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Dettaglio seduta n.370 del 01/07/03 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


POZZO GIUSEPPE



(Alle ore 15.35 il Consigliere Segretario Pozzo comunica che la seduta avrà inizio alle ore 16.00)



(La seduta ha inizio alle ore 16.10)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g., "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Brigandì, Caramella, Deorsola Ghigo, Pichetto Fratin e Rossi Giacomo.


Argomento: Comunita' montane - Montagna

Proseguimento esame testo unificato disegno di legge n. 375 e proposta di legge n. 262: "Modifiche alla legge regionale 2 luglio 1999, n. 16" (Testo unico delle leggi sulla montagna)


PRESIDENTE

I lavori pomeridiani del Consiglio incominciano con il proseguimento dell'esame del disegno di legge n. 375 e della proposta di legge n. 262, di cui al punto 6) all'o.d.g.
E' stata svolta la relazione da parte del Consigliere Manolino; era previsto anche un correlatore, nella persona del sottoscritto, ma ritengo opportuno non riprendere le relazioni. Piuttosto, apriamo il dibattito.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Apriamo, dunque, il dibattito generale.
La parola al Consigliere Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Presidente e colleghi, la legge sul riassetto delle Comunità montane contiene due elementi di natura politica, che sono afferenti a due finalità: la prima, è l'aggiornamento della normativa delle Comunità montane, che, con il rinnovo istituzionale intervenuto attraverso diversi provvedimenti, rimangono Enti locali, ma non inseriti nella modifica del Titolo V della Costituzione. Di questo mi rammarico, perché il Piemonte ha organizzato - e resta, comunque, un nostro patrimonio - un progetto finalistico delle Comunità montane, come soggetti di rappresentanza degli interessi diffusi e degli obiettivi di sviluppo delle periferie montane che meritavano di essere meglio tutelate e valorizzate, come soggetti costituzionali, con la riforma del Titolo V.
Dobbiamo prendere atto che in Italia la situazione non è omogenea. Ci non toglie che i passi avanti fatti dalla Regione Piemonte, fin dalla lontana legge 1102, costantemente consolidati con il riferimento omogeneo diffuso, dei territori montani nell'istituto della Comunità montana (in precedenza nell'istituto dei Bacini imbriferi montani), rappresentano un elemento affidabile e consistente, anche perché alcune province hanno nel territorio montano percentuali di superficie che arriva anche al 90% (la provincia del VCO, di Biella e Cuneo, ma anche la stessa provincia di Torino).
Sottolineo, pertanto, l'importanza di continuare a considerare la Comunità montana un Ente imprescindibile, non soltanto per la gestione di attività istituzionalmente proprie, dal punto di vista amministrativo, ma anche come soggetto capace di produrre cultura, organizzare progetto e creare la vivibilità istituzionale e il progresso culturale, sociale ed economico delle comunità e territori montani.
Da questo punto di vista, probabilmente un eccesso di aspettativa nei confronti dell'istituzione Comunità montana ci ha portati ad avere una dinamica un po' troppo veloce, con frequenti momenti di riorganizzazione del territorio.
Questo deve essere gestito con molta consapevolezza; mi rivolgo a quei colleghi che, come me, sono molto coinvolti, ma penso che tutti dobbiamo esserlo, in relazione alle attese dei territori delle nostre valli, che una volta avevano una rappresentanza elettorale più ampia in Consiglio regionale (oggi non sono certo sguarniti, almeno dal punto di vista della sensibilità e dell'impegno).
Occorre costituire un percorso attraverso il quale non si alimenti l'eccesso dei localismi e delle dinamiche di aggregazione, di composizione e scomposizione, che risentono troppo spesso della vicissitudine elettorale e politica della comunità. Certo, questo problema si pone poco per quei territori che appartengono alle vallate longitudinali, nelle quali il corso d'acqua, le infrastrutture, determinano le caratteristiche dell'aggregazione. La situazione è più complessa per i territori di natura appenninica, come quello dell'alta Langa e, in parte, il territorio del Monferrato, dove non esiste una situazione geologica che dà certezza e dove intervengono altri elementi di organizzazione: il mercato, la cultura, la storia, i consorzi e quant'altro.
Invito i colleghi ad adottare, nel dibattito che riguarderà l'ulteriore definizione degli assetti e delle aggregazioni, un atteggiamento che concorra a sottrarre le decisioni sulla costituzione delle Comunità montane alla contingenza dei sentimenti dei relativi amministratori; altrimenti cambiando la maggioranza politica, ci si sposta, e l'obiettivo di fare assumere alla Comunità montana una funzione più consistente, finisce per essere sacrificato.
Noi siamo disposti ad impegnarci nello sforzo di realizzare questo obiettivo.
Sottolineo, come elemento utile di questa proposta di legge, la definizione che rappresenta un po' l'elemento di specificità piemontese. Le zone omogenee, cioè, che consideriamo Comunità montane, sono contemporaneamente unione di Comuni non alterabile, dal punto di vista della composizione, e Comunità montane. Laddove "unione di Comuni" è una definizione particolarmente chiara, dal punto di vista delle intenzioni del legislatore regionale, "Comunità montana" rappresenta un riferimento assolutamente certo, nobile, importante, costante, nel riferimento della legislatura regionale.
Salvo gli inevitabili ritocchi, che possono essere determinati da situazioni che al momento non sono a nostra disposizione, dovremmo riuscire a dare un carattere un po' più definitivo all'organizzazione delle Comunità, come premessa per rilanciare le politiche di sviluppo, che non sono soltanto politiche di sviluppo economico.
I dati sulla montagna li conosciamo: 53% del territorio, 15% della popolazione, 10% del reddito. Questa è la montagna piemontese.
Evidentemente c'è uno spazio per aumentare il reddito di quel 5% che rappresenta il gap rispetto alla popolazione; c'è sicuramente la possibilità di un ripristino di copertura umana in relazione alla realizzazione di opportunità economiche, produttive e occupazionali che rappresentano l'obiettivo al quale deve tendere la nostra legislazione.
Per esempio, l'Emilia Romagna, con 400 mila abitanti in meno del Piemonte, ha adesso superato il prodotto interno lordo della nostra Regione. Penso che ciò sia dovuto a tante cause, ma mi sarebbe anche comodo individuare anche cause assolutamente politiche relative a diversi regimi operanti nelle due Regioni. Può darsi che questo ci sia; sicuramente c'è il fatto che l'Emilia Romagna utilizza, dal punto di vista economico, il suo territorio in maniera molto più diffusa, essendo - com'è noto - gli Appennini tosco-emiliani un punto storico di sviluppo di un'antica cultura che poi nel tempo ha mantenuto la sua capacità di concorrere significativamente alla realizzazione dei volumi economici e culturali.
Parlo anche di cultura perché il Piemonte deve rassegnarsi al fatto che quando in Toscana c'erano i De' Medici e c'era il Rinascimento, noi avevamo i pur volonterosi Conte Rosso e Conte Verde, le cui gesta sono ricordate soprattutto per modeste imprese guerriere e avventure di caccia e quindi può darsi che anche la nostra storia, in qualche maniera, abbia penalizzato le nostre stesse montagne per altri fini utilizzate; il corso di una storia che non veniva citata per i lavacri che versava l'Appennino o che versavano le Alpi in quel territorio, a differenza del nostro. Ma questa è una digressione e me ne scuso.
Penso che dobbiamo utilizzare anche l'occasione di oggi per cercare di comporre una legge che vada nella direzione del rafforzamento delle intenzioni di quanti in questo Consiglio regionale, nelle diverse legislature, si sono, devo dire in modo abbastanza convintamente costante occupati del progresso della montagna con gli strumenti che abbiamo a disposizione e che, se non sono particolarmente rafforzati della legislazione nazionale, certamente sono invece più adeguatamente presi in consegna dalla normativa regionale, soprattutto dalla cultura che in questo Consiglio regionale si è organizzata attorno al tema delle Comunità montane.
Mi consenta, Presidente, una frase per chiudere. Noi siamo anche l'unica Regione che ha previsto di restituire alla montagna un minimo del 3%, ma deve essere aumentato del corrispettivo del valore che va assumendo l'acqua; rispetto a indicazioni abbastanza approssimative come quelle della vecchia legge 97/94 sulla montagna, abbiamo certamente fatto qualcosa di più e nella direzione di utilizzare la sovranità di cui dispone un Consiglio regionale. Penso, per esempio, che non sarebbe sbagliato se oggi almeno il contesto non è astratto - ponessimo anche l'obiettivo di utilizzare i proventi dei transiti a favore dei territori montani per l'assetto del territorio come minimo; proventi delle autostrade e delle grandi linee ferroviarie che attraversano la montagna, della quale non sono serventi, perché l'economia e le caratteristiche fanno sì che quel territorio sia occupato in maniera molto più massiccia per finalità generali di quanto non sia utilizzato in termini di occasione di sviluppo per quanto riguarda l'attraversamento delle infrastrutture, ed avremmo sicuramente delle altre risorse.
In sostanza, parlo di una politica di ridistribuzione del reddito del reddito rispetto al quale la montagna, attivamente o passivamente o comunque come componente fondamentale del sistema economico, produttivo sociale, culturale, umano e ambientale di un territorio come quello della nostra Regione, possa e debba essere considerata un elemento di sviluppo e non soltanto un elemento a cui attendere in termini di sostegno di una passività per l'intero sistema.
Un'ultima cosa, Assessore Vaglio. Credo che abbiamo fatto degli sforzi in questa Regione; credo anche che però in questo momento si stia perdendo il senso del progetto montagna e ho l'impressione che le stesse Comunità montane - non lo dico in termini di accusa, lo dico come constatazione di un problema - tendano più a configurarsi come unione di Comuni e quindi a prescindere dallo specifico montano che non come Enti ai quali compete di individuare un qualche cosa di molto più prezioso e importante dal punto di vista della realizzazione di quelle finalità che pur erano molto chiare nella stessa politica della nostra Regione intesa sia come Consiglio sia come unione di Comuni e Enti montani sia, più in generale, come cultura e come attenzione ai territori montani, sapendo che alcuni tra i più preziosi libri e tra i più preziosi saggi sulla politica montana sono stati proprio realizzati da alcuni nostri importanti predecessori che si sono occupati dei problemi montani.
Mi scuso con il Presidente per aver superato di qualche minuto il tempo a mia disposizione.



PRESIDENTE

E' colpa mia: io mi sono distratto e lei ne ha approfittato.
La parola al Consigliere Tapparo, raccomandando di rispettare il tempo a disposizione per l'intervento.



TAPPARO Giancarlo

Presidente, obietto su questa questione dei tempi, perché se al Consigliere Riba si concede di più per una questione di peso politico allora io mi inchino...



PRESIDENTE

Consigliere Tapparo, so che lei mi riconosce la serietà nella gestione dell'aula, per cui le ripeto che si è trattato di una mia distrazione. Mi sono distratto e non ho guardato il tempo; se vuole 13 minuti, glieli concedo, ma siccome, come tutti, potrà intervenire anche sugli articoli non vedo perché dobbiamo... Se vuole, per dimostrarle proprio la mia buona fede, i 13 minuti glieli concedo volentieri, ma ripeto che la colpa è mia e chiedo scusa.



TAPPARO Giancarlo

Temo che lei abilmente voglia nascondere un fatto di cuneesità e quindi...



PRESIDENTE

No, guardi che non era tendenzioso...



