Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, quindi sullo strumento principe all'interno del quale operare i presupposti della programmazione, è ampiamente disattesa e soprattutto non sufficientemente nobilitata dalle sessioni d'Aula, debitamente dedicate all'approvazione di tale strumento.
Proponiamo, pertanto, di aggiungere l'aggettivo "democratica" alla programmazione. Detto così può dire tutto e niente, ma sostanzialmente vuole sintetizzare un aspetto: che al di là di chi si trova ad operare al governo della Regione, siano essenziali, nell'ambito della definizione del piano di sviluppo della Regione, quindi attraverso lo strumento della programmazione, il concorso delle forze attive del paese, e quindi delle formazioni sociali e degli organismi istituzionali e non, che sovrintendono alla vita della collettività.
E allora, il termine "democratico" non deve essere vissuto come un'aggettivazione pesante, ma come un'affermazione di principio importante sapendo che, dietro a questo termine, si chiede, se non il coinvolgimento di tutte le forze produttive e non, quello delle organizzazioni dei lavoratori e dei livelli istituzionali come momenti alti di confronto partecipativo, per definire le linee di sviluppo della Regione.



PRESIDENTE

Indìco la votazione nominale sugli emendamenti rubricati nn. 126 e 127, sui quali il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 41 Consiglieri votanti 40 Consiglieri hanno votato SÌ 2 Consiglieri hanno votato NO 36 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere Il Consiglio non approva.
L'emendamento 128 per il momento è sospeso e viene ripresentato da ricollocazione suggerita dal relatore.
Emendamento rubricato n. 441 presentato dai Consiglieri Cotto, Toselli: all'articolo 4, comma 2, dopo le parole "Comunità montane" aggiungere le seguenti: "Unione dei Comuni collinari".
Indìco la votazione nominale sull'emendamento rubricato n. 441.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 34 Consiglieri votanti 32 Consiglieri hanno votato SÌ 30 Consiglieri hanno votato NO 2 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 2 Consigliere Il Consiglio approva.
Per gli emendamenti n. 129, 130,131, 132 si ripropone la ricollocazione.
Indìco la votazione nominale sull'articolo 4, come emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 Consiglieri hanno votato SÌ 36 Consiglieri hanno votato NO 3 Consiglieri Il Consiglio approva.
ARTICOLO 5



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire, sulla discussione generale dell'articolo 5 il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

L'articolo n. 5, che tratta di sviluppo economico-sociale, è un articolo estremamente attuale. Sappiamo i problemi che stanno emergendo a livello mondiale proprio sui temi della crescita e dell'economia.
La scrittura di quest'articolo vede comparire l'espressione "economia sostenibile". Nel corso dei lavori in Commissione, ma anche in Consiglio e nel successivo passaggio quando abbiamo rivisto lo Statuto dopo le consultazioni, ci sono stati alcuni tentennamenti su questa definizione alcuni richiamandosi al concetto di sviluppo sostenibile. Sono particolarmente soddisfatto, pur in una complessiva non condivisione della scrittura dell'articolo, delle parole "economia sostenibile". Proverò a spiegarlo. Ormai da molto tempo, a partire dalle lezioni di Nicolas Georgescu Rogen, vi è una discussione approfondita, tra gli economisti ambientalisti, sul concetto di sviluppo e a che cosa andiamo incontro.
Il postulato su cui gli ambientalisti economisti sono tutti concordi, è che l'idea dello sviluppo sostenibile sarebbe un ossimoro (lo sostiene Serge Latuoche). Lo sviluppo implica, inevitabilmente, l'uso di risorse; la terra è un sistema che riceve energia dall'energia solare, ma si tratta di un sistema finito, nel quale le risorse non sono infinitamente disponibili.
Cosa ne deriverebbe da questo postulato? Noi siamo davanti ad una doppia possibilità: o i paesi che sono già sviluppati ripensano alla loro economia, e quindi vanno verso un'economia a minore consumo di risorse oppure noi, di fatto, dobbiamo ammettere che condanniamo i paesi poveri a rimanere tali. La stessa Banca Mondiale, quindi non un fanatico ambientalista, ammette che l'obiettivo di dimezzare il numero delle persone che vivono nella povertà assoluta entro il 2015 non sarà raggiunto. Più di un miliardo e cento milioni di persone vivono ancora con l'equivalente di un dollaro al giorno e si sposta in avanti di circa un secolo e mezzo la possibilità di vita più degna a miliardi di persone.
Tutto nasce dal modo in cui affrontiamo lo sviluppo economico e sociale. Qualcuno potrebbe dire: ma questi sono livelli internazionali cosa importa le scelte che fa il Piemonte rispetto a quest'enorme disuguaglianza? Ricordiamo che al comma 1 dell'articolo 5 parliamo di disuguaglianza, voglio solo richiamare il principio fondamentale che combattere le disuguaglianza, significa agire a livello locale, a livello regionale, avendo attenzione non solo alle disuguaglianza che abbiamo, e profonde, nel nostro territorio, ma anche avendo attenzione alle disuguaglianze che ci sono nel modo. Le uno e le altre si possono risolvere a partire dallo sviluppo economico che comincia a considerare il risparmio dell'energia come punto basilare della propria finalità di intervento. Se noi non faremo questo passo (tra l'altro, questo concetto non mi sembra essere stato ben esplicitato nell'articolo 5), non solo non riusciremo a superare le disuguaglianze, ma incideremo, sempre più pesantemente e sempre più negativamente, sulla disponibilità di risorse.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Valvo; ne ha facoltà.



