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Dettaglio seduta n.473 del 02/08/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



(Alle ore 10.39 il Vicepresidente Toselli comunica che la seduta avrà inizio alle ore 11.00)



(La seduta ha inizio alle ore 11.00)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g., "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Angeleri, Botta Franco Maria, Botta Marco, Chiezzi, Costa Rosa Anna, Ghigo, Godio, Marengo, Pedale e Pichetto Fratin.


Argomento: Statuto - Regolamento

Esame proposta di legge regionale n. 655 inerente a "Statuto della Regione Piemonte" (Testo licenziato dalla Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte) (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo i lavori con l'esame della proposta di legge regionale inerente a "Statuto della Regione Piemonte", di cui al punto 2) all'o.d.g.
La settimana scorsa è stato svolto il dibattito generale, ed esattamente nella seduta pomeridiana del 30 luglio 2004.
Sono stati presentati dalla Presidenza degli emendamenti aggiuntivi al preambolo prima dell'articolo 1, che faccio distribuire in modo che i Consiglieri Capigruppo li abbiano a brevi mani. Sono: l'emendamento n. 1, a firma del Consigliere Chiezzi e altri; l'emendamento n. 2, a firma del Consigliere Chiezzi e altri; l'emendamento n. 392, a fronte del quale vi sono dei subemendamenti, a firma del Consigliere Tapparo.
Se i colleghi sono d'accordo, procederei ad un'illustrazione generale dei preamboli; successivamente, li porrei in votazione singolarmente.
Diversamente, interveniamo su ogni singola presentazione.
Gli Uffici mi comunicano che stanno pervenendo altri emendamenti.
Poiché l'Aula non acconsente a fare un dibattito unico sul preambolo procediamo su ogni singola richiesta di inserimento del preambolo.
Sull'ordine dei lavori ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Diceva che stanno pervenendo altri emendamenti; le chiedo, pertanto, se può farceli avere tutti prima di iniziare la discussione.



PRESIDENTE

Sono subemendamenti al terzo emendamento, quindi il primo lo possiamo discutere.
La parola al Consigliere Contu, sull'ordine dei lavori.



CONTU Mario

Presidente, mi sembra che il preambolo, come questione tecnica legislativa, sia un po' come il titolo di una legge. Allora, perché sul piano procedurale il preambolo non diventa l'ultimo dei punti all'esame dell'Aula, sapendo che il preambolo coglie tutta una serie di aspetti già inclusi nell'articolo 2, relativi ai principi e alle finalità? Dopo aver affrontato una discussione di ordine generale sulla questione dello Statuto, le porrei una questione: sarebbe opportuno che il preambolo...



PRESIDENTE

Collega Contu, lei c'era alla Conferenza dei Capigruppo?



CONTU Mario

Non si è deciso questo, ai Capigruppo...



PRESIDENTE

Sì, collega Contu.



CONTU Mario

Prendo atto di questa decisione e reitero la mia proposta, che mi pare più coerente sul piano della tecnica legislativa: il preambolo è atto finale rispetto allo Statuto, perché potrebbe essere assorbito dall'articolo 2, sui principi e sulle finalità.



PRESIDENTE

Abbiamo compreso, ma la risposta della Presidenza va rispetto a quanto hanno deciso i Capigruppo, quindi il preambolo è prima della legge.
La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Per dire al collega Contu che preambolo vuol dire esattamente il contrario di quello che lui ha affermato. Detto questo, mi sembra si fosse deciso, alla Conferenza dei Capigruppo, di cominciare con la discussione dell'articolo 1 e, nell'ambito di quella discussione, inserire anche il preambolo. L'on. Picchioni avrebbe dovuto presentare una sorta di relazione al riguardo, essendo stato uno dei Consiglieri col maggiore impegno all'interno del gruppo di lavoro che si è riunito.
Pertanto, si può partire con l'articolo 1, all'interno del quale discutere il preambolo; sappiamo che c'è l'ipotesi di costituire ed approvare un preambolo che, in maniera inequivocabile, venga prima oppure inserire questi punti - percorso che considero più difficile nell'articolo 1.
Ritengo che, prima di iniziare la discussione, si debba fare il punto della situazione con una sorta di relazione sull'ipotesi di articolo 1 in combinato disposto con o senza il preambolo. E' la situazione più lineare per incominciare a confrontarci sul merito e cercare di costruire il preambolo o l'articolo 1, nuova versione, contenente alcuni ambiti di merito, così come ci siamo confrontati lungamente in Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Condivido quanto ha detto il collega, però vorrei, Presidente, visto che lei in questo momento è responsabile dell'andamento di questi lavori che coloro che non hanno partecipato alla Commissione Statuto abbiano l'articolato che questa Commissione ha espresso. E' quello il fondamento e la base del lavoro dell'Aula.
Voglio anche dire che, dopo aver definito lo Statuto in Commissione abbiamo svolto un'ulteriore consultazione, per sottoporre l'articolato che è stato espresso.
Poiché il preambolo ha un certo peso, vuol dire che i soggetti che sono stati consultati su un articolato uscito dalla Commissione Statuto vengono bypassati da un elemento costitutivo dello Statuto di questa rilevanza.
Ritengo che, necessariamente, questo contenuto chiamato "preambolo" debba stare all'interno dell'articolato, sottoforma di emendamento. Pu essere l'articolo 1 bis, può stare dentro in parte all'articolo 1 e all'articolo 2, ma non può vivere come corpo nobile del nuovo Statuto, che non è stato sottoposto al vaglio di consultazioni da parte di nessuno.
Addirittura abbiamo fatto due consultazioni proprio per evitare che la comunità piemontese, nella sua articolazione, potesse non esprimere le sue posizioni. Abbiamo, poi, riunito la Commissione per valutare quelle considerazioni e adesso ci troviamo dinnanzi a questa nuova proposta.



PRESIDENTE

Sospendo la seduta brevemente la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 11.09 riprende alle ore 11.11)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Colleghi, riepilogo un attimo insieme al collega Toselli. L'ipotesi di lavoro che si era convenuta sulla base delle esigenze poste dal Gruppo dell'UDC era di avviare il dibattito stamattina sul preambolo, ma di non concluderlo perché alle 15 c'era l'impegno dell'UDC di essere comunque presente essendo stamattina impegnati per una riunione di cui avevano dato comunicazione alla riunione dei Capigruppo.
Collega Tapparo, l'impegno che il Presidente Cota ha preso con i colleghi dell'UDC era di mantenere aperta la discussione sul preambolo fino alle 15 del pomeriggio. Se dopo le 15 l'UDC non sarà presente con tutto il Gruppo o con qualcuno, i nostri impegni finiscono lì e quindi il lavoro dell'aula proseguirà.
A questo punto, stando all'impostazione di lavoro che si era convenuta direi che possiamo cominciare il dibattito generale sul preambolo, inteso come su qualsiasi articolo di qualsiasi provvedimento, ancorch naturalmente non si intenda debilitare l'importanza del preambolo ad un qualsiasi argomento. Quindi io aprirei con il dibattito generale.
Sull'ordine dei lavori, chiede la parola il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Presidente, se vuole aprire il dibattito, deve tenere la sequenza che è data da quanto è stato depositato. Io vedo qui dei provvedimenti; adesso non c'è organicità su quanto ci è stato distribuito, ma qual è il n. 1 degli emendamenti che è stato presentato? A me risulta che ce n'è uno con firme non chiare, di poche parole; poi c'è quello presentato dal collega Chiezzi e infine c'è quello a firma dei Consiglieri Giordano, Cota Picchioni, ecc. Credo che lei debba seguire questa sequenza. Non c'è un dibattito generale sul preambolo, che tra l'altro non ha prodotto la Commissione Statuto. Lei dovrebbe seguire i documenti cartacei nella sequenza in cui sono stati presentati.



PRESIDENTE

Mi consenta solo un attimo perché devo vedere esattamente la sequenza.
Allora, abbiamo questa sequenza: la prima è una proposta di preambolo a firma dei Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea, rubricata al n. 1; poi c'è una seconda proposta di preambolo, che mi sembra più organica replicata al n. 2 perché questo è l'ordine di presentazione, ma credo che debbano essere ricomprese, per cui credo che la n. 2 ricomprenda anche la n. 1, ma ce lo direte; poi c'è la n. 3, che è quella a firma Picchioni e altri, rubricata col n. 392, su cui sono stati presentati 9 sub emendamenti (da parte del Consigliere Tapparo e dal Gruppo di AN). Di conseguenza, la discussione generale dovrebbe essere sulle tre proposte di preambolo e poi sui sub emendamenti alla proposta Picchioni. I documenti sono stati distribuiti o comunque gli addetti li stanno distribuendo.
Quindi, comincerei con il dibattito generale, considerato che si svolge tenendo conto dei testi presentati.



PAPANDREA Rocco

Ma cosa vuol dire dibattito generale?



PRESIDENTE

Sull'articolo 1, sull'emendamento.



PAPANDREA Rocco

O cominciamo dall'articolo 1 e riteniamo questo emendamento parte integrante dell'articolo 1 e facciamo il dibattito sull'articolo 1, oppure se le consideriamo proposte aggiuntive che precedono l'articolo 1, non esiste un dibattito generale su una questione su cui la Commissione non ha elaborato un testo; esiste un dibattito puntuale per ognuna delle proposte di inserimento.
Non essendoci un testo di Commissione, non capisco un dibattito generale, perché non ci può essere un dibattito generale sulla necessità o meno del preambolo né mi sembra un gran dibattito.



PRESIDENTE

Ho capito l'obiezione, grazie.
La parola al Consigliere Marcenaro sull'ordine dei lavori.



MARCENARO Pietro

Vorrei chiedere semplicemente ai colleghi questo, poi alla Presidenza sulla base delle intese prese anche con il Gruppo dell'UDC, il compito di organizzare i lavori. Mi pare che ci sia un punto su cui vi è la necessità di un confronto in aula, che riporti in aula e verifichi qui il confronto che si è svolto in Commissione, e riguarda la discussione generale sulla questione dei principi, cioè su uno dei pilastri dello Statuto.
Sulla questione dei principi - non entro ovviamente nel merito - vi sono state impostazioni diverse, diversi approcci. Mi pare che dentro questi approcci poi, come ricordava prima il collega Tapparo, dopo le consultazioni è nata l'idea, la possibilità di un preambolo, cioè di riprendere questa questione. Io chiederei alla Presidenza di organizzare la discussione nel modo che riterrà opportuno, ma che garantisca all'aula un confronto e una discussione su come nello Statuto debba essere affrontata la questione dei principi.
Questa questione era affrontata in un certo modo nell'articolo 1 uscito dalla Commissione; ci sono poi state altre proposte che formalmente si collocano... Adesso non vorrei fare una discussione formale per sapere se il preambolo è un emendamento all'articolo 1 o viene prima, la questione che mi interessa è sapere che c'è un confronto su come nello Statuto definiamo la questione dei principi. C'è quindi una discussione generale secondo me, su questo punto, prima di passare all'esame delle diverse proposte nella loro concreta determinazione.
Questo mi pare il punto politico di un confronto e di una discussione che risponda a quella che c'è stata nella Commissione; siccome riguarda davvero problemi di una certa importanza e naturalmente con mille conseguenze, è bene che questa discussione si faccia per quello che è affrontando il problema: i principi e come nello Statuto si affronta la questione dei principi.



PRESIDENTE

Sempre sull'ordine dei lavori, la parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Mi pare che la proposta Marcenaro sia una proposta degna di nota perché introduce una questione di tipo metodologico importante.
Nella discussione in Commissione la parte relativa ai principi e alle finalità è stato elemento che ha attraversato buona parte della nostra discussione. Allora il Presidente Cattaneo è di parte nel momento in cui al termine "preambolo" dà un unico significato. Da un'attenta analisi del termine, è vero che il preambolo è la parte introduttiva di un qualsiasi scritto, però preambolo ha anche un altro significato: di una pre iscrizione, diciamo così, di uno scritto cerimonioso e solenne, ma nella maggior parte dei casi considerato inutile, tanto che nel detto comune e nel nostro modo di parlare quando si dice: "viene al sodo, lascia la parte ai preamboli" credo che ci sia la lettura autentica del termine. "Venire al sodo" vuol dire che il preambolo cerca di aggirare una discussione più ampia e se la questione dei principi e delle finalità fosse inserita all'interno dello Statuto avrebbe una valenza diversa.
La proposta del Consigliere Marcenaro, se non ho capito male, visto che i lavori in Commissione hanno portato alla consultazione un testo che non aveva il preambolo, riapre in Aula la questione sui principi e sulle finalità che potrebbe costituire l'articolo 1 bis. Oppure, per non inserire negli Statuti gli articoli bis, potrebbe essere l'articolo 2 sostitutivo di "autonomia e partecipazione" e quindi aprire la discussione.



