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Dettaglio seduta n.472 del 30/07/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



(La seduta ha inizio alle ore 15.11)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Albano, Botta Franco Maria, Burzi Bussola, Cantore, Cavallera, Chiezzi, Costa Enrico, Ghigo, Pozzo, e Rossi Giacomo.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

b) Assegnazione temporanea delle funzioni di Vicepresidente della Giunta regionale all'Assessore Pichetto Fratin


PRESIDENTE

Comunico che, con decreto n. 82 del 27 luglio 2004, il Presidente della Giunta, Ghigo, ha attribuito temporaneamente le funzioni di Vicepresidente della Giunta regionale all'Assessore Gilberto Pichetto Fratin.


Argomento: Statuto - Regolamento

Esame proposta di legge regionale n. 655 inerente a "Statuto della Regione Piemonte" (Testo licenziato dalla Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte)


PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica, che interviene sull'ordine dei lavori.



MANICA Giuliana

Solo un'osservazione. Innanzi tutto: quanti sono i rappresentanti della Giunta presenti oggi a questa seduta? A mio avviso, questa è una seduta solenne poiché cominciamo con la relazione sullo Statuto che leggerà tra poco il Presidente della Commissione; volevamo quindi capire come mai il Presidente Ghigo non è presente a questa relazione.



PRESIDENTE

I rappresentanti della Giunta sono tre, ma aumenteranno nel corso della seduta. Il motivo dell'assenza del Presidente Ghigo non lo conosco, quindi non posso rispondere a questa domanda.
Passiamo pertanto al punto 2) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di legge regionale, inerente a "Statuto della Regione Piemonte".
Svolge la relazione il Presidente della Commissione Statuto Consigliere Galasso; prego.



GALASSO Ennio Lucio, relatore

La Presidenza della Commissione Speciale dello Statuto per la Regione Piemonte, cui è stato affidato il compito di relazionare al Consiglio regionale circa i lavori svolti in seno alla Commissione, intende ripercorrere, nel testo che segue, le varie fasi che dal 2001 hanno condotto all'approvazione dello Statuto nella seduta della Commissione del 5 marzo 2004 e alle successive consultazioni con le istituzioni e la società civile piemontese.
Con deliberazione del Consiglio regionale n. 176-25037 del 27 luglio 2001, successivamente modificata e integrata da altre deliberazioni, è stata istituita la Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte, con il compito di elaborare e redigere il testo del nuovo Statuto regionale ispirato al sistema istituzionale introdotto con la legge costituzionale n.1/1999 ed al complesso delle norme costituzionali vigenti alla definizione della forma di governo regionale e dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, attivando i necessari confronti con la società piemontese e le sue istituzioni.
I lavori della Commissione, inizialmente si sono concentrati sull'esame delle tematiche di maggiore interesse quali la "forma di governo regionale" e il "Consiglio delle autonomie locali", procedendo ad una prima consultazione rivolta alle autonomie territoriali e funzionali.
L'attività della Commissione si è intensificata in seguito alla presentazione di alcune proposte di legge di revisione statutaria da parte di alcuni Gruppi consiliari. In particolare: Proposta di legge n. 587: presentata il 5 novembre 2003 dai Consiglieri regionali Marcenaro (primo firmatario), Manica, Muliere, Placido, Riba Raggio, Ronzani, Suino "Statuto della Regione Piemonte" Proposta di legge n. 594: presentata il 18 novembre 2003 dai Consiglieri regionali Cattaneo (primo firmatario), Angeleri, Botta M., Rossi O. e Vaglio "Nuovo Statuto della Regione Piemonte" Proposta di legge n. 599: presentata il 26 novembre 2003 dai Consiglieri regionali Chiezzi (primo firmatario), Moriconi "Statuto della Regione Piemonte" Proposta di legge n. 600: presentata il 26 novembre 2003 dal Consigliere regionale Tapparo "Nuovo Statuto della Regione Piemonte" Proposta di legge n. 608: presentata il 9 dicembre 2003 dai Consiglieri regionali Contu (primo firmatario), Papandrea "Nuovo Statuto della Regione Piemonte".
Sulla base di tabelle comparative delle citate proposte, prendendo come riferimento lo schema dello Statuto vigente approvato nel 1970, la Commissione ha proceduto all'elaborazione di un testo unificato e nell'arco di due mesi di intensi lavori e dopo 99 sedute complessive, ha approvato il testo del nuovo Statuto in data 5 marzo u.s., con la votazione dei singoli articoli, degli emendamenti presentati ed una votazione finale: il Piemonte è la prima Regione del nord Italia ad aver licenziato in Commissione la nuova carta statutaria.
L'intero testo è stato licenziato con 17 voti favorevoli (gruppi di maggioranza, compreso il gruppo Per il Piemonte che non aveva sottoscritto l'iniziale progetto di legge; DS, Margherita, SDI e Unione Civica Riformatori) e due voti contrari (Radicali e Rifondazione Comunista quest'ultima ha comunque parlato anche a nome dei gruppi Comunisti Italiani e Verdi, non presenti alla votazione).
Il testo che si propone all'esame dell'Assemblea è composto di 100 articoli e di una norma transitoria e finale ed è suddiviso in otto Titoli dedicati ai seguenti argomenti: La Regione Organi e funzioni Programmazione, Finanza e Bilancio della Regione Istituti di partecipazione Istituti di garanzia Organizzazione e personale Rapporti con altri enti Revisione dello Statuto Il testo licenziato presenta numerose e significative innovazioni rispetto al vecchio Statuto che non solo lo adeguano alle recenti riforme intervenute, ma lo attualizzano anche rispetto alle evoluzioni intervenute nel costume e nella società.
Gli elementi innovativi presenti nell'articolato possono essere sintetizzati come segue.
La parte relativa ai principi, oltre a recepire elementi fondamentali quali quello di sussidiarietà e di ispirazione dell'azione regionale alle politiche comunitarie, è stata integrata con gli ulteriori principi relativi alla garanzia delle pari opportunità tra donne e uomini - anche attraverso la previsione di organismi quali la Consulta regionale delle elette e la Commissione per le pari opportunità tra donne e uomini - i diritti sociali, la tutela del patrimonio naturale, il riconoscimento della specificità dei territori montani e collinari.
In ordine alla composizione del Consiglio regionale, si stabilisce un aumento del numero dei Consiglieri regionali da sessanta a ottanta (preme ricordare che la previsione dello Statuto potrebbe o dovrà, sotto il profilo politico, trovare riscontro e armonia con quanto stabilito dal testo della legge elettorale approvata dalla I Commissione il 29 luglio 2004, che prevede 72 Consiglieri regionali).
Si disciplina, inoltre, la proroga dei poteri del Consiglio regionale uscente fino alla prima riunione del nuovo Consiglio. Tale rideterminazione del numero dei Consiglieri consegue innanzitutto all'aumento delle competenze in capo alle regioni previsto dalle recenti riforme costituzionali ed inoltre dalla necessità di consentire una più adeguata rappresentatività di tutti i territori delle province piemontesi considerato anche il recente ingresso di Biella e Verbano-Cusio-Ossola sulla scena regionale.
La Commissione ha previsto in Statuto la maggioranza qualificata dei tre quinti dei Consiglieri, ai sensi dell'articolo 16 comma IV, per l'approvazione della legge elettorale e, su richiesta della Commissione competente, ha espresso un parere in materia. Tale parere, in particolare oltre a stabilire che il Consiglio regionale debba essere eletto con sistema elettorale proporzionale, prevede che la legge elettorale debba dare applicazione ai principi in materia di parità e pari opportunità.
Prevede inoltre il rispetto della rappresentanza dei territori e individua un sistema di elezione proporzionale con elezione di una parte dei seggi su base circoscrizionale ed elezione della restante parte dei seggi su base regionale con liste collegate. Nel parere vengono infine espresse alcune indicazioni relative al premio di maggioranza, alla materia delle incompatibilità e sulla questione relativa agli sbarramenti per l'assegnazione dei seggi in sede provinciale e regionale.
Allo stato si sa che, dal testo della legge elettorale licenziato dalla Commissione, emerge quanto segue: 48 Consiglieri saranno eletti su base provinciale: 25 nella circoscrizione di Torino, 6 in quella di Cuneo, 5 in quella di Alessandria, 4 in quella di Novara e 2 in quelle di Asti, Biella Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola. 15 Consiglieri saranno assegnati sulla base di liste regionali di candidati di partito o Gruppi di partito mediante riparto proporzionale. Infine 7 seggi saranno assegnati come premio di maggioranza e di perequazione tra le Province.
Sono stati individuati quali organi del Consiglio: il Presidente l'Ufficio di presidenza, i Gruppi consiliari, le Giunte e le Commissioni consiliari, che potranno svolgere le loro funzioni di esame dei progetti di legge anche in sede deliberante. La composizione delle Giunte consiliari (Giunta per il Regolamento e Giunta per le elezioni, le ineleggibilità, le incompatibilità e l'insindacabilità) assicura l'equilibrio fra gli appartenenti ai gruppi di maggioranza e a quelli di opposizione. In particolare, si è attribuita la presidenza della Giunta per le elezioni, le ineleggibilità, le incompatibilità e l'insindacabilità ad un Consigliere espresso dalle minoranze. Si prevede, inoltre, che ogni Consigliere possa essere designato a far parte di una sola Commissione permanente.
Per quanto riguarda la potestà regolamentare, si è optato per una ripartizione tra il Consiglio, a cui viene riservata la potestà regolamentare attribuita alla Regione nelle materie di competenza esclusiva statale, e la Giunta che la esercita in tutte le materie di competenza legislativa regionale, secondo i principi e le modalità definiti dalle leggi regionali, salvo che la legge disponga diversamente.
Il testo approvato riconosce, al Consiglio, l'autonomia funzionale finanziaria, contabile, organizzativa, patrimoniale e negoziale. I lavori del Consiglio sono organizzati prevedendo specifiche sessioni per l'approvazione del bilancio e per la legge comunitaria; quest'ultima sessione è stata istituita per adeguare periodicamente la normativa regionale all'ordinamento comunitario. In particolare, le sessioni straordinarie del Consiglio possono essere convocate su richiesta del Presidente della Giunta o di un quinto dei Consiglieri in carica. Si è inoltre delineata una rivalutazione del ruolo del Consiglio regionale relativamente all'implementazione della capacità di produzione normativa e delle funzioni di indirizzo e controllo.
Per quanto riguarda la nuova forma di governo regionale, è stata recepita l'elezione diretta del Presidente della Giunta, così come statuito dalla legge costituzionale n. 1 del 1999. I componenti della Giunta, in numero non superiore a quattordici, possono essere nominati anche al di fuori dei componenti del Consiglio regionale. L'approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta - nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte, le dimissioni dello stesso o le dimissioni della maggioranza dei componenti il Consiglio - comporta le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio, in ossequio al principio simul stabunt simul cadent.
E' stato introdotto inoltre l'espresso richiamo alla qualità della legislazione regionale che deve essere improntata a principi di chiarezza e semplicità e al rispetto delle regole di tecnica legislativa e di qualità della normazione. Viene inoltre individuato, in capo al Consiglio regionale, l'esercizio del controllo sull'attuazione delle leggi e la predisposizione di strumenti che consentano di valutare gli effetti delle politiche regionali al fine di verificare il raggiungimento dei risultati previsti dalle leggi regionali.
Per ciò che riguarda gli istituti di partecipazione popolare degli enti locali e la disciplina dei referendum, la Commissione ha confermato la disciplina prevista dallo Statuto attualmente in vigore, salvo alcuni aggiornamenti necessari per meglio armonizzare il testo statutario alle previsioni costituzionali.
Sono stati altresì introdotti e disciplinati in statuto importanti organismi come il Consiglio delle autonomie locali (CAL), in attuazione dell'art. 123 della Costituzione, il Consiglio regionale dell'economia e del lavoro (CREL), organo che contribuisce all'elaborazione delle politiche di sviluppo regionale, e la Commissione di garanzia, composta da sette membri nominati per sei anni, previsto quale organismo indipendente della Regione con la funzione, tra le altre, di pronunciarsi sull'ammissibilità e la ricevibilità dei quesiti referendari e di fungere da organo consultivo in materia di interpretazione dello Statuto sia nei conflitti di attribuzione tra gli organi della Regione e tra la Regione e gli enti locali sia ai fini di valutare la coerenza statutaria di leggi e regolamenti. La Commissione, inoltre, esprime parere sul carattere invasivo e lesivo delle attribuzioni regionali da parte di leggi o atti aventi forza di legge dello Stato, per la proposizione del ricorso avanti la Corte costituzionale. Tuttavia, con decisione motivata adottata a maggioranza assoluta, il Consiglio regionale può comunque discostarsi dai pareri espressi. Infine, è stata prevista a livello statutario la possibilità per la Regione di istituire osservatori e consulte.
Particolare attenzione è stata riservata alla garanzia delle minoranze consiliari, cui è stata anche dedicata un'apposita disposizione che rinvia al Regolamento consiliare la disciplina di dettaglio, individuando già alcuni elementi significativi che dovranno essere presi in considerazione in sede regolamentare, quali i tempi di lavoro per lo svolgimento del sindacato ispettivo, le nomine, la composizione delle delegazioni e l'attività di informazione.
Il testo licenziato dalla Commissione è stato sottoposto a consultazioni che si sono svolte a Novara, ad Alessandria, a Cuneo e a Torino, con la partecipazione delle Autonomie territoriali e funzionali e dei rappresentanti della società civile (organizzazioni sindacali e di categoria, ordini professionali, cooperazione, volontariato, organismi di parità ed altro).
Nel corso delle consultazioni, numerosi sono stati gli interventi e i contributi scritti. Da essi è emersa una condivisione di massima dei contenuti dello Statuto accompagnati da alcune sollecitazioni che hanno riguardato in particolare: il ruolo degli Enti locali (e in particolare dei Comuni montani e dei piccoli Comuni) e delle autonomie funzionali (Camera di Commercio e università); il richiamo più esplicito alla sussidiarietà orizzontale; le perplessità sul ruolo effettivo del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro e la richiesta di valorizzazione del ruolo del Consiglio delle Autonomie locali, una maggiore estensione del potere di presentare proposte di legge al Consiglio regionale; la pressante richiesta di garantire una reale rappresentanza elettiva, in Consiglio regionale, a tutte le realtà territoriali; l'auspicio di un sempre maggior maggiore coinvolgimento della società civile nelle decisioni regionali; l'aumento del numero dei Consiglieri, di cui non sempre sono state colte o condivise le motivazioni che lo supportavano; una maggiore enfatizzazione dei legami con l'Europa e con le politiche europee; la richiesta di integrazione dei principi già elencati nel testo con altri di cui si sente l'esigenza, quali il diritto alla casa, il richiamo ai valori della resistenza e della pace la richiesta di riconoscere il ruolo della famiglia quale struttura fondante della società.
Il contenuto delle citate consultazioni è stato discusso nel corso delle ultime quattro sedute, durante le quali si è addivenuta ad un'ampia condivisione degli emendamenti aventi contenuto prevalentemente tecnico e depositata a cura dell'Ufficio di Presidenza, nonché all'individuazione di alcuni aspetti di carattere più politico che dovranno essere affrontati durante il dibattito consiliare. Dalla lettura della Carta statutaria come licenziata si evince, quindi, lo sforzo di coordinarsi con il nuovo testo costituzionale, nella consapevolezza che il processo di riforma delle istituzioni è ancora in fieri: si assiste, infatti, ad un progressivo passaggio da un sistema unitario ad un sistema "policentrico". Tale nuova configurazione favorisce certamente lo sviluppo della Regione nel quadro di un processo di integrazione europea e di globalizzazione mondiale, in un sistema in cui non si può più parlare di Governo, ma di Governi; non più di Amministrazione, ma di Amministrazioni; non più di singola autorità, ma di varie autorità.
Pertanto, si è ritenuto indispensabile sviluppare nuove forme di collaborazione e di raccordo tra i diversi soggetti individuando nuove forme di governance.
Concludendo, anche a nome del Vicepresidente Caracciolo, che è stato preziosissimo in quest'opera, ringrazio tutta la Commissione, in particolare coloro che si sono battuti per dare un senso ed un significato alla bozza che stiamo discutendo, ma anche tutti coloro che, pur non condividendolo, hanno comunque svolto una funzione di pungolo e di salutare riflessione.
Un saluto ai funzionari e ai dipendenti che hanno offerto una collaborazione preziosa e significativa. Ringrazio tutti e auguro buon lavoro.



PRESIDENTE

La ringrazio, Presidente Galasso. Dopo questa relazione, aprirei il dibattito generale.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Brigandi che interviene sull'ordine dei lavori.



BRIGANDI' Matteo

Presidente, ancora una volta le porrei due domande. La prima è quali sono le norme che l'Ufficio di Presidenza prevede per essere presenti in Aula - mi riferisco ai problema di vestimenta - mentre la seconda è se lei intende farle rispettare.



PRESIDENTE

Francamente ho capito la domanda, ma non ho capito la...



PRESIDENTE

BRIGANDÌ Matteo



PRESIDENTE

Vorrei sapere quali siano le norme che l'Ufficio di Presidenza prevede e se intende farle rispettare.



PRESIDENTE

Sì, intendo farle rispettare. Proseguiamo, si è già risolto il problema.


Argomento: Statuto - Regolamento

Esame proposta di legge regionale n. 655 inerente a "Statuto della Regione Piemonte" (Testo licenziato dalla Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte) (seguito)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Giordano.
Ne ha facoltà.



