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Dettaglio seduta n.410 del 11/11/03 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



(Il Vicepresidente Toselli comunica che la seduta avrà inizio alle ore 16.00)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



(La seduta ha inizio alle ore 16.06)


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta Franco Maria, Botta Marco Cantore, Cavallera, Chiezzi, Cotto, Ghigo, Pichetto Fratin, Placido, Pozzo Racchelli, Rossi Giacomo.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Proseguimento esame ordini del giorno n. 839 "Esposizione del crocifisso nei locali regionali", presentato dai Consiglieri Angeleri, Costa R. Scanderebech, Tomatis, n. 842 "Questione crocifisso", presentato dai Consiglieri Galasso, Botta M., D'Onofrio, Valvo


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La Conferenza dei Capigruppo ha deciso di proseguire l'ordine dei lavori con la trattazione del punto 4) all'o.d.g. e con la trattazione del disegno di legge n. 535 "Celebrazione del VI centenario dell'Università degli studi di Torino".
Informo i Consiglieri che chi avesse bisogno di consultare il materiale giuridico predisposto dagli Uffici, può ritirare una cartellina che abbiamo predisposto.
Passiamo quindi all'esame del punto 4) all'o.d.g.: ordini del giorno n.
839 "Esposizione del crocifisso nei locali regionali", presentato dai Consiglieri Angeleri, Costa R., Scanderebech, Tomatis, Brigandì e n. 842 "Questione crocifisso", presentato dai Consiglieri Galasso, Botta M.
D'Onofrio, Valvo.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bussola; ne ha facoltà.



BUSSOLA Cristiano

Ho letto attentamente gli ordini del giorno presentati. Il primo ordine del giorno, quello presentato dal Gruppo di Alleanza Nazionale, propone fra l'altro, di sensibilizzare gli studenti rispetto ai valori che il crocifisso rappresenta. Quello presentato dal Gruppo dell'UDC propone una regolamentazione dell'uso del simbolo della croce negli edifici pubblici piemontesi. Non si tratta, in nessuno dei due casi, di alcuna imposizione che i proponenti dei documenti propongono alla nostra attenzione.
Penso, infatti, che mai tema come quello che affrontiamo oggi rispetto a tutti quelli che abbiamo trattato nel corso delle sedute del Consiglio regionale, dovrebbe indurre i Capigruppo di tutte le forze politiche componenti l'Assemblea a lasciare la libertà di voto più assoluta e più ampia ai propri Consiglieri regionali. Ritengo, infatti, che il tema che stiamo affrontando sia, in assoluto, un tema che attiene profondamente alla sfera personale, al nostro più profondo e intimo sentire di noi singoli Consiglieri. Detto questo, voglio subito anticipare che il mio voto personale sarà quindi favorevole rispetto ad entrambi gli ordine del giorno.
Nel dibattito che si è scatenato in queste settimane su questo argomento, un dibattito che ha assunto toni molto accesi, soprattutto sugli organi di informazione, credo che fra i tanti contrasti, tra le tante incertezza, una cosa debba essere sicura (questo è il mio punto di vista di singolo Consigliere regionale). Il crocifisso, laddove è esposto attualmente, senza dubbio, non deve essere asportato, per varie ragioni.
Anzitutto, non deve essere tolto il simbolo della croce, non fosse altro per ciò che esso rappresenta, anche senza fare riferimento ai valori religiosi legati alla fede che esso incarna, ma anche semplicemente per ci che rappresenta, dal punto di vista della nostra tradizione di italiani, di piemontesi, la tradizione dei nostri vecchi, delle nostre comunità locali.
Certo, il significato religioso che questo simbolo porta in sé, è naturalmente molto profondo; in questo senso voglio dare una risposta, per quanto mi è possibile, a quanto ha evidenziato questa mattina il Consigliere Marengo. Se è in dubbio, da un lato, che il laicismo permea profondamente la storia del nostro Paese, è altrettanto vero che non possiamo assolutamente dimenticare come, al tempo stesso, le radici della nostra storia - storia d'Italia, ma anche la storia dell'intera Europa pensiamo al dibattito emerso in questo periodo in relazione all'inserimento dei principi cristiani all'interno della Costituzione Europea - affondano profondamente nei valori e nei principi cristiani. Il crocifisso rappresenta non soltanto una tutela di questi lavori legati al cristianesimo e al cattolicesimo, ma, in un certo senso, può anche unificare tutti i principi che i valori cristiani, conosciuti da tutti (valori di tolleranza, di solidarietà, di confronto e di rispetto delle idee altrui), hanno in se, valori che appartengono a tutti.
Il simbolo della croce è un simbolo universale, e trasversale, che dovrebbe essere considerato non un limite ai diritti altrui, ma una condizione necessaria perché anche le idee degli altri, siano essi laici musulmani o appartenenti a qualsiasi credo e a qualsiasi confessione religiosa o politica, dovrebbero avere in se. Questo per quanto concerne la sfera legata al valore religioso che il crocifisso rappresenta. Quando il signor Adel Smith ha proposto di asportare il crocifisso dalle aule scolastiche, ritengo che abbia commesso un errore. Sarà banale sostenere che lui, esponente della religione musulmana e ospite del nostro Paese, ha potuto esprimere i propri diritti e la propria libertà di pensiero e di parola, come sarà banale dire che se noi andassimo in un paese musulmano ad esempio, a proporre, anche minimamente, di scalfire il simbolo della mezza luna islamica, l'atteggiamento da parte di quel Paese nei nostri confronti, non sarebbe comunque lo stesso atteggiamento di rispetto con il quale noi, utilizzando le armi della dialettica, abbiamo affrontato la proposta di Adel Smith.
Non si tratta, da parte nostra, di una prevaricazione in assoluto, ma si tratta, lo ripeto, ed è questa la ragione per cui voterò a favore degli ordini del giorno, di attribuire al simbolo della croce un valore totale e universale che rispetta, condizione necessaria, le opinioni che ciascuno uomo appartenete a qualsiasi fede religiosa o politica può disporre.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Mellano, ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Sarebbe più facile fare un intervento schioppettante e un po' da teatrino della politica. C'é chi fa l'iper credente, l'iper seguace di una confessione religiosa e ci si aspetta, forse, che si alzi in aula l'antagonista radicale, l'antagonista laico per così meglio schematizzare il gioco dei ruoli e rendere delle maschere a questa nostra discussione.
Invece cercherò di tenere un tono basso, pacato e forse dire alcune cose gravi.
Il dibattito in cui ci siamo infilati a causa di una opportunità politica che ha voluto cogliere il Gruppo dell'UDC, a cui non ha voluto sottrarsi il Gruppo di Alleanza Nazionale, è davvero un vicolo cieco che porterà l'aula a dare un voto insensato. Insensato per molti aspetti, anche per quell'aspetto che abbiamo voluto, come Gruppo Radicale, sottolineare con una richiesta formale di parere agli Uffici e al Consiglio. Do atto al Presidente, ma soprattutto agli Uffici che abbiamo voluto interpellare, di aver presentato tardivamente (solo ieri sera) la richiesta di parere.
Ringraziamo, quindi, per il lavoro svolto nella tarda serata di ieri e nella prima mattinata di oggi, e per la collezione di materiale fornito adesso.
Come ha già detto il Consigliere Palma (credo che l'abbia ribadito anche durante la Conferenza dei Capigruppo), la nostra era una richiesta di parere, di un aiuto o di sopporto tecnico/giuridico affinché l'Aula certo esprimesse, nella sua libertà e nella sua responsabilità, l'opinione politica prevalente, ma che lo facesse con una documentazione e con un'interpretazione di quella documentazione, che non può essere semplicemente lasciata a convinzioni personali o alla lettura veloce che si può fare qui in Aula.
Credo che l'argomento su cui si è dibattuto molto in questi giorni in Italia sia molto delicato, perché riguarda le coscienze e l'animo intimo di ciascuno di noi, ma riguarda, altresì, la fisionomia delle nostre istituzioni. Viviamo in un Paese laico, che riconosce a ciascuno la possibilità di esprimere le proprie idee, i propri sentimenti e i propri orientamenti politici ma anche di pensiero e di comportamento.
Questi ordini del giorno mi sembrano rispecchiare, invece un'impostazione vecchia nella cultura e nei riferimenti, così platealmente fascisti nel richiamo delle circolari delle disposizioni a cui ci si appella o a cui ci si aggrappa.
In questi anni, la società italiana ha fatto parecchi passi in avanti alcuni dei quali sono stati anche recepiti formalmente nel cambiamento della legislazione nazionale. Ricordiamo, ad esempio, la modifica - per noi Radicali totalmente inadeguata - dei Patti Lateranensi nel 1994. Occorre capire cos'é accaduto, quindi, in questo nostro Paese anche in base alla giurisprudenza che, combinazione, ha visto in molti casi anche il Piemonte essere protagonista di una serie di battaglie processuali. Voglio ricordare il caso del mio concittadino, del signor Marcello Montagnana di Cuneo, che ha vinto la propria causa, dopo una serie incredibile di procedimenti, con cui chiedeva che fosse tolto il crocifisso da un seggio elettorale. Com'è stato opportunamente riprodotto nel materiale che ci è stato fornito dagli uffici, la sentenza della Corte di Cassazione del 1 marzo 2000, in effetti, riconosce il buon diritto del signor Marcello Montagnana perché fosse tolto il crocifisso dal seggio elettorale.
Allora si può davvero tentare di rincorrere i colleghi dell'UDC e di AN sulle argomentazioni o sulle motivazioni, o ancora l'ultimo intervento del caro collega Bussola, che davvero risponde ad altre esigenze e ad altri criteri, e non credo ad un dibattito consiliare. Il suo intervento richiama, rivendica e risolve la domanda delle radici politiche, culturali e storiche del nostro Paese, risolvendo la sua domanda intima anche a nome mio. Questa mattina abbiamo già assistito ad un dibattito di questo tipo fra i colleghi Brigandì e Contu.
Si corre il rischio che oggi una maggioranza voglia decidere quali sono i propri riferimenti culturali, politici e storici, e voglia farlo anche per gli altri. Le istituzioni sono laiche non perché non credono in nulla non perché non hanno valori, ma perché i valori sono quelli condivisi, sono quelli scritti nella Costituzione, sono quelli che ci uniscono. Ci uniscono per un patto sociale e non per radici, tutte la recuperare, tutte la giustificare e ogni giorno da riscoprire.
Don Milani diceva che il crocifisso ognuno lo deve portare dentro. Non voglio essere provocatorio, ma ciascuno di noi è davvero cresciuto con queste lezioni di morale. Io, come voi, sono cresciuto con la condanna dei sepolcri imbiancati. Fate attenzione a non essere voi oggi - maggioranza che si appresta a votare questi ordini del giorno - dei sepolcri imbiancati, che decidono di esporre un simbolo e di riconoscere, in quel simbolo, alcuni valori in modo soggettivo e del tutto arbitrario.
Abbiamo sentito dire in quest'aula che il crocifisso è amore e pace. Il crocifisso è quello che ciascuno riconosce di quel simbolo. Ma è certo un simbolo di mistero di fede e non un simbolo politico né di comunanza di orientamento.
Voi fate, a mio giudizio, una bestemmia nel riconoscere e nell'appiccicare etichette ad un simbolo religioso, che, per chi ci crede ha un valore intimo alto e forte. Non può esserci, però, l'alibi di un ricorrente in giudizio antipatico e magari intollerante, per non vedere qual è la realtà sociale dell'Italia. Non potete nascondervi dietro al dito che indica il musulmano cattivo, antipatico e irritante, e non riconoscere il fatto che quest'Italia è secolarizzata ed è un'Italia di migliaia di giovani che vanno a sentire il Papa a Roma e usano i preservativi (basta pensare a cos'è stato raccolto dopo che sono stati abbandonati i campi dov'erano dislocate le postazioni delle tende dei ragazzi del Papa nel 2000). Questa è l'Italia, e non può essere nascosta dietro un crocifisso appeso, perché davvero rischia di essere il dito dietro a cui ci si nasconde una realtà che non si vuole vedere.
In modo pacato, ma fermo, rischiate oggi di decidere l'esposizione di una figura - quella di un uomo morente su una croce - che rappresenta, per quanto mi riguarda, un metodo di uccisione che ancora oggi è applicata nel mondo. Vorrei che su quello facessimo assieme una battaglia: non un convegno sulla pena di morte, non un sostegno formale ad Amnesty o a Nessuno tocchi Caino, ma una battaglia concreta e quotidiana per togliere la "croce" che ancora oggi è strumento di morte nel mondo.
Rischiamo di dimenticare, per esempio, che una matrice culturale che c'é nella nostra storia, come la cultura ebraica, addirittura nega la possibilità di appendere e usare figure umane come simbolo di idee. Questo è un dato davvero delicato, lo dico sommessamente, davvero delicato. La forza e la ragione dei numeri è importante, è la democrazia, però, la democrazia deve partire da principi condivisi, da un ragionamento comune da valori, presenti in Costituzione, che, nei primi articoli, recitano l'uguaglianza e la libertà.
Questo ordine del giorno va contro l'uguaglianza dei Consiglieri regionali. Se anche 59 su 60 Consiglieri regionali riconoscessero ad un crocifisso appeso in questa sede un valore altissimo, ci sarebbe sempre un Consigliere - in questo caso sono io - che si sentirebbe ferito da un utilizzo così strumentale, davvero inopportuno, di un simbolo religioso in quest'Aula.
Lo dico sommessamente, però, vi chiedo davvero di ragionare e di riflettere insieme, se è ancora possibile. Voi, almeno, per quanto mi riguarda, state per fare un vulnus alla mia personale libertà di stare qui con voi allo stesso livello vostro, stare qui con un simbolo che non mi rappresenta, cui non riconosco quel valore politico che voi gli date. Gli riconosco un valore religioso, alto, importante, tragico, ma non è il mio non è quello degli ebrei, dei musulmani, dei buddisti, dei Testimoni di Geova, di tante altre persone laiche di questo Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Caracciolo.



CARACCIOLO Giovanni

Ci troviamo, oggi, in questo Consiglio regionale del Piemonte, di fronte al caso del crocifisso, sollecitato dai due ordini del giorno presentati, che, con analogia di argomentazioni e di riferimenti storico culturali, chiedono questo dibattito tra le forze politiche qui rappresentate.
Al di là di una certa strumentalità e di un larvato spirito di crociata, intravisto in questi ordini del giorno, mi limiterò a qualche riflessione da socialista laico e cattolico.
Sono conscio che il tema è molto difficile, perché si presta a molteplici interpretazioni e, per quanto mi riguarda, bisognose, sul piano di diritto, di più edotte ed autorevoli disquisizioni.
E' da un po' di tempo che sentiamo dire o scrivere di multiculturalismo; del rapporto tra le varie religioni (quale: "la mia è superiore alla tua"); del fatto che il crocifisso sia o meno un simbolo culturale oppure religioso, oppure, ad un tempo, culturale e religioso; del valore o meno dei sondaggi o delle statistiche nello stabilire che vada mantenuto oppure no; del rapporto tra la vertenza sul simbolo medesimo e il diritto di voto agli immigrati; della destra che attacca, attraverso la sentenza, questo magistrato e, attraverso esso, tutta la Magistratura, e della sinistra che lo difende e, attraverso di esso, difende tutta la Magistratura; del fatto che l'esposizione del crocifisso in tutte le scuole del Regno - come si diceva una volta - sia oppure no uno strumento subliminale per influenzare e/o coartare le coscienze; o del fatto che esso rappresenti oppure no un segnale di una insopprimibile aspirazione clericale al dominio nello stato e sullo stato; di queste cose e di altre ancora.
Ma di cosa mai stiamo parlando? In verità, dovremmo parlare d'altro, di un segno che fa parte del nostro orizzonte umano più profondo, come il suono delle campane e le invocazioni a Dio, alla Vergine Maria, le preghiere per i morti, i campanili che segnano lo scorrere dei paesaggi dei paesi, il culto dei santi, i nomi dei luoghi e delle loro memorie fino al segno della croce che fanno i calciatori prima di entrare in campo. Stiamo parlando della religione, del sentimento religioso più elementare presente nel nostro Paese.
L'eco che questa molteplicità di segni evoca in ciascuno di noi fa parte del mistero profondo racchiuso in ciascuno di noi, perciò, non pu essere evocato o giudicato o strumentalizzato da nessuno.
Se accettiamo e come li accettiamo è affare nostro; la loro accettazione non può essere oggetto di alcuna imposizione. Sono però parte del nostro mondo, di ciò che è stato ed è il nostro Paese, dell'eredità che ci ha fatti tutti così come siamo, dei vivi e dei morti e della loro memoria, della ricchezza e della complessità del nostro tessuto nazionale.
Perciò, se uno solo di essi, come nel caso del crocifisso di Ofena, ci venisse forzatamente sottratto, magari, per cancellare la nostra cultura in omaggio alla multiculturalità - curiosa contraddizione - ci sentiremmo tutti meno tollerati e più intolleranti, soprattutto, più poveri.
La laicità, in questa visione, è lo strumento per mantenere la purezza del sentimento religioso e l'antidoto contro il fanatismo, il fondamentalismo, l'intolleranza e contro la stessa, e sempre possibile trasformazione della chiesa da comunità religiosa a organizzazione di potere. La difesa dei diritti dell'uomo, che la Chiesa Cattolica ha sostenuto intrepidamente come bandiera tutte le volte quei diritti venivano conculcati, non è dunque uno strumento da usare in certe occasioni e da riporre in soffitta quando può risultare scomodo. I diritti dell'uomo rappresentano il fondamento del cristianesimo, servono a difenderlo dalla provocazione altrui e a preservarlo da una sempre possibile deriva assolutistica e teocratica della quale la storia ci fornisce numerosi esempi, che, addirittura, hanno provocato il pentimento e la richiesta di scuse di Papa Giovanni Paolo II.
E' singolare che gran parte di quelli che hanno giudicato inopportuna l'ordinanza abbiano motivato il loro giudizio dicendo che il crocifisso è un simbolo religioso, ma, al tempo stesso, nazionale. Poiché gran parte degli italiani sono cattolici, il crocifisso diventa così simbolo di italianità e, a questo titolo, può - anzi, deve - stare nei pubblici edifici come il tricolore sta sui balconi e il ritratto del Presidente della Repubblica sta appeso alle pareti sopra la testa di un Ministro, di un Prefetto o di un Sindaco. Credo sia evidente l'assurdità di un simile ragionamento.
Per concludere, sono fermamente convinto, come i cristiani francesi estensori del manifesto sulla laicità, che, tra i valori dell'occidente cristiano, quello della libera chiesa, il libero Stato sia essenziale e primario. Davvero crediamo che il principio della laicità dello Stato sia una formula vuota e desueta? Al contrario, essa è il fondamento vivo e operante dello stato di diritto e dei fondamenti civili di una democrazia non meramente istituzionale, ma che si nutre perciò anche della sobrietà e dignità dei suoi simboli. Quindi, la separazione rigorosa dalla sfera religiosa e la condizione dell'effettività di uno spazio pubblico condiviso da tutti i cittadini che si riconoscono nel patto costituzionale di civile convivenza e che proprio per questo lo devono distinguere da quello privato, dove operano soltanto la coscienza e i suoi dettami. O non si vorrà affermare come gli integralisti di ogni confessione, che deve esistere un unico spazio governato solo e prevalentemente dalla legge religiosa? Voterò contro questi ordini del giorno per tutte le considerazioni espresse nel mio intervento. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Valvo; ne ha facoltà.



