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Dettaglio seduta n.134 del 10/10/01 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento:

Aggiornamento inizio lavori consiliari


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Constatando la mancanza del numero legale, ai sensi dell'art. 52, comma 4, del Regolamento del Consiglio regionale, sospendo la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 10.15 riprende alle ore 10.40)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Constatando nuovamente la mancanza del numero legale, ai sensi dell'art. 52, comma 4, del Regolamento del Consiglio regionale, sospendo la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 10.40 riprende alle ore 11.16)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta riprende.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Albano, Botta, Burzi, Cantore Cavallera, Costa Enrico, Ferrero, Leo, Marengo, Pichetto, Racchelli e Rossi Giacomo.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Colleghi, avevamo convenuto di svolgere oggi un dibattito sull'operazione militare iniziata in Afghanistan come reazione all'attentato terroristico avvenuto l'11 settembre 2001 negli Stati Uniti.
Secondo gli accordi, tale dibattito sarà aperto da una comunicazione del Presidente Ghigo.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione delle vittime dell'incidente aereo avvenuto a Milano Linate l'8 ottobre 2001


PRESIDENTE

Prima di iniziare, invito l'assemblea ad osservare un minuto di silenzio per commemorare le vittime del tragico incidente avvenuto a Milano Linate l'8 ottobre 2001.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Questioni internazionali

Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale e relativo dibattito in merito agli sviluppi dell'attentato terroristico avvenuto l'11 settembre 2001 negli Stati Uniti. Presentazione collegati ordini del giorno


