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Dettaglio seduta n.238 del 29/07/02 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


LIDO RIBA



(Alle ore 9.42 il Vicepresidente Riba comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.00)



(La seduta ha inizio alle ore 10.01)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Brigandì, Bussola, Caracciolo Costa Enrico, Cota, Dutto, Ghigo, Pedrale, Racchelli, Riggio e Rossi Giacomo.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

b) Assegnazione temporanea delle funzioni di Vicepresidente della Giunta regionale all'Assessore Gilberto Pichetto


PRESIDENTE

Comunico inoltre che, con decreto n. 67 del 29 luglio 2002, il Presidente della Giunta regionale Ghigo ha attribuito, temporaneamente, le funzioni di Vicepresidente della Giunta regionale, con delega a sostituirlo nella giornata odierna, all'Assessore Gilberto Pichetto, al quale compete altresì, la relazione sulla formazione professionale concordata durante i lavori dell'ultima Conferenza dei Capigruppo. Seguirà il provvedimento sul CRESO, iscritto all'o.d.g. sempre sulla base dell'intesa nella Conferenza dei Capigruppo.


Argomento: Formazione professionale

Comunicazioni dell'Assessore Pichetto in merito al Protocollo d'intesa sottoscritto fra Regione Piemonte e Ministero della Pubblica Istruzione sulla formazione professionale


PRESIDENTE

Come convenuto nell'ultima Conferenza dei Capigruppo, ha pertanto la parola l'Assessore Pichetto per la relazione sulla formazione professionale.



PICHETTO Gilberto, Assessore alla formazione professionale

Grazie, Presidente.
La comunicazione è in merito al protocollo d'intesa sottoscritto tra la Regione Piemonte, il Ministero della Pubblica Istruzione, dell'Università e della Ricerca e il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e ha come riferimento la sperimentazione di nuovi modelli nell'istruzione e nella formazione.
Come è noto ai colleghi, l'elevazione a nove anni dell'obbligo dell'istruzione prevista dall'art. 1 della legge n. 9/99 non è correlata al rilascio di alcun specifico titolo di studio, ma comporta esclusivamente una certificazione dei crediti formativi acquisiti. Non è nemmeno assicurato che la frequenza del nono anno dell'obbligo avvenga effettivamente, nel senso che, ove manchi la frequenza minima richiesta per la valutazione finale, non è previsto che l'anno debba essere ripetuto.
Di conseguenza, vi è un alto livello di dispersione scolastica, in quanto molti scritti non frequentano.
Secondo un'indagine riferita all'anno scolastico 2000/2001, il 7% circa degli iscritti al primo anno di scuola media superiore si disperde, mentre la percentuale negli anni successivi scende notevolmente (3,8% nel secondo anno, 3% nel terzo, 3,8% nel quarto e 4,6% nel quinto).
L'obbligo di iscrizione alla scuola per il nono anno di frequenza impedisce ai ragazzi di iscriversi a corsi di formazione professionale fin dal primo anno dopo le medie. Ne deriva uno sviamento negli anni successivi, nel senso che una volta adempiuto l'obbligo di iscrizione al nono anno, i ragazzi non si iscrivono più alle scuole di formazione professionale nei due anni ulteriori per il conseguimento della qualifica.
Per ovviare a questi inconvenienti, ma soprattutto per cercare di recuperare la percentuale della dispersione, alcune Regioni (fra cui il Piemonte) hanno proposto una sperimentazione finalizzata a far assolvere l'obbligo scolastico anche nel sistema della formazione, assicurando per tali percorsi l'acquisizione di crediti formativi equivalenti a quelli conseguibili al termine del nono anno dell'obbligo scolastico.



(Brusio in aula)



PRESIDENTE

Nonostante la presenza dei Consiglieri sia limitata - non è un giudizio, ma soltanto un intervento descrittivo - il rumore è eccessivo.
Proceda pure, Assessore Pichetto.



PICHETTO Gilberto, Assessore alla formazione professionale

Grazie, Presidente.
Si tratta, dunque, di sperimentare una modalità specifica di assolvimento dell'obbligo scolastico e non di un esonero dall'obbligo stesso.
Per quanto riguarda il fondamento giuridico della sperimentazione, esso è da ricercare nell'art. 11 del DPR n. 275/99, ai sensi del quale il Ministero dell'Istruzione, anche su proposta di una o più istituzioni scolastiche, una o più Regioni o Enti locali, promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti ad esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata l'integrazione fra i sistemi formativi, i processi di continuità e di orientamento.
Inoltre, l'art. 6 del Decreto n. 323/99 di attuazione della legge sull'elevazione dell'obbligo scolastico prevede la possibilità di intese fra il Ministero e le Regioni che ne facciano richiesta per gli interventi formativi da svolgersi, anche in convenzione con i Centri di formazione professionale.
L'iniziativa, quindi, è pienamente aderente alla normativa vigente.
I percorsi della sperimentazione consentiranno ai ragazzi non soltanto di acquisire crediti formativi equivalenti a quelli conseguiti assolvendo l'obbligo nelle strutture scolastiche, ma anche di conseguire una qualifica professionale che li metterà in condizione di inserirsi più efficacemente nel mondo del lavoro.
In Piemonte la sperimentazione si concretizza in dieci corsi distribuiti territorialmente, in modo da ottenere la più ampia copertura territoriale (si prevede, in linea di massima, l'avvio di almeno un corso per ogni provincia e di almeno tre corsi nella provincia di Torino).
E' prevista una spesa complessiva di euro 1.572.000,00 per l'anno scolastico 2002/2003, mentre il costo complessivo sul triennio 2002/2005 è di euro 4.540.000,00.
L'affidamento del progetto avverrà nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste dalla legge regionale n. 63/95.
Trattandosi peraltro di attività sperimentali, la gestione rimane in capo alla Regione.
Si tratta, quindi, di un'azione pienamente compatibile con la riforma dell'istruzione e con i cambiamenti istituzionali (modifica al Titolo V).
Peraltro, è un'azione che ci permette di rispondere ad alcune esigenze che si vengono a manifestare: il rispetto delle età evolutive degli allievi nella fase dell'obbligo formativo, l'attenzione alla continuità tra i cicli, favorendo così il superamento della dispersione e la necessità di una corretta impostazione all'orientamento, la necessità di scelta, da parte dei ragazzi, di percorsi di scuola o di formazione professionale a partire dal quattordicesimo anno di età, analogamente a quanto avviene in quasi tutti i Paesi europei, l'articolazione di percorsi sperimentali tesi a consolidare le competenze nell'ottica di un passaggio fra i sistemi e naturalmente la costruzione di un Comitato di pilotaggio, con il compito di seguire la sperimentazione e valutarne successivamente i risultati a fine corso.
In sostanza - e concludo la comunicazione - la Giunta regionale ritiene che l'elevazione dell'obbligo scolastico da 14 a 15 anni, o comunque da otto a nove anni di corso, senza la contemporanea riforma dell'istruzione e quindi la previsione che il ciclo finisca a 15 anni, ha determinato un anno di vuoto, quello da 14 a 15 anni.
Noi abbiamo il dovere di dare una risposta a tutte quelle situazioni e a tutte quelle famiglie che hanno dei ragazzi che a 14 anni finiscono la terza media per ragioni che certamente non condividiamo. La nostra spinta e il nostro obiettivo è quello di portarli al percorso dello studio e dell'istruzione, ma che, per le più svariate ragioni - anche se in percentuale minima rispetto al totale - non intendono più continuarlo. Non è corretto il metodo di accantonare il problema, obbligandoli ad iscriversi al primo anno di una qualsiasi scuola e di un qualsiasi percorso di istruzione: anno che possono anche non frequentare, che difficilmente hanno intenzione di frequentare. Sarebbe come imporre un anno di servizio militare anticipato, ora che è abolita la leva a 20 anni.
Riteniamo che lo sforzo che deve fare l'istituzione, lo Stato e la Regione, sia quello di dare tutte le possibilità di reinserimento con il percorso integrato - formazione-istruzione - con un grande obiettivo: questo primo passaggio li dovrà portare a rientrare nel percorso dell'istruzione, in tutti i casi dov'è possibile e compatibile.