TAPPARO Giancarlo

Se la questione era di diverso peso politico, allora mi sarei inchinato.
L'intervento del Consigliere Riba ha posto alcuni problemi che forse travalicano il merito del provvedimento, dando alla dimensione degli interventi sulla montagna un giusto respiro, uno spazio più grande. Quando nacquero le Comunità montane - lo stesso nome "comunità" denota un po' la matrice d'origine - la sinistra, come ricordi, collega Riba (forse tu avevi ancora i calzoni corti), era un po' perplessa e non subito si convinse di questo modello di riferimento che aveva una logica comunitaria; poi, via via, ci si rese conto che c'era anche un'evoluzione nelle cose. Verso la fine degli anni '50 e primi anni '60 vi fu un forte dibattito sul limite della Provincia nel governare il territorio e si sviluppò allora un'elaborazione molto importante, quella dei Comprensori.
Pareva allora che fosse in liquidazione il ruolo della Provincia, perch questi nuovi elementi - ruolo dei Comprensori nella programmazione territoriale e presenza qualificata delle Comunità montane - poteva far sembrare possibile il superamento della Provincia. Poi, forse anche per un po' di lobby e altre ragioni, ridiedero vita, quasi miracolosamente, alle Province e affondarono i comprensori.
Credo che in questo modo il ruolo delle Comunità Montane sia emerso come un momento molto importante, soprattutto perché ci trovavamo prevalentemente di fronte a Comuni molto piccoli; quindi, le Comunità Montane permisero di esprimere e portare avanti delle politiche più ampie pur con tanti limiti.
Il collega Riba nel suo intervento ha taciuto sull'autonomia statutaria che ora viene conferita alle Comunità Montane e che permette di "personalizzare" ogni Comunità Montana rispetto ad un modello di riferimento generale, rispondendo in questo modo alle caratteristiche di ognuna di esse.
Sappiamo infatti che ci sono Comunità Montane di alta montagna con caratteristiche peculiari, e comunità montane che incorporano Comuni che pur essendo vicini a territori montani, sono largamente pianeggianti.
Questo ha aperto una disputa e una forte polemica sull'opportunità di mantenere, all'interno di questi sistemi, Comuni che non abbiano una prevalenza di natura montana.
Il provvedimento che stiamo portando avanti non deve essere sovradimensionato nell'importanza, ma stiamo facendo un'importante operazione di messa a punto.
Anch'io, come il collega Riba e molti altri colleghi, ho lamentato, a suo tempo, il fatto che dall'intervento di revisione costituzionale non sia stato dato un riconoscimento adeguato, anche formale, alle Comunità Montane. In qualche modo è una sconfitta per questo istituto, però così è avvenuto. Noi intanto diamo questa equiparazione all'unione dei Comuni come strumento molto importante e - probabilmente il collega Riba lo dava per scontato - diamo l'opportunità di "personalizzare" una configurazione particolare anche nella modalità di elezione di secondo grado.
Spero che questa autonomia statutaria sia utilizzata al meglio, perch purtroppo sappiamo che, negli equilibri che si sono determinati e nelle varie dispute, i governi delle Comunità Montane hanno dato il meglio di se stesse, ma ci sono stati comunque dei problemi.
Spero che questa sia l'occasione per dare un maggiore peso politico alle Comunità Montane, e non tanto, collega Riba, per ottenere dalla Regione, ad esempio, il pagamento di una specie di pedaggio per costruire delle grandi infrastrutture che gravano sul territorio delle Comunità Montane (pensiamo al caso dell'Alta Velocità).
Dobbiamo pretendere che la montagna sia messa nelle condizioni di auto svilupparsi, ovviamente dando qualcosa in più, come avviene ad esempio nei fondi strutturali dell'Unione Europea che mirano ad intervenire di più in certe zone e che permettono di intervenire sommando progettualità.
Non dobbiamo trasferire alla montagna quote di risorse o comunque riconoscerle una forma di pedaggio, perché la montagna già paga il prezzo per il transito dei grandi elettrodotti o della grande viabilità. Dobbiamo dunque ripagare la montagna, che già di per sé si trova in condizioni di maggiore marginalità, offrendole degli strumenti da utilizzare per il proprio autosviluppo. Non è un'elemosina che facciamo o un riconoscimento a titolo di risarcimento, ma un'iniezione di progettualità. Una volta riferendosi ai paesi del Terzo Mondo, si diceva che non si doveva dar loro il pesce per mangiare, ma la canna per pescare e insegnargli le tecniche per farlo.
Questo vale anche per la montagna; noi dobbiamo non dare risorse dando anche una cattiva abitudine al trasferimento di risorse, perch quando questo è automatico, generoso e facile da ottenere non aiuta la montagna all'autosviluppo . Ripeto dobbiamo offrire alla montagna spazi che ne premino capacità di autosviluppo e progettualità.
Il provvedimento che stiamo portando avanti, senza esaltarlo eccessivamente, dà comunque elementi di riordino e di messa a punto che permetteranno probabilmente a questo istituto di essere più incisivo. Tra l'altro, andrebbe forse rimeditato il ruolo delle Province, delle Comunità Montane, dei patti territoriali che cominciano a configurare primi elementi istituzionali sul territorio. Sono tutti aspetti che dovrebbero portare le Regioni, che hanno un ruolo accresciuto, a pensare all'unione di Comuni o alle unioni collinari come a delle configurazioni istituzionali sul territorio, proprio per renderle più efficaci e per evitare delle sovrapposizioni non utili, che generano talvolta delle vischiosità amministrative.
Per queste ragioni avevo firmato, a suo tempo, il provvedimento, che aveva come primo firmatario il collega Ronzani. Mi pare che in Commissione si sia lavorato seriamente e si sia raggiunta una buona integrazione tra i due provvedimenti presentati. Sono stati anche proposti degli emendamenti con i quali si è cercato di precisare meglio alcuni aspetti che non hanno avuto modo di essere affinati in Commissione. In questo modo, si fa un passo avanti nell'offrire strumenti di operatività alla nostra montagna che presenta una realtà più difficile rispetto ad altri territori, ma credo che queste difficoltà, alla fine, possono diventare una risorsa ed un'opportunità di sviluppo.
In molte valli la nostra montagna, in certi casi così aspra, non offre molte opportunità ad esempio al turismo o agli sport invernali, ma proprio la loro caratteristica selvaggia e dura, se mirata ed utilizzata al meglio (penso alla silvicoltura e ad un tipo di turismo più di nicchia e qualificato), può diventare un'opportunità, ma questa possibilità la deve garantire la montagna con le sue strutture.
Spero che il provvedimento nella seduta pomeridiana possa essere approvato, pur, come spesso avviene, con una certa distrazione da parte dell'aula, ma nella Commissione di merito i colleghi componenti di esse hanno già prestato la necessaria attenzione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mellano; ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Presidente e colleghi, stiamo per affrontare un provvedimento il cui iter, in Commissione, è in stand by, cioè in attesa di arrivare al dibattito in aula. Questo di per sé dimostra come sia un provvedimento importante ed atteso, ma che, a giudizio del Gruppo Radicale, perde l'occasione di una modifica sostanziale dell'istituto della Comunità Montana.
Nei precedenti interventi e nell'illustrazione generale del provvedimento sono state già dette alcune cose. Io però voglio spostare l'attenzione dai problemi emersi finora ad un problema più specifico, ma quanto mai vero ed attuale. L'analisi di cosa è successo in questi anni nelle Comunità montane, a mio giudizio, a giudizio del Gruppo Radicale avrebbe richiesto e imposto una riforma più dura, più di razionalizzazione di semplificazione e - permettetemi - di moralizzazione dell'attività delle Comunità montane.
Mi è già capitato altre volte di dire - e non è una scenetta, non è una descrizione in qualche modo non corrispondente al vero - che le logiche con cui sono state governate le Comunità montane - personalmente conosco meglio quelle della Provincia di Cuneo, ma mi dicono che il meccanismo è simile in tutto il territorio piemontese - sono legate al gioco interno non tanto di una maggioranza o di una minoranza, ma di passaggi della singola persona eletta nel Consiglio della Comunità montana, magari come esponente di minoranza che, per il classico piatto di lenticchie, magari garantisce un voto che è il voto determinante per l'elezione del Presidente della Comunità montana, che così magari si vincola mani e piedi per interventi di finanziamento, di contributo a quel Comune di cui è rappresentante il singolo personaggio apportatore di un voto.
Questa non è democrazia, questa è un simulacro di democrazia. Credo che davvero, forse con più coraggio e con la volontà più forte di prendere in qualche modo il toro per le corna, avremmo dovuto fare delle proposte diverse. Lo dico anche per me, che non ho avuto la forza e forse anche la capacità di conoscenza dei meccanismi interni e dei delicati equilibri su cui si reggono queste istituzioni.
E' di certo un po' deludente sentire ufficialmente, in riunioni ufficiali, l'Assessore Laratore - oggi non è in aula - raccontare come sia giusta la scelta, per quanto riguarda le Unioni di Comuni, di andare alla definizione dell'organismo esecutivo delle riunioni dei soli Sindaci individuando un Sindaco; il Sindaco rappresentante per il singolo Comune diventa parte del Consiglio di gestione dell'Unione di Comuni e all'interno di questa riunione dei Sindaci, viene scelto il Presidente.
Le Comunità montane hanno fatto altro; nascono, come ci ricordava giustamente il Consigliere Tapparo, anche da una visione che, insieme alla visione comunitaria, sicuramente aveva anche una visione assemblearistica che porta all'individuazione di tre personaggi per ogni Comune, due di maggioranza e uno di opposizione, che all'interno di questo consesso che è la Comunità montana - questo è il giudizio storico grave, so che è grave vorrei dirlo con gravità - non fanno gioco democratico, ma nel migliore dei casi fanno lobbismo, nel migliore dei casi fanno bassa macelleria politico-amministrativa, fanno commercio (ti do questo contributo se tu vieni qui, ti do questa cosa se fai quello).
Non si può generalizzare; sicuramente ci sono persone correttissime per cui non si può fare un discorso che vale per tutti i singoli esponenti e tutte le persone che mettono sangue e dolore o impegno nell'attività.
Tuttavia la fotografia d'insieme, la vista dall'aereo di cosa è successo nelle Comunità montane, secondo me, non è un quadro positivo, è un quadro che davvero meriterebbe una riforma moralizzatrice.
Purtroppo, non abbiamo questa riforma, abbiamo solo alcuni ritocchi. Do atto all'Assessore che, in alcuni casi, va proprio a cercare di toccare gli articoli che compongono il Consiglio, ma non danno risposte; non danno risposte, perché il meccanismo è sempre quello di tutelare una finta rappresentanza degli interessi territoriali. Il meccanismo diventa rappresentanza delle singole personalità, degli obiettivi personali e politici delle singole personalità e, alla fine, si usano i soldi pubblici i soldi della Regione Piemonte, in dinamiche che sono negative.
Lo diceva anche il Vicepresidente Riba, però lui stigmatizzava queste dinamiche negative all'interno delle Comunità montane dicendo che erano dinamiche che derivavano dalle eccessive aspettative legate alla Comunità montana stessa.
Questo giudizio non lo condivido. Credo che quelle dinamiche malate - e sono malate per certo - derivino da un meccanismo di personalismo e da un meccanismo che è anche di partitocrazia, perché in molti casi le analisi e le decisioni vengono prese per schieramenti, per partecipazione a questo o a quello schieramento, e anche l'autonomia la grande importante autonomia di Statuto finisce per essere derivata ad essere un'autonomia di "inciucio", autonomia di "mettiamoci d'accordo nel modo migliore" che possa in qualche modo coprire con la stretta coperta anche le Comunità montane con i soldi, in qualche modo limitati ( per fortuna), finendo per essere un tira e molla sulle cose che contano.
Questo provvedimento è stato molto atteso ed agognato. Soprattutto i colleghi della Provincia di Cuneo sono venuti tante volte a sollecitare risposte ai Comuni e agli Enti locali. Ma le risposte sono sempre state guarda caso - non grandi scelte di governo del territorio, di scenario, di visione importante e alta, di definizione di strategie di politiche, ma c'è quel Sindaco, c'è quell'amico, c'è quell'esigenza, anche lecita, anche legittima - per carità - a cui dare una risposta immediata perché si sono già presi degli impegni, perché c'è già del pregresso, ci sono già delle decisioni a monte che devono essere avallate da quest'aula, avallate da questo voto.
Allora abbiamo perso un'occasione perché, forse, pensare di andare mettere mano alla legge sulle Comunità montane, soprattutto dopo la riforma costituzionale, poteva essere l'occasione per intervenire con un colpo d'ala per tentare di agire seriamente, prendendo atto di qual è la fotografia delle situazioni.
Abbiamo parlato più volte, non voglio non farlo in questa fase, noi Radicali abbiamo assunto come caso emblematico del malessere in cui vivono le Comunità montane il caso specifico di una Comunità montana e di un Comune, non tanto perché c'era un interesse specifico e particolare. Per fortuna, la disorganizzazione era non organizzazione di questo partito di cui faccio parte; ciò sicuramente mi esime dal dover giustificare amicizie o clientele che non abbiamo sul territorio, ma certo il Comune di Murazzano, con un Sindaco avvocato "azzeccagarbugli" che ha impedito ai cittadini del proprio Comune di effettuare un referendum consultivo, che non aveva nessun valore vincolante per l'Amministrazione, per decidere o dare un orientamento rispetto ad un cambiamento di Comunità montana, è un caso emblematico, tragicamente emblematico di cosa siano le Comunità montane.
Un Sindaco che stabilisce quali sono i propri interessi personali, di carriera, di prospettiva, di professione e, in base a quelli, decide di cambiare, a tre anni dalle ultime modifiche, la destinazione e la localizzazione del proprio Comune su quello con una maggioranza blindata come hanno le maggioranze blindate i Comuni, in particolare i piccoli Comuni, dove fa tutto il Sindaco, è lui che capisce, è lui che sa, poi è un avvocato di Torino, conosce tutti, è amico di questo e di quello, allora deleghiamo il Sindaco a fare una deliberazione, impedendo ai Consiglieri comunali di minoranza di metterla in discussione, impedendo a 120 cittadini che legittimamente e lecitamente avevano chiesto un referendum di esprimersi sul referendum consultivo.
Queste sono le Comunità montane e, sia pure con una parziale razionalizzazione e modifiche (ho visto alcuni emendamenti, che ho anche condiviso, della maggioranza, ma sicuramente ce ne saranno anche da parte dei colleghi di centrosinistra) si tratta di una rinuncia al grande intervento, alla grande politica e al cambiamento, con un colpo d'ala della situazione che governa il nostro territorio, una parte importante del nostro territorio, così piena di problemi e di domande cui noi, come Assemblea regionale, troppo spesso - come in questo caso - non siamo in grado di dare risposte concrete.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Molte osservazioni sono già state espresse dal collega Riba, quindi mi limito ad esporre alcune considerazioni aggiuntive a quanto detto, non in tono polemico, ma cercando di intavolare, con il Consigliere Mellano, una discussione sulla questione.
Secondo noi, il provvedimento reca un segno positivo. Noi, come altre forze, avremmo voluto - e una parte del dibattito in Commissione l'ha dimostrato - che il provvedimento fosse ancora più coraggioso. Tuttavia, è difficile negare che si tratti di un provvedimento sollecitato dalle Comunità montane e da molti amministratori locali, non per ragioni campanilistiche o, peggio ancora, per potere, ma perché si è avvertita nelle Comunità montane, l'esigenza di una riforma e di un riordino che assegni poteri nuovi e autonomie più forti.
Tutto questo è sufficiente? Non lo so, collega Mellano, ma non credo.
La legge è perfettibile e ci stiamo incamminando su una strada che considero positiva, così come considero positive alcune norme contenute nel provvedimento. Avremmo dovuto avere più coraggio? Forse sì, però non dobbiamo confondere piani che sono - e rimangono - diversi.
Non possiamo pensare di risolvere problemi politici, che esistono in tutte le Istituzioni, con misure di ingegneria istituzionale. Questo non è nostro compito.
Le Comunità montane sono governate da persone, da Partiti e talune di esse vivono situazioni che è giusto criticare e denunciare, ma va assolutamente tenuto distinto il piano della riforma e del riordino che attuiamo (assegnando nuovi poteri alle Comunità montane) dalla gestione concreta che in molte di esse verrà effettuata dalle maggioranze, dai Governi e dalle Comunità montane.
Terrei ben distinta e separata questa questione che non mi impedisce di notare come alcune proposte di modifica dei confini siano state dettate da ragioni assai poco legate all'esigenza di costruire confini omogenei o suggerite da ragioni che non hanno questa valenza, dal punto di vista socio economico e territoriale. Tuttavia, il provvedimento che ci accingiamo a discutere oggi - e forse a votare nelle prossime sedute dell'Aula - è un passo avanti. È la risposta ad un'esigenza manifestata dai nostri territori e da molti amministratori, ma, soprattutto, è la risposta ad un problema di governo che abbiamo, anche attraverso le Comunità montane (che consideriamo Unione dei Comuni): il problema della montagna.
Certamente, non tutto passa di lì; non credo che sia corretto attribuire alle Comunità montane poteri taumaturgici, ma non c'é dubbio che questo livello istituzionale, questo strumento, rappresenti uno degli strumenti e degli Enti con i quali noi cerchiamo di governare un problema grosso come il declino della montagna del nostro Piemonte.
Questo è il punto politico.
Siamo in grado, con questa riforma, di dare più poteri alle Comunità montane e di mettere in campo quelle politiche per arrestare questo declino? Questa è la sfida. Questa è la scommessa. Ed è a questo obiettivo che dobbiamo traguardare questo riordino e questa riforma: fare in modo che i poteri che noi assegniamo, financo in sede statutaria, alle Comunità montane, vengano gestiti, non per ritagliarsi qualche fetta di potere o per spartirsi qualche quota di potere o qualche poltrona, ma per attuare politiche attive in grado di far fronte ad un problema esistente. Una Regione, caratterizzata in larga misura dalla presenza di territori montani, deve trovare, in questo snodo e in questo livello istituzionale uno strumento con il quale attuare queste politiche.
Non devo spiegare ai colleghi, molti dei quali provengono da territori montani, quali sono i problemi di gran parte della nostra Regione e del nostro Piemonte: problemi di decadimento della montagna e di assetto idrogeologico. Non devo spiegare ai colleghi come molte volte constatiamo la distanza che separa i problemi che dovremmo risolvere con interventi e politiche mirate. Molto spesso, le Comunità montane si trovano nell'impossibilità di realizzare questi interventi per l'assoluta mancanza o per l'inadeguatezza delle risorse disponibili.
Questo è il problema che abbiamo. Questa riforma e questo riordino, che pure decidiamo di voler realizzare in questo periodo e in questa seduta di Consiglio, va nella giusta direzione giusta. Al tempo stesso, per dobbiamo porci il problema di dare alle Comunità montane, agli Enti locali, all'Unione di Comuni (perché questa è la Comunità montana) maggiori risorse per realizzare, effettivamente, politiche di intervento in grado di risolvere le questioni oggi evidenziate.
In questo quadro, rispetto ad emendamenti presentati - su cui vorrei poi esprimere la mia opinione - che propongono modifiche e passaggi da una Comunità all'altra di alcuni Comuni, è corretto attenerci, nella discussione che faremo nelle prossime ore, a criteri, per quanto riguarda la scelta da compiere.
In Commissione abbiamo deciso - non discuto adesso del caso Murazzano in generale - e valutato che fosse giusto prendere in considerazione e proporre modifiche e passaggi da una Comunità montana all'altra, avendo ben chiaro alcuni criteri che dovranno poi guidare le decisioni che abbiamo assunto e assumeremo, rispetto ad emendamenti presentati.
Quali sono questi criteri? Primo: il Comune che propone di passare da una Comunità montana all'altra deve rispettare la continuità territoriale e le attività socio-economiche. Non avrebbe senso immaginare un passaggio che prescinda da questo criterio. Se la Comunità montana è l'Unione di Comuni, che è un livello entro il quale organizzare i servizi di quella Comunità montana, è del tutto evidente che il passaggio da una Comunità montana all'altra, da parte di un Comune, deve avere questo requisito di fondo: un requisito socio-ecomonico e territoriale. Vado lì perché ritengo che quel tipo di collocazione consenta alla Comunità montana, della quale andrò a fare parte, di essere lo strumento che meglio mi consente di risolvere i problemi, essendoci forte contiguità socio-economica e territoriale.
Questo è il primo criterio, altrimenti diventa veramente una sorta di scambio di mercato che, francamente, non è ciò che noi vorremmo. Dobbiamo immaginare una realtà di Comunità montane i cui confini sono il prodotto e il risultato di questo sforzo, come in parte abbiamo fatto finora.
Infatti, li abbiamo definiti avendo come riferimento uno studio dell'IRES, il quale faceva uno sforzo per individuare gli elementi di contiguità e omogeneità che devono contraddistinguere le appartenenze dei Comuni alle Comunità montane.
Questo è il primo criterio.
Il secondo criterio dovrebbe essere rappresentato dal fatto - e in alcuni casi l'abbiamo tenuto in considerazione, poiché era presente questo elemento di valutazione - che la Comunità montana che decide di prendere in carico un nuovo Comune, esprima un parere favorevole. Mi pare che questo sia basilare.
Ritengo che in Consiglio regionale vadano evitati atteggiamenti e forzature, da questo punto di vista.
E' giocoforza immaginare che l'altro criterio da prendere in considerazione debba essere proprio questo: fare in modo che la Comunità montana che prende in carico un nuovo Comune - parleremo anche di questo nella nostra discussione - abbia compiuto un atto formale, con il quale stabilisce di essere d'accordo con la scelta che sta per essere compiuta e viene proposta dal Comune che si autocandida a far parte della Comunità montana.
Il terzo criterio che abbiamo preso in considerazione in Commissione per definire nuovi confini, nuovi passaggi da una Comunità montana all'altra, è che la Comunità montana che rinuncia ad un Comune, condivida questo processo. Infatti, dietro a questa decisione deve esserci una logica funzionale e non delle logiche che prescindano da un meccanismo e un criterio funzionale. Deve esserci, pertanto, un meccanismo di consenso partecipativo, di decisione condivisa, perché la collocazione di un Comune in una Comunità montana deve rispondere ad un'esigenza che io non vedo, se non in termini funzionali e di forte omogeneità socio-economica e territoriale.
Alcune proposte che ho avanzato, e che la Commissione ha accolto muovevano proprio da questa esigenza: il fatto, cioè, di non immaginare passaggi e collocazioni motivate da ragioni poco chiare, ma fortemente motivate dall'esigenza di trovare la dimensione di Comunità montana nel territorio meglio rispondente alle esigenze di quel Comune, in quella Unione dei Comuni.
Ciò detto, Presidente, fermo rimanendo che il nostro Gruppo interverrà nel merito anche nell'esame dei vari articoli, dovendo riassumere ed esprimere un giudizio di insieme, dichiariamo di considerare questo provvedimento, forse non il riordino del quale avremmo avuto bisogno, e che probabilmente avremmo dovuto fare con maggiore coraggio, ma certamente un passo avanti verso la direzione giusta: quella di conferire alle Comunità montane poteri e capacità di intervento, che possano dotarle di quella disponibilità, volontà e capacità per meglio affrontare i problemi di una parte del territorio montano del Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



