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Dettaglio seduta n.3 del 07/06/00 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta pomeridiana.
Ho ricevuto alcune iscrizioni a parlare in merito al punto 4) all'o.d.g..



PRESIDENTE

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



PRESIDENTE

Non c'è nessuno. Presidente, può verificare il numero legale?



PRESIDENTE

Propongo due minuti di sospensione affinché entrino in aula i Consiglieri e i componenti della Giunta.



(La seduta, sospesa alle ore 14.40 riprende alle ore 14.46)



PRESIDENTE

Riprendiamo la seduta. In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Rossi Giacomo, Rossi Oreste e Vaglio.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Dibattito sulle Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale sul programma politico di legislatura - Esame ordine del giorno n. 4 collegato


PRESIDENTE

Procediamo con il dibattito politico in merito alle Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale, di cui al punto 4) all'o.d.g..
Ha chiesto di parlare il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Sono onorato di poter aprire i lavori dell'aula con il primo dibattito vero e proprio di questa legislatura e di far parte dell'Assemblea della Regione Piemonte.
Questa Assemblea avrà una valenza e una caratteristica particolare: una valenza soprattutto costituente perché, nelle prossime settimane sicuramente, inizieremo i lavori per dare un nuovo volto istituzionale alla Regione Piemonte. In quest'ottica, sarà importante lavorare per la realizzazione di un nuovo Statuto che dia una forte autonomia regionale per affrontare le sfide indicate, in maniera molto approfondita e incisiva dal Presidente Ghigo nel suo intervento di questa mattina. Le sfide riguardano l'internalizzazione, l'infrastrutturazione e la coesione sociale, in un mondo che si dirige verso la globalizzazione dei mercati dove lo stato nazionale unitario è sempre importante e ha sempre una funzione storica (che avrà sempre), ma non sempre si rivela adeguato ad affrontare queste sfide.
Per cui soltanto una regione autonoma, apportatrice di libertà, di profondo e di forte federalismo, potrà affrontare queste sfide così importanti per la nostra istituzione e per la popolazione del Piemonte.
Quindi, in questa direzione, sarà necessario attuare, nell'ambito dello Statuto, il riconoscimento di un forte federalismo regionale.
Personalmente, sono sempre stato un fautore dell'autonomia di tipo speciale, sulla falsariga delle regioni autonome italiane già esistenti non a capo di un'autonomia che si muova in direzione di un federalismo sociale ed economico, dove alcune competenze importanti, attualmente riconosciute allo Stato centrale, vengano assegnate per competenza esclusiva alla Regione Piemonte. In particolare, mi riferisco ai settori dell'agricoltura, del commercio, dell'artigianato, dell'industria, della sanità, del lavoro, della scuola e della formazione professionale. In questo senso, si potranno accogliere i contributi e riprendere alcune proposte e alcuni disegni di legge che lo stesso Gruppo di Forza Italia aveva presentato nell'ultima legislatura, come d'altronde sono stati elaborati, nel recente passato, anche da altri Gruppi sia della maggioranza, come la Lega e Alleanza Nazionale, sia dell'opposizione, come il Gruppo dei Democratici di Sinistra.
Non si deve attuare un federalismo vuoto, a sé stante e sterile, bensì un federalismo basato su forti risorse economiche a disposizione. E' inutile rivendicare e ottenere competenze esclusive e autonomia in alcuni settori così importanti e fondamentali, se non si hanno le risorse per realizzare e gestire questi interventi.
Occorre un federalismo fiscale forte, dove si possa pensare che il 60 70% di ogni forma di tributo versato all'erario da ogni cittadino del Piemonte venga subito trattenuto a livello regionale. Non è il caso di approfondire queste tematiche nel dibattito, poiché devono intervenire molti colleghi; avremo altre occasioni. A mio avviso, sicuramente, ci si dovrà muovere in direzione di un forte federalismo fiscale, sulla scia delle regioni autonome e speciali o sulla scia del federalismo tedesco. In quest'ottica, potrà essere altrettanto utile inserire, nell'ambito dello Statuto, alcuni correttivi di tipo anche istituzionale, come l'incompatibilità tra Assessore e Consigliere regionale, con la netta separazione tra la parte assembleare legiferante e quella esecutiva. Il tutto, ovviamente, per dare una forte spinta alla Regione, che dovrà affrontare le trasformazioni sociali ed economiche che stanno attraversando i nostri tempi, ma anche per dare una dimensione più giusta, più omogenea e più realistica alla nostra stessa regione a livello di enti locali minori in particolare, per quanto riguarda le nuove province piemontesi che, a mio avviso, dovranno essere realizzate in tempi celeri. Come dovrà essere adeguatamente valorizzata la città di Torino affinché diventi una città metropolitana, una vera capitale dell'Europa nord-occidentale. Però, per realizzare questo, sarà necessario darle una dimensione metropolitana con la creazione di almeno altre due province a livello torinese e poi rivolgere l'attenzione anche sulle altre aree del Piemonte, come quella del nord-est, dalla quale provengo e dove abbiamo quattro province molto piccole, che si devono irrobustire dal un punto di vista politico, sociale ed economico. In particolare, penso alla mia provincia: con gli amici di Casale si sta ragionando per sviluppare un progetto di provincia federata.
Mi auguro vivamente che i temi ai quali ho accennato un po' convulsamente a causa della ristrettezza dei tempi vengano sviluppati e portati avanti nel prosieguo della legislatura con quel piglio, determinazione, coraggio velocità - come auspicato dal Presidente Ghigo - con quel taglio istituzionale, con quella attenzione ai problemi concreti della gente, alle idee e alle necessità dei cittadini del Piemonte, che, alla fine, devono sempre essere fatti prevalere sulle vuote ideologie o sulle inutili beghe partitiche o politiche.
Mi auguro che gli spunti ai quali ho accennato, prossimamente, vengano ripresi e sviluppati in maniera incisiva per il bene, sempre e soltanto dei cittadini del Piemonte.
Grazie.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Pedrale.
La parola al Consigliere Caracciolo.



CARACCIOLO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo circa vent'anni di impegno politico nell'Amministrazione comunale di Nichelino e per un breve periodo nel Consiglio provinciale di Torino, mi trovo a rappresentare il mio partito, lo SDI, nel Consiglio regionale del Piemonte: altro consenso politico, altri compiti, altre responsabilità.
Signor Presidente e colleghi Consiglieri, incomincio subito col manifestare disappunto e contrarietà per il teatrino delle dimissioni dei Consiglieri per poter essere nominati Assessori, e, successivamente, per la distribuzione delle deleghe che ha portato all'autoesclusione della Lega Nord dalla Giunta, e rimarcare che ciò è tanto più grave se si pensa al ruolo di forte autonomia e di responsabilità di governo che il nuovo ordinamento federale assegna alle Regioni.
Aggiungo anche l'altro teatrino svoltosi ieri mattina, dove i Consiglieri della maggioranza hanno fatto mancare il numero legale alla Giunta delle Elezioni per eleggere gli organi elettivi, sicuramente perch non hanno trovato un accordo tra loro, provocando molto disagio per tutto il Consiglio.
Sono d'accordo su quanto detto dal Presidente Ghigo, sulla diversa velocità esistente tra politica e vita reale, a cui bisogna dare risposte veloci, eque e coraggiose. Acceleriamo, quindi, le risposte politiche attrezzandoci di strumenti per poterlo fare. Su questo metodo e su questo stile, nel nostro piccolo, ci troverà sempre d'accordo. Sono convinto che non abbia senso chiudere le porte della stalla dopo che i buoi sono usciti quindi se ci sono problemi bisogna affrontarli subito e dare risposte concrete.
Confessiamo di essere preoccupati, e non poco, per il clima di polemica, di tensione e di confusione istituzionale che si è venuto a creare nella maggioranza e che ha finito per coinvolgere il Consiglio dovuto principalmente al comportamento ambiguo della Lega Nord, che ha perso qualche anno fa la sua battaglia secessionistica ed oggi, attraverso il Cavallo di Troia rappresentato dall'alleanza con il Polo, cerca di realizzare tale scopo con la politica dei piccoli passi, senza sbarchi in laguna o marce sul Po.
E' evidente che stanno incominciando a venire a galla le contraddizioni di fondo di una maggioranza che continua ad essere solo una coalizione elettorale.
Il tema del federalismo è una cosa molto importante, se non la più importante della legislatura e non può essere ridotto ad una mera schermaglia politica. C'è l'articolo 5 della Costituzione, c'è la legge costituzionale del 22 novembre 1999, n. 1: sono questi i termini, i dettami da cui si deve partire di andare muoversi.
Qualche giorno fa, in un editoriale de Il Corriere della Sera, Tommaso Padoa Schioppa osservava: "Con l'insediamento dei nuovi poteri regionali inizierà la terza e decisiva fase di una delle più profonde trasformazioni che lo Stato italiano abbia mai compiuto dal 1861, quando esso nacque. E' un passaggio non meno importante dell'introduzione del suffragio universale nel 1913 o del passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, nel 1946, o della formazione dell'Unione Europea. Si tratta della trasformazione dello Stato centralizzato in Stato federale, nel quale il potere è distribuito verticalmente su più livelli".
E tanto per chiudere su questo argomento, vorrei ricordare al Presidente Cota che non ci si può nascondere dietro ad un dito, affermando di andare a Pontida per giurare solennemente fedeltà al Piemonte, alla libertà del Nord, alla Lega ed ai suoi ideali, come semplice leghista perché egli non è un semplice leghista, ma è il Presidente del Consiglio di una delle più importanti Regioni d'Italia.
Ma tant'è, cerchiamo di andare avanti. Tutti sappiamo come sono finite le elezioni regionali del 16 aprile: vittoria del Polo, sconfitta del centrosinistra.
Sull'esito elettorale sono state fatte molte analisi più o meno condivisibili, su cui è inutile tornare. Una cosa comunque è certa: durante la campagna elettorale i temi di interesse locale sono stati toccati poco.
Ha prevalso, su quella regionale, l'onda lunga della politica nazionale con tutti i suoi problemi, finendo per condizionare fortemente l'esito finale.
Il centrodestra ha potuto sfondare al centro perché è riuscito a mettere insieme una campagna di tipo ideologico, con la difesa di interessi corporativi di ogni genere.
Ad un certo momento, poi, è come se ci si fosse trovati di fronte ad un referendum tra Berlusconi e D'Alema e, a questo punto, gli elettori hanno scelto il primo e, con lui, Enzo Ghigo e quindi il centrodestra. Altrimenti non è comprensibile quale meriti abbia potuto avere l'Amministrazione di centrodestra per essere premiata, in quanto ha fatto veramente poco e si è limitata ad una modesta gestione che in alcuni settori è risultata addirittura fallimentare.
Per la legislatura che ci avviamo ad affrontare, malgrado la maggioranza dei due terzi di cui disponete vi consenta di occupare tutto anche noi formuliamo una scaletta di priorità programmatiche su cui intendiamo concentrare il nostro impegno politico, ispirandoci alla nostra tradizione di solidarietà che ci ha visti sempre schierati in difesa dei più deboli.
Noi pensiamo che il liberismo, specie quello senza regole, arrechi benessere a chi sta già bene, mentre per gli altri, che sono poi la maggioranza, crei miseria e malessere.
Ben venga la grande politica sulle grosse opere: Olimpiadi 2006, grande viabilità con la realizzazione delle infrastrutture ferroviarie collegamento tra est ed ovest, e di quelle stradali perché, siamo anche noi d'accordo, crea sviluppo, occupazione e ammodernamento, conferendo alla nostra regione una collocazione importante e di prestigio nel contesto nazionale ed internazionale.
Ribadiamo con forza il nostro impegno preso durante la campagna elettorale sul "progetto salute", che si propone interventi mirati per l'evento nascita attraverso il rilancio del "progetto materno-infantile" e l'adeguamento della rete dei consultori familiari, per gli anziani non autosufficienti, i malati di Alzhaimer, i malati terminali, i portatori di handicap gravi e gravissimi, i malati mentali.
La presa in carico di queste persone dovrà contare su una grande varietà di servizi, perché grande è la varietà dei bisogni di assistenza che queste persone presentano: reparti in ospedali accreditati, pubblici o privati, per le condizioni acute, ma anche reparti di lungodegenza riabilitativa, assistenza domiciliare, sociale e sanitaria, assistenza nelle residenze sanitarie e nei centri diurni.
Particolare attenzione va posta anche al campo pediatrico, dove è inammissibile che ci possano essere carenze di pediatri, sia di base che nei complessi ospedalieri.
Bisogna, quindi, verificare cosa non funziona nei meccanismi delle specializzazioni. Avere un bambino che si ammala di notte o nei giorni festivi diventa un dramma per intere famiglie.
Durante i periodi invernali, purtroppo tanti sono i bambini che si ammalano in modo improvviso ed acuto: a costoro non resta che la via del pronto soccorso, oppure, se hanno fortuna, la visita privata a domicilio.
Non è proprio possibile integrare la guardia medica degli adulti con delle figure pediatriche o cercare altre soluzioni concrete.
Per il mio ruolo di Consigliere di minoranza, ritengo altresì importante stabilire rapporti di riferimento con le aree socio-politiche del territorio, essendo presente anche fisicamente con un mio collaboratore e facendomi portavoce dei loro problemi nelle sedi più opportune, come le Commissioni ed il Consiglio, usando gli strumenti consentiti dal Regolamento. E, dulcis in fundo, l'elaborazione dello statuto delle regioni, che rappresenta, come dicevo all'inizio, l'impegno più gravoso e importante della legislatura, che secondo noi deve nascere dalla collaborazione democratica di tutti ed essere frutto di equilibrio e buonsenso, senza fughe in avanti o impennate demagogiche, tenendo conto che i diversi livelli di Governo sono parti complementari non alternative di un unico Stato. Lo Stato non cessa di essere unitario per il fatto di essersi dato un ordinamento federale.
I socialisti hanno una lunga e importante tradizione di presenza e di azione politica in questo contesto regionale.
A tale uopo mi corre l'obbligo di rivolgere in questa occasione un doveroso pensiero alla memoria del compianto Presidente Viglione, nostro compagno di grande levatura morale e politica, un esempio per tutti noi. I socialisti democratici italiani oggi sulla scena politica nazionale non sono in molti. Noi riteniamo, comunque, che il risultato che è stato ottenuto alle regionali in un contesto di arretramento di tutto il centrosinistra, è positivo. L'aspirazione a riunire la diaspora socialista come sottolinea Enrico Boselli, resta nei nostri intenti. Tutti devono per sapere che il terreno dell'unità non può essere realizzato a metà strada tra chi sta nel centrosinistra, come è sempre stato nella storia dei socialisti, e chi sta nel centrodestra, come è mai avvenuto per chi vuole restare socialista. Non c'è un'altra casa socialista da fondare o da rifondare, ma c'è un partito come il nostro da rafforzare.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi si consenta di concludere con questo pensiero: io sono nato in Calabria e da circa 45 anni vivo in Piemonte, dove mi sono formato culturalmente e affermato professionalmente lavorando come aiuto ospedaliero al S. Croce di Moncalieri e come pediatra di base a Nichelino. Ho sempre nel mio cuore la mia terra d'origine e la mia gente, ma altrettanto affetto e riconoscenza nutro per questa terra e per questa gente che in questa sede rappresento, della quale mi sento parte integrante e che ringrazio per tutto quello che mi ha dato, con la speranza di continuare ad essere degno della loro fiducia nello svolgere questo mio nuovo compito di Consigliere regionale. Grazie.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Caracciolo.
La parola al Consigliere Dutto.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente. Sono passati cinque anni da quando, con molte illusioni, iniziavo la mia prima legislatura in qualità di Consigliere regionale. Molte illusioni, dicevo, di poter cambiare il sistema politico e, di conseguenza, economico e sociale, per potere arrivare ad una vita migliore per tutti.
Devo ammettere che sino ad oggi le mie speranze sono andate deluse, ma non per questo mi sono arreso. Anzi, proprio oggi, all'inizio della mia seconda legislatura, sono convinto più che mai che andremo finalmente incontro ad un'eccezionale stagione di riforme, una nuova primavera politica, di cui tanto i nostri concittadini hanno bisogno.
Con l'ormai famoso patto Bossi-Berlusconi, che ha permesso la creazione dell'alleanza fra Polo e Lega, ormai definita "Casa della libertà", il panorama politico è cambiato radicalmente. Per la prima volta nella storia politica italiana, tutte le grandi regioni del nord sono governate da una maggioranza veramente federalista. Certo dovremo attendere ancora qualche mese affinché, con le prossime elezioni politiche nazionali, la stessa maggioranza sieda anche in Parlamento. A quel punto saremo certi di poter ottenere risposte positive, finalmente, alle nostre giuste e sacrosante rivendicazioni e potremo mettere in movimento quel meccanismo noto come devolution e, a fronte delle richieste di maggiori competenze, maggiori poteri, maggiori disponibilità finanziarie avanzate dalle Regioni, il Governo centrale darà risposte finalmente positive, con la devoluzione appunto di poteri rimasti sino ad oggi strettamente nelle mani del potere centrale di uno Stato accentratore e centralista.
Certo se penso al cammino compiuto dal movimento della Lega Nord, a cui io ho aderito ormai da oltre dieci anni, mi accorgo come siano stati compiuti passi da gigante. Proprio dieci anni fa eravamo stati i primi a lanciare un programma di autonomia e federalismo. Allora la nostra proposta fu bocciata praticamente da tutti i partiti che esistevano in quel momento.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, ma oggi, se non proprio tutti, almeno la grande maggioranza delle forze politiche si dice federalista.
Sicuramente tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Sappiamo che alcune di queste forze si riempiono la bocca di belle parole, di quella bella parola, federalismo, solo per mantenere le loro rendite di posizione le poltrone e il potere. Come sempre, sono maestri nell'arte della demagogia e in questi ultimi anni abbiamo sotto gli occhi quello che non è stato fatto, quello che la Regione e gli altri enti locali non hanno ottenuto, perché il federalismo è ben altra cosa di quelle poche deleghe ottenute con i famosi Bassanini o con altri provvedimenti analoghi. Non è di queste briciole che possiamo soddisfarci. Chiediamo competenze vere in materia di sanità, trasporti, istruzione ed ordine pubblico; soprattutto chiediamo le risorse finanziarie per fornire ai cittadini i servizi di cui hanno diritto e che già pagano profumatamente attraverso un pesante carico fiscale.
Qui voglio aprire una parentesi: oggi i nostri cittadini sostengono un carico fiscale fra i più alti d'Europa, appesantito da incredibili formalità burocratiche, che richiedono ulteriori costi aggiuntivi per le incombenze richieste.
La totalità delle imposte di base (IRPEF, IRPEG e IVA) finisce nelle casse dello Stato, che ne ridistribuisce solo una piccola parte sul territorio. Regioni ed enti locali vengono autorizzati ad imporre ai cittadini le famose addizionali e balzelli vari, quasi a voler dare un segnale preciso a contribuenti ed elettori: federalismo significa pagare due volte le imposte; Regioni, Province e Comuni si trovano obbligati a dover ricorrere a queste forme di finanziamento a fronte di trasferimenti sempre più insufficienti da parte dello Stato per poter fornire anche solo i servizi minimi e indispensabili ai cittadini.
Il vero federalismo è un'altra cosa: è il ribaltamento di tutto questo sistema. Le tasse andranno pagate direttamente a Regioni, Province e Comuni in cambio di tutta una serie di servizi, e solo una parte verrà versata allo Stato centrale.
Le misure da noi indicate (70% sul territorio e 30% allo Stato) sono ovviamente tutte da verificare e da discutere, ma questo sistema fiscale dovrà essere la base di quel moderno Stato federalista che noi vogliamo.
Per quanto riguarda l'istruzione, questa dovrà potersi differenziare: ogni Regione ha il diritto-dovere di difendere la propria identità, la propria lingua, le proprie tradizioni e peculiarità culturali ed ha il diritto-dovere di salvaguardare tutto questo preziosissimo patrimonio culturale e di tramandarlo ai posteri. Da troppo tempo, purtroppo, ciò è stato sacrificato in nome di una globalizzazione governata dal potere economico, ma anche politico; troppi valori tra i più belli della nostra vita sono stati dimenticati per far posto al nulla.
E voglio toccare il problema anche dell'ordine pubblico. Abbiamo un sistema legislativo garantista e permissivo nei confronti di chi compie reati che finisce, per contro, col punire i cittadini onesti. Oggi la gente ha paura ad uscire di casa! Di notte, ma ormai anche di giorno, ha paura di venire scippata, rapinata, aggredita in qualsiasi momento! Rischia tornando a casa di trovarsi l'alloggio svaligiato e sta prigioniera in casa! E' indispensabile intervenire con urgenza e decisione sul controllo della legalità e dell'ordine pubblico e nessuno può farlo meglio di una polizia locale, scelta fra i residenti. Residenti che ben conoscono territorio e popolazione. Nessuno può farlo meglio di una Magistratura eletta direttamente dai cittadini.
Ed ora una nota che qualcuno potrà ritenere campanilistica, ma che è un esempio clamoroso di inefficienza dello Stato centrale. Parliamo di grandi opere pubbliche e quindi dell'ormai famosa autostrada Asti-Cuneo l'autostrada che non esiste! Da decenni, le popolazioni e gli amministratori locali chiedono che questa grande opera venga realizzata. Nove anni fa l'ANAS diede in concessione alla SATAP la realizzazione e la gestione di questa grande infrastruttura. Sarebbe impossibile ora elencare il lungo percorso ad ostacoli fatto finora, ma dopo quasi dieci anni, a lavori, se non proprio in corso, perlomeno iniziati, si corre ora il rischio che tutto venga azzerato e rimesso in discussione. L'ANAS potrebbe infatti annullare la concessione alla SATAP con conseguente ricorso in via giudiziaria di quest'ultima e blocco totale della realizzazione dei lavori per chissà quanti altri anni! Nel lanciare questo nuovo segnale di allarme al Presidente, on. Ghigo faccio una semplice considerazione, pregandolo fra l'altro di intervenire urgentemente su questa questione. Se valutiamo come le opere di competenza regionale vengano realizzate, pur con eventuali ritardi e con le grandi critiche della sinistra, potremmo affermare con sicurezza che se l'autostrada Asti-Cuneo fosse stata di competenza regionale a quest'ora i lavori sarebbero sicuramente ultimati.
Paghiamo invece i costi dell'inefficienza dello Stato centrale, costi in termini di perdita di competitività economica per le nostre imprese, ma anche pesanti conseguenze nel numero di incidenti, di morti e di feriti sulle strade. Strade del tutto inadeguate ed insufficienti per il traffico che oggi vi transita.
Dunque, non mi resta che chiudere con l'augurio che le riforme vengano poste in atto al più presto; che il federalismo diventi una realtà; che si parta con la devolution senza attendere oltre.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le considerazioni che svolger si riferiranno in parte all'intervento del Presidente Ghigo e in parte ad alcune considerazioni che il Presidente Ghigo non ha svolto, anche per provocare possibilmente una discussione su alcune questioni che sono state omesse o dimenticate.
Innanzitutto vorrei esprimere un apprezzamento al Presidente Ghigo per il giudizio negativo che ha dato sul giuramento del Presidente della Lombardia, Formigoni. Mi pare questo un fatto importante e va riconosciuto come un atto importante, che ha un forte senso delle istituzioni, così come abbiamo apprezzato anche la sua posizione sulla Festa della Repubblica e il giudizio positivo che lì ha espresso sul Presidente della Repubblica.
Questo fa parte sì della tradizione piemontese, di questo senso delle istituzioni che deve sempre caratterizzare, io credo, tutta l'assemblea regionale. Atteggiamenti diversi non fanno parte di questa tradizione.
Riferimenti ad etnìe inesistenti come la Padania non fanno parte di questa tradizione istituzionale e in questo senso noto una forte differenza tra la sua posizione e la posizione del Presidente del Consiglio regionale che dovrebbe in qualche maniera rappresentarci tutti. Mentre lei esprime una posizione chiara e coerente dal punto di vista istituzionale, il nostro Presidente del Consiglio assume con dichiarazioni fatte qui in aula, ha assunto con dichiarazioni fatte - mi pare - a Pontida, delle posizioni diverse. Ora è chiaro che ci troviamo di fronte a posizioni tra di loro incoerenti che in qualche maniera debbono trovare una sintesi. Credo che si arriverà a una sintesi perché si tratta di posizioni, almeno mi pare abbastanza inconciliabili, a meno che si intenda la sintesi come un generico riferimento al federalismo senza specificare che cosa vuol dire federalismo.
E' stato detto e ripetuto anche in alcuni accenni fatti poco fa dal Consigliere Dutto al federalismo: mi sembra che non sia il modo di intendere un certo federalismo al quale ha fatto riferimento il Presidente Ghigo. Non mi pare infatti che il Presidente Ghigo parlando di federalismo abbia parlato di polizia locale e neppure di Magistratura. Bisogna capire che cosa si vuol fare: se l'obiettivo finale è quello della secessione oppure no. Se l'obiettivo del federalismo è quello di rendere le nostre Regioni forti per avere strumenti per reggere alla competizione internazionale, questo sì! Su questo siamo perfettamente convinti che bisogna superare la fase del federalismo amministrativo per passare ad una fase di federalismo più ampio che richiede una modifica della Costituzione.
Però c'è uno spazio immediato, che è quello di dare attuazione al federalismo amministrativo così com'è stato disegnato dalle Leggi Bassanini, cioè a Costituzione invariata, che è una fase - io dico avanzata di federalismo e non siamo forse stati capaci come Regione Piemonte di darne un'applicazione sufficiente e coerente con una rivisitazione del ruolo, della missione della Regione Piemonte.
Questi sono i termini della questione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le considerazioni che svolger si riferiranno in parte all'intervento del Presidente Ghigo e in parte ad alcune considerazioni che il Presidente Ghigo non ha svolto, anche per provocare, possibilmente, una discussione su alcune questioni che sono state omesse o dimenticate.
Innanzitutto vorrei esprimere un apprezzamento al Presidente Ghigo per il giudizio negativo che ha dato sul giuramento del Presidente della Lombardia, Formigoni - mi pare, questo, un atto importante, dal forte senso delle istituzioni - così come abbiamo apprezzato la sua posizione sulla Festa della Repubblica e il giudizio positivo che lì ha espresso sul Presidente della Repubblica. Questo sì fa parte della tradizione piemontese, di un senso delle istituzioni che deve sempre caratterizzare io credo - tutta l'assemblea regionale. Atteggiamenti diversi non fanno parte di questa tradizione.
Riferimenti ad etnìe inesistenti come la Padania non fanno parte di questa tradizione istituzionale e in questo senso noto una forte differenza tra la sua posizione e la posizione del Presidente del Consiglio regionale che dovrebbe in qualche maniera rappresentarci tutti. Mentre lei esprime una posizione chiara e coerente dal punto di vista istituzionale, il nostro Presidente del Consiglio assume con dichiarazioni fatte qui in aula, ha assunto con dichiarazioni fatte - mi pare - a Pontida, delle Se dobbiamo, in qualche maniera, annegare la nostra identità, non la nostra etnia, di Piemonte in una generica, indistinta e insignificante Padania che non esiste, oppure se abbiamo un nostro ruolo che può essere anche competitivo nei confronti della Lombardia, con la quale Il Presidente Ghigo sa perfettamente che, negli ultimi anni, abbiamo avuto dei momenti di contrasto e di tensione: penso non soltanto al caso Malpensa, ma anche ad altre infrastrutture dove il rapporto non è di omogeneità, ma sicuramente di carattere competitivo. Questo tema lo accenno soltanto, ma è chiaro che va ripreso nel momento in cui discuteremo in modo preciso che cos'è il significato che noi assegniamo alla parola federalismo. Se è un atteggiamento per dividere, oppure per unire e accentuare le diversità per far diventare la nostra regione più competitive e autonome.
Vorrei anche dare un giudizio, Presidente, sul suo intervento nel complesso. Lei ha fatto un intervento da vincitore di questa competizione elettorale, d'altronde l'elettorato le ha assegnato questo ruolo. Lei ci ha impartito qualche lezione di pedagogia politica, ci ha dato qualche consiglio per accrescere il consenso in futuro, ci ha consigliato di accantonare analisi culturali, sociologiche ed economiche, di non fare più riferimenti dotti perché tanto non è attraverso questi riferimenti e queste analisi che si ottiene il consenso, ma ha un po' ecceduto nel dare giudizi sugli errori e i limiti che sicuramente ha il centrosinistra. Penso che questo sia stato una sorta di invasione di campo rispetto ad un ruolo che lei ha come Presidente della Giunta regionale; al di là di questo, che è un tema di confronto politico, lei si è assunto il merito di avere contribuito in modo determinante, con l'azione del Governo regionale negli ultimi cinque anni, al risultato elettorale del Polo. Lei ha detto che non è soltanto merito della Regione, ma che lei stesso ha contribuito in modo determinante al suo successo.
Questa affermazione contiene un eccesso di sopravvalutazione del ruolo del Presidente e del passato governo regionale. Credo che sia evidente che l'uniformità del dato elettorale nella penisola a vantaggio del Polo dimostri come questa sia stata una competizione politica nazionale, nel senso che pare ormai scontato - ripeto delle cose note - che siano state messe in secondo piano le questioni regionali, altrimenti il dato di uniformità su tutta la penisola non ci sarebbe stato. E' stata una competizione politica nazionale in un momento in cui i risultati del processo riformistico, avviato dal governo di centrosinistra, non erano visibili. Questo processo era ancora incompiuto in un momento in cui questa competizione politica nazionale ha messo in luce un limite della coalizione di centrosinistra derivante dalla caduta del Governo Prodi. E' stata una sorta di anticipazione delle elezioni politiche.
Questo è un risultato che non è da ascrivere soltanto all'azione del Presidente Ghigo e del governo regionale; un grande merito è da attribuire sicuramente anche all'onorevole Berlusconi, che ha intuito questo particolare momento per presentarsi a questa competizione.
Questo lo dico non per sminuire i suoi meriti, Presidente, ma per evitare che lei, così come ha sottolineato i nostri errori, possa erroneamente ritenere che il risultato elettorale equivale a dimenticare velocemente i limiti e gli errori del governo regionale negli ultimi cinque anni. Quel risultato non cancella tutto. Ricordo che lei stesso Presidente, qualche mese fa, prima delle elezioni, sapeva di questi limiti si era reso conto e mi pare che qualche sua dichiarazione, come quando parlava di sostituire, ad esempio, l'Assessore alla sanità, lo dimostrasse.
Il dato elettorale ha fatto dimenticare tutto, ma non è che il dato elettorale elimini gli errori, i difetti e i limiti del passato governo regionale. Avrei preferito, ma questa si tratta di una preferenza personale, che il Presidente Ghigo, oltre ad alcune considerazioni sulla parte istituzionale che condivido, avesse fatto una riflessione sui limiti che lei stesso ha ammesso in passato sul governo regionale per aprire una fase nuova. Questa è certamente una fase nuova ed importante: l'esperienza ci ha dimostrato, sicuramente, che è possibile cambiare atteggiamento e registro, in particolare, su alcune politiche di governo. Credo che questo limite debba essere rilevato; anche questo sarà oggetto di dibattito quando entreremo nella discussione di questioni specifiche.
Volevo ancora dire al Presidente Ghigo, utilizzando la stessa pedagogia che lui ha usato nei confronti del centrosinistra, di stare attento che il "partito dei governatori" oggi va bene, è sulle pagine dei giornali, ma attenzione, c'è una sorta di presunzione. Il fatto che le questioni etiche politiche e morali possano essere risolte con l'elezione diretta di qualcuno, è una presunzione non solo sua, ma di tutto il sistema politico.
I colleghi si ricorderanno perfettamente quanto spazio fosse assegnato in termini positivi qualche anno fa al "partito dei sindaci", ma il fenomeno si è sgonfiato: non bisogna suscitare speranze che sono state alimentate in chi crede fortemente nel meccanismo delle elezioni dirette.
Personalmente ho qualche dubbio che l'elezione diretta del Presidente possa risolvere la questione. Giustamente lei lo ha sollevato, ma l'esperienza ha dimostrato che i discorsi durante le elezioni (il fatto che il Presidente eletto, come un governatore avrebbe nominato direttamente gli Assessori anche degli esterni), si sono rilevati inconsistenti. Modalità diverse di costituire gli organi non eliminano i problemi, i rapporti e il ruolo dei partiti, che lei oggi ha riconosciuto.
Non bisogna creare l'illusione che basti un'elezione diretta per risolvere i problemi. Anche noi, Presidente, siamo stati eletti direttamente. Ribadisco questo concetto anche al Presidente del Consiglio regionale: anche questa assemblea è stata eletta direttamente e non soltanto il suo Presidente. Non c'è posizione gerarchica tra il Presidente della Giunta Regionale e l'Assemblea legislativa; l'assemblea legislativa ha un valore enorme: tutti siamo stati eletti direttamente.
Lo dobbiamo ricordare, anche per evitare che possa scattare qualche meccanismo di autoconvincimento: qualcuno che, per il fatto di essere eletto direttamente, ritiene di avere la soluzione dei problemi. La collegialità è un fatto importante, così com'è importante il dibattito.
Presidente, lei ha anche richiamato il fatto che quest'assemblea debba adottare scelte veloci e coraggiose: concordiamo su questo fatto. Le scelte veloci richiedono un atteggiamento nuovo da parte di tutti; per carità anche noi abbiamo commesso errori; ma le scelte veloci richiedono dibattito. Se ai problemi non si risponde, le scelte veloci sono inesistenti.
Il confronto politico è un fatto importante, ma sicuramente è da modificare il Regolamento. E' stato detto in diverse occasioni che lo Statuto è da modificare. Nessuno si illuda, però, che le modifiche delle regole della convivenza democratica di questa assemblea siano un problema che riguarda solo la maggioranza: è problema che riguarda tutti.
Deve esserci un coinvolgimento ampio; ormai le elezioni sono finite nessuno può pretendere che le regole vengano stabilite soltanto da qualcuno, anche se questa maggioranza è fortissima. Anche perché le regole il Regolamento e lo Statuto vengono modificati con le regole attuali.
A parte questo - che può essere un ricordo di certi atteggiamenti ostruzionistici - c'è il fatto che la democrazia deve basarsi, così come chiede Berlusconi parlando di riforme elettorali, su una convinzione diffusa ed ampia di regole condivise. E' un elemento che dobbiamo avere sempre presente: lo dico alla maggioranza e, in modo particolare, a chi nella maggioranza ha richiamato ad una modifica delle regole pensando che queste possano essere fatte solo da qualcuno o dando per scontato che la Presidenza della Commissione Statuto risolva il problema. Quella della Commissione Statuto è la sede dove le regole devono essere stabilite.
Forse, prima di fare dichiarazioni precipitose, è opportuno stabilire le modalità più utili per raggiungere l'obiettivo che tutti ci poniamo, in modo che le nostre decisioni siano veloci e coraggiose, così come da lei auspicate.
Presidente, prima di concludere il mio intervento vorrei ancora sottoporle una questione che lei non ha affrontato. Si tratta, se vogliamo di una sorta di "questione morale". Mi sono chiesto se questa fosse la sede adatta per porre questo problema, poiché lei non ne ha parlato. Sono quindi arrivato alla conclusione che è opportuno che questa prima assemblea legislativa registri le affermazioni gravi fatte su questa "questione morale". Sono affermazioni fatte non da Consiglieri ma da un personaggio politico autorevole.
Ricordo che non molto tempo fa, immediatamente dopo le elezioni, l'On.
Rosso, Segretario di FI, affermò che era inevitabile il ritorno a Tangentopoli, perché ex Assessori regionali per le spese elettorali, tra virgolette "hanno contato sull'aiuto di gruppi di potere o industriali in funzione poi di appalti e delibere". E' un'affermazione gravissima, fatta non da uno sprovveduto ma da un parlamentare della Repubblica. Ritengo che questa affermazione debba essere commentata in quest'aula: se non è vera può essere respinta ma, in ogni caso, deve essere commentata. Anche perch questa affermazione non ci consente, di per sé, di dire con precisione a quale ex Assessori si riferisce l'on. Rosso. Collegandola però ad un passo successivo dell'intervista in cui è contenuta, si evince che, con grande probabilità, l'Onorevole si riferisce ad Assessori che appartengono a Forza Italia e che, in questo caso, farebbero parte della nuova Giunta nominata dal Presidente Ghigo: tutti gli Assessori uscenti sono stati riconfermati! Molto probabilmente, secondo l'on. Rosso - non sono io a dirlo ma ripeto, l'on. Rosso, Segretario del suo partito - siedono in questa Giunta Assessori che per finanziare le spese elettorali hanno in qualche maniera promesso o fatto favori con appalti e delibere.
Presidente, richiamo questa affermazione non con l'intento di suscitare polemiche o per desiderio di screditare qualcuno, ma perché è importante che il Consiglio sia a conoscenza e affronti il problema. Spero che l'on.
Rosso non si sia limitato a una denuncia solo politica. Non sono un giurista, ma credo che un comportamento di questo tipo si chiami "concussione". Non so se l'on. Rosso abbia provveduto a sporgere denuncia anche alla Magistratura.
Presidente del Consiglio, è in gioco l'autorevolezza del Consiglio.
Fino a che questa questione non sarà chiarita e l'on. Rosso non sarà conseguente con quanto affermato o non giungeranno smentite da qualcuno (io non sono in grado di dire quale sia la verità), fino a quando nessuno sosterrà che quanto detto dall'on. Rosso è falso, il Consiglio regionale ammetterà che è possibile una "concussione onesta". La mia non vuole essere una battuta, e spiego perché.
Qualche anno fa venne pubblicato un magnifico libro sui partiti americani dell'inizio secolo. Nel libro si racconta che un personaggio americano allora famosissimo, George Washington Plunkitt, esponente del partito democratico di New York City, uomo d'affari arricchitosi nel sottobosco metropolitano, arrivò a dire: "Ho accumulato una grossa fortuna grazie alla politica ma l'ho fatto in modo onesto, ho colto le occasioni al volo". A questo aggiunse: "Sapevo che si sarebbe dovuto fare un parco. Ho saputo che nella zona c'erano i terreni in vendita. Li ho comprati e rivenduti, me li hanno pagati bene. Questo non è reato: è concussione onesta". Credo che nessuno di noi, oggi, possa affermare che non si trattasse di un reato.
E' opportuno, quindi, che la questione venga in qualche modo ripresa.
Spero che vengano date delle risposte e che l'on. Rosso si sia quanto meno rivolto alla Magistratura.
Ho a disposizione ancora qualche minuto, utile per affrontare un altro argomento, che non riguarda la "questione morale". Il vulcanico Segretario di FI (so che non è Consigliere ma qualche responsabilità dovrà pur averla anche nella formazione della Giunta, per le dichiarazioni rilasciate) ci ha annunciato - questa non è la posizione del Presidente Ghigo ma di un suo autorevole compagno di partito; sappiamo che il Presidente sotto questo aspetto è molto prudente ed equilibrato - che ventidue teste dei Direttori regionali cadranno perché il loro numero è eccessivo. Ci ha anche detto che saranno condotti alla ghigliottina i Direttori troppo sindacalizzati quelli politicamente vicini al centrosinistra e quelli incapaci di entrare nella logica politica dell'Assessore di appartenenza. Ci ha spiegato come dovranno cadere le teste.
Sicuramente, il Segretario di Forza Italia è smemorato, sa perfettamente che è stata la Giunta precedente a volere quaranta Direttori e non tredici come chiedevamo noi del centrosinistra. Non è stata forse Forza Italia e il Presidente Ghigo, che a FI appartiene, a dire immediatamente dopo quella riforma dei Direttori, che era stato compiuto un passo decisivo verso la riorganizzazione, la trasparenza dei processi, e che attraverso il contratto di diritto privato si sarebbe conclusa la fase in cui i Direttori venivano imposti? Non è stata forse una vostra scelta? Al di là di questo - è un problema di giudizio politico - resta il fatto che l'affermazione che "Il Direttore deve essere in sintonia con l'Assessore di riferimento" è un'affermazione gravissima.
Se davvero fosse così, occorre dare qualche consiglio ai Direttori. I consigli perché evitino la ghigliottina potrebbero essere questi: se siete iscritti al sindacato, negatelo, o bruciate le tessere per non lasciare tracce; se avete partecipato a qualche assemblea sindacale o a qualche manifestazione di partito diverso dal Polo o dalla Lega negatelo, solo se pensate che nessuno vi abbia notato, altrimenti fate sapere subito che la vostra presenza serviva per spiare il capo avversario.
Un altro consiglio che vi si potrebbe dare è di non perdere tempo a documentare la vostra professionalità, che non ha nessuna importanza.
L'importanza è la coerenza con le idee politiche dell'Assessore, quindi è più utile cercare velocemente qualcuno che sia disponibile a testimoniare che avete partecipato a una cena elettorale del partito del vostro Assessore, all'affissione di qualche manifesto, oppure alla distribuzione del suo materiale elettorale nelle buche del quartiere.
E' chiaro, mi rendo conto che sto accentuando un aspetto del problema ma non è esagerato riportare in aula queste valutazioni, perché noto che non c'è coerenza con l'impostazione che avete dato al vostro programma politico: liberismo non è un termine che si predica solo nelle campagne elettorali.
La versione "nostrana" di liberismo, stando a queste dichiarazioni, è una versione che rinuncia alla professionalità, alla competenza e alla separazione delle competenze. E' solo una parte di un tema relativo a diverse questioni che vorrei porre, ma mi sembra un modo concreto per entrare nel merito, dopo alcune dichiarazioni importanti che lei ha svolto e per misurare rispetto a queste sue dichiarazioni - spero che non sia così e me lo auguro per il Piemonte - che non ci sia un'accentuata divaricazione tra annunci e comportamenti concreti di governo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Costa Enrico; ne ha facoltà.



