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Dettaglio seduta n.143 del 23/10/01 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta, Casoni, D'Onofrio, Ferrero e Ghigo.


Argomento:

Sull'ordine di lavori, con particolare riferimento al richiamo in aula della proposta di legge n. 340


PRESIDENTE

Questa mattina sono terminate le illustrazioni dei provvedimenti relativi al diritto allo studio. A questo punto, dobbiamo procedere con la discussione generale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Chiederei di sottoporre all'aula e al voto la possibilità di richiamare in aula una proposta di legge, che è materia collegata, ferma in Commissione. Mi riferisco alla proposta di legge n. 340. Siccome è facoltà dell'aula definire con criteri di urgenza un provvedimento che riguarda...



PRESIDENTE

Qual è il provvedimento?



CONTU Mario

"Misure urgenti relative all'anno scolastico 2001/2002".



PRESIDENTE

Se non sono scaduti i termini non possiamo procedere ad una discussione su quel punto.



CONTU Mario

L'aula è sovrana.



PRESIDENTE

L'aula non è sovrana...



CONTU Mario

Mi riservo di approfondire il Regolamento. Si tratta di un provvedimento collegato che ci potrebbe aiutare.



PRESIDENTE

Prendo atto della sua richiesta, però il nostro Regolamento prevede che soltanto dopo che sono scaduti i termini di 90 giorni un provvedimento pu essere richiamato dai proponenti dalla Commissione e trasferito in aula.
Non c'è alcun pronunciamento dell'aula perché è materia definita dal punto di vista regolamentare.



CONTU Mario

Le ricordo che si tratta di un provvedimento urgente.



PRESIDENTE

Anche con i provvedimenti urgenti si possono dimezzare i termini, ma non annullarli.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Proseguimento esame disegno di legge n. 252: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 29 aprile 1985, n. 49 (Diritto allo studio - Modalità per l'esercizio delle funzioni di assistenza scolastica attribuite ai Comuni a norma dell'art. 45 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 ed attuazione di progetti regionali)"; proposta di legge n. 229: "Diritto allo studio e all'apprendimento durante tutto il corso della vita"; proposta di legge n. 146: "Sistema formativo integrato per il diritto allo studio"; proposta di legge n. 180: "Interventi per favorire l'esercizio del diritto alla libera scelta educativa"; proposta di legge n. 184: "Norme per l'attuazione del diritto allo studio"; proposta di legge n. 288: "Norme in materia di diritto allo studio"


PRESIDENTE

A questo punto, possiamo procedere con la discussione generale in merito ai seguenti provvedimenti: disegno di legge n. 252: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 29 aprile 1985, n. 49 (Diritto allo studio - Modalità per l'esercizio delle funzioni di assistenza scolastica attribuite ai Comuni a norma dell'art. 45 del DPR 24 luglio 1977, n. 616 ed attuazione di progetti regionali)" proposta di legge n. 229: "Diritto allo studio e all'apprendimento durante tutto il corso della vita" proposta di legge n. 146: "Sistema formativo integrato per il diritto allo studio" proposta di legge n. 180: "Interventi per favorire l'esercizio del diritto alla libera scelta educativa" proposta di legge n. 184: "Norme per l'attuazione del diritto allo studio" proposta di legge n. 288: "Norme in materia di diritto allo studio" di cui ai punti 3), 4), 5), 6), 7) e 8) all'o.d.g.
La parola alla Consigliera Suino.



SUINO Marisa

Intervengo in merito a tutti i provvedimenti, in particolare sul disegno di legge presentato dall'Assessore Leo e dalla Giunta Ghigo.
Provando a rifare il ragionamento iniziale, partiamo con il ricordare che quella che la Giunta Ghigo ha presentato è una proposta di modifica della L.R. n. 49/85. Una legge regionale sul diritto allo studio che ha saputo essere dal 1985, quando è stata varata, un significativo viatico ed una significativa impostazione, peraltro copiata, riconosciuta, apprezzata ai vari livelli nel nostro Paese.
Cosa è accaduto in concreto nell'applicazione della legge? Sono accadute sostanzialmente due cose: il finanziamento della Regione per interventi di diritto allo studio è sceso, progressivamente, da 33,1 miliardi del 1985 a 24 miliardi del 2000. Questo è un primo ragionamento.
Secondo ragionamento. Nel 2000 la Regione avrebbe dovuto erogare circa 47 miliardi per interventi per il diritto allo studio e circa 2 miliardi e mezzo per i progetti regionali. La riduzione reale dell'impegno finanziario annuo, rispetto ai valori di riferimento del 1985, di fatto è di quasi 24 miliardi.
Nel contempo, a livello di società piemontese - e non solo - cosa è successo? E' successo che i costi dei servizi necessari per garantire le condizioni minime di diritto allo studio sono lievitati a livello di Paese e a livello di Regione. Le famiglie, quindi, oggi pagano di più, devono farsi carico di una spesa più pesante, più onerosa, per fare fronte all'esercizio del diritto allo studio.
In conclusione di questo ragionamento, si è divaricata ulteriormente la forbice tra le risorse stanziate - in questo caso, parlo di quelle stanziate dalla Regione Piemonte - e le esigenze di diritto allo studio.
Questo è il ragionamento che abbiamo fatto nel momento in cui ci siamo interrogati sulla necessità di presentare una proposta alternativa a quella della Giunta Ghigo.
Il disegno di legge presentato dalla Giunta Ghigo, il cosiddetto "buono scuola", paga le spese previste dalle rette delle scuole private. Quindi come abbiamo più volte sottolineato - le spese di docenza, che peraltro non rientrano assolutamente in quelli che sono i parametri ordinari, il riscaldamento e le utenze varie. Praticamente esclude una grandissima parte delle spese sostenute delle scuole pubbliche: i libri di testo, i servizi di mensa, i trasporti, i viaggi di istruzione, le attività formative, extra curriculari, laboratori, ecc.
Quello che noi rileviamo è che la scelta politica compiuta dalla Giunta Ghigo è di disinvestimento nella qualità dei servizi dell'istruzione. Noi lo leggiamo in questi termini. Si tratta di una scelta politica ben chiara che ritroveremo, peraltro, ripetuta con le stesse caratteristiche sul versante sanitario. Si tratta di una scelta per disinvestire nel settore pubblico.
L'aumento dei fondi viene destinato esclusivamente al finanziamento del buono scuola che, per come è stato congegnato dal disegno di legge, si traduce in un puro e semplice finanziamento indiretto alla scuola privata e, più in particolare, data la configurazione del mercato privato dell'istruzione in Piemonte, è un sostegno esclusivamente diretto al mondo cattolico.
Da questo percorso saranno esclusi tutti gli studenti, in particolare gli studenti degli istituti professionali e moltissimi studenti del sistema ordinario.
Questa è l'operazione nella quale sono coinvolte scuole elementari medie e scuole di formazione.
Ripeto, in questo clima, usare il termine "disinvestimento" è usare un termine gentile e diplomatico, perché l'operazione pensata, e portata avanti, è ben più grave.
Ciò che colpisce nella proposta della Giunta Ghigo è il carattere assolutamente arretrato, assolutamente antimoderno, antiriforma anticostituzione, ma, soprattutto, antimoderno.
La più avanzata e moderna elaborazione sul diritto allo studio pone l'accento sulla necessità di intervenire con una serie di provvedimenti collegati tra loro, facendo leva, soprattutto, sugli aspetti di miglioramento del servizio nei suoi diversi aspetti. La proposta della Giunta Ghigo, destinando i due terzi delle risorse - ma probabilmente sono di più - complessivamente stanziate alle borse di studio, individua, nei livelli di reddito, la principale causa degli abbandoni scolastici dell'insuccesso scolastico, dello scarso rendimento nell'apprendimento.
Contemporaneamente, non compie alcuna scelta che vada in qualche modo ad interferire sulle cause dell'abbandono e, quindi, non compie alcuna operazione che vada a sostenere il sistema scuola, il sistema istruzione.
Noi sosteniamo - lo accennava il collega Placido questa mattina - che probabilmente questa forzatura e questa inspiegabile scelta, azione di carattere così arretrato, antimoderno oltreché molto, molto connotato a destra, è il risultato di un impegno elettorale, di un impegno che vi è stato sotto diversi svariati aspetti, con una parte di questi utenti, di questi gestori delle scuole private. Quella parte più conservatrice del mondo della scuola privata, perché c'è tutta un'altra parte che assolutamente non del mondo cattolico, non la pensa in questo modo.
L'Assessore Leo dichiara, - e cito testualmente le sue parole: "Molte scuole cattoliche rischiano di chiudere; per sopravvivere hanno bisogno almeno di un 2% di iscritti in più. Noi con il buono scuola assicuriamo un aumento del 5% o 6%; in questo modo le salviamo tutte". Si tratta di un'intervista rilasciata alcune settimana fa. In sostanza, l'Assessore dice che i 35 miliardi delle borse di studio andranno ad esclusivo beneficio del 7% della popolazione scolastica presente nelle scuole private, mentre una minima parte di questa somma andrà a vantaggio di quel 93%, che è la popolazione piemontese che afferisce nelle scuole pubbliche.
Il motivo per varare questa legge è probabilmente un impegno assunto nel corso della campagna elettorale. Certamente, non è il solo motivo: un altro motivo, diciamo noi, è quello di farsi in qualche modo promotore, a livello locale, dell'ipotesi di riforma della scuola pubblica e privata centrata sull'introduzione del buono scuola.
Compiendo tale scelta si va perfino in controtendenza e ben oltre rispetto all'operazione compiuta dal Veneto e dalla Lombardia, poiché si...



(Scampanellìo da parte del Presidente)



SUINO Marisa

Presidente, non avevo a disposizione venti minuti?



PRESIDENTE

Nel dibattito generale si interviene dieci minuti.



SUINO Marisa

Infatti ho colto che il collega Palma era già pronto a scatenarsi su di me con...



PRESIDENTE

Posso assicurare che il Consigliere Palma stava tranquillamente seguendo l'intervento con l'attenzione e la cortesia di sempre.



SUINO Marisa

Mi dispiace perché non posso concludere il ragionamento.



PRESIDENTE

Concluda il ragionamento.



SUINO Marisa

No, troverò modalità in altra sede per poter arrivare alla fine del ragionamento.
Mi fermo qui, e chiedo scusa per aver frainteso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Dico subito che ci sarà un po' di ritornello oggi, nel senso che si confrontano chiaramente due visioni relativamente al problema della scuola.
Credo che si possano riassumere le due posizioni, nel senso che, da una parte, abbiamo una visione che sembra finalizzare il problema che stiamo affrontando interamente nel dualismo tra il problema della scuola privata e della scuola pubblica, nel senso di risolvere tutto con un finanziamento che poi, anche se non viene esplicitamente ammesso, finirà per interessare esclusivamente solo i frequentatori degli istituti privati, mentre dall'altra parte, abbiamo un insieme di proposte legislative che presentano una visione più globale del problema, che parlano della scuola come formazione, anche come formazione continua per tutto l'arco della vita come - l'Assessore lo sa - avviene in molti Stati europei.
Quando parliamo di Europa, dobbiamo pensare che in molti Stati europei il sistema formativo accompagna l'individuo per tutto l'arco della vita.
Come si legge nella relazione dell'Assessore, cerchiamo di guardare all'Europa in modo globale e teniamo presente che in Europa la visione della formazione continua è un concetto ormai recepito nella legislazione di un numero notevole di Stati membri.
Inoltre, nell'insieme delle proposte legislative, delle quali alcune sottoscritte anche da me, vi è una visione della scuola come un organismo che funziona con un insieme di soggetti: abbiamo non solo gli allievi, non solo i genitori, ma anche - ricordiamolo - gli insegnanti, perché quando parliamo della libertà di scelta dovremmo anche ricordare di parlare della libertà educativa dell'insegnante, ed è questo un criterio che dovremo approfondire in parte quando entreremo, forse più in là, nel merito della legge sul problema del rapporto tra scuola privata e libertà degli insegnanti.
Parlando globalmente di tutti gli altri testi legislativi proposti, mi piace ricordare che in essi i giovani sono visti come dei cittadini cittadini che partecipano alla vita sociale, che hanno quindi anche problemi da risolvere per quanto riguarda i trasporti e le mense, com'è già stato ricordato, senza dimenticare i libri di testo, fondamentali per quanto attiene alla libertà di studio.
Devo dire che, come ricordava il collega Contu, una in particolare di queste leggi - mi piace ricordarlo - è nata proprio dalla collaborazione degli studenti - ahimè, direi, o per fortuna - delle scuole pubbliche. Ci sono state alcune riunioni nelle quali i ragazzi hanno potuto discutere una proposta di legge; è stato anche un momento formativo per gli stessi ragazzi, che si sono potuti misurare con le difficoltà relative alla predisposizione di un testo di legge.
A parte questo, devo dire che alcuni passaggi della relazione dell'Assessore mi hanno lasciato un po' perplesso. Ad esempio, l'Assessore parla di sussidiarietà orizzontale mettendo in contrapposizione o in parallelo questo termine con quello di competizione. Sappiamo bene che il termine sussidiarietà indica la possibilità, per soggetti diversi che non siano lo Stato, di intervenire nella gestione della cosa pubblica. Sappiamo bene che solitamente viene distinta la sussidiarietà verticale da quella orizzontale. Il problema della sussidiarietà orizzontale citata dall'Assessore è un ulteriore motivo di preoccupazione, perché nel momento in cui parliamo di sussidiarietà orizzontale mettiamo in concorrenza, per quanto riguarda la gestione, pezzi dell'apparato pubblico, cioè l'Ente pubblico stesso con il privato. Allora, trattandosi di un tema come quello della scuola, dove è direttamente coinvolto il problema della libertà dell'insegnamento, la sussidiarietà orizzontale, che mette in competizione l'Ente pubblico con il privato, può creare problemi di gestione per quanto riguarda l'indipendenza degli insegnanti, che della scuola costituiscono uno dei soggetti fondamentali.
Noi non possiamo dimenticare questo passaggio: se trascuriamo di garantire l'indipendenza del corpo insegnante, andremo a costituire una scuola che preconfeziona i propri obiettivi formativi. Però il dubbio è che proprio questa sia la scelta che si vuol fare con questo tipo di legge.
Un altro particolare della relazione dell'Assessore lascia dei dubbi ovvero l'Assessore afferma che questa proposta di legge nasce da una scelta della maggioranza e che quindi la maggioranza avrebbe il diritto di effettuare le proprie scelte in campo amministrativo: questa è chiaramente una prerogativa, un diritto-dovere della maggioranza che nessuno pu negare. Però io credo che bisognerebbe sommessamente ricordare che chi amministra, amministra tutta la Regione, quindi non solo quel 40% circa, o forse meno, dei cittadini, se calcoliamo chi non è andato a votare, che solitamente nei conteggi elettorali non si considera mai, nel senso che non si considera mai che i voti che si ottengono andrebbero sempre decurtati anche di quella parte di popolazione che non va a votare. Comunque, si tratta di una maggioranza che raggiunge anche il 35 o 40% dei voti, pur avendo una maggioranza schiacciante all'interno...