CHIEZZI Giuseppe

Quando si affrontano temi relativi alla montagna, occorre avere una prima cautela: non guardare ai problemi della montagna dall'esterno, con "occhio di pianura", ma leggere i problemi in un rapporto molto stretto con la gente che vive sulle montagne stesse.
A fronte di un'evoluzione economica e sociale, che ha portato allo spopolamento delle montagne, all'impoverimento delle stesse, al degrado, in molto casi, e ad uno sfruttamento delle loro risorse naturali che non sempre ha portato benefici, nell'assumere provvedimenti organizzativi occorre avere molto rispetto per l'identità delle genti della montagna.
Questa premessa si riferisce all'insieme del provvedimento, in particolare a un aspetto relativo alla possibile modificazione dell'identità di una di queste valli, per le quali stiamo legiferando. Mi riferisco alla Val Cenischia.
La Val Cenischia è un territorio che ha una propria identità. Se ha questa identità, ritengo che nessun fattore possa spezzarla. Nessuna convenienza, nessun patto, nessun ragionamento può essere tanto forte da spezzare la Val Cenischia, la quale, se è comunità di valle, se dal punto di vista geografico, economico e culturale ha una propria omogeneità, deve vedere difesa questa integrità territoriale, sociale ed economica.
Viceversa, in questo Consiglio regionale sono state espresse delle opinioni che cercano di amputare una parte della Val Cenischia. Nessuna amputazione! Si consideri la Val Cenischia nei vari modi in cui può essere considerata: la si può accorpare alle altre Comunità montane, con le quali convive e alle quali è adiacente, ma la Val Cenischia ha tutti i diritti di conservare la propria integrità territoriale.
Ho svolto questo intervento in riferimento ad un solo caso, ma lo estendo anche agli altri casi che non conosco, che magari vengono trattati dai Consiglieri quando si discute chi debba accompagnarsi a chi: se i territori debbano essere associati secondo certi criteri o certi altri.
Ritengo che il criterio territoriale dell'identità culturale, sociale ed economica debba essere il criterio direttore delle nostre decisioni.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale.
La parola all'Assessore Vaglio, per la replica.



VAGLIO Roberto, Assessore alle politiche per la montagna

Grazie, Presidente e colleghi, perché finalmente ci consentite di portare un provvedimento che non vorrei fosse frainteso. Ascoltando gli interventi dei Consiglieri che mi hanno preceduto, ho avuto l'impressione di un certo fraintendimento.
Questo provvedimento arriva finalmente all'Aula, a seguito dell'approvazione, da parte del Parlamento italiano, della legge n.
265/1999 e del decreto legislativo n. 267 dell'agosto 2000, il cosiddetto "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali".
Se questi due provvedimenti non fossero stati approvati, l'ordinamento regionale non avrebbe avuto alcuna necessità di essere rivisto.
La legge regionale n. 16, approvata nel luglio 1999, era più che adeguata a rispondere alle esigenze del territorio. Tuttavia, la necessità di adeguarci ad un nuovo quadro, ci ha portati alla presentazione di questo disegno di legge.
Ho molto apprezzato, e in un certo senso condiviso, chi ha detto: "Ci voleva un colpo d'ala!". Bisognava essere svincolati da una legge e da un decreto legislativo, e questo colpo d'ala avremmo potuto darlo.
Bisognava, cioè, che la Regione avesse quella giusta autonomia, di cui dovrebbe godere, ma che nei fatti non ha.
Il decreto legislativo n. 267 - i Consiglieri lo ricordano bene - è un colpo di coda, un brutto colpo di coda di un centralismo che non è mai sopito. Questo decreto ha creato qualche confusione, dicendo che le Unioni dei Comuni potevano - così come sosteneva il Consigliere Mellano inventarsi degli organi nuovi, senza dover rispettare alcunché.
Rispetto alle Comunità montane, quand'anche definite Unioni dei Comuni il decreto legislativo, e successive circolari a chiarimento, hanno sancito: "La Comunità montana deve continuare ad avere il rispetto delle minoranze dei singoli Consigli comunali". Ergo, non potevamo prescindere da quella norma e non avevamo la possibilità di mutare gli organi.
Il decreto legislativo ci dice anche di quanti Assessori debba essere composto l'organo esecutivo. C'è un'interferenza nell'autonomia statutaria di cui non potevamo non tenere conto. Tant'è che l'emendamento presentato all'ultimo momento dal collega Mellano, in ordine all'articolo 14 sull'organo rappresentativo, non può essere recepito, non dall'Assessore Vaglio, ma dalle leggi nazionali, pena una clamorosa bocciatura del provvedimento. Ma questo è un altro discorso.
Abbiamo provveduto, dunque, all'interno di una camicia di forza, a depurare la legge 16 di tutto quello che rappresentava un vincolo all'autonomia delle singole Comunità montane.
Nel nostro attuale disegno di legge, ampiamente condiviso dalla Commissione, c'è un segnale forte, unico in Italia: una completa autonomia statutaria - al di fuori delle leggi quadro nazionali - per le Comunità montane. Questo non è poca cosa, soprattutto se si somma all'autonomia, che abbiamo riconosciuto al territorio, di collocarsi.
Bene ha fatto il collega Ronzani a dire: "Abbiamo consentito che i Comuni si spostassero, solo ed esclusivamente in seguito ad una delibera di Consiglio dei Comuni e ad una delibera di Consiglio delle Comunità montane che acquisiscono e delle Comunità montane che cedono". E' stata una metodologia assolutamente innovativa, che nessun'altra Regione ha mai attuato, in ossequio a quel concetto di moralizzazione di cui si è parlato a più voci.
E' chiaro che non possiamo pensare di salvare il mondo; noi forniamo gli strumenti e il mondo li utilizzerà come meglio pensa, come meglio può e come meglio dispone.
Voglio fare un passettino in più. Perché tutta questa necessità di consentire al territorio di organizzarsi in funzione della sua specificità? Perché siamo in una situazione molto complicata. Senza fare il coro delle lamentazioni sul fatto che, dal 2006 alla fine di questo periodo di programmazione dell'Unione Europea, con l'ingresso dei nuovi Paesi nell'Unione Europea non sappiamo di che morte andremo a morire; senza strapparci più di tanto i capelli, pensando ai risultati del censimento sull'agricoltura, che segnalano, per la montagna piemontese, un'ulteriore diminuzione del numero di occupati nel settore agricolo, occorre considerare che, a fronte di un costante aumento della superficie coltivata da ogni impresa agricola in montagna, non abbiamo una crescita altrettanto significativa.
Questo è un segnale importante, perché sottolinea che la deantropizzazione del territorio montano continua; è un segnale che ci indica come il monitoraggio, l'attenzione, la presenza dell'uomo in montagna continui a scendere, in un quadro nazionale e internazionale dove il welfare sta subendo una riconsiderazione potente.
Non è questione di Governi e non è questione di legislature, per sapete meglio di me come lo Stato italiano non abbia mai potuto o voluto riconoscere il livello minimo dei servizi essenziali, con tutto ciò che questo comporta in termini di servizi al cittadino, particolarmente nelle aree marginali e, quindi, nelle aree di montagna.
Stiamo parlando, non solo di scuole o di uffici postali, ma di trasporti, di servizio telefonico e quant'altro. Un'attenzione particolare deve, quindi, essere posta per molti di questi motivi.
Ne voglio ricordare ancora uno: abbiamo impegnato risorse ingenti sul territorio montano, sulle popolazioni montane, con il coinvolgimento trasversale di tutte le forze che siedono in questo Consiglio. Il collega Riba ha ricordato come non sempre l'ammissione delle Comunità montane abbia dato esito positivo.
E' estremamente complicato dare esito positivo agli investimenti quando la presenza imprenditoriale sul territorio è scarsa. Sui territori montani ci sono pochi giovani e, di conseguenza, scarsa imprenditorialità.
Tale impoverimento della società deve essere combattuto con gli strumenti che sono a nostra disposizione. Ritengo che in questo disegno di legge modificato dopo il lungo iter di Commissione, ci siano tutti quei poveri strumenti - sono d'accordo con voi - che la politica può attuare. Non penso si debba pretendere di fare più di quanto sia nelle nostre possibilità.
Quello che era nelle possibilità del Consiglio regionale del Piemonte è stato fatto.
Non a caso, questo sforzo, questa attenzione, questa dedizione, è stata riconosciuta a livello nazionale come quella più adatta a risolvere un problema che in Italia è molto diffuso: il problema di una montagna sempre più marginalizzata.
Mi auguro che il provvedimento non incontri più problemi, dopo le lunghe discussioni che abbiamo sostenuto. Ritengo possa essere rapidamente approvato, in modo da consentirci un anno di prova, di esperimento, prima che i Consigli comunali vadano al rinnovo e si insedino i nuovi Consigli di Comunità montana.
Ringrazio per la collaborazione e l'attenzione i colleghi, sia della Commissione sia del Consiglio, che ci permetteranno di provvedere in tempi rapidi alle necessità segnalate dal territorio montano, da parecchio tempo.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'articolato.
ARTICOLO 1 Ha chiesto la parola il Consigliere Mellano; ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Grazie, Presidente. Poiché ho fatto uno sforzo di ascolto e riflessione rispetto all'Assessore Vaglio (ma sto anche riflettendo su cosa fare rispetto all'emendamento che ho presentato in aula e che ho depositato esclusivamente grazie alla disponibilità del Presidente Moriconi, che mi ha garantito la firma, visto che non c'è il Presidente Palma), voglio sottoporre all'Assessore stesso l'esigenza di prevedere, in capo all'articolo 1, al comma 1, la citazione dell'articolo 27 del testo unico degli Enti locali, come arricchimento dei riferimenti normativi già in essere.
Poiché non l'ho scritto nell'emendamento, le chiedo - Assessore - di accettarlo, cioè di aggiungere "in attuazione del combinato disposto dell'articolo 7, comma 2, e dell'articolo 27 del testo unico degli Enti locali").
Presidente Cota, ho l'assenso dell'Assessore Vaglio, per presentare questo emendamento volante, che - ripeto - prevede la citazione dell'articolo 27 del testo unico degli Enti locali, al comma 1 dell'articolo 1.



PRESIDENTE

Va bene. Lo sottoscrivo per rapidità. Direi di fare una discussione unica sull'articolo e, poi, mentre votiamo l'articolo, votiamo anche l'emendamento presentato dal Consigliere Mellano. Si tratta di un emendamento tecnico, il cui testo recita: Emendamento tecnico rubricato n. 1 presentato dal Presidente Cota: all'articolo 1, comma 1, lett. a) alla fine aggiungere: "e dell'art. 27 testo unico Enti locali, legge 267/2000".
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Siamo sull'articolo 1 e il mio è un intervento generale su questo articolo.
Non mi sono dilungato molto nell'intervento di carattere generale, ma il tema che ho trattato non per questo lo ritengo di poca importanza.
Parliamo di formazione di Comunità montane; ho evidenziato come i criteri utilizzati per accorpare i territori debbano essere criteri obiettivi, che abbiano come primo riferimento l'identità territoriale, politica culturale, economica e sociale di una parte del territorio.
Le valli sono state, storicamente, in modo inoppugnabile, i luoghi in cui le comunità si sono formate, conformate, tra se stesse e il territorio.
E' nata l'identità: quelli della Val Chisone, quelli della Val Germanasca.
Questo elemento, cioè l'identità di un territorio, deve essere assunta come elemento imprescindibile, cioè elemento che non viene mai violato da altri criteri, pure validi, ma di livello inferiore.
Non so se ho ascoltato con attenzione, ma l'Assessore nella risposta non mi ha fatto capire se questa posizione viene assunta nel momento in cui si esaminano le varie proposte emendative che propongono che questo o quel Comune esca da una Comunità per entrare in un'altra. Mi sembra che questo elemento, Presidente Cota, non possa essere lasciato, caso per caso all'incedere dei vari emendamenti, perché politicamente dobbiamo determinare un criterio. I criteri possono essere molti, però il criterio dell'integrità di una valle è un criterio semplice, territorialmente definito e indiscutibile.
Parlo su questo articolo 1 - e spero che anche altri colleghi parlino perché vorrei capire sin dall'articolo 1 qual è l'orientamento dell'Assessore in questa materia. Assessore, risponda a questo quesito perché se intende rompere l'unità territoriale di una valle, è bene che ce lo dica subito, in modo che possiamo confrontarci sin dall'articolo 1 sentire le sue ragioni, farci convincere e comunque discutere.
Questo è un punto che non può essere trascurato o trattato a foglia di margherita, è un punto vitale, è un punto di orientamento che l'Assessore per correttezza verso il Consiglio e verso le Comunità per le quali sta decidendo come siano da accorpare o meno, è bene che fornisca. Altrimenti cominciamo una giostra nella quale penso che non ci siano poi grandi sbocchi positivi.
Chiediamo all'Assessore se l'integrità territoriale di valle è un criterio entro il quale si possono decidere tutti gli spostamenti che si credono, ma non si rompe, non si spezza, non si amputa una valle che ha un assetto e un equilibrio orografico.
Relativamente all'articolo 1 chiederei, dopo che i colleghi saranno intervenuti sul dibattito generale, se l'Assessore cortesemente vuole darci una risposta, un'assicurazione su questo punto, in assenza della quale proveremo ad insistere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Vorrei un approfondimento su questo articolo, mi sembra che il testo lo richieda.
Provvediamo alla definizione del compendio unico agricolo di montagna determinando l'estensione della superficie minima indivisibile, in attuazione dell'articolo 5 della legge 31 gennaio 1994, n. 97.
Qui esiste effettivamente una situazione di dubbio giuridico, nel senso che la legge 97 sotto questo profilo sembra che sia approssimativa e che comunque non vada nella direzione di affrontare un problema che invece sicuramente dovrebbe essere affrontato: la non possibilità di suddividere ulteriormente delle quote di territorio montano. Lo stesso discorso vale anche per il territorio agricolo, in quanto la questione oramai si pone un po' dappertutto, nel senso che ci sono delle unità che diventano imprescindibili e al di sotto delle quali la divisione è possibile soltanto perché si tratta di metri quadri, altrimenti non sarebbe possibile.
Se noi, per esempio, dobbiamo dividere un immobile, questo viene diviso sulla base di una serie di metri quadri, ma rispettando un numero di unità o un numero di stanze; se dobbiamo dividere una bicicletta o un'automobile li consideriamo indivisibili e, anche se l'automobile può valere 50 milioni, non è divisibile; invece, se dobbiamo considerare la terra, la consideriamo divisibile anche se si tratta di un corpo che è ridotto a poche decine di metri quadri.
Sotto questo profilo - in Commissione abbiamo sorvolato un po' su questo punto - ci sono varie situazioni; io non so se altri come me ne siano al corrente, ma una volta abbiamo visto che nella zona della Polonia avevano una modalità di suddividere la terra che prevedeva la suddivisione soltanto in una direzione e non per traverso, per cui alla fine si erano ridotti ad avere delle strisce larghe 40-50 cm. e lunghissime perché quella era la modalità.
Ad ogni modo, noi abbiamo anche eventualmente la possibilità - secondo l'Assessore, io non ho questo elemento di informazione - sulla base della legge 97, di stabilire non il maso chiuso, perché a sua volta il maso chiuso riguarda delle dimensioni determinate che salvaguardano sicuramente entro determinati limiti, cioè non salvaguardano delle grandi unità, ma l'unità nella sua estensione.
Invece, Assessore, da parte del collega Chiezzi è stato introdotto credo che valga la pena di considerarlo un attimo - il problema della non divisibilità dei territori che hanno una loro denominazione; mi riferisco ad esempio, alla Valle Grana, alla Valle Sangone, alla Valle Cenischia alla Valle Bormida e a tutta una serie di situazioni che devono essere riportate a unità di valle ed eventualmente non suddivise sulla base di criteri che non rispettino un concetto di questo genere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Credo anch'io che, rispetto alla definizione della finalità, nel momento in cui noi diciamo che "la Regione, con la presente legge provvede al riordino territoriale delle Comunità montane", è chiaro che prevediamo un intervento della Regione che va a modificare le assegnazioni territoriali dei Comuni all'interno delle Comunità montane.
Ci troviamo nella situazione in cui una scelta è già stata fatta adesso andiamo a modificare una scelta antecedente e, in questo senso credo che sia necessario chiarire, chiarirci, ascoltare dall'Assessore quali sono i problemi che hanno reso necessario il fatto che si debba provvedere a questo riordino territoriale e anche capire se questo riordino territoriale viene fatto in base a delle richieste esplicite dei Comuni o delle Comunità montane, oppure se questo riordino è rispondente alle esigenze interne della Regione, che provvede ad una diversa impostazione territoriale delle Comunità montane.
In fondo, è anche un problema di sovranità: i Comuni decidono di far parte di una Comunità montana in base a criteri, principi e motivi sui quali si sono trovati uniti. Se la Regione interviene e vuole modificare questa situazione, è chiaro che dobbiamo conoscere i criteri in base ai quali la Regione assume questa decisione.
L'altra motivazione concerne l'unità territoriale: dobbiamo capire se l'unità territoriale è ancora un criterio valido, se la Regione intende rispettarlo o se, invece, non è più un criterio base per l'individuazione delle Comunità montane. Certo che è difficile pensare ad un riordino che non tenga conto dell'unità e dell'aspetto territoriale delle zone. E' chiaro che, parlando di Comunità montane, ci sono tanti fattori che costituiscono il senso di appartenenza ad una comunità: le tradizioni, la cultura e il dialetto. Ci possono essere tanti concetti e tanti principi ma ritengo che il principio territoriale rientri tra i principali.
Credo che l'Assessore debba spendere due parole sulla decisione di non tener conto dell'unità territoriale, della vicinanza territoriale e dell'uniformità territoriale che esiste in una Comunità montana, per alterare quella che era la primitiva individuazione del territorio, e debba spiegare se questo riordino territoriale viene richiesto per motivazioni che sono a loro volta oggetto di richiesta da parte dei Comuni o delle stesse Comunità montane o se, invece, questo riordino territoriale, se possiamo dire così, sia quasi un'imposizione della Regione che viene calata sulle singole Comunità montane.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Il problema sollevato in questo primo articolo dai colleghi è importante e serio, sul quale spesso ci siamo confrontati discutendo le leggi sulla montagna. La definizione delle Comunità montane e dei Comuni inseriti costituisce uno dei punti più spinosi che vengono affrontati e non a caso, in quanto ha delle conseguenze e delle ricadute.
Sicuramente, il criterio del territorio non è assoluto, ma deve essere nettamente prevalente, ad esempio, si deve prendere in considerazione il fatto che, geograficamente, un Comune sia collocato in una valle, ma le sue vie di comunicazione siano situate tutte in un'altra zona.
Credo che non si debba andare nella direzione di intervenire nella collocazione naturale del Comune in assenza di elementi fortemente obiettivi. Devono essere criteri di natura obiettiva e non di convenienza o di scelta politica, perché, se entriamo in un meccanismo di questo genere è evidente che tutta la costruzione rischia di saltare.
Ogni Comune può valutare la convenienza e l'utilità della collocazione.
Sappiamo bene che ci sono altri criteri fissati dalla legge, come la contiguità territoriale, ma se cominciamo a derogare a uno dei criteri di fondo, quale la collocazione sul territorio, non si capisce perché non si possa derogare anche ad altri, diventando tutti dei paletti flessibili. Nel caso in cui il Comune non sia territorialmente a fianco di altri Comuni della Comunità montana in cui chiede la collocazione, allora, magari, si fa la scissione di 4 - 5 - 6 Comuni, di mezza Comunità, e la definizione della Comunità diventa un elemento ballerino.
Credo che a questo non si debba arrivare. Non ho una posizione di rigidità assoluta, ma le modifiche proposte devono essere motivate da elementi assolutamente innegabili e oggettivi.
Ritengo che questo elemento vada chiarito nella sua essenza, attraverso la modifica del testo o attraverso dichiarazioni precise. Nel lavoro svolto si è tenuto conto di questo, dobbiamo continuare su questa strada senza prendere in considerazione pressioni politiche soggettive che possono arrivare nel corso della discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dutto.



