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Dettaglio seduta n.435 del 24/02/04 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TOSELLI



(La seduta ha inizio alle ore 15.32)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri: Albano, Botta Franco, Chiezzi Cota, Di Benedetto, Ghigo, Godio, Marengo, Pedrale, Pichetto Fratin Pozzo, Racchelli, Rossi Giacomo.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

b) Insediamento Commissione Speciale per i bialluvionati


PRESIDENTE

Comunico che in data 17 febbraio 2004 si è insediata la Commissione Speciale per i bialluvionati, così composta:



PRESIDENTE

Gallarini Pierluigi - Presidente Ronzani Wilmer - Vicepresidente Cattaneo Valerio (Forza Italia) Bolla Emilio (Forza Italia) Burzi Angelo (Forza Italia) Caramella Luca (Forza Italia) Gallarini Pierluigi (Forza Italia) Manolino Giuliano (Forza Italia) Ronzani Wilmer (Democratici di Sinistra) Botta Marco (Alleanza Nazionale) D'Onofrio Patrizia (Alleanza Nazionale) Rossi Oreste (Lega Nord Piemont-Padania) Dutto Claudio (Lega Nord Piemont-Padania) Vaglio Roberto (Federalisti Liberali - An) Palma Carmelo (Radicali - Lista Emma Bonino) Papandrea Rocco (Rifondazione Comunista) Saitta Antonio (Centro per il Piemonte-Popolari) Chiezzi Pino (Comunisti Italiani) Giordano Costantino (I Democratici-L'ulivo) Mercurio Domenico (Per il Piemonte) Moriconi Enrico (Verdi)


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento - Enti Locali - Forme associative - Deleghe: argomenti non sopra specificati

Proposta di legge al Parlamento n. 588 "Modifica dei commi 2 e 3 dell'articolo 51 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali)" (richiamato ai sensi dell'articolo 34 Regolamento)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g.: "Proposta di legge al Parlamento n.
588 "Modifica dei commi 2 e 3 dell'articolo 51 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali)" (richiamato ai sensi dell'articolo 34 Regolamento).
La parola al proponente, Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Presidente, mi pare che la proposta sia estremamente chiara e non necessiti di ulteriori parole, essendo argomento dibattuto, ormai da parecchio tempo, anche sui giornali e sulle televisioni. In questa direzione si sono già espressi, sia il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, l'anno scorso per primo, sia il Presidente della Camera On. Pierferdinando Casini.
In questi ultimi giorni abbiamo visto una presa di posizione da parte di molti parlamentari piemontesi che invitavano a soprassedere, rispetto al terzo mandato, perché bloccava, di fatto, la possibilità, in particolare nei Comuni più piccoli (come riferimento abbiamo preso cinquemila abitanti) di potersi presentare per la terza volta.
Il Piemonte, che consta di 1207 Comuni, ha molti Comuni sotto i cinquemila abitanti: 106 nella provincia di Alessandria; 63 nella provincia di Asti; 42 nella provincia di Biella; 138 nella provincia di Cuneo; 45 nella provincia di Novara; 164, su 315 Comuni, nella provincia Torino (quindi oltre il 50%); 14 nel VCO e 32 nella provincia di Vercelli.
Praticamente, il 50% dei Comuni rimarrebbe vincolato a questa legge.
Sappiamo, inoltre, che in Comuni, in cui gli abitanti non arrivano neanche al migliaio, ma addirittura sono sotto i mille, è molto difficile trovare personale politico. Rispetto a questa situazione, riteniamo più democratico, più giusto e più corretto che siano gli elettori a decidere cosa fare dei loro Primi Cittadini.
In questo senso, vogliamo dare il nostro contributo, visto che abbiamo letto diverse dichiarazioni di intenti, da parte di molti politici piemontesi, ultimo fra questi, ma primo fra tutti, il Presidente della Giunta regionale, Enzo Ghigo. Nei giornali di oggi leggiamo un invito ed un appello, in particolare per i Comuni al di sotto dei mille abitanti sottolineando, con le nostre stesse motivazioni, la volontà di andare oltre rispetto a questa norma che sblocca il terzo mandato.
Personalmente, ritengo che l'istituzione regionale dovrebbe dare un segnale, visto che c'è la possibilità di proporre al Parlamento un progetto di legge. Utilizziamo questa possibilità. In questa direzione, la Regione Liguria si è comportata allo stesso modo. È utile, quindi, che da una Regione, che consta di 604 Comuni sotto i cinquemila abitanti, arrivi un segnale particolarmente forte.
Abbiamo sentito, a livello nazionale, dal Presidente Berlusconi un'intenzione in tal senso, che poi non si è concretizzata. È utile, a questo punto, che almeno dalla Regione Piemonte arrivi un segnale forte.
Abbiamo presentato questo progetto di legge, da presentare al Parlamento, circa tre mesi fa. Per svariati motivi, in Commissione non si è mai potuto discutere e consta - come vedete - di una semplice modifica riferita ad un articolo. Oggi chiediamo, avendolo richiamato in Aula ai sensi dell'articolo 34 del Regolamento, che in questa sede possa essere fatto - lo chiedo agli altri Gruppi consiliari, non solo di maggioranza, ma anche di opposizione - un ragionamento sul punto, perché vorrei che la politica e il buonsenso, all'interno della politica, prevalessero sulle logiche che molto spesso dividono la politica dalle logiche partitiche.
Quando un Sindaco si mette al servizio della popolazione per poche centinaia di euro (e sappiamo, visto che qui molti Consiglieri sono stati Primi Cittadini nei propri Comuni, quanto sia difficile e faticoso il mandato di Primo Cittadino), quando si trova una persona che è disponibile e che fa, della propria vita, una vera e propria missione al servizio degli altri, è bene che questa persona sia unicamente giudicata dall'elettorato.
Ecco il motivo per il quale abbiamo presentato questa proposta di legge che vorremmo essere, se approvata, inoltrata alla Camera dei Deputati.



PRESIDENTE

Dichiaro aperto il dibattito generale.
La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Signor Presidente, ho l'impressione che ci apprestiamo a discutere una proposta di legge che la gran parte dei Gruppi consiliari danno sostanzialmente per scontata, in parte, perché recepisce una serie di indicazioni politiche dei diversi schieramenti, in una qualche misura anche perché consacrata da un viatico del Presidente della Repubblica, che però, nella sostanza, modifica l'impianto e l'assetto della disciplina elettorale degli Enti locali, modificandola in uno degli elementi più significativi della riforma del 1993, che il decreto legislativo n. 267 aveva, ovviamente, provveduto a recepire.
Partiamo dagli elementi più generali. La motivazione generale rispetto a questo provvedimento è una motivazione di principio. La limitazione rispetto alla candidabilità degli amministratori che abbiano già svolto i due mandati viene - leggo testualmente dalla relazione - vissuta come una limitazione alla libertà di espressione di partecipazione politica. Se così è, e questo è il dato di principio, questo vale non certo nei Comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti, vale per la generalità delle Amministrazioni locali in cui il dato del consenso, dell'espressione e della partecipazione politica viene limitato e vincolato, sulla base di un altro principio altrettanto generale, che su questo primo principio, alla fine, ha fatto premio anche dal punto di vista istituzionale. Non è che esiste un problema di partecipazione e di garanzia della democraticità dell'elezione nel Comune di Carrù e non del Comune di Torino. Anche nel Comune di Torino ci potrebbe essere un Sindaco plebiscitato e riplebiscitato, che, sulla base di una disposizione di questo tipo rimarrebbe incandidabile diventando, invece, il Sindaco di Carrù, o di un piccolo Comune, candidabile sulla base di un principio astratto di democraticità dell'elezione, di libertà di espressione di voto dei cittadini e di partecipazione politica.
Semplicemente, chiedo ai proponenti di chiarirsi le idee. Se esiste un problema di principio in ordine alla democraticità delle elezioni, non esiste a Moncenisio per non esistere a Torino, esiste a Moncenisio esattamente come a Torino, perché esattamente nella stessa forma la stessa norma impedisce agli amministratori di ricoprire il mandato di Sindaco per più di due consiliature.
Questo è il primo elemento, che ritengo di sottolineare, di contraddizione nella motivazione del provvedimento.
Per quanto concerne un secondo elemento ancora più politico, questa norma era stata inserita per impedire quelle forme, in parte folcloristiche, in parte partitocratriche, di notabilato monarchico dinastico che, in sede locale, ha trovato una serie di esempi, che, magari nel corso della discussione provvederemo anche a fare, particolarmente significativi, con Sindaci che hanno fatto i Sindaci per 20, 30, a volte 40 anni, costituendo di per sé, non perché o in quanto cattive persone, un fattore di degrado e di, lo dico tra virgolette, "corruzione della vita politica locale".
Una persona che fa il Sindaco e il Capo dell'Amministrazione per 40 anni è di per sé un fattore di disfunzione della vita amministrativa, non è l'espressione di una volontà popolare democratica, ma è esattamente il prodotto di un sistema di autoperpetuazione del consenso che il numero, in questo caso innumerevole, di mandati che si possono ricoprire finisce semplicemente per confermare.
Perché nel 1993 venne inserita questa norma e venne inserita per tutti i Comuni italiani? Esattamente per questa ragione, perché si riteneva fattore di garanzia, di igiene e di equilibrio istituzionale il fatto che la carica di amministratore locale non potesse essere ricoperta nei vertici dell'Amministrazione, cioè nella carica del Sindaco, per più di due mandati, perché più di due mandati rappresentavano, obiettivamente, un fattore di condizionamento della vita politica locale e anche della vita amministrativa.
In questo caso, si ritiene che tutto questo non sia vero? Si ritiene che l'esigenza della libera espressione della partecipazione politica debba nuovamente fare premio rispetto all'esigenza del ricambio di un limite istituzionale al numero di mandati che si possono ricoprire? Nuovamente questo non vale per Moncenisio. Vale per Moncenisio esattamente come per la Città di Torino o come per qualunque altra Amministrazione.
In merito ad un terzo elemento, una delle motivazioni, peraltro neppure illustrata ampiamente nella reazione, è relativa al fatto che, in una fase più o meno tumultuosa di transizione istituzionale, è necessario assicurare, a maggior ragione nei piccoli Comuni, in cui la selezione del ceto dirigente è più difficile, una qualche gradualità nell'entrata in vigore della nuova normativa, una qualche misura di accompagnamento, che non ponga, in particolare i piccoli Comuni, di fronte alla misura draconiana dei due mandati che vale per ciascuno di loro.
Relativamente a questo, la soluzione contenuta in questa proposta di legge è la peggiore. Non è una soluzione gradualistica che estende, in una qualche misura, nella fase di transazione, il numero di mandati che possono essere ricoperti. E' una proposta che, semplicemente, abolisce il limite dei mandati e stabilisce che nei Comuni con meno di 5 mila abitanti non esiste più nessun limite di mandato nella carica di vertice dell'Amministrazione locale. Dall'oggi al domani, nel caso in cui il Parlamento decidesse di approvarlo, avremo un sistema istituzionale amministrativo a due velocità: quello dei Comuni sopra i 5 mila abitanti e delle Province, che procede con norme di selezione di ricambio istituzionale assolutamente stringenti e draconiane, e quello dei Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti, che procedono con un sistema istituzionale quindi, necessariamente anche politico, di tipo tutto affatto diverso, con effetti su un processo, che dovrebbe essere di tendenziale omogeneizzazione del quadro istituzionale-amministrativo, che non mi sembrano, da questo punto di vista, particolarmente promettenti.
Di fronte a tutto questo, non so se in una fase nella quale sulle materie istituzionali abbondano gli apprendisti stregoni, e la discussione sul Senato federale ne è una straordinaria dimostrazione, la maggiore prova di prudenza e di ragionevolezza che noi possiamo dare è quella di intervenire con una proposta di norma al Parlamento assolutamente abnorme e contraddittiva dell'impostazione che, fino a questo momento, fino all'approvazione della normativa n. 267, che non è 15 anni fa, bensì di 3 anni fa, la stragrande maggioranza del Parlamento e la stragrande maggioranza delle forze politiche hanno scelto di confermare.
Le forze politiche, che non più tardi di due anni e mezzo fa hanno confermato questa norma, nella imminenza di una scadenza amministrativa che coinvolgerà - anche sul voto comunale - parecchi milioni di italiani, oggi cambino repentinamente idea, evidentemente, anche su sollecitazione e pressione degli amministratori locali. Di fronte ad una situazione di obiettiva confusione sulla materia istituzionale, ben lontana dall'essere diradata, proprio, ripeto proprio sulla materia istituzionale, non penso che l'azione migliore che noi possiamo fare sia recapitare al Parlamento un'ulteriore proposta di modifica che rappresenta, a tutti gli effetti un'ulteriore proposta di normalizzazione, di ritorno al passato, rispetto ad uno degli elementi più innovativi introdotti dalla legge di riforma del 1993 e recepita, non più tardi di due anni e mezzo fa, dalla stragrande maggioranza delle forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mellano.