PRESIDENTE

E' aperto il dibattito.
La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Il quadro nel quale si colloca la decisione di cui stiamo discutendo cioè il Protocollo d'intesa tra MIUR e Regione Piemonte, è quello definito da due grandi ordini di questioni.
La prima riguarda l'applicazione, alla quale anche l'Assessore Pichetto faceva riferimento, della legge del 1999 che prolunga l'obbligo scolastico e formativo.
Il secondo campo di riferimento è quello che riguarda l'applicazione del Titolo V, che, come l'Assessore richiamava, si intreccia, relativamente alla scuola, con la questione definita, anche questa, da un'altra legge del 1999, che riguarda in particolare l'autonomia scolastica con i problemi di equilibrio tra l'autonomia politica decisionale, le responsabilità delle Regioni e quelle in capo ai singoli istituti.
Parto da quest'ultimo punto per dire che non riteniamo convincente l'interpretazione che l'Assessore ha dato quando ha detto che è su sollecitazione delle diverse Regioni che si è arrivati a questa intesa. E' su sollecitazione delle diverse Regioni che siamo di fronte a un Protocollo d'intesa firmato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca con le Regioni governate dal Polo e che avviene sulla base di un protocollo assolutamente identico e, come l'Assessore sa benissimo, con il rifiuto di accettare, in sede di stesura del protocollo, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, le proposte di alcune Regioni, tra le quali la Regione Piemonte. Tali proposte sono venute dopo un confronto che aveva riguardato anche il rapporto con le Province, che hanno responsabilità su queste materie, e con le parti sociali delle organizzazioni sindacali che, in materia professionale, in particolare attraverso il segretariato, sono soggetti delle politiche di programmazione regionale.
Tornerò nel merito di questo punto, anche perché - l'Assessore non ne ha parlato - siamo in presenza di un fatto nuovo avvenuto nella giornata di venerdì con l'emanazione di una nuova direttiva, quindi di una particolare correzione rispetto alle stesse ipotesi che l'Assessore ci ha spiegato.
Il secondo punto riguarda l'applicazione della legge del 1999 di prolungamento dell'obbligo scolastico e l'innalzamento fino a 18 anni dell'obbligo formativo. L'Assessore Pichetto ha parlato della questione come se rappresentasse un impedimento da rimuovere, ha paragonato questa decisione all'assolvimento dell'anno del servizio militare. Quindi sostanzialmente, presentando la decisione di innalzamento dell'obbligo scolastico come un potenziale ostacolo all'accesso dei ragazzi all'età di 14 anni direttamente ai canali della formazione professionale.
Capisco quello che ha detto l'Assessore Pichetto. Devo prendere atto che c'è una totale coerenza fra la posizione del Governo e quella della Regione Piemonte. Siamo di fronte - e le parole dell'Assessore esplicitamente lo ripropongono - ad una soluzione che viene proposta, che rappresenta il ritorno ad una situazione che l'Assessore Pichetto - che ha circa la mia età - ha conosciuto nella sua giovinezza. Mi riferisco al periodo in cui solo alcuni di noi avevano il privilegio, dopo la scuola elementare, di poter entrare nel circuito della scuola media, che poi proseguiva fino al liceo, mentre ad altri, invece, era riservato il circuito dell'avviamento industriale o commerciale, con una scuola che chiudeva qualsiasi possibilità di sbocco.
Questo è lo schema che viene contrapposto oggi contro un'ipotesi di riforma, che vedeva invece nell'integrazione tra elemento scolastico ed elemento della formazione uno dei capisaldi fondamentali. Per questo abbiamo chiesto di avere almeno un'informazione, perché è un punto su cui si confrontano ipotesi di grande importanza e spessore, e perché ci pare almeno discutibile.
Secondo noi, sarebbe superficiale che su una materia così importante sulla quale la Regione ha responsabilità crescenti di queste dimensioni scelte di questa natura e di questa importanza venissero assunte senza neanche fare una discussione con la consapevolezza che, attraverso una discussione, può maturare.
Tutto questo si rileva da molti aspetti. Come sapete, dal confronto fra Regione, Province e soggetti interessati al sistema di formazione professionale, non è emerso un confronto che abbia avuto carattere ideologico.
Si è cercato, ferme rimanendo queste grandi distinzioni, di trovare quelle soluzioni concrete che potessero affrontare un problema e permettere di governarlo senza andare nella direzione di una spaccatura fra i due sistemi e delle gravi conseguenze che questo può avere sia in termini concreti - per quelle 180 persone che potenzialmente saranno coinvolte nella sperimentazione che oggi viene decisa, quei 180 ragazzi dei 10 corsi ai quali l'Assessore si riferiva - sia per quanto riguarda quell'aspetto più di fondo che è l'indicazione che da questa sperimentazione viene, non solo per quei ragazzi, ma per l'intero sistema dell'istruzione e della formazione professionale.
I punti ai quali si era arrivati, come lei sa Assessore, non sono stati raccolti né nello schema di protocollo né nello schema di direttiva.
In primo luogo, pongo un problema che non riguarda una questione esterna, ma un punto sul quale voi stessi eravate arrivati a convergere e a convenire.
Prima ho detto che, rispetto a questo fatto, nei giorni scorsi è emerso un fatto nuovo di cui l'Assessore non ha parlato. Il fatto nuovo è costituito dalla direttiva emanata il 24 luglio a proposito di questa applicazione, che contiene alcuni elementi di novità. L'Assessore è contraddetto dalle decisioni che vengono ormai formalizzate, perché nella bozza di direttiva - ma non era scritto nella bozza emanata il 16 luglio si dice: "La realizzazione dei percorsi formativi integrati con significative esperienze... finalizzati dopo il primo anno all'assolvimento dell'obbligo scolastico e l'idoneità al secondo anno della scuola secondaria superiore, e al termine del triennio del percorso formativo all'acquisizione di una qualifica professionale all'idoneità al quarto anno della scuola secondaria superiore".
La specificazione di questi due aspetti, che erano due questioni essenziali che avevamo posto perché impediscono una separazione totale fra l'itinerario della formazione professionale, permette almeno un canale di reingresso potenziale nel ciclo della formazione.
Rimane il fatto che, stante questo punto, non si capisce perché a beneficiare dei finanziamenti, di cui a questa direttiva, siano esclusivamente le Agenzie formative, così come definite dall'ex art. 11 della legge regionale n. 63/95, o le associazioni temporanee di scopo costituite tra le Agenzie formative stesse.
Vorrei sapere perché - e gradirei una risposta dall'Assessore Pichetto viene escluso, tra i soggetti beneficiari di questo finanziamento, e quindi attori di questo tipo di sperimentazione, quell'associazione temporanea di scopo fra istituti scolastici e istituti Agenzie formative.
Qui si rischia, nonostante le dichiarazioni, di riservare esclusivamente alle Agenzie formative, tagliando completamente fuori la scuola e le strutture scolastiche, la realizzazione dell'obbligo scolastico.
Questa è una discussione che andrebbe affrontata nel contesto dei provvedimenti generali che saranno adottati. Oggi siamo in una situazione di profonda incertezza, per quanto riguarda gli assetti che la riforma scolastica prenderà. E' risultato abbastanza chiaro, nelle dichiarazioni politiche del Governo e del Ministro della Pubblica Istruzione, quello che voi non volete, ossia la vostra intenzione di bloccare le decisioni di riforma che erano state assunte. A questo, però, non corrisponde alcuna decisione che consenta, in tempi rapidi (in particolare, all'inizio del prossimo anno scolastico) di avere un quadro preciso, non solo di orientamento, ma anche di riferimento, per decisioni come queste, di carattere transitorio, come l'innalzamento dell'età dell'obbligo scolastico a 15 anni, che ha un senso solo se è nella linea di ulteriore espansione dell'obbligo e di innalzamento, non solo dell'età dell'obbligo, ma anche della formazione.
Concludo, su questo punto, con la considerazione generale sul fatto che anche nelle parole dell'Assessore Pichetto si può riscontrare una linea che ha un forte riscontro biellese, un'area dove ancora non si considera con preoccupazione il fatto che ragazzi sui 14/15 anni vadano a lavorare come operai solo con la terza media; lo si considera come un elemento di fiducia e di ricchezza, non come un potenziale elemento di debolezza e di valorizzazione.
Nel tono di sufficienza con cui lei, Assessore, ha parlato dell'aumento dell'obbligo scolastico, si leggeva questa cultura del fare, del tutto rispettabile, che pensa che, attraverso il lavoro e non perdendo tempo nella scuola, o con il servizio militare, ci si forma.
Temiamo che questa linea non corrisponda ai problemi e alle esigenze di oggi ed esponga i ragazzi a pesanti rischi di insicurezza per il loro futuro.
Al di là di questo, vi chiediamo di aprire, non qui e non oggi, ma in particolare in sede di VII o VI Commissione, un confronto relativo a come queste questioni saranno concretamente gestite, perché - ripeto - il fatto che tutta la partita dell'obbligo scolastico sia affidata esclusivamente alle Agenzie di formazione e il sistema dell'istruzione sia completamente tagliato fuori, neanche prevedendo che esso possa partecipare alle associazioni temporanee di scopo, secondo noi è un errore grave che va corretto, perché dà un'impronta negativa all'intero processo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

La sperimentazione sottoscritta a Roma la scorsa settimana segna le difficoltà del Governo Berlusconi e del Ministro Moratti nel portare avanti il proprio disegno di legge, pomposamente definito di "riforma".
La modifica dei cicli scolastici, la costruzione di due canali formativi di pari rango, scolastico e della formazione professionale, con interconnessione, cioè passaggio dall'uno all'altro, non manifesta elementi concreti e allora si passa a questo tipo di sperimentazione.
Credo che all'Assessore non sfugga il fatto che il passaggio dai 14 ai 15 anni dell'obbligo scolastico è una prima tappa per arrivare ai 18, così come è avvenuto in larga parte dei Paesi dell'Unione Europea.
Questa decisione fa pensare. Credo che lei abbia seguito il dibattito sul rischio di una scelta precoce dei giovani sul proprio destino e del proprio indirizzo di vita. Dovendo, allo sbocco dei 14 anni, fare una scelta di cui non si conosce ancora la possibilità di rientrare, per esempio, dal canale della formazione professionale a quello della formazione scolastica, si rischia di predeterminare una selezione (una volta si diceva di "classe", oggi non si può più usare questa terminologia) nella società. E' difficile pensare che figli di professionisti, figli di imprenditori, figli di soggetti con alto reddito, entrino, a 14 anni, nel canale della formazione professionale; è più probabile che in quest'ultimo entrino altri soggetti, come avvenne già negli anni '50/'60.
Senza chiarire bene questo aspetto, con la sperimentazione si rischia di condizionare gli elementi di confronto, eventualmente, secondo una decisione più generale. Chiedo a lei, Assessore, avendo competenze nella formazione professionale, qual è il contributo della Regione Piemonte, che vanta una tradizione in questo campo, verso il livello nazionale, per indicare come può essere l'intreccio tra il canale di formazione professionale e il canale di formazione scolastica, perché è un elemento chiave. Non sempre, devo dire, la sensibilità e la cultura, sia nel Parlamento che nel Governo, sul ruolo della formazione professionale, è così spiccata; quindi, da parte dei livelli regionali, è importante che arrivino degli stimoli.