DUTTO Claudio

Signor Presidente, intervengo sull'emendamento all'articolo 1, che chiede di aggiungere "nel rispetto delle integrità territoriali delle valli". Faccio un'immediata osservazione: in caso di accettazione di questo emendamento, temo che l'articolo 5 di questa legge dovrebbe essere rivisto in modo pesante. Pertanto, occorre operare una scelta base, perché il far valere il rispetto delle integrità territoriali può essere una scelta, ma diventa una scelta indiscutibile, dopodiché, si prende la cartina geografica e, in base all'andamento delle vallate, si creano le Comunità montane, senza più tenere conto di cosa? Di molte altre questioni, perch ad esempio, oggi vi sono Comuni che appartengono ad una vallata pur essendo collocati nella Comunità Montana della vallata vicina. Ma non penso che ci sia dovuto al caso o al capriccio di qualcuno. E' dovuto a scelte di servizi, di comunicazioni stradali, magari di tradizioni, per cui da un certo Comune si scende su un'altra vallata e non tradizionalmente sulla propria.
Pertanto, questo emendamento mi sembra che fissi delle restrizioni eccessive e ho soprattutto il timore che faccia saltare l'impianto stesso dell'articolo 5. Su questo vorrei sentire il parere dell'Assessore.
Certo è che in questo momento sarebbe bene fare una scelta: o scegliamo il rispetto dell'integrità territoriale, e quindi procediamo al taglio delle Comunità Montane sulla base della cartina geografica; oppure scegliamo gli altri criteri che ho appena citato. Ed una volta scelti i criteri appena citati, cioè i servizi in comune, comunicazioni più comode tradizioni e quant'altro, essi devono valere per tutti. Non dobbiamo scegliere un criterio per qualcuno e un criterio diverso per altri.
A questo punto, aspetto l'Assessore per sentire il suo parere sull'emendamento.



PRESIDENTE

Colleghi, se non ci sono altri interventi, passiamo alla discussione degli emendamenti.
Sull'ordine dei lavori ha chiesto la parola il Consigliere Chiazzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Sollecito nell'ordine dei lavori una risposta dell'Assessore ai quesiti che, per orientare il dibattito, abbiamo posto e che non sono marginali.
Senza queste risposte, è un po' difficile capire la direzione verso la quale si orienta l'Assessore.



PRESIDENTE

Solo per precisare, ritengo che quelle osservazioni sono concretizzate nella presentazione di alcuni emendamenti. Ritengo che gli emendamenti 1.2) e 1.3) possano essere accorpati, anche se hanno diverse sfumature, che sicuramente il Consigliere Chiezzi spiegherà nel suo intervento.
Inoltre gli emendamenti n. 25) e n. 26) chiedono di aggiungere "assumendo come criterio prioritario l'identità culturale delle comunità" e "assumendo come criterio fondamentale l'identità territoriale delle comunità". Questi non si possono accorpare in quanto chiedono due cose diverse: per uno è prioritario, mentre per l'altro è fondamentale.
La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore alle politiche per la montagna

Avevo intuito il problema, e senza fare tante complicazioni, era sufficiente inserire nome e cognome e si sarebbe capito ancora più rapidamente.
Vorrei tornare al metodo, rispondendo ad una domanda del Vicepresidente Riba in ordine alla definizione del compendio unico agricolo. Probabilmente Riba è un po' preso da altre questioni, quindi vorrei ricordargli che il compendio unico agricolo deriva dalla modifica della legge n. 97 avvenuta con la legge n. 448 del 2001, che è la legge finanziaria che ha inserito nella legge n. 97/1994 l'articolo 5 bis, che recita: "le Regioni definiscono il compendio unico che è quel compendio al quale bisogna fare riferimento per non pagare le tasse per non avere le successioni ..." e quant'altro. Quindi, abbiamo dovuto tenere conto di quella indicazione e fare quella precisazione all'interno delle finalità.
Per quanto riguarda le preoccupazioni a vario titolo avanzate dai colleghi Chiezzi, Moriconi e Papandrea e dal collega Dutto, forse mi ripeto un po' - infatti l'ho già detto anche in Commissione - ma non credo che ci si possa dare un metodo per ogni stagione.
Il metodo per poter provvedere al riordino territoriale in attuazione dell'articolo 7 della legge n. 265 è quello che ci siamo dati; poi ce ne possono essere altri 3000, ma il metodo che ci siamo dati era definito in base ad una contiguità territoriale. Il concetto della contiguità lo avevamo già posto all'interno della legge n. 16 del 2000,cioè la legge sulle comunità collinari; quindi, è un argomento che si ripropone ad ogni definizione di ente locale di nuova costituzione. L'unico concetto (chiamiamolo territoriale e geografico) che abbiamo imposto è la contiguità. Deve esserci un confine fisico tra l'ente locale e il Comune che chiede di entrare in questo ente locale.
Inoltre abbiamo stabilito altri paletti, che da quanto sentito in Commissione, sono condivisi.
Quindi, non esiste più la discrezionalità (definiamola così) che esisteva prima di questo disegno di legge, quando eravamo noi, come Consiglio regionale, a decidere se un Comune era più omogeneo con un'area piuttosto che con un'altra.
Il collega Chiezzi ricorderà sicuramente la lunghissima discussione che ci fu in quest'aula per capire se il Comune Sestriere fosse più omogeneo con la Valle Chisone o con la Valle di Susa. Qualcuno sosteneva sicuramente con la Valle Chisone in quanto Sestriere con quella valle condivide i trasporti, la sanità e l'asse baricentrico che porta su Pinerolo.
Qualcun altro sosteneva che fosse più omogeneo con la Valle di Susa con la quale condivide la scuola media, gli impianti di risalita della "Via Lattea". La questione diventava di "lana caprina".
Altri ricorderanno sempre in quella sede la lunga discussione che avvenne sul Comune di Camerana. Camerana è indiscutibilmente in Valle Bormida, però Camerana ha sempre espresso una vocazione su Bossolasco piuttosto che su Cortemilia.
Allora è prevalente la vocazione di quei territori e di quelle amministrazioni, o è prevalente la convinzione del Consiglio? Proprio per evitare che ogni caso diventi un caso di discrezionalità che, personalmente non condivido, abbiamo stabilito una regola valida per tutti: i Comuni chiedono e le Comunità montane si esprimono, positivamente o negativamente ovviamente, il presupposto è che almeno la Comunità ricevente si esprima positivamente. Il Comune chiede di far parte della Comunità montana Y, la quale risponde positivamente (probabilmente la Comunità montana X, subendo in questo modo una perdita, non sarà d'accordo).
Qualcuno ha parlato di amputazioni, di unitarietà territoriale, non lo so. Ma Zubiena appartiene alla Bassa Valle o all'Alta Valla? Hanno discusso e hanno stabilito: "Va beh, se tu preferisci stare sopra, vai sopra, non ci strappiamo sicuramente le vesti se vuoi andare via dalla Basse Valle per andare con l'Alta Valle". Analogamente, ragionamenti di questo tipo sono stati fatti solo ed esclusivamente in ossequio di tre norme: la contiguità territoriale, l'espressione di volontà dei Comuni e l'espressione di parere da parte delle Comunità montane. Non abbiamo fatto altra operazione che non fosse quella, salvo nel caso opportunamente ricordato dal collega Mellano.
In quel caso, ad una espressione positiva del Comune e delle due Comunità montane si è contrapposta una volontà esplicita della popolazione ad essere consultata. Proprio in ossequio di questa volontà, abbiamo assunto un provvedimento, che verrà discusso e probabilmente approvato essendoci il parere favorevole della Giunta, ma non posso dirvi di essere d'accordo su una cosa o sull'altra.
Ho semplicemente sostenuto che prima di discutere la questione in Commissione, occorre tener conto (ma non lo dico per fare un dispetto al Consigliere Dutto o un favore al collega Ronzani) della metodologia che abbiamo indicato al territorio e a cui il territorio si è attenuto. Se il Consiglio decide di non tenere conto delle indicazioni arrivate dal territorio, in ossequio ad altre logiche, è nella sua piena capacita di esprimersi in modo diverso.
La Giunta ed io dobbiamo attenerci ad una regola che abbiamo definito oramai due anni fa. Di più non posso dire alle richieste dei colleghi.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico dell'emendamento rubricato n. 1).
Il Consiglio approva.
Emendamento rubricato n. 23 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Riba e Papandrea (connesso emendamento rubricato n. 24): all'art. 1, comma 1, lettera a) dopo le parole "delle comunità montane" aggiungere "nel rispetto dell'integrità territoriale delle valli".
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