MELLANO Bruno

Consiglieri, ho per le mani il programma della prima festa delle Autonomie locali predisposto dalla Provincia di Cuneo il 26 maggio 2003. Il Presidente della Provincia Cuneo, Giovanni Quaglia, alla presenza del Presidente della Camera Pierferdinando Casini aveva celebrato, con una significativa cerimonia in provincia di Cuneo, i Sindaci e le Autonomie locali.
Il programma ha un capitolo, che solo in parte leggerei, dal titolo I CAPITANI "di lungo corso" che inizia con: Comm. Andra Brunetto, Sindaco di Caramagna Piemonte da 46 anni, tutt'ora in carica; Cav. Geometra Cesare Canonica, Sindaco di Torre Bormida da 39 anni, tutt'ora in carica; Aldo Garitta, Sindaco di Scagnello da 39 anni, tutt'ora in carica (tutti democristiani come mi fa notare il Consigliere Angeleri, lo dico per chi si appresta a votare la proposta di legge); Geom. Romano Luciano, Sindaco di Lesegno da 37 anni, tutt'ora in carica; Caval. Celestino Costa, Sindaco di Pagno da 33 anni, tutt'ora in carica; (ricordo che il libretto è di un anno fa, quindi bisogna aggiungere ancora un anno); Geom. Tancredi Brandone Sindaco di Pezzolo Valle Uzzone, da 32 anni; Ins. Giovanni Biglione Sindaco di Villar S. Costanzo da 30 anni, tutt'ora in carica; sono 80 nomi su 250 comuni e gran parte di questi sono tutt'ora in carica.
Quelli che non sono in carica è perché questa legge è già stata applicata nei loro confronti. Ci sono Sindaci che, purtroppo per loro hanno potuto coprire la loro carica solo per 37 anni (penso corrispondente a sette legislature). In forza di questa legge, in vigore da oltre 10 anni, non hanno potuto candidarsi e, nel migliore dei casi, il loro Vice Sindaco è diventato sindaco, e fanno il Sindaco ombra. Questo per dire che siamo di fronte ad una realtà complessa. La proposta di legge presentata dal Consigliere Angeleri, su cui c'é una convergenza bipartisan, sostiene che c'era un problema, quando è stata fatta questa legge, un'esigenza di cambiare la dirigenza politica. Ma il libretto della Provincia di Cuneo testimonia che proprio ora è il caso di applicare quella legge. Credo, come ha detto con toni più moderati il Consigliere Palma, che non sia democrazia un Comune che per 47 anni ha lo stesso solo Sindaco possibile e probabile. Credo che quel Sindaco, che dobbiamo ringraziare sicuramente per la passione e per la dedizione, ha fallito il suo compito di partecipazione, il suo compito di democrazia, di non costruire neanche un barlume di alternativa a se stesso.
Abbiamo letto sui giornali locali affermazioni di questi sindaci che poverini, con la moglie al seguito (sembrano tanto il Presidente Ciampi e la signora Franca) dicono "il Comune è diventato la nostra prima casa".
Ma non è così che funziona! Il Comune é la Res Pubblica: andate a casa signori Sindaci! Fate dell'altro! Avete dato molto, vi ringraziamo, ma la democrazia è partecipazione, la democrazia è costruire nuove leve di partecipazione. Avere la possibilità di partecipare vuole anche dire soprattutto nei paesi piccoli, non essere legati da vincoli e da reti che si costruiscono necessariamente sui Piani regolatori, sulle concessione sulle servitù che in un Comune, soprattutto in quelli piccoli, vengono a crearsi. Molti di noi risiedono in comuni piccoli e sanno come si svolge la vita, ma non per cattiva volontà dell'Amministratore. La logica del buon padre di famiglia, nel migliore dei casi; la logica del podestà, in tanti altri. Non è quella della partecipazione democratica, non è quella di poter far crescere la democrazia. Ci riempiamo la bocca quando affermiamo che l'Italia, a differenza di altri Paesi, ha una storia di Comuni che ci arriva dal 1200: ma questa è storia dei Comuni? Queste sono signorie, non sono comuni. Lo dico sapendo, per quanto riguarda una realtà locale che conosco bene, che in molti casi così si finisce per mantenere la disponibilità di servizio, ma anche il potere nei piccoli comuni. Quando si concede a qualcuno magari amico del Sindaco, e non si concede a qualcun altro che, guarda caso, ha votato contro, oppure ha partecipato a qualche riunione che non è gradita al Sindaco.
Non è il caso di fare un quadro troppo drammatico, ma è importante che questa legge, proprio adesso, venga applicata. Aiuterebbe non certamente a mandare alla forca qualcuno, ma semplicemente a saltare un turno: il Sindaco di Caramagna Piemonte sta a casa cinque anni, si ricandida fra cinque anni, e sarà rieletto a 102 anni Sindaco di Caramagna Piemonte.
Glielo auguro, sarà un ottimo Sindaco, avrà una grande esperienza amministrativa alle spalle, ma è opportuno dare il segno della discontinuità. E' opportuno dare una chance, soprattutto nei piccoli comuni, dove i Consigli Comunali, lo sappiamo tutti, non hanno più alcun potere di intervento, di controllo, non si va più nei Consigli comunali perché diventano un rito vuoto, con il potere in mano ai Sindaci, eletti popolarmente, eletti con voto diretto e con la partecipazione diretta di scelta del cittadino. Questo è un dato su cui riflettere, è una sconfitta di tutti il fatto che 80 comuni, su 250 in Provincia di Cuneo, abbiano lo stesso Sindaco da più di vent'anni, senza nessuna alternativa. Io lo vivo come una sconfitta anche mia, una sconfitta di partecipazione e poi ci stupiamo che ci sono sindaci, tanto per fare un nome in Provincia di Cuneo come quello di Murazzano che decidono che i referendum non si fanno. Un referendum sulla Comunità Montana è meglio non farlo, perché ha già deciso il Sindaco per tutti e se qualcuno è contrario magari avrà anche qualche conseguenza negativa a livello di Piano regolatore, o di contributo del comune.
Questo funziona nei comuni piccoli, proprio in quei comuni piccoli che per una certa, secondo me, leggerezza voi individuate come il nodo debole.
Certo, ci possono essere delle difficoltà; è difficile che qualcuno si assuma la responsabilità con l'aggravio di responsabilità sui sindaci, ma occorre facilitare questo cambio, occorre facilitare questa partecipazione.
Non possiamo permetterci di dire: "c'é chi ha molta esperienza, c'é chi ha da anni conoscenza della situazione" e andare tranquillamente avanti con i "cavalieri ufficiali" e gente che da anni fa del Comune la propria casa privata. Ma questo è davvero la negazione del principio di partecipazione.
Allora si tratta semplicemente di non consentire più di due mandati consecutivi, nulla di rivoluzionario, nulla di draconiano, nulla da ghigliottina. Passano cinque anni e si dà la chance a qualcun altro di crescere, di imparare e di diventare responsabile e partecipe, poi ci sono altre elezioni e ci sono altre possibilità di ritornare in sella.
Tra gli argomenti forti del collega Angeleri c'era: "Hanno dato il loro assenso e la loro accorata partecipazione su questo il Presidente Ciampi e il Presidente Casini". Chiudo con questa battuta, l'ho già fatta in quest'aula, però è il segno di un momento storico: il Presidente Ciampi è anche quel Presidente che, sulle reti nazionali, ha detto che dovevamo superare i localismi egoistici per fare immediatamente centrali termoelettriche di tipo tradizionale in tutta Italia, per evitare i black out. Questo Presidente non si occupa degli affari della Presidenza della Repubblica, ma decide quanto devono decidere le assemblee. E che questa assemblea decida di votare questa proposta di legge credo sia un errore, ma un errore legittimo che in qualche modo ci sta nel dibattito consiliare.
Che il Presidente della Repubblica venga a dire cosa deve fare il Parlamento su una proposta di legge è un abuso che stigmatizzo e che vorrei non fosse l'argomento principe per votare questa legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonio

Mi pare che nell'ultimo intervento del collega Mellano ci siano elementi di contraddizione che volevo riprendere perché mi confortano invece, in una valutazione positiva su questa proposta.
Posso capire che si può avere una posizione contraria, ma affermare che la riduzione del ruolo del Consiglio derivi soltanto dal fatto che c'è questo limite del secondo mandato, mi pare una cosa non vera. Il Consiglio comunale si è ridotto di ruolo perché non è stato controbilanciato da un'elezione diretta.
Devo dire che questo avviene laddove il sindaco ha il primo mandato e c'è il sindaco che ricopre diversi mandati. Quindi, mi pare una motivazione che non regge assolutamente.
L'altra questione è che non siamo di fronte a degli amministratori che hanno usurpato il potere. Si tratta di amministratori che hanno avuto il potere attraverso il consenso elettorale, sono stati votati. La democrazia è questo, può non piacere, ma credo che sia la regola fondamentale.
Poi c'è un'altra questione. Questa proposta, anche se ha dei limiti perché è chiaro che il Parlamento deve decidere in fretta - e questa è una proposta del Parlamento - ha sicuramente un vantaggio, perché permette alle forze politiche della Regione Piemonte di assumere una posizione coerente.
Non si può in tutti i convegni organizzati dalla società dei piccoli Comuni, sentire dire, tutti quanti, dal Presidente Ghigo in poi: "Siamo d'accordo", e, quando si tratta di assumere una posizione, si assumono scelte diverse.
Qual è il vantaggio di questa proposta? Il vantaggio è quello di sollevare un problema che richiama una coerenza complessiva del sistema dal punto di vista istituzionale. Mi pare chiaro che il legislatore, quando ha stabilito due mandati, si ponesse un problema di rotazione.
Questo è perfettamente vero, lo sappiamo, ma quel sistema è rimasto incompleto perché, giustamente, molti osservano: per quale motivo il Presidente Ghigo può avere tre mandati? Non c'è nessun limite? Quando qualcuno dice: "Qual è il limite che hanno i Ministri? Qual è il limite che hanno i parlamentari? Qual è il limite che hanno i Consiglieri regionali?" Che cosa rispondiamo a chi fa questa domanda? Certamente, si tratta dell'esecutivo e si tratta di cose diverse. Ma sicuramente il Presidente Ghigo è il capo dell'esecutivo, è qualcosa di più di un sindaco e, in qualche maniera, un limite dovrebbe esserci. E il Capo del Governo non dovrebbe avere un limite? Mi pare che queste osservazioni abbiano un senso.
Quindi, siamo di fronte ad un sistema incompleto, che ha iniziato a penalizzare soprattutto i sindaci. Questa è la situazione.
Poi rimane il fatto - che mi pare sia contenuto nella relazione - che sicuramente il limite posto ha creato seri problemi, nel senso che c'è un problema di formazione di classe dirigente. E' un problema vero, esistente nel nostro Paese, soprattutto nei piccoli Comuni. Questo è un problema serio che, in qualche maniera, bisogna affrontare.
La mia opinione personale è che deriva anche dal meccanismo dell'elezione diretta non bilanciato dalla legge elettorale, ma avremo modo di discuterne. Quindi, non sono contrario a questa proposta.
Non penso, collega Mellano, che le reti e il malaffare si stabiliscano quando ci sono più mandati. Le reti e il malaffare si stabiliscono anche quando c'è un solo mandato, anche dove c'è un sindaco che si insedia e ancora prima di insediarsi. Quindi, non è che dipende dalla quantità di tempo trascorso nella guida dell'Amministrazione, anzi. Queste valutazioni mi sembra che non reggano.
C'è un problema sicuramente di rotazione e di questo mi rendo perfettamente conto, ma credo che debba essere data anche una risposta a chi fa notare che ci sono delle contraddizioni nel sistema. Credo che il sistema vada risistemato complessivamente, dal punto di vista istituzionale, dalla Regione al Governo nazionale, o al Consiglio comunale all'elezione del sindaco. Fino a quel momento bisogna anche evitare un limite che mi sembra veramente lesivo per amministratori che, in ogni caso fanno un servizio utile alla loro città e non hanno mai usurpato il potere a nessuno, perché sono stati votati. Pertanto, concordo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Manica; ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Noi siamo d'accordo su una proposta che preveda la possibilità di un ulteriore mandato per i sindaci dei Comuni inferiori ai 5 mila abitanti.
Del resto, noi, con il primo firmatario On. Violante, nostro Capogruppo alla Camera, avevamo da tempo, e per tempo, presentato in Parlamento una proposta di legge in tal senso.
La cosa davanti alla quale però ci troviamo oggi - e su questo vorrei fare una considerazione - è che certamente noi possiamo assumere ed assumeremo (e noi siamo senz'altro favorevoli), come Consiglio regionale un'iniziativa che tenda a determinare una proposta di legge.
E' del tutto evidente che oggi siamo costretti a fare un'azione come questa in tempi molto stretti, rispetto alla prossima scadenza elettorale perché il Governo e il Parlamento non hanno mantenuto gli impegni assunti.
Innanzitutto, sappiamo che nelle scorse settimane era stato annunciato a tutti i Sindaci che la questione del terzo mandato era praticamente in via di soluzione, che si sarebbe inserita la proposta all'interno del decreto che fissava le famose election day e attraverso una norma molto semplice come quella. Se quel testo avesse contenuto questa norma e se il Presidente del Consiglio avesse mantenuto gli impegni che aveva assunto con i Sindaci, non ci troveremmo in questa situazione.
C'è un primo punto di ordine politico generale: il Governo e, in particolare, il Presidente del Consiglio, è venuto meno rispetto a una proposta che aveva fatto, trincerandosi dietro motivazioni tecniche a mio avviso assolutamente inesistenti. Dopo una lunga discussione, che aveva visto un dibattito sui comuni sopra i mille e i tremila, incontri con l'associazione dei piccoli comuni, con il Sindaco Biglio e una lunga trattativa avvenuta anche in questa direzione, è avvenuto questo.
Debbo dire che avrei ritenuto molto più lineare una posizione assunta da una parte della Casa delle Libertà, perché questa posizione è oggettiva anche se surrettizia. Altrimenti non ci sarebbero gli scarsi risultati in Parlamento, avendo una così consistente maggioranza, soprattutto alla Camera. Se una parte, anche consistente, della Casa delle Libertà, in modo surrettizio, è contraria a questa proposta, farebbe molto meglio a dirlo esplicitamente, come hanno fatto i colleghi radicali.
Sono motivazioni che non condivido per niente, poi cercherò di entrare nel merito e lo dirò in modo chiaro e molto esplicito. Invece, molto più grave è un atteggiamento che avanza una serie di promesse e di proposte dopodiché apre una situazione grave e conflittuale - secondo me, anche di scarsa serietà istituzionale - tra il Governo e il Presidente del Consiglio e una serie di importanti cittadini italiani, che avevano accettato l'onere in Comuni come questi. Fare il Sindaco in realtà dove scarsi sono i mezzi, il personale e le possibilità per potere realmente realizzare un mandato al pieno delle proprie possibilità è davvero un onere.
Mi sembrava difficile potere tacere una realtà come questa, ma noi faremo la nostra parte nel Consiglio regionale del Piemonte se si voterà questo testo. Si tratta di sapere che, per responsabilità di qualcuno, sono state fatte vane promesse, da un lato, dall'altro, ci si è ridotti in termini e in tempi tali da rendere estremamente difficile a questo punto arrivare in porto con queste misure.
Le responsabilità politiche sono chiare in questa direzione, al di là delle promesse che fatte in più o meno partecipati convegni di cui parlava il collega Saitta e nelle più diverse sedi.
Debbo dire che, in ordine alle considerazione per cui noi siamo favorevoli a questa proposta, non è vero che noi riteniamo che le classi dirigenti debbano essere inamovibili e che non ci debba essere un ricambio di direzione politica al governo delle istituzioni. Difatti, la proposta riguarda i Comuni sotto i cinquemila abitanti, rispetto ai quali penso che ci sia una peculiarità. Noi non abbiamo avanzato alcuna proposta che riguardi i grandi Comuni e altre realtà come queste. Riteniamo che il rinnovo della classe dirigente sia un elemento utile e importante, anzi c'è stata una fase, nel passaggio tra la prima e la seconda Repubblica, in cui quella è stata anche una necessità politica e storica, all'interno di una realtà troppo spesso bloccata in situazioni troppo spesso inamovibili.
Dopodiché, riteniamo che la possibilità di un terzo mandato debba essere consentita in quelle realtà al di sotto dei cinquemila abitanti e in quei piccoli Comuni dove è più difficile rinnovare e modificare le classi dirigenti, costruire nuove classi dirigenti. Spesso, restringendo troppo i tempi relativi alla successione di un Sindaco con un altro, si rischia di determinare una situazione non di inamovibilità di classe dirigente, ma di impossibilità di ricostruzione rapida in tempi sufficienti, perché in realtà con meno mezzo e meno possibilità è molto più difficile fare la stessa operazione che si fa da altre parti.
Se, per quanto riguarda i Comuni al di sotto dei cinquemila abitanti arrivassimo alla proposta di prevedere un terzo mandato, la riterrei ragionevole, perché non determina inamovibilità di classi dirigenti, ma consente invece, in quelle realtà, di arrivare alla possibilità della costruzione di classi dirigenti in un luogo dove è più complesso difficile e più alto lo spirito di servizio che si realizza in direzione delle comunità stante le condizioni in cui ci si trova ad operare. Essendo il Piemonte una regione che ha molte di queste situazioni (penso soprattutto ai Comuni Montani e a una serie di piccoli e frazionati comuni all'interno delle nostre province) ritengo che per noi sarebbe molto utile andare in questa direzione.
Pertanto, siamo favorevoli a una proposta che riguardi la possibilità di terzo mandato ai Sindaci nei comuni inferiori ai cinquemila abitanti presentata al Consiglio regionale del Piemonte, come abbiamo fatto in Parlamento, chiedendone la rapida discussione insieme alle altre presentate dagli altri Gruppi. Se tutto questo non avverrà, dipenderà da precise responsabilità politiche che riguardano il Governo e, in particolare, il Presidente del Consiglio.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Deorsola; ne ha facoltà.