GIORDANO Costantino

Grazie Signor Presidente, signori Consiglieri, con questo mio breve intervento vorrei ringraziare tutti i membri della Commissione Statuto per l'impegno e lo sforzo che stanno facendo (e che ovviamente hanno fatto) per dare alla nostra Regione un nuovo Statuto regionale che sia adeguato al dato di complessità che i cittadini della nostra Regione stanno vivendo.
Il governo del territorio si è fatto più complesso; in una società che cambia in continuazione e con l'economia che sistematicamente si trasforma la nostra istituzione regionale deve saper interpretare con rapidità questi cambiamenti per poterli sostenere, indirizzare ed aiutare.
L'approvazione del nuovo Statuto della Regione Piemonte giunge in conseguenza della riforma del Titolo V della Costituzione, riguardante le Regioni, le Province e i Comuni. Tale riforma, per quanto attiene alle Regioni, è stata avviata dalle leggi Bassanini che prevedono un decentramento di competenze dallo Stato alle Autonomie locali. Questa riforma ha innescato un notevole sforzo di tutta la classe politica per realizzare una coerenza ordinamentale con il nuovo Titolo V.
La riforma del titolo V della Costituzione ha avuto il pregio di essere partecipata; infatti ha le sue radici in un voto parlamentare sui lavori della Bicamerale e nell'approvazione da parte dei presidenti delle Regioni italiane e dei Presidenti dell'Associazione Nazionale dei Comuni italiani (ANCI) e dell'Unione delle Province italiane (UPI).
Ora questa riforma, per poter diventare parte del sistema istituzionale, richiede norme di attuazione che specifichino e diano una risposta ai problemi rimasti aperti, come i criteri di sussidiarietà adeguatezza ed economicità del trasferimento di competenza.
Quindi, la riforma del Titolo V ci ha portati ad una grande fase costituente non solo a livello parlamentare, ma anche di Consigli regionali con l'approvazione in tutta l'Italia di nuovi Statuti che realizzino i principi della riforma. La disciplina previgente relativa agli Statuti ordinari contemplava un procedimento di formazione caratterizzato dalla deliberazione regionale e dalla successiva approvazione parlamentare, per cui era coinvolto sia l'organo legislativo-rappresentativo della Regione che quello dello Stato.
La legge costituzionale n. 1 del 1999, nel riformare la potestà statutaria, ha invece stabilito un procedimento di formazione interamente regionale, in quanto ha previsto che i nuovi statuti vengano approvati con legge dal Consiglio regionale e possano, poi, essere sottoposti ad un referendum confermativo al quale partecipano soltanto gli elettori della regione.
Il mio intervento sarà quindi diviso tra una parte prettamente istituzionale, dove tenterò una ricostruzione neutrale del dibattito svolto, evidenziando i punti non controversi e quelli ancora aperti al confronto, e una parte finale con la quale introdurrò alcune questioni assolutamente personali che offro al dibattito.
Le mie considerazioni fanno riferimento al lavoro svolto dalla Commissione dal giorno del suo insediamento ad oggi.
Mi preme subito evidenziare come tutta la dottrina che si è espressa sul punto pone l'accento sul fatto che questo è un tema eminentemente politico in cui si esercita la piena responsabilità dei componenti della Commissione, ma più in generale di tutti i Consiglieri regionali, ed in cui l'apporto di tecnici esterni è stato assolutamente marginale.
Particolarmente importanti sono risultati i soggetti consultati ed il loro materiale prodotto.
Ciò premesso, non mi parrebbe fuori luogo prevedere che in ogni caso questo dibattito non si consideri concluso oggi, in quanto si richiedono ancora molte precisazioni, interrogazioni ed approfondimenti.
Il primo passaggio in aula del nuovo statuto regionale richiede almeno alcuni punti fermi del nostro lavoro, per dare piena dignità istituzionale a quelle alte mediazioni che si possono raggiungere solo su di un testo predefinito. Per venire quindi al merito della vicenda, nel corso dei nostri lavori è parso assolutamente pacifico definire la Regione Piemonte come Regione autonoma nell'unità della Repubblica Italiana e nell'ambito dell'Unione Europea, così come unanimemente si è ritenuto fondamentale ancorare il nostro Statuto ai principi espressi dalla Costituzione Italiana nata dalla resistenza e dalla lotta al nazismo, al fascismo, ed alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Tenendo conto di tali riferimenti, ed avendo registrato un ampio favore rispetto alla scelta di inserire dichiarazioni di principio poi sinteticamente dettagliate, mi pare opportuno evidenziare le conseguenze che da tali scelte derivano.
Dal fronte, per così dire europeo, consegue una completa adesione al processo di integrazione europea ed a quello ormai avvenuto di allargamento, così come deriva la volontà di adoperarsi, nei limiti costituzionalmente previsti, per la definizione delle normative comunitarie e per le procedure relative alla loro applicazione.
Ritengo inoltre che possa intendersi comune il recepimento dei principi menzionati nella "Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali", e cioè il diritto alla vita, il divieto alla tortura, il diritto alla libertà ed alla sicurezza della persona, il diritto alla libertà di pensiero,di coscienza e di religione.
Così come scontato mi è parso il consenso sui valori enunciati dalla "Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea": dignità umana diritti fondamentali, democrazia, stato di diritto, tolleranza, rispetto degli obblighi del diritto internazionale.
Dal fronte costituzionale discende poi tutta una serie di specificazioni che hanno però come comune punto di riferimento il fatto che non si è inteso dotare la Regione di un diritto di cittadinanza proprio, ma si è ritenuto di inserire valori e principi di riferimento in un contesto nazionale.
In tal modo, i principi costituzionali si possono declinare attraverso il riconoscimento e la tutela del principio di uguaglianza giuridica e sostanziale di tutti i cittadini, come, ad esempio, i diritti delle fasce deboli ed indifese, il diritto alla sicurezza sociale, allo studio ed alla salute ed il diritto a pari opportunità tra uomo e donna.
Altra declinazione possibile su cui si è espressa la Commissione Statuto è quella che consegue al riconoscimento dei diritti dell'uomo come, ad esempio, il diritto alla libertà di pensiero e di religione, il diritto ad un lavoro che consenta un livello di vita dignitoso. Pressoch in modo unanime mi è parso poi di registrare un ampio consenso sulla necessità di ribadire in questo ambito il valore del principio di sussidiarietà, di riconoscere e valorizzare il ruolo delle formazioni sociali e dei singoli cittadini associati, di salvaguardare la tutela dell'ambiente e dell'assetto territoriale ed infine di mantenere un legame con i piemontesi emigrati nel mondo.
Una riflessione ulteriore va però fatta sugli articoli 25, 26 e 27 del provvedimento. In essi è presente il rischio che la Giunta abbia un potere eccessivo, che riduce le decisioni del Consiglio. In tali articoli difatti, la potestà regolamentare andrebbe esclusivamente alla Giunta. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare, perché i regolamenti costituiscono la fase applicativa delle leggi e togliere al Consiglio la facoltà di emanarli significa relegare il Consiglio stesso ad un ruolo di secondo piano, del tutto subalterno alla Giunta.
In quello che diventerà il nuovo Parlamento regionale del Piemonte, i Consiglieri regionali come parlamentari dovranno, al contrario, possedere una capacità di intervento precisa a favore del territorio, quindi poteri e facoltà adeguati alla portata della loro funzione. La necessità di un maggiore equilibrio nei poteri tra Giunta e Consiglio emerge anche riguardo alla nomina degli assessori, cui fa riferimento l'articolo 50 sulle attribuzioni del Presidente della Giunta regionale. Il potere di nomina e revoca degli assessori, conferito al Presidente della Giunta, appare eccessivamente ampio, in quanto gli assessori hanno il compito di lavorare in stretta connessione con il Consiglio, ma, nonostante ciò, non è neppure prevista la sottoposizione della loro nomina ad un parere consultivo da parte del Consiglio.
Con questo non intendo voler sottrarre attribuzioni al Presidente della Giunta, ma rilevare la necessità che la nomina di un assessore sia condivisa il più largamente possibile.
Mi è sembrato molto giusto prendere in considerazione anche la menzione di quei diritti di cosiddetta "terza generazione" (quali il diritto all'autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, all'equilibrio ecologico, al controllo delle risorse nazionali a difesa dell'ambiente) come di "quarta generazione", relativi al campo delle manipolazioni genetiche, della bioetica e delle nuove tecnologie di comunicazione, così come quei nuovi diritti non appositamente tutelati ma desumibili dalle norme e dai principi costituzionali.
Da ultimo, tutti insieme abbiamo sentito l'esigenza di potenziare i meccanismi di trasparenza e pubblicità dell'azione amministrativa e di partecipazione diretta dei cittadini, così com'è stata assolutamente pacifica la convergenza sull'esplicito richiamo alle competenze "estere" della Regione ed agli strumenti da questa adottabili per esercitarle adeguatamente pur nel rispetto di limiti costituzionali. La convergenza è stata totale e sarei propenso ad affermare che le uniche sensibilità diverse emerse nel dibattito ineriscono alle questioni relative al principio di sussidiarietà. Quando tale principio viene preso in considerazione nella sua qualificazione "orizzontale" sono chiaramente emersi alcuni distinguo sulla "quantità" e sulla "qualità" di sussidiarietà cui la Regione può accedere.
Concludo con alcune considerazioni assolutamente personali di merito.
Mi sento di riproporre in questa sede la tutela della persona umana sin dal suo concepimento, pur nel rispetto delle leggi vigenti, ma con la possibilità, per la Regione, di legiferare tenendo conto anche di questa "condizione". Quanto al principio di sussidiarietà orizzontale, mi spingerei a proporre che la Regione non solo valorizzi e tuteli l'iniziativa delle formazioni sociali e dei singoli che svolgono attività d'interesse generale, ma che addirittura si astenga dall'intervenire direttamente in quei settori in cui tali realtà hanno dato prova di saper dare risposte qualificate ed efficaci ai bisogni emersi nella società.
Suggerisco, inoltre, di inserire tra i soggetti menzionati in questo titolo le autonomie funzionali, colpevolmente dimenticate dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Da ultimo, trattando il tema del lavoro e dell'obiettivo della piena occupazione, accanto al citato concetto di diritto ad un lavoro capace di garantire un livello di vita dignitoso andrebbe stabilito il principio della valorizzazione e del sostegno all'impresa, nella più ampia accezione del termine, quale luogo in cui l'occupazione si crea e si incrementa.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, spero che le esigenze che ho sottolineato portino ad una riflessione per apportare alla proposta statutaria che stiamo esaminando le modifiche indispensabili a renderla più adeguata alle esigenze dei cittadini del territorio, nello spirito di un vero rilancio del Piemonte sotto tutti i profili, economico, produttivo e sociale.
Chiudo questo intervento ringraziando ulteriormente e con la speranza che il provvedimento che stiamo per approvare possa servire alla crescita e allo sviluppo di una comunità che, in questo momento, ne ha particolarmente bisogno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Vorrei fare alcune considerazioni. Da alcune parti è stata richiamata oggi in aula la solennità dell'argomento, la solennità dello Statuto, ma evidentemente questa solennità è poco sentita in aula, a partire dal Presidente Ghigo, che non è presente.
Vi è un'altra annotazione che mi sembra doveroso e inevitabile fare: nel corso della Conferenza dei Capigruppo avevo chiesto se fosse possibile prevedere dei tempi, almeno per il primo intervento, non contingentati nei dieci minuti canonici. Certo, lo Statuto vigente prevede dieci minuti, ma se lo Statuto che andiamo a scrivere durerà come quello precedente, cioè trent'anni, prevedere, una volta ogni trent'anni, una deroga dei tempi, mi sembra una richiesta coerente alla solennità del momento. Pongo queste due osservazioni di tipo generale.
Non sono tra quelli che guardano entusiasticamente al testo licenziato dalla Commissione, perché penso che la riscrittura di uno Statuto meriti qualche tempo in più. Anche lo stesso Presidente della Commissione Speciale per lo Statuto ha dichiarato che le altre grandi Regioni del nord non sono arrivate al punto in cui siamo arrivati noi. Forse meritava approfondire un po' di più il dibattito in Commissione. Tuttavia, non mi convincono neanche le ipotesi che sono state formulate, secondo cui lo Statuto andava adeguato, perché erano subentrati cambiamenti nella Costituzione; non possiamo però ignorare che sono in corso discussioni, a livello nazionale su eventuali ulteriori cambiamenti della Carta costituzionale.
Noi oggi sappiamo cosa stiamo scrivendo? Scriviamo un testo che varrà in ogni caso, perché sappiamo che da Roma non interverranno mutamenti a livello nazionale? Oppure scriviamo un testo su cui, magari, tra pochi mesi alcune forze presenti - non la mia - dovranno cominciare un nuovo percorso perché sono subentrati dei mutamenti? Non so se, nella fretta di procedere tutti questi ragionamenti sono stati tenuti presenti, così come credo che questo percorso sia stato estremamente superficiale.
Trovo la relazione del Presidente della Commissione di una leggerezza incredibile. Il Presidente della Commissione ha fatto una relazione ripercorrendo esattamente il cammino fatto, riassumendo lo Statuto, ma non approfondendo quello che ritengo essere il problema principale di uno Statuto. Lo Statuto - è inutile che cerchiamo di ignorarlo - è la Carta che deve scrivere le regole in virtù delle quali pensiamo che staranno insieme coloro che vivranno nella nostra regione nei prossimi anni.
Il modo in cui noi abbiamo costruito materialmente lo Statuto, senza cogliere i criteri fondanti che devono stare alla base del vivere comune nella nostra regione, a me è sembrato un atteggiamento che non corrisponde a quello che viene definito un momento solenne. Nella relazione del Presidente della Commissione si è accennato al problema delle consultazioni, le quali hanno confermato l'impianto che era stato dato allo Statuto. Da parte mia rilevo, invece, che le consultazioni hanno portato alla luce una serie di problematiche, tant'è vero che le stesse sono state affrontate; si è previsto l'aggiunta di un preambolo, sul quale poi discuteremo in modo specifico, ma che chiaramente esprime un punto di vista di critica da parte dei consultati e non certo un'adesione favorevole a quello che avevamo prodotto.
Tuttavia, non tutto è criticabile. In particolare, voglio sottolineare che solo successivamente abbiamo avuto un colpo d'ala. Tra gli emendamenti proposti, tra le formulazioni proposte nel preambolo, effettivamente, siamo riusciti ad inserire (non so se reggerà al passaggio in aula) il tema dei diritti degli animali. Voi sapete che, ripetutamente, ho presentato questo punto all'attenzione dell'aula. Devo dire che sono soddisfatto se questo passaggio reggerà al voto in aula.
Noi siamo, se passerà il punto, sulla scia di assemblee legislative che hanno già inserito nei testi fondanti questo punto. Penso alla Germania e all'Inghilterra. Sicuramente siamo in una compagnia che non ci danneggia e non ci fa sfigurare.
Qual è il punto principale che già in Commissione ho sottolineato come negativo? Sicuramente, questa visione presidenzialista che si è voluto introdurre e mantenere all'interno del nostro Statuto.
Nel corso delle discussioni che abbiamo fatto in Commissione, non è emerso un motivo costituzionale per il quale siamo obbligati a tenere una forma presidenzialista. Lo sappiamo tutti: la forma presidenzialista poteva essere evitata, se il Consiglio regionale avesse deciso di scrivere un articolato chiaro e che non prevedesse il presidenzialismo.
Non si tratta certo di attuare delle soluzioni come la prima proposta della Regione Calabria, ma di seguire esattamente cosa prevede la modifica raccomandata dal nuovo Titolo V. Nel corso della discussione sull'articolato si è affrontato questo problema in modo molto celere e con poco dibattito all'interno della Commissione, quasi a volere superare di fretta questo passaggio, che invece è fondamentale.
I molti costituzionalisti sottolineano proprio come questa visione presidenzialista riesca a determinare delle negatività che noi vedremo e che già in parte vediamo con l'attuale ordinamento, rafforzata e peggiorata con il nostro Statuto.
Siamo in presenza - così dicono i costituzionalisti - di un drastico irrigidimento delle dinamiche politiche e di una sostanziale compressione dei processi democratici che, in ragione delle sue singolari implicazioni costituzionali, devono essere attentamente ponderate. In assenza di efficaci antidoti costituzionali, il vincolo al mandato elettorale ossessivamente ostentato in questi anni, rischia di trasformarsi da garanzia per i cittadini, come la politologia corrente ha tentato in tutti i modi di farlo passare, in un ulteriore privilegio a favore del potere.
Vorrei sottolineare questo passaggio all'aula, perché questa politologia è risuonata tantissimo nelle discussioni in Commissione. Stando così le cose chi dispone del potere politico può, infatti, operare più o meno arbitrariamente per l'intera durata del suo mandato, al sicuro da ogni pericolo e da ogni incognita politica.
L'etica del maggioritario, soprattutto se combinata con sistemi di tipo presidenziale, impone che le minoranze siano ridotte al silenzio: il manovratore non può essere disturbato. E anche se i cittadini si rivelassero nel corso del mandato insoddisfatti per l'operato del Governo regionale, delusi e pentiti per il voto dato, sarebbe comunque troppo tardi: l'azione politica del Governatore non può più essere in alcun modo intralciata, anche perché tutti gli strumenti dell'integrazione politica e della mediazione sono stati nel frattempo definitivamente spuntati.
L'ordine della mediazione imperniato sul ruolo e sulla funzione dei partiti politici è stato in questi anni repentinamente travolto dalla costruzione di un nuovo ordine senza più mediazione, incardinato sulla figura del capo, sulla reductio ad unum della politica, sulla verticalizzazione del consenso. Questo lo dice qualche costituzionalista non lo dico io: l'ho letto. Quindi, i problemi ci sono, sono presenti e credo molti dei Consiglieri li abbiano presenti; tuttavia, credo anche che la maggioranza sia convinta e contenta di andare su questa strada. Non so se è altrettanto convinta e contenta di fare qualcosa che possa effettivamente servire ai cittadini e agli abitanti piemontesi.
Il percorso che abbiamo fatto ha spinto verso un altro aspetto che noi stiamo vivendo in questi anni, ovvero ha indotto ad un atto di fede, comune in questi tempi, sulle virtù taumaturgiche dell'ingegneria costituzionale nel senso che si è fatta largo l'idea che costruire delle regole di un certo tipo possa permettere più facilmente di superare i problemi politici tra le coalizioni e, talvolta, anche all'interno delle stesse coalizioni.
Non ho bisogno di richiamarmi a esempi ipotetici o teorici. Credo che tutti coloro che vogliono leggere la realtà si rendano conto di come si svolgono le vicende in questi giorni a livello di Governo nazionale: regole di conduzione dell'assemblea assolutamente dirigistiche, regole assolutamente verticistiche di direzione dell'assemblea, regole che impongono una lottizzazione rigida dei tempi e delle discussioni, così come forme schiaccianti di maggioranza all'interno dell'assemblea, non riescono a superare le divergenze politiche all'interno della coalizione di chi sta governando. Non dico questo dando un giudizio di qualità, richiamo solo questo esempio per chi pensa di costruire regole entro cui poi far scorrere tranquillamente le discussioni politiche.