PRESIDENTE

Per procedere concretamente, avanzo la seguente proposta che rimetto all'Aula come prevede il Regolamento. Procediamo alla discussione delle ipotesi di iscrizione di un preambolo che viene prima dell'articolo 1 sulla base dei testi presentati. I testi presentati sono stati distribuiti quindi comincerei dall'illustrazione dei testi da parte dei proponenti e aprirei il dibattito sul punto.
Naturalmente questa è la proposta di procedura, se volete, la metto ai voti perché l'aula assuma una procedura. Se ci sono dissensi mi rimetto all'aula, ma non vedo altra possibilità di discussione. Riepilogo. La discussione generale si è conclusa venerdì, il tipo di argomento proposto è stato discusso nella Commissione con la considerazione che la Commissione a quel punto, non poteva introdurre modifiche e che le modifiche al testo in qualsiasi punto, sarebbero state introdotte dall'aula. Fin qui, parliamo di questioni assolutamente ovvie e, in termine di procedura,, anche lapalissiane.
A questo punto abbiamo l'iscrizione di alcune impostazioni di principio che altre Regioni hanno scritto come preambolo, che nella tecnica legislativa, amministrativa, parlamentare si può iscrivere come preambolo.
Apriamo la discussione su questi testi di proposta del preambolo. Apro la discussione dando per primi la parola ai colleghi proponente del preambolo ma, se non ci sono illustrazioni, do la parola nell'ordine delle richieste che verranno proposte purché il dibattito si svolga sui testi di preambolo.
I testi di preambolo sono stati presentati dal Consigliere Chiezzi, dal Consigliere Picchioni e altri.
Gli altri sono emendamenti a subemendamenti ai relativi testi.
Passiamo pertanto all'esame degli emendamenti presentati.
Emendamento rubricato n. 1 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: prima dell'articolo 1 è inserito il seguente: "Preambolo.
La Regione riconosce il valore dell'unità nazionale del Risorgimento".
Emendamento rubricato n. 2 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea: proposta di preambolo da inserire nella proposta di Statuto della Regione Piemonte licenziata dalla commissione Statuto il 5 marzo 2004: "Preambolo Il Piemonte è Regione autonoma nell'unità e indivisibilità della Repubblica italiana e nell'ambito dell'Unione Europea ed è fondata sui principi della dignità e del valore degli esseri viventi, della libertà e dell'uguaglianza, del lavoro, della solidarietà, dell'antifascismo e della pace.
La Regione Piemonte fonda la propria identità sull'insieme dei valori della Resistenza, che ha battuto il nazismo e il fascismo ed ha riportato la democrazia in Italia.
La Regione Piemonte assume la sovranità popolare e lo stato di diritto come principi fondamentali di governo.
La Regione Piemonte rappresenta l'intera collettività stanziata sul territorio regionale e tutela la dignità e i bisogni di ciascuno.
La Regione Piemonte fonda la propria azione sui principi e nei limiti sanciti dalla Costituzione italiana e dalle norme dello Statuto.
La Regione Piemonte si ispira ai principi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
La Regione Piemonte contribuisce alla costruzione dell'unità politica dell'Europa e opera nell'ambito dell'Unione europea.
La Regione Piemonte considera l'insieme di tutte le forme viventi e sostanze materiali presenti nel proprio territorio, nei vari ambiti dal sottosuolo all'atmosfera, un bene comune irrinunciabile da trasmettere di generazione in generazione nell'integrità del suo ecosistema.
La Regione Piemonte considera la lotta alla povertà un tratto distintivo della propria identità".
Emendamento rubricato n. 392 presentato dai Consiglieri Giordano, Cota Picchioni, Taricco, Di Benedetto, Dutto, Manica, Marcenaro e Deorsola: emendamento al testo approvato il 5 marzo 2004 dalla commissione per lo Statuto, da inserire prima dell'articolo 1: "Preambolo Il Piemonte, regione autonoma nell'unità ed indivisibilità della Repubblica italiana, nel quadro dei principi dell'Unione Europea, ispirandosi ai principi della Dichiarazione dei Diritti dell'uomo, proclama la sua fedeltà alla Carta Costituzionale fondata sui valori propri della Liberazione e della democrazia riconquistata dal nostro Paese.
La Regione Piemonte riafferma il proprio impegno e la propria vocazione alla libertà, alla democrazia, alla tolleranza, all'uguaglianza, alla solidarietà e alla partecipazione, coerentemente al rispetto della dignità della persona umana e dei valori delle sue Comunità.
La Regione riconosce gli Enti locali, le Autonomie funzionali, le formazioni sociali, culturali, politiche ed economiche attraverso le quali si realizza la partecipazione dei cittadini alle funzioni legislative e amministrative secondo il principio di sussidiarietà.
Il Piemonte per la sua storia multiculturale e religiosa, per le sue tradizioni etno-antropologiche, persegue, nel rispetto della laicità delle Istituzioni, le finalità politiche e sociali atte a garantire il pluralismo in tutte le sue espressioni.
La Regione promuove il riconoscimento e la valorizzazione delle identità culturali, delle specificità linguistiche e delle tradizioni storico-locali che caratterizzano il suo territorio.
La Regione nel rispetto della vocazione del territorio promuove la tutela dell'ambiente e la salvaguardia dei beni naturalistici e assicura il riconoscimento dei diritti degli animali.
La Regione assume come valori fondanti l'educazione alla pace e alla non violenza; la cultura dell'accoglienza, della coesione sociale e della pari dignità di genere; l'integrazione e la cooperazione tra i popoli.
La Regione opera a favore delle fasce più deboli della popolazione mediante il superamento delle cause che ne determinano la disuguaglianza sociale riconosce e sostiene il ruolo della famiglia.
Subemendamento rubricato n. 392/1 presentato dal Consigliere Tapparo: subemendamento abrogativo dell'emendamento n. 392 "Preambolo": l'emendamento n. 392, "Preambolo" è abrogato.
Subemendamento rubricato n. 392/2 presentato dal Consigliere Tapparo: subemendamento all'emendamento rubricato n. 392 "Preambolo" L'emendamento n. 392 "Preambolo" diventa articolo 1 bis "Principi".
Subemendamento rubricato n. 392/6 presentato dai Consiglieri Valvo Galasso, Vaglio, D'Onofrio e D'Ambrosio: emendamento al "Preambolo" comma 1, dopo le parole "Carta Costituzionale fondata" sostituire le parole da "sui......a paese" con le parole "sulla democrazia e sulla libertà".
Subemendamento rubricato n. 392/3 presentato dal Consigliere Tapparo: sub emendamento all'emendamento n. 392 "Preambolo": al terzo periodo sostituire "principio di sussidiarietà" con "metodo della sussidiarietà".
Subemendamento rubricato n. 392/7 presentato dai Consiglieri Valvo Galasso, Vaglio, D'Onofrio e D'Ambrosio: emendamento al "Preambolo": comma 4, sostituire le parole "e religiosa" con le parole "per le sue radici giudaico-cristiane".
Subemendamento rubricato n. 392/4 presentato dal Consigliere Tapparo: sub emendamento all'emendamento n. 392 "Preambolo": al quinto periodo, aggiungere dopo "specificità linguistiche," "a partire dalla lingua piemontese".
Subemendamento rubricato n. 392/8 presentato dai Consiglieri Valvo Galasso, Vaglio, D'Onofrio e D'Ambrosio: emendamento al "Preambolo" comma 7, le parole "e alla non violenza" sono soppresse.
Subemendamento rubricato n. 392/5 presentato dal Consigliere Tapparo: subemendamento all'emendamento n. 392 "Preambolo": sostituire l'ultimo periodo con il seguente: "la Regione opera per rimuovere le cause che determinano le disuguaglianze sociali e gli squilibri economici e territoriali ed interviene a sostegno delle categorie più deboli della popolazione; riconosce e sostiene il ruolo della famiglia senza discriminazione di altre forme di organizzazione sociale a partire dalle coppie di fatto".
Subemendamento rubricato n. 392/9 presentato dai Consiglieri Valvo Galasso, D'Onofrio e D'Ambrosio: emendamento al "Preambolo": comma 8, dopo la parola "famiglia" aggiungere "fondata sul matrimonio".
Il Consigliere Marcenaro ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Se è così gentile, Presidente, da dirci quali tempi prevede per accordarci con la richiesta che era stata avanzata, in particolare dal Gruppo dell'UDC, di essere presente alla discussione di oggi.



PRESIDENTE

Facciamo la discussione generale come se si trattasse dell'inserimento di un articolo. Se la discussione non si esaurisce, la riapriamo nel pomeriggio alle ore 15,00. Se invece la discussione fosse esaurita, la sospendiamo al punto in cui siamo arrivati per mantenere l'impegno preso con i Consiglieri dell'UDC di tenere aperta la discussione sul preambolo e i relativi emendamenti fino alla loro presenza, fino all'orario al quale loro hanno garantito la presenza, cioè le ore 15.00.
Passiamo pertanto alla discussione generale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Papandrea per l'illustrazione ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Non vedo una forma diversa che non quella di illustrare e dibattere le questioni che vengono illustrate, votarle e passare al punto successivo.
Non riesco ad immaginare un altro metodo di lavoro, se non questo.
Noi abbiamo presentato due ipotesi di preambolo. La prima, che vado ad illustrare, è quella che corrisponde meglio al tipo di scelta che noi abbiamo fatto. Noi ci siamo opposti all'idea di un preambolo e abbiamo lavorato a lungo in Commissione per inserire un capitolo sui principi. La Commissione non ha voluto accogliere la nostra richiesta e quando la bozza di Statuto elaborata è stata sottoposta alle consultazioni, le stesse lamentavano una carenza sui principi. Consultazioni meglio organizzate avrebbero focalizzato anche più chiaramente la questione. La strada è quella di lavorare su un primo articolo, sui principi, e non su un preambolo poco chiaro. Per questo abbiamo elaborato una proposta di preambolo molto precisa e limitata, pensiamo che le altre questioni debbano essere inserite con capitoli appositi dello Statuto. In qualche modo questa proposta di preambolo tende a limitarlo al minimo, tende a non dargli quell'enfasi che invece altre impostazioni hanno. Ci siamo trovati di fronte a questa esigenza di preambolo proprio per il modo con cui abbiamo lavorato.
L'idea di opporsi ad ampliare ed approfondire la parte dei principi è risultata un'idea sbagliata, un'idea che non ha retto al confronto, anche minimo, con la realtà che noi abbiamo avviato. Da questo punto di vista sono state positive le consultazioni anche se concesse quasi come un favore e una perdita di tempo.
Credo che un atto così importante come la stesura del nuovo Statuto non possa che meritare un'amplissima consultazione. Consultazione che solo parzialmente si è avuta perché, già all'epoca, la questione tempo che non era certamente responsabilità di quelli che venivano consultati, ma dei tempi con cui la Commissione ha lavorato, ha fatto si che per anni non si sia fatto granché, e si siano concentrati i lavori solo nella prima parte del 2004, trovandoci in questa situazione. Una volta che si è andati a questo confronto, si è detto: quella bozza così com'é non va, si deve fare uno Statuto, ma non quello che la Commissione ha elaborato perché ci sono una serie di grosse carenze. In questa proposta di preambolo pensiamo che ci si debba ridurre all'essenziale; credo sia anche una scelta che hanno operato altre Regioni, inserire un preambolo talmente generale, che non pu che unificare tutti. Affermando che riconosce il valore dell'unità nazionale espresso dal Risorgimento, si va ad un tipo d'indicazione talmente vasta e generale che non dovrebbe essere oggetto di discussione tra noi.
E' ovvio che chi pensa ad un'ipotesi di preambolo più spessa e significativa non può che ipotizzare un preambolo diverso, ma in ogni caso difficilmente si può essere in disaccordo con quanto scritto in questo tipo di ipotesi di preambolo.



PRESIDENTE

Naturalmente, trattandosi di emendamenti, il tempo sarebbe di cinque minuti e lei l'ha rispettato. Però, se l'aula acconsente, non porrei la limitazione in una materia importante come questa.



