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Dettaglio seduta n.344 del 09/05/03 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



(La seduta ha inizio alle ore 00.19)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Albano, Bussola, Costa Enrico Cotto, D'Onofrio, Ghigo, Marengo, Racchelli, Rossi Giacomo e Rossi Oreste.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Proseguimento esame disegno di legge n. 252: "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 29 aprile 1985, n. 49 (Diritto allo studio - Modalità per l'esercizio delle funzioni di assistenza scolastica attribuite ai Comuni a norma dell'articolo 45 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 ed attuazione di progetti regionali)"


PRESIDENTE

L'esame del disegno di legge n. 252, di cui al punto 2) all'o.d.g.
prosegue con la discussione dei subemendamenti all'emendamento rubricato n.
2 (qui di seguito chiamati emendamenti).
Emendamento rubricato n. 456 presentato dai Consiglieri Manica, Suino Placido, Marcenaro e Riba: L'articolo 1 è così sostituito: "Art. 1.
1. La Regione Piemonte al fine di rendere effettivo il diritto di ogni persona di accedere a tutti i gradi del sistema scolastico e formativo statali e paritari (nella definizione data dalla legge 62/2000, art. 1 comma 2), nonché il diritto all'apprendimento per tutto l'arco della vita la Regione e gli Enti locali ai sensi degli articoli 2, 3, 33 e 34 della Costituzione e nel rispetto di quanto previsto dal d.lgs. 112/1998 promuovono interventi volti a: a) favorire il successo scolastico e formativo di tutti, con prioritaria attenzione a chi è a rischio di abbandono scolastico b) favorire il riequilibrio dell'offerta scolastica e formativa attraverso interventi prioritari diretti agli strati della popolazione con bassi livelli di scolarità, con particolare attenzione alle zone in cui l'ubicazione dei servizi comporti per gli utenti situazioni di particolare disagio".
La parola al Consigliere Muliere per l'illustrazione.



MULIERE Rocco

La capacità competitiva di un Paese, in questo caso, anche di una Regione rispetto ad altre, dipende molto dal livello di istruzione e dal fatto di riuscire a produrre, tra virgolette, dei gruppi dirigenti e delle nuove generazioni che sappiano garantire quel livello di competizione con altri Paesi o anche con altre Regioni; noi, come Regione Piemonte, abbiamo anche questo problema.
La questione del livello qualitativo, insieme al concetto della scuola della scuola pubblica, in particolar modo, ma non solo, rappresenta un problema estremamente delicato e serio sul quale dobbiamo riflettere e sul quale, come sistema Paese, abbiamo bisogno di investire, perché un Paese che non riesce ad investire da questo punto di vista non riesce a mantenere quel livello di capacità competitiva di cui parlavo poc'anzi.
Per quanto mi riguarda, questa è una questione determinante e il fatto di affrontare questo disegno di legge in modo svincolato da questo ragionamento è un errore enorme. Nel momento in cui affrontiamo questa questione dobbiamo riflettere anche su quanto abbiamo cercato di far emergere nel dibattito della giornata di ieri e nel dibattito che iniziamo oggi, visto che è iniziato un nuovo Consiglio. Credo che il terreno sul quale abbiamo cercato di portare il dibattito sia un terreno anche di merito importante.
Volevo interloquire con l'Assessore Leo, che, però, per la terza volta è assente, gli porrò la questione in un altro intervento.
La questione è la seguente: non penso che questo disegno di legge possa effettivamente risolvere i problemi che oggi hanno le scuole private nella nostra Regione, così come in altre Regioni; non penso che, così come impostato, il disegno di legge presentato possa rispondere alle esigenze che oggi hanno le scuole private; non penso che con un semplice aiuto alle famiglie che possono iscrivere, con questo aiuto, i propri figli alle scuole private si risolvano quei problemi, non lo penso.
Le scuole private di cui faceva cenno ieri mattina il Consigliere Rossi, che, tra l'altro, conosco in quanto sono collocate nella Provincia di Alessandria, hanno svolto una funzione importante per i giovani di quel territorio e, oggi, sono in crisi, ma non penso che risolveremo il problema di quelle scuole con l'approvazione di questa legge, non è con l'aiuto alle famiglie che risolviamo il problema, quelle scuole rischiano di essere chiuse e, purtroppo, chiuderanno anche con l'approvazione di questa legge.
Se, effettivamente, vogliamo aiutare le scuole private poniamoci questo problema mantenendo il livello qualitativo di cui necessita la scuola pubblica, ma non solo. Se continuiamo a insistere con questa impostazione non credo che l'obiettivo sul quale possiamo riflettere, e sul quale abbiamo dato la disponibilità a riflettere nell'ambito della legge nazionale n. 62, si possa raggiungere.
L'Assessore Leo è rientrato, ma il tempo a mia disposizione è terminato, riproporrò nuovamente questo quesito, perché, per una serie di combinazioni, per tre o quattro volte sono intervenuto e lei...



LEO Giampiero, Assessore all'assistenza ed edilizia scolastica (fuori microfono)

Le altre volte c'ero.



MULIERE Rocco

No, non c'era, per quanto riguarda il mio intervento. La capisco Assessore, perché lei, effettivamente, in modo quasi eroico, ha ascoltato.



(Commenti fuori microfono)



MULIERE Rocco

L'Assessore Leo ha ascoltato, sono sedici ore che ascolta e, magari, è anche stanco, come tutti, ma avrò l'occasione, Assessore, di porre nuovamente la questione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

In tutti i nostri emendamenti all'articolo 1 c'è un filo conduttore relativo all'importanza di garantire pari opportunità a tutti gli studenti e, di volta in volta, i vari emendamenti mettono in evidenza i diversi handicap. Abbiamo affrontato quello sociale, quello legato ai meccanismi economici, quello degli handicap fisici e mentali. Questo emendamento, in particolare, mette in evidenza un handicap che per quanto riguarda la nostra Regione è un fatto abbastanza importante, perché la nostra Regione come dice il suo nome, è una Regione che è ai piedi del monte e ha una popolazione notevolmente dispersa, si tratta di popolazioni che sono distribuite su piccoli o piccolissimi Comuni, a volte di nemmeno 100 abitanti, e una situazione di questo genere crea sicuramente una grossa difficoltà. Penso che l'Assessore Leo abbia una precisa mappa del livello della dispersione scolastica rispetto ai vari soggetti che abbiamo elencato, relativamente al reddito, al livello di istruzione di entrambi i genitori, alla loro posizione sociale, agli handicap fisici o mentali e penso che, allo stesso modo, non sia difficile reperire il livello di dispersione scolastica che concerne la situazione geografica affatto particolare della nostra Regione.
Ho l'avventura di avere una casetta in collina, a Barge, e il signore da cui l'ho acquistata mi ha raccontato che lui faceva un lungo tragitto per arrivare tutti i giorni a scuola. Per me, che vado con la macchina, è già un problema fare tutte quelle curve e controcurve per arrivare al paese e questo signore ci andava tutti i giorni. E' chiaro che il suo livello di istruzione si è fermato alla terza elementare, cervello fino quanto si vuole.
La dispersione correlata alla situazione geografica non concerne soltanto la questione che non si raggiunge la massa critica perché si possano formare le classi, ma è collegata al fatto che si formano delle classi con studenti di diverse età e al fatto che sopraggiungono mille meccanismi che demotivano il proseguimento rispetto alle potenzialità.
Voglio dire una cosa che al dibattito odierno inerisce abbastanza poco: a proposito dei tanti clandestini che ogni anno annegano in mare per cercare di arrivare in Italia, penso a quanto siamo stati fortunati nella lotteria della vita a nascere in un Paese relativamente ricco con moltissime opportunità. Penso a quanti geni e a quanti scienziati non hanno nemmeno avuto la possibilità di imparare a scrivere e a leggere, morendo in età precoce o costretti a vivere di stenti e a morire giovanissimi, perch questo è quanto succede nei paesi del terzo mondo.
C'è un problema di riequilibrio in generale, a livello mondiale, della risorsa del sapere e della conoscenza, che è una ricchezza universale e che ricade su tutti quanti noi. Il fatto che i più grandi matematici siano indiani ci dovrebbe dire qualcosa a proposito del fatto che la segregazione della conoscenza è un reato contro l'umanità.
Nel cambio di seduta, ho avuto una discussione personale con l'Assessore Leo e devo dire che, in ogni caso, la contrarietà a questo provvedimento rimane intatta, nel senso che se non si interviene prima sull'aspetto fondamentale di garantire pari opportunità a tutte le persone affinché possano sviluppare quella che è la loro capacità di conoscenza per metterla al servizio della collettività, questi interventi, specialmente nella forma in cui sono stati presentati, per uguaglianza di accesso alla scuola statale e alla scuola paritaria, mi lasciano sicuramente contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Placido.



PLACIDO Roberto

Signor Presidente, visto il clima di codesti colleghi e di codesta Aula, nella pausa mi ero incuriosito, perché, in questo momento di caduta di attenzione, dopo un momento interessante nel quale abbiamo stimolato e invitato la maggioranza e l'Assessore Leo a dare risposte di merito a quesiti precisi, che andavano, lo voglio ripetere, oltre la proposta di legge del buono scuola e affrontavano anche un intervento strutturale su alcune situazioni, potrei dire "cosa volete di più dalla vita!", lasciando perdere la risposta.



(Commenti fuori microfono)



PLACIDO Roberto

Mentre noi siamo qui, apprendo alcune notizie, di cui cito la fonte: dal sito de La Repubblica, Floriana ha vinto il "Grande fratello" e l'americana è arrivata seconda, l'aspettavano mamma e papà - Assessore come è cambiato il mondo! - e ha ricevuto anche l'anello di matrimonio dal fidanzato. Altre notizie: hanno fermato due deputati, uno dell'Ulivo, per la par condicio, e uno di Forza Italia; a Bari, i fuori fuochi d'artificio hanno rovinato la festa della Madonna, con la luminaria, Assessore, non con il luminare di sinistra di oggi pomeriggio; al TG3 sono andati gli ispettori; poi c'è il solito complotto pluto-giudaico-massonico della perfida Abione perché l'Economist dice che il Presidente del Consiglio non è adatto a guidare l'Unione Europea.



(Commenti in aula)



PLACIDO Roberto

Contro la perfida Albione si è risvegliato anche il collega Botta. Ero così preoccupato che avessero chiuso il collega Botta in una segreta buttando la chiave, ero pronto a rivolgermi a Chi l'ha visto. Sono contento che sia ritornato, però, ne approfittavo per riprendere un pezzo di intervento che ho svolto ieri, adesso non lo ricordo neanche più...



(Commenti in aula)



PLACIDO Roberto

No, è una replica ad personam.
Conoscendo l'attenzione del collega Botta ai problemi sociali, la famosa destra sociale, da un nostro sondaggio Abacus, marzo 2003 l'elettorato di Alleanza Nazionale al 46% è poco o niente d'accordo con il provvedimento di dare risorse a chi le ha già. Collega Botta, mi deve spiegare come lo andrà a dire alla sua base elettorale. Il dato lo comunicheremo anche all'ex collega senatore Salerno via fax, anzi, al compagno Salerno, perché, a parte lui, la sua famiglia è di sinistra, c'è sempre la pecora nera, è proprio il caso di dirlo. C'è già l'Assessore Leo che è come il santo con tutte le frecce, io non ho grande dimestichezza ecco, San Sebastiano, un novello San Sebastiano che è pronto a farsi trafiggere oltre al cilicio, perché all'altro giro eravamo al cilicio, oggi siamo alle frecce.
Grazie, collega Mellano, San Sebastiano è anche l'icona dei gay, ne prendo atto; Santa Giuliana per le emicranie, mi fermerei qui.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Collega Placido, le chiedo se può rimanere al merito, anche se le citazioni sono molto importanti.



PLACIDO Roberto

In merito a questo termino l'intervento, ma tutto questo mi ha ricordato quando frequentavo la terza media e avevo una splendida compagna di classe che si chiamava Santa di nome e Alletto di cognome, così sono ritornato alla terza media, perché stiamo discutendo di scuola.



PRESIDENTE

Grazie anche per questo arricchimento.
La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Faccio notare che il Presidente Riba riprende un esponente del suo partito entro i cinque minuti, è stato più bravo di un altro Presidente che ad un altro esponente del suo partito, Consigliere Brigandì, non lo ha ripreso per nulla.



(Commenti in aula)



PAPANDREA Rocco

Provo a far riflettere l'Assessore Leo.



PRESIDENTE

Chiedo scusa, ma con il passare delle ore, anziché assopirsi l'Assemblea sta diventando vivace, anche se non è il caso, possiamo procedere come nelle sedute ordinarie.



(Commenti fuori microfono)



PRESIDENTE

Per cortesia, collega Papandrea la prego di proseguire l'intervento.



PAPANDREA Rocco

Questa sera ho sentito più volte parlare del settore delle scuole cattoliche come di un settore economico in crisi ed, eventualmente, di valutare la necessità di un intervento per attenuare questa crisi e aiutarle per il superamento.
Rispetto a questo sono perplesso e credo che per affrontare questo argomento ci si dovrebbe chiedere quali sono le ragioni della crisi. Credo che ci sia una ragione generale della crisi delle scuole italiane, ma credo fortemente di quelle del Piemonte, che riguarda il declino del numero delle persone che negli ultimi anni, anzi, da molti anni, frequentano le scuole che vale per tutti gli ordini di scuola, tanto è vero che la scuola pubblica affronta quella crisi con tagli, chiusure e accorpamenti. Essendo un unico Ente lo può fare e spesso fa queste opere di razionalizzazione con criteri non condivisibili, perché tendono a sfavorire determinate aree soprattutto quelle più in difficoltà.
La scuola privata fa fatica a reagire nello stesso modo e comunque c'è un declino di coloro che frequentano la scuola, che anche loro subiscono.
Non si tratta di un abbandono della scuola privata per la scuola pubblica ci sono meno presenze sia nella scuola pubblica e sia in quella privata.
Però, a fronte di questo problema, non vedo perché si debba intervenire a sostegno della scuola privata e far sì che si riesca a compensare con degli aiuti il calo di affluenza di studenti, che è un dato generale, è dovuto ad una serie di elementi che riguardano la diminuzione delle nascite e dei matrimoni, poi ci sono famiglie che sono sempre più composte da una sola persona. I meccanismi intervenuti nel mercato del lavoro fanno sì che le persone facciano più fatica a pensare di sposarsi e di mettere su famiglia perché la famosa flessibilità e precarietà tanto sostenuta specie dai settori di centrodestra, ma non solo, porta a queste conseguenze.
Credo che non ragionare in questi termini possa portare a proposte che a mio avviso, non intervengono sulle ragioni di fondo. C'è un altro dato: se osserviamo la dinamica delle nascite negli ultimi anni, è indubbio credo che questo sia evidente nella nostra Regione, che nascono sempre più bambini di persone che arrivano dall'estero, in particolare dall'Africa e dall'Asia, che molto spesso sono di religione non cattolica o non cristiana, e mi pare che offrire a questi futuri studenti l'alternativa della scuola confessionale sia veramente discriminante. Per queste figure a maggior ragione dobbiamo rafforzare la scuola pubblica, perché è una scuola che, non avendo quell'elemento di confessionalità, permette un accesso a tutti, così come avviene. Se osservassimo il numero degli studenti figli di immigrati nelle scuole cattoliche credo che sarebbe bassissimo, per un motivo banale, che è una scuola segnata in quel modo mentre la scuola pubblica, per fortuna, è frequentata anche da figli di immigrati che sono di religione diversa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Signor Presidente e colleghi, credo che nell'ultima ora mezza - cito il fatto, non me ne voglia il collega Placido - abbiamo ascoltato, nell'ultimo intervento del collega Placido, alcune considerazioni di merito interessanti. Soprattutto - questo è comunque motivo di reciproca soddisfazione politica all'interno del Consiglio - oltre ad aver avviato dico anche continuato, un confronto di merito che era cominciato forse già in Commissione prima di ritornare in Aula, abbiamo ottenuto un altro obiettivo: si sono reciprocamente ormai ben delineate e, mi sia consentito evidenziate le differenze. Le differenze all'interno di una posizione che era già chiara: l'opposizione non vuole l'approvazione del disegno di legge n. 252, mentre la maggioranza, a fronte del convincimento che questa legge fosse ed è un punto importante del suo programma elettorale, convintamene decisa a realizzarla. Si è entrati nel merito con l'evidenziazione delle differenze.
Ora voglio svolgere alcune riflessioni e formulare in questo primo intervento una serie di risposte. La prima considerazione: noi siamo ormai in questa fase, a trenta mesi di distanza dall'inizio della discussione e da un confronto, certamente non in via continuativa. Ogni tanto ci siamo trovati in quest'Aula e in Commissione indisponibili ad uno stravolgimento del provvedimento e certamente vogliamo rimanere all'interno di un provvedimento così com'è delineato in particolare dal primo comma, quindi con una legge che garantisca, alle famiglie e all'individuo, l'esercizio del diritto della libera scelta educativa. Questa non è e non vuole essere una legge di ampliamento o di incremento dell'assistenza allo studio in senso generale. Questo lo abbiamo sempre affermato con chiarezza, ce ne assumiamo la responsabilità politica a fronte di un'apertura che abbiamo fatto per confrontarci sulla materia più ampia del diritto di studio, con un'eventuale modifica seria e dopo i decreti attuativi delle leggi nel quadro nazionale - mi riferisco ad una modifica in sede regionale della legge n. 49 e quanto altro.
Siamo quindi indisponibili ad inserire in questo testo evidenti e importanti ambiti che avete evidenziato e sui quali ci sentiamo impegnati come la partita dei trasporti, dei libri di testo e delle mense, sulle quali fino ad un certo punto della carriera scolastica - intendo fino alla scuola media inferiore - ci sono già risposte precise da parte di leggi dello Stato, successivamente, almeno a proposito dei libri di testo anche per le scuole medie superiori.
Questo non vuole dire che nel merito siamo indisponibili ad un controllo, anzi, lo siamo, lo vogliamo fare. Certamente non ci sono le condizioni né politiche né istituzionali in questa fase e diamo la disponibilità anche a prendere in serio esame, se vi è una proposta ricordo, in tal senso, l'intervento del collega Angeleri, che condivido organica, unitaria e ampiamente condivisa dall'opposizione a prendere degli impegni precisi su questi temi.
Arrivo alle risposte più puntuali: la questione della delega, la questione di un'eventuale limitazione del Regolamento, del potere regolamentare della Giunta, del coinvolgimento maggiore della Commissione.
Si tratta di punti richiesti ed evidenziati in più interventi, direi coralmente, da tutte le opposizioni. Un maggior coinvolgimento della Commissione è stato auspicabilmente richiesto da parte dei vari Gruppi dell'opposizione...



(Commenti fuori microfono del Consigliere Marcenaro)



CATTANEO Valerio

Dopo mi correggerà il Consigliere Brigandì. Abbia pazienza, collega Marcenaro.
Noi riteniamo che si possa entrare nel merito e magari confrontarci su un'ipotesi di limitazione del potere regolamentare, quindi in un certo senso della delega alla Giunta regionale. Però dobbiamo capire come certamente non stravolgendo l'impianto della legge, perché comunque riteniamo che una delega e, quindi, l'esercizio del potere regolamentare a legge approvata negli anni a venire, perché ci saranno magari delle modificazioni anche al di fuori della potestà regionale, debba essere comunque mantenuta in capo alla Giunta.
Se si vuole coinvolgere di più la Commissione, diteci come, perché qui c'è scritto "previo parere della competente Commissione consiliare". Per noi è sufficiente, se ci formulate una proposta di un maggiore coinvolgimento della Commissione, ci confrontiamo volentieri.
Vogliamo fare un ragionamento in sede di prima applicazione, indicare magari il tetto massimo del reddito, ipotizzare delle fasce in prima applicazione. Siamo disposti a sentire, sono anche questi temi comuni che sono stati evidenziati. Su questo un'apertura di merito c'è, ci vorremmo confrontare ma confrontare, come diceva il Consigliere Angeleri, quando ci sono proposte concrete e quando c'è comunque un esito, anche da un dibattito di confronto e di merito su questi temi. Diversamente, andiamo avanti con la manfrina dei dieci-quindici interventi da una parte e due o tre dall'altra, per poi, magari, trovare una mezza intesa. Per me, è meglio farsi un'idea su questi dati e poi mettere ancora qualcosa d'altro sul piatto. Ad ogni modo, la maggioranza va avanti con serenità e grande impegno.
Quello che ho affermato all'inizio rimane un punto fermo, sia chiaro un risultato comune importante e apprezzabile, a dimostrazione che ci siamo impegnati, che comunque ci confrontiamo su temi di merito interessanti alcuni dei quali li risolveremo oggi, altri forse in altre leggi con altri percorsi impegnativi. Quanto meno, riusciremo in modo ben preciso ad evidenziare le differenze. Sostanzialmente, la differenza è questa: voi, e vi abbiamo ascoltato, volete potenziare l'offerta e non la domanda. Questo è emerso ed è significativo. In un certo senso, volete uniformare - almeno questo intendo, poi sono disposto a confrontarmi - quasi statalizzare le scuole paritarie, le scuole non statali, in un sistema comunque di scuola pubblica. Dite che ci sono scuole in difficoltà e che noi le vogliamo sostenere. Noi, invece, vogliamo potenziare il potere e la libertà delle famiglie e dell'individuo di valutare questa e quella scuola secondo un principio liberale di libero mercato e lasciare che la famiglia decida anche grazie al buono scuola, potendo così risolvere il problema economico.
Differentemente, invece, la famiglia non può risolvere il dilemma se andare a studiare, nel caso dell'individuo, o se mandare a studiare, nel caso della famiglia, in questa o in quella scuola, lo studente, il cittadino.
Per noi questa è una differenza importante: vogliamo sostenere la famiglia sostenere la libertà di scelta educativa e solo di risulta - passatemi il termine improprio - sostenere le scuole. Assistere le scuole in difficoltà non ci interessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonio

Presidente e colleghi, credo che la discussione, con l'intervento del collega Cattaneo, sta riprendendo un po' le questioni che dobbiamo in qualche maniera definire e su cui assumere una posizione. Credo che la modalità più utile, anziché di un semplice giudizio sulle proposte che sono state oggetto della discussione, sia quello di un esame attento degli emendamenti. Credo che sia necessario, al punto in cui siamo. Possiamo certo discutere anche tutta la notte, questo non è un problema, ma al punto in cui siamo è necessario che la Giunta che ha presentato la proposta esamini con attenzione tutti gli emendamenti che ritiene degni di attenzione e formulare un'ipotesi di accettazione o di non condivisione.
Credo che, al punto in cui siamo, non per sminuire sicuramente il ruolo del Consigliere Cattaneo, ma siccome è una proposta della Giunta, sia necessario che, da parte della Giunta, emerga una posizione definita. Credo che questo potrebbe in qualche maniera aiutare la nostra discussione altrimenti ci riferiamo più che altro alle opinioni che esponiamo in Aula non tanto ai documenti presentati.
Invito la Giunta a fare questo lavoro e credo anche che sia importante non per ripetere le cose che il collega Chiezzi dice spesso, ma credo che sia importante ed estremamente utile che il Presidente Ghigo, sotto questo rispetto, assuma un'iniziativa in quanto capo dell'Amministrazione.
Non condivido, collega Cattaneo, pur essendo favorevole al provvedimento con quelle modifiche secondo le indicazioni proposte, che le questioni possano essere risolte ricorrendo alla logica di mercato. Sono completamente contrario e credo di non essere il solo. Credo, anzi spero che vi siano settori della maggioranza che non ritengono il settore dell'istruzione uno di quei settori dove può valere il mercato per risolvere i problemi. Se dovesse prevalere questo principio, sarebbe la fine dello Stato in quanto tale e noi sappiamo perfettamente che l'istruzione, insieme alla sanità e ad altri settori, è un ambito nel quale lo Stato deve esercitare il proprio ruolo politico. Non è un terreno da lasciare esclusivamente al mercato.
Secondo me, il problema è in questi termini: la scuola pubblica è fondamentale, ha un ruolo essenziale, ed è compito di tutta la classe politica che crede nella Costituzione - a meno di ritenere la Costituzione come un documento sovietico - quello di fare in modo che la scuola pubblica funzioni e che, quindi, abbia tutti gli interventi necessari. Questo non significa che lo Stato abbia il monopolio esclusivo dell'istruzione, che evidentemente non è soltanto dello Stato, giacché ci possono essere anche altre modalità. E' questa la differenza, lo spazio che si può utilizzare.
Ora, sotto questo aspetto, riprendo qui le osservazioni che il collega Chiezzi ha fatto. Per la verità ne ha fatte tante, oltre a quella di un riconoscimento postumo del ruolo della Democrazia Cristiana per come ha gestito la politica italiana. Il riferimento è alla Costituzione, ed è giusta anche la provocazione. D'altronde, il Consigliere Chiezzi dice che è anche l'occasione per capire un po' come la pensiamo. Il famoso articolo 33, terzo comma, della Costituzione, recita: "Enti e privati hanno diritto di istituire senza oneri per lo Stato". Mi pare che sia uno dei temi che spesso sono richiamati dal collega, ma non soltanto.
Do questa lettura riferendomi anche al dibattito che ci fu quando fu introdotto questo emendamento, perché inizialmente il testo dell'articolo era diverso: "La Repubblica detta norme generali sulla istruzione e istituisce scuole statali", e non recava: "Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".
Quest'ultimo passaggio non esisteva al momento del dibattito sulla Costituente, nel 1947. Proposero l'emendamento e, dunque, la formulazione oggi vigente dell'articolo 33 gli onorevoli Corbino, Marchesi, Preti Pacciardi, Rodinò, Codignola e Bernini. A quel punto, l'onorevole Gronchi che poi divenne Presidente della Repubblica, chiese il motivo per il quale si voleva impedire che le scuole private potessero ottenere interventi da parte dello Stato. La risposta, anche da parte di Codignola, fu del seguente tenore. Noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore di istituti privati, ma non siamo d'accordo che diventi un diritto automatico riconosciuto dalla Costituzione. Successivamente, Codignola ripeté questo concetto ripetendo un po' le stesse cose: non è un diritto automatico, ma l'Amministrazione può intervenire con legge ordinaria, nel senso che non viene esclusa una possibilità, viene escluso l'automatismo.
La leggo così, però è chiaro che si tratta di un problema di interpretazione. E' chiaro che questa modalità di intervento è una modalità che ha senso nel momento in cui trova l'applicazione tutto il resto dell'articolo 33, cioè l'intervento della scuola paritaria. Se questo non avvenisse, questa parte, evidentemente, non avrebbe senso. Questa è la mia interpretazione.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Essendo ormai arrivati alla seduta della mattina successiva e avendo svolto un corpo compiuto di argomentazioni sugli emendamenti fino a questo momento discussi, alla luce dell'intervento del collega Cattaneo, ritengo che, quanto meno da parte del partito più grande della maggioranza, siano chiari i termini sostanziali di un dibattito di merito. Noi possiamo anche proseguire nella ulteriore illustrazione di elementi di merito perch abbiamo ancora una serie di emendamenti, compiutamente sostitutivi dell'articolo 1, che consentono di riproporre la discussione di carattere generale sulla diversa impostazione che, con gradazioni diverse l'opposizione ha, rispetto alla maggioranza, su questo testo.
Il collega Cattaneo ha avanzato alcune ipotesi, autorevole è il suo intervenire perché è l'intervento del Capogruppo del partito più grande certamente. Però, anch'io concordo con il collega Saitta. A questo punto forse sarebbe più utile, per l'andamento del dibattito, che ci fosse, da parte non solo di tutta la maggioranza, ma in particolare dell'esecutivo senza lasciare l'Assessore Leo da solo, il bisogno di un contributo più collegiale, un'assunzione di contezza dell'ordine del dibattito da parte del Presidente stesso della Giunta. Rispetto ai termini della discussione e alle proposte di merito avanzate dall'opposizione con le diverse gradazioni di cui ho parlato, ho teso dire, fin dall'inizio di questo dibattito, che su un provvedimento di questo tipo, con le caratteristiche anche metodologiche con cui si era proposto, l'unica vera compattezza granitica che si richiedeva era quella della maggioranza. L'opposizione non solo aveva la possibilità, ma era più che consentito che potesse esprimere una gradazione diversa di proposta, per le caratteristiche stesse con cui il dibattito è approdato in Aula.
Affrontare la questione in quei termini non porta da nessuna parte, noi ci confrontiamo solo quando voi arrivate sul merito con una proposta unitaria di tutte le posizioni. Se questa è la questione, questo film lo abbiamo già visto in tante altre occasioni, come quando le Presidenze di alcune Commissioni che dovevano essere date all'opposizione, ed era sempre l'alibi quando si doveva dire di no o si era in un momento di difficoltà per cui la maggioranza, che sembrava granitica, si rivelava così poco granitica da non saper affrontare il merito, perché si è veramente forti quando si è in grado di entrare nel merito. La forza delle ore, del rimanere qui, del continuare a dir di no, del rimanere fermi sulle posizioni è una forza illusoria, in realtà, è una profonda debolezza. E' cosa addirittura ovvia, che non c'è neanche bisogno di ribadire. Evitiamo quindi, questo alibi, non utilizziamolo neanche e valutiamo se, invece, non sia il caso di prendere in esame il corpo degli emendamenti di merito depositati, perché, rispetto alla discussione che abbiamo avuto ieri nella Conferenza dei Capigruppo, siamo arrivati alla presentazione dell'emendamento, al ritiro del subemendamento e a alla presentazione di emendamenti definiti.
Emendamenti definiti vuol dire una cosa precisa, vuol dire che sono a vostre mani tutte le proposte di merito che le opposizioni avanzano. Non ce ne possono essere altre, perché insieme abbiamo assunto un impegno in questa direzione, per cui a vostre mani c'è il corpo di questa proposta.
Per arrivare a formulare una vostra risoluzione, una vostra formulazione di accettazione o meno non affrettata, c'è ancora bisogno che andiamo avanti fino a domani a mezzogiorno, a domani sera con l'illustrazione degli emendamenti o per voi può essere sufficiente la lettura notturna o diurna per arrivare ad una seduta della settimana prossima e a un ordine di riflessione meditata. E' una questione che si pone, si possono scegliere due strade, si può proseguire con l'illustrazione ancora ulteriore degli emendamenti depositati di numero finito che costruiscono la proposta alternativa per sentire una risposta da parte vostra e valutare se questa sia utile, soddisfacente, se interpreti alcune delle nostre preoccupazioni di merito o se non le interpreti poco o nulla.
Pertanto, sta a voi una riflessione metodologica, stante il corpo definito della proposta a vostre mani. Non so se siete in grado di formularla meditata già adesso, questa sera, o se avete bisogno di illustrazione, o se vi è sufficiente la semplice lettura che può essere svolta in questi giorni per arrivare ad una seduta della prossima settimana o a più di sedute di Consiglio della prossima settimana. Se l'ordine di risposta rispetto ad un corpo meditato di proposte definite è: "Siamo disponibili ad affrontare qualche questione di metodo sulla questione della delega, la Commissione e quanto altro; sul merito, per quanto riguarda le fasce, per quanto riguarda il paniere, non siamo disponibili a discutere di niente", allora non ci siamo. La sostanza della delega in bianco sono proprio quelle cose lì, se si affronta semplicemente il fatto che una questione del genere si porta in Commissione e in Commissione si discute ma non si rimettono in discussione quelle cose che non sono definite nella delega per poterle magari definire in un modo che, a nostro avviso, va in una direzione diversa. Voi capite che questa è una risposta non risposta.
L'ora tarda non consente di cogliere che tutto questo è, francamente insufficiente.
Invito alla riflessione tutti voi, ma soprattutto mi rivolgo alla Giunta per quanto è ancora qui presente, e in particolare all'Assessore Leo, che ha già fatto importanti interventi nel corso della giornata, ma forse, un suo intervento notturno potrebbe essere illuminante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Colleghi, torno a dire che ci sono dei grossi problemi che dividono almeno penso, una parte - parlo per me stesso - del centrosinistra rispetto a questo "obiettivo parziale" che è il buono scuola. Sono convinto che il buono scuola sia solo un primo passaggio. Credo che questo avvenga in tutto il dibattito all'interno del mondo cattolico, ovvero che non ci si ferma al buono scuola. Durante il referendum che si è celebrato in Liguria, ho avuto occasione di poter partecipare ad alcune discussioni. Anche lì emergeva che il buono scuola viene interpretato comunemente come una tappa di un processo molto più ampio.
All'inizio della discussione, lessi in Aula una parte dell'intervento di Tristano Codignola durante la Costituente. Il collega Saitta ha citato gli estensori dell'emendamento all'articolo 33 in ordine alfabetico, ma l'attore principale fu Tristano Codignola. Corbino era della parte avversa perché Corbino era un liberale ma in qualche modo ci fu un'alleanza trasversale, laica. Ho raccolto la testimonianza di Paolo Vittorelli allora direttore del giornale del Partito d'Azione, che seguì l'andamento del dibattito e mi raccontò che vedeva Tristano Codignola e anche Corbino girare tra i banchi dell'aula di Montecitorio. Fu un'operazione che pass di sorpresa, quasi non prevista, rispetto al dibattito che era in corso e che vedeva le forze preponderanti cercare un'altra soluzione. L'emendamento però fu accettato, nel senso che lo si interpretò nel modo noto - è chiaro che questi concetti si possono anche stiracchiare. Questo vale anche per il principio secondo cui la libertà di formazione e di istruzione avrebbe dovuto essere totale, ma per l'attuazione di questa libertà, forse per il condizionamento del momento storico e della cultura del tempo, la parte economica di sostegno fu di fatto limitata a quello che era il corpo della formazione pubblica.
A questo proposito, voglio far notare che parallelamente, e questo è un problema che dobbiamo anche affrontare, tutta la formazione professionale si muoveva su un'altra lunghezza d'onda ed infatti oggi: la Regione finanzia , ad esempio, i Salesiani, che fanno formazione professionale finanzia la Casa di Carità e così via. E' un meccanismo, quello della formazione professionale, che si è determinato nel 1949 e il 1950, senza tener conto dei limiti costituzionali. Mi rendo conto della complessità della situazione. Nel momento in cui diamo pari dignità al canale della formazione professionale e al canale della formazione scolastica, quello della formazione professionale lavora in convenzione con la Regione e questa paga tutto perché la formazione professionale è gratuita per i giovani. Chi va dai Salesiani a fare un corso di formazione professionale frequenta un corso gratuito perché è garantito attraverso una convenzione con la Regione.
Mi rendo conto di questo aspetto, anche di questa contraddizione quindi non posso portare alle estreme conseguenze le mie considerazioni e voglio dunque fare una valutazione e una ricerca serena. C'è, però, un discrimine. Il discrimine è proprio quello del finanziamento diretto alla scuola privata. Non credo alla vostra affermazione secondo cui, se non passa questa legge, viene leso un diritto , una libertà, perché la libertà non è così che si conquista. Negli anni Ottanta, le cosiddette televisioni libere dicevano "noi siamo le televisioni libere, quelle sono le televisioni dello Stato", ma c'era anche la televisione di Berlusconi, la televisione di un potere privato estremamente forte, e anche in quel caso si poteva dire che era una battaglia per la libertà.
Nuovamente, ricordo all'Assessore Leo - non riesco a farlo entrare in Aula, ma, ovviamente, non sono interlocutore di peso - che se noi lavoriamo sul diritto allo studio, probabilmente, l'obiettivo insito nel buono scuola lo raggiungiamo ugualmente, però, ho l'impressione che lo raggiungiamo in una forma che non soddisfa quell'ambizione di considerare questo percorso solo una tappa della revisione della scuola.
Non so che cosa stia esattamente succedendo tra i gruppi. Se ci sono accordi, suggerirei - questo è il mio impegno, per quello che vale - di andare avanti nel nostro lavoro, di esaurire i nostri emendamenti e di vedere cosa emerge da questo disegno di legge. La maggioranza probabilmente vincerà, perché ha i numeri, l'opposizione perderà. Una parte dell'opposizione come la Margherita ha una caratterizzazione diversa, per rendiamo le cose un po' più chiare, altrimenti mettere dei rattoppi alla proposta Leo ci soddisfa fino a un certo punto. Se l'Assessore Leo non ridefinisce il disegno di legge in una configurazione molto più sistematica e collegata alla riforma scolastica, non andremo al di là dei rattoppi che proporremo come centrosinistra.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Potrei dirmi non molto interessato a quest'aspetto della discussione perché mi pare che entrare sempre più nel merito significa per noi percorrere un terreno scivoloso.
Suggerirei, se posso fare da suggeritore esterno, un modo per indorare la pillola, modificando la terminologia. Si potrebbe cominciare da un'operazione d'ampia scelta nelle dieci proposte: si può chiamare borsino borsa di studio, bonus, assegno di studio; ogni Regione, anche se poi genericamente lo chiamiamo tutti buono scuola, ha scelto una sua strada.
Devo dire che qualcuno ha osato di più e, nell'approntare questa legge, ha pensato bene, cogliendo alcune istanze arrivate dal centrosinistra, che si poteva procedere dando direttamente ai gestori il sostegno: è il caso della Puglia e della Valle d'Aosta, ma lì lo statuto speciale consente alcune scelte particolari.
Al di la della terminologia, la questione di sostanza, fondamentale e dirimente, è quella del reddito. Qui sta la vera differenza. Le cito alcuni dati, Assessore, che forse la possono aiutare. Li cito così, non le dico neanche l'anno di riferimento.
Comune di Torino, 1614 iscritti nelle scuole elementari paritarie.
Hanno avuto il beneficio della borsa di studio, di qui alla legge del 62/2000, 111 famiglie, 111 su 1614 iscritti. Nelle medie inferiori su 2450 iscritti, complessivamente tra i 1614 iscritti delle scuole elementari ed i 2450 delle scuole media inferiore frequentanti le scuole paritarie, hanno avuto il beneficio 111 famiglie, circa lo 0,3 %. Nelle scuole medie superiori, su 4361 iscritti, sono stati beneficiari delle borse di studio 33 studenti delle scuole paritarie.
Partite da questi dati. Se vi posso dare un consiglio, il reddito pro capite era 30 milioni per famiglia. Chi sta aiutando in questa battaglia il centrodestra nel portare avanti questa iniziativa, sostiene che contro la falsità della sinistra bisognerebbe spiegare che questa legge aiuta le famiglie meno abbienti nella libera scelta educativa. Possiamo attestare con una certa sicurezza che per le famiglie meno abbienti, con un reddito sui 30 milioni, non applichiamo l'indicatore della situazione economica.
Non indichiamo altri misuratori, attestiamoci sui 30 milioni, un monoreddito. Io, rischiando poi l'espulsione dal mio partito, voterei questa proposta di legge, perché questi sarebbe i numeri, ad una condizione, e qui è il punto di caduta: attribuire il beneficio, i 35 miliardi, ai frequentanti le scuole paritarie e ai frequentanti le scuole statali.
Lei vincerebbe sul principio, ma una posizione come questa vincerebbe nella sostanza.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Galasso; ne ha facoltà.



GALASSO Ennio Lucio

Noi riteniamo che il provvedimento è uno strumento d'equità sociale attraverso la libertà della scelta educativa, com'è stato già ripetutamente evidenziato. Questa mattina è stato sottolineato come almeno su due punti siamo tutti sostanzialmente d'accordo: la scuola non statale è inserita nel sistema pubblico; la scuola non statale obbedisce anche al principio e al criterio del servizio pubblico in ossequio alla legge 62/2000. Soprattutto è stato detto che tutto questo è ancorato alla centralità della famiglia.
Questo è il nodo.
Ora, qui dobbiamo evitare, secondo me, che sotto le sembianze di un rapporto dialettico molto garbato, anche forbito a volte, non si celi un dialogo tra sordi.
Oggi si è arrivati a una proposta della maggioranza, dopo confronti e dibattiti tormentati, dopo un percorso accidentato che è stato il frutto di un confronto con l'opposizione e all'interno anche della maggioranza, e se non si coglie quest'aspetto e questo sforzo e si offre una proposta che è stravolgente, allora non è più un confronto: è una proposizione completamente diversa, che vuole vincere l'impostazione iniziale, e la vuole vincere la radicalmente, e questo non è accettabile. Devo dire che si fa a volte con sofismi che trovo contraddittori al di là della scarsa presa che hanno sulla materia. Si arriva a dire che - questo è un po' il meccanismo insidioso che ci viene offerto e che, ovviamente, rifiutiamo le scuole non statali sono in crisi, quindi che noi vogliamo intervenire a loro favore per salvaguardarle. Mi pare che in questo modo si ripropone un tema che prima si è negato alla radice e che ora viene insinuato in una veste che ha tutto un tessuto che rischia d'essere anticostituzionale perché quello che la Costituzione non consente è l'erogazione in favore della scuola: senza oneri per lo stato vuol dire proprio questo.
Ecco perché non va riproposta al centro la scuola seppur nella sua sofferenza, ma va riproposta la famiglia, come beneficiaria, cui viene consentita la possibilità di scelta. Pertanto, o ci confrontiamo su questo o tracciamo due linee parallele che non s'incontreranno mai. Siccome il confronto non può che intervenire sulla proposta della maggioranza, perch ritengo che nessuna persona, non dico intelligente ma soltanto di buonsenso, non possa proporre un harakiri, un masochismo così sfacciato alla maggioranza, è di questo che bisogno prendere atto, ed è su questo che si può misurare la lealtà e l'efficacia di un confronto, altrimenti continueremo ad andare ognuno per conto proprio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi: ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie a tutti i colleghi, ed in particolare al collega Saitta, che giunge documentato a questo nostro appuntamento, e ci ha arricchito con la citazione di un piccolo tratto della discussione svoltasi in occasione della redazione del testo della Costituzione.
Uno dei padri della patria, chiamiamolo così, Tristano Codignola, è stato citato in un suo intervento nel quale, lo ha ammesso correttamente Saitta, dava una sua interpretazione del terzo comma, ed è vero: i commi si pensano, si scrivono, appena scritti si interpretano e continuano ad essere interpretati negli anni fino a quando non vengono abrogati Il collega Saitta ci ha detto che l'interpretazione che è stata data di quel comma che contiene la famosa frase "senza oneri per lo Stato" era questa: il costituente, il padre costituente, intendeva non dar vita a un automatismo, in Costituzione, che consentisse a chiunque volesse istituire una scuola privata di potere godere di finanziamenti statali.
A questo punto, facciamo un passo in più e chiediamoci come mai Codignola, padre della patria, diede quell'interpretazione. Faccio una supposizione, non posso fare altro. L'Italia usciva dalla guerra, in una situazione economica e sociale, che bene conosciamo, di enormi difficoltà.
Le difficoltà economiche erano grandi. Istituire un sistema statale di istruzione, così come diceva la Costituzione, libero e aperto a tutti era un impegno gigantesco, ma era un impegno che politicamente volevano assumere a tutti i costi. Potevano assumere un altro impegno, scrivere in Costituzione che la scuola era privata e libera, e che lo stato non doveva occuparsene perché c'erano poche risorse, da utilizzare per altre esigenze.
Invece, i costituenti hanno fatto un altro ragionamento: "Creiamo un sistema statale d'istruzione perché dobbiamo unire il Paese, educarlo alfabetizzarlo, renderlo democratico, creare una coscienza civile. Questo costerà una montagna di soldi, che non ci sono. Quindi, poiché usciamo dal fascismo e instauriamo un sistema di libertà, tutti sono liberi di fare tutto quello che credono, anche le scuole, però se le pagano, perché non ci sono i soldi. I soldi disponibili vogliamo impiegarli per costruire una buona scuola statale". Forse Codignola aveva in mente questo scenario comunque è uno scenario che propongo io.
Arrivando all'oggi, siamo di nuovo di fronte al problema degli oneri che non dovrebbero gravare sullo Stato. Supponiamo, assumendo l'interpretazione di Saitta, che senza oneri per lo Stato vuol dire che non è automatico. Bene, lo facciamo o non lo facciamo? Io dico non lo facciamo perché oggi le risorse dello Stato sono scarse. Le condizioni dell'Italia fortunatamente, non sono quelle del dopoguerra, però mi sembra che il patto di stabilità europea e la crisi finanziaria impongano che le poche risorse rimaste debbano continuare ad affluire per migliorare la qualità del sistema scolastico statale, che sta subendo un degrado.
Reputo largamente inopportuno qualsiasi utilizzo di risorse dei contribuenti a vantaggio della scuola privata, qualunque esso sia. Siamo di nuovo nel campo delle scelte, quindi ci dividono politiche, valori e evidentemente, a questo punto, un'interpretazione della Costituzione, da parte nostra simile a quello dei costituenti, da parte di altri protesa in un altra direzione. Questo è un elemento di novità.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marcenaro; ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Intervengo per dire, a chi ci indica che entrando nel merito noi ci porremo su un terreno scivoloso, che, se avessimo seguito le sue indicazioni, saremmo arrivati questa sera all'approvazione del testo così come confezionato, con l'emendamento e subemendamento della Maggioranza, e naturalmente questo sarebbe avvenuto non attraverso urla drammatiche e strazianti, ma attraverso una sostanziale convergenza tra un estremismo d'opposizione incapace di entrare nel merito e l'estremismo di una parte della maggioranza che non aspettava altro che una soluzione di questo tipo.
Per fortuna, questa intesa che era stata costruita è stata fatta saltare da una discussione politica in aula, e oggi siamo ad un altro punto che impegnerà nel merito questa maggioranza.
Noi ci esercitiamo anche nella non così nobile arte del rattoppo, noi entriamo nel merito. Questa è una facoltà, non è un obbligo, ma vogliamo fare una discussione per entrare nel merito di quelli che consideriamo i punti essenziali di questa legge, che ricordiamo nuovamente: il paniere quali sono i punti che saranno considerati del contributo e della loro erogazione; le fasce di reddito (parliamo delle persone che hanno dei redditi familiari, di tre familiari, di 60 milioni di vecchie lire o pensiamo a quelli che ne hanno 110-150?); a chi si rivolge la franchigia (pensate a una franchigia alta, cioè che riguarda solo quelli che spendono un sacco di soldi per l'iscrizione, o, come previsto nella legge 62/2000 pensate alla possibilità d'acceso a tutti?).
Questi sono i punti sui quali il confronto deve avvenire, e non potrete dire che vi trovate di fronte un'opposizione che vuole discriminare i ragazzi che vogliono frequentare la scuola privata. Come ha detto Giuliana Manica, voi trovate negli emendamenti che abbiamo presentato, e che sono quelli e basta, perché abbiamo detto che non ne avremmo presentati più, il merito delle nostre proposte. Le potete esaminare e valutare, per poi dirci che ne pensate.
Oltre a ciò, abbiamo detto che ci sono altre questioni. Il collega Placido ha insistito sul fatto che, oltre alle questioni che riguardano come si definiscono le norme di questa legge, c'è il problema di quale equilibrio si trovi tra le risorse che si mettono su una legge come questa e il resto delle risorse che servono per il sistema formativo piemontese.
Non esiste solo il problema di finanziamento di questa legge. Voi non vi rendete conto di che cosa significa, che noi abbiamo circa 18 milioni di euro, che forse in assoluto non sono tantissimi, ma sulla legge 49 il bilancio 2003 porta uno stanziamento di 21 miliardi in tutto. E' vero? 21 miliardi di vecchie lire, cioè 10-11 milioni di euro.
Allora, i 35 miliardi di vecchie lire, o i 18 milioni di euro, se visti relativamente sono molti, quindi c'è il problema di come si trovano risorse aggiuntive da investire nella formazione e per rispondere ai problemi che sono emersi ieri. Non ci sono i soldi per rispondere a 750 ragazzi di quattordici-quindici anni per la loro strada di completamento dell'obbligo chiediamo risposte su questo, risorse per fare queste scelte, affinché le scelte di questo tipo si collochino in un quadro sostenibile, di politiche finanziarie per quanto riguarda l'istruzione e la formazione.
Questo è il punto sul quale aspettavamo le vostre risposte, ed è il punto sul quale vogliamo misurarci. Chi pensa che questa sia una perdita di tempo, un terreno ambiguo, scivoloso, pazienza per lui, noi ci muoviamo per cercare di affermare delle posizioni, delle proposte. Se ci riusciremo, lo vedremo durante questo dibattito, di cui abbiamo definito alcune caratteristiche ed anche alcuni limiti. La valutazione che abbiamo dato è che questi limiti ci consentono di fare una battaglia che non avremmo potuto fare, che non ci sarebbe stata, della quale non ci sarebbe stato lo spazio se avessimo scelto un'altra strada. Noi questo spazio lo abbiamo conquistato, difeso e vogliamo praticarlo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Brigandì, che interviene in qualità di Consigliere.



BRIGANDI' Matteo

Prendo la parola da Assessore, perché non posso non puntualizzare un fatto specifico. Non credo che si possano mescolare due materie sostanzialmente diverse, non solo dal punto di vista formale, perché sono capitoli diversi, situazioni diverse e ragioni diverse, ma anche dal punto di vista sostanziale, perché rispondono ad esigenze politiche diverse, ad Assessori diversi e a campi diversi. Sarebbe come dire che non dobbiamo utilizzare soldi per i buoni scuola perché dobbiamo finanziare il pronto soccorso. Riponendo sul piatto la vita umana e l'istruzione, seguendo questa logica tutto il bilancio della Regione dovrebbe andare sui capitoli della sanità.
Non penso che sia accettabile, qui e ora, il discorso di andare a discutere di quei corsi di formazione che forse arriveranno, perché non si sa quando e in che termini arriveranno. A ogni buon conto, mi sento in dovere di segnalare una serie di anomalie. Ripeto, non è questo il momento e la sede, quindi prego il collega Leo di riportare la discussione nel proprio alveo, ed io tornerò nei banchi della Giunta, a propormi nella veste di Assessore.
Lei capisce, Consigliere Marcenaro, che il discorso della formazione è un discorso molto vasto e complesso, che non può essere affrontato adesso neanche di striscio, perché è mia intenzione, avendo già invitato tutte le parti sociali e tutte le parti politiche che ne siano interessate, a una revisione generale della legge, sulla base dei conti che mi sono permesso di verificare. Sono curioso, sono Assessore di prima nomina, quindi uno si mette a lavorare come un disperato, mi ha colto la maledizione di Ghigo che quando mi ha nominato Assessore mi ha detto: "Adesso comincerai a lavorare", e purtroppo è così. Però ho scoperto una cosa tristissima, come dicevo ieri al mio amico Assessore Leo, a proposito della situazione della formazione professionale. E come pensare ad un problema di questo tipo: dobbiamo pettinarci, allora cominciamo a fare una Commissione per capire quanti capelli abbiamo per centimetro quadrato, una seconda Commissione per andare a verificare qual è la superficie del cuoio capelluto, una terza per verificare quale tipo di pettine va bene; dopodiché, per pettinarci adoperiamo quattro mani per fare più in fretta, facendo estrema attenzione alla separazione dei confini di una mano rispetto all'altra.
Consigliere Marcenaro, se non le interessa, finisco anche qui, e guai se chi ha il compito di pettinare nell'emisfero occidentale della testa pettina in un momento successivo. Questa è la situazione, una situazione dove si fanno delle interminabili riunioni di segretariato per perdere del tempo, il che nulla sarebbe, ma con dei conti per i quali viene fuori che i costi vivi che la Regione sopporta sono circa da 35 ai 40 milioni l'anno per soggetto. Voi capite bene che se si tenesse un criterio per i corsi di formazione di questo tipo, ben vengano i soldi che diamo all'Assessore Leo perché risparmieremmo un sacco di quattrini, quindi per far fronte a quella situazione bisogna, per prima cosa, razionalizzare le spese che vanno affrontate.
Concedo, perché mi sembra logico e onesto intellettualmente, il fatto che evidentemente è un problema di parallelismo della formazione con il criterio generale dell'istruzione, anzi è un parallelismo nobile, la cui nobiltà dovrebbe essere apprezzata più da lei, Consigliere Marcenaro, che da me, per il seguente motivo: quando eravamo piccoli, ricorderà che c'erano i laboratori del braccio e della mente, da cui si deduce che tutti noi qui presenti non facciamo nulla.
E' la prima volta, dopo la riforma Gentile, che si assume un significato importante, e il significato importante è che il lavoro, quello che una volta veniva indicato come l'attività del braccio, è una cosa che può essere inserito nell'ambito della formazione personale con pari dignità del latino, il che, per un uomo di sinistra, credo che sia molto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Leo.



