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Dettaglio seduta n.19 del 22/09/00 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 27 giugno e del 2, 11, 18, 25 e 27 luglio si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta Franco, Pichetto, Rossi Giacomo e Racchelli.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

c) Revoca deleghe al Consigliere Questore Di Benedetto


PRESIDENTE

Comunico che l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale nell'ultima seduta ha deliberato di revocare al Consigliere Segretario Di Benedetto le deleghe a Consigliere Questore, ed ha assegnato la stessa delega al Consigliere Mancuso.


Argomento:

d) Rispetto disposizioni precedente circolare


PRESIDENTE

Comunico inoltre che ho dato disposizione, sempre su mandato dell'Ufficio di Presidenza, a tutti i commessi presenti in aula affinch facciano tassativamente rispettare le disposizioni di una precedente circolare distribuita a tutti i Consiglieri e a tutti funzionari in servizio presso l'Assemblea regionale.
La circolare in oggetto vi è stata distribuita. Ho dato disposizione affinché quanto contenuto nella circolare venga fatto rispettare. Per esempio, vi è scritto che nell'emiciclo devono sedere soltanto, ed esclusivamente, i Consiglieri regionali. Nella stessa circolare sono elencate anche le modalità di accesso ai locali attigui all'Assemblea regionale. Questo è molto importante, perché come prima cosa tutti noi dobbiamo contribuire a salvaguardare l'Istituzione Assemblea regionale anche nelle forme di comportamento.
Si tratta di un invito che vi rivolgo, anche sulla base di alcune sollecitazioni pervenute da alcuni colleghi, che condivido in tutto e per tutto, e dai colleghi dell'Ufficio di Presidenza.
Vi ringrazio della collaborazione; assumere tale comportamento è assolutamente nell'interesse di tutti.



PRESIDENTE

Sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo, ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Intervengo per sapere per quale ragione i Questori sono tutti appartenenti alla maggioranza. Normalmente, in ogni Assemblea elettiva, i Questori devono, senza usare il "Cencelli", rappresentare sia la maggioranza sia la minoranza.
Gradirei una spiegazione sulla decisione assunta.



PRESIDENTE

Poiché il Consigliere Segretario di minoranza è uno solo, avendo assunto il Consigliere Di Benedetto un comportamento giudicato dall'Ufficio di Presidenza incompatibile con il mantenimento della delega di Questore non vi era altra strada che assegnare tale delega al Consigliere Mancuso.



(Voci in aula)



PRESIDENTE

Il principio è che la delega di Questore viene assegnata ad un Consigliere Segretario. Sono tre i Consiglieri Segretari, due di maggioranza e uno di opposizione: non c'è altra via.
Del resto, non è previsto potere di revoca da parte del Presidente del Consiglio regionale dall'incarico di Consigliere Segretario - incarico elettivo. Non c'è altra via, colleghi.



(Voci in aula)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Riggio.



RIGGIO Angelino

Signor Presidente, condivido il rigore utilizzato per stigmatizzare il comportamento del Consigliere Di Benedetto nella precedente seduta di Consiglio. Quello che vorrei sollecitare al Presidente del Consiglio è altrettanto rigore nella tutela della dignità dell'aula e dell'Istituzione in qualsiasi circostanza. Quindi deve essere valido il principio che le "pagliacciate" sono sempre "pagliacciate" e non sono condannabili soltanto quando vengono fatte dall'altro lato.
Non mi riferisco soltanto al manifesto che ha esibito il Consigliere Ghiglia, ma a numerosi episodi a cui ho assistito, non solo in questo legislatura, ma anche nella precedente.



PRESIDENTE

La ringrazio Consigliere Riggio, terrò conto della sua raccomandazione.
La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Presidente, credo che una soluzione al problema ci sia. Non è vero che nel Regolamento non c'è la risposta al quesito posto.
Mi arrenderei di fronte all'ipotesi che il Consigliere Di Benedetto abbia rassegnato volontariamente le dimissioni da Questore. Se non è così credo che le nuove norme possano riaprire il dibattito sul tema; ci siamo dotati sicuramente di un Regolarmente più ferreo, di conseguenza la strada è quella di restituire al Consigliere Di Benedetto le deleghe.
Termino il mio intervento con una battuta semiseria: il Regolamento non norma le dimensioni delle tende che si possono installare al centro dell'emiciclo.



PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza terrà conto anche dei suoi chiarimenti.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Interverrò brevemente sulla questione.
Innanzitutto occorre fare una differenza tra pagliacciata e pagliacciata. Una cosa è la "pagliacciata", come in molti hanno praticato in quest'aula compreso il sottoscritto, nel momento in cui l'Istituzione è viva ed è vigile; altra cosa è la pagliacciata ad istituzione indifesa.
Qui, in quest'aula, ad Istituzione viva e vegeta, si sono portate manette al Presidente di turno, sono stati esposti dei pupazzi: ne abbiamo fatte tante.
Un tipo di pagliacciata che, se permettete, ha un suo decoro, è addirittura prevista dal Regolamento consiliare con le parole "tumulto in aula".
Altra cosa è - ripeto - la pagliacciata nel momento in cui l'Istituzione è indifesa. In questo caso è una pagliacciata con una valenza di carattere inferiore: questo luogo è un luogo di conflitto, non è un salotto, si può anche superare certi limiti, storicamente è successo.
Per quanto riguarda le cariche istituzionali sottolineo che i membri dell'Ufficio di Presidenza, compreso il Presidente, i due Vicepresidenti il Segretario, ricoprono cariche che sono inamovibili. Il Consiglio regionale non può sfiduciare l'Ufficio di Presidenza, in nessun caso! Ritengo che questo sia un elemento da valutare all'interno del Regolamento: penso sia da rivedere l'intoccabilità di quelle funzioni. Penso che, in presenza di maggioranze d'aula straripanti, anche un Presidente del Consiglio, un Vicepresidente o un eletto dell'ufficio di Presidenza possa ricevere una mozione di sfiducia. Adesso non siamo in grado di farlo.
Nella passata legislatura avevo presentato una deliberazione in proposito che non ha avuto esito positivo. Non la ripresento, ma volevo soltanto sottolineare il fatto che si potrebbe anche prevedere la sfiducia, votata dal Consiglio regionale, a membri dell'ufficio di Presidenza, cosa che adesso non è possibile.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Chiezzi.
La parola al Consigliere Caracciolo; ne ha facoltà.



CARACCIOLO Giovanni

A proposito della tenda montata dal dipietrista Consigliere Di Benedetto in Consiglio regionale e della solidarietà espressagli da alcuni partiti, tra cui lo SDI, vanno precisati alcuni contorni, altrimenti si corre il rischio di equivocare.
Nella Commissione Affari Istituzionali, tenutasi il giorno precedente non si è potuto nemmeno iniziare la discussione di una proposta di legge sul federalismo presentata dal centrosinistra, in quanto, secondo il Presidente della Commissione Manolino, mancavano le condizioni di opportunità e di tempo per poterlo fare.
A questo punto, dopo lunga polemica, risolveva tutto, con una mossa da favola del lupo e dell'agnello, il Capogruppo della Lega Nord, On. Avvocato Brigandì, facendo approvare, dalla sua maggioranza, una proposta secondo la quale, data l'importanza del tema da discutere, occorreva...



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Caracciolo, sono chiarimenti sulla mia comunicazione? Lei sta facendo un intervento.



CARACCIOLO Giovanni

No, sto finendo.
Dicevo che occorreva la presenza dell'Onorevole Ghigo, assente per impegni istituzionali.
L'atto provocatorio del Consigliere Di Benedetto va collocato in questo clima politico ed istituzionale. Per quanto poco corretto e plateale, è risultato molto efficace come denuncia all'esterno.
Essendo queste le finalità, facendo egli parte del centrosinistra come noi, ci è sembrato giusto e coerente esprimergli la nostra solidarietà.
Questo non cambia il nostro giudizio fortemente critico nei confronti del movimento a cui il Consigliere Di Benedetto appartiene, che ha fatto in modo preconcetto e becero, dell'antisocialismo una delle sue bandiere di battaglia politica.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Caracciolo.
La parola al Consigliere Papandrea; ne ha facoltà.



PAPANDREA Rocco

Relativamente a questa considerazione, prendo atto delle dichiarazioni fatte dal Presidente e comprendo anche le ragioni delle stesse.
Invito semplicemente l'ufficio di Presidenza, in un futuro non troppo lontano, a rivedere le deleghe per ricostruire una situazione in cui quel tipo di deleghe vengano affidate anche al rappresentante dell'opposizione.
Cioè, semplicemente, può non essere una sospensione. Capisco, per ragioniamo sul fatto che l'ufficio di Presidenza può, ad un certo punto decidere in un modo diverso.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Papandrea.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Proposta di deliberazione "Convalida del Consigliere regionale Giancarlo Tapparo. Adempimenti ex artt. 15 e 16 del Regolamento interno"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame della proposta di deliberazione relativa alla convalida del Consigliere regionale Giancarlo Tapparo, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Mellano, che ha facoltà di intervenire.



MELLANO Bruno

Egregio Presidente del Consiglio, egregio Presidente della Giunta, cari Colleghi, la Giunta delle Elezioni si è riunita all'inizio della settimana e ha valutato la situazione del collega Giancarlo Tapparo, che ha presentato irrevocabili dimissioni dalla carica di Senatore, quindi ha rimosso le cause di incompatibilità previste dal Regolamento.
Pertanto, la Giunta delle Elezioni propone a quest'aula di ratificare con convalida, l'elezione a Consigliere regionale del collega Tapparo, che ha personalmente provveduto a consegnare oggi stesso l'originale della presa d'atto del Senato della Repubblica avvenuta nei giorni scorsi.
Con il caso Tapparo si chiude la cinquantottesima convalida; rimangono ancora aperti due casi, che saranno valutati nei prossimi giorni.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Mellano.
Ringrazio personalmente il Consigliere Tapparo anche per la diligenza nel far pervenire al Presidente della Giunta delle elezioni e all'assemblea la presa d'atto delle dimissioni dal Senato della Repubblica.
Si proceda alla distribuzione delle schede per la proposta di convalida del Consigliere Tapparo.
Ricordo che votando "SI'" si esprime parere favorevole alla convalida.



(Si proceda alla votazione a scrutinio segreto, con l'assistenza del Consigliere segretario Pozzo)



(Il Consigliere Segretario Mancuso effettua l'appello nominale)



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la votazione.
Procediamo allo spoglio delle schede.



(Si procede allo spoglio delle schede)


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Mentre procediamo allo spoglio delle schede, la parola al Consigliere Chiezzi, che mi aveva anticipato una richiesta di iscrizione.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, intervengo soltanto per chiederle - ho avuto un giro di opinioni informale con, spero, tutti i Capigruppo - se è possibile iscrivere all'ordine del giorno - e, poi, in sede di Capigruppo, decidere quando discuterlo - l'ordine del giorno relativo all'aggressione subita dal professore Marsiglia.
Grazie.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno, a firma dei Consiglieri Chiezzi, Marcenaro Giordano, Caracciolo e altri, è a mie mani.
Pongo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 86 avente per oggetto: "Aggressione antisemita a Roma".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' iscritto con 52 voti favorevoli.
Sempre in merito all'iscrizione all'o.d.g. di un ordine del giorno ha chiesto di parlare il Consigliere Costa Enrico.



COSTA Enrico

Anch'io chiedo che, dopo i provvedimenti all'esame di quest'aula, venga iscritto all'ordine del giorno un ordine del giorno relativo agli eventi calamitosi verificatisi nel Comune di Fossano.
Chiedo che l'aula si pronunci in questo senso.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'iscrizione di tutti i documenti presentati in merito a tale argomento: ordine del giorno n. 85 "Danni provocati dal maltempo" a firma dei Consiglieri Saitta e Tomatis ordine del giorno n. 87 "Danni provocati dal maltempo" a firma dei Consiglieri Costa Enrico, Riba e Mellano ordine del giorno n. 88 "Danni provocati dal maltempo" a firma dei Consiglieri Ronzani, Mellano e Riba Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Gli ordini del giorno sono iscritti con 52 voti favorevoli.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione relativa a "Convalida del Consigliere regionale Giancarlo Tapparo. Adempimenti ex artt. 15 e 16 del Regolamento interno" (seguito)


PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione relativa alla convalida del Consigliere Tapparo: presenti e votanti 52 hanno risposto SI' 52 Consiglieri La proposta di deliberazione è approvata: proclamo convalidato il Consigliere regionale Giancarlo Tapparo.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale in merito alla questione "Riforma federale dello Stato" e relativa proposta di referendum consultivo ai sensi dell'art. 60 dello Statuto - dibattito