I motivi che ci hanno indotto a presentare l'emendamento sono stati ampiamente illustrati nei precedenti interventi. Intervengo per dialogare con l'Assessore, il quale ha sostenuto che sono possibili eccezioni ed ha spiegato il metodo con cui esse possono avvenire. Si tratta, però, di criteri discutibili, nel senso che hanno a che fare con vocazioni, scelte e sensazioni, e non con criteri che tentiamo di suggerire come oggettivi.
Ritengo che occorra, anche accettando la logica dell'Assessore, fissare dei criteri. Se applicassimo anche alle Province e alle Regioni l'elemento ricordato dall'Assessore, il prendere in considerazione le sensazioni e le volontà delle popolazioni, probabilmente ci troveremo di fronte ad una serie di richieste, da parte dei Comuni, di passare da una Provincia all'altra o da una Regione all'altra. Pensiamo come sarebbero interessati i Comuni del Ticinese o di altre zone ad una diversa collocazione regionale.
Occorre, quindi, una maggiore attenzione e prudenza nell'intervenire tenendo conto delle aspirazioni delle popolazioni e chiedendo alle entità interessate, cioè alle Comunità montane interessate, di esprimere un parere, in particolare a quella cui si chiede di essere inseriti altrimenti si andrebbe verso rischi non irrilevanti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Come ha rilevato lo stesso Presidente Cota, i criteri che chiediamo di aggiungere nella formulazione dell'articolo 1, sono oggettivi che indicano chiaramente un indirizzo, che può essere contestato e non accettato, ma che comunque deve essere motivato il fatto che si accetti, o meno, il concetto del rispetto dell'integrità territoriale delle valli.
L'esempio che ha portato l'Assessore rispetto al Comune di Sestriere dà modo di ragionare sul fatto che l'interpretazione è sempre relativa.
L'Assessore, infatti, ha detto che a Sestriere l'attività del servizio sanitario è svolta in comune con Pinerolo, mentre la gestione degli impianti viene effettuata in comune con parte della Comunità montana della Valle di Susa. Sappiamo anche che gli stessi impianti del Sestriere, per una certa parte, insistono sulla Valle Chisone, quindi in continuità territoriale con Pinerolo, e che inizialmente i servizi di Sestriere erano esclusi dall'ASL di Pinerolo. Inizialmente, cioè, Sestriere era escluso dall'ASL 10 di Pinerolo, ed è stato spostato successivamente.
Evidentemente è stato riconosciuto che Sestriere gravitava maggiormente sulla valle Chisone.
Non è ininfluente che il primo nucleo abitativo di Sestriere sia proprio la borgata che si trova nella Valle Chisone.
Il discorso che stiamo svolgendo in queste ore è proprio relativo al fatto di comprendere se il criterio territoriale possa essere considerato un criterio; l'altro punto sollevato dall'Assessore è il riconoscimento dell'importanza della decisione dei singoli Comuni o delle Comunità montane su eventuali spostamenti territoriali di un Comune da una Comunità montana all'altra.
Un'altra domanda è quella di capire che rilievo venga dato alle eventuali osservazioni svolte dalle Comunità montane, in caso di eventuali spostamenti di confini. Se, cioè, accettiamo quanto viene affermato dalle singole Comunità montane, oppure se decidiamo di interpretare e prendere delle decisioni anche non in sintonia con quanto richiesto dalle Comunità stesse.
Questo è un altro punto focale, perché è chiaro che le Comunità montane interessate ad eventuali spostamenti hanno espresso dei pareri; occorre capire se la nostra posizione sarà quella di ragionare, valutare e accettare i pareri espressi dalle Comunità montane oppure se decideremo di nostro arbitrio, senza tenere conto di quanto hanno affermato le Comunità montane.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Voteremo a favore dell'emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi.
Riteniamo che indichi un criterio giusto, che non contraddice quei criteri sulla base dei quali, in Commissione, abbiamo valutato le richieste di passaggio da una Comunità montana all'altra, da sostenere.
Approfitto di questa discussione per fare il punto della questione. Per la verità, le richieste di passaggio da una Comunità montana all'altra erano state presente da tempo all'attenzione del Consiglio regionale e dell'Assessore competente.
Giustamente - è strano che io sia d'accordo con l'Assessore Vaglio! la Giunta ha ritenuto di non prenderle in considerazione in corso d'opera e ha rinviato la discussione su tali richieste alla discussione sul riordino. Era quella la sede in cui ricondurre la discussione, e si è fatto bene ad affrontare queste richieste in quella sede.
Dovremmo approfittare di questa discussione per dare una sistemazione che, certo, non sarà definitiva, ma che è giusto affrontare in questo contesto: mentre il Consiglio regionale discute del riordino e dei nuovi confini delle Comunità montane della nostra regione.
Naturalmente, in Commissione, nell'esaminare le richieste presentate dai Comuni, abbiamo dovuto individuare un percorso e indicare dei criteri che alcuni colleghi hanno già ricordato.
Il primo criterio logico era la difficoltà di prendere in considerazione una proposta di passaggio riguardante un Comune che chiedeva di saltare una Comunità, prescindendo dal rapporto di contiguità territoriale con la Comunità alla quale chiedeva di aderire.
Ricordo ai Consiglieri che la contiguità territoriale è molto importante dal punto di vista dei servizi: significa che il Comune chiede di passare alla Comunità montana vicina, perché gestisce alcuni servizi con quella Comunità.
E' difficile pensare che non ci sia, da parte nostra, la disponibilità a prendere in considerazione quel passaggio, visto che quel Comune è già compreso nei servizi gestiti dai Comuni di quella Comunità montana.
Questo criterio, però, rischiava di essere un criterio non sufficiente perché rischiava di far passare talune decisioni sulla testa delle Comunità montane interessate, sia quella che prendeva in carico il Comune che avanzava la richiesta sia quella della Comunità montana che cedeva il Comune in questione.
Abbiamo ritenuto opportuno considerare dirimenti e importanti, o comunque parti integranti di questo ragionamento, anche altri due criteri cioè le deliberazioni delle Comunità montane. Per cui, le delibere sono fondamentalmente tre: quella del Comune interessato, che avanza una richiesta (ho visto alcune richieste e devo dire che sono motivate sulla base del criterio della contiguità territoriale e del criterio dell'omogeneità socio-territoriale del Comune stesso; in caso contrario sarebbe stato difficile prendere in considerazione quella richiesta), e gli altri due atti, che sono le delibere delle Comunità montane.
Questo mi sembra un percorso corretto, perché è l'unico che consente a noi, legislatori regionali, di trovare un meccanismo che ci permetta di fare nostre le richieste che non presenta solo il Comune "X", ma che presenta il Comune "X", suffragato da orientamenti e decisioni formali che assumono anche le Comunità montane interessate.
Mi sembra un percorso giusto. Dobbiamo attenerci a questa impostazione perché è l'unica che ci consente di non assumere decisioni che possano confliggere con gli orientamenti delle realtà istituzionale locali - siano esse Comuni o Comunità montane - che devono indicare le ragioni sulla e la condivisione della richiesta che ha presentato il Comune interessato.
Dobbiamo attenerci a questa impostazione. Il Criterio che indica il Consigliere Chiezzi aggiunge un criterio rafforzativo, e io lo condivido che fa il paio con questi altri che abbiamo individuato.
Naturalmente, siamo liberi di fare tutto ciò che vogliamo, perché la legge la facciamo noi, la fa il Consiglio regionale, quindi il Consiglio regionale può decidere di fare e disfare.
Io, però, ritengo che dobbiamo attenerci a un percorso condiviso soprattutto non possiamo non avere come riferimento le decisioni che prendono le realtà istituzionali a un livello più basso. Non si può - come Consiglieri regionali - prescindere dal fatto che quella decisione che oggi si sostiene ed approva come norma di legge, abbia oppure no la condivisione del Comune interessato e delle Comunità montane. Non è indifferente questo fatto! Si dovrà decidere un criterio al quale ispirarci e questo mi sembra quello più condiviso, perché suffragato da decisioni assunte sul terreno locale.
Da questo punto di vista - e rispondo al collega Mellano - può anche darsi che mi sbagli, nel senso che magari scopriremo, in corso d'opera, che talune decisioni appaiono forzate; ma, se decido, devo darmi un criterio il più corretto possibile, altrimenti rischio davvero di assumere decisioni maggiormente sbagliate e illogiche.
Per questo motivo, nel ribadire che naturalmente possiamo decidere tutto e il suo contrario, sarebbe buona norma se non abbandonassimo questa impostazione di fondo, che ci conduce a sostenere decisioni condivise dai Comuni interessati e dalle Comunità montane che li ospitano oppure li cedono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi,.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Questo emendamento non parla di bacino, parla di integrità territoriale. L'Assessore ha un po' eluso dal suo intervento la precisione di un punto di vista: ha sfumato molto, dicendo che il territorio non sempre è leggibile in modo univoco, che ci sono parti del territorio in cui i confini, a seconda dei parametri, sono diversi. E questo è vero.
Ci sono dei territori, però, come le valli, che questo problema non ce l'hanno.
Qui si parla di integrità territoriale della valle, ma potrebbe essere usato un parametro più fine, come quello di bacino, che sarà oggetto di un emendamento successivo, però è un parametro! Ritengo che una legge di riordino come questa, debba contenere, nel primo articolo, i criteri secondo i quali vengono determinati i riordini negli articoli successivi.
E' un po' curioso, Presidente Cota, che una legge costituita da nuovi accorpamenti, per formare le Comunità montane, non spenda nemmeno una parola sui criteri che sono stati seguiti nel determinare tali accorpamenti.
Francamente, lo trovo sbagliato, perché un cittadino legge che bisogna riordinare le Comunità montane e poi trova semplicemente un elenco di Comuni accorpati, senza sapere sulla base di quali criteri sia stato mosso questo accorpamento.
Questo, fa del provvedimento una legge carente sul piano dell'informazione e della possibilità di comprensione.
La proposta che presento, insieme ai colleghi, è di inserire nell'articolo 1 le parole "alcuni criteri", che senz'altro devono essere soggetti all'attuazione e all'interpretazione.
L'omogeneità culturale, i rapporti economici, devono tutti essere interpretati, però i criteri vanno esplicitati. Il nostro territorio è complesso, morfologicamente di difficile lettura; il collega Mellano mi ricordava come sia difficile ragionare in termini di integrità territoriale, quando parliamo di territori collinari, senza situazioni morfologiche nette, che conducano in una direzione o in un'altra.
E' una sorta di mare mosso, dove è difficile tracciare i confini perché il territorio non ci aiuta; ci aiutano di più le relazioni, il sistema dei trasporti, le abitudini, il sistema di coltivazione.
Vi è, però, una parte del territorio facilmente leggibile, che non presenta questi problemi: la valle, che è quella porzione di territorio delimitata dai due versanti di una montagna. La valle è quella; al di là dello spartiacque, c'è un'altra valle. Nell'emendamento si chiede di riconoscere che un criterio fondamentale, laddove la valle è individuata dal punto di vista territoriale, storico, culturale ed economico, sia quello dell'integrità delle valli. Le valli non si toccano! Giù le mani dalle valli! Non è che prendiamo le valli e incominciamo a trattarle a macchia di leopardo aggiungendo e togliendo. No, noi siamo gelosi dell'integrità territoriale delle valli. Questo è il senso dell'emendamento.
A parte questo tema (integrità territoriale della valle, il bacino delle valli), occorre inserire nell'articolo 1, con l'aiuto di tutti alcuni altri criteri, che stanno nella penna.
Se lei legge - Presidente - la relazione, può notare come si facciano dei riferimenti ai criteri: c'è il sistema geografico, il sistema socio economico, ci sono i bacini omogenei, si fanno riflessioni sulle posizioni geografiche. Si tratta un argomento complicato come questo, dicendo: "Attenzione, bisogna avere degli orientamenti che facciano capo a criteri" ma nella legge non troviamo nemmeno un criterio! Scriviamo, allora - o scriva l'Assessore - dei criteri, oltre a quelli che propongo insieme ai colleghi. E' un invito a scrivere nell'articolo 1 alcuni dei criteri che hanno determinato questi mutamenti. Grazie.



PRESIDENTE

Colleghi, sull'ordine dei lavori della serata, per gestire i lavori questa sera voteremo l'articolo 1, che ha una serie di emendamenti, e gli articoli 2, 3 e 4.
L'articolo 5 è molto corposo, quindi richiederà una discussione più ampia; incominceremo il suo esame nella seduta di martedì mattina. In chiusura di seduta, infine, voteremo gli ordini del giorno che sono stati iscritti.
Ha chiesto la parola il Consigliere Mellano. Ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Molto brevemente per tentare di interloquire in questo dibattito che si sta facendo molto interessante per chi lo segue. Credo - e l'ho già detto ai colleghi Ronzani e Chiezzi - che formalmente i criteri adottati dall'Assessore Vaglio siano condivisibili.
Intervengo per dire questo, nel senso che pavento veramente il "mercato dei buoi" - questa è la mia paura che, in parte, vedo materializzarsi in quest'aula. Però dall'altra parte ritengo che non si possa neanche "ingessare" troppo in legge una definizione territoriale.
Ragiono per casi emblematici. Io abito in un Comune che, per fortuna non ha nulla a che vedere con le comunità montane, perché è pianura classica. Però è un Comune che, fino alla fine degli anni '70, era amministrativamente, giudiziariamente e culturalmente (rispetto alle scuole) legato a Mondovì. In seguito, con una maggiore viabilità e con l'autostrada è diventato quasi appendice di Fossano, per cui adesso quasi ci si dimentica che Trinità (questo è il mio Comune) è un Comune autonomo e non è una frazione di Fossano. Li c'è un vallo, che è il fiume Stura, che geologicamente è una cosa molto importante.
Se si facesse una valutazione puramente geografica, anche fotografando il territorio da un aereo, dovremmo essere amministrativamente inseriti con Mondovì (se ci fosse una Comunità Montana), ma non avrebbe alcuna relazione attuale con l'attuale situazione di gestione dell'ospedale, della scuola e dei trasporti.
Il problema di questa legge - che è quello che ci complica il lavoro e ci carica di maggiori responsabilità - è che non esiste un dato oggettivo a cui fare riferimento; c'è una valutazione politica, che è forzatamente soggettiva, e quindi legata ad una lettura politica del territorio.
Temo che questa lettura politica ci porti a fare dei grandi errori magari con la risoluzione di conflitti o cause personali legati ad una definizione non oggettiva del territorio. Questo è il rischio che dobbiamo tenere presente.
Credo che il nostro compito sia quello di non assecondare i giochi e i giochetti di spostamenti di Comuni e di ambiti di comunità montane, ma non possiamo neanche "ingessare" questa legge su dei crinali che nelle realtà non esistono. Perché se i parametri di definizione sono soltanto quelli relativi al territorio, vengono tagliati fuori tutti quelli legati alle relazioni politiche, amministrative, territoriali di governo del territorio.
Questa è una riduzione della valenza che questa legge ha di governo del territorio. Per cui considero interessante, anzi utile, lo stimolo che pone il Consigliere Chiezzi quando dice che occorrerebbe definire ed inserire questi criteri. Farei però attenzione a non definire dei criteri che, di fatto, non sono altro che una fotografia della realtà esistente.
Quindi, ha ragione ancora il collega Ronzani quando ricorda la virtuosità di un procedimento e di un percorso che in Commissione abbiamo contribuito a definire, ricordando che ci devono essere le deliberazioni ci deve essere il consenso e anche l'ascolto delle istanze territoriali, e quindi il richiamo al referendum.
Però aldilà di questo, dobbiamo anche valutare il fatto che la lettura del territorio e la decisione in base a quali sono gli interessi del territorio devono poi anche emergere dal territorio, e noi non possiamo inserirli addirittura nelle linee fondamentali, come si faceva una volta in modo autoritativo o come si vorrebbe fare con un criterio pseudo-oggettivo.



PRESIDENTE

La Giunta ha espresso parere contrario su tale emendamento.
La parola al Consigliere Chiazzi per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Ho chiesto di intervenire per dichiarazione di voto perché gli argomenti utilizzati dal collega Mellano meritano una riflessione e anche una risposta.
La riflessione è la seguente: è vero, non dobbiamo costruire delle gabbie riferite a segni che il territorio ha in sé. Sono gabbie che potrebbero ostacolare la visione e la presa di coscienza che sul territorio ci sono anche altri rapporti, (che forse sono persino più forti di certi segni morfologici del territorio) che legano in modo ancora maggiore una comunità all'altra. E quindi sono degni di essere considerati e di potere, almeno in punto teorico, prevalere.
Questo è vero, ed è uno degli elementi di riflessione che accetto. Per e questa è la risposta - non sempre ci sono situazioni di quel genere, in cui il segno del territorio diventa un vincolo e un ostacolo a capire meglio cosa sta succedendo su questo territorio e quali rapporti ci siano tra i Comuni.
Quindi, invito il collega Mellano a riflettere ancora un momento prima di votare, perché ritengo che le valli, che hanno il loro nome storicamente consolidato, sono un bene entro il quale si sono sviluppati dei rapporti.
Non penso che fare riferimento all'integrità di valle, e quindi al confine orografico di una comunità, possa significare in qualche caso una sorta di violenza o di depauperamento di altri fattori.
Un territorio conformato in valli ed in versanti è un territorio che ha vissuto ed è cresciuto insieme, lungo una direttrice. Poi può avere avuto mille rapporti con le valli vicine, con il fondo valle, scavalcando addirittura lo spartiacque sito non sui fianchi della valle, ma al fondo di questa.
E' vero, quelle sono situazioni che aggiungono rapporti a rapporti, ma di certo non penso che, all'interno di una valle, si siano create delle barriere funzionali, culturali ed economiche che l'hanno divisa. Nemmeno in Valle d'Aosta, dove c'erano i forti (penso a Finestrelle), è stato un elemento di confine e di rottura all'interno di una valle.
Questo emendamento dice che quando ci troviamo, non in termini astratti, ma nelle valli chiaramente identificate per storia e denominazione, noi assumiamo che quelle valli devono essere trattate in modo unitario. Quindi, ci sarà la bassa valle e l'alta valle; dividiamo in due parti una valle, ma all'interno di uno stesso percorso.
Quindi, invito il collega Mellano - che ringrazio per l'attenzione - a valutare se nella forma di voto l'ho convinto ad apprezzare questa proposta, perché non mi sembra che ostacoli le sue giuste preoccupazioni sul fatto di non creare delle gabbie. Ma dire che un elemento fondamentale è l'integrità territoriale delle valli, mi sembra che lascia aperto ogni altro ragionamento.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'emendamento rubricato n. 23 (connesso emendamento rubricato n. 24) sul quale la Giunta regionale ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 25 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Moriconi e Papandrea (connesso emendamento rubricato n. 26): all'art. 1, comma 1, lettera a) dopo le parole "delle comunità montane" aggiungere "assumendo come criterio fondamentale l'identità territoriale delle comunità".
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'emendamento rubricato n. 25 (connesso emendamento rubricato n. 24) sul quale la Giunta regionale ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 28 presentato dai Consiglieri Morioni e Chiezzi: all'art. 1, comma 1, lettera a) dopo le parole "delle comunità montane" aggiungere "nel rispetto del bacino delle valli".
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale emendamento, sul quale la Giunta regionale ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 1, come emendato.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 2 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 2, come emendato.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 3 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 3.
Il Consiglio approva.
ARTICOLO 4 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'articolo 4.
Il Consiglio approva.
Comunico che riprenderemo l'esame dell'articolo 5 nella seduta di martedì.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali - Uso delle acque (regimazione, usi plurimi)

Esame ordine del giorno n. 781 inerente a "Emergenza idrica in Piemonte" (interrogazioni nn. 2147, 2265 e 2274 collegate)


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'ordine del giorno n. 781, già iscritto nel corso della seduta consiliare mattutina, presentato dai Cattaneo Gallarini, Bolla, Marengo, Caramella, Cotto, Toselli, Racchelli, Pedrale Manolino, Manica, Riba, Valvo, Godio e Cota.
Sono state presentate delle interrogazioni che sono collegate e sono assorbite dalla trattazione dell'ordine del giorno, e precisamente: interrogazione n. 2147 del Consigliere Botta M. inerente a "Emergenza nell'alessandrino causata dalla siccità e dalle gelate notturne" interrogazione n. 2265 del Consigliere Botta M. inerente a "Richiesta di calamità per l'agricoltura a causa della forte siccità" interrogazione n. 2274 della Consigliera Manica inerente a "Emergenza acqua nel Vergante, Borgomanerese e Basso Cusio".
Se qualcuno vuole aggiungere la firma sull'ordine del giorno può farlo con il consenso del primo firmatario.
La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Presidente, non solo avevamo chiesto la trattazione collegata delle interrogazioni che hanno lo stesso argomento, com'è prassi, ma insieme al collega Riba avevamo manifestato l'intenzione di firmare questo ordine del giorno.
Avevo chiesto appunto al collega Cattaneo, in qualità di primo firmatario, la possibile sottoscrizione, fatta salva la disponibilità a considerare questo ordine del giorno riguardante una Provincia in particolare l'intero territorio piemontese.
L'ulteriore problematica che avevamo visto col collega Riba riguardava questo punto 2) relativo alla task force perché, così formulato, risultava di difficile comprensione.
Chiedevamo se si poteva riformulare questo punto 2) mantenendone il contenuto ma con una precisazione ulteriore, proprio perché in questo modo è di difficile comprensione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Grazie, Presidente.
In effetti ne avevo parlato con la collega Manica, poi me ne sono completamente dimenticato perché il Presidente ha posto in votazione gli ordini del giorno.
Naturalmente l'ordine del giorno, così come avevo detto in sede di presentazione, è aperto alla sottoscrizione di tutti i colleghi che ritenessero di condividerlo, a prescindere dal voto. So che alcuni colleghi lo hanno gia fatto.
In merito alla questione delle due Province, volevo rassicurare la collega Manica, perché è vero che vi è un riferimento esplicito alla Provincia di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola (nella fattispecie ai 15 Comuni, pur non elencandoli, che hanno una situazione di emergenza idrica evidente nelle province) ma nella premessa generale, che non a caso non parte con "in particolare" ma fa un discorso generale, parla di molti Comuni del territorio piemontese, così come il dispositivo naturalmente riguarda tutti quei Comuni che oggi si trovano in questa condizione, ma anche quei Comuni che dovessero diventarlo - auguriamoci di no - nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, qualora persistesse una condizione climatica così disagevole da determinare l'emergenza idrica.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Mi sembra un ordine del giorno che...
Presidente, in questa situazione non parlo. Rimango in piedi ma non parlo!