LEO Giampiero, Assessore all'assistenza ed edilizia scolastica

Mi scuso perché mi ero riproposto di ascoltare ancora il collega Muliere, che non è ancora intervenuto, prima di intervenire io stesso.
Capirete però che, in un dibattito così lungo, finisco con il sovrapporre alcune cose, perché le ho sentite tantissime volte nei due anni e mezzo precedenti, né ricordo bene a quale collega ho già risposto e a quale no.
Avendo risposto ai quesiti che mi hanno posto i colleghi Riggio e Riba tante volte in Commissione, mi sembra di aver già loro risposto, quando invece non è vero. Essendo un lavoro complesso e ripetitivo, vado per flash e poi riprendo rapidamente un intervento politico.
Primo flash, e sottolineature. Concordo totalmente con il collega Saitta sulla centralità della scuola pubblica, che non è in discussione come diceva il collega Papandrea, ma che non deve essere totalizzante. Ne abbiamo discusso più volte ed è da tanti anni che si fronteggiano due concetti. Il collega Tapparo giustamente diceva che sono due visioni a confronto: il concetto del pluralismo nell'istituzione, per cui la scuola statale risolverebbe tutto in se stessa, e del pluralismo necessario delle istituzioni per garantire un vero pluralismo e un vera libertà. Se no non si spiegherebbe, lo dico come paradosso, perché non basterebbe un unico giornale pluralista a dare l'informazione a tutti.
Pertanto, ribadisco - l'ho detto al collega Papandrea, ma lo dico anche agli altri colleghi, a quanti hanno detto "ti sta a cuore la scuola statale" - che, nei prossimi mesi, sarà presentata una serie di interventi su cui possiamo anche dare anticipazione adesso, che riguardano espressamente gli studenti della scuola statale.
Ora, non voglio fare confusione, collega Riggio. Qui non stiamo parlando della riforma complessiva della legge 49. Capisco che lei sia stato coerente con gli emendamenti, però quegli emendamenti sono preziosissimi come contributo ad un discorso generale sul diritto allo studio e sulla riforma dell'istruzione che avevamo deciso in Commissione.
Per giunta, su vostra proposta, avevamo convenuto di separare i due percorsi, per consentire, visto che su questo c'è un'ovvia divisione e contrapposizione, di avviare un discorso generale sull'altro percorso.
Ribadisco questo impegno, lo ripropongo. Vogliamo dare certamente un aiuto agli studenti della scuola statale, ma lo vogliamo fare nell'ambito di un sistema complessivo con la riforma della legge 49. Raccolgo poi tante suggerimenti, come quelli che mi ha posto il collega Chiezzi: per esempio non dirò più "patto elettorale", ma "programma di governo" perché, come dire, da questi ragionamenti emergono finezze intelligenti.
CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono) Che strano! Succede di tutto a questo mondo.



LEO Giampiero, Assessore all'assistenza ed edilizia scolastica

Il collega Placido mi chiede alcune informazione che avrò dato settanta ottanta volte in Commissione. Siccome lui è attentissimo, ho illustrato il regolamento. Ora non lo rifaccio, ho troppa stima della sua intelligenza e della sua memoria, però sono pronto, in fasi successive, a riprendere questo aspetto.
Il collega Tapparo poneva una questione particolare, oltre ad altre più generali, sulla legge 62, su cosa comprende e a cosa è collegata. Ripeto che la legge 62 prevede i requisiti per il riconoscimento della parità perché spiega cosa sono le scuole paritarie e che doveri hanno. Tapparo diceva una cosa molto importante: non facciamo, pur essendo diverse le dimensioni, della scuola paritaria un luogo dove certi problemi non si affrontino, dove certe questioni non si pongono, dove vanno solo quelli che stanno bene. Molto giusto. Anche per questo vogliamo realizzare una riforma che dovrebbe, nelle nostre intenzioni, permettere, consentire e portare a far sì che le scuole paritarie siano sempre più al livello del tipo di desideri e di ipotesi che richiamava il collega Tapparo. Il riconoscimento della parità prevede l'adeguatezza strutturale degli edifici e gli accessi agli studenti portatori di handicap. Non possiamo pensare che possa andare a finire come in alcune realtà, magari di altri Paesi, dove un certo tipo di sanità si occupa soltanto di certi tipi di intervento, e la sanità di seconda categoria, quella pubblica è riservata al disgraziato, al poveraccio o a chi non ha l'assicurazione. Assolutamente no, sono d'accordo che soluzioni del genere, come diceva la collega Manica, vadano del tutto evitate.
Secondo il Consigliere Tapparo, tale integrazione sarebbe troppo onerosa per la scuola paritaria e con il rischio di riversare sulla scuola statale gli interventi più onerosi, avendo essa una massa critica più consistente. Ebbene, Il buono scuola potrà intervenire - questa è una risposta specifica che non ho ancora dato a nessun collega, quindi riesco ad annunciare una piccola novità rispetto a quanto già detto - per sostenere l'integrazione scolastica degli studenti portatori di handicap.
Infatti, prevediamo per gli studenti delle fasce più basse un contributo più alto, come ho già spiegato, ma lo ribadisco per il collega Ronzani.
Rispetto all'handicap, proponiamo una maggiorazione dell'importo, come già indicato nel disegno di legge 252, quindi invogliamo lo studente portatore di handicap a scegliere quella scuola perché avrà un contributo maggiore comunque sempre inferiore a quello della statale.
Ulteriori interventi potranno essere messi in atto con modificazione della normativa vigente, in particolare in materia di edilizia scolastica per l'abbattimento delle barriere architettoniche, perché un'altra discriminazione che oggi esiste è che l'edilizia scolastica che noi possiamo finanziare nei comuni è solo quella statale, ma non quella relativa alla scuola paritarie. Penso che anche su questo dovremmo intervenire.
Al collega Riba, che mi parlava di un certo tipo di scuole paritarie devo dire che sono andato in giro per le scuole statali, e vorrei segnalare, anche al collega Tapparo, che esistono scuole che hanno difficoltà ad accogliere studenti che hanno problemi, ma le famiglie che desiderano che i loro figli vadano in quelle scuole, molte volte lo possono fare a carico della scuola, i cui gestori si svenano per accoglierli, non avendo mezzi, o rinunciano perché non hanno la possibilità di accesso. Noi pensiamo di ovviare anche a questo. Non torno sul discorso, ma lo accennavo al collega Riba, che il collega Pichetto mi ha confermato che è andata così. Quando in finanziaria avevamo proposto un aumento sulle scuole paritarie, l'opposizione ci ha detto che non approvavano il bilancio se mettevamo questo aumento. Tutti possono cambiare idea, questo è sempre positivo. Devo dire al collega Riba, secondo cui si creerà una concorrenza sleale, di non preoccuparsi, perché lo studente che opterà per la scuola paritaria dovrà sempre pagare, pur avendo il rimborso di una parte della retta, più di quello che sceglie la scuola statale, che non è gratuita, ma che richiede, in confronto, una cifra molto più bassa. Chi sceglierà la scuola paritaria comunque spenderà di più. Rispetto, invece, alle sollecitazioni di alcuni colleghi, mi riconosco in quanto diceva il Presidente Cattaneo. Sottolineo che si tratta della legge 252 e non di una riforma della 49. Secondo me, potremmo porre, attraverso appositi ordini del giorno, con indicazioni su come vogliamo procedere con la legge 49.
Inoltre - lo dico perché faccio parte dell'esecutivo - possiamo convenire sull'opportunità di limitare e di definire il potere regolamentare. Lo stesso subemendamento ha consentito di intervenire nel merito. Credo che si possa andare nella direzione di limitare il potere regolamentare, quindi su tetto e fasce, e discuterne qualora fossero punti comuni di tutta l'opposizione.
Da questo punto di vista, ripeto, ci interessa un rapporto proficuo con tutta l'opposizione, ma penso che su una serie di questioni, certo non immediatamente, dovrei vedere tutti gli emendamenti, dovrei confrontarli con il Vicepresidente della Giunta. Il collega Tapparo propone che si vada avanti esaminando tutti gli emendamenti. Per ora sono disponibile anche a fare quello. Certo tra il sabato e la domenica saprò, messa a parte, come impegnare il tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu per dichiarazione di voto.



CONTU Mario

Assessore Brigandì, non faccia niente per avere dei finanziamenti per quei 570 ragazzi. Se posso darle un parere da insegnante della formazione professionale, non faccia assolutamente niente. A quei ragazzi un'opportunità è data, ed è quella di iscriversi alle scuole statali.
Tutt'al più, valuti la possibilità, con le associazioni che rappresentano le scuole superiori, di studiare forme che possono integrare.
Per la mia esperienza d'insegnante ritengo che un ottimo allievo della formazione professionale è quell'allievo che arriva alla formazione professionale, che è profondamente cambiata, con saperi di base sicuramente maggiori, di quelli dell'uscita dalla terza media.
Non agevoli, in nessun modo, il secondo canale anche perché, come dice lei, Assessore, so che stiamo parlando di buoni scuola, ma stiamo affrontando la questione della problematica dei costi, che è una problematica seria. Non la usi in termini propagandistici perché, essendo di giovane nomina, non pensi di avere compreso tutto.
All'interno di quelle cifre, ci sono tutti i costi relativi al fatto che non stiamo parlando della scuola statale ordinaria, ma della formazione professionale, che ha costi indotti di laboratori e di attrezzature assolutamente non comparabili a quelli delle scuole statali.
Assessore Leo, non giri attorno al problema. Lei, con la potestà regolamentare, potrà indorare la pillola, nel senso che potrà ottenere due effetti, quello di fissare un limite al reddito, ma resta un'amplia potestà regolamentare, che non potrà portare qui dentro. Essendo una proposta organica, dovrà essere valutata con molta attenzione.
La Consigliera Manica diceva che gli emendamenti li abbiamo chiusi perché così si è deciso un in una Conferenza dei Capigruppo. In quella Conferenza, si è deciso un atto importante che crea un precedente, per questa legislatura, che fa impallidire qualsiasi Presidenza della prima repubblica: un accordo extraistituzionale che modifica il regolamento insomma, qualche problema lo comporta. In quest'incertezza della regola lei ha una certezza, che mi pare di avere compreso da molti contributi: arrivi qua con una proposta, con una proposta innovativa, che deve cercare di coniugare il fatto che porta a casa una legge, che è di grandi principi, ma che, allo stesso tempo, permetta anche alle opposizioni di portare a casa qualcosa.
Siccome di queste faccende, però, non se ne può parlare in Aula, le consiglio di programmare un'altra Conferenza dei Capigruppo, informale politica e non istituzionale, nella quale si possa trovare la quadratura del cerchio, che è cosa molto difficile, però bisogno farlo.
Semmai arrivasse in aula con una proposta del genere, potrà avere delle sorprese.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Placido, per dichiarazione di voto.



PLACIDO Roberto

Mi rivolgo all'Assessore Brigandì, se ha la cortesia di ascoltare, ma se anche con ascolta rimane agli atti.
L'Assessore ha fatto un esempio, a proposito della formazione professionale, in cui diceva che è come se si confondesse la scuola con la sanità. Assessore Brigandì, ci stiamo proprio misurando su questo questo problema, perché è di questi giorni, ormai è una cosa pubblica: il 5 d'accantonamento per la sanità ha comportato, per l'istruzione, che sono stati congelati un milione e mezzo di euro sulle borse di studio universitarie, nonché due milioni e mezzo sull'assistenza scolastica. Si tratta proprio del rapporto della sanità con l'istruzione.
E' un esempio opportuno ma infelice, perché per accantonare le risorse per la sanità, c'è anche l'Assessore D'Ambrosio. Per quanto riguarda l'assessorato dell'Assessore Leo, sono stati congelati e accantonati un milione e mezzo per le borse, un milione e mezzo per le borse di studio universitarie, due milioni e mezzo per l'assistenza scolastica, mentre si pensa di dare 18 milioni per i buoni scuola. Dalla dichiarazione ufficiale dell'incontro con i sindacati sulla formazione professionale risulta la previsione di un migliaio di ragazzi che si iscrivono alla formazione professionale, il corso sperimentale è per 250, servirebbero altri 30 miliardi, 15 milioni di euro che la Regione - dichiarazione ufficiale - non ha.
Questi sono fatti inoppugnabili. La competenza sulla formazione è della Regione, non dello Spirito Santo. Ha ragione il collega Contu, si crea caos, si getta nell'incertezza centinaia di famiglie. L'invito che noi facciamo è che queste famiglie si rivolgano alla certezza istituzionale che è la scuola pubblica, che garantisce la formazione. Tra gli altri aspetti negativi e nefasti della riforma Moratti, essa riporta indietro il Paese, a differenza dell'Europa, che porta l'istruzione verso i sedici anni. Una volta i Carabinieri andavano a casa di una famiglia che non mandava a scuola il figlio fino a quattordici anni, la riforma Berlinguer lo ha elevato a quindici anni, la controriforma Moratti riporta indietro, a quattordici anni. Il diritto-dovere, fino a diciotto anni, non è all'obbligo scolastico, è ad avere la formazione. Voi riportate l'Italia indietro, questo è il problema.
Le capacità dell'Assessore Brigandì senz'altro porteranno ad un risparmio notevole sulla formazione professionale, con grandi ottimizzazione delle risorse. Lo aspettiamo. Saremo pronti a dire bene bravo, complimenti, vada avanti così. Peccato che, in alcuni mesi, non è stato ancora in grado di farlo, perché nell'Assessorato di cui ha la responsabilità si è presentato, ad un incontro ufficiale, dicendo che non c'è una lira. Quando l'acqua non c'è, la papera non galleggia, e la formazione professionale piemontese affonda, come affonda questa Giunta sugli argomenti seri. Questi sono i problemi che ci portano a dire che non siamo d'accordo. Non avete risorse e pensate di fare le cose senza soldi.
E' incredibile! L'accantonamento della sanità penalizza le borse di studio universitarie e l'assistenza scolastica, questa è la realtà. Dove troverete 18 milioni di euro? Staremo a vedere, questi sono fatti dimostrabili. Sono pronto a chiedere scusa e a fare ammenda, se non è vero che c'è l'accantonamento di un milione e mezzo sulle borse di studio, se non è vero che c'è l'accantonamento di due milioni e mezzo sull'assistenza scolastica se non è vero che mancano 15 milioni di euro sulla formazione professionale, se non è vero che mancano tutte le altre risorse, come diciamo da due giorni. Se tutto questo non è vero, siamo pronti a chiedere scusa, ma lo dovete dimostrare, dati alla mano!



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Giordano, per dichiarazione di voto.



GIORDANO Costantino

Signor Presidente e colleghi, il mio intervento sarà particolarmente breve per cercare di capire qual è l'approccio giusto per esaminare questo tipo di problema.
Per ora è certo che non tutti sono convinti che il buono scuola possa migliorare o peggiorare le condizioni della scuola. Volevo cogliere la riflessione fatta dal collega Contu, per esaminare effettivamente la posizione della Giunta regionale e valutare quali siano i parametri su cui è possibile lavorare, in modo da non continuare a discutere tutta la notte dello stesso argomento. Bisogna dire chi è d'accordo con il buono scuola e chi non lo è. Le idee più o meno si sono delineate, pertanto, bisogna dare uno stop ai lavori.
Bisogna capire quali sono gli elementi, i valori, i limiti minimi e massimi entro i quali si può lavorare, come proseguire per portare a termine questo lavoro oppure no. Una cosa è certa: è un compito della Giunta regionale dire a noi della minoranza quali sono i limiti entro i quali si può lavorare, però bisogna essere concreti se si vuole approvare il provvedimento. Bisogna far capire alle minoranze quali sono le condizioni per impegnarsi, senza continuare a parlare di qualcosa che non conosciamo bene, cioè se il buono scuola è utile ad ottimizzare la cultura della scuola o rallentare il processo di sviluppo.
Ritengo che la Giunta debba fare in questo momento una riflessione per non continuare inutilmente i lavori per tutta la notte e domani mattina essere nelle stesse condizioni.



PRESIDENTE

Procediamo alla votazione dell'emendamento.
Indìco la votazione nominale (richiesta dai Consiglieri Cattaneo, Bolla e Gallarini) mediante procedimento elettronico sull'emendamento rubricato n.
456.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 Consiglieri hanno votato SÌ 5 Consiglieri hanno votato NO 31 Consiglieri Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 458 presentato dai Consiglieri Manica, Placido Ronzani, Marcenaro, Muliere, Suino e Riba. (e connessi emendamenti rubricati n. 457 e n. 459): L'art. 1 è così sostituito: "Art. 1.
1. La Regione Piemonte al fine di rendere effettivo il diritto di ogni persona di accedere a tutti i gradi del sistema scolastico e formativo statali e paritari (nella definizione data dalla legge 62/2000, art. 1 comma 2), nonché il diritto all'apprendimento per tutto l'arco della vita la Regione e gli Enti locali ai sensi degli articoli 2, 3, 33 e 34 della Costituzione e nel rispetto di quanto previsto dal d.lgs. 112/1998 promuovono interventi volti a: a) favorire il successo scolastico e formativo di tutti, con prioritaria attenzione a chi è a rischio di abbandono scolastico b) favorire il riequilibrio dell'offerta scolastica e formativa attraverso interventi prioritari diretti agli strati della popolazione con bassi livelli di scolarità, con particolare attenzione alle zone in cui l'ubicazione dei servizi comporti per gli utenti situazioni di particolare disagio c) favorire il coordinamento e la collaborazione tra le diverse offerte educative e formative nel rispetto delle autonomie e delle identità pedagogico-didattiche e culturali, della libertà di insegnamento, delle libertà di scelta delle famiglie e degli studenti d) favorire e sostenere la promozione di progetti di ricerca e sperimentazione didattica mirati ad un generale elevamento della qualità di servizio scolastico e formativo e) favorire la creazione di centri di reti permanenti di programmazione fra: istituzioni scolastiche e rispettivi organi collegiali; enti locali servizi socio-sanitari, culturali, creativi, sportivi; terzo settore, con particolare attenzione all'associazionismo; al fine di progettare sul territorio interventi integrati in ambito educativo-didattico e della prevenzione del disagio sociale f) incentivare l'integrazione fra il sistema dell'istruzione e il sistema della formazione professionale e fra questi ed il mondo del lavoro nella piena attuazione dell'obbligo formativo (legge 144/1999, art. 68 e successivi regolamenti attuativi) g) valorizzare la scuola come centro di aggregazione di cultura e partecipazione alla vita sociale h) promuovere la partecipazione dei genitori e degli studenti alla progettazione ed alla attuazione dei percorsi educativi".
La parola al Consigliere Placido per l'illustrazione.



PLACIDO Roberto

Signor Presidente, nel frattempo che entro nel merito dell'emendamento cerco un appunto perché il tempo prima mi è mancato. Voglio proseguire, in questo caso, ad interloquire con l'Assessore Leo. Mi scuso con l'Assessore se momentaneamente lo disturbo dal colloquio con i colleghi di Giunta anche perché in molte Regioni, come l'Assessore sa, c'è un unico Assessorato alla istruzione e alla formazione.



(Commenti in aula)



PLACIDO Roberto

Era lì che volevo arrivare, non sempre i desiderata si raggiungono.
L'Assessore Leo, ad un certo punto, ha parlato di assistenza scolastica straordinaria, così come ha citato l'handicap...



(Commenti in aula)



PLACIDO Roberto

Se il Presidente permette la correzione dell'Assessore o l'integrazione, gli sarò grato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Leo.



LEO Giampiero, Assessore all'assistenza ed edilizia scolastica

Collega Placido, ho solo evidenziato che nel disegno di legge n. 252 e nell'ipotesi della Giunta prevediamo un maggior contributo alle famiglie che hanno figli con handicap e che li mandano nella scuola paritaria. Chi ha l'handicap riceve un maggior contributo...



(Commenti in aula)



LEO Giampiero, Assessore all'assistenza ed edilizia scolastica

Non è che abbiamo aumentato o diminuito i fondi per l'handicap, chi ha l'handicap ha un maggiore contributo. Come diceva il collega Tapparo, la scuola paritaria deve accettare anche studenti portatori di handicap.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Placido.



PLACIDO Roberto

Su questo una piccola progressione di fondi sull'assistenza scolastica articolo 7 della legge n. 49/1985, nel 2001, grazie ai buoni scuola, al problema dei buoni scuola, perché non hanno creato solo danni, in un certo momento hanno permesso di allocare risorse destinate ai buoni scuola che peraltro, sono state utilizzate, come l'Assessore può confermare.
Nel 2001 ci sono state su alcune voci che riguardano l'assistenza scolastica, oltre 5 milioni di euro grazie ai 4,5 milioni di euro destinati ai buoni scuola che sono stati messi su quel capitolo. Su queste voci Assessore, c'è l'handicap, la scuola materna, i sussidi, l'assistenza alla persona. Nel 2001 in partenza c'erano 700 mila euro, quindi, senza i buoni scuola, in questo caso, benedetti.
Nel 2002 siamo arrivati ad un milione e 700 mila euro. Nel 2003 nell'anno del handicap, 700 mila euro, ma 700 mila euro, Assessore Leo e colleghi della maggioranza, coprono il 14% della spesa sostenuta dai Comuni fino a 5 mila abitanti, il 12% dei Comuni da 5 mila a 20 mila abitanti e il 6% dei Comuni oltre 20 mila abitanti. Questa, come ho detto prima, è elemosina. Per una situazione che riguarda i Comuni amministrati dal centrosinistra e dal centrodestra, dove ci sarebbe veramente bisogno di sostegno alla famiglia, cosa pensa di fare, Assessore Leo? Di dare risorse a chi comunque le ha già? E se anche ci fosse una discriminazione di trattamento tra la scuola statale e quella paritaria che ritengo non esserci, prima di aiutare chi ha, lei ha il dovere cristiano di aiutare chi ha più bisogno. Le percentuali che ho citato dimostrano chi è che ha più bisogno, altro che 700 mila euro!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Arrivati a quest'ora, il pensiero che mi viene più facilmente in testa è che senza l'acqua, la papera non galleggia; questa è la verità di questa notte. Comunque, il collega Placido ha posto problemi reali e mi lascia sempre più perplesso il fatto che si faccia prima il secondario e poi il principale. L'Assessore Leo, persona sincera e di buone intenzioni, dice che prima o poi si occuperà anche delle pari opportunità, di dare pari opportunità a chi parte con un handicap. Però è anche vero che la nostra battaglia qualcosa di buono lo ha prodotto: grazie al fatto che in sede di bilancio era stato previsto che, con il provvedimento per i buoni scuola sarebbero passati i fondi che dovevano essere utilizzati per la scuola essi sono stati utilizzati non, come sostiene la Giunta, in modo piuttosto generoso, ma, secondo noi, in modo appena adeguato. Quest'anno, le risorse sono ancora inferiori, perché lo Stato centrale ha cercato di sanare le sue voragini finanziarie a spese degli enti locali, quindi anche a spese delle regioni, delle province e dei Comuni, ma con tutto ciò non ci è riuscito ha dovuto fare un sacco di porcherie, una tantum e così via. I tagli incredibili in campo sanitario stanno portando al punto che la gente spende moltissimo denaro per prestazioni a pagamento, per prestazioni che dovrebbero essere garantite dal servizio pubblico, ma che, venendo erogate in tempi infiniti, di fatto è come se non fossero più dei diritti. La gente è costretta a spendere il proprio, ma, malgrado questi tagli, la sanità continua ad assorbire risorse come un'idrovora. Sarebbe il colmo proprio quest'anno, in cui ci sarebbe veramente tanto bisogno di queste risorse per lavorare rispetto alla questione di garantire pari opportunità, di combattere l'abbandono scolastico, che è veramente una cosa importante.
Sono veramente perplesso. Nella mia vita, ho avuto la fortuna di avere sempre degli ottimi insegnanti, il che è veramente una grossa fortuna. Per mi cadde letteralmente dal cuore un insegnante che, arrivato ad un certo punto, disse: "Fate, fate; alla fine, quello che mi interessa è che quei tre o quattro mi seguano", cioè quanto di più irresponsabile da parte di un insegnante, perché l'obiettivo principale di chi insegna è proprio quello di sapere portare avanti gli ultimi. Alla stessa maniera, Assessore l'obiettivo di chi governa è quello di far andare avanti chi è in maggiore difficoltà. Costruire un meccanismo contro la dispersione scolastica è un fondamentale. Per intervenire su questi elementi, malgrado le dichiarazioni che mi ha fatto a titolo personale e che poi ha ripetuto pubblicamente in termini di intenzione, risorse non ce ne saranno. Che senso ha, allora intervenire sul secondario, perché siamo d'accordo che il garantire pari opportunità tra la scuola statale e la scuola paritaria è il secondario rispetto al garantire pari opportunità in modo tale che tutti quanti possano migliorare le proprie condizioni di conoscenza e arrivare ai più alti livelli dell'istruzione? Che senso ha partire dal secondario? Soprattutto, Assessore, ci faccia un favore: ci aiuti a non far passare neanche quest'anno il provvedimento sui buoni scuola, in modo tale che queste ingenti risorse possano di nuovo ricadere sui necessari interventi che richiamava il collega Placido.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Assessore Leo, le do atto della sua attenzione, del suo impegno nel dibattito, del suo impegno serio e anche della sua disponibilità e del suo impegno a rispondere. In ogni caso, stiamo svolgendo un confronto approfondito su una materia su cui ci sono divergenze.
Credo che adesso vada ripresa una considerazione del collega Riggio: la nota drammaticità della situazione finanziaria delle regioni e dello Stato.
In seguito, il collega Pichetto potrà dirci qualcosa, ma ho l'impressione che la riduzione delle risorse, che sta diventando un notevole problema per il bilancio regionale, tenderà ad aggravarsi.
Assessore Leo, è vero che, in merito alla questione sollevata dall'Assessore della Provincia di Torino Oliva circa i gravi ritardi nell'accreditamento delle somme occorrenti al sistema scolastico, lei ha sottolineato di avere già sollecitato il Governo. Non ne dubito, ma il problema è che il soldi non arrivano perché mancano le disponibilità nel bilancio nazionale. Posso sbagliarmi, su questo punto non ho il dato preciso, ma probabilmente i finanziamenti regionali sono anche finanziamento a compartecipazione su alcune fonti di entrata, come IVA e IRPEF, quindi la riduzione delle entrate effettive rispetto a quelle previste comporterà un massacro sulla finanza regionale. Oltre tutto, le difficoltà di cassa sono direttamente trasferite dallo Stato sulle regioni e sugli enti locali con le riduzioni dei trasferimenti e il differimento dei trasferimenti.
Dal momento che stiamo parlando di soldi che non ci sono, se una proposta di legge o di emendamento con un articolo finanziario scritto nel modo come è stato scritto l'avessimo presentata noi, ci sarebbe stato spiegato che la legge aveva bisogno del corredo della relazione finanziaria. Guardi, Assessore, che quel corredo non c'è ancora.
Finora, in una tutta la sua protervia, l'opposizione ha fatto sconti tipo quello di non avere ancora chiesto il corredo della relazione finanziaria al subemendamento, o all'emendamento che dice semplicemente che le somme saranno reperite in relazione agli articoli 20 e 40 della legge di contabilità regionale. Quegli articoli dicono semplicemente che le somme devono essere reperite, e che per ogni previsione di spesa devono essere indicate le coperture finanziarie, ma questa è una vecchia procedura. Lì non ci sono, non sono indicate, quindi non si potrà concludere la discussione su questa legge senza aver redatto il testo della parte finanziaria con il relativo reperimento delle risorse, per questo anno e probabilmente per il triennio, se vogliamo che sia una legge che abbia un carattere di programmazione. Ci mancherebbe che ci danno i soldi per quest'anno e non per l'anno prossimo! Questo potrebbe essere un modo per creare una condizione di mercato che regge per un anno, ma dopo gli studenti saranno costretti a cercare scuole che offrono la prestazione a costi di saldo. Tutto questo si creerà, perch una volta che circolano circa 15 miliardi, disponibili presso le famiglie si figuri... Così come hanno provveduto a rastrellarli con i fondi d'investimento, ed altre forme che nel giro di due legislature, o anche meno, hanno ridotto alla metà la disponibilità, altrettanto si creerà una offerta di opportunità formative che passeranno attraverso la tecnica del mercato. Lei Assessore Leo, sa bene che la tecnica del mercato è una tecnica assolutamente avventurosa.
L'Assessore D'Ambrosio si è sempre battuto per il mantenimento del sistema sanitario pubblico - questo, almeno, ha detto in giro. Questo è un sistema che garantisce ai cittadini di potere esercitare un diritto, mentre dar loro un po' di soldi, affinché vadano a comprarsi il diritto ad esercitare la loro prerogativa ad essere assistiti, come quella di essere formati, è il modello di disimpegno dello Stato rispetto alle esigenze effettive e la relativa monetizzazione e liquidazione del diritto con quattro soldi da mettersi in tasca e da spendere sul mercato. E' un grave allontanamento dal principio dell'esercizio del diritto, da parte dei cittadini, ad avere la formazione e, da parte dello Stato, a garantire la formazione.
Su questo naturalmente torneremo, perché ci saranno una serie di ulteriori elementi su questo percorso che speriamo convincano lei Assessore, e la maggioranza, a rivedere almeno parzialmente l'impostazione che finora è stata mantenuta su questo punto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Suino; ne ha facoltà.