VALVO Cesare

Presidente e colleghi, credo che anche in questa circostanza il Presidente della Repubblica Ciampi sia stato interprete del sentimento del mondo cattolico e della maggioranza del popolo italiano.
Basterebbe rifarsi alle sue parole per concludere qui il mio intervento, ma consentitemi di svolgere qualche breve considerazione sul fatto grave oggetto della discussione degli ordini del giorno di oggi.
Un comportamento, quello del signor Adel Smith, certamente grave ed offensivo delle tradizioni, della cultura della maggioranza del popolo italiano e che ha avuto e sta avendo, secondo me, conseguenze disastrose che vanno al di là del fatto in sé.
Il comportamento di questo signore - che potrei definire un provocatore e che non ha esitato a servirsi dei propri figli per farsi propaganda personale, non si sa bene a quale titolo - è un comportamento (come si usa dire oggi) di un fondamentalista che ha arrecato e sta arrecando danni incalcolabili al difficile processo di integrazione degli stranieri extracomunitari nel nostro Paese.
Gli italiani per loro natura non sono razzisti, gli italiani fanno della solidarietà un valore autentico, che praticano quotidianamente, e comportamenti come quelli del signor Adel Smith non fanno altro che insinuare in molti cittadini il virus del razzismo, non fanno altro che insinuare sentimenti razzisti.
Credo che ci siano anche altri comportamenti che creano sentimenti di diffidenza, di paura dei cittadini italiani nei confronti degli immigrati extracomunitari, comportamenti anche creati dal legislatore, a volte poco attento nell'emanare norme che vanno proprio in questa direzione.
Mi riferisco, ad esempio, alla legge Turco-Napolitano sugli immigrati una legge che ha rappresentato una vera e propria sanatoria: chiunque era presente nel nostro paese ad una determinata data, a qualunque titolo poteva essere regolarizzato, a prescindere che avesse un lavoro, che avesse una casa e che avesse la possibilità di realizzare un reddito che gli consentisse di poter vivere nel nostro Paese.
Questo che cosa ha provocato? Ha provocato centinaia di migliaia di extracomunitari non in regola regolarizzati con questa sanatoria prevista dalla legge Turco-Napolitano; persone che soggiornavano nel nostro Paese senza avere la possibilità di potersi guadagnare da vivere.
Ecco quindi che c'è stato un incremento considerevole di furti e di rapine. Il numero degli extracomunitari rinchiusi nelle nostre carceri è andato aumentando, così come una prostituzione dilagante sulle strade della nostra Regione e del nostro Paese. E, quindi, diffidenza e paura.
Voi avete a Torino, come noi abbiamo a Novara, alcuni quartieri dove i cittadini hanno paura ad uscire la sera e hanno anche paura durante il giorno a mandare a scuola i ragazzi senza essere accompagnati o dal padre o dalla madre.
Quindi, non possiamo negare che questo tipo di legislazione ha creato una sorta di diffidenza. Contrariamente alla legge Bossi-Fini che ha invece previsto la possibilità per centinaia di migliaia di extracomunitari di regolarizzarsi solo e soltanto nel momento in cui avevano un posto di lavoro e la possibilità di avere un reddito, e quindi essere nelle condizioni di rispettare quelle che sono le norme del nostro Paese. Sono due filosofie estremamente diverse.
Credo che un certo buonismo - come quello che ho letto delle posizioni espresse da varie parti politiche relativamente al comportamento di questo signor Adel Smith - non faccia altro che nuocere al faticoso processo di integrazione dei cittadini extracomunitari nel nostro Paese.
E' per questi motivi che Alleanza Nazionale è fermamente convinta che sia opportuno portare avanti una politica di fermezza e di rigore: possono entrare in Italia e soggiornare nel nostro Paese solo quegli extracomunitari che hanno un posto di lavoro; quindi, coloro che sono nelle condizioni di procurarsi un reddito che consenta loro di evitare di sopravvivere cadendo nella tentazione di procurarsi da vivere con metodi non legali.
Quindi, da una parte la fermezza e dall'altra parte la mano tesa a coloro i quali intendono soggiornare nel nostro Paese rispettando quelle che sono le nostre legge, quella che è la nostra cultura e tradizione.
Noi inquadriamo l'ordine del giorno che abbiamo presentato in un discorso, Consigliere Mellano, di rispetto delle altre culture e delle altre religioni, ma così come noi intendiamo rispettare le altre culture e le altre religioni, pretendiamo che gli extracomunitari che sono presenti nel nostro Paese rispettino la nostra cultura, la nostra religione e le nostre leggi.
A queste condizioni abbiamo portato avanti il ragionamento che il Presidente Fini ha inteso fare a livello nazionale, iniziando a parlare della possibilità di concedere agli extracomunitari presenti nel nostro Paese e che rispettano le nostre leggi la possibilità di votare alle elezioni amministrative.
Per queste considerazioni noi voteremo favorevolmente, oltre l'ordine del giorno che abbiamo presentato, anche quello a firma dei colleghi Angeleri ed altri.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonio

Confesso un certo imbarazzo ad intervenire su un tema così delicato.
Come qualche Consigliere ha ricordato, c'è una delicatezza enorme e ho sempre il timore che la discussione possa diventare un elemento di divisione. Credo che questo sarebbe contrario alla questione che stiamo affrontando.
Prima di fare qualche riflessione, volevo rispondere al Consigliere Marengo, il quale ha voluto ricordarci che il nostro Stato non è laico, ma pare, invece, che la sua affermazione non corrisponda assolutamente al vero. Il nostro è uno Stato laico, mi pare che il Consigliere dei Radicale parlasse di società secolarizzata, questa è la nostra società. Non credo neanche - questo anche per rivendicare una storia politica - che la forza politica che ha fatto riferimento alla dottrina sociale della Chiesa abbia creato uno Stato cattolico. E' una società laica, fortemente laica, quella in cui viviamo. C'è una separazione tra Stato e Chiesa. Rivendico a quella storia questo fatto, che è importante.
Non sono assolutamente d'accordo su alcune proposte avanzate. Non sono assolutamente d'accordo con l'intervento di poco fa del Consigliere Valvo che tende a strumentalizzare una questione delicata, per questioni di bassa cucina politica. Non c'entra assolutamente nulla.
Venendo alla questione che stiamo affrontando, condivido le premesse dell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri dell'UDC. Le premesse ripeto, mi sembrano condivisibili, tuttavia abbiamo dei dubbi per la parte conclusiva, quando si chiede un intervento regolamentare da parte della Regione. Così come abbiamo dei dubbi (molti più dubbi) anche sulla proposta di Alleanza Nazionale che, addirittura, chiede di "predisporre in tutte le scuole del Piemonte una campagna di informazione e sensibilizzazione per far comprendere a tutti gli studenti piemontesi i motivi per i quali il crocifisso rappresenta la nostra identità nazionale ed europea". Bisogna mantenere il massimo di separazione, non è un compito delle istituzioni fare un'azione di questo tipo. Assolutamente.
Entro nel merito della proposta avanzata, della quale, ripeto condivido le premesse, pur non condividendo la parte regolamentare. Non mi pare utile, in questo momento, che delle istituzioni assumano iniziative di tipo regolamentare. E' sufficiente la nostra Costituzione, sono sufficienti le leggi che regolano il rapporto tra Stato e Chiesa, non occorre aggiungere assolutamente altro. Siamo già in una situazione in cui il rapporto tra Stato e Chiesa è definito.
Rispetto alla discussione che stiamo affrontando, il Presidente del Consiglio regionale avrebbe forse potuto fare come ha fatto il Presidente del Consiglio comunale di Milano. Quando la Lega, il 30 ottobre 2002 presentò a Milano un ordine del giorno in cui chiedeva l'esposizione del crocifisso nella sala del municipio, l'Ufficio di Presidenza del Consiglio comunale di Milano rispose in questa maniera: "E' irricevibile, perché lo stemma del Comune di Milano contiene già la croce". Siamo nella stessa situazione.
Lo dico non per deviare un problema, ma per dire che quel simbolo, la croce, è un elemento che fa parte della nostra cultura civile. E' presente in quasi tutti gli stemmi del Piemonte. Basta vedere gli stemmi dei comuni per verificare tutti che la croce è raffigurata. In qualche maniera la croce è già contenuta. Questo non mi esime dal fare qualche considerazione.
Il fatto che sia presente in tutti gli stemmi pubblici sta sicuramente ad indicare - è stato detto, ripetuto e lo condivido - che la croce non è, da noi, ma credo in tutta la cultura occidentale, sicuramente quella europea un simbolo soltanto religioso, ma anche un segno di identità civile e culturale. Questo è un dato di fatto. Nessuno può negare che nel cristianesimo fosse uno dei fattori fondamentali dell'origine della civiltà occidentale, in generale, e della cultura europea in particolare. Questo è un altro dato di fatto. D'altronde, alcuni concetti, lo ricordava Padre Sorge (un gesuita), come il primato della persona, il valore della solidarietà e della sussidiarietà ormai sono elementi laici, ma sono elementi che derivano dalla cultura cristiana e che da tempo fanno parte della cultura civile. Mi pare che questo sia già un altro elemento che indica l'importanza di alcuni concetti. Tuttavia, da cristiano osservo anche se questo non è questione di dibattito in questa sede, che spesso il processo di secolarizzazione, semmai, ha finito per far passare in secondo ordine le connotazioni religiose del crocifisso (un articolo di Barbara Spinelli di alcune settimane fa lo ricordava), ed è rimasto il valore civile, che io difendo.
Sicuramente, per quello che ho imparato, il crocifisso è un simbolo essenzialmente religioso, ma anche di valore universale. Lo dico perché qui le interpretazioni che sono date non sono quelle che i Consiglieri hanno espresso, ma di utilizzare un simbolo per una contrapposizione. E' una cosa diversa. Quanto viene detto e quanto è stato fatto, ad esempio, dalla Lega che utilizza la croce quasi come una clava nei confronti degli extracomunitari o nei confronti dei musulmani, non corrisponde alla logica del cristianesimo, che è una logica universale. Ho l'impressione che questa difesa, così diffusa, del simbolo, venga utilizzata come meglio uno ritiene, in base a questioni di carattere politico. Lo ritengo un simbolo universale e, come tale, va rispettato e non può essere strumentalizzato a fini politici o di parte.
Anche la stessa Chiesa, lo sappiamo, rifiuta la strumentalizzazione politica. Basta leggere che cosa ha scritto il Concilio Vaticano II (c'è stata un'assemblea ad Ivrea con la presenza di Ghigo nei giorni scorso).
Il Concilio Vaticano II dichiara che la Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offerti ad essa dall'autorità, ma che essa rinuncerà all'esercizio di certi diritti acquisiti per garantire la testimonianza dei suoi valori. Questo è quello che afferma la Chiesa.
Lo dico a tutti: non facciamo un servizio alla Chiesa se diventiamo difensori di alcuni privilegi. Assolutamente. Non è quello che ci chiede la Chiesa. L'iniziativa assunta, sicuramente, ci permette di discutere e di assumere una posizione espressa con molta chiarezza e con molta forza anche dal Presidente della Repubblica. Mi chiedo come posso, ad esempio, nel fare questa valutazione, mettermi assieme alla Lega quando, utilizzando questo simbolo per assumere una posizione di chiusura nei confronti dei poveri degli emarginati e degli extracomunitari e sollevando questo problema in tante zone d'Italia (ho citato Milano), ha dimostrato disprezzo per la Chiesa e verso la gerarchia ecclesiastica. Con una forza politica che ha quest'atteggiamento, che difende la croce assumendo atteggiamenti d'incoerenza, non di apertura, nei confronti del povero, non può esserci un elemento di contatto. E' una contraddizione, è pretestuoso. La croce, per forza di cose, quel simbolo universale di cui dicevo prima, non pu assolutamente rappresentare un aspetto di discriminazione culturale, n etica né razziale, perché altrimenti se ne distrugge il significato.
In più, volevo dire agli altri colleghi che si sono animati - in modo particolare al collega Marengo, che fa il difensore dello Stato laico - che l'iniziativa di Adel Smith non è quella di un laico, semmai quella di un integralista contro la religione cristiana e non a difesa dello Stato laico. Noi dobbiamo difendere lo Stato laico. Quindi è un attacco allo Stato laico. Stiamo attenti a non difendere tutti, perché la posizione espressa non è di tolleranza e di rispetto verso la persona, che invece è la nostra posizione di cultura civile occidentale, impregnata di cristianesimo.
Ripeto ancora cos'ha scritto Barbara Spinelli (che condivido) su La Stampa: "Non soltanto si dimentica lo scandalo del Dio uomo inchiodato per colpa dell'umanità - ma questa è una questione di fede - ma si dimentica anche la profonda laicità religiosa che è nel messaggio originario di Ges 'Date a Dio ciò che è di Dio, e date a Cesare ciò che è di Cesare'", il livello di separazione. È sempre stato così, anche se alcuni momenti della storia del mondo sono stati segnati, invece, da una sovrapposizione, che il Papa stesso ha rinnegato, e ha chiesto scusa: il principio della separazione, che ancora non è stata raggiunta dai musulmani né dalla religiose ebraica. Il valore della separazione è un elemento che contraddistingue la cultura europea e, più in generale, quella occidentale.
questo ciò che dobbiamo difendere. Per questo motivo, la croce è segno di debolezza, di servizio e di dominazione e non può diventare un baluardo contro il multiculturalismo fondato sui rapporti di forza. Questo è ciò che voglio difendere, per cui quando mi si chiede anche un intervento delle istituzioni non sono d'accordo, mentre sono d'accordo affermare questi principi e questi valori che ho voluto esplicitare.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Vorrei esprimere un apprezzamento nei confronti dell'intervento che mi ha preceduto, perché ha richiamato molte posizioni in cui posso identificarmi, che spiegano come mai spesso mi trovo al fianco dei cattolici in molte battaglie di grande valore, come quelle della pace o della lotta contro la povertà o a favore degli "ultimi" di questa terra.
Questo spiega come ci siano dei momenti di unità forte sui contenuti da parte di posizioni che, pure sulla questione specifica del rapporto con la religione, sono diverse, sempre nel rispetto.
Quello che oggi è in discussione, però, non sono queste grandi cose anche se ha fatto bene il collega Saitta a ricordarlo nel suo intervento.
Se leggiamo i testi degli ordini del giorno ci accorgiamo che c'è ben altro in discussione: c'è in discussione un uso strumentale di una vicenda che è avvenuta. Mi permetta solo una piccola precisazione il collega Saitta: sicuramente il giudizio che ha espresso di Adel Smith è corretto, ma non è detto che anche un integralista non possa assumere una posizione che non ha caratteristiche integraliste, ma è marginale. Invece credo che ci siamo trovati di fronte ad una strumentalizzazione che ci lascia perplessi e persino demoralizzati. Tutto ciò mi induce a non partecipare al voto di questi ordini del giorno. Dietro ad una grande questione, si nascondono degli ordini del giorno veramente miseri. E le stesse argomentazioni che sono state sollevate sono evidenti strumentalizzazioni. Penso all'intervento del collega Valvo contro gli immigrati e i cosiddetti "ultimi" che la Chiesa, invece, difende. Quella Chiesa che lui cerca di difendere, normalmente non si comporta in modo del tutto diverso e assume posizioni completamente differenti.
Quello che è in discussione, al di là della volontà di chi ha presentato questi ordini del giorno, è ben altro. Quando si sosteneva che si trattava di ordini del giorno che dividono, era vero: inviterei infatti i colleghi firmatari a rileggere il passo in cui si dice che la croce è il simbolo dell'occidente. Non gli si dà esattamente quel valore universale che penso effettivamente abbia, come ha spiegato bene il collega Saitta.
Qui, invece, si vuole affermare un aspetto diverso, un'identità particolare che divide, che è controllo sugli altri.
Anche l'altro ordine del giorno contiene apprezzamenti analoghi.
Allora, sulla questione precisa, credo che il rapporto con le religioni sia individuale, intimo e personale e credo che debba mantenere questo tipo di dimensione. Non credo sia utile votare oggi un ordine del giorno che, in uno Stato che vuole e dovrebbe essere laico, introduce tutta una serie di normative rispetto a questo aspetto.
Leggo quello che ci propone di votare, nel dispositivo finale, il primo ordine del giorno, che recita: "Il Consiglio regionale impegna il Presidente del Consiglio e l'Ufficio di Presidenza ad attivarsi con urgenza affinché predisponga gli adempimenti necessari a regolamentare l'esposizione del crocifisso". Il Presidente del Consiglio dovrà fissare una regola su come esporre il crocifisso negli uffici regionali? Mi sembra veramente una cosa che fa cader le braccia. Dovrà stabilire, nei vari uffici, le modalità di esposizione del crocifisso. Mi pare veramente povera come indicazione. È inaccettabile che si rediga un Regolamento sull'esposizione del crocifisso. Eppure, è quello che si chiede di votare.
L'altro ordine del giorno, oltre ad esprime valutazioni che non so da dove arrivano, parla di "manifestazioni di ignoranza e di intolleranza". Le opinioni altrui possono essere non condivise o respinte, ma non sono intolleranti o ignoranti. Semplicemente si può non condividere, ma non mi pare che ci sia ignoranza in quella posizione. Utilizzare lo Stato perch imponga l'applicazione di una circolare, che forse è dubbia, non mi pare ragionevole.
L'ulteriore invito contenuto nel testo, quello di inserire nel nuovo testo dello Statuto un chiaro riferimento ai riconoscimenti delle radici cristiane della Regione Piemonte, mi pare una forzatura.
Stiamo discutendo dello Statuto in Commissione e si spera che si potrà fare anche in Aula. Invece di affrontare una discussione seria ed ampia in Commissione Statuto, noi proponiamo un ordine del giorno che, in qualche modo, svicola sulla questione e cerca di aggirare il problema.
Per queste ragioni, come ripeto, non parteciperò al voto.
Mi pare che questo ordine del giorno non abbia offerto al Consiglio una buona discussione, proprio per il contesto in cui avviene. La stessa tematica in un contesto diverso, proprio come quello della discussione dello Statuto, potevo trovare un altro livello di dibattito.
Per queste ragioni, sono contrario, ma non parteciperò al voto di questi ordini del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brigandì.