(Commenti fuori microfono dell'Assessore Leo)



MORICONI Enrico

Dico che è il 40% se facciamo il calcolo mediato. Secondo me, è giusto considerare anche chi non ha votato, nel senso che se si raggiunge il 50 dell'80% dei votanti effettivi, fa grosso modo il 40% del corpo elettorale.



LEO Giampiero, Assessore all'istruzione (fuori microfono)

Posso fare una battuta? Ne approfitto perché non presiede il Presidente Cota, che mi rimprovera sempre; il Presidente Riba è più benevolo.
Pensa a Bush che, con il 22%, è diventato Presidente degli Stati Uniti!



MORICONI Enrico

Questo lo so bene, infatti è uno dei motivi per cui, personalmente sono contrario a certi tipi di sistemi elettorali, a cui vedo che - ahimè! certe volte in Italia siamo indirizzati. Io sono un convinto sostenitore del proporzionale.



LEO Giampiero, Assessore all'istruzione (fuori microfono)

Anch'io sono per il proporzionale. Comunque, qui in Consiglio siamo più del 40%.



MORICONI Enrico

Esatto. In Consiglio regionale, in base ad una serie di leggi...



LEO Giampiero, Assessore all'istruzione (fuori microfono)

Manca l'appoggio della Margherita...



MORICONI Enrico

Però non facciamo il conto di quelle parti laiche della maggioranza che non si sono ancora espresse, che fanno tacere la loro voce e che molti dall'opposizione, sarebbero curiosi di sentire.
Comunque, questo "balletto" di cifre si può ritrovare anche negli ultimi due sondaggi prodotti in questi giorni, in quanto sappiamo che un sondaggio, i cui dati sono stati presentati dai Democratici di Sinistra avrebbe dimostrato come la maggioranza dei torinesi sarebbe contraria ad una legge del tipo che stiamo discutendo. Al contrario, l'Assessore ha presentato...



(Commenti in aula)



MORICONI Enrico

Se ho ben capito, da parte di un gruppo di genitori è stata presentata un'inchiesta, nella quale si diceva l'esatto opposto.
I due dati rispecchiano esattamente quello che avviene nel Consiglio ovvero, da una parte, abbiamo una base che dovrebbe rappresentare globalmente tutta la popolazione piemontese, mentre, dall'altra parte, è stata solo sentita....
(Scampanellìo da parte del Presidente)



LEO Giampiero, Assessore all'istruzione (fuori microfono)

Concediamo ancora un minuto al Consigliere Moriconi.



PRESIDENTE

Se l'intervento del Consigliere Moriconi si svolge in un clima così consociativo, naturalmente la Presidenza non può che ratificare.
Vada pure avanti per altri cinquanta secondi.



MORICONI Enrico

In fondo, ribadiamo due concetti completamente opposti. Il concetto di base che vorrei sottolineare è che i due strumenti si rivolgevano e prendevano spunto da una visione diametralmente opposta sul tema.
Noi, che ci opponiamo al progetto legislativo prodotto dalla Giunta sosteniamo che la maggioranza dei cittadini piemontesi è contraria allo strumento legislativo che state proponendo.
Chiediamo e continueremo a chiedere un ripensamento della Giunta su questo tema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Pierluigi

Il dibattito sui buoni scuola ha aperto qualcosa di più che un confronto su una legge: ha aperto un confronto su una visione di un sistema, una visione dello Stato, una visione di una gestione della cosa pubblica, una visione sull'approccio verso ciò che è un qualcosa che noi fino a ieri ritenevamo immutabile, cioè questo sistema Stato costituito nel 1948, che è sempre andato avanti. Abbiamo aperto questo fronte, un fronte che ci ha portato a parlare di tutto e di più. Ci ha portato a fare della polemica, attraverso la legge, sul fatto che il centrodestra vuole favorire i ricchi, perché si è banalizzato, secondo me, il concetto di scuola privata, intesa come scuola di ricchi. La scuola privata non è una scuola di ricchi, così come la scuola pubblica non è una scuola di poveri. Mia figlia frequenta una scuola pubblica. In classe con mia figlia ci sono almeno dieci studenti il cui reddito familiare annuo supera ampiamente il miliardo.



(Commenti in aula)



MARENGO Pierluigi

Mia figlia frequenta la Scuola media "Ippolito Nievo", insieme al figlio del proprietario della "Robe di Kappa", tanto per fare nomi e cognomi. Quindi, la scuola pubblica oggi non è la scuola dei poveri e la scuola privata non è la scuola dei ricchi: entrambe hanno studenti poveri entrambe hanno studenti ricchi.
Quando pensiamo alla scuola privata, pensiamo sempre al "S. Giuseppe" pensiamo sempre al "Sociale", ma non pensiamo al "Val Salice" e a tutte quelle piccole scuole di frontiera, nel senso di periferia, delle grandi città, dove la donna che lavora deve mandare il figlio in una scuola privata, perché le garantisce orari diversi rispetto alla scuola pubblica orari più compatibili con le proprie necessità lavorative. In queste scuole private non ci sono alunni ricchi. Quindi, il dibattito tra ricchi e poveri è veramente sterile se rapportato a questa legge. Il dibattito è, a mio parere, un altro.
Poco fa, il collega Moriconi ha parlato di sussidiarietà orizzontale.
Forse su questo si può sviluppare il vero dibattito: la sussidiarietà orizzontale e la libertà di scelta. E' un principio ben preciso. Poi vi è una sussidiarietà che potremmo definire verticale - se andiamo a ragionare su questo termine - che è la continuità di un sistema, cioè l'imposizione che parte dal momento dell'inizio sino al termine della vita scolastica di un bambino, ossia imporgli un sistema. Forse è poco democratico. La sussidiarietà orizzontale, cioè la completa scelta, è probabilmente troppo liberista come concetto.
Credo che con questa legge l'Assessore Leo, forse senza volerlo, abbia creato la sussidiarietà diagonale, che si abbina a quella orizzontale e a quella verticale, che è l'insieme di una libertà di scelta con un sistema di scuola pubblica comunque tutelato. Quindi, parliamo di sussidiarietà diagonale.
La diagonale è una traccia obliqua, in un certo senso. Il termine diagonale rivela una positività, mentre il termine obliquo rivela una negatività, poi è la stessa cosa. E' un gioco di parole. Comunque l'Assessore è riuscito, con questa legge, a tutelare, insieme alla libertà di scelta, che è una libertà sacrosanta, la scuola pubblica. Tutto ciò che è libertà è sacrosanto, tutto ciò che è libertà è degno di massima attenzione.
Non vorrei che la sinistra, anzi, parte della sinistra, quella che si è contrapposta a questa legge, continuasse ad insistere nel dire che l'intento dell'Assessore Leo non è tutelare la libertà, non è tutelare la "liberté", non è tutelare la libertate, ma è tutelare la "libertas". Non è vero! Lui tutela la libertà e non la "libertas". Tutela la libertà di scelta. E' vero che all'inizio andrà a favorire la scuola cattolica, ma è logico, perché il sistema delle scuole private è caratterizzato da una maggiore presenza di scuola cattolica che di scuola laica, però è altrettanto vero che, attraverso questo sistema, potrà essere creato quel volano che consentirà a forze laiche, forse a forze laiche di sinistra, di ideare e di dare vita ad un sistema scolastico privato laico oggi oggettivamente non presente o scarsamente presente sul nostro territorio.
Quindi, la ricaduta nel mondo cattolico dei benefici di questa legge non deriva dalla legge, ma da un sistema di offerta scolastica privata caratterizzata da una maggiore presenza di mondo cattolico rispetto al mondo laico. Per cui, non c'è da stupirsi se un laico come il sottoscritto che in Chiesa ci è andato solo in occasione del proprio matrimonio e neanche per la Prima Comunione della propria figlia...



MARENGO Pierluigi

MARCENARO Pietro (fuori microfono)



MARENGO Pierluigi

Risparmiaci i tuoi peccati!



MARENGO Pierluigi

Io in Chiesa non ci vado, sono laico fin nel profondo dell'animo. Non conosco il Cristo Redentore, non so chi sia, però sicuramente sono dalla parte di questa norma di legge, perché è di libertà: non è né di preti n di suore, è semplicemente di libertà. Poi, se andrà a favorire qualche piccola scuola cattolica di periferia, quelle scuole di frontiera, in cui ancora oggi, le suore si battono svolgendo un grandissimo ruolo sociale ben venga anche questo! Sicuramente avremo fatto una cosa buona, ma più che altro avremo difeso quella libertà di scelta che non è diritto allo studio altro grande equivoco di tutta questa discussione.
Qui non si parla di diritto allo studio, ma di diritto di scelta del sistema educativo, che è una cosa. Il diritto allo studio è un'altra. Il diritto allo studio è dare biblioteche; se poi nelle biblioteche si trova solo Il Capitale di Marx, il diritto allo studio è concesso, ma non è offerta, però, la libertà di scelta formativa.
Questa è una legge sul diritto di scelta formativa, non sul diritto allo studio.
Concludo velocemente dicendo che se taglio vi fu nel diritto allo studio, se taglio vi fu nella storia piemontese, questo taglio avvenne nel 1995, nella Giunta 1994/1995, perché sulla legge di bilancio di quella Giunta PCI-DC (è vero che l'Assessore era sempre Giampiero Leo) furono tolti, con un grande colpo di mano, 2 miliardi alle borse di studio. Due miliardi furono tolti. Il Piemonte, in quella gestione, era l'ultima Regione italiana - ribadisco ultima Regione italiana - in materia di diritto allo studio. Ci battevano tutti. La nostra offerta di diritto allo studio era tendente a zero, era quasi inesistente.
Con la Giunta Ghigo - sempre Giampiero Leo come Assessore (le vie della provvidenza sono infinite!) - tra il 1995 e il 2000 siamo diventati la Regione numero uno, a livello italiano, come offerta di diritto allo studio (parlo di diritto allo studio universitario).
Allora, accusare questa Giunta di scarsa attenzione verso il diritto allo studio, credo sia una cosa quantomeno pittoresca.



(Il Consigliere Pedrale accenna ad un applauso)



PRESIDENTE

Consigliere Pedrale, sa che il Regolamento non lo consente.



PRESIDENTE

PEDRALE (fuori microfono)



PRESIDENTE

No, facevo aria!



PRESIDENTE

Ah, è per sottrarre tempo al dibattito! Non la allontaneremo dall'aula per questo, collega Pedrale! Capisco l'entusiasmo sollevato dal temperamento forense del collega Marengo.
La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Mi ha molto colpito, signor Presidente, la relazione dell'Assessore Leo di questa mattina, che, a mio parere, conferma un giudizio che avevamo già espresso sul carattere sostanzialmente ideologico della discussione che oggi ci viene proposta attraverso una legge.
Nella relazione che l'Assessore Leo ha presentato questa mattina voi non troverete un dato che riguardi la situazione della scuola in Piemonte non troverete un dato che riguardi i problemi generali dell'istruzione nella nostra Regione, un bilancio nel quale, in qualche modo, si inserisca una misura che, per quanto parziale, rientri indubbiamente all'interno di un quadro più generale delle politiche scolastiche.
La realtà effettuale e i problemi della Regione non hanno trovato spazio in una sola parola della relazione che questa mattina è stata presentata in accompagnamento alla legge. Vi chiedo davvero di guardarla e di rileggerla, per vedere se riuscirete a trovare un solo dato o una sola parola che leghi questa legge alla situazione della nostra Regione, ai problemi delle sue popolazioni, delle famiglie e degli studenti. No, ci che ci è stato presentato è, fondamentalmente, una scelta ideologica.
Siccome nel nostro Gruppo ci saranno molti interventi, se non vi dispiace è esattamente sulla natura di questo punto e di questa scelta ideologica che vorrei concentrare il mio intervento.
Ho sentito le parole del Consigliere Marengo: c'è un punto che contesto, che ha ripetuto molte volte, relativamente alla discussione sul rapporto fra questa legge e la Costituzione. Ma adesso lo porrò sul piano più generale. Secondo me, non c'è nella vostra posizione, nella sua posizione, caro Assessore, e nella posizione della maggioranza - scusate la parola, ma non voglio usare la parola "onestà" - la schiettezza intellettuale che porti a vedere il senso delle cose che si propongono, a vederne le implicazione e ad affrontarle per quello che rappresentano. Mi vorrei soffermare un secondo su questo punto.
Lei ha citato la questione del buono scuola, cercando di indicarne i precursori nei grandi maestri del pensiero liberista, come Von Hayek e il premio Nobel per l'economia, Milton Friedman. Al di là del fatto che, come lei sa e come voi sapete, in un pensiero liberale questa versione fa parte di uno dei filoni che compongono tutto il "filone liberale", altrettanto liberali erano Beveridge e Keynes, che sono invece i fondatori dello Stato sociale moderno.
Per quanto riguarda la citazione di Milton Friedman, indubbiamente uomo liberista, ricordo di aver letto, anni fa, in una prefazione che lo stesso Friedman, insieme alla moglie, scrisse per l'edizione inglese Free to choose (Liberi di scegliere), le seguenti parole: "Attenti con le nostre posizioni, perché il prelievo delle tasse dalle classi povere e il loro trasferimento" - si parlava in quel caso dell'università alle classi più abbienti - "costituisce, anche per i pensatori liberisti, un problema". Ma il punto che vorrei toccare è fondamentalmente quello della teoria del buono scuola, che poi si limita alla sola teoria del buono scuola.
Come il collega Marengo in qualche modo richiamava, è una teoria generale dell'organizzazione sociale: è il buono scuola, è il buono salute è l'idea che, invece di un'organizzazione dello Stato italiano com'è prevista dalla nostra Costituzione, nella quale spetti allo Stato garantire ai cittadini una serie di servizi e di beni considerati essenziali, siano i cittadini ad essere provvisti di mezzi con i quali acquistare sul mercato secondo la libera scelta, questo o quel prodotto.
Questa è una teoria naturalmente discutibile, che non approvo, ma che ha una sua organicità. Dovreste provare a vedere cosa vuol dire. Questa teoria e questa posizione sono incompatibili con l'idea, con l'esperienza e con la struttura che noi abbiamo di organizzazione dello Stato e dei servizi ai cittadini. Provo a dirlo in termini molto semplici.
Come voi sapete, la nostra Costituzione prevede l'obbligo per lo Stato di assicurare l'istruzione a tutti i ragazzi. Ogni volta che nasce un bambino nel nostro Paese, è dovere dello Stato preoccuparsi che lo stesso abbia un posto nella scuola: nella scuola elementare, nella scuola media e in quella successiva.
Come voi sapete, c'è una cosa che differenzia e che rende particolare questa libera scelta per le scuole private, di cui non avete mai parlato: in qualsiasi momento in cui la famiglia che ha iscritto un bambino o un ragazzo nella scuola privata ci ripensi, lo Stato deve avere pronto il posto da offrirgli nella scuola pubblica, perché lo Stato ha tale obbligo.
Ogni bambino che sceglie la scuola privata è come un banco vuoto nella scuola pubblica che lo Stato deve mantenere per un qualsiasi momento in cui questo bambino ci ripensi; questo vale per la scuola come per una serie di altre strutture.
Per questo motivo, l'idea del buono scuola è distruttiva dell'idea almeno della scuola pubblica come è stata concepita ed organizzata non solo come giustamente si ricordava - dalla Costituzione del 1948, ma da un'esperienza molto più lunga che ha più di un secolo di storia, almeno per quanto riguarda il nostro Paese.
Questo è un punto dal quale voi vi rifiutate di trarne le conseguenze ed affrontate - ripeto - per vie traverse - così mi pare - una questione che, invece, ha queste implicazioni e queste conseguenze.
Ritorno sul punto che questa settimana abbiamo sollevato tante volte: fate questo senza prendervi la responsabilità di quanto proponete, per questo parlo di assenza di schiettezza intellettuale. Per "prendervi la responsabilità" intendo dire senza vedere le conseguenze che questo ha sul piano generale dell'assetto del sistema generale del quale parliamo ed affrontare queste conseguenze sapendo che la questione del buono scuola e, in generale, la teoria liberista "dei buoni" di Milton Friedman al quale l'Assessore si richiamava - non è una struttura complementare a quella dello Stato sociale o dell'organizzazione del sistema pubblico così come noi l'abbiamo conosciuta. Non è un'aggiunta, non è un emendamento: è una proposta alternativa. O ci si prende la responsabilità di chiarirne la dimensione alternativa, altrimenti, quella che voi fate è un'operazione ripeto - che rivendica un aspetto ideologico, si presenta come un'operazione ideologica, ma di questo aspetto ideologico non è, in realtà in grado di assumersi la responsabilità.
Caro Assessore e cari colleghi della maggioranza, non è in grado di farlo in quanto voi sapete meglio di me che questa è una posizione di minoranza non perché sono di minoranza i ragazzi che vanno alle scuole private, non è questa la ragione, ma perché è profondamente di minoranza nel nostro Paese un'idea di riorganizzazione quale quella che voi surrettiziamente in qualche modo prospettate attraverso le vostre proposte.
Questo, secondo me, è un problema sul quale chiederei a tutti di riflettere.
Questa discussione ha visto un'articolazione politica di posizioni, ha visto l'emergere, anche all'interno del centrosinistra, di posizioni differenti.
Mi rammarico - almeno con una parte dei colleghi della Margherita - e mi suona strano che in questa discussione - in questo caso non mi rivolgo al Consigliere Saitta, ma al Consigliere Giordano - la voce di una Torino laica, democratica e repubblicana, che sui problemi della laicità dell'insegnamento tanto peso ha avuto, quale ne sia il giudizio, non sia stata ascoltata nei banchi di questo Consiglio regionale, non abbia trovato spazio.
Così, in una discussione attraversata da un atteggiamento di rispetto per posizioni diverse che ci sono anche nel centrosinistra, chiedo se davvero qualcuno può sostenere che la teoria del buono scuola sia una teoria che incontra gli elementi portanti del solidarismo cattolico, gli elementi che hanno visto la coesione sociale.
Capisco che sia un problema rispondere ad una parte di mondi e alle richieste che provengono dal mondo cattolico, ma è questa scelta, così ideologicamente pronunciata, come l'Assessore Leo ha detto questa mattina nel segno del liberismo, che può convincere e sulla quale si trovano delle risposte.
Lo dico perché in questa discussione è bene che ciascuno assuma le proprie posizioni. Ci deve essere una discussione chiara rispetto ad un nucleo di proposte, che qui è stato avanzato.
Lo ripeto: ho sentito con attenzione quanto è stato detto questa mattina. Secondo me, ci si muove senza coerenza, senza tirarne le implicazioni, senza avere il coraggio di rendere esplicita una posizione generale, ma su una strada che, alla fine, diventa distruttiva di una concezione, di un modello e di un'impostazione.
E' per questo motivo che noi facciamo a questa legge un'opposizione così forte e così radicale, perché c'è qualcosa di più. Sappiamo che, in qualche modo, prima o poi, verrete avanti con lo stesso tipo di logica sulle questioni della salute. Sappiamo che verrete avanti con lo stesso tipo di logica dei buoni su altri aspetti che riguardano la riorganizzazione della società italiana.
Pensiamo che, di fronte a battaglie di questo tipo, non sia sufficiente rivendicare la fedeltà ad una programma elettorale. No, ci si deve misurare con i nodi di fondo.
L'Assessore Leo ha detto che ciò che lo ha convinto nella scelta tra centrodestra e centrosinistra è stata la possibilità che il centrodestra gli dava di portare avanti la causa sulla scuola.
Noi, cercando di fermare questa sua posizione, vorremmo dimostrargli che su questa posizione lui otterrà meno risultati di quelli che avrebbe ottenuto su una linea forse più moderata di un consenso diverso riguardante un rapporto con le forze che stanno nel centrosinistra.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Godio.