Per fortuna, ogni tanto, la politica riesce ancora ad esprimersi. A tutti quelli che credono ancora ciecamente nelle virtù taumaturgiche dell'ingegneria costituzionale, dico che stiamo facendo un lavoro non sufficiente, perché non solo non costruiamo un buono Statuto, ma ci basiamo su presupposti che non reggono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Prima di trattare alcune questioni, vorrei esprimere una preoccupazione per l'assenza, da questa discussione, del Presidente della Regione e di gran parte dei membri della Giunta regionale. Non mi pare che l'Assemblea e la questione che stiamo discutendo meritassero questa disattenzione.
Pongo due questioni: una politica e una che riguarda l'architettura istituzionale di cui stiamo discutendo.
Prima questione. Esco da questa discussione e dal lavoro svolto (ovviamente un lavoro che aspetta la conferma e l'apporto dell'Aula) confortato dalla possibilità che nel Paese, e anche nella nostra Regione il bipolarismo possa trovare la sua strada e indirizzarsi verso un corso nel quale la nettezza delle alternative politiche convive con la comune consapevolezza del valore delle regole, delle istituzioni, cioè del fatto che esistono, in un Paese, beni comuni che sono indisponibili per la contesa politica e di fronte ai quali le posizioni di parte devono riconoscere i propri limiti.
Sono affermazioni che potrebbero essere considerate banali, essendo questo lo spirito con il quale fu elaborata la Costituzione italiana del 1948 (cioè in un quadro con una contesa politica ancora più aspra di quella attuale, che costruì lo spazio per un confronto comune fra le istituzioni) ma oggi, a mio parere, non sono assolutamente banali nella fase politica che il Paese sta vivendo. È definibile come una fase di un vero e proprio bipolarismo deforme, nel quale, l'unica domanda che conta è con chi stai in cui non rimane spazio per una valutazione diversa.
La mia opinione è che il lavoro che stiamo facendo, che penso segni positivamente un'altra possibilità, si colloca in un momento in cui c'è molta gente, in Italia, che si accorge della necessità di guarire da questa malattia che ci ha attaglianato nel corso degli ultimi anni; molta gente che pensa che oggi sia necessario trovare una strada diversa, da quella fatta semplicemente di populismo e di demagogia, nella quale è possibile per le forze e gli uomini politici, parlare di diritti e dimenticare sempre la parola "doveri", parola impronunciabile nel clima determinatosi nel Paese.
Dal mio punto di vista, il lavoro svolto, sia pure con tutti i suoi difetti (non voglio esagerare qui la sua portata e la sua qualità, siamo uomini politici condizionati da questa fase storica e portiamo su di noi i limiti e i difetti che vediamo intorno a noi) è stato uno sforzo serio di convergenza; è stata la ricerca, tra forze che normalmente si combattono su tutti i temi della vita politica, di trovare punti in comune, di costruire compromessi e mediazioni sulla questione relativa allo Statuto della Regione, cioè il sistema di regole comuni.
Considero questo un valore per tutti e quindi penso - e spero - che l'Aula sappia difendere e sviluppare il senso di questo lavoro come un bene comune che ha caratterizzato questa fase.
Pochi minuti fa, il Consigliere Moriconi ricordava che lo Statuto della Regione, stipulato nel 1970, durò trent'anni. Occorre ricordare, comunque che si trattò di uno Statuto concordato e costruito tra forze politiche radicalmente diverse fra di loro, che si combattevano come e forse più di quanto non si combattano oggi le forze politiche e i diversi schieramenti.
Spero che lo Statuto che abbiamo cominciato ad elaborare, e che l'Aula completerà, sia all'altezza di quelle caratteristiche.
La seconda questione riguarda il cuore dell'ipotesi statutaria sulla quale abbiamo lavorato. Abbiamo lavorato, come ha ricordato il Presidente Galasso nella sua relazione, sulla base della legge costituzionale n. 1 del 1999, legge che ha stabilito l'elezione diretta del Presidente della Regione e che gli ha affidato i poteri conseguenti.
Chiedo a tutti i colleghi, soprattutto a chi ha espresso il dissenso più forte in questi mesi (ad esempio il Consigliere Moriconi) che cosa succederebbe se quest'aula non approvasse lo Statuto della Regione varato dalla Commissione. Se quest'aula non lo approvasse, semplicemente saremmo nelle condizioni previste dalla legge 1/1999, cioè nella condizione di avere l'elezione diretta del Presidente della Regione, senza che venga stabilito alcun equilibrio e contrappeso.
Una cosa è l'elezione diretta del Presidente della Regione, altro è il presidenzialismo. A mio parere, il presidenzialismo è l'elezione diretta del Presidente della Regione, alla quale non corrisponde un sistema adeguato di equilibri e di contrappesi che configurino e ricostruiscano, su buone basi, l'intera impalcatura della costruzione istituzionale.
Abbiamo cercato, con questo lavoro, di fare esattamente questo, cioè di impedire che l'elezione diretta del Presidente della Regione, prevista dalla legge n. 1 del 1999, si trasformasse in puro e semplice presidenzialismo. Questo Statuto fissa alcuni punti essenziali per il riequilibrio dei poteri.
Li richiamo sommariamente e li discuteremo, punto per punto, quando arriveremo ai diversi capitoli.
Il primo punto riguarda l'equilibrio fra potere della Giunta e potere del Consiglio, fra potere legislativo e potere regolamentare. Mi pare che in questo Statuto, stabiliamo alcuni punti significativi e credo, signor Presidente, che un ulteriore spazio di miglioramento si sia configurato nel dibattito avvenuto in Commissione, anche dopo le consultazioni, perché - il Consigliere Cattaneo mi smentirà se non dico cose che corrispondono al vero nella discussione avvenuta in Commissione a proposito del potere del Consiglio, in particolare in materia regolamentare, è emersa una convinzione molto diffusa: la possibilità di un allargamento significativo dei poteri del Consiglio regionale quando a questo, naturalmente corrisponda una certezza sulle possibilità del Consiglio regionale di decidere in tempi prevedibili e in un quadro che permetta che i poteri conferiti vengano effettivamente svolti.
La seconda questione, sulla quale abbiamo ritrovato un riequilibrio dei poteri, è inerente al rapporto fra la Regione e il sistema delle Autonomie locali, dove, dando applicazione al dettato costituzionale, determiniamo la nascita di una nuova istituzione - il Consiglio delle Autonomie locali che può costituire un punto significativo per contrastare quelle tendenze al centralismo regionale che, con tanta preoccupazione, possono essere viste e che possono costituire, in qualche modo, un momento di crisi dello stesso federalismo.
In fondo, quando parliamo di "federalismo", dobbiamo sempre ricordarci che non può essere interpretato solo come un problema di relazioni fra il Piemonte - nel nostro caso Torino - e Roma, ma è anche un problema di rapporti del Piemonte con se stesso: il federalismo, cioè, ha una dimensione verso l'alto, ma ha anche una dimensione verso il basso, e lo Statuto affronta questo problema.
Lo Statuto affronta il problema di un tentativo di fare i conti con le nuove dimensioni della governance attraverso la costituzione del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro, costruendo, quindi, una sede possibile di contrappeso.
Infine, affrontiamo il problema del riequilibrio dei poteri - e quindi di una nuova architettura istituzionale più equilibrata - attraverso una proposta di legge elettorale che, riducendo drasticamente il carattere maggioritario della legge vigente, ricostituisce un equilibrio nel quale è la rappresentanza e la rappresentatività ad essere premiata rispetto all'esigenza di direzione e di decisione che è propria, invece, del carattere così accentuatamente maggioritario della presente legge, che porta alla configurazione del Consiglio regionale così come oggi lo conosciamo.
Cari amici e cari colleghi, naturalmente si possono ritenere insufficienti queste misure; possiamo parlarne, ma mi sembra difficile dire che le cose di cui stiamo discutendo non contribuiscano a ridefinire e a migliorare il riequilibrio dei poteri e non introducono per i cittadini un punto importante.
Mi è capitato, nei mesi scorsi, di usare un'espressione che poi qualcuno ha ripreso, quella di "bipolarismo mite". Questa espressione non si riferisce solo - cosa pur non disprezzabile - ad un "bon ton" nel rapporto fra dirigenti e politici, ma è un aspetto che riguarda il rapporto fra la politica, le istituzioni e i cittadini, cioè suggerisce se il bipolarismo riesce, alla fine, a fornire e ad offrire ai cittadini delle istituzioni che siano effettivamente di tutti.
Questa mattina, ho trovato molto singolare il fatto che delle forze che hanno così profonde e intense radici democratiche abbiano pensato che la questione della democrazia e della qualità sia per i cittadini un problema di minor rilievo di quello del lavoro e dell'occupazione. Non cadiamo in questo qualunquistico errore.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Signor Presidente e colleghi, a mia volta, per il Gruppo che presiedo vorrei ringraziare il Presidente Galasso, il Vicepresidente Caracciolo l'Ufficio di Presidenza della Commissione e naturalmente, con loro, i collaboratori, per il lavoro che hanno svolto in questi anni e, certamente nel momento più intenso degli ultimi mesi e delle ultime settimane, durante le quali ci siamo ampiamente confrontati.
Un ringraziamento più sincero lo vorrei fare ad ogni singolo collega che ha partecipato continuativamente, ma anche discontinuamente, ai lavori della Commissione, perché con l'esperienza del lavoro in Commissione (e mi auguro che anche l'Aula possa portare a me, ma anche ad ognuno di noi, un arricchimento della propria cultura politica e della propria esperienza in Consiglio regionale) ogni singolo collega mi ha dato tanti spunti personalmente e collettivamente col Gruppo, per confrontarmi su queste tematiche.
Sono particolarmente grato anche a quei colleghi che forse hanno le idee più distanti dalle mie e dalle nostre, e che spesso, o, meglio qualche volta - sarei ipocrita a dire "spesso" - sono riusciti anche a farci mettere in discussione i nostri stessi convincimenti, offrendoci l'opportunità, con il confronto e con una capacità d'ascolto - aspetti che come hanno ribadito alcuni colleghi che mi hanno preceduto, non sempre ci siamo reciprocamente garantiti sui provvedimenti ordinari - di fare insieme un buono lavoro.
Come hanno ricordato altri Consiglieri, la VII legislatura è particolare per tutte le Regioni. È un momento particolare e significativamente alto per l'istituzione cui apparteniamo, quindi per il Consiglio della nostra Regione.
Quando il 29 maggio, nella seduta d'insediamento, mi ero preparato un intervento con una certa apprensione (come tutti coloro che, come me sedevano per la prima volta in Consiglio regionale), ebbi a dire - e sono contento di averlo detto, perché l'esperienza mi ha dimostrato che avevo avuto non un'intuizione, ma avevo colto forse un aspetto di questo mandato di Consigliere regionale, sempre singolarmente e collettivamente con il Gruppo - che le regole, così come hanno fatto i nostri padri costituenti dell'Assemblea costituente e i nostri predecessori della I legislatura in questo Consiglio regionale in occasione, rispettivamente, della Costituzione della Repubblica e del primo e attuale Statuto della Regione Piemonte, vanno fatte insieme.
"Insieme" non vuol dire con una marmellata o con un "vogliamoci bene ad ogni costo", ma con un confronto, secondo quanto ho provato a dire prima, e cercando quindi, nel massimo rispetto, di costruire, con un confronto politico anche acceso, come abbiamo avuto e come avremo ancora - presumo in Aula da qui all'approvazione in prima lettura dello Statuto, ma con l'obiettivo di arrivare ad un risultato migliore e più alto possibile. Sono certo che ogni singolo Consigliere regionale ha questo obiettivo.
Ci siamo confrontati per molto tempo sulle ipotesi di Statuto e sulle proposte depositate e poste all'attenzione del Consiglio regionale e che puntualmente, sono state richiamate nella relazione del Presidente Galasso.
Anche noi, come Casa delle Libertà, avevamo presentato - è agli atti una proposta di nuovo Statuto della Regione sottoscritta da tutte le forze che compongono la nostra coalizione e la maggioranza che sostiene il Presidente Ghigo.
Siamo stati subito non convinti, ma disponibili e disposti - e bene abbiamo fatto, come hanno fatto, del resto, tutti gli altri colleghi che hanno presentato a loro volta una proposta - a metterla in discussione.
Abbiamo scelto la via che ci ha portato, comunque, ad un risultato alto, dal mio punto di vista, ovvero di presentare all'aula uno Statuto che magari non è la migliore proposta di Statuto che si potesse fare - questo lo sappiamo. Essendo, quella del 1970, la base di partenza, ed avendo avuto un po' di tempo, ho verificato come si è costruito in allora in quest'aula lo Statuto del 1970, e mi sono reso conto come bene abbiamo fatto a tenercelo un po' stretto come buona base di partenza. Credo che i nostri predecessori avessero, in allora, fatto un ottimo lavoro - questa è una sfida per noi - e credo che averlo tenuto come rotaia, come testo base insieme alla Costituzione della Repubblica e alla Carta dell'Unione Europea, sia stata la scelta più giusta.
Ci siamo confrontati a lungo, in particolare sui principi, quindi sulla costituzione del Titolo I, per molti mesi e per molte settimane. Durante le consultazioni che si sono succedute sul territorio della nostra Regione abbiamo avuto modo di valutare insieme sia elementi di soddisfazione e di condivisione sul titolo dei principi e sulla proposta di Statuto, sia motivi di dissenso, a volte motivato (con importanti considerazioni, anche se non da tutti condivisibili), a volte meno motivato, ma comunque dissenso.
Credo dunque che bene abbiamo fatto e bene faremmo a cercare di recuperare anche dall'esperienza delle consultazioni, come abbiamo cominciato a fare, in particolare sul Titolo I riguardante i principi, che rappresentano la guida del nostro Statuto.
Pur smentendo, in un certo senso, la scelta che avevamo preso - ma guai se un uomo politico o, addirittura, un Consiglio regionale non cambiasse idea sulla base dell'esperienza - mi auguro che ci sia la possibilità (anche per recuperare una condivisione, magari non un voto, non è sicuramente uno scambio, ma una condivisione maggiore da parte di chi sostiene che questo Statuto non sia un buon Statuto) di inserire all'interno del nostro Statuto - in un preambolo, nell'articolato, quello che riusciremo a fare - alcuni di quei valori e ideali che avevamo scelto pur condividendoli - di non inserire per facilitare il percorso in sede di Commissione che ci portò, il 15 marzo, ad approvare la proposta di Statuto su cui stiamo discutendo.
Naturalmente noi siamo soddisfatti che la forma di governo, che è stata scelta da 54 Consiglieri, quindi con un'amplissima condivisione, sia quella del cosiddetto presidenzialismo, quella dell'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale.
Siamo anche convinti, e l'abbiamo già fatto, che sia importante introdurre un riequilibrio dei poteri fra il Presidente della Giunta regionale, la Giunta regionale e il Consiglio regionale. Lo abbiamo fatto già nella proposta che abbiamo insieme costruito e votato. Diamo la disponibilità - quindi rispondo puntualmente ad una sollecitazione del Consigliere Marcenaro - a rafforzare ulteriormente (non so se significativamente, ma lo vedremo) questo riequilibrio dei poteri, dando maggiori competenze e poteri al Consiglio regionale, purché vi sia un contestuale impianto che possa non intaccare la stabilità e la governabilità.
E' ovvio che se noi dovessimo rafforzare ulteriormente i poteri e le competenze del Consiglio regionale con l'attuale Regolamento, andremmo a smentire la scelta di fondo che abbiamo proposto, certamente non da soli e che è stata condivisa dalla parte preponderante del Consiglio regionale cioè quella dell'elezione diretta e del presidenzialismo. Se optassimo per un Presidente eletto direttamente dai cittadini, che deve governare e avere una maggioranza stabile, ma che poi non può applicare le leggi, il proprio programma di governo, il proprio programma elettorale, perché non pu approvare i regolamenti in quanto il Consiglio non gli dà certezza dei tempi in cui poterli approvare, è ovvio che faremmo un salto all'indietro e saremmo certamente dei cattivi amministratori.
Ciò non significa che dal confronto complessivo non si possa trovare una soluzione in quel senso, anche da noi condivisa.
L'architettura complessiva dello Statuto - dal mio punto di vista introduce un salto di qualità dello stesso Statuto, rafforza ed è in coerenza con il nuovo ruolo dei Consigli regionali.
Abbiamo introdotto, grazie alla tenacia dei nostri colleghi Consiglieri regionali donne, e in particolare della collega Manica, alcuni aspetti innovativi, che sono stati successivamente recepiti da altre Regioni, quali l'istituzione della Consulta regionale delle elette e la Commissione per le pari opportunità.
Abbiamo voluto rafforzare gli istituti della partecipazione convintamente, maggioranza e opposizione. Abbiamo affrontato gli aspetti dei referendum, e sarà uno dei punti sui quali dovremo confrontarci per trovare una soluzione. Riguardo al referendum abrogativo, abbiamo ipotizzato una maggiore difficoltà per la presentazione; a lato di questa è stata prevista una riduzione del quorum, in modo che si possa oggi, nel terzo millennio, dare la migliore e più concreta risposta al principio della democratica decidente. Sono stati inoltre previsti il Consiglio delle autonomie locali, il CREL e le garanzie per le minoranze.
Ciò, peraltro, antecedentemente a quanto previsto dai criteri guida della legge dello Stato del 4 luglio 2004, approvata in via definitiva al Senato, ed anche dalla legge "La Loggia"; noi l'abbiamo introdotto conche rimandando in buona parte al Regolamento, in tempi non sospetti.
Chiudo il mio intervento, perché ritengo che avremo modo, sia esaminando gli emendamenti che i singoli articoli, di entrare nel merito di ogni singolo punto nel corso della discussione che ci vedrà impegnati per molti giorni.
Siamo arrivati in aula dopo un percorso molto difficile; ora abbiamo lo sappiamo - pochi giorni per approvare lo Statuto in prima lettura; molto lavoro è stato fatto in Commissione, certamente nessuno può limitare l'intervento e la discussione - smentirei quanto ho detto qualche minuto fa dei singoli Consiglieri e dei singoli Gruppi.
Mi auguro tuttavia che non si ripeta una certa situazione che abbiamo verificato in Commissione nell'intervenire ad ogni costo, su ogni cosa anche per distinguersi e per fermare lo Statuto. Al momento non registro questo; mi sembra di registrare un clima propositivo e costruttivo.
Certamente Forza Italia farà la sua parte affinché vi sia un miglioramento ulteriore di questa proposta di Statuto, che dal nostro punto di vista è una buona proposta, ma soprattutto vi sia la condivisione di tutto il Consiglio regionale per cogliere uno dei motivi più alti per cui siamo stati eletti in questa settima legislatura, cioè di dotare la nostra Regione di un nuovo Statuto, come poche Regioni riusciranno a fare da qua alla primavera del 2005.
In poche parole, mi auguro si possa arrivare alla fine di un percorso che abbiamo iniziato convintamente, sul quale ci siamo confrontati e sul quale abbiamo registrato - una delle poche volte in questi quattro anni di settima legislatura - un clima di rispetto e un clima costruttivo. Buon lavoro a tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Presidente, colleghi, oggi un segno tangibile del valore e del significato dell'atto che stiamo compiendo e che si differenzia da quello del 1970 è che questo provvedimento non verrà sottoposto al vaglio del Parlamento. Ed è un segno forte, un segno in qualche modo innerva gli elementi di federalismo che con questo Statuto cerchiamo di delineare.
Non è solo formalismo, questo aspetto. E' un elemento simbolico, come altri elementi simbolici - cercherò di spiegarlo - dovrebbero e potrebbero ancora essere recuperati nel dibattito in aula del nuovo Statuto della Regione Piemonte.