COSTA Enrico

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta colleghi Consiglieri, ho scoperto nei giorni scorsi di essere il più giovane componente di quest'assemblea: e, come capita quasi a tutti i novellini, dovrò trascorrere un giusto periodo di "noviziato".
Dovrò imparare, documentarmi, leggere relazioni e pubblicazioni: con tanta umiltà, lavorerò intensamente per essere pronto in un futuro prossimo ad offrire un contributo concreto all'attività di quest'aula e delle Commissioni.
Nonostante tutto però ritengo utile tuffarmi fin d'ora nell'appassionante discussione sulle linee programmatiche, offrendo brevemente alcune idee e alcune riflessioni. In Piemonte l'attività di governo del Polo per le Libertà è incominciata nel 1995, alcuni mesi dopo la caduta del governo Berlusconi: il Presidente Ghigo e la sua squadra diedero l'avvio alla loro azione amministrativa trovandosi ad operare, fin da subito, in condizioni non facili. Si usciva lentamente da una crisi politica ed istituzionale che aveva travolto interi partiti e aveva eliminato dalla scena personaggi che per anni avevano ricoperto prestigiosi incarichi, tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale.
Cinque anni or sono - sono andato a leggermi i verbali della seduta inaugurale - risuonarono nelle parole di esponenti del centro-sinistra alcuni quesiti e tanti dubbi: taluni consiglieri si chiedevano come il Presidente Ghigo, alla prima esperienza di governo, potesse reggere saldamente il timone di una grande regione come il Piemonte, altri dubitavano che una squadra di Assessori esordienti potesse, fin da subito esplicare una coraggiosa e concreta attività amministrativa.
I quesiti hanno trovati risposta ed i dubbi soluzione il 16 aprile di quest'anno, quando i piemontesi hanno dimostrato di aver apprezzato il lavoro svolto nel quinquennio appena trascorso, anche se è innegabile che un così ampio suffragio è frutto, e non minima parte, della politica che il centro-destra sta attuando a livello nazionale.
Oggi, comunque, a differenza di cinque anni orsono, il Presidente Ghigo è forte del consenso della maggioranza assoluta degli elettori: la fiducia accordata dai cittadini mostra la speranza che è riposta nella nostra coalizione e in colui che è posto a capo.
Le condizioni per svolgere un'azione di governo ferma e coraggiosa sono assolutamente favorevoli: c'è una maggioranza solida, anche numericamente una Giunta forte di un'esperienza acquisita sul campo, un percorso già tracciato, da proseguire, che consentirà di concentrare l'attenzione su alcuni settori strategici ancora da migliorare. A dare forza ed incisività all'azione amministrativa sarà in particolare l'accresciuto ruolo delle Regioni nel panorama istituzionale del nostro Paese: mi pare che alcuni siano stati colti da un'irrefrenabile frenesia federalista che da anni compare e scompare a seconda delle alterne fortune politiche della Lega Nord, che oggi pare, almeno così auspichiamo, aver abbandonato i toni forti per cercare un più verosimile confronto sulle soluzioni da adottare.
Dovremmo interrogarci anche noi con franchezza, all'interno di questo Consiglio, sul tipo di federalismo che vogliamo: quello nazional-popolare indicato dal Presidente Ciampi? Quello fondato sulle prerogative di cui godono le Regioni a Statuto Speciale? Oppure quello fondato sulla devolution, concetto che non ho ancora ben afferrato, propagandato da talune forze politiche? Il Piemonte è chiamato a dare una risposta, una risposta seria, non propagandistica, immune dalle goliardate che fioriscono nelle regioni vicino a noi: abbiamo un Presidente che ha mantenuto un atteggiamento compassato e responsabile e che può permettersi di spendere parole non fondate sulla sabbia.
Nessuno oggi, prima di un serio confronto, può pensare di offrire una soluzione condivisa: tutti devono invece impegnarsi ad offrire il proprio contributo. Un'occasione irripetibile in tal senso ci verrà offerta tra breve quando saremo chiamati ad elaborare il nuovo Statuto Piemontese: si tratterrà di un atto dai contenuti in buona parte tecnici che però non potrà prescindere da solide fondamenta politiche. Auspico che maggioranza e opposizione si confrontino, magari in modo serrato, ma offrano anche una dimostrazione di maturità istituzionale giungendo ad un'approvazione unanime del documento.
Lo Statuto costituirà il complesso dei principi acquisiti come regolatori della convivenza e dell'attività dei pubblici poteri: in esso sarà evidenziato un ruolo che intenderemo attribuire alla Regione Piemonte all'interno dello Stato italiano, sulle basi delle sue caratteristiche economiche, culturali e geografiche. Ed ecco che ognuno di noi dovrà apportare un contributo di esperienza e di conoscenze per far sì che il nostro Statuto sia davvero plasmato sulle specificità delle terre in cui viviamo. Saremmo davvero deludenti se non capissimo l'importanza del momento e ci limitassimo a mere clausole di stile o ad esportare modelli di Statuti redatti da altri.
Si tratterà di fissare le regole del gioco, di integrare diverse sensibilità: auspichiamo davvero che l'elaborazione del documento fondamentale non diventi la palestra per avanzare istanze propagandistiche o demagogiche. In quella sede potremmo seriamente trattare del nuovo ruolo della nostra regione, del federalismo, del principio di sussidiarietà: personalmente il federalismo che mi convince è quello responsabile: ciascuna materia attribuita alla Regione deve corrispondere a risorse che la Regione ottiene - meglio se direttamente - dai cittadini.
Oggi si attribuiscono poteri e non aspettative nel settore fiscale: il federalismo sarà efficace se si potrà svolgere le proprie funzioni con denaro che non arriva da lontano.
Non è accettabile che oggi soltanto alcune regioni, quelle a statuto speciale, siano privilegiate rispetto alle altre godendo di un'autonomia nettamente superiore: è una discriminazione che oggi non ha più ragione d'essere. In quest'ottica il Consiglio regionale può far sentire la sua autorevole voce. Sono perfettamente d'accordo con la proposta portata dal Gruppo di Alleanza Nazionale, di cercare quantomeno di parificare anche la Regione Piemonte alle Regioni a Statuto Speciale.
Passando brevemente al programma del Presidente Ghigo, auspico che l'azione amministrativa della Giunta continui ad essere attenta alle istanze ed alle rivendicazioni dei territori più isolati, delle piccole realtà di provincia, al fianco di amministratori che, molto spesso, si sentono soli. Mi rallegro, quindi, del fatto che sia stata mantenuta l'autonomia dell'Assessorato alla montagna, che in questi cinque anni ha prodotto - nel cuneese ne ho avvertito molto gli effetti - un meritorio lavoro a favore di piccole realtà che hanno così sentito la Regione partecipe dei loro problemi e delle loro necessità.
Un accenno ora in merito alla politica sanitaria: innanzitutto per porgere all'Assessore D'Ambrosio la mia più sincera solidarietà per le ingenerose critiche che ha dovuto subire in buona parte della campagna elettorale. Poi per sottolineare come in Piemonte i servizi sanitari offerti siano comunque di buon livello, anche se, sotto alcuni aspetti sarebbe opportuno intensificare l'azione amministrativa. Penso ai tempi di attesa che in alcune strutture sono davvero insostenibili, alla carenza di personale personalizzato (anestesisti, rianimatori) che rischia di paralizzare talune strutture. Ma non voglio dimenticare la necessità di una precisa ed accurata indagine scientifica sulla dipendenza di certe patologie da determinate condizioni ambientali o climatiche al fine di arrivare a potenziare la fase della prevenzione.
Termino il mio intervento con un invito alla Giunta a tagliare le fonti di spesa non strettamente necessarie: mi auguro, proprio in quest'ottica una razionalizzazione delle partecipazioni societarie in capo alla Regione.
E' una battaglia che ho già fatto dall'opposizione in Consiglio provinciale a Cuneo; non voglio fare battaglie ora che sono in maggioranza, ma cercher di essere propositivo e costruttivo con alcune proposte.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Costa.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Marcenaro; ne ha facoltà.



MARCENARO Pietro

Grazie, signor Presidente.
Presidente Ghigo e colleghi, nella discussione aperta dopo le elezioni del 16 aprile, nella valutazione del risultato elettorale, che per noi ha rappresentato una sconfitta politica importante, è stato fatto rilevare che noi non siamo stati di fronte ad una mobilità elettorale di voti da uno schieramento all'altro, quanto di fronte ad un fatto politico di grande rilievo: le forze, che si erano presentate divise agli appuntamenti precedenti, si presentavano unite, determinando una novità determinante nella realizzazione del successo elettorale che il Polo di centrodestra ha conosciuto in questa vicenda elettorale.
In questa lettura, può esserci una via consolatoria. Sento la necessità di approfondire la vicenda per cercare di capire il motivo per cui una destra moderata, che già si era venuta componendo nel Polo, attraverso un rapporto tra moderati e forze di tradizione ex fascista che erano evolute nella loro storia, oggi, invece, trova un rapporto con una destra così radicale. Siamo di fronte ad un fatto italiano o qualcosa d'altro? Come sapete, questo è impensabile in altri paesi europei. In Francia nessuno può supporre che i voti a Le Pen, che rappresentano, non dico la stessa cosa, ma una tendenza che esprime lo stesso tipo di istanze, qui rappresentate da questo schieramento, si sommino con i voti giscardiani e chirachiani.
Noi ci chiediamo perché questo è stato possibile, se è un fatto locale se siamo di fronte ad una tendenza più profonda, che, in qualche modo richiede una valutazione che interessa l'Italia e l'insieme della società europea.
Una delle ragioni - e ne sono convinto - che spiega il perché del successo di questa operazione politica, in fondo rischiosa, come si presentava un'operazione politica tra forze con tradizioni e storie diverse, con polemiche anche recenti, individuando un elemento di valutazione in un quadro europeo che propone, a noi in particolare, una situazione che considero degna di riflessione e di preoccupazione, riguarda il fatto - scusate se, per ragioni di tempo, semplifico e schematizzo le mie osservazioni - che una scelta giusta, difficile, coraggiosa, come quella appena compiuta, con la quale abbiamo realizzato una tappa fondamentale nel percorso europeo, quando, da una prospettiva sostanzialmente monetaria e finanziaria, non si riesce a passare ad una prospettiva politica, non riesce a costruire istituzioni democratiche, non riesce ad affrontare congiuntamente il problema del modello sociale genera, in questa situazione di trasformazione, spinte alla chiusura, al ritorno al passato. Queste spinte, oggi, investono, così come mi pare, in modo consistente, la dimensione europea. In futuro, questi fenomeni tenderanno ad accentuarsi in un'Europa nella quale l'apertura ad est ai nuovi paesi rischierà di mettere in discussione ciò che sembrava già acquisito, come la stessa libertà di mobilità delle persone all'interno dell'Unione Europea.
Questo non riguarda soltanto la sinistra. Oggi, è investita di un problema del genere una forza di destra moderata come quella di Aznar in Spagna. Le manifestazioni, per quanto riguarda il problema dell'immigrazione, che recentemente hanno attraversato l'Andalusia, contro il governo spagnolo di centrodestra, sono un segno della tendenza alla chiusura. Secondo me, sono un segno altrettanto importante le manifestazioni che avvengono nel campo della sinistra. Da questo punto di vista, in Francia, la posizione di alcuni socialisti di sinistra non ha una caratteristica fondamentalmente diversa: si definiscono, mi pare, una serie di forze antieuropee. Questo spiega, in qualche misura, il processo che è alla base di una tendenza che considero una questione di fondo.
Naturalmente, nella nostra realtà, noi possiamo ridurre questa questione ad una polemica superficiale; penso che esistano dimensioni che non riguardano soltanto gli aspetti contingenti di tattica politica.
Sono preoccupato di questa situazione perché penso che, oggi, un'Europa che non è in grado di affrontare i problemi dello sviluppo della propria realtà, dal punto di vista politico, democratico e sociale, corra dei rischi.
Non mi considero un apologeta del modello americano; penso che nel modello sociale europeo ci siano oggi dei beni molto importanti, però temo una prospettiva nella quale noi, in presenza di una nostra incapacità di riforme e di evoluzione del quadro politico sociale europeo, potremmo guardare alla situazione americana come una situazione da rimpiangere.
Gli Stati Uniti hanno tanti difetti, ma hanno un pregio: nella loro storia, non hanno mai conosciuto, per la loro caratteristica, quei fenomeni di chiusura e quei fenomeni involutivi che l'Europa, purtroppo, nel corso della sua storia ha conosciuto. Qui, negli anni trenta, si cantavano le canzoni americane come segno di libertà.
Penso che la sinistra e il centrosinistra non troveranno la risposta alle loro difficoltà attuali se non alzeranno la testa, se non riusciranno ad allungare lo sguardo ai problemi del paese e dell'Europa oltre una dimensione di polemica politica di breve periodo e oltre, lo dico molto esplicitamente, l'ossessione di una rivincita elettorale.
Noi riusciremo a combattere bene le elezioni politiche del 2001 se riusciremo a guardare avanti e avremo la forza di ritornare a parlare dei grandi problemi della società e del paese. E' sui problemi di fondo del Piemonte, dell'Italia e dell'Europa che la nostra opposizione si impegnerà e vi sfiderà.
Da parte nostra cerchiamo un confronto politico alto, impegnato, in modo che sia il valore dei contenuti, la trasparenza delle scelte dei comportamenti, la loro comprensibilità per i cittadini, la loro riconoscibilità, a moderare l'asprezza dello scontro politico.
Noi vogliamo contribuire, per quello che dipende da noi, a combattere la degenerazione della politica in "rissa da pollaio", a ridurre quel rumore di fondo così forte, nel quale i suoni molto spesso cancellano i significati. E questo vale in una regione che vive un passaggio molto importante. Si tratta, come tutti sappiamo, di una regione che si trova in un punto delicato e non risolto della propria transizione, di una regione che ha dovuto affrontare una transizione più profonda di quella che ha riguardato altre zone del Paese ed altri territori europei.
In Piemonte la parola "fordismo" non è stata l'oggetto di un'esercitazione sociologica; questa regione e questa città sono state le capitali del fordismo ed è questa la ragione per cui la transizione si presenta più difficile.
Oggi esistono - l'abbiamo sostenuto in campagna elettorale e non c'è ragione per cambiare posizione adesso - le condizioni per uscire da una lunga fase che si è presentata, e che abbiamo rappresentato, come una fase di declino.
Naturalmente queste sono condizioni aperte, nel senso che non è questa l'unica possibilità che abbiamo. Abbiamo di fronte una situazione nella quale esistono le condizioni e le possibilità per andare avanti, ma esistono ancora molti problemi aperti e in cui il dilemma fra crescita e declino non è interamente risolto.
Questa è una questione che riguarda l'impresa e, allo stesso modo, il lavoro.
Riguarda l'impresa, dove abbiamo assistito ad una trasformazione profonda del peso, del ruolo e del significato della grande azienda, che rimane tuttavia una realtà fondamentale per il futuro del Piemonte, e abbiamo visto crescere una diversificazione, una serie di risorse, di possibilità che costituiscono un'occasione nuova per questa regione.
Voglio fare un esempio: è stato fatto un accenno all'accordo tra FIAT e General Motor, accordo che può svilupparsi in direzioni diverse. Il fatto ad esempio, che si allarghino le opportunità di mercato per tutta la struttura della piccola e media industria e della componentistica, è un fatto ovvio, ma sappiamo che contemporaneamente altri produttori si rivolgeranno a quel mercato.
Si vedrà nei prossimi mesi se questo accordo realizzerà una nuova possibilità di sviluppo o se, viceversa, creerà ulteriori elementi di preoccupazione. Quello che farà la politica non è indifferente; ci sono delle azioni che potranno essere svolte per affermare una posizione o una possibilità competitiva molto importante per l'industria piemontese.
Rispetto al tema del lavoro, oggi siamo di fronte a due domande molto diverse: con il fordismo, purtroppo, non finisce il lavoro comune, il lavoro povero, anzi, nella nuova economia esso è, soprattutto nei servizi un lavoro che cresce e che, contrariamente al passato, rischia di configurarsi come un lavoro privo di diritti e di garanzie di reddito.
Ho conosciuto famiglie che, negli anni Sessanta e Settanta, lavorando quasi 24 ore al giorno, senza alcuna qualificazione, e facendo sacrifici indicibili, hanno potuto ottenere dei risultati: comprare un alloggio con la propria fatica ed il proprio lavoro, lasciare qualcosa ai figli realizzare un successo. Oggi, invece, è molto difficile, direi quasi impossibile, che una persona senza qualifica, senza capacità, possa fare la stessa cosa.
Questa realtà non riguarda una parte piccola della società piemontese ma una parte che richiede un investimento, un'attenzione che si trasformi in politiche. Naturalmente, esiste un'altra parte della società che vive invece, la trasformazione come grande opportunità, che sembra quasi esprimere una richiesta opposta, che vive molto spesso le regole come un impaccio.
La politica non può scegliere una parte o l'altra; una buona politica deve trovare, attraverso un'autonoma capacità di elaborazione e rappresentanza, una risposta che tenga assieme le diverse esigenze e forze e questa mi pare una sfida di grandissimo rilievo.
Vorrei dire, infine, che alla transizione economico-sociale corrisponde anche un'incertezza per quanto riguarda l'identità regionale. Il Piemonte non è la Lombardia, non è il Veneto; il Piemonte è una regione ad identità debole. I novaresi sono orientati verso la Lombardia, dal Verbano ci si rivolge spesso alla Svizzera, gli alessandrini si rivolgono verso Genova, i cuneesi verso Savona.
Questa è una regione nella quale l'identità regionale non è un dato scontato.
Considero questo come un fatto da perseguire, seguendo una politica che si interroghi su questo punto, sulle condizioni - e tornerò su questo - per ricostruire un'identità regionale, non solo per quanto riguarda gli aspetti culturali, ma dal punto di vista di una regione che riesca a fare squadra a "giocare" tutti insieme.
Questa prima parte del mio discorso indica tre grandi direttrici, sulle quali sollecitiamo un confronto ed una discussione ed indichiamo una prospettiva.
La prima è: il Piemonte e l'Europa. Con uno slogan indubbiamente sfortunato, visti i risultati delle elezioni, in campagna elettorale avevamo sostenuto di voler cambiare la geografia, cioè pensare al Piemonte come il punto in cui il treno non si ferma, ma va oltre; aprire una dimensione europea come un fatto che riguarda le grandi scelte di politica infrastrutturale, ma non solo, riguarda anche la politica, la capacità di relazione, ecc.
Il secondo punto molto importante per modificare la geopolitica è il rapporto fra il Piemonte ed il Paese, il Piemonte e l'Italia. Questo è un lato del problema del federalismo. Come dirò, solo un lato. E' un punto che, come è noto, costituisce uno degli elementi di fondo.
Ritengo che, su questo piano, esistano e siano esistiti dei limiti e degli errori fatti dal centrosinistra nel non avere una determinazione sufficiente alla realizzazione di passi in avanti più significativi di quelli che sono stati compiuti.
Voglio ricordare, se vogliamo fare una discussione onesta e trasparente intellettualmente, che nei verbali della Commissione Bicamerale risulta che la difficoltà non riguarda solo il centrosinistra. Altri sono stati insieme a questi, gli ostacoli che hanno riguardato il mondo politico, che ha riscontrato una difficoltà a realizzare una trasformazione ed una riforma di quelle dimensioni e di quella profondità.
Vicino alla questione che riguarda il rapporto tra il Piemonte e l'Italia c'è una questione che riguarda i rapporti all'interno del Piemonte stesso. Questa è una delle grandi questioni, uno dei patti che vanno ricostruiti, è un patto all'interno del Piemonte e, in particolare aggiungo - un patto fra il Piemonte e Torino.
Torino, città capitale di molti settori, nella sua storia, ma quasi mai capitale regionale; Torino, città in cui un'istituzione importante cerca in tutto il mondo, investitori disposti ad investire, senza pensare che ci si potrebbe rivolgere anche ad Alba o a Biella, per esempio.
Ricostruire, in una dimensione di reciprocità, i rapporti fra il Piemonte e Torino ed i "Piemonti" fra loro, è uno dei punti di un patto. Il federalismo non è solo un patto della Regione con lo Stato, ma è anche un nuovo patto della Regione al suo interno, con le istituzioni locali e con la società piemontese.
Si tratta di questioni che questioni che non riguardano solo il piano politico e istituzionale, ma che riguardano direttamente i problemi dello sviluppo, proprio perché è cambiata la struttura economica e la struttura industriale del Piemonte.
Oggi ha senso porre la domanda: "Da cosa dipende la competitività di una impresa?". Dipende certo dai suoi prodotti, dalle sue tecnologie, dai suoi modelli organizzativi, dalle risorse finanziarie delle quali dispone.
Tutti sappiamo ormai, non diciamo nulla di nuovo, che dipende in larga misura dal territorio nel quale opera e dalla qualità di questo territorio.
Tutti sappiamo che in una struttura nella quale il peso della piccola e media impresa cresce, la competitività dipende in larga misura dal grado di efficienza dei servizi, che ciascuna impresa non può farsi e darsi da sola sul territorio, perché non è in grado di farlo.
A seconda di quello che si trova e delle risposte che si trovano su questo piano, le imprese possono essere spinte in una direzione o nell'altra: possono essere spinte in una scelta e in una ricerca di competitività che si gioca su un piano alto di innalzamento della qualità del livello competitivo o possono essere spinte su un altro piano, per cercare, con qualche illusione, per tempi e periodi molto limitati, di recuperare margini di produttività semplicemente sul terreno dei costi delle retribuzioni, del lavoro.
C'è un punto essenziale che voglio sottolineare: una buona politica è una risorsa per lo sviluppo, allo stesso modo in cui è una risorsa per lo sviluppo avere buone tecnologie, buoni prodotti, buoni mezzi finanziari.
La questione è: cos'è una buona politica? Questo è un punto, a mio parere, di una sfida politica, di una discussione, di un confronto politico fra maggioranza e opposizione in questa sede: se intendiamo per buona politica la capacità di elaborazione di progetti, di sfide, di scelte, o se invece la politica torna ad essere quello che è stato in passato.
Quando parlavo prima della crescita di forze sostanzialmente antieuropee non facevo un discorso ideologico - credo che non ci sia nessuno che oggi si dichiari contro l'Europa - ma un discorso di politiche.
Per me, e questa è la mia opinione, la rinascita di un grande partito della spesa pubblica - questo è il processo al quale stiamo assistendo e al quale ci si sta candidando - che scarica sulla spesa pubblica le mediazioni politiche che consentono l'organizzazione del proprio consenso, costituisce una tendenza che ci allontana dalla buona politica. Vedo questa tendenza già nei primi atti che avete compiuto.
Onorevole Ghigo, lei sa che io sono persona che ha avuto per lei rispetto e l'ha dichiarato all'inizio di questa campagna elettorale, ma questo non mi impedisce di fare una critica radicale. Quando voi, nella composizione della vostra Giunta, disegnate pubblicamente e senza neppure vergognarvene gli Assessorati non perché ci sono dei progetti, ma perch conflitti all'interno di un certo partito, o fra partiti, portano non a cambiare i nomi, ma a ridisegnare le funzioni e le deleghe semplicemente su questa base, quando questo è scritto su tutti i giornali, e corrisponde quasi alla vostra dichiarazione programmatica, che indirizzo date? Date semplicemente questo indirizzo. Quando in qualche misura l'attività e il programma che presentate è in questi termini - credo che l'esperienza dalla quale provenite è un'esperienza che rifiuta il progetto, la scelta, che insegue la gestione e su di essa basa la costruzione del consenso - questo a me pare un indirizzo di fondo. Vedo, elemento ancora più preoccupante, lo stesso principio che vale anche sul piano delle istituzioni.
Di questo sono francamente preoccupato, per cui vi chiederei un confronto più approfondito, che non riguardi solo le dichiarazioni, ma un rapporto fra le dichiarazioni e gli atti.
A me pare, da questi primi atti, di assistere a segnali che ci indicano scelte politiche che piegano le istituzioni ad un uso di parte, a una mediazione politica delle contraddizioni e dei problemi esistenti all'interno di ogni schieramento.
Ho letto, devo dire con raccapriccio, e uso questa parola, il disegno di legge, sulla questione dell'incompatibilità. In quel testo si sostengono princìpi e posizioni che reputo estranei all'ordinamento costituzionale che negano e introducono criteri ed elementi che ritengo sostanzialmente inammissibili. Seguendo una decisione di partito, si arriva a proporre delle modifiche del quadro istituzionale che toccherebbero addirittura la composizione dell'assemblea e la libertà dei Consiglieri, perché quando voi dite: "Se un Assessore si dimette, ritorna a fare il Consigliere e quello esce", è evidente che voi ci proponete un Consigliere che non ha più libertà, che dipende da quello che quell'Assessore riuscirà e deciderà di fare. Ecco, siamo in presenza, a mio parere, di elementi di vera e propria deformazione.
Sulla questione dell'incompatibilità, come uomo di sinistra posso dare un suggerimento liberale, nel senso che esiste una soluzione più semplice: il mercato delle assicurazioni. Fate una buona assicurazione per gli Assessori che rischiano di perdere il loro posto e risolvete la questione così, lasciando in pace le istituzioni e i cittadini, se è possibile, non scaricando sulle istituzioni rappresentative contraddizioni che, secondo me, avrebbero un carattere veramente devastante.
Dico questo perché i numeri sono importanti. Voi disponete di una maggioranza molto rilevante. Caligola aveva un potere più grande: riuscì addirittura a nominare Senatore il proprio cavallo. Però i soli numeri senza le ragioni, senza in qualche modo tener conto di un'opinione pubblica che è sensibile, alla fine non sono in grado di essere del tutto determinanti.
A proposito del federalismo, devo dire che ho apprezzato l'equilibrio del Presidente Ghigo. Dico francamente, però, che su questo punto vi è una contraddizione che riguarda questa assemblea; non riguarda ovviamente la Giunta regionale e il suo Presidente, se non nel fatto che questa assemblea si esprime anche attraverso atti di maggioranza. Trovo che nuovamente, per la seconda volta dopo il discorso che aveva fatto a seguito della sua elezione, il comportamento del Presidente Cota abbia messo a rischio il prestigio di questa assemblea, che invece sarebbe tenuto a garantire.
Naturalmente ciascuno di noi, come privato cittadino, può fare quello che crede, può partecipare a qualsiasi ballo in maschera, per così dire; è un nostro diritto. Tuttavia, quando il Presidente del Consiglio, partecipa a un ballo in maschera o si esibisce ripetutamente in qualche altro modo questo crea un problema. Ciascuno di noi può girare ubriaco per Piazza S.
Carlo, ma chi ha responsabilità istituzionali non lo può fare.
L'onorabilità dell'istituzione deve essere garantita.
Anche in questo caso potete naturalmente rispondere con la forza dei numeri, ma per molti di voi la forza dei numeri significa non esprimere a voce quel che pensate, perché sapete meglio di me che è la verità.
Infine, vorrei accennare a due questioni, a partire dalla questione del referendum, di cui si è molto parlato. So che l'Onorevole Ghigo ha espresso una posizione pubblicamente contraria al ricorso al referendum propositivo su questa materia, proponendo invece un'altra strada.
Naturalmente anche qui i numeri consentono quasi tutto, ma scegliere di utilizzare in qualche modo la sede del Consiglio regionale per un'impropria campagna politica sarebbe del tutto sbagliato. Oggi sulla questione del federalismo il nostro problema è quello di aprire un tavolo di confronto che riguardi tutte le Regioni italiane, che riguardi il Governo e che porti a decisioni nuove.
Infine, la questione dello Statuto. Chiedo alla Presidenza del Consiglio regionale, ma lo chiedo anche al governo che indubbiamente su questo ha un ruolo, anche se si tratta di materia di attribuzione del Consiglio, cosa pensate di fare. Noi abbiamo un'opinione: che la discussione sullo Statuto vada aperta subito! Che sia una discussione che non può essere rinviata. Noi saremo contro a stralci e stralcetti, vogliamo una discussione impegnativa, di fondo, che risponda al carattere costituente di cui tutti parliamo e che veda un grande impegno di questo Consiglio. Contemporaneamente però bisogna sapere che la discussione sullo Statuto riguarda sì questo Consiglio, ma riguarda anche la società piemontese. Ovviamente a partire da questo Consiglio, ma deve investire e coinvolgere la società piemontese nella sua articolazione istituzionale nella sua articolazione sociale.
Ci sono tante questioni che discuteremo. Io penso che la stessa questione della elezione diretta del Presidente della Regione possa presiedere a due visioni diverse dell'articolazione della democrazia.
Si può pensare all'elezione diretta del Presidente della Regione come ad una semplificazione della decisione politica; non si può pensare invece all'elezione diretta del Presidente della Regione, che io considero un traguardo molto importante, come all'altra faccia che è controbilanciata da un'esperienza di partecipazione e di democrazia politica che si articola.
Questo corrisponde ai problemi che oggi hanno tutti i decisori pubblici: oggi non c'è decisione importante, a partire da quella che riguarda la localizzazione di una discarica per rifiuti, che possa essere assunta senza negoziati! Io credo che sia ora di passare dalla parola "concertazione" alla parola "negoziati", "coinvolgimenti". Naturalmente però, per fare i negoziati, per avere un elemento di coinvolgimento, ci vuole un'autorità politica, un governo sufficientemente forte da impedire che questi negoziati siano inconcludenti o che il loro risultato si scarichi sulle spalle di altri! Per questo ci vuole una forte, secondo me autorità politica come quella che è il risultato dell'elezione diretta del Presidente.
E' un dibattito, questo, molto importante che riguarderà quale Regione: se sarà una Regione con un ruolo di governo, legislativo, di regolazione, o se sarà invece una Regione che si caricherà di compiti di gestione. Anche qui si ritrovano quegli indirizzi e quelle tendenze diverse che citavo prima.
Sono due strade sulle quali ci misureremo e noi lo faremo come un'opposizione del "fare". E dico questo non solo perché nonostante la sconfitta politica rappresentiamo in Piemonte circa un milione di elettori che è una dimensione elettorale di una certa importanza, ma perché noi in Piemonte non siamo - voi lo sapete meglio di me - solo una forza di opposizione. Noi siamo una forza di opposizione, certo, in questo Consiglio regionale, siamo una minoranza che rispetterà il suo ruolo, ma siamo in Piemonte un'importante forza di governo, di governo locale, di amministrazione di città, di esperienze. Chi mi conosce sa che è lontanissimo da me il pensare di usare un'istituzione contro l'altra: non ho mai pensato questo e credo che nessuna forza politica possa giocare in questa direzione. Penso però che dall'esperienza delle amministrazioni della loro elaborazione, nascano dei progetti, delle idee, dei terreni di confronto e che su questo noi dobbiamo lavorare per un confronto più ampio.
Questi sono i nostri intendimenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ghiglia; ne ha facoltà.