(Commenti fuori microfono del Consigliere Papandrea)



PRESIDENTE

Consigliere Papandrea, naturalmente può riprendere dopo.
La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Signori Consiglieri e Presidente, celebriamo con il nuovo Statuto quasi un rito di passaggio dalla società degli anni '70 a quella di oggi, una società che offre, alla Carta costituente della nuova Regione, lo specchio di mutamenti culturali, politici ed istituzionali che si sono via via succeduti nel corso degli anni. Ma è nel preambolo o, se volete, nei principi, che si radicano in un contesto concreto e riconoscibile alcuni punti cardinali di quest'inizio del XXI secolo, partendo proprio dagli avvenimenti epocali che sono maturati nel corso di questi decenni: dall'irrompere della globalizzazione, dalla messa in discussione dello stesso Stato unitario sull'onda di un federalismo variamente declinato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che ha aperto le porte al sistema elettorale maggioritario, all'elezione diretta di Sindaci e Presidenti, per superare quello che la collega Manica ha ricordato nella scorsa seduta, l'anarchica instabilità degli anni '80 e garantire la governance delle istituzioni.
E' nel preambolo che si devono ricordare i valori storici antropologici, ideologici e religiosi della nostra terra, alcune virt tipicamente piemontesi come l'etica del lavoro, l'alto senso di disciplina il rispetto per le ricchezze culturali ed ambientali del Piemonte, la tolleranza, la solidarietà, la sussidiarietà, principi costanti della sua vita sociale e civile.
Gramsci ricordava che il Piemonte è creatore di valori storici istituzionali, fondatori di Stati e che il carattere dei piemontesi è fondato sull'autodisciplina, sul culto della razionalità, sul primato dell'organizzazione, sulla sodezza dei modi di comportamento individuali e collettivi, sull'ostinazione che, in mancanza di ogni dubbio e di ogni esultanza, rappresenta l'unica variante del grande assente del codice genetico piemontese, cioè la fantasia. Si è voluto che questo codice genetico non rimanesse - e questa è la mia convinzione sul preambolo sotto traccia o nascosto dietro un fondale di norme giuridiche; si è voluto dare questo imprinting, perché in esso si potesse cogliere il valore di una rinnovata missione ideale per i governanti del Piemonte.
La formulazione del preambolo potrà risultare riduttiva - e lo è rispetto alle molteplici esigenze di una comunità sempre più complessa alle funzioni guida che la nostra Regione potrà esercitare nell'ambito della Comunità nazionale ed europea; cionondimeno, si sono indicati alcuni punti di riferimento cui il Piemonte non può che rinnovare la propria appartenenza.
Il riferimento esplicito alla democrazia riconquistata costituisce la declinazione di un'alta cultura civile, tanto più significativa quanto condivisa da coloro che su questo tema avevano radicato nei tempi passati una loro irriducibile alternatività.
Il superamento delle divisioni non è un azzeramento del passato, non è un occultamento del suo significato storico preciso, non è un revisionismo di maniera. Tutti hanno condiviso l'assunto che la storia repubblicana e democratica ha un incipit indiscutibile che non può essere omesso o dissimulato, e che su tale paradigma i valori della democrazia e della libertà del pluralismo hanno un riferimento storico inalienabile. Dobbiamo prendere atto anche che il Piemonte, anche se nella norma non ci sarà nulla di tutto ciò, ha visto erodere a poco a poco il suo ruolo trainante dell'economia del paese; il modello piemontese ha coinciso, per una lunga serie di anni, con il modello dell'Italia. La FIAT, l'Olivetti e la Ferrero hanno segnato un intero paesaggio economico italiano.
Questo modello oggi nel nord-ovest, salvo rare eccezioni, soffre di fenomeni di assestamento nelle sue grandi imprese, anche per gli effetti della globalizzazione, che toccano i diversi aspetti della vita produttiva per cui se tace sull'argomento la Carta statutaria, il Piemonte dovrà avere tuttavia una visione prospettica del suo futuro, perché non viva la prassi ripetitiva ed estenuante di chi non sa progettare, di chi non sa avere obiettivi che lo pongano in una posizione competitiva forte nei confronti delle grandi regioni europee.
Il Piemonte dal '70 ad oggi, al di là della crisi del post-fordismo, ha comunque creato una società informatizzata, le imprese a rete, i distretti industriali, i parchi tecnologici; una realtà in movimento, che ha investito livelli di governo diversi, i ruoli dei Comuni, Province e Regioni, implementando il rapporto tra pubblico e privato.
La sua capacità di innovare nuove forme di concertazione e nuovi istituti di governance potrà essere l'opportunità per mettere a sistema le grandi potenzialità che ha contraddistinto nel XX secolo il lavoro piemontese e la sua genialità creativa.
La Regione è frutto di eventi storici e politici e realtà sociali ed economiche complesse, tali da non prefigurare una comunità omogenea. Da qui, il concetto di identità - mi dispiace che non ci sia il Presidente Cota - è un insieme di problemi, non un'unica soluzione. Ad esempio, dove si colloca l'identità? Come si differenzia dalle altre? Levi Strauss suggerisce gli antagonismi per marcare la differenza e l'alternatività, ma la perestrojka, che scoperse il vaso di Pandora, quale risultato dette? Il risultato fu la Penisola balcanica. Per cui il mondo attuale, dove la globalizzazione mondializza gli oggetti, ma tribalizza gli individui, è diventato un melting-pot in cui meticciati, mescolanze e contaminazioni portano inevitabilmente alle logiche di nicchia, dove la lingua, l'etnia e il territorio costituiscono quasi nuovi inediti confini politici.
L'etnia, occorre ricordare, è un insieme di individui che, per disposizione naturale o per tradizione, si sentono parte di una comunità diversa dalle altre. Comunque, il regionalismo è un'ideologia che traduce territorialità e cultura in un programma d'azione. Ma quale programma d'azione? Quali i suoi principi fondanti? Quanti sono i Piemonti? In che cosa consiste la sua realtà centripeta? Le sue tentazioni centrifughe? Quali sono le sue varianti che spesso non s'incontrano? Qual è la sua comunicabilità che spesso non comunica e non respira? Ancora un'osservazione sulla lingua. Nei confronti di una lingua planetaria, oggi l'inglese domani chissà, si rivitalizzano le parlate regionali una volta considerate come relitto della premodernità ed oggi invece essenziali, secondo lo stesso principio di sussidarietà.
Per cui l'Occitano, il Walser e il Ladino stanno a dimostrare che è in via di estinzione la vecchia polemica, la vecchia polarità, tra una cultura di stampo metropolitano ed una cultura provinciale marginalizzata, ritenuta come cultura minore e popolare.
La Regione tutela i beni naturalistici ed ambientali, nel rispetto delle peculiarità dei suoi ecosistemi, delle sue biodiversità che ne costituiscono l'unicità e la sua ricchezza. Un riferimento alle fasce deboli della nostra società, alle nuove povertà, al ruolo della famiglia alla politiche di sostegno e di orientamento. Non si può pensare alla miseria di tante persone, senza riflettere che a questa condizione non è estranea l'organizzazione economica al servizio dell'accumulo e del consumismo. Regna ormai una ideologia, in cui gli uomini abituati alla ricchezza non fanno più sacrifici per raggiungere un benessere diffuso, ma promuovono strategie per impedire che le disuguaglianze si attenuino affinché non venga intaccata la felicità che i pochi hanno raggiunto.
Nel ventunesimo secolo ritorna più drammatico che mai quello che la storia insegna da sempre: che "quasi mai il pane va verso i poveri e quasi sempre i poveri vanno verso il pane".
Sulla pace, sull'educazione alla pace di cui parla il preambolo, il secolo appena concluso ha conosciuto una sequenza terribile di genocidi dagli armeni ai ceceni (voglio tralasciare tutto il resto). Scontro di civiltà, come direbbe Huntington, ma fanatismi religiosi e integralisti razziali non sono forse schegge impazzite che obbediscono a fondamentalismi che credevamo superati e che ora, invece, si ripresentano in modo straordinario virulento per segnare, non tanto il diritto alla convivenza quanto il diritto alla sopraffazione? Sul problema del richiamo alle radici religiose, personalmente avrei preferito che ci fosse una menzione del cristianesimo, come realtà che innegabilmente ha significato per secoli l'unità plurale delle popolazioni piemontesi; avrei optato per una formulazione che ricordasse esplicitamente, come suggerisce Padre Bianco, "i retaggi culturali religiose ed umanistici della nostra Regione il cristianesimo" nelle sue varie espressioni confessionali. Non si tratta di un'apologetica del cristianesimo di cui conosciamo, anche noi cattolici, le ombre e le contraddizioni, ma riconoscere la nostra eredità in quella fertile comunicazione avvenuta con l'ebraismo, radice stessa del cristianesimo.
In Europa, i cristiani sono presenti da due millenni ed hanno contribuito a creare una società plurale, formando l'etica, l'arte e la cultura del nostro Continente. Così in Piemonte, amici Consigliere esemplare l'articolo di ieri su La Stampa di Carlin Petrini, quando lui sicuramente laico, riconosce che la storia rurale del Piemonte ha come contrappunto, vistoso e significativo, la testimonianza religiose delle sue edicole, delle sue cappelle e dei suoi santuari.
Con la formulazione - ahimè non accettata - del mio emendamento sul patrimonio spirituale e morale, laico e religioso, avrei voluto ricordare l'apporto, non solo del grande cattolicesimo sociale del secolo scorso e il contributo della comunità valdese alla condivisione dei valori più alti della nostra comunità civile, ma anche la testimonianza straordinaria delle grandi correnti culturali laiche che hanno arricchito straordinariamente il nostro tempo, basti pensare a Gramsci, a Gobetti, a Bobbio e ad Olivetti con la sua straordinaria esperienza di Comunità.
Perché "non c'è storia senza memoria" e questa memoria non può essere amputata ma va intesa nella sua complessità, deve pluralista e non monista deve avere una dimensione a tutto tondo delle grandi esperienze umani civili e politiche della nostra Regione, delle sue tradizioni liberali socialiste e delle conquiste dal suo movimento operaio, della sua peculiarità e del suo cattolicesimo sociale.
Sull'elaborazione del testo c'è stato, caro amico Papandrea, un ampio e civile confronto fra le diverse forze politiche del Consiglio, anche tra chi si opponeva pregiudizialmente alla stesura di qualunque tavola dei valori e chi invece ha voluto lavorare pur partendo da posizioni differenziate e poi, lungo il cammino, ognuno prende le sue uscite di sicurezza.
Personalmente devo ringraziare tutti perché ho trovato, al ritorno in questa Assemblea, un grande clima di civiltà e una grande disponibilità al dialogo. Sapute tutti che la civiltà muore con la morte del dialogo.
Questo è stato il conforto perché, al di là di quello che potevo temere, di una discussione su un paradigma, anche duro, di confronto e di differenziazione, si è sviluppato un dialogo che ha avuto alcuni risultati significativi ed ha avuto - e potrebbe ancora avere - alcuni approdi di grande spessore.
Non credo che la discussione - è un mio parere personale - sul preambolo e sui principi debba essere ex post. Non credo nel valore deterministico della norma, anche perché la norma è difficilmente decifrabile e perché dalla stessa si dovrebbe produrre una reazione alchemica. Credo, invece, in un'esplicitazione formale e corretta, in un preciso contesto di identificazione, di quelle che saranno i punti cardinali e la nostra carta di navigazione .
Credo che uno sforzo di questo genere, indipendentemente da ciò che hanno fatto altre Regioni e da ciò che potrebbero fare, sarebbe un segno distintivo, non solamente della volontà della Regione, ma della maturità politica e sociale di questa Assemblea.
Per questo motivo ribadisco, anche a nome di altri colleghi che hanno mantenuto la loro firma, la mia profonda convinzione che questo preambolo debba essere l'incipit forte e persuasivo del cammino della nuova Regione per i prossimi anni.



PRESIDENTE

Grazie Consigliere Picchioni.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Non ho capito il metodo di lavoro organizzato, pensavo si facesse un intervento...



PRESIDENTE

Chiedo scusa, perché abbiamo dovuto adottare una norma ad un'esigenza...



PAPANDREA Rocco

Non c'è problema, anche perché credo che la discussione dei provvedimenti debba essere organizzata, non in modo generale ma in modo puntuale.
Mi ero limitato ad illustrare quella prima proposta che rimane, come la nostra seconda proposta, un'impostazione non di rifiuto di una discussione sui principi, bensì del preambolo.



PRESIDENTE

Chiedo scusa, Consigliere Papandrea, vorrei solo informare l'aula che il collega Papandrea è firmatario di due proposte di preambolo. Prima si era limitato a ragionare sulla prima proposta, ma ora, avendo unificato le discussioni, illustra i due preamboli nella loro interezza.