SUINO Marisa

Assessore, riparto da un ragionamento che lei faceva prima circa il sostegno, ovviamente da parte sua e da parte di questa maggioranza, al provvedimento. Si dice che esso aumenta il ventaglio di opportunità e di risorse, quindi è nella logica di una libertà diffusa, perché si aiuteranno le famiglie più povere.
Sono due affermazioni che non corrispondono al vero, in quanto non saranno date ulteriori opportunità per queste famiglie, poiché lei si metterà semplicemente nelle mani del mercato, che assolutamente non è un meccanismo che favorisce il risparmio o una razionalizzazione della spesa e non si inciderà in alcuno modo sul loro stato di povertà e di difficoltà economica. Su questo vale la pena di fare qualche ragionamento in più Assessore, perché abbiamo sentito usare, in queste ore, molte volte espressioni del tipo "per poveri", "a favore di". Diciamoci anche come di fatto la nostra regione - come tante altre, a dire il vero . sia stata individuata dall'UNICEF per un primato che certo non le fa onore. Il Piemonte, tra le regioni del centro-nord, ha il primato non invidiabile di essere la realtà con il più alto tasso di povertà minorile. Dato che qui parliamo di minori, di bambini e di studenti, è giusto che a loro ci riferiamo. Abbiamo quindi una povertà di ritorno, sia quella relativa sia quella assoluta, che colpisce una massiccia fascia di popolazione, con dei picchi che oscilliamo dal sette al dieci per cento della popolazione.
Quando si usa il termine povertà con la facilità e la superficialità con la quale lei lo ha usato, facendo riferimento a una coperta piccola e stretta, perché comunque le finanze pubbliche sono contenute e limitate, ma ne facciamo un uso di questo tipo, è essenziale rimettere un attimo i puntini sulle "i".
E' una questione di giustizia, Assessore, mi dispiace. Accetto con simpatia e con stima tanti suoi riferimenti, le sue informazioni, le sue spiegazioni. Forse è anche giusto che qualche volta si dica, con chiarezza che è una scelta, una scelta che voi assolutamente intendete, con indisponibilità, perseguire fino alla fine. Noi continuiamo a dire che è una scelta che aumenterà la disuguaglianza, che aumenterà la selezione, che non aiuterà proprio nessuno, anche perché la coperta dei bilanci pubblici è già, attualmente, stiracchiata alla grande. Essa inciderà sul cinque-sei per cento delle famiglie, in misura ridottissima. Il resto è per rispondere ad una domanda individuale, quindi le grandi cifre che vengono stanziate ricadono in misura minima sulla famiglia. Già oggi, in questo sistema, è la famiglia che da sola deve farsi carico delle spese per l'istruzione, però è un sistema ancorato a dei principi, è un sistema che si muove nella direzione di ridurre le disuguaglianze. La vostra proposta va nella direzione opposta.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

In primo luogo, l'Assessore Leo ci ha parlato di una difficoltà a spostare le risorse da una scatola vuota in cui sono saldamente inserite perché sono inserite in una voce del bilancio che, in qualche modo, rimanda a una legge che non c'è. Quindi, si tratta di una scatola volta.
Credo che questo metodo di fare il bilancio in cui si introducono dei capitoli e delle voci, e in cui si immobilizzano risorse su un capitolo da cui non si sa se si potranno attingere, sia un errore. Voleva magari essere un segnale, ma, nei fatti, si traduce in un immobilizzo di risorse. Anche se questo problema si può risolvere con una manovra sul bilancio medesimo ritengo comunque un errore operare in questo modo. Sarebbe meglio tenere questi soldi in capitoli che possono essere utilizzati non solo su una certa legge, ma in modo più ampio. Non credo sia una questione tecnicamente complicata, ma soltanto di scelta politica. Penso che si tratti di un modo errato di affrontare i problemi, perché è un tentativo di dire: "Questi soldi si spendono così o non spendono in alcun modo".
Se fossimo in una situazione di abbondanza dal punto di vista degli investimenti della Regione, la cosa sarebbe comprensibile. Invece, siamo in una situazione di grande ristrettezza, tant'è vero che abbiamo dovuto operare anche attraverso un aumento delle entrate fiscali. Mi pare che fare il bilancio sottoponendolo a delle priorità politiche, fortemente e costantemente sottolineate con le scelte di cui dicevo prima corrisponda, a mio avviso, a un'impostazione sbagliata. Una scelta diversa, una scelta che permettesse di poter utilizzare le risorse in altro modo forse favorirebbe la discussione stessa sulla legge, le darebbe una tranquillità che sarebbe auspicabile. Sapendo che quei fondi, se non vengono spesi in un modo possono essere spesi in un altro, si può discutere della legge sganciandola da quel tipo di impostazione; tanto più, come ricordavano altri colleghi che mi hanno preceduto, che si saprebbe benissimo come spendere.
Ci sono mille indicazioni su come spendere. Lo stesso Assessore Leo solleva continuamente questioni ed esigenze. Tutte queste questioni potrebbero già trovare una soluzione parziale utilizzando quei fondi. Se poi la legge arriva in porto, a quel punto ci si preoccupa di trovare i fondi per la legge stessa. Con questa procedura sbagliata, mettiamo il carro davanti buoi, invece di fare il contrario.
Mi rendo conto del motivo per cui questo è stata fatta questa scelta: dimostrare, almeno in sede di bilancio, la capacità e la volontà di affermare quella priorità politica che si è tanto decantata in giro superare almeno in quella sede, che è la più facile, le difficoltà che la maggioranza ha incontrato nel sostenere il progetto di legge dell'Assessore Leo. E' però una scelta che crea una distorsione nel modo in cui vengono usate risorse sicuramente limitate e che meriterebbero una più attenta valutazione e una maggiore tempestività nell'utilizzo una volta che ci sono.
In questo periodo, ci siamo trovati varie volte di fronte al fatto che determinate spese non vengono effettuate perché c'è un buco di bilancio ma, pur con quelle difficoltà di finanziamento, ci sono comunque dei fondi che rimangano inutilizzati, in attesa che si concluda, prima o poi, la discussione che stiamo facendo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Volevo intervenire riprendendo, nella discussione, un punto svolto qualche minuto fa a proposito del dibattito che, nella seconda metà del 1947, riguardò la stesura dell'articolo 33 della Costituzione, quello che prevede che l'istituzione di scuole private avvenga senza oneri per lo Stato.
Indubbiamente, sono interessanti sia gli elementi che sono stati portati sia il dibattito, come pure le cose che diceva il Consigliere Saitta, relativamente al carattere non prescrittivo di quella norma.
Penso che in questa vicenda dell'articolo 33 ci sia anche un altro fatto che dovrebbe essere considerato, cioè che la discussione avvenne ovviamente dopo che i costituenti italiani avevano già assunto, in particolare, in occasione del confronto sull'articolo 7 della Costituzione decisioni importanti che riguardano anche la scuola, perché con l'inclusione dei Patti Lateranensi all'interno della carta costituzionale venne introdotta quella forma particolare e specifica che caratterizza l'Italia e la differenzia da qualsiasi altro paese europeo, che è la presenza formale della religione cattolica nella struttura della scuola pubblica. Questo è un punto che normalmente viene sottovalutato. Tante volte ci siamo trovati, anche in questa discussione, di fronte a dati che ci spiegavano la differenza tra il sostegno alla scuola privata in Italia e negli altri paesi europei. Naturalmente, penso che quando queste comparazioni si fanno dovrebbero essere comparazioni organiche, che valutano l'insieme della situazione scolastica. Storicamente, la forma nella quale si è concretizzato il sostegno alla scuola cattolica in Italia non è stato quello del sostegno alla scuola privata, ma attraverso la presenza dell'insegnamento della religione cattolica, all'interno della scuola pubblica, con insegnati scelti direttamente dalla gerarchia della Chiesa cattolica.
Siamo di fronte a una discussione che ha enormi implicazioni. E' molto difficile condurre la discussione fuori e lontano da un quadro generale perché è evidente che tutti noi siamo prudenti - ed è bene esserlo - nel toccare questioni che hanno un così forte radicamento, però si tratta di punti che implicano, cari colleghi, una scelta. Lo chiedo a coloro che sono più legati a questa tradizione. Trovo che sia difficile sostenere una cosa e l'altra, sostenere contemporaneamente un principio liberale di sostegno alla libera scelta educativa e il permanere di una struttura come quella che ereditiamo dai Patti Lateranensi e quella relativa all'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica.
Sono tutte cose che naturalmente comporterebbero, a tanti anni di distanza, la possibilità di una verifica per capire se questo corrisponde ancora alla realtà. Però, questa è la coerenza che, dal punto di vista dei principi, sarebbe richiesta, se no si corre il rischio di una discussione che, per pure ragioni di opportunità politica o per un ideologismo mal curato e mal presentato, rischia di essere fuorviante.
Volevo mettere in evidenza questo punto per dire che quando si discute di queste questioni tutto questo andrebbe considerato.
Ho esaurito il tempo a mia disposizione, ma ci sono anche altri aspetti che meriterebbero un'analisi più approfondita delle premesse dalle quali i nostri ragionamenti muovono. Nel prossimo intervento, ritornerò sulla domanda che faccio ora: quali sono le varie motivazioni, perché non ce n'è una sola, che spingono una parte delle famiglie a scegliere la scuola privata per i propri figli? E' questo un altro punto sul quale mi riservo un approfondimento successivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

Colleghi, quando la Giunta regionale e la maggioranza di centrodestra indicarono nel loro programma di governo l'obiettivo di realizzare la politica dei buoni scuola, la situazione economica della Regione Piemonte e il bilancio regionale erano diversi da quelli attuali. Ricordo naturalmente, che si avvertivano i segni di una crisi che di lì a poco sarebbe esplosa, ma il bilancio della Regione Piemonte poteva verosimilmente sopportare un costo come quello che comporterà il finanziamento della politica dei buoni scuola. Lo dico perché una Giunta regionale e una maggioranza hanno il diritto di fare le scelte che credono ma corre l'obbligo di ricordare che ci dovrebbe essere una relazione molto stretta tra il bilancio della nostra Regione, i problemi che esso pone per quanto riguarda il reperimento delle risorse e le scelte che una Giunta Regionale e un Governo regionale decidono di compiere in relazione anche alle emergenze emerse nel corso degli anni e in relazione soprattutto alle disponibilità finanziarie.
Vi do un dato che i colleghi conoscono: le risorse libere di questa Regione ammontano a circa100 miliardi di vecchie lire. Noi decidiamo di impiegare una parte consistente di queste risorse per intervenire sul fronte dei buoni scuola. Se non è una scelta ideologica questa, è difficile pensare ad un termine diverso con il quale giudicare un intervento del genere. Quand'anche dovessimo limitarci a una valutazione della situazione della scuola piemontese, tantissime buone ragioni deporrebbero a favore del fatto che, se un investimento deve essere compiuto, tale investimento dovrebbe concentrarsi sulla situazione della scuola pubblica. Il che non significa non porsi anche il problema di un intervento su questo versante ma, avendo come obiettivo le priorità, è difficile pensare che esso possa essere considerato una priorità; perlomeno ci vuole della fantasia per considerarlo tale.
Non è che discutiamo anche qui dei buoni scuola prescindendo dalla condizione concreta in cui versa la scuola italiana, per effetto di decisioni che sono state assunte e che avranno un impatto fortissimo sulla scuola pubblica piemontese. Alcuni colleghi hanno giustamente ricordato che stiamo discutendo adesso degli organici di fatto e di diritto del prossimo anno scolastico in presenza di tagli fortissimi che riguarderanno il personale docente e anche gli insegnanti di sostegno.
Abbiamo subito un taglio dei trasferimenti che riguardano il sistema scolastico del nostro Paese. In questo contesto, fermo restando che è legittimo che una Giunta Regionale con questa connotazione politica si ponga il problema di un intervento anche sul versante dei buoni scuola sarebbe stato ragionevole pensare che questa maggioranza considerasse, in questo momento, prioritario un altro tipo d'intervento, con il quale cercare di mitigare e ridurre l'impatto della politica dei tagli che hanno riguardato il sistema scolastico piemontese. E' nell'ambito di un quadro del genere, cioè nel quadro di una politica tesa a impedire che i tagli abbiano conseguenze sul sistema che potevamo giustificare, qualora avessimo reperito le risorse, un intervento su quel versante. Il presupposto è di operare per risolvere i problemi che si creano per effetto della riduzione nella scuola pubblica, dei trasferimenti, del personale e della sperimentazione. Questo è il problema, tant'è vero che molti s'interrogano sulla possibilità che sia effettuata la riforma prevista dal Ministro Moratti. Ora, tutto questo voi non lo fate e decidete di fare - in maniera legittima, sia chiaro - l'intervento su quel versante, con tutti i problemi ricordati dai colleghi che mi hanno preceduto. Mi sembra davvero, da questo punto di vista, una scelta che non si giustifica, a patto di considerare quali sono, in questo momento, i problemi prioritari della scuola piemontese, quelli che dovrebbero essere in cima ai pensieri dell'Assessore Leo. Non che non ci sia anche questo, ma altri vengono prima e sono più importanti. Avendo risorse disponibili, sarebbe opportuno impiegarle per risolvere le questioni più urgenti.
L'ultimo punto riguarda la questione della copertura finanziaria.
Mentre Riba parlava, ha guardato l'ultimo comma dell'emendamento che stiamo esaminando.
Torneremo su questa questione, ma la invito a tenere presente che abbiamo un vincolo, rappresentato dall'articolo 26 della legge di contabilità, che ci obbliga ad indicare esattamente dove e come reperiamo queste risorse, e come pensiamo di impegnarle anche negli anni successivi. Mi pare del tutto evidente che voi pensiate a un intervento, da qui in avanti, che graverà da qui in avanti, sul bilancio della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Saitta per dichiarazione di voto ne ha facoltà.



SAITTA Antonio

Riprendo alcune valutazioni che alcuni colleghi hanno fatto poco fa e in particolare, quella del collega Marcenaro, che faceva riferimento congiuntamente agli articoli 33 e 7 della Costituzione.
E' chiaro che si tratta di una discussione di principio, ma credo che sia utile chiarire, perché permette di inquadrare il significato dell'intervento che si sta decidendo di fare e, soprattutto, di definire bene il suo valore.
Non mi pare che l'articolo 7, per quello che riesco a comprendere, sia una risposta ai problemi della scuola cattolica. L'articolo 7 è più che altro un problema di rapporto tra una vecchia questione italiana addirittura risorgimentale, attinente il rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica; problema che è stato affrontato attraverso Patti Lateranensi, e che prevedeva il riconoscimento della presenza di una confessione religiosa, ritenuta, quando fu varata la Costituzione, diffusa sul territorio nazionale.
L'articolo 7 della Costituzione non rappresenta tanto una risposta al problema della scuola cattolica, ma un punto d'equilibrio nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa, problema irrisolto dal Risorgimento in poi. Con la Costituzione, il qualche maniera, fu trovato un punto d'equilibrio, ma non una risposta al problema della scuola cattolica.
Condivido anche una considerazione, che ieri faceva il collega Chiezzi e che è stata ripresa anche dal collega Marcenaro. Dall'approvazione della Costituzione in poi, i governi che si sono succeduti, in modo particolare i governi dove la Democrazia Cristiana era una forza consistente, sono sempre stati tutti governi di coalizione, dunque c'è da chiedersi perché - questo è stato il quesito posto . la Democrazia Cristiana non ha modificato la Costituzione per quanto riguarda l'articolo 33, oppure non ha proposto prima la legge sulla parità.
Credo che nella cultura del cattolicesimo democratico è permeata da una profonda laicità, che è sempre stata una caratteristica dal dopoguerra in poi e che risale addirittura al partito popolare. Sotto questo profilo Sturzo, pur essendo un sacerdote, era laicissimo, legato alla cultura della separazione tra lo Stato e Chiesa. La discussione che affrontammo in occasione dell'esame della legge sui contributi alla scuola materna ha comportato una certa laicità del comportamento politico.
Questa è la cultura che è prevalsa dal dopoguerra in poi, ma mi rendo conto che ultimamente sono avvenuti dei cambiamenti. E' chiaro che la fine della Democrazia Cristiana ha sicuramente modificato i rapporti tra le forze politiche e la Chiesa, così come il comportamento della Chiesa è un comportamento diverso rispetto alla politica, non soltanto per le forme di collateralismo che potevano esserci e che, in ogni caso, non sono mai state tali da influenzare le scelte politiche.
Sicuramente oggi la Chiesa interviene su tutte le forze politiche, con modalità diverse, molto diverse rispetto al passato. Ho dei dubbi sulle modalità con cui oggi la Chiesa interviene nel dibattito politico, ma mi pare che il tema che stiamo affrontando abbia delle caratteristiche un po' diverse, cioè non è uno scivolamento verso il clericalismo. Non basta tirare in causa l'interpretazione dell'articolo 33 della Costituzione che avevano dato allora Gronchi e altri, sulla quale si può discutere, ma mi pare che bisogna aggiungere cosa è capitato nel frattempo e recentemente.
La legge 62 sulla parità è la vera novità, nel senso che completa la risposta ad un problema che probabilmente era rimasto aperto con l'articolo 33.
La legge sulla parità, oltre alla definizione di quali sono le scuola paritarie, prevedendo la possibilità d'intervento, da parte dell'amministrazione pubblica, nei confronti della scuola paritaria, è nella linea del ragionamento secondo cui non viene stabilito un diritto automatico ma viene prevista la possibilità di un intervento, sia chiaro nei confronti della scuola pubblica e della scuola privata. Infatti, le mie riflessioni per quanto riguarda gli emendamenti sono orientate affinché, il meccanismo del contributo all'educazione intervenga in qualche maniera anche a favore della scuola pubblica.
Oltre a questo elemento di novità, costituito dalla legge 62, che chiarisce definitivamente la questione dell'articolo 33 della Costituzione sono intervenute altre novità, quindi il quadro odierno è più completo dal punto di vista normativo. Se ci fossero stati dei problemi di incostituzionalità per quanto riguarda la legge 62, sarebbero emersi nel momento della sua discussione, così come sarebbero emersi al momento dell'approvazione della legge 59. Il decreto legislativo d'approvazione prevedeva, indipendentemente dalla legge sulla parità, la legge 62 come delega alle regioni, come potere delle regioni di prevedere contributi alle scuole non statali. Era scritto in modo esplicito E' chiaro che tutta questa normativa non mette sicuramente in discussione il principio su cui è basata l'educazione del nostro Paese, che è la scuola pubblico, come scelta di fondo. Sono contrario all'interpretazione che è stata data in alcuna momenti. Su queste interpretazioni siamo su piani totalmente diversi. La scuola pubblica è l'ossatura portante del sistema educativo, non può essere messa in discussione perché non si può ricorrere al mercato per risolvere i problemi. Sottolineo questo aspetto, Assessore, perché in alcuni momenti del dibattito mi pare che sia emerso - non da parte sua, perché ci conosciamo da tanto tempo, ma sicuramente da altre parti - che, partendo dal giudizio che la scuola pubblica non va bene, bisogna sostenere la scuola paritaria. Non mi pare che sia questo il problema, credo che bisogna riportarlo all'interno di questo schema, perché se così fosse, condividerei le preoccupazioni che alcuni colleghi hanno espresso, perché si tratterebbe di un'impostazione pericolosa, tale da distruggere e minare le fondamenta sulle quali è basato lo Stato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Visto che all'alba c'è la possibilità di fare delle riflessioni, vorrei aggiungere, rispetto a quello che diceva il collega Saitta, che la fine della Democrazia Cristiana ha tolto dallo scenario un soggetto che in qualche modo sapeva confrontarsi con la Chiesa.
La Chiesa ha fatto una scelta strategica. Le è molto più conveniente un quadro politico come quello attuale che quello caratterizzato dalla presenza di una forte Democrazia Cristiana cioè del partito cattolico. La vecchia DC aveva bisogno del sostegno dei partiti laici per reggersi al potere. Alla DC non è mai passato per la testa di operare come si è operato in Parlamento per l'approvazione della legge sulla parità. Tra l'altro durante la discussione della legge sulla parità scolastica l'oltranzismo maggiore non era degli ex democristiani, lo posso dire perché ero testimone diretto quando si è fatto quel passaggio importante.
Tuttavia, Consigliere Saitta, si sono aggiunti altri elementi di novità. La prima è la crisi finanziaria della scuola cattolica. La scuola cattolica, nella sua organizzazione tradizionale, reggeva economicamente oggi, per una serie di ragioni legate anche alla vita interna della stessa Chiesa, i costi della scuola cattolica sono diventati insostenibili, al punto da portarla al collasso. Nella storia della scuola cattolica non ci sono mai state tante chiusure come in questo decennio: un grande segnale d'allarme. Se aggiungiamo a questo una nuova circostanza che non c'era in passato; in questo momento, circa 200.000 persone di religione mussulmana frequentano la scuola italiana, e il trend di crescita di questa frequenza è abbastanza forte. La preoccupazione del mondo cattolico deriva dal fatto che si rischia di segmentare la società invece di favorirne la coesione? Sono ostile a questo provvedimento proprio per una ragione di fondo, e non credo che si possa attuare con emendamenti questa mia disapprovazione.
Non riesco a vedere come possa essere migliorato il provvedimento proposto.
Volevo ricordarle, Assessore, un nuovo elemento. L'attuale Ministro che segue al Ministro Berlinguer è molto attento, non dico ai desideri della Chiesa, ma certamente alla dinamica del potere della Chiesa. Il Ministro ( o la Ministra) Moratti sembra assumere una parte che, a mio parere, pu portare ad una deriva pericolosa. Ho cercato di dire, non ricordo quando che noi facciamo istruzione, non educazione. Nei suoi interventi - ho avuto occasione di sentirla alcune volte - parla della docenza come di una missione educativa, usa espressioni come "recuperare una missione educativa della scuola". Ora, cercavo di dimostrare che una missione educativa reca in qualche modo, la volontà di inculcare regole, dogmi, stili di vita.
Invece la scuola, come la interpreto io, da laico, deve promuovere la capacità critica, deve offrire gli elementi della conoscenza in modo dinamico e in modo che si possano attuare autonomamente.
In un quadro di questo genere, caratterizzato dalla crisi della scuola cattolica, dalla sua crisi economica, da un Ministro di questo tipo, dalla presenza di forti spinte di correnti migratorie che portano, e potrebbero portare - non escludo che questo sia il decennio in cui può avvenire - le scuole mussulmane in Italia, facciamo un'operazione di questo genere? Torno a dire che non è una suggestione o una fissa. Sarebbe un po' da approfondire se, con il buono scuola, operiamo su una fascia di reddito molto bassa, se c'è un drenaggio di risorse sufficiente per portare nuovi allievi alle scuole cattoliche, o se alle categorie a basso reddito non importa per nulla di andare nella scuola confessionale, e se sono principalmente categorie di reddito medio che scelgono le scuole confessionali. Se facessimo una significativa operazione mirante a liberare tutte le famiglie dal condizionamento del reddito, lasciando che vadano dove vogliono andare, faremmo un atto grandioso; non lo chiameremo buono scuola, ma una sorta di liberazione dal condizionamento del reddito per perseguire i percorso scolastici più consoni dei propri figli.
Nel cuore della notte, dove non capisco dove vogliamo andare a parare nel senso che c'è una distanza, non dico siderale, ma incolmabile dai possibili rattoppi al disegno di legge, non capisco il perché dobbiamo fare delle nottate, in questo Consiglio Regionale. Nell'epoca della prima repubblica, non credo che ci sarebbe stato il clima di questa sera. Anche questo è un segno della fine della Democrazia Cristiana, perch probabilmente, con la Democrazia Cristiana, in Aula non ci sarebbero stati i rappresentanti della Curia a seguire i lavori.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'emendamento rubricato n. 458.
Il Consiglio non approva.