BRIGANDI' Matteo

Signor Presidente e signori Consiglieri, Theodor Mommsen, normalmente spiegava che gli interventi - per la verità, lui si riferiva a interventi di carattere giuridico - sono composti di due parti: la prima - giusta quella della confutazione delle tesi altrui; la seconda - sbagliata quella dell'espressione della propria teoria. Ragion per cui, quanto meno vorrei evitare la parte giusta: vorrei evitare di confutare tesi avversarie, anche perché la maggior parte di quanto, oggi, ho sentito, in questa sede, è completamente fuori luogo.
Credo sia completamente fuori luogo parlare di esposizione del simbolo della croce in un Consiglio regionale, in contrapposizione e in giustapposizione all'azione legale esperita da tale signor Smith. Credo che un Consiglio regionale non si debba preoccupare di un'azione legale, in quanto ci deve essere la separazione dei poteri. Ho sempre sostenuto che il dramma di questo Paese è la commistione tra i tre poteri, a prescindere dall'opportunità o meno dell'esposizione del crocifisso, a prescindere da un attacco proveniente da certa parte dell'islam. Questo è il discorso credo, serio.
Venendo al merito, in riferimento all'ordine del giorno al quale ho chiesto e ottenuto - ringrazio il Consigliere Angeleri - di apporre la firma, devo segnalare quanto segue. In base al principio amicus sum magistris sed magis vera amica est veritas, laddove per magister abbiamo il Consigliere Angeleri, che ci ha spiegato il suo ordine del giorno, e per veritas abbiamo l'esposizione dell'ordine del giorno, che dice cose che si discostano da quanto il Consigliere Angeleri ha detto, ritengo di poter aderire pienamente a quanto il Consigliere Angeleri ha scritto - non che non aderisca - rispetto a quanto il Consigliere Angeleri ha espresso.
Qual è la motivazione? Ritengo che, sicuramente, la separazione fra la religione e lo Stato sia, ormai, un meccanismo acquisito da questo Paese.
Ritengo che non possiamo fare o iniziare guerre confessionali all'interno di questo Paese. Però, ritengo che quanto scritto sia aderente al mio pensiero e penso al pensiero della Lega, cioè, una evidenziazione delle radici e dell'identità del popolo italiano e - se mi si consente - del popolo padano.
Ecco che, in quest'ottica, è opportuno e necessario che ci sia questa esposizione, che non vuole essere un'esposizione meramente confessionale ma un'esposizione sociale: siamo sempre al solito problema di fondo di carattere squisitamente politico e non confessionale di intendere cosa sia il fenomeno dell'immigrazione.
Se noi pensiamo che il fenomeno dell'immigrazione abbia una valenza di carattere assistenziale, allora, dobbiamo crearci questo tipo di problema perché, evidentemente, dovremo dare solidarietà ai più vicini.
Se noi riteniamo che una cosa è l'assistenza al terzo mondo, a coloro che hanno meno, a chi ha avuto la sfortuna di nascere in Paesi meno fortunati del nostro, e diversa cosa è il colmare i bisogni della popolazione di questo Paese, allora, dobbiamo arrivare alla soluzione che il colmare questi vuoti ha due prospettive: la prospettiva di integrazione o la prospettiva di multirazzialità, di multicultura; questi sono i corni del dilemma.
Quindi, riteniamo all'unisono con il Consigliere Angeleri che l'ordine del giorno sia proposto perché riteniamo che il fenomeno dell'immigrazione essendo la solidarietà estendibile a tutti in egual modo, sia un fatto di integrazione quale valore. Se il fatto di integrazione è un valore, è evidente che, da questo punto di vista, non si può che arrivare alla conclusione che l'esposizione del crocifisso sia un bene.
Se, invece, riteniamo di prospettare per il futuro una società che non ha passato, perché non ha radici, allora, siamo su sintonie diverse evidentemente, una delle nostre radici è il simbolo della croce, cominciamo ad abbandonare tutti i simboli.
Certo che sarà sgradevole trovarci in questa povera Italia con la posizione di chi è completamente laico e aperto alle culture più diverse e religiose (in base ai principi di ecumenismo, che hanno origine dal Vaticano II) e chi, invece, ritiene di fare la propria guerra di religione.
Siccome siamo contrari ad ogni guerra di religione in tutto il mondo e siamo ancor più contrari a guerre di religione a casa nostra, è evidente che necessario corollario a questo discorso non può avere valore di integrazione, quindi, l'esposizione come simbolo del crocifisso, di puro carattere laico, è a questo solo fine.
Per tali motivi, credo di aver posto bene la firma, leggendo in questo taglio l'ordine del giorno del Consigliere Angeleri, per il quale, ci valga anche come anticipazione di dichiarazione di voto, esprimo voto favorevole.
In maniera altrettanto favorevole, ma senza apposizione della firma voterò l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Galasso e altri.
Ovviamente, ci sono alcune cose che potrei esprimere, ma ritengo che potranno essere meglio espresse da altri Consiglieri, condividendo non l'antefatto, bensì le conclusioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, volevo ringraziare i molti colleghi che sono intervenuti prima di me, in particolare volevo ringraziare il collega Saitta per le parole che ha usato e per le posizioni e riflessioni che ci ha proposto.
Penso che sarebbe necessario, ancora oggi, avere un momento di riflessione serio, prima di avventurarsi - naturalmente, poi, ciascuno deciderà come meglio crede - in un voto del quale mi sembrano evidenti i rischi e i pericoli.
Capisco la preoccupazione che, dopo la sentenza di cui si è parlato provocata dal ricorso del signor Adel Smith, è nata in una parte importante del mondo cattolico. E' una preoccupazione, io penso, legittima.
Mi hanno colpito in questa occasione le parole e le espressioni che ha usato, secondo me con particolare acutezza ed intelligenza, un uomo (sicuramente lontano dal Consigliere Angeleri) come Fausto Bertinotti il quale, commentando quella sentenza, ha detto: "Una cosa è decidere di non mettere il crocifisso, un'altra cosa è toglierlo". Se provate a riflettere vi renderete conto che è così.
Vorrei sottolineare, poiché anche le dimensioni delle cose e il senso della misura hanno un'importanza nella discussione che stiamo facendo, che si tratta di un episodio circoscritto, non solo per quanto riguarda la decisione del Magistrato, ma circoscritto ed isolato in quello stesso mondo islamico.
Si tratta - lo vorrei ricordare, perché fra di voi ci sono molti uomini e donne di legge - di una sentenza che dovrà passare il vaglio degli alti gradi del giudizio. E' in atto un ricorso e vedremo quale sarà l'esito, ma il nostro ordinamento prevede i mezzi, le vie e gli strumenti per correggere eventuali errori nel rispetto della legge e nel rispetto di un iter che è uguale per questa come per altre sentenze.
E' indubbio che esistano (non conosco il signor Adel Smith, quindi mi guardo bene dal giudicare) fenomeni di integralismo. L'altro giorno una personalità di cui ho una grande stima, il Rettore della Moschea di Parigi Dalil Boubakeur definiva così gli integralisti: "Sono coloro che pensano di potere essere più musulmani di Maometto", il quale invece accoglieva diciamo così - nel suo entourage culture, religioni e fedi diverse.
E' ovvio che è necessaria una battaglia politica e culturale per contrastare queste posizioni, ma sarà una battaglia efficace se saprà volgersi verso tutti gli integralismi. Questo a me pare un altro punto di una certa importanza e una questione sulla quale chiedo che ci sia una riflessione e sulla quale ritengo, per quel che posso giudicare, esista una sensibilità nel mondo cattolico molto importante e positiva.
Non voglio accusare nessuno di strumentalizzazione; personalmente rispetto tutte le posizioni, però il rischio obiettivo, al di là delle volontà, che questa diventi una discussione strumentale, dovrebbe essere evidente.
Non capisco come, in persone così sensibili, questa preoccupazione non sia presente, al punto che chiedo - signor Presidente del Consiglio e cari colleghi - sarà un caso se in tanti anni, fino ad oggi, questo problema non è stato mai posto? Ma davvero ci voleva Adel Smith e quella sentenza del Tribunale dell'Aquila perché vi accorgeste dell'importanza del crocifisso e dell'importanza di affiggerlo in questo Consiglio regionale? C'era bisogno di questo? Indubbiamente c'è un elemento che fa pensare. In alcuni interventi, per fortuna non tutti, anche di coloro che la pensano diversamente, non abbiamo sentito parlare del crocifisso, abbiamo sentito parlare dell'immigrazione e abbiamo sentito i giudizi, che non sto a commentare.
Quindi, è vero che si tratta, come qualcuno ha detto, di questioni che riguardano la coscienza personale. In questa circostanza, ciascuno si pronuncerà come crede, anche il nostro Gruppo, ma personalmente penso di non partecipare a questo voto, per sottrarmi a quella che ritengo un'ingiustizia in questa richiesta.
Concordo in questo con quanto detto dal collega Mellano: penso che una maggioranza, che pretenda di affermare come maggioranza un punto di vista su questa questione, compia in qualche modo - lo dico sottovoce - una specie di violenza, secondo me non accettabile.
Vorrei far notare alcune cose che riguardano gli ordini del giorno presentati. Mi rivolgo a tutti, ed in particolare al collega Galasso che presiede la Commissione Statuto. Leggo questo documento che è stato presentato, dove in uno dei punti il dispositivo recita: "impegna ad inserire nel nuovo testo un chiaro riferimento e riconoscimento delle radici cristiane della regione Piemonte." Voi sapete che quando stabilite che una maggioranza può affermare una cosa, nello stesso tempo dichiarate legittimo che un'altra maggioranza potrebbe dichiarare il suo contrario? Nel momento in cui una maggioranza può dichiarare che ci sono le radici cristiane, potrebbe esserci un'altra maggioranza che dichiara che tali radici non ci sono. Di conseguenza il Consiglio regionale della Lombardia deciderà sulle proprie radici, il Consiglio del Veneto su quelle venete e quello dell'Emilia Romagna su quelle emiliane.
Ma cosa avete in testa? Quale Paese immaginate? Un Paese nel quale ciascuno decide quali sono le proprie radici su cose del genere? E poi dite che la prima parte della Costituzione non è in discussione? Ma voi attraverso questa iniziativa, in realtà, mettete in discussione proprio la prima parte della Costituzione che, per fortuna, regola per tutti questa materia.
Chiedo che teniate conto di questi aspetti e che, pur riconoscendo la legittima preoccupazione che vi muove, riflettiate su questi aspetti che non riguardano solo lo spazio della polemica di un pomeriggio. Sono aspetti sui quali, nei rapporti fra di noi, si misurano quelle questioni più di fondo che consentono lo svolgimento di un confronto, di una discussione e di un dialogo fra posizioni pur così diverse. Questa a me pare una cosa davvero importante.
Nella mia condizione di non credente non mi avventuro, per rispetto delle posizioni altrui, in nessuna discussione sulla religiosità del simbolo della croce. E' una cosa che lascio alle convinzioni proprie di chi, su questo terreno, costruisce la propria identità e conforta la propria coscienza.
Vi chiedo semplicemente, fatta questa discussione della quale - caro collega Angeleri e cari amici dell'UDC - riconosco l'utilità, di prendere atto che questa discussione c'è stata, che è stata utile e che ha un valore in quanto tale. Prendetevi il merito di averla provocata, di averla resa possibile, ma non la spingete - vi prego - ad un voto, che non sarebbe comprensibile e nel quale, al di là delle vostre personali convinzioni, il rischio di un'intenzione strumentale sarebbe troppo forte.
Vi ringrazio e vi sarei davvero grato se prendeste in considerazione questa richiesta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Credo che a nessuno sia sfuggito che il patto che lega noi e la nostra gente sia stato scritto dai nostri padri costituenti nel 1948, ponendo come stella polare di riferimento l'uguaglianza di tutti i cittadini, anche senza distinzione di religione. Questo principio generale ha maggiore valore di un regio decreto della fase nascente del fascismo, relativo all'obbligo d'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
C'è un tentativo, oggi - giustamente il Consigliere Marcenaro, parlando dello Statuto, ha fatto alcune importanti sottolineature - di piegare la prima parte della Costituzione. Ho già cercato di evidenziare, attorno al principio di sussidiarietà orizzontale, che alcuni settori cercano di considerarlo, così com'è stato espresso dalla riforma costituzionale, come elemento guida che piega i caratteri della prima parte della Costituzione.
Con questa operazione, volutamente o non volutamente, colpite il principio di uguaglianza, che è il fondamento della convivenza. Non voglio togliere nessun valore al significato, anche di carattere di civiltà, che assume il simbolo della croce, anche se qui vedo più un carico quasi religioso e confessionale nella sfida che si determina nei confronti di un'altra religione. Penso che questo sia pericolosissimo. Potrei ancora accettare di evocare un carattere di civiltà, ma se è un simbolo religioso allora voi state per fare una violenza anche nei miei confronti che non sono credente, che sono un cittadino italiano, tra l'altro eletto, e rappresento una parte della nostra collettività. La nostra convivenza oggi, è basata sulla laicità delle istituzioni.
Il Consigliere Marengo questa mattina ha fatto un po' la storia della formazione dell'Italia che aveva, a suo fondamento, la laicità delle istituzioni pubbliche, che è l'elemento dove si forma l'equilibrio dei rapporti, la dinamica sociale, la dialettica. Questa è una conquista non solo del nostro Paese, ma di quasi tutte le società occidentali. Il principio è che le istituzioni pubbliche sono di tutti, come dovrebbe essere la scuola. Voi, qui dentro, avete discusso di provvedimenti che frantumano il principio, per esempio, che la scuola sia di tutti e che nella scuola si forma il pluralismo nella dinamica del confronto tra tutte le tendenze. Voi favorirete il formarsi della scuola musulmana. Con il vostro meccanismo di privilegiare una segmentazione della scuola, favorite quelli che oggi, portando il simbolo della croce, vogliono farne un simbolo religioso. Tutti noi possiamo valorizzare e difendere i valori cui crediamo, ma in una responsabilità individuale. Questo dovrebbe essere il modo per affrontare temi molto complessi. Penso alla bioetica, penso alla famiglia, che se si affrontano attraverso schieramenti che hanno una valenza confessionale, creano in una società elementi di freno d'arretramento e di condizionamento. Ritengo che sia grave, oggi, proporre una specie di soluzione coercitiva all'esposizione del crocifisso negli edifici pubblici. Dicevo, fate una violenza nei miei confronti perché fate valere la legge dei numeri, ma non rispettate il fatto che l'istituzione è di tutti e rappresenta il punto di equilibrio del pluralismo. Voi, invece caricate le istituzioni di una forte caratterizzazione perché così fate assumere, al significato della croce, una valenza di parte.
Non voglio pensare che dietro a quest'operazione ci siano questioni di piccolo cabotaggio politico d'accreditamento, magari, presso la Curia (intanto l'Assessore Leo vi ha già bruciato, perché ce l'ha lui l'accreditamento, quindi la corsa è già falsata in partenza).
Mi è dispiaciuto quando il Consiglieri Angeleri chiedeva al Consigliere Saitta "ma poi come voti"? Quasi a volerlo mettere in difficoltà (tra l'altro, il Consigliere Saitta ha fatto un intervento bellissimo, legger poi i resoconti) per poi andare all'esterno e dire: "Vedete come il Consigliere Saitta ha votato?". Se tutta la questione deve finire così - io spero di no, spero che ci prevalgono grandi valori - diventa uno scontro estremamente falsato. Quando si chiede, si sollecita ad un Consigliere come voterà, è chiaro che c'è un elemento ...