PAPANDREA Rocco

Avevamo sostenuto che ci volesse addirittura un capitolo "principi" quindi non era il non affrontarlo, ma la forma con cui si affrontava. Non si tratta del preambolo che, ripeto, è frutto di un recupero tardivo della questione.
Sul punto, però, ho già parlato in precedenza. Ci eravamo mossi con una prima impostazione molto generica e poi ne abbiamo presentato una seconda che ovviamente sottoponiamo alla discussione, che mantiene l'impostazione generale, cioè mantiene l'idea che ci debba essere un capitolo principi che sia ampio del nostro Statuto. Nello stesso tempo, però, se si vuole introdurre un preambolo - anche minimamente sostanzioso - abbiamo avanzato questa seconda proposta che si caratterizza, in particolare, per una questione a cui si è accennato anche nell'intervento del collega Picchioni che parla di un "pezzo" delle nostre radici comuni, che in qualche modo non possono essere rimosse e a cui tutti ci ispiriamo, ma che qui vengono citate in modo esplicito.
Si tratta di ricordare che l'Italia moderna, il Paese in cui viviamo dove gran parte di noi è nata e cresciuta - nasce, nella fase finale dell'ultima guerra, attraverso la liberazione dalla dittatura fascista, che l'aveva caratterizzata durante il ventennio precedente.
Il riferimento alle tradizioni antifasciste e antinaziste del nostro Paese lo poniamo in termini chiari ed espliciti, proprio perché se si vuole essere revisionisti e riconoscere questo valore, il modo più chiaro per farlo è affermarlo, senza trovare un sistema per attutirlo.
Questa lotta, in tutto il centro-nord del nostro Paese, ha assunto delle caratteristiche storiche particolari, rappresentate dalla lotta di resistenza. Da questo punto di vista, noi riteniamo che la nostra Regione sia...



(In Aula si sente suonare un allarme antincendio)



PAPANDREA Rocco

CONTU Mario (fuori microfono)



PAPANDREA Rocco

un allarme, Presidente!



PRESIDENTE

Non è un allarme classico.



(Brusìo in aula)



PAPANDREA Rocco

Durante le prove antincendio, ci avevano fatto uscire.



PRESIDENTE

Sembra un antifurto, ma non credo che sia...



PAPANDREA Rocco

un allarme antincendio, non credo sia di una macchina.
Presidente, sospenda la seduta!



PRESIDENTE

Colleghi, sospenderei la seduta per cinque minuti, in attesa di capire di quale allarme si tratta. Dalle prime informazioni, sembrerebbe che qualcuno abbia fumato nei corridoi e che l'allarme abbia rilevato una concentrazione di fumo irregolare. Ci attiveremo per avere più dettagli circa la trasgressione.



(La seduta, sospesa alle ore 11.51 riprende alle ore 12.03)



PRESIDENTE

Abbiamo avuto conferma che si trattava di allarme antincendio provocato dal fumo nelle zone vietate nei dintorni dell'Aula consiliare.
Possiamo riprendere la seduta. La parola al Consigliere Papandrea, che può terminare il proprio intervento.



PAPANDREA Rocco

Concludo il ragionamento.
Stavo parlando, appunto, delle origini concrete della nostra Costituzione e, in qualche modo, di tutto il nostro ordine, che, come ricordavo, ha radici precise, segnate dalla nostra storia, che nel nord (con un'espressione significativa per quanto riguarda la nostra Regione) sicuramente questo fenomeno di riconquista della democrazia e di lotta per la liberazione dal fascismo viene indubbiamente conosciuto come "Resistenza".
Noi riteniamo che in un preambolo questo tipo di riferimento ci debba essere.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Papandrea.
Ha chiesto la parola il Consigliere Contu.



CONTU Mario

Mi riservo di intervenire successivamente nel merito delle questioni.
Invece, Presidente, vorrei sollevare una questione preliminare, che niente ha a che fare con l'oggetto della discussione.
Quello che si è verificato prima, Presidente, chiama in causa il responsabile della sicurezza. La pregherei di verificare attentamente le procedure, perché non esiste e non è nello stato delle cose che nel corso di un'assemblea scatti un allarme - per qualsiasi ragione possa essere scattato - e non si adottino le disposizioni previste dalle modalità di evacuazione di un contesto, in questo caso dell'Aula.
La pregherei, quindi, di utilizzare questo incidente di percorso per dare norme cogenti affinché, in modo ordinato e disciplinato, a fronte di un allarme per il quale saranno da appurare le cause, si proceda secondo quanto stabilito dalle norme di sicurezza.
Lo dico per la tutela di tutti - intervengo in qualità di genitore perché nel momento in cui nelle scuole scatta un allarme (a volte pu succedere per le ragioni più svariate), i bambini e le insegnanti sanno che devono rispondere in un determinato modo. Poi si scoprirà che magari era un falso allarme.
Questo glielo ricordo, Presidente, per la tutela di tutti. Grazie.