VALVO Cesare

Grazie, Presidente.
Nella nostra Regione esiste un settore che oggi vanta oltre 130 mila imprese e dà lavoro a più di 300 mila addetti: il settore dell'artigianato.
E' un settore che nella nostra Regione ha svolto un importante ruolo, nello sviluppo economico e sociale, sia negli anni della ricostruzione del dopoguerra, sia nelle crisi cicliche che hanno coinvolto la nostra Regione dopo gli anni '70. Non mi riferisco soltanto alle crisi della più importante industria piemontese, la FIAT, ma alle diverse crisi che si sono succedute nel nostro territorio: non ultima quella del settore tessile e abbigliamento. Ebbene, nel momento in cui la nostra Regione affrontava queste crisi, l'artigianato ha svolto un vero e proprio ruolo di ammortizzatore sociale. Mentre l'industria perdeva migliaia di addetti l'artigianato assorbiva questa disoccupazione, questi lavoratori espulsi dalla grande industria, sino ad arrivare alle cifre che oggi ho citato.
Ebbene, signor Presidente e colleghi, credo che in un articolo come quello che stiamo esaminando, l'articolo 5 ("Sviluppo economico e sociale"), non si possa non citare il ruolo e l'importanza dell'artigianato nell'economia della nostra Regione, tenuto anche conto che di quest'importante ruolo, della figura di un imprenditore che è, prima di tutto, lavoratore autonomo, se ne sia ricordato il legislatore costituente.
Prova ne è che l'artigianato ha una particolare menzione nella nostra Carta costituzionale.
Mi auguro che i numerosi emendamenti presentati - da tutte le forze politiche: da Alleanza Nazionale a Forza Italia, dalla Lega Nord, dai Comunisti Italiani, da Rifondazione Comunista, dai Verdi, da La Margherita dallo SDI - possano essere accolti.
Sono anche particolarmente favorevole all'emendamento che prevede l'inserimento del settore della cooperazione; quindi formulo l'auspicio che l'Aula consiliare possa votare questi emendamenti all'unanimità.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Come già detto dai colleghi che mi hanno preceduto, l'articolo 5 è un articolo importante nell'ambito dello Statuto.
Al primo comma, l'articolo dimostra, apparentemente, tutta la consapevolezza dell'Assemblea e, soprattutto, la sensibilità della Commissione Statuto, di affrontare il problema dello sviluppo, in relazione alla riduzione delle disuguaglianze, e di superare l'incertezza nei confronti delle generazioni future. E' evidente che un obiettivo così ambizioso non può non investire la problematica di quale modello di sviluppo.
In un'economia di mercato, in un'economia globalizzata, in un'economia dove le spinte fortemente concorrenziali provengono anche da altre aree del mondo, dove la variabile più importante resta la questione del posto di lavoro e, di conseguenza, la disuguaglianza rispetto ai diritti e all'incertezza del futuro, dal punto di vista occupazionale, per le generazioni future, allora l'articolo 5 è veramente ambizioso. Forse non è compito di questo articolo indicare delle ricette, ma sicuramente il comma 2 introduce un elemento nuovo, da noi sostenuto e mai comparso in precedenti Statuti di altre Regioni, che l'ampliamento delle attività produttive deve avvenire nel rispetto dell'ambiente e secondo i principi dell'economia sostenibile.
In altre parole, in questo comma si coniugano i concetti di "ambiente" e "tutela dell'ambiente", come imprescindibili dalla questione e dalla problematica del lavoro e, quindi, dello sviluppo.
"Tutela la dignità del lavoro; valorizza il ruolo dell'imprenditoria e delle professioni; contribuisce alla realizzazione della piena occupazione anche attraverso la formazione e l'innovazione economica e sociale". Come non si può concordare con affermazioni così forti? E allora, se queste sono le ambizioni e i punti cardine che pone lo Statuto come faro per l'azione amministrativa, si sconfessa ciò che, quotidianamente, ogni lavoratore ogni cittadino vive nel suo vissuto di vita e di lavoro, cioè la difficoltà, in particolare per le generazioni future, che lo strumento della flessibilità non sia lo strumento più idoneo a garantire quello sviluppo improntato ed ispirato ai principi dell'economia sostenibile.
I due aspetti sono antitetici: non si può pensare di porre al centro dello sviluppo la decontrattalizzazione dei rapporti di lavoro, l'ansia e la preoccupazione dei giovani rispetto al proprio futuro presidenziale e assicurativo, l'ansia dell'impossibilità di costruire un progetto di vita perché il motore dell'economia chiede altro e contraddice questi principi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Signor Presidente, intervengo non certo per far perdere tempo, ma perché anch'io ritengo che questo sia uno degli articoli più importanti dello Statuto, sicuramente un articolo di sostanza e non formale. Anche perché quando si parla di dignità del lavoro, quando si parla di economia quando si parla di tutela dei consumatori, quando si parla di sicurezza sociale, di salute e di sicurezza alimentare, non possiamo non essere attenti anche a quelle che sono le tradizioni, la storia della nostra Regione.