Credo, tra l'altro, che con questa operazione, senza aver chiarito le prospettive della formazione professionale, si abbassi di un anno l'obbligo scolastico. Già oggi ragazzi appena quattordicenni entrano nel circuito della formazione professionale; alcuni entrano nel circuito della formazione dell'apprendistato e in certi casi (forse non in questo, perch non è possibile per il limite dell'ingresso al lavoro) si crea questa compressione.
Un'altra domanda: che fine faranno gli istituti professionali di Stato? Come verranno utilizzati? Sono stati trasferiti dalla riforma amministrativa alle Regioni, ma che ruolo giocheranno? Cosa dice lei Assessore, in questo senso? Che strategia c'è? Forse tocca anche all'Assessore Leo pronunciarsi su questo aspetto. Sono tutte risorse statali quelle che provengono da questa sperimentazione. Ma, in qualche modo, non si intacca la magra disponibilità della Regione in materia di formazione professionale? Se si vuole fare un'azione contro la dispersione scolastica - che è benemerita, importante ed è un grosso problema non solo della nostra regione, anche se accentuato rispetto ad altre - non si può scavare, vedere e valutare che cosa hanno dato le sperimentazioni tra le agenzie formative e gli istituti scolastici, un'esperienza che si sta vivendo da circa un anno e mezzo, e che mi pare stia dando alcuni risultati? Sarebbe stato importante che nell'intervento dell'Assessore si fosse parlato anche di questo aspetto. L'Assessore ha introdotto il tema dicendo che la missione è di ridurre la dispersione dell'obbligo scolastico, ma poi tace su una sperimentazione che è in corso tra le agenzie formative e gli istituti scolastici.
Quanto dobbiamo aspettare per parlare di una riconfigurazione generale della formazione professionale nell'ambito del ruolo che la formazione professionale viene ad avere, cioè un canale formativo parallelo, che dovrebbe essere di pari dignità a quello scolastico (che un giorno proietterà tutto a 18 anni)? La Regione come si colloca? Ho assistito ad un seminario organizzato dall'Assessorato con tutte le categorie interessate: c'era l'assalto alla diligenza di tutti gli interessi che ruotano attorno alla formazione professionale. Cosa si realizzerà? Un progetto della formazione professionale in base agli stimoli uso un eufemismo - che arriveranno? Oppure, la Regione Piemonte, vedendo da un lato, la riforma scolastica generale e, dall'altro, le potenzialità e le esigenze che la stessa ha, tenta di elaborare un suo disegno, di fare una sua proposta, anche in un clima federalistico? Tutto questo passa in completo silenzio.
Si fanno queste microsperimentazioni che, in sé, sono apparentemente insignificanti, ma, in una difficoltà politica del Ministro Moratti di far dispiegare interamente il suo progetto, potrebbero essere pericolose perché segnano dei percorsi graduali. L'anno prossimo, magari, invece di 10 corsi se ne faranno 100 creando un meccanismo in cui non c'è un disegno generale che va avanti, ma questo tipo di sperimentazioni - ripeto colpiscono le categorie più deboli della nostra società. A fare le spese di una scelta precoce, ci rimettono proprio quelli che hanno meno strumentazione, meno reddito, meno bagaglio "culturale", per cui scelgono la strada più facile, magari stimolati anche dalla domanda dei propri figli di chiudere il ciclo della scuola.
Sappiamo che, purtroppo, l'Italia, rispetto ad altri Paesi, è indietro come quantità formativa dei giovani. Siamo una società che va più verso la società della conoscenza, che alla società del fare materiale. Il fare materiale, per la divisione internazionale del lavoro, lo stanno facendo altri, dalla Cina ad altri Paesi. Noi dobbiamo anche investire e far crescere questa conoscenza (siamo con la Grecia e il Portogallo e dietro alla Spagna in questo meccanismo).
Allora, bisognerebbe investire. La scelta precoce è una non scelta, di un paese che non c'è più, che non ci sarà, che non ci permette di guardare avanti. Se avremo questa separazione, come negli anni '50 e '60, tra coloro che sono più deboli e che quindi andranno nel canale della formazione professionale, avremo distrutto la pari dignità dei due canali formativi.
Invece, dobbiamo rendere la formazione professionale così ricca, così valida, così completa da renderla appetibile per tutti. In questo modo invece, la si penalizza, la si segna in modo negativo.
La Regione Piemonte, in questa occasione, invece di andare a Roma a fare il notaio delle decisioni del Ministro Moratti, potrebbe esprimere la sua posizione, suggerire, farsi portatrice delle esperienze maturate in Piemonte nel campo della formazione professionale.
Sono insoddisfatto della comunicazione della Giunta regionale, proprio perché è un'occasione persa per far sentire una voce progettuale della Regione in materia di formazione professionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Il Ministro Moratti non è riuscita a portare in porto la controriforma del sistema scolastico e adesso, utilizzando maglie forse troppo larghe previste dalla legge e dal decreto, ha avviato, nei fatti, i primi tentativi di questa controriforma.
Il problema che abbiamo di fronte, che il Ministro Moratti, insieme al centrodestra, risolve in senso contrario all'evoluzione storica avutasi dalla liberazione dal fascismo ad oggi, è il senso profondo, il significato da assegnare alla scuola e di decidere sino a che punto, sino a quale età, il sistema scolastico italiano decide di formare le proprie ragazze e i propri ragazzi di una formazione che, ai sensi degli ideali contenuti nella Costituzione, ha cercato di essere in questi cinquanta e più anni, di tipo generale ed uguale per tutti (ricordiamo che il nostro Paese usciva dalla guerra profondamente segnato da masse molto ampie di privazione all'accesso alla cultura).
L'Italia, all'indomani del dopoguerra, era profondamente ignorante, era un'Italia in cui l'ignoranza regnava in relazione alla situazione economica e sociale delle famiglie. Era un' Italia molto diseguale, in cui i ragazzi erano segnati a vita dalla condizione di nascita. Le famiglie operaie non avevano accesso ai livelli superiori dell'istruzione e questo comportava che i loro figli, raramente, potessero accedere agli alti gradi di direzione della nostra società, mentre, chi aveva la fortuna di nascere in famiglie agiate o benestanti, aveva maggiori possibilità di carriera scolastica e di ruoli direttivi economicamente alti nell'ambito della nostra società. I cinquant'anni dopo la liberazione sono anche anni nei quali l'intero movimento operaio, collegatosi con il movimento degli studenti e degli insegnanti, ha lottato per superare questa frattura culturale che l'Italia del dopoguerra consegnava: nasce la scuola dell'obbligo. Per farla breve, di recente vi è stato un tentativo di segnare dei punti nella direzione di proseguire la crescita unitaria al di là della condizione di partenza, di proseguire questa crescita verso una formazione più ampia possibile e che giungesse ad estendere anche il numero di anni di formazione obbligatoria uguale per tutti, nel tentativo di "creare" un cittadino capace di leggere e scrivere adeguatamente, capace di una capacità di analisi critica del mondo in cui viveva, capace di avere costruito, nel periodo di formazione, uno zoccolo duro di cultura, di senso civico, di senso della democrazia uguale per tutti i ragazzi cittadini italiani.
L'elevazione a nove anni della scuola dell'obbligo in vista di una formazione complessiva a dodici anni, faceva parte di questo disegno che vedo come un disegno nel solco della strada indicata dalla Costituzione: cittadini più maturi, più colti, con una solida istruzione di base uguale per tutti.
Il segno che vuole imprimere il centrodestra è in controtendenza a tutto ciò. E' un segno che, utilizzando forme provvisorie che in Italia hanno spesso carattere di definizione di linee stabili, ripristina un doppio canale e ricomincia a proporre - sì, certo, sotto la voce della sperimentazione - la possibilità di uscire dal percorso formativo obbligatorio all'interno del sistema scolastico previsto dalle leggi e prevede, per chi crede, non più la frequenza nell'ambito del sistema formativo scolastico per il nono anno, ma la possibilità di andare a svolgere il nono anno da un'altra parte. E quest'altra parte è la formazione professionale.
Questo penso sia un fatto gravissimo, una scelta ideologica che riporta i ragazzi e le ragazze a essere segnati, al termine dell'ottavo anno, da una scelta che non può che essere dettata da ragioni economiche di partenza delle famiglie di provenienza e che è una scelta che riapre un percorso di frattura che riconsegnerà una parte della popolazione giovanile a una scelta condotta anzitempo di uscire dalla scuola e di imparare a fare le cose.
No, io penso che la scelta per un anno in più di scuola obbligatoria sia una scelta di civiltà e di cultura da non contraddire. Quindi, ritengo questo fatto gravissimo e non mi stupisco che la Regione Piemonte governata dal centrodestra, abbia immediatamente colto la volontà del Ministro Moratti (sconfitta in Parlamento dall'impossibilità di fare la riforma): provare, con le Regioni che ci stanno, a fratturare il percorso formativo obbligatorio dei nostri giovani.
Questo lo ritengo un fatto gravissimo, perché si ritorna ai due canali si ritorna a una situazione che poi non è stata del tutto risarcita, perch dai principi costituzionali si ipotizzava un'Italia coesa dal punto di vista della formazione delle nuove generazioni, al di là delle loro condizioni economiche, sociali e culturali di partenza. Era un obiettivo come tanti altri obiettivi inseriti nella Costituzione, tutto da costruire tutto da raggiungere. Molto è stato fatto, ma sappiamo che in Italia la formazione scolastica non è che sia rimasta del tutto indenne da segni di provenienza sociale ed economica delle famiglie di partenza e sappiamo che ancora adesso il numero di laureati provenienti da famiglie operaie è parecchio diverso, in percentuale, dal numero di laureati provenienti da famiglie a medio-alto reddito, perché le differenze economiche e sociali sono fatti strutturali duri da superare.
Però vi era un processo: l'innalzamento del livello formativo della scuola dell'obbligo fino ai 18 anni. Era un processo concreto, che costruiva le possibilità teoriche di accesso agli alti livelli di istruzione per tutti, perché non basta rendere libera l'iscrizione all'Università per superare queste cose: per superarle bisogna che l'istruzione sia uguale per tutti e sia un'istruzione di qualità il più a lungo possibile, per i nove anni dell'obbligo e poi per i diciotto formativi.
Qui si torna indietro. Mi rivolgo in particolare all'Assessore Leo attento ai temi sociali per cultura e per storia personale: si torna indietro; comunque la vogliamo vedere, si riapre il canale di serie B quello in cui ci si occupa di far qualcosa e non si spende più in intelligenza, non si forma più l'intelligenza dei giovani per esprimere bene i concetti, per avere padronanza della lingua.
Per quanto riguarda il problema della padronanza della lingua, sappiamo per certo che tutti coloro che escono oggi dalla scuola dell'obbligo ce l'abbiano? E un anno in più non è un anno necessario, da spendere bene, per fare in modo che, usciti dall'obbligo, tutti i cittadini abbiano contezza della propria capacità di esprimersi, che poi è una propria capacità di proposta, che poi è una propria capacità di critica alla situazione che i giovani si trovano di fronte, ovunque essi vadano, nei posti di lavoro, nei rapporti interpersonali e così via? Lo ritengo un fatto molto grave; gradirei che anche l'Assessore Leo facesse una riflessione su questo. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio Lucio