Io ritengo che il testo sia largamente positivo: accresce il processo federalistico; amplia gli spazi di autogoverno responsabile, non intacca l'unità nazionale, non menoma la solidarietà tra le Regioni e tra i territori; non esalta particolarismi e logiche da piccole patrie e avvicina maggiormente i cittadini alle istituzioni. Penso che la sussidiarietà senza federalismo, sia limitata e riduttiva. La sussidiarietà riduce quindi, gli aspetti negativi del centralismo. Negli anni si sono tenuti grandi dibattiti sull'argomento. Negli anni 70' ci sono stati importanti studiosi che hanno argomentato in merito. C'era la pubblicistica di sinistra che diceva che nel centralismo si annidano i ceti burocratici clientelari e parassitari che si alimentano proprio sulla logica centralistica.
Noi abbiamo dato un contributo a un corretto federalismo. Ma oggi c'è una forte spinta contro questi processi: la vediamo nel mondo dell'impresa nel sistema politico, nel sistema delle articolazioni sociali. C'è una condanna del federalismo come elemento che può affossare l'economia, che può far esaltare gli egoismi. Certo, se un federalismo è mutilato - non voglio usare la frase in senso da "pace è mutilata" - non ha l'aspetto l'autonomia fiscale, evidentemente è estremamente pericoloso e soprattutto, favorisce quei settori che vogliono svuotare, delegittimare il processo federalistico.
Ovviamente il mio giudizio sullo Statuto è positivo, anche se ho presentato 12 emendamenti, credo tutti costruttivi. Abbiamo lavorato per un anno e mezzo, 99 sedute, stabilendo un tacito patto - che avevamo fatto tra tutti noi in Commissione - soprattutto nella prima parte dello Statuto: avere un forte riferimento alla Costituzione e al trattato costituzionale dell'Unione Europea. In questo nostro documento si trova la sintesi di tali valori.
Ora, improvvisamente vedo, nelle ultime due o tre sedute, spuntare altri approcci e logiche che frettolosamente vogliono affrontare problemi che avremmo avuto il tempo e l'obbligo, se si voleva prendere più analitici i principi, di affrontare in modo sereno, pacato, prolungato, con i tempi necessari, nella sede opportuna.
Certo, c'è stata un po' di "timidezza" nel cogliere la fase federalistica: opportunità forse perse. Ci sono anche elementi simbolici che danno carattere a qualcosa che si fa. Per esempio, non usare le parole "governo regionale", ma continuare con Giunta. Ho sentito un'intervista del Presidente Cota alla televisione che alla domanda: "qual è la differenza forte...", ha risposto: "Noi facciamo le leggi, non siamo amministratori.
Si occupano di amministrazione la Provincia, i Comuni, noi facciamo la legislazione, la grande programmazione". Se andate a vedere in qualsiasi manuale, "Giunta" è connaturata ad amministrazione; governo è connaturato là dove si sostanzia il processo legislativo e la grande programmazione.
Non avere il coraggio di usare le parole "governo regionale" in un ambiente federalista, denota una certa "timidezza"; così come è una timidezza definire Torino capoluogo (come un piccolo paesino che ha una frazione che è il capoluogo) e non capitale regionale. Ripeto sono elementi simbolici probabilmente non altamente significativi, ma danno sostanza alle cose; in questo caso al federalismo.
Anche sul rapporto con l'Unione Europea, che non è più mediato dallo Stato - ci dotiamo addirittura di una legge comunitaria molto importante dobbiamo ancora emanarla - potevamo sostanziarle con maggiore coraggio il ruolo della Regione. Dovevamo anche avere più coraggio nell'esaltare l'intreccio tra le radici e i valori della nostra storia, le nuove realtà la contaminazione tra tante culture, tra tanti processi sociali, che si stanno determinando. Per esempio, parlare di lingua piemontese, non vuol dire negare tali processi, anche del ruolo della globalizzazione. Ma perch abbiamo vergogna? E' il nostro patrimonio linguistico, di larga parte della nostra popolazione. Pensate che il Parlamento non ha riconosciuto la lingua piemontese, ha riconosciuto la lingua sarda, la lingua friulana, tutta una serie di lingue "corte" come venivano chiamate, ma non ha riconosciuto la lingua piemontese: facciamolo almeno noi con coraggio e senza timori questa scelta.
Per quanto riguarda gli eccessi del presidenzialismo, forse potevamo attenuarli di più. Ma pensate il paradosso: si invoca sempre la governabilità; il premio di maggioranza, per garantire stabilità, durata e poi lasciamo che una legislatura possa essere "mandata in aria" perch magari un Presidente, per una sua scelta personale, privata, - scappa con una ballerina, oppure si fa frate e si dimette - fa "franare" una legislatura. Avevo suggerito alcune scelte per far sì che, pur mantenendo il principio del presidenzialismo, in casi estremi, si potesse dare una soluzione a questa aberrazione garantendo la continuità della legislatura.
Il presidenzialismo è persino esaltato, pensate a quanti giornalisti si riempiono la bocca con la parola "governatore", a volte si sento alcuni in televisione che sembra abbiano una caramella in bocca, nel parlare di "governatore", anche se non esiste il termine governatore: la realtà è superata da quello che si vuol far apparire. Qualche spazio di recupero possiamo farlo ancora, qualcosa si può fare. Per esempio sottoporre, da parte del Presidente eletto, il programma all'assemblea anche se con molte limitazioni, ma si introduce un principio per evitare che non sia una graziosa elargizione del Presidente venire qui a esporre qual è il suo programma. Altri elementi sono stati la funzione regolamentare e attraverso un ordine del giorno di rinvio ad una nuova legge elettorale, la riduzione del premio di maggioranza e il far sparire il listino del presidente che era una cosa molto discutibile. Probabilmente potremmo recuperare un obbligo per il governo di sequenzialità certi atti: se non si approva il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria regionale, non si pu passare alla legge finanziaria, alle leggi collegate e al bilancio.
Un elemento rischioso e di delegittimazione di questa assemblea è passare senza motivazioni credibili da 60 a più Consiglieri nel testo che arriva dalla commissione si parla di 80. Noi dobbiamo dimostrare che il federalismo non costa di più. Perché se costasse di più in una situazione economica critica si risponderebbe di aspettare. La motivazione secondo cui "abbiamo più responsabilità" è debole. Voi sapete che l'Assemblea non lavora di più rispetto al passato, anzi l'assorbimento centralistico del Presidente di molte funzioni e prerogative, ha spogliato le assemblee elettive di vari compiti. Noi potevamo solo collegare questo aumento al fatto che a livello parlamentare si sta discutendo sulla riduzione del numero dei parlamentari. Lì si dava il senso e una visibilità ad un processo. Così a freddo si rischia di compromettere il valore di questo Statuto. Altri elementi positivi sono il riconoscimento del popolo piemontese diffuso nel mondo. Questo recupero lo si è fatto sul campo negli anni '80, si è cominciato a ricostruire il rapporto con i piemontesi nel mondo, anche quelli di seconda e di terza generazione. Queste nostre comunità, che hanno dovuto fare una vita durissima e quindi non avevano potuto recuperare la piemontesità, non era riemersa. Io sono emigrato in Argentina, quindi ho riscontrato delle realtà importanti nella "Pampa Gringa". Allora non c'era la sensazione della piemontesità, oggi invece c'è, anche da parte loro, pur essendo di seconda e terza generazione, la sensazione del legame con il Piemonte, cui noi abbiamo contribuito.
Sulla sussidiarietà, forse non abbiamo approfondito a sufficienza.
Quando parliamo di sussidiarietà verticale e orizzontale ci sono alcuni che vorrebbero che tali principi - infatti c'è un forte dibattito in dottrina siano elementi di guida nella determinazione dei processi legislativi. Il Consiglio delle autonomie può avere un ruolo importante senza menomare il ruolo di questa assemblea, la prossima di quelle che verranno. Per questo quando sento parlare di concertazione e di altri aspetti, ho sempre dei timori che questa non sia la sede finale di sintesi di tutto l'interagire del sistema degli interessi del Piemonte mentre così deve essere.
Se il Presidente Ghigo fa un accordo con un'associazione di categoria, il sindacato o altro, non è che si debba considerare questa assemblea un notaio che appone il suo timbro. Bisogna creare cultura in questo senso perché si rischia di fare un grosso danno. Dobbiamo ribadire con lo Statuto che, in una democrazia rappresentativa, in una democrazia parlamentare, ha nell'assemblea, in questo caso il Consiglio Regionale, la sede che fonde il sistema degli interessi e recupera anche gli interessi diffusi, quelli più deboli, quelli più isolati, quelli che non hanno organizzazione, quelli che non hanno voce. Ripeto, ritoccando questo principio, si può fare un danno alla democrazia rappresentativa e alla democrazia parlamentare. Credo che questo Statuto invece sia una proposta e un'ipotesi importante per recuperare il ruolo dell'assemblea elettiva.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Penso che rispetto ad un documento così importante come lo Statuto sarebbe opportuna un po' più di attenzione. Non è solo un mio pensiero, ma l'hanno detto anche altri colleghi.
Che si lavori così distrattamente non penso sia dovuto al fatto che siamo al 30 luglio e che la prospettiva è quella di lavorare tutta la prossima settimana: ognuno di noi si è organizzato il suo riposo. Il problema è che probabilmente è terminato già da un pezzo il periodo della politica alta, quella che guardava avanti, che cercava di costruire per qualcuno e per gli altri, che rappresentava la gestione della res pubblica della cosa pubblica; terminata questa fase, si vede che cosa capita nelle assemblee elettive.
Lo si vede dal lavoro che queste assemblee consiliari svolgono all'interno dell'aula.
Un esempio chiaro - è un parere di questo Gruppo, non solo personale anche dei miei colleghi - è che questo si sia verificato palesemente nell'ipotesi di legge elettorale, che porta sicuramente più la firma di qualcuno che cerca di intravedere la possibilità di rientrare in quest'aula piuttosto che una visione alta di rappresentanza di un vero e proprio sistema democratico. Questo - ripeto - è un parere comune di questo Gruppo che, mi auguro, sarà presto smentito.
C'è un altro aspetto che dovrebbe essere considerato rispetto al lavoro che è stato fatto in queste settimane all'interno della Commissione Statuto.
Voglio cogliere l'occasione per ringraziare il Presidente Galasso e il Vicepresidente Caracciolo per il lavoro svolto e, in particolare, i funzionari e i dirigenti della Commissione, che sono stati sempre attenti e senza la pazienza dei quali non saremmo qui.
Desidero richiamare e ricordare il lavoro svolto nel '70, quando nella fase costituente è stato redatto lo Statuto, i cui principi vanno tenuti in debita considerazione. Questa è una fase importante, è una nuova fase costituente. Ritengo che quello di questi giorni in aula sia un lavoro di affinamento, rispetto al quale il nostro Gruppo si è permesso di presentare alcuni emendamenti.
Vorrei rilevare un altro aspetto che ci preoccupa e mi auguro che questa nostra preoccupazione venga accolta nella fase di dibattito di quest'aula. Mi riferisco alla possibilità di inserire, all'interno dello Statuto, un riferimento alla sensazione di appartenenza della popolazione alla Nazione e di riconoscimento nella Costituzione italiana. Così come cantando l'Inno di Mameli sentiamo quel senso di appartenenza allo Stato allo stesso modo le parole dello Statuto devono potere dare questa sensazione. Parlo di valori, di riferimenti alla nostra storia e alle tradizioni.
Questo è il senso del lavorare per l'atto più importante di questa nostra settima legislatura.
Ma se alla fine, quei principi a cui si faceva riferimento in termini di valore, di trasmissione di queste sensazioni, non abbiamo neanche il coraggio di metterli per iscritto, se non per capacità e volontà di qualcuno che in questa aula ha lavorato per parecchio tempo... Sto parlando di questo famoso preambolo, che rappresenta una sconfitta della politica non della maggioranza piuttosto che dell'opposizione.
E' chiaro che quando all'interno di un preambolo, anche se concordato perché ne abbiamo discusso ma non abbiamo avuto il coraggio di votarlo all'interno della Commissione e di licenziare un testo di questo genere non sono neanche segnalate le tradizioni cristiane di questa nostra terra della terra di Don Bosco, della terra di Pier Giorgio Frassati - al di là che si sia comunisti o democristiani, laici o cattolici - qualche domanda come Consigliere regionale me la pongo.
Tra altro, è un lavoro fatto cercando di contemperare tutte le varie esigenze, ma non c'è alcun richiamo a questo aspetto, non c'è neanche una minima discussione, non c'è la maturità e il rispetto di capire che, quando si parla di cultura, bisogna intenderla a 360 gradi, e non solo in modo parziale.
Se questo non viene compreso, sicuramente avremo fatto un passo indietro e non in avanti.
Infine, leggendo questo documento rilevo che non citiamo le tradizioni cristiane - lo dico come battuta anche per smorzare il tono e l'importanza dell'intervento - però si assicura il riconoscimento dei diritti agli animali, che è cosa giusta: per carità, non riuscirei ad uccidere nemmeno una mosca per come sono fatto, e sono il primo a dire che lo si deve fare riconoscere.
Tuttavia, a mio parere, occorre pensare e comprendere che forse nei prossimi giorni dovremo fare attente valutazioni in merito al riequilibrio dei poteri tra Consiglio, Giunta regionale e il Presidente della Giunta regionale, operando attentamente affinché la legge elettorale garantisca un procedimento di stabilità di governo.
Abbiamo delle responsabilità nei confronti dei cittadini in termini di garanzie, però - lo ribadisco - dobbiamo porre la giusta attenzione ai veri principi ispiratori di questa nostra terra. In caso contrario, avremo sicuramente fatto un grosso passo indietro.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Signor Presidente, signori Consiglieri, oggi ci avviamo alla discussione in aula per l'approvazione del nuovo testo dello Statuto regionale. E' un percorso che si è sviluppato nel tempo con molti mesi di lavoro e di confronto, sia all'interno del Consiglio sia all'esterno attraverso le Consultazioni. Penso che ciò che abbiamo fatto e ciò che stiamo facendo sia sicuramente un'operazione molto importante per la nostra Regione. Nelle numerose riunioni cui ho avuto occasione di partecipare, sia pure in questo ultimo periodo della mia piccola presenza in Consiglio regionale, ho sentito confrontarsi tesi diverse su quello che doveva essere lo Statuto.
Da una parte, c'era chi sosteneva che lo Statuto dovesse essere semplicemente un quadro di norme il più eticamente neutre e il più valorialmente asettiche e neutre con cui governare le scelte, le norme e i regolamenti del futuro del Piemonte. Doveva essere esclusivamente un quadro normativo e regolamentare che sovrintendesse al governo dei rapporti tra i cittadini e le istituzioni. Doveva, in una parola sola, regolare la convivenza della nostra regione.
Sono convinto - mi permetto sommessamente di esprimerlo, come è già stato citato da altri prima di me - che non è questa la strada giusta. Sono convinto che lo Statuto debba essere un quadro di norme, di regole e di governo dei comportamenti, ma deve portare dentro anche un'anima e l'orizzonte valoriale che ispira e orienta queste norme e il loro quadro.
Nella bozza approvata che stiamo affrontando in questi giorni, e che da oggi cominceremo a discutere in aula, penso che tutti troveremo, come in un quadro, colori che sono molto più vicini alla nostra sensibilità, che percepiamo nostri e che, personalmente, avremmo scritto e descritto in modo completamente diverso.
Penso che questo sia giusto, perché quello che andiamo a discutere - e spero nella settimana prossima ad approvare - è lo Statuto del Piemonte; lo Statuto a cui tutti abbiamo dato un contributo per la sua scrittura e la sua definizione, ma che deve essere capace di cogliere tutte le sensibilità presenti in quest'aula e presenti nel Piemonte, esternate attraverso le Consultazioni.
Per questo motivo sono convinto che è importante - e lo sarà ancora di più - lo sforzo che abbiamo fatto e che faremo, per cercare di portare a sintesi letture, opinioni, punti di vista e approcci culturali diversi sapendo che quello che stiamo facendo è uno sforzo grosso di arricchimento di una Carta importante per il futuro del Piemonte.
Per questo ritengo che anche il preambolo sia una parte importante di quello abbiamo cominciato a ragionare, a costruire e che andremo a fare.
L'immagine del Piemonte che emerge dalle carte e dai documenti su cui ragioniamo, è l'immagine di una regione viva, capace di crescere e di valorizzare le sue ricchezze e le sue potenzialità; capace di orientarsi di porsi delle regole, ma anche di accogliere; capace di fare tesoro della sua storia e delle sue radici, nel momento in cui va a tracciare e delineare l'orizzonte e il futuro verso cui orienta le proprie scelte.
E' una regione con un'entità forte, ma capace di accoglienza. Una regione che ambisce a crescere, ma con una grossa voglia di coesione sociale e di giustizia. Una regione che vuole costruire uno sviluppo, ma che è attenta all'equilibrio ambientale e all'equilibrio all'interno della società.
Abbiamo affrontato anche il nodo della legge elettorale. Non affronter questo tema, perché sarà oggetto di un'apposita riflessione che andremo a fare nei prossimi giorni. Vorrei solo fare due annotazioni: penso che in questa riflessione siano emersi due aspetti importanti, che dovremo saper cogliere e valorizzare al meglio nel dibattito che affronteremo ancora nei prossimi giorni: il primo riguarda la tutela della rappresentanza dei territori; il secondo, la capacità della giusta rappresentanza e di rapporto di genere all'interno della composizione del Consiglio.
Sicuramente, all'interno del testo dello Statuto rimangono molti nodi che, a nostro giudizio, sono ancora migliorabili. Certamente l'impianto normativo e regolamentare ha delle soluzioni individuate che possono e devono essere ancora affinate.
Se lo avessimo scritto noi, il testo che riguarda il rapporto tra il Presidente, la Giunta e il Consiglio sarebbe stato sicuramente diverso: probabilmente, avremmo allocato diversamente la potestà regolamentare nei rapporti tra i vari organi descritti all'interno dello Statuto che governano il funzionamento della macchina regionale.
Penso, però, che con sano realismo politico dovremo, nei prossimi giorni, trovare dei punti d'incontro che sappiano conciliare positivamente quella che è la necessità di Governo - com'è stato detto molte volte - e ridare ruolo e forza alla rappresentanza che è propria del Consiglio.
Nei prossimi giorni, come ho detto, dovremo avere la capacità di puntare in alto e di migliorare alcuni contenuti e alcuni articoli.
Signor Presidente e Signori Consiglieri, ciò che stiamo in qualche modo affrontando è un passaggio solenne, come hanno ribadito altri colleghi. Il tentativo e lo sforzo che faremo di scrivere il quadro delle norme e dei valori che poniamo a fondamento della convivenza nei prossimi tempi in Piemonte, del suo sviluppo e del rapporto tra le persone e le comunità rappresenta, in qualche misura, la guida e l'orientamento che diamo alla voglia di crescere di questa Regione. Yates, un famoso poeta irlandese, ha scritto una frase molto bella che vorrei citare a conclusione di questo mio breve intervento: "Ho posto i miei sogni sotto i tuoi piedi. Cammina leggero, perché ti muovi sui miei sogni".
Penso che in questi giorni e in questi momenti, il Piemonte e le persone che guardano al Consiglio regionale, aspettando risposte e orientamenti per il proprio futuro, ci stiano dicendo questo.
Credo che questo debba essere alla base della nostra capacità nella prossima settimana e nelle prossime ore, per trovare una sintesi, ma che sia alta, importante e capace di orientare il futuro della nostra Regione.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marco Botta.