GHIGLIA Agostino

Presidente e colleghi Consiglieri, vorrei iniziare dai tre aggettivi che il Presidente Ghigo ha citato come linea di indirizzo della nuova legislatura e della sua seconda esperienza come Presidente di questa Regione.
Presidente Ghigo, io mi permetto subito di indicare una priorità nell'elencazione degli aggettivi. Io credo che si debba essere prima di tutto coraggiosi, perché dal coraggio politico, dal coraggio delle decisioni, senza arrivare al tranchant decisionismo smithiano, derivi tutto il modo di fare politica e derivi quell'efficacia ed efficienza dell'azione legislativa ed amministrativa che lei ha voluto nuovamente proporre come base del suo programma e che il centro-destra, o la Casa delle Libertà se preferite, ha voluto porre come base programmatica anche in campagna elettorale.
Prima della velocità, il coraggio. Il coraggio significa anche coraggio ed orgoglio di manifestare, ma di tradurre in programmi, attività, leggi concrete, l'orgoglio di una identità forte, di un'identità alternativa a quella del centro-sinistra, l'orgoglio di un'identità culturale che finalmente, anche in questa Regione e lo hanno voluto gli elettori di questa Regione, non è più subordinata ad altre identità culturali. Non deve più temere alcuna forma di subordinazione né deve temere o deve interpretare in alcun modo forme di sudditanza politica e culturale nei confronti degli altri.
Il coraggio del governo significa anche coraggio dell'impostazione culturale che si dà a questo governo.
Se siamo allora assolutamente d'accordo quando lei cita, alto e forte nel suo discorso, che "occorre nell'azione di governo essere liberi da ogni pregiudizio", perché questo è sacrosanto, siamo un po' più riflessivi quando lei aggiunge "e da qualunque cascame politico ideologico".
Noi di Alleanza Nazionale crediamo che i cascami ideologici possano essere tranquillamente messi da parte, ma che le identità culturali alternative, rispetto ad un governo di centro-sinistra che noi abbiamo sempre giudicato e giudichiamo ancora assolutamente fallimentare demagogico, inoperativo, parolaio (lo dimostrano i dati terrificanti che vanno dal Governatore della Banca d'Italia all'ISTAT, a tutti gli altri indicatori economici), debbano essere affermate. Ecco, in questo sta la forza di una politica di governo: il coraggio di essere centro-destra! Nei passati cinque anni, forse un po' impreparati al governo, abbiamo avete, ha, Presidente, come lei stesso ha più volte riconosciuto, imparato adesso è tempo di dimostrare che - come dire - abbiamo preso almeno un diploma e quindi diamo un'impostazione diversa. Perché - vivaddio! - lungi da me, da qualsiasi perché vivaddio lungi da me, da qualsiasi retroterra dietrologico del mio partito, l'idea di imporre logiche esclusivamente numeriche. Quando c'è la logica dell'intelligenza programmatica e della capacità, non occorre la forza dei numeri, anche se - riconosceteci almeno questo per una volta - in democrazia le elezioni si vincono anche con la forza dei numeri. Se la stragrande maggioranza dei cittadini hanno assegnato al Presidente Ghigo e alla Casa della libertà il dovere-diritto sempre che questo sia consentito - di governare, hanno fatto una scelta democratica, inconfutabile, inequivocabile, incontestabile dandoci mandato preciso: essere coraggiosi nella politica di governo.
In un passaggio del suo intervento, Presidente, sostiene, giustamente che il governo del centrosinistra talvolta è legato ad un sindacato lento e corporativo (anche se un sindacato ha tante corporazioni). Anche in questa Regione, il Presidente Ghigo lo ha ben chiaro, c'è un sindacato lento indietro con la storia che non tenta di concertare, ma di imporre nomi e cognomi, ad esempio, negli scorrimenti orizzontali delle carriere. E' da questa sindacatocrazia che occorre emancipare un governo regionale coraggioso che negozi, tratti e decida, perché senza coraggio non ci pu essere velocità e senza coraggio e velocità non ci può essere equità. I cittadini votano un programma che deve essere realizzato in maniera coraggiosa, perché se non lo si affronta in maniera coraggiosa non lo si affronta in maniera né veloce e né equa. Ci siamo permessi una gerarchia non delle fonti, ma degli aggettivi.
Cinque anni fa, nella prima seduta del Consiglio regionale, parlai di spoil system all'americana, parlai anche di rivoluzione culturale che aveva portato il centrodestra al Governo: dopo cinque anni mi sono venuti i capelli bianchi, ho accumulato qualche chilo, ma lo spoil system non lo abbiamo attuato. Guardate colleghi, non mi scandalizzavo allora (ricordo che lo spoil system è di matrice assolutamente democratica in quanto nord americana, maestra di democrazia, non è un'invenzione haideriana o neolepenista) e non mi scandalizzo adesso.
Così come fanno il Presidente del Consiglio Amato, la Presidente della Provincia Bresso e il Sindaco di Torino Castellani, i dirigenti non vengono scelti sulla base di un'appartenenza partitica (non sia mai, anche se troppi hanno una tessera in tasca), ma sulla base che, oltre ad essere persone qualitativamente all'altezza di un'azione amministrativa, in campagna elettorale non si sono comportati da agit-prop di un candidato anziché di un altro. Questa è una vergogna per l'istituzione. Che un dirigente pubblico si metta la bandierina al collo negli uffici di un qualsiasi Ente sia esso la Regione, piuttosto che il Comune, la Regione o la Circoscrizione è una vergogna per l'istituzione e per tutti i cittadini.
Lo spol system, che è un sistema democratico, esige questo coraggio nella scelta della importantissima e fondamentale classe amministrativa costituita dai direttori regionali e da dirigenti di questa Regione. Lo esige quella politica coraggiosa che il Presidente Ghigo ha individuato altrimenti non c'è coraggio e non c'è velocità. Il Consigliere Saitta giustamente, ha detto: "i direttori regionali li avete nominati voi".
Certo, non volete toglierci il diritto, eventualmente, di sostituirli.
Nella libertà e nella fiducia della nomina ci deve essere anche la libertà di chiedere ai direttori regionali che non avessero svolto in maniera appropriata il loro mandato, di rimettere il loro contratto a disposizione di tutti i nuovi Assessori, affinché questi scelgano liberamente con il Presidente i nuovi direttori che, eventualmente, possano dare un aiuto all'azione amministrativa. In questo non c'è niente di sbagliato. Lo fa il Presidente Amato, la Presidente Bresso e il Sindaco Castellani: se lo fanno loro è sicuramente giusto. Atteso che se lo fanno loro è sicuramente giusto, lo si può fare e non suscitare scandalo: la sinistra quando fa le cose le ritiene giuste per cui, se noi copiamo, sicuramente non ci pu accusare di plagio e non ci può dire che sbagliamo.
La velocità, le riforme democratiche. Presidente, io sono preoccupato dal Regolamento, quasi tre anni fa il mio Gruppo presentò una proposta di modifica dello stesso basato sul concetto politologico di democrazia decidente dell'Onorevole Violante, ma il Regolamento non ha mai fatto un passo in Commissione. La democrazia decidente va bene a Roma, a Torino, a Novara e non può andare bene per il Consiglio Regionale del Piemonte? Credo che il nostro grande compito sia quello di fare un nuovo Regolamento improntato sulla base della democrazia decidente che non impedisca - ci mancherebbe altro, sappiamo tutti che è impossibile - le legittime forme di opposizione, di contrapposizione durissima, di ostruzionismo e di ritardo nell'approvazione dei provvedimenti, ma che garantisca l'essenza stessa della democrazia, cioè la possibilità di decidere.
Questo Regolamento, datato, consociativo, non ha mai garantito l'elementare forma di libertà: la possibilità di decidere. Bisogna affrontarlo con molta serietà e non dubito che il Presidente Cota vorrà affrontare questo argomento con molta serietà e garbo. Con questo Regolamento, cari colleghi, non si va da nessuna parte: né nel Piemonte del 2005, o del 3000 a seconda di come volete chiamarlo, né si attua alcuna riforma di tipo federalista. Non si fa alcuna rivoluzione nel campo della più piccola delega che arrivi dal Governo centrale.
Lo Statuto. Sono d'accordo sul fatto che la Carta costituzione del Piemonte, chiamiamola così, non debba riguardare un'oligarchia di eletti ma coinvolgere la società' civile ad ampio spettro. Ripeto, sono assolutamente d'accordo e sarebbe velleitario non esserlo. Sono anche d'accordo che questo Statuto vada affrontato subito, perché è uno Statuto storico. Se non lo affrontassimo subito non ce la faremmo, costretti, negli ultimi sei mesi, a stralciare una legge elettorale solo dietro un obbligo di legge. No! Lo Statuto richiede un lavoro lungo, impegnativo, di consultazione, di concertazione, di dibattito, anche con le forze sociali.
Ma, attenzione: credo che un'assemblea legislativa non debba mai abdicare al proprio ruolo, quello di essere l'elemento di rappresentanza della volontà popolare per la quale tutti noi siamo stati eletti, con il compito preciso di governare.
Per stilare lo Statuto occorre che la maggioranza sia coesa sul da farsi, sui principi ispiratori, sulla legge elettorale, sullo status dei Consiglieri, sulla trasformazione di un Consiglio regionale in un'"Assemblea regionale". Anche i simboli, negli Statuti e nelle carte costituzionale hanno il loro valore. La maggioranza, al più presto, dovrà trovare una base comune per la riscrittura dello Statuto, la base da proporre alla minoranza per una discussione.
Ritengo naturale che - come sul sistema elettorale e in altri ambiti esistono delle trasversalità - così una maggioranza non parta con sei programmi. Mi sembrerebbe più logico che facesse così una minoranza. Se poi la minoranza ne presentasse un altro ancora, ci si troverebbe con due mega documenti e si ridurrebbe il campo del dibattito! Bisogna arrivare a qualcosa di concreto e non, di nuovo, soltanto a pubblicare gli atti della Commissione Statuto com'è accaduto questa volta! Intravedo il rischio della pubblicazione, con l'aggravante che, stavolta, avremo quattro volumi perch durerebbe di più! Non credo che l'obiettivo di tutti noi sia questo! A questo proposito abbiamo ripresentato, e siamo stati i primi in Italia ricordiamolo - la nostra proposta di modifica dello Statuto, per fare della Regione Piemonte una Regione a Statuto autonomo.
E' una proposta, ma qual è il rischio? Il rischio è che se non costituiamo la Commissione Statuto, Forza Italia ripresenti la sua, i DS la loro e così via. Tutti ne presentiamo una, rendendo ancora più parcellizzata e difficile la redutio ad unum di quello che invece, al di là di tutti gli argomenti che ci divideranno e sui quali ci "massacreremo" ideologicamente e politicamente in questi anni a venire, è l'elemento (cito Berlusconi) "alto e nobile di una legislatura, quello di riscrivere la propria carta fondamentale".
Presidente Ghigo, prima di concludere, mi consenta solo un appunto su una battuta sui referendum da lei fatta, che noi non condividiamo. Non è stato bocciato lo strumento "referendum", perché se così fosse sarebbero invalide le elezioni amministrative dell'anno passato: nel secondo turno andò a votare, mediamente, il 36% della popolazione. Noi non la viviamo come una bocciatura dello strumento referendario, che è un grande strumento di democrazia riformatrice. Il mio partito non si è pentito di aver raccolto le firme. Certo, se si riesce a fare le leggi, anziché proporre referendum, stancarci a raccogliere le firme, chiedere disperatamente agli italiani e ai piemontesi di andare a votare tre volte la settimana, tanto di guadagnato. Ma, in ogni caso, lo strumento referendum per noi rimane un grande strumento di democrazia diretta, in cui è il cittadino a decidere.
Faccio un piccolo inciso. Perché in Svizzera lo strumento referendario funziona? Perché non serve la maggioranza assoluta! Chi decide, vota, chi non va a votare, giustamente, subisce l'esito delle votazioni democratiche.
Presidente, credo che nella sua illustrazione ampia e motivata ci stia gran parte del futuro positivo di questo Piemonte, e credo che con la Casa delle Libertà non solo in queste elezioni - che ormai appartengono al passato - ma anche nelle prossime, che apparterranno alla futura sconfitta del centrosinistra anche in campo nazionale, ci stia anche un'alleanza positiva e proficua con la Lega, partito con il quale non abbiamo timore a confrontarci o a scontrarci. Non avremo neanche, credo, soverchie difficoltà a trovare un proficuo percorso comune a tutti.
Presidente, adesso concludo veramente. Mi ero autoimposto un intervento di venti minuti per consentire agli altri colleghi d'intervenire! La prossima volta che lei vincerà le elezioni a Presidente della Giunta regionale, si faccia un regalo. Oltre al pensiero liberale all'antifascismo storico e alle correnti laiche e cattoliche inserisca anche la destra tradizionale e sociale che anche nel nostro Piemonte, negli ultimi anni, ha dimostrato tutte le sue capacità culturali e programmatiche.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente del Consiglio e Signor Presidente della Giunta colleghi, credo che con l'elezione diretta del Presidente della Regione con il premio di maggioranza - che fa scattare rapporti diversi, molto profondi, come in questa assemblea, rispetto a quelle che sono le realtà delle forze in campo - ci sia il rischio di ridurre il ruolo di un'assemblea elettiva, di renderlo ancora più marginale rispetto ad un processo che si è sviluppato all'inizio degli anni '90 con la legge di riforma delle Autonomie locali.
Questo rischio potremo evitarlo se sapremo, con la guida della Presidenza del Consiglio regionale, con l'attenzione del governo regionale ma anche come singoli Consiglieri, avere la consapevolezza che, in qualche modo come sensori della società, concorriamo a quella che è la ricomposizione degli interessi, soprattutto degli interessi diffusi, che non vanno da Ghigo, non trovano stampa adeguata, e che ritroviamo sul territorio, che dobbiamo saper individuare e da cui dobbiamo sentirci coinvolti.
Un Consiglio regionale, se vuole essere vivo e attivo deve giocare questa carta, altrimenti diventa una realtà vissuta dal Presidente Ghigo dagli Assessori, come un passaggio procedurale: il Presidente è un buon passista, resiste per qualche ora e poi passa, e il giorno dopo si riprende la vera e concreta "decisionistica" attività di governo.
E' chiaro che dobbiamo essere consapevoli - sebbene creda sia una sensibilità abbastanza diffusa - che il forte ruolo delle Regioni, il guardare verso il federalismo è una necessità per lasciar sprigionare tutte le forze e le potenzialità del Piemonte e delle altre Regioni nel modo migliore.
Può essere anche una posizione difensiva, quasi autarchica municipalistica, ma credo che bisogna stare al passo con la globalizzazione, con i processi di integrazione europea e considerare come il nostro sistema di valori, la nostra storia, le nostre radici, i nostri caratteri, che sono quelli della piemontesità, si sono intrecciati - il collega Caracciolo ne ha rappresentato alcuni elementi - con le grandi correnti migratorie in Piemonte degli anni '50, '60 e '70. Oggi la comunità piemontese costituisce una comunità abbastanza coesa, che ha degli spiccati valori e ha saputo dare originalità positiva a quell'incontro. Dovremmo capire quale strada percorrere per rendere questa nostra potenzialità producente.
Ho l'impressione, leggendo l'intervento del Presidente Ghigo, che questo carattere positivo venga visto prevalentemente nella dimensione economica. I piemontesi dicono: lasciateci fare da soli, perché qua si guarda il portafoglio e solo in questo modo la ricchezza si moltiplica.
Credo che sia una visione limitata delle funzioni di autogoverno che deve avere una Regione, c'è qualcosa in più: c'è, ad esempio, l'opportunità di dare accesso più facile alla nostra comunità alla cultura, all'istruzione e alle proprie vocazioni.
Nella sua relazione il Presidente Ghigo parla di coesione sociale, una formula che può essere "stiracchiata" da tutte le parti, ma come la giochiamo? Come evitiamo che quegli interessi diffusi, che non hanno voce nelle corporazioni, nelle organizzazioni e nelle associazioni, possano non essere isolati e triturati dai processi di rapida evoluzione della situazione? Credo che qui debbano essere chiariti i caratteri di questo federalismo, altrimenti restano chiacchiere. La Regione deve giocare autorevolmente un ruolo di grande programmazione, di grande indirizzo, di controllo e deve spogliarsi totalmente dell'amministrazione e della gestione. E' ridicolo che un Assessore dia un contributo di 2-3 milioni ad una associazione: deve fare qualcos'altro; deve impostare una politica e non erogare fondi che competono ad altri livelli dell'Amministrazione pubblica.
La credibilità del federalismo dipende da come si gioca il principio di sussidiarietà, altrimenti rischia di essere, se accentrato nella Regione un centralismo peggiore di quello dello Stato, perché è più vicino: i Mandarini erano lontani rispetto ad una società cinese ipercentralistica quindi anche allora viaggiavano in ritardo. Una Regione centralistica è opprimente rispetto agli enti locali, ai quali invece bisogna riconoscere la loro tradizione municipalistica, che ha una storia profonda, ricca e viva.
In questo senso misureremo il governo e questa maggioranza, vedremo se questo governo si spoglia dei compiti di gestione e di amministrazione per attuare la politica regionale. Questo sarà un test: se tra alcuni anni vedremo che gli Assessori continua ad essere sollecitati affinché diano i contributi, non sarà cambiato nulla.
Ci sono, evidentemente, altri caratteri che possono misurare il principio di sussidiarietà, cioè quello di considerarci una funzione tra eguali. Dovremmo anche pensare, addirittura, se una Conferenza tra Regioni e autonomie locali possa garantire questo tipo di intreccio; è un'altra forma di rappresentatività, ma ne parleremo quando ne discuteremo dello Statuto.
E' chiaro che la partecipazione non consiste nel fatto che in Consiglio regionale vengano sentiti anche gli enti locali; la formula del "sentiti" non funziona così, e anche questo rappresenta un altro limite al federalismo vero e proprio, che non può semplicemente essere concepito come trasferimento esclusivo di poteri alle Regioni.
Voglio dire ai colleghi della Lega (ho sentito l'intervento del giovane Presidente di questa assemblea) che la nostra Costituzione favorisce la gemmazione degli Statuti e ha lasciato delle parti in bianco da scrivere.
Il DNA della nostra Costituzione nell'art. 5 è di altissimo valore permette di costruire questo federalismo senza rotture e senza contrapposizioni, in armonia, ma quello che come Regione chiediamo allo Stato non lo possiamo negare ai comuni e alle province. Lo Statuto deve essere impregnato di questo carattere, altrimenti veniamo meno a quello che è un patto - perché lo Statuto è una costituzione nella dimensione regionale - con le articolazioni della società che sono, come noi lo siamo i sensori più vicini.
Il patrimonio dei piccoli comuni, a cui qualcuno ha voluto "tagliare le gambe" negli anni '90, è una ricchezza della nostra democrazia. Non lo possiamo dire solo nei convegni, oppure facendo demagogia nelle valli, ma dobbiamo praticarlo, perché abbiamo l'opportunità e lo strumento dello statuto.
Anche il referendum è uno strumento che può essere interessante, ma è delicato, perché può essere utilizzato in modo demagogico: può servire come verifica preventiva del consenso, ma non come un grimaldello per gli interessi di partito. Inoltre, il Piemonte è molto diverso, perché non basta una maggioranza regionale, ma dobbiamo anche tener conto della diversa dimensione territoriale e degli abitanti delle nostre province.
Dovremmo, probabilmente, pensare a dei referendum con una doppia maggioranza, altrimenti rischiamo di penalizzare le piccole province. E' un problema serio, sul quale dobbiamo certamente lavorare e dobbiamo dimostrare una responsabilità, che è un chiaro rapporto tra diritti e doveri nazionali e comunitari.
Il rapporto tra il patto di stabilità e la spesa regionale non è un meccanismo a cui possiamo sfuggire pensando che il patto di stabilità sia un centralismo di Bruxelles e nazionale. Dobbiamo pensare ai nuovi controlli della Corte dei Conti, perché è cambiata la configurazione della magistratura, che verifica la coerenza dei conti pubblici.
Ci dovremmo chiedere: è giusto, da un lato, rivendicare una soggettività nei confronti dei fondi strutturali nella fase ascendente della formazione della legislazione comunitaria e non negarlo per il patto di stabilità? E' un elemento con il quale dobbiamo vivere e convivere sapendo che il debito pubblico si è formato, ma dobbiamo, nell'ambito della dimensione europea, concorrere a comprimerlo a ridurlo.
Per quanto riguarda le responsabilità regionali, ho avuto l'opportunità di vivere le due Leggi comunitarie in attesa della legge La Pergola, che hanno dato alle regioni, nell'attuazione delle direttive, delle indicazioni importanti, però in caso di inadempimento delle Regoni paga lo Stato. Come voi sapete, non c'è ancora una responsabilità regionale, quindi dovremmo capire come giochiamo questi elementi.
Ho notato, nella legislazione passata, molte leggi-provvedimento, come si dicono in gergo, cioè leggi che prevedono l'erogazione dei contributi come una modalità un po' autoritaria per evitare l'impugnazione. Credo che dovremmo andare in una direzione diversa, secondo il trend della legislazione: riduzione della legislazione di dettaglio e privilegio delle leggi quadro.
Capisco che per chi governa questo è limitante, è un po' come spogliarsi del potere amministrativo e gestionale, però è la cartina al tornasole per vedere se questa maggioranza e questo governo vogliono costruire un federalismo vero o se è una comoda finzione per mantenere tutte le leve del potere.
Come si intende valorizzare il trasferimento di compiti e di funzioni attuato in questi anni attraverso il federalismo amministrativo, che badate - è graduale e lento, ma è meglio di un salto nel cambiamento, che può anche creare sconquassi? E' un processo che educa alla cultura federalista: si comincia con provvedimenti a costituzione invariata, per poi essere pronti a un grande provvedimento come la trasformazione della Costituzione. Il trasferimento graduale è valido. Probabilmente, vi è un limite nel federalismo fiscale: nella previsione, è troppo lento, ma lo si potrà accelerare, perché è essenziale.
Chiedo al governo, al Presidente Ghigo e anche a questa maggioranza qual è il loro atteggiamento su questi punti.
Per esempio, per quanto riguarda la viabilità, come verrà gestito il trasferimento di un elevato numero di chilometri di strade statali? Farete un'ANAS regionale o, invece, cercherete di sinergizzare le modalità organizzative che già gestiscono le strade provinciali? Farete un carrozzone, con Presidenti e altre cose, o cercherete di minimizzare i costi della gestione? Per quanto riguarda le ferrovie, al di là di essere sempre presenti sull'Alta Velocità, cosa fareste della rete lasciata dai nostri padri due secoli fa, cosa intendiamo fare? A questo punto, cosa facciamo per valorizzare il trasporto merci sulla linea Santhià-Biella, che era una delle tratte, nelle previsioni del passato, da chiudere, oppure sulla Chivasso-Ivrea, per la quale si deve discutere con la Regione Valle d'Aosta per rimanere nella dimensione regionale? Per esempio, la chiusura della tratta Airasca-Saluzzo, a metà degli anni ottanta, è stata una sconfitta inferta dal centralismo statale al Piemonte.
Poi ci sono altri punti: la sanità, la scuola e la sicurezza.
Per quanto riguarda la scuola, come vogliamo atteggiarci di fronte ai nuovi spazi, dove la Regione può intervenire? L'autonomia scolastica è uno degli elementi di carattere federalistico, in cui c'è un 15% di autonomia nei programmi, che può riverberarsi in un rapporto con la Regione, la quale può dare orientamenti. Quel 15% di programmi può essere rappresentato dallo studio di più informatica, di più cultura della nostra storia, di più lingue o altro, in cui la Regione, nella sua politica, vuole investire, ma questo ce lo giochiamo e dobbiamo dirlo chiaramente.
Ad esempio, vi è la questione dell'attuazione dell'obbligo formativo a 18 anni; la formazione professionale è competenza regionale, forse dovremo batterci per acquisire la competenza sull'apprendistato, che è ancora statale.
In conclusione, colleghi, per non tediarvi, credo avremo occasione di ragionare e di valutare questi argomenti nel merito.
Vorrei dire al Presidente Ghigo che può anche approfittare della maggioranza schiacciante che ha riportato e andare avanti. Vuole un Regolamento in discesa? Avete i numeri per farlo.
Voglio soltanto dire che se applicassimo gli emendamenti alla riforma dei Regolamenti, presentati dal Polo in Senato - ve li posso portare vedreste che, cambiata posizione, gli emendamenti tendono a bloccare la fluidificazione necessaria ai lavori d'aula e di commissione. Oppure posso dirvi che l'ostruzionismo, con la richiesta, ad ogni piè sospinto, della verifica del numero legale, in Parlamento, è una prassi consolidata. Questa mattina, in Senato, vi era in discussione la legge sulla fecondazione assistita. Essendo stato presente, posso dire che tale prassi è stata totale in questa legislatura e in parte della precedente. Nella legislatura precedente c'era Brigandì: anche lui si comportava in questo modo.
Presidente Ghigo, mi rivolgo anche al Presidente dell'Assemblea, Cota perché ritengo sia lavorare in quel senso.
Speriamo ci sia l'opportunità, se questa maggioranza lo permette, di rendere dialettico il processo che si può determinare in questa Assemblea rispettoso anche delle nostre posizioni, se sono valide, altrimenti verranno bocciate.
Credo che ci debba essere un Regolamento buono, che permetta di lavorare in serenità, e che non ci debba essere ostruzionismo se non dinanzi a passaggi cruciali. Questo deve essere detto con estrema chiarezza. Penso che l'interesse generale della nostra comunità richieda un lavoro fattivo - non dico collaborazione perché non ci può essere: siamo avversari, in qualche modo. Guardando come stella polare l'interesse generale della nostra comunità, credo che, se da parte vostra non vi è un abuso della forza che vi deriva dalla legge elettorale con premio di maggioranza, si possa trovare per la nostra comunità il miglior risultato possibile, nel rispetto dei nostri rispettivi compiti e ruoli di maggioranza e di opposizione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Tapparo.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Brigandì; ne ha facoltà.