PRESIDENTE

Ha ora la parola il Presidente della Giunta, Ghigo, per alcune comunicazioni in merito agli sviluppi dell'attentato terroristico avvenuto l'11 settembre 2001 negli Stati Uniti.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Consiglieri, credo sia un dovere, ogni qualvolta si inizi a parlare di fatti che stanno sconvolgendo il nostro mondo, ritornare con gli occhi e con il cuore a quel terribile 11 settembre e che il nostro pensiero vada innanzitutto a quelle migliaia di vittime innocenti, donne e uomini di razza, provenienza, religione e culture diverse che hanno perso la vita nei tragici fatti di New York e Washington.
Nell'epoca della comunicazione e dell'immagine, esercitare continuamente la memoria è un dovere a cui spesso l'intero Occidente ha abdicato. Per dirla con le belle parole di Barbara Spinelli "Venir meno a questo dovere, che significa non dimenticare mai le guerre intestine l'olocausto, i gulag, il terrorismo interno che ha interessato molti Paesi ha prodotto, e continua a produrre, mostri".
Ecco perché è bene continuamente ribadire la più ferma condanna, la più assoluta riprovazione, unitamente ai sentimenti di dolore e di solidarietà ogni qualvolta ritorniamo all'11 settembre.
Certamente, la riprovazione verso gli attentati è stata quasi unanime in tutto il mondo. Abbiamo ascoltato, con orrore, la voce del terrorista Bin Laden esprimere la sua soddisfazione, così come molti esponenti del fronte terrorista, promettendo stragi ancora più gravi. Tutto ciò avrebbe dovuto rappresentare un monito grave per tutti ed indurre tutti a superare diffidenze, calcoli politici di qualunque tipo e meschini distinguo invece, purtroppo, così non è stato.
In Italia, specialmente, qualcuno ha soffiato sul vento di un antiamericanismo, questa volta assolutamente fuori luogo. E, come se non bastasse, ha rispolverato quel pacifismo a senso unico che sembrava appartenere al passato.
Vorrei dire con chiarezza che questa non è una questione che riguarda gli americani e i terroristi. Certo, non è la guerra tra civiltà, né, tanto meno, la guerra tra Occidente e Islam, ancor meno la guerra santa che questa notte, il regime talebano ha indetto, stando al fianco di Bin Laden.
Questa è sì una guerra, ma contro il terrorismo che oggi minaccia innanzitutto, gli Stati Uniti e che domani - ed è un domani terribilmente vicino - minaccerà anche noi, le nostre famiglie e il nostro futuro.
In relazione a questa considerazione, voglio dire che le Forze dell'ordine e le istituzioni sono pronte ad affrontare le eventuali e possibili ripercussioni di questa situazione sul nostro territorio: c'è una stretta sinergia e collaborazione, un'attenta vigilanza della Regione e delle Prefetture nel valutare (e l'attenzione è estrema, senza, per incorrere nell'esasperazione e senza incrementare la già alta tensione della popolazione) gli obiettivi sensibili. Probabilmente, avete anche visto che tali obiettivi sensibili vengono identificati, nella nostra città, nel Museo Egizio e nella Mole Antonelliana, emblemi culturali dell'Occidente.
Come oggi affermano molti commentatori, non possiamo non capire il rischio, l'intenzione e il calore, l'affiancamento che dobbiamo agli Stati Uniti in questa azione. Non possiamo appellarci ad un generico richiamo alla pace o ad una terza via "né con gli USA né con i terroristi", che richiama l'analoga espressione tanto in voga nella sinistra italiana negli anni '70. E' una pura follia, un atto di masochismo gravissimo. Vorrei che provassimo tutti per una volta a non pronunciarci su questi temi con l'occhio rivolto verso la piazza e verso qualche manifestante contro la globalizzazione.
Vorrei che ricordassimo tutti che gli Stati Uniti hanno iniziato questa guerra con il più imponente schieramento di Nazioni e di organismi internazionali mai visto nella storia. Vorrei che ricordassimo che il laburista Blair, lo stesso con il quale la sinistra italiana ed europea ha cercato di sperimentare la cosiddetta terza via, ha chiamato il suo popolo in un discorso che rimarrà tra i più alti mai pronunciati nella storia, ad unirsi insieme agli Stati Uniti in una logica di comunità. Vorrei che ricordassimo che il Presidente Putin, di fronte a quanto sta accadendo, ha detto basta a quel residuo di guerra fredda che era rimasta. Infine, vorrei che ricordassimo che non siamo stati mai vicini come oggi ad un definitivo riconoscimento dello Stato palestinese da parte degli Stati Uniti e dell'Europa tutta.
Ebbene, se tutto ciò non bastasse, che cosa dicono i signori della pace di fronte alle immagini delle donne mutilate, umiliate, torturate in Afghanistan? D'altro canto, devo dare atto che il nostro Consiglio ha più volte cercato di sensibilizzare, attraverso degli ordini del giorno, tutta l'assemblea su questo tema, che l'Occidente ha, invece, la colpa di aver completamente dimenticato dopo l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Unione Sovietica.
Cosa dicono i signori della tolleranza di fronte al terrorismo che si finanzia con l'oppio coltivato nelle valli afgane? Vedete, io ho grande rispetto di tutte le idee, ma un conto è sostenerle, diffonderle, esprimerle nel tollerante Occidente. Vorrei per che a questi pacifisti fosse data la possibilità di sfilare e protestare non solo nelle calde strade di Assisi, ma anche in quelle un po' polverose di Kabul o di Baghdad.
Così non è. Viene preferito attaccarsi a sterili argomenti ed esercitare distinguo obiettivamente risibili. Certo, per fortuna, anche in una buona parte della sinistra, di quella che oggi è all'opposizione al Governo, vi sono posizioni che sento vicine alle mie e che condivido.
Sentire, in Piazza Castello, il giorno dopo gli attentati a New York e Washington, la Presidente Bresso ricordare che furono gli americani a liberarci dal nazifascismo, mi ha fatto piacere. Questo significa...
MARCENARO Pietro (fuori microfono) Guarda che noi lo diciamo da cinquant'anni. Sei diventato antifascista questo ci fa piacere...



PRESIDENTE

Consigliere Marcenaro, la prego! Il Presidente Ghigo sta facendo il suo intervento, lo lasci finire.