PRESIDENTE

La ringrazio.
Raccolgo sicuramente la sua indicazione preziosa. Vorrei anche chiarire che il tipo di allarme si riferiva all'intasamento dei rilevatori dell'aria viziata. Si trattava, quindi, di verificarne l'ubicazione e di riazzerare l'impianto.
La sua segnalazione, comunque, è assolutamente pertinente e la ringrazio.
La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Signor Presidente e colleghi, vorrei ringraziare, in modo particolare il Consigliere Rolando Picchioni per l'intervento che ha pronunciato pochi minuti fa. Naturalmente non ci sono solo i contenuti; c'è anche uno stile e una modalità che contribuiscono a ricordarci il carattere e la natura della discussione che stiamo svolgendo e la responsabilità a cui siamo richiamati.
Sappiamo che il livello dello stile è un punto rilevante. Lo dico naturalmente, con la sconsolata considerazione del modo in cui svolgiamo questo confronto. Come sapete, non ho lavorato in questi mesi per costruire delle polemiche, ma quando vedo i banchi della Giunta in questo modo, lo trovo un elemento di desolazione; quando vedo una presenza dei colleghi come questa, su una discussione così importante, trovo ci sia qualcosa che contraddice profondamente la nostra responsabilità.
Considerando che molte cose, per quanto riguarda i contenuti e lo sfondo generale nel quale il nostro dibattito si colloca, sono state dette dall'On. Picchioni, mi limiterei ad alcune considerazioni su quelle che mi sembrano le scelte che stanno di fronte al nostro Consiglio regionale, al momento della stesura dello Statuto, in particolare della parte riguardante i suoi principi generali.
Come è stato ricordato, nella prima fase di elaborazione dello Statuto quella che ha portato alla sua prima approvazione, poi posta a nuove consultazioni, avevamo operato una scelta che ho definito "una scelta di sobrietà"; una scelta, cioè, che rinunciava a una indicazione degli elementi valoriali fondamentali sui quali lo Statuto doveva poggiare e sceglieva dei riferimenti molto più essenziali, alle grandi carte che a livello nazionale e internazionale fondano i nostri ordinamenti.
In questa scelta stavano due ordini di considerazioni che voglio riproporre, non per riportare allo stesso punto di arrivo, ma per tentare di comprendere reciprocamente le ragioni di una scelta rispetto ad un'altra.
La prima considerazione riguarda il fatto che c'è da parte nostra, o almeno da parte mia, una certa riluttanza nel considerare che la questione dei principi sia una questione che differenzia a tal punto i diversi ambiti territoriali del nostro Paese, da comportare una scrittura diversa nelle diverse Regioni. Riterrei completamente pleonastica o addirittura sbagliata un'affermazione che dicesse, ad esempio, come qualcuna è stata presentata nei nostri lavori preparatori, che il Piemonte garantisce la libertà religiosa. La libertà religiosa non la garantisce il Piemonte, forse non la garantisce neanche la Costituzione italiana; probabilmente c'è qualcosa, su questo, che riguarda addirittura le radici nel diritto naturale.
Allo stesso modo, ho dei dubbi sul fatto che le diverse Regioni italiane chiamate in questo stesso periodo all'elaborazione dei loro Statuti possano definire in modo radicalmente diverso il loro atteggiamento rispetto, ad esempio, ad alcuni grandi fatti storici.
Facciamo un esempio: non credo ad un'Italia nella quale ci sia un Piemonte che si dichiari antifascista e una Lombardia che non lo faccia; un Veneto che si collochi in un certo modo e una Sicilia che si collochi nel modo opposto.
Non voglio andare avanti con questa elencazione, ma dico che c'era e c'è una ragione che riguarda una prudenza nell'affrontare questi temi, che è dovuta semplicemente alla convinzione che su alcuni di essi c'è un quadro e un ambito più generale di determinazione, rispetto al quale abbiamo dei dubbi sulla nostra autonomia di definire posizioni e principi.
La seconda ragione che spingeva verso una linea di maggiore sobrietà era il fatto che ci muoviamo in una situazione di grande incertezza, in generale, per l'intreccio, che non possiamo dimenticare, esistente fra il dibattito istituzionale e il dibattito politico, la sua radicalizzazione e il modo in cui avviene, per cui, per diventare scrittori di Statuti bisogna compiere uno sforzo veramente al di sopra di quello che normalmente può essere considerato.
Cosa vuol dire questo? Questo vuol dire, ad esempio per noi, avere scelto il riferimento alla Costituzione vigente come limite invalicabile.
Quando dico limite invalicabile, vuol dire non solo che naturalmente si rifiuta qualsiasi peggioramento, ma che si rinuncia anche all'idea che questo Consiglio regionale possa migliorare la Costituzione italiana nel suo spirito e nella sua lettera, cioè che prendiamo quello come un punto rispetto al quale valutiamo di non essere in grado, per le condizioni politiche nelle quali il nostro discorso si svolge, di andare oltre.
Voglio fare un esempio che ritornerà nelle prossime ore, su emendamenti che sono stati presentati: che senso ha il nostro accanimento nel respingere proposte, come quella di sostituire l'espressione "Giunta regionale" con l'espressione "Governo regionale", o di sostituire la parola "capoluogo" con la parola "capitale"? Francamente, se potessimo fare una discussione semplicemente legata al merito, non ci sarebbe da parte nostra alcuna obiezione. Poiché nella lettera della Costituzione sta scritto "Giunta regionale" e "capoluogo regionale", noi abbiamo fatto la scelta di stare su quel punto come elemento di prudenza, perché ci pare che questo aiuti, in una situazione difficile, il lavoro del Consiglio regionale per l'elaborazione dello Statuto. La mia impressione è che, se ci avventuriamo in territori nei quali questi principi vengono meno, partiamo magari con le migliori buone volontà, ma apriamo la strada a un processo che può essere per noi stessi ingovernabile.
La terza questione (è l'ultimo punto per cui abbiamo pensato questa impostazione) è in fondo una valutazione di opportunità e prudenza.
Poiché questo Statuto lo dobbiamo e lo vogliamo fare assieme a forze che hanno opinioni così diverse fra loro, abbiamo pensato - può darsi che in questo ci sia stato da parte nostra un elemento opportunistico, io ritengo sia stato un elemento di prudenza - una valutazione che convenisse su questo punto, cercando una linea che si basasse su edifici già costruiti e non pretendesse solo di costruire le proprie casematte, se il linguaggio è quello gramsciano che deve essere usato di volta in volta.
Detto questo, è poi emerso, non solo dalle consultazioni, che sono state su questo punto abbastanza generiche, ma dal Consiglio regionale, dai Consiglieri, dai contributi che sono stati dati, un'altra esigenza: quella di andare su questo piano a un'elaborazione più esplicita e a una formulazione più compromettente, sulla questione dei principi.
Noi non ci siamo sottratti e non ci sottraiamo a questo tentativo. Non ci sottraiamo a questo tentativo non perché ci sia una ragione di principio per cui noi ci opponiamo a questa cosa; noi non ci sottraiamo a questo tentativo che dovremo compiere con assoluto spirito di ricerca. Ma vi chiederei di avere una cautela: di mantenere il salvagente di una linea di sobrietà, di una linea che ci metta in condizione di affrontare...
Perché dico questo? Perché - e concludo rapidamente, ma mi pare che in questa discussione abbiamo convenuto di poter utilizzare anche qualche minuto in più per chiarirci - noi non siamo chiusi a nessuna ricerca, a nessun tentativo, ma pensiamo che, se si entra in questo campo naturalmente è un campo aperto, al riguardo condivido l'intervento di Picchioni, è un intervento che posso sottoscrivere, in particolare su questo punto - se andiamo alla ricerca delle radici, forse è giusto dire che si possono nominare le radici cristiane nelle loro varie confessioni come una parte della storia di questa regione, della sua storia culturale ma allo stesso modo, a quel punto, come si fa a non ricordare le radici liberali, le radici socialiste, il peso del movimento operaio nella storia di questa regione? Come si fa a pensare che questo non avvenga in una riconsiderazione globale di questa vicenda che ha queste caratteristiche? Vogliamo provare ad addentrarci su questa strada? Possiamo farlo. Così come su altri temi, se questa è un'esigenza che matura in questo Consiglio regionale.
Chiederei però su questo punto, formulandola con tutta la cortesia possibile, ma unendo a questa cortesia anche un certo grado di fermezza, di non pensare che si possa scrivere una carta di principi per emendamenti.
Non si può non introdurre la parola libertà così abbiamo fatto un emendamento (faccio solo un esempio). Un preambolo che ha dei principi, un articolo, sia quello che decideremo che sia, nella sua forma... Chiederei faccio una parentesi su questo - a Papandrea e agli altri colleghi di vedere prima il merito, poi dopo vediamo come chiamarlo; mi pare questa una cosa francamente che viene dopo, prima vediamo la sostanza.
Su questo punto - ripeto - se qualcuno pensa che il preambolo che qui è stato proposto non sia sufficiente, si provi allora a riscrivere un preambolo nel suo insieme, abbiamo bisogno di vedere un testo nel suo insieme. L'idea che si possa procedere per emendamenti, cambiando quattro parole, modificando il senso e l'equilibrio difficile di un percorso e di un discorso è un'idea, secondo me, semplicistica e anche un po' irresponsabile, alla quale noi non saremmo disponibili in alcun modo.
Questo, naturalmente, è un punto di verifica molto importante e ripeto, se questo percorso più difficile è un percorso che intendiamo affrontare, noi - come abbiamo sempre cercato di fare in tutti questi mesi siamo disponibili a ricercare insieme agli altri le soluzioni idonee che realizzino quell'unità indispensabile di intenti del Consiglio regionale su questi punti. Ma certamente non riteniamo possibile col nostro accordo - il che non vuol dire che poi non sia possibile - che su una questione come questa si proceda a maggioranza, perché procedere a maggioranza su un punto come questo vuole dire, per quanto ci riguarda, procedere a maggioranza su tutto lo Statuto regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Siccome noi non possiamo pretendere, per coloro che si avvicinano allo Statuto per varie esigenze di studio o di utilizzo negli anni futuri, che leggano gli atti preparatori dello Statuto, dobbiamo pensare che il documento che emergerà deve dare chiarezza a coloro che ne fanno uso per qualsiasi ragione. Allora vedranno un articolato abbastanza asciutto soprattutto nella prima parte, molto essenziale, direi proprio stretto al minimo; vedranno un preambolo (o quello che sarà) che sarà di respiro, cioè tenterà in qualche modo di dare una proiezione e, se ci dovesse essere uno studio dello Statuto, è chiaro che la parte del leone la farebbe l'interpretazione, la valutazione di quelli che sono i contenuti del preambolo perché sono contenuti strategici.
Volevo solo sottolineare, proprio anche per mio limite, che noi abbiamo dedicato 99 sedute all'elaborazione di questo testo e a un passaggio così delicato come i contenuti che ci vengono proposti di questo preambolo dedichiamo poco tempo. Probabilmente, ripeto, per miei limiti, non sono in grado in quattro battute di poter entrare in una proiezione così di livello e delicata; citerò ad esempio due o tre punti che mi lasciano perplesso rispetto ai quali però non sono in grado di dare una proposta alternativa sufficientemente adeguata. Per questo motivo dicevo che occorre trovare lo spazio per fare un approfondimento significativo e determinare degli equilibri forti da parte di tutti, perché giustamente - come diceva il collega Marcenaro - non dobbiamo passare questi contenuti a colpi di maggioranza, ma possibilmente dovrebbe esserci un largo consenso, perché il preambolo diventa il segnavia dello Statuto; il resto è più procedurale salvo alcuni articoli iniziali, mentre questa diventa la proiezione di fondo.
Purtroppo, non so perché a questo non abbiamo dato l'adeguato spazio almeno io non sono in grado, in una sede così limitativa com'è il lavoro d'aula, di poter intervenire efficacemente e costruttivamente.
Cito alcuni punti, ma poi ce ne sono altri. Per esempio, trovo che il dibattito che non abbiamo voluto affrontare in Commissione rinviando al trattato costituzionale dell'Unione Europea e alla Costituzione per i grandi principi portanti, tocca la questione tra liberazione e resistenza.
Il non trovare in questo documento la parola "resistenza", che può avere avuto buone o cattive ragioni, doveva essere in qualche modo sviscerata.
Anche la sussidiarietà, come viene posta in questa forma, affastellando enti locali con autonomie funzionali e forme sociali per non dire che esiste una sussidiarietà orizzontale e una sussidiarietà verticale, non cogliendo, a mio parere, quello che è un grosso problema, cioè se è un metodo la sussidiarietà, va bene, se è un principio e diventa principio guida per il legislatore, imponendogli di avere una sovradimensione di indirizzo nel produrre legislativamente: qui siamo dinnanzi ad una cosa molto forte e anche schierata culturalmente e politicamente.
Non tutti i Consiglieri, forse, hanno seguito a fondo il dibattito attorno alle tematiche della sussidiarietà, ma si è aperto un grosso scontro, non vorrei dire tra laici e non laici, attorno alla sussidiarietà orizzontale. Certamente qualcuno della parte a me più vicina dice: attenzione di non far sì che il principio della sussidiarietà orizzontale incardinato come principio guida, venga a condizionare l'elaborazione legislativa. Allora è un superamento persino della Costituzione, come verrebbe inserita la sussidiarietà. In Commissione c'é stata una certa prudenza per evitare che fosse il principio guida, soprattutto la sussidiarietà orizzontale, di tutto il processo legislativo che si viene a determinare. Ed ancora penso alla specificità linguistiche. Il Consigliere Picchioni cita la lingua Occitana, il Walser, ma non cita la lingua piemontese che è stata discriminata dalla legislazione nazionale. Il Consiglio regionale, se non è schizofrenico, dovrebbe avere un minimo di coerenza: ha approvato all'unanimità un ordine del giorno chiedendo al Parlamento di poter colmare quel vulnus che era stato compiuto. La lingua piemontese - può essere interpretata, sarà più o meno ridotta - ma rappresenta ancora linguisticamente un corpo importante. C'é il timore quasi di citarla.
Citiamo specificatamente tutto: il franco-provenzale rispettabilissimo, delle mie valli, l'Occitano - dove è in corso un dibattito se occitano o occitano provenzale. Il Consigliere Picchioni ha introdotto un tema così importante, che io non sono in grado, per miei limiti, di dargli quella sintesi, quella proposta per concorrere a far diventare questo documento, un documento che soddisfi al meglio possibile la collettività piemontese. Ho presentato un emendamento nello specifico perché, ovviamente, ritengo importante volare alto nella fase dello Statuto. Vorrei concorrere, magari ho un po' di piombo alle ali, a fare questo lavoro, e qui mi viene posta una limitazione. Se avessi avuto "enne" sedute in Commissione per fare questo scavo, probabilmente si sarebbe trovato un punto di equilibrio. In questa situazione di relativa fretta denuncio dunque qualche difficoltà. Per esempio, quando si parla di educazione alla pace, ma è la politica che esprimiamo concretamente per la pace, non facciamo solo un'azione perché i giovani siano educati alla pace.
Abbiamo una legge specifica in questo senso che, ahimè, spesso, coloro che ne dovrebbero beneficiare, lamentano l'inadeguatezza finanziaria. Non voglio, perché il tempo è limitato, distinguere tra quello che è un impegno, l'educazione alla pace, e quella che è un'espressione, una politica, una vocazione alla pace dell'istituzione in quanto tale e nei suoi atti. Una politica alla pace può essere anche quella di favorire economicamente lo sviluppo dei paesi del Terzo Mondo. Ieri il WTO ha approvato un indirizzo in materia agricola, ed è un tema che si correla alla pace perché i paesi poveri, messi alla fame, senza possibilità di sviluppo, hanno più facilità di cadere sotto dittature con maggiori probabilità di investire sulle armi piuttosto che investire sulla socialità.
Infine, quando si parla di fasce deboli - al di là del termine tecnico "fasce", che nasce negli anni '80 come approccio amministrativo per individuare dei segmenti o delle categorie sociali - il termine contiene molte cose, le disuguaglianze non sono solo sociali, ma anche territoriali.
Nel nostro Piemonte, l'abbiamo anche individuato nella legislazione infatti abbiamo indicato tre categorie di zone montane, di diversa marginalità. Non c'é solo una diversità che produce ingiustizie sul piano sociale, ma anche sul piano territoriale che richiede politiche adeguate.
Sul ruolo della famiglia. Io indico in un emendamento che dobbiamo considerare l'organizzazione sociale complessivamente. Penso alle coppie di fatto, a realtà che esistono nella nostra articolazione sociale.
L'articolazione della società mi sembra più complessa e meriterebbe che in un preambolo ci fosse questo respiro. Ritengo la centralità della famiglia essenziale e importante, lo riconosco, ma ritengo anche utile riconoscere le articolazioni della società che si sono espresse negli ultimi decenni e che non possono essere o non citate o compresse o dimenticate.
Ho detto queste cose non per negare il valore del documento, che magari con qualche limatura approverò, ma per dire che abbiamo perso un'occasione per offrire a coloro che leggeranno lo Statuto di non vedere gli articoli come un elemento procedurale - come organizzato, la Giunta, ecc- e poi c' il segna vie che è questa parte cioè il preambolo. Se un insegnante dovesse far studiare lo Statuto ai suoi allievi direbbe loro di dedicare gran parte di attenzione al preambolo perché lì c'é la natura di quello che vogliamo essere, il resto è più routine, da studiare, ma fa parte dello studio del diritto regionale. Ed è per questo che ho un rincrescimento. Non voglio frapporre problemi temporali, non voglio far perdere tempo, non voglio mettere delle zeppe all'avanzare dei lavori, ma forse avremmo potuto ideare qualcosa che rispondesse, in modo migliore, all'esigenza che si è voluto dare al preambolo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Mercurio; ne ha facoltà.