BRIGANDI' Matteo

Grazie, signor Presidente del Consiglio.
Signor Presidente della Giunta e colleghi Consiglieri, il governo che presiede, al quale ha dato vita in questa nostra regione, ha il dovere di vincere le sfide raccolte, sotto forma di istanze giunte dal popolo, molto prima dell'ultima campagna elettorale. Queste sfide sono la competizione sui mercati, l'occupazione, la riforma dello stato sociale e della sanità.
Dopo dieci anni, signor Presidente, si concretizza la possibilità di dare - se Dio vuole - finalmente, un volto alle riforme delle quali il nostro Paese ha bisogno. E' significativo che siano state proprio le Regioni, guarda caso, proprio quelle guidate dalla Casa delle Libertà, ad imprimere la spinta riformatrice della quale siamo attori, una spinta tanto forte da imporre, a livello nazionale, il dibattito sul federalismo, sul decentramento dei poteri e sulla devolution. Sono le Regioni che si apprestano a prendere in mano il timone della riforma. Penso alla Lombardia, ai fratelli liguri, al Veneto e così via.
Presidente, ora noi rivendichiamo la primogenitura di questa grande rivoluzione che è alle porte. La rivendichiamo, signori colleghi, perch quando noi parlavamo di devoluzione, sul volgere degli anni ottanta e poi agli inizi degli anni novanta, e fino a ieri, lei, Presidente, non c'era ancora su questo scenario politico. Però, c'erano alcuni Consiglieri della sinistra, ne vedo qualcuno qui in aula, i quali sbagliarono a sottovalutare il senso delle nostre parole e a non capire, colpevolmente, che le spinte regionali avrebbero determinato scenari politici quanto meno inaspettati in tutta Europa e non solo in Italia.
Penso ai paesi del blocco comunista e alle forze centrifughe che ne hanno sgretolato i regimi.
Penso al rilancio in positivo della Spagna di Aznar, alla cui base c'è guarda caso, una filosofia di detassazione, di razionalizzazione della spesa e di redistribuzione, su base locale, di competenze amministrative prima saldamente in mano ad un potere centrale. Come si vede, è una politica di segno contrario rispetto a quella perseguita, con ottusa pervicacia, dalla sinistra che ha governato questo Paese negli ultimi anni.
La crisi della sinistra è un fatto acclarato, non circoscritto al Piemonte e all'Italia: è in crisi in tutta Europa. E' la crisi tipica che si manifesta quando, alle istanze riformatrici che salgono dalle varie stratificazioni della società, seguono risposte deboli, conservatrici e molto spesso, arroganti.
Dopo lo spettacolo offerto a Roma, francamente, non capisco quale contributo possa ancora offrire questa sinistra sotto la Mole. Dico questo Presidente, non per dare seguito alla campagna elettorale.
Vorrei che tutti i colleghi della maggioranza, invece, oggi prendessero coscienza della grandissima responsabilità che li aspetta dopo il clamoroso fallimento di una fetta così consistente della classe dirigente di questo Paese.
Non potremo sbagliare. La nostra parola d'ordine è una: vietato fallire.
Lei, Presidente, è fortunato, se lo faccia dire, perché, lungo il sentiero che si appresta ad imboccare in direzione delle grandi riforme che i piemontesi invocano, potrà contare sull'appoggio della Lega, che si farà interprete, come sempre, del sentire popolare. Insieme abbiamo vinto le elezioni, insieme abbiamo dato vita ad un programma vincente, insieme sapremo ridare slancio al Piemonte per quel ruolo trainante che d'altronde, gli compete da secoli.
Saremo intransigenti, però, la fedeltà, caro Presidente, è un valore, è vero, ma è subordinata ad un principio non meno importante, che fa riferimento al rispetto dei patti siglati idealmente con i piemontesi che ci hanno dato il voto e, subordinatamente, con tutte le altre Regioni con le quali avvieremo un cammino di riforme fiscali e sociali, per restare agganciati all'Europa di quelli che vogliono contare e non essere contati soltanto come numeri.
Davanti a noi abbiamo cinque anni, dovremo sfruttarli per correlare, e vorrei dire correggere, l'assetto istituzionale del Paese, con quella che oggi chiamiamo "devoluzione", che altro non è che il federalismo sociale e fiscale, che da dieci anni invochiamo ed indichiamo come unica soluzione possibile alle reversibili crisi del sistema Italia.
Presidente, oggi la chiamano, per la verità un po' pomposamente "governatore del Piemonte"; ebbene, mi auguro che un giorno lei possa diventarlo davvero, non solo nominalmente, ma finalmente investito dell'autorità giuridica, politica ed amministrativa che secondo noi compete a lei, come ad ogni Presidente del governo regionale.
Mi preoccupano, invece, i crepitii che si sono levati dalla sinistra all'indomani del discorso del Presidente di questo Consiglio regionale, di fronte allo spettro della "riforma federale del Paese" - come la chiamano loro.
Presidente, è vero che le riforme, almeno nei passaggi più delicati come d'altronde tutte le riforme che investono le istituzioni, vanno fatte all'unisono, tenendo conto anche dell'opposizione, ma è anche vero che ci deve avvenire nel rispetto dei ruoli e della volontà popolare.
Vorremmo poter pensare che lei non farà mai un passo verso tentazioni consociative e "inciuciste".
Glielo diciamo subito: per noi sarà difficile dialogare con questa sinistra, ma se dialogo ci dovrà essere, questo sarà solo ed esclusivamente per ragioni istituzionali, il che significa che ogni tentativo di avvicinamento con forze di opposizione dovrà essere subordinato ai contenuti delle nostre proposte che - badate bene - sono fortemente segnate dall'impronta genetica federalista che è nel nostro sangue.
Presidente, saranno cinque anni cruciali; vorrei che la sua sensibilità istituzionale non si limitasse alla distribuzione di incarichi, Assessorati e prebende. Siamo certi che non lo farà e che sarà un buon Presidente, se non cederà agli appelli telecomandati dei soliti trombettisti delle lobby che attraversano tutto l'arco costituzionale, da destra a sinistra.
L'avvento della rivoluzione federale impone, per esempio, atteggiamenti lontani dal vecchio mondo, direi ecumenico, con il quale spesso gli Assessori usano traslocare denaro dalle casse pubbliche a quelle private.
Badi bene che su questo punto le si misurerà l'autorevolezza delle Regioni, che oggi devono raccogliere la sfida del potere centrale per dare vita alla rivoluzione federale. Se non sapremo fare ciò avremo perso in partenza.
Le leggi saranno licenziate da questo Parlamento e dovranno avere alto profilo, se vorranno reggere la sfida della grande riforma che ci attende.
Non vorrei che i riflessi numerici del risultato politico di questa ultima consultazione elettorale, che ci ha visto vincenti, possano creare frizioni e tentazioni di atteggiamenti arroganti nei confronti della minoranza.
Voglio dire che la stesura del Regolamento dovrà prevedere forme di garanzia per chi la pensa in maniera diversa dalla nostra.
Peraltro, dovremo riconsiderare, in sede di riforma dello Statuto, il sistema elettorale di questa Regione. Lei ha parlato di governabilità come di un valore da tutelare. Non è in discussione il meccanismo anti ribaltone, che, anzi, dovrà essere non solo tutelato, ma eventualmente rafforzato. Vorrei, quindi, sgomberare subito il campo da equivoci: la Lega si batterà per affossare i meccanismi che consentano la trasmigrazione gratuita di Consiglieri da un Gruppo all'altro.
E' pur vero, però, che oggi i numeri che abbiamo sono il 66% dei Consiglieri, mentre la maggioranza conseguita è del 52%. Per questa ragione, mi auguro che questo Consiglio voglia prendere in considerazione l'ipotesi di aprire un dibattito, magari cominciando dalla valutazione che il 16%, inteso come premio di maggioranza, sia un prezzo molto alto da pagare sul banco della democrazia, in cambio di una governabilità che spesso potrebbe essere espressione di inefficienza o, peggio, assenteismo da parte della maggioranza.
Di più, per un dibattito serio dobbiamo chiederci se serve alla governabilità che il Presidente - si badi bene che esprimo un sentimento di stima nei confronti di tutti i Consiglieri eletti nel cosiddetto "listino" alla sua elezione si trascini dietro la propria corte, ovvero se sia più corretto, nei confronti dei princìpi di delega popolare, se il tributo ai seggi che garantisce la governabilità non sia pagato almeno con persone indicate dal popolo.
Vede, Presidente, questo momento politico è da interpretare non semplicemente come un passaggio, e vorrei che su questo punto ci fosse il massimo della chiarezza.
Gli italiani, i piemontesi, i padani, con il recente voto non ci hanno soltanto dato il mandato a governare; ci hanno detto che è da noi che si aspettano la rivoluzione che la sinistra, da Roma, non è stata in grado di fare.
A noi hanno delegato il compito di fare la rivoluzione federale, a noi il popolo oggi chiede di riavvicinare la politica al paese reale, che è quello dei disoccupati, dei cassaintegrati, degli emarginati, delle imprese ingolfate nella burocrazia, e via dicendo.
A noi il popolo chiede aiuto.
Per chi non l'avesse capito, gli italiani, anche in occasione dell'ultima consultazione referendaria, hanno dimostrato una coscienza politica che è andata ben oltre al sentiero comune.
Tanto perché sia chiaro, se falliremo non potremo dire che non ci hanno capito. Dovremo, quindi, tenere conto del risultato referendario per riscrivere la legge elettorale nazionale. Certo, non sarà nostro compito ma qualora saremo tenuti ad esprimere il nostro parere, è chiaro che attingeremo dalla cassaforte del risultato dei referendum.
Signor Presidente, credo che le auspicate riforme costituzionali siano opportune, non tanto per una carenza della Carta del '48 quanto perch ormai abbiamo imparato a barare con la medesima.
Il Presidente Cota, con un discorso di stretta osservanza giuridica, ha proposto argomenti già presenti sotto forma di norme di questo Stato, che però sono state tacciate patologicamente e fisiologicamente come rivoluzionarie e non istituzionali.
Esigeremo il rispetto della separazione dei poteri; lei, Presidente dell'esecutivo, dovrà dare impulso all'alta amministrazione di questa Regione, per raggiungere i fini che stamattina ha tracciato nel suo programma e che ci sentiamo di condividere. Spetterà a questa Assemblea che - non dimentichiamolo - a differenza di Provincia e Comune, è legislativa, di promulgare quella norme che diano un assetto di autonomia per questa Regione, nell'ambito dell'assetto federale del Paese, cui spetta la sovranità.
Non condividiamo - e glielo dico chiaramente - la definizione che lei ha dato di "estremismo ideologico" in determinate ipotesi di federalismo.
Il federalismo non rappresenta mai una posizione politica estrema, ma un valore ormai universalmente accettato.
Certo, dall'idea del federalismo, così come da qualsiasi altra idea politica, si può giungere a risultati estremi, che portano inevitabilmente al mutare della propria denominazione. Da un concetto di nazionalismo, che è un valore, si passa al fascismo o, peggio, al comunismo.
Il federalismo è per sua natura in antitesi con ipotesi totalitarie e quindi estremistiche.
Il compito di questo Consiglio, e solo suo, è quello di produrre questa riforma - per usare i suoi aggettivi - in modo veloce, equo e coraggioso.
L'esercizio del potere, in caso di bipartizione, come dovrebbe essere quello dello Stato italiano, o di tripartizione, come in effetti è lo Stato italiano, come dice Costantino Mortati, consiste non solo nell'esercizio delle proprie attribuzioni, ma anche nel potere di controllo nei confronti degli altri poteri.
All'interno di questo Consiglio, con il suo autorevole parere espresso durante la discussione delle leggi, ella ben controllerà il nostro operare ma le assicuro che anche noi faremo altrettanto.
Lei ha parlato di "stesso stile di Giunta" in riferimento alla precedente: se stile è inteso come forma di eleganza, questo potrà ben essere mantenuto, ma se per stile s'intende la perpetuazione di taluni errori per i quali durante la scorsa legislatura siamo stati all'opposizione, le assicuro che verranno da noi evidenziati prima che dall'opposizione.
A proposito di stile, lei ha ritenuto legittima, e la ringraziamo, la nostra richiesta dell'Assessorato alla cultura. Apprezziamo anche la fantasia, forse lievemente appannata, di coloro che hanno inteso innescare appelli, sentimentalmente apprezzabili almeno sul piano umano, attorno al dibattito sull'assegnazione dell'Assessorato alla cultura, ma politicamente non degni della sua statura e neanche dei suoi orologi sempre alla moda. Mi riferisco a certi appelli telecomandati dei fan curvaoli del mio amico, che certamente ha sempre ben operato, Assessore Leo, che non esprimono certo la sua e la nostra cultura.
Dopo le mie precisazioni, signor Presidente, voglio esprimerle con altrettanta chiarezza la mia lealtà alla coalizione così faticosamente raggiunta che ci ha condotto alla vittoria, e quindi anche alla sua persona. Appoggi pure il suo fare sul nostro Gruppo e da questo sarà sostenuto.
La coalizione non ha, né può avere, il respiro di questo Gruppo e di questa Regione, ma è molto più ambiziosa e si colloca su questo stato.
Abbiamo pericolosamente sentito qualificare qualche forza politica all'interno di questa coalizione come determinante o non determinante.
Siamo convinti che in politica il risultato delle alleanze non è mai la mera somma dei numeri, bensì l'apporto di un'idea, che può garantire o legittimare altre presenze, e l'assenza, che può determinare l'insuccesso di tutti.
Tenga conto dei numeri con i quali siamo stati eletti e del fatto che non sono coerenti con la rappresentanza che qui ci vede, per cui non possiamo adagiarci sugli allori ma occorre serrare le fila, produrre risultati, crescere in affidabilità e quindi in consenso, poiché fra un anno questa coalizione sarà messa alla prova dalle elezioni politiche, che saranno determinanti per il buon fine della rivoluzione federale che noi auspichiamo.
A lei, signor Presidente, buon lavoro.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Brigandì.
La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Vorrei iniziare con quanto è avvenuto nella prima seduta di questo Consiglio. Le affermazioni del neo eletto Presidente, infatti, ci hanno lasciati molto perplessi, in quanto crediamo che il ruolo del Presidente non sia quello di dettare la politica, ma di rappresentare il Consiglio e di garantirne il funzionamento anche per quanto riguarda la tutela dei diritti della minoranza.
Ci ha anche stupito che si sia parlato di Statuto regionale senza far cenno al poderoso e apprezzato lavoro svolto dalla Commissione Statuto della passata legislatura, che ha terminato i suoi lavori producendo un importante testo conclusivo, esaustivo e documentato, che crediamo tutti noi Consiglieri dovremmo tener presente al momento di affrontare i lavori per la stesura del nuovo Statuto.
Sempre in ordine al merito, occorre ricordare come le dichiarazioni del neo Presidente vanno in una direzione autonoma rispetto ai lavori della Commissione citata, soprattutto perché in quel documento si parlava della pluralità di realtà regionali da difendere e tutelare, mentre le dichiarazioni che abbiamo sentito proponevano di fatto una centralità della Regione che andrebbe a sminuire la ricchezza delle culture e delle autonomie locali. Così, mentre si afferma una presunta intromissione del Governo centrale a livello regionale, in Regione si propone una gestione centralista rispetto agli altri enti locali.
Dal punto di vista sostanziale, il Gruppo dei Verdi richiede che nell'affrontare la riscrittura dello Statuto siano tenuti in considerazione i princìpi fondamentali della convivenza fra tutti i cittadini, nel segno della tolleranza e della solidarietà, della collaborazione e del rispetto delle capacità, che valorizzi i saperi e le competenze reali, ma non escluda per preconcetti, per chiusure aprioristiche o per preclusioni ingiustificate le componenti più deboli della popolazione. Che lo Statuto futuro non trascuri le idee di pacifica convivenza, di libertà, di tolleranza, che, discendenti dalla lunga tradizione umanista, pongono l'Italia e la nostra regione in prima fila nella difesa e nella tutela dei diritti di tutti i suoi cittadini, nel rispetto della diversità e delle diverse culture.
Noi Verdi, come in molti altri campi, siamo totalmente in disaccordo con alcuni temi che aleggiano nella maggioranza, come quelli della devoluzione delle regioni del nord.
Sappiamo bene che nel linguaggio attuale è uso e costume bollare di passatismo tutto ciò che non si condivide, quindi non ci stupiremmo se le nostre proposte saranno indicate come superate da chi cerca di interpretare la realtà sulla base dell'interesse, da chi pensa che il mondo si possa chiudere in quel fazzoletto di terra che è il Piemonte o, se vogliamo anche il nord Italia, dimenticando la complessità e la vastità del pianeta a sua volta, mi piace ricordarlo con Heidegger, "granello di sabbia perso nell'immensità dello spazio".
Ebbene, vi è ancora chi, di fronte alla globalizzazione dei mercati che pur persegue da un punto di vista economico, sogna barriere e steccati vorrebbe far circolare senza controllo quantità sempre maggiori di merci magari su superstrade sempre più grandi o su camion sempre più potenti ipotizza un mondo di sfrenati consumatori di prodotti standardizzati forniti da grandi multinazionali, ma d'altra parte auspica chiusure storiche, culturali ed economiche, vorrebbe essere parte nella parte regione nella regione Italia.
Chi vuole costruire un mondo mercificato, non può ignorare che le persone sono il primo movente, i protagonisti del mondo che si sta costruendo. In un paese a natalità zero, quale l'Italia, diffondere e richiedere l'intolleranza e la chiusura agli uomini e alle donne diverse da noi, significa ipotizzare una società senza futuro e non si può pensare di rilanciare le nascite e le natalità con aiuti più o meno figurati a carico delle istituzioni.
Non bastano pochi o molti milioni per vincere la ritrosia dei giovani a generare discendenti, perché la società mercificata e consumistica è il primo movente della denatalità, perché genera una mancanza di voglia di futuro che si esprime proprio nel non dar vita a dei figli.
Noi Verdi possiamo, a buon diritto, rivendicare una politica coerente e costruttiva per la creazione di un futuro di speranza, perché solo aprendo i nostri cancelli, solo aiutando i deboli e quelli che sono in difficoltà anche in altre regioni italiane, si può realizzare una società completa e in crescita.
Siamo all'avanguardia anche quando parliamo di necessità di difendere l'ambiente naturale, non con timide prese di posizione o affermazioni generiche, ma bensì con scelte coraggiose e positive, scelte che ci impegnamo a far recepire nel futuro Statuto, indirizzi che sarebbero fondamentali anche per affrontare il problema che abbiamo appena avanti ricordato, quello della denatalità.
Ai tanti che non si curano dell'ambiente, che pensano che sia un esercizio dialettico poco utile, quando non inutile, ricordiamo che ormai tutti ammettono che una delle cause più frequenti della denatalità, oltre che gli aspetti sociali ed economici ricondati poc'anzi, è l'inquinamento chimico, che, subdolo ed invasivo, si sta diffondendo nell'ambiente e turba i complessi meccanismi fisiologici della riproduzione, causando infertilità maschile e femminile.
Come da sempre sosteniamo, l'attenzione all'ambiente non è un passatempo per intellettuali stravaganti, ma è l'unico modo per dare futuro a quanti verranno dopo di noi, in qualche caso anche l'unico mezzo perch qualcuno dopo di noi ci sia.
Per difendere la scelta ambientalista staremo molto attenti sulla costruzione federalista, che andrà condotta con grande temperanza e cautela per non dar luogo ad una società che sia libera solo negli affari e non nella sicurezza, dove la sicurezza dei cittadini non è solo quella legata alla criminalità, di cui si è parlato ossessivamente in campagna elettorale, ma è quella di avere acqua, aria e ambienti sicuri, e su questo c'è molto da lavorare.
La nostra esperienza di ambientalisti ci insegna che ci sono cose poco contenibili nei confini di una regione, a volte non bastano le nazioni e i continenti, quindi capirete le nostre perplessità quando si vuole porre come basilare il concetto di confine regionale. Per noi, ma così dovrebbe essere per chiunque abbia a cuore il suo futuro e quello dei suoi figli non è possibile parlare dei fiumi, dell'atmosfera, dei vegetali o degli animali, in una parola "dell'uomo e del suo mondo", limitando gli interventi all'interno di un confine tracciato sulla carta e rifiutando invece una politica più generale propria di un Governo nazionale o sovranazionale. Forse che l'inquinamento di un fiume si ferma al confine tra il Piemonte e la Lombardia? O tra la Valle d'Aosta e il Piemonte? E gli inquinanti atmosferici sapranno riconoscere i nostri confini o andranno da un luogo all'altro al di sopra dei nostri confini tracciati sulla carta? Al di fuori di immagini più o meno rappresentative, credo che ognuno di noi si debba rendere conto che diffondendo l'idea forte della separazione costruendo confini sempre più prossimi a noi, forse i confini di ciò che ci interessa, ed immaginando una società sempre più divisa e diffidente, non impediremo che il nostro prossimo scarichi su di noi quello che a lui pu sembrare pericoloso, nocivo o inquinante, anzi sarà quasi naturale in un'ottica sbagliata e chiusa. E in una società basata sull'egoismo e sulla convenienza personale è assolutamente realistica la possibilità che ci avvenga.
Come ambientalisti, pacifisti e cittadini del mondo, non ci rallegra certo pensare che ci potrà essere una reciprocità: "io inquino te se tu inquini me", perché la natura non ha confini e le scelte che vengono fatte in Piemonte avranno una ripercussione non solo sulle altre Regioni italiane, ma anche su territori lontanissimi da noi.
Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che non sono i confini che potranno farci vivere in armonia con la natura, che non conosce i confini e che quindi i confini non serviranno a farci vivere meglio.
Noi ci impegneremo nella scrittura dello Statuto per portare i nostri valori che sono quelli della tutela delle donne e degli uomini, degli animali e dell'ambiente, senza dimenticare aspetti che non sempre sono richiamati come le minoranze linguistiche troppe volte dimenticate e disattese nelle loro speranze.
Noi non siamo per una chiusura al federalismo, certamente però vogliamo che la ristrutturazione politica della Regione assicuri direttamente la partecipazione al processo decisionale di tutti i cittadini e pertanto non ignori la funzione che in tal senso devono svolgere le comunità montane, i consorzi di Comuni, in quanto "bioregioni", cioè luoghi geografici riconoscibili per le loro caratteristiche di suolo, di specie animali e vegetali, di microclima, oltre che per cultura umana che da tempo immemorabile si è sviluppata in armonia con tutto ciò.
Per concludere, vorrei sottolineare come le preoccupazioni ambientali se possibile, sono state acuite dalle dichiarazioni odierne del Presidente Ghigo, in quanto fra tante parole, tutto sommato generiche, gli unici richiami concreti e pratici sono stati un vero attacco, pesantissimo all'ambiente e agli ambientalisti. Sentire proporre come basilari per lo sviluppo del Piemonte: l'Asti / Cuneo, il traforo del Mercantour, il terzo valico, l'Alta Velocità nord-sud ed est-ovest; significa consegnare la natura della nostra Regione alle lobby del cemento e dell'imprenditoria.
Nel futuro avremo modo di confrontarci su questi e altri temi. E sulle scelte e sulle decisioni assunte si potrà misurare e valutare l'operato della Giunta e dell'opposizione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bolla; ne ha facoltà.