(Proteste del Consigliere Angeleri)



TAPPARO Giancarlo

Presidente, scusi, invece di crogiolarsi nel suo Nirvana, le chiedo di permettermi di finire l'intervento. E' chiaro che qui c'è un'operazione attorno ad un gran simbolo che si gioca nella bottega politica degli accreditamenti, dei piccoli interessi, di uscire all'esterno con i giornalisti che faranno la graduatoria: "Questo sì", "questo no", "questo ma". Poi magari qualcuno dirà: "Chissà che gente c'è in Consiglio regionale: sono contro la croce". Domani mattina qualcuno dirà: "Pensa, il Consigliere Tapparo non ha partecipato al voto. Chissà, sarà un miscredente, un diavolo". Credo che questo non giovi all'Assemblea. Nulla toglie, ovviamente, al gran significato della croce, ma in Italia storicamente, abbiamo avuto un percorso di costruzione delle istituzioni dove la non esposizione nei luoghi pubblici d'alcun simbolo religioso non è stato vissuto in nessuna epoca come un'emarginazione del cristianesimo.
Questa scelta, come voi sapete, Consiglieri - almeno spero che qualcuno lo sappia - cioè il principio di non esporre nei luoghi pubblici alcun simbolo religioso, nasceva dal fatto di rispettare il credo, che può essere diverso e che adesso, con le correnti migratorie, comprenderà tutte le confessioni ma anche i non credenti (ce ne saranno altri, non siamo solo quattro gatti). Il principio di laicità dell'istituzione, secondo cui non si espongono nei luoghi pubblici simboli che possono rappresentare un segmento della società, rappresenta un grande valore che non mortifica il notevole significato di civiltà, e di fede, della croce: il grande significato sono il primo a riconoscerlo, non da crociato, che mi sembra una logica distorta - ma il grande significato che assume in Occidente, per il suo percorso millenario, questa vicenda. Con questo equilibrio si sono strutturate società che hanno espulso l'intolleranza religiosa e hanno favorito la convivenza civile. Solo poco più di trecento anni fa in Piazza Castello hanno impiccato e poi bruciato un pastore valdese (c'è una targa in ricordo che vi invito a vedere). E' un fatto molto evocativo Quanta strada si è fatta rispetto a quella violenza. Quanto è bello poter convivere con un cattolico praticante, fervente, con un cattolico non praticante, con un laico e con un ateo. Quanto è bello che tutti magari, si uniscano in battaglie comuni e la divisione religiosa non influenzi scelte per guerre di civiltà. Questo è il progresso.
Voi invece, oggi, fate fare un passo indietro a questo progresso, a questo pluralismo e a questa convivenza civile. Forzando, cagionate un danno a questo tipo di convivenza - vi chiedo, appunto, di non farlo - e non rispettate, a mio giudizio, le grandi indicazioni della Costituzione, a prescindere da ciò che ha detto il Presidente della Repubblica sul crocifisso.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Grazie, Presidente.
Ho l'impressione che sia sempre rischioso avviare una discussione su una sentenza - per altro verso molto provvisoria - dell'Autorità Giudiziaria, anche perché tendo sempre a considerare più interessanti le sentenze politicamente scorrette rispetto a quelle politicamente corrette che tutti ci aspetteremmo. In secondo luogo, perché questa sentenza - non possiamo nasconderlo - è stata salutata con riprovazione praticamente dall'intero schieramento politico italiano e dalle massime cariche dello Stato - mi rendo conto della facilità con cui il Consigliere Angeleri ha potuto promuovere questo tema - che hanno sostenuto, nella sostanza, ci che i Consiglieri Angeleri e Galasso sostengono all'interno di quest'aula e cioè che il simbolo della religione cattolica (e non in generale il simbolo del cristianesimo) costituisce una cifra di identificazione civile e politica del nostro Paese e quindi è da considerarsi, prima che giuridicamente illegittimo dal punto di vista politico, nella sostanza riprovevole, ogni tentativo di restituire, a forme anche di evidenza laica lo spazio delle istituzioni e dell'Amministrazione Pubblica.
Dico questo perché mi rendo perfettamente conto che un'operazione politicamente strumentale - e non per questo ignobile, come molte operazioni politiche sono - ha alle spalle l'humus dell'equivoco e della sostanziale compromissione politica ed ideologica che quasi tutte le più alte istituzioni dello Stato hanno dimostrato in un caso di questo tipo.
Da questo punto di vista, penso che il Consigliere Angeleri abbia gioco facile a ricordare che lui chiede semplicemente di tradurre, in un atto amministrativo, quanto il Presidente della Repubblica ha affermato per così dire ex cathedra, e chiede di tradurre, in un atto amministrativo interno alla nostra Regione, quello che il 90% dei Partiti del nostro Paese hanno ritenuto di appoggiare e di sostenere nelle parole del Presidente della Repubblica.
Dico questo perché ho l'impressione che su questa materia la prudenza e la moderazione (non mi riferisco a quelle dei toni e delle parole, ma delle posizioni e delle scelte) siano normalmente un fattore di equivoco, e non di chiarezza. L'aver scelto di essere insieme lo Stato della laicità, lo Stato del Concordato, lo Stato che si fa forte di leggi sul pluralismo religioso, lo Stato dell'ora di religione, lo Stato che difende la libertà religiosa, lo Stato che assume a carico dell'erario i dipendenti della scuola nominati dal Vescovo, crea, obiettivamente, una situazione di equivoco, in cui tutti quanti sono costretti a dibattersi e in cui una serie di interventi all'interno di quest'Aula hanno cercato, in modo molto alto e nobile, di muoversi con attenzione ma anche con fatica.
Ho l'impressione che dovremmo, al contrario, con la nettezza e magari con la stessa strumentalità del collega Angeleri, provare ad assumere e ad affermare una verità politica diversa, quella per cui la cifra laica o religiosa dell'identità italiana è un equivoco che va sciolto radicalmente e che non può continuare ad essere accettato e risolto situazionisticamente togliendolo dai seggi elettorali ma mantenendolo nelle scuole, ritenendo che non debba stare nelle aule consiliari in cui non c'é ma mantenendolo nelle aule consiliari in cui c'è - perché in questo modo, ma è la mia umilissima impressione, non solo non si capisce che cosa vota questo o quell'altro Consigliere, ma non si capisce neppure qual è la proposta, in termini civili e politici, delle singole forze politiche o delle persone che scelgono di pronunciarsi su questi temi.
Penso che con maggior nettezza dovremmo dire che lo spazio pubbliche non è lo spazio vuoto, ma è lo spazio aperto: è lo spazio pieno della libertà di tutti gli individui che lo compongono, e pieno delle scelte di tutti gli individui che accettano, nello spazio pubblico, le regole della propria convivenza. Bisognerebbe avere il coraggio di affermare che, in positivo, cancellare i simboli religiosi dallo spazio pubblico non è sottrarre nulla all'identità delle persone che coltivano quelle fedi, ma è restituire un quid di libertà in più a tutti coloro che altre fedi o nessuna fede ritengono di condividere, ma sono costretti a condividere con tutti gli altri lo spazio pubblico in cui si trovano a vivere.
Lo dico senza nessuno spirito di polemica, ma con grande chiarezza: viviamo in una città in cui l'Amministrazione del Comune di Torino (che è di segno politico sostanzialmente diverso rispetto a quella che governa la Regione Piemonte) da anni difende, rispetto alle richieste di alcuni Consiglieri comunali spesso anche di maggioranza, la scelta di mantenere un simbolo religioso all'interno dell'Aula consiliare. Mi rendo conto che in una situazione del genere diventa molto difficile sostenere che in un'altra aula consiliare, di un altro palazzo delle istituzioni, all'interno della stessa città, la medesima cosa che è prevista, consentita, sostenuta promossa e difesa fortemente in un'aula consiliare, non debba essere replicata nell'altra aula. Lo dico non per estremismo, ma per chiarezza: o diciamo, in maniera chiara, che lo spazio pubblico è spazio aperto, in quanto spazio libero, oppure inevitabilmente le scelte di questo o di quell'altro palazzo, di questa o di quest'altra aula scolastica, di questo o di quell'altro seggio elettorale, saranno sostanzialmente sottoposte alle contingenze e alle convenienze di chi avanza delle proposte o di chi eleva delle proteste, e sarà indecifrabile per qualunque singolo cittadino, per qualunque cittadino che vive, di queste istituzioni e all'interno di queste istituzioni, non qual è tecnicamente la giurisprudenza, ma qual è il senso civile dello Stato laico e come le istituzioni dello Stato laico interpretano questa laicità.
Questo non significa che dovremo votare in modo contrapposto - infatti non l'abbiamo presentata - una mozione in cui invitiamo il Sindaco e il Presidente del Consiglio comunale della città di Torino a rimuovere il crocifisso dalla Sala Rossa della città di Torino, però dobbiamo tenere tutti presente che questo problema si pone perché è un problema che si pone obiettivamente alle coscienze di tutti i cittadini.
Rispetto ai rapporti col mondo islamico, ho sostanzialmente un'opinione diversa da quella che ho sentito da altri colleghi. Non penso che il signor Smith sia un pericolo. Il signor Smith è un pericolo vero per le sue capacità pugilistiche per chi fa dibattiti con lui, lui non rappresenta nulla, non rappresenta nulla del mondo islamico italiano, non rappresenta nulla, né in positivo, né in negativo. Personalmente, mi hanno molto più preoccupato le reazioni più apparentemente moderate e autorevoli di altri esponenti - non tutti, non parlo dell'ambasciatore Scaloja - di organizzazioni islamiche, che, sostanzialmente, hanno scelto di abbandonare il signor Smith su questa battaglia, per iniziare una battaglia di numeri e di forza che, nei prossimi anni, ci condurrà alla discussione di quanti simboli religiosi andranno affissi nelle aule scolastiche di questo Paese.
Interpretando, non troppo in trasparenza, le parole di questi esponenti islamici, non leggiamo la difesa della cifra religiosa cristiana del nostro Paese, leggiamo il senso di un rapporto di forza che le dinamiche demografiche, già in alcune scuole di questa città, già in questo momento rischiano di far pendere la bilancia dei simboli religiosi verso studenti e famiglie di religione islamica.
Concludendo, ho l'impressione che questo problema, se lo vogliamo affrontare come un problema storicamente e politicamente molto significativo, lo dobbiamo affrontare con una nettezza altrettanto significativa.
Temo che non potremo continuare troppo a lungo a barcamenarci con espressioni anche molto significative (come quelle che ricordava il collega Marcenaro: una cosa è mettere, una cosa è togliere), che hanno sicuramente, il senso della verità e della riflessione su questo problema citando, mi pare, l'On. Bertinotti - ma che non ci consentiranno, di qui ai prossimi anni, di giungere con un impianto definito, di riflessione e di impostazione, ad una decisione.
Vorrei che tutti quanti avessimo il coraggio di pronunciare le parole che ci uniscono: sono le parole della libertà e della laicità, in quanto sono le parole della libertà e della laicità di tutte le fedi.
Temo che il gioco dei simboli da affiggere o da togliere dalle aule delle istituzioni o dalle aule scolastiche ci porterebbe molto lontano, ma nella direzione sbagliata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Signor Presidente e colleghi, intervengo volentieri in questo dibattito sui due ordini del giorno presentati. Mi sia consentito anche un intervento in linea più generale relativamente ad un tema che inizia con i fatti verificatisi ad Ofena, ma non solo, certamente, lo si può definire il fattore scatenante del dibattito apertosi nel Paese. Sono Consigliere comunale della Città di Verbania e ieri sera abbiamo discusso del crocifisso dalle nove e mezza fino alle tre di notte, ed è un fatto che si verifica raramente. Risulta che, più o meno, in tutti i Consigli provinciali o comunali, penso anche qualche comunità montana, ma certamente in tutti i Consigli regionali e al Parlamento nazionale (com'è noto, le assemblee legislative), si è discusso e credo che si discuterà a lungo di questo tema.
Preciso subito che intervengo in quanto Consigliere regionale, così come abbiamo deciso come Gruppo di Forza Italia - secondo me, non potrebbe che essere così. Ho apprezzato l'intervento del collega Marcenaro, che lo ha precisato anche a nome della sua parte politica, di non concedere, ma di garantire - mi sia consentito - su un tema importante come questo, la libertà ad ognuno dei Consiglieri regionali del nostro Gruppo di esprimere il proprio voto, che nel dibattito - ci mancherebbe - è sempre garantita.
In questo dibattito, più al mattino che al pomeriggio, abbiamo sentito parlare a lungo anche del tema collegato, quello degli immigrati, la riscoperta dell'abitudine e della valorizzazione o del credo in valori come la tolleranza, l'accoglienza, la solidarietà. Questa discussione era inevitabile: il fattore scatenante è costituito dai fatti verificatisi ad Ofena, dall'esposto del signor Adel Smith che, in un primo momento presentò in quanto cittadino e, dopo il rigetto dell'esposto, lo present in veste di genitore di un figlio che frequenta quella scuola comunale questa volta, come noto, è stato accolto.
Come ricordavano altri colleghi, c'è un problema di legittimità, di legalità, poi, qualcuno dovrà esprimersi in via definitiva, relativamente al fatto se questo regio decreto del 1924 (confermato nel 1928) sia ancora legge dello Stato. Mi corre l'obbligo di ricordare al collega Tapparo - mi dispiace che non sia presente - che non so se fu fatto all'apice del fascismo (del 1924 o del 1928), ma, certamente, dopo il Concordato del 1929, fu ripreso nel Concordato del 1984, firmato tra lo Stato italiano e la Santa Sede dal Presidente del Consiglio di allora (On. Bettino Craxi).
Si tolse la valenza di religione di Stato alla religione cattolica, ma non fu abrogata la legge che imponeva - e, dal mio punto di vista, impone, per quanto mi è dato sapere - l'esposizione dei crocifissi nelle scuole. Per onestà intellettuale, ricordo che ci sono delle scuole che il crocifisso non lo espongono da 10, da 15, da 20 anni e nessuno, prima di questi fatti si era particolarmente adoperato per riesporlo nuovamnete.
Non sapevo che fosse l'On. Bertinotti, però, concordo sul fatto che un conto è volerlo andare a mettere e rimettere; un conto è toglierlo.
Credo che bene abbia fatto quel magistrato della porta a fianco rispetto al primo, a sospendere, di fatto, quell'ordinanza (non si tratta di una sentenza, ma di un'ordinanza). Faccio un inciso: è anche imbarazzante per uno Stato non aver trovato un ufficiale giudiziario per eseguire quell'ordinanza. Come sapete, una serie di ufficiali giudiziari hanno addirittura rifiutato di essere esecutori dell'ordinanza del magistrato.
Adel Smith è sicuramente un provocatore - dicendo questo non voglio mancargli di rispetto o offenderlo - un estremista: ho particolarmente apprezzato il fatto che i primi che lo hanno dipinto come tale siano stati proprio esponenti islamici, che, come noi, come la nostra società riconoscono quali valori fondanti, insieme a quelli importanti della libertà e della verità, anche i valori dell'accoglienza, della tolleranza e della solidarietà.
Certo è che il nostro Paese, attraverso le istituzioni, è riuscito a fargli un bel servizio. Penso che, in queste ore, Adel Smith sia soddisfatto: è riuscito a scatenare un dibattito importante su un tema estremamente - non delicato - rilevante, nella nostra società, nella nostra cultura e non solo, come quello dei valori del crocifisso e dell'esposizione dello stesso crocifisso. Anche lì abbiamo visto che l'Amministrazione comunale di Ofena, avendo scoperto che il signor Adel Smith abita in un condominio posizionato in una via non ancora rubricata nella toponomastica cittadina, sta pensando di fargli un dispettuccio e cioè dare uno di questi nomi alla via in cui abita: "via crocifisso", "via dell'esposizione del crocifisso" o quant'altro.
Credo che il crocifisso esposto nell'aula di una scuola o in un edificio civile, quindi non in una chiesa, oltre ad avere un valore cattolico e religioso che appartiene ad ognuno di noi in senso sia collettivo che singolo, sia anche un simbolo di civiltà e di appartenenza.
Io mi riconosco - molti lo hanno fatto - nelle parole del Presidente Ciampi che, a caldo, richiamando la vicenda, ha fatto riferimento anche all'identità collettiva nazionale.
Certo il crocifisso è un simbolo che deve essere rispettato, perché è il simbolo di un'umanità sofferente, un messaggio di amore universalistico ed è, come diceva il Papa, il simbolo forse più eloquente della civiltà della luce.
Procediamo con la discussione degli ordini del giorno. Non voglio giudicarli, ma molti si sono chiesti - alcuni in modo garbato, altri in modo più evidente - cosa ci sia dietro, se si vuole strumentalizzare l'argomento sotto l'aspetto politico. Credo siano stati semplicemente richiamati i temi in discussione nel dibattito che è in atto nell'opinione pubblica. Credo che gli stessi proponenti lo possano riconoscere e non lo vogliano celare e al riguardo non vedo alcun peccato. Riconosco che la presentazione di tali ordini del giorno è stata immediata.
Il primo ordine del giorno, quello dei colleghi dell'UDC, chiede all'Ufficio di Presidenza di attivarsi per predisporre gli adempimenti necessari per l'esposizione del crocifisso negli uffici della Regione, del Consiglio e - se non ho letto male nei giorni scorsi - anche nell'aula consiliare, sede della nostra assemblea.
Io non ho nulla in contrario, anche se, nel rispetto di ciò che ho detto prima e nella laicità dello Stato, credo che non bisogna essere particolarmente attivi nell'andare a strappare i crocifissi dove sono esposti, così come andarli a mettere a tutti i costi dove non ci sono quasi come un rincorrersi per esporre un crocifisso in più o in meno.
Credo che, proprio per quei valori a cui ho già fatto riferimento e che ha richiamato anche il Capo dello Stato, quindi come simbolo dell'identità collettiva nazionale, con un valore laico e con quegli ideali e valori propri del crocifisso, non ci sia nulla di male nell'esposizione del crocifisso in quest'aula. Certamente, hanno ragione anche i colleghi radicali, deve esserci una valutazione, perché non bisogna fare forzature.
Credo che ogni Consigliere (non è un colpo di maggioranza, perch l'abbiamo detto prima e credo che la maggior parte delle posizioni siano queste) sia libero di esprimere la propria posizione ed il proprio voto. Se su questo tema la maggioranza è d'accordo e se l'Assemblea dovesse decidere in questo senso, l'Ufficio di Presidenza farà le valutazioni, farà una sorta di atto amministrativo e, con il parere legale che è stato chiesto vedrà se sarà possibile rispettare quanto stabilito dal Consiglio regionale, ammesso che quest'ultimo ritenga, nella sua piena democrazia e libertà, di approvare questo ordine del giorno.
L'ordine del giorno dei colleghi di Alleanza Nazionale ritengo sia estremamente garbato e sostenibile da parte del Consiglio regionale, perch non obbliga né impegna nessuno, ma invita la Giunta, la Commissione Statuto e il Governo a tenere conto delle loro proposizioni e delle loro proposte.
Per quanto mi riguarda lo voto volentieri e mi impegno, così come ognuno di voi può fare, favorevole o meno a questo ordine del giorno, a valutare con attenzione e ad esprimere nel merito una posizione sulle proposte, che dovranno essere certamente più compiute e - mi sia consentito anche sostenute da ulteriori riflessioni.
In particolare, mi riferisco all'inserimento, nel nuovo testo dello Statuto, del riconoscimento della radice cristiana della Regione che credo sarà uno dei punti, almeno nella parte dei principi, che vedrà la Commissione prima e il Consiglio regionale poi discutere e dibattere.
Mi auguro che su questo non vi siano delle divisioni, ma si trovi una formulazione, qualunque essa sia (richiamandosi alla Costituzione o esplicitando il concetto), che vede non una divisione del Consiglio regionale, ma una condivisione su una scelta precisa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Giordano; ne ha facoltà.