Gli interventi che mi hanno preceduto sono indubbiamente seri e argomentati doviziosamente; pongono un problema delicato, perch intervengono su un tessuto sensibile qual è la scuola e quali sono soprattutto i giovani in via di formazione, da un punto di vista culturale e poi, per quanto riguarda la formazione, da un punto di vista professionale.
Debbo però ricondurre un po' il tema sui dati concreti da cui dobbiamo partire. Il primo dato concreto normativo qual è? E' che il Ministero si è posto il problema muovendo dall'esame della legge n. 9/99 e ha rilevato una prima discrepanza che - per carità - nell'economia del discorso e del problema sottoposto, può essere sicuramente modesta, ma è comunque un problema reale, e cioè che non è assicurato che la frequenza del nono anno dell'obbligo avvenga effettivamente, nel senso che non è previsto che l'anno debba essere ripetuto qualora la frequenza minima richiesta manchi.
Sulla base di questo primo dato, ne innesta un altro, sempre concreto che è determinato dall'obbligo di iscrizione alla scuola per il nono anno e che impedisce ai ragazzi di iscriversi ai corsi di formazione professionale fin dal primo anno dopo le medie.
Questa mattina l'Assessore ci ha detto: "Per ovviare a tutto ciò, è stato proposto in via sperimentale...", per cui vi è una cautela nell'approccio al problema, proprio perché si ritiene che non ci sia già subito una risposta organica, definitiva, sicura.
Su questo terreno normativo nazionale noi dobbiamo, però, andare a innestare un altro problema, che sono i dati OCSE. Esiste infatti un problema di scolarità abbandonata, di scolarità che non arriva all'estero le cui percentuali sono elevate, elevatissime, possiamo dire, rispetto allo scenario occidentale e dobbiamo - e qui inizio - anche superare certi schemi.
Ripeto, i problemi posti sono indubbiamente seri, concreti, su cui dobbiamo riflettere; dobbiamo riflettere come cittadini, dobbiamo riflettere come amministratori e dobbiamo riflettere anche come Regione e quindi le sollecitazioni volte ad assumere anche delle iniziative sul punto non sono delle sollecitazioni peregrine. E su questo, evidentemente, sia l'Assessore Pichetto che l'Assessore Leo, possono essere invitati, con la maggioranza, a riflettere ulteriormente.
Ci sono, tuttavia, degli schemi che non sono più validi. Adesso, senza scomodare Sylos Labini e le sue riflessioni già di alcuni lustri or sono il problema "figli di operai e abbienti" non ci pare fondato, perché se andiamo a fare un'indagine seria, per esempio, tra i figli dei lavoratori autonomi e i figli dei lavoratori dipendenti (che sicuramente hanno un reddito più modesto rispetto alla miriade di lavoratori autonomi), emerge che l'incidenza di scolarità o il tasso di sensibilità culturale sia più elevato nei secondi che non nei primi, perché la società è completamente cambiata.
Dobbiamo, allora, dare delle risposte concrete. Abbiamo l'esigenza di mantenere la società, e quindi la scuola e le professionalità, su livelli di eccellenza.
Dovremo porci nello scenario globalizzato, che si voglia o no, con tutti i correttivi, i desideri e le aspirazioni legittime in questo contesto.
Dobbiamo preoccuparci di preparare i nostri giovani ad essere pronti per una società e quindi per un impiego professionale di eccellenza.
Mi pare che questa iniziativa e questa aspirazione non confliggano con le esigenze doviziosamente sottolineate. Questa iniziativa, infatti, va a cogliere l'aspetto patologico della situazione, e non interviene sulla situazione fisiologica. In definitiva, si pone il problema di chi, al nono anno, arriva male, non arriva, non vuole arrivare o abbandona.
Non vi è, quindi, solo un recupero: ovviamente, non sto a indugiare su tutto il discorso di eccellenza e di qualità che riguarda i meritevoli e i non meritevoli, e comunque come si inserisce e come va coltivato. Vorrei sottolineare che l'iniziativa pone un problema precipuo in chi il nono anno non ha voglia di frequentarlo, lo abbandona o ci arriva faticosamente.
Questo è il senso dell'iniziativa.
In un quadro di questo genere, proprio perché si hanno presenti le perplessità sollevate da chi mi ha preceduto, ci si pone comunque il problema che non è la vecchia scuola di formazione professionale, perché ha comunque un'esigenza che colloca come momento significativo, perché parla di sperimentazione finalizzata a far assolvere l'obbligo scolastico nel sistema della formazione, assicurando, per tali percorsi, l'acquisizione di crediti formativi. Non elimina il problema, non è neutra rispetto al problema, ma se lo pone mi pare in termini concreti e corretti, sia per il singolo individuo che per il contesto sociale in cui deve collocarsi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Mi sembra che questa discussione si svolga in un'atmosfera abbastanza disinteressata rispetto all'importanza che credo rivesta questo tema.
Trovo significativo, in questo momento, il fatto che la relazione sia stata fatta giustamente dall'Assessore Pichetto, che segue la formazione professionale, ma sarebbe stato altresì interessante conoscere il parere dell'Assessore Leo, che gestisce le deleghe sulla cultura e sull'istruzione. Ritengo, infatti, che l'argomento che stiamo affrontando sia direttamente collegato alla cultura stessa di un Paese.
Come possiamo tutti osservare, nella società attuale esiste una specie di dicotomia: da un lato, cresce sicuramente l'importanza dell'istruzione dei cittadini, dall'altro lato, sembra che, per certi versi, chi governa la collettività talvolta sembri dimenticare questo particolare.
Se si analizzano, in parallelo, il mondo del lavoro con quello dell'istruzione, emerge sempre di più come il livello di istruzione dei cittadini, com'è già stato detto, segna, in modo indelebile, la qualità dell'occupazione lavorativa dei cittadini. Questa è una costante in tutte le società moderne, come la nostra e tutte quelle attorno alla nostra.
Dunque, ritengo che sia fondamentale, per chi governa, impegnarsi per aumentare il livello di istruzione della collettività. Su questo punto com'è già stato ricordato, la scelta molto faticosa che era stata fatta di innalzare l'obbligo scolastico a quindici anni (non dobbiamo dimenticare che in quelle discussioni molti avevano chiesto l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni) rappresentava solo un passo propedeutico per arrivare progressivamente ai 18 anni, proprio per quanto è stato detto, di lavorare per aumentare il livello di istruzione della società italiana.
Noi, invece, assistiamo ad un progressivo smantellamento del sistema scolastico. Facciamo queste sperimentazioni a livello regionale, ma sappiamo tutti come le sperimentazioni possono poi durare all'infinito in Italia, senza che intervengano dei mutamenti. E mentre proponiamo questa soluzione, siamo consapevoli della difficile situazione della scuola italiana.
Il Ministro Moratti promette di allontanare 100.000 insegnanti per esubero, mentre chi analizza il settore scolastico sostiene che ci sarebbe bisogno di almeno 80.000 persone in più (tra l'altro, sono persone che attendono di entrare nel mondo lavorativo come insegnanti). Ci troviamo nella situazione in cui questo Governo cerca i soldi per grandi opere disseminate per l'Italia, ma, al tempo stesso, pensa di risparmiare tagliando, tra non assunzioni ed esuberi, circa 200.000 insegnanti. Questo è l'investimento che il Governo nazionale fa sul "sistema scuola". Mentre si fa questo disinvestimento sul sistema scuola, si pensa bene di coinvolgere le Regioni in questa scelta assolutamente negativa.
Se si pensa che tra le idee che sono state proposte, e che circolano a livello nazionale, c'è anche quella del "maestro prevalente" nelle scuole elementari, assistiamo alla proposta esplicitata della distruzione anche di quel sistema, lodato da tutti, che funzionava sicuramente bene, che era il sistema della scuola elementare. In altre parole, stiamo tornando ad una scuola ottocentesca, in cui sarà importante solo insegnare a leggere, a scrivere e a fare i conti. Ma non stupisce: il Governo di centrodestra, sia quello nazionale che quello regionale, ci sta portando ad una società ottocentesca nel campo dell'istruzione, nel campo della sanità e prossimamente, anche nel campo della previdenza.
Ripeto, il futuro che il centrodestra ha in mente è un futuro ottocentesco: questo è un primo aspetto di cui, prima o poi, ci accorgeremo tutti. La scelta che ha fatto il Ministro Moratti con le Regioni che le hanno accettate - bisogna anche dire che le Regioni hanno accettato di fare questa scelta - va nel senso di impoverire l'istruzione dei giovani nell'età cruciale tra i 14 e i 15 anni. La scelta del nono anno obbligatorio, cioè di portare a 15 anni l'obbligo, era propedeutica, ma anche se era una scelta ridotta rispetto all'obiettivo di arrivare ai 18 anni, era comunque una scelta che aveva una sua logicità: segnava un momento di passaggio da due sistemi formativi diversi e quindi un indirizzo per i giovani. Dire che si può "uscire" dalla scuola dell'obbligo all'età di 14 anni, come di fatto avviene, e passare a questi tipi di formazione professionale, significa non far rientrare più quei giovani nel ciclo scolastico. Questo l'Assessore lo sa, anche se dice cose diverse: lo sa benissimo in cuor suo che questo non avverrà.
Questo è uno dei mezzi individuati proprio per realizzare uno di quegli obiettivi che abbiamo detto: lasciare fuori dal mondo dell'insegnamento 180/200 mila persone che sono, secondo il Ministro, in esubero. Per raggiungere questo obiettivo, uno dei sistemi possibili è proprio quello di indirizzare i giovani ad uscire dalla scuola. In questo modo, si allontanano i giovani dal mondo della scuola, così progressivamente ci sarà sempre meno bisogno di insegnanti. Con questo passo non pensate certamente di fare a meno di 100/180 mila insegnanti, ma di qualcuno sicuramente sì inserirete altri sistemi: classi più grandi, più ore per gli insegnanti ecc.
In ogni caso, l'Assessore non ha risposto sul fatto che potrebbero esserci dei profili di illegalità nel protocollo firmato, perché comunque la legge prevede l'obbligo fino a 15 anni. Quindi, come può un protocollo d'intesa superare quello che prevede una legge nazionale? C'è da dire che in questo modo, si penalizzano gli istituti professionali che, in Piemonte rappresentano il 25% delle scuole superiori. Il modello che, invece volevamo realizzare escluderà, di fatto, gli istituti professionali.
Andremo, quindi, ad interferire con delle situazioni che funzionano e toglieremo acqua a quegli istituti che lavorano bene.
Infine, vi è un particolare da non dimenticare: il Piemonte avrà 4 milioni di euro in meno per il suo sistema scolastico; questo mi sembra anche un fenomeno negativo.
In ogni caso, si sono evidenziati anche dei problemi nel sistema formativo delle agenzie, soprattutto per quanto riguarda il momento del passaggio dalla formazione vera e propria all'entrata nel mondo del lavoro.
La Regione su questo punto potrebbe esprimersi, anzi, avrebbe il dovere di esprimersi e cercare di aiutare chi ha seguito il percorso formativo ad entrare nel mondo del lavoro. Invece questo avviene con difficoltà. Ci sono arrivate segnalazioni di problemi proprio su questo passaggio e la Regione non si preoccupa di migliorare quello che fa, ma si preoccupa solo di allargare e proporre una soluzione che sicuramente non va a vantaggio di tutta la collettività piemontese.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Costa.