BOLLA Emilio

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, on.
Enzo Ghigo, colleghi Consiglieri, come altri che mi hanno preceduto anch'io sono un esordiente in questo consesso e proprio per questo sono stato spinto ad intervenire nel primo dibattito importante di questa settima legislatura.
Anch'io, come tutti voi credo, ho l'onore e l'orgoglio di appartenere a questa assemblea che ha iniziato i suoi lavori.
Il Presidente, on. Enzo Ghigo, ha illustrato in modo chiaro e determinato il programma di governo per il Piemonte ed ha tracciato la linea politica che pone in primo piano lo sviluppo del territorio da realizzarsi attraverso il compimento del federalismo e la devoluzione di settori fondamentali per la vita sociale ed economica della nostra Regione.
Il lavoro svolto nella precedente legislatura, il programma, il Presidente e la coalizione che lo ha sostenuto, hanno conseguito uno straordinario successo elettorale. Ed il nostro lavoro sarà svolto con entusiasmo, ma anche con la consapevolezza di assunzione di grandi responsabilità.
La sconfitta del centro-sinistra, che evidentemente non ha saputo proporsi in modo adeguato, con progetti vicini alle necessità della gente forse produrrà in qualcuno inizialmente un atteggiamento di rabbia e ostilità, ma superato il momento elettorale io auspico si trasformi in momento di confronto leale e concreto sui problemi, pur nella diversità delle posizioni politiche.
Voglio solo soffermarmi su un paio di argomenti citati nella relazione del Presidente Ghigo che interessano specificamente alcuni settori della vita economica e sociale del nostro territorio piemontese, per non dilungarmi su aspetti politici che sono stati trattati ampiamente dai colleghi.
In specifico, vorrei solamente sottolineare gli impegni che anche in relazione alla mia piccola esperienza personale ritengo debbano vederci lavorare con le competenze specifiche, di Giunta e di Consiglio, in modo sostenuto. Mi riferisco in particolare al settore agricoltura che ha bisogno di un nostro impegno preciso, mirato a dettare le condizioni per una crescita di competitività delle imprese agricole. Occorre velocizzare e snellire le procedure di accesso alle risorse disponibili per gli investimenti e quanto siano importanti gli investimenti anche nel settore agricoltura sono convinto lo sappiano tutti.
Si dovrà continuare il lavoro già intrapreso per la qualificazione delle produzioni e per la valorizzazione di quelle tipiche che sono una risorsa importante del territorio che ci qualificano indubbiamente.
Bisogna promuovere una reale integrazione del settore con gli altri comparti produttivi ed in particolare con il turismo. E' noto a tutti ed è importante l'appuntamento che ci attende con le Olimpiadi del 2006. Sono convinto che il settore agricoltura potrà partecipare, integrato con gli altri settori, a questo appuntamento da non mancare.
E' stata poi evidenziata nella relazione del Presidente una volontà importante riferita al coinvolgimento degli Enti locali nel grande processo di cambiamenti per il quale noi tutti operiamo.
Credo sia fondamentale riconoscere il ruolo dei piccoli Comuni che rappresentano un importante centro di erogazione dei servizi essenziali, un monitoraggio per le necessità dei cittadini, una risorsa di esperienza per la gestione del territorio. Abbiamo un patrimonio umano importante di amministratori locali che si dedicano ogni giorno in un'attività non facile.
Sono convinto che la Regione vorrà sostenere il loro lavoro, attraverso un impegno concreto che può consentire la valorizzazione di quei territori al di fuori delle grandi città che sono una vera risorsa per il Piemonte.
In ultimo vorrei chiudere con una proposta che non si può certo definire di programma, ma che mi sta particolarmente a cuore.
Simbolicamente può stimolarci ulteriormente, semmai ce ne fosse bisogno verso l'impegno futuro: celebriamo, proprio quest'anno, il trentesimo anniversario dell'approvazione del primo Statuto della Regione. Credo che sia un avvenimento importante che questa assemblea dovrebbe celebrare in modo adeguato. Trent'anni rappresentano un periodo importante di trasformazione del Piemonte e ci hanno condotti nel terzo millennio. E' questo forse un modo semplice per riconoscere l'impegno di tutti quelli che hanno lavorato in quest'aula. Leggere e riconoscere una delle pagine più importanti della storia e della tradizione del Piemonte ci può aiutare nel processo di innovazione necessario.
Concludo formulando al nostro Presidente, alla Giunta nominata, al Presidente del Consiglio e a tutti voi colleghi, i migliori auguri di buon lavoro.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ho ascoltato e letto più volte l'intervento del Presidente Ghigo: ho provato una grande delusione (noi della minoranza, purtroppo, non potendo fare proposte di governo possiamo solo analizzare quelle indicate da chi ha vinto le elezioni).
Elezioni che, tra l'altro, sono state vinte con un nuovo sistema che hanno permesso al Presidente una certa spregiudicatezza, non necessitando di un voto di approvazione del suo programma. Non solo, occorre anche tener presente che, dopo cinque anni di governo, il Presidente Ghigo, nonostante l'intenzione di cambiare gran parte dei Direttori, conferma quasti tutti gli Assessori: non si capisce bene cosa c'entri questo con lo spoil system.
L'ultima frase dell'intervento del Presidente Ghigo recitava: "Se al termine del nostro mandato ci sarà, in Piemonte, maggiore sviluppo maggiore sicurezza, una qualità della vita migliore; se avremo contribuito a diminuire le ingiustizie sociali e le povertà, se avremo una comunità più coesa e più tollerante, ebbene se avremo contribuito a fare tutto questo io credo che avremo il segno di aver fatto un buon lavoro". Avrei voluto sentire un giudizio sui cinque anni precedenti di governo (penso che il Presidente ne dia un giudizio positivo); avrei voluto sentire come questi cinque anni di governo, fino ad ora, abbiano contribuito a raggiungere quegli obiettivi e come concretamente si intendano perseguire i fini indicati dal programma.
Il programma illustrato dal Presidente Ghigo, se letto attentamente rivela due cose: federalismo e infrastrutture. Non si riscontrano altri contenuti politici. E, questo, soprattutto in una fase in cui, oltre all'elezione del Presidente con un nuovo sistema, la Regione ha avuto un aumento di competenze per effetto delle leggi Bassanini. Penso, per esempio, a quelle relative al settore-lavoro, ma non solo, a tutta una serie di attività su cui si poteva entrare nel merito ed indicare concretamente come raggiungere gli obiettivi - su cui nessuno può essere in disaccordo. Il programma del Presidente, infatti, prevede obiettivi generici, spesso contraddittori, ma su cui difficilmente si può essere in disaccordo. Non credo che esista Presidente di Regione in Italia che si presenti dicendo: "Voglio un governo che agisca in modo lento, pavido ed inefficiente". Ovviamente siamo tutti d'accordo sul fatto che occorra governare bene ed avere un buon programma. Il problema è entrare nel merito per capire se il programma è buono o meno.
Un secondo appunto. Nel programma si fa scarso riferimento al Piemonte non si parla dei problemi. Le parole "agricoltura"; "occupazione" o "disoccupazione" non ci sono. Non c'è la parola "sanità", non intesa come ospedali o strutture, ma come problemi legati alla salute, questione con la quale molti cittadini devono confrontarsi.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un programma pieno di buone intenzione, ma non quantificate e precisate.
Vi sono, inoltre, contraddizioni concrete. Il programma del Presidente fa una serie di affermazioni che contrastano con gli atti iniziali della Giunta; si dice che non si vuole essere litigiosi, ma già ieri la Giunta delle elezioni, riunita per eleggere il proprio Presidente, è "saltata" per litigi, così come si è verificato per le assegnazioni delle deleghe agli Assessori.
Altro aspetto incomprensibile è il rapporto tra affermazioni e atti concreti. Si lamenta, per esempio, il proliferare di piccoli soggetti politici che non farebbero altro che aumentare la frammentazione e la confusione; poi, uno dei primi atti del Consiglio è stata proprio la frammentazione dei Gruppi con interpretazioni ardite del Regolamento.
Veniamo all'economia. Da una parte, se ne parla come di un qualcosa al di fuori della politica, poi, nello stesso intervento, si dice che il mercato va controllato, va limitato - ma non si dice come; non si indicano i tipi di interventi concreti da effettuare.
Ci troviamo di fronte ad un "non programma": elemento di continuità con la Giunta precedente che, dal punto di vista delle indicazioni programmatiche, è sempre stata estremamente carente. Il Piemonte, per vive una fase di trasformazioni, di modifiche importanti, e vive il permanere di gravi problemi. Abbiamo discusso a lungo relativamente alla sanità, però i problemi della prevenzione, della lotta per una migliore salute dei cittadini in Piemonte è un problema ancora da affrontare. Il problema dell'intervento pubblico, che si ritiene vada ridotto, io credo invece, sia di natura opposta: pensiamo ai problemi della sicurezza - non solo di quella sulle strade - sul lavoro che, a mio parere, richiederebbero un intervento maggiore.
Anche da questo punto di vista sarebbe bene che la Regione richiedesse maggiore competenza e politica d'intervento: i luoghi di lavoro sono ancora il posto in cui si muore di più. Gli unici accenni alla sicurezza sono banali. Veniamo alle trasformazioni avvenute nel campo delle tecnologie alimentari e biotecnologie: anch'esse richiederebbero una maggiore capacità di controllo e una maggiore presenza della partecipazione pubblica. Mi spaventano le affermazioni in cui si dice "ci vuole meno intervento", anche se poi vengono stemperate dicendo "questo processo va limitato, va governato, non va lasciato a se stesso" - ma non si dice come.
Relativamente all'aspetto del processo economico, il Piemonte è forse una delle regioni confrontata con le sfide più pesanti. L'economia piemontese non solo è la maggiormente internazionalizzata, ma con nostre aziende che passano sotto il controllo di altri.
Pensate alla grande distribuzione, ormai uno dei settori dominanti dell'economia: almeno l'80% è in mano straniera; pensate all'Omnitel: sappiamo cosa è successo l'anno scorso; pensate al gruppo General Motors Fiat dell'auto. Pensate a tutto questo e vi renderete conto di cosa è successo. La Fiat Auto oggi fa parte della General Motors, non è il contrario; fra tre anni la famiglia Agnelli potrà decidere a che prezzo vendere l'ulteriore quota, ma non potrà decidere di tornare indietro da un accordo che, già nelle prossime settimane, avrà delle ricadute sulla produzione unificata di motori e ricambi Fiat e General Motors, in un'azienda nuova che verrà controllata dagli americani (nello stabilimento di Mirafiori ci sono già alcune centinaia di dirigenti americani).
Siamo una delle regioni più esposte rispetto agli effetti concreti della mondializzazione, per cui pensare di avere delle politiche di intervento e non affidarsi semplicemente alle logiche di mercato è fondamentale.
Siamo stati solo spettatori di quanto avvenuto, e, purtroppo, non s'intende cambiare registro.
Relativamente ai problemi economici e dell'occupazione, proprio perch aumentano le competenze della Regione, bisognerebbe dare delle indicazioni d'intervento; siamo una regione che non solo ha un alto livello di disoccupazione, ma anche un'elevata quantità di "precarizzazione" del mondo del lavoro. In questi anni, è diventato molto precario: ormai l'80% delle assunzioni viene fatta sotto questa forma. Non mi risulta che questo abbia invertito le tendenze dell'occupazione. Mentre il mercato del lavoro viene gestito in quel modo, a differenza di quanto si diceva, non è avvenuto che questo abbia determinato una dinamica occupazionale diversa e quindi un abbattimento, o almeno una riduzione significativa, del tasso di disoccupazione.
Viviamo a 100 chilometri da un paese che negli ultimi anni ha sperimentato nuove politiche occupazionali nella creazione di nuova occupazione legata, per esempio, alla cura dell'ambiente o delle persone, o alla riduzione dell'orario. In Francia si è attuata una politica che ha funzionato: si è così verificato un significativo abbattimento della disoccupazione, riconosciuto persino dal Sole 24 Ore nell'edizione di venerdì scorso.
Sarebbe stato un elemento importante per noi sapere quale direzione si prenderà quando metteremo mano alla riforma delle nostre leggi regionali sul lavoro. E' un elemento che non abbiamo, e quel poco che sappiamo ci spaventa. Si parla di federalismo, si dice che non deve essere un cattivo federalismo: nessuno desidera un cattivo federalismo, tutti ci auguriamo che sia buono. Ma come poi concretamente debba attuarsi questo "buon federalismo" non lo sappiamo! L'unico elemento che abbia qualche peso concreto nel suo discorso è quello delle infrastrutture. Ha parlato di infrastrutture prevalentemente legate ai trasporti. E' una questione che ci preoccupa, da due punti di vista. Si parla di infrastrutture legate ai trasporti, ma ci si dimentica che, oltre ai cittadini piemontesi che utilizzano le grandi linee che uniscono il nord-sud, l'est-ovest, che ci collegano a Nizza, esistono anche centinaia di migliaia di cittadini piemontesi che tutti i giorni utilizzano i mezzi pubblici e la rete di trasporti piemontesi. Su questo tema non si è detto nulla, neanche una parola.
Ritengo invece sia fondamentale sapere che tipo d'interventi attuare per collegare meglio il Piemonte al proprio interno e tutte le zone della Regione con Torino.
Vorrei anche esprimere il mio dissenso sulla visione acritica delle infrastrutture. Credo che il comportamento del Presidente Ghigo sia contraddittorio. Il Presidente guida le manifestazioni contro Malpensa 2000, ma l'aeroporto di Malpensa è un grande esempio di importantissima infrastruttura, utile a collegare l'Italia con il mondo: il Presidente va contro un'infrastruttura che ha tutte le caratteristiche delle infrastrutture ideali auspicate. Solo dopo, oltre a tutte le caratteristiche positive, sono stati rilevati gli elementi negativi che ogni infrastruttura porta con sé: per questo si va in piazza, si blocca l'aeroporto, ci si comporta come i metalmeccanici in occasione del rinnovo contrattuale, organizzando cortei che bloccano le piste! Ma qui non se ne parla, si parla solo degli aspetti positivi, non si parla neppure dello scopo di queste grandi infrastrutture, del modo in cui eventualmente, devono essere realizzate, per evitare quanto si è visto e quanto ha visto anche il Presidente Enzo Ghigo.
Quello di oggi avrebbe potuto essere un confronto diverso, se solo ci fossimo trovati di fronte ad un discorso programmatico "vero" su quanto s'intende realizzare, sugli elementi di continuità e di discontinuità che avrà il nuovo governo rispetto alla politica attuata in cinque anni dal precedente governo Ghigo.
E' un governo che per l'80% della sua composizione ci mostra le stesse facce: per questo ci sarebbe stato utile capire in cosa il nuovo governo sarà uguale o differente dal vecchio. Purtroppo, il Presidente Ghigo ci ha fatto un discorso talmente generico che potrebbe anche andar bene perch proprio per la sua eccessiva genericità, non si può non essere d'accordo con esso!



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mercurio, ne ha facoltà.



MERCURIO Domenico

Signor Presidente del Consiglio e Signor Presidente della Giunta colleghi Consiglieri, le elezioni regionali del 16 aprile ma, ancor di più i risultati dei recenti referendum hanno rappresentato un momento di svolta della lotta politica in Italia.
Anche i più ostinati partiti della maggioranza di governo hanno dovuto prendere atto che non ha più funzionato la sirena giustizialista, né il mito antipartitico, né il richiamo propagandistico del saper governare. Non hanno funzionato neppure la demonizzazione e la criminalizzazione dell'avversario.
Ma è anche vero che i partiti della Casa della libertà, dopo avere vinto nettamente il confronto elettorale, cominciano a rendersi conto che la prossima volta non potranno funzionare gli stessi argomenti del 16 aprile.
Di conseguenza, ciascun soggetto politico è chiamato ad un profondo ripensamento per affrontare e risolvere i nodi irrisolti del Paese, che in modo sintetico potrebbero riassumersi in: riforma elettorale ed istituzionale, riorganizzazione del mercato del lavoro e della politica fiscale. Ciò se si vuole davvero riformare il "sistema Italia" nel contesto europeo, approfittare delle opportunità offerte dalla nuova economia e se si vogliono governare gli squilibri creati nel processo della globalizzazione.
Riteniamo che per riorganizzare il mercato del lavoro sia necessario un alto livello di flessibilità, da negoziarsi con lo strumento della concertazione, la quale, superati gli elementi di scambio (come avveniva nel passato) deve essere finalizzata solo ad un patto sociale nell'interesse generale. Per fare ciò servirebbe un governo forte, in grado di sostenere e stimolare con il suo intervento un comportamento cooperativo delle parti sociali.
Non ci pare che le prime risposte siano confortanti, anche se le difficoltà nell'affrontare un comportamento complessivo sono notevoli. Il governo Amato, a parte il piacere che può fare - come socialisti - la conferma della legge dantesca del contrappasso, è accettabile solo come operazione cosmetica, e comunque fino ad un certo punto.
Consideriamo la posizione di Amato- per fare un esempio - su un tema diverso, a cui oggi non ha accennato nessuno e che è comunque non meno importante degli altri. Mi riferisco al giudizio inopportuno da lui dato sul Gay pride. Una posizione la sua, questa sì, per niente opportuna, anzi contrastante con i valori della tradizione socialista oltre che con almeno tre articoli della Costituzione. Penso a tre articoli del cosiddetto "nocciolo duro" della Costituzione, cioè al diritto di eguaglianza, a quello di riunirsi pacificamente e, possibilmente, in modo non stanziale in un "recinto" - com'è stato detto da Amato - ed al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Se questa è la nuova Casa dei riformisti, auspicata da Veltroni, non ci sembra che differisca in nulla dall'Ulivo del '96 e dalla Cosa 2 del '97.
In breve, il 16 aprile ha messo in luce la differenza esistente tra la sinistra moderna ed europea e quella italiana, sostanzialmente ostile come scrive Guzzanti - al mercato, alla competizione, al premio dei talenti. E' questa contraddizione che rende utile e necessaria la costruzione, su posizioni autonome, di una forza laica, riformista e socialista-autonomista.
Per quanto riguarda, invece, le riforme istituzionali, credo che con l'elezione diretta del Presidente perda ogni significato la vecchia distinzione tra federalismo ed autonomismo. Questi concetti sono stati già espressi nel dibattito di oggi pomeriggio dal Consigliere Caracciolo dall'amico Tapparo e da altri esponenti sia di minoranza che di maggioranza.
Voglio chiarire subito che è vero che lo Stato autonomistico è un processo che va dall'alto verso il basso, con il quale lo Stato centrale cede parte delle proprie funzioni alle comunità locali, mentre nello Stato federale il processo avviene dal basso verso l'alto e gli esempi sono davanti a tutti: gli Stati Uniti d'America, la Germania, la Svizzera ecc..
E' anche vero che, nel tempo, le differenze tra lo stato federale e lo stato delle autonomie tendono a ridursi: si tratta di due processi inversi che muovono da punti di partenza opposti, ma che conducono a risultati simili. Per questo motivo, la vecchia distinzione tra federalismo e autonomismo ha perso molto del suo significato.
E' stata, quindi, inopportuna l'affermazione fatta dal Presidente Ciampi e ripresa da altri colleghi nel pomeriggio, secondo cui il federalismo è già contenuto nell'art. 5 della nostra Costituzione. Cito testualmente l'articolo: "La Repubblica adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento".
Mi fermo qui e proseguo un po' a braccio per dire che sottoscrivo la relazione del Presidente Ghigo al 98%, ma dissento su due soli punti: sulla sua idea di decentramento, che non appartiene sicuramente a me, e sulla sua autodefinizione di "moderato", che, secondo me, è invece molto meglio di un "moderato".
Per quanto riguarda l'idea di decentramento, prima mi sono sforzato di spiegare che è la stessa cosa del federalismo. Dico questo tenendo conto di quello che mi hanno recentemente insegnato presso la Facoltà di Giurisprudenza. In questo periodo è di moda, perché ne ha parlato anche Mussi. Colgo anche l'occasione per rispondere a qualche curioso che si è chiesto dove mi ero cacciato negli ultimi 7-8 anni: non ero alla macchia ero solo in via San Ottavio a studiare e a sudare, perché alla Facoltà di Giurisprudenza, se non si studia e si suda, non si superano gli esami.
Il prof. Zagreblescky e altri illustri scienziati del Diritto mi hanno spiegato, ancora una volta, le cose che dicevo prima: il decentramento è la stessa cosa del federalismo e non, per quanto mi riguarda, una "maschera" l'unica idea che non condivido del Presidente Ghigo - intesa come sinonimo di "Gattopardismo" (quindi cambiare tutto per non cambiare niente nella maniera più assoluta). Ho usato e uso la parola decentramento, perché non uso le parole inglesi come devolution, dato che non le so neanche pronunciare e che vogliono dire la stessa cosa.
Se dovessi sintetizzare in due parole l'intervento del Presidente della Giunta, lo definirei intelligente e concreto. Intelligente, perché, stando a quel che ho sentito nel suo intervento e come mi era parso di capire quando ancora non lo conoscevo nella passata legislatura, il Presidente usa l'intelligenza del cuore più che quella della mente. Ciò però non vuol dire che la prima sia inferiore alla seconda; anzi, illustri scienziati ci hanno spiegato ultimamente che l'intelligenza del cuore è molto più importante dell'intelligenza della mente.
Penso, inoltre, che tutti gli elettori che hanno votato il Presidente della nostra Giunta regionale, hanno individuato in questa personalità un personaggio intelligente e concreto, perché quando il Presidente Ghigo parla di grandi infrastrutture, dimostra una grande concretezza; quando non parla del Piemonte a Statuto Speciale, una questione che per quanto mi riguarda fa un po' ridere, dimostra un segno di grande concretezza, perch il Piemonte non è la Valle d'Aosta; non lo è e non lo è mai stata. Il Piemonte è l'Italia e sarà un pezzo importante dell'Europa.
Torno al discorso delle grandi infrastrutture: per mia ventura nel '74 ma per pochi mesi, mi è capitato di fare il Segretario provinciale del Partito Socialista, (non vuol dire che ho 100 anni, ho superato i 40 anni) ma ho dovuto dimettermi, perché - scusate questa nota personale - ero favorevole alle grandi opere di Torino: alla doppia pista di Caselle, alla tangenziale, alla Torino-Pinerolo, alla Torino-Bardonecchia e alla metropolitana.
I miei compagni della sinistra di partito occuparono la mia sede e una società civile si accomodò nel mio ufficio e mi cacciò. Radunai il direttivo di federazione, ma mi misero in minoranza, perché, fra la minoranza, ero l'unico a sostenere che era necessaria la metropolitana. Mi spiegarono che me ne dovevo andare a casa e me ne andai volentieri.
Non mi pare che il Presidente Ghigo possa essere attaccato su questa competenza, certo più "cavouriana" che "garibaldina", perché lo vedo, per quanto mi riguarda, più "cavouriano", ma concreto e intelligente. Sono queste le ragioni per le quali gli sarò leale e, se è possibile, amico per tutta la legislatura. Il Presidente Ghigo parla italiano e non piemontese è piemontese, lo vedo anche "cavouriano", però parla italiano, né inglese né piemontese.
Vorrei andare avanti nel mio ragionamento, dicendo che, in questo senso, la prospettiva mi sembra abbastanza chiara per quanto riguarda il cosiddetto federalismo e il decentramento, cioè, salvo la sovranità trasferita all'Europa (mi riferisco alla moneta ecc.) lo Stato centrale non dovrà gestire la politica estera (la difesa, la giustizia, l'ordine pubblico, la vigilanza sul mercato e sull'ambiente, gli indirizzi generali della politica economiche e sociali, la previdenza). Tutti i servizi alla persona e al territorio dovranno essere riorganizzati a livello regionale con la progressiva scomparsa dei relativi ministeri e agenzie centrali. Ci però comporterà un'immediata conseguenza: il trasferimento della responsabilità politica e delle corrispondenti risorse finanziarie dal centro alla periferia, con la riorganizzazione di tutta la fiscalità periferica che dovrà sostituire interamente i trasferimenti finanziari dello Stato.
Una riforma così radicale, però, comporterà un'accentuata responsabilità delle autorità regionali in ordine alla copertura della spesa, che è l'altra faccia del federalismo, mentre l'aumento della responsabilità porterà a distinzioni politicamente rilevanti fra governi capaci e governi incapaci, senza più l'alibi delle responsabilità centrali.
Inoltre, un più stretto rapporto tra popolarità della spesa e impopolarità del prelievo saranno il metro con cui giudicare le forze politiche e di governo.
In questo scenario, dovranno essere due le soluzioni chiare. La prima riguarda il pareggio del bilancio, senza il quale il sistema rischierebbe di esplodere, producendo tensione sia fra i diversi livelli di governo sia all'interno dello stesso sistema regionale. La seconda si riferisce ad una soglia minima di servizi da garantire all'intera comunità nazionale, che si configura come diritto inalienabile del cittadino.
Questo è certamente un tema delicato, giacché un suo uso distorto potrebbe avallare politiche centralistiche. Ma è fuor di dubbio che il federalismo implica un notevole dislivello nei servizi tra le varie parti del Paese, ognuna delle quali dovrà provvedere a sé stessa. Si tratta quindi, di definire le soglie minime, per garantire, attraverso regole ispirate alla solidarietà, quelle aree più deboli, e ciò è possibile soltanto studiando strumenti di riequilibrio.
Sulla legge elettorale, mi limito a dire che il mancato raggiungimento del quorum, il 21 maggio, ha fatto giustizia della tendenza che ha dominato l'Italia nei mass media e nelle lobby, più che nella maggioranza dei cittadini, e che individuava, in un sistema fortemente maggioritario, la panacea dei mali del sistema politico.
L'evidenza ha dimostrato che la frammentazione - mi fa piacere che nella relazione del Presidente Ghigo sia presente questo concetto - e l'instabilità non sono state eliminate in questi anni, mentre la distorsione della rappresentanza ha alterato equilibri e ha generato disaffezioni. Mi pare giusto che si torni a parlare di sistemi proporzionali corretti, così come hanno sempre sostenuto tenacemente i socialisti di tutte le tinte e ovunque posti, oggi, nella cosiddetta diaspora.
Mi avvio subito alla conclusione perché non saprei come impiegare i venticinque minuti a disposizione.
Certo, per costruire un cambiamento istituzionale deve essere percorsa ancora molta strada, ma mi auguro che questo Consiglio ponga subito mano allo Statuto, possibilmente senza tutta quella velocità, che mi pare richiesta da più parti. Nel senso che non vorrei che si ripetesse la vecchia favola del velocissimo Achille e della lentissima tartaruga, perch non mi pare che in questi sette-otto anni di cosiddetta rivoluzione, o seconda repubblica, ci siano tante novità di rilievo, se è vero che, come dicevo all'inizio, per la legge dantesca, nel 1993, vi era Giuliano Amato mentre mi accingevo nuovamente ad iscrivermi all'università - e nel 2000 siamo di nuovo con l'amico fraterno Giuliano Amato.
Consiglio, e mi avvio alla conclusione, possibilmente, la lingua italiana e la Costituzione; farò sicuramente riferimento alla lingua italiana e alla Costituzione. Sono perfettamente d'accordo con quanti affermano che il nuovo Statuto deve essere redatto superando ogni logica di schieramento; mi pare che il primo a dirlo sia stato il più autorevole esponente del partito di maggioranza. Quindi, personalmente, ripeto che ho un solo limite: i principi sanciti nella nostra Costituzione.
Faccio i migliori auguri al Presidente della Giunta: buon lavoro!