BOTTA Marco

Colleghi, è una giornata sicuramente significativa quella che stiamo svolgendo oggi, perché è la giornata in cui affrontiamo, finalmente, in Assemblea, in Consiglio regionale, quello che doveva essere uno dei momenti ispiratori della VII Legislatura.
Già altri colleghi lo hanno riportato e tutta la campagna elettorale del 2000 era stata un po' legata e dettata quasi dai tempi della revisione statutaria, cioè dal porre mano a questa che è la Carta Costituzionale della nostra Regione e che, quindi, oggi arriva ad un momento di compimento, comunque sia importante.
Qualcuno ha anche rilevato la mancanza di solennità.



(Commenti del Consigliere Picchioni fuori microfono)



BOTTA Marco

Non so se di serietà: la serietà è una questione personale.



(Commenti del Consigliere Picchioni fuori microfono)



BOTTA Marco

Su questo sono d'accordo con lei, collega Picchioni. Come dicevo qualcuno faceva rilevare la mancanza di solennità - forse è vero - che non era sicuramente mancata negli anni Settanta, quando si era votato l'attuale Statuto, quello cui ancora oggi facciamo riferimento.
Dobbiamo dire, però, che erano altri tempi: le intemperie spirituali le emozioni, la passione politica erano su livelli diversi da quelli odierni. Ma questa è la realtà della nostra vita quotidiana nel politico.
Sostanzialmente è cambiato molto dopo gli anni Novanta. Non si pu pretendere, quindi, che questa nuova Carta costituzionale - che speriamo venga approvata al più presto per la nostra Regione - possa essere uguale o sia impregnata di quel clima che era proprio degli anni Settanta.
comunque un tentativo rigoroso, legato all'understatement, come direbbero gli amici anglosassoni, e non al minimalismo, finalizzato a dare nuove regole e nuove prospettive alla politica regionale e alla nostra Regione.
stata una lunga marcia quella dello Statuto della Regione Piemonte.
Ricordo come appresi, a fine ottobre o a inizio novembre 2001, la nomina del Presidente Galasso e del Vicepresidente Caracciolo a questi ruoli, che a mio avviso, hanno saputo interpretare con grande correttezza, vincendo anche certe ritrosie o certe mancate aperture di credito; ruoli che hanno saputo interpretare sempre in maniera molto corretta e che, con l'aiuto dei dirigenti e dei funzionari regionali, che sono stati di notevole supporto anche in momenti di impasse nella stesura di questo Statuto, ci conducono oggi al termine, o comunque ad una prima chiusura, di un lunghissimo percorso.
Com'è stato fatto questo Statuto? E' stato costruito cercando di farne uno Statuto il più possibile condiviso, frutto non di mediazioni, ma del tentativo di lavorare assieme. Questa condivisione, a nostro avviso, non ha assolutamente voluto dire inciucio o svilimento delle posizioni dei singoli movimenti politici o dei singoli Consiglieri.
Nello Statuto si trovano, se si vogliono leggere, i riferimenti, le sensibilità e le posizioni politiche e ideologiche dei Gruppi che compongono questo Consiglio regionale, che esercitano, secondo la loro forza e consistenza, momenti politici.
Come firmatario della proposta di legge n. 594, ritengo che gran parte di quel lavoro sia stato giustamente ripreso nello Statuto; lavoro che però, partiva dalla precisa indicazione di mantenersi fedeli allo Statuto del 1970, che sicuramente aveva la necessità di essere rivisto, ma che manteneva una pianta sana che poteva ancora essere ripresa e rafforzata dai cambiamenti che, tanto in termini legislativi, quanto in termini di sensibilità politiche umane, si erano sviluppati in questo trentennio.
uno Statuto che, fin dal suo primo articolo, guarda all'Europa e non solo, ma è anche uno Statuto con precise radici nella piemontesità.
uno Statuto che reclama e ribadisce l'unità nazionale come valore fondante, aspetto non del tutto scontato in un'epoca in cui si potrebbero anche sviluppare momenti che mettono in dubbio il senso dell'unità nazionale, ed è uno Statuto, a nostro avviso, che rafforza e introduce alcuni riferimenti forti, a grandi tesi. Ad esempio, la tesi della partecipazione, che per noi rappresenta, sia nel suo senso sociale che nel suo senso economico, un sogno in fase di realizzazione, non solo a livello piemontese, ma anche a livello nazionale.
Un grande riferimento, più volte segnato, all'identità, un altro termine che in questo momento di pensiero globale ritorna più volte all'interno del nostro Statuto a sottolineare - appunto - il radicamento nei valori, nei pensieri e nei significati più concreti del nostro essere piemontesi.
E, infine, un richiamo forte e costante anche alle tradizioni, quindi a quell'essere, a quel vissuto che si tramanda come storia anche personale di una comunità com'è quella piemontese, che trova spazio nel preambolo.
Condivido con chi mi ha preceduto alcune osservazioni critiche nei confronti di alcuni passi di questo Statuto e, in particolare, del preambolo.
Penso e ritengo che, soprattutto il preambolo, debba essere ancora limato, in particolare laddove manca quel riferimento ai valori cristiani della comunità piemontese che, come Alleanza Nazionale, abbiamo tentato di fare inserire e - il Presidente Picchioni ne è testimone - siamo riusciti a fare inserire perlomeno nella prima versione del gruppo di lavoro sul preambolo, ma che poi, stranamente, i lavori della Commissione speciale ha scartato ed eliminato.
E' un nostro preciso impegno quello di far rientrare questo concetto dei valori cristiani, che sono qualcosa di diverso, non dico di più o di meno, dei valori religiosi, ma che noi riteniamo si possano contemperare con il riconoscimento della laicità delle istituzioni piemontesi, bench diano il segno di quella profonda spiritualità che, in tutte le sue forme e in tante manifestazioni diverse, il popolo piemontese ormai da millenni mantiene.
Lo Statuto della Regione Piemonte è per noi questo e tante altre cose ancora. E' sicuramente il tentativo di dare una risposta alla legge costituzionale n. 1/1999, cercando di contemperare il potere del Presidente della Giunta con il potere del Consiglio regionale. E' sicuramente il tentativo di introdurre degli elementi nuovi, quale ad esempio il Consiglio regionale dell'economia e del lavoro, un altro elemento molto voluto e sottolineato da Alleanza Nazionale come momento legato alla partecipazione della cosiddetta società civile nelle sue articolazioni economiche; quali ad esempio l'inserimento in Statuto della Consulta per le Pari opportunità e della Consulta regionale delle Elette.
Ci sembra che il lavoro fatto sullo Statuto, che si inquadra in questo contesto politico, in questa temperie politica, in questo momento della vita nazionale, che è un momento - ripeto - di grande realismo, di grande concretezza, ma di grande volontà di fare le cose, sia positivo, perch pone il Piemonte tra le prime Regioni italiane, sicuramente tra le prime del nord Italia, a portare in aula una bozza di Statuto, che tra pochi giorni speriamo potrà diventare Statuto ufficiale della Regione.
Con queste motivazioni, riteniamo che si possa dare un giudizio positivo sul lavoro svolto, credendo di avere rispettato l'impegno che ci eravamo assunti quando fummo eletti nel 2000, senza avere tradito lo spirito dei padri fondatori della Regione Piemonte, ma soprattutto il consenso dei nostri elettori.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Presidente e Colleghi Consiglieri, oggi arriviamo ad un momento molto importante ed impegnativo dei lavori di questa assemblea regionale, che sono quelli del dibattito sul nuovo Statuto regionale.
Innanzitutto - come hanno fatto altri colleghi - voglio ringraziare e rendere merito a coloro che sono stati soggetti nella definizione del testo che oggi esaminiamo, sia i Consiglieri di maggioranza che di opposizione come gli interlocutori sociali che hanno collaborato a questo processo.
In diverse occasioni, ci eravamo detti che questo era un impegno primario della legislatura: condurre in porto un sistema di nuove regole una nuova Carta costituente, un modo per corrispondere ad una modificazione delle istituzioni, della società italiana e di quelle riforme che erano intervenute in questi anni e che avevano posto in maniera diversa la centralità, il ruolo di centralità delle Regioni italiane. Dovevamo corrispondere a questo: alle Bassanini, al nuovo Titolo V della Costituzione, anche a quelle parti di confronto - che io ritengo faticose e non condivisibili - delle proposte che ci sottopone oggi l'attuale governo.
Penso che quei momenti (la modifica del Titolo V, le leggi Bassanini) abbiano fissato uno snodo irreversibile di cambiamento rispetto alla fase precedente e che, grazie a quelle misure, l'istituto regionale, come elemento per modernizzare il complesso delle istituzioni democratiche, sia diventato un punto fondamentale e centrale che non può non essere recepito nelle nuove Carte costituenti. Quindi un punto importante: le Regioni come elemento di modernizzazione della vita democratica ed istituzionale all'interno del Paese da un lato; in direzione del governo centrale dall'altro, in una nuova e diversa relazione con gli Enti locali: i Comuni le Province, l'intero sistema delle autonomie.
Mi auguro che quello che avevamo definito nell'ordine del giorno, che questo Consiglio votò, e che istituì la Commissione Statuto come una priorità per tutti, continui ad esserlo e continui ad esserlo con solennità.
Da questo leggo non solo la critica, ma forse anche l'amarezza che molti colleghi, il collega Marcenaro ed altri, hanno voluto esprimere davanti alla mancanza di solennità o forse - come ha detto il collega Picchioni - di non sufficiente comprensione della serietà del momento, e da questo mi sembra di leggere la loro critica e anche un po' lo sconcerto per l'assenza del Presidente Ghigo da un dibattito così solenne.
Vorrei focalizzare la mia attenzione su alcune questioni. Innanzitutto il ruolo oggi delle Regioni e il loro processo evolutivo. Difatti, a mio avviso, nella proposta di Statuto, si legge, e si deve poter leggere l'evoluzione di una Regione nell'arco di trent'anni.
Siamo a trent'anni di vita della Regione Piemonte; in trent'anni si rapportate - a volte in modi diversi - le varie istituzioni italiane quelle centrali e il sistema degli Enti locali.
Siamo alla seconda bozza di Statuto, sarebbe interessante fare una disamina, ma non ne ho il tempo, con un'attenzione e una capacità anche storica e critica diversa di ciò che è avvenuto da quel testo e dal quel dibattito sullo Statuto del '70 ad oggi e confrontare, in modo più serio di quanto possiamo fare (ne avremo occasione nell'articolato) il rapporto tra i due momenti. Secondo me si potrebbe avere uno spaccato molto interessante e significativo della vita delle istituzioni.
Infatti, lo Statuto precedente è stato scritto dopo vent'anni di liberazione in applicazione di un principio previsto dalla Costituzione - e per lungo tempo disatteso (viene applicato solo nel '70). Quando si redigono gli Statuti regionali si cerca di esprimere una forte volontà ed esigenza di autogoverno delle comunità regionali. Si cerca di determinare un livello superiore rispetto a ciò che era il livello dell'amministrazione dei vari Enti locali, si apre la strada per la programmazione e per la legislazione regionale. Negli Statuti, anche nello Statuto della Regione Piemonte del '70, si è cercato di fissare, a mio avviso e si fissa, (voglio riconoscere questo dato a quel testo) un momento di rinnovamento delle istituzioni e una capacità di apertura di un più dispiegato sviluppo democratico all'interno del nostro Paese. Siamo oggi ad una proposta di Statuto che deve aprire una nuova fase: la nuova fase della legge costituzionale n. 1 del '99. Per aprire questa nuova fase, a mio avviso, è interessante ripercorrere alcuni momenti che sottendono la fase stessa. Il primo punto riguarda il lungo dibattito sul federalismo e gli approdi anche legislativi, a cui questo è arrivato. Infatti, lo stato unitario che fa del federalismo lo strumento per ricostruire il patto di cittadinanza tra i cittadini, ha davanti a sé una scelta di grande importanza soprattutto se vuole realizzarlo come un federalismo solidale, unitario con obiettivi comuni per quanto riguarda grandi questioni come la salute e l'istruzione che devono essere assicurati sia in Piemonte che in Sicilia allo stesso modo. E, nello stesso tempo, deve essere la base per esprimere un protagonismo diverso a livello degli Enti locali. Il federalismo: un primo grande momento che fa da scenario e sottende i testi dei nuovi Statuti.
Insieme a questo, c'é un altro grande tema, di grande rilievo declinato in modo difficile e complesso nel nostro Paese: la definizione della costruzione di un sistema bipolare all'interno del nostro Paese.
Abbiamo avuto lunghe fasi e molti anni di democrazia bloccata, abbiamo conosciuto delle peculiarità, tutte italiane, siamo arrivati a questo snodo non sempre in modo facile, spesso in modo difficile e complesso, a volte ci sono state rotture esterne anche drammatiche. Devo dire che, compiutamente la fase di transizione forse non é ancora conclusa, ma certo siamo davanti a dei poli con programmi che si confrontano tra di loro, con gli elettori che possono e devono scegliere tra il programma, lo schieramento, il Presidente della Regione, il Sindaco e il Presidente della Provincia. A questi elementi occorre aggiungerne un altro di grande importanza: l'Europa. L'Europa della nuova costituzione, l'Europa dell'allargamento e delle relazioni tra le Regioni italiane e quelle europee. Regioni che lavorano anche indipendentemente, non solo in concorso, ma in autonomia rispetto allo Stato nazionale. Questi sono tre punti che in qualche modo ritroviamo nella bozza dello Statuto.
Ne aggiungerei un quarto dovuto alla modifica degli articoli 117 e 51 della Costituzione, che apre una nuova fase di democrazia paritaria in un Paese che ha conosciuto, in controtendenza rispetto all'Europa, una fase asfittica della propria democrazia e che ha conosciuto la cancellazione della presenza delle donne all'interno dell'istituzione democratica elemento che io non vivo come accessorio o come una pura e semplice rivendicazione sindacale, ma vivo come un elemento di accrescimento della democrazia e soprattutto di ricambio delle classe dirigenti. Classi dirigenti che, altrimenti, si perpetuano per cooptazione e come tali sono inamovibili. Una nuova fase di democrazia paritaria, di riequilibrio, di rappresentanza dell'istituzione, di un ricambio effettivo di classi dirigenti. Anche questo è un punto che nello Statuto è di grande rilievo e che abbiamo voluto inserire.
Richiamo solo alcune questioni che mi paiono significative nello Statuto stesso. Consigliere Picchioni non parlerò adesso del preambolo che ancora non è stato presentato - se sarà presentato ne parleremo nei prossimi giorni, avremo occasione di fare in quell'occasione un importante confronto - mi attengo, per quanto riguarda i principi, a due scelte che voglio ribadire come significative. Rispetto al dibattito sul preambolo vedremo se riusciremo ad arricchirlo ulteriormente. Sui principi abbiamo voluto attenerci a quella prima parte della Costituzione italiana, ai suoi valori e ai suoi principi fondamentali che ritengo ancora un punto estremamente avanzato, così come alla Costituzione europea. Mi sembra che questi siano due capisaldi di grande rilievo. Per quanto riguarda quella parte, abbiamo voluto aggiungere una sottolineatura anche su quella parte di grande rilievo che è alla nostra attenzione in questi anni in modo particolare. Penso all'ambiente e ai suoi limiti, la sostenibilità dello sviluppo, penso all'attenzione per le diversità culturali, etniche e religiose, penso al ruolo delle persone, delle loro opportunità, al tema della sussidiarietà. Ho già detto prima, del riequilibrio della rappresentanza dell'applicazione dell'articolo 17 e dell'articolo 51 della Costituzione, così come modificati.
Termino rilevando un altro aspetto che mi sembra significativo nello Statuto che riguarda la parte sulla forma di governo e sul bilanciamento dei poteri. Siamo arrivati all'elezione diretta dei Sindaci, dei Presidenti delle Giunte regionali, ci siamo arrivati attraverso un percorso complesso.
Oggi ci troviamo di fronte, dopo la grande instabilità degli anni '80, ad un sistema di regole che ci mette davanti la possibilità di scegliere attraverso queste nuove forme. Una democrazia che funziona, deve essere una democrazia che decide e una democrazia che decide è un sostegno importante per chi ha bisogno di regole per pari opportunità e soprattutto per i più deboli. Ho sempre pensato che questo sia un elemento importante. E' evidente però che qui un punto si impone. Un punto di equilibrio nuovo quello dei poteri dell'assemblea elettiva nel potenziamento delle sue funzioni legislative, visto che molte sono le materie che la modifica del titolo V della Costituzione assegna alle Regioni come poteri di autoorganizzazione della Regione, ma anche come materie che vengono viste in maniera concorrente con lo Stato, quindi si tratta di rivederle e di dare loro più spazio. Questo mi sembra un elemento molto forte che pu anche ulteriormente - diceva bene il collega Marcenaro - essere ulteriormente potenziato, che è il riequilibrio dei poteri dell'assemblea legislativa.
L'altro punto è lo snodo tra la Regione, il suo ruolo, i suoi momenti e la partecipazione del sistema delle autonomie locali all'interno di una nuova fase di federalismo regionale, per non sostituire al centralismo dello Stato il centralismo della Regione.
Questi mi paiono i due elementi che, attraverso il Consiglio delle autonomie e attraverso un'individuazione di riequilibrio di poteri nello Statuto, siano di grande rilievo.
L'altra grande questione che mi sembra di rilievo è che non abbiamo dimenticato lo scenario europeo. Non l'abbiamo dimenticato non solo per ci che in Europa sta avvenendo, ma soprattutto perché, nell'espletamento pratico delle proprie funzioni che la Regione deve assumere, questa scala europea, come un terreno di lavoro e di confronto, di collaborazione di raccordo con altre Regioni, sta alla base di un serio e vero processo di integrazione.
Concludo affermando che, a mio avviso, la Regione Piemonte pu approvare uno Statuto che sia figlio della sua realtà e della sua cultura politica, che deve avere al suo interno alcune questioni che mi sembrano importanti: quella della coesione e della cooperazione tra i territori, che devono poter fare sistema; quelle delle funzioni del lavoro in tutte le sue forme; quelle di una rete di relazione tra i soggetti istituzionali economici e sociali, che deve essere ulteriormente attivata. Penso che debba anche saper combinare le potenzialità delle sue province diverse dalla montagna, alla pianura e alla collina, con le peculiari vocazioni agricole-industriali, oltre che valorizzare la sua vocazione turistica.
Penso che stiamo approvando uno strumento importante. L'opinione pubblica non guarda con molta attenzione - lo dicevano altri colleghi alle politiche di governo e a quelle che vengono chiamate scelte di contenuti piuttosto che alle regole. Penso però che in una società moderna quella che noi vogliamo prospettare, il futuro, il domani che noi vogliamo prospettare per il Piemonte, tocchi a noi superare quelle distanze e quell'incomprensione, attraverso regole che siano capaci di sollecitare la partecipazione, e di riproporre attraverso questa partecipazione una più alta condivisione e partecipazione ai contenuti stessi da parte delle cittadine e dei cittadini.