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Colleghi, per cortesia, ripristiniamo un po' d'ordine in aula, così permettiamo anche ai colleghi di intervenire!



CHIEZZI Giuseppe

Se questo è un affare di qualcuno, se lo faccia fuori da quest'aula.
Se invece è un affare di tutti, allora ne parliamo.



PRESIDENTE

Collega Chiezzi, penso che interessi tutti indistintamente.



CHIEZZI Giuseppe

Se è un affare solo di qualcuno, va fuori e fa quello che vuole.



PRESIDENTE

Invito cortesemente la Giunta a prendere posto o a lasciare lavorare i colleghi.



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Colleghi, vi chiedo di aiutarmi a ripristinare le condizioni d'aula necessarie per espletare gli interventi.



CHIEZZI Giuseppe

Nei giorni scorsi, ma anche adesso, situazioni climatiche parecchio differenti da quelle alle quali la comunità piemontese è stata abituata per molto tempo, hanno provocato alcuni fatti che possono essere definiti inusuali per la loro gravità.
Uno di questi fatti è stata la carenza idrica, l'altro la carenza nell'erogazione dell'energia elettrica. Sono due grosse novità - in certe situazioni anche drammatiche - che caratterizzano la comunità piemontese: la mancanza d'acqua, la mancanza di elettricità (i black out). Mi sembrano due temi importanti che, per quel livello di importanza, dovrebbero essere affrontati dal Consiglio regionale.
Il livello di importanza del problema della scarsità della risorsa acqua investe tutto il territorio piemontese. È un problema che, anche nella acutizzazione di queste ultime settimane, ha interessato parecchie aree del Piemonte. Vivo a Torino e in certe zone dell'area torinese, quelle più elevate, vi è stata carenza d'acqua, come in parecchi Comuni della collina torinese, ma anche in altre parti del Piemonte.
un fatto generalizzato che esige analisi, prese di posizione e proposte che affrontino il problema non in termini semplicemente di emergenza, ma di riflessione dell'intera nostra comunità su cosa dobbiamo fare per consentire a tutti i cittadini piemontesi di disporre dell'acqua di cui hanno bisogno (poi bisogna anche decidere qual è l'acqua di cui abbiamo bisogno).
Prendo atto che alcuni colleghi, senza chiedere nessun parere al Gruppo che rappresento, hanno presentato un ordine del giorno sulla materia. Mi spiace che abbiano agito in questo modo, ma se la maggioranza di questo Consiglio prende un'iniziativa senza dire nulla alle minoranze ne prendo atto. Però non è che, in fretta in fretta, si possa, Presidente Toselli obbligare il Consiglio regionale ad una procedura di questo genere. Chiedo tempo per preparare un ordine del giorno su questo tema per poter confrontarmi con i colleghi su un fatto non marginale.
Questo ordine del giorno, poi, è chiaramente targato. Sul tema dell'acqua, soprattutto in situazioni critiche, visto che il problema ha interessato più parti del territorio regionale (in particolare nella provincia di Torino, ma non so se anche in altre province perché non ho i dati sottomano), non dovrebbe comunque essere un provvedimento che, al secondo comma, enuclea una parte del territorio regionale rispetto all'insieme del territorio regionale.
Chiederei, quindi, che si parlasse in termini piemontesi di questo problema.
Vi sono, poi, altri aspetti che meritano una riflessione più attenta relativa al decretare lo stato di emergenza.
Rispetto al fatto di chiedere lo stato di emergenza al Consiglio dei Ministri, il Consiglio dei Ministri ha davanti non la provincia di Novara ma l'Italia. Quando parliamo di carenza d'acqua, ci sono parti dell'Italia che hanno carenze d'acqua perenni, endemiche e di livello ben peggiore di questo, che non mi risulta siano oggetto di un'attenzione di stato di emergenza. In Calabria e in Sicilia non c'è alcun provvedimento di stato di emergenza, eppure in tanti Comuni della Calabria e della Sicilia l'acqua viene fornita due volte la settimana.
Le chiedo, pertanto, Presidente, sull'ordine dei lavori, di non mettere in votazione questo ordine del giorno, perché va inserito in una discussione, con i tempi necessari per discuterlo e - se permette - con i tempi necessari ai Gruppi che non sono stati consultati, di poter produrre un proprio ordine del giorno, confrontarlo e, semmai, giungere ad un documento comune. Grazie.



PRESIDENTE

Comunico che i Consiglieri Manica e Riba hanno chiesto di sottoscrivere l'ordine del giorno n. 781, in intesa con il primo firmatario.
Ha chiesto di intervenire il Presidente Cota, che interviene in qualità di Consigliere. Ne ha facoltà.



COTA Roberto

Voglio fare presente che questo ordine del giorno è assolutamente opportuno, infatti ho aggiunto la mia firma, quindi lo voterò, anche se dovesse essere modificato, purché ne venga conservato lo spirito.
A questo proposito, voglio ricordare che la Giunta, nella seduta di ieri, ha già stabilito di chiedere al Governo nazionale lo stato di emergenza, e questo con riferimento al punto 1).
In riferimento al punto 2), il Gruppo della Lega è assolutamente d'accordo; infatti, in questa direzione si è già mosso l'Assessorato competente.
Per quanto riguarda il punto 3), segnalo all'Aula che ho presentato una proposta di legge nell'ambito dell'organizzazione dei servizi idrici, per fare in modo che le Autorità d'ambito abbiano, per tutte le Province, una dimensione provinciale.
In Piemonte esiste, rispetto a due Province, un'anomalia: si tratta del VCO e della provincia di Biella, che hanno una Autorità d'ambito interprovinciale. Questa esigenza di riorganizzazione si manifesta, in modo particolare, rispetto alla Provincia del Verbano-Cusio-Ossola che, a mio avviso, ha bisogno di un'Autorità d'ambito autonoma rispetto a quella della Provincia di Novara.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Ho ascoltato gli interventi che mi hanno preceduto e voglio fare alcune considerazioni, soprattutto a seguito dell'intervento del Consigliere Chiezzi.
Se gli altri firmatari sono d'accordo, eliminerei dal documento le quattro righe che, in premessa, incominciano con le parole "in particolare" e finiscono con le parole "nelle acque", cioè quel riferimento aggiuntivo rispetto alla premessa generale, che parla più semplicemente di molti Comuni del territorio piemontese, che fa riferimento a quei 24 Comuni complessivi nelle due Province maggiormente colpite dall'emergenza idrica: Novara e il Verbano-Cusio-Ossola.
Questo era stato inserito anche perché, Consigliere Chiezzi, il fatto più grave e noto era quello del Comune di Orta San Giulio, pertanto, quando abbiamo formulato questo ordine del giorno, abbiamo ritenuto opportuno fare un riferimento più esplicito a quella zona del Piemonte, maggiormente colpita.
Quello che è importante, comunque, è il dispositivo, quindi non abbiamo alcuna difficoltà, anche per agevolare un'eventuale presa in considerazione e voto favorevole da parte del Consigliere Chiezzi, ad eliminare quella parte, che mi sembra lo induca a chiedere del tempo per presentare un proprio documento.
A tale proposito, faccio una considerazione.
Questo ordine del giorno è stato depositato martedì scorso, nel momento più importante e nell'evidenza più esplicita dell'emergenza idrica che stava nascendo, nella sua gravità, nel Comune di Orta San Giulio. Da subito, come Gruppo, abbiamo semplicemente dichiarato di presentare un ordine del giorno, perché c'era un aspetto importante da considerare, cioè le difficoltà dei Comuni di affrontare, per impedimenti burocratici o per carenze di risorse, la gestione dell'emergenza idrica. Difficoltà alcune volte determinate anche dalle carenze operative dei propri uffici, delle proprie organizzazioni e tecniche.
E' un ordine del giorno aperto ad emendamenti di chiunque voglia presentarli e alla sottoscrizione di chiunque voglia farlo.
Ho detto di non avere alcuna difficoltà ad eliminare, dal simbolo del Consiglio regionale, il sottotitolo "Gruppo consiliare di Forza Italia".
Abbiamo ottenuto - e di questo siamo lieti e vi ringraziamo - la sottoscrizione di molti Consiglieri, sia della maggioranza sia dell'opposizione.
Nel suo intervento, la Consigliera Manica ha avanzato una richiesta, e penso che su questo voglia ancora intervenire. Sostanzialmente, ci viene richiesto di formulare meglio la questione della task force; non abbiamo alcuna difficoltà a farlo, magari con un emendamento migliorativo soprattutto se vi è una condivisione sul documento.
Come vede, Consigliere Chiezzi, l'ordine del giorno è aperto; ho accettato volentieri la sua richiesta di eliminare la personalizzazione della premessa.
Tuttavia, vorrei svolgere un'ultima considerazione: come ha ricordato il Presidente Cota, la richiesta dello stato di emergenza, limitatamente a quei Comuni colpiti oggi e a quelli che domani potrebbero avere le stesse problematiche, è già stata inoltrata dalla Giunta regionale e dal Presidente Ghigo.
E' importante, in questo momento di emergenza, impegnare la Giunta regionale ad istituire un percorso che possa essere d'ausilio alle difficoltà che le singole Amministrazioni incontrano sui propri territori per gestire l'emergenza. Soprattutto, impegnare la Giunta regionale, nei due Assessorati competenti, ad accelerare la riorganizzazione dei servizi idrici sul territorio regionale, con un percorso di attuazione più rapido e, soprattutto, impegnare la Giunta regionale - nei due Assessorati competenti - ad accelerare la riorganizzazione dei servizi idrici sul territorio regionale, con un percorso di attuazione più rapido e a completamento della cosiddetta "legge Galli" e delle due leggi regionali di competenza idrica.
Riteniamo, quindi, urgente la messa in votazione di questo ordine del giorno. Presidente Chiezzi, se lei vuole formulare un ordine del giorno credo sia in grado di farlo benissimo e noi lo valuteremo con la dovuta attenzione, magari omettendo le premesse, che sono anche quelle emerse dal dibattito, o che potranno emergere da eventuali ulteriori interventi. Se vuole migliorare, con un emendamento, questo dispositivo, lo può fare.
Se ci sono delle motivazioni ulteriori per andare a martedì, va bene ma ritengo che la nostra apertura sia sincera e soprattutto dimostri la volontà della maggioranza, e del Gruppo che ho l'onore di presiedere, di valutare le proposte.
Se avete delle proposte da fare, presentatele; troveremo il modo di formularle. Dedichiamo il tempo che ci vuole e votiamo l'ordine del giorno qualora condiviso; differentemente, chiediamo la conferma della messa in votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Vogliamo fare delle osservazioni, non di tipo polemico, ma contenutistico. Vedo, però, che il Presidente Cattaneo non è molto interessato agli argomenti di tipo contenutistico.
Questo ordine del giorno, Presidente, mescola i contenuti di urgenza e gli interventi generici o specifici - nel senso che prevedono un intervento immediato a decretare lo stato di emergenza - con altri interventi che sembrano destinati a tempi molto più lunghi.
Non credo si possa affrontare un argomento come quello dell'acqua senza avere un minimo di conoscenze tecniche e senza fare un minimo di attenzione agli argomenti basilari che riguardano la gestione dell'acqua.
Dobbiamo ricordare che in Italia, e quindi anche in Piemonte, abbiamo la più grande captazione dalle risorse d'acqua di tutta l'Europa; captiamo 250 litri pro capite al giorno, che sono largamente superiori alle captazioni di tutti gli altri Paesi.
L'acqua che utilizziamo, poi, viene utilizzata male, dal punto di vista industriale e produttivo: abbiamo la peggiore quantità di resa economica per metro cubo di acqua utilizzata di tutta la Comunità Europea.
L'acqua viene utilizzata al 70% per l'irrigazione, e questo è un dato che vale per tutta l'Europa e i Paesi occidentali.
Non si può affrontare il problema della carenza di acqua senza fare un ragionamento sul perché questo avvenga. Anche se alcuni scienziati sostengono che non è così, la comunità scientifica internazionale è concorde nel dire che il clima che stiamo vivendo è determinato dall'effetto serra.
I gas che provocano l'effetto serra sono i gas "clima alteranti", tra i quali l'anidride carbonica, ma non è mai stata presa in considerazione la possibilità di ridurre tali emissioni. Quando questo è avvenuto, ad esempio in provincia di Torino, è solo perché è calata la capacità produttiva della regione.
Non possiamo ignorare che le disastrose conseguenze che stiamo vivendo sono generate da un ciclo che si continua a non considerare, al punto che in questi giorni ci troviamo a dover affrontare due emergenze: da un lato la mancanza di acqua e, dall'altro, il problema di un possibile black out.
Black out il cui pericolo viene riproposto per chiedere la costruzione di nuove centrali, le quali, a loro volta, produrranno anidride carbonica, che contribuirà al peggioramento del clima e, quindi, ad instaurare un circuito vizioso per cui continuerà ad aumentare il bisogno d'acqua e, di conseguenza, la siccità.
Non capisco come si possa proporre un ordine del giorno, che affronta un argomento complesso, chiedendone un'approvazione un po' frettolosa.
Chiedo, insieme al Consigliere Chiezzi, di poter presentare, martedì prossimo, un nostro ordine del giorno, che lasciamo aperto alla possibilità di aggiungere altre firme, che rappresenti meglio la complessità del problema. In ogni caso, una riscrittura di questo ordine del giorno dovrebbe anche prevedere una modifica del punto 3, in quanto potrebbe essere giustificato un documento che si rifà all'urgenza e che, quindi, si limita all'impegno sullo stato di emergenza e ad accelerare la riorganizzazione dei servizi idrici.
Il riferimento ai servizi di irrigazione e bonifica, stanti le cose che sono state dette, che credo sia oggettivamente dimostrabile; mi sembra francamente, non coerente con questo documento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