(Commenti del Consigliere Placido fuori microfono)



PRESIDENTE

Emendamento rubricato n. 464 presentato dai Consiglieri Manica, Marcenaro Suino, Placido, Ronzani e Riggio.
L'art. 1 è così sostituito: "Art. 1.
1. La Regione Piemonte indirizza le proprie azioni di qualificazione del sistema di istruzione garantendo il diritto ad ogni persona di accedere a tutti i gradi del sistema scolastico e formativo, mantenendo la centralità della scuola pubblica nell'offerta formativa sul proprio territorio.
2. Le norme generali e i principi fondamentali sull'istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, definiti a livello nazionale ai sensi dell'articolo 177 della Costituzione, costituiscono la base sulla quale la Regione organizza e sviluppa le proprie politiche in tali materie, in modo che siano garantite le pari opportunità e l'uguaglianza formale e sostanziale nell'esercizio dei diritti dei cittadini e la valorizzazione degli Enti locali e funzionali.
3. La presente legge detta la disciplina dell'esercizio da parte della Regione e degli Enti locali delle funzioni amministrative relative all'istruzione ed alla formazione professionale.
4. La Regione favorisce il proseguimento degli studi laddove vi si frapponga la mancanza di mezzi economici.
5. La Regione favorisce la valorizzazione della scuola come centro di aggregazione di cultura e partecipazione alla vita sociale".
Ha chiesto la parola il Consigliere Placido; ne ha facoltà.



PLACIDO Roberto

Intervengo sull'emendamento 464 e continuo l'intervento del collega Tapparo.
Quando andavo a scuola - erano i tempi di Khomeini - c'era uno slogan di prima maniera. "L'ayatollah agita la sottana". Oggi, si può dire non "la rivoluzione è musulmana", ma "la scuola è musulmana", perché questa è la prospettiva. Ci sono 230.000 studenti mussulmani in Italia, ma la proiezione, secondo un autorevole quotidiano, è che, nel giro di qualche anno, diventino 600.000. Se prendiamo i dati pubblicati dall'IRES su Torino ed in Piemonte, si rileva la tendenza alla crescita degli studenti di provenienza extracomunitaria e di religione mussulmana.
Sarebbe un errore pensare che il discorso della scuola paritaria e del buono scuola vada verso la scuola confessionale. La nostra non un'opposizione a una concezione di scuola confessionale che, per certi versi, è superata, ma esiste comunque questo problema, perché quando si verificano certe situazioni, una volta che si sono create diventa poi difficile ritornare indietro. Il collega Tapparo, che è attento a queste cose, ha citato, ieri o l'altro ieri, i mormoni e varie sette, ma fermiamoci alle religioni riconosciute.
Non riteniamo questo un provvedimento confessionale, ma riteniamo che sia un provvedimento socialmente iniquo, che è un altra cosa. Sono finiti i tempi delle crociate anticonfessionali. Lo voglio ripetere, come termine di paragone: abbiamo votato convintamene il provvedimento sugli oratori. Se il nostro fosse un problema di natura confessionale, non lo avremmo fatto.
Il problema è un problema di equità sociale. In uno scenario, come quello che ho descritto nella precedente dichiarazione di voto, quando si è toccata la questione della scuola professionale e delle risorse sottratte alle borse di studio universitarie e all'assistenza scolastica, non si pu pensare di destinare 18 milioni, ammesso che ci siano, a quello che prima il collega Riba ha chiamato "corredo".
In attesa del corredo, sono curioso di verificare l'esistenza delle risorse, ma se anche questa nostra curiosità fosse malauguratamente soddisfatta, resta una situazione di assoluta mancanza di risorse per tutte le altre esigenze che abbiamo indicato.



PRESIDENTE

Ha chiesto d'intervenire la Consigliera Suino; ne ha facoltà.



SUINO Marisa

Con questo emendamento, sottolineiamo l'aspetto relativo alla necessità che il sistema favorisca il proseguimento degli studi, laddove si frapponga mancanza di mezzi economici. Questo aspetto merita una qualche riflessione aggiuntiva, tenuto conto che in Piemonte è elevato il numero degli abbandoni scolastici dopo il primo anno di frequenza della scuola superiore.
Abbiamo una situazione di crescenti iscrizioni, soprattutto nelle fasce dei bimbi molto piccoli (materna, nidi, scuola primaria), ma abbiamo anche un incremento significativo di iscrizioni negli atenei piemontesi, anche se il dato in uscita non è altrettanto confortante. Dobbiamo ricordare che, se gli immatricolati risultano, il primo anno, circa 15-16mila, in uscita ne ritroviamo dopo più poco più di 8mila, circa la metà. Per quanto riguarda i diplomati, si ha quasi la stessa percentuale, con la perdita di quasi la metà degli iscritti.
Un simile dato già di per sé farebbe ritenere doveroso l'intervento con politiche scolastiche adeguate, evidentemente di sostegno. E' quel paniere cui facevamo riferimento prima: la franchigia, la questione della mobilità, la questione della mensa, la questione di un sostegno reale che favorisca il non abbandono dopo il primo anno di frequenza alle scuole superiori. E', di fatto, la situazione che ci ritroviamo a vivere in tutto il Piemonte, con una concentrazione più diffusa nella realtà torinese per un dato di maggiore presenza anagrafica: l'elevato l'abbandono dal secondo anno in poi della scuola superiore.
Questa situazione influisce chiaramente sulla vita futura degli studenti e, a maggiore ragione, sulle scelte lavorative e sulla loro prospettiva di vita, da un punto di vista occupazionale.
Lo stato dei bilanci pubblici porterà inevitabilmente ad allargare il ricorso alla selettività. Si avrà come risultato una forzatura ulteriore che diventa a questo punto sempre meno evitabile, nei confronti della riduzione dell'offerta pubblica, con un ulteriore affievolimento della risposta ad una domanda e dell'efficacia ridistributiva di uno stato sociale. Il risultato, se si perseguono scelte di questo tipo, è, dal nostro punto di vista, di aggravare ulteriore la disuguaglianza e la discriminazione, poiché si aumenta il tasso di selezione sulla popolazione.
Ecco perché continuare a richiamare l'attenzione su una spesa mirata e ben calibrata, nella direzione del sostegno generale, del sostegno per tutti, è, per noi, un fatto prioritario.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



RIBA Lido

Ritengo particolarmente preoccupante che da parte dell'Assessore, cioè da parte di chi gestisce quest'iniziativa, non si tenga conto del fatto che il sistema scolastico pubblico è sicuramente messo fortemente in difficoltà dalla mancanza di risorse e anche da una strategia della ristrutturazione dell'impostazione formativa, che continua a oscillare sulla base di diversi elementi di destrutturazione.
Se andasse avanti l'ipotesi che viene prospettata, Assessore Leo, ci troveremo nella condizione di utilizzare una parte consistente di risorse altrimenti destinate a rendere più economico, per le famiglie, la fruizione del servizio pubblico, delle attività formativa e dell'attività scolastica.
Non è così, perché il servizio pubblico scolastico comporta un suo tipo di onere, una sua spesa che è tale, complessivamente, anche a prescindere da una riduzione o meno del numero dei ragazzi che frequentano la scuola pubblica. In ogni caso, ma con molta serenità, faccio riferimento a qualche dato che mi è rimasto come memoria storica del mio lavoro di funzionario della pubblica istruzione, che ha seguito direttamente questo tipo di gestione.
La spesa complessiva per l'educazione scolastica oscilla attorno al 6 ed è una spesa sostanzialmente fissa in rapporto al prodotto interno lordo.
E' una spesa fissa e rigida. Vi è, tra l'altro, il mantenimento di una spesa percentuale rispetto al prodotto interno che si mantiene costante e tenderebbe, comunque, a non aumentare, nonostante che l'attività formativa presenti esigenze molto più ampie, tipo l'insegnamento linguistico, che comporta l'utilizzo di laboratori. Abbiamo bisogno di tecnici e di laboratori informatici, quindi la scuola costa sempre di più. Naturalmente soprattutto costa di più la scuola di formazione tecnica e di formazione professionale.
Siamo in una situazione di risorse scarse, di tendenza dello Stato a ridurre la quantità di risorse da indirizzare verso la scuola.
Contemporaneamente, creeremmo la condizione perché le famiglie siano agevolate, e non tanto per la frequenza delle scuole tradizionalmente organizzate e gestite dagli ordini religiosi, che oggi devono scontare una crisi delle vocazioni, sia per la parte che riguarda i Salesiani che per la parte che riguarda le formazione secolari. In questa situazione, anzich cercare di rendere più economica l'erogazione del servizio pubblico nelle sue due versioni, quella statale e quella non statale, noi diamo all'utente, cioè alle famiglie, una dotazione finanziaria stabilità sulla base di discutibili parametri. Dotazione finanziaria che poi nemmeno ci sarà, perché questi fondi in bilancio non li abbiamo e non li possiamo reperire, com'è già stato detto, e come mi pare che traspaia anche dal fatto che è stato presentato un progetto di legge non corredato dalla certezza della disponibilità finanziaria. Quindi, potremmo cominciare a discutere prima dell'esistenza della disponibilità finanziaria e di come si vuole reperire, perché qui rischiamo anche di doverla reperire a carico di altri capitoli di spesa della Regione. Non mi risulta che ci sia una stanziamento riservato, nel bilancio del 2003 e negli esercizi successivi che garantisca questa disponibilità, ma noi diamo alle famiglie un buono scuola - un voucher, come lo ha chiamato correttamente il Consigliere Ronzani - per andarsi a comprare sul mercato un'attività formativa, una prestazione di tipo scolastico.
Il risultato sarà che i servizi scolastici saranno progressivamente depotenziati, com'è già nelle intenzioni. Dall'altra parte, sarà date a delle persone la possibilità di comprare una parte del sistema formativo che evidentemente non corrisponderà a un progetto, perché con quei tre milioni lì non compri niente, ma riesci a creare un mercato che ha a disposizione risorse che saranno sicuramente attratte da una libera iniziativa imprenditoriale, quello che rimarrà della scarsa e difficoltosa organizzazione del servizio scolastico pubblico.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Manica per dichiarazione di voto ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Nel corso della nostra discussione, a dimostrazione dell'utilità della stessa, abbiamo l'occasione di poter sviluppare vari aspetti di questo provvedimento. Abbiamo potuto sviluppare aspetti che riguardano il contesto in cui si colloca lo stesso contesto del dibattito costituzionale sull'articolo 33, i sui rapporti con l'articolo 7. Abbiamo potuto sviluppare elementi di riflessione che riguardano la contestualizzazione di quella scelta costituzionale rispetto alla fase attuale, il significato di leggi importanti come la legge n. 62, come le stesse leggi Bassanini e il quadro che si configura, ma anche la modifica del Titolo V della Costituzione e i nuovi compiti attribuiti alle Regioni.
Questi sono, senz'altro, elementi utili che stanno arricchendo la cultura, Assessore Leo, ma anche aumentando la mole degli appunti che lei sta da lungo tempo prendendo e su cui potrà meditare nel corso del fine settimana, fatto salvo il tempo che dedicherà alla messa, come ci aveva già precisato prima.
Detto questo, alcuni colleghi hanno posto anche l'accento su alcune problematiche che riguardano il contesto di bilancio della Regione Piemonte. Siamo in una fase in cui, discutendo ancora degli elementi compiutamente sostitutivi alla proposta d'emendamento, non siamo ancora alla discussione degli elementi specifici e della sostituzione dei commi specifici, in particolare il comma sette dell'emendamento che recita: "Agli oneri previsti dalla presente legge, quantificati in euro 8 milioni, si fa fronte secondo quanto disposto dall'articolo 8 della legge regionale n.
7/2001 e dell'articolo 30 della legge regionale 2/2003".
Non vi è nulla che contrasti in modo cogente il fatto che si possa inserire la norma finanziaria dentro l'emendamento. Certamente è cosa che solitamente nei nostri provvedimenti non facciamo; certamente c'è il problema che qui manca qualsiasi ordine di relazione finanziaria anche se a nostro avviso, vi sono dei problemi rispetto alla stessa legge di contabilità che la Regione ha adottato. Quindi, c'è un ordine di problematica relativa alla metodologia seguita che ha qualche rilievo ed è abbastanza preoccupante. Tutto questo crea dei problemi ulteriori.
Quando abbiamo svolto l'ultima discussione sul bilancio abbiamo dovuto . Assessore Leo, lei se lo ricorda . fare una battaglia piuttosto consistente . non da parte della maggioranza, ma dell'opposizione . per inserire dei fondi sull'edilizia scolastica e sul diritto allo studio. Mi sembra che, alla fine, abbiamo spostato circa dieci miliardi di vecchie lire suddivisi tra le varie voci. E' una battaglia che abbiamo dovuto fare noi, con le nostre forze insufficienti.
Sappiamo che abbiamo un bilancio ormai rigido, su cui non si possono operare significative variazioni. Quindi, tutto quello che mettiamo in termini finanziari su questa partita è qui, Assessore Leo. Tutto questo ci rende ancor più perplessi rispetto a quella politica dei due tempi sul diritto allo studio che lei, in quest'Aula, ci sta proponendo, non solo per ragioni di contenuto - poi svilupperò ulteriormente questo punto . ma a partire dalla rigidità del bilancio e dall'assoluta indisponibilità finanziaria davanti alle quali lei si troverebbe. Non vorremmo che soccombesse al Presidente Ghigo e all'Assessore Pichetto, come le è già capitato altre volte.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marcenaro; ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Come ho detto prima, concludendo l'illustrazione dell'emendamento precedente, penso che sia utile a questa discussione il tentativo di verificare e approfondire alcune delle ragioni che spingono una parte delle famiglie a mandare i propri figli alla scuola privata. Dico questo perch secondo me, se vogliamo fare un confronto serio, dobbiamo cercare di distinguere le cose importanti e, soprattutto, cercare di non introdurre nella nostra argomentazione quei motivi sostanzialmente demagogici che rischiano, invece, di renderlo più confuso e ambiguo.
Nella scelta che una parte delle famiglie fa nei confronti della scuola privata, come sapete, s'intrecciano motivi diversi. Voi sapete che ci sono persone che scelgono la scuola privata semplicemente perché è l'unica a disposizione in un raggio ragionevole e accettabile per mandare i propri figli a scuola, semplicemente. Voi sapete che ci sono, ad esempio, persone e famiglie che scelgono di mandare i propri figli alla scuola privata perché gli orari sono compatibili con quelli del loro lavoro e della loro vita, cosa che molto spesso, invece, la scuola pubblica non offre. Sapete che ci sono persone e famiglie che mandano i loro figli alla scuola privata semplicemente perché - questa, secondo me, è una delle motivazioni più importanti - si tratta di una scuola dove i ragazzi vivono in una situazione che viene considerata più protetta, al sicuro da una serie di rischi e di pericoli che normalmente, in particolare nella scuola pubblica sono maggiormente presenti.
Per quale motivo dico questo? Quando si dice, secondo me con un'intonazione che considero un po' demagogica, che si vuole allargare anche alle famiglie più povere la possibilità di partecipare alla scuola privata si trascura il fatto che una delle ragioni per cui una parte delle famiglie decide di mandare i propri figli nella scuola privata è proprio per tenerli lontano dai poveri, perché a questi poveri sono molto spesso legati, come sapete, problemi, tensioni e difficoltà.
Dico questo per chiarire che non voglio negare che esistano anche ragioni ideologiche, culturali e centrate sui valori nella scelta della scuola privata, ma credo che si possa sostenere ragionevolmente che esse indirizzino le scelte di una percentuale minoritaria delle famiglie.
Secondariamente - ne parlava, tra l'altro, il Consigliere Muliere in un suo intervento - anche la questione della qualità della formazione nella scuola privata e nelle scuole cattoliche è, oggi, in qualche modo riconsiderata e ridiscussa per ragioni obiettive. Voi sapete benissimo che gli insegnanti che lavorano nella scuola privata, e anche nella scuola cattolica, hanno una retribuzione inferiore a quelli che lavorano nella scuola pubblica, un livello di sicurezza dell'impiego inferiore a quello della scuola pubblica. Ciò produce una selezione, produce quella situazione per cui chi ha più numeri e maggiori capacità, normalmente, tende ad andare dove vi sono retribuzioni migliori e un lavoro più sicuro, e non viceversa.
Voi sapete che c'è un intreccio fra l'evoluzione della qualità della formazione . in questo caso, nella scuola cattolica - e un fenomeno come quello della crisi delle vocazioni. Se si accettano i gesuiti, che continuano a mantenere un profilo del tutto particolare in moltissime scuole cattoliche, il reclutamento degli insegnanti avviene in quel caso specifico su una base diversa.
Se si provasse a considerare questi elementi, offriremmo al nostro confronto una base più realistica, che ci permetterebbe di considerare la questione della quale stiamo parlando al di fuori delle dimensione così marcatamente ideologica che rende difficile il confronto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Mentre mi stavo chiedendo il perché di quest'insistenza su questa seduta notturna, mi sono ricordato che questa maggioranza aveva avuto la testardaggine di presentarsi per una seduta notturna soltanto in un'altra circostanza e, probabilmente, aveva difficoltà a passare alla storia come una maggioranza coesa e capace di seduta notturna soltanto per la vicenda dell'aumento della retribuzione dei Consiglieri.
La mia Capogruppo, tra l'altro, ricorda che non porta bene alla maggioranza questo fatto di insistere sulle sedute notturne. Penso che ci sia un partito trasversale che in questo momento desidererebbe un letto piuttosto che la poltrona dell'Assessore Vaglio e il banco dell'Assessore Pichetto. Però, devo dire che, in merito alla questione del finanziamento di questo provvedimento, la seduta notturna non aiuta ad operare quel ripensamento che la maggioranza dovrebbe fare sul provvedimento stesso. Noi lo abbiamo posto, l'Assessore ne può dare testimonianza, perché è stato praticamente l'unico che ha seguito con costanza il dibattito.
Al di là di tutto quanto, abbiamo posto seriamente la questione di che cosa oggi è principale e di che cosa è secondario. Sicuramente, è principale l'intervento per quanto riguarda il garantire pari opportunità quindi questo provvedimento appare secondario, in questo momento, e anche pericoloso. In generale, è pericoloso scegliere il secondario quando c'è qualcosa di principale, perché può alterare la dinamica corretta dei processi.
In questo momento, è addirittura disastroso, perché, in presenza di una riduzione di risorse, questo provvedimento arriva per peggiorare le ingiustizie, com'è stato detto bene dalla collega Suino in un intervento precedente, peggiorando quindi quello che dovrebbe essere l'intervento sul principale, il tutto in una condizione d'enorme incertezza.
Voglio sottolineare all'Assessore un elemento: quale sarà il futuro del nostro bilancio l'anno prossimo e l'anno prossimo ancora? Cosa succederà se possiamo finanziare questa legge per quest'anno e i prossimi anni non ci saranno le risorse? Avremo indotto un bisogno e avremo costruito un mercato che spingerà una serie d'operatori economici a fare degli interventi in un settore che rischia di non essere alimentato dalle risorse regionali, a meno che non si segua una strategia perversa, che, per esempio, in sanità qualcuno vorrebbe perseguire, quella di ridurre la qualità del servizio pubblico in modo tale che diventi quasi indispensabile ricorrere al privato, anche a costo d'enormi sacrifici. Oggi, è molto pericoloso fare questo tipo di scelta, per cui un ripensamento, Assessore, non sarebbe sbagliato.
A proposito della dispersione scolastica e dell'emendamento specifico che proponiamo, le voglio ricordare un dato: il numero di laureati dell'anno scorso è di poco superiore alla metà del numero degli iscritti.
Questo dà l'idea di come ci sia un'incredibile selezione all'università, una dispersione che è una grande iattura. E' una selezione che deriva da responsabilità del mondo universitario, perché i professori universitari che considerano la cattedra universitaria una sinecura sono una grossissima iattura, così come lo sono i corsi universitari ridotti semplicemente a un esamificio. Questo significa che l'Italia è il fanalino di coda per quello che riguarda il numero di laureati a livello europeo.
Battiamoci affinché i nostri ragazzi possano laurearsi, perché sono la principale risorsa che possiamo mettere in campo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Continuando la riflessione del collega Riggio, è vero, il nostro paese in Europa ha la più alta percentuale d'abbandono scolastico, soprattutto nelle università. Riprendendo anche una riflessione che abbiamo svolto più volte in questo dibattito, per noi questo segna un handicap molto forte ripeto, nella competizione con altri paesi. Mentre stiamo discutendo di buoni scuola, c'è una situazione di questo tipo che, forse, dovremmo affrontare con più attenzione.
Ritorno su un'altra questione non secondaria, quella delle risorse: per assurdo, Assessore, pur non condividendola, per affrontare seriamente questo disegno di legge secondo la vostra impostazione bisognerebbe dedicare molte più risorse di quelle che, invece, voi destinate. Sono convinto che con questi 18 milioni di euro non darete soddisfazione ai vostri obiettivi. In altre parole, rischiamo di diminuire le risorse sulle altre leggi vigenti che sono rivolte al diritto allo studio e che riguardano il 95% degli studenti piemontesi, ma destiniamo questa parte di risorse all'applicazione di questo disegno di legge.
Ripeto, queste risorse sono insufficienti, sicuramente saranno insufficienti, non daranno un supporto tangibile nell'affrontare questa questione.
Quindi, Assessore, la questione delle risorse è una questione reale.
quest'anno destiniamo 18 milioni di euro, ma quello che hanno detto altri colleghi è vero. Cosa faremo i prossimi anni? Stiamo discutendo una legge ci stiamo impegnando in questo dibattito. Dopodiché, resta il problema delle risorse per cercare di salvaguardare la legge sul diritto allo studio. Dove troveremo le risorse necessarie per fare tutto ciò? Siccome sono convinto, almeno questa è la mia convinzione, che per invertire la tendenza, per dare un segnale forte e preciso per quanto riguarda le scuole private e le scuole paritarie, bisognerebbe fare un altro programma, non destinare queste risorse solo per aiutare le famiglie ad iscrivere i propri figli alle scuole paritarie. Bisognerebbe mettere in campo un altro tipo di progetto, avere altre risorse che oggi non ci sono.
La cosa che volevo chiederle da ieri mattina è la seguente, Assessore.
Sono convinto che il suo obiettivo, quello di cercare di salvare una parte delle scuole private oggi presenti sul territorio del Piemonte, non sarà raggiunto. Sono convinto che non si riuscirà. Lei non riuscirà a raggiungere quest'obiettivo perché i problemi delle scuole private oggi sono altri. Con questo meccanismo non si riuscirà a salvare quelle scuole private. Noi pensiamo che molte di quelle scuole private andrebbero salvate, ma non si può fare in questo modo, bisogna avere altre idee. E' questo il punto, dobbiamo discutere su questo.
Assessore, mi convinca, ci convinca se è questa la strada. Noi non lo pensiamo, non pensiamo che questo sia il modo per salvaguardare e salvare le scuole paritarie e le scuole private che stanno chiudendo sul nostro territorio. Molte di queste scuole, è vero, stanno chiudendo per tanti motivi, e uno di questi motivi è quello che ha ricordato anche prima nel suo intervento il Consigliere Marcenaro. La questione del livello qualitativo che riescono a garantire queste scuole e la qualità dell'offerta che esse danno è importante. Ecco perché, Assessore, siamo convinti che questa impostazione non raggiunga gli obiettivi che lei si è posto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mellano.