PRESIDENTE

Colleghi, avevamo concordato due interventi: il mio intervento, sotto forma di relazione circa lo stato dell'arte in ordine alla riforma di modifica del Titolo V della Costituzione in discussione al Parlamento argomento certamente attinente con l'argomento che stiamo discutendo in Consiglio regionale, cioè la deliberazione sul referendum consultivo - e successivamente, l'intervento del Presidente Ghigo; infine, un dibattito.
Colleghi, il dibattito sul federalismo si sta certamente sviluppando da diverso tempo: si è sviluppato e ha preso corpo in campagna elettorale con una serie di proposte avanzate dalle varie forze in competizione - parlo ovviamente della campagna elettorale più recente, cioè per le elezioni regionali.
Prima dello scontro elettorale, vi era stato comunque un dibattito sviluppatosi negli anni, che prendeva sempre più corpo e diventava sempre più di attualità con un'esigenza, direi indifferibile, di cambiamento e di necessità di affrontare finalmente il punto.
Dopo l'appuntamento elettorale questo dibattito è proseguito nelle istituzioni, nelle assemblee regionali, al Parlamento nazionale e in altri organismi, anch'essi istituzionali, quali la Conferenza dei Presidenti delle Giunte regionali, la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, le varie Conferenze e organismi rappresentativi degli enti locali.
Per quanto riguarda i diversi livelli, il Parlamento nazionale ha iniziato un esame relativo alla modifica del Titolo V della Costituzione che ci interessa perché riguarda gli articoli 116, 117 e seguenti (quelli che si occupano dell'ordinamento regionale).
Il 26 luglio la Commissione Affari Costituzionali ha licenziato un testo, relatori gli Onorevoli Cerulli Irelli e Soda, che poi è approdato all'esame dell'aula in data 19 settembre.
Sul testo licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali si è aperto un dibattito politico. Cercherò di riassumervi schematicamente le varie posizioni e di esprimere qualche considerazione in ordine al dibattito politico, che ha come punto di riferimento il Parlamento nazionale.
Poi, vi è l'altro dibattito politico che, invece, ha quale punto di riferimento le singole assemblee regionali. Per quanto riguarda la nostra assemblea, questo dibattito è in corso, perché, proprio oggi, stiamo esaminando la proposta di deliberazione n. 31, cioè quella volta alla realizzazione di un referendum consultivo ai sensi dell'art. 60 della Costituzione. Cercherò di riassumervi quali sono le varie posizioni.
La Commissione Affari costituzionali ha licenziato un testo in data 26 luglio, che prevede la modifica degli articoli della Costituzione che si occupano dell'ordinamento regionale.
Questo testo prevede sostanzialmente la modifica dell'art. 117 della Costituzione individuando, in capo allo Stato nazionale, la competenza esclusiva in una serie di materie che sono indicate in un modo molto esteso, nel senso che vi è un elenco dettagliato e lungo di materie indicate come competenza esclusiva dello Stato.
Ha previsto, per quanto riguarda le Regioni, una competenza legislativa non esclusiva, ma concorrente, e ha sostanzialmente lasciato all'art. 119 inalterato il principio secondo il quale alle Regioni spettano tributi propri e quote di tributi erariali.
Faccio un primo paragone, oltre poi ad aver fatto una serie di altre piccole modifiche, ma il punto centrale è la previsione dell'art. 117, cioè la ripartizione delle competenze e, poi, la parte finanziaria. Su questo punto si è aperto il dibattito.
Un primo dibattito vi è stato in sede di Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali.
I Presidenti dei Consigli Regionali si sono riuniti in data 14 luglio ad Aosta, ed hanno elaborato un documento. Il testo non era stato ancora licenziato definitivamente, ma già era quello il punto di riferimento.
I Presidenti dei Consigli regionali, tutti insieme, hanno preso una posizione (sto parlando di una delibera che è stata votata all'unanimità) e hanno individuato lo scenario finale, cioè l'obiettivo cui qualunque riforma in senso federale dello Stato dovrebbe tendere.
Abbiamo individuato una situazione nella quale lo Stato avrebbe dovuto avere soltanto una competenza legislativa esclusiva in pochissime materie individuate in allora nei classici tre simboli della sovranità nazionale: la spada, la toga e la moneta, cioè la difesa, la giustizia (in senso federale) e le politiche monetarie. Tenendo conto che la politica monetaria è ormai di competenza dell'Unione europea.
Accanto a questa previsione, si è scritto "nero su bianco" l'auspicio di realizzare un vero sistema di federalismo fiscale, affinché le Regioni abbiano la disponibilità economica, attraverso il gettito fiscale, che consenta loro di amministrare e di decidere sulle materie di loro competenza.
In quest'aula posso parlare in prima persona, perché ho assistito ai lavori di questa Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali: lo spirito che ha mosso l'assemblea dei Presidenti nell'estendere e, poi, nel votare questo documento è stato quello di capire che cosa si intende per federalismo, individuando almeno un minimo comune denominatore del concetto di federalismo.
Questo minimo comune denominatore è stato individuato nella ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, di modo che lo Stato abbia delle competenze assai limitate, esclusive e individuate, e le Regioni abbiano invece altre competenze, anch'esse individuate. Ci si è sforzati affinché sia chiaro il confine tra quanto è di competenza dello Stato e quanto delle Regioni, certamente con diverse sfumature, ma questo è stato il principio che ha animato la stesura di questo documento e che ne sta a fondamento: principio che condivido personalmente.
Penso che, per fare in modo che si realizzi una riforma in senso federale dello Stato, sia necessario riscrivere veramente le competenze dello Stato e le competenze delle Regioni in una nuova norma, in una nuova carta e in un nuovo patto, dove si sappia a priori che cosa sta allo Stato e cosa sta alle regioni, facendo quindi chiarezza nell'individuazione delle rispettive competenze.
E questa chiarezza deve anche portare all'individuazione, in capo allo Stato, soltanto di quelle competenze che sono oggettivamente necessarie allo Stato nazionale, in base, anche e soprattutto, all'accoglimento del principio di sussidiarietà, secondo il quale all'ente più vicino ai cittadini spettano tutte quelle competenze che è in grado di gestire nell'interesse dei cittadini stessi.
Uno Stato nazionale che abbia delle competenze soltanto in poche materie è uno Stato nazionale che, forse, è in grado di adempiere al meglio ai suoi compiti nella gestione di queste materie, tenuto conto che le Regioni hanno invece la possibilità gestire meglio tutte le altre competenze.
Comunque, come vi dicevo, si tratta di una ripartizione rigida delle competenze tra Stato e Regioni e dell'individuazione delle disponibilità finanziarie per poterle gestire.
Ora svolgo il raffronto tra il testo di legge, così come licenziato dalla Commissione Affari costituzionali, e il paradigma individuato da questo documento.
Rilevo alcune mancanze, alcune delle quali sono state rilevate, oltre che dai Presidenti dei Consigli regionali, da altri organismi istituzionali. Ho provato ad riassumere queste mancanze e ve le elenco.
La prima grande mancanza è l'estensione delle competenze legislative esclusive, che sono state riservate allo Stato. In quel documento del 14 luglio si individuavano solo tre competenze in capo allo Stato; ora l'art.
117, così come modificato e approvato dall'aula di Montecitorio, anche con alcuni emendamenti, prevede invece in capo allo Stato una sfilza di materie molto lunga, che arriva fino alla lettera q). Voi avete il testo che gli uffici sono riusciti a predisporre. Sto richiamando l'art. 5 della proposta, che fa riferimento all'art. 117: al primo comma, sono individuate tutte le materie su cui lo Stato ha la legislazione esclusiva.
Queste materie sono molto più numerose rispetto a quelle che sono state individuate in quel documento, quindi, sotto questo profilo, vi è una incompatibilità tra il documento approvato e il testo che è stato licenziato dalla Commissione Affari costituzionali.
Un altro punto è invece rappresentato dalla competenza concorrente in capo alle Regioni in tutte una serie di materie individuate dal secondo comma dell'art. 117 così come modificato.
Rilevo che il passaggio epocale sarebbe quello di individuare una diversità di competenze, cioè di stabilire quello che sta allo Stato come competenza legislativa esclusiva e quello che sta alle Regioni come competenza legislativa esclusiva. Invece, il secondo comma prevede una lunga serie di materie in cui la competenza legislativa delle Regioni è una competenza concorrente e non esclusiva, là dove vi è la possibilità prevista dalla norma, di interferenza della legge statale.
Su questo punto, rilevo come addirittura il nuovo testo dell'art. 117 in parte toglie alle Regioni la titolarità della competenza su queste materie, perché la ripartisce appunto tra Stato e Regioni, mentre invece il vecchio testo dell'art. 117, quello ancora oggi in vigore, pur individuando una competenza legislativa ripartita, comunque assegnava, almeno nominalmente, questa competenza in capo alle Regioni.
Il primo aspetto è quindi rappresentato dalla serie di materie che sono assegnate allo Stato in via esclusiva e dalla mancanza di una previsione in capo alle Regioni di competenza legislativa esclusiva.
Un'altra considerazione che io faccio è quella relativa all'art. 116 così come modificato, che prevede una procedura di trasferimento in capo alle Regioni di ulteriori funzioni, laddove si parla di forme e condizioni particolari di autonomia: anche qui si predeterminano le ulteriori materie quindi le ulteriori competenze che potrebbero essere attribuite alle Regioni, di fatto mettendo dei lacciuoli molto stretti poi alla possibilità di aumentare il processo di attribuzione delle materie alle Regioni.
Dell'art. 116 e dell'art. 117 vi ho parlato.
Per quanto riguarda l'art. 119 si rileva la mancanza della previsione della titolarità in capo alle Regioni in tema di gettito fiscale. Nel testo licenziato (almeno adesso stiamo parlando del testo licenziato, poi vi sono degli emendamenti, migliorativi sicuramente, che sono stati presentati e che sono già stati discussi perché si è arrivati ad approvare fino all'art.
119, che mantengono comunque il principio che alle Regioni spettano dei tributi propri e quote di tributi erariali) manca la previsione della titolarità in capo alle Regioni in tema di gettito fiscale o quanto meno di quota di gettito fiscale contrattata tra lo Stato e le Regioni. E io debbo anche dirvi che il problema della assegnazione alle Regioni della quota di tributi erariali è stato un problema negli anni molto scottante, perch tutti noi abbiamo visto come il principio originariamente indicato dall'art. 119, per molti e molti anni, io direi che si è cominciato soltanto l'anno scorso ad andare nella direzione giusta, non è mai stato applicato, perché mai è stata definita preventivamente la quota di tributi erariali che avrebbe dovuto spettare alla Regione, mai! Dall'anno scorso c'è stata qualche timida apertura, dobbiamo dirlo, e dall'anno scorso finalmente si è arrivati ad un sistema nel quale comunque le risorse che sono disponibili alle Regioni partono dal principio della quota del tributo erariale. Prima si procedeva sempre di semestre in semestre con manovre di bilancio che consentivano l'attribuzione dei fondi necessari per arrivare fino alla fine dell'anno.
Oltre alla mancanza della previsione della titolarità in tema di gettito fiscale o quanto meno di quota contrattata, rilevo che nel progetto uscito dall'esame della Camera manca la previsione della Camera delle Autonomie. Camera delle Autonomie che era stata richiesta dai Presidenti dei Consigli regionali, che era stata richiesta anche dai Presidenti delle Giunte regionali, cioè Camera delle Autonomie che avrebbe dovuto sostituire, che dovrebbe sostituire come seconda Camera il Senato della Repubblica. Qui ci rendiamo conto che per un Parlamento riformare se stesso anche mediante la sostituzione, l'abolizione, la modificazione di una Camera è difficile, però questa Camera delle Autonomie è comunque molto sentita e non è contenuta nella riforma.
In più io debbo rilevare la mancanza di una prevista riforma della Corte Costituzionale. Se si parla di federalismo e se si deve arrivare ad un modello nel quale sono definite le competenze dello Stato e le competenze delle Regioni e se vi deve essere un organismo dello Stato in grado di dirimere eventuali controversie tra Stato e Regioni, come succede anche oggi, ma come a maggior ragione dovrebbe succedere in futuro, allora è lecito sperare che la Corte Costituzionale, a fronte di una riforma federale dello Stato, possa inserire le Regioni in un meccanismo di designazione dei giudici, laddove oggi invece concorre soltanto il Parlamento nazionale nel meccanismo di designazione degli stessi per la sua quota.
Ecco, ho provato a sintetizzarvi le discrasie tra questo testo, il testo approvato dai Presidenti dei Consigli regionali per come io ho vissuto la fase di predisposizione del documento.
Vi devo anche dire però, perché io voglio farvi un riassunto completo che vi è stato un altro documento che forse è balzato più agli onori della cronaca rispetto a questo documento (documentino) dei Presidenti dei Consigli regionali, che forse è stato ignorato dai giornali e dai mezzi di informazione. Vi è un documento che invece è arrivato più direttamente al cuore dei mezzi di informazione, che è stato ampiamente riportato e che è il documento dei Presidenti delle Giunte regionali, anzi documento congiunto dei Presidenti delle Giunte regionali, dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani e dell'Associazione Nazionale delle Province Italiane. Documento che certamente voi tutti conoscete, comunque un documento che anch'esso individua delle linee e propone dei suggerimenti al Parlamento nazionale, facendo una premessa, e cioè che questa comunque è una riforma insufficiente e non è una riforma che realizza l'obiettivo del federalismo.
Io vi ho fatto la premessa sulla incompatibilità di questa riforma con un modello, con un'organizzazione di tipo federale ed anche con il modello uscito dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali. Vi dico che dalla audizione che abbiamo avuto come Presidenti dei Consigli regionali in sede di Commissione Affari Costituzionali, gli stessi relatori hanno ammesso e poi hanno precisato, togliendo questa terminologia dal testo della legge, che non si tratta di una riforma federale, cioè che è una riforma certamente parziale, ma non è una riforma che può essere classificata come riforma federale e ricordo a questo proposito molto bene le parole dell'on. Cerulli Pirelli.
Il documento dei Presidenti delle Giunte regionali, dell'ANCI e delle Province, sostanzialmente chiede una riduzione delle materie di competenza esclusiva dello Stato nazionale ed in particolare la eliminazione della lettera q) del testo predisposto - poi ve lo potrà spiegare certamente meglio il Presidente Ghigo - e un'estensione della legislazione delle Regioni, seppur in materia concorrente, ai rapporti con l'Unione Europea all'istruzione, ai porti, agli aeroporti e alle grandi vie di comunicazione e la competenza sulle Casse di Risparmio. Nulla dice però il documento in ordine all'art. 119 o quanto meno non affronta il tema della titolarità in materia di gettito fiscale.
Certamente, il documento dei Presidenti delle Giunte regionali fa delle aperture importanti in ordine alla realizzazione del principio di sussidiarietà. Ora, a fronte di questo documento e delle variegate posizioni, alla Camera dei Deputati è iniziato un dibattito che porterà probabilmente nella giornata di martedì, ad un voto finale.
Io ho cercato, ho provato a tenermi aggiornato e costantemente in contatto con la Camera dei Deputati. So che sono stati approvati alcuni emendamenti, e so anche che vi sono stati distribuiti. Essi sono relativi agli artt. 116, 117,118 e 119. Sono emendamenti che in parte hanno tenuto conto delle proposte fatte dai Presidenti delle Giunte regionali. Non si è però modificato il criterio di ripartizione di funzioni tra lo Stato e le Regioni, assegnando alle Regioni una competenza legislativa esclusiva. Si è mantenuto quel modello, si sono accettate, da parte della maggioranza alcune proposte.
Il modello è questo. Esso appare incompatibile con una riforma radicale e globale in senso federale, come da più parti è stato individuato, come io stesso individuo e come individua, in maniera molto chiara, la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali. Del resto, ciò è stato ammesso anche dagli stessi relatori.
A fronte di questo dibattito, vi è un altro dibattito che stiamo conducendo qui in Consiglio regionale. Oggetto del dibattito è una deliberazione che propone al Consiglio regionale l'approvazione della richiesta di indizione di un referendum consultivo volto alla devoluzione cioè al trasferimento dallo Stato alle Regioni delle sue funzioni in materia di sanità, istruzione professionale e polizia locale. Questa proposta di deliberazione prevede un iter che voi tutti conoscete: una volta approvata la deliberazione da parte dell'Assemblea regionale, sarà necessario che il Presidente della Giunta regionale indica il referendum finalizzato alla presentazione di una proposta di legge al Parlamento nazionale, atta ad individuare, concretamente, il meccanismo della devoluzione. La deliberazione di indizione del referendum, con il quesito referendario, è soltanto un primo passaggio, un atto indicativo. Il passaggio di riforma o meglio, di richiesta di riforma, d'individuazione concreta del "modello di riforma" è, invece, la legge. Anche la legge passerà dall'esame del Consiglio regionale: se la deliberazione d'indizione del referendum può limitarsi a dieci righe, la legge è invece un testo articolato. Su di essa, necessariamente, ci sarà un dibattito, un confronto: non si tratterà più di una dichiarazione di principio ma di un testo completo e approfondito.
Come vi ho già detto, l'iter è il seguente: approvazione della deliberazione di referendum, decreto del Presidente della Giunta regionale proposta di legge presentata dal Presidente della Giunta regionale dopo l'effettuazione del referendum. La proposta di legge potrebbe essere presentata anche prima, nel senso che essa potrebbe essere discussa in parallelo, con tempi e modi da individuarsi.
Ripeto: questa Assemblea può decidere di indire il referendum e successivamente, essa deve scegliere il proprio modello - e il modello di riferimento da proporre al Parlamento nazionale - per realizzare concretamente la devoluzione.
Sono due passaggi diversi e - consentitemi - due passaggi che hanno "approfondimenti" diversi: se il primo è una dichiarazione di principio, il secondo è un atto concreto legislativo che ha un diverso livello di approfondimento.
Ho cercato di fare un intervento che vi riassuma le varie posizioni.
Devo dirvi che il modello che noi stiamo discutendo oggi qui, in questa Assemblea regionale, con riferimento al primo passaggio (ripeto, il modello è incompleto se non si discute successivamente la legge) è del tutto compatibile con il documento approvato all'unanimità dalla Conferenza dei Presidenti di Consiglio regionale, di cui faccio parte. Esso è un modello compatibile anche con il documento che hanno approvato i Presidenti delle Giunte regionali.
Devo dirvelo perché, al di là degli steccati e delle contrapposizioni politiche, ragioniamo su testi e principi concreti: la devoluzione non porta ad altro che all'"attribuzione" di competenze. Essa è quindi in linea con quell'esigenza di cambiamento che desidera più poteri per le Regioni e un'individuazione quanto più rigida (certo non rigida perché si desidera erigere dei muri tra lo Stato e le Regioni!) quanto più chiara possibile della ripartizione delle competenze tra lo Stato e le Regioni. Il meccanismo di devoluzione, con tempi e modi ancora da discutere contribuisce da un lato all'attribuzione di più poteri alle Regioni - che è quanto si chiede - e dall'altro all'individuazione, mediante un meccanismo che sia più chiaro possibile, dei compiti e funzioni che spettano alle Regioni e dei compiti e funzioni che spettano invece allo Stato.
So che c'è molta tensione. E' un momento politico molto difficile molto particolare. C'è stata tensione in Parlamento, con l'ostruzionismo e la presentazione di una lunga serie di emendamenti. C'è stata tensione qui in Consiglio regionale, in Commissione.
Stiamo affrontando un tema molto importante.
Stiamo affrontando un tema che traccia ed individua la conformazione dei poteri che avremo nei prossimi anni, che costruisce la casa comune delle nostre Istituzioni.
E' comunque un momento molto alto, questo. Mi auguro che il dibattito che per certi versi è certamente scaduto (non intendo attribuire meriti o demeriti all'uno o all'altro), riprenda un tono alto. Mi auguro che ci sia un confronto e che, alla fine, la nostra Assemblea arrivi ad una decisione positiva o negativa che sia.
La Camera, in una settimana, ha affrontato la discussione sulla modifica del Titolo V della Costituzione. E' vero, nella nostra Assemblea regionale abbiamo un Regolamento particolare, ma anche noi dobbiamo dare una risposta, che scelga ed individui un modello, un percorso voluto dalla maggioranza, sul quale deve confrontarsi anche l'opposizione. E' un percorso che non si esaurisce oggi: oggi, o domani, si approva soltanto una deliberazione che stabilisce che si farà il referendum. Poi, però, bisogna individuare il nostro modello attraverso una legge.
Mi faccio e vi faccio, veramente, l'augurio a che questa Assemblea regionale riprenda il suo ruolo: che essa faccia di questa discussione così importante un momento alto della democrazia e del confronto e anche, e soprattutto, della decisione.
Noi abbiamo il diritto, o meglio, il dovere, di individuare il nostro modello e di dare risposte ai cittadini.