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Mercurio.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente del Consiglio.
Buongiorno a tutti i colleghi e al Presidente della Giunta regionale al quale faccio i miei personali complimenti per la sua elezione, per il successo che ha avuto, anche di carattere personale, al quale auguro buon lavoro e offro tutta la collaborazione che può derivare dal mio lavoro, che inizio insieme a lei, in quest'aula. Un lavoro di opposizione che spero di saper svolgere in modo costruttivo, privilegiando sempre i contenuti rispetto agli schieramenti, dandole la possibilità di un confronto vero e non formale, che penso lei abbia già potuto osservare in questi anni. Un confronto che lei, a volte, ha giudicato fastidioso.
In campagna elettorale, lei ha citato due Consiglieri regionali come suoi avversari peggiori: il Consigliere Saitta e il sottoscritto. Anche lei ha avuto una piccola sconfitta: siamo entrambi qui. Da parte mia, cerco di offrirle, sin d'ora, la mia collaborazione.
Ritengo che, in democrazia, il ruolo dell'opposizione sia molto importante, tanto quanto quello del governo: una buona opposizione genera un buon governo.
Come oppositore, leggendo il suo intervento e sentendo tutti gli altri le chiedo se sa cosa è mancato in questo suo primo approccio. Cosa mi mancava? Cos'è che non c'è? Quello che manca è il Governatore.
Quando, dopo la prima elezione diretta, anche in modo immaginifico, si è detto: "Finalmente abbiamo i Governatori", dietro vi era la speranza - io la chiamo illusione - come diceva prima il Consigliere Saitta, che di punto in bianco un'elezione diretta, stante l'assetto politico-istituzionale, di per sé producesse la capacità, da parte dell'eletto, di diventare Governatore.
Il Governatore, nel senso immaginifico della parola, è la persona che investita di un problema, lo risolve; investita di un compito, lo analizza e propone le soluzioni. Qui, il compito del Governatore era far fronte ai problemi del Piemonte, da un lato, descrivendoli e scegliendo, all'interno di una descrizione, quelli più importanti da risolvere e, dall'altro lato indicare il modo nel quale risolverli.
Presidente e Governatore, questo non c'è, perché questo documento è molto sovrastrutturale: parla anche di metodo quando lei dice: "Aiutatemi tutti: maggioranza e opposizione"; parla di rapporti tra politica in astratto ed economia; parla di rapporto tra istituzione e istituzione, ma non nomina i problemi, gli obiettivi e la modalità per risolverli. Pone questioni di comportamento: "Sarò bravo, sarò equo, farò alla svelta, sar coraggioso". Per carità, va bene, ma i problemi del Piemonte dove sono? In questo senso - poi, chissà perché lei ha fatto questo - reputo questo inizio non moderato, ma modesto, dal punto di vista programmatico perché non si individuano i veri problemi del Piemonte. Un inizio anche noi possiamo guardarci negli occhi e sappiamo la verità; gli elettori ne sanno una parte, ma noi la sappiamo tutta e ci viene da sorridere quando lei dice in quest'aula - alla televisione forse farà miglior figura - di promettere di essere veloce, quando per cinque anni è stato a capo di una Giunta - e ci porti, per favore, la prossima volta, i dati - che in termini di velocità ha battuto all'indietro le tartarughe, non avendo approvato il Piano regionale di sviluppo, il Piano dell'assistenza, il Piano dei trasporti, il Piano di riordino dei Parchi, e così via.
Ci viene da sorridere pensando che i suoi Uffici, per cinque anni hanno fatto aspettare ai cittadini i pareri sui beni ambientali (mi dica lei in media quanto), che i Comuni hanno aspettato l'approvazione dei Piani regolatori (mi dica lei quanto tempo), e via dicendo. Parlare di velocità: tanti auguri! Speriamo che ce la faccia questa volta, perché fino ad ora proprio non se ne parla! Sull'equità: velo pietoso. Ricorda quei due imprenditori che incautamente sono venuti da lei, le hanno organizzato il Salone della formazione e lei, equamente, non li ha mai pagati e sono falliti? In quest'aula abbiamo almeno il vantaggio di venire a conoscenza di questi fatti, che fuori non si riverberano, ma la realtà è questa.
Le esprimo, Presidente, il punto di vista del mio Gruppo: in Piemonte vi sono alcuni problemi sui quali la vorremmo impegnare. Il primo riguarda il lavoro - lo ricordava anche il collega Papandrea - e anch'io ho riletto più volte la sua comunicazione, perché non credevo che questo tema non fosse preso in considerazione.
Il primo problema da affrontare è il lavoro, il lavoro che non c'è per i giovani, il lavoro che viene a mancare per i meno giovani, che lo perdono in conseguenza delle ristrutturazioni industriali che sono in corso.
Chiediamo che il problema lavoro venga inserito come primo punto di ordine programmatico: quali investimenti e quali scelte fare per creare lavoro.
Il secondo grande problema del Piemonte è relativo all'ambiente e, in particolare, alla fragilità del suolo piemontese che, come sappiamo, è già stato interessato per oltre il 90% da danni e lutti gravissimi.
Questo è un altro settore che avremmo voluto vedere al primo posto all'interno del suo programma, perché da questo doppio abbinamento - lavoro e ambiente - riteniamo ci sia la chiave per risolvere molti problemi del Piemonte, compreso quello della competitività. La competitività - lo ricordava il collega Marcenaro, e sono d'accordo anch'io - oggi si misura sicuramente in termini micro (impresa per impresa, azienda per azienda), ma si misura soprattutto a livello di territorio, dal punto di vista della sua capacità e della sua qualità.
Signor Presidente, in tutto il suo programma non c'è questa indicazione di scelte programmatiche.
Vi è poi il grande capitolo dei servizi, nel quale la sanità è una parte già "federata", alle soglie, cioè, del federalismo.
Dentro il capitolo sanità, di cui non viene fatto cenno, la responsabilità della Regione Piemonte è stata rilevante anche in termini di spesa, perché la Regione Piemonte ha contribuito, insieme a tante altre Regioni, a far sì che la coerenza tra la spesa regionale e la compatibilità dello spesa generale dello Stato uscisse dai parametri di spesa fissati.
Su questo lei non ha detto una parola. Avesse almeno chiarito, fuori dalla campagna elettorale, i termini reali del deficit che avete prodotto in questi cinque anni. Erano 3000, erano 2000? Ce lo dica lei. Di fronte al deficit sanitario e di fronte al fatto che, a causa di tale deficit, tutti gli indici di gradimento ed efficienza della sanità non sono migliorati lei poteva - io dico doveva - spendere almeno una parola.
Sul tema delle infrastrutture, Presidente, sollevo un problema a 360 gradi. Oggi le infrastrutture vengono considerate un po' a senso unico ed in modo parziale.
Quando si parla di infrastrutture - lei le ha citate nella sua relazione e poi ha enucleato la struttura del Mercantour - l'opinione corrente attribuisce a questa parola il significato di grandi infrastrutture viarie, ferroviarie e autostradali. E quando si indica la necessità di una politica che metta in grado la Regione Piemonte di competere sulla scena nazionale ed internazionale, lo si fa alludendo a quel tipo di infrastrutture.
Questo ragionamento, Presidente, è un ragionamento che lei ha più volte proposto in quest'aula e sul quale, in questi cinque anni, ha trovato quasi sempre, forse sempre, delle maggioranze straripanti, che ho avuto modo di segnalare.
Sul discorso: quali investimenti effettuare in Piemonte per risolvere sia i problemi della competitività sia i problemi della produzione, quindi della creazione di posti di lavoro, io spero che in questi prossimi cinque anni noi, come coalizione che ha perso le elezioni, saremo in grado di proporle un progetto di sviluppo che sappia differenziarsi da quanto lei ha sostenuto negli anni passati e continua a sostenere ancora oggi.
Penso che, almeno da parte di questa coalizione, sia necessario approfondire il problema dello sviluppo e delle infrastrutture, perch ritengo che le infrastrutture materiali, di cui è molto ricco il Piemonte possano essere infrastrutture sulle quali dedicare ancora parte del nostro progetto e dei nostri investimenti; ritengo anche che il grosso del progetto e degli investimenti sia l'elemento di qualità, che può far trasformare il Piemonte da regione in crisi e di confine a regione capace a pieno titolo, di risollevare la propria economia, investendo nelle infrastrutture immateriali.
L'unica infrastruttura materiale sulla quale penso occorra cambiare marcia è quella del suolo sicuro, in tutti i suoi aspetti; un grande investimento materiale nella ridefinizione di un sistema di sicurezza del suolo, e poi potenziare le infrastrutture immateriali, prima fra tutte quella della formazione professionale per chi deve accedere al lavoro e per chi il lavoro l'ha perso. Un ruolo che la Regione Piemonte ha già centinaia di miliardi spesi e spesi malamente, senza un collegamento tra la spesa e i benefici; sono le infrastrutture immateriali delle ricerche scientifiche di cui il Piemonte e la città di Torino sono ricchi e che vengono depauperate da politiche che sottraggono queste capacità e realtà scientifiche piemontesi al loro territorio.
Queste sono le infrastrutture che penso debbano essere messe all'ordine del giorno; questo è quanto cercherò di fare con il mio piccolo contributo.
Queste sono le linee programmatiche che noi le proponiamo di valutare di assumere e discutere con noi.
Termino perché non voglio utilizzare i 25 minuti a mia disposizione anche perché so che ci sono state delle rinunce da parte di altri colleghi.
Segnalo solo, se il Presidente Ghigo vorrà rispondere, che a fronte di questa velocità, equità e coraggio, ho letto sui giornali che lei ha preso una decisione che ha suscitato malumore - l'ha dichiarato lei il 5 giugno a Il Sole 24 ore - che è la nomina del Consigliere Scanderebech quale Assessore all'agricoltura. Se vuole, leggo la sua intervista a Il Sole 24 ore del 5/06/2000: "E' vero - ammette il Presidente Ghigo - che la scelta di Deodato Scanderebech come Assessore all'Agricoltura ha suscitato qualche malumore, ma vorremmo che, prima di giudicare il nuovo Assessore, lo si lasciasse lavorare: potrebbero esserci sorprese positive". Ho letto inoltre su La Stampa del 30/05 il seguente articolo, in cui è scritto: "Non c'è nessun Assessore vercellese nella nuova Giunta regionale di Enzo Ghigo, ma fra sei mesi il nuovo Assessore all'agricoltura, Deodato Scanderebech, si dimetterà per candidarsi alle politiche e gli subentrerà Luca Pedrale", che è intervenuto poco fa. Luca Pedrale dice: "Naturalmente mi metterò a disposizione dell'intera comunità provinciale, non soltanto dei miei elettori, anche quando sarò nominato, fra sei mesi, Assessore all'Agricoltura".
Presidente, dato che in quest'aula dobbiamo dirci le cose come stanno mentre fuori possiamo dire ciò che vogliamo, chiedo se queste notizie corrispondano al vero, perché mi chiedo come possa il povero Assessore Scanderebech, in sei mesi, essere messo alla prova; anzi, se sa già che fra sei mesi se ne andrà, riesce difficile credere alle cose che abbiamo letto.
Presidente, vorremmo che, per cortesia, ci desse qualche spiegazione in merito.
L'ultima battuta è per il Presidente del Consiglio, che nel suo discorso di insediamento - andate a rileggerlo, compresi i colleghi della Lega - dopo aver detto che è mancata in questo Consiglio la presenza di una forza politica in grado di coagulare le istanze più vere di libertà, ha aggiunto che il quadro delle forze politiche è cambiato: oggi abbiamo al Governo regionale la presenza di una forza che si è sempre battuta per il federalismo.
Presidente Cota, spero che se riflettesse e dovesse tornare indietro non ripeterebbe frasi di questo genere come nostro Presidente e come Presidente di tutti. Lei è espressione di un partito, come molti di noi nessuno nega questa nostra appartenenza. Quando si hanno, tuttavia, cariche istituzionali che devono essere riconoscibili da parte di tutti come super partes, perché se così non è, la gestione diventa difficile, penso che giustamente, tra le opposizioni - tra le righe, anche da parte della maggioranza - dovrebbero esserci delle prese di posizione affinch affermazioni come le sue non si ripetano.
Lei sia il Presidente di tutti. Sappia che oggi riveste questo incarico importante che la condiziona. Quando si diventa anche solo Presidente di Commissione, lo si deve essere sempre al massimo livello. Quando si diventa Presidente di tutti, ci si deve scordare della parte politica che ci ha portato ad assumere questo ruolo.
Sono stato Presidente della Commissione cultura nella passata legislatura e mi sono sempre sforzato di farlo al meglio. Non so se ci sono sempre riuscito, ma, come Presidente della Commissione cultura, dovendo sbagliare - Ghiglia me ne darà atto - a volte tentavo, per restare nel giusto, di "sbagliare" verso la parte politicamente avversa. Come Presidente di Commissione, penso di essermi comportato in questo modo rispettando tale carica.
Faccia il Presidente, collega Cota, il Presidente di tutti, il Presidente di questo Consiglio. E' un incarico molto importante, un incarico che richiede molto equilibrio, molta equidistanza, e questo equilibrio e questa equidistanza hanno come condizione che lei sia il Presidente di tutti noi, non il Presidente proposto dalla Lega Nord quale Presidente di questo Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Chiezzi.
La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta colleghi Consiglieri, innanzitutto vorrei sottolineare un aspetto che fino a questo momento non è stato sottolineato, ovvero che il Presidente Ghigo non era obbligato, in questa sede, a presentare il suo programma e a discuterlo in Consiglio regionale.
Non lo dico polemicamente, ma lo dico perché è giusto che in questa sede una cosa non scontata passi invece per una cosa che scontata è, ed è quindi un segnale che fa capire quanto il Presidente di questa Regione tenga effettivamente al confronto non solo con la sua maggioranza, ma anche con il Consiglio regionale nella sua interezza.
Non è un aspetto di poco conto, ci tenevo in qualche modo a ribadirlo come tengo a sottolineare che il discorso programmatico del Presidente è stato, per noi del Centro Cristiano Democratico, un discorso da buon Presidente, perché ha toccato veramente tutti quei punti che, in qualche modo, avremmo voluto toccare noi in prima persona.
Abbiamo contribuito anche noi alla sua elezione, ma vorrei sottolineare alcuni aspetti che le rendono merito. Aver toccato la richiesta di autonomia in un rapporto federale, nel rispetto però dell'unità nazionale aver richiamato questo pericoloso distacco e questa distanza con il paese reale e con i cittadini, e al tempo stesso proporre una maggiore spinta propulsiva dell'istituzione ad occuparsi in particolar modo di una maggiore coesione sociale, quindi ad occuparsi anche degli ultimi; l'importanza sottolineata della credibilità del nostro Paese e, dall'altra parte, aver rimarcato che esiste ancora una figura forte, oggi rappresentata dal Presidente della Repubblica e da miriadi di amministrazioni locali e regionali, che invece questa credibilità ce l'hanno ancora, così come si avverte dal rapporto che i cittadini hanno con queste istituzioni; ancora l'appello fatto nel momento in cui il Presidente dice: "Quando saremo in grado, nel rispetto di tutte le posizioni politiche e delle diverse opinioni, di assumere una decisione, i cittadini non potranno che avere rispetto e considerazione del nostro lavoro", sono tutti segnali di grande rispetto e democrazia nei confronti di questo Consiglio regionale, non solo nei confronti della sua maggioranza, ma anche dell'opposizione.
Per finire, richiamo l'appello al ruolo corretto della politica rispetto all'economia, un aspetto che ho lasciato per ultimo, perché per noi del Centro Cristiano Democratico è particolarmente caro. Si tratta di un motivo citato quando si parla del rischio dell'egoismo e della necessità che contrastare questo rischio diventi una regola, una regola che valga per tutti.
Per la mia esperienza politica di un moderato, un'esperienza democratico-cristiana, non so se avrei fatto di meglio. Anche se fossi stato aiutato, non sarei riuscito a sintetizzare così bene quel pensiero che noi comunque avremmo voluto esprimere in quest'aula, perché tracciare il difficile sentiero del centro, dell'equilibrio, è apparentemente facile ma farlo effettivamente e, devo dire, anche con il buon senso che trapela dalla lettura dell'intervento, non è così scontato. Per queste ragioni sono molto soddisfatto.
Di fronte alla delusione dei colleghi Papandrea e Chiezzi, emerge in questo momento una grande soddisfazione da parte del Centro Cristiano Democratico.
Andiamo a guardare, però, se esiste qualche preoccupazione legittima se esiste qualche preoccupazione rispetto alle parole del Presidente, per capire come potremmo in qualche modo arginarla. Glielo dico, Presidente con la chiarezza che ha sempre contraddistinto i nostri rapporti e i miei interventi in quest'aula.
La prima preoccupazione può sembrare paradossale, ma per conto nostro non lo è, ed è questa maggioranza "bulgara" che si presenta oggi ad un dibattito democraticamente in quest'aula: una maggioranza di quaranta Consiglieri su sessanta.
Se mi consente, e lo dico per primo, vorrei che questa maggioranza andasse avanti con l'umiltà di tutti di ascoltare tutti. Ripeto, con l'umiltà e vorrei evitare - lo dico per primo - passi troppo frettolosi passi arroganti che fino adesso non ci sono stati, ma proprio perché non ci sono stati vorrei in qualche modo che questi si evitassero. E il gesto che ha fatto lei oggi, nel portare il suo programma al dibattito di quest'aula penso che sia nella direzione giusta.
Ma c'è un secondo aspetto che comunque è collegato al primo ed è che in questa maggioranza a noi farebbe estremo piacere - e lo dico con un tono probabilmente un po' eufemistico - che si potesse dare voce veramente a tutte le componenti e che qualcuno, anche se numericamente più forte, non fosse egemone di questa maggioranza. Altrimenti, le accuse che il Presidente ha fatto nella sua relazione nei confronti dell'egemonia diessina dall'altra parte, diventerebbero probabilmente una battuta che non ha rispondenza poi nella realtà dei fatti.
Vorrei dire allora al Presidente, ma lo dico per la funzione che oggi ha, che è molto diversa da quella che ha avuto nei cinque anni precedenti: signor Presidente, non esiste un partito unico del centrodestra. Qualcuno dice che c'è una Casa delle libertà, per quel che mi riguarda ci sono molte componenti all'interno di un'area moderata e di destra che sta per appropinquarsi a governare la Regione per i prossimi cinque anni, e il Presidente nella sua nuova veste deve essere il garante di questi quaranta Consiglieri regionali, ma soprattutto deve essere il garante di tutte le aree culturali che sono presenti in questa maggioranza. Lo dico perch questa maggioranza in qualche modo sia più forte e possa confrontarsi sempre anche con l'opposizione così come sta facendo in questa riunione oggi.
Io ho letto con attenzione l'intervento che il Presidente ha fatto questa mattina e condivido le linee strategiche che ha voluto individuare.
Queste le ha individuate, lo ha detto con molta chiarezza, in un'ottica che parte da una spinta federalista. Devo dire che con una soddisfazione quasi fanciullesca ho appreso che il Presidente Clinton ha parlato anche di noi come esempio e questo mi ha reso un po' più soddisfatto ed orgoglioso. Sarà una soddisfazione probabilmente da bambini, ma ritengo che sia un segnale che fa capire che siamo sulla strada giusta. D'altronde arriva non da un personaggio a caso.
Se è vero che noi dobbiamo andare verso un'ottica federalista, verso quel principio di sussidiarietà in cui noi come area moderata, come area democratica e cristiana, abbiamo sempre creduto, noi vorremmo farlo dando il nostro contributo e possibilmente cercando di essere ascoltati.
Noi abbiamo un punto fondamentale che poi qui si è concretizzato con grande soddisfazione da parte nostra nella creazione di un Assessorato alle politiche sociali e della famiglia che insieme ad un Assessorato che si è occupato nel territorio in un'ottica legata alla famiglia come noi volevamo, ritengo che possa essere veramente di grande riferimento per il futuro della nostra Regione. La famiglia è per noi il nucleo centrale da cui partire per qualsiasi programmazione politica, senza ovviamente dimenticare che nei cinque anni precedenti ci sono state comunque già delle grandi dimostrazioni in questo senso.
Non voglio citare in particolare qualcuno, ma faccio riferimento al mio amico Giampiero Leo, all'Assessorato alla cultura, che ha dimostrato né più né meno quello che è stato detto dal Presidente nel suo intervento e quello che ha detto in prospettiva. Quindi, l'aver riconfermato questa importante delega nei confronti di questo Assessore è la testimonianza di un'apertura e di quanto diceva il Presidente nel suo intervento iniziale questa mattina.
Vorrei chiudere dicendo che noi siamo e saremo leali e coerenti.
Innanzitutto saremo leali e coerenti con i cittadini, ma anche con lei Presidente, se rispetterà nella giusta proporzione - non vogliamo nulla di più - anche le nostre istanze, che riteniamo ovviamente legittime.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Di Benedetto; ne ha facoltà.



PRESIDENTE

DI BENEDETTO Alessandro



PRESIDENTE

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Piemonte è da sempre laboratorio di grandi progetti ideali. Gli uomini e le donne piemontesi sono orgogliosi delle proprie tradizioni e dei valori morali politici dell'antifascismo, la cultura del lavoro, lo spirito dell'intraprendenza la capacità solidaristica e di accoglienza nei confronti di chi è venuto da altre Regioni e da altri Paesi, l'integrazione dei soggetti deboli attraverso anche il lavoro.
Il Piemonte è Regione di grandi statisti, da Cavour a Einaudi, ma soprattutto è la Regione del Beato Cottolengo, dei ragazzi di Don Orione della Scuola di Don Bosco, dell'impegno di Don Ciotti, dell'Arsenale della Pace di Olivero. Una Regione con questi padri non può certo avere come figli le "giovani marmotte".
Dico questo perché ho troppo rispetto per le istituzioni e non posso certo accettare che chi rappresenta il Consiglio regionale Piemontese venga definito sui giornali, da A.N., una "giovane marmotta".
E' difficile certo distinguere l'agire di una persona quando ricopre sia un incarico istituzionale che un ruolo di partito. Il Presidente del Consiglio regionale rappresenta l'intero Consiglio e non la Lega Nord. E come recita il nostro Regolamento, anche i rapporti con gli altri Consigli regionali e non con il carnevalesco parlamento della Padania. Non sono certo compìto e nemmeno mi interessa se i leghisti andranno a battezzarsi lungo le rive del fiume Po, quello che mi interessa è sottolineare che questo spiacevole episodio è il secondo dopo l'insediamento del Consiglio Regionale.
Come Consigliere Segretario non ho abbandonato la Presidenza per rispetto del Consiglio, chiedo lo stesso rispetto al Presidente quando occupa un ruolo che lo pone al di sopra delle parti, al servizio dell'istituzione. Il Presidente è arbitro, non può svolgere questo ruolo indossando la maglia di una delle squadre in campo.
Dal sito Internet della Lega Nord ho scaricato un interessante articolo sulla devolution - quella vera - di Gianfranco Bellingeri in cui si affermava: "Imponiamo le regole e i tempi della devolution, obbligando la Presidenza ad effettuare tutto quanto concerne tale materia".
Imporre ed obbligare: sono queste le parole chiave che hanno sancito l'accordo elettorale del Polo e della Lega.
Presidente, il discorso da lei tenuto questa mattina conteneva una difesa calorosa della Lega: non deve convincere noi, ma la sua stessa maggioranza. Lei ha parlato di Federalismo equilibrato, mentre, fino ad oggi, si è limitato a fare l'equilibrista fra i litigi della sua maggioranza. Nel suo intervento sosteneva di voler affermare lo stesso stile della passata Giunta: spero di no! Non se lo augura nemmeno la Procura della Repubblica. La velocità a cui faceva riferimento questa mattina, nella passata legislatura le ha procurato numerosi incidenti e i danni, come sempre, li hanno pagati i cittadini.
Presidente, dobbiamo prima capire chi è il nostro interlocutore e dove si discuterà il futuro della nostra Regione: alle riunioni romane di Forza Italia, com'è successo per il problema degli Assessori? Al Parlamento della Padania? Nell'aula di questo Consiglio? Questa è la mia prima esperienza di Consigliere regionale, auguro di non dover assistere a sostituzioni di Assessori dettate non da esigenze tecniche o politiche, ma, purtroppo, da indagini giudiziarie.
Ho subito aderito come democratico all'Osservatorio europeo sulla legalità, perché la questione morale, la trasparenza e la legalità non sono solo valori di un singolo partito o schieramento, ma condizioni prepolitiche che devono essere patrimonio di tutti. Se così non fosse non ci troveremo di fronte alle Giovani Marmotte, ma alla Banda Bassotti.
Presidente, l'idea del federalismo è condivisa, ma occorre ora chiarire quale federalismo e quale devolution. In un film con Massimo Troisi e Roberto Benigni un doganiere chiedeva loro: "Chi siete? Cosa volete? Dove andate?". Io vi chiedo: Chi siete? Gli statalisti di AN o i separatisti della Lega? Cosa volete? Cosa volete fare per il Piemonte dopo avere occupato tutte le poltrone per dissetare la vostra sete di potere? Dove andate? Verso Arcore, Pontida o dove? Se le risposte non arrivassero in tempi brevi ho paura che il destino del nostro Piemonte coinciderà con il titolo di quel film che prima citavo: "Non ci resta che piangere".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Deorsola, ne ha facoltà.



DEORSOLA Sergio

Signor Presidente del Consiglio, colleghi Consiglieri, la legislatura che abbiamo appena iniziato è stata definita, da più parti, costituente. Un giudizio che condivido perché, in questi lunghi mesi, sono emersi due fatti nuovi ed estremamente significativi. Il primo è di carattere istituzionale: l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale con una legge che abbiamo condiviso come CDU-PPE. Anche se questa legge ha lasciato, per la fretta, qualche aspetto irrisolto (la "vicenda" della Giunta delle elezioni ne è una riprova) va in una direzione che condividiamo.
Il secondo è un dato politico ed è rappresentato dal superamento del Polo, perché, attraverso un'intesa tra i partiti che costituivano il Polo la Lega Nord e il CDU-PPE - si è dato origine ad un soggetto politico, non ad un partito unico del centrodestra, ma ad un'area politica. Un'area più vasta rispetto a quella originaria del Polo, un'area politica che ha riportato il successo non solo in Piemonte, ma nel nord e in significative regioni d'Italia. La costituzione della Casa della libertà è stata un'operazione finalizzata per recuperare il consenso dei cittadini: infatti il Presidente Ghigo, nel suo intervento, ha affermato la necessità di recuperare questa esigenza, condivisa da tutti (non solo da noi del centrodestra, ma dalla totalità delle forze politiche). Il recupero del consenso dei cittadini è una delle questioni fondamentali per fare in modo che nel nostro paese permanga un dato politico, un dato di democrazia, un dato di condivisione delle scelte che vengono fatte e che poi ricadono sui cittadini. E' stato premiato nel sentire della popolazione, dei cittadini piemontesi il programma della Casa della libertà, un programma che ha come punti di riferimento quelli del liberismo solidale, non fine a se stesso, e regole basate sull'attenzione della posizioni dei più deboli. Chi, come noi, appartiene ad una tradizione democratica-cristiana non può che apprezzare quest'elemento di solidarietà.
Un secondo riferimento importante del programma è stato quello dell'identità regionale, del federalismo, inteso non come momento di separazione ma come momento d'identità, di diversità, da ricomprendersi in un quadro complessivo della nazione Italia e del sistema Europa. Il federalismo non può non collegarsi con il problema della globalizzazione: l'identità regionale, nazionale ed europea vengono messe in discussione e sfidate dalla globalizzazione.
Ormai, quella della globalizzazione è una scelta fatta - non dal sistema Piemonte, dal sistema Italia - e non si può tornare indietro: non perché non sia possibile, ma sarebbe un disastro, poiché perderemmo tutti i livelli che siamo abituati ad avere. Occorre capire la globalizzazione. Non è una scelta che reca, automaticamente, benefici al nostro paese, ma è un'occasione, un'opportunità da sostenere con scelte chiare. Per quanto riguarda il nostro Piemonte, nel programma della Casa delle libertà tali scelte sono state individuate, e desidero brevemente richiamarle.
In primo luogo, la semplificazione e sburocratizzazione del rapporto tra cittadini e istituzioni. Pensiamo alle difficoltà che ancora adesso hanno le medie e piccole imprese ad affrontare quest'ambito ampio della globalizzazione, o alle difficoltà nei rapporti tra cittadini e istituzioni. Non a caso comincio dai dati della semplificazione e sburocratizzazione, perché sono dati che costano nulla o poco.
Nel programma esistono altri punti qualificanti: mi riferisco alla necessità dichiarata di conoscere e avere tempi e regole compatibili con gli altri partner. Se non avessimo tempi e regole compatibili metteremmo in discussione la possibilità di competizione, per il nostro sistema Piemonte con gli altri partner. Anche questa è una scelta che non ha particolari costi in termini quantitativi.
Pensiamo alla formazione professionale di alto livello in ogni ambito.
E' un tema già richiamato anche da forze politiche che, qui in Consiglio non fanno parte della maggioranza. La formazione professionale è uno dei punti di riferimento base per lo sviluppo diversificato del nostro Piemonte. E' una scelta, questa, che comincia ad avere dei costi, ma sono risorse che già si ritrovano nella nostra disponibilità di spesa.
Sono inoltre convinto - nell'ottica della globalizzazione e diversificazione - che debbano essere messe a disposizione del nostro sistema produttivo infrastrutture che permettano di fare la differenza: il che non vuol dire soltanto che il nostro sistema produttivo non deve essere penalizzato dalla mancanza di infrastrutture "fisiche" (penso alle autostrade, agli aeroporti), ma che non deve neanche mancare di infrastrutture "immateriali". Mi riferisco alle famose reti informatiche indispensabili per restare all'altezza della situazione, per non essere penalizzati rispetto ad altri sistemi.
Sono questi i punti fondamentali del programma della Casa della libertà, punti che abbiamo contribuito a scrivere e che sentitamente condividiamo.
Il Presidente Ghigo ha parlato di "decisioni veloci, eque e coraggiose", esprimendo anche delle sue valutazioni sul lavoro della passata legislatura. Sostanzialmente, credo che le decisioni assunte nella passata legislatura siano state eque. Non sempre, però, sono state veloci e, spesso, non coraggiose. Penso all'incontro del gennaio 1999 fra la Regione, la Provincia di Torino, diversi Comuni e il Ministro Bassolino. Ho già richiamato, sotto altra veste e in un modo da qualcuno ritenuto "irrituale", lo scarso coraggio manifestato in quell'occasione, che port successivamente, all'inadempimento di alcuni impegni sottoscritti, appunto proprio in quella circostanza.
Perciò, Presidente, concordo con lei: in questa nuova legislatura, con le mutate condizioni istituzionali e politiche, occorre avere più coraggio di quanto non ne abbiamo avuto prima, di quanto non ne abbia avuto lei Presidente Ghigo.
Presidente, noi siamo, come eravamo nella passata legislatura, a sostegno di quel coraggio. Crediamo e vogliamo essere oggi al suo fianco più coraggiosi, per avviarci verso una strada che non sia quella timida e tardiva seguita per i provvedimenti Bassanini.
Oggi la situazione, ripeto, è cambiata, sia dal punto di vista istituzionale che politico. Il Presidente Ghigo ha la diretta investitura da parte dei cittadini, un'investitura che nella passata legislatura avremmo comunque confermato noi. Dobbiamo prendere atto di ciò. Quella del Presidente è un'investitura che anche noi, come CDU - PPE, abbiamo contribuito a realizzare.
Credo che le forze politiche, ed essenzialmente le forze politiche di maggioranza, debbano essere garanti della realizzazione del progetto politico e del programma che non solo hanno contribuito a realizzare, a proporre, che è il programma che ha avuto il consenso della maggioranza assoluta dei cittadini.
Anche noi siamo convinti che una stagione politica nuova possa aprirsi nel nostro Piemonte, dove la solidità numerica della maggioranza pu permettere di guardare con maggiore serenità alla ricchezza propositiva presente al suo interno.
Come ho detto all'inizio del mio intervento, la Casa delle libertà non è il partito unico del centrodestra, è un'area articolata. Per questo credo che l'intelligenza politica dei diversi partner farà sì che tutte le varie forze possano avere pari dignità di proposta politica tenendo conto ovviamente, del contributo numerico portato con sé da ogni forza.
La solidità numerica della maggioranza permetterà di valorizzare le straordinarie risorse della società civile piemontese: penso al volontariato, alla piccola e media industria, al mondo giovanile.
L'obiettivo è uno Statuto che deve essere modificato e che recepisca un dato di forte federalismo che, attraverso la devoluzione di competenze oggi dello Stato, permetta di affrontare, con una fondata possibilità di successo, le impegnative sfide che ci attendono.
Credo che questo obiettivo sia concreto. Il nostro impegno, come CDU PPE, è che tale obiettivo si possa realizzare già durante questa legislatura.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Salerno.



SALERNO Roberto

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, intervengo solo per fare una riflessione sul dibattito generale, nel quale però non vedo e non riesco a recepire alcuna riflessione sul risultato elettorale del 16 aprile.
Mi pare che sia passato un po' sotto traccia il fatto che il 16 aprile ci sia stato un verdetto politico, che non ha nulla a che vedere con una consultazione tipicamente locale, che ha premiato un governo di centrodestra per la Regione Piemonte e ha definitivamente bocciato una sinistra che governa il Paese da quattro anni, vedendo tramontare definitivamente un progetto politico.
Penso che il 16 aprile abbia avuto fortemente questo significato: consegnare all'opinione pubblica una bocciatura grave di questi quattro anni e mezzo di governo nazionale del centrosinistra. Mi stupisce che il collega Chiezzi si riferisce alla passata legislatura in termini così negativi. E' vero che siamo stati talvolta lenti, ma bisogna ricordare che molte volte questa lentezza è stata determinata non da una opposizione costruttiva e, se vogliamo, gradevole, ma da una opposizione strumentale.
Ricordo le volte in cui veniva chiesto il numero legale a distanza di dieci minuti, un quarto d'ora dalla richiesta precedente, lasciandovi il lusso di stare seduti lì dove siete e dichiarandovi assenti dall'aula.
Spero che il nuovo Presidente svolga in maniera diversa questo compito.
Nella passata legislatura la maggioranza di centrodestra ha portato a casa importantissimi provvedimenti per il Piemonte: il Testo Unico sull'artigianato; il Piano Sanitario regionale, che ha definitivamente aziendalizzato il sistema sanitario regionale, moralizzandolo e portando trasparenza al suo interno; la riforma urbanistica (l'art. 17 della legge 56); la legge sulla caccia e sulla montagna, e così via.
Mi stupisce che il Consigliere Chiezzi parli della sanità dal momento che la sanità è stata gradita nella sua efficienza, nella sua completezza e nella sua manifestazione sul territorio con l'aziendalizzazione. Mi stupisce anche perché abbiamo definitivamente avuto il riscontro dei piemontesi: questa sanità ha curato di più, ha curato meglio e ha curato con meno soldi di tante altre regioni.
Caro Consigliere Chiezzi, cito il caso di una regione di sinistra, che gode di un trasferimento del Piano sanitario regionale alla regione di ben circa 300 mila lire pro capite in più. Il Piemonte ha curato di più e ha curato meglio, con una quota pro capite di trasferimento dal fondo sanitario nazionale. Noi siamo circa a 1 milione e 900 mila a testa, contro la quota pro capite dell'Emilia Romagna, pari a circa 2 milioni e 100 mila.
Siamo a oltre 200 mila lire in più pro capite, quindi con meno trasferimenti di alcune regioni, guarda caso, più privilegiate. Abbiamo curato di più e meglio! Mi stupisce, Consigliere Chiezzi, che riprende un argomento perdente.
Durante la campagna elettorale, per cercare di essere meno propagandistico e più tecnico, in alcuni incontri avevo verificato dei dati che sono allarmanti, non soltanto per un centrodestra politico, ma per tutti i cittadini e per tutto l'elettorato.
Se qualcuno di voi naviga in Internet e accede al sito Ministero Bilancio e Finanze dello Stato - non è un dato che arriva da Alleanza Nazionale - vede quali sono i dati tra il 1996 e il 1999 (il PIL, il debito pubblico e la pressione fiscale) e si accorge che, dopo quattro anni di governo di centrosinistra, se nel 1996 il debito pubblico era di 2 milioni 150 mila miliardi, nel 1999 era di 2 milioni 400 mila miliardi: ci ha regalato 300 miliardi in più di debito pubblico! Il famose tumore dell'economia, durante i quattro anni di governo del centrosinistra, è aumentato di 300 mila miliardi. Scopriamo che abbiamo più disoccupati a fine '99 che nel '96 e se agli occupati dichiarati sottraiamo i famosi occupati per i lavori socialmente utili, registriamo un drammatico incremento della disoccupazione. Dopo quattro anni, il dato dell'occupazione è drammaticamente sceso, senza contare che il PIL, il famoso prodotto interno lordo, cresce, all'interno dell'Unione Europea, in maniera inferiore alla media di tutti i quindici Paesi europei: abbiamo un record negativo. Nel tempo stesso, la pressione fiscale è la più alta di tutti i Paesi europei.
Ricordo il riferimento fatto da un collega dei DS sull'ingresso dell'Italia in Europa avvenuto grazie al governo di centrosinistra. In realtà, questo Paese, dopo anni di governo del centrosinistra, è estremamente più debole. I cartelli e i grandi manifesti propagandistici del centrosinistra, in particolare quelli del DS, affermavano: "L'Italia oggi è più forte". E' esattamente il contrario: l'Italia oggi è un Paese estremamente e drammaticamente più debole di quattro anni fa.
Avevo fornito dei dati del Ministero e dell'Istat, quindi non di parte consultateli anche voi e ve ne renderete conto. E' un verdetto che boccia un centrosinistra lontano dai problemi della gente. Sentivo prima alcuni riferimenti che ha fatto il collega Papandrea sulle operazioni Olivetti e FIAT. Troppo spesso questa sinistra ha taciuto ciò che succedeva veramente nelle grandi aziende assistite dal Governo e dallo Stato: quel famoso capitalismo che privatizza gli utili e socializza le perdite.
Ricordo quando l'Olivetti di Carlo De Benedetti, molto vicino all'area di sinistra, protetto da questa sinistra di governo e sindacale, in realtà gonfiava a dismisura la sua azienda, senza realmente strumentalizzarla e dotarla internamente, per poi far pagare ai lavoratori il prezzo altissimo che stiamo pagando adesso, liquidando così interi patrimoni di professionalità, di competenze e di lavoro.
Sull'operazione FIAT-General Motors questa sinistra non dice una parola sulla più grande operazione non europea, ma mondiale di trasferimento di capitale e di proprietà azionaria di uno dei più grandi complessi industriali europei, questa sinistra non ha detto una parola.
Mi stupisce che il Consigliere Papandrea venga qui e dica: "Lo vediamo adesso". Ma dove eravate? In televisione, ho visto alcuni dibattiti condotti da Santoro con vari esponenti della sinistra (Mussi, Veltroni) che parlavano dei cinquecento licenziati della Good Year di Milano: cinque-sei ore di trasmissione, mentre in Rai1, Rai2, Rai3 e in tutti i vostri giornali non è stata fatta una parola sull'accordo FIAT-General Motors, che passa sulla pelle dei lavoratori e alla storia del Piemonte, il nostro Piemonte. Non una parola, un silenzio assoluto, un silenzio complice.