GHIGO Enzo, Presidente della Giunta regionale

Questo significa esercitare la memoria e non guardare al consenso di grandi o piccole minoranze.
Mi ha fatto, invece, meno piacere - avrò occasione di discuterne sia con il Sindaco Chiamparino che con la Presidente Bresso - la non ripresa di quell'iniziativa che ho lanciato ieri, anche su sollecitazione di alcuni Gruppi all'interno di questa assemblea, di ripetere una manifestazione a sostegno del popolo americano. Così come il Governo D'Alema trov nell'opposizione unanime appoggio durante la guerra in Kossovo, mi aspettavo analogo comportamento da parte di tutti in questa occasione. Così non è stato, e me ne dolgo, perché era una cosa che sentivo, ma non è successa.
Un'ultima considerazione. L'iniziativa di poco più di 72 ore fa, è una guerra che cambierà, sta già cambiando, la nostra vita e la storia di questo millennio; cambierà i perimetri politici, etici e culturali del mondo. Voglio fortemente che l'Italia sia parte di quei nuovi perimetri a fianco dei cattolici come dei musulmani, degli arabi come delle donne afgane finalmente libere; a fianco dei cittadini della nuova Russia e dello Stato della Palestina e di Israele e di chiunque vorrà lavorare per eliminare diseguaglianze, distorsioni della globalizzazione ed ingiustizie.
Voglio stare dall'altra parte di chi ammazza persone innocenti, di chi oggi, spara agli inermi cittadini statunitensi, per uccidere il mio futuro il nostro futuro, il futuro delle comunità libere.



PRESIDENTE

Apriamo il dibattito. Chi vuole intervenire? Ha chiesto di intervenire il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Sono stati presentati alcuni ordini del giorno. Vorrei capire qual è l'ordine dei nostri lavori. Se si fa una discussione unanime, noi conveniamo. Se si considera la discussione sulle comunicazioni del Presidente e, in parte, anche l'illustrazione dei documenti che vengono presentati, oppure se c'è un problema evidente di calendarizzazione dei nostri lavori. Nel giro di un'ora e mezza è molto difficile discutere tutti gli ordini del giorno presentati e, contestualmente, la relazione del Presidente Ghigo. Chiedo al Presidente di chiarire questo punto.



PRESIDENTE

L'impegno preso ieri era di fare un dibattito utilizzando le dichiarazioni del Presidente come strumento per accedere alla discussione.
E' ovvio che quando c'è un dibattito, se vengono presentati dei documenti qui come al Parlamento nazionale, questi vengono votati dall'assemblea.
Pensavo, onestamente, di fare un dibattito generale e, se i Consiglieri ritengono di presentare dei documenti, l'illustrazione di eventuali ordini del giorno; successivamente, dare spazio agli interventi per dichiarazione di voto sui documenti presentati e concludere con la votazione.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Contu; ne ha facoltà.



CONTU Mario

Chiedo se è possibile avere copia della relazione del Presidente. E' un atto di cortesia che chiedo.



PRESIDENTE

Non so se era una relazione o un intervento, comunque penso sia possibile.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cattaneo; ne ha facoltà.



CATTANEO Valerio

Mi unisco alla domanda e alle considerazioni poste dal Consigliere Palma, a cui il Presidente ha già puntualmente risposto.
Siamo un po' preoccupati dalla presentazione di ordini del giorno ancorché legittimi, perché, come è noto, in Consiglio regionale vige un Regolamento simile a quello del Senato della Repubblica, pertanto non sarà difficile, alla fine di questo dibattito, avere un "gentleman agreement" con un'eventuale astensione da una parte o dall'altra per l'approvazione di quel documento ancorché compatibile.
Invito a sospendere la presentazione di ordini del giorno, fare prima il dibattito e poi un ordine del giorno unitario del Consiglio regionale.
Altrimenti, sarà estremamente difficile, anche da parte nostra, qualora dovessimo condividere parte di un documento presentato da terzi, anche con la semplice astensione, approvare un documento presentato. Questo lo dico prima del dibattito, in modo che non si dica che la maggioranza è cattiva e che, con il trucco dell'astensione - visto che è considerato voto contrario non vuol far passare i documenti presentati da altri. La coesione del Consiglio è cercare di preparare un ordine del giorno comune, di tutto il Consiglio regionale.
Abbiamo ascoltato con grande attenzione l'intervento del Presidente Ghigo, che è stato sintetico, ma molto profondo. Credo possa ben rappresentare la posizione della comunità piemontese.
Penso che la maggioranza non presenterà alcun documento, ma farà propria, con un voto del Consiglio, la relazione del Presidente che abbiamo particolarmente apprezzato e ritenuto di grande valore.