PRESIDENTE

Credo che adesso intenda intervenire il Presidente Ghigo.
La parola al Presidente della Giunta regionale, Ghigo.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, prendo la parola per fare alcune considerazioni.
Poiché ampiamente illustrati dal Presidente Cota, non tornerò più su determinati argomenti; anche perché, a mia volta, in sedute precedenti avevo già fatto una cronistoria dell'andamento del dibattito parlamentare o, per lo meno, del confronto con i Capigruppo e dell'iter che aveva portato alla formulazione di un documento congiunto tra i tre livelli di organi di governo territoriale: Regioni, Province e Comuni.
Il Presidente Cota ha fatto una ricostruzione molto articolata degli elementi contenuti nei due documenti, uno sottoscritto dai Presidenti del Consiglio, l'altro in discussione oggi alla Camera. Su quest'ultimo non aggiungo altro, in quanto il dibattito alla Camera verrà svolto martedì prossimo.
Come Presidenti della Regioni non abbiamo espresso giudizi in quanto ho sempre sostenuto che il Parlamento è sovrano e, di conseguenza, non esprimo contrarietà o disappunto su quello che sarà il testo licenziato dalla Camera. Come Conferenza dei Presidenti aspettiamo che il dibattito si concluda per trarre le nostre considerazioni, anche in funzione del recepimento dei nostri emendamenti, e per esprimere nuovamente un'opinione il più possibile convergente, da parte dei Presidenti, su questo testo.
Mi preme richiamare, al di là delle considerazioni di carattere generale, ampiamente riportate dal Presidente Cota, proprio questo passaggio che viviamo oggi in Consiglio regionale.
Collegandomi strettamente all'appello che il Presidente Cota, in quanto rappresentante di questa Assemblea, ha voluto rivolgere all'aula, mi permetto a mia volta, come rappresentante dell'Esecutivo, di rivolgermi ai colleghi Consiglieri per rappresentare la possibilità di individuare un percorso che ci permetta di confrontarci, com'è giusto che sia, su queste tematiche, ma nello stesso tempo di dare alla delibera che la Presidenza della Giunta e la Giunta stessa ha votato, la possibilità di essere approvata - com'è stato detto - entro i termini che eventualmente fisseremo.
Dopodiché passeremo alla discussione nel merito sui contenuti e non tanto sul quesito referendario. Questa è una proposta che ci permettiamo di sottoporre alla discussione generale, cosa d'altro canto già fatta in maniera ampia e considerevole in Commissione, per entrare ancora nel merito della proposta di riforma che questo Consiglio dovrà votare e presentare a fronte dell'indizione del referendum.
Il Presidente Cota - credo che la cosa non sia sfuggita a nessuno - ha detto e rappresentato che questa discussione può anche essere fatta prima dell'indizione del referendum. L'appello che rivolgo all'aula - avendo percepito e recepito che l'opposizione vuole dare un contributo alla discussione e vuole che si realizzi una discussione compiuta, non ostruzionistica, nei confronti di questo provvedimento - è che il disegno di legge debba essere discusso in quest'aula prima dell'indizione del referendum.
Sono semplicemente intervenuto per suffragare e appoggiare l'ipotesi che il Presidente del Consiglio ha rappresentato all'aula e rappresentarla come molto condivisa e molto valutata anche dall'esecutivo di questa Regione.
L'appello che rivolgo al Consiglio è di approvare la delibera nei tempi che il Consiglio regionale riterrà di darsi, perché, ovviamente, com'è sovrano il Parlamento, così è sovrano il Consiglio sui tempi di attuazione dei provvedimenti. Inoltre, e di questo io mi faccio garante - ma non ve n'è bisogno, in quanto anche il Presidente del Consiglio ha rappresentato questa posizione - di un'ampia e profonda disponibilità ad un confronto serio e costruttivo, anche con l'opposizione, nel merito del disegno di legge. Questo credo sia un percorso serio e concreto che probabilmente l'opposizione potrà condividere. La maggioranza ha il dovere di dare spazio all'opposizione affinché rappresenti le proprie istanze e le proprie considerazioni, e magari anche accoglierne gli aspetti che ritiene positivi e propositivi rispetto a questo percorso, ma la maggioranza ha anche il dovere e il diritto di sforzarsi di vedere approvato un suo provvedimento e di poter, attraverso questo provvedimento, essere giudicata dai cittadini piemontesi per quanto concerne il proprio operato.
Credo che il confronto ci sarà, ci sarà nel merito e, a fronte di questa disponibilità a questo percorso (disponibilità è un termine eccessivo) mi auguro si possa, in quest'aula, concludere l'iter del provvedimento per poi affrontare, nelle sedi opportune, la discussione sul disegno di legge e su altri provvedimenti.
Ne cito uno di interesse particolare per la Regione Piemonte: la definitiva attuazione del decreto legislativo n. 112. Abbiamo una legge urbanistica in itinere; abbiamo poi, non dimentichiamo, una variazione di bilancio e il bilancio preventivo per l'anno 2001 che sono, obiettivamente argomenti di grande importanza, che credo sia dovere e impegno di tutti affrontare.
Questo è quanto mi sento di rappresentarvi. Mi auguro che queste mie considerazioni siano di aiuto al percorso dell'approvazione di questa delibera.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Innanzitutto ringrazio il Presidente della Giunta per l'illustrazione.
Dirò poche cose. La prima di carattere più generale sulla riforma dello Stato che è in atto a livello nazionale e che in questi ultimi mesi ha avuto i conseguenti risvolti di iniziativa regionale.
Nella storia di questo nostro Paese, di questa nostra Repubblica voi sapete che i comunisti, i socialisti, insieme ad altre forze democratiche hanno contribuito a costruire un procedere delle Istituzioni, un crescere della cultura diffusa volta a trasferire poteri dallo Stato centrale alle autonomie locali. Negli anni '50 e '60 vi fu un importante movimento sfociato anche in organizzazioni specifiche, tese alla realizzazione dell'Italia delle autonomie. Una parola d'ordine che oggi non si usa più ma che ha segnato fortemente l'impegno dei comunisti in questo Paese.
Il processo di riforma dello Stato, in atto oggi, e che sta compiendo ulteriori passi nella direzione del rafforzamento dei ruoli e dei poteri a livello sia regionale sia degli enti locali, ci vede molto d'accordo.
All'interno di questo processo, se permettete, chiedendo permesso, non userò la parola "federalismo".
Abbiate pazienza, ma per quanto mi documenti, il significato di questa parola mi risulta, anche agli atti più recenti, come incongrua a definire quanto sta accadendo in Italia. L'uso di questa parola mi sembra piuttosto un correre dietro alle mode.
Il federalismo rimane, comunque, un accordo fra Stati, e non mi risulta che in Italia ci siano degli Stati, semmai delle Regioni. Ho comprato qualche giorno fa l'edizione recente dello Zingarelli e sono andato a controllare se la parola "federalismo" avesse un nuovo significato o si fosse coniato un neologismo, ma si tratta ancora di una federazione di Stati. Semmai bisognerebbe aggiungere che, d'ora in poi, comprende anche il processo che è in corso, processo che, invece, preferisco chiamare "riforma dello Stato", volta a concedere più poteri e autonomie (sia legislative che normative) alle Regioni, e, per quanto riguarda la nostra forza politica un grosso e nuovo rapporto fra esse, coi loro poteri, e gli enti locali lungo quella strada secondo cui le Regioni si spoglino di tutti i poteri di pura gestione amministrativa a vantaggio degli enti locali.
Questo è un vestito che le Regioni non dovevano nemmeno mettersi e cucirsi addosso, perché secondo lo Statuto e la Costituzione non sono nate per amministrare ma per programmare. Tuttavia così sono andate le cose.
Forse, una mezza parola varrebbe la pena di spenderla a proposito di tutti i poteri che le Regioni hanno avuto e non hanno esercitato: prima di chiedere nuovi poteri, bisognerebbe avere le carte in ordine in casa propria, e le Regioni non hanno tutte le carte in ordine, in particolare questa, come ho sottolineato parecchie volte. Le carte in ordine, per quanto riguarda le proprie specifiche, autonome e libere competenze in tema di tutti gli aspetti di pianificazione e programmazione, non le ha neppure messe in campo. Non ha un proprio progetto e un programma di sviluppo, e anche questo dovrebbe essere un elemento che dà un po' il senso della misura a un processo di decentramento di poteri dallo Stato alle Regioni.
Per quanto riguarda la riforma in atto, segnalo che in questi ultimi anni è andata avanti, a Costituzione vigente e con l'approvazione di una serie di decreti che hanno trasferito già numerosissime e importanti competenze, molte delle quali neppure recepite dalle Regioni. Si potrebbe dunque, sostenere che vi è in atto un trasferimento talmente forte e massiccio dallo Stato alle Regioni che le stesse fanno fatica ad assumere.
Si tratta di un processo che i Governi di centrosinistra hanno messo in moto e che deve proseguire. Sosteniamo la necessità e l'utilità che il Parlamento, come sta facendo, inizi anche se a fine legislatura, con tutti i limiti che un percorso così affannoso sul piano dei tempi prende forma solo adesso. E' utile che in prima lettura, perlomeno martedì prossimo, il Parlamento approvi un ulteriore passo nella direzione della riforma dello Stato.
Come sapete, abbiamo contribuito, nell'ambito del centrosinistra, a stendere il documento che è andato in discussione. La riforma è molto importante e difficile, per molti versi controversa tra maggioranza e opposizione, per altri versi discussa all'interno della stessa maggioranza: come sapete, appena è uscita la definizione del principio di sussidiarietà i comunisti italiani hanno espresso un disaccordo, altri hanno manifestato dubbi sul tema della sicurezza, così com'è congegnata. Sono differenze di valutazioni che prendono luce attorno ad una riforma importante, a problemi che pesano, sui quali, tuttavia, non ci stancheremo di fare osservazioni critiche, sperando di raggiungere un consenso superiore.
Torniamo al Piemonte, alla seconda parte del mio intervento. La storia che abbiamo vissuto in queste settimane non sto a descriverla, l'abbiamo vista tutti.
Secondo il punto di vista che esprime il mio Gruppo, questo referendum rimane ridicolo e insensato. Ma oltre a queste due qualificazioni, ve n'è una terza. Le prime due rientrano nell'ambito della qualità politica della scelta e della proposta, pertanto si possono avere opinioni differenti senza ulteriori conseguenze. Ve n'è una terza - Presidente Ghigo, sono particolarmente attento a cosa può pensare, visto che è il relatore della deliberazione - che è quella della legittimità, che invece assume una diversa entità, perché non attiene più alla qualità politica di un provvedimento, bensì alla possibilità amministrativa e legislativa di assumere un provvedimento. Questo è un elemento, secondo le due relazioni presentate dai Presidenti Cota e Ghigo, che spero possa trovare una qualche risposta, la questione della legittimità. Non penso, colleghi, che possiamo fermarci al punto in cui siamo, con una vasta opposizione che ha posto argomenti, che va dai Radicali a Rifondazione Comunista, e una maggioranza che sostanzialmente ha respinto questi argomenti con un "no". La questione di legittimità, colleghi, è pesante.
Come ho espresso in sede politica, quella del partito a cui mi riferisco, se oggi il partito dei Comunisti Italiani mi chiedesse, come Consigliere regionale, di indire un referendum consultivo, risponderei che non potrei farlo, che un referendum consultivo, anche se fosse promosso dai Comunisti Italiani, secondo me non potrebbe trovar spazio nella legislazione vigente, nelle possibilità di questa regione di agire. Questo ho detto, questo confermo e spero che si capisca che non è un atteggiamento né di parte né strumentale. Esiste un problema di legittimità: la Regione Piemonte non ha istituito il referendum consultivo e quindi i referendum consultivi devono attendere che succeda qualcosa in questa Regione affinch possano essere realizzati.
A questo problema penso che una risposta occorra trovarla. Se volete possiamo trovarla insieme. Se siete d'accordo, ci possono essere più strade per trovare una soluzione, ma una risposta alla legittimità del percorso referendario, a mio parere, deve essere data.
Concludo il mio intervento affermando che, come forza di centrosinistra, un contributo serio sul piano dei contenuti mi sembra che sia già alle mani del Consiglio regionale. Tale contributo rappresenta una proposta di legge al Parlamento, e potrebbe essere valutato come parte delle proposte politiche che il Consiglio ha già agli atti e che, tutti insieme, potremmo decidere forme e modi di farle partecipare al confronto che avviamo e che continueremo ad avviare anche su quella deliberazione a partire da martedì.
Grazie per l'attenzione.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Chiezzi.
La parola al Consigliere Saitta; ne ha facoltà.