COSTA Rosa Anna

Dalla relazione dell'Assessore si evince che il 7% degli iscritti al primo anno di scuola media superiore si disperde. Vorrei chiedere all'Assessore: e quelli che invece neppure si iscrivono al primo anno della scuola media superiore? Ricordo che ce ne sono ancora molti. Anche dagli interventi dei colleghi in merito a questo Protocollo d'intesa si desume che vi sono situazioni che la nostra Regione gestisce con particolare difficoltà.
Mi riferisco, per fare un esempio, ai ragazzi detenuti al Ferrante Aporti, perché, al di là delle belle affermazioni sull'innalzamento della qualità dell'istruzione, dobbiamo poi fare i conti, come amministratori con certe realtà e con il fatto che molti ragazzi, finita la scuola media non si iscrivono alla scuola superiore.
Se consideriamo la percentuale di ragazzi detenuti nelle carceri più la percentuale di ragazzi che abbandonano il mondo della scuola all'ultimo anno di scuola dell'obbligo, credo che, in modo molto cosciente, questo tipo di sperimentazione possa dare loro una possibilità.
Ci sono alcune professioni che richiedono una formazione. Mi riferisco a tutto ciò che riguarda le arti e i mestieri. Ricordo una sperimentazione fatta anni addietro sulle borse lavoro, che potrebbe essere paragonata ai corsi di formazione professionale, condotta nelle varie botteghe degli artigiani con ragazzi che, all'epoca, non avevano neanche la terza media quindi non avevano assolto all'obbligo scolastico.
Vi invito a riflettere che non è così assodato che, essendo l'istruzione obbligatoria, i ragazzi vadano a scuola: in alcuni centri è ancora consistente la percentuale di ragazzi che non frequenta la scuola dell'obbligo.
Da questo punto di vista, credo che la possibilità di una tale sperimentazione - ribadisco, sperimentazione - sia utile. Non sono d'accordo con il collega Moriconi quando afferma che con una sperimentazione di questo tipo non si ha più la possibilità di tornare indietro.
Le due possibilità devono coesistere. Si torna indietro se non è utile.
Se invece riteniamo che, attraverso questa sperimentazione, offriamo una formazione con caratteristiche sicuramente superiori rispetto a quella delle botteghe dei nostri artigiani, credo che questo sia già un elemento estremamente importante per l'opportunità in più che offre. Quindi, la reputo una possibilità in più rispetto a ciò che già esiste nel panorama scolastico.
Non sono assolutamente d'accordo che sia discriminante: il passaggio dalle scuole medie alle scuole professionali (come ricordiamo tutti risalendo, più o meno, agli anni della nostra scuola) non ha trovato tutta quella differenziazione che oggi si vuole mettere sul piatto come elemento di disuguaglianza sociale. Posso aggiungere che i ragazzi laureati, ad esempio nei nostri collegi universitari, sono sicuramente più figli di operai che di imprenditori o impiegati. Ognuno può leggere la faccia della stessa medaglia rispetto ad una posizione di diritto o di rovescio, ma credo che la sperimentazione scelta dall'Assessore Pichetto sia un qualcosa di interessante ed utile che offre un'opportunità in più per i ragazzi del Piemonte. Non si tratta soltanto di ragazzi extracomunitari, ci sono ancora molti ragazzi italiani, nei centri medio-piccoli o in alcune zone di montagna, che non hanno assolto l'obbligo scolastico. Partiamo dalla considerazione che questi sono cittadini del Piemonte che devono avere un'opportunità.
Bisognerebbe avere l'opportunità di parlare con alcuni insegnanti, non solo con quelli che sono preoccupati di perdere il posto di lavoro, ma con quelli che hanno voglia di mettersi in condizione di recuperare questi giovani che non hanno assolutamente idea di cosa fare, ma soprattutto hanno l'idea molto chiara di non voler studiare.
Con l'innalzamento che abbiamo avuto, si compie almeno il ciclo dell'ottavo anno di studi (e vi garantisco che bisognerebbe provare a trovare in una classe allievi che non hanno assolutamente voglia di recepire le cose più elementari).
Il collega Chiezzi si riferiva alla lingua. Sfido ad andare a vedere come si comportano, in alcune ore e su alcune materie, allievi che proprio non hanno alcuna intenzione di impegnarsi, ma con l'opportunità che diamo con l'insegnamento individuale, l'insegnamento cerca di curare l'allievo.
Ribadisco che questa è sicuramente una risorsa attraverso la quale chiedo all'Assessore di essere molto informata, perché credo che attraverso questa sperimentazione, riusciamo ad investire meglio il tempo dei nostri ragazzi che hanno una diversa vocazione. Non è possibile pensare di portare tutti alla laurea; abbiamo anche la necessità di formare, e formare bene, alcuni allievi che potrebbero essere ottimi artigiani, ottimi operai, con una base che parte sicuramente da presupposti un po' diversi che non siano quelli, comunque, di formazione data a tutti, ma non recepita da tutti.
Questo è un problema da considerare; non possiamo metterci in condizione di pensare che, solo perché lo vogliamo, tutti i ragazzi diventano capaci di apprendere ciò che per certi elementi è assolutamente controproducente.
Sono molto d'accordo e ringrazio l'Assessore. Tra l'altro, ho visto che i corsi sono uno per provincia e solo tre sulla provincia di Torino.
Chiederei all'Assessore il numero dei ragazzi che faranno parte di questi corsi.
Ritengo che in questo si concretizza la nostra possibilità di rispondere alle esigenze dei cittadini del Piemonte, ma se le risultanze dei corsi sono tali che non danno l'opportunità ad una domanda che potrebbe essere superiore alla nostra offerta, credo che in questo senso dovremmo muoverci e lavorare, perché è in questo modo che diamo le opportunità utili e necessarie, non quelle che vogliamo noi, ma quelle che vuole l'utenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Chiedo scusa se non ho potuto assistere alla relazione introduttiva ed illustrativa dell'Assessore, ho comunque copia di un ciclostilato dal titolo "Protocollo d'intesa tra la Regione Piemonte, ecc.", a cui credo abbia fatto riferimento l'Assessore.
Vede, Presidente, da vent'anni opero in questo settore, quindi mi permetta, Consigliera Costa, di parlare come insegnante, prima ancora che come Consigliere.
Da vent'anni mi occupo, in un lavoro spesso difficile, di recuperare sul piano motivazionale, una miriade di allievi. In questi vent'anni credo di aver formato ed inserito nel mondo del lavoro almeno 1.500 giovani giovani che, quando entrano alla formazione professionale, hanno un timbro indelebile in uscita dalla terza media inferiore: "E' meglio che vadano a lavorare". Il timbro non è esattamente questo, quanto piuttosto: "Si consiglia un corso di formazione professionale".
E' un esempio di come la scuola media, questa scuola media che si vuole riformare, abbia fallito parte delle ragioni che avevano portato in questo Paese la prima grande riforma. Vorrei ricordare che, dopo la riforma Gentile, la prima grande riforma, credo nel 1963, fu proprio quella del superamento della scuola di avviamento e di introduzione della scuola media inferiore. Qual è il risultato? E' un risultato difficile.
Il primo anno, in genere, viene speso a spiegare ai ragazzi perché i genitori hanno scelto per loro il corso di idraulico anziché quello di elettricista o il corso di informatica anziché un altro. Questo è il dato da cui dobbiamo partire nella canalizzazione precoce: stiamo parlando di ragazzi che hanno appena compiuto i 14 anni di età; stiamo parlando di ragazzi in piena formazione; stiamo parlando di ragazzi ai quali viene chiesto, a 13 anni, di progettare un percorso di vita. A questo punto subentra il ruolo consapevole del legislatore: cercare di ricollocare i problemi al punto giusto.
Stiamo parlando di ragazzi e ragazze che si attendono dal sistema scolastico, non una risposta alle loro incertezze su cosa faranno da grandi, ma un diritto: il diritto all'acquisizione di saperi in condizione di parità con i loro coetanei. Guardi, collega Costa, questo lo dico contro il mio interesse professionale. Contro l'interesse di migliaia di miei colleghi che, come me, hanno speso anni della loro vita. Credetemi lavorare con ragazzi che il sistema scolastico ha già espulso richiede una vocazione e un senso di attenzione, perché dietro la storia di questi ragazzi vi segnalo un altro dato: c'è un contesto sociale, economico e familiare, difficile.
Lo svantaggio sociale non è un problema legato alla capacità di acquisire dei saperi, ma è sostanzialmente l'incapacità del sistema scolastico di dare risposte ponendo, al centro delle proprie politiche educative e formative, il minore e l'attenzione che questo deve rispetto al contesto sociale dal quale proviene.
Non è giusto canalizzare precocemente le scelte di quei ragazzi perch posso dire con grande piacere - ho scoperto che quei ragazzi e quelle ragazze avevano risorse che la scuola non aveva saputo valorizzare. Posso citare nome e cognome di miei allievi che, dopo due anni di scuola, hanno dovuto faticosamente recuperare un percorso scolastico nelle scuole superiori, iscriversi alle scuole serali e proseguire fino a raggiungere un alto grado di istruzione: peccato che abbiano perso tre anni della loro vita! Qualcuno ci vuole vendere l'opportunità dell'intreccio fra i due sistemi. Guardi, Assessore, andrei molto cauto. Noi oggi facciamo una sperimentazione che riguarda dieci corsi per tutta la Provincia e mi auguro che il numero atteso non superi i 15/20. Dico subito che prester molta attenzione a questo livello di sperimentazione.
Affinché una sperimentazione sia efficace, occorre, prima di affrontare un problema di canalizzazione precoce, avere il coraggio di affrontare il problema della riforma della scuola. Questo rischia di essere un grave fallimento: l'Assessore sa benissimo quale turbativa e quale disorientamento tra le famiglie ha portato questa scelta, che l'Assessore ha dovuto cambiare per inseguire un disegno politico. Lavorando da anni in questo settore, ho verificato che il 70% degli operatori della formazione professionale sono del mondo cattolico, hanno scuole di eccellenza: lo affermo con forza. I Salesiani hanno Centri di formazione professionale di eccellenza (molto spesso hanno fatto anche la differenza rispetto ad altri Enti).
Emanazioni e organizzazioni sindacali tutto hanno fatto meno che curare la formazione dei discenti e la formazione degli allievi. Mi assumo completa e piena responsabilità di quello che dico, anche se, per affinità per le cose che dico ci sarebbe da vergognarsi.
Vorrei ricordare che la UIL e la CISL hanno i loro corsi di formazione professionale e che l'unica che si è tirata fuori dalla realtà della formazione professionale è la CGIL (ha mantenuto una presenza residuale in Sicilia con grosse difficoltà e grossi problemi). Poi, magari, la CGIL è entrata nel banco, perché la legge n. 63, che è una legge che io sostengo debba essere rivista, riguarda un altro terreno.
Ricordo che siamo in presenza di una mancata modifica della legge n.
845. Assessore, la legge n. 845 è stata superata, nei fatti, dalla legislazione concorrente e dalla deregolamentazione derivate dal fatto che le Regioni hanno legiferato, legge n. 63 compresa, senza tenere conto che c'è ancora una legge quadro nazionale che non è stata cancellata. La legge n. 845 è ancora l'unica legge nazionale di riferimento esistente in questo settore, ma ampiamente superata dalle legislazioni regionali.
Torno al filo del ragionamento dal quale ero partito, quindi ai Centri di formazione professionale cattolici che lanciarono, alla vigilia di ogni campagna elettorale, una petizione a livello nazionale per la spendibilità dell'obbligo nella formazione professionale. Diciamole queste cose! Non si pongono più al centro i ragazzi, ma la possibilità o meno del sistema della formazione professionale di non subire pesantemente i contraccolpi di una perdita, in una misura quantificabile intorno al 6-7% di allievi in uscita dal sistema della scuola media e di accesso alla formazione professionale con tutti i contraccolpi che questa ha comportato. La problematica è complessa e non si piega all'opportunismo politico.
Bene farebbe l'Assessore se, a fronte del Protocollo d'intesa firmato ne sospendesse l'efficacia. Nessuno ci obbliga. La Regione "lanci" un dibattito ampio, tanto nessuno degli obiettavi dichiarati verrà raggiunto è evidente stiamo parlando di dieci corsi.
Posso fare rapidamente dei conti: si sta parlando di 150 allievi, gli insegnanti fanno mediamente 36 ore di lavoro, consideriamo due insegnanti per classe - ci sarà qualche ragazzo portatore di handicap - quindi stiamo parlando di 30/35 unità per il settore in termini occupazionali. Questo non sconvolge il sistema della formazione professionale, non ha conseguenze, certamente, sul problema occupazionale: tutti aspetti di cui bisogna tenere conto. Bisogna porre al centro delle politiche i giovani e il loro futuro.
Mi sentirei di dare un suggerimento: le attuali norme di riferimento consentono di fare delle sperimentazioni fra il sistema scolastico pubblico e quello della formazione professionale. Da anni inseguo un sogno: la possibilità di costituire dei moduli nei quali, nell'anno di spendibilità dell'obbligo, alcuni ragazzi possano prendere conoscenza della formazione professionale e allora sì che si possono fare degli intrecci fra i due sistemi per verificare se ci sono le condizioni affinché i due sistemi si possano gradualmente integrare.
E' anche velleitario un altro aspetto: senza un possente impegno finanziario teso a dare opportunità di riqualificazione, di formazione siamo abbastanza penalizzati in questi settori - di tutti coloro che nella formazione professionale vivono e lavorano, qualsiasi sperimentazione rischia di essere perdente. A perdere non è tanto il sistema, quanto i giovani ai quali dobbiamo prestare la dovuta attenzione.



PRESIDENTE

Il dibattito generale è terminato.
Ha ora la parola l'Assessore Pichetto per la replica.



PICHETTO Gilberto, Assessore alla formazione professionale.

Parto dalle ultime considerazioni del Consigliere Contu che ha iniziato il suo intervento dicendo che era direttamente coinvolto. Anch'io sono direttamente coinvolto, anche se dall'altra parte, perché faccio parte della categoria del settore dell'istruzione, precisamente della formazione per delega del Presidente in questa veste. Per dirla come il Consigliere Marcenaro, sono anche un mancato operaio: 35 anni in questi giorni, ero a 40 gradi a fare filatura, quindi la preoccupazione della scelta precoce a 14 anni è stata anche una delle mie prime preoccupazioni.
Non facciamo mistero, basta leggere i giornali di alcuni mesi or sono là dove è stata espressa la posizione delle Regioni di centrodestra nei confronti della prima bozza della riforma Moratti e poi nella Conferenza delle Regioni, sia nel Coordinamento Istruzione, sia nel Coordinamento Formazione Professionale, per trovare tutta una serie di considerazioni di cui la Regione Piemonte si era fatta portatrice. Fra le considerazioni vi erano anche delle preoccupazioni, in parte espresse dai colleghi nei loro interventi, tutte legate a un filone che ci unisce - questo lo apprezzo fortemente: il dovere che abbiamo di trovare tutti i percorsi che innalzino il più possibile i percorsi di istruzione e quindi il livello culturale indipendentemente dal ceto di appartenenza. Da questo nascono le passerelle, nascono i meccanismi di passaggio tra un percorso e l'altro.
Quindi, collega Moriconi, non è una scelta da trogloditi quella del centrodestra! Il suo intervento mi ha ricordato alcuni interventi... Adesso io l'ho estremizzata, però è una scelta di attenzione e, ritengo, di dibattito.
Il punto di partenza qual è? Lo ribadisco (in un passaggio del collega Contu c'era): aver innalzato l'obbligo scolastico a 15 anni senza aver fatto la riforma. Signori, è questo il punto base. Noi abbiamo portato a 15 anni l'obbligo scolastico, abbiamo diminuito la disoccupazione dello 0,4 in un solo giorno nel 1999 e non abbiamo fatto la riforma.
Abbiamo previsto che dai 14 ai 15 anni ci sia l'obbligo di iscriversi in qualche scuola. Ebbene, noi vogliamo far sì che quella fascia di disagio, che il Consigliere Contu ha ben descritto nel suo intervento, che è una fascia di forte disagio, non sia parcheggiata in una scuola qualsiasi, ma possa andare in una certa scuola. E' qui che parliamo di integrazione; poi, le raccomandazioni su come costruirle, su come riuscire a combinare scuola e formazione, le colgo tutte.
Devo trasferire anche una grande preoccupazione su come il nostro sistema, nell'ambito della formazione e dell'istruzione, riuscirà ad integrare e a creare dei percorsi che non permettano quell'automatismo di dire "in bocca alla formazione, non ne escono più", anche se mi rendo conto dei dati statistici relativi agli abbandoni.
Per quanto riguarda gli abbandoni a 14 anni, parliamo di abbandoni che non andrebbero neanche poi nel percorso dell'istruzione, perché i ragazzi si iscriverebbero a quell'anno, ma in molti casi non lo frequenterebbero ricordiamo anche questo: si iscriverebbero al primo anno del liceo classico piuttosto che scientifico e non lo frequenterebbero se non in percentuali molto minime. Ecco, noi pensiamo di portare costoro a un misto banco-non banco che permetta di recuperarli, che permetta di dargli un percorso perché è già una prima azione su una piccola fascia.
A livello nazionale, questo lo si vede come un'anticipazione della riforma; io dico che prima voglio vedere la riforma, poi semmai parliamo di anticipazioni. Questa è una proposta di soluzione di un problema di disagio reale cui ci troviamo di fronte e che spero si verifichi nell'entità minore, che interessi il numero più basso di giovani, proprio perché il nostro obiettivo è quello di mandarli avanti. E' chiaro che investe tutta una serie di altri temi che i colleghi hanno toccato (molti li condivido) una serie di altri temi che a monte riguardano la partita dell'orientamento.
Rosanna Costa, la questione è che noi non possiamo raccogliere i giovani a 14 anni, renderci conto che abbiamo una norma che ci dice che devono andare a scuola fino a 15, ma non abbiamo la scuola per mandarli fino a 15. Tra l'altro, occorre considerare anche il calo demografico perché è anche su questo che dobbiamo cominciare a porre l'accento. Abbiamo una situazione di calo delle nascite che comincia a ripercuotersi nelle scuole superiori con un effetto anche devastante - è lì che escono i 200 mila, probabilmente; adesso non so se sono 200 mila, collega Moriconi.
Effettivamente questo è uno degli effetti che si manifesta e che determina una frettolosità nella fascia delle medie, in quei giudizi perversi che l'impreparazione di una parte, che io spero sempre minima, del corpo docenti - ma la statistica vale per tutte le categorie, quindi vale anche per il corpo docenti - fa sì che frettolosamente si dica: "Questo ragazzo segua percorsi che non lo impegnino più a leggere dei libri". Tutto ci nella sostanza porta dall'altra parte, cioè verso quel marketing territoriale, anziché verso l'orientamento che fanno le scuole superiori.
Noi invece dobbiamo arrivare - è qui che la riforma sarà verificata ad un vero meccanismo di orientamento, che faccia riferimento ai due grandi temi dell'orientamento, che sono le attitudini - che in questo Paese non vengono misurate e giudicate da nessuno, in particolare rispetto ai ragazzi che finiscono la terza media e che quindi affrontano la scelta della scuola superiore - e quello che può essere un ragionevole scenario occupazionale.
Questo vale, ancorché riportato in misura diversa, nella scelta delle facoltà universitarie e quindi nell'altra dispersione scolastica, quella post-diploma.
Quello della sperimentazione su un numero molto ridotto è una nicchia di disagio alla quale noi tentiamo di dare una soluzione, ma una soluzione che deve essere quella di recuperare chi non va proprio più a scuola per portarlo di nuovo su un percorso formativo e per tentare di riportarlo a scuola. Prima di tutto, l'obiettivo è questo.