GODIO Gianluca

Sono uno degli ultimi arrivati in quest'aula e ancora, purtroppo, non ho preso quella confidenza che caratterizza molti colleghi. Vengo da Enti locali minori, ma, soprattutto, vengo dal mondo dell'impresa e dal mondo del lavoro; il tempo nell'ambito produttivo è molto prezioso.
Credo di dover svolgere solo due brevi considerazioni, anche perch credo che già troppo tempo si sia sprecato per una legge così importante.
Negli ultimi anni, il dibattito sul sistema scolastico italiano è diviso forse quanto è divisa la minoranza presente in quest'aula.
Sostanzialmente, tra scuola pubblica e scuola privata, senza voler assolutamente affrontare la questione da un punto di vista confessionale ma, da destra, dobbiamo approcciare la discussione tenendo ben presente alcune considerazioni di carattere valoriale e di principio.
Per noi è irrinunciabile quella che definiamo libertà di scelta. Non può e non può più essere concepibile che in uno Stato moderno ed europeo l'istruzione debba continuare ad essere sostanzialmente statalista. E' invece, fondamentale che lo Stato metta tutti nelle stesse condizioni di partenza, che conceda a tutti le medesime opportunità in un contesto per di libertà e di partecipazione. Le famiglie, i genitori, i figli devono poter liberamente e serenamente affrontare scelte importanti come quella sulla scuola e sull'istruzione, dunque, sul futuro, subendo il minor numero di condizionamenti a carattere economico e sociale.
Probabilmente, la proposta di legge che oggi discutiamo andrà integrata, approfondita, ampliata, applicando, se necessario, delle migliorie nel corso dei prossimi anni. Ma ad oggi, per la nostra Regione questa è una proposta decisamente innovativa, che non potrà che produrre effetti positivi.
Non bisogna dimenticare la grande partecipazione e mobilitazione che in questi anni hanno caratterizzato la discussione sulla parità scolastica.
Penso a tutto l'associazionismo cattolico e a tante organizzazioni che cattoliche non sono, alle tante famiglie e studenti che hanno più volte manifestato - lo dico con un pizzico di parzialità. Penso ai ragazzi e ragazze di Azione Giovani e di Azione Studentesca che su questo tema, più volte, ci hanno spronati a prendere delle iniziative per poter iniziare ad affermare un principio, soprattutto oggi che, finalmente, anche dal Governo arrivano segnali forti per cambiare e migliorare il sistema Italia.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Grazie, Presidente. A questo punto del dibattito, Assessore, mi sembra di comprendere che il nostro lavoro non sia stato vano. Si delineano le posizioni, ma, forse, per la prima volta, in modo estremamente trasparente emergono anche i riferimenti ideali, e non solo ideali, che sono alla base del nostro agire politico. I motivi del contendere, grazie anche al contributo arrivato dai banchi della maggioranza, forse sono più definiti.
Ho letto con attenzione la relazione introduttiva dell'Assessore e ho cercato di capire non tanto chi gliela avesse scritta (è chiaro che noi abbiamo i collaboratori), ma ho fatto una ricerca per capire quali erano le fonti del suo intervento. Mi sono imbattuto in Dario Antiseri. Dario Antiseri, Sole 24 Ore, 25 novembre 2000, "Il buono fa bene a tutte le scuole": ricorda, Assessore Leo? Dalla relazione dell'Assessore leggo: "La sussidiarietà orizzontale" impropriamente detto buono scuola - "difende la libertà e quindi la responsabilità degli individui" e poi "se il principio di sussidiarietà rappresenta un baluardo a difesa della libertà e delle responsabilità vogliamo che tutti i cittadini siano liberi e responsabili. Il principio di competizione fornisce la più elevata efficienza e qualità di progetti ed istituzioni". Da Sole 24 Ore nell'articolo "Il buono fa bene a tutte le scuole" di Antiseri leggo: "Se il principio di sussidiarietà rappresenta nei confronti dello statalismo" - che poi l'Assessore riprende - "la più solida difesa della libertà e responsabilità degli individui, il principio di competizione produce la più elevata efficienza e qualità delle proposte.
In questo senso, la competizione è la più elevata forma di collaborazione".
Sempre secondo Antiseri nella "Liberazione del sapere": "Interconnesso con il principio di sussidiarietà è il principio di competizione. Competizione da cum-petere che significa: cercare, insieme, in modo agonistico, la soluzione migliore".
Ho voluto citare Antiseri per dire che questo è stato il riferimento dell'estensore della sua relazione introduttiva. Non ho fatto in tempo a prendere la biografia di questo signore, ma ho letto i suoi articoli e devo dire che, sostanzialmente, da giornali autorevoli come Sole 24 Ore ha lanciato la sua crociata a favore della libera scelta educativa. Il buono scuola come grimaldello che consente di arrivare ad un obiettivo: la possibilità, da parte delle famiglie, di decidere per i loro figli una libera scelta educativa.
Mi chiedo se sia veramente nell'idea dei liberali, o del pensiero liberale, che in un Paese si possa pensare che il diritto all'istruzione sia garantito dalle scuole islamiche, dalle scuole ebraiche, dalle scuole confessionali, dalle scuole laiche e - perché no! - dalle scuole coraniche.
Non ho capito perché ci si debba stupire se, nell'ambito di un sistema pubblico-privato, chiunque non sia libero di istituire una scuola coranica.
Certo, dovrà rispondere a determinati requisiti, ma quale occasione migliore.
Quando qualcuno parla di scuole laiche dimentica di aggiungere le scuole aziendali. Chi vieta oggi alla FIAT, o ad altre aziende del settore di istituire proprie scuole? Badate bene, anche quelle scuole, legittime si fondavano su un presupposto: il sapere è di base, la conoscenza è l'acquisizione critica. Ho conosciuto molti ex allievi FIAT, miei compagni di fabbrica, impegnati nel sindacato come me. La loro formazione professionale, la loro conoscenza dei saperi professionali acquisiti in quell'ambito erano ben innestati in saperi di base acquisiti nella scuola pubblica. Quello era un livello di scuola che si manifestava, comunque dopo le scuole dell'obbligo.
Vede, Assessore, questo è il motivo vero del contendere ed è su questo che noi dobbiamo riflettere e valutare. Nel momento in cui nel mondo si dichiarano le guerre sante, è legittimo che, in uno Stato libero come questo, noi dobbiamo esaltare le diversità.
Il Consigliere Marengo diceva: "Nelle scuole pubbliche ci sono i ricchi". E' giusto che i ricchi frequentino le scuole pubbliche, come è giusto che le frequentino i poveri, i bianchi, i gialli e i neri. La scuola pubblica è la rappresentazione più avanzata della società, è lì che misuriamo la democraticità di un Paese: la capacità di imprimere valori come solidarietà, come convivenza, come contaminazione fra le culture, come possibilità di crescere. I miei figli, che frequentano scuole pubbliche hanno tra i loro amici dei cinesi, che fanno l'ora alternativa all'ora di religione perché sono di diverse confessioni religiose. Nessuno ha il diritto di istituire, in questo Paese, scuole di tendenza; lo può fare, lo fa in base alla Costituzione, ma se le paga! Alla fine il motivo del contendere sono soprattutto le risorse.
Mi domando, in una situazione nella quale tutti contribuiamo attraverso la fiscalità generale, a finanziare la nostra "travagliata" scuola pubblica - di questo si tratta, viste le difficoltà nelle quali si muove - perché oggi qualcuno si arroga il diritto di sottrarre risorse alla collettività per destinarle ad una parte? Il Consigliere Cattaneo mi guarda stralunato. Consigliere Cattaneo, il problema è questo! Qui si intrecciano due questioni: da una parte, la questione delle risorse economiche e, dall'altra, la questione delle libertà.
Sul piano educativo non c'è altra scuola, se non quella pubblica - le altre sono quelle che dicevo prima, quelle confessionali, quelle di tendenza - in grado di garantire la libertà ai nostri figli.
Credo che lo sforzo che dobbiamo compiere tutti sia il seguente. Noi dobbiamo andare nella direzione di unire e non di dividere. Non gli uni contro gli altri armati, i cattolici contro i laici, i musulmani contro i cattolici e via di questo passo! Questa opportunità ci è data dai livelli più bassi, dal primo gradino dell'istruzione, già dalla scuola per l'infanzia.
Presidente, c'è una cosa nella quale si può andare in deroga rispetto alla Costituzione e la si è attuata: l'intervento del privato supplisce laddove c'è una carenza dello Stato.
Oggi, purtroppo, si è ribaltato tale principio di sussidiarietà e forse, ci dobbiamo interrogare tutti sul perché.
Il pubblico interviene laddove non riesce ad intervenire il privato: questo è il motivo del contendere. Ma sulla formazione dei nostri figli già dalla scuola per l'infanzia, è necessaria una riflessione a tutto campo se vogliamo costruire un mondo libero, una società improntata alla solidarietà, non alla divisione, una società improntata al rispetto delle diverse culture, delle diverse etnie, delle diverse provenienze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio

Signor Presidente, innanzitutto prendo spunto da un rilievo nei confronti dell'Assessore Leo. Ritengo che la sua vocazione ecumenica lo abbia fatto andare un po' oltre quella che è la portata contenutistica della sua posizione attuale, ma direi anche di quella di ieri.
Mi riferisco alla battuta che ha fatto in ordine alla sua collocazione e alla sua scelta, determinata soltanto dalla posizione che il centrodestra ha assunto in materia di scuole e che ha ricordato opportunamente il collega Marcenaro.
L'Assessore Leo è un figlio spurio del '68 o, meglio, un figlio risparmiato dal '68 per aver incontrato grande amicizia all'interno del movimento ecclesiale. Dopo trent'anni non può dire che avrebbe scelto il centrosinistra, perché è un'ipotesi irreale che, comunque, contrasta con la realtà che vive.
E' un giudizio ed una valutazione che lo stesso Assessore fa frettolosamente. Io cerco di mostrare la bontà di questa riflessione rifacendomi un po' ai suoi maestri.
Anche Maritain, che ha edificato quel monumento che si chiama "umanesimo integrale", poi, nella sostanza, e successivamente, dopo aver superato quella condizione storica in cui aveva maturato quelle riflessioni, ha finito per svuotare, se non per sgretolare quell'edificio comunque ristrutturandolo con l'opera successiva del cittadino della Garonne. Questo lo hanno evidenziato lucidamente Del Noce e Don Giussani.
Credo di tracciare, Assessore Leo, un percorso che le è consono.
Siccome cultura è comprensione del proprio tempo, il giudizio va colto oggi, nella capacità di cogliere il nostro tempo. Ed è questa la censura che muovo agli oppositori del nostro disegno di legge.
Ho l'impressione che l'approccio a questi temi avvenga con strumenti superati che, a volte, gli stessi autori hanno già superato, ma che qui impongono una sorta di reviviscenza di un metodo, di un criterio, di strumenti logici ed ideologici che dovrebbero ora porsi in contrasto, non tanto con noi, quanto con il loro nuovo tentativo di percorso.
Abbiamo affrontato i temi della socialità, e giustamente il Consigliere Marcenaro ha richiamato Dahrendorf e Keynes. Voglio ricordare che quello che sembra valido in un determinato periodo, poi è superato o addirittura è in contrasto.
Mi sovviene Galbraith, che nel nuovo stadio industriale evidenzia come alcuni strumenti - per esempio, la cambiale o altre ingegnerie societarie che pure erano state avversate all'inizio dal capitalismo - poi sono finiti per essere strumenti più propri che hanno accompagnato lo sviluppo del capitalismo.
Ovviamente, non voglio farne qui la difesa, mi serve soltanto per dimostrare la bontà di un'idea attraverso un criterio logico che deve essere seguito.
Qui si invoca, costantemente, l'aspetto sociale. Sostengo che il disegno di legge in oggetto abbia un respiro sociale nuovo, perché ha un respiro sociale vero in una società che è completamente mutata.
Apro una parentesi. Questa mattina è stato fatto l'esempio dei taxi.
Ebbene, l'esempio dei taxi ci conforta: chi usufruisce del taxi si illude di pagarlo lui stesso. Non è così: il taxista ha una sovvenzione da parte dalla pubblica amministrazione.