Allora, nel lavoro che è stato fatto facendo riferimento agli articoli della nostra Costituzione, è forse utile ricordare in particolare anche altri aspetti fondanti di questo lavoro. Mi riferisco alle attività economiche che in particolare hanno caratterizzato il lavoro dei nostri cittadini nella storia della nostra Regione; mi riferisco all'artigianato alla cooperazione, in particolare alla cooperazione sociale, a quella per cui abbiamo tra l'altro lavorato come Regione con una legge specifica sulle società, per esempio, di mutuo soccorso, che qui hanno una grande storia e una gran tradizione.
Il collega Assessore Laratore mi ha ricordato l'articolo 45 della Costituzione, che ho appena citato. L'articolo 45, cito testualmente "riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata". Queste sono le prime due righe dell'articolo 45 della Costituzione. Ciò sta a significare che anche nel nostro Statuto è importante inserire questi aspetti, non solo perché sono scritti in Costituzione, ma anche proprio per quello che dicevo prima, per la storia, per la caratterizzazione che è stata data dal settore della cooperazione e dal settore dell'artigianato al lavoro di questa nostra terra.
Ecco perché noi abbiamo presentato, insieme ad altri colleghi, un emendamento. Mi auguro che ci possa essere rispetto a questo una valutazione positiva da parte di tutti i Gruppi. Era già un lavoro fatto all'interno della Commissione e mi auguro quindi che ci sia questa possibilità di comprendere, inserire e dare un importante riconoscimento a questi due settori della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Ho l'impressione che, anche su quest'articolo, dovremmo procedere in modo un po' diverso da quello che non solo Gruppi impegnati in questo momento nell'ostruzionismo rispetto all'approvazione dello Statuto stanno facendo. Il problema non mi pare essere quello di richiamare all'interno degli articoli gruppi, categorie sociali, destinatari e beneficiari di provvedimenti regionali cui, per ragioni diverse, diversi proponenti degli articoli o degli emendamenti si rifanno come a un proprio serbatoio politico, ma tentare di definire con diciture di un qualche contenuto normativo quali debbano essere le linee, le architetture delle politiche di sviluppo economico e sociale della nostra Regione.
Non penso affatto che il richiamo più o meno implicito alle organizzazioni dell'artigianato piuttosto che della cooperazione risponda all'esigenza di scrivere una norma comprensibile che sia anche una traccia per le politiche regionali. Penso, al contrario, che tutto questo rientri nell'uso propagandistico dello Statuto e, in generale, delle norme da cui dovremmo guardarci e che non dovremmo incentivare.
Per me il tentativo di aggettivare in termini democratici tutte le parole del nostro Statuto, per cui noi approviamo uno Statuto democratico che fa una programmazione democratica per una salute democratica e una Regione democratica, vale esattamente il tentativo che altri Gruppi fanno di inserire gli artigiani piuttosto che i professionisti tutelati dagli ordini piuttosto che le comunità collinari all'interno dello Statuto quando è chiaro che in, un caso o nell'altro, ciascuno parla alla nuora dello Statuto perché la suocera dei propri referenti sociali intenda la propria azione di lobby a loro favore all'interno dell'istituzione. Perch non esiste nessuna ragione, né tecnica né politica, per far diventare gli articoli del nostro Statuto un'enumerazione di aggettivazione politicamente significativa di categorie sociali particolarmente protette che non sia quello di presentarsi agli occhi di determinati gruppi sociali come difensori dei loro interessi.
Ora, immagino e penso che le politiche di sviluppo economico e sociale nella loro traduzione statutaria dovrebbero riflettere se è consentito un piano più alto e anche culturalmente più impegnativo. Nell'intervento precedente ho provato a spiegare come il gran problema delle politiche di programmazione è il problema del rapporto fra la libertà e l'efficienza che riemerge anche nella discussione di questi giorni nell'esternativa fra gli sviluppisti, che chiedono politiche di deregolamentazione dei vincoli della finanza pubblica, e i rigoristi, che chiedono invece la difesa della finanza pubblica come condizione di sviluppo, in una situazione nella quale normalmente - e questo anche all'interno della politica regionale - i fautori dell'efficienza sembrano essere disattenti alle ragioni della libertà e i fautori della "libertà economica" sembrano essere disinteressati a quanto alcune politiche possano "scassare" la finanza pubblica.