MERCURIO Domenico

Per quanto mi riguarda il dibattito di oggi sul preambolo è la continuazione del dibattito sullo Statuto. Lo Statuto, per guanto mi riguarda, è già di per se un preambolo. Se proprio deve esserci un preambolo allo Statuto è la nostra Carta Costituzionale.
Colgo l'occasione oggi per chiarire perché non ho firmato la proposta della maggioranza sullo Statuto. Non l'ho firmata perché in Commissione avevo proposto tre emendamenti che non sono stati accolti dalla maggioranza medesima. Gli emendamenti riguardavano il carattere antifascista della nostra Costituzione (perché è da questo che discendono i principi di libertà, uguaglianza, ecc richiamati nel preambolo); un emendamento sul principio dell'accoglienza degli immigrati, e un emendamento sulle diversità. Avevo anche proposto, ma non formalizzato, un richiamo ai valori e all'epopea del Risorgimento, che vedo formalizzato questa mattina da un emendamento a firma del Consigliere Chiezzi. Emendamento che sottoscrivo subito e che voterò, perché mi pare logico che dovendo scrivere lo Statuto del Piemonte nel ricordare, come ha fatto stamattina il Consigliere Picchioni, la forza del Piemonte, il fatto che il Piemonte è una piazzaforte europea ed altre cose che condivido. Accanto a questo richiamo sulla forza del Piemonte d'oggi, credo non guasti un richiamo, oltre ai valori dell'antifascismo, anche ai valori risorgimentali, considerando quello che era l'Italia ai tempi del Risorgimento e quello che è oggi. Oggi abbiamo il compimento di quei valori, passati attraverso la Costituzione quindi sul piano storico quella che era la domanda dell'Italia del tardo Ottocento ha trovato tale compimento.
Teniamo conto che, un secolo prima che si parlasse di Risorgimento in Piemonte, Torino aveva 17.000 abitanti ed era una forte piazza militare.
Era soprattutto popolata da molti siciliani che venivano chiamati allora mercenari, ma non lo erano perché non c'era la leva obbligatoria, erano personaggi che venivano in Piemonte a fare la leva. Il dibattito d'oggi è una continuazione del dibattito sullo Statuto. Personalmente avevo votato lo Statuto, anche se non erano stati accolti i miei tre emendamenti affermando che mi sarei riservato in aula di chiarire se fosse stato possibile farli passare. Ritrovo nel preambolo almeno due dei tre richiami che avevo fatto, perché si parla di cultura dell'accoglienza. Certo io ero stato più esplicito. Mi auguro che possa trovare ancora udienza in quest'aula parlare di accoglienza nel senso di accoglienza di immigrati o apolidi. Dico questo, perché vedo fra gli altri un altro emendamento che condivido, firmato dal Consigliere Cattaneo, che giustamente fa un richiamo alle radici cristiane. Non si può fare richiami alle radici cristiane e poi non accettare il principio dell'accoglienza nei confronti degli immigranti e delle diversità. Sono tutte cose che ho imparato, avendo stima e rispetto di queste radici cristiane, che accetto personalmente, perché è un fatto storico. Anche quelli che pensano di essere laici o atei sono cresciuti dentro questo mondo che ci ha allevato in un certo modo in tutti questi anni.
Tutto deve avere una consequenzialità ed in questo sono d'accordo con il collega Marcenaro, che dice che non è tanto la parola o l'aggettivo che dobbiamo cambiare o inserire. E' inutile scrivere uno Statuto di cento pagine, non serve a niente. Personalmente, lo farei di dieci articoli se fosse possibile, però tutto deve essere conseguente. Per quanto mi riguarda, la conseguenza è la Costituzione italiana, i diritti dell'uomo il carattere antifascista. Se vogliamo andare indietro nella storia, ci mettiamo anche i valori del Risorgimento e, pian piano, arriviamo alle cose che hanno una conseguenza logica.
Perché non faccio distinzione tra preambolo e Statuto? Preambolo cosa vuol dire? Che viene prima dello Statuto. Ammettiamo che sia così, lo Statuto è il fondamento; successivamente, dallo Statuto, che dà le idee guida alla Regione, discendono tutte le conseguenze. Ma, ripeto, se lo Statuto vuole essere un fondamento da cui discende per conseguenza tutto il resto, cioè le leggi e i comportamenti, nello Statuto ci deve essere una logica consequenziale che - mi pare - risulta dallo sforzo fatto in tutti questi mesi. Personalmente, mi ritengo soddisfatto del lavoro di questi mesi. Ringrazio quanti hanno voluto inserire quelle due parole nel preambolo. Se ci fosse la possibilità di inserirne una terza e una quarta per quanto mi riguarda, sarei più che soddisfatto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Intervengo volentieri su questo punto, che è stato un po' contrastato sia a livello di Commissione - e il preambolo quasi mitizzato - sia all'interno del Consiglio regionale cui apparteniamo, sia nelle Regioni.
Come sappiamo, altri colleghi lo hanno ricordato puntualmente, è stata una via d'uscita - su questo concordo con il collega Picchioni quando dice che la formulazione è riduttiva - per molti Statuti, sia a livello di Commissione sia nel caso di alcune Regioni come l'Emilia Romagna e la Liguria, anche se l'hanno chiamata "Premessa" addirittura già in sede d'aula.
Voglio fare una considerazione al collega Contu affinché stia tranquillo che sono certamente di parte. Guai se non lo fossi, perché sono Capogruppo di una parte rilevante di un partito politico. E' ovvio che se intervengo, intervengo politicamente e faccio delle considerazioni di parte. Anche se ritengo che sostenere che il preambolo debba venire dopo è un'autorevole e rispettosa sua affermazione, per quel poco di cultura e di conoscenza che ho, non vi sono dubbi che il preambolo deve venire prima.
Indubbiamente, se si vuole inserire un preambolo, qualora fosse questa la scelta - questo, secondo me, è il punto sul quale dobbiamo confrontarci e convincerci - mi sembra ormai una scelta obbligata in questa fase, non tanto per una scadenza temporale, ma perché si può certamente, rispetto alla puntualità e alla precisione dei singoli articoli e commi, riuscire ad inserire questi elementi. Per quanto mi riguarda, il preambolo è a pieno titolo parte integrante dello Statuto. Su questo non c'è dubbio.
Se dovessimo avere il dubbio sul fatto che il preambolo sia o no parte integrante dello Statuto, staremo qui a perdere tempo. Se il preambolo deve essere una sorta di ordine del giorno interno al percorso dello Statuto, e non fare parte dello stesso, staremo qui ad impegnare inutilmente il nostro tempo.
Per quanto mi riguarda, non è una via di uscita, ma una modalità per recuperare quegli aspetti e quei valori che avevamo accantonato, non perch non avevamo, nella fase storica del dibattito sullo Statuto di alcuni mesi fa, la sensibilità per confrontarci e per inserirli, ma perché avevamo scelto una via che abbiamo poi superato, con la discussione, il confronto e la reciproca capacità di ascolto.
In un certo senso, questo aspetto è stato evidenziato anche dalle Consultazioni avvenute sul territorio della nostra Regione, cui abbiamo partecipato.
E' ovvio che il preambolo deve essere una mediazione, purché non sia un pateracchio, un inciucio, un qualcosa che invece di elevare la qualità del nostro Statuto, potrebbe inficiarla o abbassarla.
Credo, quindi, che l'ipotesi di istituire un gruppo di lavoro - come già richiesto, velatamente da alcuni colleghi, e in modo più concreto ed esplicito da altri - sia la via maestra. Se, però, a tale gruppo non partecipano tutti i Gruppi o, perlomeno, autorevoli esponenti che possano rappresentare veramente le posizioni, servirà solo per fare un'ulteriore sgrossatura: predisponiamo un altro bel preambolo in versione aggiornata e poi arriviamo in Aula per ricominciare tutto dall'inizio.
Se è vero - com'è vero - che l'Aula è sovrana ed ogni singolo Consigliere regionale deve avere la possibilità di confrontarsi e apportare un proprio contributo, è altrettanto vero che occorre arrivare in Aula, a questo punto, con un preambolo che sia una buona base da affinare, ma non da stravolgere. Se arriviamo con un'ulteriore versione del preambolo, dando la possibilità di stravolgerlo, a quel punto concordo con i colleghi che sostengono la necessità di mantenere vivo, come ultima ratio, il salvagente. Sarebbe quasi come dire: va beh, ci abbiamo provato, non siamo riusciti, ma lo Statuto lo dobbiamo comunque fare; siamo tutti convinti di farlo e di farlo insieme, al di là delle maggioranze. Qualora, però, non ci fosse la possibilità - personalmente mi auguro di no - di ritrovarsi sul merito con un'ipotesi di preambolo condiviso, è ovvio che il preambolo dovrà essere accantonato e dovremmo incominciare lo Statuto, così come avevamo già trovato una via - allora la via maestra - all'interno della Commissione.
Alcune considerazioni. Nel merito abbiamo posto alcune proposte, così come altri, che sono state inserite nel preambolo. In una prima fase abbiamo firmato e presentato questo preambolo - con la firma del sottoscritto e del collega Costa Enrico - che poi, in questa fase, abbiamo ritirato - e ne siamo soddisfatti - contribuendo ad individuare le condizioni di rivisitazione, senza stravolgimento, del preambolo, per trovare un'intesa, la più ampia possibile. Ci sono anche altri Gruppi della Casa delle libertà che non l'hanno sottoscritto: AN, lo stesso UDC (che ha chiesto di partecipare al gruppo di lavoro e di partecipare con proprie proposte nella giornata di oggi).
Per quanto riguarda i due problemi fondamentali - come definire l'aspetto che riguarda la riconquista della democrazia del Paese (quindi se definire liberazione o se fare un riferimento più puntuale alla Resistenza) e trovare una formulazione più autentica e più pregnante rispetto la questione della cristianità - sono due aspetti che, volente o nolente vengono messi in relazione da alcuni Consiglieri. Non sono fra questi.
ovvio, però, che non devono essere inseriti come merce di scambio vi diamo la Resistenza e portiamo a casa la cristianità - ma occorre confrontarsi a tutto campo per trovare una formulazione che possa, dal mio punto di vista, migliorare l'attuale proposta di preambolo (già una buona proposta). Dobbiamo sederci ad un tavolo, sapendo che occorre avere due disponibilità: primo, non entrare con pregiudizi sulle proposte degli altri; secondo, mettere in discussione i propri nella formulazione. Se non ci fosse questa disponibilità reciproca, è ovvio che sarà molto difficile trovare una soluzione.
Credo che un riferimento più puntuale, soprattutto alla luce dell'inserimento del riconoscimento dei diritti degli animali, debba essere fatto. Se inseriamo tale riconoscimento, allora dobbiamo essere un po' più elastici e sviluppare un ragionamento più ampio e più rispettoso sulla questione delle nostre radici religiose che sono, inevitabilmente, radici cristiane, trovando una formulazione che possa rafforzare questi aspetti in una più ampia condivisione possibile.
Se, invece, ognuno di noi si radica nelle proprie convinzioni, diventa veramente difficile lavorare. Credo, quindi, che fare un riferimento più puntuale alle radici cristiane e, nel contempo, rafforzare quel rispetto della laicità, possa costituire, insieme ad altri ambiti ed altri aspetti che mi riservo di rappresentare nel gruppo di lavoro, una via d'uscita. Non si può, dal mio punto di vista, rafforzare un punto senza tenere conto della necessità di trovare, a lato dei pesi, i contrappesi.
Questa sarà la sfida e l'impegno del gruppo di lavoro, al quale parteciperemo con grande disponibilità, ma con altrettanta fermezza nel rappresentare quei punti che, originariamente, erano parte integrante e fondante della nostra proposta di Statuto presentata alcuni mesi fa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio Lucio