PRESIDENTE

Sentendo gli ultimi interventi propongo di proseguire nel modo seguente: facciamo il dibattito fino alla pausa pranzo, successivamente le dichiarazioni di voto su eventuali ordini del giorno presentati. Nel frattempo, faremo una sospensione per verificare eventuali documenti unitari.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Brigandì; ne ha facoltà.



BRIGANDI' Matteo

Presidente, sull'ordine dei lavori volevo dire quanto segue.
Il problema di cui ci stiamo occupando viene cronologicamente dopo uno svisceramento di tutta la problematica già affrontata alla Camera e al Senato, quindi sono già chiare le posizioni politiche.
Anch'io, come il Consigliere Cattaneo, condivido in pieno la relazione del Presidente della Giunta. Non vorrei che si perdesse del tempo pensando di arrivare ad un documento unitario che sia al fuori dei principi enunciati dal Presidente, che io condivido. Sia chiaro che principi diversi, dove si discute di altre questioni di fronte ad una guerra iniziata l'11 settembre, sono principi che non verranno mai in forma unitaria, perché, comunque, non verranno accettati dal mio Gruppo.



PRESIDENTE

Raccogliendo la sollecitazione di alcuni Consiglieri e del Consigliere Cattaneo ho proposto questa tempistica. Facciamo il dibattito sino alle ore 13.00 e nel pomeriggio le dichiarazioni di voto sui documenti che nel frattempo saranno presentati.
Iniziamo il dibattito. Chi vuole intervenire? La parola al Consigliere Giordano.