DEORSOLA Sergio

Brevemente, dirò che sono favorevole alla proposta di legge presentata dal collega Tomatis ed altri.
Sono favorevole perché il vincolo della attuale normativa è vissuto come una limitazione alla libertà.
Il sistema attuale che vede in qualche piccolo comune il protrarsi di elezioni e di permanenza di classe dirigente e di Sindaci è una scelta liberamente effettuata dai cittadini. In quei Comuni, come in tutto il resto dell'Italia, c'è, fortunatamente, la possibilità di presentare liste e di conseguire o meno il consenso dei cittadini.
Faccio miei gli argomenti che sono stati portati già da colleghi che sono favorevoli a questa proposta, con un'unica raccomandazione in questo senso. Ho presentato un emendamento e ringrazio il collega Saitta, che mi ha permesso di presentarlo e di portare il limite dei cinquemila, previsto da questa proposta, a quindicimila. Questo perché nella nostra normativa il limite dei quindicimila è il limite che separa due sistemi elettorali: il sistema sopra i quindicimila abitanti è il sistema delle realtà di partito mentre il sistema sotto i quindicimila abitanti, con il turno unico, è una modalità utilizzata prevalentemente da liste civiche, perciò da realtà che radicate sul territorio.
In questo senso, chiedo all'aula di portare il limite da cinquemila a quindicimila. Per il resto, condivido questa proposta.



PRESIDENTE

Il Consigliere Deorsola presenta il seguente emendamento: 3) Emendamento presentato dai Consiglieri Deorsola e Saitta: all'articolo 1 e nella relazione, sostituire: "5.000" con: "15.000".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Grazie, Presidente.
Nell'elenco fornito, il Consigliere Mellano ha volontariamente omesso probabilmente perché non presente - la professione.
Nelle piccole realtà, il Sindaco è certamente l'autorità. Se oltre al ruolo di Sindaco, svolge anche quello di geometra, qualche problema in più c'è. Se poi si è anche maresciallo nel paese, o parroco, allora le quattro figure non si possono candidare.
Non siamo assolutamente convinti che, oggi, questa proposta di legge sia necessaria. Oltretutto, sembra voler aggirare un problema serio sentito in tutto il Paese. Il Sindaco, se non si determinano situazioni paradossali di cui parlavamo prima, ha su di sé enormi poteri, in parte favoriti dal fatto che l'assemblea elettiva, l'assemblea comunale, è spogliata di buona parte delle proprie competenze. Il Sindaco, quindi rischia di incarnare un potere assoluto che può essere concepito per Comuni fino a cinquanta abitanti, dove magari coincide anche con il capo famiglia di una famiglia patriarcale, essendo più frazioni che Comuni.
La proposta di riconsiderare la sospensione del mandato dopo due anni di fatto, ci fa tornare indietro nel tempo. Non favorisce il ricambio delle rappresentanze.
Sono d'accordo con il collega Saitta: certamente, questa disparità va colmata, estendendo il diniego del doppio mandato anche al Presidente del Consiglio regionale. Se è per colmare un'ingiustizia, o una disparità, la estendiamo nei termini, non facciamo un bel regalo alla democrazia.
Siamo totalmente contrari alla proposta di legge. Siamo assolutamente convinti della necessità di porre un limite temporale, che garantisca il ricambio della classe politica.
Giustamente, qualcuno suggeriva, oltre alla professione, di vedere anche le appartenenze, perché forse questa è una di quelle proposte di legge trasversali, dove non conta tanto l'interesse collettivo. Non condivido con il collega Deorsola che il limite dei quindicimila è equiparabile a liste civiche. Come Partito stiamo facendo trattative in Comuni sotto i quindicimila abitanti che vanno al rinnovo e vi garantisco che il confronto è fra forze politiche e il dosaggio è, all'interno delle liste civiche, sul numero dei candidati e sul peso dei candidati da presentare.
E' una norma di cui il Paese non ha assolutamente bisogno. Non è vero che non ci sono le condizioni soggettive e di maturazione collettiva per consentire questi ricambi. Questi Comuni non sono dei grandi ducati o delle signorie, per cui si amministra in eterno e in virtù di un mandato, certo anche per meriti ma qualche volta, come ci dimostra la storia, anche per demeriti, perché non sempre le scelte di un Sindaco sono indirizzate alla tutela del pubblico interesse o secondo la buona diligenza che dovrebbe sovrintendere alla gestione della cosa pubblica. Non sempre è così.
Credo che un ricambio - non occorre che intervenga la magistratura - e una discontinuità, come ricordava prima qualche collega, possano favorire una riappropriazione del sistema delle rappresentanze elettive, attraverso un limite che, come noi sosteniamo, dovrebbe essere esteso anche ad altri ruoli, come al Presidente del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'Assessore Vaglio, in qualità di Consigliere.



VAGLIO Roberto

Grazie, Presidente. Intervenendo su questo argomento, è facile cadere in luoghi comuni. D'altra parte, non è facile sparare sulla Croce Rossa n tanto meno, popolare. Parlare contro questa legge, che sostanzialmente soddisfa un migliaio di elettori di questa Regione (i cui sindaci uscenti come ricordava il Consigliere Mellano, stanno superando i due mandati) non è facile.
necessario, però, fare un ragionamento. La proposta di legge rischia di creare un ghetto. La legge regionale 34, attuativa della "Bassanini", ha dettato le regole che il nostro Consiglio regionale segue nel trasferimento delle competenze agli Enti locali.
Se i colleghi ricordano, abbiamo definito, come competenza generale quella dei Comuni. Quando abbiamo varato la legge, non siamo andati a verificare se si parlava di Torino o di Oncino, e quanto era il numero di abitanti, perché quello che vale è il principio. Abbiamo operato in modo tale che queste competenze fossero in capo ai Comuni e fossero loro a deciderne la forma, se non esisteva la dimensione sufficiente per una gestione diretta.
Il problema che si crea è che avremmo, se questa proposta di legge fosse attuata, un sistema che viaggia a due velocità: Comuni, al di sopra di un certo numero di abitanti, per cui vale la regola dei due mandati Comuni, al di sotto di un certo numero di abitanti (vedremo poi quale) hanno la possibilità di fare più mandati.
Questo creerebbe un vero e proprio ghetto, all'interno del quale ci sono i Sindaci dei Comuni che non contano niente. Sarebbe la dimostrazione provata del fatto che i Comuni, al di sotto di tremila/mille/cinquemila abitanti, non contano nulla. Li teniamo in piedi solo perché è complicato scioglierli o fonderli in raggruppamenti più grandi. Secondo me, si va contro ad un principio generale che vuole il Municipio come presidio del territorio, soprattutto in quei territori dove la densità di popolazione è talmente bassa da avere grandi estensioni e uno scarso numero di abitanti.
Credo che ai piccoli Comuni non faccia bene la definizione di "piccolo Comune". Secondo me, come ho avuto modo di asserire quando ero Assessore agli Enti locali e, oggi, nelle svariate occasioni in cui mi capita di parlarne, parlare di piccoli Comuni è fare sicuramente un torto all'Istituzione Comune.
La nostra Costituzione nel citare gli Enti locali che compongono questa Repubblica parla di Comuni, Province, Regioni e, malauguratamente, anche di Aree metropolitane, ma non di piccoli, medi e grandi Comuni, parla di Comuni e basta. Se vogliamo creare una casta di paria, allora li differenziamo. Non dobbiamo differenziarli, il criterio deve essere un solo sistema di elezione sia per i piccoli che per i grandi Comuni. Non vogliamo che si facciano delle distinzioni tra il Sindaco Chiamparino o il Sindaco Luciano Romano di Lesegno a cui faceva riferimento il collega Mellano. Non c'è, se non la creiamo, nessuna differenza tra il Comune di Torino e il Comune di Lesegno.
Il principio è il principio e il principio vale. E' un'autovettura la "cinquecento" come la "limousine" lunga 15 metri, non deve esserci alcuna differenziazione se non nella massa, e voi mi insegnate che la massa conta poco, il peso dell'anima è di pochissimi grammi.
Questa forzatura non serve, deve essere attuata in linea generale per tutti. Non credo che possa cambiare la situazione definendo il numero portandolo a 15 mila, mantenendolo a 5 mila, spostandolo a mille. Questo non serve a chiarire un concetto o, perlomeno, a specificare il concetto che prima vi ho illustrato. Come dicevo, diventa difficile sparare sulla Croce Rossa e dire che non è giusto.
Ritengo che la valutazione sul numero dei mandati sia stata fatta da ognuno di noi in svariati momenti. Quasi tutti siamo concordi nel dire che due mandati per la gestione di un'Amministrazione comunale non siano molti e che si possa aumentare il numero dei mandati, se non addirittura eliminare il limite. Questo, però, deve valere a titolo generale. Deve valere per la Regione come per i Comuni grandi e piccoli, deve valere per il Parlamento come per le Province.
Se noi riporteremo questa logica e questo comportamento univoco all'interno della legislazione nazionale faremo del bene al sistema delle Autonomie locali. Se faremo delle differenziazioni andremo a nuocere gravemente al sistema delle Autonomie locali, perché, così come esistono i Comuni grandi e i Comuni piccoli, esistono anche Province grandi e Province piccole, che, ovviamente, hanno masse critiche assolutamente diverse quindi, capacità, risorse e personale in misura assolutamente diversa.
Sono piuttosto critico nei confronti di questo disegno di legge.
Dovremo svolgere ragionamenti di questo tipo per non cadere in un bieco qualunquismo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Muliere.