GIORDANO Costantino

La croce è il simbolo più importante della religione, in cui si riconosce la maggioranza degli italiani, un simbolo forte, una delle icone più significative della cultura europea. Per questo motivo esporre il crocifisso in un'aula è un gesto che equivale a esporre uno degli emblemi più importanti della nostra civiltà. Naturalmente ciò non esclude il confronto con culture e religioni diverse da quelle della maggioranza degli italiani.
Le nuove generazioni vanno, in questa ottica, educate al rispetto della diversità ed alla tolleranza, ma rispettare e tollerare non significa rinnegare la propria identità.
Lo Stato italiano laico garantisce a tutti i cittadini la piena libertà di culto, ma, pur tenendo ben presente questo principio cardine delle nostre istituzioni, non possiamo dimenticare le radici sociali, culturali storiche e religiose della popolazione italiana.
Ricordo brevemente le parole pronunciate dal Cardinale Esilio Tonini: "Rimango stupefatto e senza parole. Come si fa ad ordinare la rimozione dalle aule scolastiche, del crocifisso che è il simbolo dei valori di fondo del nostro Paese.
Con questa sentenza si offende la maggioranza del popolo italiano ed anche lo spirito della Costituzione.
Il rischio è quello di trovarci di fronte ad una totale mancanza di reciprocità da parte del mondo islamico, nei riguardi della religione cristiana cattolica.
Lo straniero che viene in Italia, appartenente ad una cultura diversa dalla nostra, deve essere preparato a trovare esposti nei luoghi pubblici quindi anche nelle aule scolastiche, i simboli delle nostre radici e della nostra storia.
Questa sentenza è soltanto il principio di una necessaria riflessione sulla convivenza tra culture diverse e su quale ruolo riveste in questo confronto la scuola.
Resta difficile comprendere in base a quale dispositivi legislativi si possa arrivare ad eliminare un simbolo dei valori religiosi e culturali di un popolo, soltanto perché qualcuno potrebbe sentirsi intimamente disturbato dalla loro esposizione".
Ricordo, inoltre, che lo stesso Ministro dell'istruzione ha precisato che si applicano e si continuerà ad applicare le disposizioni di legge del 1923, mai abrogate, che fanno obbligo di esporre il crocifisso in tutte le scuole, così come in tutti i Tribunali. In questa prospettiva i giudici possono soltanto applicare le leggi e se hanno dei rilievi da fare possono rivolgersi alla Corte Costituzionale. Dunque, non siamo di fronte ad una questione di concordato o di accordi tra Chiesa cattolica e Stato italiano siamo piuttosto in presenza dell'applicazione di una legge dello Stato tuttora vigente.
La normativa, infatti, non è stata cambiata da nessun Parlamento, ne da alcuna Corte Costituzionale. Basandoci su una malintesa tolleranza rischiamo di appoggiare i più estremi fondamentalismi. Signor Presidente e signori colleghi, non dimentichiamo che ci sono leggi vigenti applicabili del nostro Stato che tutelano i nostri valori morali e civili, mettendoli al riparo da sentenze che rischiano di creare profonde spaccature nella coscienza individuale e collettiva. La sentenza che ha riguardato la rimozione del crocifisso è stata considerata, da noi, priva di buon senso e per questo anche di legittimità dato che contravviene alle leggi dello Stato. Togliere il crocifisso dalle aule scolastiche, è sbagliato dato che come ho detto prima, si contravviene alle leggi dello Stato e anche alla cultura e dal comune sentire della maggioranza della popolazione italiana.
In questo momento storico la nostra Repubblica ha bisogno di punti di riferimento sicuri, valori profondi in cui credere, dato che la collettività sta attraversando una crisi profonda che si manifesta in tutti i campi: dall'incertezza dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro, agli anziani che si sentono ogni giorno meno tutelati e garantiti.
La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche può rappresentare un simbolo di unità e di pacificazione sociale. Penso che a tale riguardo le parole della scrittrice Natalia Ginzburg, pronunciate una dozzina di anni fa per una questione analoga, possono essere emblematiche, ancora attuali.
Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule di scuole, a me dispiace che il crocifisso scompaia perché non genera nessuna discriminazione: tace, è la, silenzioso, il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine e i chiodi evocano le sue sofferenze, la croce che pensiamo alta in cima al monte è segno della solitudine e della morte. Il crocifisso fa parte della storia del mondo, per i cattolici Ges Cristo è figlio di Dio e il crocifisso li rappresenta tutti. Decidere di togliere il crocifisso dalle aule manifesta incomprensione per la sostanza del messaggio che viene dalla croce stessa, ovvero un segno di amore immenso, spinto fino al sacrificio di sé e al perdono dei nemici, segno del riscatto del male e perciò speranza di liberazione integrale. La laicità intesa come cancellazione di ogni espressione tradizionale della cultura nazionale, rappresenta il vuoto e sul vuoto non è possibile costruire il futuro perché nella nostra cultura e nella nostra storia che richiedono i presupposti per guardare con fiducia e serenità il nostro domani. Non dimentichiamo, signor Presidente e signori colleghi, che il crocifisso è dunque un emblema non solo da rispettare, ma anche da difendere con tenacia e convinzione.
Vengo ora ai due ordini del giorno presentati dai Consiglieri del centrodestra. I due ordini del giorno, in realtà, ci mettono in profondo imbarazzo. Nell'ordine del giorno presentato dai Consiglieri di Alleanza Nazionale, ho l'impressione che si sia confuso la croce che gli immigrati portano, con il crocifisso: due croci completamente diverse.
Il secondo ordine del giorno ci da l'impressione di voler speculare su questa immagine che noi non riteniamo opportuna per la correttezza e la serietà che abbiamo nei confronti dell'Aula e dei cittadini che noi rappresentiamo. Per questo chiederemo di votare separatamente i vari argomenti all'interno dei documenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Come è accaduto altre volte, affermiamo di affrontare argomenti importanti e significativi, ma poi l'attenzione dell'aula scende a livelli decisamente bassi (ma tant'é, cosi va il mondo).
Mi sembra che ci sia poca chiarezza nelle cose che stiamo facendo in quanto i dispositivi degli ordini del giorno prevedono delle prese di posizione che sono sicuramente diverse da tutto quanto viene detto negli ordine del giorno in precedenza e dalle molte parole che sono state dette in quest'aula relativamente ai documenti. Parlare della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, parlare di questi argomenti, non si capisce come sia propedeutico per quanto ci riguarda e per quanto riguarda le decisioni che si vorrebbero prendere con questi ordini del giorno. In parte è stato sollevato, ma io lo voglio ribadire, che il principio di libera Chiesa in libero Stato, purtroppo, diventa sempre meno una pratica vissuta, ma sempre di più una formula vuota.
Formule vuote, rapporto tra forma e sostanza, simbolismo,azione e concretezza: è presente ad altissimi livelli, in tutta la vicenda, questa contraddizione. Gli ordini del giorno, le discussioni che sono state fatte hanno pesantemente richiamato il principio del simbolismo, della croce con il concetto dei valori morali e dei valori sociali. Abbiamo sentito parole che giustificano il fatto che, quando manca l'applicazione concreta quando manca la fede vissuta, allora ci si aggrappa ai simbolismi, non alla sostanza, ma alla forma. Un Consigliere ha parlato, ad esempio, di prostituzione dilagante dimenticando, forse, che la prostituzione richiede la partecipazione di due soggetti, non solo di una componente. Possiamo discutere sul valore morale della prostituzione, oppure sul non valore morale, ma bisognerebbe tener presente che, come uno dei due soggetti che partecipa e da vita al mercato della prostituzione, sovente possa anche richiamarsi a valori morali che esplicita, ma non vive. Ugualmente, in quest'aula, dovremmo quasi vergognarci di richiamarci ai simboli sociali legati ad una professione di fede cattolica, quando, in quest'aula, stiamo progressivamente distruggendo tutto l'impegno sociale pubblico per costruire una società che di sociale non ha più nulla, ma prevede semplicemente, di delegare tutto ai valori della privatizzazione e del cosiddetto libero mercato.
Noi vediamo che, progressivamente, quanto più si perdono gli obiettivi quanto più si perde la capacità di vivere e di applicare i valori morali e i valori sociali, tanto più ci si attacca ad una vuota simbologia, ad una vuota forma L'azione più coerente che potrebbe fare un vero credente in merito a questi due ordini del giorno sarebbe quella di chiedere di non votarlo perché non si può sostituire un atto di principio con quella che dovrebbe essere la vera fede. La testimonianza delle fede dovrebbe essere portata dentro di sé da ciascuno. E chi pretende di portare dentro di sé la testimonianza di fede, dovrebbe riflettere nel momento si prendono certe decisioni che, come ripeto, annullano uno dei principi che stanno alla base della fede religiosa.
stato detto, altresì, che in Italia c'é un grande numero di battezzati, e quindi siamo tutti cattolici. Questo dato riflette solo una parte del problema. Certo, i battezzati in Italia sono molti, ma di questi coloro si dedicano con assiduità alla pratiche religiose non sono effettivamente tanti. Anche questo pensiero dovrebbe far riflettere i proponenti di questi ordini del giorno, perché non è sicuramente con la riaffermazione di un simbolo che ci si batte per ravvivare un problema che ha radici più lontane.
stato detto che queste richieste potrebbero addirittura apparire come un esempio di tolleranza. Il fatto che il principio che la tolleranza si esplichi marcando con più forza i propri confini e le proprie idee non credo, non credo sia un sistema corretto per iniziare un percorso che incrementi la tolleranza nelle nostre società.
Vi è, poi, un problema fondamentale, che emerge in entrambi gli ordini del giorno: mi sembra che si faccia una grandissima confusione su quello che è il simbolo del crocifisso, ovvero la croce. Se si sostiene che il crocifisso è il simbolo dei nostri valori, si fa un'affermazione formalmente corretta. Dove, allora, il problema diventa evidente? Quando si accomuna, in maniera indissolubile, il concetto di crocifisso con le radici cristiane. Chi ha scritto questi dispositivi è una persona profondamente cattolica, ma direi anche integralista. L'integralismo non è solo islamico ma può riguardare tutte le religioni. Chi ha scritto questo ordine del giorno è integralista, nel senso che fonde indissolubilmente il concetto di "cristiano" col concetto di "cattolico". Vengo dalle valli valdesi e sono un laico. In nome del crocifisso, i valdesi sono stati sterminati dai cattolici. Non esiste il crocifisso nei luoghi di culto valdesi. Le chiese riformate cristiane, che si riconoscono in Cristo, non riconoscono il simbolo del crocifisso con lo stesso valore del cattolicesimo. Il crocifisso è un valore rispettabile per i cattolici, non per i cristiani.
Scrivere un ordine del giorno che confonda cristianesimo con cattolicesimo mi sembrerebbe un atto veramente grave, perché dimostrerebbe una scarsissima conoscenza e attenzione per le chiese riformate europee, che si riconoscono comunemente nella figura del Cristo ma non nella figura del crocifisso. È un errore marchiano che le chiese riformate rileveranno inevitabilmente se licenzieremo un dispositivo di questo tipo. Non è possibile confondere "cristiano" con "cattolico". Non metto in dubbio che il cattolicesimo abbia le sue priorità e intenda affermarle.
Pensiamo che chi ha scritto questi ordini del giorno ritenga che le redici cristiane siano rappresentate dal crocifisso. Le radici cristiane non sono rappresentate nel crocifisso, quelle cattoliche sì. Questo è scritto in maniera ineludibile in entrambi gli ordini del giorno: nel primo in maniera molto palese, nel secondo in maniera più nascosta attraverso una serie di richiami.
Questo mi sembra veramente un errore da evitare. E visto che non si è ancora proceduto al voto, credo sia necessario evitare un errore di questo genere.
Per quanto mi riguarda, naturalmente non parteciperò al voto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Dutto.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente.
Il crocifisso, simbolo della religione cattolica, è, in realtà, molto di più di un simbolo dal solo significato religioso. Senza dubbio, è il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nel suo complesso, ma è ancora molto di più di questo.
Da una parte, è ormai un valore universale di pace e fratellanza e dunque è indipendente da una specifica confessione religiosa. Dall'altra è simbolo di una radice, di un'identità storica, di una cultura e di una tradizione.
un simbolo universale, perché lo troviamo anche come simbolo della Croce Rossa ma, molto più genericamente, lo troviamo come simbolo di associazioni di soccorso e di assistenza medica, non solo italiane o europee ma internazionali.
un simbolo di una radice e di un'identità storica: lo ritroviamo negli stemmi di molti Comuni e Province della nostra e di altre Regioni, ma anche negli stemmi e nei loghi di associazioni e fondazioni di qualsiasi tipo; lo ritroviamo in architettura addirittura come elemento ornamentale nella pittura, nella scultura, insomma nell'arte più in generale.
un simbolo che ormai non può essere messo in discussione. Cancellare un simbolo della nostra identità, significherebbe, infatti, mettere in discussione uno dei collanti della nostra società e svuotare di significato i principi su cui si fonda.
Prendiamo atto, anzi confermiamo l' aconfessionalità e la neutralità religiosa dello Stato; confermiamo la libertà e la volontarietà dei comportamenti individuali, però rispettare le minoranza non può voler dire rinunciare, delegittimare o cambiare i simboli, quindi, di conseguenza, i valori che sono parte integrante della nostra storia, della nostra cultura delle tradizioni del nostro Paese.
A mio avviso, è impensabile che l'immagine del crocifisso nelle aule scolastiche, negli uffici o nei tribunali possa essere considerata motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa, così come è stato detto. Si può essere laici o professare altre religioni anche e tranquillamente in un edificio dove è esposto il crocifisso. E' una questione di rispetto del Paese ove si vive, della sua gente, della sua storia e della sua cultura.
Negli uffici della Lega Nord, il crocifisso c'è sempre stato e faccio notare che la Lega ha presentato, per prima, una proposta (n. 2749) alla Camera dei Deputati, in data 15 maggio 2002: "Norme per disciplinare l'esposizione del crocifisso in tutti i pubblici uffici e le Pubbliche Amministrazioni della Provincia". E' una proposta che, ovviamente condivido globalmente, come pure condivido i contenuti dei due ordini del giorno presentati in quest'Aula, sui quali voterò favorevolmente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mercurio.