D'altra parte, un altro gran tema delle politiche di sviluppo economico e sociale è il problema del rapporto fra l'innovazione e il consenso. Sulle politiche di sviluppo economico e sociale, ho l'impressione che non abbiamo nulla da inventare; le coalizioni che si presenteranno alle prossime elezioni regionali, che si candideranno al governo della nostra Regione hanno un repertorio di politiche più o meno sperimentate di cui conoscono l'efficienza e i risultati e hanno la piena contezza dell'insufficienza inadeguatezza e contraddizione di altre politiche. E allora il problema è di capire in che misura è possibile innovare, in alcuni casi radicalmente le politiche pubbliche su alcuni versanti, ovviamente salvaguardando le ragioni del consenso e della compatibilità politica e sociale di queste innovazioni.
Nell'articolo 5 enumeriamo una serie di obiettivi che storicamente sono stati la giustificazione prima della costruzione e poi anche del fallimento di una serie di politiche o anche di architetture istituzionali, dovremmo forse dire, rispetto a questi temi, cioè cosa di diverso la Regione Piemonte, in termini rigorosamente normativi, dovrebbe essere in grado di costituire.
Il richiamo alla valorizzazione dell'imprenditoria e delle professioni per un malfidente come me, significa che, vista da destra, la coalizione di governo non immagina che, ad esempio, la liberalizzazione del sistema delle professioni possa essere uno strumento di innovazione e di sviluppo.
Mentre, per me, lo è.
Il richiamo alla realizzazione dell'obiettivo della piena occupazione per uno malfidente come me, significa rimanere attaccati ad un modello vecchio, superato e dato per superato non dai liberisti, ma da persone di altra estrazione politica e culturale delle politiche di collocamento al lavoro e all'impiego, che il nostro Paese ha ereditato e che sta sostanzialmente consolidando anche nel momento in cui tenta timidamente di smantellarla.
Ho l'impressione che su questo punto la riflessione, all'interno del nostro Statuto, dovrebbe avere questa altezza, che non è ovviamente l'altezza delle mie idee, ma è l'altezza di questi temi e non dovrebbe limitarsi a enumerare una serie di obiettivi retorici o una serie di beneficiari delle politiche regionali.
La scelta che ha fatto questo Statuto sull'articolo 5, come anche sull'articolo 4, è rimanere ancorato, per ragioni comprensibili di compatibilità politica, a formulazioni sostanzialmente vecchie e più o meno ingegnosamente innovate. Secondo me, abbiamo perso un'occasione.
Non solo la storia politica, ma anche la storia costituzionale italiana, dimostra come certe norme costituzionali abbiano realizzato una sorta di eterogenesi dei fini. Ci sono norme costituzionali, ad esempio della prima parte della Costituzione, che rappresentano un vincolo insuperabile alle politiche pubbliche, che rappresentano una condizione permanente di inefficienza e di giustificazione dell'inefficienza e non un obiettivo alto da promuovere e da realizzare con strumenti diversi da quelli che cinquanta o sessant'anni fa per il nostro paese o trent'anni fa per la nostra Regione si erano immaginati.
Tutto questo, su questi due articoli, lo Statuto non lo fa. Questi due articoli, più di molti altri, danno il senso di una decisione che non è stata coraggiosa e che complessivamente non si può considerare promettente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Stiamo intervenendo su questioni significative. Noi non ci opponiamo all'emendamento che inserisce il riconoscimento di determinate categorie sociali nell'articolo. Ho una visione radicalmente diversa da quella espressa dal Consigliere Palma che, sostanzialmente, credo abbia una visione degli individui non così come essi sono, ma estremamente astratta.
Ognuno di noi non è un individuo astratto ma è un qualcosa di concreto preciso e determinato. Noi non siamo un'entità astratta e poi in sovrapposizione un'altra cosa ancora. Siamo individui con quella forma precisa, siamo esseri sociali, non siamo esseri astratti come apparirebbe dalla definizione che ne dà il Consigliere Palma.
Sembra che parliamo di una persona guardando lo scheletro, che effettivamente è quello che ci rende più simili, ma che non ci permette di riconoscerci l'uno dall'altro, non permette di capire cosa siamo. Da questo punto di vista corrisponde un'idea di società che non vede l'articolazione concreta.
Credo sia importante che lo Statuto abbia un valore che si radica nella società, nella sua valenza e nella sua articolazione, e che all'interno faccia delle scelte precise sulle tendenze da stimolare e favorire.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale sull'articolo 5. Vorrei far notare sull'articolo 5 che il punto centrale è quello di inserire l'artigianato e la cooperazione. Poiché sono tutti d'accordo...
(Commenti fuori microfono del Consigliere Palma)