Grazie, Presidente.
Riprenderei subito l'invito cortese e fermo del collega Marcenaro, che ha articolato il suo intervento su tre momenti: sobrietà, prudenza e opportunità.
Io ritengo che attraverso questi tre momenti si celebri la solennità dello Statuto della Regione Piemonte. Ma questo vuol anche dire, se ho ben colto l'intervento del Consigliere Marcenaro - ma comunque traggo spunto dall'intervento dello stesso collega - che il discorso va chiuso e non va riaperto dopo 104 sedute e 100 articoli, e siamo ancora qui a riproporre una metodologia, la cui scienza, secondo Colletti, è la scienza dei nullatenenti.
Ricollegandomi sempre a quanto diceva il collega Marcenaro, devo dire che i costituenti si sono mossi su una linea di prudenza - basta leggere tutta la letteratura, soprattutto quella proveniente da coloro che hanno partecipato ai lavori della Costituente - dove "prudenza" sta per "intelligenza dentro i problemi": sono entrati dentro i problemi e li hanno risolti, non ne hanno posti altri.
Condivido, quindi, le argomentazioni e le premesse, ma da quelle premesse mi pare che la conseguenza da trarre è che attraverso l'articolato, come abbiamo detto fin dalla prima seduta della Commissione statuto, dovesse respirare la cultura, la scienza e il patrimonio della Regione Piemonte.
Sono d'accordo che, anche attraverso turbamenti, occorre pervenire ad un contributo foriero di una consapevolezza culturale, morale e politica che deve edificare uno Statuto interprete della comunità tutta, ma è quanto è stato già fatto.
Non voglio adesso cercare di portare a conforto un po' il pessimismo di Max Weber sul punto, che coglieva bene quei momenti critici e topici delle comunità, quando diceva che la cosiddetta "realtà storica" non ha un valore oggettivo, ma è il risultato di un'interpretazione esposta in ogni suo aspetto alla possibilità di fallimento. Come ripeto, non è una proposizione a cui aderisco, ma è senza dubbio un momento che mi fa riflettere.
Raccolgo ancora un contributo da una relazione del Professor Bin proprio discutendo, tre anni fa, se non erro, dello Statuto e dei principi che dovevano presiedere lo Statuto, laddove ci ricorda che i nostri costituenti erano separati dalla visione del loro futuro da un velo di ignoranza (qui riprende tutta una problematica cara e propria del giurista Rawls).
"Erano separati dalla visione del loro futuro da un velo di ignoranza diceva - e hanno lavorato in una situazione quasi mitologica, non di disinteresse, ma di prudenza". Questo è il tema fondamentale, dove "prudenza" non sta per cautela; dove "prudenza" non sta per timidezza; dove "prudenza" non sta per viltà, ma, come ripeto, sta per intelligenza che entra nel cuore dei problemi. E sa entrare nel cuore dei problemi quanto più vi entra semplicemente, perché così c'è tutto il respiro di un popolo.
Dice ancora il Professor Bin: "Oggi non vedo nessuna comunità politica a livello nazionale e neppure regionale, che riesca a discutere il futuro protetta da questo velo e riesca ad esprimere, in norme generali astratte dal tempo e dalla contingenza, la parte migliore della propria filosofia.
Quello che viene scritto oggi negli Statuti regionali - l'ammonimento a cui dobbiamo stare attenti è questo; ho letto le frasi precedenti per non mortificare tutto il periodo - non è la fusione di una comunità, ma semmai la premessa di una spaccatura della comunità".
Questo è l'ammonimento e bisogna coglierlo in questo senso. Ecco perch lo Statuto, così com'è stato redatto, ha avuto presente queste preoccupazioni e le ha elegantemente e anche intelligentemente superate proprio con il contributo di tutti.
Il Professor Bin aggiunge ancora: "Articolando in vari teoremi il proprio argomentare, il primo teorema è semplice: qualsiasi legislatore quando non sa che cosa fare, cioè non sa come risolvere un problema, pone una norma programmatica di principi".
Questo dice il Professor Bin, noto a molti di voi. "È banale, perché il legislatore i problemi dovrebbe risolverli; non dovrebbe limitarsi a denunciarli e ad elencarli".
Infine - ricordandomi il cappello di Chesterton quando criticava certo modernismo - conclude: "Quando un legislatore qualsiasi, anche statuente introduce su un certo problema una norma di principio, questa norma di principio sarà senz'altro disomogenea e conflittuale con il resto dello Statuto e della legge".
Ho voluto fare questo cappello per introdurre ed entrare anche in aspetti più squisitamente tecnici. Ed è mia convinzione - voglio ribadirlo che è suffragata da grandi giuristi e da coloro che, nella Costituzione ci hanno messo, oltre alla propria intelligenze, anche la propria anima.
Dice Calamandrei: "La Costituzione è fatta di norme giuridiche; bisogna togliersi la voglia di fare programmi politici e smetterla di abbandonarsi a proclami". Nella seduta del 28/11/1946 attacca le norme etico-politiche.
Perché ricordo Calamendrei? Perché sappiamo quanto sia stato attento a queste problematiche e quanto alimento abbia dato alle generazioni italiane. Eppure questo era il tono e questo era l'insegnamento di Calamandrei. Nello Statuto facciamo riferimento - nei nostri interventi costantemente ci riallacciamo - ai valori della Carta Europea. Allora vediamo.
Certo non ho condiviso alcune omissioni dalla Carta Europea, ma se la esaminiamo, ne cogliamo la sobrietà coerente: basta scorrerla! Che cosa ci dice, quando affronta i grandi drammi e i grandi problemi? "Convinti che l'Europa riunificata dopo esperienze amare": ecco come affronta il problema! Grande sobrietà, grande incisività e anche grande messaggio: "Persuasi che i popoli dell'Europa sono decisi a superare le antiche divisioni e uniti in modo sempre più stretto a forgiare il loro comune destino".
Quindi, niente retorica: va dritto al problema. Con eleganza aggettivale lo affronta e lo supera. Questo ci deve dire. E quindi ancora una volta richiamo e ringrazio il collega Marcenaro per il suo intervento.
Questo ci consente di cogliere e di capire perché la Costituzione nel '47-'48, perché gli Statuti nel '70-'71 si ispirano a quella sobrietà.
Gente che aveva più di una ragione, senz'altro più di tutti noi messi insieme, per potere indulgere. Eppure si trattava di personaggi della statura di La Pira, Basso, Togliatti, Dossetti, Moro, Luciferi, Jotti Mancini, per citarne alcuni.
E qual era l'elemento portante delle loro dispute, come ci ricorda in un grande saggio Ruffilli? Senza affermazioni negative o complicazione ideologiche.
Questa era la stella polare del loro procedere. Lo stesso Togliatti parla di semplificare e dice: "Bisogna essere meno dottrinali!". Basso riteneva doversi fare "una trattazione giuridica con pochi articoli semplici e non ideologici". Ed è significativa la conclusione cui perviene Basso su un altro tema: "L'equilibrio di interesse collettivo e libertà individuale lo si potrà trovare - e questo si pone in sintonia con quanto dicevo all'inizio - più nella storia che negli articoli". Questo è il messaggio che dà.
Mi avvio a conclusione, dicendo che un alito della storia viene particolarmente valorizzato - ecco perché invito alla sobrietà e alla coerenza - e si sottolinea in modo conflittuale quello che può essere invece il riferimento a radici cristiane che hanno un respiro di oltre duemila anni: l'alito di fronte ad un tempo di duemila anni! Concludo perché ho preso troppo tempo, ma su questi temi potremo rientrare nello specifico. Voglio soltanto chiudere, richiamando anche - a mo' di ammonimento - quanto ricordava Gustavo Zagrebelsky: "Più un sistema politico ha bisogno di incisive riforme, più è incapace di vararle. La malattia del medico, impedisce la cura". La malattia del medico, qui, pu stare nelle esercitazioni ideologiche e retoriche. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Grazie, Presidente e colleghi. La relazione del Presidente della Commissione concludeva dicendo: "Dalla lettura della redigenda Carta statutaria si evince, quindi, lo sforzo di coordinarsi con il nuovo testo costituzionale, con la consapevolezza che il processo di riforma delle istituzioni è ancora in fieri". Parafrasando e introducendo questo concetto nella situazione politica attuale, dava atto di una situazione complessa e difficile, in evoluzione.
Lo Statuto, nella formulazione così com'è uscita dalla Commissione, è uno Statuto corretto; devo dare atto pubblicamente non solo della capacità e della conoscenza tecnica del Presidente e dei colleghi, ma anche del significativo e insostituibile apporto che hanno dato i dirigenti, i funzionari e i collaboratori della struttura regionale.
Questo Statuto - dicevo - è corretto, ma un po' senz'anima, e anche la puntuale indicazione delle consultazioni (70 interventi e 39 contributi scritti) mi pare poco; ho partecipato ad alcune di queste consultazioni e devo dire che, anche a causa del momento in cui sono avvenute, un momento di vicinanza al periodo elettorale, sono state burocraticamente espletate ma non hanno portato quell'anima che dovrebbe avere un momento di verifica di uno Statuto regionale, anche se è avvenuto in una situazione generale politica di confusione.
Ritengo che questo testo debba trovare qualche riferimento in più, per esempio sistemando all'articolo 7, nel patrimonio culturale, il collegamento con l'altro Piemonte che esiste nel mondo, evidenziando un po' di più questi aspetti.
Voglio richiamare la presenza nell'Aula di chi aveva voluto, nella passata legislatura, la legge sugli Stati Generali, legge incautamente abbandonata in questa legislatura; voglio vedere il preambolo un po' come la conclusione di quel lavoro, molto più articolato, proprio per il disegno che si proponeva, che non le consultazioni che sono state svolte per questo provvedimento.
E allora, il preambolo lo voglio vedere come la sintesi di quegli Stati Generali, ringraziando il Consigliere Rolando Picchioni per averli pensati.
Vado a valutare, con grande sintesi, il preambolo che ho firmato ritenendo, dalle firme apposte, che fosse un testo condiviso e di sintesi non è così e credo che anche le migliori intenzioni si possano ulteriormente affinare. Credo che sarebbe importante poter avere questa sintesi prima dell'articolato, sul quale, quando ce ne sarà l'opportunità mi riservo di intervenire, anche perché ai lavori della Commissione considerato lo status mio di Consigliere senza un Gruppo riconosciuto, non ho potuto fare pienamente parte.
Allora il riconoscimento della fedeltà alla Carta Costituzionale credo che sia non solo un'ovvietà, ma una doverosa identificazione anche con un verbo così impegnativo come il proclamare l'ispirazione alla dichiarazione dei diritti dell'uomo, ai principi dell'Unione Europea: sono tutti momenti che, da una parte, indicano i riferimenti e, dall'altra parte, in qualche modo delimitano la possibilità del nostro operare.
Riaffermare valori alti che già sono presenti ancora nella Carta Costituzionale mi pare un'operazione di rilievo assoluto. Riconoscere la partecipazione, perseguire il pluralismo attraverso la storia multiculturale e religiosa. Ecco, io avevo chiesto di introdurre qualcosa di più impegnativo, di più pregnante sul discorso della tradizione dei riferimenti religiosi, però non intendevo fare un riferimento esclusivo.
Molti sono i riferimenti che devono essere evidenziati; tra questi, credo anche quello alla religione cristiana. Sicuramente ci sono altri riferimenti e nell'intervento del collega Marcenaro ho colto una disponibilità ad una elencazione più ampia, ad un riconoscimento più articolato di questi momenti fondanti del nostro Piemonte.
Promuovere il riconoscimento delle identità culturali: ho già detto prima che forse un pochino più di coraggio potrebbe essere opportuno per assumere poi come valori fondanti il dialogo, l'educazione alla pace e alla non violenza, tutti momenti di estrema attenzione, di interesse e di condivisione da parte mia.
Se questo - come ritengo il ritiro della firma di alcuni colleghi - non convince totalmente, se non viene visto come momento di sintesi alto, ma deve avere un successivo affinamento, allora credo che questo affinamento sia assolutamente possibile, senza però far venire meno l'importanza e l'esigenza che la nostra Carta fondante, il nostro Statuto della Regione Piemonte nella nuova formulazione debba avere un preambolo articolato grosso modo su queste valutazioni.