MERCURIO Domenico

Signor Presidente, prima di entrare nel merito dei due ordini del giorno presentati, affrontando un argomento così importante e delicato, mi permetta di svolgere una brevissima premessa. Per quanto mi riguarda, se vedo un crocifisso esposto, sono contento e lo rispetto; se, invece, non c'è il crocefisso e qualcuno lo mette dopo, continuo ad essere contento e a rispettarlo ugualmente.
Ciò premesso, voglio entrare brevemente nel merito dei due ordini del giorno. Quello presentato da Alleanza Nazionale lo ritengo un po' fuorviante e datato. Spiego subito il motivo: lo considero datato perché fa riferimento ad un regio decreto che viene subito dopo, il primo Concordato sostanzialmente, è l'applicazione del Concordato: la religione cattolica è religione dello Stato, quindi, esponiamo il crocifisso. Poi, si dilunga, in modo anche fuorviante, su tutta una serie di considerazioni, che non mi trovano per niente d'accordo, come l'andare nelle scuole a fare opera di proselitismo.
Ritengo che il simbolo della croce, come detto non solo dal Consigliere Dutto, ma anche da altri colleghi, soprattutto il Consigliere Saitta, sia un simbolo con un valore universale, che trascende il valore religioso.
Tanto è vero che la giurisprudenza più avveduta, quando vuole conservare l'esposizione di un crocifisso, non si rifà al discorso della sopravvivenza del regio decreto del 1924, come sarebbe anche facile. Ci sono altri giudici che dicono che dopo il 1924 è venuta la Costituzione e, dopo la Costituzione, è arrivato il secondo Concordato. Quindi, è abrogato, non è abrogato.
Ripeto: la giurisprudenza più avveduta - mi pare che lo stesso ordine del giorno di Alleanza Nazionale citi il Consiglio di Stato - fa riferimento a quei valori universali menzionati da molti colleghi in Aula.
Ritengo che la storia di Gesù e del crocifisso sia la più grande di tutti i tempi - non lo dico io, lo dicono fior di laici, non ultimo il libello scritto proprio dal professor Zagrebelsky, che faceva anche studiare il processo a Gesù.
Non si tratta solo di un simbolo religioso, ci sono valori universali che sono abbastanza chiari. Certo, nel 1924, per citarne uno, c'era la concezione dello Stato che considerava i cittadini uno strumento per i suoi fini. Poi, la Carta costituzionale disse esattamente l'opposto relativamente ai valori della persona umana, portati avanti credo proprio dalla corrente dei cosiddetti cristiano-sociali, che avevano avuto un grande impulso in Francia. Lì si trovò il compromesso costituzionale.
E' l'esatto opposto di quello che era nel 1924, che abbiamo nella nostra Carta Costituzionale con i diritti della persona umana.
Credo che il problema debba essere messo in binari che sono quelli che io mi sto sforzando di descrivere, anche se non è facile.
L'ordine del giorno dell'UDC mi troverebbe d'accordo ad una sola condizione. In parte, anche il Consigliere Saitta lo ha spiegato: la storia di Gesù non ha bisogno né di regi decreti, né di leggi, né di regolamenti né di niente. Se c'è - ripeto il discorso iniziato in premessa - un crocifisso lo si tenga, sono contento, lo rispetto. Se non c'è, lo si metta, allora, capirei un ordine del giorno che invita la Presidenza a verificare l'opportunità di affiggere un crocifisso nei locali dove si ritiene opportuno. Regolamentare mi sembra un fatto riduttivo, rispetto alla grande storia e ai grandi valori che questo simbolo rappresenta.
Ripeto: non sono valori religiosi o, quantomeno, solo religiosi, sono anche valori. Ho fatto il discorso del 1924 e della Costituzione, rispetto all'uomo del 1924 e all'uomo del 1948: Gesù lasciò detto e gli Apostoli che, poi, si fecero portatori di questo messaggio e di questi valori universali nel mondo, partirono da lì, e non c'erano le quote.
Avviandomi alla conclusione, mi sembra riduttivo voler regolamentare questa materia, che si impone di per sé. Se c'è un simbolo, lo si rispetta se non c'è, lo si mette, se qualcuno ritiene di metterlo.
Il voto mi sembra un controsenso, in questo sono d'accordo con quanto espresso dal Consigliere Marcenaro. Quando il Governatore di Roma, nella piazza di Gerusalemme, fece votare il popolo di Gerusalemme, facendolo scegliere - allora c'era il voto diretto, la democrazia plebiscitaria, la democrazia diretta - tra la vita di Gesù e la vita di Barabba, a maggioranza, il popolo votò per la vita di Barabba e la morte di Gesù.
In questo Consiglio regionale, non vorrei passare come quello che vota in un modo o in un altro. Non sono per Barabba, per la carità, fossi stato lì con la testa di oggi, avrei votato per Gesù, non ci sono dubbi, ma penso lo stesso di votare per Gesù, non votando.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi Oreste.



ROSSI Oreste

Signor Presidente, l'argomento che trattiamo non è sicuramente di poco conto, credo che, sicuramente, tocchi nel cuore la maggioranza delle persone che sono sedute in questo Consiglio, che, poi, rappresentano la maggioranza di quelle persone che vivono nel nostro Paese.
Ho sentito dei colleghi fare dichiarazioni sicuramente poco piacevoli: dire che si sta sfruttando il simbolo della croce per fini politici non è molto corretto. Credo che sia diverso il fatto, credo che sia stato suscitato da chi si è comportato in modo poco corretto nei confronti della maggioranza del popolo italiano, che - ricordiamolo una volta per tutte nel 92% dei casi si definisce cattolico, magari, non osservante, ma cattolico. E' stato risvegliato l'istinto all'autodifesa, al diritto di tutelare le proprie radici, la propria cultura, la propria religione perché si è visto attaccare uno di quei simboli - chiamiamoli così - che molti ritengono forse inutile, ma altri ritengono fondamentale nella nostra storia: è il crocifisso, che è simbolo stesso della nostra religione.
Cari collegi, ricordo come, fino a qualche anno fa, fosse vilipesa la bandiera italiana: non esisteva più, quei pochi Comuni che l'esponevano avevano una bandiera italiana, nella maggior parte dei casi, sfilacciata e malmessa, nelle scuole e negli edifici pubblici non si vedeva più. Bene dopo che la Lega aveva fatto un attacco all'unità dello Stato, perché noi ritenevamo e riteniamo che sia fondamentale applicare un federalismo forte.
E per arrivare a quello siamo passati anche attraverso un attacco diretto a quello che allora rappresentava quel tricolore, cioè un'Italia troppo centralista. Dalla sinistra e da molti altri ambienti è nato un amore totale e viscerale per un tricolore che per decenni era stato abbandonato dimenticato e lasciato nei cassetti.
In questo caso forse è successa un po' la stessa cosa: si è risvegliato in molti cattolici quell'orgoglio di riconoscersi in una fede, in un simbolo, in una tradizione, in un credo, che è quello cattolico e cristiano. Ed è un simbolo fondamentale perché è anche un simbolo di pace.
Forse secoli fa la religione qualcosa ha sbagliato; tutte le religioni hanno sbagliato, e anche la nostra ha sbagliato. Certo, nessuno dice che la Santa Inquisizione ha fatto cose sante o cose giuste. Certo, non era giusto bruciare le persone sulle piazze, ma è forse giusto che, oggi, nel 2000 si lapidino delle persone a pietrate, perché ree, nei rispetti di una certa religione, di fatti contrari a quella certa religione? E' giusto, colleghi? No.
Allora tutte le religioni forse hanno sbagliato, ma noi parliamo dell'oggi, parliamo di realtà che pretendono di venire a dettare leggi nel nostro Paese, che pretendono di venire a dire a noi quello che dobbiamo appendere sui nostri muri. Parliamo di realtà che pretendono - com'è successo ad Alessandria in una scuola elementare - di vietare ai bambini di fare il presepio. E' vergognoso vietare ai bambini un gioco che ha grandi valori, ma è anche un gioco del presepio! O vogliono vietare ai bambini di fare gli alberi di Natale nelle scuole o di appendere i simboli natalizi ai vetri! E' inaccettabile! Quando avranno la maggioranza nelle classi, in quelle classi avranno anche diritto ad appendere eventualmente altri simboli, ma oggi che sono qui nel nostro Paese, oggi che sono ancora una minoranza - e mi auguro rimangano tale - non hanno diritto di imporci i loro usi e costumi attaccandoci su valori che riteniamo fondamentali e fondanti. Quei personaggi di cui molti hanno parlato e che abbiamo visto in televisione compreso l'Imam di Carmagnola, ci hanno aperto gli occhi.
Caro Presidente, io ringrazio l'Imam di Carmagnola, in quanto è stata una persona più corretta di altre, perché ha avuto il coraggio di dire in televisione: "Cari italiani, sappiate che i fratelli musulmani che sono qua, in buona parte vi fanno buon viso a cattivo gioco. Davanti vi dicono che siete bravi, ma quando vi girate dall'altra parte vi accoltellano alla schiena, perché hanno bisogno dei vostri soldi. Davanti vi fanno la bella faccia, ma quando vi girate vi arriva una coltellata". E non l'ha detto un leghista, l'ha detto un Imam musulmano di Carmagnola! E io lo ringrazio perché ha avuto il coraggio di gettare il velo e di dire quello che rischiamo. Certo, non tutti i musulmani sono così, ci mancherebbe altro! Io stesso ho amici musulmani.
E' vero che vi sono musulmani sfruttati, ma è vero d'altra parte che noi abbiamo diritto a pretendere rispetto dei nostri usi e costumi non solo dai musulmani, ma da chiunque venga a casa nostra. Perché se una persona viene a casa mia, io lo ospito e magari gli offro anche l'aperitivo, ma viene a casa mia alle mie condizioni. Come io, se vado nella loro moschea a casa loro, mi tolgo le scarpe ed entro scalzo, anche se nella mia chiesa entro con le scarpe. Ma quando vado nella loro chiesa ci vado scalzo, perché così è il rispetto. Se una nostra donna entra in una loro chiesa, si mette un velo sulla testa, ed è giusto che sia così.
Ma io non accetto lezioni di civiltà e neanche lezioni di bon-ton da chi ha preteso che la Croce Rossa, che andava ad aiutare i disperati in paesi rovinati dalla guerra, dovesse coprire il simbolo della croce rossa perché ritenuta offensiva, e sostituirla con la mezzaluna. Noi siamo andati ad aiutarli con i nostri volontari, con i nostri soldi e con i nostri mezzi e abbiamo dovuto coprire i simboli della nostra croce, che in quel caso era solo il simbolo della Croce Rossa internazionale, e sostituirlo con la mezzaluna, aiutandoli a casa loro.
Però loro quando vengono da noi pretendono che togliamo il nostro crocifisso e la nostra croce dalle nostre scuole, ai nostri bambini. Io non ci sto, non è corretto! Mi va bene che a casa loro io debbo coprire la croce, perché a casa loro è un simbolo che non va bene, ma quando loro vengono a casa mia e vanno nelle mie scuole, e mangiano nelle mie mense e girano nelle mie città, devono rispettare il mio simbolo, anche se non lo riconoscono. Quella è democrazia, quella è civiltà, quello non è essere razzisti! Quindi, cari colleghi, sono contento di questi ordini del giorno (del collega Angeleri e del collega Galasso) ai quali aggiungo la mia firma perché è importante ribadire i principi che in questi due ordini del giorno sono espressi. Noi abbiamo sempre creduto in questa battaglia, l'hanno già detto i colleghi Brigandì e Dutto. Anzi, ci abbiamo creduto anche in tempi non sospetti, tant'è che la proposta di legge della Lega Nord presentata a Roma è datata ben prima dei fatti accaduti recentemente.
Non solo: io credo che si debba fare un appello ai nostri governanti perché vadano avanti e rivedano anche la Costituzione Europea, nella quale nonostante una battaglia portata avanti non solo dal gruppo della Lega Nord, ma anche da altri gruppi europei, ad oggi non è stato ancora inserito che l'Europa è nata su radici cristiane.
Credo che sia fondamentale scriverlo, perché quella è la storia non solo del Piemonte - mi rivolgo ai colleghi che dicevano di inserire nello Statuto che in Piemonte è così, e poi in Lombardia e poi in Trentino. Chi vuole lo mette e chi non vuole non lo mette.
Credo che anche quella sia libertà, ma sicuramente non deve essere inserito solo a livello regionale. Deve essere inserito a livello nazionale ed anche a livello europeo, perché quello è un simbolo, è un'ideologia, è una volontà di pace, di unità, di amicizia, di amore, di fede che ci ha accompagnato dalle generazioni passate e ci accompagna ancora oggi. Perch l'unico governo - se lo vogliamo chiamare in questo caso religioso - che vive da oltre 2000 anni è quello della religione cattolica, che ancora oggi ha uno Stato suo, che ha Città del Vaticano, che lo si può criticare quanto si vuole, ma c'è, esiste ed è presente. E' quello il simbolo che rappresenta tutti noi.



PRESIDENTE

La parola il Consigliere Segretario Galasso, che interviene in qualità di Consigliere, per dichiarazione di voto.



GALASSO Ennio Lucio

Grazie, Presidente. Ho chiesto di intervenire perché voglio sottolineare soprattutto quegli interventi che hanno cercato di tenere alto il livello del dibattito, e pur nella contrapposizione meritano certamente di essere apprezzati.
Detto questo però, in particolare ai colleghi Marcenaro e Saitta voglio ribadire che già nell'illustrazione dell'ordine del giorno stamattina ho evidenziato come l'iniziativa non era volta a contrapporre ad un'intolleranza altra intolleranza o ad un'insofferenza altra insofferenza, ma viaggiava lungo un percorso che è volto a valorizzare il principio dell'accoglienza, dell'integrazione, dell'armonia tra i vari componenti della società.
Denunciavo come quella ordinanza - in questo devo emendare l'ordine del giorno perché nel documento si parla di sentenza, ma è un'ordinanza - era idonea soltanto a turbare quel processo di doverosa integrazione che tutti auspichiamo. Le contraddizioni che il Consigliere Palma riteneva di denunciare, non sono tali per la semplice ragione che rappresentano invece, lo sforzo di ricerca, di armonia, di composizione tra istituzioni e storia, tra principi che informano le istituzioni. E' cultura e sensibilità popolare prima ancora che aspetti di cultura generale o di cultura storica.
Non voglio abusare del tempo concesso e nemmeno voglio stare ad evidenziare la conclusione in cui si è ripetutamente, non totalmente incorsi tra cattolicesimo e cristianesimo, tra laicità e laicismo, tra ci che si è detto, sopratutto, e ciò che si è inteso o che si è creduto di aver sentito.
Mi pare un dato importante. In questo, riprendo quello che diceva prima il Consigliere Marcenaro, dell'importanza di aver suscitato un dibattito.
Di fronte a questo possiamo soltanto dichiararci soddisfatti, possiamo dichiararci, come è emerso da qualche altro intervento e come direbbe Cechov, che: "se uno è punto e reagisce, vuol dire che non è paralitico? C'é stata questa reazione ...
Consigliere Contu, se non capisce non è colpa mia, poi magari glielo spiego dopo ... mi scusi non volevo dire questo.
Voglio evidenziare che tutto il discorso non si è mosso sui parametri della confessionalità e della laicità, l'ordine del giorno che abbiamo proposto e l'intervento fatto, muovono sulla linea della laicità. Ha fatto bene a ricordarlo, e a ribadirlo, il Consigliere Saitta perché anche nell'intervento di questa mattina io ho fatto il riferimento evangelico e soprattutto, l'ho voluto ulteriormente confortare con il riferimento a Tommaso D'Aquino e facendo riferimento a quel bellissimo saggio dell'Olgiati che invito tutti a leggere proprio sulla educazione della laicità che non ha nulla a che vedere né con la confessionalità, né con il contrario della confessionalità.
L'ordine del giorno, nel momento in cui fa solo riferimento alle decisione del Consiglio di Stato, non mira certo ad evidenziare aspetti giuridici. Quelle pronunce del Consiglio di Stato, che sono l'espressione su questo terreno delle istituzioni, sono tutti riferimenti che evidenziano come la cultura cristiana sia radicata, storicamente, come valore universale, indipendentemente dalla specifica confessione religiosa.
Viene ribadito il principio di libertà individuale, quindi non hanno da preoccuparsi di nulla gli amici radicali.
Infine, anche il richiamo al regio decreto, non è un richiamo datato perché è ancorato alla decisione del Consiglio di Stato, decisione che è intervenuta dopo l'accordo dell'84 con il Governo Craxi e dopo la rettifica dell'85. Questi sono i richiami, sono sempre nel rispetto della laicità nel rispetto delle istituzioni, nel rispetto della libertà. Il valore cristiano, che viene raccolto in questi documenti, è un richiamo che appartiene prima ancora che alla storia, prima ancora che a livello alto di disquisizione, appartiene alla cultura popolare, appartiene alle nostre donne, ai nostri uomini, di qualsiasi cultura, di qualsiasi ceto, di qualsiasi latitudine.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire, per dichiarazione di voto, il Consigliere Mellano; ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Il Gruppo Radicale si orienta a non partecipare al voto rimanendo in aula, verificando la presenza del numero legale della maggioranza e, se c' il numero legale, di votare contro.
Riteniamo, per quello che abbiamo cercato di dire, un provvedimento non opportuno, per molti aspetti sciagurato, che ha altre ragioni, altre logiche che non quelle anche sinceramente espresse in questo dibattito.
Questo dibattito ha fatto emergere in modo chiaro ed inequivocabile come la maggioranza arriverà al voto partendo da premesse e giudizi molto diversi e, sono sicuro, anche non condivisi dai vari Gruppi. Obiettivamente, gli interventi del Consigliere Rossi, ma anche del Consigliere Valvo, avevano altri ragioni di fondo, molto più politiche, di politica di cronaca giornalistica, di dibattito giornalistico, di una vicenda, rispetto all'immigrazione, al ruolo dell'integrazione di cittadini extracomunitari.
Ho detto prima - mi spiace che non sia presente l'Assessore Laratore che mi sento in qualche modo ferito da una decisione che state per prendere. L'Assessore Laratore si è avvicinato, ha cercato di capire e di verificare quali erano le mie convinzioni personali, e lo ringrazio per questo, e mi ha ricordato mia nonna - dato personale - che quando attorno all'età dell'adolescenza aveva capito che non andavo a messa, mi disse: "Allora sei un ebreo". Questo è il dato di fondo. Noi abbiamo anche questa cultura, c'é questo dato che è intrinseco alla cultura cattolica e che voi dovete valutare attentamente. C'e una identità che è propria della religione, dell'appartenere ad una religione di massa e di maggioranza nel nostro Paese, ma che tende a stigmatizzare, ad escludere, a non considerare la diversità e a non apprezzare la valenza e la ricchezza delle altre culture che apportano contributo al nostro stare insieme, al nostro vivere assieme.
Ho cercato di dire che abbiamo delle radici comuni, abbiamo dei valori comuni, ma sono quelli laici, nel senso che laicamente sono stati decisi valutati e codificati e sui ci riconosciamo. Pensare di dare un simbolo a questo nostro bagaglio culturale, bagaglio di valori, e di riconoscere in un crocifisso questo bagaglio culturale, è una forzatura. Io sono con i cristiani, con i Montagnard, che in Vietnam, in Laos, in Birmania oggi vanno in galera perché celebrano il Natale, io sono con loro fattivamente sono cristiano con loro, anche senza il crocifisso esposto in quest'aula o nel palazzo della Regione. Sono con i cattolici cinesi, lo sono più di voi, che vanno in galere perché importano la bibbia in Cina. Non basta Consigliere Angeleri, appendere qui un crocifisso per domani avere più forza nelle delegazioni che partiranno dopodomani per la Cina, e avere il coraggio di chiedere e di esigere il rispetto dei valori fondamentali dell'uomo. Ci sono tante cose contraddittorie, come ciascuno di noi.
Esemplificare questo nostro stare assieme, questi valori e queste condivisioni - che certamente ci sono - in un simbolo, che è di una parte come ha richiamato ottimamente il collega Moriconi, (non sempre apprezziamo i suoi interventi) ricordando cosa rappresenta la croce per quel valdesi di cui tante volte ci riempiamo la bocca, pagando campagne di cultura per conoscere, con spettacoli, la loro cultura. Qui non ci ricordiamo che cos'è rappresentato in Piemonte. Il collega Tapparo ricordava la targa di Piazza Castello, che si è inaugurata, tre anni fa, insieme all'Assessore Leo.
Anche quella è la nostra storia, costruita dietro al simbolo di una croce, che non rappresenta soltanto quello, ma anche quello.
Per questo motivo, rivolgo un invito da ebreo, da buddista, da tibetano, da Testimone di Geova, da laico, da ateo, da agnostico, da nipote di nonna Cecilia: apprezzate questo tentativo di dialogo.