MELLANO Bruno

Signor Presidente e colleghi, forse perché mi sono risparmiato nei giorni scorsi le sedute che, invece, voi avete nutrito d'attenzione e di discussione, essendo arrivato in tarda serata, ho sentito molti dei vostri interventi, soprattutto gli interventi del centrosinistra, ovviamente, con motivazioni che presumo in questa fase anche un po' più stanche che in altri momenti, Ho avuto lo stimolo di fare alcune riflessioni, senza ancora rubare troppo tempo.
Ho sentito i Consiglieri Tapparo, Placido, Suino e adesso Muliere.
Proprio per le cose che dicevano, mi convinco sempre di più che lo strumento dei buoni scuola sia uno strumento che possa dare risposte, cioè l'esatto contrario di quello che ci diceva il Consigliere Muliere adesso ma per la stessa analisi che Muliebre stesso ha fatto.
Il problema di fondo è la qualità dei servizi che le scuole devono dare. Se noi vediamo questo strumento all'interno di una fotografia dell'esistente può avere ragione il Consigliere Muliebre. La legge non è lo strumento che salverà alcune scuole in difficoltà, ma questo non è l'obiettivo, almeno non è l'obiettivo nostro, l'obiettivo forse dell'Assessore, che magari sbaglia, ma sbaglia per generosità, secondo me perché rischia di costruire un meccanismo che forse a lui non piacerà del tutto, ma che permette alle famiglie e ai cittadini di scegliere. L'esempio che mi veniva in mente è un esempio che sicuramente il Consigliere Marcenaro preciserà, però mi sembra che i servizi all'impiego in Inghilterra siano proprio su funzioni di bonus al disoccupato che ha in mano un carnet di servizi. Il disoccupato va dallo psicologo, dal consulente, dal formatore e dal servizio di consulenza specializzato. E' un carnet pubblico, pagato dal pubblico, che dà in mano al disoccupato gli strumenti necessari per cercare il proprio lavoro e per ricollocarsi nel mondo del lavoro. Questo deve essere il buono scuola, un carnet di servizi dato in mano al cittadino e alla famiglia per cercare la formazione giusta l'istruzione giusta, la cultura giusta per la famiglia, per quella famiglia, per quel pezzo di società che è la famiglia, che è l'individuo.
Questo può essere un esempio che ci può aiutare a ragionare, perch credo che i buoni scuola letti in quell'ottica siano uno strumento che forse non va a cogliere appieno le esigenze di una parte di società, quella che magari è venuta anche qui questa sera.
E' certo che si può creare una dinamica diversa, quella dinamica che mi sembrava un po' troppo pericolosamente e facilmente sbandierata da alcuni colleghi come Tapparo, ma anche come Placido, che dicevano: "Attenzione, ci sono le scuole islamiche che possono aprire". Questo non è un pericolo se la scuola islamica deve essere rispettare i canoni della nostra legislazione generale e tutti i requisiti di democrazia e di laicità. Certo che se l'esempio è un altro, come si è fatto - lo dico per amicizia, ma con durezza, con la legge sugli oratori, che il Consigliere Placido ci ricordava come esempio di comportamento non confessionale di certa opposizione di centrosinistra, rispondo: "Andate a vedere cosa sta succedendo con quella legge che avete votato nei comuni che amministrate".
Faccio solo l'esempio della gestione del cinema ABC di Ivrea, cinema che negli scorsi anni ha creato cultura, attività formative e informative a vastissimo raggio. Essendo tale cinema di proprietà della Curia, il giorno dopo che questo Consiglio regionale ha approvato la legge sugli oratori la Curia ha disdetto la convenzione con l'associazione giovanile che gestiva quel cinema per recuperarlo a fini confessionali, esclusivamente confessionali. Ricordo che la manifestazione più dirompente che avveniva in quel cinema, la stagione dei film a tematica omosessuale, ovviamente non si svolge più ad Ivrea, nonostante il favore del Comune.
Il problema non è di essere confessionali o non confessionali, il problema è capire se gli strumenti possono creare dinamiche positive. Credo che una dinamica più positiva possa essere quella legata ai buoni scuola più positiva sicuramente di questo Stato che paga insegnanti di religione cattolica, scelti, nominati e revocati dal Vescovo. Il discorso dei buoni scuola è più ampio e diverso. Il mio è stato un tentativo di ragionare sulle cose che ho sentito questa sera, possibilmente con onestà e trasparenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Ascoltando l'intervento del Consigliere Mellano, riflettevo sulle politiche occupazionali del Governo inglese, che non so che efficacia abbiano. Mi pare che al disoccupato vengano dati dei bonus da spendere. Non so se alla fine il disoccupato trova lavoro, però un certo numero di disoccupati che ricevono quel bonus danno un lavoro allo psicologo e a qualche consulente. Qualche attività legata all'occupazione c'è, il problema è vedere se il risultato è quello che ci si aspettava. Non mi sembra un modo splendido di utilizzare i fondi. Forse sarebbe meglio creare volani occupazionali. Sono curioso, perché ho già riflettuto sul fatto che ci sono politiche, introdotte anche in Italia, la cui sicura funzione è stata quella di far lavorare coloro che si occupano di disoccupazione. La disoccupazione resta, però è diventata una questione su cui s'interviene su cui si crea lavoro, il tutto collegato alla politica di liberalizzazione che è avvenuta. Quindi, mi convince poco l'esempio fatto, che non è positivo, mentre sono più preoccupato dagli effetti negativi che l'introduzione di quelle politiche hanno avuto in tanti settori e che si verificheranno, andando avanti di questo passo, anche nel campo della formazione. C'è già un effetto sul bilancio, perché abbiamo sentito dire che l'utilizzo dei fondi scolastici per finanziare la legge dei buoni scuola sottrae risorse ad altri settori. E' quanto sta già avvenendo, se quest'anno, a differenza degli anni scorsi, quei fondi non tornano nel settore della formazione. Questo vuol dire che si spende di meno. Gli anni scorsi era successo che l'insieme di risorse spese nel settore della scuola venivano considerate il primo anno come straordinari, il secondo anno ancora come straordinari. Se tu quest'anno non eroghi più quei fondi come straordinari, vuol dire che ne spendi meno degli anni scorsi. Esiste, a mio avviso, nei fatti una sottrazione di risorse che credo debbano tornare alla formazione, come dicevo già prima in un intervento. Mi pare una scelta sbagliata - non so se dipenda dall'Assessore, oppure se sia frutto della scelta di un funzionario - quella di rendere rigidi i vincoli. Siamo di fronte a una scelta che porta poi a questo tipo di conseguenza, a sottrarre al sistema scolastico, che già affronta una serie di gravi problemi risorse.
Nel mentre, discutiamo di un provvedimento che, così com'è costruito non mi sembra avrà efficacia, né nell'intervenire in una crisi di un sistema scolastico che si vuole aiutare, né per realizzare una politica scolastica utile. Credo che invece sarebbe di gran lunga più efficace rafforzare settori e politiche che già funzionano e che invece sono sottoutilizzate e sottofinanziate, ed è quello che suggeriamo all'Assessore. Quindi, mi pare che andrebbe fatta una riflessione in questa direzione, perché, ripeto, affrontare una crisi senza vederne le ragioni che indubbiamente ci sono, non permette di legiferare con efficacia.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Ho deciso di continuare il colloquio con tutti i colleghi, inserendo nel nostro dibattito un documento che ritengo molto interessante e significativo, che non condivido per nulla e che considero piuttosto preoccupante. Quindi, ritengo importante inserirlo a pieno titolo nei lavori del Consiglio Regionale.
Lo leggerò per cinque minuti alla volta, e intendo leggerlo tutto. Si tratta del documento prodotto dall'Ufficio Diocesano Scuola di Torino intorno al settembre 2001, intitolato "La parità appartiene al bene comune", con l'occhiello che recita: "Un messaggio di libertà rivolto a tutta la scuola". D'ora innanzi, i miei interventi saranno costituiti dalla lettura integrale di questo testo, perché secondo me è utile sapere cosa sta dietro le pressioni che tutti noi abbiamo avuto per approvare questa legge.
Inizio la lettura, partendo dalla Presentazione.
"La storia del nostro paese la si potrebbe anche scrivere narrando le libertà che, a poco a poco, gli italiani si sono conquistati; allora la si dovrebbe considerare storia bella per un lato, e per l'altro però non finita.
Il testo che avete tra le mani riguarda un tratto di quest'ultima precisamente la non finita vicenda della piena libertà scolastica nazionale.
Dico 'piena libertà' perché dir soltanto 'libertà' sarebbe far torto alla nostra maturità civile, quella espressa dalla Costituzione: In Italia non c'è chi intenda negare, ritengo, che 'enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti ed educazione' (Cost.
articolo 33); c'é invece chi pensa ancora le che la Repubblica italiana che s'è data quella Costituzione, come una Repubblica arcigna e gelosetta chiusa nel castello degli avi a dire: 'La padrona sono io'.
Una repubblica insomma che non è né tanto né poco la nostra, quella appunto quella della Costituzione: Repubblica bella, amabile e ariosa, la quale 'riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazione sociali dove si svolge la sua personalità' (Cost. articolo 2) e perciò s'assume il necessarissimo compito di 'rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana' (Cost. art 3).
Questa è Repubblica nella quale si sta volentieri, ed è la nostra.
Il nostro testo riprende alcune tematiche d'un ormai lunghissimo cammino, che è stato anche definito aspro, verso l'obiettivo civile e democratico della parità scolastica: Il 18 maggio 1998 mons. Nosiglia Presidente del Consiglio nazionale della Scuola Cattolica, ha scritto a tutti i Vescovi italiani ricordando loro che i cattolici stanno vivendo con la loro scuola un momento delicato, per certi aspetti decisivo per la sua sopravvivenza, e che la parità è un punto chiave della questione.
Passaggio parlamentare difficile, pregiudizi e luoghi comuni, campagne di stampa ben orchestrate creano difficoltà che sono note a tutti: ma ben lontana da ogni vittimismo, la nostra coscienza di cristiani e di cittadini si sente piuttosto spronata all'impegno. Dio non voglia che noi attraversiamo questo tempo con scarso senso di responsabilità, nel peccato dell'apatia, proprio quando tutte le circostanze invocano intelligenza tempismo, senso del futuro.
E' dunque la piena libertà scolastica che ci piace, come una di quelle libertà robuste e feconde che danno il segno del valore d'un popolo.
Noi cattolici siamo infatti preoccupati per le nuove generazioni.
Sentiamo il loro immenso bisogno di verità, di significato, difendiamo il loro diritto a valide speranze e a veri ideali".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Intervengo adesso perché, quando si arriverà al voto finale, può darsi che la lucidità mi difetti, ma non vorrei fare mancare all'Aula il mio contributo. Magari nei prossimi interventi potrei cedere qualche spazio, se questo è consentito dalla procedura, come è consentito al collega Chiezzi per la lettura, peraltro interessante, di un documento. Mi sono venuti in mente altri momenti in cui, in Aula e anche in Commissione, si usava interloquire nel dibattito leggendo documenti. Tornare giovane fa sempre piacere.
Su un libro che consiglio ai non torinesi, ma anche ai torinesi, che s'intitola "Storia insolita di Torino" è ricordato in maniera didattica come questa città e il Piemonte abbiano avuto un loro momento di sviluppo fondamentalmente per due ragioni, che sono normali per il territorio italiano. Innanzitutto per lo sviluppo della cultura, in questo caso dell'università.
Torino è stata, anche a frutto di lotte, centro di eccellenza nel mondo universitario, già dal Trecento, e anche delle comunicazioni. Questo ci riporterebbe all'alta velocità, che tratteremo in un altro momento.
La scuola è certamente esercizio di un diritto e anche - può piacere o meno, ma qualora piaccia di meno rimane un elemento di realtà - elemento di competizione tra collettività appartenenti alla stessa area geografica perché la scuola è elemento ineludibile di formazione della classe dirigente.
Coloro che amano leggere e documentarsi sanno che il sistema scuola italiano, al di là della valutazione oggettiva che se ne può dare oggi, è oggi meno competitiva di quanto al sistema Paese servirebbe. Cito volentieri un documento che mi venne fornito a suo tempo dall'allora Segretario confederale della CGIL Marcenaro, nel quale si richiamava la necessità della formazione sia come elemento di riqualificazione, ma anche come elemento di necessaria predisposizione degli strumenti, in questi casi umani, per adempiere la sfida del mantenimento del livello di sviluppo conseguito e, perché no, di conseguirne uno migliore. Può non piacere, ma rimane perlomeno elemento di discussione, immaginando che il sistema scuola non sia sufficientemente competitivo - io sono tra coloro che lo sostengono. Le cause possono essere molto diverse, ma è importante identificare modelli che tentino di renderlo più competitivo.
E' del tutto equivalente ai ragionamenti che si potrebbero svolgere con il mondo della sanità, ma in questo caso l'Assessore D'Ambrosio, com'è stato precisato precedentemente, non è più operativo. Ammettendo che servisse ricordarlo, rimando la questione a uno dei sicuri e tanti dibattiti sulla sanità che, come sono certo, la nostra aula, una volta votata questa legge, avrà di nuovo modo di affrontare.
Alcuni di noi sostengono, magari in maniera non condivisibile ma certamente almeno legittima, che l'utilizzo di sistemi di cultura privata possa servire. Essendone convinto fautore, non ho dubbi nel ripetere che quando sarà il momento di votare la legge, la sosterrò ovviamente non soltanto per la mia appartenenza alla maggioranza, pur convinto che purtroppo sia una legge molto inferiore - in parte mi ricollego a quel che diceva il collega Mellano - rispetto a ciò che sarebbe necessario.
D'altronde, si fa quello che si può, siamo figli di un'alleanza eterogenea siamo la conseguenza di un rapporto tra forze politiche, perciò non sempre quello che si vorrebbe conseguire è pari all'esito finale. Indubbiamente, è un tentativo timido, ma questa timidezza forse ha indotto alcuni disattenti a ritenere che non fossi personalmente, o magari con altri, favorevole. La verità è che criticavo, come l'amico Leo ben sa, l'eccesso di timidezza del provvedimento rispetto alle necessità, ma è sempre meglio un risultato timido anziché nulla.
Questa legge sulla scuola è molto lontana da quel che una maggioranza orientata sulle mie posizioni potrebbe proporre. Non è detto che l'esito sarebbe operativo perché ha ragione Chiezzi, come del resto dirò dopo. E' evidente che non si può far pagare il cittadino due volte, da un lato per la scuola pubblica, dall'altro con il contributo alla scuola privata. Chi è sulle mie posizioni, preferisce farlo pagare una volta sola.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Chiezzi ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Ho dichiarato quali sarebbero state le mie intenzioni in vista dei miei prossimi interventi. Dato che non ho avuto modo di scorgere, in base al tenore degli interventi pronunciati dai colleghi, differenze di impostazioni tra interventi generali, illustrazioni degli emendamenti e dichiarazioni di voto, prendo atto che il Presidente, nei confronti della mia intenzione dichiarata di dare un contributo al dibattito leggendo il libro intitolato "La parità appartiene al bene comune", ha deciso che non posso farlo durante la dichiarazione di voto. Non lo faccio, occorrerà più tempo, il libro finirà lo stesso, ma lo finirò un po' dopo invece di finirlo un po' prima. I colleghi avranno meno riferimenti e faranno più fatica se intendono seguirmi. Pazienza, non lo condivido, ma se il Presidente afferma che, in fase di dichiarazione di voto, si fanno solo dichiarazioni di voto, sia altrettanto rigoroso con i colleghi che, quando hanno la parola per dichiarazione di voto, fanno tutt'altro. Non vedo perché la mia facoltà di intervenire debba essere inibita solo in occasione della lettura di un testo, non trattandosi di un intervento ripetitivo come talvolta mi capita di fare.



PRESIDENTE

Non è un problema di intervento ripetitivo: un Consigliere può parlare anche sul merito, però quel che dice deve essere attinente alla dichiarazione di voto sul provvedimento specifico. La ringrazio in ogni modo, collega Chiezzi.
Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Anch'io, oggi pomeriggio, ho sentito delle dichiarazioni di voto abbastanza strane.
E' ovvio che una dichiarazione di voto rende comprensibile che si vota a favore o contro, che ci si astiene o che non si partecipa al voto, quindi è l'occasione per illustrare i motivi della scelta compiuta. In questo caso, mi oriento nel non partecipare al voto. Credo che, mettendo in chiaro quest'intenzione, emerga, da un punto di vista formale e sostanziale, la mia posizione nei confronti del provvedimento. Da una parte, non condivido totalmente i contenuti degli emendamenti, dall'altra ritengo che questo tipo di legge vada bocciata. Alcuni miglioramenti non modificano sostanzialmente il mio giudizio negativo. Ritengo ininfluente l'attività emendativa che si è svolta nel corso del dibattito.
Assumendo questo tipo di orientamento generale nei confronti della legge non intendo, in occasione di molti emendamenti, partecipare al voto pur condividendo il tentativo di discussione del merito ed il fatto che ci sia chi vuole sviluppare un'attività emendativa concreta, vera, che porti ad un risultato. D'altro canto, noi stessi abbiamo presentato molti emendamenti, quindi si potrebbe affermare che c'è una contraddizione tra la presentazione degli emendamenti e il ritenere ininfluente il voto agli stessi. Tuttavia, abbiamo più volte dichiarato che la finalità della nostra azione politica è quella di far riflettere, al fine di indurre al ritiro del provvedimento. Anche gli emendamenti hanno la caratteristica di essere scritti per questa legge e hanno a che fare con essa così com'è, quindi lo scopo principale dell'attività emendativa non è, in definitiva, di produrre una legge diversa, ma di convincere la maggioranza e la Giunta che stanno conducendo un'azione sbagliata e che questo provvedimento è da ritirare. Se avessimo la possibilità, attraverso l'approvazione di molti emendamenti, di stravolgere la legge, allora praticheremmo quella strada fino in fondo, e probabilmente si otterrebbe lo stesso risultato, nel senso che una legge stravolta non interesserebbe più come tale all'Assessore Leo.
Sono varie le motivazioni che possono portare una votazione in una direzione o in un'altra, ma, ripeto, in questo caso sarà vi sarà una non partecipazione al voto, di volta in volta illustrabile con una serie di argomenti altrettanto validi.