PRESIDENTE

Senza nessuno spirito polemico, prima di dare la parola al collega Moriconi, vorrei ricordare il lavoro che è stato fatto dai Consiglieri di questa legislatura per stendere questa bozza di Statuto che oggi stiamo votando e anche il preambolo che oggi cerchiamo di sottoporre all'aula.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Credo che possiamo ricordare come questa stagione politica generale possa in fondo definirsi proprio come la stagione dei preamboli. Parecchie volte è stata citata la Carta Costituzionale Europea, anche se merita ricordare che a questo riguardo alcuni sottolineano il problema di come non si possa parlare di una vera Costituzione Europea perché, d'altra parte, la stessa Carta Europea si limita ad una formulazione che non ha la "pretesa" di essere una Costituzione Europea, e il passo sarà ancora lungo.
Ciò nonostante, il principio dei preamboli è stato proprio inaugurato dalla Carta Europea, perché di fronte alla difficoltà di mettere nel testo della Carta determinati argomenti, determinati principi, si è scelta la strada del preambolo. Poi, visto che questo percorso sembrava facilitare il confronto, ecco che anche nello scrivere gli Statuti delle Regioni parecchie Regioni (anche la nostra) hanno pensato di seguire questo percorso.
Personalmente, culturalmente e intellettivamente ho una perplessità sul preambolo, in questo senso: se noi crediamo che i principi contenuti nel preambolo siano importanti e se noi arriviamo ad un punto di condivisione della scrittura dei principi così come è scritto nel preambolo, non vedo il motivo per cui questi principi non debbano andare negli articoli dello Statuto. O pensiamo che effettivamente il preambolo abbia una valenza minore rispetto allo Statuto, per cui pensiamo che la condivisione espressa nel preambolo sia meno grave, meno impattante, meno coinvolgente per le forze politiche che la esprimono, ma altrimenti, se riteniamo che la condivisione è piena, non c'è motivo per cui i principi non vadano direttamente nello Statuto. Ovvero: o noi riconosciamo un'importanza minore al preambolo o altrimenti non si capisce perché non si riescono a mettere direttamente nello Statuto i principi.
Credo che questo sia un nodo che, prima o poi, potremo ancora affrontare. Non penso che la mia posizione debba diventare maggioritaria però credo che un minimo di discussione su questo punto potrebbe essere svolta, nel senso che o noi riconosciamo l'importanza dei principi e quindi questi devono stare nello Statuto, o altrimenti che cosa significa il preambolo? Sappiamo tutti che lo Statuto dovrebbe diventare la Carta di riferimento sulla base della quale valutare anche la futura produzione legislativa per confrontare se in qualche parte le leggi future sono aderenti o meno ai principi statutari. Ebbene, facendo un esempio pratico il preambolo sarà motivo di confronto con la futura legislazione oppure noi introduciamo un argomento di discussione futura? Perché o noi pensiamo che questi principi devono essere sempre rispettati dalle legislazioni che verranno o altrimenti è chiaro che noi scriviamo dei principi, ma già sappiamo che ad essi potremo derogare nel corso della produzione legislativa successiva. Non so se su questo punto la riflessione collettiva dei Consiglieri è stata sufficientemente approfondita e se ci siamo chiariti tra di noi completamente al riguardo. Devo dire che forse questo punto poteva essere anche oggetto di approfondimento se il preambolo fosse stato oggetto di una possibile consultazione. Sappiamo com'è nato il preambolo; la consultazione sul preambolo non c'è stata (c'è stato anche ricordato), nel senso che di fronte a una scrittura debole nella parte dei principi dello Statuto - poi ci sono anche altri problemi nella scrittura dello Statuto che non tutti i Gruppi condividono la formula adottata. A parte questo, sappiamo che nel corso delle consultazioni è emersa una debolezza nella prima parte della scrittura dello Statuto, una debolezza nei principi a cui si è pensato di porre rimedio, con l'ottimo lavoro svolto, con la realizzazione del preambolo. Il problema è che la riscrittura non è stata oggetto di successiva consultazione costretti, come siamo, nei tempi. Questo è un ulteriore elemento che fa sì che noi possiamo dire che il punto meriti un minimo di riflessione, ovvero: come consideriamo praticamente e pragmaticamente i concetti importanti, i principi importanti che sono contenuti nel preambolo, se diamo loro un valore pregnante come se fosse contenuto nello Statuto o se li teniamo semplicemente come linee di indirizzo che non diventano pregnanti nella successiva produzione legislativa. Il problema dei contenuti dei principi credo che sia fondamentale esattamente come le parti successive dello Statuto. E' chiaro, come è stato ricordato, che oggi scriviamo uno Statuto che, se dura quanto meno quanto quello che andiamo a modificare, durerà decenni. Abbiamo l'onere di guardare non solo alla realtà attuale cercando di interpretarla, ma anche pensare a quello che potrà essere nel futuro.
Ad esempio il problema, come è stato richiamato nel corso della discussione, della governabilità esiste (anche se ritengo che tutti insieme dovremmo fare una riflessione). Non mi sembra che né l'Italia né il Piemonte abbiano mai avuto quei problemi di governabilità di cui accusiamo paesi extraeuropei, mi sembra poco rispettoso verso coloro che ci hanno preceduti esprimersi in certi modi. Credo che oggi come oggi, di fronte a quello che stiamo vivendo, di fronte a quello che esprime la società - la società certo che esprime, come sempre, un desiderio di governabilità, ma esprime anche un forte desiderio di rappresentatività - noi viviamo una stagione nella quale uno degli elementi più importanti è il fiorire di un modo di rappresentazione democratica, di pareri e di movimenti per cui ci si deve porre il problema di come accogliere queste espressioni all'interno della nostra Carta statutaria. Non posso dimenticare che quando sono esorditi i movimenti - tutti ricordiamo Seattle - quasi tutti i partiti che adesso sono la formula di rappresentanza più considerata all'interno del nostro Statuto, alla manifestazione di Seattle i partiti italiani, quasi tutti, sono stati presi in contropiede, o di sorpresa. Non immaginavano e nemmeno sapevano quello che stava per succedere (bastava leggere Internet).
I nostri partiti sono stati presi alla sprovvista da quello che era nato.
Non dobbiamo rifarci in maniera acritica a quello che è successo, per dobbiamo valutare che tra gli elementi da tenere in considerazione cercheremo di proporlo nel corso della discussione, accanto a quella della governabilità, o governance (l'abitudine di usare sempre parole straniere parliamo di lingue autoctone e poi usiamo terminologie inglesi), si guardi con più attenzione anche ai temi della rappresentanza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Mi rendo conto che nel redigere una carta fondamentale sorga spontanea la tentazione di scrivere, in forma compendiata e letteraria e non articolata in norme giuridiche, anche i principi fondamentali, ma questa è una tentazione che andrebbe tratta non come "Consiglio Oscar Wilde" cedendovi, ma se è possibile, evitando di cadere in essa.
Avevamo fatto una scelta molto prudente all'inizio dei lavori della Commissione Statuto che è stata sostanzialmente riassunta, in modo corretto, dal Consigliere Marcenaro, non già perché ritenessimo improbo il lavoro di redazione di una carta dei principi, ma perché lo ritenevamo inutile e pericoloso. Ritenevamo che quella potesse diventare l'occasione per scontri fra opposte propagande e non avrebbe consentito una discussione serena e giuridica sull'articolazione delle norme dello Statuto che dovevamo approvare. Il preambolo è inutile e pericoloso qualunque sia la sua formulazione, perché non è un preambolo di norme. La Costituzione, lo ricordava il Consigliere Galasso, e anche il nostro Statuto deve essere articolato in norme la cui perfezione consiste nell'assenza di qualunque margine di discrezionalità circa i termini della loro applicazione. Lo Statuto, la Costituzione, in genere il lavoro legislativo, è un lavoro di costruzione del diritto e del lavoro di ricerca di questa perfezione che viene compromessa dalla giusta apposizione di un testo narrativo e "pieno" di anima che enuncia una serie di temi programmatici, un repertorio di problemi politici che hanno una sola comune caratteristica, quella di essere suscettibili di diverse e contrapposte declinazioni.
E' del tutto inutile ripercorrere i diversi tentativi di preambolo proposti, ma il nuovo punto di unità che ci fa, come Gruppo, respingerli tutti è esattamente nell'essere un elenco di temi politici che le diverse forze politiche svolgono, risolvono o promuovono in termini molto diversi tra di loro. Il problema della povertà, il problema della disuguaglianza il problema della non violenza, il problema della pace, il problema dei diritti degli animali, hanno la comune caratteristica di dividere, nel momento stesso in cui sono enunciati, quest'aula e, complessivamente, il sistema politico, in modo del tutto legittimo se si rimane sul piano della politica con diverse proposte di soluzioni. Il tentativo, che è didascalico e non istituzionale, di trovare un denominatore comune valoriale a quest'aula, diventa un elemento di sostanziale compromissione del lavoro giuridico della costruzione dello Statuto. Una prospettiva liberale, l'idea che il potere, l'istituzione, affermi valori, anziché concretamente esprimerli o tradirli attraverso il proprio operato, è quanto mai pericolosa.
E' quanto mai pericolosa l'idea che esista una norma manifesto del tutto ambigua anche nella sua formulazione, e che questa norma debba diventare sostanzialmente il paradigma giuridico dell'attività di governo e del lavoro d'interpretazione delle norme giuridiche, attraverso le quali lo Statuto si va articolando. Ciascuno dei temi che viene sollevato soprattutto i temi di più forte potenziale distruttivo di un dato di unità possibile sullo Statuto lo dimostrano. Ne abbiamo discusso a lungo nella Commissione Statuto. Il discorso delle radici, da questo punto di vista che non è quello della prospettiva storica, ma della costruzione del diritto, è una prospettiva di per sé distruttiva, perché ciascuna radice verrà utilizzata non già come radice apportatrice di linfa, ma come pezzo di legno e quindi come corpo contundente da scaraventare nei confronti degli altri che, brandendo altre radici, faranno valere politicamente la propria ispirazione e la propria ambizione politica.
Possiamo dire che questa Regione ha tradizioni cristiane e che ha costruito l'unità d'Italia sulla scomunica. Entrambe le cose sono storicamente vere, appartengono alle radici di questa Regione, ma entrambe devono stare fuori dello Statuto della Regione Piemonte, proprio perché lo Statuto della Regione Piemonte organizza il funzionamento del potere tentando di limitarlo e non già afferma, in una prospettiva storica o con una forma di autorità superiore, i principi che la società costruisce e che il potere è chiamato, semmai prudentemente, a rispettare in tutte le sue formulazioni ed in tutte le sue forme di espressione.
Per giungere poi alla proposta più concreta emersa stamattina, cioè di fare ripartire la giostra, si rifà un tavolo, si tenta di scrivere un testo condiviso, si tenta di mediare fra le diverse formulazioni. La mia proposta all'aula è di riattestarsi nella posizione prudente e lungimirante che avevamo assunto all'inizio dei lavori sullo Statuto, tentando di tenere fuori della porta quello che deve stare fuori e di articolare, nel modo più prudente possibile, le norme giuridiche del nostro Statuto. Non so se questo sarà possibile, ma in questo caso noi ci areneremo sul preambolo perché il preambolo diventerà il feticcio simbolico di tutte le altre divisioni che sullo Statuto si potrebbero verificare e che sul preambolo finiranno per compendiarsi.
Il potere deve essere autorevole, ma deve essere anche umile. Un'aula consiliare che - ripeto, senza nulla togliere a quanti si sono sforzati di trovare delle adeguate formulazioni - vuole compendiare, "bignamizzandola" in una paginetta, la storia e le radici fondamentali della nostra Regione compie un'operazione, secondo me, poco umile e quindi da rifiutare di per sé.
Non so se nell'intervallo dei nostri lavori, visto che stiamo concludendo la seduta antimeridiana, possiamo ragionare anche su questo cioè non sulla costruzione dell'ennesimo tavolo, ma possibilmente sullo smontamento di tutti i tavoli che su questo sono stati creati. Nel caso in cui non fosse possibile, sono abbastanza convinto che ci trascineremo in una discussione faticosa e del tutto inutile non solo in questo pomeriggio ma anche nelle prossime giornate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi Oreste.



ROSSI Oreste

Intervengo per portare la discussione su un ragionamento che poi è quello che voglio fare, cioè quello di dire che lo Statuto e, ancor di più il preambolo, sono oggetto di una mediazione politica fra le varie componenti di un Consiglio. Indubbiamente non si può pensare di stendere un documento che piace all'estrema sinistra e all'estrema destra, passando per la Lega. E' impensabile! Si deve arrivare a una mediazione per cercare di fare un documento che dispiaccia il meno possibile a tutti i Gruppi e che possa essere quella Carta fondamentale dove si riconoscono principi e valori il più possibile omogenei per il nostro territorio.
Siamo riusciti ad approvare lo Statuto della Provincia di Alessandria due anni fa, dove nello stemma della Provincia di Alessandria fa ancora la sua figura lo stemma della città di Asti. Orbene, sappiamo tutti che Asti è una provincia autonoma, che nulla ha più che vedere con la provincia di Alessandria, ma nello stemma della Provincia di Alessandria c'è ancora rappresentato lo stemma della Città di Asti.
Il mio emendamento, che proponeva di toglierlo e di modificare lo stemma, perché mi sembrava quasi voler dire che Asti era un pezzo di Alessandria, è stato bocciato. Ma l'ho accettato e ho votato quello Statuto, perché una certa logica c'era, ed era che, in origine, un'ampia fetta della provincia di Asti era sotto Alessandria.
Questa è semplicemente una storia che però deve portare a far ragionare sulla questione principale del nostro lavoro, che è quella di trovare un accordo perché questo Statuto e il suo preambolo - a meno che poi si decida di inserire il preambolo all'articolo 1 - sia il più possibile condiviso dalle forze politiche che fanno parte di questo Consiglio.
Pertanto sono favorevole, oggi, a fare questo gruppo di lavoro per trovare una stesura definitiva al preambolo o per decidere, ovviamente in comune accordo, di infilare eventualmente questo preambolo nell'articolato dello Statuto.
Bisogna che ognuno di noi accetti di abbassare la spalla su quelle che sono le sue idee più importanti. La Lega stessa accetta e ha fatto marcia indietro su diverse questioni e altre le ha accettate. Basti pensare alla dicitura: "La Regione sostiene il ruolo della famiglia". Per noi il ruolo della famiglia deve essere sostenuto a condizione che sia la famiglia naturale, quella formata da uomo e donna, non altre forme di famiglia. Ma abbiamo accettato perché ci rendiamo conto che non tutti la possono pensare come noi sull'inserimento della famiglia sui generis.
Abbiamo accettato di non inserire nel documento la dicitura: "La lingua ufficiale della Regione Piemonte è il piemontese", perché effettivamente potrebbe creare problemi di sensibilità in qualche componente di questo Consiglio.
Noi avremmo voluto che fosse inserito in modo definitivo che le nostre radici sono cristiane, ma abbiamo accettato una formulazione molto più morbida: "Il Piemonte, per la sua storia multiculturale e religiosa..." che lascia aperta la porta a qualunque interpretazione sia sul "multiculturale" sia sul "religiosa". Credo che da parte nostra siamo stati assolutamente disponibili al dialogo e alla trattativa.
Non vorrei che oggi, in uno spirito di rottura e non di cooperazione e di lavoro in comune, qualche Gruppo arrivasse e volesse accampare priorità sullo Statuto o sul preambolo, stravolgendolo completamente, non lo potremmo accettare o, perlomeno, potremmo accettarlo ma allora anche noi presenteremo delle precise indicazioni che andrebbero a stravolgere il testo.
L'invito che voglio fare ai colleghi ancora presenti in aula, è di non esagerare, perché se vogliamo arrivare alla conclusione di questo documento, dobbiamo trattare, dobbiamo mediare. Ritengo che questo documento sia già stata un'opera di mediazione accettabile, tant'è che il Gruppo della Lega Nord l'ha firmato (l'unico Gruppo della maggioranza ad averlo firmate). Mi au guro, quindi, che si possa arrivare, entro sera, ad una stesura, il più possibile condivisa, ed approvata in tempi brevi.
Dobbiamo dotare il nostro Piemonte della sua Carta costituzionale cercando di farla il più possibile vicino al comune sentire, non nostro, ma di coloro che in Piemonte vivono e lavorano.



PRESIDENTE

Comunico che la seduta è riaggiornata alle ore 15.45, perché alle ore 15.00 si riunisce il Gruppo di lavoro, coordinato dal Consigliere Picchioni, in sala A, cui sono invitati, oltre i componenti il Gruppo di lavoro, tutti i Consiglieri che desiderano parteciparvi.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.45)



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