PRESIDENTE

La parola il Consigliere Saitta per dichiarazione di voto.



SAITTA Antonio

Utilizzo questo spazio dedicato alle dichiarazioni di voto per riprendere nuovamente una proposta avanzata durante la discussione.
Credo che le nostre discussioni abbiano un senso se, in qualche maniera, riescono ad unire le posizioni, perlomeno quando ci sono delle posizioni che si possono unire, e se le opinione che vengono espresse possono essere considerate.
Il collega Giordano ed io non riteniamo che le opinioni espresse siano posizioni non condivisibili; anzi, mi pare di aver notato che alcune questioni siano condivise da tanti Consiglieri regionali. Avendo dunque questa caratteristica, credo si possano sicuramente integrare le proposte iniziali. In fondo, il dibattito e la discussione hanno questo significato: esiste una proposta e ci si confronta. Il dibattito fra crescere le opinioni, vengono precisate delle posizioni e poi si completa la discussione in base a ciò che emerge. Se invece la discussione non serve a nulla, è chiaro che diventa una liturgia inutile.
Mi pare di potere notare, altresì, che non sono emerse, in generale (vi sono, poi, posizioni particolari), delle posizioni esasperate e di forte contraddizione, perlomeno quando si è discusso sulle questioni sostanziali. Sono emerse, invece, questioni di forte differenza quando la discussione si è trasferita sulla politica, ad esempio nei confronti degli extracomunitari. Questo è emerso chiaramente.
Io sarei dell'opinione che questo ordine del giorno (mi riferisco a quello presentato dall'UDC) fosse rivisto o rivisitato, al fine di renderlo più completo, soprattutto laddove esiste un riferimento al valore universale, e non un riferimento soltanto all'identità. Perché se non c'è questo passaggio (ma anche altri che potranno essere ancora individuati), è chiaro che il collega Rossi lo interpreta come vuole; e non credo che la posizione dell'UDC coincida con quella espressa dal collega Rossi, che ha dato un'interpretazione non condivisibile. Ciò significa, quindi, che questo testo, così com'è stato scritto, contiene delle interpretazioni diverse.
Non sono assolutamente d'accordo sui giudizi che sono stati espressi perché non è la concezione o l'intento della croce come abbiamo espresso in tanti. Ma allora, se non viene modificato, vuol dire che questo testo contiene elementi di ambiguità. Non credo sia la volontà dei colleghi che lo hanno redatto, ma sicuramente quando ho sentito l'interpretazione da comizio, mi sono posto questo problema. C'è un'interpretazione alla base di questo testo che è diversa dal pensiero originario di chi l'ha scritto.
Dopo aver ribadito che siamo favorevoli su alcune premesse che sono state indicate, vi invitiamo a rivedere questo testo, affinché gli elementi di ambiguità sui quali si sono innestati gli interventi dei colleghi Valvo e Rossi siano eliminati, perché è lì che si misura la questione. Non c'entrano nulla le questioni di bottega politica.
Il secondo elemento sul quale invito il collega Angeleri e gli altri firmatari dell'ordine del giorno, compreso il collega Brigandì, è il seguente: siamo così convinti che sia opportuno fare un Regolamento per l'esposizione del crocifisso? Significa forse affrontare la questione come se si discutesse del Regolamento per l'esposizione della bandiera? Obiettivamente, mi parrebbe inopportuno. E poi ci metteremo a redigere un Regolamento? Vorrei proprio vedervi scrivere un Regolamento sull'esposizione del crocifisso! Sarebbe una cosa ridicola stabilire l'ora il momento, il posto, o ancora se dovrà essere rivolto ad est oppure ad ovest. Cosa si intende per "Regolamento per esporre il crocifisso"? Obiettivamente, mi sembrano delle cose prive di senso.
Quindi, se il collega Angeleri, insieme ai firmatari dell'ordine del giorno, è disponibile a rivedere il testo sulla base di alcune considerazioni, lo valuteremo; altrimenti, poiché è stato suscitato un dibattito meritevole di attenzione - parlo anche per il collega Giordano esprimeremo non un voto favorevole ma ci asterremo.



PRESIDENTE

La parola il Consigliere Marcenaro per dichiarazione di voto.



MARCENARO Pietro

Non voglio ripetere tanti argomenti che sono stati portati in questa discussione. Vi chiedo solo di valutare la possibilità di una conclusione di questa discussione nel segno dell'ascolto e del dialogo, e non della divisione.
Esistono le condizioni di una divisione su tanti altri temi, come diceva poc'anzi il collega Saitta, ad esempio sugli aspetti di cui ha legittimamente ha parlato il collega Rossi: sono le sue opinioni e non ho problemi ad affrontare una radicale divisione su quella o altre visioni.
Però, su questo punto, francamente non ne vedo i presupposti.
Vorrei sottoporre alla vostra attenzione un ultimo argomento.
Considerate che viviamo in un sistema politico nel quale ogni sei mesi cambiano le maggioranze. Davvero pensate che una situazione di questo genere debba essere affidata al variare delle maggioranze che, di volta in volta, stabiliscono, su aspetti di questo rilievo e di questa delicatezza qual è la linea giusta? Abbiamo, per fortuna, una Carta Costituzionale che risolve e risponde a questi problemi. Fermiamoci lì e prendiamo atto - io lo faccio concordando con i colleghi che l'hanno suscitata - della positività del confronto che c'è stato. Altrimenti, come ho già ribadito, per quanto mi riguarda dichiaro la non partecipazione al voto, per sottrarmi ad un meccanismo che, a questo punto, penso diventi un meccanismo politicamente strumentale, che non condivido.
Presidente, ho fatto questa dichiarazione, però, siamo su un terreno sul quale non ci sono, come abbiamo detto, vincoli di disciplina. Quindi se, anche da parte del mio Gruppo, ci sono altre dichiarazioni - al di là del fatto che, questa volta, non si possono intendere come dichiarazioni in dissenso, sono io che parlo a titolo personale - chiedo che chiunque altro lo intenda fare possa farlo, naturalmente senza differenza.



PRESIDENTE

Certo, questo lo può fare nella misura in cui evidenzia un altro voto sono tre i...



PRESIDENTE

MARCENARO Pietro (fuori microfono)



PRESIDENTE

Un altro voto, un'altra motivazione.



PRESIDENTE

No, ho capito.
No, questo per Regolamento. Un altri tipo di voto.



(Commenti del Consigliere Marcenaro fuori microfono)



PRESIDENTE

Ho capito, che non ci sono discipline...



PRESIDENTE

MARCENARO Pietro (fuori microfono)



PRESIDENTE

Magari, non lo chiede nessuno, non lo so!



PRESIDENTE

Non creiamo un problema, se non c'è; è meglio non fasciarsi la testa prima.
La parola al Consigliere Contu per dichiarazione di voto.



CONTU Mario

Intervengo molto brevemente per dire che il voto di questo ordine del giorno rappresenta un oltraggio a quest'Aula.
Credo che, sull'onda di un dibattito che ha attraversato tutto il Paese, in modo strumentale, due forze politiche (i primi firmatari di questi ordini del giorno) abbiano utilizzato come una clave, come campagna elettorale, degli ordini del giorno che non fanno onore.
Non so se il proseguo di questa vicenda sarà quella che, insieme ai santini, qualcuno pensi anche di regalare dei crocifissi, pensando che la maturità di quel mondo al quale pensano di rivolgersi non sia tale da distinguere la strumentalità dalla bontà dell'intento.
Qui, il mio atteggiamento di voto sarà simile a quello assunto dai Radicali: vigilare sulla presenza del numero legale, quindi, dell'eventuale non partecipazione al voto, ma di votare "no" nel caso venga raggiunto il numero legale.
E' un appello che rivolgo anche alla Margherita: l'onere della proposta è della maggioranza, si assuma fino in fondo questo onere portandolo alla sua conclusione.
Presidente, sono di formazione cattolica, sono stato educato in un orfanotrofio gestito da un Ordine religioso che si chiama Figlie di Ges Crocifisso. In virtù di quella croce, d'ufficio, i giovani orfani, appena raggiunta l'età prevista (16 anni), venivano iscritti alla Democrazia Cristiana. Oggi, siamo nel 2003 e questo succedeva nel 1970: era il periodo in cui la Democrazia Cristiana recuperava le anime morte per raggiungere il numero di tessere necessario a vincere i congressi. Voi ci state proiettando indietro di trent'anni nella storia: l'uso strumentale di un problema sentito nel Paese per biechi fini politici, che non fanno onore ai presentatori di questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Per svelenire un po' la seduta, potrei iniziare dicendo che la Democrazia Cristiana, nel passato, alla fine, ha creato un sacco di mostri come mi ha suggerito qualche amico. Al di là della battute, penso che invece, il dibattito odierno sia stato interessante e la maggior parte degli interventi che abbiamo avuto modo di ascoltare hanno anche sviscerato un po' quello che è il nostro pensiero in ordine ad un tema che io non sottovaluterei per niente.
Relativamente al nostro ordine del giorno, estremamente semplice voglio rispondere al collega Saitta e al collega Marcenaro, che hanno svolto due interventi che non condivido nella loro totalità, ma di cui comprendo il senso profondo.
Colleghi Saitta e Marcenaro, quando abbiamo scritto questo ordine del giorno, abbiamo creduto di interpretare quelle che erano le nostre sensazioni di cattolici praticanti, di persone che credono, ma che credono anche - collega Marengo - nella laicità dello Stato. Noi, assolutamente non vogliamo arrivare a nessun tipo di prevaricazione. E' stato riconosciuto in quest'Aula che ci sono dei valori che sono da considerare universali e, fra questi, sicuramente, quello che rappresenta il crocifisso.
E' chiaro che se, poi, uno vuole ridurre quest'Aula semplicemente ad un'Aula in cui, tra avvocati o sedicenti avvocati, ci si battaglia su quelle che sono le interpretazioni, collega Saitta, allora, qui, possiamo su ogni parola dire qualcosa di diverso o, addirittura, di opposto. Lo dico a chi è laureato in legge, a chi fa di professione l'avvocato: noi non intendevamo assolutamente questo. Però, siamo totalmente aperti a recepire indicazioni che vogliano arrivare dall'opposizione, correzioni che vadano nel senso di migliorare questo ordine del giorno, che non intendiamo ritirare, semplicemente, per un fatto: crediamo in quello che abbiamo scritto e crediamo che la risposta, anche di una singola istituzione rispetto a questo tema, sia comunque importante.
Collega Marengo, non penso che i cattolici si debbano misurare dalla presenza in Chiesa, ma si debba misurare la nostra cultura dagli atti che ognuno di noi compie. La nostra cultura ne è intrisa, e lo si vede da ogni atto quotidiano, lo si vede, in particolare, proprio in una Regione come il Piemonte, che ha profonde tradizioni di Santi e di tradizioni cattoliche.
Noi siamo convinti che questa sia la nostra cultura da ribadire, lo dico da un punto di vista personale. Sono stato educato nel rispetto della laicità dello Stato e non mi vergogno, passando davanti ad una Chiesa o ad un cimitero, a farmi il segno della croce. Quando l'ho fatto, qualcuno si è messo a ridere, ma lo faccio ancora oggi. Sono orgoglioso di aver ricevuto questa educazione. Penso che questa educazione, che vuol dire tollerare gli altri, sia quella che, in qualche modo, oggi, ci consente di dire che noi siamo per tutelare le minoranze, ma ci fa anche riscoprire, con un senso di orgoglio, che le maggioranze devono pur avere qualche diritto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi, mi pare che da questa discussione sia emerso, in certi casi a livello potenzialmente latente, una maggiore vicinanza di quella che si pensava all'inizio del dibattito , vedendo gli ordini del giorno.
Mi ha colpito molto il Consigliere Mellano, laico come me, che, pur essendo laico e non credente, ha ricordato i Montagnard della penisola indocinese che celebrano il Natale, ha ricordato i cristiani della Cina che pagano un prezzo durissimo per avere una Bibbia. Io vorrei ricordare anche i cristiani del sud del Sudan che vengono crocefissi e per i quali sento una grande solidarietà.
Questi segnali, emersi anche da noi laici, dovrebbero essere colti per far nascere qualcosa in comune. L'atto di coraggio vostro, senza vederlo come una sconfitta, dovrebbe essere quello di ritirare i due ordini del giorno per fare una proposta che possa nascere, dopo questo dibattito, da un sentire comune. Credo che ci siano le condizioni.
Invece, se forzate, contribuite a creare un solco che forse non c' nelle forme in cui pensavamo all'inizio, mentre il dibattito ha contribuito a creare dei sottili legami tra le parti che si sono confrontate. Se si forzano le posizioni con questi documenti non parteciperò al voto.
Mi auguro che ci sia ancora un colpo d'ala da parte dei proponenti magari all'ultimo secondo.



PRESIDENTE

La parola il Consigliere Brigandì per dichiarazione di voto.



BRIGANDI' Matteo

Intervengo brevemente per annunciare il voto favorevole della Lega Nord a entrambi gli ordini del giorno, sperando che l'approvazione dell'assemblea introduca il crocifisso in quest'aula, quanto meno in contrapposizione al "Cremlino" di corso Vittorio, unico tribunale in Italia senza crocifisso.