MULIERE Rocco

Signor Presidente, anche in questo caso, il Parlamento sta affrontando un problema serio con il metodo all'italiana. Venerdì si era diffusa la voce che il Governo dovesse emanare un decreto per la convocazione delle elezioni europee e amministrative, così come si era diffusa la notizia tanto è vero che c'è stata una comunicazione dell'Associazione piccoli comuni, che, ormai, l'abrogazione del secondo mandato era stata approvata che era questione di ore, poi avrebbero fatto conoscere ai Sindaci le modalità con cui avveniva questo atto. Alla sera, quando si è saputo che il Governo aveva decretato, ma non su questa materia, si è diffuso il panico tra i Sindaci.
Ormai i tempi, anche se ci sono, ci dicono che, forse, è molto difficile che si arrivi a questa modifica, rischiando di diventare davvero una farsa, perché, se il problema è serio, andava affrontato per tempo.
Adesso in molti Comuni si è preparato il sostituto del Sindaco e, se domani arrivasse la notizia dell'abrogazione del limite, si aprirebbe una situazione di difficile gestione, ma questo è un altro problema.
Condivido molte osservazioni svolte dal Gruppo Radicale, anche se queste osservazioni sono troppo radicali! Non possiamo, tra virgolette, "criminalizzare" chi per 40 anni ha fatto il Sindaco di un piccolo Comune, sarebbe sbagliato. Pone degli interrogativi il fatto che un Sindaco per 40 anni faccia il Primo cittadino di quel Comune, però, se osserviamo la realtà, sappiamo anche che, come abbiamo detto più volte, i Sindaci della nostra Regione costituiscono una grande risorsa, una rete democratica straordinaria per la loro esperienza e impegno volontario. Non si può dire che fare il Sindaco di un Comune di 300 400 abitanti, soprattutto nei Comuni di montagna della nostra Regione, sia una professione, come ha detto il Presidente del Consiglio. E' un cittadino volontario che presta la sua opera volontaria per il bene di quella collettività, perciò dobbiamo stare attenti nei giudizi. Per la nostra Regione stiamo parlando di 1.090 su 1.205 Comuni. I Comuni inferiori ai 5 mila abitanti costituiscono la gran parte della nostra Comunità piemontese.
Ritengo che ci siano problemi anche di costituzionalità della norma, se si dovesse attuare. Mi chiedo quale sia il limite. Perché 3 mila? Perché 5 mila? E' un problema molto serio, una volta aperta questa porta è difficile chiuderla. Aperta la porta per i Sindaci sotto i 5 mila abitanti è difficile tenerla chiusa per i Comuni superiori a 5 mila abitanti. Finora che c'è stato questo problema, è il dubbio di costituzionalità se passare o meno questa norma. E' vero anche quello che ha detto il Consigliere Saitta, cioè abbiamo una serie di problemi nel nostro Paese, nel senso che qualcuno ha il limite del secondo mandato mentre qualcun altro non ha questo limite. Questo è un problema di uniformità del nostro sistema democratico ed elettivo. Bisognerebbe riflettere seriamente su questa questione. Ora penso anche che bisognerebbe approfittare di questa discussione e credo che i sindaci dei piccoli Comuni aspettino segnali anche di questo tipo, cioè non soltanto un segnale che elimini il secondo mandato, ma parliamo anche delle difficoltà dei piccoli Comuni, delle difficoltà che incontra un sindaco nella gestione di un Comune dai 200 ai 500 abitanti; Comuni molte volte situati nelle parti più marginali del nostro territorio. C'è un problema di risorse, c'è un problema di mantenimento dei servizi, anche dei servizi essenziali, soprattutto in una Regione come la nostra, dove l'età media fortunatamente si è allungata, e quindi c'è un problema di gestione. Si pongono dei problemi nuovi soprattutto in questa parte del territorio. E' per questo che credo sarebbe opportuno lanciare segnali forti e nuovi ai piccoli Comuni; parliamo dei problemi che hanno, dei problemi legati alle risorse che sono sempre minori, parliamo di come mantenere i servizi essenziali in quei Comuni.
Questi sono problemi veri, che dovremmo affrontare. Ora, se si dovesse arrivare al superamento del secondo mandato, da parte nostra - come è già stato detto da parte del Presidente del mio Gruppo - non ci sono opposizioni.
Certo, è bene aprire una seria riflessione sui problemi che questo provvedimento potrebbe comportare, e come va gestito un provvedimento di questo tipo. Secondo me, bisognerebbe allargare la discussione sui problemi veri del territorio e che, quotidianamente, i sindaci dei piccoli Comuni devono affrontare. Ecco perché anche la proposta che faceva il Presidente del mio gruppo sul limite del terzo mandato potrebbe fissare giustamente un limite, ma affrontare e risolvere un problema che oggi si è aperto, e soddisfare una forte aspettativa che si è venuta a creare tra i sindaci non soltanto della nostra Regione, ma in tutto il Paese.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Penso che si sia posto un argomento che merita l'attenzione particolare che, da parte nostra, è dovuta agli amministratori di quasi un migliaio di Comuni della nostra Regione.
Come hanno già detto prima di me, per quanto riguarda il mio Gruppo, il Capogruppo Manica e il collega Muliere, in Piemonte la situazione dei piccoli Comuni è una caratteristica oggettiva, tanto che merita, da parte del nostro Consiglio regionale, di essere rappresentata.
Non mi aspetto che questa situazione sia rappresentata dalle Province meridionali o dell'Italia centrale, che non hanno, neanche casualmente, una situazione paragonabile alla nostra. La nostra, infatti, è una situazione che riflette l'antico insediamento delle nostre popolazioni sui territori le barriere alpine, la dispersione. Le ragioni per cui la popolazione e le caratteristiche sociologiche del nostro territorio hanno certi tratti sono queste. Credo che siano oggetto di approfondimento da parte di qualcuno; da parte mia, senza dubbio, perché mi devo pure giustificare di come mai appartengo, per certi versi, ad una minoranza linguistica, alla quale forse, sono stato solo molesto, però vi appartengo. Perché si parlano linguaggi diversi e per tanti altri motivi.
Colleghi, io penso questo: quando si è intervenuti su questa materia della limitazione dei mandati, da un lato si è affrontato un problema reale, che anche noi abbiamo ritenuto dovesse essere affrontato.
Dall'altro lato, si è intervenuti con una misura draconiana che non rispettava le differenze.
Con il collega Vaglio abbiamo qualche convergenza, non più di quelle che sono sostenibili dalla diversità di posizione e di collocazione. Ma su questo punto immaginare che ci sia una omogeneità tra il Comune di Moncenisio e quello di Torino perché entrambi si chiamano Comuni, è la stessa omogeneità che esiste fra una Fiat 500 e una limousine. In realtà l'ha detto lui stesso, potendo scegliere o dovendole valutare per altri versi, sono assolutamente diverse, molto diverse.
Ho ascoltato una parte dell'intervento del collega Mellano, che riesce sempre, in nome della sua appartenenza al movimento radicale transnazionale, molto spesso a sottrarsi alla sua identità di cittadino di questo territorio, che ci affida delle problematiche alle quali credo che dobbiamo aderire in parte. Io non dico che è sbagliato istituire per legge una limitazione dei mandati. Nella nostra proposta di legge, prevediamo soltanto di istituirlo anche per il Presidente della Giunta regionale.
Credo che ci possa essere una certa condivisione su questo, anche se non l'abbiamo trovata e proposta in modo così diffuso da parte di coloro che sostengono con convinzione la necessità di essere rigorosi con i piccoli Comuni.
Noi crediamo che il federalismo al quale si pensa sia, in realtà, un federalismo delle istituzioni, un federalismo di tipo sistemico, che organizza il territorio e le istituzioni sulla base della loro possibilità e capacità, secondo tempi, modalità, normative e prerogative, di essere protagonisti di una vita collettiva in cui il modello che si sceglie non è quello del federalismo verticistico, per cui le cose dipendono dalla Regione, ma quello che riflette l'insieme del sistema istituzionale, nel quale i Comuni contano tutti nella stessa misura in quanto rappresentanti di un territorio e di una comunità. Però, proprio perché i sindaci possano essere messi nella condizione di contare e di rappresentare tutti approssimativamente e nei limiti in cui ciò è consentito da differenze - ci vorrebbero altre misure per superarli - ma possono avere una condizione di minore disparità.
I pochi Consiglieri della mia età presenti in aula che hanno partecipato a qualche elezione negli anni '60 sanno che i comuni si dividevano sopra i 5000 mila abitanti e sotto i 5000. Questa è una differenza assolutamente storica, possiamo spostarla a 4000 o 6000 abitanti, ma il problema non è di aumentare a 15000 o 20000 perch storicamente i comuni che sono stati classificati piccoli, raggiungevano i 5000 abitanti. E' vero o no che in un comune con più di 5000 abitanti si ha una quantità di soggetti organizzati, predisposti per assumere la carica di Sindaco che sono in numero tale da consentire, da richiedere molto spesso sempre - la presenza di molte più liste? Ed è vero o no che sotto i 1000 abitanti abbiamo una situazione in cui, in larghissima prevalenza, c'é una sola lista e, in larghissima prevalenza, non realizza neanche il numero dei candidati che sono richiesti come massimo consentito? Questo perché le differenze sono oggettive. Non dico che noi facciamo male, anzi aggiungiamo il nostro impegno a fare in modo che anche in quei comuni si realizzi un'operazione di formazione e ricambio della classe chiamiamola anche se mi sembra irrispettoso, politica in quei comuni. Si tratta di un'attività di intenso volontariato sociale, istituzionale e amministrativo che ha consentito a quelle comunità di rimanere tali, mentre invece un disinteresse complessivo e collettivo, alle cui responsabilità non voglio sottrarre la mia parte, avrebbe fatto in modo che quei territori restassero nella situazione del più grande degrado di abbandono.
Questo tipo di volontariato agisce per creare il ricambio. Faccio l'esempio della mia valle, la Valle Grana, che ha 9 comuni, di cui 8 sono sotto i 5000 abitanti: tutti gli 8 comuni, anche se c'é la conferma del mandato, cambieranno il Sindaco perché é stato possibile creare la condizione per il ricambio. Ma questa è una condizione che deve essere costruita, suscitata, consentita attraverso un progetto che abbia il tempo per tradursi in condizioni reali. Quando si è intervenuti con questa misura draconiana tutti i partiti della maggioranza, nello stesso modo indipendentemente dalla statura e dalla dimensione, si sono incontrati hanno partecipato a riunioni in cui si diceva "metteremo a posto la questione". In seguito, alcuni partiti ci hanno ripensato, almeno la Lega Nord che ha scritto, in modo affannoso nella mia provincia attraverso l'onorevole Rossi, che la questione diventava una minaccia alla democrazia peraltro rigidamente tutelata dall'impegno politico, amministrativo e culturale del collega Rossi della Lega Nord (non parlo del Consigliere regionale Rossi Oreste, ma un onorevole Rossi molto noto a Cuneo). La risposta che è stata data da parte di tutti è: lavoriamo perché queste condizioni, che si considerano un'aspirazione, siano rese possibili nella circostanza reale in cui operano i nostri comuni.
Quello che ha proposto il nostro partito a livello nazionale non è da classificare né come eliminazione di diritto, del desiderio, dell'esigenza del territorio di avere ricambio, né come disimpegno rispetto al lavoro politico necessario affinché questo ricambio ci sia. Ma è considerato un elemento di rispetto di una situazione tale che è diventata così anche perché il Governo in questi mesi, in questi anni, peraltro ad opera della Presidente Franca Biglio candidata di Forza Italia al Consiglio regionale quindi in scarso odore di eresie comuniste, ha sempre ripetuto: ci penseremo, provvederemo. In queste condizioni, solo pochi giorni fa, c'era una dichiarazione che emergeva dagli accordi di verifica della maggioranza del Polo in cui si parlava di eliminazione del limite del terzo mandato.
Ovviamente poi si comincia a discutere dell'intensità, della verginità se due mandati, 2000 abitanti, 1000 abitanti, non è quello il punto. Per noi se volete portarlo a 3000 abitanti fatelo pure, ciò che ci preoccupa è la quantità enorme di comuni che sono sotto i 1000 abitanti, sotto i 500 abitanti. La condizione per ricavare un ricambio politico è anche in funzione della quantità di opportunità di soggetti e la quantità di stimoli introdotti nel meccanismo che in questi anni ha ordinato la formazione e il ricambio della cosiddetta categoria degli amministratori. Proponiamo di eliminare il vincolo dei due mandati limitatamente ad un mandato oggi e limitatamente ai comuni sotto i 5000 abitanti. Con questo, non scardiniamo assolutamente il sistema istituzionale, con questo non confermiamo una quantità di eversivi alla guida di quei comuni perché se c' un'apprensione di questo genere da parte del Presidente del Consiglio credo che faccia parte di una estrosità. Sicuramente non corrisponde a nessun dato della situazione, non riteniamo che la soluzione sia quella di dire "gli amministratori che sono lì da vent'anni, devono essere trattati con un diverso atteggiamento", non è questo. Parlo di quegli amministratori che sono in carica da due anni e per i quali non è stato possibile costruire un ricambio. Parlo di quelli che certamente lavoreranno per costruire un ricambio, ma c'é bisogno di un po' più di tempo anche perché, la misura del contenimento del limite di mandato, è stata ripetutamente fatta supporre in molti casi garantita, in molti altri assicurata, comunque ha rappresentato un elemento stabilizzato in questi mesi, in questi anni delle proposte politiche in materia di riordino degli Enti locali.
Noi proporremo anche un emendamento rispetto a questo testo di legge perché non facciamo l'errore dall'altra parte, cioè di togliere il mandato del tutto. Ho sentito in aula obiezioni che non respingo: togliere la limitazione del tutto, vuol dire negare la possibilità, attraverso meccanismi che siano più adeguati, di realizzare comunque il ricambio. Noi proponiamo, nell'immediato, dato i tempi che l'eliminazione del mandato si riferisce soltanto ad un mandato, tre mandati (l'emendamento andrà in quella direzione) in modo da consentirci e da consentire al Parlamento una riflessione maggiore.
Se poi si vuole ridurre a 1000 abitanti, se si vuole mantenere a tre mandati, questo si potrà vedere. Oggi come oggi applicheremo un atteggiamento di astrattezza e di arroganza nei confronti della situazione reale esistente nel nostro territorio. Credo di poter sollecitare da parte del Consiglio regionale, un atteggiamento di disponibilità sia pure con l'impostazione, per quanto ci riguarda, di non togliere qualsiasi limitazione, ma di consentire il terzo mandato.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Non credo si possa fare un discorso di maggioranza e opposizione perché in questo caso il mio intervento è contrario alla proposta di legge.
Mi sembra che su questo ci sia una maggioranza molto larga da quello che intuisco. Sono d'accordo con quanti dicevano che occorrerebbe estendere in generale il fatto che non ci consentano più di due mandati.
Devo dire che sono favorevole non solo alle cariche presidenziali direttamente governative, ma anche a quelle elettive. Penso che questa norma andrebbe introdotta anche in Parlamento e nei Consigli regionali.
Dovrebbe essere una norma tendenzialmente generale, per segnalare giustamente un'incompletezza dell'attuale situazione, ma penso che andrebbe colmata esattamente nella direzione opposta.
Oltre che per queste ragioni generali, sono d'accordo con questo provvedimento, perché l'introdurre un meccanismo che stabilisce l'impossibilità di ricandidarsi dopo due Legislature favorisca partecipazione e ricambio: non abbiamo sempre gli stessi politici favoriamo un rapporto diverso, come finora non è mai avvenuto.
Penso che la lettura che ha fatto Mellano in qualche modo sia allarmante. Rischiamo che in alcuni comuni, se non interviene il Padreterno ma prima o poi interviene - non c'è ricambio, perché uno che ha fatto il Sindaco per quarantasette anni prima o poi molla. Ad un certo punto un nuovo Sindaco si deve trovare, magari addirittura organizzando elezioni anticipate. Forse introdurre procedure di turnazione favorirebbe un meccanismo diverso.
Mi pare che quella lettura dimostri che, quando non c'è stato un limite, siamo arrivati in questa situazione e faccio notare che i nomi letti da Mellano sono, in gran parte o quasi tutti, nomi di maschi. Quella norma favoriva il fatto che la questione di genere scomparisse, venisse derubricata. Tendenzialmente sono maschi i Sindaci in carica da quarantasei o da trentanove anni, mi pare che tra di loro ci sia una sola donna. Cosa che mi fa riflettere.
Si dice che non si trovano candidati, proviamo a trovare delle candidate. In quei piccoli Comuni, proviamo ad alternare magari finalmente, non trovandosi candidati, si trovano delle candidate. Potrebbe essere, per i piccoli comuni, un fattore che favorisce una diversa rappresentanza di genere.
Sono contrario a un intervento a ridosso delle elezioni. Penso che se l'intervento va fatto, debba avere caratteristiche generali. Se si pensa che due legislature sono poche, si può ragionare su tre, però lo farei dopo, non prima, dopo averlo sperimentato, perché presumiamo che questa questione dei dieci anni creerà problemi, ma non sappiamo se è così o meno.
C'è una presunzione.
L'anno scorso si è votato, due anni fa si è votato, quei problemi non sono emersi, le liste sono state fatte, i Sindaci sono stati eletti.
Quindi, in qualche modo, mi pare che non vi sono prove di difficoltà enormi. Vediamo se questa volta, rinnovandosi una grande quantità di Sindaci, sorgeranno dei problemi. Ripenseremo alla regola, ma prima applichiamola.
Per queste ragioni, come Gruppo siamo contrari a questo provvedimento e quindi il nostro voto sarà sfavorevole.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Manolino; ne ha facoltà.