Argomento: Questioni internazionali - Norme generali sull'agricoltura - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Iscrizione all'o.d.g. del disegno di legge n. 422 e degli ordini del giorno n. 431 e n. 588. Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Prima di passare al punto successivo, il Consigliere Cattaneo chiede di intervenire sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Grazie, Presidente. Ho chiesto di intervenire brevemente sull'ordine dei lavori perché ho letto la comunicazione aggiuntiva che è stata fatta pervenire ai Consiglieri e agli Assessori regionali per l'inserimento del punto "Proposta di deliberazione n. 315", che mi sembra il Presidente stesse per mettere in discussione.
Ricordo che ne avevamo parlato nella Conferenza dei Capigruppo, dove mi è sembrato che ci fosse un certo consenso, espresso in quella sede dall'Assessore Pichetto, in rappresentanza della Giunta regionale.
La Giunta regionale aveva inoltre chiesto, e quindi la maggioranza lo richiede in aula, l'esame del disegno di legge n. 422: "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 13 maggio 1980, n. 39 (Repressione delle frodi: sistema di rilevazione e controllo della produzione e del commercio dei prodotti vinicoli)", che derivava dall'urgenza della vendemmia, che com'è noto, avviene nel mese di settembre.
Se non ricordo male, l'Assessore Cavallera aveva rappresentato l'urgenza di questa norma, necessaria per poter mettere gli uffici in condizione di fare i debiti controlli ed evitare le situazioni che tutti noi conosciamo e che si sono verificate negli anni scorsi. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Solo per chiedere, adesso che l'aula si è riaffollata, se è possibile inserire all'o.d.g. l'ordine del giorno n. 431 relativo alla Conferenza dei piemontesi nel mondo; solo l'iscrizione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Presidente, durante la Conferenza dei Capigruppo avevo sollecitato una risposta urgente, da parte dell'Assessore Leo, in merito ad un argomento connesso che avevamo già trattato in precedenza, che riguarda la gratuità o semigratuità dei libri di testo.
Le chiederei, Presidente, se fosse possibile, domani mattina calendarizzare l'argomento, sotto forma di comunicazione o come interpellanza, perché emerge un dato eclatante: circa il 30% o 40% delle famiglie che l'anno scorso avevano presentato domanda per avere questo beneficio (stiamo parlando di redditi al di sotto di 30 milioni) quest'anno non ne hanno accesso. La questione è ancora più grave per quanto riguarda le borse di studio, dove circa il 55% degli studenti non ha avuto il beneficio di cui alla legge n. 62/00.
Sono situazioni di emergenza: la prima non riparabile, la seconda riparabile se ci sarà la riapertura dei termini a livello regionale. Forse di questo dovremmo discutere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Intervengo per chiedere l'iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 588 relativo all'adesione al Summit mondiale che si svolgerà a Johannesburg.



PRESIDENTE

Colleghi, ci sono tre proposte di iscrizione all'o.d.g.: una, del Consiglieri Moriconi e con le firme di diversi Gruppi dell'opposizione e della maggioranza, prevede l'adesione del Consiglio regionale al Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Johannesburg dal prossimo 24 agosto; il Consigliere Deorsola propone l'iscrizione di un ordine del giorno sulla realizzazione della Conferenza dei piemontesi nel mondo in Argentina, firmato da molti Consiglieri della maggioranza e dell'opposizione; infine, il Consigliere Cattaneo, a nome della Giunta ripropone l'iscrizione del disegno di legge n. 422 relativo alla modifica della legge sulle sofisticazioni.
Su questa legge, conoscendo l'argomento, sono in grado di comunicare che si tratta di colmare un vuoto legislativo, nel senso che con la trattativa della normativa sui contratti del Moscato ci troviamo ad avere una normativa che stabilisce il massimale di produzione per ettaro, ma non stabilisce la sanzione per chi non lo rispetta.
Queste tre proposte rivestono carattere d'urgenza.
Se non ci sono osservazioni, dato che i Consiglieri presenti risultano più di 40, le darei per iscritte all'unanimità.
Vedremo, nel corso della giornata, le relative discussioni.
Nessuno si oppone? Posso pertanto dare per iscritti i tre punti all'o.d.g. Vi ringrazio.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Opere di bonifica e consorzi - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 315: "Legge regionale 22 ottobre 1978 n. 63, art. 47. Partecipazione della regione Piemonte al Consorzio di ricerca, sperimentazione e divulgazione per l'ortofrutticoltura piemontese - Società consortile a responsabilità limitata, siglabile CRESO, con sede legale in Cuneo". Presentazione collegato ordine del giorno n. 600 inerente a "Revisione dello Statuto del CRESO - Impegno alla conservazione delle colture a rischio di estinzione"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame della proposta di deliberazione n. 315.
Trattandosi di una proposta di deliberazione, non sono previste relazioni.
Se l'Assessore Cavallera vuole brevemente informare il Consiglio, ne ha facoltà.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'agricoltura e qualità

Grazie, Presidente.
Si tratta di un'iniziativa su cui si sta lavorando in sede locale da tempo: mi riferisco, soprattutto, alle zone cuneesi, da cui si è innescata la proposta, le quali, naturalmente, con le contigue zone torinesi rappresentano il primo bacino di produzione dal punto di vista frutticolo ma si estende anche a tutte le zone e a tutte le produzioni orticole che caratterizzano la nostra Regione.
Ricordo che, tra frutticoltura e orticoltura, abbiamo circa il 13,50 della produzione lorda vendibile agricola della nostra Regione.
La proposta, molto semplice, prevede di creare una grossa sinergia tra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni dei produttori (Asprofrut Lagnasco Group, Piemonte Asprocor e Ascopiemonte), in modo tale da costituire un organismo che possa coordinare tutte le iniziative di ricerca e di sperimentazione nella nostra Regione.
Noi, a livello nazionale, siamo in concorrenza con altre aree molto organizzate (ad esempio, le zone dell'Emilia Romagna e del Trentino), dove iniziative di questo tipo sono già consolidate da tempo.
Finora si è provveduto con iniziative di ricerca promosse da organizzazioni pubbliche o private, attingendo da fondi comunitari o da finanziamenti regionali. Tuttavia, uno dei maggiori problemi riguarda la circolazione dei risultati di queste sperimentazioni e di queste ricerche.
Naturalmente, proprio nella definizione del Consorzio CRESO si è stabilito un sistema aperto, nel quale la Regione acquisisce una posizione del 35%, ma è disponibile a cedere queste quote in ragione di un 5% o di un 7% per ogni provincia che, eventualmente, volesse entrare. Abbiamo già avuto la segnalazione delle province di Alessandria, Asti e, forse, anche di altre province.
La funzione della Regione, più che altro, è di far partire questa iniziativa, dopodiché dovrà essere lasciata a quelle che saranno le iniziative del giusto livello, che è quello dei produttori ed eventualmente, degli Enti locali.
La legge regionale n. 63/78, all'art. 47, prevede la possibilità, per la Regione, di intervenire e partecipare a queste istituzioni, ferma restando, naturalmente, una serie di presupposti che, ovviamente, sono stati presi in considerazione nello Statuto del CRESO, come abbiamo discusso e approfondito in Commissione: la Presidenza deve essere riservata agli Enti pubblici, così come la Presidenza del Collegio sindacale. Allo stesso modo, c'è un certo equilibrio tra coloro che rappresentano il pubblico e il privato.
Recentemente ho partecipato ad alcuni incontri con produttori e con organizzazioni agricole. In quelle sedi hanno tutti sottolineato l'importanza della ricerca e della sperimentazione per reggere al mercato che va sempre più globalizzandosi.
Quindi, visto che abbiamo a disposizione questa proposta, ritengo importante avvalercene e, naturalmente, seguirla passo passo.
Devo ricordare, altresì, che è stata introdotta una modifica, proposta se non erro, da alcuni Consiglieri in Commissione, che prevede di non finanziare, attraverso questo canale, ricerche OGM. Questa è stata ritenuta una proposta accettabile, atteso che la questione degli OGM adesso viene trattata a livello nazionale, pertanto dovrà avere tutte quelle attenzioni e quei percorsi specifici che successivamente verranno definiti.
Era assolutamente necessario porre questo paletto, condiviso sia dall'Assessore che dalla Giunta, che è stato introdotto nel testo della deliberazione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente del Consiglio Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Vorrei fare qualche breve considerazione su questo punto. La prima in relazione all'ultima sottolineatura evidenziata dall'Assessore. Anch'io ritengo significativo aver scritto che l'attività di ricerca esclude tassativamente gli organismi geneticamente modificati o modificabili.
Questo dà un senso al nostro lavoro. Se l'attività di ricerca viene fatta dalle istituzioni che rappresentano i coltivatori e le stesse optano per quel tipo di scelta, noi siamo forse in grado di colmare una parte dei gravi ritardi che la sperimentazione e la ricerca ha in tutti i settori (non so nei settori industriali, che non conosco direttamente, ma certamente nei settori dell'agricoltura). E' da un po' di tempo che non facciamo altro che ricevere delegazioni, sempre sulla stessa materia.
Ci sono grandi attività di ricerca e sperimentazione da parte di settori che si occupano finanziariamente di quelle operazioni, puntano a risultati stupefacenti ed eclatanti, naturalmente sottomettendo tutta l'attività produttiva, hanno metodi di persuasione, oltre quelli di organizzazione dei percorsi, per cui questa attività in capo alle organizzazioni dirette del settore produttivo rappresenta sicuramente un dato utile.
In Piemonte l'ortofrutta segna un ritardo che è bene sia a conoscenza dell'istituzione nel suo insieme, che ci ha già portato a qualche elemento di fragilità nella concorrenza con altri settori, anche interni al Paese e, in modo particolare, con settori dell'Alto Adige dove la Regione ha sempre potuto intervenire direttamente, cosa che non hanno potuto fare altre Regioni.
Adesso c'è una situazione di ordinarietà delle competenze in materia di agricoltura. Questa è una delibera che riveste un carattere d'urgenza. Noi segnaleremo l'opportunità di avere un provvedimento più organico per tutto ciò che riguarda l'istituzione della sperimentazione, perché ci sono istituti sperimentali nazionali le cui competenze devono essere trasferite alle Regioni.
Penso sia utile che forme di attività al servizio dei sistemi agricoli siano utilizzate laddove i sistemi agricoli sono più collocati o comunque si escludono, come la realizzazione di progetti interregionali o di decisioni unitarie dei settori dei consorzi nazionali.
Seconda questione. I Consiglieri del Gruppo Radicale hanno sollevato questioni relativamente alla ripetizione di momenti partecipativi della Regione. La questione è stata posta in questa sede in tante occasione, non ultima una diffusione organica che ci fu dalla legislatura 1990/1995 quando ritenevamo fondamentale che la Regione riordinasse i suoi istituti di partecipazione in uno o due settori. Da questo punto di vista, questa operazione non ha tali caratteristiche.
Devo dire, a parziale giustificazione - ma si tratta di una giustificazione parziale e non esaustiva - che questa attività in molte Regioni italiane viene svolta dal cosiddetto Ente di Sviluppo Agricolo Regionale. La Regione Piemonte nel 1995 ritenne di eliminare l'ESAP, Ente certamente utile, ma anche parecchio costoso, che costituiva una duplicazione delle politiche regionali.
Noi siamo una delle poche Regioni che ha raccolto l'ipotesi, allora entusiastica, di chiudere gli ESAP, ma altre Regioni, che avevano suggerito l'idea, si sono guardate bene dal darvi quell'esecuzione che da noi fu corretta e tempestiva.
Oggi questo comporta un elemento di improprietà nell'assumere come Regione, direttamente, una funzione che era propria di un organismo tecnico. Suggerirei, in seguito, di vedere come gli elementi partecipativi possano essere radunati in una forma, che bisogna identificare, per evitare di fare operazioni disorganiche rispetto ad un disegno complessivo ancorché giustificate.
Da ultimo, proponiamo un emendamento per correggere la quota del 35 ripartibile fino il 10%. La quota può essere ripartita in tutto o in parte sulla base di un'intesa con le Province. Può darsi che si renda addirittura opportuno un trasferimento alle Province. La Regione, avendo svolto quell'azione che oggi le Province non sono in grado di svolgere, essendo un lavoro proprio del territorio, esce da questa operazione e si dedica ad altre iniziative. Non si tratta di recuperare le quote, ma di trasferirle.
Messa così, avrebbe un senso più coerente l'esigenza di evitare una serie di ripetizioni, di momenti partecipativi che hanno questo carattere improprio, perché non disponiamo dell'ente tecnico a ciò statutariamente destinato, come poteva essere a suo tempo, peraltro non rimpianto, cioè l'Ente di Sviluppo Agricolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Condivido quanto è stato affermato sul problema degli OGM. Tuttavia sono un po' preoccupato dalle parole dell'Assessore quando dice che questa sarà materia sulla quale legifererà l'Unione Europea, in quanto alcune direttive emanate dalla Comunità Europea vanno nel senso di liberalizzare le sperimentazioni e l'utilizzo delle piante a organismi geneticamente modificati. Credo che la scelta di non seguire la strada degli OGM per l'agricoltura piemontese rappresenterebbe una scelta di qualità.
L'Assessore conosce meglio di me i problemi emersi, per quanto riguarda le colture vitivinicole, dalla proposta di servirsi di viti geneticamente modificate.
Volevo sottolineare un problema che vedo soprattutto nello Statuto del CRESO. Nelle proposte che il CRESO inserisce nello Statuto, a mio avviso manca l'aspetto della valorizzazione delle cultivar storiche.
Favorire la costituzione e il reperimento di materiali vegetali è sicuramente importante, ma sarebbe altrettanto importante prevederne la conservazione. Sappiamo che tutte le coltivazioni agricole stanno andando purtroppo, verso una sempre maggiore specializzazione e diminuzione numerica. Se pensiamo di lavorare nel futuro per il miglioramento produttivo, miglioramento che avviene tramite incroci ed innesti, devono essere eseguiti con specie già presenti.
Sarebbe altrettanto importante, non solo reperire le cultivar, ma organizzare, nel momento stesso in cui si reperiscono, una specie di banca delle varietà reperite, altrimenti c'è il rischio di perdere patrimonio generico sul territorio e di doverlo reintrodurre successivamente per rinforzare le varietà sviluppate o provare nuovi esperimenti.
Inviterei l'Assessore a verificare se non fosse il caso di costituire con banca delle cultivar più a rischio di estinzione. Tutto ci costituirebbe anche un modo per salvare la biodiversità in Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, possiamo passare all'esame degli emendamenti presentati.
1) Emendamento presentato dai Consiglieri Muliere, Riba e Ronzani: al punto 3), eliminare le parole "pari al 10%".
La Giunta esprime parere favorevole.
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale emendamento.
Il Consiglio approva.
2) Emendamento presentato dai Consiglieri Moriconi e Chiezzi: dopo le parole "reperimento", aggiungere le parole "e la conservazione".
La parola al Consigliere Moriconi per l'illustrazione.