SALERNO Roberto

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



SALERNO Roberto

Ci provoca! La smetta! Sembra quasi che le dispiaccia che abbiamo perso.



SALERNO Roberto

Questo è stato ciò che vi ha portato ad essere bocciati elettoralmente.



SALERNO Roberto

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



SALERNO Roberto

Appunto, le dispiace?



SALERNO Roberto

Spero che il prossimo appuntamento per le politiche vi consegni il verdetto finale di incapacità. L'incapacità riguarda il non avere idee e il non avere gestito alcun tipo di cambiamento.
Mi ricordo quando fu affrontato il problema della rottamazione, che fu veramente l'unico provvedimento di impatto economico che fece subito il governo Prodi. Attraverso la rottamazione, voi sapete che tutti i settori industriali ed economici del Piemonte, e in tante altre parti d'Italia pagarono pesantemente, in termini di prosciugamento del loro fatturato, la loro produzione. Avete fatto la rottamazione per aggiustare i conti ovviamente, della più grande azienda italiana e poi avete taciuto sul grande trasferimento che la proprietà di questa azienda ha fatto.
Non ho visto il cambiamento, non ho visto la gestione di alcun tipo di cambiamento o di riforma. Ho visto soltanto alcuni decreti: il decreto Bindi, da una parte, e il decreto Berlinguer, dall'altra, che ha scatenato le piazze e ha messo in crisi interi settori sociali e professionali. Spero che questo bocci definitivamente un progetto politico che - è quel che credo - il centrosinistra oggi non abbia più e non sia più in grado di proporre in alcuna maniera.
La nostra coalizione ha meritato ampiamente il voto dato dai piemontesi e il successo: non siamo più 33 Consiglieri su 60, bensì 40 su 60, ed è l'espressione più significativa di ciò che ci si poteva augurare. E' una coalizione che ha all'interno non più soltanto il Polo delle Libertà, ma anche la Lega Nord; credo che il ruolo di Alleanza Nazionale possa definirsi - con CDU e CCD, ovviamente - di grande equilibrio, di fiducia e garanzia di continuità.
Non faccio alcun richiamo al discorso del Presidente, sul quale si è già soffermato il Capogruppo Ghiglia, ma semplicemente un piccolo richiamo al Presidente Cota. Parlo come Consigliere regionale di Alleanza Nazionale: abbiamo sicuramente necessità di autonomia, di decentramento amministrativo e - credo che su questo siamo pienamente d'accordo - dobbiamo decidere le politiche sociali regionali, decidere quando costruire una strada senza chiederlo al governo centrale, decidere quando inserire una tassazione o una fiscalità e quando diminuirne un'altra.
Ovviamente - qui parlo a titolo di Consigliere regionale di Alleanza Nazionale - riconosco una sola territorialità, che è quella nazionale, e un solo concetto, che è quello di sovranità nazionale.
Non riconosco sovranità regionale e credo che il discorso sia stato ampiamente discusso prima di iniziare insieme questo nuovo percorso in questa legislatura. Penso che i leader nazionali abbiano ampiamente chiarito e sottoscritto tutti gli accordi in reciproca fiducia, ma credo che questa puntualizzazione sia necessaria e che non arrivi soltanto da parte di Alleanza Nazionale. Cito un piccolo articolo comparso, tre giorni fa, sul quotidiano Il Foglio, quando l'Onorevole Berlusconi, leader della Casa delle Libertà, ha prudentemente e puntualmente detto: "Se in futuro dovesse nascere qualche tendenza, anche risibile, e un ritorno di fiamma indipendentista, sapremo come collocare queste tendenze al di fuori della Casa delle Libertà".
Naturalmente volevo soltanto chiarire e puntualizzare una posizione personale, credo condivisa anche dagli altri colleghi del mio Gruppo, e augurare buon lavoro a lei e alla Giunta regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Salerno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Signor Presidente della Giunta, ci permetterà di confessare il nostro disagio ad intervenire in questo dibattito, ma è un disagio non dovuto come lei e altri membri della Giunta potrebbero pensare, a ragioni di inesperienza. E' dovuto piuttosto all'impressione che c'è in me e in noi che si conferma con il passare delle settimane, di condividere una buona parte delle ragioni, delle speranze, degli interessi e dei bisogni che gli elettori hanno voluto esprimere tributandole un indubbio successo elettorale e, nello stesso tempo, di non condividere quasi nessuna delle sue scelte concrete della politica che la sua Giunta ha realizzato e che si accinge - temiamo - a realizzare senza alcuna soluzione di continuità con il passato.
Si tratta del disagio - mi perdoni la presunzione - di chi continua come me e come noi, a condividere le indicazioni di una parte consistente dei suoi elettori e che, proprio per questa ragione, si trova oggi, come si trovava in campagna elettorale, all'opposizione della sua Giunta e del suo progetto di governo.
Noi non ci vogliamo avventurare in interpretazioni scivolose delle ragioni o del senso del suo successo: ci trattiene sempre una ragione di prudenza, perché quando la politica diventa politologia diventa una politica perdente. Altra cosa è esaminare, ed è quanto vorremmo fare, la corrispondenza fra gli annunci della sua campagna elettorale, le promesse del suo programma di governo e le politiche che concretamente la sua Giunta, fino ad oggi, ha realizzato e si accinge - purtroppo, riteniamo - a realizzare.
Lei ci ha invitati ad essere concreti ed accolgo volentieri questo invito; su questa base, vorrei valutare le sue parole, i suoi impegni e la sua comunicazione di inizio legislatura.
Signor Presidente, il suo discorso di oggi è stato allusivo ed inconsistente proprio sul piano della concretezza e con qualche ambizione di troppo - me lo consenta - sul piano che lei ha definito, ambiziosamente programmatico-filosofico. Le sue parole d'ordine (velocità, coraggio ed equità) e le sue linee di indirizzo (internalizzazione, integrazione di sistema, diversificazione, infrastrutturazione, coesione sociale) potrebbero essere oggi sottoscritte da chiunque, dai suoi avversari come dai suoi alleati. Manca ad esse il concreto ancoraggio a scelte precise, a decisioni e, laddove sono necessari - e sono molto necessari - a cambiamenti di rotta.
Queste parole d'ordine esigono declinazioni concrete e non declamazioni retoriche. Facciamo conto - forse, sarebbe meglio dire: facciamo finta che questa concretezza ce la voglia riservare in una futura e prossima occasione. Proviamo a passare in rassegna con lei e con gli altri rappresentanti della Giunta ciò su cui vorremmo vederla impegnata e ciò su quanto vorremmo mettere alla prova la virtù riformatrice della sua azione di governo.
Lascerò da parte, non solo per problemi di tempo, i temi del federalismo. Non ho capito, ma probabilmente neppure lei l'ha ancora capito, se potrà muoversi verso l'obiettivo di un federalismo liberale o sarà costretto a virare e ad attestarsi lungo la strada di modelli di federalismo nazionale o nazionalistico.
Lei sa meglio di me che, per fare un esempio, il federalismo dei grandi Stati dell'unione e quello della Repubblica ex Jugoslava sono federalismi diversi, con differenze di fondo e non nominali.
Su questo punto, e avremo modo di scoprirlo molto presto, vorremmo che oltre alle sue sbandierate virtù di mediazione e moderazione, ne dimostrasse delle altre, e più preziose, di decisione e di fermezza politica.
Parliamo, dunque, delle politiche di governo e non delle riforme istituzionali, e partiamo dalle privatizzazioni, un tema su cui non è offensivo e strumentale chiamare alla prova un Governo che si definisce liberale e che sicuramente raccoglie i favori di un elettorato interessato a riforme nel senso della liberalizzazione economica.
Le privatizzazioni, anche quando si riferiscono ad un patrimonio di non eccessivo valore economico e finanziario, come quello delle aziende regionali o partecipate dalla Regione, hanno due ricadute virtuose indubitabili: in primo luogo, privatizzare libera la politica dall'incombenza di gestire cose che la politica non sa e non può gestire in modo efficiente, cioè le società di carattere economico che stanno sul mercato delle forniture dei beni e dei servizi.
Il secondo effetto virtuoso è che le privatizzazioni liberano settori economici spesso strategici (basti pensare a quelli da lei citati della nuova economia) dall'invadenza della politica, offrendo maggiori possibilità di crescita e di sviluppo.
Ebbene, nella sua maggioranza si sprecano le "dichiarazioni di principio" a favore di un Governo minimo, snello, efficiente e responsabile, ma le proposte e i meccanismi operativi di attuazione non sono quasi mai citati.
Di concreto c'è solo - ce lo consenta - che nessuno vuole "mollare l'osso", cioè l'insieme delle partecipazioni regionali che comprende società aeroportuali, autoporti, interporti, servizi fieristici, aziende termali, enti di formazione, aziende agricole e vitivinicole, nonché tutte le partecipazioni di Finpiemonte, la finanziaria regionale.
I dati parlano chiaro: lei non ha dismesso nessuna partecipazione. La sua strategia per gestire la galassia delle partecipazioni regionali è inesistente e ha operato un costante ripianamento del debito delle società partecipate senza alcuna discussione del ruolo e della presenza pubblica in esse. Ecco, su questo punto, ad esempio, avremmo voluto capire se ritiene ancora credibile che la Regione Piemonte sia proprietaria di aziende agricole e di terme, per allevare mucche o per attrezzare saune. Dalle sue parole, non lo abbiamo capito.
E passiamo alla sanità. Capisco che possa essere per lei penoso fare un bilancio dello stato della sanità regionale e a questo pensiamo si debba la sua dimenticanza di stamani.
Vogliamo lasciare perdere anche le polemiche sull'entità del deficit sanitario. Ci basta però pensare che in campagna elettorale neppure lei stesso e gli Uffici della Regione eravate in grado di quantificarlo. E' grave il "buco", Presidente, ma è ancora più grave l'origine e la natura del "buco", da una parte, e l'impossibilità di quantificarlo, dall'altra.
Lei vanta di avere esperienza di impresa; io penso che non avrebbe resistito molto alla testa di un'azienda ai cui azionisti, oltre a procurare perdite, non avesse neppure saputo indicare le ragini e l'entità di queste.
Quello che di certo sappiamo e risulta dagli atti pubblici anche divulgativi della sua Giunta è che, in conseguenza dell'esplosione della spesa corrente, gli investimenti nella sanità si sono ridotti a livelli minimi e sappiamo che il servizio non è certo entusiasmante.
Prendiamo due dati, anch'essi pubblici, pubblicati da Il Sole 24 Ore: "Il Piemonte è la regione in cui si fa più coda agli sportelli nel sistema sanitario nazionale delle regioni del nord; il 31,3% dei pazienti ha atteso più di 20 minuti, contro il 13% della Valle d'Aosta, il 26% della Lombardia", e via di questo passo.
"Il Piemonte, inoltre" - cosa ancora più grave - "è l'unica Regione del nord Italia ad avere un saldo passivo di mobilità sanitaria: coloro che "scappano" dalla sanità piemontese eccedono di 10.000 unità coloro che vengono attirati dalle nostre strutture sanitarie".
Questi sono dati pubblici, signor Presidente, pubblicati da Il Sole 24 Ore, su fonte del Ministero della sanità.
Noi, in campagna elettorale, abbiamo proposto una soluzione pragmatica che dovrebbe starle a cuore se non altro perché è sperimentata in una Regione - la Lombardia - che è Regione modello della sua coalizione. La chiave della riforma è la competizione fra strutture, possibile solo abolendo il regime degli accreditamenti e rendendo automaticamente fornitori del servizio sanitario nazionale le strutture private autorizzate che sono scelte dai cittadini in alternativa a quelle pubbliche.
I risultati di questa riforma in Lombardia sono controversi sul piano finanziario (risulta cioè un deficit crescente, che corrisponde ad una perdita di mercato della sanità pubblica, ma la sua Giunta in tema di deficit non ha da imparare nulla da nessuno), ma sono assolutamente straordinari sul piano dei servizi erogati e della ricaduta sul sistema economico.
Questo, tutti, anche lei e la sua Giunta, lo dimenticate.
La spesa sanitaria vale oggi qualcosa come il 5 o il 6% del PIL ed è destinata a crescere rapidissimamente verso il 10%. Assegnarla in monopolio, come rendita, al sistema pubblico non significa solo ridurre l'efficienza dei servizi sanitari, ma significa anche privare il mercato di una straordinaria occasione di sviluppo economico e occupazionale.
E giungiamo ad un altro nodo del suo programma, un nodo che non si scioglie, a quanto pare: quello della formazione.
Lei sa meglio di me che in Piemonte la spesa per formazione corrisponde allo 0,17% del PIL regionale, cioè addirittura meno della già bassa media nazionale: siamo dietro al fanalino di coda.Nella nostra Regione la spesa pubblica per la formazione sfiora appena le 140.000 lire pro capite (per individuo appartenente alla forza lavoro). Troppo poco, visto che nel Mezzogiorno italiano, in cui il sistema della formazione francamente non dovrebbe insegnare molto a molte regioni, si spendono 175.000 lire.In Piemonte c'è un grave deficit formativo che viene rivelato da dati peggiori delle medie nazionali. La Regione Piemonte ha profuso un impegno insufficiente nella spesa diretta di risorse proprie e soprattutto nella ricerca di risorse aggiuntive. In Piemonte l'85% della spesa formativa viene da Bruxelles o dal bilancio regionale, contro una media nazionale del 72% e di una media che giunge in alcune regioni, non proprio modello di governo liberale, come l'Emilia Romagna, a poco più del 50%.
In Emilia Romagna, regione - ripeto - di non straordinario modello liberale, si formano oltre 94.000 allievi all'anno in 2.984 corsi, ossia tre volte quelli che vengono formati in Piemonte.
Signor Presidente, noi stiamo tentando di dare il nostro contributo con una politica di cose, se possibile, ad una polisca di parole a cui temiamo si sia ridotto il dibattito in questo Consiglio.
Ed in questo caso, qual è la soluzione? E' la soluzione che dovrebbe esserle gradita, perché è qualcosa di analogo al meccanismo del "buono scuola" per l'istruzione elementare secondaria che lei, sulla scorta di un esempio lombardo (anche in questo caso), si è impegnato ad introdurre con i fondi del diritto allo studio. E' una riforma di sistema che attraverso il capovolgimento della disciplina vigente consente alla Regione di finanziare direttamente i beneficiari dei progetti formativi, lasciando che siano essi debitamente orientati a decidere come spendere il buono maturato.
E passiamo ai servizi per l'impiego e per il collocamento, che sono una prova esemplare di come un decentramento di funzioni, non solo a Costituzione invariata, ma anche a politiche invariate, produca prima illusioni e poi semplicemente disastri. La legge regionale di applicazione del Decreto Montecchi è un esempio straordinario di traduzione burocratica e assai poco innovativa di un modello di decentramento statalistico. Con il passaggio degli uffici di collocamento dalla competenza ministeriale a quella regionale per la programmazione e a quella provinciale per la gestione, si è ottenuto, come solo risultato, quello di procedere ad una enorme ridistribuzione del personale pubblico dei ruoli dello Stato a quella degli enti locali. Per usare le sue parole, Presidente, occorre anche in questo caso, una riforma all'insegna del coraggio e dell'equità.
E' necessario procedere all'affidamento dei servizi specialistici del nuovo collocamento ai privati. La nuova disciplina del collocamento riserva al settore pubblico la gestione amministrativa delle liste ma di fatto autorizza le Regioni all'istituzione di servizi attivi, quali l'orientamento, il tutoraggio e la mediazione fra domanda ed offerta. Non possiamo accettare, ritengo, proprio per una prospettiva liberale, che la riforma del collocamento pubblico sia ridotta ai livelli che tutti conosciamo. Dal punto di vista organizzativo, i nuovi centri per l'impiego continuano a scontare gli stessi gravissimi limiti del nuovo collocamento che sono i limiti, Presidente, di una politica non liberale: l'esclusione dei privati dalla gestione del servizi specialistici, la mancata integrazione fra le funzioni amministrative e le funzioni tecniche, le cosiddette politiche attive del lavoro e l'impiego della gran parte di risorse personali e strutture (circa il 90% in un documento dell'Ufficio provinciale del lavoro di Torino) nell'espletamento di pratiche burocratiche.
Un terzo elemento importante è una distribuzione territoriale dei servizi su bacini eccessivamente ampi rispetto alle funzioni amministrative e troppo rarefatti rispetto alle funzioni tecniche. Badi bene, signor Presidente, le abbiamo proposto e le stiamo proponendo, a puro titolo di esempio, riforme del sistema dei servizi sulla sanità, sul collocamento e sulla formazione che non comportano costi aggiuntivi di natura finanziaria per i cittadini, ma che ridurrebbero gli enormi costi sociali ed economici connessi ad un sistema di servizi efficiente.
Per concludere, ci auguriamo che lei voglia e sappia far tesoro di queste osservazioni, e non le consideri, secondo uno schema che lei stesso questa mattina stigmatizzava, il primo atto di un'opposizione rituale e scontata come la nostra non vuole essere e saprà non essere.



PRESIDENTE

La ringrazio.
La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Presidente, Presidente della Giunta, un saluto alle colleghe e i colleghi con un'unica nota di rammarico: la diminuzione delle donne in questa assemblea regionale. E' avvenuto anche altrove. Peraltro, non è cosa che ci rallegri. A mio avviso, è un deficit democratico proprio nel momento in cui per le Regioni si apre una fase costituente e di grande valore politico, dunque sarebbe auspicabile una presenza più equilibrata della rappresentanza anche tra i sessi.
Fatta questa considerazione, vorrei partire nel mio intervento da alcune annotazioni. Già i colleghi che mi hanno preceduto, in particolare il collega Marcenaro, hanno fatto un esame attento, rigoroso, equilibrato del voto, delle ragioni dello stesso e dei risultati elettorali.
Non riprenderò considerazioni che condivido. Voglio però partire da un'osservazione, Presidente Ghigo: le urne sono ormai fredde, i voti li abbiamo contati, il risultato elettorale in Piemonte mi sembra inequivoco ed inequivocabile, un risultato di un'alleanza, Lega-Polo, che nella rappresentanza di quest'aula, nei numeri stessi, si delinea come un fatto netto e chiaro.
A questo punto, è il momento di corrispondere a quei voti, a quel voto.
Anche noi siamo qui per rispettarlo, per dare una concreta risposta di governo davanti a quei risultati elettorali e a quel mandato, partendo dal presupposto, più volte ricordato in aula, che questa non è una legislatura qualsiasi per la Regione Piemonte e per le Ragioni italiane. Sulla base di un voto diretto ai Presidenti delle Giunte regionali, quelli che stiamo chiamando e abbiamo chiamato "governatori", sulla base della necessità di definire Statuti regionali importanti, assetti e fisionomie di ordine istituzionale, concretezze nelle azioni di governo, quel voto consegna responsabilità importanti ed inedite, anche rispetto alla fase precedente.
E' questa la ragione per cui, Presidente Ghigo, sono rimasta un po' stupita e sorpresa dalla sua relazione, dalla distanza, dall'asimmetria tra quel mandato, assegnato a lei e alla sua maggioranza, e i termini e i contenuti della sua relazione.
La ritenni insufficiente anche all'inizio della scorsa legislatura, ma rispetto ad oggi poteva essere considerata un peccato un po' più veniale quando lei fece una relazione di presentazione priva di un'idea di governo di questa Regione dal punto di vista del centrodestra, che si contrapponesse a quella che noi avevamo avanzato in campagna elettorale e che prospettava soluzioni a problemi di tipo diverso e alternativo. No, non era niente. Aver riproposto la stessa insufficienza oggi è ancor più grave.
Il collega Angeleri, benevolmente, diceva che lei, Presidente, non era neanche tenuto a fare una relazione programmatica in quest'aula. Voglio rassicurare il collega Angeleri, perché il Presidente Ghigo non l'ha fatta.
Vorrei, da questo punto di vista, esemplificare alcune questioni e cogliere dubbi rispetto ai quali ritengo che ci possa essere qualche elemento di preoccupazione, ma farò poi delle proposte alla fine, per dimostrare quanto la nostra preoccupazione rispetto al fatto che la fase costituente si avvii in modo serio e credibile e che ha problemi ineludibili oggi per il Piemonte, una delle grandi Regioni del nord che anche con quel voto hanno consegnato richieste di governo del processo di modernizzazione di questo Paese in un certo modo, le hanno consegnate a voi, ma la richiesta era quella, per dimostrare come invece noi siamo fortemente interessati ad intervenire, a contribuire, a prospettare idee e proposte.
Nella vicenda di governo dei precedenti cinque anni, ma ho ritrovato nella relazione elementi che me lo confermano, avevamo rilevato come ci fosse un punto, Presidente, particolare nell'azione di quei cinque anni di governo, ma ripresa puntualmente anche dai "silenzi assordanti" della sua relazione, sulle questioni di sviluppo, le grandi questioni di sviluppo.
Non riprendo cose, che condivido, dette dai colleghi Marcenaro, Papandrea Chiezzi e Saitta su alcune grande problematiche di sviluppo per il Piemonte (non è il caso di rifarne un elenco qui). Noi avevamo rilevato come su alcune questioni di grande importanza c'erano stati dei limiti, dei limiti veri, grandi, consistenti, ad affrontarne alcuna. E guardi, Presidente, non vado a rilevare le assenze, ne assumo solo una che lei invece ha citato: la politica delle grandi infrastrutture, l'interconnessione tra l'asse nord sud ed est-ovest che guarda caso passano dal Piemonte e possono fare del Piemonte una Regione strategica da questo punto di vista, rispetto a grandi scelte nazionali, ma anche grandi scelte europee.
Presidente Ghigo, su questa questione del governo di questo processo non è al Governo nazionale che lei deve guardare facendo dei rilievi perché i trasferimenti sono stati tanti, perché le scelte sono state consistenti in questa direzione! Presidente Ghigo, si rivolga a Formigoni! Perché là su questa questione delle infrastrutture si è gestita una aggressiva politica regionale e di rapporto con il Governo nazionale che ha messo fino ad oggi, da Malpensa a quant'altro, il Piemonte fuori gioco! E' là che deve competere attraverso la forza del suo governatorato e attraverso la forza di un'idea di sviluppo regionale!



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Datemi qualche giorno.



MANICA Giuliana

Ho scelto solo questo per farle un esempio...



SALERNO Roberto

Malpensa l'ha voluta il Ministro Fassino!