MANOLINO Giuliano

Volevo semplicemente fare un intervento, non tanto perché sono Presidente della Commissione enti locali, ma perché purtroppo, conoscendo bene i problemi e le vicissitudini dell'attività di sindaco di un piccolo comune, credo di poter dare un modesto contributo a quella che è la discussione in aula.
Intanto, devo dire che mi stupisco delle dichiarazione che ha fatto il collega Mellano prima, dettate da due motivi principali. Il primo dal fatto che forse non ha mai svolto un'attività amministrativa di prima responsabilità su di un territorio, pur conoscendo bene le realtà dei piccoli comuni; il secondo perché credo che, forse, un qualche motivo di idiosincrasia personale nei confronti di qualche Sindaco territoriale lo abbia indotto a generalizzare, volutamente o involontariamente, la situazione dei Sindaci dei piccoli comuni.
Devo anche dire che la lamentela portata da qualcuno tra coloro che sono intervenuti prima di me circa il fatto che i Sindaci avrebbero questo stragrande potere, tale da non considerare più l'attività dei Consigli comunali, non è tutta farina del loro sacco. Nel senso che una buona colpa di questa forma di esautorazione dei Consigli comunali e di una facoltà di accentramento dei poteri e delle decisioni, deriva dalle famose Bassanini che hanno consentito, da un lato, di permettere nei Comuni la comoda gestione del territorio a livello di numeri e di maggioranza, ma dall'altro, hanno davvero esautorato, nelle scelte e negli indirizzi quelli che erano i compiti precipui dei Consiglieri comunali che venivano eletti e che avevano facoltà su tutte le attività e su tutte le scelte direttrici di un Comune.
E' importante rilevare ancora una questione fondamentale: stiamo facendo un dibattito, credo, trasversale, ma anche politico. Bene, nei piccoli comuni o cosiddetti piccoli comuni, quelli sotto i cinquemila e i tremila abitanti, non è un problema politico. Vorrei ricordare, a tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di essere amministratori comunali che in un comune in cui i problemi di risorse, di organico e di strutture sono tali da non consentire un'organica distribuzione delle necessità e dei servizi, non è una questione di politica, ma di personalità, di amatorialità, di attaccamento al proprio territorio e di capacità di gestire una piccola grande società pubblica come un piccolo comune.
Non è che noi dobbiamo vedere oggi difficoltà nell'eventuale proroga di un terzo mandato di questi Sindaci. Perché questi Sindaci, a differenza di quelli dei comuni sui settemila, diecimila e quindicimila abitanti e più in su, ovviamente, hanno possibilità strutturali di realizzazioni e di servizi che vengono collegate a volontà specifiche, se vogliamo, di indirizzo politico-partitico.
Nei piccoli comuni questo non succede. Non a caso, l'ANCI (Associazione Nazionale Comuni d'Italia) che seguo, sin da quando ero sindaco, nelle sue vicissitudini e rivendicazioni del tutto legittime (si è iniziato a fare attività di rivendicazione quando ancora c'era il problema della Tesoreria unica, problema che per molti potrà essere secondario, ma è fondamentale per le scarse risorse dei piccoli Comuni) aveva, tra le proprie fila, innumerevoli sindaci di piccoli Comuni di ogni colorazione politica, che si sono presentati e candidati come amministratori, quindi con liste civiche, senza colorazione e con l'abbinamento di Partiti di centrodestra e di centrosinistra che lavorano insieme nell'interesse del territorio.
Ricordo che non più tardi di quattro mesi or sono, ho organizzato quale Presidente della Commissione Enti locali e con la partecipazione del Presidente Ghigo, un convegno sulla possibilità di proroga dei mandati dei piccoli Comuni. Hanno partecipato circa 150 sindaci di ogni colorazione politica, spinti non da fatti politici, ma da fatti organici e strutturali quindi da capacità di organizzare un territorio. Il convegno è stato organizzato, non per ribadire linee di partito o per dare priorità e visibilità ad uno piuttosto che all'altro (uno propone un emendamento e l'altro gli deve correre dietro, come abitualmente facciamo noi per le proposte legislative), ma all'insegna della democrazia. È un problema di libertà.
Vogliamo che gli elettori dei piccoli Comuni abbiano la libertà di votare coloro che meglio ritengono degni di condurre, come sindaci, la loro amministrazione comunale, i quali non devono essere considerati alla stregua di pregiudicati che addirittura perdono il diritto di voto.
Una delle situazioni reali che viviamo nei Comuni è che un sindaco, pur avendo lavorato bene, pur avendo dedicato la maggior parte della propria attività giornaliera e quotidiana (non di un'ora, ma di molte ore), si trova, dopo dieci anni, a non poter più essere eletto, quasi avesse perso tutti i diritti civili, quasi avesse fatto un dispetto alla collettività quasi avesse causato lo sfacelo di quel territorio e di quella amministrazione.
Da questo punto di vista, non possiamo non essere d'accordo a che il discorso del terzo mandato venga recepito ed attivato quanto prima naturalmente in disaccordo, sia con la proposta mediatoria, che definirei "un po' un pasticcio istituzionale", del Vicepresidente Riba sia con la proposta del Consigliere Deorsola, perché il ragionamento su quindicimila abitanti non ha nessun tipo di connessione specifica con le esigenze operative dei piccoli Comuni.
Quale sia la decisione che in ultimo verrà assunta, a livello istituzionale, dai cinquemila abitanti in giù (ricordiamo che il 92% dei Comuni del Piemonte sono sotto i cinquemila abitanti) non sarà la risoluzione di un problema istituzionale. Non sarà certamente uno sfavorire coloro che devono presentarsi alle elezioni amministrative proponendo la propria candidatura, ma consentirà a tutti i piccoli Comuni di questa regione, qualora non abbiano avuto possibilità diverse, di poter proseguire la gestione del loro territorio d'accordo con i loro cittadini e con le istituzioni. Coloro che hanno già svolto il mandato di sindaco, in quanto già rappresentanti delle istituzioni, sono a conoscenza della macchina amministrativa che, in questa aula, non molti conoscono dal punto di vista pratico. Chi l'ha provata, sa che richiede un impegno, se non a tempo pieno, quasi.
Ultima considerazione. I sindaci dei Comuni sotto i cinquemila abitanti non hanno la possibilità di percepire neanche un minimo decoroso reddito sufficiente a consentire loro di svolgere un'attività a tempo pieno a servizio della collettività. Questa è la conferma della bontà della richiesta di proroga, che non deriva da fattori politici, remunerativi o risorse personali, ma da una seria volontà, di ciascuno dei sindaci, di dedicare la propria attività e il proprio tempo al proprio territorio.
Da questo punto di vista, mi auguro che l'Assemblea consiliare prenda in seria considerazione, favorendola, la proposta di proroga del mandato dei Sindaci.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cattaneo sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Mi rendo conto che intervenire a dibattito così avanzato può sembrare irrispettoso nei confronti di colleghi che si sono prenotati per dare un proprio contributo, ma volevo fare una riflessione, che non avrei fatto se il dibattito non si fosse protratto così a lungo con interventi sempre più ridondanti.
Stiamo parlando di un provvedimento che rispettiamo e condividiamo nel merito, però sappiamo che non avrà alcuna influenza. Oggi siamo al 24 febbraio 2004, ci sono quattordici disegni di legge sull'argomento all'attenzione del Parlamento nazionale e un disegno di legge del Governo sospeso.
C'è un provvedimento importante, come quello della sicurezza, da approvare. È il caso di andare avanti su questa proposta di legge, che tutti condividiamo, ripetendo che siamo tutti d'accordo, che i sindaci sono bravi, che guadagnano poco, che è giusto dargli il terzo mandato, che eventualmente il mandato sarebbe più giusto farlo a quindicimila o forse a mille, quando sappiamo che sarà totalmente inefficace e che non sarà nemmeno presa in considerazione dal Parlamento, per tempo, per il prossimo turno elettorale? Mi permetto di fare questo intervento, Presidente, perché credo che abbiamo anche il dovere, pur dando un segno preciso di condivisione nel merito della proposta, di andare avanti ed affrontare altri provvedimenti.
Forse, tagliando un po' il dibattito ed arrivando più presto al voto, si potrebbe utilizzare meglio il tempo a disposizione e continuare con la massima operatività.



PRESIDENTE

Riprende la discussione generale sul provvedimento.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Da oltre 200 anni le Assemblee si sono date una regola di condotta e in questo caso, volevo dire al collega Cattaneo che era prevedibile che non poteva essere un dibattito breve, essendoci molta accademia, tutti sarebbero scesi in campo. Si doveva bloccare l'inversione dell'o.d.g., ma avvenuto questo, si deve accettare che ogni Gruppo o vari Consiglieri si possono liberamente iscrivere per intervenire.
Cercherò di rubare meno tempo possibile. Voglio esprimere qualche pensiero. Certamente, non mi misuro rispetto alla teoria del Consigliere Papandrea, mutuata da Trotsky, in merito alla rotazione continua dei gruppi dirigenti. Questo è un aspetto particolare, che è più problematico.
Nel momento in cui, giustamente, sono state introdotte le quote per le elezioni, dobbiamo salvaguardare il principio secondo il quale le collettività devono eleggere coloro che ritengono più utile e migliore per amministrare la cosa pubblica, senza favorire chi può beneficiare di costruzioni o rotazioni particolari. Per cui si verifica che una persona uomo o donna che sia, valida non si possa indicare a causa di un meccanismo di indicazione.
Dobbiamo salvaguardare questo principio. Sono d'accordo relativamente alle quote, anche al 50%, tra i sessi, ma sono contrario all'obbligatorietà delle elezioni di quote. La collettività deve eleggere chi ritiene più valido, possono essere l'80% donne o l'80% uomini.
Anche qui, nelle Amministrazioni comunali, la collettività deve essere in grado di scegliere il migliore, non chi, attraverso automatismi probabilmente, è meno in grado di dare il meglio per amministrare la cosa pubblica.
Chiaramente, tutto questo ha un elemento preliminare: intanto, richiede il buon funzionamento della forma di espressione della democrazia. Per esempio, credo che il conflitto di interessi non sia presente solo ai vertici massimi, bensì anche nella dimensione comunale.
Non vorremmo, come si diceva, che si determini la logica del notabilato. Non cito le categorie che costituivano storicamente i notabili ma sono coloro che, attraverso quelle figure, restano in permanenza nelle cariche pubbliche. Probabilmente, ci dobbiamo misurare su questo aspetto perché non vale solo il conflitto di interesse a livello generale.
Occorrerebbe un principio di accesso alla possibilità di espressione democratica, offrendo, come si dice, servizi reali più che il finanziamento diretto, ma questo, evidentemente, è più problematico.
Non condivido l'indicazione della barriera per le liste civiche. Oggi questi aspetti stanno cambiando e si stanno intrecciando.
Indubbiamente, nella dimensione minore, per una serie di ragioni oggettive, quali un riconoscimento economico molto basso all'attività di amministratore, ci sono quelli che si immolano. Spero sia così, che non siano portatori di interessi propri o di gruppo, per i quali il sacrificio è diverso. Spero che ci sia la volontà di immolarsi, ma tante volte molti soggetti validi sono impegnati nella ricerca di un proprio reddito personale, a volte basso e insufficiente, sempre più critico in questi momenti, ed è difficile sottrargli tempo per un'Amministrazione comunale.
Ho ben presente questi problemi, conoscendo i Comuni piccoli del Canavese o quelli di montagna, i quali richiedono un impegno in termini di tempo enorme, notevole e impensabile.
Si deve lavorare per ridare un maggiore potere, anche nella piccola dimensione, ai Consigli comunali, togliendo e spogliando questa eccessiva personalizzazione, che è un elemento che lede i principi di selezione dei gruppi dirigenti, perché fa diventare forti i media che vogliono proporre qualche persona e le lobby, che, magari, vogliono appoggiare certe persone.
Se noi riequilibriamo questi rapporti, vedremo che, anche nella dimensione comunale, faremo un'opera positiva.
Si deve rivendicare un principio di uguaglianza. Non si capisce perch il Presidente di Regione non sottostà ad un vincolo che si vuole applicare ai Sindaci dei Comuni. Diciamo che, oggi, c'è una polemica. Per esempio, è frequente mentre si sta in rapporto non solo con la dimensione della collettività, ma anche con le espressioni amministrative che riguardano il Consigliere regionale, il parlamentare. Certo, c'è una grande differenza oggi accentuata, tra la dimensione della presenza nelle Assemblee elettive e la dimensione di presenza tra i Sindaci e i Presidenti di Provincia e Regione, dove c'è un'espressione politica fortemente personalizzata con un potere notevole. Però, il principio di uguaglianza rivendicato è un principio molto utile.
In questo quadro, so che stiamo facendo accademia, perché, forse, anche la nostra spinta non riesce ad andare al di là dell'iter che in Parlamento è agli ultimi passi, e anche in termini di tempo non credo si possa spingere più in là. Tra l'altro, creando un problema anche là dove si stanno per formare le liste e si individuano i nomi dei candidati, perch siamo molto a ridosso a questo periodo, quindi, è un problema reale.
Tuttavia, relativamente alla barriera del secondo mandato per i Comuni piccoli, non so se è giusta la barriera dei 5 mila. Certamente, questo grande mondo dei piccoli e piccolissimi Comuni di cui è popolato il Piemonte, probabilmente, oggi, aspetta legittimamente la possibilità di poter eventualmente votare ancora il Sindaco che ha ricoperto i due mandati precedenti, perché è utile, perché è una persona valida, perché ritiene che possa essere l'espressione migliore per l'interesse di quella collettività.
Se si riesce a fare questo atto, credo che sia utile, però, è solo una parte di una strategia di revisione di questo impianto, molto più complessa e molto più ampia, sulla quale potremo già lavorare un po', magari, a partire dallo Statuto, rendendo più incisivo il bilanciamento del rapporto tra Assemblea e Presidente della Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Anche a me sembra intempestiva la discussione che stiamo facendo oggi in quanto l'iter della proposta di legge è già avanzata al Senato e quindi un'eventuale legge regionale di proposta al Parlamento, non riuscirà a spostare gli equilibri ed incidere più di tanto su una discussione che mi sembra molto instradata.
D'altra parte, per rispondere al Consigliere Cattaneo che ha sollevato il problema, è chiaro che una discussione di questo argomento non pu essere ridotta a poche voci, è chiaro che ci sono più visioni presenti in Consiglio ed è quindi chiaro che le diverse opinioni vogliano essere espresse. Emergono alcuni problemi per altro già evidenziati. Il problema dei comuni piccoli, anche se tra questi bisogna distinguere quelli piccolissimi e quelli di una certa consistenza, è quello di avere difficoltà ad individuare la classe politica (credo che si possa chiamare tale). Concordo con il Vicepresidente Riba e altri Consiglieri, è chiaro che prestare l'opera di Sindaco in certi comuni è vero che riveste un alto valore sociale per l'impegno che si deve profondere e per il poco riconoscimento economico che ne discende, cion onostante vi è una differenza tra comuni piccoli e comuni piccolissimi. Si può dire che vi può essere una ragione in chi sostiene che il numero potrebbe essere anche quei 15000 abitanti che corrispondono ad un cambiamento previsto dalla legge elettorale. Un altro problema è quello di non creare delle situazioni che tendano a standardizzare, a stabilizzare troppo una classe politica con evidenti problemi di ricambio.
Da un punto di vista ambientale, è chiaro che non si può non pensare al fatto che l'evoluzione dell'ambiente e della società cambia, quindi dare a un Comune la possibilità di proseguire su una certa visione di sviluppo per 15 anni anziché per 10 è una questione che va affrontata e valutata e su cui occorrerà riflettere nel momento in cui parleremo di questi argomenti. D'altra parte, credo che a nessuno sfugga che in questo momento prolungare il mandato - questi sono dati concreti e disponibili - come è stato dimostrato, significherebbe penalizzare il problema del genere.
Abbiamo visto che la maggior parte dei sindaci, non tutti, che potrebbero usufruire di questo prolungamento, sono uomini, quindi anche questo andrebbe considerato.
La mia posizione, già espressa in altre discussioni anche per quanto riguarda lo Statuto, è che il limite di due, o al massimo tre mandati andrebbe previsto per tutte le cariche elettive. Il rinnovamento della classe politica, è uno dei obiettivi più importanti che può darsi una legge elettorale, proprio perché c'é la necessità di adeguarsi ad un cambiamento sociale che è sempre più rapido. A questo proposito, ad esempio, non riesco quasi a comprendere perché si parli di limitazione dei mandati per quanto riguarda i sindaci, ma non si pensa ad una limitazione di mandato per quanto riguarda i Consiglieri regionali e i Presidenti di Giunta regionale.
Il Sindaco di un piccolo comune non può coprire la carica di sindaco per più di 10 anni, ma il Presidente di Giunta può restare tale a vita.
L'opinione su questo testo, così come è stato presentato, è sicuramente negativo. La mia opinione sarà anche formata, sulla base del recepimento o meno di alcuni emendamenti, tipo quello relativo all'abolizione del limite di mandato, ad un eventuale terzo mandato. In questo caso il giudizio potrebbe essere diverso.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Angeleri, ne ha facoltà.