PRESIDENTE

Colleghi, abbiamo ormai rinunciato alla solennità, ma possiamo attenerci a una certa compostezza, per consentire che gli interventi si svolgano in un clima più confacente all'importante evento.
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

E' abbastanza avvilente il modo in cui sta avvenendo questo dibattito che sicuramente manca di quella solennità che richiederebbe una discussione di questo genere.
Penso che ci siano su delle responsabilità della Presidenza dell'assemblea. Uno dei primi elementi che dà questa sensazione avvilente è l'assenza del Presidente della Giunta e di gran parte della Giunta regionale, che apparentemente non sa che si discute dello Statuto. Di uno Statuto che limiterà i poteri del Presidente Ghigo, ma è probabile che lui non si sia ancora reso conto di questo, quindi non è molto preoccupato.
Sarebbe stato un segnale da parte della Presidenza sollecitare la presenza del Presidente della Regione Piemonte e stigmatizzare la sua assenza. Mi pare che questo sia il primo elemento, cioè si dà solennità se si ha l'intenzione di darla.
Il problema però penso sia un po' più generale. Stamattina, leggendo i giornali (i due principali quotidiani del Piemonte) ho potuto riscontrare che non si sono accorti che si discuterà oggi dello Statuto. Oppure, lo citano negli articoli in relazione all'approvazione della legge elettorale dicendo che, dovendo approvare la legge elettorale, dovremmo approvare anche lo Statuto. Questo è quanto riportato nell'articolo de "La Stampa".
Su "la Repubblica" non si dice neanche questo, si dice solo che bisogna fare la legge elettorale. Evidentemente, se questo avviene è perché non si riesce a comunicare all'esterno quanto accade. Oppure, si comunica all'esterno esattamente quanto accade, come io temo e penso: l'essere la parte sostanziale di questa modifica dello Statuto funzionale ad una modifica della legge elettorale.
Quindi, credo che questa mancanza di solennità sia un problema più complesso che non semplicemente come assistiamo ai lavori. Lo stesso andamento attuale del dibattito vede una maggioranza assente o, comunque scarsamente presente. Colleghi, mi spiace farlo notare, ma è proprio così.
Chi è intervenuto se ne rende conto. Mi pare che non ci sia tra noi la sensazione di essere costituenti, cioè di fare un nuovo Statuto.
E' solo l'insensibilità dei Consiglieri oppure c'è qualcosa di più ampio? Credo che siano vere entrambe le cose, ma sostanzialmente la seconda. C'è un fatto più significativo, relativo a come si è arrivati alla modifica dello Statuto, che a mio avviso induce molti di noi a dire che bisogna farlo in fretta, concludere l'opera, ma sostanzialmente non si chiede una partecipazione a quest'opera stessa.
Qualcuno diceva che in Commissione alcune cose sono passate con 56 voti. Non è vero, la Commissione era composta da una trentina di membri e quasi mai ha raggiunto il plenum, quindi in genere gli articoli sono passati con una ventina di voti.
Una questione di questo genere non dovrebbe essere una questione di maggioranza o minoranza, dovrebbe vedere ognuno di noi attivo nella discussione dei problemi. E' prevalso un metodo che ha portato alla definizione di una bozza con un sostanziale accordo e mediazione tra le due forze principali della maggioranza e dell'opposizione, il che ha svilito la partecipazione.
Ci sono posizioni che non hanno trovato spazio - posizioni significative - nel corso del dibattito della Commissione, se non negli interventi dei tre o quattro Consiglieri che sicuramente hanno un consenso più ampio. Il problema, per esempio, del cancellierato in alternativa, come modello, al presidenzialismo ha sicuramente più sostenitori che non i tre o quattro intervenuti. Però quel metodo di discussione blindato ha fatto sì che non ci sia stato lo spazio per discutere, per far vedere che queste posizioni sono più ampie e articolate.
Spero che nei prossimi giorni ci sia uno scarto e che ognuno di noi pensi di poter contribuire realmente a elaborare lo Statuto e non solo a fare come succede con le leggi ordinarie, che sono state elaborate dalla Giunta e si approvano perché si deve fare, ma che ci sia effettivamente una partecipazione alla discussione con lo spirito di voler contribuire ad elaborare un nuovo Statuto.
Nel merito, avremo tempo per approfondire nei prossimi giorni. Gli emendamenti e le discussioni degli articoli serviranno esattamente a poter intervenire sulle varie questioni con più tempo. In dieci minuti si pu semplicemente accennare ad alcune cose, quindi mi soffermo, come ho fatto finora, su alcuni elementi preliminari.
Rifondazione comunista, nelle Regioni in cui si è votato finora lo Statuto (o una bozza di Statuto), generalmente vota contro o si astiene.
Analizziamo cosa è avvenuto in Piemonte: un accordo tra le forze più consistenti della maggioranza e dell'opposizione ha dato vita allo Statuto.
In genere, nelle varie Regioni, anche se il prodotto non è identico gli Statuti sono votati da Forza Italia, Ds, An e La Margherita, mentre altre forze sono contrarie o si astengono.
Credo che all'origine ci sia un comportamento generale del Gruppo di Rifondazione che ha una precisa spiegazione. Non ci troviamo di fronte ad una discussione come quella degli anni '70 - che non era una rielaborazione, ma una elaborazione - né, tanto meno, alla revisione della Costituzione. Un riferimento di questo genere lo ritengo del tutto improprio. Giungiamo alla revisione dello Statuto sull'onda di una serie di riforme costituzionali, secondo me complesse, su cui c'è molto da riflettere.
Questo spiega l'origine di questa modifica statutaria che è, tra l'altro, un elemento che le dà una certa caducità ed una scarsa durata nel tempo. Sappiamo che una riforma istituzionale, ancora peggiore di quella già adottata e che incombe all'approvazione del Parlamento, imporrà un successivo ed ulteriore intervento di natura statutaria. Si tratta, quindi di un'origine per la quale, negli stessi interventi di chi ha sostenuto quelle riforme, si comincia a dire che vanno corrette, tanto è vero che chi ha introdotto il presidenzialismo dice che va corretto, così come chi ha introdotto una legge elettorale con certe caratteristiche, sostiene che va corretta. Sono d'accordo e, tra l'altro, una delle poche giuste intuizioni della modifica istituzionale avvenuta nel 2001 dava la possibilità, negli Statuti, di intervenire su uno dei meccanismi di fondo: l'elezione diretta del Presidente. Credo che, alla luce dei fatti, abbia dato risultati estremamente negativi; non ultimo quello di oggi, cioè una forte impermeabilità del Presidente a quanto avviene in quest'aula consiliare. Da qui, la necessità di una correzione molto ampia da effettuare che, secondo il mio parere, sarebbe quella di eleggere il Presidente in Consiglio tornando all'elezione diretta del Presidente.
Questa era la correzione forte e vera che non si è voluta attuare, pur potendola fare, perché la Costituzione ci dava questa possibilità.
In assenza di questo potremmo introdurre alcune modifiche positive, ma credo che l'insieme del sistema non sarà molto modificato.
Sarebbe corretto riportare in Consiglio il potere regolamentare, ma è solo un aspetto. Sentire oggi, 30 luglio, che ci vogliono tempi certi di approvazione delle leggi, mi fa impressione. Oggi avremmo dovuto approvare il DPEF, il Presidente non l'ha neanche preparato, ma avremmo dovuto votarlo in aula, essendo l'ultima data possibile per farlo, e quando verrà introdotto, con grandissimo ritardo, dovremmo avere i tempi contingentati per approvarlo, oppure, se a fine legislatura si affronta il Piano sanitario, dovremmo avere i tempi contingentati per approvarlo.
Mi sembra veramente ridicolo porre in questo modo il problema dei tempi certi. Dovremmo avere tempi certi, però non abbiamo nessun elemento per imporre, al vero potere forte della Regione - il Presidente - il rispetto dei tempi.
Mi sembra banale e molto al di sotto delle necessità di porre anche la discussione in questo modo. Nel corso della discussione si potrà entrare meglio nei particolari. Concludo dicendo solo che, se si vuole dare un po' di legittimità alla discussione, quando si vede che le condizioni sono veramente minime, si possono anche sospendere i lavori.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Rossi Oreste; ne ha facoltà.



ROSSI Oreste

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, finalmente, non senza qualche difficoltà, il nuovo Statuto della Regione Piemonte approda in aula per l'approvazione in prima lettura. La Commissione speciale per lo Statuto ha svolto un buon lavoro arrivando, dopo mesi di intenso lavoro, a produrre un testo il più possibile condiviso e rappresentativo dell'intero Piemonte.
L'approvazione del nuovo Statuto rappresenta, per la nostra Regione, un evento di rilevanza primaria. È senza dubbio il più importante provvedimento varato in quest'aula nel corso di questa legislatura. Si tratta di un valore aggiunto che rende il Piemonte diverso da molte altre regioni italiane e che contribuirà a favorire il percorso verso la realizzazione di una Regione riformata in senso federalista.
Lo Statuto viene ridefinito alla luce delle modifiche introdotte con le leggi costituzionali n. 1/99, n. 3/2001 di riforma del Titolo V della Costituzione, tenendo conto delle indicazioni fornite dalla legge n. 131 del giugno 2003 - per intenderci, la legge La Loggia - e considerando altresì, il disegno di legge di riordino del sistema costituzionale già approvato dal Senato della Repubblica e che si trova, attualmente, al varo della Camera dei deputati, che valorizzerà, ulteriormente, il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali.
Dopo la riforma operata dalle suddette leggi, lo Statuto regionale ha acquistato, via via, maggiore centralità nel sistema delle fonti e del diritto regionale. Inoltre, l'ampliamento degli ambiti materiali assegnati alla potestà legislativa regionale, concorrente o residuale, hanno reso ineludibile una modifica dell'ormai datata Carta Costituzionale Regionale.
L'approvazione dello Statuto, coerentemente ai programmi elettorali della coalizione, si configura, non certo come un semplice atto formale, ma come una decisione improcrastinabile: ridefinire i compiti del Consiglio e determinare la nuova forma di governo della Regione, riconoscendo, al contempo, nuove opportunità, sia per la Regione sia per gli altri Enti locali. Grazie a questo Statuto, le prerogative dell'assemblea legislativa regionale sono state in buona parte recuperate, rilanciandole nella piena dignità istituzionale.
Il Consiglio regionale tornerà ad essere il luogo della direzione politica regionale. L'elezione diretta del Presidente della Regione ed il riconoscimento di un rinnovato grado di autonomia statutaria costituiscono le basi per l'affermazione di un diverso rapporto fra gli organi regionali per una ridefinizione delle competenze dei medesimi, nonché del ruolo della Regione stessa.
Nel nuovo Statuto viene definita la forma di governo secondo un impianto politico istituzionale, ai sensi del quale vengono ridisegnati i rapporti statali ed internazionali, nonché quelli con le autonomie locali.
L'impostazione del presente Statuto, ispirato ai principi federalisti dimostra un'effettiva capacità della classe politica regionale piemontese di saper utilizzare, appieno, i nuovi spazi di autonomia attribuiti dalle recenti riforme costituzionali. Fino ad oggi era probabilmente mancata la volontà politica per porre in essere una vera fase costituente regionale che sfociasse nell'approvazione di uno Statuto moderno e al passo con le modifiche apportate al nostro ordinamento.
Lo Statuto deve essere inteso non solo come strumento normativo, ma anche come strumento di affermazione delle democracità dell'ordinamento che viene perseguito, assicurando anche forme di partecipazione popolare alla gestione quotidiana della cosa pubblica, alle scelte politiche, alla funzione legislativa ed amministrativa, garantendo, inoltre, il decentramento, così come vuole lo spirito del principio di sussidiarietà.
Tra gli altri principi a cui deve ispirarsi l'azione della Regione oltre ai già citati principi di autonomia, partecipazione e sussidiarietà l'attività della Regione dovrà promuovere la piena attuazione dei principi di pari dignità e di uguaglianza, della trasparenza, del diritto alla salute e dei diritti delle fasce deboli. Si tratta di principi che hanno come riferimento la centralità dei cittadini e della comunità piemontese.
La Regione concorre a promuovere e a difendere, in armonia con la Costituzione, la Carte dei diritti fondamentali della dell'Unione Europea e i diritti fondamentali dei cittadini.
Effettua, inoltre, una scelta consapevole del quadro economico, sociale e culturale verso cui indirizzare le politiche regionali. Trova esplicita garanzia l'impegno a rispettare il territorio nelle sue componenti ambientali, paesaggistiche e architettonica, nonché alla valorizzazione della specificità del territorio montano e collinare, con politiche di intervento a loro favore, per assicurarne, in ultima analisi, piena opportunità di sviluppo. Un territorio deve saper creare le condizioni strutturali adeguate ed attrarre risorse economiche, finanziarie ed umane indispensabili per la buona salute dei suoi cittadini.
Per quanto concerne la tutela e la valorizzazione dell'identità piemontese e la salvaguardia delle minoranze linguistiche previste dall'articolo 7, la Lega Nord ha comunque presentato alcuni emendamenti che si auspica vengano recepiti dall'Aula.
Si tratta di emendamenti volti a riconoscere una tutela più specifica dell'originale patrimonio linguistico della comunità piemontese, nonché di quello delle minoranze linguistiche e culturali presenti nella nostra Regione, ovvero quello occitana, franco-provenzale, walser.
Per quanto concerne i piemontesi nel mondo, abbiamo proposto un emendamento che si prefigge di rafforzare il legame esistente fra la Regione Piemonte, le sue istituzioni e i piemontesi residenti all'estero che, attraverso il sostegno dei rapporti culturali ed economici, favorisca il più ampio processo di conservazione delle radici e dell'identità storico piemontese.
Riteniamo decisamente qualificante per la Carta Costituzionale del Piemonte introdurre segnali precisi su identità, lingua e piemontesi nel mondo, principi e concetti già espressamente previsti nel testo, che tuttavia andrebbero enfatizzati e, pertanto, speriamo nell'accoglimento di alcuni nostri emendamenti.
Fra gli aspetti più significativi del presente Statuto va sicuramente considerato quanto è previsto nel Titolo II relativamente ai rapporti fra il Consiglio e la Giunta.
Conformemente a quanto stabilito nella Costituzione, il Consiglio regionale esercita la potestà legislativa e le altre funzioni conferite dalla Costituzione e dalle leggi. Connotato essenziale del Consiglio è l'elevato grado di autonomia sotto il profilo organizzativo, funzionale e contabile.
In ordine alla composizione del Consiglio regionale si stabilisce un aumento del numero dei Consiglieri regionali da 60 a 70 e si disciplina la proroga dei poteri del Consiglio regionale uscente fino alla prima riunione del nuovo Consiglio. Tale rideterminazione del numero dei Consiglieri consegue, innanzitutto, all'aumento delle competenze in capo alle Regioni previsto in dalle recenti riforme costituzionali e, inoltre, dalla necessità di consentire una più adeguata rappresentatività di tutti i territori delle Province piemontesi, considerato anche il recente ingresso di Biella e del Verbano-Cusio-Ossola sulla scena regionale.
Sono state individuati, quali organi del Consiglio, il Presidente l'Ufficio di Presidenza, i Gruppi consiliari, le Giunte e le Commissioni consiliari, che potranno svolgere le loro funzioni di esame dei progetti di legge anche in sede deliberante. La composizione delle Giunte consiliari (Giunta per il Regolamento e Giunta per le elezioni, le ineleggibilità, le incompatibilità e l'insindacabilità) assicura l'equilibrio fra gli appartenenti ai Gruppi di maggioranza e quelli di opposizione. In particolare, si è attribuita la Presidenza della Giunta per le elezioni ineleggibilità, incompatibilità e insindacabilità ad un Consigliere espresso dalle minoranze. Si prevede, inoltre, che ogni Consigliere possa essere designato a far parte di una sola Commissione permanente, al fine di consentire lo svolgimento dei lavori d'aula e di Commissione in parallelo contribuendo a qualificare maggiormente l'attività svolta dai Consiglieri medesimi. Viene inoltre istituita ex novo un'apposita sessione per l'approvazione della legge comunitaria regionale. La partecipazione della Regione alla formazione degli atti comunitari trova la sua ragione d'essere oltre che nella legge La Loggia, nel disegno di legge di modifica della legge La Pergola.
Nell'ambito degli articoli dedicati alla funzione legislativa, trovano collocazione l'iniziativa legislativa e la disciplina del procedimento di approvazione della legge, con la fattispecie innovativa del procedimento in sede deliberante.
Del tutto innovativa è la disposizione sulla qualità della legislazione, improntata prioritariamente ai principi di chiarezza e semplicità e dal rispetto dei principi e dei criteri che informano la tecnica della legislazione. Inoltre, seguendo i dettami costituzionali, lo Statuto prevede l'elezione tramite suffragio universale diretto del Presidente della Giunta regionale e l'introduzione della clausola simul stabunt simul cadent, per mezzo della quale si è inteso porre un limite chiaro a future manovre volte a rimpiazzare l'Esecutivo, espressione della maggioranza uscita vincitrice dalle urne, con un nuovo Esecutivo, frutto di accordi successivi tra i Gruppi consiliari.
Si è stabilito, in sostanza, che qualora il Presidente della Giunta eletto direttamente, debba abbandonare la carica per rimozione, sfiducia impedimento permanente, morte o dimissioni volontarie, automaticamente siano provocate le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio con conseguenti nuove elezioni.
Per quanto riguarda la potestà regolamentare, si è optato per una ripartizione tra il Consiglio, a cui viene riservata la potestà regolamentare attribuita alla Regione nelle materie di competenza esclusiva statale, e la Giunta, che la esercita in tutte le materie di competenza legislativa regionale secondo i principi e le modalità definite dalle leggi regionali, salvo che la legge nazionale ovviamente disponga diversamente.
Ampio spazio è dedicato all'iniziativa legislativa popolare e a quella degli Ente locali, oltre al referendum, strumenti che si configurano come palese espressione di democrazia concessa ai cittadini e agli Enti locali per supplire, ove necessario, ad eventuali carenze o ritardi nell'adozione di provvedimenti da parte del legislatore regionale.
Sono stati altresì introdotti e disciplinati in Statuto importanti organismi, come il Consiglio delle autonomie locali, in attuazione dell'articolo 123 della Costituzione, il Consiglio regionale dell'economia e del lavoro, organo che contribuisce all'elaborazione delle politiche di sviluppo regionale, e la Commissione di garanzia, composto da sette membri nominati per sei anni, previsto quale organismo indipendente della Regione con la funzione, fra le altre, di pronunciarsi sull'ammissibilità e ricevibilità dei quesiti referendari e di fungere da organo consultivo in materia di interpretazione dello Statuto sia nei conflitti di attribuzione tra gli organi della Regione e tra la Regione e gli Enti locali, sia ai fini di valutare la coerenza statutaria di leggi e Regolamenti.
La Commissione, inoltre, esprime parere sul carattere invasivo e lesivo delle attribuzioni regionali da parte di leggi o atti aventi forza di leggi dello Stato e la proposizione del ricorso avanti la Corte Costituzionale.
Tuttavia, con decisione motivata, adottata a maggioranza assoluta, il Consiglio regionale può comunque discostarsi dai pareri espressi.
Infine, è stata prevista, a livello statutario, la possibilità per la Regione di istituire osservatori e consulte.
Particolare attenzione è stata riservata alla garanzia delle minoranze consiliari, a cui è stata anche dedicata un'apposita disposizione, che rinvia al Regolamento consiliare la disciplina di dettaglio, individuando già alcuni elementi significativi che dovranno essere presi in considerazione in sede regolamentare, quali i tempi di lavoro per lo svolgimento del sindacato ispettivo, le nomine, la composizione delle delegazioni e l'attività di informazione.
Auspico una celere approvazione dello Statuto in Aula, dove mi auguro si possa trovare un'ampia convergenza, sia fra i partiti della maggioranza che fra quelli dell'opposizione, che dimostreranno la propria maturità politica muovendosi congiuntamente sul piano istituzionale.
Quello che ci accingiamo ad approvare non è un semplice provvedimento ma un documento politico e giuridico autonomo, una Carta fondamentale per il Piemonte e per i piemontesi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Suino.