PRESIDENTE

Ho sbagliato e chiedo scusa, voi non siete d'accordo, quindi voterete contro. Però, abbiamo cinquanta emendamenti che dicono la stessa cosa, cioè di inserire l'artigianato e la cooperazione. Facciamone uno.
Chiedo se, per soddisfare le esigenze dei numerosi proponenti emendamenti che riguardano artigianato e cooperazione, è possibile fare due emendamenti seguendo questa linea, cioè l'artigianato viene inserito dopo imprenditoria: "La Regione tutela la dignità del lavoro, valorizza il ruolo dell'imprenditoria, dell'artigianato"; se possibile, inserire la cooperazione in questo modo: "anche attraverso la formazione e l'innovazione economica e sociale. Promuove lo sviluppo della cooperazione". Va bene per tutti? Perfetto.
Adesso è arrivato un nuovo emendamento a firma dei Consiglieri Cattaneo e altri che recita: "A tal fine la Regione predispone, nell'ambito delle competenze previste dal Titolo V della Costituzione, accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato per la realizzazione di iniziative di cooperazione e partnerariato nonché di solidarietà internazionale".
Ci fermiamo per alcuni minuti.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle 12.43 riprende alle ore 12.47)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Consigliere Contu, ritira i suoi emendamenti? Vorrei che lei sfoltisse i suoi emendamenti sull'articolo 5, alla luce di quanto ho appena detto cioè dell'inserimento - con la contrarietà dei Radicali - dell'artigianato e della cooperazione.