ANGELERI Antonello

Molto brevemente anche perché ho avuto modo di intervenire sull'illustrazione del progetto di legge, quindi non ripeto quanto detto.
Per rispondere al Consigliere Cattaneo che è intervenuto prima: non ritengo che questo dibattito e questa discussione siano inutili. Se ritenessi la discussione inutile, riterrei ancora più inutili le parole di qualche deputato e di qualche senatore o altri politici, ma riterrei inutile ancora di più la lettera del Presidente Ghigo che ha inviato al Governo proprio per richieder un intervento sulla cancellazione della possibilità del terzo mandato. Ritengo che istituzionalmente una presa di posizione sulla vicenda e un dibattito in aula, come è avvenuto, sia stato un dibattito interessante nel rispetto delle posizioni.
Il Gruppo dell'UDC è convinto di aver presentato un progetto di legge che fa giustizia e che fa sì che si possa ritornare ad una vera democrazia.
Democrazia del voto, la democrazia che hanno in mano i cittadini nel momento in cui esprimono liberamente un loro parere. Dopo aver illustrato il progetto di legge, vorrei ringraziare tutti i Consiglieri che sono intervenuti, anche coloro che, come il Consigliere Mellano, hanno legittimamente osteggiato questo progetto di legge. Il dibattito fa capire come sulla vicenda ci sia un'attenzione molto particolare e soprattutto ci sia un dibattito in corso, che non è solo quello che si è sviluppato in aula oggi ma che, come torno a ripetere, abbiamo visto sui giornali e alle televisioni orma da parecchi mesi. Vogliamo sia estremamente chiaro in aula, non vogliamo ribadire che il progetto di legge che abbiamo presentato vorrebbe che si ritornasse ad un sistema effettivamente democratico. Ecco il motivo per il quale riteniamo che il Consigliere Cattaneo, nel suo intervento, non renda giustizia alle due ore trascorse in aula e che hanno arricchito il progetto di legge con gli emendamenti presentati.
Ci auguriamo che il progetto di legge passi quest'oggi, proprio perch anche se siamo al 24 febbraio e manca poco tempo alle elezioni, siamo convinti che una presa di posizione istituzionalmente forte da parte del Consiglio regionale del Piemonte possa servire ed essere utile a far sì che ritorni un po' più di democrazia in questo Paese.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Se c'è una forza politica convinta sulla bontà di questo provvedimento e di questo obiettivo, è la mia. La Regione Piemonte, in tempi non sospetti (novembre dello scorso anno) ha preso una posizione chiara su questo obiettivo, sia al proprio interno, che in un dibattito con gli stessi Sindaci.
Come ricordava, puntualmente, il collega Angeleri poc'anzi, vi sono state autorevoli prese di posizione del nostro coordinatore regionale e dell'onorevole Raffaele Costa proprio nei giorni scorsi.
Non volevo certamente mancare di rispetto né al provvedimento né, tanto meno, all'amico Angeleri e ai colleghi dell'UDC, ma quando dissi "inutile" non lo dicevo relativamente al provvedimento - altrimenti smentirei quello che ho detto poc'anzi - ma ritenevo e ritengo inutile una discussione così lunga in questa fase e invitavo (credo che l'invito sia stato in parte recepito) ad accelerare i lavori e a votare questo provvedimento per prendere una posizione chiara. Questo lo condivido, quindi è utile che il Consiglio regionale del Piemonte si accordi su questo punto.
Inutile perché è ovvio che qualsiasi proposta di legge di iniziativa consiliare da parte di un Consiglio regionale della Repubblica verso il Parlamento nazionale difficilmente potrebbe, in questa fase (a ridosso delle elezioni e di una scadenza fondamentale e con la data delle elezioni fissata, con il decreto del Ministro dell'Interno per il prossimo 12-13 giugno) essere presa in considerazione, nel merito, alla luce del fatto che lo ribadisco - ci sono ben quattordici iniziative di legge, tra proposte e disegni di legge, all'attenzione dei due rami del Parlamento sulla materia.
Penso che possa essere utile, invece, far arrivare la voce del Piemonte. Se l'istituzione lo condividerà - io penso di si, perché abbiamo seguito il dibattito - arriverà una presa di posizione in questo senso perché, come noi di Forza Italia Piemonte siamo sempre stati su questa posizione, così lo sono anche gli amici dell'UDC e altre forze politiche (l'abbiamo sentito nel dibattito).
Voglio approfittare per fare alcune considerazioni. Ho ascoltato l'intervento del collega Mellano, che rispetto. Ha un punto di vista diverso dal mio, ma per certi aspetti lo condivido. Mi piacerebbe confrontarmi prima all'interno della mia forza politica, nel partito cui mi onoro di appartenere, Forza Italia, e all'interno della coalizione che noi sosteniamo.
Potremmo regolarci, per esempio, come fu, in un certo periodo storico nella Repubblica Federale di Germania e nella Repubblica francese. Non è una nostra competenza, se non quella relativamente all'elezione del Consiglio regionale, ma è una competenza del Parlamento della Repubblica introdurre, come altri hanno detto - se non ricordo male il collega Moriconi, ad esempio - il vincolo di due o tre mandati a vita per qualsiasi incarico, da quello di Consigliere di Circoscrizione a quello di Parlamentare europeo.
Potrebbe essere un metodo corretto quello di dire, che se un vincolo ci deve essere, deve valere per tutti, in modo che chi vuole impostare la propria carriera politica sia conscio che non potrà ricoprire più di due tre o quattro volte (quello che deve essere) il mandato di Deputato piuttosto che di Consigliere regionale, di Consigliere circoscrizionale piuttosto che di Sindaco, di Consigliere provinciale piuttosto che di Senatore. Non condivido l'intervento del collega Mellano, ma ritengo che contenga un'osservazione corretta, dopo cinque, dieci, quindici anni nello stesso posto, si corre il rischio di sentire il Comune, la Provincia - ma io dico forse anche lo scranno del Consigliere regionale, piuttosto che dei Consiglieri di circoscrizione o di Assessore provinciale - come qualcosa di proprio e non più come un momento di servizio verso la comunità che rappresenta.
Dal mio punto di vista, questa caratteristica - altri hanno richiamato l'onestà - è un po' come la verginità: uno è onesto o non lo è, è vergine o non è vergine, a prescindere se eletto per la prima, per la seconda o per la terza volta.
Ci sono delle difficoltà endemiche in molti piccoli comuni della Repubblica, alcuni dei quali nella provincia dove abito. In Piemonte vi sono moltissimi comuni con alcune centinaia di abitanti dove è difficile trovare un gruppo di persone presenti in una lista. In questi casi è difficile trovare un cittadino disponibile a ricoprire il ruolo di Sindaco, perché, spesso, la lista è unica e quindi basta presentarsi e uno è automaticamente Sindaco. E' difficile, alcune volte, fare la lista tant'è che nella storia recente della Repubblica del dopo tangentopoli nella cosiddetta seconda Repubblica, è avvenuto, non in Piemonte ma in altre regioni, che in alcuni Comuni è stato nominato un Commissario prefettizio, perché non era stata nemmeno presentata alcuna lista.
Condivido in parte quello che diceva prima Manolino: in democrazia vera e propria deve essere la cittadinanza a scegliere se confermare o bocciare quel Sindaco. Non me ne voglia il collega Manolino, ma lo ricordo in termini accademici: Manolino stesso, per esempio, ha fatto il Sindaco e, se non sbaglio, ha perso le elezioni e non è stato rieletto. Quindi, il collega Manolino, a prescindere che abbia fatto due, tre o quattro mandati è stato bocciato dall'elettorato.
Ci sono dei Sindaci che si presentano al primo mandato e al secondo li mandano a casa, li cacciano, collega Mellano. Se amministrano male, se non hanno il consenso dei cittadini o se si presenta un candidato Sindaco più credibile rispetto al Sindaco dell'amministrazione uscente, non sono rieletti. E' già avvenuto democraticamente che un Sindaco, dopo il primo mandato, è stato bocciato dall'elettorato ed è stato mandato a casa. Così come è avvenuto che Sindaci, che si sono ricandidati, dopo il secondo mandato, di prepotenza, sono stati eletti ma non sono stati insediati come successori di se stessi perché la legge glielo impediva.
In questo senso, credo che sia giusto dare un segnale, come Consiglio regionale del Piemonte, di condivisione su questo punto. Bene ha fatto il Presidente della Regione, perché noi voteremo questo provvedimento, collega Angeleri, però, per esempio, io sono uno di quelli che dice: "Perch cinquemila?". Hanno ragione altri che hanno detto quindicimila - se non sbaglio, Deorsola - anzi facciamo trentamila, tanto sappiamo che è un provvedimento che avrà il suo percorso, quindi arriverà in Parlamento e lì si fermerà, dobbiamo essere franchi. Non voglio sottrarmi a un ragionamento sensato e intellettualmente onesto. Dal mio punto di vista cinquemila abitanti sono un po' troppi. Però noi lo voteremo così, non c'è nessun tipo di problema, perché il segnale deve essere questo, a meno che i proponenti rivedano la misura. Bene ha fatto il Presidente della Regione che condivido - ad inviare la lettera nella giornata di ieri. Ritengo che una misura più idonea sia quella del piccolo Comune, normalmente definito "Comune montano", con circa mille abitanti o, addirittura, inferiore. Sono il 26-27% dei 1208 Comuni della nostra Regione.
In conclusione, riteniamo che sia giusto mandare un segnale a Roma, pur sapendo, collega Angeleri e colleghi dell'UDC, che probabilmente questa proposta di legge non sarà presa in considerazione, anche per colpa nostra arrivando ad esaminarla nel mese di febbraio. Riteniamo, però, che un piccolo contributo di una Regione importante come la Regione Piemonte, a lato di una presa di posizione autorevole ed importante del Presidente di questa Regione (che è anche Presidente della Conferenza dei Presidenti di Regione) possa certamente - ed in questo senso lo condividiamo - riportare all'attenzione del Governo e dell'intero Parlamento. Paradossalmente, i singoli parlamentari concordano, ma in sede parlamentare non riescono a mettersi d'accordo. Ci auguriamo, quindi, a ridosso di una presa di posizione autorevole del nostro Presidente nella giornata di ieri, del Consiglio nella giornata odierna e di una data ed una scadenza impellente del 31 marzo (ultimo giorno per modificare la legge) che possa essere presa in considerazione e dare una risposta che sia - lo dico con franchezza e con autocritica politica - definitiva e definita.
Non possiamo più permetterci che, a livello romano, si prenda la posizione di dire, un giorno sì e un giorno no, e il giorno in cui si dice sì di aggiungere duemila, forse tremila, forse cinquemila.
In questo senso, spero che la nostra presa di posizione, insieme al Presidente Ghigo nella giornata di ieri, possa mettere il Parlamento in condizione di affrontare il tema con maggiore serietà e dare una risposta entro qualche giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Botta Marco.



BOTTA Marco

Innanzitutto, Presidente, mi corre l'obbligo di pregarla, in relazione alla proposta del collega Cattaneo, di non sospendere il dibattito sul provvedimento, ma di continuarlo e di portarlo alla fine, alle sue estreme conseguenze.
Lo ritengo doveroso, perché pensare che questo Consiglio possa ritenere residuale una proposta di legge come quella della sicurezza, e dedicare a questo provvedimento, assolutamente legittimo ed importante, tre ore o tre ore e mezza di dibattito, e poi, su una legge di legislatura come la sicurezza, uno scampolo di mezz'ora, mi parrebbe troppo.
A tal proposito, invito tutto i Consiglieri, in particolare del mio Gruppo, a rimanere in aula per garantire il numero legale per il voto finale ed archiviare questo momento.
un momento utile ed inutile. Tutti i dibattiti sono utili. Sono certo che tutti condivideranno la mia opinione che quando il nostro provvedimento, passato ai voti, sarà trasmesso al Parlamento nazionale tanto i leader nazionali - Berlusconi, Bossi, Fini, Follini - quanto un po' tutto il mondo parlamentare, forte di questo provvedimento del Piemonte accelereranno i tempi della riforma sul terzo mandato ai sindaci, dando un senso all'importanza che il Consiglio regionale del Piemonte merita.
Entriamo nello specifico. La proposta di legge al Parlamento, che andiamo a discutere ed esaminare, comporta cambiamenti alla legge 267 legge che, come i colleghi che hanno fatto amministrazione nei Comuni ricorderanno, non è datata vent'anni fa, o dieci o cinque, ma è una legge del 2000.
Qui c'è il primo momento: è strano vedere come una parte significativa anzi, la più importante di quei Partiti che diedero vita alla legge 267/2000, stante il Governo di centrosinistra, allora operante nel nostro paese, oggi richiedano, a gran voce, il cambiamento di uno dei punti essenziali della legge. Se tale è l'accanimento e l'attenzione, rispetto al mutamento di questa portata legislativa, evidentemente è l'ammissione di uno sbaglio politico significativo.
Sarebbe troppo facile e semplicistico il pensare, colleghi, che modificando il discorso del terzo mandato avremmo risolto tutti i nostri problemi. La legge 267/2000, nel suo insieme, è organica e coerente. È una legge che aumenta, in maniera sensibile, il potere dei sindaci e pone, come contrappeso a questo potere, il limite dei due mandati. Se non si riflette sul punto, creiamo ancora più meccanismi distorsivi rispetto a quelli che già la legge ha dimostrato di avere. Quindi, se all'eventuale modifica del discorso del terzo mandato, non si accompagna una seria analisi della redistribuzione delle competenze tra sindaco, Consiglio e Giunta, creiamo una vera mostruosità giuridica.
Ciò dovrebbe emergere, se vogliamo fare un dibattito serio.
Restano le posizioni espresse dai colleghi che hanno supportato, con ragionamento, una scelta critica, rispetto alla proposta oggi presentata.
In particolare, il ragionamento del collega Vaglio, ripreso anche dal collega Tapparo, sull'uguaglianza e sull'impossibilità di intervenire con limiti che farebbero nascere, nel nostro Paese, cittadini e sindaci di serie A e di serie B, è assolutamente centrato.
Tralascio, per evidenze di tempo, gli argomenti usati dai Consiglieri Mellano e Palma che ugualmente, sia pure inquadrati all'interno della normativa oggi esistente, hanno motivi di verità e di condivisibilità. Non possiamo nasconderci, però, che come tanti atti politici, anche in questa proposta e nell'intendimento, non dico dei proponenti regionali, ma del dibattito nazionale, la finalità sia essenzialmente politica. Come non dimenticare che, nel 2004, vanno a scadenza i sindaci eletti nel 1994 e che hanno svolto normalmente, in massima parte, il duplice mandato? Come non andare con la memoria al 1994, anno di grande cambiamento a livello nazionale dopo Tangentopoli, ma sicuramente a livello locale, ancora legato alla classe dirigente della prima Repubblica? Questo è un fatto che non possiamo non ammettere: la grande classe dirigente della DC e del PCI che si perpetuava anche nel 1994, riusciva a rivincere nel 1999 e arriva al 2004. Oggi, se noi prescindiamo da questo dato politico, facciamo un'offesa alla nostra intelligenza. Il cambiamento vero, a livello locale, avviene con questa elezione, con le elezioni del 2004. E io non sono d'accordo con chi dice che questa data non è sentita dai cittadini e non è avvertita anche nelle comunità più piccole. Mai come in queste elezioni, perlomeno per la mia Provincia - situazione che conosco molto bene - si vede una varietà di proposte politico-amministrativa locali, una vivacità di attenzione, perché questo è il momento in cui potrebbero cadere i vecchi moloch, i personaggi che hanno fatto sicuramente bene al nostro paese, ma che rappresentano un momento quasi di chiusura rispetto al rinnovamento.
Quindi, aldilà di quello che farà il Parlamento nazionale, dove le posizioni sono variegate, dove gli stessi partiti stanno cercando di trovare una condivisione, la più larga possibile, io dico assolutamente che l'obiettivo che tutti assieme dobbiamo cercare di perseguire è quello del rinnovamento, del turn-over, della modifica. Bisogna che energie nuove voglie nuove, vivacità nuova e originalità nuova a tutti i tutti i livelli anche a livello amministrativo locale, possano finalmente emergere nel nostro Paese.