SAITTA Antonino

Presidente e colleghi, ringrazio evidentemente il Presidente del Consiglio per la relazione che ha svolto e per aver fornito la documentazione che è stata richiesta nella riunione dei Capigruppo, perch ci consente di capire l'andamento non solo del dibattito ma delle decisioni che ha assunto il Parlamento in relazione ad alcune discussioni che si sono svolte in quest'aula.
In modo particolare, mi voglio riferire, ad esempio, alla lunga e attenta discussione che si tenne in ordine al documento presentato dai Presidenti delle Regioni, dall'ANCI, dall'UNCEM e anche dall'URPP.
Allora avevamo sottolineato il buon lavoro compiuto dal Presidente della Giunta regionale Ghigo, e ne siamo ancora convinti, perché era riuscito a trovare un punto di sintesi complessivamente alto sulle modifiche da apportare al testo che era stato approvato dalla Commissione Affari Istituzionali della Camera.
Il testo approvato e gli emendamenti proposti da parte dei Presidenti delle Regioni, dall'ANCI, dall'UNCEM e dall'URPP, oggi, ci consentono di capire se l'azione svolta dal Presidente Ghigo e dalle autonomie è stata efficace nel Parlamento.
Il problema è il seguente: avevamo una richiesta in merito ad una piattaforma rivendicativa da parte del sistema delle autonomie delle Regioni nei confronti del Parlamento ed, oggi, siamo in grado, confrontando il testo approvato, di verificare se quelle richieste sono state approvate quindi di esprimere un giudizio.
Credo che questa occasione dovrebbe anche servirci per questo, perch il giudizio, al di là delle posizioni che ognuno di noi può avere dal punto di vista politico nelle modalità di intendere il federalismo, deve essere il più asettico possibile, ma questo non vuol dire che dobbiamo dimenticarci che abbiamo una funzione politica.
Confrontando il testo degli emendamenti proposti dal sistema delle autonomie delle Regioni con il testo, noto, con grande soddisfazione - non se il Presidente Ghigo, essendo l'autore di questa azione, l'abbia espresso, ma credo che avrebbe dovuto esprimere identica soddisfazione anche lui, nonostante la riserva di esprimere un giudizio alla fine del lavoro del Parlamento - per quanto riguarda, ad esempio, gli articoli 114 116 e 117 - gli articoli più importanti - che la maggioranza degli emendamenti proposti sono stati inseriti nel testo approvato alla Camera proprio letteralmente, non casualmente.
Credo che i colleghi abbiano modo, molto banalmente, ad esempio, di confrontare la proposta avanzata sull'articolo 116 da parte del sistema delle autonomie - all'art. 16 era stato proposto di aggiungere un comma che recitava: "Ulteriori forme di condizioni e particolare (...) con le Regioni interessate" - e il testo dell'articolo 116: il testo è identico l'emendamento proposto dalle Regioni e dal sistema delle autonomie è stato accolto totalmente.
E' un fatto di grandissima importanza. Probabilmente, avevamo ragione a dire che, se si fosse trovato un punto di sintesi tra le Regioni e le autonomie locali, ci sarebbe stata la forza per far approvare le proposte: così è avvenuto.
Parlo dell'art. 116, lo stesso si potrebbe dire per quanto riguarda l'art. 114 e l'art. 117, tranne per quanto riguarda la parte relativa questo, in effetti, non è stato accolto dal Parlamento, non esprimo un'opinione - all'ambiente e ai sistemi culturali.
Questa mi sembra l'unica differenza, per il resto tutte le proposte sono state accolte.
Quindi, in questo intervento, a questo punto della discussione che si sta svolgendo in Parlamento, devo esprimere soddisfazione in quanto la posizione delle Regioni, dei Presidenti delle Regioni, dei Comuni, delle Province e delle Comunità Montane è stata vincente, è stata utile. Abbiamo fatto bene a richiedere una posizione comune.
Certo, ognuno, dal proprio punto di vista, può esprimere disappunto o insoddisfazione rispetto al modello di federalismo che ognuno di noi ha in mente, ma, per quanto riguarda questi atti, credo che il confronto ci consenta di arrivare alla stessa conclusione alla quale siamo arrivati noi.
Presidente del Consiglio, non condivido il suo giudizio, anche perch confesso che lo trovo fuori del tempo: per quanto riguarda l'articolo 117 così come formulato, in realtà - non l'ha detto così in modo esplicito quindi faccio una forzatura, per la quale le chiedo scusa - alla fine, è meglio quello esistente, in sostanza.
Questo mi sembra veramente esagerato, perché tutto il dibattito in ordine al federalismo riguardava l'inversione dell'articolo 17, cioè elencare in modo preciso le competenze dello Stato, in modo che tutte le altre fossero delle Regioni e del sistema delle autonomie.
Questo è un grandissimo passo avanti rispetto all'articolo 117, non era soltanto una questione o un giudizio di una parte politica, bensì era la richiesta ampiamente diffusa e concordata in tutto il dibattito svoltosi dal punto di vista istituzionale: modifichiamo l'articolo 17, dal quale deriveranno conseguenze enormi.
Quindi, in sostanza, questo giudizio mi sembra ingeneroso e, in realtà anche un po' conservatore: era meglio l'articolo 117, così come quello attuale, rispetto a quello approvato dal Parlamento.
Mi avvio alla conclusione - per quanto riguarda le nostre questioni quelle della Regione Piemonte, in ordine al referendum: la deliberazione esiste, ne stiamo discutendo da parecchio tempo, ad un certo punto si deve individuare una conclusione per questo dibattito che non può proseguire all'infinito - ha ragione.
I rilievi, non quelli un po' ostruzionistici sollevati in Commissione ma quelli fondamentali dal nostro punto di vista continuano a restare tutti veri. Cioè, la questione della illegittimità - non soltanto della presunta incostituzionalità della proposta, che può essere fatta valere del Governo certamente non da parte delle forze politiche - esiste. Nel senso che la legge quadro non prevede un referendum consultivo su questa materia quindi, c'è una necessità che, in ogni caso, non può essere trascurata. Se un atto è illegittimo, l'illegittimità non cade perché, dal punto di vista politico, ci mettiamo d'accordo di non ritenerlo illegittimo perché non sarebbe un accordo politico. L'accordo politico si fa sulle questioni legittime, parlo in tema di percorso.
Quindi, nonostante qualunque accordo sul percorso, questa illegittimità, dal nostro punto di vista, deve essere rimossa, cioè deve essere modificata la L.R. n. 4/73. Non può essere assunta - non so se sarà così - una deliberazione che recita: "Indiciamo il referendum e, poi modificheremo la legge in modo che questa deliberazione sia legittima"; mi sembra un percorso che non regge.
Quindi, credo che, senza arrampicarsi sui vetri o ricorrendo a presunte analogie o a cose simili, come ricordato dal Vicepresidente Riba, si debba modificare la legge - lo ricordava, mi pare, qualche altro collega la volta scorsa - come d'altronde ha proposto lei stesso, Presidente, firmando quella proposta di legge dove era previsto di dare attuazione all'articolo 60 in termini del referendum consultivo sulle materie sulle quali si vuole indire il referendum.
La seconda questione riguarda il percorso.
Presidente, oggi, lei ha indicato una modalità e un percorso un po' più articolato rispetto a quello precedente, che è un po' il frutto del confronto che c'è stato. Noi, come minoranza, abbiamo insistito affinché il referendum si svolga su un'iniziativa legislativa, su una proposta; il referendum non può essere la richiesta di un'autorizzazione a svolgere un'iniziativa legislativa, perché l'iniziativa legislativa l'abbiamo già come Consiglio regionale.
Mi pare che questo rilievo abbia prodotto dei risultati nel confronto svoltosi nelle riunioni di questi giorni.
Lei, Presidente, oggi, ci dice: "Può anche essere utile - anzi, mi pare l'abbia auspicato - che, prima del referendum vero e proprio, ci sia una proposta di legge, frutto del confronto".
Dal nostro punto di vista, non sposta molto il problema in quanto resta il fatto che il referendum deve essere fatto. Si può fare il referendum qualora incostituzionale, o qualora illegittimo, ma la proposta deve essere articolata. La differenza è questa. Dal nostro punto di vista, se noi dovessimo indire il referendum su una proposta ha un senso, perch chiederemmo veramente ai cittadini di dare indicazioni su un ragionamento articolato. Ad esempio - ho già richiamato la volta scorsa alcune questioni il testo approvato alla Camera per quanto riguarda la formazione professionale è conforme ad un'opinione che avevamo già espresso: su questa materia la competenza è già completa e totale. Cioè, continua ad essere un'indicazione molto generica, che risponde più ad una logica di carattere politico che non ad un'esigenza vera di modificare la nostra Costituzione in senso federale se vogliamo utilizzare questo termine, anche se concordo su alcuni rilievi che faceva poco fa il collega Chiezzi.
La questione della legittimità è un problema che resta, che non pu essere superato in nessuna maniera e deve essere rimosso con altre leggi e poi, c'è il problema del quesito referendario. Se il Consiglio ritiene di voler fare un referendum, lo si faccia su una proposta di legge. In questo caso, il quesito non può essere più quello, deve essere modificato.
Il quesito non è più: "Cittadini piemontesi, possiamo svolgere un'iniziativa legislativa?". Il quesito potrebbe essere: "Cittadini piemontesi, cosa ne pensate su questa proposta?".
Questa è correttezza istituzionale, altrimenti mi sembra che si metta in moto un percorso che fa riferimento ad una tappa che ancora bisogna disegnare: molto indefinito. Chiediamo qualcosa che è in parte è scontato forse in parte no, ma, in ogni caso, non è corretto.
Quando ci si rivolge ai cittadini che ci hanno eletti e, quindi, ci hanno dato una delega, bisogna ricorrere per chiedere un conforto in ordine ad un'idea precisa e non in ordine a un'idea di tipo generale, che tutti quanti e, in modo particolare, la maggioranza ha avuto modo di verificare attraverso le elezioni regionali.
Ho voluto precisare queste questioni che mi sembrano importanti, ma soprattutto - ripeto - sottolineare il grande risultato che le Regioni, i Presidenti delle Regioni, l'ANCI, l'UNCEM e l'URPP hanno ottenuto con la loro iniziativa di emendamenti proposti al Parlamento.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vaglio.



VAGLIO Roberto, Assessore regionale

Intervengo solo per completezza di informazione, perché già in due diversi passaggi dell'intervento del collega Saitta è emersa una cosa che in effetti, non è esatta.
Il documento sottoscritto dalle Regioni, dall'UPI e dall'ANCI non è stato sottoscritto dall'UNCEM. L'UNCEM si è differenziata. Il Presidente dell'UNCEM, che poco fa era in aula, il collega Borghi, mi ha pregato di sottolineare la grande preoccupazione delle comunità montane e dell'associazionismo tra comuni in generale, per il fatto che non è esattamente come si è detto: evviva, hanno recepito gli emendamento che ha presentato il sistema delle autonomie locali.
Non è così; hanno recepito degli emendamenti, tra i quali l'ex punto della modifica della Costituzione circa l'ordinamento federale della Repubblica, quindi l'art. 1 è stato soppresso; dall'art. 2 sono scomparse le dizioni: "La legge garantisce le autonomie funzionali", quindi le autonomie funzionali non rientrerebbero più in Costituzione; non solo, è anche sparita la parte relativa all'esercizio delle funzioni pubbliche ripartito sulla base di principi di sussidiarietà e differenziazione contrariamente a quanto stabilito dal testo unico sull'ordinamento degli EE.LL. Non esiste più il riferimento né alla sussidiarietà né alla differenziazione.



(Commenti in aula)



VAGLIO Roberto, Assessore regionale

E' stato spostato in un altro articolo che al momento non c'è. E' oggetto di un nuovo emendamento.
Oltre a quello, tutto l'art. 3, relativo alla modifica dell'art. 115 della Costituzione, è stato eliminato.
Questo era l'unico articolo in cui si faceva espressamente riferimento all'associazionismo tra comuni, in particolare tra i comuni con popolazione inferiore al minimo stabilito dalla legge, ovvero situati in zone montane che esercitano anche in parte le loro funzioni mediante forme associative ai quali è conferita la medesima autonomia riconosciuta ai comuni. In questo passaggio, alle unioni di comuni ed alle comunità montane veniva riconosciuta la stessa autonomia che la Costituzione riconosce ai comuni ma anche questo, purtroppo, è saltato.
Questo era un emendamento dell'on. Soda. Se il Consigliere Marcenaro mi dice che l'on. Soda lo riproporrà più avanti, alcuni passaggi relativi a concetti che oramai fanno parte della legge dello Stato, come la sussidiarietà e la differenziazione, probabilmente rientreranno.
Sicuramente non rientreranno più i riferimenti costituzionali alle forme associate.
Questo era il motivo della forte preoccupazione da parte dell'UNCEM dell'Unione dei comuni e delle altre forme associate che si stanno costituendo in modo spontaneo e naturale sul territorio del nostro Paese.
Ho voluto fare questo intervento solo ed esclusivamente per puntualizzare questi passaggi, senza voler peraltro intervenire nel dibattito a seguito di quanto detto dal mio Presidente, che ovviamente condivido.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