CONTU Mario

La prego, Presidente, di prestare attenzione al comma 1. Rispetto alla riduzione delle disuguaglianze, noi proponiamo l'eliminazione; lo ritiro: troppo ambizioso.
L'emendamento n. 135 lo manteniamo, perché riguarda il fenomeno dell'incertezza.
Manteniamo anche l'emendamento n. 136, mentre ritiriamo gli emendamenti n.
141 e 142. Infine, manteniamo l'emendamento n. 146, mentre ritiriamo gli emendamenti n. 151 e 152.



PRESIDENTE

Va bene. Per riassumere, l'emendamento n. 533 è rubricato al n. 51 l'emendamento n. 437 è rubricato al n. 52; l'emendamento n. 135 è rubricato al n. 53; l'emendamento n. 136 è rubricato al n. 54; l'emendamento n. 143 e 144, che sono uguali, sono rubricati al n. 55; l'emendamento n. 146 è rubricato al n. 56; l'emendamento riassuntivo sull'artigianato è rubricato al n. 57; l'emendamento sulla cooperazione riassuntivo è rubricato al n.
58; l'emendamento del Gruppo Radicale, è rubricato al n. 59; l'emendamento del Consigliere Cattaneo ed altri, relativo agli accordi con Stati e delle intese con Enti territoriali, per quanto riguarda iniziative di cooperazione e di partnerariato, nonché di solidarietà internazionale, è rubricato al n. 5/10.



CONTU Mario

Presidente, manteniamo l'emendamento n. 5/11, che cito testualmente: "La Regione opera, per acquisire la gestione e il controllo pubblico, i servizi di interesse generale".



PRESIDENTE

Va bene.
Emendamento rubricato n. 5/1 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea: all'articolo 5, il comma 1 è abrogato.
Indìco la votazione nominale sull'emendamento rubricato n. 5/1, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 34 Consiglieri votanti 33 Consiglieri ha votato SÌ 1 Consigliere hanno votato NO 31 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 5/2 presentato dai Consiglieri Dutto, Cattaneo Angeleri, Valvo, Picchioni, Giordano, Manica: all'articolo 5, al comma 1, le parole "e il fenomeno dell'incertezza" sono soppresse.
Indìco la votazione nominale sull'emendamento n. 5/2, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 Consiglieri hanno votato SÌ 38 Consiglieri hanno votato NO 2 Consiglieri Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 5/3 presentato dal Consigliere Contu: nel comma 1 dell'articolo 5, dopo le parole "...e il fenomeno dell'incertezza" è aggiunta la parola: "occupazionale".
Tale emendamento è dichiarato decaduto.
Emendamento rubricato n. 5/4 presentato dal Consigliere Contu: dopo il comma 1 dell'articolo 5, è aggiunto il seguente: 1 bis. "La Regione opera affinché ai giovani in età di lavoro siano garantite idonee condizioni di lavoro e per la protezione contro ogni lavoro che possa minarne la salute e lo sviluppo psicofisico o metterne a rischio il processo formativo".
Il parere del relatore è contrario.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

"Opera per la garanzia della piena occupazione": forse questa frase contenuta in una carta dei principi mi sembra la più opportuna. Con il voto di quell'emendamento abbiamo eliminato dal I comma la questione dell'incertezza occupazionale giovanile. L'approvazione della legge n. 30 con la molteplicità di rapporti "innovativi", amplia il fenomeno dell'incertezza occupazionale.
Come si può chiedere ad un giovane che stipula un contratto di'inserimento, ad un giovane che stipula un contratto di lavoro a progetto, ad un giovane che è titolare di un contratto di apprendistato di poter progettare il proprio futuro e la propria vita? Questa è la sfida della nostra epoca: come riuscire a coniugare le esigenze del mercato con la tutela dei diritti soggettivi e collettivi legati alla condizione del lavoro. Il lavoro in affitto, il lavoro che riguarda decine e decine di operai che vengono ceduti ad altra impresa temporaneamente nell'ambito di un'esigenza produttiva pongono, all'attenzione di tutti, il problema di chi tutela - salvo la tutela prevista dell'igiene e della sicurezza del lavoro della società che assume e prende in affitto questi lavoratori - i diritti di quei lavoratori. Questo fenomeno è diffuso, determina l'incertezza occupazionale ed è antitetico nonostante le statistiche ci dicano il contrario, cioè che queste forme di contratto riducono la disoccupazione.
Dobbiamo prendere atto che stiamo parlando di non lavoro, stiamo parlando di una modalità in cui esplicare la propria attività lavorativa che confligge con le conquiste maturate attraverso le lotte operaie negli anni '70 e sfociate nel varo dello Statuto dei lavoratori del 25 maggio del 1970. Un'opera massiccia di deregolazione e decontrattualizzazione dei rapporti di lavori, una totale eliminazione di tutte le protezioni che, nel campo dei diritti in relazione al lavoro e alla prestazione lavorativa sono sancite dai contratti collettivi di settore.
Tutto questo non è assolutamente ammissibile. Presidente, credo che dovremo fare uno sforzo collettivo, unanime, affinché lo Statuto della Regione Piemonte, su un tema come quello del lavoro, ponga di nuovo al centro la dignità del lavoro. Presidente, la prego, non è un baratto, noi stiamo facendo un grande sforzo, stiamo rinunciando alla discussione di emendamenti che riteniamo importanti che, come avrà potuto notare, nessuno di loro è improntato ad un'azione ostruzionistica. Tuttavia, noi chiediamo a quest'Aula rispetto per l'apporto che stiamo dando e chiediamo attenzione alle nostre proposte ed, in particolare, chiediamo che sia inserito nell'articolo 5, in una modalità concordata, che fra le finalità dell'azione della Regione, debba essere contemplato l'obiettivo della piena occupazione.
Dove lo troviamo?