VAGLIO Roberto, Assessore ai beni ambientali (fuori microfono)

Li abbiamo pagati noi!



(Commenti fuori microfono del Consigliere Contu)



GALASSO Ennio

Consigliere Contu, non è informato. Questo è marginale nell'economia del discorso, poi te lo dimostro e ti stupirai.



(Voci in aula)



GALASSO Ennio

Quando uno non conosce un argomento, quanto meno deve avere la cautela di ascoltare e dire "probabilmente non so"!



GALASSO Ennio

CONTU Mario (fuori microfono)



GALASSO Ennio

Sono in grado di dire...



GALASSO Ennio

Io ti dico che certamente non sai!



GALASSO Ennio

CONTU Mario (fuori microfono)



GALASSO Ennio

Io so!



GALASSO Ennio

Quando vuoi, te ne do la dimostrazione!



GALASSO Ennio

CONTU Mario (fuori microfono)



GALASSO Ennio

Ti sfido pubblicamente!



(Commenti in aula)



GALASSO Ennio

Ho visto che in effetti debbo ridurre il mio intervento, ma avr occasione di ritornare su temi che ritengo fondamentali per l'intelligenza di questa vicenda.
Quando si dice di "spalmare" - perché questo è il ritornello significa nella sostanza non soltanto impedire la scelta, che non è la scelta in favore della scuola privata, ma in favore della famiglia che intende far frequentare la scuola non statale al proprio figlio! Questo è il principio che dovete capire! Certo, mi rendo conto che, se non lo capite, diventa difficile il dialogo, ma è su questo nodo che dovete andare, perché se andate in Inghilterra e pensate di parlare con la vostra lingua e pretendete di essere capiti, non ce la fate! Bisogna studiare la lingua e la grammatica di quel Paese; quindi, dovete studiare la lingua e la grammatica di questo disegno di legge! Voglio dirlo, questo, perché quello che non sopporto è, sotto certi aspetti, la iattanza del tema sociale. Sui temi sociali abbiamo sensibilità quanto meno pari alla vostra: ci distingue il modo di affrontarli! Ma questo è il modo corretto di porre il problema.
Vi contestiamo un difetto di fondo; vi contestiamo cioè che, con il pretesto di fare del contributo del buono scuola il diritto di tutti, si finisce nella sostanza per non rispettare il diritto di alcuno, perch questo è il problema.
Avevo annotato che un grande giurista come il Novaly e, qualche secolo dopo, un grande drammaturgo come Pirandello si sono trovati d'accordo su questa proposizione, proprio perché questa è l'essenza della vita ed è su questo che bisogna misurarsi, altrimenti l'enunciazione di principi diventa un'enunciazione astratta che non solo non risolve i problemi, ma rischia di provocare una reazione che turba quella che è la realtà delle cose, quello che è il normale sviluppo delle cose.
Mi accorgo di non averlo affatto non dico esaurito, ma non sono neppure entrato nel cuore del problema, per cui ci risentiremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Placido.



PLACIDO Roberto

Sono rimasto colpito e stupito da alcune affermazioni dei colleghi Marengo e, in ultimo, Galasso in merito all'aspetto sociale.
Non voglio citare illustri filosofi o costituzionalisti, ma, molto più modestamente, un cattolico, esponente dei Popolari della Margherita, che ha scritto una lettera a molti Consiglieri regionali. Ne richiamo alcuni passaggi che ritengo significativi per arrivare poi, collega Galasso all'aspetto sociale. Io conosco le posizioni sociali, ma su questo argomento mi permetto di dire che le avete dimenticate o le trascurate.
"La Lombardia ha dato risultati socialmente criticabili per ogni coscienza civile e ogni spirito cristiano". E' una lettera pubblica, quindi ritengo che se ne possa parlare; l'ha scritta il Preside Rattazzi, noto Popolare esponente della Margherita.



(Commenti in aula)



PLACIDO Roberto

Non cito né filosofi né costituzionalisti, ma, molto più modestamente il Preside di un prestigioso Istituto superiore della Regione Piemonte.



(Commenti fuori microfono del Consigliere Saitta)



PLACIDO Roberto

Collega Saitta, non è un problema rivolto...



(Ulteriori commenti fuori microfono del Consigliere Saitta)



PRESIDENTE

Consigliere Saitta, per favore, lasci proseguire il collega Placido.



PLACIDO Roberto

Comunque, affronto la questione con Saitta in un altro momento.
Il problema che viene sollevato è l'aspetto sociale, da un lato, e cristiano, dall'altro; l'ho già anticipato in alcuni interventi che ho svolto nelle settimane in cui siamo stati impegnati su questo tema.
Pensare di dare contributi a chi ha (quindi si dà a chi ha), perché nel disegno di legge, Assessore, si dà di più a chi più spende e chi più spende di fatto più ha...



LEO Giampiero, Assessore all'istruzione (fuori microfono)

Non è così, non è così.



PLACIDO Roberto

Questo non è un comportamento né sociale né cristiano! Il collega Marengo parlava delle risorse che sono state assegnate negli anni, partendo dal 1995. E' vero, nel 1994 c'erano 28 miliardi, per poi passare nel 1995 a 26 e nel 1996 a 25. C'è stata una costante e continua diminuzione dei contributi a favore del diritto allo studio, compresa la parentesi in cui la sinistra ha governato la Regione Piemonte, perché poi il trend decrescente è continuato con 25 miliardi nel 1997 e nel 1998, per arrivare ai 24 miliardi del 2000 e ai 20 miliardi del 2001. Venti miliardi del 2001 rispetto ai 26 del 1996, rispetto ai 34 del 1985, rispetto ai 67 miliardi che avrebbero dovuto essere erogati per il 2001 se si fosse mantenuto il valore costante della lira.
Questi sono i dati, Presidente Galasso! Essendo il 93,5% la popolazione che frequenta la scuola pubblica, è innegabile che la libertà di insegnamento in Italia è stata garantita dalla scuola pubblica! Sessantasette miliardi avrebbero dovuto essere, ma sono solo 20! Non una lira di più! E le ripeto perché a questo punto bisogna ripetere, dei 53 miliardi che servirebbero per i trasporti se ne danno solo 11 e, con i 20 miliardi del 2001, gli 11 diventano 9. Dei 9 miliardi che servirebbero per l'handicap, si dà un miliardo scarso. Questo vuol dire intervenire a sostegno della scuola pubblica! Per quanto riguarda quello che diceva il collega Marengo (l'equazione chi frequenta la scuola pubblica è povero, chi frequenta la scuola privata è ricco non è vera, perché nella scuola pubblica sono presenti tutte le classi sociali, sia famiglie benestanti che famiglie che hanno difficoltà economiche), non si tratta del vero problema:, infatti noi critichiamo l'intenzione di fatto di contribuire con un finanziamento, che è quasi il doppio di quello che viene dato alla scuola pubblica, ad una minoranza, che nella stragrande maggioranza dei casi ha una condizione economica benestante! Questo è un problema, Presidente Galasso, squisitamente sociale, che la destra sociale in questa Regione sta trascurando! Questo è: sono i numeri! Non sono opinioni, sono numeri ufficiali della Regione Piemonte! Su queste questioni bisogna riflettere: questo è l'obiettivo.
MARCENARO Pietro (fuori microfono) Con Salerno non sarebbe successo.



PLACIDO Roberto

Sì! Con Salerno non sarebbe successo, mi suggerisce il collega Marcenaro. Però dovremmo farglielo sapere: visto che è responsabile nazionale degli Enti locali, dovrà preoccuparsi della questione.
Tornando all'argomento, noi ci auguriamo - lo dicevo questa mattina, ma lo voglio ripetere - che ci sia un ripensamento sui principali temi che riguardano il diritto allo studio. Limitarsi solo alle rette è una cosa non sostenibile, Assessore: solo alle rette di una piccola minoranza! I libri di testo, le mense, i trasporti, tutte le iniziative, tutte quello che attiene alla qualità dell'insegnamento e dell'offerta formativa: queste sono le voci che noi chiediamo di inserire - tanto ci sarà la discussione per questo disegno di legge! Noi abbiamo riflettuto in queste settimane, abbiamo cercato di capire quale poteva essere non l'obiettivo, perché questo è chiaro, ma quale poteva essere il percorso.
Alla fine, non possiamo che arrivare alla conclusione. L'obiettivo è uno solo: sostenere un numero limitato di scuole. Per noi è una questione assolutamente non condivisibile e faremo il possibile affinché questo non accada. Cercheremo di far sì che i contributi della Regione Piemonte sul diritto allo studio vengano stanziati alla maggioranza degli studenti che frequentano la scuola pubblica, dove ci sono le vere situazioni di necessità di sostegno al diritto allo studio, alle famiglie e agli Enti locali.
L'abbiamo detto più volte: c'è la necessità, riconosciuta anche dall'Assessore, di sostenere i piccoli Comuni nella manutenzione degli edifici, prima ancora di entrare nel merito. Chi è stato amministratore di piccoli e medi Comuni sa qual è la necessità dei Comuni piemontesi su questa materia.
Questi sono gli argomenti che ci portano a non condividere questo disegno di legge. Faremo il possibile, per quello che ci consente la situazione perché questo non accada, anche se confido in un ravvedimento dell'Assessore e di una parte della maggioranza, che non è così compatta su questi argomenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

E' da settimane che stiamo discutendo di questo tema. Ci sono state alcune occasioni nelle quali abbiamo fatto degli interventi generali.
Il mio repertorio sul tema è limitato e non vorrei ripetermi, anche perché l'Assessore Leo oggi, nel suo intervento, ha enfatizzato alcuni aspetti che mi pare meritino, almeno dal mio punto di vista, un approfondimento.
E' legata ad una sua giustificazione la ragione per la quale forza il cosiddetto buono scuola: favorire, innanzitutto, un principio di concorrenza e di competitività, che è un elemento sentito, del resto anche nella riforma scolastica, proposta dal centrosinistra, attraverso l'autonomia scolastica. Si pensa che l'autonomia scolastica possa favorire un processo di crescita della qualità attraverso una concorrenzialità che se vogliamo - possiamo definire solidarista. E' un po' come il federalismo: un federalismo competitivo, ma con delle quote di solidarietà.
L'altro argomento che l'Assessore ha enfatizzato, a supporto della scelta che lui e la maggioranza sostengono, è quello della sussidiarietà orizzontale.
Vorrei fermarmi su questi due punti, cercando di dimostrare che non sono decisivi per sostenere la validità dell'operazione "buono scuola".
Sul problema della competizione e della concorrenza, è ovvio che dobbiamo cercare di migliorare la qualità del sistema scolastico, ma non è detto che perseguire questo scopo in modo spinto, poiché ci sono diversi gradi di concorrenza e competizione, possa alla fine determinare quella crescita generale, in quanto non puntiamo a far crescere alcune aree di eccellenza nella società.
Il compito del momento pubblico è quello di fare crescere, nella più vasta globalità, la qualità della formazione, la crescita - si usa un termine forse un po' infelice - culturale e di acquisizione di competenze professionali del nostro capitale umano.
Questa competizione, enfatizzata anche dal Ministro attuale della Pubblica Istruzione, già con l'autonomia la si può praticare. Direi anche che se nel sistema scolastico vengono introdotte, non solo in termini quantitativi, delle risorse, non è solo un problema di quantità, ma si cerca di far interagire la scuola con il sistema sociale, locale ed economico con gli spazi di autonomia, che è la stessa autonomia a consentire.
Lei sa, Assessore, che una quota parte dei programmi permettono alla Regione di intervenire. E' stata anche oggetto di una discussione da tempo e credo che lei abbia accolto in qualche misura questa impostazione. Per quella strada, si può avere quel meccanismo di crescita che, dal mio punto di vista, se non governata, potrebbe generare nel territorio delle situazioni a macchia di leopardo, troppo differenziate, in modo tale che in certi punti del territorio e in certe situazioni potrebbero esserci scuole molte avanzate ed in altre realtà, magari nella periferia di Torino o in alcune realtà decentrate, scuole in maggiore difficoltà.
Noi dovremmo temperare il fenomeno della competizione che si genera con l'autonomia scolastica. Pensare che, attraverso il buono scuola, questo fattore di competizione possa essere accresciuto, credo che costituisca un'aggravante ai miei timori relativi ad un'esasperazione della concorrenza dovuta all'autonomia scolastica.
Non solo. Con il meccanismo del buono scuola, se prima la preoccupazione della segmentazione della scuola con la creazione di scuole di tendenza era un problema, oggi rischiamo di creare degli steccati spesso Don Ciotti usa questo termine: non alziamo degli steccati nella società - tra differenti culture o sensibilità sociali e culturali. E' proprio la scuola pubblica che genera, invece, una limitazione al crescere di questi steccati.
Quando si cita - l'ho già detto in altre occasioni - il modello francese, lo si richiama perché ha un momento di unitarietà data dal fatto che gli insegnanti sono tratti da un'unica espressione di selezione: il concorso. Quindi, attraverso questa selezione, si forma anche nella scuola privata un meccanismo di insegnamento che non alza degli steccati. In Francia, la selezione del corpo docente è simile alla selezione che avviene per la Magistratura. Non avremo un "buono" per scegliere la Magistratura locale o personale che vogliamo, ma il Magistrato verrà selezionato da un concorso generale ed universale, per evitare che si possano creare nicchie o segmenti nel settore della Magistratura. Poi, è evidente che questa selezione ha i tanti limiti che tutti conosciamo, però non crea a priori meccanismi di segmentazione.
E', questo, il timore che torno a sottolineare. Il modello che si propone è un modello che alza degli steccati.
Vorrei sviluppare anche il principio di sussidiarietà orizzontale, ma non riesco, perché è importante. E' chiaro che la sussidiarietà orizzontare parte dal basso e non dall'alto. Non possiamo dire: "Stabiliamo quello che deve fare il pubblico e, poi, lasciamo qualcosa al privato". In un contesto in cui il momento pubblico è fortemente regolatore, nell'elaborazione e nell'attuazione del federalismo troveremo molte Amministrazioni comunali che, in virtù del principio di sussidiarietà verticale, diranno: "Date a noi le funzioni amministrative, a voi resta la legge, la programmazione ecc.", perché non individuano la legittimazione e il valore delle indicazioni di programmazione e di indirizzo, e quindi pensano di incamerare tutto quello che attiene alla gestione e alla cassa. Alcuni Assessori regionali non vogliono mollare la cassa, perché stentano ad applicare questo principio di sussidiarietà verticale. Però, certamente bisogna acquisire alcuni elementi.
Oggi questa sussidiarietà orizzontale, basata sul principio di libertà entra in crisi nel momento in cui Friedman... Assessore, ci sono le Compagnie statunitensi del settore del trasporto aereo che saranno sussidiate per molti anni e sono nuovamente previsti degli interventi pubblici di programmazione. Mi dispiace per gli amici radicali, ma un po' di keynesismo sarà recuperato. Per forza! E Friedman probabilmente dovrà temperare un po' le sue posizioni.
Non possiamo nemmeno pensare di applicare il principio di sussidiarietà orizzontale consentendo ai soggetti privati di operare liberamente, tenendo conto che ci potrebbero essere interessi e pressioni elettorali ad allargare settori di operatività del sociale, oppure del privato competitivo, attraverso meccanismi di spinta elettorale e non di interesse reale della società, con dei rischi forti che devono essere, in qualche modo, regolati.
Volevo fare una battuta sull'art. 33: è vero che l'art. 33 non è come una formella che fa il budino, avendone la forma. Pensate che oggi noi aboliamo la leva, mentre la leva è ancora prevista dalla Costituzione, per cui esiste una contraddizione. Poi qualcuno la giustifica dicendo che in caso di guerra c'è la possibilità di far riemergere il meccanismo della leva.
Mi rendo conto che l'art. 33 - concludo questo breve ragionamento - non può essere applicato in modo manicheo, però è sostanziato dal principio che allora i padri costituenti vedevano in questo art. 33 un elemento "per non alzare steccati nella società" - per usare sempre la frase di Don Ciotti.
Ritengo che questo, oggi, dopo l'11 settembre, sia ancora più valido.
Il ruolo dell'intervento pubblico in questo campo diventa ancora più essenziale per non avere, nella nostra società, dei compartimenti stagni che potrebbero generare, in futuro, forti tensioni sociali, probabilmente non solo a livello nazionale, ma in un conflitto quasi mondiale tra diverse culture, religioni e tendenze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