A me pare che siamo di fronte a un fatto politico di grande rilievo che vede una modificazione profonda del quadro costituzionale al cui interno era avvenuta la discussione sul decentramento, sulla quale possiamo dare giudizi diversi.
Siamo, per la prima volta, al rovesciamento dell'art. 117, che invece di indicare le materie delegate alle Regioni, indica le materie spettanti allo Stato; indica le materie di legislazione esclusiva e di legislazione concorrente e stabilisce che, per il resto, sono affidate alle Regioni e al sistema delle autonomie, in altro modo le funzioni legislative oltre a quelle regolamentari.
Voglio dire che è un fatto molto importante, ma la ricostruzione che ha fatto il Presidente Cota coglie alcuni aspetti e ne ignora altri, cioè il fatto che la discussione sul federalismo e il processo federalista non è andato avanti solo attraverso un dibattito. Anche se ci si limitasse a un dibattito, varrebbe la pena valutare quello che era stato il risultato, poi vanificato - diciamo così - per responsabilità politiche, su cui noi abbiamo una nostra opinione, in occasione della discussione sulla Bicamerale, ma è difficile parlare dell'Italia e dell'effettivo processo di riforma dello Stato senza menzionare l'importanza, quale che sia il giudizio, su alcuni provvedimenti, come quelli conosciuti sotto il nome di leggi Bassanini per il decentramento effettivo.
Si può dare un giudizio, naturalmente possiamo avere opinioni diverse su questo punto, ma sul fatto che si sia trattato di una cosa di grande rilievo, tant'è vero che ha impegnato la legislazione regionale, è un punto che mi pare essenziale.
Oggi passiamo da un quadro, che era quello che veniva definito Federalismo a Costituzione invariata, a un quadro che vede invece una modifica costituzionale molto importante. Sono una persona cauta, quindi fino a quando la Camera non avrà espresso un voto definitivo sul provvedimento, mantengo dei margini di cautela, ma se questo provvedimento così come è delineato dal testo unificato e dagli emendamenti che sono già stati presentati, si delinea in questo modo, nel suo approdo conclusivo saremo senza dubbio di fronte a un fatto, a mio avviso, di grandissimo rilievo.
Non volendo dilungarmi più di tanto, riprendo le considerazioni fatte dal Consigliere Saitta. Se volete, possiamo fare un'analisi testuale un'analisi letterale del testo, ma noi abbiamo approvato in questo Consiglio regionale un documento che si riferiva alla posizione presa dai Presidenti delle Regioni, dall'Unione delle Province piemontesi e dall'Associazione dei Comuni, quegli emendamenti sono stati e saranno, per la parte che rimarrà perché siamo di fronte a un provvedimento che non è concluso, nella gran parte accolti.
Rimane un punto su cui dirò. C'è un punto su cui in effetti la legge prevede una soluzione diversa da quella che era prevista e proposta dal documento al quale noi ci siamo riferiti. Mentre l'Assessore Vaglio ha ragione quando dice che il documento al quale noi ci siamo riferiti era il documento di Regioni, Comuni e Province e non delle Comunità montane, credo che sbagli o almeno che trascuri il fatto che l'iter è ancora in corso quando parla della sparizione di determinati capitoli, perché siamo semplicemente in presenza di spostamenti nel corso dello stesso disegno di legge e delle cose di cui lui ha parlato.
Questa cosa, ripeto, si può fare attraverso un esame comparativo del testo, esattamente proprio dei termini. Io ho qui il documento di Regioni Comuni e Province, e le proposte di emendamento.
Per quanto riguarda tutte le proposte di emendamento, io le ho controllate una per una, queste sono integralmente accolte, parola per parola nella loro formulazione letterale, quindi tutte le proposte di emendamento a quel testo al quale qui ci siamo riferiti, tranne una, che è quella nella quale si chiedeva la soppressione della lettera q) del nuovo art. 117 per capirci, quindi al secondo comma dell'art. 5 del nuovo articolato, e di riportare invece la lettera q), cioè la potestà legislativa in materia di ambiente e di beni culturali, dentro il comma terzo, cioè quello che la definisce come materia di legislazione concorrente. Qui l'operazione che è stata fatta è un'operazione che mantiene ambiente e beni culturali, anche se poi trasferisce in altro modo al comma terzo.
Su questo punto anch'io penso che si potesse fare di più, questa è la mia opinione: che su questo punto esistevano le condizioni per una decisione diversa.
Non sto discutendo sul fatto che si tratti del miglior documento d'altra parte siamo in presenza di un provvedimento che avviene in questa fase, in questi tempi e altra sarebbe stata la situazione se questa discussione fosse avvenuta quando nella Commissione Bicamerale c'era l'opportunità di farla in altro modo, ma siamo in una condizione che consente al Paese di avere una legislazione che costituisce un enorme passo avanti sulla strada indicata.
Voglio dire, mi scusi Presidente Cota, che ho un enorme rispetto per il documento comune dei Presidenti dei Consigli regionali, ma questa assemblea, questo Consiglio regionale, quando ha deliberato a grande maggioranza assumendo dei punti di riferimento non ha preso come punto di riferimento quello, ma quelli che io ho provato a indicare. Questo è il punto al quale questo Consiglio regionale si è riferito e rispetto quindi a quel punto di riferimento noi siamo, alla lettera della nostra discussione di un esame concreto dei testi, a una cosa che va in questa direzione.
Seconda considerazione: cosa capiterà? Non lo so cosa capiterà perch la discussione è aperta. Per adesso noi abbiamo visto un voto che si è espresso sui diversi emendamenti e delle opinioni nella discussione generale; non posso dare per scontato quale sarà il voto conclusivo della Camera, se sarà approvato o meno e non so con quale maggioranza sarà approvato alla fine. Non lo so oggi, lo sapremo quando almeno in un ramo del Parlamento questo percorso sarà concluso. Se però, come penso, la maggioranza parlamentare mostrerà una sufficiente determinazione, quel grado di coesione che le ha permesso di arrivare a questo punto, ho qualche fiducia, nonostante non possa esprimere certezza che si arrivi ad una conclusione positiva su questo provvedimento, che il testo passi al Senato e che dopo la doppia lettura, passati i 90 giorni come previsto dall'art.
138 della Costituzione, questo diventi una modifica costituzionale. E se la situazione politica dovesse essere quella che oggi si profila, cioè di un provvedimento che viene approvato non con la maggioranza qualificata, ma con la maggioranza semplice, come sapete ricorrerebbe l'eventualità prevista dalla Carta Costituzionale in termini di procedimenti di riforma del testo della Costituzione, cioè il ricorso ad un referendum confermativo su questo testo, di fronte al quale le diverse forze politiche - in un referendum che non è consultivo, ma è un referendum, ripeto, previsto dall'art. 138 relativo alle procedure di modifica della Carta costituzionale - dovranno dire al Paese cosa fare e come schierarsi.
Ho trovato singolare, se posso fare un appunto alle osservazioni che sono state fatte, che nel momento in cui giustamente si stabiliva un rapporto fra la discussione generale in Parlamento e la discussione in quest'aula sulla delibera in esame, non si provasse né da parte del Presidente del Consiglio né da parte del Presidente della Giunta regionale a vedere cosa capita su quei temi dei quali attraverso il referendum si chiede la devoluzione.
Cari colleghi, noi non chiediamo la devoluzione generale - questa è una cosa che può dire naturalmente il Presidente Cota o il Presidente Ghigo ma il testo che voi proponete non propone la devoluzione! Propone il trasferimento di alcune materie, che sono: la sanità, l'istruzione, la formazione professionale e la scuola, che con l'emendamento che avete proposto risulta un testo modificato perché si chiede una partecipazione in realtà della Regione al Governo, e la polizia locale.
Mi sarei aspettato che in quest'aula ci si chiedesse quale realtà ci consegnerà questo testo sulle materie sulle quali si vuole indire un referendum per il trasferimento dei poteri. Perché certo noi dobbiamo dare una valutazione politica generale, ma ci sono delle materie su cui il quesito insiste! Queste materie vivono ancora? Esiste ancora il senso, la ragione di chiedere un trasferimento di queste materie? Voi pensate davvero chiedo questo perché naturalmente riguarda la vostra responsabilità - di poter andare a proporre non so quando un quesito nel quale si chiede ai cittadini se vogliono che la Regione faccia una proposta di legge per trasferire materie che sono già state trasferite da una legge costituzionale, come a me risulta? A meno che tutto il castello non si riduca oggi ad una questione che riguarda la polizia locale, sulla quale sarei curioso di sentire una volta dai proponenti che cosa suggeriscono perché ancora non l'ho sentito! Perché se intendono per polizia locale quella che oggi normalmente i cittadini intendono per polizia locale, cioè i vigili urbani, mi pare difficile pensare che questa possa essere una potestà sottratta alle amministrazioni comunali.
Se intendono la costituzione di un corpo di polizia regionale come sostengono in Veneto, ad esempio, sia il centrodestra che il centrosinistra, bisogna dirlo! Non sono d'accordo né col centrodestra n col centrosinistra veneto, per quanto mi riguarda, su questo punto, perch quando si dice "costituzione di un corpo di polizia regionale" vorrei sapere prima a cosa serve, se sostituisce qualcuno, se si aggiunge, per quale finalità è fatto. espressione L'espressione "polizia locale", non lascia capire cosa s'intende.
Naturalmente, farei una valutazione diversa se si dicesse "Un ruolo della Regione nel coordinamento delle politiche di pubblica sicurezza".
Sarebbe una cosa che capirei. Ma sostituire in questo modo il ruolo rivestito oggi dalle Prefetture, e introdurre un elemento su questo punto che va in un'altra direzione...
Ripeto, questa è una questione che riguarda il "merito" del quesito.
Non è vero che con il referendum i cittadini vengono interrogati sulla devoluzione: questa è la vostra rappresentazione dei fatti. Nel merito di quel quesito non è scritto così, c'è scritto "trasferimento" di alcune materie, quelle indicate. Questo è il quadro reale entro cui ci accingiamo alla discussione: un quadro in cui l'iniziativa referendaria (il carattere e il modo in cui è stata gestita lo ha dimostrato) è un'iniziativa prevalentemente "politica": si tratta di un intervento su processi politici (è stato detto anche da altri colleghi) in qualche modo sottovaluto, se non addirittura sprezzante la chiarezza e il rispetto delle regole.
Naturalmente, staremo a vedere gli ulteriori sviluppi. Mi riservo una cautela, perché non siamo di fronte a fatti legislativi compiuti, ma solo al primo pronunciamento di una delle due Camere. Anche riservandomi questa cautela, però, non posso non ribadire l'evidenza politica del fatto: del resto, sarebbe difficile contestarla.
A questo punto del mio intervento, non intendo sottrarmi alla discussione in atto sulle nostre decisioni, sebbene pensi che delle nostre decisioni future potremmo parlare più apertamente quando - immagino martedì apriremo la discussione generale sulla proposta di deliberazione n. 31.
Nella prossima seduta di Consiglio avremo modo di discuterne in maniera più approfondita.
In ogni caso, ciò che ora intendo dire (e i colleghi sanno che non è una cosa del momento, ne ho parlato anche nella scorsa Conferenza dei Capigruppo) è che io sono del parere che esistano le condizioni, se non per una convergenza (le posizioni sul referendum mi sembrano così distanti e diverse da escluderne la possibilità), almeno per la considerazione di eventuali situazioni che si debbono realizzare.
Ne cito tre, quelle che mi sembrano essenziali.
Prima di tutto - ne hanno parlato già diversi Consiglieri, tra cui i Consiglieri Chiezzi e Saitta - occorre costruire le condizioni di legittimità: manca la legge attuativa, prevista dall'art. 61 dello Statuto regionale. Per questo chiedo - e credo - che, prima dell'indizione del referendum, il Consiglio regionale debba approvare una legge attuativa. Non credo sia difficile fare una legge attuativa, non credo neanche che richieda tempi particolari. Peraltro, i colleghi della Lega Nord su questo avevano presentato una proposta di legge: su questa proposta di legge, o su altre, possiamo discutere, per arrivare rapidamente ad una conclusione.
Ancora: i cittadini devono sapere su cosa sono chiamati a pronunciarsi.
E' necessario che, nel momento in cui si parla di una proposta di legge, il Consiglio regionale decida su "una" proposta di legge: non si può indire un referendum il cui quesito è generico, affermando che tanto esistono quattro proposte di legge, ciascuna diversa e contrapposta alle altre. Non si pu chiedere ai cittadini di dire sì al quesito, dicendo loro che tanto poi si sceglierà quale delle quattro sarà la proposta di legge scelta. I cittadini hanno diritto di sapere prima quale sarà per poi (come diceva il collega Saitta) esprimersi conseguentemente.
Il terzo punto ha fatto parte fin dall'inizio di questa questione. La questione in gioco non era il federalismo, ma come realizzare un accordo tra la Lega Nord e il Polo e come utilizzare la questione del federalismo per la preparazione di una campagna - io penso - propagandistica e politico elettorale, che ha ben altra natura rispetto alle questioni reali in discussione. Qualcosa che non serviva ai cittadini, a mio parere, ma li usava.
Su questo, c'è un punto che considero molto importante: che la fissazione della data del referendum sia scelta in modo da eliminare questo elemento di equivoco e di strumentalizzazione. Questa operazione si pu fare nel testo della deliberazione e nella legge attuativa che regolamenta il referendum, in modo da stabilire una cosa semplice ed elementare.
Il referendum è importante: lo si misuri anche attraverso la partecipazione dei cittadini e la scelta di andare o non andare a votare Quindi, si definisca il fatto che i referendum consultivi avvengano in generale in date diverse da quella delle consultazioni politico amministrative.
Penso che su questo piano e attraverso questa strada vi sia, come mi è parso di capire, la possibilità di un confronto e di un dialogo, che pu aprire una discussione in grado di sbloccare la situazione attuale. Lo dico qua in aula, perché voglio che sia chiaro: quando affermo che bisogna fare una legge attuativa e predisporre una proposta di legge che permetta ai cittadini di esprimersi con chiarezza, voglio dire, in modo formale e, per quanto mi riguarda, impegnativo, che non sto cercando di perdere tempo, ma che sto pensando ad alcune scelte che questo Consiglio regionale pu attuare attraverso una discussione rapida e contenuta in tempi certi. A questo penso.
Però, che questi atti siano compiuti è, per quanto mi riguarda, una condizione politica.
Alla fine, rimane un giudizio, quello che ho dato prima, di un'operazione senza respiro politico, che si configura come un'operazione di bottega, come un'operazione della quale sfuggono i termini. Mi pare che questa operazione, se la dinamica delle cose sarà quella che si annuncia in queste prime fasi del dibattito parlamentare e nella giornata di martedì prossimo, sia un'iniziativa destinata ad essere svuotata e vanificata da una forza molto più grande ed importante di una decisione politica.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Signor Presidente, voglio intervenire in questo dibattito anche utilizzando l'opportunità che oggi è data a quest'aula.
Credo che lei, Presidente Cota, stia svolgendo in modo degno una missione: la riscossione del debito preelettorale con i suoi alleati di Forza Italia. Oggi ci dà la possibilità di avere un pubblico attento e di riguardo, costituito da una rappresentanza delle "camice verdi"; oggi ci consente di parlare loro non solo attraverso i giornali, ma anche attraverso l'opportunità di assistere a questo dibattito sul federalismo direttamente in aula.
La ringrazio di questa opportunità, perché poi farò anche una riflessione sulla posizione che oggi Forza Italia e la Lega Nord stanno assumendo sulla questione. E prendo spunto, Presidente, dall'intervento del nostro Capogruppo nell'aula di Montecitorio, svolto nella giornata di martedì 19. La premessa, sostanzialmente, è questa: "Si sta sviluppando un singolare dibattito sulla questione del federalismo. Sembra che tra i due poli si stia facendo una sorta su chi, per primo, meglio, e più efficacemente dell'altro, riesce a rompere lo schema unitario e istituzionale del nostro Paese, e su chi, per primo, riesce a "svuotare" ulteriormente le funzioni e le prerogative dello Stato sociale." Proprio l'altro giorno, martedì 19 settembre, lo stesso Ministro Veltroni annunciava, attraverso i mezzi di informazione: "La devolution la faremo prima noi. Non c'è dubbio su questo.
Noi non partecipiamo a questa gara; non possiamo prendere parte ad un gara su un argomento di questo tipo. Voteremo contro le proposte di modifica costituzionale, proponendo un'alternativa vera, volta a realizzare un reale decentramento di funzioni e poteri alle Regioni, senza sostituire al centralismo statale il centralismo regionale; in un quadro certo di riferimenti generali e centrali, da contrapporre alla vaghezza di riferimenti esposti a qualsiasi spinta centrifuga o ad una qualsiasi pericolosa forzatura.
A noi non sfugge la pericolosità del voto della Regione Lombardia: ne siamo pienamente consapevoli.
Riteniamo che l'iniziativa di tipo propagandistico è - come già sottolineato più volte anche dal centrosinistra - incostituzionale e con delle conseguenze certamente nefaste per questo Paese. Basti pensare a tutta la questione relativa al tentativo di erogarsi competenze in materia di polizia locale, quindi di ordine pubblico con tutte le implicanze che evocare un tema come questo può creare. E' nostra convinzione che dietro queste modifiche costituzionali c'è sicuramente, e si nasconde, il tentativo di imporre il primato del privato sul pubblico. La certezza è che su materie come "sanità", "Formazione professionale" la diseguaglianza tra chi può e chi non può sarà sempre più grave ed accentuata, in sintonia, del resto, con i testi di legge sulla privatizzazione dei servizi pubblici.
Quindi sta qui la differenza strategica e radicale con la nostra impostazione, in questa gara in atto tra i due poli e cioè tra chi sceglie di aderire ad un impianto liberista e chi, al contrario, propone un decentramento e prospetta un protagonismo e una partecipazione democratica." Presidente, riprendo il punto precedente della mia introduzione, perch oggi abbiamo l'opportunità di parlare con una significativa rappresentanza del popolo leghista.



PRESIDENTE

Consigliere Contu, lei sa che si deve rivolgere esclusivamente ai Consiglieri e che è vietato rivolgersi al pubblico.



CONTU Mario

La ringrazio del richiamo al Regolamento, perché quello che le sto per proporre è un provvedimento da "Roma ladrona". Su questa c'è una significativa convergenza con le tesi da sempre sostenute...



PRESIDENTE

Consigliere, la invito a rivolgersi ai Consiglieri e non al pubblico!



CONTU Mario

Volevo rivolgermi al Presidente del Gruppo leghista, ma non lo vedo presente in aula.
Le cito un decreto legislativo, il n. 624 del 9/10/1994. E' possibile che molti dei nostri ospiti lo conoscano.
Tale decreto legislativo recita: "Interventi urgenti a favore delle zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali nella prima decade del mese di novembre 1994". Allora era al Governo un certo signor Berlusconi, e il suo Ministro dell'Interno era un certo signor Maroni. Tali signori, in data 23 novembre 1994 proposero il decreto legislativo n. 694, di modifica del decreto assunto con il criterio dell'eccezionalità. Il decreto proposto recitava: "I versamenti di somme di denaro effettuate in favore di amministrazioni pubbliche, a fini di liberalità, per la realizzazione degli interventi necessari a far fronte ai danni derivanti dagli eventi alluvionali di cui al presente decreto affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati con decreto del Ministro del Tesoro, al capitolo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'Interno ai sensi dell'art. 2, comma due primo periodo, e l'utilizzo delle predette somme rendicontate dalle amministrazioni competenti con le modalità di cui all'art. 2, comma 5." Tale decreto era firmato da Berlusconi, Maroni, Biondi, Tremonti Gnutti, Radice, Polibortone, Costa, Fisichella, Matteoli, Urbani, Dini Mastella: molti dei trasformisti di oggi.
Non si può essere "centralisti" quando si è al governo e diventare improvvisamente "secessionisti" o "federalisti" quando si è all'opposizione.
E' indubbio che questo provvedimento (e qui sta il tradimento rispetto agli atti e alla coerenza, e allora la parola d'ordine "secessione" era assolutamente in voga) era un provvedimento di arbitrio del governo centrale, che sottraeva risorse agli enti locali, a cui un precedente decreto legislativo dava la possibilità di utilizzo in relazione all'evento catastrofico verificatosi. Insomma, un provvedimento da "Roma ladrona".



CONTU Mario

GHIGLIA Agostino (fuori microfono)



CONTU Mario

Solo i comunisti stanno fermi, immobili!



CONTU Mario

Ripeto: un provvedimento da "Roma ladrona".
L'invito, quindi, che rivolgo anche al popolo leghista è di diffidare dei propri "capi". Si può diventare "centralisti" a secondo dell'abbisogna così come all'improvviso, diventa facile per gli stessi centralisti cavalcare le tesi del secessionismo o del federalismo in modo strumentale e propagandistico. Dubito che lo scontro fra lobby di potere sul denaro pubblico (perché la materia più importante è certamente questa, al di là delle funzioni citate) possa riaprirsi se nefastamente il centrodestra salirà al governo del Paese. Ne vedremo delle belle.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segretario Di Benedetto che interviene in qualità di Consigliere.



BUSSOLA Cristiano

Colleghi Consiglieri, la riforma costituzionale, operata nel '99 sull'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni, rappresenta soltanto l'inizio di una riforma in corso. Con essa comincia a cambiare lo scenario della lunga transazione politica ed istituzionale iniziata dopo la crisi della cosiddetta "prima Repubblica".
Oggi abbiamo dunque un Presidente direttamente investito dal mandato popolare, che ha il compito di governare per l'intera legislatura. E' indubbio, quindi, che nell'ambito dell'attuale congiuntura politica il peso delle decisioni assunte dalle Regioni assume un rilievo determinante.
Sono convinto che il compito delle nuove Regioni consista nel formulare una proposta su un disegno strategico dell'Italia federale, come si provò a fare con la Bicamerale.
Il Presidente della Regione deve, pertanto, riuscire a rappresentare la sintesi delle esigenze e delle proposte provenienti dalle varie autonomie locali, sia di centrosinistra che di centrodestra. Questo è dovuto anche al peso che i Presidenti delle Regioni rivendicano a seguito della riforma del 1999 (i Sindaci e i Presidenti di Provincia lo hanno dal 1993).
Non possiamo dare al voto popolare un peso specifico in funzione del colore politico e dell'amministrazione che guida la singola istituzione.
Per questo motivo, la lettera inviata dalla Presidente Bresso, insieme a numerosi Sindaci, non mi sorprende. Al contrario, mi stupisce il silenzio delle altre amministrazioni di centrodestra, che non rivendicano la possibilità di essere ascoltate.
Il federalismo può e dev'essere costruito nel rispetto delle autonomie locali e dei principi costituzionali.
Un collega Consigliere di AN, nella seduta precedente, ha letto il testo di un'agenzia ANSA del Senatore Di Pietro, portandola come sostegno al referendum proposto dalla maggioranza (sono in possesso di questo testo me lo sono fatto inviare, è un documento elaborato direttamente dal Senatore Di Pietro). Lo stesso, in questo comunicato del 16 settembre afferma che i referendum sulla devolution fanno già parte del potere delle Regioni, che possono dunque esercitarlo. Ciò non significa condividere i progetti sulle autonomie degli On. Formigoni e Bossi. Aggiunge, inoltre: "Un disegno di federalismo serio richiede un coordinamento a livello nazionale, sul cui disegno le spaccature maggiori sono proprio all'interno del Polo (Fini contro Bossi e viceversa)". Termina affermando che la lista Di Pietro del federalismo vuol fare un progetto programmatico serio e costituzionalmente corretto. Questa è la posizione del Senatore Di Pietro e del movimento che qui rappresento, come elemento di chiarezza rispetto ai colleghi: un disegno di federalismo serio, dotato di un coordinamento a livello nazionale; un percorso programmatico serio e costituzionalmente corretto.
Questi due requisiti di fondamentale importanza sono del tutto assenti nella vostra proposta. Le competenze non si tagliano a fette, anche quelle più strettamente regionali, non si dividono verticalmente, ma devono essere convincenti e quindi organizzate orizzontalmente.
La sanità è certo materia di competenza regionale, e su come è stata gestita in Piemonte stendiamo un velo pietoso, è stata battaglia di campagna elettorale. La gestione organizzativa delle prestazioni sanitarie deve essere, quindi, assegnata pienamente alle Regioni, in stretta connessione con i sistemi di governo locale.
Tuttavia, in uno Stato unitario, non possono non essere definiti diritti uniformi alla sanità garantiti a tutti i cittadini. Chi è che stabilisce quali siano questi diritti? La Casa delle Libertà ha presentato alla Camera una proposta firmata dai suoi sei Capigruppo, che recita: "I Comuni, le Province, le Regioni e lo Stato esercitano solo le attività che non possono essere svolte, in modo più efficace, dall'iniziativa autonoma dei privati".
Per quanto riguarda il Piemonte, qualsiasi privato gestirebbe in modo più efficace ed efficiente la sanità. Tuttavia, in Parlamento, il centrodestra chiede di affidarla ai privati, mentre in Regione, invece, lo stesso schieramento rivendica l'autonomia regionale.
Il processo di decentramento e di federalismo non può essere semplicemente un percorso a colpi di maggioranza, sia che questi vengano dal centrodestra che dal centrosinistra. Occorre, pertanto, avviare un percorso serio, che possa anche portare alla presentazione di un referendum da sottoporre al Paese, non come una proposta di parte, ma come sintesi di un percorso.
Questo referendum proposto intende, invece, invertire il percorso per chiari motivi politici ed elettorali (politici, perché conosciamo bene le differenze di pensiero tra l'On. Fini e l'On. Bossi; elettorali, perché si cerca di illudere i piemontesi che la risposta al quesito referendario sarà la panacea di tutti i problemi).
Se i contenuti del federalismo fossero condivisi all'interno della Casa delle Libertà, e se al suo interno il percorso del referendum fosse ritenuto indispensabile, non si capisce per quale motivo, allora, il Presidente della Regione Lazio (AN) non applichi lo stesso percorso.
Il referendum diventa, quindi, merce di scambio per ottenere qualcosa (per Forza Italia l'appoggio della Lega alle prossime elezioni politiche e per AN il sostegno al proprio progetto di "Roma città-stato"). Sanità istruzione, polizia locale sono materie esplicitamente previste dall'art.
117 della Costituzione, sulle quali le Regioni possono già, sin d'ora legiferare.
Dunque, il Presidente Ghigo finirebbe per chiedere agli elettori se vogliono che lui possa esercitare i poteri di cui già dispone. Il referendum è quindi inutile, in quanto non accresce i poteri delle Regioni nei confronti dello Stato, e i cittadini non possono conferire poteri maggiori alle Regioni. In sintesi, il referendum proposto è propagandistico e sostanzialmente inutile.
Nell'ultima seduta del Consiglio regionale, lei, Presidente Ghigo, ha detto che comincia ad avere crisi di identità, in quanto riceve critiche sia per essere troppo decisionista, sia per essere troppo mediatore. A questo pericolo una cura esiste: basta non prestarsi a questo doppio gioco e non lasciare le istituzioni in balia delle legittime aspirazioni elettorali. Invece di chiedere agli elettori se vogliono che la Regione abbia più poteri in materia di sanità, formazione e polizia locale - e perché no, sviluppo economico, trasporti e fisco - perché non andare alla consultazione popolare su un progetto compiuto di riforma istituzionale? La realtà è che purtroppo il federalismo è diventato propaganda elettorale sia per il centrodestra in Piemonte, sia, mi dispiace dirlo, per il centrosinistra al Governo. L'obiettivo comune non è trasformare la Repubblica italiana in uno Stato che, anche grazie al federalismo, riesca a rispondere meglio alle esigenze dei cittadini. L'obiettivo comune del centrosinistra e del centrodestra è realizzare, al più presto, una parvenza di riforma da vendere alle prossime elezioni.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Di Benedetto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bussola; ne ha facoltà.