GIORDANO Costantino

Grazie, Presidente e colleghi. Nessuno di noi potrà mai dimenticare quanto è avvenuto negli Stati Uniti l'11 settembre scorso. Quelle immagini rimarranno per sempre scolpite nei nostri cuori e nelle nostre menti.
Dopo quei tragici eventi, sentiamo un grande senso di vuoto all'interno, incapaci di comprendere a chi possa giovare e dove possa condurci una simile insana violenza.
Chi ha sempre creduto nella forza del dialogo e del confronto con altrui posizioni e risoluzioni dei conflitti, indipendentemente dalle condizioni economiche, dalle convinzioni politiche e dal credo religioso resta sgomento, così come tutti coloro che, come me, sono convinti che la propria personale libertà trovi un limite ed un confine invalicabile nella libertà e nel rispetto della dignità altrui.
La tragedia americana non è soltanto un fatto interno a quel Paese: riguarda tutti noi, perché colpisce le basi stesse su cui si regge la nostra società civile.
Occorre reagire di fronte a chi suscita e diffonde il terrore fra noi ma è indispensabile evitare che al dolore ed allo sgomento subentri il desiderio di vendetta indiscriminata. E' necessario individuare e perseguire i responsabili rispettando le regole proprie dello stato di diritto, evitando di abbandonarsi alla logica della rappresaglia, perché il rimedio risulterebbe peggiore del male e finirebbe con il fare il gioco di chi tira le fila del terrorismo e persegue la logica dell'odio, facendo leva sulle troppe disuguaglianze che esistono oggi nel mondo.
Occorre isolare chi, seminando morte e distruzione, mostra di non aver alcun rispetto per la vita umana.
Ora è giunto il momento dell'azione militare nei confronti di chi è ritenuto essere il finanziatore di quegli atti terroristici e di coloro che hanno fornito aiuto, sostegno e protezione a lui ed ai membri della sua organizzazione criminale.
Riteniamo che l'azione militare debba essere finalizzata all'individuazione e cattura di questi volgari criminali. Guai a pensare però, che questa sia una guerra "tradizionale"; il nemico non ha un volto ben definito e forse proprio per questo è molto più pericoloso ed insidioso.
Tutti gli Stati che credono nella democrazia devono unire le forze per condurre contro il terrorismo, qualunque sia la sua origine o matrice un'azione ad ampio raggio, in campo politico, sociale ed economico, nella quale l'opzione militare deve rappresentare in ogni caso l'estrema "ratio" da utilizzare contro obiettivi mirati. L'odio di pochi non deve uccidere la speranza di tutti noi, in un mondo più equo e più giusto.
Bene hanno fatto gli Stati Uniti a cercare di raccogliere intorno a s il più vasto ed ampio consenso possibile, perché il terrorismo è il dramma che coinvolge tutti gli Stati che vogliono continuare a definirsi civili.
Non possiamo essere neutrali; occorre prendere posizione ed essere disposti ad ogni sacrificio pur di sconfiggere chi cerca di sconvolgere il nostro modo di vivere.
Dobbiamo anche riaffermare a chiare lettere che questa non vuole essere una guerra di religione né tantomeno una guerra contro il popolo arabo. Non è in gioco l'affermazione della superiorità di una cultura sull'altra: si devono perseguire dei criminali la cui azione non giova a nessuno tantomeno al mondo islamico.
Gli attentati dell'11 settembre non contribuiranno certo a sfamare o a dare casa e lavoro a chi nel mondo, ovunque si trovi, soffre per gli stenti della sua condizione. Tutti devono comprendere che la violenza non paga e che i terroristi non sono e non saranno mai i paladini degli umili e degli oppressi.
L'Italia deve essere pronta a fare la sua parte, dando al mondo un'immagine di unità e fermezza negli intenti e superando ogni divisione politica interna. Se vogliamo dimostrare di essere un grande Paese democratico dobbiamo farci carico delle responsabilità che ciò comporta.
Abbiamo un Governo espressione di una maggioranza democraticamente eletta e tutti i nostri sforzi dovranno essere indirizzati a sostenere e condividere l'azione diretta ad azzerare la minaccia terroristica.
La sicurezza dei cittadini è un bene comune che non appartiene a questo o quello schieramento politico. Nel contempo, però, continueremo ad esprimere tutto il nostro dissenso verso quegli atti o provvedimenti amministrativi che, di fatto, ci allontanano dalla comunità internazionale ed ostacolano il perseguimento dei crimini.
E' chiaro il mio riferimento agli artt. 13 e 18 del provvedimento legislativo n. 368, che è stato rubricato l'8 ottobre 2001 con le rogatorie internazionali, perché, cari colleghi della destra, il terrorismo si combatte anche evitando certe procedure legislative, perché quella procedura legislativa è la procedura di questo famoso signore che semina terrore in tutto il mondo.
Mi auguro che su questa posizione ci sia un atteggiamento unitario perché il terrorismo minaccia tutti noi ed occorre fare in modo che all'interno del nostro Paese valga ancora la pena di poter crescere i propri figli. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Grazie, Presidente. Devo dire che la nostra posizione è di piena condivisione all'intervento svolto dal Presidente Ghigo.
Credo che in questa occasione non ci debbano essere dubbi: la posizione dell'Italia deve essere al fianco degli Stati Uniti, non in modo acritico per dovere di coalizione, ma perché si condivide l'impegno che vuole estirpare il terrorismo nelle varie forme in cui si manifesta.
L'11 settembre sarà considerata una data storica, nel senso che molti rapporti che esistevano prima non saranno più svolti nello stesso modo.
Desidero sottolineare che i mesi che ci attendono saranno difficili per le vicende collegate con l'attività che intende estirpare il terrorismo dal nostro mondo. Dovrà essere un periodo di grande attenzione per realizzare, ognuno al proprio livello - noi, come Consiglio regionale altri ad altro livello - delle condizioni per cui torni a prevalere il dialogo e il confronto delle idee, che non è possibile con chi non accetta il modo attuale di rapportarsi.
La globalizzazione, che condizionerà i nostri anni a venire, dovrà trovare delle regole più definite e chiare. Attraverso la globalizzazione e i rapporti che subiranno sicuramente, dopo gli eventi dell'11 settembre delle modifiche, ci sarà un ridimensionamento e una difficoltà maggiore negli scambi e nei collegamenti.
La globalizzazione deve ancora essere realizzata interamente ed allora il nostro impegno, anche qui, in Consiglio regionale, dovrà andare nella direzione di contribuire a realizzare una serie di rapporti che abbiano come regola accettata da tutti, quella del dialogo e dello scambio di idee.