In questa discussione generale, che si è allargata molto esaminando le implicazioni e i significati di prospettiva di questa proposta di legge vorrei ricondurre, perlomeno il mio intervento, se non l'intera discussione, al contenuto pesantemente emendativo, a mio parere, delle proposte che, anche su sollecitazione di alcuni Gruppi di opposizione, la maggioranza e la Giunta hanno ritenuto di accogliere, non già per snaturare l'impianto e le finalità del provvedimento, ma per dare un'articolazione più puntuale e più coerente con i propri obiettivi.
La nostra discussione, secondo me, verte su tre grandi punti, al di là delle implicazioni su cui, se avrò ancora un po' di tempo, interverrò al termine del mio intervento.
Il primo punto riguarda le finalità, gli obiettivi di questa legge, il secondo il quadro di compatibilità generale, costituzionale, legislativa ed amministrativa in cui questo provvedimento si inserisce, mentre il terzo riguarda la strumentazione, l'articolazione di cui questo provvedimento si dota per perseguire e realizzare le finalità che ritiene di dare alla legislazione regionale e all'intervento amministrativo della Regione su questi temi.
Sulle finalità abbiamo già detto molto. Mi pare che la nuova formulazione del titolo del disegno di legge le chiarisca con maggiore schiettezza ed evidenza. Questo è un provvedimento volto ad assicurare e a garantire a tutti i cittadini piemontesi il diritto alla libera scelta educativa. Non è un intervento complementare rispetto al complesso degli interventi della L.R. n. 49/85, cioè del diritto allo studio, che complessivamente, avranno bisogno di una rivisitazione su cui, peraltro, la Giunta si è impegnata.
Relativamente al quadro delle compatibilità, ne abbiamo discusso lungamente in seguito a numerose questioni pregiudiziali e di legittimità costituzionale che sono state sollevate. Le accennerò in maniera rapidissima.
Nessuna delle questioni di legittimità costituzionale sollevate su questo provvedimento avrebbe potuto salvare e risparmiare da medesime accuse e, evidentemente, da medesime condanne. La stessa legge n. 62, che il Governo del centrosinistra ha approvato al termine della scorsa legislatura, si presta esattamente alle stesse pregiudiziali, perché il meccanismo della legge n. 62, anche se diversi sono i parametri e anche se si inserisce nel sistema della parità, evidentemente è una forma di finanziamento indiretto alla scuola privata - così direbbero le opposizioni di questo provvedimento - ancorché la scuola è inserita nel sistema nazionale della parità, e nel momento in cui prevede una forma di finanziamento diretto per gli studenti delle scuole private esce dall'art.
33 della Costituzione, secondo un'interpretazione un po' burocratica che a questo articolo è stata attribuita. Questo è il quadro delle compatibilità.
La compatibilità di questo provvedimento è esattamente uguale a quella della legge n. 62. E' suscettibile alle stesse accuse e mi pare, quindi suscettibile anche alle stesse risposte.
Per quanto riguarda invece la strumentazione, io ragiono su un provvedimento che è, a tutti gli effetti, il risultato che emerge dal complesso dei subemendamenti presentati da tutti i Gruppi di maggioranza e dal Gruppo Radicale all'emendamento Leo. Quello è un provvedimento pesantemente corretto nella sua articolazione: sposta complessivamente gli stanziamenti previsti verso il basso. Non aumenta semplicemente il contributo e il buono per le famiglie più povere, ma complessivamente sposta l'ammontare degli stanziamenti previsti su fasce medio/basse riducendo in maniera non sensibile il tetto massimo di reddito ammissibile.
A parer mio, su questo poteva essere fatta una scelta più coraggiosa.
Sicuramente prevede criteri di ripartizione che staccano, in maniera molto netta, il beneficio ricevuto dalle famiglie con redditi medio/bassi da quelle con redditi più alti, intorno ai 100 milioni o superiori ai 120 milioni.
Complessivamente - e questo mi pare il punto fondamentale - introduce un criterio che continuo a ritenere di equità, di pari trattamento di tutti i cittadini piemontesi, perché ordina le famiglie secondo la graduatoria stabilita da un rapporto puramente numerico ed aritmetico, quindi economico, fra il reddito familiare e le spese sostenute per le rette o i contributi di frequenza dalle famiglie stesse. Tutto si può sostenere fuorché sia una legge che discrimina. Si tratta, evidentemente, di una legge che favorisce le famiglie che investono in maniera più pesante - ci tornerò in seguito - rispetto ai contributi e alle rette scolastiche. Non è una legge che tratta in modo diversificato studenti diversi sulla base delle proprie opzioni culturali o delle proprie scelte didattiche.
Se questo provvedimento sarà approvato, avremo una costruzione complessiva tutta da rivisitare in materia di diritto allo studio assistenza scolastica e sostegno alla libera scelta educativa, che davvero configurerebbe un paniere complessivo. Avremo la L.R. n. 49/85 rispetto alle spese classiche finanziate dal diritto allo studio: i trasporti, le mense e così via. Avremo la legge n. 62 che è una legge essenzialmente di sostegno ai redditi medio/bassi, inserendosi nel quadro del sistema nazionale dell'istruzione e del sistema della parità. E avremo la legge n.
255 che finanzia una voce che dal paniere del diritto allo studio era stata storicamente esclusa, non tanto per volontà crudele o negativa da parte delle maggioranze o delle opposizioni, ma semplicemente perché non è mai stato dato e riconosciuto rilievo politico in materia di istruzione ad un dato apparentemente elementare, forse troppo elementare per essere colto che era quello del diritto alla libera scelta educativa.
Complessivamente, sulla base di queste tre leggi (due di attuazione regionale), noi abbiamo un unico paniere delle spese di istruzione ed un unico meccanismo di finanziamento delle spese delle famiglie.
Vengo alla questione delle rette e alla ragione per cui, a mio parere in questo provvedimento non è solo corretto, ma doveroso, non mescolare le carte e non inserire surrettiziamente materie che sono proprie della L.R.
n. 49/85 e del diritto allo studio.
Se ragioniamo rispetto alle rette scolastiche, dobbiamo ragionare rispetto a rette che per la scuola pubblica sono - vado per le grosse - in misura consistentissima coperte dalla fiscalità generale e per la scuola privata non sono coperte dalla fiscalità generale. E' chiaro che con un intervento aggiuntivo, in un quadro costituzionale, che rimane quello dell'art. 33 della Costituzione, questo non configura una riforma ordinamentale. E' una misura che, secondo me, restituisce cittadinanza alla libera scelta delle famiglie e consente di integrare scuole che offrono percorsi didattici, scelte formative, opzioni educative diverse o comunque scelte dalle famiglie nel sistema dell'istruzione, ancorché non nel sistema nazionale dell'istruzione della legge n. 62 - di questo parliamo. Di certo non possiamo parlare di una scuola pubblica che costa 500.000 lire e di una scuola privata che costa 6 milioni. La scuola costa, grosso modo, allo stesso modo sia nel pubblico che nel privato. La differenza è che nel pubblico esiste un contributo sostanziale da parte della fiscalità generale che, per ragioni evidentemente ordinamentali, non esiste nel sistema privato dell'istruzione.
Svolgo brevemente un'ultima considerazione riguardo alla questione della laicità dello Stato, del pluralismo educativo e così via. La risolvo con una battuta, poi approfondiremo.
Secondo me, l'aspetto più intollerabile della polemica di Storace sui libri di testo non era tanto nella denuncia del carattere fazioso e tendenzioso di alcune pubblicazioni, perché è assolutamente evidente a qualunque lettore di giornale che alcuni libri di testo daranno interpretazioni quantomeno tendenziose di alcuni fatti anche molto importanti della nostra vita pubblica o della storia europea dell'ultimo secolo, ma il fatto di ritenere che l'autorità pubblica potesse in qualche misura discriminare i singoli insegnanti o i singoli istituti scolastici sulla base di opzioni culturali ed educative, che, sulla base della libertà degli insegnanti, questi istituti scolastici e questi stessi insegnanti avevano scelto di darsi.
L'aspetto intollerabile della proposta Storace è che c'era un'autorità pubblica che stabiliva i confini tra il bene e il male nell'insegnamento della storia nella scuola pubblica. Questo discorso andrebbe trasferito rispetto al complesso del sistema dell'istruzione. Se noi immaginiamo un sistema delle istruzioni in cui la laicità è garantita dalla neutralizzazione ideologica di tutto all'interno della scuola pubblica, noi non creiamo un sistema di pluralismo educativo, bensì un sistema di monopolio pubblico dell'istruzione che assolutamente va incontro a rischi che la vicenda - francamente intollerabile - del Presidente Storace aveva in maniera straordinaria evidenziato.
Se ci accingiamo, a partire da questo provvedimento, a considerare il pluralismo del sistema dell'istruzione come un pluralismo di scelte evidentemente incompatibili tra di loro, che vengono mediate dallo Stato non come gestore, ma come sistema di regole che a tutte riconosce cittadinanza, senza andare troppo in là nell'interpretazione della sussidiarietà orizzontale, sicuramente andiamo incontro ad un'idea di istruzione e ad un'idea di pluralismo più moderna e, a mio parere, anche meno pericolosa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

Presidente e colleghi, nei giorni in cui in quest'aula iniziava la discussione sul provvedimento che stiamo esaminando, una delegazione di studenti di alcuni Istituti professionali ha incontrato l'Assessore Leo. La ragione di tale incontro era l'illustrazione all'Assessore di una serie di proposte di modifica della legge che stiamo discutendo in questi giorni. In quell'occasione, mi colpì il fatto che si trattava di una delegazione di studenti che si dichiarava apartitica, cioè non veniva qui per perorare una causa per ragioni ideologiche. Quegli studenti avevano letto su Internet i provvedimenti al nostro esame - ricorda, Assessore Leo? - e in un'assemblea con i propri colleghi di Istituto avevano deciso di avanzare una serie di proposte di modifica a tali provvedimenti. Si tratta di proposte, che io ho visto in una fase successiva, che in qualche modo tengono conto delle osservazioni critiche che il nostro Gruppo avanza a questo provvedimento.
L'Assessore Leo in quell'occasione non mancò di esibire la sua squisita cortesia, incontrò gli studenti, dialogò con loro e dette atto agli studenti di aver avanzato delle proposte che andavano nella direzione che lui riteneva essere una direzione giusta.
Constato, caro Assessore, a distanza di qualche giorno, che vi è per una contraddizione nella nostra discussione tra il fatto che noi quella mattina, incontrando gli studenti, abbiamo dichiarato che si trattava di proposte che avevano un fondamento e il fatto che, poi, nella discussione concreta di questi giorni immaginiamo un percorso e un provvedimento i cui contenuti stridono o quantomeno contraddicono quanto abbiamo dichiarato essere condivisibile e che, in quell'occasione, hanno avanzato gli studenti.
La riflessione che ho fatto iniziando il mio intervento dà la misura di una questione accennata dal Consigliere Marcenaro, e cioè che qui, in verità, si stanno confrontando, da una parte, le opinioni di un Gruppo o di Gruppi dell'opposizione, di una parte di essa, che vorrebbero modificare il provvedimento per renderlo accessibile a tutti gli studenti e, dall'altra parte - questa è la mia opinione, caro Assessore - le opinioni di chi ha fatto di questo provvedimento una sorta di manifesto ideologico che sostiene a prescindere, perché esso è una conditio sine qua non attraverso la quale parlare ad un mondo di riferimento. Non mi riferisco agli studenti perché, francamente, si parla con una percentuale bassa: il 3-4-5-6% degli studenti. Si deve riuscire ad interloquire con una serie di forze con le quali, secondo me, nei mesi passati, si è stabilito un patto politico ideologico, che non è soltanto un patto che riguarda la scuola.
Su questo ha ragione il Consigliere Marcenaro, perché questo tema lo incroceremo nei prossimi mesi sulla sanità, sulla scuola, cioè su questioni Consigliere Galasso - che hanno un valore di principio e che ci rimandano a temi che hanno un valore costituzionale.
Il punto è questo: il conflitto tra centrodestra e centrosinistra evoca questioni che hanno questa dimensione e questa portata in una fase nella quale l'Assessore Leo e il governo di centrodestra stanno - scusate il termine - "massacrando" la scuola pubblica.
Capisco il vostro ragionamento sulla concorrenza fra due scuole - non lo condivido, ma lo capisco - ma questo ragionamento presupporrebbe un impegno altrettanto forte da parte del Governo e della Giunta regionale, a sostegno della scuola pubblica affinché sia possibile, a quel punto determinare un rapporto di parità. In questo caso, ci sarà davvero...