BUSSOLA Cristiano

Grazie, Presidente.
Se devo esprimere un giudizio personale sull'andamento di questo dibattito, così come si è svolto finora, non può che essere sostanzialmente positivo.
Mi pare che tutti i Consiglieri intervenuti, chi più e chi meno, salvo rare eccezioni, seppur, com'è legittimo e doveroso che sia, ciascuno dal proprio punto di vista, abbiano ben capito di essere inseriti in una fase che non esito a definire storica, in vista di quello che è, e di quello che sarà, l'ordinamento del nostro Paese; di quella che è, o meglio, di quella che sarà, la vita dell'istituto Regione. Questo, ripeto, non può che essere un fatto positivo.
Finalmente si è iniziato ad affrontare concretamente, con dei contenuti politici, l'oggetto del contendere. Credo di non sbagliare se affermo che ciascuno, sempre da una parte come dall'altra, si è reso conto che è opportuno abbandonare delle pure logiche di parte e di ostruzionismo (questo per quanto riguarda la minoranza), per iniziare un confronto concreto, così com'è stato espresso, e come gli stessi Presidenti Cota e Ghigo hanno invitato a fare nei loro interventi che hanno aperto questo dibattito.
Esiste, se non sbaglio - questo mi pare che emerga anche dalle parole di cauto ottimismo del collega Marcenaro - la volontà di uscire da questa impasse. Chiaramente bisogna vedere come se ne uscirà.
Per quanto riguarda il Gruppo di Forza Italia, certamente c'è l'augurio che si possa addivenire, nel più breve tempo possibile, all'approvazione di questa deliberazione, per poi garantire un confronto in termini politici come ho accennato prima, per quanto concerne il passo successivo relativo al disegno di legge.
Da parte nostra c'è, mi sento di garantirlo, questo impegno alla concretezza, di dare un contenuto politico a quanto stiamo affrontando, per far sì che le Regioni possano, in questa fase che ho definito storica assumere veramente un ruolo attivo e partecipe del cambiamento e non soltanto puramente passivo, senza essere oggetto del cambiamento che ci circonda.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, di fronte al provvedimento attualmente all'esame della Camera dei Deputati, penso che si possa notare con una certa soddisfazione, in primo luogo, che il processo di razionalizzazione funzionale e istituzionale del sistema dei poteri pubblici si va estendendo e consolidando nel nostro Paese; in secondo luogo, sembra esistere una qualche forma di compattezza politica, sia pure a volte, su soluzioni che potremmo definire al ribasso nel processo di riforma istituzionale e nel ridisegno dell'ordinamento dello Stato e dell'impianto complessivo degli assetti del sistema dei poteri pubblici.
Molti colleghi, prima di me, hanno ricordato in quale misura questo provvedimento recepisca alcune indicazioni, già di per sé timide e parziali in termini di contenuto, che erano state avanzate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e quanto, quindi, questo possa considerarsi almeno in una certa misura, soddisfacente.
In questo quadro vale la pena ricordare quanto non solo il provvedimento attualmente all'esame della Camera dei Deputati, ma la riflessione delle stesse Regioni e delle stesse maggioranze regionali dell'uno e dell'altro colore, manchi di sottolineare e di rivendicare, a fronte di una riforma federale dello Stato quale non si annuncia sicuramente per domani, ma quale tutte le forze politiche dichiarano di voler realizzare nel corso dei prossimi anni.
In primo luogo, lo ricordava il Presidente, c'è il problema del federalismo e della responsabilità fiscale.
Signor Presidente del Consiglio, ritengo che la versione che lei dà del federalismo fiscale come compartecipazione al gettito tributario non sia dal punto di vista della responsabilità politica, diversa dal sistema dei trasferimenti dei fondi pubblici a finanziamento delle competenze regionali.
Questa è un'accusa politica che noi muovemmo ai decreti sul federalismo fiscale dei Governi del centrosinistra, che erano concepiti - ricordiamo l'ultimo di compartecipazione al gettito IVA - esattamente secondo lo stesso modello.
Questa è l'accusa che riproponiamo alle maggioranze di tutti i colori di questo Paese, sia di centrodestra che di centrosinistra, cioè di concepire il federalismo fiscale come incremento della capacità di spesa a fronte di un sistema di trasferimenti in qualche misura fissi e predeterminati che consentono alle Regioni una qualche certezza, ma che le escludono da ogni forma di responsabilità fiscale.
Questo è un punto importante - mi rivolgo anche ai rappresentanti della Giunta - perché negli stessi testi programmatici - leggevo nelle scorse settimane il Piano regionale di sviluppo della Regione Lombardia - questo dato sembra essere assodato e consolidato.
Per "federalismo fiscale" si intende la compartecipazione al gettito fiscale, non si intende la responsabilità fiscale e quindi la capacità impositiva, ma, innanzitutto, il dovere di risponderne di fronte agli elettori e di utilizzare la leva fiscale come leva di sviluppo rispetto alle politiche economiche e, in genere, come strumento di rapporto e di responsabilità politica nei confronti degli elettori.
Il secondo aspetto, peraltro ripreso da alcuni emendamenti, secondo me condivisibili, presentati dall'opposizione di centrodestra in Parlamento riguarda il sistema della sussidiarietà non solo istituzionale, ma anche sociale.
Il cosiddetto emendamento Pisanu non rappresenta semplicemente una denuncia della natura parziale, tutto sommato equivoca, di questo tipo di civiltà istituzionale (non di questo modello di federalismo), ma rappresenta una vera e propria messa in mora, se lo si legge seriamente della stessa azione di governo delle maggioranze di centrodestra in tutte le Regioni del nord.
Non esiste, tranne la Lombardia, nessuna Regione del nord Italia che abbia applicato in maniera rigorosa e coerente un criterio di sussidiarietà sociale; non esiste nessuna Regione del nord Italia, nessuna Regione amministrata da Governi del centrodestra che si muova secondo il ragionevolissimo principio liberale, secondo il quale anche le prestazioni sociali le offre il mercato fino a quando riesce ad offrirle e che al potere pubblico e alle istituzioni non è attribuito, naturalmente, il potere di diventare macchina erogatrice delle prestazioni, ma è attribuita la responsabilità di garantire i cittadini rispetto ai diritti di accesso al sistema delle prestazioni.
Questo significa buono scuola; significa buono sanità; significa liberalizzare il sistema delle prestazioni, cosa che in questa Regione non avete fatto e non volete fare, cosa che in tutte le Regioni che amministrate, ad esclusione della Lombardia, non avete fatto e non volete fare.
Questi sono i punti sui quali, secondo me, si dovrebbe riflettere meglio e, forse, sono i punti sui quali avrebbe senso tentare di "forzare" dal punto di vista istituzionale, in questo negoziato molto duro e molto politico che le Regioni hanno intrapreso rispetto al Governo nazionale: il federalismo fiscale, la sussidiarietà, un modello di federalismo liberale e non di centralismo regionale contrapposto ad un modello di centralismo e di statalismo nazionale.
Per passare al secondo punto della relazione del Presidente del Consiglio e del Presidente della Giunta, perché le cose sono collegate questo voi non lo state affatto proponendo.
Voi proponete una consultazione referendaria non solo di indirizzo assolutamente equivoca, indeterminata e priva di qualunque significato normativo, ma chiedete, tutto sommato, il trasferimento di alcuni poteri e di alcune competenze che la legge di riforma costituzionale nel grande complesso già assegna. Dal punto di vista politico, disegnate un modello di devoluzione - su questo ha perfettamente ragione, mi pare, Massimo Cacciari sicuramente più arretrato di quello che martedì la Camera voterà e spero - comunque nelle prossime settimane verrà approvato in prima lettura anche dal Senato della Repubblica.
Se volete stimolare un avanzamento di questa riflessione, se volete davvero innescare, non un contenzioso politico di stampo più o meno propagandistico, ma una lotta politica serrata in nome della vostra responsabilità rispetto al Governo nazionale.
A mio parere, dovete parlare delle cose che il Governo nazionale non concede alle Regioni, ma forse anche - e in questo sta la vostra difficoltà di quelle che neppure voi volete amministrare. Infatti, il federalismo fiscale, finché è compartecipazione al gettito, diventa capacità di spesa quando diventa responsabilità fiscale e capacità impositiva, significa che l'Assessore Burzi non riferirà più in questa sede sulla capacità di spesa che gli deriva dai trasferimenti di gettito erariale, ma riferirà di come imporre le tasse ai cittadini piemontesi e chiederà loro di giudicare lui stesso e questa Amministrazione sul modo in cui questi denari vengono raccolti e vengono spesi.
Se voi voleste parlare di sussidiarietà sociale, l'Assessore D'Ambrosio non potrebbe rinunciare a fare quello che in Lombardia si è già realizzato da alcuni anni, cioè superare il sistema assolutamente vecchio e inefficace delle convenzioni con strutture sanitarie private, introducendo in maniera niente affatto surrettizia, ma chiara ed esplicita, meccanismi di buono sanitario che consentano alla Regione di continuare a garantire tutte le prestazioni e, nello stesso tempo, non costringano la Regione a diventare esclusivamente macchina di fornitura di queste prestazioni.
Non so se nelle pieghe del dibattito che ci aspetta sul referendum potremo discutere tutto questo; probabilmente no, perché non lo volete.
Tuttavia, se dobbiamo davvero discutere dei temi che i proponenti avanzano nella proposta di delibera per l'indizione del referendum, esistono - in questo mi pare abbia ragione il Presidente Marcenaro - alcune condizioni di legittimità che vanno assicurate e che, per quello che ci riguarda, possono trovare una corsia preferenziale nel dibattito dell'aula consiliare.
Un'insieme di norme, una riforma della legge sul referendum, che consenta l'applicazione non analogica delle norme sul referendum abrogativo anche al referendum consultivo, anche su provvedimenti amministrativi e legislativi e non solo limitato a quello che attualmente è previsto dalla legge regionale: si può fare in pochissimi giorni. Una norma finanziaria del provvedimento si può scrivere in pochissimi giorni.
Se il problema della maggioranza, invece, è quello di avere la copertura delle opposizioni rispetto alla spesa di questo referendum, la mia risposta è: scordatevela. Assumetevi la responsabilità di questa spesa se ritenete che questo referendum vada davvero indetto.
Per quanto riguarda il passaggio assolutamente ridicolo, dal punto di vista istituzionale, nella Commissione per il referendum che voi vi ostinate a non voler fare, sebbene previsto da una legge regionale, dovete fare una sola cosa: farlo; farlo passare.
In questo modo, discuteremo del merito di questo referendum e potremo in proposito, mi pare che gli spunti offerti dal Presidente del Consiglio siano importanti - mettere mano, contestualmente, all'esame di questo provvedimento o immediatamente dopo (comunque, prima della tenuta della consultazione referendaria), ad una proposta di legge di riforma costituzionale alle Camere che, in qualche misura, quest'aula dovrà adottare, se non approvare, prima di sottoporla al parere degli elettori.
Proposta su cui gli elettori dovranno pronunciarsi secondo un solo principio, che vale in tutti i referendum seri - lo dico ai proponenti e ai Consiglieri della Lega in particolare - e cioè che i referendum devono significare qualcosa.
Tutti i referendum che si sono tenuti nel nostro Paese avevano pregi e difetti, ma significavano una cosa chiara: gli elettori sapevano su cosa decidevano; gli elettori sapevano che cosa bocciavano votando no e che cosa approvavano votando sì.
Giungere in una situazione nella quale sia chiaro che cosa gli elettori approvano e cosa respingono, sarebbe già un grande successo che, in una qualche misura, ci sentiamo in obbligo di garantire e di assicurare, se lo vorrete.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brigandì.