MANICA Giuliana

Poi parliamo di quale Governo la decise! Te lo dissi già una volta: era un Governo presieduto dall'on. Craxi, come tu ben sai.
Detto questo, ho voluto fare un esempio su grandi questioni di sviluppo che a mio avviso non sono state adeguatamente governate. Forse, Presidente Ghigo, non governavamo quelle, ma avevamo un'attenzione particolare a una serie di problematiche che riguardavano la vita quotidiana, quell'equità quello sviluppo sociale, quelle politiche famigliari che potevano in qualche modo segnare una forma di attenzione.
Ritengo che il fallimento per alcuni aspetti ci sia stato su entrambi: il governo di grandi processi di sviluppo (e gli "assordanti silenzi" della relazione lo confermano), ma anche l'intervento in questa direzione. Certo io confido molto nelle capacità della collega Cotto in questa direzione e nella sua sensibilità, ma il problema non è la collega Cotto o il suo Assessorato (lei, l'unica donna della Giunta, senz'altro farà bene), il problema è il complesso della mancanza di progetto vostro in questa direzione! La terza questione che aveva un rilievo importante e fondamentale ha un'esemplificazione sola. A una Regione che deve governare, che deve essere di grande rilievo programmatico, l'elenco della spesa non serve mai, perch non è programmazione, ma dire quattro cose sì: il piano regionale di sviluppo, il piano dei trasporti, la legge urbanistica, l'interconnessione tra il piano sanitario e il piano socio-assistenziale! Quattro, Saitta bastano? Se ne aggiungo una quinta è troppo.
Non l'elenco della spesa, ma su queste quattro cose il Presidente della Giunta regionale dicesse una parola! Assumesse un impegno, all'interno di una relazione programmatica! Non basta non averle fatte per cinque anni, ma non si pensa neanche di citarle come l'elemento su cui lavorare nel corso di una legislatura.
Il federalismo. Presidente Ghigo: c'è un'affermazione impegnativa nella sua relazione, quando dice a pag. 6 che "il processo di federalismo amministrativo, determinato da una chiara volontà popolare di cui si sono fatti espressione gli amministratori locali e molte forze politiche attuato in modo ancora parziale e incerto attraverso il processo di deleghe innescato dalle Leggi Bassanini" è stato un fatto debole e che sostanzialmente c'è un processo blando di riforma e di riforma costituzionale determinato da un Governo nazionale di centro-sinistra che di federalismo parla, ma nel federalismo non crede e ci propone qualche "misuricchia", che poi tra l'altro è lenta e non arriva.
Dirò poi cosa penso delle Bassanini, che è ben altro, ma se un processo federalista è potuto fino ad oggi andare avanti e per fortuna, con le Bassanini, solo a Costituzione invariata, il conto di questo lei lo deve chiedere all'on. Berlusconi, quando ha fatto fallire la Bicamerale! Non al Governo di centro-sinistra! La questione del federalismo sarà certamente la stagione su cui lavoreremo e su cui apriamo questa legislatura, sarà la grande questione centrale per tutte le Regioni, ma certamente qui nelle Regioni del nord dove il governo del processo di modernizzazione implica una più forte accentuazione in questa direzione. Non la rivoluzione, la bandiera della propaganda per far la campagna elettorale per il 2001: questo francamente ci interessa poco, faremo tutti la campagna elettorale, cercheremo tutti di vincerla, ma usare il federalismo, i referendum, semplicemente a scopo propagandistico, per aprire anticipatamente una campagna elettorale, non ci interessa. Il governo dei processi di modernizzazione al nord implica che noi ci spendiamo sul serio su questa vicenda e su questo processo! Lei avrebbe dovuto partire prima da un'altra cosa, perché sarebbe giusto: le Bassanini, lente fin quanto lei vuole, stanno riformando lo Stato a Costituzione invariata, ma il processo successivo non l'abbiamo potuto fare, non per responsabilità nostra o del centro-sinistra! Bisognerebbe prima partire da che cosa abbiamo fatto nei cinque anni precedenti. Nei cinque anni precedenti, meglio di me lo potrebbe dire il collega Tapparo dall'osservatorio parlamentare, nella cosiddetta "Bicameralina" sulla verifica dell'applicazione delle Bassanini a livello delle Regioni, la Regione Piemonte è tra le ultime nella verifica del processo di applicazione delle stesse, e per i tempi di approvazione delle legge regionali e per i modi e per i risultati! Questo è quanto. Quindi noi dobbiamo partire da quel pregresso - lei che aveva responsabilità di governo allora, che le ha oggi - e dire come invertire la tendenza. E poi soprattutto cominciare a dire come alcune grandi questioni che sono già materia delegata, se no inseguiamo i fantasmi, Presidente! E lei si troverà invischiato in una polemica tutta di schieramento, tutta politica, tutta politicista, tra lei, il Polo e i suoi alleati della Lega, da cui alla fine, forse magari fino al 2001, ma dopo difficilmente riuscirà ad uscire, se non mettiamo mano e non diciamo qualche cosa di concreto almeno su alcune cose. Ne cito tre: il trasporto pubblico locale e la sua gestione; la regionalizzazione dell'ANAS e il passaggio di tutti i momenti della navigazione che avverrà per trasferimento dal Governo nazionale nei prossimi giorni e nelle prossime settimane; l'applicazione della stessa che risponde a concrete questioni di vita. Il modo in cui noi diamo vita ad un processo come questo, in termini più generali e in rapporto con gli enti locali e le autonomie locali, ma soprattutto, come lo facciamo in direzione dei cittadini.
A questi rilievi di ordine programmatico, mi consenta di far rilevare i toni misurati, il metodo anche ostruttivo, da lei proposto, che fanno parte di una sua caratteristica, di una sua correttezza istituzionale.
Presidente, rilevo anche un'altra asimmetria: quella tra il metodo che lei ci propone e ci prospetta e alcuni concreti atti politico amministrativi di queste prime settimane. Mi permetterà di elencarli brevemente, sono certa che nella replica che lei farà darà puntuali risposte alle questioni poste.
La prima contraddizione è il discorso iniziale del Presidente del Consiglio regionale del Piemonte appena insediato: ha fatto un discorso politico che, forse, spettava a lei, tant'è che vi ha provveduto nel Consiglio successivo; era un discorso politico particolarmente di parte non aveva rilievo e caratteristiche di ordine istituzionale. Una partenza particolare, preoccupante, poco elegante, che contrasta significativamente, con le dichiarazioni che lei fa nei confronti del Presidente Ciampi.
Secondo punto: mentre lei era a Roma per partecipare all'importante iniziativa istituzionale della festa della Repubblica e faceva quelle dichiarazioni, qualcun altro, di rilievo istituzionale pari al suo e il cui ruolo sarebbe quello di garantire un equilibrio tra la Giunta e l'aula giurava a Pontida.
Il terzo punto è relativo ad una legge, quella che è stata qui ricordata, relativa alla questione Assessori, che discuteremo quando verrà presentata in aula e su cui avrà qualcosa da dire anche il Commissario di Governo.
Presidente, è sicuro di mandare avanti quella legge e di portarla in aula? Risolvere con un compromesso al ribasso una questione politica posta dai suoi dirigenti nazionali in modo non chiaro, che cerca di tenere insieme "capre e cavoli" (qualcuno potrebbe dire che si tratta di un inciucio), crea un significativo problema di ingorgo istituzionale. Le consiglierei di riflettere perché le scelte potevano essere due: scegliere tutti Assessori esterni per fare la Giunta del Presidente e non aveva problemi in questa direzione; oppure, fare altre scelte compiendo una serie di mediazioni politico, partitiche, non programmatiche di altro tipo perché non doveva, non poteva e non riusciva a fare diversamente.
La soluzione da lei scelta, dal punto di vista giuridico-formale, è francamente discutibile, ma a, nostro avviso, non percorribile e non sostenibile. Un pasticcio ambiguo.
Un'altra falsa partenza è la Giunta delle elezioni, convocata recentissimamente. Presidente Ghigo, lei si occupa della Giunta, ma dalla Presidenza del Consiglio probabilmente l'avranno informata che, in occasione della prima convocazione, non si è presentata la maggioranza. C'è un problema di decisione sulle Presidenze: avete deciso di prendervi tutte le Presidenze delle Commissioni e non riuscite neanche a decidere come e chi. Vede, Presidente, quanto i vostri primi atti contrastano con le sue affermazioni di principio? Presidente, rilevati questi limiti nella relazione rispetto ai compiti che riteniamo importantissimi per questa legislatura regionale, rilevata questa forte asimmetria tra le sue dichiarazioni di metodo e la pratica di tutti i giorni, vogliamo, avviandoci alla conclusione di questo dibattito ed offrendo queste proposte all'attenzione della sua replica, avanzare alcune proposte. Altri colleghi hanno affermato come la questione dello Statuto sia una questione di fondo, una questione centrale in una legislatura costituente, e come essa venga prima di tante altre, come essa non possa essere disgiunta in piccole parti, quasi che tra la questione del Regolamento e dello Statuto ci fossero distanze di ordine abissale.
Si discute per primo lo Statuto, si costituisce per prima una Commissione che vada in questa direzione. Ecco perché avanziamo la proposta che ci sia una seduta di Consiglio entro tempi molto stretti esclusivamente dedicata a questa problematica, e che da quella seduta si esca con una serie di proposte concrete di percorso, per addivenire alla definizione degli strumenti per cominciare a discutere.
Riteniamo che in quella sede si possa anche parlare di un secondo problema relativo alla velocità, insieme all'equità e al coraggio, a cui lei faceva cenno. Il collega Ghiglia - non voglio ripetere cose già dette ha insistito sul coraggio, io insisto sulla velocità. Per insistere sulla velocità bisogna arrivare allo snellimento dei testi legislativi, al dibattito sui testi unici. In momenti come questi, la sede più importante per discutere è quella in cui cominciamo a mettere mano alle questioni degli Statuti.
Nella sua relazione, Presidente, mancavano alcune indicazioni di tipo programmatico su grandi temi di sviluppo, ma anche di governo, della vita quotidiana. Il Consiglio, soprattutto in una fase presidenzialista quale questa, proprio perché la Regione acquisti un ruolo di ordine programmatico, può mettere a tema - ci rivolgiamo a lei, Presidente consigli tematici di indirizzo su due o tre questioni fondamentali del governo dei processi in Piemonte. Questa è una legislatura importante perché siamo all'elezione diretta dei Presidenti, ragion per cui diventano sempre più importanti anche i ruoli delle assemblee e i controbilanciamenti dei poteri.
Riteniamo che quella delle commissioni di controllo sugli atti, come commissioni specifiche, sia una questione di grande importanza, da metter all'ordine del giorno.
Una questione importante è stata posta dal Consigliere Saitta - anche su questa vicenda il Presidente della Giunta non può mantenere un assordante silenzio - relativamente ad affermazioni e dichiarazioni fatte dall'Onorevole Roberto Rosso, che non è solo parlamentare della Repubblica ma anche coordinatore regionale del partito di maggioranza relativa in quest'aula, che riguardavano spese elettorali in capo agli Assessori.
Poiché gli Assessori sono stati quasi tutti riconfermati e poiché le affermazioni sono molto gravi, riteniamo che il Presidente della Giunta regionale si debba pronunciare: o ci dice, davanti a tutta l'aula, anche a tutela dell'onorabilità degli Assessori, che queste affermazioni sono false, oppure ci dice come, in che modo e in quali sedi opportune intende procedere per avviare un chiarimento.
Riteniamo di grande rilievo il passaggio in aula per la correttezza del suo funzionamento. Questa è la ragione per cui presentiamo un ordine del giorno, sottoscritto da quasi tutti i colleghi dell'opposizione, di cui do lettura: Il Consiglio regionale Premesso che il Presidente della Giunta regionale On. Enzo Ghigo nel suo discorso programmatico rivolto al Consiglio regionale ha affermato che "bisogna procedere sulla strada del federalismo con velocità ma anche con equilibrio. Sono certo che per quanto riguarda la mia maggioranza non vi è nessuno che interpreti in questo modo il processo federalista. La contrapposizione con Roma e con il Potere centralista non giova a nessuno" posto che a fronte di queste affermazioni del Presidente della Giunta regionale la realtà politico-amministrativa è stata nella pratica sostanziata dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio regionale avv.
Roberto Cota nella prima seduta del Consiglio assolutamente di parte, senza alcun carattere istituzionale rilevata la presenza e la partecipazione del Presidente del Consiglio regionale al "giuramento di Pontida" mentre si teneva la grande manifestazione istituzionale a Roma per la festa della Repubblica stigmatizza il comportamento del Presidente del Consiglio regionale e riafferma la necessità di una forte e credibile proposta federalista che guardi alle autonomie locali e ai/le cittadini/e.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Catteneo. Ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Grazie, signor Presidente del Consiglio, della Giunta Regionale e colleghi Consiglieri.
Innanzitutto mi sia consentito porre un ringraziamento alla Giunta regionale uscente, al Presidente Ghigo, ai suoi Assessori sia quelli che siedono ancora in quest'aula - sui banchi della Giunta o su quelli del Consiglio - sia coloro che non siedono più. Un ringraziamento per il lavoro svolto nella passata legislatura con passione, grande senso delle istituzioni e, soprattutto, efficacia di Governo. Un lavoro, un impegno apprezzato ampiamente - il successo del Presidente Ghigo lo dimostra dagli elettori piemontesi che lo scorso 16 aprile, con un voto convinto, lo hanno premiato confermandolo Presidente della Giunta di questa Regione e premiando la nuova coalizione della Casa della libertà.
Ho l'onore di presiedere un Gruppo consiliare di ventidue Consiglieri per la prima volta unico Gruppo consiliare rappresentativo di tutte le province del Piemonte. Un vero e proprio record politico raggiunto da Forza Italia, un partito, oggi, ben radicato sul territorio, dotato di una qualificata dirigenza riconosciuta dai piemontesi quale reale, moderno ed affidabile riferimento politico. A nome di questo movimento, un sincero augurio di buon lavoro sia al Presidente della Giunta che del Consiglio alla Giunta e a tutti i colleghi Consiglieri.
Lo hanno detto altri prima di me: con il dibattito politico di oggi inizia la settima legislatura, una legislatura costituente. Il Consiglio regionale dovrà affrontare il percorso delle nuove regole, quindi un Regolamento, uno Statuto, una nuova legge elettorale.
Per noi questa è una priorità, "la" priorità assoluta. Un percorso legislativo costituente, sul quale siamo fermamente convinti della necessità di un confronto con l'opposizione. Solamente con il contributo dell'intera assemblea si potrà addivenire a regole, Statuto e leggi durature. In questo ambito è importante, però, anche il coinvolgimento degli Enti locali.
Forza Italia da sempre ha chiesto di poter scrivere le regole istituzionali su basi di parità con gli altri, in questo caso con il centrosinistra e con l'opposizione costituita dal Partito Radicale. Lo abbiamo coerentemente sollecitato in Parlamento, dove siamo in minoranza lo proponiamo adesso qui, in questo Consiglio regionale, dove siamo in maggioranza.
Per questo dico a voi, colleghi dell'opposizione: scriviamo insieme la Costituzione del Piemonte. Noi abbiamo una maggioranza dei due terzi (è stato ricordato da molti, sia dai banchi della maggioranza che dell'opposizione); ma quando è in gioco l'elaborazione dello Statuto l'atto costituente della nostra Regione, non possono esistere vincoli di maggioranza né per noi né per i nostri alleati.
Attenzione, però: Forza Italia si opporrà ad avversari ed alleati nel riprendere antiche abitudini alimentate da lobby interne ed esterne all'Ente. Forza Italia esprimerà in questa fase la totale contrarietà al deposito e a discussioni di leggi e "leggine" ad hoc, magari dispersive volte solo a rallentare ed impedire il primo e più importante processo legislativo di questa legislatura, ovvero l'approvazione contestuale di Regolamento e di Statuto.
Il nostro movimento, per lo spirito democratico a cui prima mi riferivo, che deve accomunare maggioranza ed opposizione, propone di definire insieme un termine entro il quale, contestualmente, il Regolamento ed il nuovo Statuto dovranno essere approvati.
Per quanto ci riguarda, l'impegno sarà molto forte: è un obiettivo da raggiungere entro sei mesi. Un risultato che dovrà nascere da un confronto che non riguarda le singole parti della società piemontese qui autorevolmente rappresentate, ma l'interesse e la credibilità dell'Istituzione Regione Piemonte. A questo proposito, considerato che ne hanno parlato in molti - o molto, se preferite - confermo che Forza Italia ha riaffermato nel proprio Consiglio nazionale, in modo non chiaro - mi rivolgo a lei, Consigliera Manica - ma cristallino, con una delibera del Consiglio nazionale che è stata letta, approvata, distribuita e rappresentata sugli organi d'informazione, una posizione per noi irrinunciabile, di alta responsabilità istituzionale, approvando il principio dell'incompatibilità tra il ruolo del legislatore e quello di membro del governo regionale. Un fatto istituzionale concreto immediatamente attivato qui in Piemonte, con un apposito disegno di legge d'iniziativa della Giunta regionale. Un atto concreto che comunque, come già affermato dal Presidente Ghigo, si dovrà necessariamente concludere con le dimissioni da Consigliere regionale degli Assessori tra circa centoventi giorni, quindi entro l'autunno.
In questa fase costituente, la separazione tra le funzioni esecutive e legislative, quindi l'incompatibilità tra la carica di Consigliere ed Assessore regionale è per noi - ribadisco - una priorità assoluta. Vogliamo distinguere le funzioni in modo netto.
E' stato ripreso da molti colleghi il concetto dello spoil system.
Vorrei chiarire a tal proposito qual è il nostro concetto di spoil system ovvero cosa intendiamo noi per "spoil system" Lo spoil system nella conduzione politica dell'Ente è un fatto istituzionale consolidatosi in Italia (è utile ricordarlo, cari colleghi dell'opposizione) con i Governi degli On. Prodi, D'Alema e Amato. Nasce in questa settima legislatura un nuovo sistema di relazioni e confronto tra i Gruppi consiliari di maggioranza e la Giunta, tra la coalizione di maggioranza e quella dell'opposizione. Novità, quindi, di convinto dialogo democratico, trasparente ma non più consociativo. La maggioranza - per quanto mi riguarda Forza Italia - è fortemente convinta e determinata ad esercitare fino in fondo la funzione che le compete: governare, e governare bene. Ecco perché, qui in aula - me ne vorranno un po' il Presidente del Consiglio regionale, che ha convocato una riunione per domani, e i colleghi Presidenti di Gruppo - anticiperò la posizione della maggioranza - in modo ufficiale, visto che in modo ufficioso è trapelato da più parti - riguardo alle cariche istituzionali delle Commissioni consiliari, siano esse permanenti o speciali: nessuna Presidenza all'opposizione.
Questo non per "sistemare" tutti i Consiglieri della maggioranza, come da molti, soprattutto dai banchi dell'opposizione è stato detto (e ricordo che questa è una maggioranza di ben quaranta Consiglieri), ma semplicemente una scelta coerente con il principio della piena responsabilità. Lo stesso principio è stato adottato da quei governi a cui mi sono riferito prima quando hanno applicato, ben prima di noi, lo spoil system. Noi abbiamo bisogno, soprattutto, di tempi certi. In passato mi sembra che le certezze sui tempi siano state poche: non possiamo più permettercelo. Le opposizioni, naturalmente, potranno e dovranno - ci mancherebbe! partecipare attivamente - e ce lo auguriamo - ai lavori delle Commissioni all'attività legislativa, proporre così come ha già affermato stamani il Presidente, leggi nell'interesse dello sviluppo del Piemonte e per il benessere della sua comunità.
Per quanto ci riguarda, il dialogo e il confronto saranno franchi e leali, e ogni proposta verrà valutata per il suo valore intrinseco, non certo tenendo conto di chi la propone.
Il processo legislativo, sia esso ordinario che costituente, deve essere veloce. Su questo siamo fortemente concordi con la posizione del Presidente della Giunta regionale. Ha ragione il Presidente Ghigo: una decisione giunta in ritardo, spesso superata, può rivelarsi dannosa. Ci aspettiamo quindi dalle opposizioni un atteggiamento costruttivo, non ostruzionista, propositivo. Se così non fosse saranno, piaccia o non piaccia, ancora una volta gli elettori a giudicare, a valutare le eventuali perdite di grandi o piccole opportunità per il nostro Piemonte.
Cambiare le regole della macchina burocratica. Sburocratizzare. Forza Italia intende promuovere un patto per l'innovazione, per una riforma regionale, che dovrà necessariamente unire tutti i territori in un grande e reale progetto di cambiamento.
Se la FIAT producesse le sue automobili in Francia o in Germania risparmierebbe il 10% dei suoi costi di trasporto. L'amministratore delegato della FIAT, il 23 maggio, ai deputati della Commissione Trasporti riunita per analizzare la competitività del nostro Paese, ha così sintetizzato un allarme che ci riguarda, che riguarda il Piemonte e la città di Torino, un'affermazione il cui interesse politico va esteso alle migliaia di piccole e medie imprese che insieme alle tradizionali e nuove professioni ogni giorno impattano con il nostro appesantito sistema burocratico regionale.
I costi imposti dalla burocrazia al sistema italiano delle imprese sono stimati dall'Istat in 22.500 miliardi di lire all'anno, così come è stimato in 7.000 euro il costo dell'avvio per una società per azioni, cinque volte in più rispetto alla media europea. Si tratta di fatti che, per le nuove competenze regionali e data l'evoluzione della politica federalista primario impegno della nostra coalizione, ci impongono assunzioni concrete e misurabili di responsabilità politica nel governo della cosa pubblica per giungere preparati ad assicurare una risposta burocratica al passo con i tempi. Questo è un obiettivo inderogabile, perché è un risultato non ancora raggiunto, che pesa sul mondo dell'occupazione ed incide negativamente sull'emigrazione dei nostri giovani e delle nostre imprese.
Una priorità sarà la riforma della vigente L.R. n. 51/97, relativa alla riorganizzazione degli uffici e del personale regionale. Non basterebbe infatti una delibera per modificare lo status quo, ancora appesantito da mediazioni politiche e sindacali, peraltro bocciate dal consenso elettorale. Poteri discrezionali nella scelta della dirigenza, ed apertura ai giovani, oggi pressati ed impediti nella loro crescita professionale da prassi antiche che noi vogliamo superare.
Nessun profilo delle nuove professioni, quelle raccomandate dall'Unione Europea, può essere acquisito oggi dalla Regione Piemonte. Nessun manager o esperto della new economy, potrebbe accedere ad un posto di responsabilità, perché sicuramente non avrebbe quei dieci anni di esperienza da dirigente, caratteristica non sempre, ma sovente propria di chi è fuori dal sistema produttivo, o di chi è a fine carriera.
Il necessario decentramento può essere attivato soltanto in presenza di una burocrazia in grado di realizzare le condizioni della sussidiarietà assumendo i poteri e le funzioni che prima competevano al potere centrale.
In questa prospettiva sarà necessario potenziare gli istituti di formazione. Una conseguenza forte del processo in atto è che, man mano che si introdurranno forme di federalismo fiscale, il tradizionale sistema di finanza pubblica a cascata si trasformerà in un sistema di vasi comunicanti, gestiti dai vari livelli istituzionali locali, che incideranno più di un ministero nel conto complessivo del nostro debito pubblico.
Questa sensibilità ci porta a lavorare per velocizzare il processo di ammodernamento dell'Ente, per introdurre in Regione Piemonte le competenze e le generazioni, se mi è consentito, che sappiano governare il presente e disegnare il futuro.
Prima di avviarmi alla conclusione, voglio porre l'attenzione su un punto del nostro programma. Un solo punto, che altri hanno citato dai banchi dell'opposizione: un forte impegno per la scuola. Per noi, Colleghi la scuola non può più essere lo strumento attraverso cui lo Stato indottrina i giovani. Noi diciamo invece che sono i genitori che hanno il diritto, per noi sacro, di decidere in merito all'istruzione dei loro figli. I genitori devono poter scegliere la scuola nella quale ritengono che i loro insegnamenti possano essere continuati. Certo le competenze dirette sono del Governo nazionale e per questo, ahimé, bisognerà aspettare almeno nove mesi. Per quanto ci riguarda, la Regione Piemonte farà la sua parte, e la farà da subito: penso infatti al buono scuola.
Vorrei toccare ancora due argomenti, senza riferimenti personali, senza accenni di polemiche. Mi riferisco a un'affermazione del collega Marcenaro Presidente del Gruppo dei Democratici di Sinistra. Quando ha parlato della nostra coalizione, ha citato le due destre, forse perché simpaticamente ha voluto riferirsi ad un articolo di alcuni giorni fa di Norberto Bobbio, che invece citava le due sinistre: due destre così diverse, con una tradizione e una storia diversa, con polemiche diverse. E poi, una considerazione sull'attacco del Consigliere Saitta all'on. Rosso, nostro coordinatore regionale.
All'affermazione del Capogruppo dei Democratici di Sinistra rispondo che la nostra coalizione è stata l'incidente della Giunta per le elezioni.
Non è che non ce ne siamo accorti. Voglio dire qui in aula che abbiamo anche assunto la responsabilità di aver fatto mancare il numero legale credo con onestà intellettuale e politica. La nostra coalizione è coesa omogenea nel programma, omogenea nelle scelte, certamente e per fortuna non omologata nella sua tradizione e nella sua storia. Forse è per questo che ci sono tanti elettori che ci votano, perché ritrovano varie culture e molte tradizioni compatibili tra loro. La differenza è che la Casa della libertà ha forze politiche comunque compatibili tra loro nelle rispettive tradizioni, nella loro storia, negli ideali e nei progetti, ed hanno un leader - mi sia consentito ricordarlo - forte e riconosciuto come il Presidente Berlusconi.
Il centrosinistra è una coalizione più disomogenea, forse perché è costituito da un maggior numero di partiti e forze politiche, con contraddizioni e storie totalmente diverse, alcune volte incompatibili.
Pensiamo, e non me ne vogliano i comunisti, ad un partito che si chiama "Rifondazione Comunista", che siede nello stesso governo con i Popolari una coalizione omologata e appiattita dal collante del potere caratterizzata dall'assenza di un leader carismatico, che sta ancora affannosamente cercando e che, man mano che passano i mesi e si avvicinano le elezioni politiche, non riesce a trovare.
Al collega Saitta rispondo semplicemente con sette parole. Il suo intervento è stato veramente di cattivo gusto.



(Brusìo in aula)



CATTANEO Valerio

Chiedo scusa, colleghi, ma sono un Consigliere alla sua prima legislatura. Nelle Assemblee molto più piccole, cui ha partecipato, non sono mai stato interrotto, quindi chiedo, se è possibile, di non essere interrotto perché non lo farò mai, possibilmente, nei prossimi cinque anni.
Infine - l'ho già comunque ampiamente ripreso, Consigliere e collega Salerno - la battaglia e la competizione elettorale è stata certamente vinta per la forza politica ed umana del Presidente Berlusconi e degli altri leader della casa della Libertà, forse per una maggiore credibilità dei partiti della nostra coalizione rispetto a quella del centrosinistra per quanto rispettabile. Però mi sia consentito di affermare che questo Presidente, il Presidente Ghigo, il nostro Presidente (nostro naturalmente come piemontesi), l'azione del suo governo di centrodestra dal 1995 al 2000, il suo programma innovativo (quel programma illustrato questa mattina dal Presidente, che noi condividiamo, apprezziamo e siamo fortemente convinti di realizzare da qui a cinque anni), hanno fatto la loro parte.
Gli elettori piemontesi lo hanno apprezzato ed attentamente valutato tant'è che hanno ampiamente riconfermato Enzo Ghigo il 16 aprile.
Il Presidente Ghigo è stato eletto con il 51,78% dei suffragi, battendo di oltre 12 punti un Ministro della Repubblica, che ha avuto quali sponsor e fiancheggiatori il Presidente del Consiglio (anzi, l'ex Presidente del Consiglio dei Ministri) e tutti i componenti del Governo D'Alema. Ghigo ha battuto di ben 46 punti un leader nazionale di partito, l'On. Bonino.
Questi sono fatti ineluttabili ed oggettivi, che mi consentono di valutare semplicistica la tesi che abbiamo vinto solo per l'onda nazionale.
Grazie, Presidente, primo Presidente eletto direttamente dai cittadini.
Qualcuno dice che lei per questo passerà alla storia, ma siamo certi che passerà anche alla storia del nostro Piemonte per aver svecchiato un po' questo Piemonte che, grazie alla sua azione e all'azione del suo governo sarà una regione ancora più forte, una regione veramente europea.
Buon lavoro a lei e buon lavoro alla sua Giunta.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Cattaneo.



PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno su un argomento in qualche modo collegato. Il testo è stato già distribuito. I proponenti rinunciano all'illustrazione.
Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta regionale; ne ha facoltà.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Prima di tutto, voglio esprimere il ringraziamento a tutti i Consiglieri per il livello del dibattito sviluppato in quest'aula, in quanto, obiettivamente, ritengo sia stato molto utile, propedeutico e significativo; devo notare, già nello spirito che auspicavo nell'intervento di questa mattina.
Voglio anche comunicarvi che gradirei continuare a essere chiamato Presidente e non Governatore, in quanto ritengo di esercitare il ruolo di Presidente e non intendo farmi abbagliare da questa nuova terminologia che di fatto, sottintende comportamenti e atteggiamenti che non ho intenzione di assumere.
Per quanto concerne l'espressione specifica che i presentatori dell'ordine del giorno mi richiedono in commento del contenuto, voglio affermare che nel mio intervento di oggi ho detto, come viene ricordato nell'ordine del giorno, che si deve procedere sulla strada del federalismo con velocità, ma anche con equilibrio, e ho dichiarato chiaramente che sono sicuro che nell'ambito della mia coalizione non c'è nessuna forza che non condivide questa mia interpretazione.
Voglio anche ricordare che, quando ho citato che non giova a nessuno una contrapposizione con il governo centrale, non ho fatto nient'altro che citare una dichiarazione, raccolta dagli organi d'informazione dell'Onorevole Bossi espressa a Pontida, il quale ha dichiarato: "Non contro Roma". Credo che lo abbiate sentito tutti e, di conseguenza, non ritengo che su questo tema, si debba aggiungere null'altro.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Gliel'ha suggerito lei?



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

No, ho visto qualche telegiornale che ha riportato fedelmente questa dichiarazione. In realtà, la dichiarazione è: "Non contro Roma; Roma non deve essere contro di noi", ma questo mi sembra ovvio e chiaro nella sua considerazione.
Invece, credo che il secondo punto dell'ordine del giorno presupporrebbe che esprimessi un giudizio sull'intervento del Presidente del Consiglio nella seduta di apertura.
Ritengo che il Presidente del Consiglio abbia svolto un intervento assolutamente consono all'esercizio del suo ruolo di eletto Presidente del Consiglio; ha espresso considerazioni da me condivise. Posso evidentemente pensare o comprendere che queste considerazioni non siano obiettivamente condivise dall'opposizione, ma non ritengo di dover fare alcuna considerazione ulteriore nei confronti delle affermazioni del Presidente del Consiglio, Cota.
Voglio anche dire qualcosa in merito alla presenza del Presidente del Consiglio al raduno di Pontida, in quanto credo che ogni appartenente all'assemblea e ad una forza politica possa partecipare liberamente d'altro canto, è diritto di tutti - alle manifestazioni del proprio partito. Perciò, credo che questo fatto non abbia alcun elemento di criticità, né, tanto meno, sento la necessità di fare, neanche su questo tema, alcun tipo di commento.
Di conseguenza, siccome l'ordine del giorno si conclude chiedendo chiaramente la mia opinione sulla necessità di stigmatizzare i comportamenti dell'avvocato Cota, rigetto questa forma di proposta: non sento la necessità di stigmatizzare assolutamente nulla; anzi, colgo l'occasione, visto e considerato che ho alle spalle una legislatura, mentre l'avvocato Cota, Presidente del Consiglio, è alla sua prima esperienza, per fargli i più sentiti complimenti per come, in così breve tempo, ha saputo assumere il ruolo di Presidente del Consiglio e per come, così bene gestisce l'aula e i suoi lavori.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Saitta. Le chiedo se, per gentilezza, mi può esporre il fatto personale, così da poterlo valutare.
Grazie.



SAITTA Antonino

Il fatto personale è il seguente: non voglio riaprire una polemica, ma parte del mio intervento è stato giudicato non politicamente da parte del Presidente di Forza Italia, Cattaneo; è stato giudicato di cattivo gusto.
Questo non mi pare un giudizio politico.
Volevo soltanto dire, siccome ho riferito, in modo puntuale un'opinione espressa da un parlamentare della Repubblica, che non è tanto di cattivo giusto ciò che ho riportato, ma, probabilmente, può essere di cattivo gusto ciò che è stato detto in relazione al fatto che la dichiarazione ha riguardato dei Consiglieri regionali e una modalità di finanziamento della campagna elettorale.
Presidente, il fatto personale consiste, innanzitutto, nel respingere questo giudizio di cattivo gusto, perché ho soltanto riferito. In ogni caso, rimane il problema che ho chiamato in causa, esprimendo queste dichiarazioni, il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio.
Queste dichiarazioni, a questo punto, sono dichiarazioni che fanno parte del dibattito e del verbale di questo Consiglio. Da parte dell'Onorevole Rosso, non da parte mia, ma da parte di un parlamentare, si è verificato un comportamento non coerente con le leggi della Repubblica. Credo che, in qualche maniera, se ne debba tener conto.
Questo è a difesa dell'onorabilità anche sua, Consigliere Cattaneo perché se un atteggiamento di questo tipo non dovesse essere censurato credo che ne andrebbe anche dell'onorabilità complessiva del Capogruppo di Forza Italia.



PRESIDENTE

Il Consigliere Saitta ha illustrato il fatto personale.
La parola al Consigliere Marcenaro per dichiarazione di voto sull'ordine del giorno.



MARCENARO Pietro

Grazie, Presidente.
Devo dire che l'intervento del Presidente Ghigo ha aggiunto in me un elemento di preoccupazione perché pensavo che, prima, lui fosse particolarmente sensibile alle indicazioni che arrivavano da Arcore; se adesso, a queste si aggiungono le indicazioni da Ponte di Legno, si complica la mia capacità di comprensione e, naturalmente, si rende più difficile il mio sforzo interpretativo sull'origine della sue posizioni.
Voglio soltanto dire che, qui, come tutti ben sapete, non è in discussione la libertà di partecipare alle manifestazioni politiche che ognuno ritenga più opportune. Qui è in discussione qualcosa d'altro: è in discussione se una persona, che assume una carica istituzionale di rilievo quale quella rappresentata dalla Presidenza del Consiglio regionale e dalla quale derivano responsabilità che riguardano l'insieme dell'istituzione debba tenerne conto nei suoi comportamenti, nei suoi gesti e nei suoi atti o ritenersene completamente svincolato.
L'insieme degli eventi verificatisi in questo avvio di discussione nel Consiglio regionale, sono a nostro avviso talmente preoccupanti da farci pensare al fatto che siamo di fronte ad una Presidenza non imparziale.
Naturalmente, lei, signor Presidente del Consiglio regionale, è libero di tenere nelle valutazioni che ritiene più opportune le considerazioni che facciamo ed il senso dell'ordine del giorno che abbiamo presentato, o semplicemente accontentarsi di respingere, con la maggioranza, questo documento. Ma se lei vuole poter contare in futuro sulla collaborazione dell'insieme del Consiglio, pensiamo che il suo atteggiamento debba seriamente cambiare.
Utilizzo le dichiarazioni di voto per sottoporle questo semplice, ma abbastanza importante, problema che riguarderà il nostro lavoro.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Marcenaro.
Non essendoci altri interventi, pongo in votazione l'ordine del giorno n.
4, relativo a "Processo federalista", presentato dai Consiglieri Saitta Tapparo, Placido, Riggio, Suino, Ronzani, Muliere, Riba, Di Benedetto Marcenaro, Manica, Chiezzi, Moriconi, Contu, Papandrea, Giordano e Caracciolo, di cui ha già dato precedentemente lettura la Consigliera Manica.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli e 34 contrari (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).



PRESIDENTE

CHIEZZI Giuseppe (fuori microfono)



PRESIDENTE

Scusi, Presidente, posso fare una proposta sull'ordine dei lavori?



PRESIDENTE

Prego, Consigliere.



CHIEZZI Giuseppe

Il Consigliere Saitta ha chiesto per due volte un chiarimento al Presidente Ghigo, che evidentemente non intende dare. Se il Presidente Ghigo insiste nel non dare questo chiarimento, vista la gravità delle cose dette dal collega Saitta, chiedo a lei, Presidente del Consiglio, di inviare in Magistratura l'intervento del Consigliere Saitta con l'allegata documentazione su quanto è stato detto.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Chiezzi. Mi riservo di rileggere l'intervento per fare una valutazione, perché ero presente in aula, ma mi riservo di leggere il resoconto stenografico.
Colleghi, accedendo ad una determinazione presa in sede di Conferenza dei Capigruppo, vista l'ora tarda, propongo di rinviare tutti i punti successivi, ancora posti all'o.d.g., alla seduta successiva.
Ricordo che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari è convocata per il giorno giovedì 8 giugno 2000, alle ore 14,30. Grazie.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 20,37)



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