LEO Giampiero, Assessore all'istruzione (fuori microfono)

Ci sarà e lo presenteremo in assemblea a Biella. La prima bozza del nuovo disegno unificato sul diritto allo studio la presenteremo in quell'occasione.



RONZANI Wilmer

Caro Assessore Leo, i dati dimostrano il contrario. In questi giorni il Parlamento della Repubblica Italiana e il Governo di centrodestra ormai non potete più scaricare le responsabilità sul Governo di Roma perché siete al governo in Regione Piemonte e a Roma - stanno discutendo la Finanziaria: sapete cosa stabilisce per quanto riguarda la scuola pubblica? Stabilisce che vengano definanziati alcuni interventi e che nel triennio alla scuola pubblica, vengano tolti 1.850 miliardi, a fronte di un investimento che sarà, invece, di circa 700 miliardi nel triennio 2002/2003/2004.
Il problema è grande, Assessore Leo, e mi sembra che su questa questione "caschi l'asino".
La vicenda della Finanziaria, per quanto riguarda la scuola, insieme ai dati che il Consigliere Placido ha citato relativamente alle leggi regionali sulla scuola pubblica dove c'è stata obiettivamente una manovra di definanziamento di queste leggi, danno la misura della politica che il centrodestra persegue: una politica di smantellamento, di dequalificazione di definanziamento e di indebolimento della scuola pubblica italiana.
Questo è un dato difficilmente contestabile.
Il vostro progetto di legge si inserisce in questo contesto. Non siamo in presenza di una classe dirigente che dice "sono orgoglioso di aver potenziato la scuola pubblica, gli ho dato gli strumenti per funzionare, ha raggiunto un livello di eccellenza indiscutibile, è giusto immaginare che chi vuole possa anche fare una scelta diversa". No! Le due scelte contraddicono quello che voi dite di voler fare. Siamo in presenza del tentativo di dequalificare la scuola pubblica.
Non ho tempo per esaminare nel dettaglio il provvedimento, ma Assessore Leo, l'idea di immaginare che il rimborso riguardi esclusivamente le rette e individuare quella franchigia, di per sé stabiliscono qual è la vostra direzione di marcia. Quale sarà quella famiglia che chiederà un rimborso del genere, se si può soltanto ottenere il rimborso delle rette? Non ci sarà una sola famiglia che farà richiesta di rimborso. Il meccanismo che avete messo in piedi per quanto riguarda la franchigia e le rette è tale per cui noi, per questa via, selezioniamo le famiglie che chiederanno il contributo e il buono scuola. Sappiamo che le famiglie che chiederanno il contributo per il buono scuola non saranno certamente famiglie povere! Non vi state confrontando con un'opposizione di centrosinistra ostile a discutere su questioni come queste. La legge n. 62 sulla parità scolastica in questo Paese non l'ha varata il centrodestra. La legge n. 62, che innova i rapporti tra scuola pubblica e privata e i rapporti con lo Stato, è stata varata da un Governo di centrosinistra. Se voi aveste assunto come punto di riferimento a cui ancorare il vostro disegno di legge quella legge nazionale, avreste trovato, con noi, la disponibilità a discutere le questioni nel merito. Il punto è che voi introducete una cesura rispetto a quella legge nazionale e fate un'altra cosa.
Consigliere Galasso, penso che sia esattamente vero il contrario rispetto a quello che lei ha detto: per difendere la possibilità di pochi in verità, rischiamo di mettere in discussione il diritto di tutti, o della grande maggioranza dei ragazzi, ad avere una scuola pubblica che sia eccellente e che funzioni.
Un'ultima considerazione. Se le cose stanno così, se stiamo discutendo un provvedimento che distribuirà 35 miliardi ad una minoranza di studenti in Piemonte - questo mi sembra un dato difficilmente contestabile - posto che la parte del padrone, in questo provvedimento, la faranno le scuole private e posto che le stesse sono frequentate dal 7% degli studenti, voi capite che c'è una sproporzione grave tra le risorse che vengono impiegate per finanziare il provvedimento e le risorse che vengono impiegate in Piemonte per finanziare la scuola pubblica. Questo, forse, è esattamente il vostro disegno: introdurre, con questo provvedimento, il principio secondo il quale occorre lavorare affinché non si sviluppi, non sia più qualificata, non diventi eccellente la scuola pubblica, a vantaggio di quella privata.
Su questo, Assessore, la vostra maggioranza di centrodestra pagherà credo e mi auguro, un prezzo politico. .



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giordano.



GIORDANO Costantino

Prima di iniziare il mio intervento volevo chiarire al Consigliere Marcenaro che la posizione del sottoscritto non è un fatto ideologico, ma di analisi e di processo in un contesto come la società italiana, per cui è sbagliato bloccare il provvedimento. Se segue con attenzione l'intervento si accorgerà che l'analisi risulterà del tutto esatta e può darsi che, alla fine, lei venga incontro al nostro discorso.
Ritengo che nel dibattito in atto sull'istituzione del cosiddetto "buono scuola" occorra partire da una prima fondamentale considerazione. Un servizio è pubblico, cioè risponde ad un reale bisogno della società indipendentemente dal soggetto (Stato o privati) che lo eroga e lo gestisce. Portando il ragionamento alle sue estreme conseguenze, si potrebbe arrivare a far fronte alle spese dell'istruzione generale attingendo alla spesa pubblica, senza che debba essere lo Stato a provvedere direttamente alle scuole, ma dando alle famiglie dei buoni scolastici che coprano le spese di istruzione di ciascun ragazzo e che possano essere "spesi" liberamente presso gli Istituti di gradimento.
Occorre garantire alle famiglie la possibilità di scegliere liberamente, e a costi economicamente per tutti sostenibili, gli istituti scolastici e i percorsi formativi ritenuti più adatti per i propri figli.
La libertà di scuola, intesa come diritto di scegliere liberamente di fronte ad un'ampia offerta di servizi scolastici, trova diretto fondamento nel principio di sussidiarietà; un principio in virtù del quale né lo Stato né alcun ente od organizzazione debbono mai sostituirsi all'iniziativa ed all'assunzione diretta di responsabilità da parte dei singoli.
Il principio di sussidiarietà rappresenta la più solida difesa della libertà degli individui che debbono potersi assumere liberamente e in piena consapevolezza le proprie responsabilità e farsi carico del peso delle proprie decisioni.
La proposta che prevede l'istituzione del cosiddetto "buono scuola" tende, da un lato, a salvaguardare la libertà delle famiglie e, dall'altro a garantire l'efficienza e la qualità del sistema scolastico introducendo un primo elemento di competizione tra i vari Istituti, siano essi pubblici o privati. La definizione del sistema scolastico non può, peraltro, essere abbandonata alle forze che governano l'economia fondata sul libero mercato.
L'offerta dei servizi scolastici deve trovare nello Stato un interlocutore che ne preservi la qualità e l'efficienza.
Lo Stato deve farsi garante della qualità dell'offerta scolastica assicurandone una più stretta rispondenza con le esigenze del mondo del lavoro e definendo regole e principi generali comuni sia alla scuola pubblica che a quella privata.
Con la legge n. 62 del 10 marzo 2000 - peraltro osteggiata dalla Casa delle Libertà - lo Stato ha affermato il principio della parità scolastica e l'idea di introdurre il cosiddetto "buono scuola" mira a renderla effettiva.
Con il buono scuola si dà alle famiglie libertà di scelta tra una pluralità di proposte formative poste fra di loro in competizione. Ci comporta che i responsabili di ciascun Istituto di istruzione, sia esso pubblico o privato, dovranno svolgere anche una funzione di tipo imprenditoriale, cercando di anticipare e soddisfare la domanda dei servizi scolastici da parte delle famiglie.
Anche nel sistema scolastico viene in tal modo istituzionalizzato un processo che tenda a conseguire un continuo miglioramento delle prestazioni fornite e quell'economia che ogni sistema competitivo realizza rispetto a situazioni di monopolio.
E' una pia illusione pensare ad una scuola uguale per tutti. Nessuna scuola sarà mai uguale ad un'altra: un preside più attento, insegnanti più preparati, un'amministrazione più efficiente bastano a fare la differenza.
Lo stimolo della competizione peraltro può concorrere a migliorare tutte le scuole statali e non statali. Una scuola statale seria non ha nulla da temere dall'introduzione del buono scuola, anzi, dalla concorrenza tra Istituti essa avrà tutto da guadagnare.
Temono la concorrenza le scuole pubbliche o private poco serie e tutti coloro che non desiderano confrontarsi con colleghi più preparati ed istituzioni più efficienti.
La scuola pubblica è un grande patrimonio che va difeso e preservato dall'idea che l'istruzione sia un monopolio di Stato.
Condividiamo, dunque, l'idea su cui si regge la previsione del buono scuola, anche se riteniamo che il disegno di legge predisposto dalla Giunta regionale debba essere migliorato proprio al fine di garantire la libertà di scelta in capo a tutte le famiglie, soprattutto quelle economicamente più disagiate, e la qualità e l'efficienza del sistema educativo.
Occorre far salvo il principio, costituzionalmente tutelato dell'eguaglianza intesa in termini sostanziali ed in virtù del quale casi e situazioni analoghi debbono essere trattati e considerati in modo analogo.
Lo Stato e, quindi, anche le Regioni debbono rimuovere quegli ostacoli di tipo economico-sociale che impediscono alle fasce più disagiate di offrire ai propri figli percorsi educativi efficienti e qualificati affinché sia garantito a tutti di raggiungere i gradi più alti degli studi conformemente a quanto previsto dalla Costituzione.
Il principio delle pari opportunità, inteso in termini sostanziali rende le istituzioni protagoniste del progresso economico-sociale del Paese.
Il buono scuola non è un'idea di destra o di sinistra, ma deve rappresentare uno strumento messo a disposizione, in primo luogo, proprio dalle famiglie economicamente meno abbienti che potranno, se lo vogliono iscrivere, a costi sostenibili, anche i propri figli a quegli Istituti scolastici oggi riservati a pochi.
Vogliamo che il buono scuola possa essere validamente speso dalle famiglie anche presso la scuola pubblica. Esso non deve essere inteso come uno strumento che, per così dire, cristallizza una situazione esistente risolvendosi a vantaggio di pochi, ma deve agire dinamicamente sull'offerta dei servizi scolastici a sostegno della libertà di scelta delle famiglie.
Lo Stato deve farsi garante della qualità ed efficienza del sistema scolastico, introducendo precisi parametri e criteri a cui dovranno ispirarsi tutti gli Istituti scolastici, siano essi pubblici o privati.
Occorre garantire la serietà nell'offerta dei servizi scolastici ed evitare che per il tramite di strumenti quali il buono scuola vengano costituiti dei veri e propri "diplomifici", dove sia possibile acquistare un pezzo di carta, difficilmente poi, peraltro, spendibile sul mercato del lavoro.
Per ottenere tutto ciò occorre, in primo luogo, procedere alla definizione di che cosa si intenda per scuola non statale, riconducendo la stessa alle scuole paritarie così come definite dalla legge n. 62/00.
Anche in materia di istruzione è essenziale introdurre un sistema di qualificazione ed attestazione che certifichi la rispondenza dell'offerta scolastica a precisi criteri di qualità ed efficienza e che limiti l'attività dell'Ente pubblico a funzioni di mero indirizzo e controllo. Il buono scuola deve essere "speso" soltanto in Istituti scolastici certificati ed attestati.
Occorre ripensare tutto il sistema scolastico, mettendolo al passo con quanto avviene presso gli altri Paesi industrializzati. I dati forniti da una recente indagine dell'OCSE non sono affatto confortanti.
Nonostante il basso numero di alunni per docente (un insegnate ogni dieci, contro la media OCSE di uno ogni quindici), il 65,5% della popolazione italiana adulta non supera il secondo livello di alfabetizzazione nelle prove comparate internazionali. L'Italia risulta al ventunesimo posto nel mondo per la preparazione scientifica dei suoi studenti e al ventitreesimo per la matematica. Bassi livelli di competenze ma anche spese elevate.
Il costo per studente nella scuola italiana è più alto del 15% rispetto alla media europea, eppure soltanto il 40% della popolazione adulta ha il diploma di scuola secondaria contro il 61% della Francia e l'84% della Germania.
I tassi italiani di dispersione universitaria restano i più alti d'Europa: negli ultimi quarant'anni, su quasi dieci milioni di giovani iscritti all'Università, i laureati sono stati meno di 3 milioni.
Il sistema educativo italiano pare, dunque, inefficiente ed inefficace soprattutto se lo si considera in relazione alle esigenze ed all'attuale struttura del mercato del lavoro.
Il buono scuola deve essere di ausilio nell'indirizzare le scelte educative delle famiglie, ma queste ultime devono poter disporre di un'offerta di servizi scolastici qualificati, efficienti ed al passo con i tempi.
Il buono scuola rappresenta un semplice tassello di un più ampio mosaico che deve passare attraverso l'impegno dello Stato a migliorare la qualità del lavoro degli insegnanti, controllandone i risultati e premiando coloro i quali quotidianamente investono sulla propria professionalità.
La parità scolastica deve essere effettiva non soltanto sul piano della domanda, ma altresì sul piano dell'offerta di insegnamento, dove gli insegnanti sono i principali protagonisti.
Per garantire l'avvio regolare dell'anno scolastico in corso, il Ministero della Pubblica Istruzione ha provveduto ad immettere nei ruoli statali circa 60 mila docenti; di questi, 10 mila sono professori che hanno lasciato Istituti non statali, i quali hanno subìto una perdita pari a circa il 20% del personale docente.
Tutto ciò accade perché il sistema pubblico offre agli insegnanti maggiori garanzie, al limite del privilegio, dal punto di vista del contratto di lavoro, della retribuzione e del trattamento previdenziale.
Se si vuole un sistema scolastico competitivo anche sul piano dell'offerta, occorre rendere omogeneo il trattamento economico e la progressione di carriera degli insegnanti, introducendo uno schema di contratto di lavoro tipo che possa valere sia per il settore pubblico che per quello privato.
Oggi, di fatto, lo Stato riesce a sottrarre insegnanti alla scuola privata, attribuendo una posizione di dominio, determinata dall'attuale contesto normativo.
Se si vuole che tra sistema pubblico e sistema privato vi sia un'effettiva parità, è essenziale che tutto ciò finisca. Anche agli insegnanti deve essere data la possibilità di scegliere liberamente tra scuola pubblica e scuola privata. Grazie.



PRESIDENTE

Ho necessità di dare la parola ancora ad un Consigliere di opposizione perché c'è una pluralità di richieste.
La parola al Consigliere Muliere.