PRESIDENTE

Non essendoci altri interventi, passiamo alla votazione degli ordini del giorno.
Indìco la votazione nominale, richiesto dal Consigliere Angeleri e altri mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 839, il cui testo recita: "Considerate la recente sentenza di un Giudice abruzzese che impone di togliere il Crocifisso dalle aule della scuola del Comune di Ofena le parole del Presidente della Repubblica che, riprendendo quelle del laico Croce per cui non possiamo non dirci cristiani, afferma con forza che il Crocifisso "è il simbolo dei nostri valori" preso atto che si ritiene necessario affermare con fermezza e convinzione le nostre radici e la nostra identità che una delle cifre d'identità di tutto l'occidente passa attraverso la simbologia religiosa della Croce, del resto declinata in pittura architettura, scultura, chiese e monumenti, ma anche in letteratura della necessità pertanto che la Regione disciplini e regolamenti l'esposizione nei propri locali di un simbolo religioso quale il Crocifisso il Consiglio regionale del Piemonte impegna il Presidente del Consiglio e l'Ufficio di Presidenza ad attivarsi con urgenza affinché predisponga gli adempimenti necessari a regolamentare l'esposizione del Crocifisso nei propri locali, come principio fondamentale di affermazione d'identità e di difesa delle proprie radici cristiane".
L'esito della votazione è il seguente: Presenti e votanti 30 Consiglieri Hanno votato sì 24 Consiglieri Hanno votato NO 3 Consiglieri Si sono astenuti 3 Consiglieri Il Consiglio approva.
Indìco ora la votazione nominale, richiesto dal Consigliere Segretario Galasso e altri, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 842, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte visto che il Tribunale dell'Aquila, accogliendo il ricorso presentato da Adel Smith Presidente dell'Unione Musulmani D'Italia, ha ordinato, nella persona del giudice Mario Montanaro, la rimozione del crocifisso dalle aule della scuola materna ed elementare di Ofena (AQ) nella sentenza si stabilisce che la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede, perché manifesta l'inequivoca volontà dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico "al centro dell'universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamenti" rilevato che Il Consiglio di Stato nel 1988, esprimendo un parere concernente l'esposizione del crocifisso nelle scuole, ha stabilito che "il crocifisso o più comunemente la croce, a parte il significato per i credenti rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana nella sua radice storica come valore universale indipendentemente da specifica confessione religiosa" Sempre nello stesso parere il Consiglio di Stato ha sottolineato che "la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non può costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa" Il Consiglio di Stato ha ricordato anche che le disposizioni emanate nel '24 - Regio Decreto n. 965 - sull'esposizione del crocifisso devono ritenersi tuttora legittimamente operanti Attraverso una circolare il 3 ottobre 2002 il Ministero della Pubblica Istruzione chiedeva ai dirigenti scolastici di assicurare l'esposizione del crocifisso nelle aule considerato che Il Ministro della Giustizia ha annunciato un'indagine amministrativa sulla vicenda Le richieste di Adel Smith non rientrano in una battaglia per la laicità ma sono dimostrazioni di vera e propria intolleranza, se non addirittura istigazione all'odio, nei confronti delle religioni diverse da quella islamica da lui professata - peraltro perseguibili in base agli art. 403 e 404 del Codice Penale e alla Legge Mancino (legge n. 205 del 25/06/93) L'intolleranza di Smith si è già ripetutamente manifestata in passato con insulti e aggressioni verbali nei confronti dei simboli cristiani, della Chiesa e del suo massimo esponente Persino il segretario delle comunità islamiche in Italia definisce la sentenza del Tribunale dell'Aquila un attacco al sentimento religioso e sottolinea di non sentirsi offeso dal crocifisso ritenuto che Il dialogo interreligioso, fondamentale al fine di garantire una civile convivenza fra le diverse religioni, deve necessariamente basarsi sul rispetto dei valori storici, culturali e politici e sui principi sui quali poggiano le fondamenta della nostra civiltà visto che Il cristianesimo è prima di tutto il segno distintivo della nostra Nazione dell'Europa e rappresenta una parte fondamentale del loro carattere e del loro essere Testimonianze delle nostre radici cristiane emergono e sono evidenti nella nostra storia, nelle nostre città, nei nostri monumenti ma anche nella nostra cultura invita la giunta regionale d'intesa con la direzione scolastica regionale A predisporre in tutte le scuole del Piemonte una campagna di informazione e sensibilizzazione per far comprendere a tutti gli studenti piemontesi i motivi per i quali il crocifisso rappresenta la nostra identità nazionale ed europea invita la commissione statuto Ad inserire nel nuovo testo un chiaro riferimento e riconoscimento delle radici cristiane della regione Piemonte invita il governo Ad adoperarsi affinché simili manifestazioni di ignoranza ed intolleranza non si ripetano in futuro A verificare l'effettivo rispetto della circolare del 3 ottobre 2002 del Ministero della Pubblica Istruzione".
L'esito della votazione è il seguente: Presenti 30 Consiglieri Votanti 28 Consiglieri Hanno votato sì 23 Consiglieri Hanno votato NO 3 Consiglieri Si sono astenuti 2 Consiglieri Non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri Il Consiglio approva.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Esame disegno di legge n. 535 "Celebrazione del VI Centenario dell'Università degli Studi di Torino"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del disegno di legge n. 535, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Cattaneo, che ha facoltà di intervenire.



CATTANEO Valerio

Do per letta la relazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri il cui testo recita: "Ricorre nel 2004 il VI centenario dell'Università degli Studi di Torino.
Nei primi anni del XV secolo, infatti, il principe Ludovico di Savoia Acaja dota il Piemonte di uno Studio, scegliendo Torino come sede, in quanto centro vescovile e crocevia di grande importanza per le comunicazioni con la Liguria, la Lombardia e la Francia.
La nuova università è subito legittimata nell'autunno del 1404 da una bolla di Papa Benedetto XIII, successivamente da un diploma dell'imperatore Sigismondo e da una bolla di Giovanni XXIII e nel 1413 da un'ulteriore bolla del Pontefice Martino V, che istituzionalizza i corsi di dottorato in Teologia, in Diritto Canonico e Civile, in Medicina e Arti liberali.
L'ordinamento istituzionale dell'Università rimane pressoché invariato fino al primo Settecento, quando Emanuele Filiberto procede alla sua ristrutturazione, improntandolo sul modello dello Studio di Bologna.
Alla ricorrenza del VI centenario, che riveste ovviamente grande importanza per Torino e per il Piemonte, è riconosciuto ampio rilievo anche a livello nazionale.
E' infatti in corso di approvazione un apposito disegno di legge statale che prevede la concessione all'Università di Torino di un contributo straordinario per le celebrazioni di euro 13 milioni, da erogarsi nel biennio 2003/04, per interventi edilizi e di restauro, collocazione idonea di materiale scientifico nonché per interventi riguardanti l'organizzazione di convegni, seminari, attività editoriali, iniziative artistiche culturali e didattiche.
Per la formulazione degli indirizzi generali relativi alla ripartizione del contributo il disegno di legge prevede l'istituzione di un Comitato promotore presieduto dal Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca e composto dal Ministro per i Beni e le attività culturali, dal Presidente della Regione Piemonte, dal Sindaco di Torino e dal Rettore dell'Università di Torino.
L'Amministrazione Regionale, in coordinamento e piena armonizzazione con il programma nazionale e con le iniziative eventualmente promosse a livello locale da altri soggetti, intende partecipare alle celebrazioni con il prioritario obiettivo di contribuire alla realizzazione di interventi di forte ricaduta sulla vita dell'Ateneo e di significativo impatto nella valorizzazione di un'istituzione che deve continuare a mantenere il suo grande prestigio storico e il suo posto tra i mega Atenei italiani e nel contempo deve consolidare la sua presenza tra le più importanti università europee ed internazionali.
Per il perseguimento delle finalità indicate, il disegno di legge si propone i seguenti obiettivi: sostegno ad interventi edilizi e di restauro e di valorizzazione delle collezioni museali e del patrimonio storico, scientifico e bibliografico incremento della residenzialità universitaria promozione di iniziative per la valorizzazione dei programmi di mobilità e di internazionalizzazione dell'Ateneo e del suo piano di decentramento didattico nel Piemonte occidentale nonché per lo sviluppo di progetti di ricerca e di formazione realizzazione di manifestazioni di carattere celebrativo e divulgativo che, attraverso l'organizzazione di iniziative convegnistico - seminariali editoriali, espositive, culturali, didattiche e di spettacolo, rendano partecipe della ricorrenza l'intera collettività.
Relativamente agli obiettivi del disegno di legge, si è ampiamente dibattuto, in sede di VI Commissione, sulla opportunità che il Comitato regionale delle celebrazioni, istituito con l'articolo 2, abbia tra i suoi scopi anche lo sviluppo e la qualificazione delle strutture universitarie nonché l'incremento delle strutture ricettive. Si è sottolineata infatti la necessità che tali settori rimangano in capo alla Giunta regionale.
La Commissione ha quindi deciso che tali competenze siano mantenute presso la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare mentre spettano al Comitato l'organizzazione di iniziative che promuovano presso l'Ateneo lo sviluppo di progetti di ricerca e di formazione, la promozione di iniziative a favore della valorizzazione del piano di decentramento didattico nel Piemonte occidentale e la promozione di manifestazioni di carattere divulgativo-celebrativo.
Il disegno di legge istituisce dunque, all'articolo 2, il Comitato regionale delle celebrazioni. Tale Comitato è presieduto dal Presidente della Regione Piemonte ed è composto dal Presidente della Provincia di Torino, dal Sindaco della Città di Torino, dall'Assessore alla Cultura della Regione Piemonte, dal Rettore dell'Università di Torino, dal Soprintendente ai Beni e alle Attività culturali del Piemonte, dal Presidente dell'Ente per il Diritto allo Studio Universitario e da tre rappresentanti degli studenti dell'università degli studi di Torino.
Possono inoltre essere chiamati a far parte del Comitato i rappresentanti di quei soggetti che aderiranno al programma delle celebrazioni con finanziamenti significativi.
L'articolo 3 prevede che il programma generale delle celebrazioni e gli interventi, riguardanti le lettere a) e b) dell'articolo 1, siano approvati dalla Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente.
I finanziamenti per gli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 1 sono fissati, per l'anno 2003, in euro 1 milione. Per gli anni 2004 e 2005 sono quantificati rispettivamente in euro 3 milioni e in euro 4 milioni.
Il disegno di legge contiene la dichiarazione d'urgenza.
Relazione finanziaria ai sensi dell'articolo 26, comma 2 della legge regionale 11 aprile 2001, n. 7.
In coerenza con le finalità strategiche già individuate, ai sensi della legge n. 29/99, per il programma generale di intervento a sostegno dello sviluppo del sistema universitario e del diritto allo studio, una parte rilevante della partecipazione regionale alle celebrazioni del secentenario è dedicata all'investimento in opere edilizie e in opere di restauro all'allestimento di strutture museali, bibliotecarie ed informatiche dell'Università di Torino e in interventi destinati ai progetti di residenzialità universitaria dell' EDISU , con particolare attenzione alle esigenze dei programmi di mobilità internazionale degli studenti e delle attività di interscambio di docenti e ricercatori dell'Università stessa.
Per tale finalità sono previsti, infatti, un finanziamento di euro 3 milioni all'Università, a sostegno dei suoi piani di intervento e un finanziamento di euro 5 milioni all'EDISU , per l'incremento di residenze universitarie.
Tali somme sono reperite nell'ambito dei finanziamenti già stanziati a sostegno dei piani di intervento degli Atenei e dell'EDISU , di cui alla legge n. 29/99, nel Bilancio annuale e pluriennale della Regione per gli anni 2003, 2004 e 2005.
Una parte dell'intervento regionale è infine dedicato al sostegno delle manifestazioni celebrative che dall'autunno del 2003 alla fine del 2004 faranno partecipe della ricorrenza la comunità universitaria e l'intera collettività.
Le manifestazioni celebrative consisteranno nella realizzazione di una serie di appuntamenti culturali, di iniziative convegnistico-seminariali editoriali, espositive, didattiche, di spettacolo, alcune delle quali particolarmente rivolte alla valorizzazione del piano di decentramento didattico nel Piemonte occidentale, dei programmi di internazionalizzazione e dei progetti di ricerca e di formazione dell'Università.
Per tale finalità è prevista l'istituzione di un apposito capitolo recante "Contributo per spese di relative alle manifestazioni celebrative del VI centenario dell'Università degli Studi di Torino", con un finanziamento complessivo di euro 650 mila.
Tale somma, per euro 150 mila è reperita mediante riduzione degli stanziamenti delle UPB 31991, 31031, S1991, 06011 e 21991 del Bilancio della Regione per l'anno 2003 , mentre allo stanziamento dei restanti 500 mila euro per l'anno 2004 si provvederà con le modalità previste dall'articolo 30 della legge regionale 4 marzo 2003, n.2 (Legge finanziaria per l'anno 2003).
In particolare la norma finanziaria di cui all'articolo 4 prevede che: i finanziamenti per gli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 1 sono quantificati per l'anno 2003 in euro 1 milione, per l'anno 2004 in euro 3 milioni e per l'anno 2005 in euro 4 milioni e le relative coperture finanziarie sono reperite mediante l'utilizzo delle somme iscritte nell'UPB 31042 (Beni culturali, Università ed istituti scientifici) del Bilancio annuale e pluriennale della Regione per gli anni 2003, 2004 e 2005 per il finanziamento delle iniziative di cui alle lettere c), d), e) dell'articolo 1 si istituisce, all'interno dell' UPB 31041 (Beni culturali Università ed istituti scientifici), il capitolo recante "Contributo per spese relative alle manifestazioni celebrative del VI centenario dell'Università degli Studi di Torino", con uno stanziamento, in termini di competenza e di cassa, per l'anno 2003 di euro 150 mila. La relativa copertura finanziaria è reperita mediante riduzione di euro 35 mila delle somme iscritte nell'UPB 31991 (Beni culturali - Direzione), di euro 40 mila delle somme iscritte nell'UPB 31031 (Beni culturali, Musei e patrimonio culturale), di euro 20 mila delle somme iscritte nell'UPB S1991 (Gabinetto Presidenza della Giunta Direzione), di euro 25 mila delle somme iscritte nell'UPB 06011 (Comunicazioni istituzionali della Giunta-Relazioni esterne della Giunta) e di euro 30 mila delle somme iscritte nell'UPB 21991 (Turismo, sport, parchi).
Per l'anno 2004 al finanziamento di euro 500 mila, destinato alle iniziative di cui al capitolo "Contributo per spese relative alle manifestazioni celebrative del VI centenario dell'Università degli Studi di Torino", si provvede con le modalità previste dall'articolo 30 della legge regionale 4 marzo 2003, n. 2 (Legge finanziaria per l'anno 2003)".
Passiamo ora all'esame dell'articolato.
ARTICOLO 1 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 1.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 2 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 2.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 3 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 3.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 4 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 4.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 5 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 5.
Il Consiglio approva.
Passiamo ora alle dichiarazione di voto sull'intero testo.
Per dichiarazione di voto ha chiesto la parola il Consigliere Mellano ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

A nome del gruppo radicale dichiaro che ci asterremo su questo provvedimento, perché come abbiamo detto in Commissione, in occasione del dibattito nella prima seduta nella quale era stato illustrato il provvedimento dall'Assessore Leo, crediamo che non era necessario fare un disegno di legge e un provvedimento ad hoc.
Credevamo si potesse finanziare e quindi in qualche modo celebrare il VI centenario dell'Università di Torino come un evento normale, nel senso che con un finanziamento e un canale normale che l'Assessorato che avrebbe potuto riconoscerne la valenza importante, senza procedere ad una forma così aulica - com'è stata ricercata con un provvedimento ad hoc.
Dico questo anche perché, alla fine, si può pensare che dietro a questo provvedimento ci siano anche altri interessi, un po' visibilità del Consiglio regionale, della Regione Piemonte e dei suoi esponenti.
Credo che è contraddittorio rispetto ad alcune recenti conferenze stampa di esponenti importanti di Forza Italia, che affermano che bisogna sfoltire i provvedimenti, bisogna evitare la proliferazione delle leggi e poi, quando si può evitare di farne una, ci infiliamo dentro a rotta di collo.



PRESIDENTE

Solo come precisazione: anche il Parlamento nazionale ha ritenuto di fare un provvedimento di legge.
Per dichiarazione di voto ha chiesto di intervenire il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Credo che sia anche un diritto e un dovere della maggioranza fare brevemente una dichiarazione di voto. Ci siamo già espressi lungamente nel percorso di Commissione, riteniamo un segno di grande attenzione da parte della Giunta regionale e del Consiglio regionale aver proposto questo disegno di legge per la celebrazione del VI centenario dell'Università di Torino.
Ricordo che anche il Governo nazionale ha già stanziato un importante provvedimento di oltre 13 milioni di euro per le strutture della nostra università. La modalità della legge, che per altro ha avuto un percorso partecipato in Commissione (anche in quella sede avevamo visto e valutato se si poteva fare diversamente), ha anche un valore, oltre che di provvedimento, una questione di merito sulla quale c'é un'ampia finalità (l'Assessore Leo e il Presidente Ghigo si sono spesi su questo), un valore di attenzione all'università. Questa è stata la scelta della Commissione e mi sembra che sarà anche la scelta del Consiglio oltre che della maggioranza che sostiene la Giunta.
Il nostro voto sarà a favore.



PRESIDENTE

Per dichiarazione di voto ha chiesto di intervenire la Consigliera Manica, ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Dichiarazione di voto brevissima. I Democratici di Sinistra voteranno a favore del provvedimento per la celebrazione del VI Centenario dell'Università degli studi di Torino, perché riteniamo l'università, in se, una risorsa e un valore. Una risorsa particolare l'Università di Torino per la città e per la regione. Tuttavia dobbiamo dire che, rispetto al provvedimento, la Regione avrebbe potuto fare di più e meglio, soprattutto investendo maggiormente su interventi strutturali per quanto riguarda gli studenti e l'università, che su quelli di ordine celebrativo. Pensiamo, anche, che si poteva programmare di più e si poteva farlo in un contesto diverso.
Nonostante questo, per l'importanza che questo elemento ha, il nostro voto sarà favorevole.



PRESIDENTE

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico sull'intero testo di legge.
L'esito della votazione è il seguente: Presenti e votanti 35 Consiglieri Hanno risposto Sì 33 Consiglieri Si sono astenuti 2 Consiglieri Il Consiglio approva.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.20)



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