L'ipotesi formulata dal collega Chiezzi, riguardo ad una discussione più ampia, non mi trova in disaccordo, se c'è l'interesse e la disponibilità a riprendere la discussione e lavorare in modo più approfondito sul problema delle risorse idriche. Al di là dell'ordine del giorno, con le modifiche che abbiamo proposto, abbiamo chiesto che venisse eliminata la vicenda indicata come "task force", sostituendola con un piano per l'emergenza idrica, predisposto dalla Giunta regionale, ovviamente da valutare in sede di Commissione.
Mi sembra, poi, non riduttivo eliminare i riferimenti ad una provincia specifica - e mi pare che anche il collega Cattaneo fosse d'accordo perché l'emergenza, da quando è stato pensato l'ordine del giorno, si è diffusa in tutta la regione.
C'è una questione da considerare, collega Moriconi: quando dici che il 70% dell'acqua viene usato per l'irrigazione, questo è sicuramente vero, ma è come dire che il 90% dell'acqua va nel mare, nel senso che l'acqua passa sul territorio e se non si irriga, c'è deserto. Dove c'è coltivazione e irrigazione, comunque, non c'è il deserto; il problema è lo spandimento dell'acqua sul territorio.
Le coltivazioni europee e mediterranee sono storicamente basate sull'utilizzazione dell'acqua. Per ottenere un chilogrammo di bistecca, ci vogliono 30 metri cubi d'acqua; poi, che la si utilizzi per il foraggio o per un'altra cosa, ci voglio sempre 30 metri cubi d'acqua, perché le vivande sono fatte con la trasformazione dell'acqua e poche altre cose.
Questa situazione può essere oggetto di una discussione e il Consigliere Moriconi potrà fornire dei dati più approfonditi (i miei sono molto approssimativi).
Il problema è che tutta la coltivazione europea è basata sull'utilizzo di una specie di piante normalmente adattate all'uso di una certa quantità di acqua. Poi ci sono le piante desertiche, ma di questo non possiamo parlare adesso (soltanto i datteri e le banane hanno necessità di una certa quantità di acqua).
Consigliere Moriconi, sono disposto a discutere di tali questioni in questa o in altre sedi. Mi sono sempre occupato di agricoltura e sappiamo per certo che l'agricoltura è un processo di trasformazione di elementi (acqua ed altre sostanze) in alimenti.
Ad esempio, la frutta è composta per l'85% da acqua; se la si mette nel terreno e la si espande troppo, questa va nelle falde sottostanti e alimenta la circolazione dell'acqua. Ciò non significa che la frutta si faccia con una maggiore quantità di acqua.
Si tratta di questioni che dovremmo cominciare ad analizzare altrimenti fra due mesi in Piemonte ci troveremo di fronte ad un'emergenza alla quale non solo non saremo capaci di dare una risposta di merito, ma neanche di capire tecnicamente e scientificamente la natura del problema.
Questa è la situazione. Attualmente, da parte di coloro che hanno molta più contiguità con il problema dell'acqua, ci viene segnalato che in questo mese di giugno e all'inizio di luglio i fiumi sono molto più sovraccarichi di acqua, perché l'aumento della temperatura ha fatto i sciogliere i ghiacciai in anticipo. Di conseguenza, non soltanto stiamo perdendo la riserva di acqua rappresentata dai ghiacciai, ma quella disponibile sta finendo direttamente nel mare.
Se abbiamo la siccità a luglio, non possiamo irrigare ugualmente ad aprile o a maggio; sarebbe come voler tagliare il frumento d'inverno perch fa meno caldo e togliere la neve d'estate perché è più comodo. Sono vicende che rappresentano il paradosso.
Se vogliamo affrontare questo problema, facciamolo correttamente, dando una risposta che, in linea di massima, pur non essendo risolutiva, possa almeno prevedere delle misure amministrative utili.
Lo so anch'io: al di là dell'approvazione, siamo di fronte ad un ordine del giorno in cui diciamo semplicemente che va affrontata l'emergenza e che il Governo se ne deve occupare. Nel frattempo la Giunta ha già chiesto lo stato di calamità, ma questa richiesta non serve, se non si risolve il problema di assicurare una diversa regolamentazione dell'utilizzo dell'acqua. Diversamente, avremo affrontato il problema in modo abbastanza sbrigativo e superficiale, ancorché noi non ci sottraiamo a proporre e votare un ordine del giorno che contiene dei dati utili, ma anche molta ovvietà.
Sarebbe un paradosso se non facessimo o non chiedessimo qualcosa.
Vorrei invece sapere se siamo disposti a fare qualcosa in più, oltre che continuare a fotografare una situazione che degenera giornalmente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mellano; ne ha facoltà.



MELLANO Bruno

Per essere veloce e non dire troppe inesattezze, voglio leggere parte di un comunicato che ho fatto il 16 giugno 2003 e che però riprendeva un comunicato fatto in precedenza sulla questione. Successivamente farò un commento finale.
"Come Gruppo Radicale, sono tre anni che chiediamo pubblicamente a questo Governo regionale di iniziare una seria pianificazione agraria, che dovrebbe avere tra i punti principali la razionalizzazione dell'uso delle risorse idriche in agricoltura, in primo luogo.
La legge regionale n. 61 del 2000 prevedeva, grazie anche ad un nostro emendamento accolto obiettivamente anche dalla maggioranza, che entro 30 giorni la Giunta Regionale approvasse un manuale di buona pratica irrigua da distribuire agli agricoltori". Da allora sono passati 30 mesi e il manuale non esiste ancora.
Dai dati nazionali della Protezione Civile, ricordati dal collega Moriconi, il 60-70% dell'acqua che potrebbe essere utilizzata come potabile - questo è il dato significativo che il collega nel suo discorso ha dimenticato di sottolineare - finisce nell'irrigazione delle colture. La Regione Piemonte, nella quale è diffusa in particolare la coltura del riso a sommersione e del mais, che necessita di numerose irrigazioni all'anno, è tra le Regioni italiane che consumano il maggior quantitativo di acqua potabile per l'agricoltura.
Noi abbiamo denunciato e denunciamo - e lo voglio fare anche in quest'aula - l'attuale politica di questa Giunta regionale che, invece di proporre una razionalizzazione dell'utilizzo dell'acqua, incentivando come ricordava, però svalutando, il collega Riba - l'irrigazione a goccia e a pioggia, continua a consentire l'utilizzo di metodi antiquati, costosi ed inefficienti, come l'irrigazione a scorrimento e a sommersione, che hanno solo il risultato di effettuare degli sprechi.
Purtroppo, il collega Riba nella sua valutazione non ha ragione. Si spreca l'acqua, e non è un circolo così meccanico; l'acqua che passa in falda poi va in altre Regioni e non ritorna a Cuneo, ma se ne va in Emilia Romagna, ad esempio.
Noi abbiamo denunciato e denunciamo che la scelta di costruire - ed è una scelta che io leggo anche alla base dell'ordine del giorno presentato dalla maggioranza - nuovi bacini idrici nelle valli per aumentare la quantità di acqua disponibile per l'irrigazione avranno il solo risultato di prosciugare completamente i corsi d'acqua, che è uno dei problemi veri e gravi.
Disponiamo anche di leggi, come la n. 152 del 1999, che dice che bisogna garantire il deflusso minimo vitale dei corsi d'acqua. Il che non si garantisce costruendo nuovi invasi. Ovviamente bisogna anche ragionare e discutere, ed un ordine del giorno così presentato obiettivamente non ci facilita.
Occorre anche evidenziare la necessità di incentivare un cambiamento.
Il fatto che in Piemonte ci sia soltanto quel tipo di produzione e di allevamenti non è uno status quo che non possiamo modificare; ricordo che il grano e l'orzo sono produzioni che richiedono un minor utilizzo d'acqua e forse bisognerebbe incentivarle. Questa è un'alta scelta di politica.
Sono consapevole che siamo giunti a fine seduta e i colleghi hanno anche l'esigenza, per rispondere a pressioni dell'opinione pubblica e del proprio collegio elettorale, di far approvare degli ordini del giorno. Non è mia intenzione stigmatizzare in modo particolare il problema; per obiettivamente, non posso votare questo documento e non lo voter favorevolmente: anzi, mi assumo la responsabilità di dare un voto negativo.
Il Gruppo di Forza Italia avrebbe dovuto stenografare alla lettera l'intervento svolto l'altro giorno dall'Assessore Ferrero di fronte ad una quarantina di cittadini di Marotta San Giulio presenti in Comune. La relazione che l'Assessore Ferrero ha avuto l'onestà culturale di fare era ampiamente condivisibile. Non ha promesso nulla, neanche la richiesta di stato di emergenza. Poi però è stato fatto dalla Giunta, ed è una responsabilità complessiva.
Non voglio assolutamente difendere un Assessore rispetto ad un altro ma riconosco a quell'Assessore, in un momento impopolare, di fronte a delle popolazioni giustamente preoccupate, agitate e colpite da una grave situazione, l'onestà culturale di non aver fatto promesse invano.
Questo ordine del giorno fa delle promesse invano; dice alcune cose che sono addirittura già state fatte; altre non le dice e, obiettivamente, non avrà il mio voto favorevole. Anzi, esprimerò un voto negativo.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Purtroppo, non posso essere d'accordo con le considerazioni svolte dal Consigliere Mellano. A lui sfugge che alla parte ufficiale di quell'incontro è seguita una parte ufficiosa, che ha avuto luogo in una saletta qui sotto, in cui le opposizioni non erano presenti, c'erano solo la Giunta e le maggioranze. In questa sede, è stata concordata una serie di interventi di carattere un po' più largo di quelli di cui si è parlato di sopra, in sede ufficiale, tant'è che la dichiarazione di stato di calamità è puntualmente seguita, ovviamente, firmata dal Presidente della Giunta perché esso deve firmarla.
Ciò detto, ritengo che, avendo noi presentato un'interrogazione in tal senso, quella richiesta fosse giusta, anzi, la mia opinione, contrariamente a quella del collega Mellano, è che si potesse e si dovesse anche fare prima un atto come quello, perché l'ordine dell'emergenza era ormai noto e con il collega Riba lo abbiamo proposto a questo testo di ordine del giorno, che so essere di iniziativa assunta da alcuni colleghi, ma proveniente da una richiesta di diverse Amministrazioni ed Enti locali piemontesi. In realtà, si sta raccogliendo un ordine di richiesta di volontà in un testo che non è di produzione di un Gruppo, ma è di produzione di una serie di Comunità locali e di varie realtà del nostro territorio che, in questo momento, sono state colpite.
Questa è un'emergenza oggettiva e reale, con questo noi chiediamo di far fronte ad essa, ma, a mio avviso, ci si deve anche attrezzare in modo più complessivo su una problematica come questa. Ormai è attestato e assodato che la modificazione climatica è qualcosa che si sta caratterizzando come una modificazione non di una volta o di un momento soltanto, ma con caratteristiche strutturali. Abbiamo visto per vicende diverse, le alluvioni da un lato, la siccità dall'altra, come il nostro territorio venga, da questo punto di vista, particolarmente colpito.
Certamente, l'emergenza è un momento di grande importanza a cui si deve subito far fronte. Non solo si presenta un problema di ordine ambientale e territoriale più complessivo, c'è anche un problema di ordine economico e turistico, in questa direzione, di grandissimo rilievo, che può colpire settori importanti della realtà e dell'economia piemontese, oltre a creare gravi danni alla vita quotidiana delle persone che si trovano in questa condizione drammatica. Si deve assumere una visione di ordine più strutturale in ordine alla salvaguardia del territorio. Ricordo che noi come Gruppo dei Democratici di sinistra, fino a questo momento, siamo gli unici presentatori di un testo di legge organico in questa direzione, cosa che non è avvenuta in altre sedi.
Colgo anche l'occasione di una vicenda come questa per chiedere il sollecito avvio - l'iscrizione c'è già stata - di una prima discussione all'interno della Commissione per affrontare il discorso del testo più complessivo.
Mi sembra di capire che il Consigliere Cattaneo, primo firmatario abbia accolto la nostra proposta di modifica, illustrata dal collega Riba.
Questo testo finale è quello che, insieme al collega, abbiamo chiesto di sottoscrivere e su un testo con queste caratteristiche, senz'altro, ci sarà il nostro voto favorevole.
Visto che a questo ordine del giorno sono collegate delle interrogazioni, volevamo capire se c'era una comunicazione dell'Assessore competente o della Giunta rispetto al punto di discussione in cui siamo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Le interrogazioni sono tutte assorbite.
La parola al Consigliere Chiezzi sull'ordine dei lavori.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, il Presidente Cattaneo ha esplicitamente dimostrato una disponibilità non solo a cambiare e a correggere secondo emendamenti l'attuale ordine del giorno, ma ha anche detto, se non è una volontà dilatoria o strumentale quella espressa dai Consiglieri Moriconi e Chiezzi di poter esprimere una valutazione meditata e più complessiva. Comunque, un loro punto di vista era anche disponibile per consentire ad altri colleghi che non hanno partecipato alla stesura dell'ordine del giorno e che non si ritrovano in una semplice correzione di questo ordine del giorno, di scrivere un punto di vista, che per noi sarebbe importante. Sul tema dell'acqua, insieme ad altri colleghi, in questi mesi, abbiamo svolto un lavoro che sarà anche oggetto di una pubblicazione. In questa occasione, in cui il nostro Piemonte è stato duramente colpito da un'evenienza meteorologica, riteniamo che da parte nostra ci debba essere la massima attenzione e non solo di emergenza. E' necessaria un'attenzione costante per impostare politiche nei confronti dell'acqua che siano capaci di rispondere alle fasi acute e, soprattutto, per impostare un modello di sviluppo per il nostro Piemonte in cui l'acqua diventi struttura centrale per la nostra qualità della vita e dello sviluppo.
Se questo tempo ci viene dato, da qui a martedì, noi ci sforziamo di proporre un documentino come questo, però, con un'ottica un po' diversa perché è l'ottica, secondo noi, capace di risolvere in modo stabile il problema dell'acqua per i piemontesi.
Volevo solo dire al Consigliere Cattaneo che non c'è nulla di strumentale, niente di niente. C'era la volontà di dare un contributo serio e alternativo a quello contenuto nell'ordine del giorno. Se ci date questa possibilità, siamo felici, perché questa nostra democrazia ci ha consentito di esprimerci; se non avremo questa possibilità, non parteciperemo al voto non è una tragedia, pazienza, segniamo un punto di deficit di confronto democratico.



PRESIDENTE

Se si raggiungere un'intesa sull'ordine del giorno, penso che si possa tranquillamente votare martedì, però, oggi, abbiamo svolto quasi un'ora di dibattito. Se l'intesa è che martedì si vota solo senza un testo, posso anche essere d'accordo, altrimenti, non so, chiedo a voi, colleghi, per oggi, abbiamo fatto oltre un'ora di dibattito su questo punto.
La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Presidente, l'ho detto prima, non come il Consigliere Angeleri, ho il massimo rispetto sulle proposte dei colleghi, in particolare, le proposte dei Consiglieri Chiezzi e Moriconi, che, peraltro, non conosco ancora, ma che si sono riservati di proporre all'attenzione del Consiglio. Così come ho accettato - come primo firmatario pensavo di interpretare comunque anche la volontà e la disponibilità degli altri firmatari - la richiesta di renderlo più generale, ancorché in premessa, non ci sembrava così scandaloso fare riferimento alle zone piemontesi con maggiori criticità così come abbiamo accettato un emendamento dal nostro punto di vista migliorativo della formulazione dell'ex punto 2) del dispositivo da parte dei colleghi dei DS, vorremmo porre in votazione l'ordine del giorno.
Ha ragione il Consigliere Mellano quando dice, anche se in modo impreciso e in buonafede disinformato, che questo ordine del giorno nel dispositivo prevede anche delle cose che sono già state fatte. E' ovvio che, però, quando noi abbiamo depositato questo ordine del giorno (otto nove giorni fa) queste cose non erano ancora state fatte. Non vorrei che per aspettare una discussione più generale di ordini del giorno annunciati e non presentati, quando dovessimo arrivare all'approvazione di questo ordine del giorno, giustamente, il collega Mellano o un altro dei nostri colleghi dicesse: "Guardali lì i furbi della compagnia, adesso votano l'ordine del giorno quando tutto questo è già stato fatto". E' ovvio che le proposte, ancorché depositate, non perché siamo depositari della ragione e gli altri non ne hanno la conoscenza, sono proposte logiche che nascono dall'esperienza di questi anni; alla fine, scusatemi e non vogliatemene questo ordine del giorno potrebbe essere addirittura non solo ininfluente ma totalmente inutile.
Faccio questa proposta, Presidente: così come emendato da noi nonostante un'indisponibilità che percepisco - poi sarò lieto di essere smentito dal collega Chiezzi - a votare l'ordine del giorno, manteniamo la proposta di eliminare il riferimento ai 24 Comuni delle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola, e così come emendato dal collega Riba riguardo alla nuova formulazione dell'ex punto 2), vorremmo che fosse posto in votazione, con la massima disponibilità - lo diciamo subito - di confrontarci sulle proposte e di valutare con attenzione e votare al più presto eventuali ulteriori ordini del giorno che fossero presentati sull'argomento, compreso quello annunciato dai colleghi Chiezzi e Moriconi.
L'emendamento dei firmatari prevede di eliminare dopo "Premesso che" le parole da "in particolare 15 comuni" fino a "delle acque;", ovvero il riferimento preciso alle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola.
Vi è un ulteriore emendamento, così com'è stato annunciato dal collega Riba - e che lo presenterà - quello relativo al punto 2).



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Nel punto "impegna", il punto 1) rimane invariato, mentre prima del punto 2) vengono inserite le parole "invita la Giunta".
Inoltre il punto 2) è sostituito dalla seguente frase: "a predisporre un programma di interventi finalizzati a fronteggiare l'emergenza e più in generale il problema delle carenze idriche in Piemonte".
Il punto 3) rimane invariato.