MULIERE Rocchino

Grazie, Presidente. Nel mio intervento intendo riferirmi all'introduzione dell'Assessore Leo.
L'Assessore Leo faceva riferimento all'utilizzo improprio del termine "buono scuola". Effettivamente, è un termine un po' improprio perché, in campagna elettorale, il programma della Casa delle Libertà parlava del buono scuola, ma il buono scuola a cui pensa la Casa delle Libertà sarebbe una tragedia per la scuola pubblica, rispetto alla proposta che viene avanzata oggi dalla Giunta.
I buoni scuola previsti dalla Casa delle Libertà rappresenterebbero davvero una forte preoccupazione per l'insegnamento pubblico nel nostro Paese. La Casa delle Libertà si sta avvicinando all'idea del buono scuola a livello nazionale e io mi auguro che ci sia una forte reazione da parte degli studenti e soprattutto degli insegnanti, che forse non hanno capito fino in fondo la gravità della proposta della Casa delle Libertà, così come probabilmente non hanno capito la volontà chiara del centrosinistra di promuovere lo sviluppo della scuola pubblica.
L'Assessore diceva: "Impropriamente noi chiamiamo questo disegno di legge 'buoni scuola'". E' vero, forse questo termine è improprio.
Ciò detto, è un provvedimento che ci deve preoccupare; abbiamo spiegato tante volte in quest'aula quali sono le motivazioni che ci portano a dire che questo provvedimento andava disegnato in un altro modo, andava pensato fatto e proposto in altro modo.
Ci ritroviamo, oggi, con un disegno di legge che deve essere necessariamente corretto, per i motivi che i miei colleghi hanno spiegato negli interventi precedenti.
L'Assessore Leo, sempre nella sua introduzione, afferma che la scuola di Stato è un grande patrimonio, un patrimonio da proteggere. Dobbiamo chiederci se la Regione Piemonte fa tutto quello che potrebbe e dovrebbe fare e non soltanto per proteggere la scuola di Stato.
Oggi la scuola pubblica non va soltanto protetta, ma occorre incrementare gli investimenti nei suoi confronti. La scuola pubblica va guardata in un'ottica di sviluppo e non soltanto di protezione. Dobbiamo chiederci cosa fa la Regione Piemonte per promuovere lo sviluppo della scuola pubblica, quali investimenti sostiene per aiutare la scuola pubblica piemontese nella nostra regione.
E' evidente che il futuro di una regione industriale come la nostra si valuta anche dalla quantità di risorse che impegna un'Amministrazione pubblica come la Regione nella scuola pubblica, cioè per educare e dare cultura ai propri ragazzi. Forse bisognerebbe riflettere su questo.
Certo, mi collego all'intervento del Consigliere Ronzani: i segnali che arrivano dal Governo nazionale non sono positivi; i dati della Finanziaria indicano chiaramente in quale direzione vuole andare il Governo di centrodestra.
La preoccupazione sta salendo, non soltanto tra gli studenti, e quello che si pensa, riguardo all'utilizzo degli insegnanti, deve fortemente preoccuparci.
In questo momento, possiamo ridimensionare la spesa pubblica in tanti settori, ma non certo in quello della scuola.
Oggi discutiamo di questo, domani discuteremo di altri argomenti che ci riguardano direttamente: nella Finanziaria di quest'anno ci sono molte questioni che chiederemo, al Governo nazionale, di rivedere. E senz'altro quella del ridimensionamento della spesa nei confronti della scuola è una questione estremamente preoccupante e seria.
Spendere 35 miliardi per finanziare questa legge e ridurre notevolmente il finanziamento della L.R. n. 49/85 è un atto politico grave, che evidenzia la volontà di questa Amministrazione regionale. Forse bisognava arrivare a presentare questo disegno di legge partendo da altre considerazioni, e cioè che la Giunta regionale vuole investire, potenziare i propri finanziamenti verso la scuola pubblica ed affrontare anche il tema delle scuole private. Sarebbe stata una dimostrazione diversa. Invece, ci si è presentati dicendo: "Vogliamo presentare un disegno di legge che, è evidente, riguarda soltanto quel 7% degli studenti che frequentano la scuola privata". Si vuole aiutare e sviluppare la scuola privata, pensando che coloro che frequentano tale scuola abbiano bisogno di un ulteriore aiuto, oppure pensiamo che i 35 miliardi possano sviluppare la partecipazione di altri giovani studenti che guardano alla scuola privata? Da questo punto di vista, abbiamo qualche dubbio. Una scelta di questo tipo forse è ancora più grave, proprio perché non sarà in grado di aiutare lo sviluppo della scuola privata. E noi, così come diamo un giudizio sulla scuola pubblica, dobbiamo entrare nel merito e dare un giudizio anche riguardo alla scuola privata, perché ci sono scuole private molto serie che danno cultura e preparazione ai giovani, e scuole private che lo sono meno.
Così come giudichiamo la scuola pubblica, dobbiamo giudicare anche la scuola privata, dando un nostro giudizio riguardo all'efficienza ed alla qualità delle stesse. Se dobbiamo farlo rispetto alla scuola pubblica, lo dobbiamo fare anche nei confronti della scuola privata. Ecco perché credo che quando entreremo nel merito dell'articolato questi ragionamenti dovremo farli, perché oggi dare cultura, istruire i nostri giovani, è un compito estremamente difficile, delicato, e il grado di civiltà di un Paese si giudica da quanto investe soprattutto nella spesa per l'istruzione.
A mio avviso, la Regione crea, con questa scelta, un divario, una spaccatura evidente da questo punto di vista: fa una scelta molto chiara che deve necessariamente preoccuparci rispetto a quello che invece bisogna investire per sviluppare la scuola pubblica.
Credo quindi che sia necessario fare qualche altra riflessione ed entrare nel merito dell'articolato. Quando termineremo la discussione generale, ci aiuterà forse a capire che le scelte fatte con questo disegno di legge sono sbagliate.
Ultima considerazione. Quando abbiamo presentato le varie pregiudiziali, abbiamo anche posto delle questioni serie: mi riferisco in particolar modo a quella fase di consultazione e confronto che la Regione avrebbe dovuto aprire nel momento in cui si andava ad iniziare la discussione su un tema così importante. Questo non è stato fatto: è stata una scelta sbagliata che secondo noi peserà sul futuro del dibattito che si svolgerà in quest'aula.
L'Assessore e la Giunta avrebbero fatto meglio ad ascoltare i soggetti che oggi sono interessati a questa discussione e non soltanto una parte di questi; avrebbe dovuto ascoltare tutti i soggetti che sono coinvolti nella discussione e in un confronto su un argomento così serio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Caracciolo.



MARCENARO Pietro

E la maggioranza?



PRESIDENTE

E' previsto subito dopo l'intervento del Consigliere Angeleri.
Prego, Consigliere Caracciolo.



CARACCIOLO Giovanni

Il dibattito sul disegno di legge della Giunta regionale per la concessione di buoni scuola, destinati a favorire la possibilità di scelta delle scuole private, ha visto numerosi ed impegnativi interventi sia da parte di esponenti della maggioranza che dell'opposizione.
Prima ancora che in aula e successivamente in Commissione, tale dibattito si era iniziato e portato avanti già da qualche mese attraverso articoli ed interviste su importanti organi di stampa. A tale riguardo, ho trovato significativi sia quello dell'Assessore Leo che quello del Consigliere Contu: entrambi hanno infatti sostenuto tesi efficaci, ma parziali rispetto alla natura del problema così come oggi si pone di fronte alle forze politiche.
Il Consigliere Contu ha certamente ragione quando fa risalire alla legge n. 62/00 l'apertura di un varco legislativo rispetto alla drasticità del divieto costituzionale in tema di finanziamenti alla scuola privata.
Per usare un termine fiscalistico, si è trattato di una "elusione" per poter aggirare quell'intrattabile "senza oneri per lo Stato" deciso dai Costituenti. Resta però il fatto che questo è adesso il quadro legislativo di riferimento ed è sterile lamentarsi delle conseguenze che ne derivano, a meno di riuscire a promuovere un'eccezione di incostituzionalità, dai tempi e dagli esiti comunque non facilmente prevedibili.
L'Assessore Leo ha sollevato una questione di libertà di grande delicatezza e complessità e che sembra in linea con le più moderne sensibilità etico-giuridiche, che interpretano il principio di uguaglianza non più come un "trattare tutti, anche i diversi, in modo eguale", ma invece "trattare in modo egualmente diverso i diversi".
Il paragone che egli fa con la libertà di stampa, che non sarebbe certamente tale se esistesse un monopolio o quasi da parte dello Stato, è certamente suggestivo, ma sembra dimenticare che il fatto stesso di lasciare al mercato di determinare le condizioni della sopravvivenza di una libera informazione è una delle contraddizioni drammatiche della nostra democrazia sempre più mediatica.
D'altra parte, quello che va riaffermato con forza è che la pubblica istruzione non è uno dei tanti servizi resi dallo Stato, che potrebbero benissimo, come tanti altri, essere affidati a gestori privati. Infatti l'istruzione è un diritto costituzionalmente tutelato che trae le sue ragioni dall'origine storico-culturale che lo ha segnato da almeno due secoli, e cioè dalla nascita dello Stato di diritto, laico, basato sul concetto di cittadinanza e non più soltanto di discendenza di sangue o appartenenza di corporazioni o di fede. Proprio la scuola pubblica era stata concepita come il luogo idoneo a congiungere indissolubilmente le esigenze "naturali" della pedagogia con quelle "storiche" della formazione di una identità "civile". Proprio oggi, nell'era delle multiculturalità onnipervasive, è fondamentale tenere viva questa identità di cittadinanza di fronte alle prorompenti tentazioni di regressione alle forme più arcaiche di identificazione.
Ma, al di là di queste questioni di principio, perché penalizzare, come di fatto farebbe il disegno di legge in discussione, le scelte delle famiglie che optano per la scuola statale? Perché non prevedere almeno che i buoni scuola siano attribuiti anche a loro a titolo di rimborso per tutte le spese scolastiche e non solo per le rette e le tasse di iscrizione (notoriamente esigue nella scuola statale), ma anche per i libri di testo i trasporti, le mense, i progetti didattici integrativi? Altrimenti si consumerebbe il paradosso che per rimediare alla presunta condizione di sfavore dei pochi, si creano condizioni certe di sfavore per i molti e i moltissimi.
Perché questa maggioranza non è disposta a dare un segnale di attenzione anche nei confronti di questi ultimi, accogliendo le indicazioni già presenti sia nelle proposte di legge che negli emendamenti che vanno in questa direzione? Questo è stato il nostro messaggio politico sul disegno di legge n. 252 proposto dalla Giunta e portato avanti da noi nelle varie fasi di percorso di Consiglio prima e di Commissione successivamente. Purtroppo, si è assistito ad uno scontro quasi ideologico, muro contro muro, da entrambe le parti, mascherato da concessioni irrilevanti da parte dell'Assessore Leo che, nella sostanza, hanno modificato nulla nel rapporto tra scuola pubblica e privata.
E' quello che è emerso difatti in seguito alla presentazione dell'ordine del giorno del 2 ottobre 2001 con cui si chiedeva alla Giunta di riformulare la propria proposta, organizzandola in disegno di legge autonomo dalla L.R. n. 49/85 e di predisporre, con i tempi necessari, un testo unificato di legislazione regionale sul diritto allo studio.
Ebbene, la risposta nel nuovo disegno di legge proposto dall'Assessore è consistita nel fatto che si toglieva la franchigia e si modificava il livello minimo di reddito portandolo a 50 milioni e il tetto massimo da 140 a 120 milioni.
Per la minoranza, comunque, il fatto che la Giunta abbia tentato di modificare qualcosa sul suo disegno di legge, in seguito alle nostre richieste, ha voluto significare che queste non erano mero comportamento ostruzionistico, bensì critica costruttiva.
Il problema dell'istruzione in Italia è anomalo rispetto all'Europa e non si risolve realizzando un Testo Unico come veniva suggerito in Commissione. Forse bisognerebbe risalire alla messa in discussione dei Patti Lateranensi con cui vengono regolati i rapporti tra Chiesa e Stato italiano e da cui ne deriva la concessione di oltre 2.000 miliardi per l'ora di religione nelle scuole pubbliche.
E' stato evidenziato nella Conferenza dei Capigruppo che, accanto alla problematica del buono scuola, esistono molti altri provvedimenti da approvare, altrettanto importanti e, tenuto conto che la maggioranza sul disegno di legge n. 252 ne ha fatto una questione di vita o di morte, a mio avviso, sarebbe più opportuno a questo punto fare uso del ragionamento politico, alla ricerca di alternative di convenienza come la destinazione dei 35 miliardi per i libri di testo, mense, trasporti e progetti didattici, dal momento che per quest'anno l'approvazione di questa legge avverrebbe a tempo scaduto e, quindi, non efficace per quello che si era proposto questa maggioranza.
Questa è una mia posizione politica di buonsenso e un suggerimento, non concordato con nessun collega dell'Ulivo, e che comunque non precludono ad altre soluzioni migliorative che sono presenti in tanti discorsi di colleghi della minoranza, che propongono cambiamenti di sostanza nella legge, attraverso gli emendamenti presentati.
Concludo ribadendo che sono contrario alla legge sul buono scuola perché reputo che sia una cambiale politica che la maggioranza ha stipulato con i propri elettori e che quindi dovrà pagare. Si tratta di una scelta politica e se ne assumerà le responsabilità. Secondo me, altro che tirare in ballo l'ideologia liberistica: penso proprio che si tratti di una lineare operazione di mero opportunismo clientelare.