BRIGANDI' Matteo

Intervengo in questo dibattito in maniera telegrafica, perché la nostra posizione è stata ampiamente esplicitata durante gli interventi avvenuti in Commissione, che ci ha visti impegnati per ore e ore.
Voglio subito esplicitare un punto di vista che nasce da una riflessione che faceva Bertrand Russell: "Mille teorie sono state distrutte da un fatto e mai un fatto è stato distrutto da mille teorie".
Un fatto è che una maggioranza solida, arrivata con D'Alema al Governo per quasi cinque anni (quattro anni, undici mesi e 29 giorni) non si è mai occupata di federalismo.
Se ne occupa oggi, di fretta, di corsa, accusando la Casa delle Libertà in generale e la Lega in particolare di voler strumentalizzare politicamente quello che è il proprio progetto politico dalla fondazione della Lega a oggi.
Questo è un fatto; le teorie costruiamole tutte: Russell era Russell.
Credo di essere in una posizione al di sopra di ogni sospetto, perch l'idea del federalismo nasce con la Lega; nasce per abbinare una forma di Stato alla trasparenza dello Stato stesso, cioè un meccanismo per combattere il malgoverno.
E' evidente l'equazione originaria: una classe politica corrotta l'abbiamo visto con Tangentopoli - prendeva i denari che erano superflui o comunque, erano dati dai cittadini che pagavano le tasse e venivano spesi non già per andare a migliorare le Regioni del sud, le Regioni che avevano dei problemi di carattere economico, ma venivano elargiti al fine di garantirne la sola sopravvivenza, e non quindi il progresso.
Così facendo, venivano presi i voti, ritrasferiti a Roma e ricominciava il circolo vizioso.
E' evidente che questo meccanismo era completamente errato. I fatti di cronaca degli ultimi dieci anni ci dicono che il nostro ragionamento era corretto.
Il fatto che il federalismo stia diventando di moda - ormai è l'ultima moda della politica - ci conforta nel fatto che era tecnicamente corretto e, quindi, noi siamo qui, con tutta la Casa delle Libertà, a voler combattere per la realizzazione del federalismo. Ovviamente, non possiamo non vogliamo e non dobbiamo accontentarci di un federalismo che ha solo l'etichetta del federalismo, ma che contiene dei principi diversi.
Quando si parla di gettito fiscale e di federalismo fiscale non si pu pensare di aggiungere delle tasse, quindi aggiungere ad un gettito diretto dello Stato, altre tasse, per avere un gettito diretto dell'Ente locale.
E' evidente che ogni popolo, ogni Regione, ogni macroregione - si vedrà poi come ci si vuole assettare - avrà una propria produzione, che verrà impiegata o reimpiegata per il progresso del popolo stesso che ha prodotto questa ricchezza; verrà impiegata in parte per il funzionamento generale dello Stato unitario e, in parte, reimpiegata per questioni di solidarietà.
Questo è il nostro progetto.
Non sto dunque a ripetere quello che ha detto, nella ricca esposizione il Presidente del Consiglio, cioè che il disegno di legge, siccome oggi si trova a Roma ed è stato probabilmente approvato in qualche sua parte, è un disegno di legge che innegabilmente è indirizzato verso la realizzazione del federalismo, però lo guarda da distante! Il federalismo è tutto un'altra cosa.
Sono contento di questo dibattito perché mi pare si stia svolgendo in maniera seria e sia ben distante dal folklore che abbiamo visto in Commissione.
E' evidente - l'ho detto altre volte, ma è necessario riprenderlo anche adesso - che la maggioranza, la Casa delle Libertà, ha un programma, ha una meta, che è meta comune, si badi, non è meta della Lega. La Lega non ha avuto Assessori ed è presente in maggioranza perché ha una meta comune. Gli altri partiti della maggioranza hanno accolto la Lega perché hanno una meta comune.
La maggioranza ha una meta comune; il dialogo con le forze di minoranza può essere utile, uso un'espressione di sinistra, nella misura in cui la sinistra ci possa dare un apporto per la migliore realizzazione dei nostri fini politici. Quindi è evidente che per noi il federalismo è quella cosa che abbiamo detto; se per caso ce ne siamo dimenticati un pezzo, c'è un meccanismo che meglio possa fare raggiungere lo scopo, braccia aperte. Se invece qualcuno intenda adoperare i meccanismi previsti dal regolamento per far sì che si arrivi non ad un miglioramento della proposta politica, ma ad un inciucio, un consociativismo, questo se lo dimentichi in maniera chiara! Siamo pronti a fare tutto quello che deve essere fatto perché la gente possa capire chi vuole realizzare un risultato e chi non vuole realizzarlo.
Siamo pronti al dibattito serio, alle discussioni serie, però così come la maggioranza deve avere il rispetto della minoranza nel sentire il proprio apporto di idee, la minoranza deve avere il rispetto della maggioranza che ha l'onere, il dovere di tradurre quelle che sono state le proprie proposte elettorali in fatti! La violenza in questo caso, ove fosse al contrario, sarebbe più grave, perché tutto sommato l'azione della maggioranza è legittimata dai voti.
Il referendum che noi proponiamo è un referendum che la minoranza ci dice essere generico. Io credo che questa eccezione alla quale penso di dover rispondere sia un'eccezione che potrebbe essere di buon senso in un'aula di giustizia, non certo in una proposizione di carattere politico.
Mi spiego: se noi abbiamo un'idea di federalismo, se noi abbiamo un'idea di fare determinate cose e addirittura iniziarle per gradi perché avete visto che il referendum parla solo di quattro argomenti, gli altri poi sono da venire, e la realizziamo senza sentire l'elettorato prima, che senso avrebbe? Cioè, voglio dire, l'innovazione data dalla realizzazione del federalismo è una innovazione che deve essere sottoposta al vaglio elettorale. Noi dobbiamo sentire se i cittadini sono dell'idea di voler modificare questo Stato in Stato federale oppure no. E ovviamente non possiamo che farlo prima, perché dopo sarebbe troppo tardi. Di più: saputolo prima, ciascuno di noi potrà proporre con una legge, com'è stato detto, un progetto, una proposta specifica da sottoporre al Parlamento.
Ognuno di noi avrà la propria strada politica che nella successiva specificazione della determinazione e della qualificazione del concetto di referendum, sarà supportata dal conforto del responso elettorale.
Questa è la funzione di questo referendum che deve necessariamente essere così; mi spiace che non sia presente ora il Consigliere Palma che ha avuto il coraggio di dire che i referendum da loro proposti erano chiari.
Io sono certamente di bassa scolarità, però vi assicuro che degli ultimi nove ne ho capiti tre: leggevo e non capivo cosa c'era scritto! Ormai è passato il tempo che il Consigliere Marcenaro aveva indicato come "conditio sine qua non", cioè è passato il tempo in cui l'apporto del risultato del referendum poteva essere una bandiera di carattere politico per un unico movimento; dobbiamo quindi confrontarci qui, in questo modo seriamente, per portare alla fine, alla chiusura, questo provvedimento.
Tenendo conto che per noi è certamente insufficiente e distante dall'idea che noi abbiamo di federalismo quello che è stato varato dalla Camera.



(Applausi da parte del pubblico presente nelle tribune)



PRESIDENTE

Ricordo al pubblico presente che è vietato ogni tipo di manifestazione di opinione. Invito quindi il pubblico ad astenersi da qualsiasi manifestazione, di consenso o dissenso, rispetto agli interventi svolti dai singoli Consiglieri.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che sia ancora qui confermato che attorno al termine federalismo ci sono punti di vista assai diversi. Del resto credo che perfino il concetto di razionalità abbia dei riferimenti e dei valori diversi, quindi è comprensibile per un concetto quale il federalismo.
Noi dobbiamo capire qual è la costruzione che stiamo facendo, perch dobbiamo stabilire se stiamo definendo una forma organizzativa dello Stato delle sue articolazioni, capace di vivere e di rapportarsi in una società complessa, in un rapporto con l'Unione Europea ormai a forte integrazione con una valorizzazione delle forze dello sviluppo locale che non vuol dire piccolo municipalismo, ma capacità di stare nei processi di sviluppo mondiali, con un principio di solidarietà funzionale che, va ricordato l'Unione Europea ha sperimentato e di cui noi siamo stati beneficiari. I fondi strutturali sono la caratterizzazione che una realtà così grande articolata e differenziata, come l'Unione Europea ha saputo far funzionare il principio di solidarietà e quindi è per noi un elemento di riferimento.
Questo vuol dire anche che noi potremo guardare a un federalismo che abbia caratteri di vivacità e di competizione, ma che sappia rispondere ad un obiettivo di fondo che è quello di uno sviluppo equilibrato perché è nell'interesse di tutti. Una Regione arretrata in qualche modo è un condizionamento dell'Unione Europea. E' questo era percepito già dai padri fondatori dell'Unione Europea che avevano concepito già da allora quali erano le misure di intervento per le aree arretrate che allora principalmente erano il Mezzogiorno d'Italia e il Mezzogiorno francese.
Ho sentito l'intervento del collega Palma che per certi versi ho apprezzato; è chiaro che ci sono delle differenziazioni forti sul ruolo della funzione pubblica. Anche nel dibattito che si è svolto in questi giorni alla Camera ci sono state delle alleanze trasversali sui problemi e credo che questo sia un fatto positivo che dà un senso forte e una vivacità fattiva al dibattito parlamentare. Va precisato che la funzione pubblica non può essere residuale, marginale, ma deve essere piena e forte. Con questo presupposto se si applica correttamente il principio di sussidiarietà. Questo vuol dire da un lato non si possono svendere alcune funzioni pubbliche e, dall'altro, tener conto che alcune esperienze (penso a quella statunitense) hanno lasciato, e lasciano tuttora, una fascia del ceto medio basso in condizioni di sofferenza sociale, proprio perché c'è stata una forte determinazione nel lasciare una forma di sussidiarietà orizzontale molto spinta, con un largo abbandono della presenza pubblica.
In questa legislatura parlamentare si è già lavorato, attraverso i meccanismi di legislazione ordinaria, attorno al federalismo, seguendo un principio: il principio di una costruzione graduale, a carattere sistemico di modo che tutti i pezzi si tengano tra di loro e che non si sfascino e entrino in conflitto.
Non siamo alla fine di una guerra, di fronte ad un evento rivoluzionario per cui si parte da zero e allora si può fare una costruzione istituzionale a tavolino: siamo in un processo di transizione cioè dobbiamo fare una rivoluzione con il treno in corsa; non possiamo fermare il treno, anzi, questo deve andare sempre più forte perché così si impone il confronto internazionale. Dobbiamo fare un cambiamento facendo in modo che nulla si perda, che la forza del sistema complessivo economico sociale e culturale del nostro Paese, sia forte.
Abbiamo lavorato sul federalismo fiscale certamente con limiti, con una visione temporale forse troppo lunga, specie per le Regioni più deboli; si è lavorato in quello che si dice, probabilmente impropriamente, federalismo amministrativo (la riforma amministrativa sottesa alle leggi Bassanini): elementi essenziali per calare la riforma costituzionale in modo da non porla sul vuoto, ma in un ambiente sostanziato.
Se questa legislatura parlamentare si chiude con una riforma costituzionale, tenendo anche conto della piccola ma significativa riforma per l'elezione diretta del Presidente delle Regioni, non possiamo certamente definire questa legislatura costituente, ma certamente una legislatura che ha dato un forte contributo al cambiamento dell'assetto istituzionale.
Probabilmente la Commissione Bicamerale sarebbe stata la sede più concreta. Forse i suoi obiettivi sono stati troppo grandi: si andava dal sistema delle garanzie, alla forma di governo, al Parlamento, alla forma di Stato. Forse, ripeto, erano obiettivi troppo ambiziosi, ma certamente era la sede che avrebbe permesso un lavoro più tranquillo e completo.
Mi rendo conto che l'operazione che oggi si sta facendo può apparire un po' affrettata. Del resto, nei processi legislativi che noi viviamo in questa assemblea, a volte, ci sono delle forzature essenziali per potere andare avanti, ma, ovviamente, si paga un prezzo in termini di perdita di perfezione del provvedimento.
E' chiaro che limiti e valori ci sono. Personalmente non avrei eliminato dalla rubrica (il titolo nuovo del capitolo V) il riferimento all'ordinamento federale, perché mi sembrava un fatto emblematico, un segnale.
Anche le competenze concorrenti - un'area grigia sulla quale si giocherà una capacità dialettica e creativa delle Regioni nel rapporto con lo Stato - non bisogna vederle come un trucco che permetta allo Stato di recuperare competenze che dovrebbero essere delle Regioni così come sono assegnate, con il meccanismo delle competenze esclusive.
Sulla sussidiarietà orizzontale si sono formate delle alleanze non omogenee, non legate allo schema maggioranza-opposizione: questo è un segno di ricchezza delle assemblee elettive, perché si ragiona e si dà spazio alla dialettica nei vari passaggi. Si pensa che la sussidiarietà orizzontale sia un grande valore, ma non può essere vista come una svendita di funzioni pubbliche essenziali per garantire livelli di giustizia sociale, livelli di funzionalità, perché altrimenti cadiamo nella demagogia, oppure nell'asservimento agli interessi particolari che ci possono essere, forzando un valore certamente estremo che può esserci nella sussidiarietà orizzontale.
Relativamente al federalismo fiscale, non si arriva a dare pienezza alla responsabilità fiscale delle Regioni, che sarebbe importante (un dibattito che avevamo già affrontato in questa assemblea negli anni ottanta), però ci sono elementi di avanzamento molto forte che vanno comunque riconosciuti.
La seconda parte della Costituzione è strutturata in modo tale che pu migliorare e adeguarsi alle esigenze nel tempo. Nella prima parte, invece vi sono i grandi principi che la maggioranza attuale - minoranza nel Parlamento nazionale - voleva forzare nella Bicamerale e che ha trovato invece, da parte della maggioranza parlamentare, una netta opposizione. La seconda parte della Costituzione, proprio perché è stata così concepita permette ulteriori aggiustamenti.
Oggi non facciamo un'operazione definitiva di qui alla fine del secolo che stiamo vivendo, ma è, sostanzialmente, una strutturazione flessibile che si autoregola.
Come possiamo dare un contributo a questo dibattito se non lo vogliamo ridurre ad una semplice accademia? Il Presidente Ghigo non è presente, sarà certamente preso da altre incombenze e non voglio mettere in dubbio la loro importanza, ma il nostro piccolo transatlantico oggi è meno frequentato. Se si fosse discusso di altro, forse vi sarebbero state più persone a riempire questa sala, che oggi è uno "sfogatoio". Invece, dobbiamo cogliere l'opportunità. Ripeto, come possiamo dare un contributo a questo dibattito? Io suggerirei (è una mia idea, non l'ho concordata con nessuno) di elaborare un ordine del giorno che dia una segnale da parte di questa assemblea, di modo che non si chiuda questa giornata dicendo: "Ci siamo parlati un po' tra di noi con una apprezzata presenza di pubblico".
Dobbiamo superare questo spirito da accademia.
Chiedo scusa al Consigliere Brigandì, ma in questa dialettica che si è svolta alla Camera ci sono stati passaggi in cui vi siete trovati in minoranza, ma questo non è un problema, è una dinamica. Dobbiamo riconoscere che a reggere la base della trasformazione costituzionale è un lavoro che stiamo svolgendo ora.
Sentivo dall'Assessore Pichetto che adesso dobbiamo gestire tutte le competenze in materia di industria che ci sono state trasferite attraverso i DPCM, i decreti legislativi, nelle materie delle politiche del lavoro e del personale. Ero presente nella Bicamerale di attuazione della legge Bassanini e ho assistito al trasferimento di "pezzi" di strutture dello Stato (il Ministero del Lavoro passa da 16 mila a quasi 7 mila dipendenti) alle strutture regionali e provinciale con le leggi attuative che le Regioni hanno dato: questi sono gli elementi portanti, la base per innestare la riforma costituzionale in modo e sistemico . Mi pare una cosa di grande valore.
Noi non ci avviciniamo alla visione strategica e finale del federalismo; credo che siamo più vicini, ma che qualcuno sia ancora attardato e viva ancora, nel suo piccolo mondo antico, "ognuno per se stesso" in una forma di federalismo egoistico. Il federalismo può anche essere fortemente competitivo, ma sa che ha alcune basi comuni che lo sostanziano, che è quello che si trova radicato in una entità nazionale l'Italia, per noi - e che si riverbera in un'Unione Europea a forte integrazione. Si pensi che stiamo parlando dell'espansione del numero dei componenti dell'Unione europea.
Mi sembra strano che qui stiamo parlando di un disegno complessivo ampio, perché deve avere questo carattere globale; dobbiamo fare questa rivoluzione federalistica, come già detto, con il "treno in corsa", senza fermarlo, permettendogli di andare più veloce e per realizzare il federalismo noi proponiamo quattro moduli attuativi, di cui uno sulla formazione professionale? Penso che la materia "Formazione professionale" sia stata inserita da qualcuno che non conosceva a fondo tale materia ed ha "sparato" questo termine. Una volta messo il timbro su "Formazione professionale", come tutte le pratiche burocratiche della pubblica amministrazione, è andata avanti anche nella proposta che più viene prospettata.
Direi che a moduli non possiamo farla questa trasformazione, in quanto ha bisogno di un respiro di insieme. Per quanto riguarda la polizia municipale, poi, avrei delle idee diverse, si potrebbero trovare delle forme più sofisticate. Quest'estate sono stato in Argentina ed ho visto che nelle Province di quel Paese opera la "policia provincial", che svolge ovviamente continua ad esistere la polizia nazionale, che ha molte più competenze - una serie di funzioni importanti sulla sicurezza. Sulla materia si può discutere, ad oggi non siamo mai riusciti ad entrare nel merito, chiarirci...
Anche sulla scuola ci sono limiti... Scusate, con la riforma dei cicli e l'autonomia scolastica, ogni istituto ha la possibilità di intervenire maggiormente! Perché l'Assessore competente di questa Regione non dice: noi diamo un supporto alle scuole, affinché qualcosa della nostra sensibilità possa "passare" nei programmi scolastici, cogliendo lo spazio offerto dall'autonomia scolastica.



PRESIDENTE

Consigliere Tapparo, la richiamo al rispetto dei tempi.