SUINO Marisa

Grazie, Presidente.
Molto brevemente, intervengo più che altro per segnalare il diritto dovere di ogni Consigliere di prendere parte ad un dibattito che è certamente importante, poiché si sta tentando di varare - forse dobbiamo rendercene conto in modo più chiaro - una sorta di Magna Carta della nostra Regione e quindi, come tale, un certo senso di partecipazione dovrebbe essere assolutamente doveroso e garantito.
Molto velocemente, mi piace citare alcuni passaggi che vengono un po' dalla nostra storia.
Mi sono annotata due-tre questioni, quali ad esempio la citazione di un grande storico dell'antica Roma, che individuò la grandezza del Senato delle Regioni nel fatto che in esso ogni senatore poteva esprimersi e poteva esprimere liberamente la sua opinione sulla politica dello Stato.
Questo per dire che la democrazia rappresentativa, che fa un po' da base al documento che dovremmo riuscire a varare in questa sede, viene sostanzialmente da molto lontano.
Ci sono stati millenni di storia che hanno dato un contributo importante; quello stesso contributo che faceva dire, in uno dei classici della nostra cultura, che i Ciclopi erano uomini brutali perché non erano dotati di assemblee, non erano dotati di strumenti assembleari.



(Brusìo in aula)



SUINO Marisa

Capisco che l'ora è tale, per cui procediamo più rapidamente.
Nell'epoca di grandi trasformazioni che stiamo vivendo - e sono trasformazioni politiche, economiche, sociali anche pesanti e complicate le sedi parlamentari o assembleari, le sedi consiliari sono chiamate sempre di più a fronteggiare una sfida che diventa sempre più pesante e anche stringente, che è quella di regolare la vita di grandi comunità, garantendo libertà, garantendo controllo democratico, garantendo anche per tempestività e decisione.
Un'altra delle citazioni che ho voluto annotarmi è quella di un'altra grande personalità del mondo della cultura. Diceva Bertrand Russell: "La soluzione vincente dei problemi della società civile, sia perché è più giusta sia perché prevede la via legale per sostituire il governo, è una sola, e si chiama democrazia".
Certo, riuscire a fare una magna carta, un documento che in qualche modo attraversi pesi e contrappesi e dia quel senso di giustizia e di efficacia non è cosa facile, andando oltre le appartenenze di ognuno di noi. Lo sforzo è assolutamente notevole e rilevante.
Ma allora la sede assembleare deve essere o no lo specchio di quelli che sono i consensi e i dissensi di un paese, dei cittadini di una Regione? Deve essere o no la sede nella quale la maggioranza ha il diritto di guidare, ma la minoranza ha il diritto di controllare, ha il diritto di avere gli spazi, le sedi per potere esercitare tale funzione? La sostanza di una vera democrazia consiste nel libero raffronto e nel civile contrasto. E questo è assolutamente vitale, è il sale della democrazia stessa.
La trasformazione della nostra società, che va sempre di più - che a noi piaccia o no - nella direzione del pluralismo della cultura, è da intendersi come risorsa positiva, che impone un grande sforzo di educazione, di autoeducazione, ma anche di iperculturalità e di accoglienza, qualunque siano le nostre radici: è il mondo che va in quella direzione! Diventa dunque centrale il principio della libertà di coscienza centrale è il principio, che è matrice di ogni diritto, di dare attuazione all'universalismo della cittadinanza fondata sul riconoscimento della pari dignità degli individui e dei cittadini, indipendentemente da quelle che sono le loro appartenenze identitarie, in quanto persone, in quanto uomini e donne.
Nelle società attuali, che sono destinate - ripeto, che ci piaccia o meno - a diventare sempre più multiculturali, multietniche, multireligiose la parola "identità" evoca la tendenza a chiudersi in piccolo patrie (se mi permettete la battuta), in comunità che sono troppo omogenee al loro interno, a rivendicare in modo ossessivo quasi una sorta di micro nazionalismi, localismi campanilismi. Tutto ciò non giova alla necessità che ci viene richiesta dalla società contemporanea. Ma - ripeto - che ci piaccia o meno, questa è la direzione del mondo.
Allora, irrigidire le posizioni provoca una recrudescenza che, da qualunque parte, non può che dare origine a fattori negativi, vuoi per la società, vuoi per l'economia, vuoi per la politica, vuoi per lo sviluppo: da qualunque parte uno stia, è recrudescenza, quindi è fattore negativo non è risorsa.
Noi abbiamo il compito, credo, di definire un patto di cittadinanza dove non ci sia il proliferare dell'autoreferenzialità, dove non ci sia la tentazione di colonizzare l'ambito pubblico. Noi abbiamo il compito di definire, con questo documento, un patto di cittadinanza che sancisca norme condivise, definisca un nucleo minimo di valori e di principio di giustizia, che ognuno di noi si impegna a riconoscere e a fare propri.
Credo che questo sia il compito essenziale, non minimalista, ma il compito essenziale e fondamentale.
Nel momento in cui per affermare noi stessi dobbiamo riconoscere l'altro, è evidente che riconoscere l'altro significa, in qualche modo negare un pezzo di noi. Questo lo possiamo leggere in termini cristiani, lo possiamo leggere in termini politici, ma è un dato di fatto.
Io sono più che mai convinta che, oggi più di ieri, occorre tenere ben fermo il timone sui valori della Costituzione, anche non facendoci prendere la mano in modo eccessivo da quella che è la necessità, l'immediatezza del principio democratico. Lo Stato costituzionale si regge sul principio fondamentale che il potere politico, anche se democraticamente legittimato non è onnipotente, cioè l'autogoverno di una società non può fondarsi solo sul principio di maggioranza. Le società pluralistiche del nostro tempo, ma tutta la storia del '900, ci hanno insegnato che solo il quadro di una Costituzione e, nel nostro caso di un documento, di uno Statuto, di una Carta che alla Costituzione si vuole rifare, consente di non andare verso modifiche arbitrarie, consente una pacifica convivenza.
Dal mio punto di vista, ha dunque senso darsi una nuova Carta nel solco di quelli che sono i grandi e fondamentali documenti del nostro Paese e dell'Europa alla quale noi facciamo riferimento, forti di finalità di giusta rappresentanza, di equo pluralismo, nei e tra i territori, tra i sessi, tra le culture, temperando il presidenzialismo, temperando il maggioritario, forti del principio che pesi e contrappesi sono indispensabili in democrazia, evitando di degenerare in inutili e dannosi identitarismi, ma anche nel proliferare di numeri e di posti che possono inizialmente accontentare ognuno, ma scontentano il principio di fondo.
E qual è il principio di fondo? Una legge, una Carta giusta o più giusta possibile.
Mi ero ripromessa di essere breve e tale sono. Concludo con una sorta di appello, di richiesta di sensibilizzazione che, a dire il vero, ho provato ad esprimere anche a titolo personale ad alcuni amici e colleghi che siedono in quest'aula.
Ciò che servirà a partire da lunedì è il buon senso e la necessità del bene generale collettivo, dell'interesse di comunità che viene, comunque prima - e sempre prima - degli interessi identitari per nobili che noi li possiamo considerare.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'Assessore Vaglio, che interviene in qualità di Consigliere, ne ha facoltà.