MORICONI Enrico

E' un emendamento che esplicita quanto ho già sostenuto. Nello Statuto è scritto "Favorire la costituzione o il reperimento di materiali vegetali", ma con l'emendamento si propone di aggiungere le parole "e la conservazione".



PRESIDENTE

La seduta è brevemente sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12.02 riprende alle ore 12,03)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

L'emendamento viene ritirato in quanto non è possibile modificare lo Statuto. Pertanto, viene trasformato in un ordine del giorno in cui si chiede alla Giunta, nella modifica dello Statuto, di inserire questo concetto di difesa dei cultivar.



PRESIDENTE

L'emendamento n. 2) è pertanto da considerarsi ritirato.
La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'agricoltura e qualità

Dovendo poi andare alla modifica dello Statuto, questo diventa un ordine del giorno che accettiamo e che ci impegniamo ad attuare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Leggendo il testo, visto che stiamo parlando della partecipazione della Regione ad una società esistente con un proprio Statuto, chiedo di verificare la possibilità di inserire nella società, come elemento di garanzia, all'art. 7, la rappresentanza dell'Associazione dei consumatori.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'agricoltura e qualità

Questo è un consorzio per fare, non è un organismo paritetico, come potrebbe essere il tavolo verde (e a questo proposito annuncio che, come è stato fatto dal Governo a livello nazionale, anche noi allargheremo il tavolo verde, in accordo con le Organizzazioni agricole e le Associazioni dei consumatori).
In questo caso, è un'iniziativa da parte di soggetti che mettono un capitale per costituire una società consortile. Dato che è aperto a pubblici e privati, se qualche Organizzazione di consumatori volesse entrare in società, ha solo da farsi avanti, mettendo una quota di partecipazione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale deliberazione, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio approva.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

L'orientamento della Presidenza è di procedere con i lavori fino alle ore 13.00, sospendere, convocare la Conferenza Capigruppo per le ore 15.00 e riprendere i lavori del Consiglio alle ore 15.30.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Nella Conferenza dei Capigruppo si dovrà affrontare la questione relativa alla Commissione d'inchiesta. La riunione, pertanto, durerà almeno un'ora, quindi per rispetto dei Consiglieri, che non vorrei venissero in aula alle 15.30, credo sia più utile convocare i lavori del Consiglio alle ore 16.00.



PRESIDENTE

Accogliamo senz'altro la richiesta, anche perché se, nei limiti del possibile, riusciamo a stabilire degli orari che poi rispettiamo, questo concorre all'efficienza e all'opportunità per tutti.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Opere di bonifica e consorzi - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 600 inerente a "Revisione dello Statuto del CRESO -Impegno alla conservazione delle colture a rischio di estinzione" collegato alla proposta di deliberazione n. 315


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 600, presentato dai Consiglieri Moriconi, Riba e Di Benedetto, collegato alla proposta di deliberazione n.
315, testé approvata, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale ritenendo importante la conservazione delle biodiversità e la conservazione delle specie autoctone impegna la Giunta regionale a prevedere, nella revisione dello Statuto del CRESO, l'impegno alla conservazione delle cultivar a rischio di estinzione".
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale ordine del giorno.
Il Consiglio approva.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno n. 588 inerente a "Adesione Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile a Johannesburg 24 agosto - 6 settembre 2002"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'ordine del giorno n. 588, presentato dai Consiglieri Moriconi, Chiezzi, Suino, Saitta, Tapparo, Deorsola, Costa Rosa Anna, Tomatis, Riba, Giordano, Contu, Papandrea e Caracciolo precedentemente iscritto all'o.d.g., il cui testo recita: "Considerato che: dal 24 agosto al 6 settembre 2002 si terrà a Johannesburg il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (Johannesburg Summit 2002 - World summit on sustainable development) quella dello sviluppo sostenibile è una delle questioni centrali, di cui è fondamentale tenere conto nell'uso di risorse che si stanno rapidamente esaurendo, nelle pianificazioni e nelle scelte economico-politiche, in un'ottica di solidarietà intra e intergenerazionale con la regionalizzazione dei poteri, le politiche regionali entrano a pieno titolo nei programmi di gestione del clima e di uso del territorio e possono indirizzare sensibilmente le scelte economiche in direzione della sostenibilità nel corso del 2001 è stato firmato dal Presidente della Regione Piemonte assieme ai Presidenti delle altre Regioni italiane, il cosiddetto 'Protocollo di Torino' che impegna le Regioni ad assumere iniziative concrete e a promuovere politiche mirate alla riduzione dell'emissione in atmosfera di gas climalteranti tale firma segnala un interesse precipuo della Regione Piemonte in tema della tutela dell'ambiente Il Consiglio regionale del Piemonte aderisce al Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile che si terrà a Johannesburg a partire dal prossimo 24 agosto condivide le finalità dello stesso auspica che in quella sede si possano trovare soluzioni e proposte che vadano nella direzione di un maggiore equilibrio delle condizioni ecologiche del nostro pianeta, permettendo la vita futura della Terra e dell'Umanità intera".
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale ordine del giorno.
Il Consiglio approva.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno n. 431 inerente a "Conferenza dei Piemontesi nel mondo"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'ordine del giorno n. 431, presentato dai Consiglieri Deorsola, Valvo, D'Onofrio, Costa Rosa Anna, Cattaneo, Dutto Costa Enrico, Placido, Scanderebech, Caracciolo, Gallarini e Pedrale.
La parola al Consigliere Deorsola per l'illustrazione.



DEORSOLA Sergio

Come i colleghi ricorderanno, questo ordine del giorno era già stato portato all'attenzione dell'aula e il Consigliere Tapparo aveva evidenziato l'opportunità di realizzare la Conferenza non nel corrente anno per difficoltà tecniche avendo ormai superato la metà dell'anno in corso.
Chiedo al collega Tapparo se può andare bene modificare l'impegno di realizzare la seconda Conferenza dei Piemontesi nel mondo in terra di Argentina nel corso del 2003, in modo che gli uffici abbiano più tempo a disposizione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Come ricordate, avevo sollevato l'inopportunità di proporre questa iniziativa in un momento ancora così tragico e difficile per la Repubblica Argentina. La nostra Comunità non avrebbe capito.
Avevo chiesto nella mia interrogazione, che credo viva ancora, di rinviare, come periodo di tempo, entro questa legislatura.
Mi pare che la proposta avanzata dal Consigliere Deorsola possa essere accettata non per una questione legata alla non possibilità di operatività (siamo ormai entrati nella seconda parte del 2002).
Oggi c'è ancora una situazione estremamente incerta. Voglio ricordare che le file davanti ai Consolati si sono allungate a dismisura; voglio ancora ricordare che in questo momento c'è una lettura molto negativa dell'atteggiamento dell'Italia e delle Regioni, perché rispetto ai bla bla che facciamo non c'è una risposta alle loro domande: per esempio, poter venire in Italia a lavorare senza limitazioni particolari.
Inoltre, nei giornali locali argentini, sta crescendo il numero di articoli estremamente duri nei confronti del nostro Paese, in conseguenza di lettere scritte da nostri emigrati di prima, seconda e terza generazione.
Pertanto, cerco di fare una mediazione rispetto alla richiesta del collega Deorsola: perché non scriviamo "nella seconda metà del 2003"? Rispetto alla prima metà del 2003 siamo ormai a sette-otto mesi; potremmo dire "nella seconda metà del 2003", così avremmo veramente ancora un anno di tempo, sperando che in quest'anno la situazione si possa almeno un po' assestare e se in qualche modo il sistema industriale argentino potrà recuperare un po' di competitività e crescere.
Quindi, Presidente Riba, ritirerei il mio emendamento: se intendiamo 2003 come la seconda parte del 2003 mi pare una proposta ragionevole.