PRESIDENTE

Comunico che la Presidenza, in ragione della programmazione degli interventi, ha deciso di far intervenire nella seduta di oggi i Consiglieri Angeleri e Riba, mentre i restanti interventi verranno rimandati alla prossima seduta consiliare.
La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Presidente e colleghi Consiglieri, la data di oggi, 23 ottobre possiamo considerarla storica, perché, dopo un atteggiamento al limite della sopportazione umana degli uomini di questa maggioranza, oggi siamo riusciti ad entrare finalmente nel merito di un disegno di legge presentato dalla Giunta regionale il primo febbraio di quest'anno.
E' difficile spiegare ai cittadini che i tempi della politica cercano di essere brevi, soprattutto se riusciamo ad entrare nel merito di un provvedimento a distanza di più di otto mesi.
E' ovvio che da parte della maggioranza c'è una sorta di entusiasmo quasi di vittoria, perché per più di un mese siamo rimasti ostaggio di una parte dell'opposizione che, attraverso una serie di artifici, non ci ha fatto entrare nel merito del provvedimento.
Si pongono due ordini di problematiche. Il primo, sottolinea, semmai ce ne fosse ancora bisogno, la necessità di un nuovo Regolamento in questo Consiglio regionale, perché è evidente, anche da coloro che hanno seguito i lavori dall'esterno, che questo non è un Regolamento che garantisce democraticamente il dibattito.
Non mi rivolgo solo al Vicepresidente. Devo dire che, in questa fase nonostante sia uomo di parte, come Vicepresidente si è comportato più che correttamente nel gestire questo difficile scontro di idee. E' inutile che lo nascondiamo: in quest'aula abbiamo visto due posizioni contrastanti, due posizioni politiche che si sono manifestate e che palesemente sono antitetiche. Questo lo si evince anche dagli interventi che abbiamo sentito oggi in quest'aula. Da una parte, la volontà della maggioranza di dare la possibilità di una scelta educativa libera. Una legge che possa garantire non solo ad una piccola parte di popolazione studentesca, ma al 100% degli studenti piemontesi, la possibilità di scegliere il proprio futuro educativo. La possibilità di dire: "Scelgo liberamente, senza pressioni senza problematiche di tipo economico, la mia strada futura". Questa è stata la scelta che ha orientato questa maggioranza. Dall'altra parte abbiamo verificato quale blocco poteva esistere nei confronti di un'apertura che questa maggioranza ha avuto. Nonostante le difficoltà che sono state create, anche ad arte, per dividere questa maggioranza, il risultato di una parte dell'opposizione è stato quello non solo di compattare ancora di più la stessa maggioranza di centrodestra, i 40 Consiglieri che ne fanno parte, ma di aggregare intorno alla posizione della maggioranza, già forte, altri Consiglieri dell'opposizione che sono intervenuti precedentemente e che hanno capito qual era lo spirito dell'iniziativa e il principio di libertà a cui noi facevamo, in qualche modo, riferimento.
Ho ascoltato con attenzione e non voglio sicuramente, in questa sede ritornare su polemiche sterili. Di fatto, il Presidente della Commissione Tino Rossi, ha elencato le tappe forzate che hanno scandito l'iter di questo provvedimento, su cui non voglio ritornare.
Poco fa il collega Placido ha fatto una battuta: "In fondo, voi avete diviso i cattolici. I cattolici, su una proposta di questo genere, si sono manifestati in modo non coeso". Io cito solamente due dei tanti interventi giornalistici che abbiamo avuto modo di leggere in questi giorni: quello de La voce del popolo del 20 ottobre. Da tempo La voce del popolo non scriveva a favore di una posizione tipicamente di centrodestra, non so se per pregiudizio o per qualche altro motivo. Erano anni che non vedevo dichiarazioni di questo genere. Parlando dei Gruppi di sinistra, Alberto Riccadonna afferma: "Non aveva i numeri per bloccare questo provvedimento ma potevano proporsi di rallentare il dibattito e hanno operato in questa direzione. Un'ostinazione, quella di alcune forze di opposizione, che obbliga a porsi qualche domanda seria sulle regole della democrazia e sulla forzatura di tali regole a vantaggio delle posizioni politiche o ideologiche dei singoli". Questo scrive La voce del popolo qualche giorno fa, firmato da chi non si può certo etichettare come "uomo di centrodestra", mio ex collega di Consiglio comunale a Torino ed ex Direttore del TG RAI di questa Regione, che molti conoscono.
Ancora, nel suo articolo del 30 settembre scorso, dice: "Centrosinistra: l'opposizione intransigente dei Democratici di Sinistra è apparsa francamente incomprensibile, specie quando hanno parlato di legge incostituzionale ai sensi dell'art. 33 della Costituzione. Se così fosse dovrebbero mandare dinanzi alla Suprema Corte l'on. D'Alema che, per primo in Italia tra i Presidenti del Consiglio, ha avuto il coraggio di varare una legge paritaria che ha stanziato 1.000 miliardi annui per la scuola elementare e materna non statale". Poi prosegue: "Comprendiamo le difficoltà congressuali dei DS", ma queste cose, in questa sede francamente non interessano.
Questo per far capire e per rispondere al Consigliere Placido che evidentemente, la posizione di una parte della sinistra, che cercava di dividere e di mettere i bastoni tra le ruote a questa maggioranza, ha sortito esattamente l'effetto opposto, effetto che si manifesta nella volontà di perseguire l'obiettivo che ci siamo posti.
Stupisce la presentazione di centinaia di emendamenti da parte di alcuni Gruppi che, dopo aver dichiarato di voler entrare nel merito della discussione, noi ci apprestiamo a leggere. Potrei ricordarne alcuni, ma è abbastanza evidente il tenore di alcuni di questi emendamenti, anzi, della maggior parte, connotati come emendamenti tipicamente ostruzionistici.
Pertanto, mi permetto di dubitare sulla buonafede di coloro che chiedevano di tornare qualche settimana fa in Commissione ed entrare nel merito per modificare la legge, una legge che, come maggioranza, abbiamo dimostrato di voler cambiare nel momento in cui intelligentemente abbiamo cercato di raccogliere dall'opposizione, o, meglio, da una parte dell'opposizione, i suggerimenti per trovare una più facile approvazione.
Concludo sostenendo che ovviamente proseguiremo, nonostante i circa seicento emendamenti ostruzionistici che sono stati presentati, sulla nostra strada, ma non per testardaggine o per un semplice obiettivo politico-programmatico che ci siamo dati, ma perché siamo convinti che in fondo questa scelta debba essere garantita a tutti gli studenti della nostra Regione indistintamente, a prescindere dai colori politici a cui appartengono.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Riba, che interviene in qualità di Consigliere.



RIBA Lido

Grazie, Presidente. Intervengo per la prima volta su questo argomento.
Penso che lo scontro e il confronto, intenso, diffuso ed aspro, si svolga in termini che permettano di costruire degli elementi di dialogo su una materia della quale è stato investito il nostro Consiglio regionale così come altri.
Cercherò di portare qualche elemento di ragionamento sul punto adesso che abbiamo aperto la discussione di merito sul testo di legge.
Intanto, una prima riflessione, Assessore: i grandi Stati hanno comunque alle spalle un grande sistema formativo scolastico, oltre a grandi eserciti e a grandi popoli.
La Francia, che tutti consideriamo come un punto di riferimento e modello di Stato, fu la prima in Europa, con il Cardinale Mazzarino, ad avere, addirittura, il sistema scolastico pubblico; naturalmente "pubblico" voleva dire pubblico per l'epoca, lo Stato dell'epoca. In un sistema statale, quella era un'intuizione che risaliva al momento in cui ci fu la grande intuizione dello Stato nazionale, non degli Stati multinazionali ciò che contraddistingue la Francia rispetto all'Austria, per esempio, i pensatori francesi. Lo dico perché un sistema formativo in ogni caso è in funzione anche di un progetto di Stato, di un'idea di Stato.
Ora vorrei esporre molto rapidamente un altro ragionamento rivolgendomi anche al Consigliere Galasso e agli altri colleghi che cortesemente mi ascoltano e hanno posto altri ragionamenti che anche noi consideriamo attentamente.
Non è tanto in discussione il problema dei diritti o non diritti.
Faccio preliminarmente un discorso su quello che nella storia della nostra civiltà e del nostro Stato ha rappresentato, in modo indiscusso, la scuola pubblica e il sistema unitario. La scuola pubblica è, comunque, il luogo dove si incontrano le generazioni, le categorie, gli insegnanti e quindi la cultura, la parte che insegna e la parte che recepisce.
Ha ragione il Consigliere Marengo, sotto questo profilo, a dire che non esiste la scuola dei ricchi e la scuola dei poveri. Esiste quel tipo di scuola nella quale si sono superati parecchi elementi di difformità, di antagonismo, di diversità, di prerogative, di diversità di condizione sociale: la scuola statale, il liceo, l'università, ma anche la scuola professionale, l'avviamento e la scuola elementare, dove si sono formate diverse generazioni identificandosi.
La settimana scorsa a Cuneo sono stati festeggiati i centotrentanni della scuola che ho frequentato anch'io e vi assicuro che la difformità sicuramente c'è, ma quell'elemento di unità è stato un elemento di colloquio, di comprensione e di unitarietà, che, guai, a perdere di vista.
Non c'è, rispetto a questo, la necessità di un superamento di un valore come questo. C'è la necessità di difenderlo da qualsiasi punto di vista lo si guardi.
Quando ci siamo posti il problema della fase costituzionale, lo abbiamo esaminato da diversi punti di vista, anche tenendo conto della specifica realtà italiana: con l'art. 7, così come con l'art. 33 della Costituzione.
C'è sempre un mercato dell'esegesi che può spiegare che non c'è contraddizione tra dare contributi e che "senza oneri per lo Stato" non implica che non si possono dare dei contributi. Per l'amor di Dio, su questo terreno non mi addentro, anche perché avremo sempre e sicuramente soggetti autorevolmente disposti a sostenere l'una o l'altra tesi.
Mi riferisco invece ai cinquant'anni di vita costituzionale e democratica del nostro Paese, che tanti problemi ha dovuto affrontare, ma non quelli di avere una scuola maledetta o scassata e inadeguata a formare un popolo decente. Nessuno ha mai messo in discussione quei principi perch sono stati praticati in quanto utili, praticati perché in qualche maniera corrispondevano alla necessità di dare il giusto riconoscimento - parlo di un "giusto" in senso costituzionale - alla scuola cattolica e, nello stesso tempo, di delimitare anche gli spazi che dovevano essere riservati costituzionalmente e statutariamente a quel genere di attività formativa.
In questo periodo, ho apprezzato molto il comportamento del collega Saitta che, pur essendo portatore di una proposta e di una tesi, ha colto fino in fondo la necessità che il Consiglio non si divida per contrapposizioni su questo punto: laicità o spazi all'area dell'insegnamento cattolico. Se si tratta di difendere gli spazi delle scuole di formazione cattolica, che fanno parte del sistema democratico del nostro Paese e a cui vanno i dovuti riconoscimenti, penso che se non ci fosse stata la scuola di Lombriasco non ci sarebbe stata una significativa presenza di tecnici in tante aree.
Questa tipologia di formazione va difesa in altro modo e se ci sono tali esigenze - perché ci sono - perché sono venuti meno alcuni capisaldi della copertura economica di cui dovevano disporre, è un problema che siamo disposti a porci e ad affrontare bene. Altra cosa è partire da questo elemento circoscritto e rimettere in discussione il principio della centralità della scuola pubblica come sistema unitario della formazione dei cittadini di un Paese.
Voglio rispondere al collega Galasso e agli altri colleghi, ma anche all'Assessore Leo: cosa volete che siano 35 miliardi rispetto ai 3.500? Voi sapete che nella vita e nei valori la questione non mai quantitativa: è innanzitutto qualitativa.
Da un punto di vista qualitativo, se introduciamo lo spazio per l'inserimento del mercato privato in questo settore, ci penserà il mercato stesso a dominare il settore pubblico e il settore etico. Il mercato è per sua natura un elemento che, se non è controllato, è dominante: basta aprire le televisioni, poi ci pensano loro a crearsi il mercato, fanno bene, basta aprirlo al sistema privatistico perché ci penseranno loro alla promozione.
Voi sapete che ormai nell'economia il commerciale vale molto di più che non il settore produttivo, perché è il commerciale che sa, con la propaganda e con l'imbonimento, attrarre verso di sé l'utenza, una volta che noi abbiamo superato questo tipo di barriera.
Adesso i 35 miliardi servono per creare lo spazio per questo genere di mercato che, in seguito, non potrà più essere dominato, ma sarà dominante.
Non gliene basteranno 35, perché produrrà automaticamente una domanda indotta, non una domanda naturale, non quella domanda che storicamente si organizzava intorno a modelli di formazione che già la Costituzione, senza oneri per lo Stato, prevedeva che fosse tutelata. Si aprirà quello spazio che invece verrà assicurato adesso attraverso l'alterazione di un sistema che per cinquant'anni ha garantito l'equilibrio e anche la solidità del sistema formativo, sarà semplicemente l'apertura al mercato privato.
Lo capisce anche lei, Assessore Leo, che non riesce a districarsi tra una cosa e l'altra. Se le dicessimo che le scuole private sono delle istituzioni che rappresentano un'alternativa nella quale non crediamo sarebbe una cosa profondamente ingiusta. Certe volte, se non ci avessimo pensato noi, non ci avrebbero pensato neanche i loro sostenitori più formalmente convinti.
Quello lo si può affrontare in un altro campo in un altro modo. Oggi quello che c'è di mezzo sono gli 80 mila miliardi del bilancio della Pubblica Istruzione, che possono diventare il facile appannaggio di un agguerrito nucleo di operazioni mercantili, che trovano nella scuola un settore operativo assolutamente facile, perché, se è difficilissimo formare le coscienze, è facilissimo organizzare il modello scolastico, anche avvalendosi di insegnanti laureati, con la penuria e con i problemi salariali che ci sono, ma non è questo il problema.
Perché si deve introdurre un sistema che spacca ciò che persino Mazzarino aveva cercato a suo tempo, tanti anni fa, di gestire in una maniera unitaria? Non è il mio modello naturalmente: lo dico soltanto per dire che un sistema come quello scolastico è il pilastro dei rapporti unitari e degli elementi di coesione di uno Stato, che cominciano dalla formazione e dalla cultura e da quei pochi elementi che tengono insieme le persone. Non è certo il modello americano che avete in mente, dove si entra nella scuola materna e si finisce all'università selettivamente e per eletti: io lo capisco, ma qui si tratta di un'altra cosa. Qui si tratta di inserire lo spazio mercantile che allora non avrà più al centro né i valori cattolici né quelli laici, avrà quelli banalmente commerciali e naturalmente si baserà sulla vendita del prodotto: la scuola come gli hamburgher, perché intanto ci sarà un offerente capace di imbonire, di indurre una richiesta e di costringere, sotto vari aspetti, le famiglie a optare per quel tipo di scelta.
Quindi, questi 35 miliardi non li giudico, i valori non sono mai quantitativi. Oggi la quantità è un elemento di ingresso, domani saremo costretti a corrergli dietro con i miliardi, perché una volta che si è aperto quel vaso e che si è introdotto quel genere di mercato, allora non lo si controllerà più.
Per quanto riguarda le promesse elettorali, per fortuna qui adesso non le ho più sentite citare, perché francamente mi sentivo di fare un richiamo etico. Lo faccio a posteriori, anche se non l'ho più sentito dire. Ogni tanto ho sentito dire: "Abbiamo fatto una promessa elettorale, non possiamo mantenerla". Magari, se le promesse elettorali...



(Commenti fuori microfono del Consigliere Cattaneo)



RIBA Lido

No, io l'ho detto in generale, l'abbiamo messo nel programma; il programma è una promessa, ci mancherebbe!



RIBA Lido

CATTANEO Valerio (fuori microfono)



RIBA Lido

Sono impegni.



RIBA Lido

La barzelletta sul Presidente del Consiglio diceva: "Le sue promesse dell'anno scorso", e lui rispondeva: "Quelle erano le promesse dell'anno scorso: adesso, nell'anno nuovo, si devono fare delle nuove promesse".
Le promesse fatte su cose di cui non si dispone rappresentano una pericolosissima manipolazione che in queste campagne elettorali purtroppo! - è stata utilizzata troppo disinvoltamente per creare un sistema di alleanze fra gli interessi e le illusioni. Da una parte, ci sono gli interessi e dall'altra, le illusioni, che di questi interessi possono rendere partecipe una larga platea di gente.
Dal punto di vista etico, vi è il richia mo a quel genere di elementi e la sottolineatura del fatto che in campagna elettorale si possono indicare dei progetti che si realizzeranno compatibilmente con le condi-zioni che devono essere create, ma non rappresentano a priori un diritto. Ci mancherebbe che vincere delle elezioni rappresenti a priori il diritto tout court di manipolare una questione che è di competenza dello Stato e delle istituzioni nel suo insieme e non solo di una maggioranza!



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Riba.
I lavori del Consiglio riprenderanno domani alle ore 10.00.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.00)



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