PRESIDENTE

Indìco la votazione nominale (richiesta dai Consiglieri Cattaneo, Bolla e Gallarini) mediante procedimento elettronico, sull'emendamento rubricato n. 464.
L'esito della votazione è il seguente: Presenti e votanti 39 Consiglieri Hanno votato Sì 8 Consiglieri Hanno votato NO 31 Consiglieri Il Consiglio non approva Emendamento rubricato n. 465 presentato dai Consiglieri Manica, Marcenaro Suino, Riba, Placido, Ronzani e Muliere (e connessi emendamenti rubricati n. 466 e n. 467): L'art. 1 è così sostituito: "Art. 1.
1. La Regione Piemonte indirizza le proprie azioni di qualificazione del sistema di istruzione garantendo il diritto ad ogni persona di accedere a tutti i gradi del sistema scolastico e formativo, mantenendo la centralità della scuola pubblica nell'offerta formativa sul proprio territorio.
2. Le norme generali e i principi fondamentali sull'istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, definiti a livello nazionale ai sensi dell'articolo 177 della Costituzione, costituiscono la base sulla quale la Regione organizza e sviluppa le proprie politiche in tali materie, in modo che siano garantite le pari opportunità e l'uguaglianza formale e sostanziale nell'esercizio dei diritti dei cittadini e la valorizzazione degli Enti locali e funzionali.
3. La presente legge detta la disciplina dell'esercizio da parte della Regione e degli Enti locali delle funzioni amministrative relative all'istruzione ed alla formazione professionale.
4. La Regione favorisce: il proseguimento degli studi laddove vi si frapponga la mancanza di mezzi economici la valorizzazione della scuola come centro di aggregazione di cultura e partecipazione alla vita sociale la promozione di progetti di ricerca e di sperimentazione didattica mirate ad un generale elevamento della qualità del servizio scolastico pubblico".
Ha chiesto d'intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Continuo con la lettura del testo, come avevo già annunciato.
"Vogliamo assumerci la responsabilità di un loro benessere, delle nuove generazioni, che non si chiami soltanto 'discoteca' o comunque li destini a diventare semplicemente 'nani industriosi'.
Ci sembra che non si possa continuare a procedere come adulti sconfitti che non hanno più niente da dire se non 'guadagna, mangia e divertiti' ai loro giovani, agli adulti di domani.
Perciò crediamo nell'educazione, e dunque nella scuola.
Siamo convinti che senza un'interpretazione 'effettiva e convinta della esistenza' gli adolescenti sono buttati allo sbando, perché la loro persona si sciupa in giorni senza ideale e nei 'perché' senza risposta.
E questo è per noi il disastro che ci minaccia, il dolore della Chiesa.
Ecco perché vogliamo parlare di scuola, di scuola come libertà di educare al di là di ogni agnosticismo ed apatia, e di connessione necessaria tra la fede e la vita, l'originalità culturale e la cittadinanza italiana l'invenzione pedagogica e l'istituzione repubblicana.
'La scuola libera è un problema laico di tutti', è stato detto.
Verissimo. Direi ancora di più la scuola libera è semplicemente la naturalezza dell'uomo, il prolungamento della famiglia, l'equilibrio della società. Le considerazioni che questo testo offre sono un avvio a pensieri che diventino finalmente più ampi, più umani, più europei anche, ma soprattutto più adeguati all'insopprimibile esigenza di profonda autonomia educativa che è in noi".
Qui ha termine la Presentazione del libro, a cura del Mons. Giuseppe Pollano, delegato arcivescovile Scuola e Cultura.
Passo ora a leggere l'introduzione.
"La scuola in Italia non è nata come scuola di Stato. Prima che il ministro Coppino nel 1877, sulla base della legge Casati del 1859, radicata nella legislazione scolastica piemontese ed in quella del lombardo-veneto stabilisse - meritoriamente - l'obbligo l'obbligo scolastico per tutti nella scuola elementare, prima dunque che il recente Stato italiano ispirandosi al modello francese, avviasse il processo di istruzione dei cittadini entro il quadro unitario, la scuola preesisteva in Italia con molte tradizioni, per lo più legate alla vitalità delle Congregazioni religiose, alle disposizioni degli enti locali e alle libere iniziative di illustri cittadini, incoraggiate dal concorso dei governi.
Con lo sviluppo dell'obbligo scolastico nella lotta contro l'analfabetismo e per la formazione della propria classe dirigente, la scuola dello Stato unitario assunse immediatamente carattere egemonico. I governi stabilivano organizzazione e programmi di insegnamento, obbligando le istituzioni non statali a conformarsi ad essi per avere l'autorizzazione ad esercitare le proprie attività.
Veniva così posto, sotto la riserva di una concessione, quello che originariamente era un diritto riconosciuto; quell'autonomia in cui consisteva la storia di tante diverse comunità, e personalità singole di educatori, ognuna traente dal carattere di una propria vocazione le ragioni dell'attività pedagogica, fu sempre più misurata dalle leggi d'uniformità che lo Stato imponeva attraverso il principio del valore legale dei titoli di studio.
D'altra parte, l'estensione dell'obbligo scolastico ed il valore legale del titolo di studio determinarono un allargamento della popolazione scolastica, favorendo non solo lo sviluppo grandissimo della scuola di stato, ma anche delle iniziative dei singoli cittadini.
Un fenomeno relativamente recente, benché oggi quasi scomparso, è sembrato legare alcune di queste iniziative, specialmente legate al recupero scolastico, soprattutto ai vantaggi economici che ne derivavano, con la conseguenza di confondere progetti educativi con finalità lucrative.
Contrariamente ad esse, la scuola non statale di tradizione cattolica ha sempre avuto nei propri statuti solo la finalità educativa, espressa anche dall'assenza di finalità di lucro. Quest'ultima formula, d'altra parte, non deve dare luogo a equivoci, in quanto nacque in riferimento alla scelta di vita di povertà dei religiosi".
Grazie per l'attenzione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Trovo sicuramente interessante, ed anche in qualche modo formativo ascoltare testi come questo e mi dispiace che questo avvenga in un'ora abbastanza tarda, in cui il livello della mia capacità d'attenzione è molto basso. Devo dire che è un fenomeno che mi pare ampiamente generalizzato quindi in questa fase dei lavori trovo difficoltà ad intervenire perché mi chiedo se sia utile, in quanto si parla in un contesto in cui sono effettivamente parole al vento. L'unica preoccupazione che abbiamo è ormai lo scorrere dell'orologio e l'arrivo dell'ora in cui i lavori si concluderanno.
Tutto questo dovrebbe farci riflettere sull'organizzazione dei lavori perché svolgiamo un'attività che dovrebbe essere di una determinata importanza. Il fatto di svolgerla in momenti di relativa straordinarietà dovrebbe, d'ora in poi, indurci a programmare meglio i lavori, a patto che la straordinarietà dimostri di essere utile, il che non mi sembra che avvenga in questa fase. Forse ha ragione il Consigliere intervenuto precedentemente quando ha suggerito di segnalare che non abbiamo fatto una sola notte di dibattito, ma due, e ha esortato a un impegno non solo legato ai nostri meri interessi. Se è così, proseguiamo, ma ritengo che quanto stiamo facendo in questo momento non abbia molto senso. Non riesco a convincere Galasso, così come altri, di nulla.
Mentre mi apprestavo ad intervenire, pensavo che di recente il Governo Italiano ha recepito una direttiva dell'Unione Europea sull'orario di lavoro, che riguarda sia le mansioni realmente pesanti e più impegnativi sia quelle meno pesanti. Nella direttiva si fissano i limiti di attività continuativa che si può svolgere in modo ottimale e si sostiene che, ad un certo punto, occorrono degli intervalli, perché il corpo umano ha le sue esigenze e i suoi bisogni. La capacità di esecuzione delle attività che normalmente svolgiamo con tranquillità diventa via via più incerta, da un certo punto in poi non si riesce a seguire un discorso e a parlare bene.
Ora, siamo tutti soggetti a questo tipo di affaticamento e siamo in un contesto con tali caratteristiche.
Da qui alla conclusione dei nostri lavori, il dibattito che si svolgerà avrà anche caratteristiche atipiche, a meno che non decidiamo di fare qualche altra cosa - non è una richiesta, ma una considerazione. Se si vuole, andiamo avanti in questo modo, ora dopo ora, e vedremo a che punto saremo arrivati, però non siamo assolutamente obbligati a fare una cosa di questo genere, tanto più che anche su questo emendamento lo stesso Assessore Leo si è come dissolto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Anch'io giudico, riprendendo le parole dette dal Consigliere Papandrea difficilmente emendabile il testo che ha presentato la Giunta nella persona dell'Assessore Leo, in quanto per recepire gli indirizzi presentati negli emendamenti l'Assessore ha solo due strade davanti a sé: riscrivere totalmente la legge, oppure assumere l'altro atto che noi abbiamo chiesto ripetutamente, quello di ritirare questo provvedimento e di prendere atto che non è adatto a quello che riteniamo essere il bisogno formativo delle giovani generazioni. Come trovo scritto in questo documento, il problema non sta nel bonus, ma nell'idea di scuola che sta dietro al bonus, nel passaggio dalla libertà di insegnamento alla libertà - non al diritto - di apprendimento.
Tale passaggio pone un problema serio perché chiama in causa chi decide gli emendamenti strategici del sistema nazionale d'istruzione. Esso implica infatti una forte dipendenza della scuola dai genitori, con profondi cambiamenti di anno in anno, quindi non c'è nessuna garanzia che venga rappresentato il bene strategico per i ragazzi nella formazione della loro personalità. Le ore di insegnamento delle varie discipline, dall'inglese all'informatica, dalla matematica all'educazione motoria, sarebbero conformi ai desideri dei genitori. In questo senso, si ritorna a quello cui avevo accennato precedentemente: la figura dello studente che, anche in età in cui può già esprimere opinioni formate, è sempre considerato come un pacco il cui percorso educativo viene deciso dalla famiglia.
A parte questo, se la priorità è veramente quella del diritto allo studio, dove il ragazzo è protagonista allora diventa prioritaria, rispetto a qualsiasi proposta di bonus, la sicurezza del raggiungimento di alcune condizioni che sono chiare regole di reclutamento ed organizzazione del sistema formativo, accettazione incondizionata del progetto culturale dello Stato Italiano. Si tratterebbe di un'ulteriore accentuazione della regionalizzazione - cosa ben diversa dal federalismo - del sistema formativo, il che porterebbe a frantumare il sistema nazionale e conseguentemente, all'indebolimento dell'autonomia delle scuole.
Servirebbero invece investimenti finanziari nella scuola pubblica e nelle strutture, perché sappiamo che vi sono scuole fatiscenti e ambienti insalubri. Servirebbero investimenti nella strumentazione, per quanto riguarda l'informatizzazione ed i laboratori, come per il personale con articolazione delle funzioni professionali e per l'adeguamento stipendiale agli standard europei (da molto tempo gli insegnanti lo chiedono per rendere effettiva l'autonomia).
E' indispensabile un serio sistema di valutazione e controllo che verifichi non solo l'adeguamento di tutte le scuole agli standard organizzativi e gestionali, ma anche l'effettiva condivisione del progetto culturale civile. Senza l'attenzione dovuta su questo aspetto, ci troveremo di fronte ad un'interpretazione del principio di sussidiarietà che, di fatto, lo renderebbe inapplicabile, perché la scuola non è assimilabile ad altre organizzazione di produzione o di servizio: la scuola non produce beni materiali o servizi, ma costruisce personalità, relazione e cultura.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Sarei quasi portato a porre, visto che l'ho già sollevata due o tre volte, una questione di tipo preliminare, fin tanto che non possiamo avere la disponibilità dell'Assessore Pichetto, che c'era ma è stato imboscato perché non vogliono lasciarlo parlare, con la scusa che si sta riposando.
L'Assessore Pichetto ci dovrebbe dire se esiste la disponibilità finanziarie per rendere operativa questa legge, perché, nel testo, la disponibilità finanziaria non è indicata. In ogni caso, abbiamo l'indicazione della disponibilità finanziaria in base alla quale facciamo la legge.
Può essere una legge di intenti, sotto questo profilo, però - Assessore Leo, a questo lei può rispondere - nella dichiarazione di chiusura del dibattito sull'emendamento pregherei, da parte sua, che ci fosse una dichiarazione riguardo l'esistenza o meno dei fondi, perché l'indicazione sull'emendamento non è tale da far ritenere che tale disponibilità ci sia.
Sull'emendamento è soltanto scritto che i soldi saranno reperiti sulla base della legge di contabilità, che prevede il riferimento nel corso dell'anno sulla base di riduzione di altri capitoli o prelevamenti da fondi accantonati. Tutto questo non mi risulta, ma può darsi che ci sia effettivamente e che si tratti di un elemento di cui abbiamo la piena disponibilità.
A questo punto, voglio rilevare un altro aspetto, Assessore Leo: la pervicacia con la quale non si vuole considerare la quantità e l'onerosità delle incombenze finanziarie che ricadono sulle famiglie per garantire la frequenza scolastica ai propri figli, sulla base delle caratteristiche del nostro territorio regionale, disperso su mille e più comuni. Ricordo che il 53% del territorio è montano e che in questo territorio vive il 15% della popolazione. La popolazione scolastica montana, in particolare, deve sostenere una percorrenza media per raggiungere le sedi delle attività formative di secondo grado mediamente tra i 15 e i 30 chilometri, se non in qualche caso, molti di più. Questi oneri comportano, soltanto per l'impiego dei mezzi pubblici di trasporto, spese che oscillano, in molti casi, dalle 100.000 alle 300.000 di vecchie lire al mese (tale è la cifra che si paga per l'uso dei trasporti sulle strade delle nostre vallate). Un articolo della Costituzione recita che la montagna deve essere tutelata, e da questo articolo si sono tratti molti riferimenti, ma difficilmente si è fatto riferimento al sostegno degli oneri che i cittadini montanari devono sostenere per accedere ai servizi. In questo caso parliamo di servizi obbligatori, Assessore Leo. Se un famiglia ha un paio di figli che frequentano la scuola - situazione abbastanza ricorrente - deve spendere 200.000 lire al mese soltanto per il trasporto, pari a circa due milioni all'anno; in più, dovendo sostenere le spese per la mensa, arriviamo a 3-4 milioni all'anno, che rappresentano l'onere per accedere fisicamente alle sedi scolastiche degli istituti superiori d'istruzione di secondo grado.
Perché ostinarsi a non considerare quel tipo di spese come spese che hanno lo stesso rilievo, la stessa importanza, la stessa dignità, se non una dignità maggiore, in quanto sono oneri obbligatori? Assessore Leo tenga conto che le famiglie sopportano obbligatoriamente quegli oneri, a differenza delle famiglie che mandano i figli alla scuola privata, in virt di una libera scelta sulla base di una valutazione di cui siamo già entrati nel merito. Vuole accettare il principio secondo cui le spese di trasporto e di mensa, per chi è costretto a sostenerle, devono essere inserite nel paniere, perché sono oneri obbligatori e non spese facoltative? Sono oneri dovuti a un'imprescindibile configurazione fisica del territorio, alla condizione in cui si trovano tutte quelle località del Piemonte che non hanno sotto casa i servizi scolastici. Si tratta, quindi, di oneri dovuti e imprescindibili, mentre la scelta di utilizzare una scuola privata, pagando la relativa tassa di frequenza, è comunque facoltativa. Almeno sotto questo punto di vista, dovrà considerare il fatto che nel paniere queste spese possono essere inserite.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Riprendo la questione che poneva il collega Riba e che noi abbiamo posto anche negli interventi precedenti.
Per due anni, abbiamo accantonato i 35 miliardi con i quali finanziare la legge sui buoni scuola, poi tutti sappiamo che questa legge non è stata finanziata per note ragioni. Il Consiglio Regionale ha, in corso d'opera deciso come impiegare i 35 miliardi, impiegati nei due anni successivi a favore di interventi che hanno riguardato il sistema scolastico pubblico.
Se non ricordo male, ci fu in proposito una delibera del Consiglio che fece molto discutere. Quest'anno non è avvenuto nulla del genere, nel senso che non abbiamo accantonato i 35 miliardi per finanziare la legge sui buoni scuola, perché ci siamo trovati nella condizione di dover finanziare l'accordo dei medici di base, costato 40 miliardi. Non potevamo finanziare questo intervento con le risorse del fondo nazionale della sanità. Essendo il nostro un bilancio in deficit, queste risorse andavano reperite nel bilancio regionale. L'Assessore Pichetto e l'Assessore D'Ambrosio hanno dovuto trovare, nel bilancio regionale, le risorse con le quali garantire la dotazione per finanziare l'accordo dei medici di base, ma rimane aperto il problema di fondo, posto che la legge venga approvata e che entri in vigore: dove reperire le risorse con le quali finanziare la legge sui buoni scuola? In passato, queste risorse erano state accantonate, quindi l'eventuale entrata in vigore della legge avveniva a costo zero per gli altri capitoli di bilancio, perché si trattava di un accantonamento che prevedeva una dotazione specifica per finanziare la legge. Oggi, dal momento che non è disponibile alcun accantonamento, dobbiamo chiarire se reperiamo le risorse intervenendo su alcuni capitoli, ma vorremmo capire quali e, soprattutto accertare le dimensioni dell'intervento, in relazione alle scelte che poi faremo. Poniamo questa esigenza di chiarezza per due ragioni. La prima ragione dipende dalla questione molto concreta - quest'anno non risolta come almeno così ci pare - di come finanziamo la legge, per cui vorremmo avere assicurazioni in proposito dall'Assessore . La seconda ragione è che noi abbiamo un obbligo legislativo, impostoci dall'articolo 26 della legge sulla contabilità, secondo cui una legge deve prevedere un articolo nel quale viene spiegato in che misura essa sarà finanziata. Vorrei che l'Assessore Pichetto ci desse qualche lume circa la disponibilità del nostro bilancio a finanziare questo provvedimento.
Ancora, ne approfitto per sollevare rapidamente una questione. Credo che la salute e la sanità non siano servizi ma diritti garantiti costituzionalmente - questo è il punto. Mi sembra di capire che il problema che volete risolvere dando un contributo, o attraverso il voucher, rischia di ridurre una partita di questo rilievo al livello di un servizio qualsiasi. E' giusto che nel sistema scolastico pubblico possa esistere anche un elemento di concorrenzialità, che la politica dell'autonomia scolastica tende a valorizzare. Che uno studente si rivolga ad una scuola perché la valuta particolarmente in grado di assicurare un'offerta formativa adeguata è un fatto positivo, ma è nell'ambito dell'intervento e del controllo pubblico che si realizza un processo di riqualificazione e di concorrenza della scuola pubblica, perché il sistema deve essere unitario e garantire gli stessi diritti a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro tasche. Se pago le tasse, lo Stato deve garantirmi un sistema di diritti all'interno del quale è compresa anche questa esigenza .
Temo che il sistema verso il quale alcuni vorrebbero andare, che prefigura tanti soggetti che assicurano l'istruzione così come la tutela della salute, determinerebbe una spaccatura non soltanto nel sistema unitario dell'istruzione, ma produrrebbe un ulteriore problema: in questo quadro della politica dei voucher e dei tanti soggetti che stanno sul mercato, avremmo scuole private a cui accederebbero i figli dei ricchi e nel contempo, una scuola pubblica che tenderebbe sempre più a diventare non dico residuale, ma scarsamente qualificata.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Il Consigliere Riba ha iniziato solo ad elencare le spese che le famiglie devono sostenere per garantire il diritto all'istruzione e ha parlato soprattutto di trasporti. A proposito di trasporti, Assessore - mi sembra che ne abbiamo già parlato in altre occasioni - sicuramente l'innalzamento dell'obbligo scolastico ha creato un problema di grave carenza della legislazione.
Mentre per le scuole dell'obbligo è previsto un bacino territoriale di lontananza tra il luogo di residenza ed il luogo di frequenza della scuola al di fuori del quale è fatto obbligo all'ente locale, con la messa a disposizione anche da parte dello Stato delle relative risorse, di garantire il trasporto, questo non è previsto per le scuole superiori nonostante l'innalzamento dell'obbligo al primo anno della scuola secondaria. L'obbligo scolastico è stato posto, ma gli oneri relativi al trasporto ricadono interamente sulle famiglie, a differenza di quanto avviene nelle scuole di grado inferiore.
Non è solo del trasporto che oggi si devono occupare le famiglie perché esiste anche il problema della mensa scolastica. Se, come preannunciato dal ministro Moratti, a partire dal prossimo anno dovesse trovare applicazione il decreto che porta a 891 le ore ordinarie di lezione nelle scuole elementari e nelle scuole medie, più 197 per le attività integrative, si aprirebbe il problema della copertura oraria per la vigilanza nelle due ore della mensa scolastica. E possiamo già immaginare chi potranno essere i beneficiari di questa logica d'impresa.
Quanto ai libri di testo, Assessore, sappiamo che ci sono delle previdenze dello Stato fino ai 30 milioni di reddito, ma dopo? Per i appena redditi superiori non c'è nulla. Anche i sussidi didattici, a pieno titolo settimanalmente hanno un'incidenza notevole sul reddito delle famiglie per garantire il diritto allo studio dei loro figli. Che dire poi delle gite d'istruzione, come ulteriori opportunità educative? Molte delle gite d'istruzione sono oggi legate all'acquisizione dei crediti formativi, ed anche in questo caso non vi è nessun tipo d'intervento che consenta alle famiglie meno abbienti di poter coprire questi ingenti costi, tanto che molto spesso la mancanza di queste risorse è motivo di esclusione per la fruizione di quell'opportunità.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Vorrei sapere, Presidente, se è legittimo che in aula io venga fotografato dal Consigliere Cattaneo, o se invece, in questo debba essere tutelato da lei, signor Presidente.



PRESIDENTE

Collega, certamente sarebbe meglio seguire i lavori e non fare altro.
Le battute che ci sono state da una parte e dall'altra le considero un modo di sdrammatizzare una seduta molto lunga.
Ha chiesto la parola il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Mi scuso se intervengo a disturbare un dibattito approfondito su questo tema con un intervento di natura tecnica e quasi cronistica, che immagino l'Assessore al bilancio stia già riassumendo de visu al Consigliere Riba ed anche al Consigliere Ronzani.
Di questa legge si può dire tutto il bene e tutto il male possibile però rispetto alla norma finanziaria diventa proprio complicato ritenere credibile che voi non comprendiate un meccanismo di finanziamento delle leggi di spesa corrente, che avete contribuito a determinare sottoscrivendo un emendamento all'ultima legge finanziaria e votando a favore di quell'emendamento.
Questa legge finanziaria, con l'articolo 30, ha modificato la legge dell'ordinamento contabile. Tale legge prevedeva che lo strumento finanziario servisse unicamente, rispetto alla legislazione esistente, ad intervenire con riduzioni sulle autorizzazioni di spesa considerando inerzialmente spesa rigida, o semirigida, tutta la spesa ipotecata da provvedimenti legislativi che prevedevano un certo stanziamento e, quindi una certa copertura finanziaria, rispetto ad alcuni provvedimenti ribaltando il meccanismo, proprio in vista del fine che voi condividevate e che avete dichiarato insieme a me che ho presentato l'emendamento, di ridurre la rigidità della parte corrente del nostro bilancio e di aumentare, non tanto la spesa corrente, ma la flessibilità della spesa corrente.
Con l'articolo 30, il nostro bilancio funziona adesso in questo modo non funziona più con leggi che pescano da un fondo indistinto sui provvedimenti in approvazione che ogni bilancio riporta al proprio interno fino ad esaurimento. Peraltro, l'ultimo bilancio che abbiamo votato con il vecchio sistema, la finanziaria 2003, l'ha già esaurito perché ve lo siete scusate il termine, "pappato" tutto con la votazione degli emendamenti alla legge finanziaria stessa. D'ora in poi, invece, si procederà al contrario individuando nel provvedimento legislativo e nella relazione tecnica d'accompagnamento il costo d'attuazione di un provvedimento, e si demandarà unicamente allo strumento finanziario, cioè alla legge d'assestamento che stiamo per esaminare, o alla legge finanziaria, tutte le autorizzazioni legislative di spesa rispetto a tutta la legislazione vigente.
Non so è chiaro, Ronzani. Dalla prossima finanziaria non ci saranno più tutti i provvedimenti legislativi inerzialmente trasferiti e catapultati nelle singole unità revisionali di base, ma ci sarà un allegato al documento di bilancio che analiticamente, legge per legge, al di là delle previsioni di disciplina legislativa detterà, per l'esercizio successivo e per il pluriennale, l'autorizzazione alla spesa su quel provvedimento. Vale a dire che votiamo oggi una legge che dice che lo stesso Consiglio Regionale, in sede d'approvazione della legge finanziaria, deciderà di ampliare la disponibilità, con una norma, a questo punto, non di previsione ma di copertura, di ridurre questa disponibilità sulla base di criteri generali di compatibilità di bilancio.
Pertanto, continuare a chiedere, in maniera parossistica, dove sta la copertura di questo provvedimento, è inutile, ma per voi, colleghi Ronzani e Riba, anche dannoso. Non sta semplicemente da nessuna parte, perch avendo noi esaurito sulla finanziaria 2003 il fondo sulla legge in approvazione, ed avendo, a partire dalla prossima finanziaria, un altro meccanismo di autorizzazione legislativa di spesa, dove sta e se ci starà lo decideremo o nella legge sull'assestamento oppure nella prossima legge finanziaria. Riba queste cose le sa perfettamente, perché un suo provvedimento legislativo è già passato così in Commissione Agricoltura, e non si è posto il problema di dove si troveranno i soldi sul pluriennale per le reti antigrandine. Riba non ha posto la questione perché sa quanto me che non si pone nel provvedimento di disciplina delle reti antigrandine ma si porrà sul prossimo pluriennale, quando discuteremo la prossima finanziaria Se posso, a quest'ora di notte, elevare, insieme all'Assessore Leo, una preghiera a tutti i colleghi, discutiamo di quel che vogliamo ma non discutiamo dell'acqua calda, chiedendo per l'ennesima volta dove sono i 35 miliardi: i 35 miliardi non ci sono e non ci devono stare!



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Placido; ne ha facoltà.



PLACIDO Roberto

Riprendo dalle ultime parole pronunciate dal collega Palma.
Caro Palma, penso che la curiosità nostra di verificare, quando questa legge sarà approvata, sempre che lo sarà, se ci saranno le risorse, sia legittima. Ci muoviamo in un quadro di mancanza di risorse ormai evidente con un assestamento di bilancio che mi ricorda la pelle dei montoni: tutti la tirano, si dilata.
Al di là di questa curiosità, in attesa di verificare eventualmente la bontà del buono scuola del centrodestra del governo, abbiamo prima potuto verificare il buono pasto, perché, qualche tempo addietro, in attesa del buono scuola, c'è stato il buono pasto, che era discreto - penso che il buono scuola lo sarà molto meno.
Entrando nel merito, mi ha interessato l'intervento del collega Burzi.
Collega Burzi, in occasione della finanziaria avevamo presentato una serie di emendamenti, in particolare sulla formazione e la ricerca, circa un piano serio pluriennale di 120 o 150 milioni di euro. Ha ragione il collega, nella scuola si formano le future classi dirigenti. l'Italia ha un non brillante primato, a livello europeo, di bassa percentuale di diplomati e di laureati. La risposta a un emendamento serio di 120-150 milioni di euro è stata assolutamente negativa. Non metto in dubbio che il collega Burzi lo dicesse in maniera assolutamente convinta, ma anche rispetto a contributi per un'ipotetica istituzione scolastica privata di alto livello che si ponesse come obiettivo serio quello di far crescere una classe dirigente capace, non c'è quasi nulla in Italia. Rientreremmo in quello che abbiamo definito un intervento quasi strutturale, non un buono scuola.
Collega Burzi, questa legge è tutt'altra cosa rispetto a una concezione liberale della scuola, perché va esattamente nella direzione opposta. Va in una direzione assistenziale, ma non assistenziale nel senso migliore del termine, cioè rivolta ai bisognosi. E' destinata a quella fascia di mezzo che non è l'altissimo livello a cui mira il Consigliere Burzi, né i bisognosi veri e propri. E' decisamente un'altra cosa, perché di fronte a un intervento serio per un'istituzione scolastica privata che formasse classi dirigenti di alto livello - il Paese e la Regione ne hanno quanto mai bisogno - non saremmo assolutamente insensibili.
I 120-150 milioni di euro li aspetteremo nella prossima finanziaria.
Questi sono alcuni dei motivi che ci portano a esprimere le valutazioni che abbiamo esposto fino a questo momento.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Marcenaro; ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Vorrei semplicemente protestare con il Consigliere Burzi, perch secondo me il Consigliere Burzi può astenersi dal partecipare a questa discussione, ma quel che non può fare è prometterci una seconda parte del suo intervento e poi negarcela in un istinto di avarizia sopraffattore dei rapporti di cortesia che, anche a quest'ora, dovrebbero rimanere.
La seconda questione che intendo sollevare riguarda il collega Palma.
Non discuto adesso il meccanismo di identificazione contabile delle risorse a disposizione per la legge della quale stiamo discutendo, ma c'è un altro aspetto che abbiamo posto, sul quale invece vorrei chiarezza, su cui non solo abbiamo ragione di chiedere delle risposte, ma che costituisce, come abbiamo cercato di sottolineare, uno dei punti fondamentali sulla base del quale viene data una valutazione di questa legge. Il punto non è il meccanismo di contabilità attraverso il quale si individua la voce a cui si attribuiscono le risorse, ma è il fatto che in questa sede ci sia una valutazione di come la Regione orienta le sue risorse nei vari campi della formazione. Su questo punto, da parte delle opposizioni, è sollevato il problema della valutazione e, quindi, delle scelte di bilancio e del come si ripartiscono. Quello delle scelte politiche di utilizzazione delle risorse costituisce evidentemente uno degli aspetti salienti.
Credo che sia del tutto legittimo, dal momento in cui si discute di questa legge, porre da parte nostra il problema di come sarà finanziata, di quali sono le risorse che verranno messe a disposizione di una legge come la n. 49. Credo che sia nostro diritto capire come sarà finanziato un capitolo come quello che riguarda l'edilizia scolastica, nell'insieme della Regione Piemonte, quindi il problema delle risorse trasferite. E' un nostro diritto avere una verifica nel rapporto tra le risorse messe a disposizione dal bilancio regionale e quell'altra variabile, di grande importanza relativa alle dinamiche del bilancio dello Stato su questa voce, e capire come queste dinamiche si riflettano in Piemonte. Con questo, intendo dire che qui non stiamo solo facendo una discussione che riguarda i modelli di una parte della nostra discussione: qui stiamo anche facendo una discussione, come abbiamo più volte ricordato, su come istituzioni pubbliche, che hanno a disposizione risorse limitate, scelgono le loro priorità e stabiliscono, in questa ripartizione, quei principi di equità distributiva che sono uno degli elementi di valutazione.
Da questo punto di vista, una richiesta di interlocuzione, non solo con l'Assessore Leo ma, in questo caso, anche con l'Assessore Pichetto, sul quadro delle disponibilità delle bilancio riguarda, a nostro parere, uno degli essenziali elementi di valutazione che è giusto avere a propria disposizione nella discussione su questo provvedimento. Francamente, mi pare che sia un'esigenza incontestabile, ovviamente al di là della modalità con la quale nel meccanismo di contabilità può avvenire l'identificazione.
Questa è la sostanza della nostra valutazione. Esprimiamo il dubbio fin da adesso, che al momento della discussione del bilancio e sull'assestamento della finanziaria le risorse di cui oggi si parla fossero effettivamente disponibili. Siamo di fronte ad un quadro che viene - non da noi ma dalla Giunta, negli incontri ufficiali che tiene in tutte le sedi fortemente drammatizzato, secondo il quale non c'è un euro a disposizione e mancano risorse per affrontare questioni essenziali - abbiamo fatto già molti esempi in proposito. E', naturalmente, un problema significativo e penso che, su questo punto, ci sarà l'occasione per verificarlo E' un punto sul quale, al di là delle questioni formali, una valutazione non può essere negata.
A me, in questo momento, quel che m'interessa capire dall'Assessore Leo e dall'Assessore Pichetto è come, nelle scelte politiche di bilancio, si possa delineare un equilibrio tra la voce di cui stiamo discutendo e gli altri capitoli delle politiche formative. Questo è uno degli elementi di valutazione che dovete fornirci. Se, alla fine, dovesse risultare uno svuotamento di tutti i fondi relativi alle restanti voci in bilancio, è ovvio che avremmo a disposizione un notevole elemento di valutazione.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica; ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Avevamo già ripreso questa questione relativa al comma sette dell'emendamento su come gli oneri previsti dalla legge siano quantificati in 18 milioni di euro, ai quali si fa fronte con l'articolo 8 della legge 7/2001 e con l'articolo 30 della legge 2/2003.
Avevamo un duplice ordine di preoccupazione. Il primo, il principale, è quello ricordato adesso dal collega Marcenaro: in quale equilibrio si pone la previsione di spesa rispetto al complesso delle disponibilità finanziarie che immettiamo nei capitoli relativi al diritto allo studio e alla formazione in modo più complessivo? L'interrogativo è, quindi, quanto una scelta unidirezionale su questa materia, quale quella che si compie con un emendamento come questo, influisce sull'equilibrio complessivo.
L'altra è una preoccupazione più sostanziale. Non voglio, in questo momento, utilizzare alcune cose di cui discutevamo tra i banchi con l'Assessore , perché ritengo che quelle considerazioni debbano essere oggetto di una riflessione collettiva dell'intera aula, ma so bene, come dice il collega Palma, qual è il meccanismo che abbiamo stabilito con la nuova legge finanziaria e con la nuova normativa. So bene che non c'è più la prenotazione, per quanto riguarda le possibili nuove leggi, di quei 50 miliardi di lire che avevamo impiegato fino al bilancio dell'anno precedente, in quanto queste leggi vengono eventualmente finanziate nel momento in cui vengono approvate, attraverso un meccanismo come l'assestamento di bilancio o la redazione del bilancio dell'anno successivo, a seconda dei termini della loro approvazione. Tuttavia, c'è solo un piccolo particolare: abbiamo votato un bilancio solo poche settimane fa. In questo bilancio, la Regione ha esaurito ogni sua capacità di indebitamento, non ha più euro reperibili in altro modo. E' stato stabilito un certo numero di mutui, che ci sono in entrata e possono essere attivati o meno, il cui ammortamento va sul bilancio dell'anno successivo.
L'ammortamento che figura come uscita fittizia è pari a 400 miliardi di vecchie lire, a cui l'Assessore Pichetto dice di poter attingere.
Tutto questo non solo è una vicenda opinabile, ma, oltre ad essere una vicenda opinabile, non tiene conto del fatto che, nel bilancio di quest'anno, è occultata una parte del debito della sanità, che è stato quantificato erroneamente in 120 miliardi di vecchie lire ma che si aggira gia ad oggi, intorno ai 400 miliardi di vecchie lire. Questa sarà la cifra che entrerà nell'assestamento. Pertanto, quel residuo che l'Assessore Pichetto dice di avere, in realtà non c'è.
Assessore Leo, non so se si è dovuto piegare un'altra volta a Ghigo ed a Pichetto, ma temo che, se non raggiungiamo un chiarimento qui in quest'aula, non solo non riusciremo a definire - questa per noi è questione di grande rilievo - quale equilibrio c'è tra queste cifre e le altre più complessive sul diritto allo studio, sulla formazione professionale e sugli altri interventi, ma neanche a capire dove sia questo stanziamento e come ed in che modo, qualora questa legge venisse approvata prima dell'assestamento, si possa fare una variazione che compiutamente copra.
Qualora si potesse, stante il quadro di bilancio che abbiamo davanti prima bisogna rispondere come e se si può, e questa è la prima preoccupazione che ho sollevato, a cui ritengo che debba rispondere l'Assessore Pichetto. Qualora così fosse, è del tutto evidente che lei ha già risposto alla seconda nostra domanda, cioè al fatto che non c'è nessun equilibrio tra questa partita e il resto degli investimenti per il diritto allo studio: se si reperiscono questi, è raschiato l'ultimo fondo dell'ultimo barile che avevate.
A questo punto, è molto importante capire, perché probabilmente non sono contemperabili, a mio avviso, entrambe le esigenze, ma qualora fosse realizzabile la prima le nostre preoccupazioni verrebbero conclamate in quest'aula e tutti i suoi secondi tempi sul diritto allo studio apparirebbero delle pie intenzioni, Assessore Leo. Siccome domenica mattina andrà a messa, trovi l'occasioni anche per confessare questa bugia, che forse non è così grave, ma, per quanto ci riguarda, di una certa consistenza.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Per ritornare a dove eravamo rimasti, è evidente che la teoria del voucher liberale sulla scuola è obbiettivamente un po' distante dalla legge che in questo momento ci stiamo proponendo di approvare. Nondimeno, i percorsi lunghi sono fatti appunto di passi.
Chi oggi si occupa di sviluppo ritiene che l'investimento sulla conoscenza del capitale umano sia una delle strategie possibili nei mercati maturi, come è il caso di Torino e del Piemonte. Parlo soprattutto a coloro che hanno avuto significative esperienze di sindacato ed hanno una non sporadica attenzione verso il mondo del lavoro. In un'area come quella di Torino, bisogna lavorare per rendere più competitivo il sistema attuale e lavorare sulle punte di eccellenza.
Lavorare sull'investimento del capitale umano significa, per esempio immaginare che a Torino ci sia una scuola di formazione post laurea paragonabile - perché no? - al modello francese, ma progettare qualcosa del genere richiede un lungo percorso per potervicisi avvicinare. La legge di stasera è un timidissimo inizio, ma ci fa uscire dal porto. E' evidente che questo dovrebbe interessare anche nell'ambito di quella parte della minoranza che aspira ad essere forza di governo e che quindi dovrebbe contemplare la creazione di strumenti o l'irrobustimento di quelli esistenti, ma utili in chiave competitiva.
Due soli piccoli cenni a due elementi degli ultimi giorni, che mi hanno colpito e credo che potrebbero essere oggetto di meditazione da parte di tutti. In un sondaggio fatto da Mannhaimer nell'ambito delle discussioni attorno all'articolo 18, i lavoratori dipendenti sono classificati per categoria di lavoro, indipendentemente dalla professione politica, e vede l'area dei dipendenti pubblici "A" e dei dipendenti della scuola "B" come quelli più propensi al "sì". La deduzione che ne faccio è che, conoscendo soltanto superficialmente il mondo della scuola, anche lì sussiste un fortissimo elemento di conservazione, perché soltanto per questo motivo credo possa giustificarsi un così anomalo orientamento al "sì": in un mondo che tende ad autoconservarsi.
C'è anche un secondo elemento che induce in questa direzione nell'ambito delle iniziative del ministro Moratti, al di là di come poi ciascuno valuti la riforma. Per me rappresenta una delle poche iniziative nell'ambito del mondo del precariato, termine quanto mai oggi abusivo perché ci sono dei precari che sono tali da più di dieci anni, quindi quanto di più stabile si possa immaginare e che contraddice il significato dell'aggettivo. Nell'ambito di quel mondo, alcune iniziative tendevano a porre timidissimi elementi di meritocrazia, ma credo che tutti coloro che si occupano di scuola dovrebbero sapere quanto questi accenni siano stati rigettati complessivamente dal mondo della scuola, indipendentemente da età, formazione culturale e collocazione lavorativa. Altro elemento di conservazione.
E' evidente che se il mondo della scuola è giudicato elemento di competizione, oltre che diritto, il diritto è l'inizio. Non si discute sui diritti, si discute sull'efficienza e sull'efficacia che l'esercizio di questo diritto comporta per la collettività. Se si verifica che esistono fortissimi elementi di conservazione e se questi elementi lo connotano come un sistema meno efficiente del necessario, credo che i tentativi che possono consentirgli di diventare più efficiente, più aperto, più dialettico e meno conservatore debbano essere auspicati da tutti, anche da coloro - come il sottoscritto - che vorrebbero vedere realizzate queste trasformazioni con ben maggiore incisività, ma quanto al fatto che si fa quello che può e non sempre quello che si vuole, rimando al mio intervento precedente.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Riggio; ne ha facoltà.