TAPPARO Giancarlo

Sto concludendo. Dubitiamo che ci sia una posizione attiva. Qui vediamo prevalere un aspetto nominalistico. Non si entra nel merito, mai.
Ritengo che occorra puntare ad una riforma complessiva come ho più volte ripetuto. Anche se poi i numeri della maggioranza ci "passano sopra" e si indirà il referendum. Spero non si perda di vista, per l'interesse generale della nostra comunità, che si deve andare al di là dei moduli indicati nel quesito referendario per una costruzione federalistica che sia all'altezza dei grandi processi di trasformazione che avvengono a livello mondiale. Se non siamo in grado di "reggerli", potranno solo far degradare la qualità della vita, la nostra forza economica e, probabilmente, avere ripercussioni sui nostri equilibri sociali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

La riunione di oggi affronta diversi temi. Uno, ampiamente ripreso in quasi tutti gli interventi, riguarda la delibera sulla richiesta di referendum, discussione che si svolgerà martedì prossimo.
L'altro tema è stato la discussione sull'ordine del giorno, votato a maggioranza nella scorsa seduta di Consiglio e che ha visto il nostro Gruppo votare contro. Infine, il rapporto tra l'ordine del giorno e i lavori svolti dal Parlamento nazionale.
Rispetto alla prima tematica interverrò più ampiamente quando riprenderemo la discussione.
Sono state svolte una serie di osservazioni a cui bisogna prestare attenzione.
Negli ultimi vent'anni c'è stato un fortissimo rafforzamento delle strutture economiche di aziende e di struttura, di tipo più formale, a livello internazionale. Siamo di fronte ad un processo che viene definito "mondializzazione" che ha portato, in questi anni, ad un fortissimo indebolimento dei poteri statali. Gran parte dell'economia, che una volta veniva governata anche dalle Istituzioni statali, ormai sfugge a questo tipo di controllo.
Nel nostro continente questo processo si è fortemente legato al rafforzamento dell'Europa. Per esempio non abbiamo più la Banca Centrale quindi un'autonomia sulla moneta, ma abbiamo la moneta unica europea. Gli Stati europei non possono più stampare moneta come facevano fino a poco tempo fa: cosa non irrilevante dal punto di vista dei poteri degli Stati.
Per molti secoli il potere finanziario è stato uno degli aspetti centrali del potere dello Stato: potere oggi fortemente limitato.
Noi, come forza politica, abbiamo colto che tale processo ha rafforzato i grandi gruppi economici finanziari ed industriali. Tali gruppi hanno cercato di far arretrare il livello di vita dei lavoratori e di distruggere gran parte delle conquiste che gli stessi avevano ottenuto nel corso degli ultimi cinquant'anni. Le conquiste dei lavoratori erano viste come intralcio alla sete di accumulazione di profitto di questi gruppi economici.
Tra l'altro c'è stata anche la "distruzione" di settori dell'economica pubblica, come l'energia, i trasporti, che sono essenziali per la vita civile delle comunità. Inoltre, si vuole intervenire su settori come la scuola e la sanità che sono considerati, anche nella nostra Costituzione non merci, ma diritti dei cittadini.
Bisognerebbe riflettere quando si dice che tali settori dovrebbero essere gestiti dai privati.
C'è un tentativo si smantellamento, soprattutto in Europa, dello stato sociale che dava ai cittadini una serie di garanzie. Dentro questo processo di mondializzazione, uno degli aspetti essenziali è proprio - ripeto l'attacco e lo smantellamento dello stato sociale.
La discussione sul decentramento, sul federalismo andrebbe inserito nell'enorme "devolution" di poteri degli stati che è già avvenuta, ma verso strutture non democratiche, verso strutture incontrollabili, verso strutture che, forse, meriterebbero un maggior controllo. Perfino là, dove esistono strutture elettive, come in Europa, non hanno potere; mentre invece, strutture non elettive, come la Banca Centrale Europea o la Commissione europea, che non è eletta dai cittadini, hanno molto più potere.
Sicuramente questo ci deve far riflettere e intervenire.
Il non cogliere questi aspetti ci porta a svolgere una discussione astratta.
L'aumento dei prezzi del petrolio, e la conseguente ricaduta sulla benzina, ha "risvegliato" la necessità di omogeneizzazione a livello europeo dei prelievi fiscali. Quindi qualcosa di diverso che non il cercare di andare verso un'ulteriore moltiplicazione dei sistemi, ma di una semplificazione dei sistemi stessi.
Al di là se questo sia giusto o meno, però è un problema da non sottovalutare.
Per esempio sui formaggi cominciano a darci le indicazioni sul come produrli.
Si parla di una Roma ingerente, ma non di un'Europa più ingerente ancora.
Pensiamo ad un altro problema importante, qual è quello degli organismi geneticamente modificati, come ad un decentramento, per esempio, o una struttura più federale che ci permetta di affrontare meglio o peggio questi aspetti. Di questo, credo, dobbiamo parlare, di forme di Governo che ci permettano, effettivamente, di intervenire meglio sulla realtà, non di costruzioni astratte.
Come ripeto, siamo preoccupati per ciò che invece sta avvenendo. Pare che ci sia un doppio processo, sia dall'alto che dal basso, di uno svuotamento delle strutture democratiche elettive degli Stati che almeno avevano questa caratteristica e, dentro questo, un attacco a quelli che sono stati gli aspetti essenziali della nostra società e del progresso che ha subìto, cioè la costruzione di un ampio Stato sociale, che garantisse ai cittadini degli standard minimi di vita e tentando di elevare gli stessi.
Crediamo, invece, che sia il processo di mondializzazione in atto, che il modo in cui sta avvenendo il discorso sul federalismo, tenda a distruggere questo piuttosto che introdurre degli elementi molto più bassi di condizioni minime di standard dei cittadini, e a lasciare il resto, invece al mercato e all'economia.
Per questo crediamo che i due processi si integrino in qualche modo e servano, forse, degli Stati deboli, da indebolire ulteriormente, perché fa comodo alle grandi banche, ai grandi gruppi assicurativi, alle grandi multinazionali trovarsi di fronte strutture con quelle caratteristiche.
Laddove, invece, individuano delle strutture forti, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, che siano strutture che operano al di là di ogni controllo democratico da parte dei cittadini.
Credo, appunto, che quando discuteremo ed entreremo nel merito, dovremo approfondire questo aspetto, e da parte nostra tenteremo di farlo, perch altrimenti rischiamo di imbrogliare, di promettere cose che sono fuori dalla realtà.
L'altro aspetto su cui mi soffermo riguarda il rapporto tra la discussione che affrontiamo oggi e il resto della discussione che abbiamo in corso sul problema del provvedimento di legge rispetto al referendum.
Avevamo approvato un ordine del giorno che, in qualche modo, esprimeva un giudizio sul documento dei Presidenti delle Regioni concordato con una parte degli enti e delle autonomie locali, un ordine del giorno che non abbiamo votato ma che questo Consiglio ha approvato. Credo che sarebbe importante che quest'aula decida come affrontare la questione del referendum, cioè che facesse un'analisi attenta di come quel documento è stato recepito dai lavori parlamentari, per capire se la proposta di referendum che era stata annunciata, come elemento di pressione politica ha ancora una validità o meno. Questo è un primo aspetto da affrontare.
In secondo luogo, rimangono i problemi che avevamo sollevato rispetto al referendum, e che fanno sì che ci troviamo, ancora oggi, a discuterne sulla legittimità, non solo costituzionale, dello stesso. Su questo, vorrei ricordare una cosa al Consigliere Brigandì: è chiaro che uno può andare in campagna elettorale e fare delle promesse e cercando di applicarle tuttavia l'applicazione va fatta in termini corretti.
Allora, se la Regione Piemonte non ha ancora una legge attuativa del referendum propositivo, non può prima indire il referendum e poi approvare la legge. Deve fare le cose nei termini corretti, cioè colmare la lacuna dell'assenza della legge e poi proporre un referendum, tanto è vero che la Lega stessa ha fatto le due cose, cioè ha presentato sia una proposta per dar vita alla possibilità di fare il referendum, sia il referendum.
Aver vinto, comporta che si cerchi di applicare le cose promesse nei termini corretti, non forzando le regole o non applicando quelle prefissate. Credo che un modo corretto sia quello di dire: va bene vorremmo fare un referendum. Ci mettiamo in condizioni di farlo. Ed è esattamente quello che vi abbiamo proposto, e crediamo che questo vada fatto. Non si può invertire l'ordine delle cose: prima si deve fornire il quadro che permetta il referendum, poi si potrà fare il referendum, perch esiste una maggioranza, anche se voteremo contro la richiesta.
Un altro aspetto che abbiamo sottolineato è l'utilità di non imbrogliare i cittadini. E' utile che i cittadini sappiano in modo preciso che referendum si voglia fare. In pratica, si faccia un referendum con delle proposte concrete, perché un referendum di poche righe, in cui si dice: "Siete d'accordo che una serie di cose sulla sanità, l'istruzione professionale, la scuola siano affrontate anche dalla Regione?" è troppo generico. Il problema è di entrare molto più nel merito.
La richiesta, pertanto, è che ci sia una legge che accompagni il referendum, che faccia capire i contenuti e le proposte.
Credo che martedì, e nelle giornate successive, se questi temi troveranno una soluzione, non incontreranno il favore del nostro Gruppo sulla proposta di referendum, ma perlomeno semplificheranno i lavori di quest'aula.
Se nella deliberazione si sgombrerà il terreno dagli aspetti puramente propagandistici e politici, vale a dire la volontà di abbinare i referendum con la scadenza elettorale, e i due temi che ricordavo poc'anzi troveranno una risposta, probabilmente si potrà lavorare in fretta. Altrimenti l'opposizione farà il suo dovere, si opporrà ad un provvedimento che non regge e cercherà, finché potrà, di arrivare ad avere quegli elementi di miglioramento, che sono gli stessi che ricordavo prima, non di miglioramento del testo - perché su quello c'è poco da fare - ma perlomeno di aver creato un quadro di coerenza che permetta lo svolgimento del referendum stesso.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



BRIGANDI' Matteo



PRESIDENTE

Ma è un fatto serio, grave?



BRIGANDI' Matteo



PRESIDENTE

Ma no, non era personale, era politico.
La parola al Presidente Giordano.



BRIGANDI' Matteo



PRESIDENTE

Prima della fine della seduta senz'altro avrà la parola per questo fatto personale.
La parola al Presidente Giordano.



PAPANDREA Rocco



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giordano.



GIORDANO Costantino

Grazie, signor Presidente e signori colleghi.
Con l'elezione diretta dei Presidenti delle Regioni viene modificato lo scenario della lunga transizione politica e istituzionale italiana, avviato dopo la crisi della prima Repubblica. Dopo il fallimento della Commissione Bicamerale, nella Conferenza dei Presidenti delle Regioni è maturata la convinzione unanime di assicurare Governi stabili di legislature e, siccome non si poteva riformare la legge elettorale regionale, l'unico modo era introdurre una norma costituzionale transitoria, che basasse la stabilità dei Governi regionali sull'elezione diretta del Presidente.
Attualmente abbiamo quindici Presidenti di Regione eletti direttamente e investiti per mandato popolare, con il compito di governare per l'intera legislatura. Bisogna quindi ragionare in termini di sistema, guardando l'assetto complessivo del Paese e considerando, in prospettiva, la sua partecipazione all'Unione Europea.
Il quesito referendario oggetto di discussione si presta ad un duplice ordine di considerazioni, politico e giuridico-legale. Sotto l'aspetto politico siamo di fronte ad una manovra puramente propagandistica, priva di reali contenuti. Che senso ha chiedere ai cittadini del Piemonte se vogliono o meno che sia la Regione - e non il Governo centrale - ad occuparsi di sanità, formazione professionale, istituzione o polizia locale, se prima non si spiega loro cosa si intende per sanità, istruzione o polizia locale? Quale disegno si persegue? Secondo quali principi e criteri direttivi? I cittadini hanno bisogno di risposte certe su temi troppo delicati quali appunto sanità, istruzione e sicurezza. Quanti quesiti evanescenti quale quello oggi in discussione, potrebbero formare oggetto di una consultazione popolare senza nulla approdare? Un giorno si potrebbe chiedere ai cittadini della Regione Piemonte se in un quadro di moneta unica europea, vogliono o meno che la Regioni batta una sua moneta. C'è il rischio che si formulino quesiti volti ad espellere dal territorio regionale questa piuttosto che quell'etnia straniera: ma espellerla dove? Verso un'altra Regione italiana? Si vuole uno Stato federale dove gli enti territoriali, quali le Regioni, possono liberamente concepire scelte qualificanti per le popolazioni locali, ma ciò deve avvenire tenuto conto che l'Italia è e deve restare una sola Repubblica indivisibile, conformemente al dettato costituzionale.
Cosa vuol dire trasferire alle Regioni le funzioni statali per quanto riguarda la polizia locale? A parte le contraddizioni in termini, si fa riferimento alle forze di polizia statale o ai corpi di polizia municipale o, addirittura, in un Paese già caratterizzato da molte forze di polizia spesso mal coordinate fra loro, si vuole creare un nuovo corpo di polizia regionale sovrapponendo compiti e ruoli.
Perché limitare la consultazione referendaria soltanto ai temi oggetto del quesito? Chiedere per chiedere, il quesito potrebbe essere esteso a tanti altri temi.
Ancora una volta, si tenta di utilizzare un fondamentale istituto di democrazia diretta - il referendum, concepito quale strumento di ultima istanza - per fini puramente propagandistici ed elettorali.
Le Regioni devono avere voce in capitolo per quanto riguarda le materie della sanità, dell'istruzione e della sicurezza, ma devono essere tutte le Regioni nel quadro di uno Stato federale unitario e non le singole Regioni secondo le proprie particolarità.
Esiste una Conferenza dei Presidenti delle Regioni: è in quella sede che le Regioni congiuntamente devono portare avanti le istanze federali. Si faccia e non si chieda; si affrontino concretamente i problemi, senza devolverli ai cittadini con sterili consultazioni.
Per quanto riguarda l'aspetto giuridico, l'articolo 60 dello Statuto regionale pone un'espressa riserva di legge in materia di referendum consultivo.
Siamo tutti consapevoli della mancanza di questa legge regionale, che dovrebbe indicare i limiti e le modalità di svolgimento del referendum consultivo, tanto che la maggioranza pretenderebbe di estendere, in via analogica, a questo istituto la disposizione di cui alla legge regionale n.
4/73 e successive modifiche, nate per fissare le modalità di concreto svolgimento dei referendum abrogativi.
Siamo di fronte a due forme di consultazioni popolare profondamente diverse per quanto riguarda le finalità e gli effetti; quindi, risulta impossibile applicare in via analogica il referendum nella forma consultiva, secondo quanto previsto e disciplinato per il referendum abrogativo.
Il principio cardine dell'interpretazione analogica non è ricomprendere sotto la stessa fattispecie e similmente disciplinati i casi analoghi? In questo caso, però, si tratta di due istituti che non sono analoghi. Se manca la legge regionale per la concreta attuazione al disposto dell'articolo 60 dello Statuto, facciamola, anche per questo siamo stati eletti.
La maggioranza, però, ha fretta di farsi propaganda, ha fretta al punto tale che chiede al Consiglio regionale, attuando un totale stravolgimento dei principi che presiedono le fonti del diritto e la loro gerarchia, di investire il Presidente della Giunta regionale e, quindi, di avallarne l'operato del compito di indire, vista l'assenza di una legge regionale, e di disciplinare la consultazione con proprio decreto, dunque con atto amministrativo.
Siamo di fronte ad un autentico "pasticcio" giuridico, completamente illegale. La maggioranza ha i numeri affinché il Consiglio regionale deliberi in senso a lei favorevole, ma tutti dovranno assumersene la responsabilità di fronte ai cittadini di questa Regione. Cittadini sui quali graveranno i costi dell'inutile consultazione.
L'eventuale suo abbinamento alle elezioni politiche mira a ridurre i costi o a far sì che la medesima non si traduca in un sonoro "fiasco".
Concludendo, ognuno di noi mediti se è veramente utile e proficuo consultare i cittadini o se non sia già possibile, con gli attuali strumenti normativi e nel pieno rispetto della legalità, fare qualcosa che concretamente fornisca risposte alla collettività.
In considerazione di quanto detto, chiediamo che la votazione, quando ci sarà, sia per appello nominale, affinché si possano individuare i Consiglieri che dovranno risarcire i danni, compresi quelli erariali, ed assumersi la responsabilità in ogni sede, in caso di un'eventuale approvazione della deliberazione e di svolgimento del referendum.
Per quest'ultima ipotesi, ci riserviamo fin d'ora di formulare esposto in ogni competente sede.
Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Giordano.
La parola al Consigliere Brigandì, per fatto personale.



BRIGANDI' Matteo

Il Consigliere Papandrea, nel suo intervento, facendo riferimento a me personalmente, ha parlato di imbrogli fatti agli elettori. Vorrei tre secondi di replica, se lo ritiene.



PRESIDENTE

La richiesta di fatto personale è "tirata per i capelli", Consigliere Brigandì, quindi non posso accoglierla.
La seduta è aggiornata a martedì mattina alle ore 9.30. Annuncio sin d'ora la convocazione della Conferenza dei Capigruppo che dovrebbe già esservi stata distribuita.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenuti alla Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,41)



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