VAGLIO Roberto

Arriviamo al termine di un percorso molto lungo, che è iniziato per me 14 anni fa quando, per la prima volta, ho avuto la fortuna di sedere tra questi banchi. Ricordo già in quella V legislatura parlare non solo di modifica della Carta Costituzionale del Piemonte, ma di modifiche importanti alla Costituzione italiana. Già allora c'erano due tendenze una se mi consentite il termine, minimalista che prevedeva una riscrittura in termini più moderni della Carta Costituzionale della Repubblica italiana.
Un'altra, più intensa, che avrebbe voluto portare all'interno della Costituzione termini più forti, forme di Governo più moderne, interpretare in un modo più realistico le esigenze che emergevano in allora dai territori, dalle popolazioni, dalla società civile.
La storia delle successive modifiche della nostra Costituzione, ormai credo sia assolutamente nota a tutti, non la dobbiamo ripercorrere; si viaggia a corrente alternata, portando grandi novità e facendo grandi retromarce, pensando, con coraggio, ad un futuro diverso, con un'organizzazione dello Stato moderna e attagliata alla società di questo Paese, a tutto un impianto legislativo che non è assolutamente conseguente che non recepisce le spinte che la Costituzione contiene, dei continui arretramenti tra federalismo e neocentrismo, tra trasferimento delle competenze agli enti e riappropriazione in un modo o in un altro delle competenze preventivamente affidate. In questa storia si situa anche la nostra Carta Costituzionale, la riforma del nostro Statuto. Una riforma statutaria che, non vi nascondo, avrei voluto non minimalista, che avrei voluto con grandi slanci, che avrei voluto ad interpretazione di una società, quella piemontese, che sta vivendo una profondissima trasformazione culturale, una profondissima trasformazione economica e professionale.
Ho cercato con il Consigliere Giacomo Rossi di dare forma a questo nostro sentire, abbiamo presentato un documento e ci siamo confrontati con i Consiglieri di maggioranza nelle Commissioni per capire quale spazio potesse avere una più forte comprensione dell'identità della nostra regione, della continuità tra la tradizione e la cultura piemontese e questa nostra società. Devo dire che il risultato non mi esalta. Ho apprezzato i riferimenti del Consigliere Tapparo alla lingua piemontese alla cultura piemontese, ma non solo. Credevo che si dovessero fare più precisi riferimenti alla comunità piemontese, a che cosa rappresenta questa comunità che, pur formata da culture le più disparate e diverse, ha comunque saputo dare luogo ad un continuum che non vede soluzione di continuità rispetto alla nostra tradizione storica e culturale.
Non siamo riusciti a dare un impulso più importante e forte perch come ricordavano i Consiglieri dell'opposizione, ma anche di maggioranza che sono intervenuti, occorreva trovare un minimo comune denominatore: lo Statuto è un minimo comune denominatore. Non lo dico in senso dispregiativo o in senso riduttivo, ma credo che in questo documento ci si possa ritrovare tutti, sicuramente non con le nostre più elevate aspirazioni, non con i nostri sogni, come ricordava il Consigliere Taricco, avremmo dovuto forse camminare sui nostri sogni: non abbiamo avuto la capacità di farlo.
Ma questo è un buon inizio, è una discreta riforma, è un discreto passo in avanti rispetto al nostro antico molto saggio e longevo Statuto.
Questo nostro Statuto, forse, avrebbe potuto avere più coraggio nel definire la solidarietà territoriale, noi avremo dovuto avere più veemenza nell'affermare che esiste ancora sul territorio di questa regione, una serie di zone che non sono assolutamente alla stessa velocità di sviluppo rispetto alla maggior parte del territorio regionale. Nei confronti di queste zone e di queste aree - che sono solitamente aree di montagna, aree di collina, aree marginali, o, se preferite, marginalizzate da un certo flusso di concentrazione urbane, verso queste aree, verso queste popolazioni, verso questi piemontesi, noi avremo dovuto dimostrare maggiore solidarietà e dichiararla. Una dichiarazione è vero che è semplicemente un'intenzione, ma una dichiarazione da vigore, da energia, da speranza e fiducia nel futuro. Non l'abbiamo fatto e credo che questa sia la peggior pecca - che potremmo sicuramente ancora sanare - di questo documento.
L'incapacità di avere il coraggio di ammettere che in questa regione si viaggia ancora a due velocità, che in questa regione ci sono popolazioni dove lo sviluppo è gravemente compromesso dalla scarsa imprenditorialità dal ridotto numero di giovani, dove i servizi vengono quotidianamente messi a rischio dalla scarsa densità abitativa, dove i monitoraggi del territorio e quindi la tenuta in sicurezza del territorio sono pregiudicati da un numero esiguo di residenti che ancora sono legati a queste radici. Questa è l'ultima questione sulla quale il minimo comune denominatore lo possiamo ancora trovare.
Credo nella capacità di quest'Aula di saper esprimere solidarietà. La solidarietà è una necessità forte dei territori più marginali di questa Regione. Certamente lo Statuto è un documento molto elaborato, cento articoli non sono uno scherzo. Istituti di garanzia e di partecipazione organizzazione del governo della Regione, la programmazione delle finanze gli organi che consentono alla Regione di funzionare: sono tutte questioni fondamentali, che dovevano essere e che devono essere affrontate con la giusta serenità e con la giusta capacità di interpretare le esigenze di tutti.
Sulle definizioni più generali e sulle dichiarazioni dei principi noi possiamo e dobbiamo fare ancora un atto coraggioso ed aggiungere quei criteri, quei concetti, quegli ideali - anche se la parola non è più tanto di moda - che riescono a far volare più alto questo documento che, in carenza, sarebbe un ottimo esercizio da esperti di diritto costituzionale da funzionari e burocrati, ma verrebbe a mancare di quell'impeto che la politica e il mandato, che gli elettori piemontesi ci hanno dato, dovrebbe portare all'interno della nostra azione quotidiana.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Constato anch'io che c'è un certo distacco tra l'attesa solennità di questa riunione e la presenza incerta e la totale assenza della Giunta.
Darei una lettura diversa rispetto a quello del collega Papandrea: Ghigo è assente non perché è stato eletto direttamente, ma perché la sua maggioranza glielo consente. Noi glielo consentiamo. Solo questo è il problema, ma ne parleremo in altra sede. Lui esercita una condizione che gli è diffusamente permessa e che anch'io considero scorretta, ma è una questione non risolvibile in questo momento.
Mentre invece penso che il lavoro che è stato fatto e cui alcuni colleghi hanno fatto riferimento, cioè l'ottimo Statuto redatto negli anni '70, quando finalmente il percorso costituzionale d'attuazione delle Regioni - sia detto per il riconoscimento storico - atto importante del primo governo di centrosinistra, nato nel 1963 con Moro e Nenni sicuramente aveva rappresentato l'avvio di una realizzazione di un percorso che era contenuto nella Costituzione, ma della cui realizzazione si aveva paura rispetto al percorso che poteva innestare.
L'aver partecipato alla costituzione di questa svolta nella Carta di riferimento dei diritti e dei valori della nostra Regione è un atto importante.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato, il Presidente il Vicepresidente e i funzionari, perché è stato compiuto un grosso sforzo dalla nostra Regione, non a caso la prima del nord che si sta accingendo a votare lo Statuto.
Resta da valutare nel dibattito se siamo stati all'altezza - su questo il giudizio dev'essere espresso e dev'essere oggetto di una riflessione.
Come a suo tempo si erano tradotti i principi, che all'epoca erano i riferimenti delle Istituzioni, oggi noi abbiamo tradotto i nuovi principi che sono il riferimento del governo delle Istituzioni: la governabilità, il bipolarismo, l'alternativa. Personalmente, non credo che qualcuno possa avere qualche nostalgia, se non in situazioni che potrebbero essere più approfondite, ma per le politiche variabili che, a suo tempo, generavano una totale dipendenza dell'esecutivo dal legislativo, ma che, alla fine della fiera, determinavano la dipendenza dell'uno e dell'altro da poteri esterni, esternamente costituiti. Proprio in mancanza di gerarchia e di separazione, rappresentavano in realtà la traduzione di tante lobby.
In questa Regione le cose hanno iniziato a degenerare quando il Presidente è diventato un optional, scelto sulla base del cambiamento della condizione politica. Questo, negli anni tra il 1980 e il 1985, ha portato alla dissoluzione di quel sistema. Non possiamo pensare di essere moderni riproponendo quel sistema. Forse perché in Italia, per varie ragioni, si tardava ad applicare i principi di Montesquieu della perfetta separazione tra il potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Questo è un valore presente già prima della Rivoluzione francese. Non dobbiamo considerarla una novità imbarazzante, né tanto meno un'opzione di destra. Questa è proprio un'opzione di garanzia fondamentale alla quale deve tendere la nostra azione. Che poi sia imperfetta, perché le lobby esistono, è un altro discorso, ma almeno ci sia l'affermazione di questi principi.
D'altra parte, colleghi, è oggi immaginabile che si andasse a votare senza saper chi è la persona che devo votare, mi sembrerebbe un elemento assolutamente intraducibile e improponibile sotto questo profilo. La questione è quella che è stata posta da molti colleghi, e non è solo una questione della maggioranza, ma del Consiglio, cioè il bilanciamento dei poteri. Qui non esiste questo bilanciamento dei poteri. In Francia, dove il Presidente non può entrare nella Camera, sappiamo di passaggi storici in cui ha chiesto di entrarvi, come anche negli Stati Uniti.
Noi non dobbiamo correre dietro al Presidente perché sia presente. Il potere legislativo non deve avere questo tipo di condizione, di condizionamento e di subalternità. Io voglio uno Statuto nel quale questo problema si risolva con la necessità del Presidente di essere presente e di chiedere qualcosa. Anche se abbiamo un sistema che gli attribuisce una maggioranza, non sottrae la maggioranza al suo dovere di sentirsi indipendente, eletta separatamente e organo che interessa attuare determinati principi.
Il tempo a mia disposizione è breve, quindi andrò molto rapidamente.
Innanzitutto non è stata utilizzata la parola "federalismo", perch mentre un tempo era un'aspirazione, soprattutto in questa Regione, di tutti, oggi è diventato un elemento di letture contrapposte e separate. Da una parte lo si usa troppo e dall'altra parte non si esalta molto per non dare al termine una valenza separatista. Il federalismo possibile, giusto e normale è nell'ambito dell'unità dello Stato e della nazione con un serie di poteri forti che vengono gestiti a livello di territorio per interpretare, nell'ambito di un'unità, che è ovviamente un elemento di forza, dei valori dell'organizzazione federale e non di separatezza e di debolezza.
Sono questi dei valori importanti dai quali deriva la sussidiarietà e la partecipazione.
Parliamo ora di interazione. Naturalmente governare e sviluppare richiede un sistema istituzionale capace di interagire e di stare in un'organizzazione sistemica e non gerarchica tra i vari organismi.
Occorre pensare al Consiglio delle autonomie come un elemento di forza e di autonoma rappresentanza del nostro sistema istituzionale, non come elemento di relazione diretta con l'esecutivo, ma di partecipazione allo svolgimento della funzione legislativa, cioè della vera sovranità, perch la sovranità è del legislativo, l'esecutivo è autonomo ma non è sovrano.
L'esecutivo non è sovrano, è solamente sovrano nel proprio settore.
Questa questione ci porta a riconsiderare anche alcuni aspetti a cui ha fatto riferimento il Consigliere Vaglio.
Penso che il pluralismo, le culture e le identità siano un valore importante, perché se correttamente rappresentate costituiscono il modo di essere di una comunità e un apporto fondamentale all'espressione di tutto e di tutti.
Attenzione, noi qui stiamo ancora discutendo della tutela delle minoranze. Concettualmente è sbagliato. Il Consigliere Vaglio disse che le minoranze che sono nei territori...... parlo di minoranze come marginalità geografiche, territori minori, culture che faticano a sopravvivere...Cosa dobbiamo dare loro, la garanzia di sopravvivere nella loro marginalità nelle loro periferie, nella loro incultura e nella loro miseria, o vogliamo un Piemonte in cui tutte queste cose siano espressione? Ma se vogliamo un Piemonte in cui siano espressione questo diventa il territorio; il Consigliere Picchioni parlava dei vari Piemonti, dei vari territori.
Abbiamo lavorato parecchio per il territorio dell'Ossola, per ottenere la disponibilità a considerare che almeno i territori abbiano il numero di Consiglieri che spetta loro.
Considero problematico il fatto che si sia discusso per tanto tempo su questo argomento.
I territori montani, le minoranze walser, non importa se etniche o culturali, sono l'espressione di culture, di popoli, di territori, di pezzi di Piemonte che devono essere messi in condizione di agire.
Attenzione Giunta - non ci sono molti esponenti della Giunta, ma i presenti possono riferire - in questo periodo si è aggravata la situazione.
Se mi consentite di usare la battuta del mio amico Crosetto, Segretario regionale di Forza Italia - dico amico perché ci conosciamo ed è una persona corretta - che ha commentato, rispetto i risultati elettorali dell'Ossola con le seguenti parole: "con tutti i soldi che abbiamo dato loro, guarda come elettoralmente si comportano.".
Non solo lo ha detto, ma lo ha anche scritto.
Ecco il modo di dire. I territorio non devono essere vissuti come un rapporto di clientes nel senso romano. I clientes ci sono e sono la base di un rapporto, devono essere dei protagonisti autonomi: questo è un percorso ancora difficile.
Il potere esecutivo diventa talmente prevalente, rispetto al potere politico che sono tanti che rivolgendosi a noi dicono: "...ma quell'Assessore del mio partito dovrebbe fare di più per la nostra provincia".
Questo è un rapporto che deve essere superato.
Far contare i territori. Su questo ha ragione l'Assessore Vaglio: 51 del territorio che produce il 5% del reddito. Ma è inutile inseguire il Presidente Ghigo, chiedendogli di capire queste cose! Lui - non lo dico neppure per battuta - sta in un'altra dimensione, noi siamo l'espressione dei territori. Qui ci sono colleghi che come me siedono in quest'aula da quindici anni. Perché in quindici anni la situazione è peggiorata? A maggior ragione se consideriamo i rapporti di reddito, non la condizione individuale.
Pertanto uno Statuto ne ha lavoro da fare. Posso anche capire la rivendicazione delle culture - io personalmente sono molto aperto e, in qualche maniera, minoranza dal punto di vista del territorio da cui provengo - il Piemonte è sicuramente il Piemonte di Frassati, di Don Bosco e di Cottolengo, è anche il Piemonte di Pio V, ed è anche il Piemonte del pagano Elio Pertinace, ma è anche il Piemonte di Brofferio e di De Amicis di Gramsci e di Gobetti e, soprattutto, è il Piemonte del cattolicissimo Giuseppe Siccardi, che da cattolicissimo affermò, anche pagando di persona la sua convinzione, traducendo in leggi il principio della libera chiesa nel libero stato e dell'egida dello stato al di fuori di ogni forma di convinzione personale.
Voglio che si rifletta su questo, non che si faccia uso di una grande categoria di valori.
Concludo sulla questione dell'accoglienza. Non vi sembri una deviazione rispetto alle cose di cui mi occupo e di cui si occupano molto meglio di me altre persone. Guardate che in un regione che è multietnica e, di conseguenza, in parte multiculturale, l'accoglienza non è l'espressione di valori individuali, è un modo di essere moderno e di essere un società che trae dagli eventi, dall'evoluzione i tratti di una sua modernizzazione di una sua evoluzione.
Ecco perché abbiamo bisogno che ci sia uno stato che ci dia opportunità diritti, interpreti le novità, le raccolga, dia soprattutto forza al Consiglio regionale come strumento di rappresentanza veramente dei piemontesi attraverso gli istituti di partecipazione che qui ci sono.
Per tutte queste cose credo che sia uno Statuto certamente migliorabile, ma non privo di una sua appropriatezza, di una sua dignità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Siamo approdati alla discussione di questo Statuto in aula, ricordava il Presidente della Commissione Galasso, come la prima Regione del nord ovest che lo ha licenziato dalla Commissione. Ho inteso male? Quello che non mi è chiaro rispetto a questo primato perché approdi così tardi in aula.



(Voci in aula)



CONTU Mario

Arriva tardi in aula rispetto.....



PRESIDENTE

Lei non c'entra in tutto questo Consigliere Contu.



CONTU Mario

Stiamo parlando, Presidente, dal momento in cui è stato licenziato dalla Commissione; non sto parlando di altre date. Molte cose probabilmente, sono successe nel frattempo.
Una delle difficoltà che abbiamo denunciato è che lo Statuto, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, rappresenta la manifestazione più evidente dell'articolazione del federalismo, ancorch incompiuto, nel nostro Paese. Noi, per tempo, abbiamo lanciato l'allarme di questo pericolo.
Ventuno sistemi sanitari diversi: questa è la prospettiva entro il quale lo collochiamo; ventuno sistemi scolastici diversi; ventuno sistemi diversi atti a garantire la sicurezza dei cittadini.
Presidente, sa cos'é che diventa più sorprendente esaminando con attenzione gli Statuti già licenziati in prima lettura dai rispettivi Consigli regionali? Che si affermano ventuno diritti civili diversi nella loro articolazione; ventuno principi e finalità della Carta Costituzionale regionale diversi fra loro e, ahimè, in nome del federalismo, ventuno sistemi elettorali diversi.
Credo che gli unici sconfitti da questa rincorsa fra Regioni per approvare i nuovi Statuto siano i diritti di rappresentatività e di uguaglianza dei cittadini di fronte all'unica Carta di riferimento, che è la Carta che sancisce i diritti e i livelli essenziali per quanto concerne i diritti civili e sociali, ovvero la Carta Costituzionale. Il punto è questo, Presidente Cattaneo.
Lo scontro in atto fra due diverse correnti di pensiero e di approccio al problema degli Statuti deve essere ricollocato in quella che è la giusta dimensione, e cioè due modi diversi di concepire e di approcciarsi alla questione dei diritti.
La questione delle radici cristiane, a fronte di una Carta Costituzionale che sancisce in modo chiaro e preciso la laicità dello Stato, deve trovare il suo punto di equilibrio nella riaffermazione dell'estrema indipendenza dell'organo statutario sulle controversie di natura religiosa, sulla multireligiosità, sulla multiculturalità e sulla multietnicità che oramai caratterizzano il nostro Paese, e riaffermare con forza gli articoli 7 e 8 della Costituzione, che, da questo punto di vista non si prestano assolutamente ad interpretazioni di parte, perché affermano proprio quei diritti.
C'é una carenza - un vulnus - all'interno della proposta approdata in quest'Aula: come si fa nel 2004 a porre ancora al centro dell'attenzione che deve il legislatore ai propri cittadini, la famiglia fondata sul matrimonio come elemento fondante di riferimento? Guardate - mi rivolgo, in particolare, al Consigliere Cattaneo - che ciò che è dato agli Statuti regionali non consiste nel mettere in discussione i principi sanciti dalla Costituzione, perché quelli ci sono.
Ciò che non è assolutamente negato, invece, è la possibilità di ampliare lo spettro di attenzione e di estensione dei diritti.
E allora perché non applicare l'articolo 2 della Costituzione nel nostro Statuto, che cura le formazioni sociali e a loro presta la dovuta attenzione? Le formazioni sociali non sono più un solo la famiglia fondata sul matrimonio, ma sono le famiglie, sono quelle dei vincoli, sono quelle per mutua assistenza, sono quelle per ragioni ideologiche, culturali e che riguardano anche i propri orientamenti sessuali.
Allora perché aver paura, nello spirito della Costituzione, di riconoscere che queste formazioni sociali devono essere oggetto di tutela da parte degli Statuti? Qualcuno ha ricordato la questione della sussidiarietà orizzontale. Lo Statuto dovrà pur cogliere questo aspetto importante. Credo che la sussidiarietà orizzontale sia uno degli aspetti più controversi, perché il comma 4 dell'articolo 118 della Costituzione, se non erro, recita testualmente: "Stato, Regioni, città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà".
Nell'ambito di quanto disposto dagli Statuti e dalle leggi l'amministratore si deve porre il problema se lo svolgimento di una certa attività nella tutela dell'interesse pubblico possa essere svolta dai singoli cittadini o dai cittadini associati nell'ambito di dare risposte, e ricorrere alla sussidiarietà verticale solo nei casi in cui questa forma associativa non consente di dare risposte al bisogno pubblico rispetto ad un qualsiasi servizio che viene svolto nei confronti dei cittadini.
Il concetto di sussidiarietà orizzontale, che ha costretto migliaia di cittadini a trasformare le loro vite in imprese sociali, sta presentando un altro volto: come si modificano, nell'ambito della prestazione di questi servizi, i diritti essenziali per chi si trova ad operare all'interno di queste realtà associative che svolgono, nell'ambito della sussidiarietà orizzontale, un servizio prezioso per il nostro Paese.
Loro si ritrovano ad essere limitati nei loro diritti: sono i diritti contrattuali, i diritti alla giusta paga, i diritti che altre categorie di lavoratori, faticosamente e con le lotte, hanno conquistato e rappresentano il vero aspetto di deregolazione dei rapporti contrattuali di lavoro perché questo è ciò che si sta determinando.
Sugli effetti perversi del federalismo ho già detto: presteremo attenzione nel dibattito dei singoli punti ad attenuarne la portata.
L'altro aspetto riguarda la questione del presidenzialismo. Prendo atto con piacere che un po' di ragione sia subentrata: non abbiamo sconfitto l'ipotesi del presidenzialismo; certamente il dibattito in Aula ci consentirà di approfondire diversi punti di vista. Però devo dire che un piccolo risultato, su una proposta di riforma della legge elettorale che personalmente, allo stato attuale non condivido, lo ha raggiunto attraverso una proposta di attenuazione del premio di maggioranza.
Vorrei solo ricordare che il presidenzialismo, anche per l'effetto combinato - Presidente Manica - delle leggi Bassanini, ha svuotato progressivamente di competenze le assemblee elettive, relegando negli esecutivi molti dei poteri decisionali che dovrebbero spettare in primis proprio agli eletti nelle assemblee elettive.
Molti Consiglieri, la maggior parte dell'aula, in modo distratto si sono lasciati sfuggire un'accusa pesante come un macigno che il Consigliere Angeleri, con toni sommessi, con aria democristiana - che però gli fa onore da questo punto di vista - ha buttato come provocazione in quest'aula.
Tale accusa è sintetizzabile in quel cicero pro domo sua che limita la proposta della legge elettorale ad un vizio di fondo che certamente ci vedrà discutere molto. Nella proposta in discussione, anziché esaltare il primato della politica, l'attenzione alla res publica, la necessità di decentrarci mettendoci in ascolto rispetto ai bisogni di rappresentatività democratica, che pur sale dal paese, pare si sia voluto privilegiare il proprio cortile, il proprio orticello, ponendolo come effetto condizionante su tutto il percorso della legge elettorale.
Concludo solo con queste parole: Presidente, quello Statuto del 1971 riletto con attenzione, dimostra ancora tutta la sua sconvolgente, ma positiva attualità. Bastavano poche modifiche di adeguamento ad alcuni dettami della riforma costituzionale per farlo rivivere anche agli occhi dei piemontesi distratti. Se oggi un'accusa posso fare e possiamo farci tutti è che, ancora una volta, una carta importante come quella dello Statuto e una questione importante come quella della legge elettorale e della sua riforma vengono consumate negli atti conclusivi all'interno di quest'aula a città chiusa per ferie, nell'indifferenza della collettività che giustamente, dopo 11 mesi di lavoro, ha diritto al giusto premio delle vacanze e delle ferie.
Non abbiamo fatto, in questo senso, un buono servizio ai cittadini, e questo aspetto coincide paradossalmente con altre scelte poco felici di questa assemblea elettiva. Forse questo i cittadini piemontesi non lo meritavano.



PRESIDENTE

Dichiaro chiuso il dibattito generale.
A margine, devo assolutamente rilevare come questo dibattito si sia svolto in un clima positivo e con alti contenuti dal punto di vista del merito. Quindi, vi ringrazio. Anche questa è una parte del lungo lavoro che è stato fatto.
Quanto alla seduta di lunedì, il Consiglio è convocato secondo gli orari prestabiliti. Vorrei soltanto fare notare che la seduta di lunedì inizierà con la discussione sul preambolo. A questo proposito, organizzer i lavori in modo tale che i Consiglieri del gruppo dell'UDC possano intervenire a questa discussione, perché mi hanno prontamente segnalato un impegno a Roma nella mattinata. Pertanto, farò in modo che il dibattito si avvii, ma che nel pomeriggio ci sia anche per loro la possibilità di intervenire su questo importante punto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Relativamente alla sua affermazione sul preambolo, poiché sono stati posti alcuni emendamenti di merito, è auspicabile che il preambolo non escluda assolutamente e non sia sostitutivo dell'articolo relativo ai principi e finalità. Cioè, un conto è il preambolo, ma il preambolo non pu assorbire articoli importanti dello Statuto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Signor Presidente, vorrei solo avere la garanzia che si possa intervenire sin dall'inizio, in modo che io e i miei colleghi non arriviamo in aula con il dibattito generale già chiuso sul preambolo.



PRESIDENTE

Il dibattito generale non verrà chiuso prima del primo pomeriggio secondo quanto concordato. Ovviamente inizierà.



ANGELERI Antonello

Dato che nell'intervento svolto precedentemente - e di cui peraltro mi si dice che è "saltata" la registrazione, ma cercheremo di recuperarlo grazie alla collaborazione delle stenotipiste - ho anticipato un argomento a cui particolarmente teniamo e che vorremmo fosse inserito nel preambolo saremmo grati a quest'aula se si potesse fornire anche il nostro contributo lunedì.



PRESIDENTE

Va bene.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.50)



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