PRESIDENTE

Stavo ascoltando attentamente il suo intervento e mi sono consultato con il relatore, ma quello che lei ha detto è gia scritto nel testo dell'articolo 5. Com'è possibile fare di più?



CONTU Mario

Non c'è l'obiettivo della piena occupazione.



PRESIDENTE

Come non c'è? E' scritto "contribuisce alla realizzazione della piena occupazione, anche attraverso la formazione, l'innovazione economica e sociale".



CONTU Mario

Mi sono limitato alla discussione del comma 1, dove avevamo proposto il superamento dell'incertezza occupazionale come elemento aggiuntivo che poi è stato cassato.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, sull'emendamento rubricato n. 5/4, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 5/5 presentato dai Consiglieri Caracciolo Galasso: all'articolo 5, comma 2, la parola: "produttive", è sostituita con la parola: "economiche".
Indìco la votazione palese, sull'emendamento rubricato n. 5/5, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole.
Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 5/6 presentato dal Consigliere Contu: nel comma 2 dell'articolo 5, dopo le parole "...tutela la dignità del lavoro" sono aggiunte le parole: "e i diritti dei lavoratori".
La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Chiedo venia rispetto al passaggio essendomi occupato del primo comma e non del secondo, era prevista la piena occupazione, però la "dignità dei lavoratori e i diritti dei lavoratori...



PRESIDENTE

Dignità c'è già.



CONTU Mario

Dopo le parole "tutela la dignità del lavoro" aggiungere "e i diritti dei lavoratori" è un rafforzativo, non è assolutamente antitetico. Prego attenzione da parte del Presidente della Commissione nell'esprimere il suo parere favorevole.