PRESIDENTE

Mi permetto di considerare che i tempi si sono fatti brevi effettivamente, collega Deorsola, in questo caso conviene scrivere semplicemente "in terra d'Argentina entro l'anno 2003", anziché "nel corso del corrente anno".
Prego, collega Deorsola, prenda pure la parola.



DEORSOLA Sergio

Acconsento alla proposta, perciò possiamo dire "nel corso della seconda metà del 2003". Questo emendamento - che, Presidente, prego di fare suo credo possa essere approvato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Devo dire che avrei preferito il voto sull'emendamento presentato dal Consigliere Tapparo, perché mi pare che le considerazioni da lui esposte siano serie e ci debbano indurre ad una certa prudenza.
L'organizzazione di una Conferenza implica l'assunzione di decisioni molto tempo prima; tra l'altro, in questo contesto la situazione presenta le caratteristiche ricordate dal collega Tapparo, con aspetti di incertezza politica e governativa, per cui rischiamo che, una volta avviata la macchina, o non possiamo svolgere la Conferenza, oppure la dobbiamo effettuare in modo diverso.
Credo invece che il mantenere la legislatura fosse un segno di insufficiente prudenza che ci avrebbe lasciato quell'elasticità che non avrebbe escluso il 2003, ma non lo avrebbe fissato in maniera tassativa.
Inoltre, una considerazione un po' più generale. Ho una perplessità sull'iniziativa. Io sono un emigrato interno e, se è indetta una riunione degli emigrati calabresi in Calabria, può darsi che ci vada, ma se la effettuano in Veneto, cioè se prendono una Regione dove ci possono essere dei calabresi e lì fanno una riunione degli immigrati calabresi, non è detto che ci vada; addirittura potrei mettermi in polemica e dire: "Perch la fanno lì e non qui?".
In sostanza, credo che sia difficile scegliere un Paese. Sappiamo che l'Argentina è il Paese in cui è presente la maggior quantità di emigrati piemontesi, però comunque è un Paese in cui c'è stato un forte afflusso in generale. Bisognerebbe riflettere sul fatto di fissare lì la sede della Conferenza internazionale degli emigrati piemontesi; bisognerebbe rifletterci un po' di più e trovare, a mio avviso, il consenso delle comunità piemontesi degli altri Paesi, perché se poi il tutto si traduce non in una Conferenza internazionale, ma in una Conferenza di quelli dell'Argentina più i Consiglieri regionali del Piemonte e di quelli che stanno qui e che fanno il viaggio in Argentina, secondo me non è una buona scelta.
Personalmente, non ho elementi per capire, ma mi pare che non sia facile per l'immigrato californiano, venezuelano, australiano andare in Argentina; un conto è fare la Conferenza in Piemonte, per cui chiaramente chi è di origine piemontese torna qui e lo fa volentieri, ma partire e andare in Argentina non è così automatico.
Se abbiniamo a questo discorso gli elementi evidenziati prima rispetto alla situazione in cui versa l'Argentina, a maggior ragione vale l'idea di non fissare dei limiti stretti: potrebbe diventare un'iniziativa che non riesce bene. Quindi è necessario riflettere bene.
Dico questo, ma non voto contro; semplicemente, mi pongo dei problemi pratici di organizzazione.



PRESIDENTE

Come i colleghi sanno, la titolarità dell'ordine del giorno è di chi l'ha proposto, non essendo possibili gli emendamenti se non per accoglimento da parte dei proponenti.
La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Credo che le preoccupazioni del collega Papandrea debbano essere tenute presenti, ma penso che possano essere superate se consideriamo, per quanto riguarda la partecipazione degli altri riferimenti piemontesi presenti nelle altre realtà, che si sapeva che le Conferenze sarebbero state realizzate una volta in Piemonte e una volta nell'altro Piemonte, perci nel resto del mondo. Si tratterebbe solo, in questo caso, di individuare l'Argentina come sede di effettuazione della seconda Conferenza per una serie di ragioni che credo non debbano essere particolarmente richiamate.
Mi auguro che le condizioni dell'Argentina migliorino rapidamente comunque questo voleva essere un contributo che il Piemonte e i piemontesi portano alla terra di Argentina.
Con tutta la prudenza che sarà necessaria, credo che si possa approvare questo ordine del giorno per dare un punto fermo; poi, se ci dovessero essere delle difficoltà, le valuteremo, ma mi auguro fermamente di no.



PRESIDENTE

Grazie.
La formulazione definitiva dell'ordine del giorno rimane pertanto la seguente: "Il Consiglio regionale richiamata la prima Conferenza dei Piemontesi nel Mondo, tenutasi a Torino nel novembre 1999 ritenuto opportuno che la 'Conferenza' si tenga nel corso di ogni legislatura regionale almeno una volta in Piemonte e una volta in Paesi con forte presenza di emigrazione piemontese considerate le recenti vicende che hanno caratterizzato l'Argentina impegna il Presidente della Giunta regionale, il Presidente del Consiglio regionale e l'Assessore competente a realizzare la seconda Conferenza dei Piemontesi nel Mondo in terra d'Argentina nel corso della seconda metà dell'anno 2003".
Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale ordine del giorno.
Il Consiglio approva.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati - Industria - Commercio - Artigianato: argomenti non sopra specificati

Esame disegno di legge n. 422: "Modifiche ed integrazioni della legge regionale 13 maggio 1980, n. 39 (Repressione delle frodi: sistema di rilevazione e controllo della produzione e del commercio dei prodotti vinicoli)"


PRESIDENTE

L'orientamento, anche su alcune segnalazioni della maggioranza, è di cominciare la discussione sulla Finanziaria all'inizio del pomeriggio salvo eventualmente leggere la relazione introduttiva.
Di conseguenza, utilizzerei lo spazio che ci rimane - credo che sia sufficiente - per esaminare il disegno di legge n. 422, di cui abbiamo approvato l'iscrizione all'o.d.g., relativo alla modifica delle norme sulla repressione delle frodi, in quanto - lo ripeto in linea di massima, ma solo per dare comunicazione del contenuto - c'è una normativa sugli accordi collettivi per la cessione dell'uva moscato che stabilisce un massimo di resa per ettaro ammissibile. Tuttavia, manca la sanzione per coloro che non rispettano quel tipo di resa, per cui i nostri servizi antisofisticazione ai quali va dato atto di una certa professionalità, non riescono a muoversi adeguatamente in quel quadro.
Il relatore, Consigliere Pedrale, è assente, per cui svolge la relazione il Consigliere Bolla, in qualità di Vicepresidente della Commissione.



BOLLA Emilio, relatore

La Regione Piemonte, nell'ambito di un costante sforzo di miglioramento e qualificazione della propria agricoltura, si è sempre avvalsa di tutti gli strumenti normativi idonei al perseguimento di una politica a favore della qualità dei prodotti agricoli.
In particolare, la Regione Piemonte nel comparto vitivinicolo ha sviluppato un'efficace azione normativa ed amministrativa attraverso l'emanazione, nel 1980, della legge regionale n. 39, istitutiva di un sistema per la rilevazione delle produzioni vitivinicole e per la lotta alle frodi e sofisticazioni.
Al fine di recepire le innovazioni introdotte dalla normativa comunitaria e nazionale nella legislazione di settore, si rende ora necessario un adeguamento delle disposizioni contenute in tale legge.
Il presente disegno di legge si propone pertanto, in primo luogo tramite la modifica dell'art. 2 della legge regionale n. 39/80 (che viene integralmente sostituito), di dare attuazione legislativa alle disposizioni contenute nella legge n. 164/92 (relativa alla nuova disciplina delle denominazioni di origine), in modo da consentire alla Regione l'istituzione dei sistemi di controllo quantitativi e/o qualitativi delle uve provenienti dai vigneti iscritti negli albi dei vini a denominazione di origine.
Tale sistema di controllo, peraltro già previsto nelle istruzioni per l'applicazione della legge regionale n. 39/80, è stato attuato, e quindi collaudato, per quasi venti campagne vitivinicole, trovando un generale consenso da parte degli operatori del settore.
Tuttavia, con la modifica proposta, il sistema di controllo in questione, assumendo valore di legge, viene integrato da specifiche fattispecie sanzionatorie per i soggetti che violano tale normativa.
L'adeguamento della legge regionale n. 39/80 è infine completato sempre per il tramite di una modifica dell'art. 2, con il recepimento delle disposizioni comunitarie contenute nel Regolamento (CE) n. 1493/1999 relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo. In questo modo, la Regione Piemonte può adottare i provvedimenti amministrativi necessari per il conseguimento degli equilibri produttivi e di mercato comprensivi anche di quelli sanzionatori, nell'ambito del perseguimento di una politica a favore della qualità dei prodotti vitivinicoli.
Al fine di perseguire la maggiore chiarezza possibile nei confronti del cittadino utente ed in ossequio alle migliori tecniche di scrittura dei testi legislativi, si è preferito, come in precedenza ricordato, sostituire integralmente l'art. 2 della legge regionale n. 39/80, cogliendo inoltre l'occasione per aggiornare il riferimento in esso contenuto alla legge n.
142/90, abrogata e sostituita dal D.lgs. n. 267/00, riportante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli Enti locali.
Sempre per tale motivazione, si è altresì ritenuto opportuno sostituire l'intero art. 3 bis della legge regionale n. 39/80, nel cui nuovo comma 6 sono state determinate le sanzioni amministrative relative alle violazioni delle prescrizioni regionali adottate in attuazione della legge n. 164/1992 riportate nel novellato art. 2, comma 2, della legge regionale, mentre nel comma 7 sono contenute le sanzioni amministrative relative alle violazioni dei provvedimenti adottati dalla Regione, ai sensi del Regolamento (CE) n.
1493/1999, per il conseguimento degli equilibri produttivi e di mercato, di cui al nuovo comma 3 dell'art. 2.
Con l'occasione si è anche provveduto a convertire nella nuova moneta europea le altre sanzioni previste dall'art. 3 bis, senza tuttavia modificarne gli importi.
Valutata l'urgenza dell'entrata in vigore del provvedimento in oggetto al fine della sua attuazione già in occasione della vendemmia dell'anno in corso e considerato l'approfondito esame cui il disegno di legge è stato sottoposto da parte della Commissione III, anche con lo svolgimento delle consultazioni con i soggetti interessati che hanno manifestato tutti il massimo consenso sulle disposizioni in esso contenute, se ne richiede una rapida approvazione da parte dell'aula consiliare.



PRESIDENTE

Dichiaro aperta la discussione.
Non essendovi interventi, procediamo con l'esame del relativo articolato.
ART. 1 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale articolo.
Il Consiglio approva.
ART. 2 Indìco la votazione palese, mediante procedimento elettronico, su tale articolo.
Il Consiglio approva.
Indìco la votazione per appello nominale, mediante procedimento elettronico, sull'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 38 hanno votato SÌ 38 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere Il Consiglio approva.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Consigliere Cattaneo, relativamente al disegno di legge n. 432 possiamo procedere allo svolgimento della relazione introduttiva?



PRESIDENTE

CATTANEO Valerio (fuori microfono)



PRESIDENTE

No, direi di iniziarlo nel pomeriggio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Chiederei, com'è stato detto, di rinviare ad oggi pomeriggio la discussione relativa alla legge finanziaria, dopo la Conferenza dei Capigruppo, riservandoci eventuali questioni preliminari.



PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Grazie, Presidente.
Concordo con la richiesta del Consigliere Marcenaro, che mi sembra molto logica.
Uno dei motivi per cui abbiamo richiesto di spostare la Conferenza dei Capigruppo era dovuto alla richiesta dell'opposizione di capire una questione relativa mente all'attività emendativa precedente all'inizio della legge finanziaria.
Noi vorremmo correttamente dare una risposta, poiché c'è stata chiesta anche se più o meno le decisioni le abbiamo prese.
Volevamo, però, avere il tempo di confrontarci prima con i Capigruppo di maggioranza, poi dare una risposta in Conferenza dei Capigruppo e all'aula alle ore 16.00.



PRESIDENTE

Prendo atto della convergenza delle proposte che sono state formulate.
La seduta, pertanto, è aggiornata alle ore 16.00, mentre i Capigruppo sono convocati alle ore 15.00 nella Sala A).


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.36)



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