PRESIDENTE

Il Consigliere Cattaneo fa suo l'emendamento, nel senso che acconsente ad una votazione aperta sull'ordine del giorno così come emendato.
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 781, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che in molti comuni del territorio piemontese, a causa delle particolari condizioni climatiche degli ultimi mesi, si stanno registrando situazioni critiche ed in alcuni casi di emergenza relativamente al normale approvvigionamento idrico sul territorio atteso che spesso i comuni sono impossibilitati ad istituire servizi di emergenza per l'approvvigionamento idrico o per questioni di organizzazione o per carenze finanziarie impegna il Presidente della Regione e l'Assessore competente a chiedere al Presidente del Consiglio dei Ministri: di decretare lo stato di emergenza per quei comuni piemontesi in cui la situazione è stata verificata essere particolarmente grave, con riferimento ai disagi e alle limitazioni per la popolazione, al fine di potere istituire un fondo per l'elargizione di contributi straordinari ai comuni colpiti, al fine di metterli in condizione di affrontare la gestione dei servizi idrici mancanti e dei servizi connessi in situazione di emergenza invita la Giunta regionale a predisporre un programma di interventi finalizzati a fronteggiare l'emergenza e più in generale il problema delle carenze idriche in Piemonte ad accelerare la riorganizzazione dei servizi idrici sul territorio regionale, intensificando il percorso di attuazione della cosiddetta 'legge Galli' e della l.r. 13/1997 e sviluppando l'attuazione della l.r. 21/1999 in materia di riorganizzazione dei servizi di irrigazione e bonifica sul territorio regionale".
Il Consiglio approva.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno n. 783 relativo a "Condanna inflitta a due giornalisti e al loro traduttore del regime laotiano per resistenza all'esercizio del potere" presentato dai Consiglieri Mellano, Angeleri Caracciolo, Tapparo, Cattaneo e Botta Marco


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 783 presentato dai Consiglieri Mellano, Angeleri, Caracciolo, Tapparo, Cattaneo e Botta Marco.
Si tratta di un ordine del giorno già iscritto in apertura della seduta mattutina.
Darei la parola al Consigliere Mellano, che è la persona più indicata a spiegare di che cosa si tratta.



MELLANO Bruno

Ho già provveduto personalmente ad informare quasi tutti i Capigruppo compresi i colleghi Chiezzi e Moriconi, che magari non voteranno questo ordine del giorno.
di ieri la notizia che il regime laotiano ha provveduto a condannare a 15 anni di carcere due giornalisti (uno belga e uno francese) e il loro traduttore laotiano di nazionalità americana, per un reportage fotografico fatto in una zona di confine fra il Laos e la Birmania relativo ad una popolazione peraltro di matrice culturale cristiana, che è la popolazione Mong, che fa parte delle popolazioni degli altipiani centrali.
Oggi inizia il semestre che vede le autorità del Governo italiano ad assumere delle responsabilità precise a livello europeo. Ritengo che questo Consiglio farebbe opera di buonsenso e di opportunità politica nel ricordare al Presidente Berlusconi e alla nostra diplomazia internazionale che ci sono dei regimi (è un caso specifico, ma per ovvi motivi - che non voglio ricordare - ha riguardato direttamente il Consiglio e me personalmente) che vivono in modo esclusivo con i contributo dell'Unione Europea, che provvede a far firmare,in fase di accordi internazionali degli accordi che prevedono il rispetto dei diritti umani e delle cause internazionali anche per la difesa nei processi. Notizie pubblicate oggi su Il corriere della sera ricordano che questi giornalisti sono stati condannati dopo un processo sommario di due ore; guarda caso, sono le stesse due ore che hanno visto me condannato a due anni il 09 marzo 2001 in un processo più che sommario, dove, tra traduttori, interpreti e cose varie, si è parlato complessivamente per circa due minuti; inoltra la procedura laotiana prevede che prima parla la difesa e poi parla l'accusa. Io sono stato difeso da un avvocato laotiano che ha dovuto intuire o presumere le accuse rivolte nei nostri confronti. Al termine della discussione, il regime laotiano, con il proprio procuratore, ha formalizzato circa 19 capi d'accusa nei nostri confronti. Per fortuna ce ne hanno riconosciuto uno solo, che prevedeva la condanna a due anni e l'espulsione immediata.
A questi giornalisti è andata peggio. E il ricordo di quelle carceri mi hanno spinto questa mattina, come prima cosa, a presentare questo ordine del giorno. Sarebbe opportuno che il Consiglio lo approvasse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Vorrei chiedere al Consigliere Mellano, nonché agli altri presentatori di questo documento, se fosse possibile riscriverlo limitandolo alla denuncia della repressione, della decisione che è stata presa nei confronti di questi giornalisti europei e delle altre persone coinvolte, e alla richiesta che il Governo, insieme a tutte le forze istituzionali a livello interno ed europeo, assuma tutte le iniziative necessarie non solo per la liberazione di queste persone, ma anche per sostenere la causa della libertà e della democrazia anche in quel Paese, senza per specificare nel merito un elenco di iniziative che richiederebbero, mi pare, una discussione forse più attenta. Sarebbe più opportuno, a mio avviso, esprimere un giudizio sulla repressione, richiedere un intervento per la liberazione delle persone coinvolte e uno a sostegno delle ragioni di libertà e di democrazia in quel Paese, senza che questo documento si concluda con un dettaglio che mi pare corrisponda ad una discussione non fatta.
Se il Consigliere Mellano fosse d'accordo con questa nuova stesura (affiderei allo stesso collega oppure all'Ufficio di Presidenza questa delega) concorderemmo con un orientamento in questa direzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Oltre ai motivi di contenuto, che sicuramente hanno il loro peso non secondario, vi sono altre ragioni che mi hanno indotto a non firmare questo ordine del giorno.
Alcune settimane fa avevo presentato, insieme ad altri Consiglieri, un ordine del giorno che riguardava un caso ben più grave di violazione dei diritti umani, che i colleghi Radicali non avevano sottoscritto: riguardava alcune centinaia di persone che, da quasi due anni, si trovano imprigionate a Guantanama.
Se si discute di diritti umani - materia di estrema importanza sarebbe opportuno esaminare gli ordini del giorno che affrontano tale questione.
Viviamo in un mondo sempre più barbaro. Lo scorso venerdì io e il Consigliere Moriconi ci siamo recati in Corso Brunelleschi e abbiamo visto 72 cittadini che, appena sbarcati sulle spiagge italiane, sono stati imprigionati. Non si tratta di terroristi, ma di semplici persone appena sbarcate sulle nostre spiagge, imprigionate, che si chiedevano cosa stava succedendo.
Queste 72 persone appena sbarcate sulle nostre spiagge sono stati rinchiusi, e non trattati come persone che hanno bisogno di assistenza.
Siamo, dunque, in una situazione di imbarbarimento generale.
Sarebbe opportuno affrontare una discussione sui diritti umani esaminando i relativi ordini del giorno e documenti, magari introducendo altre considerazioni, perché viviamo in un contesto estremamente preoccupante.
Faccio notare che gli episodi come quello di cui ho parlato sono considerati, da alcune associazioni, come Amnesty International, delle violazioni dei diritti umani. Non è, quindi, solo una mia opinione, ma anche di quelle organizzazioni che autorevolmente si sono sempre occupate di questi problemi.



PRESIDENTE

Chiedo scusa, non possiamo votare una delega in bianco alla riscrittura dell'ordine del giorno. Possiamo, però, iscriverlo anche adesso; penso bastino pochi minuti.
Intanto, possiamo esaminare l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Contu.
Prego, Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, siamo sull'ordine del giorno di cui è primo firmatario il Consigliere Mellano. Mi associo alla richiesta del compagno Papandrea, di affiancare, dandogli anche la precedenza, l'ordine del giorno sulle situazioni carcerarie di Guantanamo, perché tratta anch'esso il tema dei diritti umani. Visto che, improvvisamente, viene confezionato in aula un ordine del giorno, noi chiediamo di discutere, insieme a questo, anche l'ordine del giorno del collega Papandrea, che giace da parecchi giorni agli atti del Consiglio regionale.
E' una mozione d'ordine, Presidente; i lavori del Consiglio si organizzano. Questo è un ordine del giorno non organizzato, che viene presentato in questo momento, pertanto chiediamo che venga messo sul nostro tavolo anche l'ordine del giorno su Guantanamo, che tratta lo stesso tema.
Le chiedo, cortesemente, di distribuire il nostro ordine del giorno così come ha distribuito il documento confezionato pochi minuti fa.
Si dia atto a tutti i Consiglieri dell'esistenza di due ordini del giorno sui diritti umani. Grazie.



PRESIDENTE

Consigliere Chiezzi, lei avrebbe ragione se questa mattina, in apertura dei lavori, l'Aula non avesse iscritto l'ordine del giorno in oggetto. Era un documento condiviso, quindi si è pensato di trattarlo nel corso della seduta, senza le procedure legate all'iscrizione. Si tratta, pertanto, di un caso diverso, perché stamattina l'Aula lo ha iscritto.
Preso atto di questa valutazione dell'Aula, ci sono gli estremi per arrivare ad una riscrittura? Lei ritiene di sì, ci mancherebbe.
Poiché l'Aula, sempre stamattina, ha iscritto un altro ordine del giorno, presentato dal Consigliere Contu, dal titolo: "Sardegna, pattumiera nucleare del Mediterraneo", e premesso che su questo ordine del giorno c'è un consenso quasi generale, possiamo metterlo in votazione?



(L'Aula acconsente)


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Esame ordine del giorno n. 784 inerente a "La Sardegna pattumiera nucleare del mediterraneo?", presentato dai Consiglieri Contu, Cattaneo, Rossi O. Tapparo, Papandrea, Botta M., Manica, Riggio, Riba, Ronzani, Di Benedetto Muliere, Caracciolo, Giordano, Moriconi e Bolla


PRESIDENTE

Passiamo pertanto ad esaminare l'ordine del giorno n. 784 inerente a "La Sardegna pattumiera nucleare del mediterraneo?," presentato dai Consiglieri Contu, Cattaneo, Rossi O., Tapparo, Papandrea, Botta M.
Manica, Riggio, Riba, Ronzani, Di Benedetto, Muliere, Caracciolo, Giordano Moriconi e Bolla.
Indìco pertanto la votazione palese, mediate procedimento elettronico, sul tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che è stata individuata la Sardegna come sito idoneo allo stoccaggio delle scorie nucleari italiane il materiale di risulta da stoccare consiste in oltre 55.000 metri cubi la precedente commissione aveva escluso a priori tutte le isole, a causa del rischio connesso al trasporto per via marittima del materiale nucleare che in caso di incidente avrebbe trasformato il Mediterraneo (un mare chiuso) in un mare morto invita il Presidente della Giunta e gli Assessori all'ambiente e alla sanità a voler richiedere alle autorità nazionali competenti l'assunzione di precisi impegni che escludano l'individuazione della regione Sardegna, e soprattutto il suo sottosuolo precedentemente adibito ad attività estrattiva mineraria, come luogo idoneo allo stoccaggio di scorie radioattive a voler sollecitare l'emanazione di una specifica legge che definisca modalità e tempi per la definitiva messa in sicurezza di tutti i materiali radioattivi in uno o più depositi nazionali da individuarsi con la massima trasparenza ad aderire, con una propria delegazione, alla protesta che avrà luogo il 4 luglio alle ore 20.30 in tutta Italia e in tutta Europa dove siano presenti comunità sarde e che nella città di Torino si terrà davanti alla Prefettura".
Il Consiglio approva.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno n. 783 relativo a "Condanna inflitta a due giornalisti e al loro traduttore del regime laotiano per resistenza all'esercizio del potere" presentato dai Consiglieri Mellano, Angeleri Caracciolo, Tapparo, Cattaneo e Botta Marco (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame dell'ordine del giorno n. 783, presentato dai Consiglieri Mellano, Angeleri, Tapparo, Caracciolo, Cattaneo e Botta Marco.
Ha chiesto la parola il Consigliere Morioni.



MORICONI Enrico

Vige la prassi di parlare di documenti connessi. Ritengo si possa considerare documento connesso l'ordine del giorno su Guantanamo. Se parliamo di diritti civili, di diritti umani, non vedo perché non si possa fare questa considerazione riguardante un ordine del giorno sui diritti umani, esattamente come l'ordine del giorno sul Laos. Il tema è quello dei diritti umani, non il Laos o Guantanamo. Se parliamo di diritti umani, non vedo perché un ordine del giorno già depositato non possa essere distribuito e votato assieme a questo. Il Laos non è una provincia del Piemonte; è uno Stato lontano, esattamente come lontano è Guantanamo o Cuba.



PRESIDENTE

Collega, non ho neppure visto questo ordine del giorno. Non so neanche dire se sia collegato o meno. Temo, però, che non si possa fare un dibattito sui diritti umani.
Se c'è il consenso sulla stesura di questo ordine del giorno, lo si vota. L'ordine del giorno su Guantanamo lo discuteremo in un'altra seduta.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marcenaro, sull'ordine dei lavori.
Ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Mi rivolgo ai colleghi: o presentiamo un ordine del giorno come quello proposto questa mattina, riguardante un caso specifico, una notizia che oggi è presente sui giornali, riguardante alcune persone che sono state incarcerate in una situazione specifica, oppure, se si vuole fare una discussione sui diritti umani, siamo molto interessati, ma è una discussione che va affrontata diversamente.
Stamattina abbiamo dato la disponibilità ad una discussione riguardante un fatto specifico, che oggi è all'o.d.g. per ragioni di urgenza e attualità. Se il Consiglio decide di trasferire anche questo punto alla discussione generale sui diritti umani, si può valutare, ma non la si affronta in tre minuti.



PRESIDENTE

Infatti. La mia posizione è quella che ho esplicitato prima, quindi chiedo se c'è il testo dell'ordine del giorno, in modo da porlo in votazione.
Prego, Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Il testo non l'ho verificato, se non con il collega Mellano. Il testo rimarrebbe nei primi due capoversi, quello dell'attuale ordine del giorno.
Sarebbe cancellato completamente il terzo capoverso; invece il dispositivo conclusivo risulterebbe semplicemente così riscritto: "Impegna il Presidente della Giunta regionale ad attivarsi presso il Presidente del Consiglio dei Ministri, da oggi Presidente di turno dell'Unione Europea affinché il Governo italiano intervenga immediatamente per la liberazione delle persone ingiustamente condannate, per il rispetto e la difesa dei diritti umani, per la formazione in quei Paesi dei principi di libertà e di democrazia. L'Europa, che ha responsabilità importanti per il peso della sua politica di aiuti, può svolgere per questi obiettivi un ruolo essenziale".



PRESIDENTE

Quindi, l'abbiamo formalizzato e c'è il consenso dei proponenti.
Indico quindi la votazione, mediante procedimento elettronico, dell'ordine del giorno n. 783, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che i giornalisti europei Thierry Falise (Belgio) e Vincent Reynaud (Francia) e il loro traduttore Naw Karl Mua (cittadino USA di origine laotiana) arrestati il 4 giugno in Laos mentre effettuavano un reportage, sono stati condannati ieri a 15 anni di prigione "per resistenza all'esercizio del potere" due dei quattro laotiani arrestati per la stessa vicenda sono stati a loro volta condannati rispettivamente a 15 e a 20 anni di prigione richiamata la mobilitazione civile che vide accomunati, venti mesi fa, lo stesso Consiglio regionale, decine di sindaci piemontesi, migliaia di cittadini in sinergia con l'ambasciata italiana in Thailandia e con il sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver - nel richiedere la liberazione immediata del consigliere regionale Bruno Mellano e di altri quattro militanti radicali (Olivier Dupuis, Silvja Manzi, Massimo Lensi e Nikolaj Kramov), arrestati il 26 ottobre 2001 in Laos per aver manifestato per la "Democrazia, Libertà e Riconciliazione del Laos", condannati l'8 novembre 2001 a due anni di detenzione dopo un processo-farsa ed espulsi immediatamente dal Paese solo grazie alla mobilitazione suddetta e alla presenza e al lavoro dell'on. Boniver e dei diplomatici italiani impegna il Presidente della Giunta regionale ad attivarsi presso il Presidente del Consiglio dei Ministri, da oggi Presidente di turno dell'Unione Europea, affinché il Governo italiano intervenga immediatamente: per la liberazione delle persone ingiustamente condannate per il rispetto e la difesa dei diritti umani per l'affermazione in quel Paese dei principi di libertà e di democrazia.
L'Europa, che ha responsabilità importanti per il peso della sua politica di aiuti, può svolgere per questi obiettivi un ruolo essenziale".
Il Consiglio approva.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.47)



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