PRESIDENTE

Indìco la votazione, per appello nominale, sull'emendamento n. 5/6, sul quale il relatore, il Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 5/7 presentato dai Consiglieri Palma, Taricco: al comma 2, dopo le parole: "dell'imprenditoria" inserire le parole: "dell'artigianato".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Innanzitutto: chiedere è dovere, rispondere è cortesia.
Chiederei al relatore un parere motivato sul voto favorevole rispetto all'emendamento. Abbiamo come unica giustificazione, sentita da parte dei proponenti, il fatto che si trovi nell'articolo 45 della Costituzione.
Nella Costituzione sono inserite tante questioni - ci sono anche i Patti lateranensi - ma non mi pare che tutti gli articoli della Costituzione siano stati richiamati, in maniera puntuale o doviziosa all'interno del nostro Statuto, anche perché se tutti gli articoli della prima parte della Costituzione si presentassero come emendamenti al nostro Statuto, penso che tripudierebbe molto più il Consigliere Contu che la maggioranza dei Consiglieri che hanno proposto l'emendamento.
Se esiste una giustificazione di carattere tecnico-giuridico o normativo, che supporta una scelta onerosa, dal punto di vista normativo (perché s'individua una categoria economica come destinatario di una norma di rango statutario, cosa che non avviene per altre categorie economiche) e c'è un parere motivato da parte del relatore, allora non si tratta di quello che persone più volgari chiamerebbero una "marchetta". Se invece non c'è una giustificazione di questo tipo, se c'è una categoria economica - e non ce ne sono altre - allora si qualificherebbe nel modo volgare che ho prima espresso, perché altrimenti non esisterebbe, tecnicamente, la giustificazione di un emendamento di questo tipo.
Il richiamo di una norma costituzionale non è, di per sé, una ragione di emendamento, altrimenti la stragrande maggioranza dei numerosi emendamenti presentati dal Consigliere Contu non ha solo una legittimazione formale, ma finisce per avere anche una giustificazione di carattere giuridico.
Se il relatore fosse così gentile da spiegare all'Aula il parere favorevole, gliene sarei molto grato.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Anche se intervenire in Aula in queste condizioni è quasi voler aggiungere ostruzionismo ad ostruzionismo, mi permetterei di dire che, dato che l'artigianato e la cooperazione sono citati nella Carta costituzionale è giusto che vengano citati in questo punto, essendo una logica conseguenza del principio di sussidiarietà orizzontale più volte citato nelle premesse.
Sono forme di imprenditoria a basso contenuto di capitale, normalmente e fortemente radicate sul territorio, per cui diventano logica conseguenza dell'applicazione del principio di sussidiarietà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio Lucio

Il richiamo alla fonte costituzionale è un richiamo emerso sia nelle consultazioni sia nel dibattito seguito in Commissione. Questo è l'indirizzo. Il richiamo appena esposto dal Consigliere Taricco sul principio di sussidiarietà orizzontale, quindi come momento innovativo rispetto al vecchio testo, è comunque collaborante di un istituto che ci è parso dover riproporre in questi termini.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, sull'emendamento rubricato n. 5/7, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole.
Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 5/8 presentato dal Presidente Cota: al comma 2 dopo le parole "l'innovazione economica e sociale", inserire le parole: "promuove lo sviluppo della cooperazione".
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 5/8 sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole.
Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 5/9 presentato dai Consiglieri Palma, Mellano: aggiungere al comma 2 dell'articolo 5: "del commercio, dell'agricoltura".
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 5/9, sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 5/10 presentato dai Consiglieri Cattaneo, Rossi O., Mercurio, Taricco, Cota, Marcenaro, Valvo, Caracciolo, Rossi G., Costa R., Giordano: al termine dell'articolo 5, comma 2: "....sicurezza alimentare..." si aggiunge "A tal fine la Regione predispone, nell'ambito delle competenze previste dal titolo V della Costituzione, accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato per la realizzazione di iniziative di cooperazione e partnerariato nonché di solidarietà internazionale".
Indìco la votazione palese, sull'emendamento rubricato n. 5/10 sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere favorevole.
Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 5/11 presentato dal Consigliere Contu: dopo il comma 2 dell'articolo 5, è aggiunto il seguente: 3. "La Regione opera per acquisire alla gestione o al controllo pubblico i servizi di interesse generale".
Indìco la votazione palese, sull'emendamento rubricato n. 5/11 sul quale il relatore, Consigliere Galasso, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Indìco la votazione nominale sull'articolo 5, come emendato L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 Consiglieri hanno votato SÌ 38 Consiglieri hanno votato NO 2 Consiglieri Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 164 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi Papandrea: dopo l'articolo 5 è inserito il seguente nuovo articolo 5 bis: "5 bis. Lavoro e occupazione.
La Regione tutela il diritto al lavoro senza alcuna discriminazione come diritto alla persona e condizione di libertà.
La Regione promuove iniziative volte a rea lizzare la piena occupazione, ad assicurare un lavoro capace di garantire una vita dignitosa promuovendone la qualità e la stabilità. Concorre a rimuovere gli ostacoli che impediscono le pari opportunità di accesso al lavoro.
La Regione assicura l'effettiva tutela dei diritti sociali dei lavoratori in caso di maternità, di malattia, di infortuni, in caso di perdita del lavoro anche mediante la gestione e realizzazione di servizi regionali complementari a quelli statali".
L'emendamento rubricato n. 164 è superato dalle precedenti votazioni.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.16)



< torna indietro