PRESIDENTE

Dichiaro chiuso il dibattito generale.
Passiamo all'esame degli emendamenti.
ARTICOLO 1 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Palma e Mellano: l'articolo 1, comma 1 è sostituito dal seguente: "Al comma 2 dell'articolo 51 del decreto legislativo 267/2000 sono aggiunte le parole: per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, la norma sulla non rieleggibilità dei sindaci si applica alla scadenza del terzo mandato".
Ha chiesto la parola il Consigliere Palma per l'illustrazione; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Questa proposta in realtà non è una proposta politica del nostro Gruppo, è la traduzione coerente di una serie di argomentazioni che i sostenitori di questo provvedimento hanno utilizzato, invocando una maggiore gradualità nella transizione da un sistema come quello che abbiamo conosciuto - incarichi sostanzialmente dinastici - ad un sistema disciplinato da norme draconiane in ordine alla rieleggibilità dei sindaci alla scadenza del singolo mandato. Visto che i due argomenti più forti utilizzati sono stati quelli che facevano riferimento alla consistenza demografica dei Comuni e, dall'altra parte, alla necessità di prevedere un termine di mandato più ampio per Comuni demograficamente meno consistenti noi, per fare un servizio al Consiglio - non perché questo rifletta la nostra posizione politica - ci siamo limitati a tradurre questi due argomenti in due proposizioni che hanno un'articolazione legislativa. Il primo di questi due emendamenti chiede che la norma sulla non rieleggibilità valga a partire dalla scadenza del terzo mandato; la seconda, recependo altre indicazione, l'ultima quella del Consigliere Cattaneo, di limitare il non limite di mandato per i sindaci delle amministrazioni locali ai Comuni con popolazione inferiore ai mille abitanti.
Lo ricordava ancora adesso il collega Botta al termine del proprio intervento: fra le diverse proposte che si vanno confrontando in Parlamento, questa è la più estremista e la più insostenibile, nel senso che mi pare che nessuna proposta attualmente in discussione in Parlamento si limiti ad estendere, sic et simpliciter o sine die - come dice il collega Ronzani - una norma di questo tipo senza intervenire sul sistema di distribuzione dei poteri fra le assemblee consiliari e gli esecutivi delle amministrazioni locali, e senza prevedere qualche termine di mandato diverso rispetto a quello previsto dalla legge n. 267.
Se questo è il contributo che la Regione Piemonte vuole offrire al dibattito parlamentare, è un contributo dell'estremismo conservatore di alcune centinaia di sindaci della nostra Regione e non della ragionevolezza riformatrice rispetto ad una norma particolarmente delicata che si situa in un quadro particolarmente complesso di equilibri istituzionali.
Se questo è un contributo al dibattito parlamentare, è evidente che deve essere un contributo ragionevole. Se questo è l'inizio della campagna elettorale di alcuni partiti politici (dell'UDC, della Margherita dell'Udeur) che hanno sostenuto le proposte più oltranziste in questo senso, noi lo trattiamo come un pezzo della campagna elettorale e lo discutiamo come un pezzo della campagna elettorale. Quindi, è evidente che se non esiste nessuno sforzo, non dico di mediazione, ma di ragionevolezza rispetto alle proposte che vengono presentate e si produce un documento che serve per essere sostanzialmente volantinato nelle piazze dei Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti in compagnia dei sindaci e non per rappresentare un contributo al dibattito che si sta svolgendo in Parlamento, ognuno volantina le proprie cose. Alcuni volantineranno le proprie proposte ed altri, come il nostro gruppo, volantinerà un opposizione altrettanto oltranzisticamente radicale rispetto ad una proposta obiettivamente oltranzista.
La cosa da capire - temo si capirà nella prossima seduta, perché siamo rimasti in pochi intimi e su questa votazione temo che il Consiglio misurerà l'assenza del numero legale - è se, a fronte di questa proposta ci si limiterà più o meno passivamente a recepirla e se anche i Gruppi (ad esempio, i DS) che hanno presentato emendamenti, a fronte della bocciatura di questi emendamenti, convergeranno sul testo base presentato dal collega Angeleri, oppure se, in un quadro di riflessione più complessivo, si pu giungere ad una proposta di legge al Parlamento ed ad una formulazione che tenga conto di problemi più generali di assetto istituzionale, che non possono essere risolti con un segmento anticipato di campagna elettorale per le elezioni amministrative. Un'ultima parola sulla sorte tremenda che è stata dipinta per alcuni sindaci di Amministrazioni in scadenza. Penso che possa succedere di peggio nella vita. Esiste una serie di Sindaci che sono in scadenza, sulla base di una legge votata per due volte dal Parlamento italiano (nel 1993 e nel 2000), che, in teoria, dovrebbero già essersi rassegnati al fatto di saltare un giro rispetto a questo incarico. Il fatto di giungere, frettolosamente, a discutere una tale proposta, non per sollecitare il Parlamento, che è già ampiamente sollecitato, ma in quanto sollecitati da Sindaci particolarmente preoccupati del proprio destino futuro, non depone nel senso di una discussione particolarmente elaborata dal punto di vista concettuale, ma spinge verso una discussione particolarmente accesa dal punto di vista elettorale.
Su questo emendamento, che alcuni dei proponenti o dei sostenitori di questo provvedimento per primi dovrebbero accogliere, in quanto recepisce alcune delle loro istanze, penso che inizieremo a misurare la ragionevolezza della proposta che vogliamo avanzare al Parlamento o atteggiamenti di tipo diverso che, ovviamente, comporteranno delle controreazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mellano.



MELLANO Bruno

Signor Presidente e colleghi, nonostante le proteste fuori microfono del Presidente Cattaneo, noi Radicali riteniamo che si onori questo dibattito cercando di ragionare su quanto abbiamo detto, avendo portato come Gruppo, degli elementi di discussione, forse con un intervento un po' troppo sopra le righe, che qualche collega, come il Consigliere Saitta, ha sicuramente frainteso. Non è certo un meccanismo automatico. Non dico che chi è stato Sindaco per 46 anni, per forza, sia un malfattore o che lo sia stato al di fuori delle regole democratiche. Ho cercato di dire ben altro: per quanto mi riguarda, e mi assumo l'onere del giudizio politico, tutte le persone citate, per quanto riguarda la mia realtà (la Provincia di Cuneo) come capitani di lungo corso, che sono stati premiati con la medaglia della Provincia di Cuneo per la dedizione al servizio come amministratori locali possono sicuramente essere, da un altro punto di vista, considerate persone che non hanno saputo creare partecipazione, che non hanno saputo creare alternative a se stessi, che non hanno saputo creare nuovi Sindaci e nuova classe dirigente. Dico classe dirigente, perché sappiamo bene che, anche nel più piccolo Comune di questa Regione, essere Sindaci, oggi, vuol dire assumere responsabilità, avere grandi oneri nell'Amministrazione e sovente, proprio nei Comuni piccoli, non avere gli strumenti adeguati per rispondere alle responsabilità in capo al Sindaco e all'Amministrazione locale.
Partendo da questi dati, ha ragione il collega Contu quando sottolinea che si dovrebbe valutare la professione. Non è un meccanismo automatico, ma molti di questi amministratori locali erano, guarda caso, anche geometri probabilmente, con studio dislocato nel territorio.
Relativamente all'altro elemento, sul quale ha ragione il collega Papandrea, sarebbe utile una riflessione più ampia. Guarda caso, tra quegli ottanta premiati con più di vent'anni in Provincia di Cuneo (che consta di 250 Comuni) una sola era donna. Stiamo discutendo di una norma che non condivido perché troppo invasiva, quote sì, quote no, per la partecipazione femminile, inventando meccanismi di subentro del quarto o quinto eletto donna invece del primo eletto maschio che non avrebbe diritto. E' un meccanismo di partecipazione democratica per facilitare la presenza delle donne. Il meccanismo previsto da dieci anni dalle norme nazionali, secondo il quale dopo due mandati si deve saltare un turno, mi sembra molto meno invasivo e molto utile per facilitare nel 2004 l'entrata nelle Amministrazioni locali di Sindaci donne, come sta succedendo anche nella nostra grande Provincia Granda. Se comincia a verificarsi nella Provincia di Cuneo, credo sia un dato significativo per l'intero Piemonte. Voglio rispondere al caro collega Riba, che, in qualche modo, ha richiamato la mia militanza nel Partito Radicale Transazionale come sostanzialmente - così l'ho letta - l'essere sganciato dal territorio. Quindi, mi posso permettere il lusso di alcune considerazioni che non tengono conto della realtà locale. Invece, ho tentato proprio di tenere conto della realtà locale, di quella realtà locale che è fatta di questi nomi, di queste storie, di queste esperienze, per molti aspetti, meritorie - sottolineo - non nella creazione della partecipazione e della costruzione dell'alternativa a se stessi.
Mi rivolgo al collega Riba: leggo in questo meccanismo e in questi ragionamenti che ho tentato di svolgere il fatto di essere Radicale italiano, eletto da una lista che è un partito d'opinione più che un partito organizzato. Posso fare liberamente questi discorsi perché dietro il mio partito non c'è una filiera di interessi di amministratori locali che sono mille cittadini elettori, ma sono i grandi elettori. Sono, per tornare ad una condizione specifica locale, il modello "Quaglia", che crea il potere locale, rispetto ad una Provincia, sui Sindaci eletti più volte e rinnovati. Il modello "Quaglia" è quello cui, giustamente, ricorrono i Consiglieri Saitta e Tomatis, per quanto riguarda la Provincia di Cuneo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Consigliere Mellano, non sono della Provincia di Cuneo, ma posso parlare lo stesso e, sommessamente, le posso garantire che non rincorro nessuno. Rincorro una convinzione, che ho già avuto modo di esplicitare: noi siamo per una vera democrazia, secondo la quale ci si affida all'elettorato, ai cittadini, dando loro la possibilità di scelta.
Sappiamo benissimo che ci sono Sindaci eletti nei nostri Comuni che fanno i geometri, alcuni fanno i farmacisti, altri fanno i medici.
Dopodiché, sul loro operato, da un punto di vista della giustizia, è un altro che deve controllare, non siamo certo noi, è il cittadino che dà il suo responso il giorno delle elezioni.
Insieme a tanti personaggi che lei ha citato ci sono anche molti personaggi che hanno lavorato sicuramente per molti anni, si sono sacrificati, hanno sacrificato le loro famiglie e il loro lavoro per dedicarsi al bene pubblico e alla gestione della cosa pubblica.
Nei confronti di questi personaggi e nei confronti della serietà di molti Sindaci dei nostri Comuni dobbiamo dare loro la possibilità di continuare a svolgere quel mandato, soprattutto nei piccoli Comuni.
Noi siamo conviti della bontà di questo emendamento, siamo conviti che ci sia già un'apertura. Questo emendamento non risolve il problema rispetto alla nostra convinzione, in particolare nei comuni più piccoli, laddove è difficile trovare personale politico. Il personale politico, se non lo si trova, non lo si trova né per un mandato, né per due, né per tre. ecc. Su questo emendamento, che fa un passo avanti rispetto alla nostra posizione, ovviamente non possiamo essere favorevoli, ci asterremo.
Comprendiamo il ragionamento che ha fatto il Consigliere Mellano, che non condividiamo, ma di cui comprendiamo la buona volontà. Per questo motivo il nostro Gruppo, su questo emendamento a prima firma Consiglieri Palma e Mellano, si asterrà.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bolla; ne ha facoltà.



BOLLA Emilio

Non ho avuto occasione e modo di intervenire prima nella discussione generale, in sostanza non tanto per dire che questo emendamento prevede di contenere al terzo mandato il limite per i sindaci. Condivido l'impostazione della proposta di modifica al decreto legislativo che non prevede vincoli per i Sindaci, ritengo che sia un vincolo ingiusto, è l'elettore che deve determinare quanto deve essere lungo il mandato di un eletto. Non ci devono essere distinzioni tra eletti ed eletti, se vogliamo stabilire dei limiti, possiamo stabilirli per i Consiglieri regionale, per i Consiglieri provinciali, per i Parlamentari. La discussione non si dovrebbe fermare lì, si dovrebbe rivedere all'interno dei Comuni quelli che sono gli equilibri interni agli organi di Governo. Dovremmo rivedere i ruoli dei Consigli comunali e delle Giunte e i ruoli dei funzionari all'interno della macchina degli Enti pubblici. Il vero disequilibrio è lì da verificare.
Siamo passati da un eccesso all'altro. Da troppi vincoli che avevano i Sindaci, rispetto alle decisioni che poi assumevano i propri Consigli, ad un eccessivo esautoramento delle funzioni, per esempio, dei Consigli comunali. In tanti nostri piccoli comuni, oggi, è difficile trovare delle persone che siano sufficientemente motivate per coprire il ruolo di Consigliere comunale. Se vogliamo fare una discussione seria sull'argomento, bisognerebbe ripensare un momento alle funzioni, ai compiti specifici dei vari Enti a livello comunale. In ogni caso, ritengo che il limite del secondo e del terzo mandato non siano appropriati, probabilmente è una deformazione che hanno molti di noi che hanno avuto la fortuna di avere un mandato come Sindaco o come amministratore comunale. In realtà dobbiamo pensare ad un'organizzazione diversa in futuro, trovando quegli equilibri che sono necessari, forse, a contenere un po' di più le funzioni legate al Sindaco. Non è solo un problema di riorganizzazione di equilibri dei poteri all'interno degli organi di governo dei comuni, e dei rapporti che ci sono tra la macchina amministrativa e la guida amministrativa politica dei comuni. Forse, con la "Bassanini", abbiamo rivisto un po' troppo disequilibrato questo tipo di rapporto. In relazione a questo vorrei dire che non è una questione di terzo, ne di quarto o di quinto mandato, è un problema più legato all'equilibrio dei poteri. Ritengo che non sia giusto che ci sia per i sindaci un vincolo del secondo mandato e non ci sia per altre cariche politiche, per altri incarichi elettivi.
Soprattutto, ritengo non ci deve essere per nessun incarico politico e per nessun mandato che l'elettore conferisce ad un eletto. E' l'elettore che deve decidere: questo è democrazia.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà



RONZANI Wilmer

Noi voteremo l'emendamento presentato dai Consiglieri Palma e Mellano che è identico ad un nostro emendamento che voteremo successivamente. Per le cose che ha detto la Consigliera Manica e il Consigliere Muliere, noi non siamo perché venga scardinato il decreto legislativo n. 267. Pensiamo che occorra muoversi in quella logica, modificando il termine dei mandati portandolo a tre, ma che vada difeso l'impianto complessivo di quel provvedimento. Badate che di questo si discute in Parlamento: se sarà possibile modificare questa norma, lo si farà nel senso che viene prospettato o dagli emendamenti del Consiglieri Palma e Mellano o dall'emendamento presentato dalla Consigliera Manica.
Se non vogliamo che la discussione sia astratta, legittima per carità per cui alla fine della fiera la proposta di legge che va all'esame del Parlamento rimane lì, in qualche cassetto, dobbiamo cercare di capire come condizionare una discussione che è in corso, che può essere presa per i capelli. Ma se viene prese per i capelli, è perché noi decidiamo in questo modo, tre mandati e non di più. E' ragionevole pensare che questa norma possa essere approvata se in Parlamento c'é un accordo generale. Un accordo generale può realizzarsi attorno alla modifica che prima prospettavo che porta da due a tre mandati.
La domanda è politica: cosa vogliamo fare oggi? Vogliamo approvare un provvedimento per poterlo sbandierare e dire " io ho proposto di abolire ogni limite, i mandati?" Se questo è l'obiettivo, accomodatevi, è campagna elettorale, non avremo un risultato pratico, non cambieremo nulla, ci terremo la norma su due mandati. Avremo per qualcuno la possibilità di dire "io ero contro ogni limite ai mandati".
Noi qui facciamo un'altra cosa, stiamo cercando di capire se questo sia lo spirito che ha animato la scelta di presentare la proposta di legge siamo qui a decidere in che misura il Consiglio regionale può esercitare la sua funzione politica per sollecitare il Parlamento. Vi domando: abbiamo maggiori possibilità di esercitare questa funzione politica se troviamo un'intesa in Consiglio regionale e se questa proposta di legge viene votata da tutti i Consiglieri regionali, perché ha più forza quella proposta di legge, sollecita di più le forze politiche e il governo a muovesi in questa direzione? Invito i Consiglieri a considerare questo fatto, mi sembra molto ragionevole la proposta del Consigliere Palma che tiene conto delle esigenze di superare un limite che io ritengo sbagliato.
Non vi è dubbio che quel limite si è rivelato, alla prova dei fatti sbagliato, e le leggi sono perfettibili perché possono essere modificate.
Penso che sia giusto modificare il termine, portando il limite a tre mandati. Se, viceversa, il discorso diventa un altro, diventa quello di sopprimere ogni limite, intanto, si produce, in questo Consiglio, una divisione che ritengo sbagliata ai fini dell'obiettivo che ci poniamo: superare quel limite. In secondo luogo, penso che sarebbe sbagliato in via di principio.
La norma contenuta in quel decreto legislativo, in questo caso, non si modifica sulla base dell'esperienza che abbiamo compiuto in questi anni, ma si scardina complessivamente il decreto legislativo stesso e questo francamente, mi pare sia sbagliato.
Ciò detto, volevo dichiarare il nostro voto a favore di questo emendamento, non prima però di aver invitato i colleghi della maggioranza a considerare l'opportunità che questa modifica consente al Consiglio di pronunciarsi, penso in maniera unanime, sul provvedimento.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Palma per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Spero che quanti scriveranno la storia di questo Consiglio regionale approfondiranno la discussione di questo provvedimento.
Ci sono quelli contrari al provvedimento che presentano gli emendamenti io stesso - proposti, ma non sottoscritti e non depositati dai presentatori del provvedimento stesso, che si riservano di non votare gli emendamenti su cui sono d'accordo e continuano a sostenere un testo che con tutta evidenza, non difendono.
Il Consigliere Bolla ha detto una cosa precisa ed anche chiara. Ha detto in modo esplicito di essere contro l'idea che esista un vincolo temporale rispetto ai mandati e ai vertici delle amministrazioni locali e che bisogna tenere fermi due principi. Il primo è un principio di uguaglianza per tutti gli eletti. Il secondo principio è il fatto che nessun vincolo in ordine alla scadenza del mandato possa essere imposto a ciascun eletto, in modo tale che tutti, dal Presidente della Regione al Sindaco della città di Torino, al Sindaco del più piccolo Comune piemontese, si trovi nella stessa condizione ad affrontare le scadenze elettorali e amministrative.
Bene, scrivetelo. Avete presentato una proposta di legge che dice esattamente il contrario, cioè che segmenta in modo verticale le amministrazioni, suddividendo radicalmente quelle al di sotto dei cinquemila abitanti e quelle al di sopra dei cinquemila abitanti prevedendo una scadenza nettissima e draconiana sopra i cinquemila abitanti e non prevedendo nessuna scadenza sotto i cinquemila abitanti.
Voi difendete un provvedimento che ha questi effetti, sostenendo che in realtà siete per la difesa di un principio generale di uguaglianza, per cui nessuno deve essere limitato nelle proprie campagne elettorali e che il popolo ha la possibilità e il diritto di decidere per la centesima volta di eleggere lo stesso Sindaco.
Bene, per questo abbiamo depositato un ulteriore emendamento, quello proposto dal collega Bolla e che immagino il collega Bolla voterà, che chiede di abolire il comma 2 dell'articolo 51 della legge 267. Non possiamo fare una discussione così folle per cui si difende un provvedimento che nei suoi effetti significa una cosa, con delle argomentazioni del tutto diverse dagli effetti del provvedimento stesso.
Questo provvedimento ha un effetto chiaro: suddivide in maniera radicale i Comuni sopra i cinquemila abitanti e quelli sotto i cinquemila abitanti e fissa una disciplina istituzionalmente, non solo elettoralmente, diversa per i Comuni sotto i cinquemila abitanti e per i Comuni sopra i cinquemila abitanti.
Poiché la difesa di questo provvedimento - anche l'intervento precedente del collega Manolino - è un grande appello alla libertà e alla partecipazione popolare, quando con ogni evidenza questo provvedimento dice un'altra cosa, cioè che i Sindaci preoccupati dei piccoli Comuni potranno ricandidarsi a vita, senza ricordare affatto che si introduce un presupposto generale, per cui il principio introdotto nel 1993 - ribadito nella legge 267, viene abolito, il minimo che possiamo sperare di affermare in una discussione che altrimenti diventerebbe totalmente folle è che, di fronte a una discussione di questo genere, perlomeno ciascuno voti le cose che dice e, possibilmente, scriva nei testi e negli emendamenti gli argomenti che sostiene,.
Abbiamo una discussione in cui - lo ripeto, Presidente, e mi scuso se la tiro un pochino per le lunghe - i sostenitori di questo provvedimento lo sostengono con argomenti che non hanno niente a che fare con esso.
Spero che il dato di ragionevolezza, in quella parte della maggioranza che continua a sostenerlo nella forma originaria, sorga e contribuisca a modificare questa proposta di legge alle Camere nel senso che ho indicato altrimenti saremo costretti a ripercorrere, emendamento per emendamento ciascun argomento che alcuni colleghi di maggioranza e, peraltro, anche alcuni colleghi di opposizione hanno utilizzato per motivare un provvedimento che evidentemente non va in quella direzione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Credo che oggi stiamo conseguendo un atto legittimo la cui utilità politica - ho l'impressione - lascia il tempo che trova, serve a misurarsi su una questione importante.
Qualcuno ricordava che mai e poi mai una proposta di iniziativa di legge delle province ha avuto l'onore di passare agli atti di questo Consiglio regionale. Bene o male, posso dire che, quando parliamo di proposte di legge e di iniziativa popolare, ce ne sono che giacciono senza scadenza in Parlamento da vent'anni. Perché, oltretutto, per le proposte di legge di iniziativa popolare non c'è scadenza, da questo punto di vista.
Nel merito. La discussione ha permesso di appurare alcuni aspetti di opportunità o, perlomeno, di inopportunità di approvazione di questa legge.
E' stato ricordato da qualcuno - non cito quelli già citati precedentemente da me - però posso dire che è essenziale, per quanti sostengono con forza la necessità delle pari opportunità, favorire un percorso che dia maggiori possibilità, non ingessando le situazioni, se stando al dato statistico fornito dal collega Mellano, su ottanta Sindaci citati solo uno dei sindaci è donna.
Di recente, abbiamo visto a Giaveno e a Napoli Sindaci che lasciano il mandato in virtù di questa legge, che ha investito ufficialmente il Vicesindaco, che è donna, per quello che può valere. A proposito della questione delle pari opportunità, questa può essere un'occasione, fermi restando i limiti del discorso.
L'altra considerazione è che sulle professioni abbiamo già discusso a lungo, così come sulla necessità del ricambio, che credo sia e resti il fattore centrale, che restituisce vivacità alla politica.
Presidente, mi pare che questa discussione si stia trascinando in modo molto stanco. Vediamo l'effetto del primo voto sull'emendamento, poi credo che lei potrà trarne le conseguenze e decidere se aggiornare o meno questa seduta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Angeleri per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



ANGELERI Antonello

Ho ascoltato con attenzione gli interventi dei Consiglieri Palma e Mellano, ma rimango della convinzione con cui sono partito, rispetto a questo progetto di legge. Non sono convinto, Consigliere Contu, che questa azione non serva a sollecitare una maggiore attenzione a livello parlamentare. Può essere vero che nessun progetto di legge, presentato dalle Regioni, sia passato a livello nazionale; ma è certo che una posizione istituzionale sulla vicenda deve far riflettere. Il fatto che una Regione importante come il Piemonte, con oltre 1200 Comuni di cui oltre il 50% sotto i cinquemila abitanti, si esprima in questa direzione, non pu non essere tenuta in alcuna considerazione.
un dibattito in atto ormai da un anno, cioè dal primo intervento del Presidente Ciampi, cui è seguita una serie di interventi di illustri personaggi: dall'On. Casini al Presidente Ghigo che, oggi, con le sue dichiarazioni, non ha parlato solo come Presidente della Regione Piemonte ma in qualità di Presidente dei Presidenti delle Regione, quindi in una veste di massimo rilievo a livello nazionale.
Per i motivi più volte richiamati (anche da parte di alcuni colleghi di minoranza), il Consiglio regionale del Piemonte deve dare il proprio contributo e non porre alcun limite al mandato, in particolare nei piccoli Comuni. Siamo convinti che sia l'unica strada per dare governabilità e democrazia ai piccoli Comuni. Concordo pienamente con l'intervento del collega Saitta: non possiamo consegnare, nelle mani di personale politico improvvisato, la gestione di un Comune. Sappiamo - e molti colleghi che hanno svolto la funzione di sindaci lo sanno - com'è complesso amministrare un Comune, anche se piccolo.
Personalmente, ho svolto solo il ruolo di Consigliere comunale, quindi non ho avuto responsabilità come quelle di un sindaco, ma capisco che per certi versi è molto più difficile amministrare un Comune che non sedere su questi banchi. Mi pare legittimo che siano gli elettori a dare la risposta definitiva il giorno delle elezioni: se un sindaco ha operato bene viene riconfermato; se ha operato male sono gli elettori stessi a mandarlo a casa.
Abbiamo avanzato questa proposta di legge, con queste caratteristiche perché non vogliamo nessun limite di mandato per i piccoli Comuni.
L'individuazione dei cinquemila abitanti è una configurata che abbiamo ritenuto opportuna e corretta, rispetto alla legislazione vigente che abbiamo come riferimento.
Per questi motivi ci asterremo. Comprendiamo la buona volontà del Gruppo Radicale, ma, per quanto ho appena testimoniato, non possiamo condividerle in pieno. Siamo e rimaniamo della convinzione che il mandato libero, con la gestione data unicamente all'elettorato, è la cosa più giusta per la nostra democrazia.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'emendamento n. 1).
Il Consiglio approva.
Comunico che a seguito dell'approvazione dell'emendamento n. 1) decadono i seguenti emendamenti: 2) Emendamento presentato dai Consiglieri Palma e Mellano: L'articolo 1, comma 1 è sostituito dal seguente: "al comma 2 dell'articolo 51 del decreto legislativo 267/2000 sono aggiunte le parole: la limitazione del mandato non è applicabile ai comuni con popolazione inferiore ai 1000 abitanti".
7) Emendamento presentato dai Consiglieri Mellano e Palma: L'articolo 1, comma 1 è sostituito dal seguente: "il comma 2 dell'articolo 51 del decreto legislativo 267/2000 è soppresso".
5) Emendamento presentato dai Consiglieri Riba e Manica: All'articolo 1, comma 1 sostituire: "la limitazione del mandato non è applicabile" con: "la limitazione è elevata a tre mandati".
3) Emendamento presentato dai Consiglieri Deorsola e Saitta: All'articolo 1 e nella relazione sostituire: "5000" con: "15.000" 4) Emendamento soppressivo presentato dai Consiglieri Palma e Mellano: "L'articolo 1 comma 2 è soppresso".
La parola al Consigliere Palma per l'illustrazione.



PALMA Carmelo

un emendamento di coordinamento, perché nella prima formulazione era evidente che, essendo stata tolta ogni scadenza rispetto ai mandati, il campo di applicazione del comma 3 dell'articolo 51 è riferito ai Comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti. In altre parole, un emendamento che precisasse quanto era stabilito dalla norma del comma 2, e che non era modificato da una norma puramente derogatoria del secondo periodo del comma 2, non aveva ragione di esistere.
Il campo di applicazione del comma 3 rimaneva inalterato, perché il terzo mandato consentito sarebbe stato il terzo mandato consentito nei Comuni al di sopra dei cinquemila abitanti. Dal punto di vista tecnico, la situazione è identica, cioè il termine ...



PRESIDENTE

Bisogna approvare questo emendamento per rendere effettivo quello di prima, altrimenti non ci sono le condizioni.



PALMA Carmelo

Sì. Nel momento in cui si stabilisce che ci sono tre mandati solo per i Comuni sotto i 5 mila abitanti è chiaro che la frase "consentito un terzo mandato" si riferisce ai Comuni sotto i 5 mila abitanti. Questa tecnicamente è una norma del tutto superflua nella formulazione originaria.
Adesso bisogna capire se con l'emendamento introdotto si crea una situazione di incertezza, ma su questo possiamo sospendere un momento e valutarlo.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle 18.37 riprende alle ore 18.39)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Essendo riferito alla precedente formulazione del provvedimento, la norma introdotta è superflua. Visto l'emendamento modificativo che è stato approvato, il chiarimento anche sul comma 3 dell'articolo 51 a questo punto pare necessario; quindi, ritiro l'emendamento soppressivo.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 1, come emendato.
Il Consiglio approva.
Non essendoci dichiarazioni di voto, indìco la votazione per appello nominale, mediante procedimento elettronico, sull'intero testo di legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 Consiglieri hanno votato Sì 21 Consiglieri hanno votato NO 5 Consiglieri si sono astenuti 6 Consiglieri Il Consiglio approva.
Chiedo ai proponenti a quale ramo del Parlamento intendono inviare il provvedimento.



(I proponenti dichiarano la Camera dei Deputati)



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle 18.42)



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