RIGGIO Angelino

Di ciò che ha detto prima il collega Burzi, condivido fondamentalmente solo una cosa, cioè il fatto che i saperi costituiscono una delle più grandi risorse su cui dobbiamo puntare. Da qui a dire che bisogna implementare la scuola privata, come è stato detto apertamente - lo ha detto lui, quindi non mi preoccupo di parlare di scuola paritaria, come abbiamo fatto per tutta la serata - ce ne corre.
Il problema fondamentale non è il buono o il voucher, il problema fondamentale riguarda i contenuti della scuola, riguarda i metodi d'insegnamento, riguarda come intervenire rispetto ai meccanismi di dispersione scolastica, soprattutto per quello che riguarda l'Università e sicuramente, anche i corsi post laurea, ma non si capisce a che titolo e con quale correlazione con il discorso della scuola privata e della scuola paritaria.
Voglio riprendere però la questione delle risorse, perché ha ragione il Consigliere Palma nel dire che sono cambiate le normative regionali rispetto agli articoli finanziari delle nostre leggi, però lo stesso Palma ha detto che risorse, al momento attuale, non ve ne sono. In una situazione di bilanci così stretti è veramente importante che Assessore Leo faccia una seria riflessione, visto che lui stesso ritiene essenziale intervenire sulle pari opportunità per tutte le persone che provengono dalle classi sociali più disagiate e che hanno numerosi problemi, sia di carattere territoriale sia dovuti a handicap fisici o mentali. Intervenire contro la dispersione scolastica a tutti i livelli, secondo la sua stessa opinione, è l'elemento prioritario, però, a suo dire, si tratta di un progetto così globale e complessivo che lo considera un secondo passaggio rispetto a questa legge, che è cosa sicuramente non principale ma secondaria.
Se questo provvedimento dovesse passare in una situazione di risorse estremamente compresse come quella attuale, si verrebbe a creare una situazione per cui non si potrebbe sicuramente intervenire su questo settore, che tra l'altro viene notevolmente falcidiato, a meno che un meccanismo di rinnovamento, così come auspicava il Consigliere Burzi, non consista nella destrutturazione di quella che oggi è la scuola pubblica cosa che sicuramente libererebbe risorse, perché non è un mistero che per i liberisti il fatto di andare ad intaccare le quattro grandi conquiste di cui ha parlato in apertura di seduta la collega Suino, cioè un servizio sanitario gratuito, un'istruzione gratuita, un sistema di previdenza garantista ed un sistema di assistenza sociale significa una mobilitazione di grandissime quantità di denaro che possono essere spostate sul settore privato. Così diminuisce sicuramente il carico fiscale, ma creando un'enorme ingiustizia, perché le tasse sono fatte per tutelare i più deboli e sono il meccanismo che vincola l'intera società a costruire un meccanismo di solidarietà, per cui chi è più forte può sostenere il più debole.
Diversamente, smantellando la scuola pubblica, smantellando la previdenza smantellando la sanità e l'assistenza sociale, sicuramente chi ha le risorse può continuare a garantirsi questi quattro parametri, ma al povero cristo alla fine resterà un voucher su cui non sarà scritto nulla esattamente come non sarà assegnato nemmeno un euro sulla legge che esaminiamo e, soprattutto, sulla legge, a cui tiene molto l'Assessore Leo relativa alla promozione del diritto allo studio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Suino; ne ha facoltà.



SUINO Marisa

Prima si faceva riferimento, in alcuni interventi, a partire dal collega Mellano, alla qualità ed è stato citato, giustamente, come esempio chiarificatore e anche come esempio riproducibile in qualche modo, il sistema inglese, che si basa sostanzialmente su una sorta di carnet.
Tuttavia, il principio sul quale si fonda quel sistema è comunque quello del carnet pubblico, ed è questo il ragionamento che noi facciamo: l'ancoraggio al sistema pubblico. Poi, a titolo personale il giudizio è ancora un altro.
Non è che la cosa possa interessare più di tanto, ma essendo insegnante di scuola pubblica, ricordo che trent'anni fa, quando entrai in servizio si faceva ancora promessa e giuramento. Nella promessa, si dichiarava fedeltà al servizio pubblico e al servizio di Stato. Dopodiché, correvano due o tre anni di prova prima di formulare il giuramento. Il tutto avveniva non in condizione di precariato ma dal momento in cui si era in una sorta di ruolo. Il giuramento corrispondeva alla ripetizione di quello che doveva essere l'impegno solenne di onorare per tutta la vita il servizio e una serie di incarichi.
Giurando fedeltà allo Stato, si dichiarava che non si avrebbe mai prestato servizio alcuno che non fosse per l'organismo pubblico.
Addirittura alcuni giudici, che erano quelli che oggi chiameremmo i dirigenti scolastici, o poco di più, richiedevano anche l'esplicita dichiarazione di non ricorrere all'attività privata, nemmeno impartendo lezioni private.
Per me, insomma, il fondamento di tutto rimane il sistema pubblico. Va bene organizzare la società con una serie di espedienti tipo buono scuola o voucher, purché siano ancorati a un sistema pubblico che tutela e garantisce tutti e dà a tutti le stesse opportunità. Diversamente, queste innovazioni diventano dei vettori che, man mano, si sganciano dalla rete del sistema pubblico per andare, come impazziti, ognuno per la propria strada. E' questo il nostro forte dubbio, convinti inoltre del fatto che la copertura finanziaria è insufficiente.
Voi ci dite che esiste la copertura finanziaria, noi diciamo che sarà una copertura finanziaria che ci sarà per un anno e che, se in seguito sarà ripetibile, lo sarà creando un cappio dal quale non si potrà più sfuggire.
Comunque sia, copertura finanziaria o no, è una coperta molto stretta e una volta imboccata questa scelta, saranno sottratti dei fondi, mentre noi diciamo che quei fondi dovrebbero essere prioritariamente destinati al sostegno del disagio e alle pari opportunità, cioè per assicurare più uguaglianza e per lottare contro l'esclusione sociale. Questa è la differenza sostanziale.
Probabilmente, dal nostro punto di vista, il mantenersi su degli assi portanti di solido riferimento ai pilastri legislativi della nostra Regione e del nostro Paese, garantisce maggiori certezze.



PRESIDENTE

La ringrazio per l'excursus storico, Consigliera Suino.
Ha chiesto la parola, per dichiarazione di voto, il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Non partecipo al voto e provo ad aggiungere, oltre a quelli che ho elencato prima, altri motivi che diano un senso a questa mia dichiarazione.
Non so più bene quello che è stato detto nelle ultime ore, non riesco a coglierlo, non riesco a immagazzinarlo e a ritenerlo se non a un livello di attenzione molto superficiale. Non ricordo neanche l'emendamento, ne ho letto il testo ma non me lo ricordo. A questo punto, qualsiasi votazione cui parteciperei sarebbe casuale, mentre la non partecipazione al voto mi permette di sbagliare il meno possibile.
Non avrei un motivo per astenermi, per votare contro o a favore di qualcosa che non sono più in grado di valutare attentamente, quindi la non partecipazione è la scelta migliore.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola, per dichiarazione di voto, il Consigliere Riggio ne ha facoltà.



RIGGIO Angelino

Chiedo uno sforzo all'Assessore Leo, perché tutta questa discussione sulla copertura finanziaria che abbiamo sviluppato dovrebbe generare un minimo d'allarme rispetto a questi emendamenti, che sembrano ripetitivi perché, in effetti, hanno un filo conduttore comune, si richiamano alla necessità di tutelare il diritto allo studio.
L'Assessore Leo dice che il diritto allo studio e la libertà di scelta fra la scuola statale e la scuola paritaria sono due diritti entrambi da tutelare. Eravamo fermi a questo. Tralasciando però in questo caso il fatto di rispondere a una precisa domanda, anche se poi, in sede privata l'Assessore mi ha detto che sicuramente il diritto allo studio è prevalente rispetto alla questione della libertà di scelta. A fronte della situazione di ristrettezze economiche e finanziarie, relativa all'anno in corso ma che proseguirà negli anni a venire, abbiamo cercato di evidenziare che cosa si potrebbe generare con l'approvazione di una legge che prosciugherebbe risorse da destinare al diritto allo studio, ma anche il fatto che questa legge stessa non ha proprio garanzie di rifinanziamento.
Non capisco, Assessore Leo, per quale motivo viene respinto l'emendamento che è stato proposto.
Trovo molto ragionevole una proposta di legge che riguarda il diritto scelta tra la scuola statale e quella paritaria, ma che tenga ferma la premessa-cornice per cui, qualsiasi scelta si operi riguardante la scuola venga difeso il diritto allo studio. Perché non accettare questo? Perch non accettare che questa sia comunque la cornice? Perché non garantire la comunità piemontese che, in ogni caso, il sistema pubblico è il nostro pilastro, che il rinnovamento non avverrà attraverso la destrutturazione del sistema pubblico, come qualcuno sogna, ma che il rinnovamento sarà nei contenuti, nelle forme, nei metodi?



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'emendamento rubricato n. 465.
Il Consiglio non approva.
Emendamento rubricato n. 468 presentato dai Consiglieri Manica, Marcenaro Muliere, Suino, Placido e Ronzani: L'art. 1 è così sostituito: "Art. 1.
1. La Regione Piemonte indirizza le proprie azioni di qualificazione del sistema di istruzione garantendo il diritto ad ogni persona di accedere a tutti i gradi del sistema scolastico e formativo, mantenendo la centralità della scuola pubblica nell'offerta formativa sul proprio territorio.
2. Le norme generali e i principi fondamentali sull'istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, definiti a livello nazionale ai sensi dell'articolo 177 della Costituzione, costituiscono la base sulla quale la Regione organizza e sviluppa le proprie politiche in tali materie, in modo che siano garantite le pari opportunità e l'uguaglianza formale e sostanziale nell'esercizio dei diritti dei cittadini e la valorizzazione degli Enti locali e funzionali.
3. La Regione garantisce interventi a carattere individuale volti a facilitare l'accesso e la frequenza delle attività scolastiche e formative da parte degli allievi quali: fornitura di libri di testo gratuiti agli alunni della scuola elementare ai sensi dell'art. 156, comma 1, del testo unico 297/1994 servizi di mensa servizi di trasporto e facilitazioni di viaggio servizi residenziali sussidi e servizi individualizzati per soggetti in situazioni di svantaggio fisico, psichico, culturale, sociale borse di studio con cui si ricomprendono sia quelle previste con la presente legge regionale sia quelle previste con legge nazionale 62/2000 4. La Regione garantisce interventi a carattere collettivo alle scuole pubbliche statali e gestite dagli enti locali appartenenti al sistema nazionale volti a garantire ed a migliorare i livelli di qualità del sistema di istruzione e di formazione con contributi a progetti mirati a: a) sperimentare azioni di raccordo tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro, con particolare riferimento alla progettazione di percorsi di obbligo formativo integrato ai sensi dell'art. 68, legge 144/1999 e di IFTS di cui all'art. 69 della stessa legge 144/1999 b) sostenere i servizi educativi per minori e i servizi territoriali di educazione degli adulti".
Ha chiesto d'intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Continuo la lettura del testo "La parità appartiene al bene comune".
"Oggi lo Stato italiano cambia, o tenta di cambiare, nel senso che la legge per l'autonomia è destinata a cambiare la concezione e la mentalità che hanno dominato la storia unitaria del nostro Paese. Pertanto anche la scuola è chiamata a un grande processo di trasformazione e di modernizzazione. In questo quadro, la scuola non statale, e specialmente quella cattolica, chiede il pieno recupero dei suoi diritti, che le derivano dalla sua lunga storia, dalle sue benemerenze culturali, dalla testimonianza dei grandi sacrifici vissuti per conservare il valore della sua presenza nella vita della gente.
Gli ultimi anni sono stati difficili per tutto il mondo della scuola, a causa della crisi demografica, delle trasformazioni culturali avvenute nella nostra società, della mancanza di progetti di riforma scolastica.
Tuttavia la scuola non statale ha collaborato vivacemente per mezzo di non poche proposte sperimentali che sono state all'avanguardia della cosiddetta "riforma dal basso". Queste esperienze oggi costituiscono patrimonio comune di tutta la scuola italiana e rappresentano una legittimazione ulteriore se fosse necessario, della richiesta di riconoscimento della pienezza della propria personalità giuridica, in parità di diritti e di doveri con la scuola dello Stato.
Il disegno di legge governativo che porta il titolo "Disposizioni per il diritto allo studio e per l'espansione, la diversificazione e l'integrazione dell'offerta formativa nel sistema pubblico dell'istruzione e della formazione", oggi affidato al dibattito parlamentare, può ben rappresentare un passo in avanti, purché sia diretto ed interpretato nella direzione giusta, che non è certo quella del dirigismo statale, ma quella di una più vera libertà dei corpi intermedi. Se la parità scolastica dovesse invece significare una limitazione di libertà, proprio nel quadro segnato dal cammino verso una reale autonomia delle istituzioni scolastiche, non sarebbe più parità, ma perdita di diritti.
Tuttavia è stato possibile da più parti equivocare sul reale significato di tutto ciò, sia a causa del diffuso pregiudizio sul merito delle prerogative dello Stato, sia per una informazione pubblica spesso superficiale o addirittura manchevole che porta a credere che il problema consista, come è stato detto e scritto, nel finanziare le scuole non statali. Grave errore, questo, che viene alimentato anche dalle pagine di grandi giornali.
Questo breve testo ha l'intento di discutere queste opinioni, mettendo in vera luce quale sia in realtà l'obiettivo del disegno di legge, e come la sua approvazione da parte del Parlamento italiano risponda a un vero bisogno di giustizia che sale da tutti i cittadini e da tutte le famiglie poiché l'attuale discriminazione, che ha portato alla richiesta urgente della parità, colpisce non una minoranza soltanto, ma tutti i cittadini italiani nella loro concreta possibilità di fare una scelta di scuola".
Segnalerò alla diocesi tutti i colleghi che non stanno attenti.



PRESIDENTE

La ringrazio, collega Chiezzi.
Ha chiesto di intervenire il Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



RIBA Lido

Mi pare che, anche se faticosa, la notte in effetti porta consiglio perché avendo un po' più tempo per riflettere collettivamente, anche con l'Assessore Pichetto ed il Presidente Cota, che ringrazio, su alcuni aspetti di questa legge, abbiamo individuato alcun questioni.
La prima è che la legge non può avere una destinazione finanziaria, non può avere uno stanziamento per tre motivi. Potrei richiamarne una solo come quel tale che diceva di non aver sparato per ventidue motivi, il primo dei quali era perché non aveva il cannone. Comunque, le tre questioni d'ordine finanziario sono tutt'altro che secondarie, e non a caso vedo che l'Assessore Leo prestare attenzione.
Il primo motivo è che i soldi non ci sono perché quelli di cui disponiamo sono tutti impegnati e non abbiamo al momento degli stanziamenti, che avremmo anche potuto avere in bilancio come posti a disposizione per nuove leggi da iscrivere sulle diverse unità previsionali di base.
Il terzo motivo è che, non avendo dei fondi iscritti sull'unità previsionale di base, ne deriva che potremmo finanziare questa legge soltanto con l'assestamento del bilancio, sempre che in quella sede si reperiscano delle risorse, ma in ogni caso non possiamo scrivere nessuna cifra sulla legge perché corrisponderebbe a una copertura che non esiste.
Il terzo motivo è che, verosimilmente, non avremo gli stanziamenti neanche nell'assestamento del bilancio, ma potremmo eventualmente scriverli sulla legge finanziaria per l'anno 2004, però c'è un'altra questione molto importante. A parte che a noi risulta, ma non voglio introdurre un argomento sul quale ci siamo già intrattenuti e che riguarda il deficit della situazione sanitaria (ci risulta che su questa si è accumulato un ulteriore fabbisogno in quel settore). Ora, soprattutto ci risulta che siccome le previsioni di entrata sono formulate su percentuali di riscossione nazionale delle entrate, e le previsioni nazionali sono state calcolate sulla base di un incremento del PIL del 2,9% (previsione del Ministro del Tesoro), mentre gli incrementi, se ci saranno, saranno dello 0,6-0,7 % a livello nazionale, ci sarà una pesante riduzione degli stanziamenti e delle entrate previste. Di conseguenza, la Regione Piemonte subirà una pesante riduzione delle previsioni d'entrate formulate. Questo farà sì che non soltanto non avremo delle disponibilità durante il 2003, ma probabilmente neanche durante il 2004, per cui si pone il problema di come regolare la partita finanziaria relativa a questa legge.
La questione sulla quale mi ha richiamato prima il collega Palma era di non rivendicare delle esperienze sulle quali siamo sicuramente carenti, ma sapevamo anche noi che la nostra legge finanziaria, nella norma di contabilità, prevede che le leggi abbiano una loro copertura ed un rinnovo della copertura annuale con le leggi di bilancio. Quel che però ha creato in questo caso un grosso problema è che nella legge c'è scritto quanto segue: "Agli oneri previsti dalla presente legge, quantificati in euro 18.000.000, si fa fronte secondo quanto disposto dall'articolo 8 della legge di contabilità". Non si può scrivere questo, perché quella legge prevede le modalità per reperire la copertura dei finanziamenti delle leggi, quindi non si può quantificare un onere, perché quell'onere sarà quantificato come stanziamento soltanto quando si farà la legge finanziaria di relativa copertura. Caso mai, si può iscrivere, ma questo richiede un aggiornamento del testo. Nella relazione introduttiva si può scrivere che la legge, a regime, potrebbe comportare una spesa di 30 miliardi all'anno ma anche questo è un elemento assolutamente imprevedibile, perché, sulla base del fatto che l'anno prossimo, eventualmente si finanzierà per tre milioni la scuola privata, magari le iscrizioni alle scuole private raddoppieranno, quindi o raddoppiamo lo stanziamento o dimezziamo il contributo per ogni scuola. Si tratterebbe di un onere ipotizzato a livello di relazione tecnica e di relazione finanziaria, ma non di stanziamento.
Queste sono questioni di un certo rilievo, che richiedono di essere assunte, e sono già state assunte perché ne abbiamo parlato con l'Assessore Pichetto, il quale ha confermato che le cose stanno effettivamente così. Le conseguenze sul piano di una legge, per la quale non si può parlare di stanziamento e di copertura, sono evidentemente da rilevare nell'ambito della relazione alla legge medesima.
La legge si può fare, se proprio la vogliamo, ma nascono altri dubbi sulla possibilità di varare una legge di spesa che non ha neanche un minimo di copertura. Questa è una questione che rimane aperta, a livello tecnico.
Anche di questo abbiamo parlato con l'Assessore Pichetto. Evidentemente sarebbe singolare la situazione che dovremmo affrontare se dovessimo adottare leggi di spesa che hanno una previsione teorica di oneri di 30 miliardi senza neppure avere un euro per coprire questa spesa .



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Ho ascoltato con attenzione l'ennesimo intervento del collega Riba, che ha una certa logica, però m'impegno, collega Riba, per l'inizio della seduta della settimana prossima a portarle copia di tutte le leggi che sono state varate, negli ultimi cinque anni, con questo sistema, forse alcune anche votate da parte dell'opposizione, ed approvate da questo Consiglio Regionale.
Seconda cosa: la destinazione dei fondi è un atto indispensabile per produrre l'atto amministrativo per impegnare i fondi. Noi siamo sicuri di avvalerci dell'assestamento di bilancio, ma, in un bilancio della portata di quello della Regione Piemonte, sfido chiunque a dire che i soldi non ci sono. Comunque, sta a noi proporre al Consiglio ed alla Giunta un assestamento. Se in Giunta c'è questa legge, fa parte del suo programma.
Non ho detto che quello del finanziamento non è un problema. L'ultimo bilancio non lo abbiamo approvato un mese fa, come diceva la collega Manica, ma dieci settimane fa, perché questa è un'istituzione che ha comunque approvato la finanziaria entro il mese di febbraio e molto prima della maggior parte dei comuni e delle province della regione Piemonte.



(Commenti in aula)



CATTANEO Valerio

Noi con l'assestamento troviamo i 35 miliardi e l'atto amministrativo li impegna.
Siamo convinti di questa procedura, come altre volte abbiamo detto d'esserne sicuri e convinti, perciò abbiamo agito di conseguenza, quindi sarà questa Giunta Regionale, presente in aula alle sei di mattina, che farà una proposta in sede d'assestamento, e in quella sede dirà dove trovare i 35 miliardi. Se il Consiglio approverà l'assestamento, la Giunta farà il suo atto amministrativo. Credo dunque che, dopo aver per molte volte affrontato con dovizia d'impegno il merito della legge, ormai siamo arrivati alla questione finanziaria, di cui è circa un ora che discutiamo.
Mi sembra che tra i vari emendamenti ci sia qualcosa, se non ricordo male, anche sul comma sette dell'articolo 1 della legge. Avremmo modo di confrontarci ulteriormente, magari con la lucidità delle ore diurne, e certamente con la convinzione, da una parte e dall'altra, di avere il quadro di una soluzione che certamente competerà al Consiglio Regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Questo era l'ultimo emendamento quindi se non ci sono altri interventi procediamo alla votazione.
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico sull'emendamento rubricato n. 468.
Il Consiglio non approva.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 6.00)



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