PRESIDENTE

Nel limite del possibile, cercherò di alternare interventi di maggioranza e di opposizione. Stante le richieste attualmente pervenute darei la parola al Consigliere Caracciolo. Per la maggioranza, fino a questo momento, si è iscritto soltanto il Consigliere Mercurio, che interverrà successivamente al Consigliere Caracciolo.
Prego, Consigliere Caracciolo.



CARACCIOLO Giovanni

Signor Presidente e colleghi, domenica 7 ottobre, poco prima delle ore 13.00 (19.00 ora italiana), George Bush ha annunciato, parlando dalla Stanza dei Trattati della Casa Bianca, l'inizio della guerra in Afghanistan.
Bush ha chiesto agli americani di aver pazienza, perché quella contro il terrorismo sarà una guerra lunga ed ampia. Nel suo discorso è stato attento, una volta ancora, a spiegare che non si tratta di una guerra di religione, di uno scontro di civiltà, ma che gli Stati Uniti sono amici del popolo afgano e dei fedeli dell'Islam e nemici di chi profana una grande religione commettendo omicidi in suo nome.
Per giustificare l'azione, Bush ha detto che sono stati presi di mira diversi obiettivi selezionati con cura fra quelli militari e, parole testuali, "Distruggendo i campi di addestramento e interrompendo le comunicazioni, renderemo più difficile ai terroristi addestrare nuove reclute e mettere in atto i loro piani", e che l'azione americana ha due facce: i bombardieri non verranno utilizzati solo per attaccare Bin Laden e i talebani, ma anche per aiutare uomini, donne e bambini, il popolo oppresso dell'Afghanistan, a cui dagli aerei verranno lanciati cibi e medicinali.
I leader del Congresso americano, democratici e repubblicani, hanno risposto con una dichiarazione congiunta di pieno sostegno al Presidente e ai militari.
La guerra, come tutte le guerre, sarà orrenda. Sarà una campagna lunga sanguinosa e defatigante. "Durerà quanto la guerra fredda" ha confessato il Ministro della Difesa Rumsfeld. Ma, come diceva Barbara Spinelli in un editoriale de "La Stampa" di ieri, è ora di guardare in faccia il male che l'America e l'Occidente hanno deciso di combattere. Ha il volto ieratico e terribilmente convinto di Bin Laden, che milioni di telespettatori hanno visto domenica sera accamparsi sui teleschermi e parlare della morte con la disinvoltura di un martire.
Il nuovo terrorista globale è sereno, distaccato, mentre annuncia la punizione divina che sotto la sua guida si abbatterà immancabilmente sulla nostra civiltà e sull'esistenza di ciascuno. La guerra mondiale dichiarata dal terrorista è inedita, ma le democrazie liberali hanno già ascoltato parole simili. A simili proposizioni non basta rispondere con le armi o gli aiuti umanitari, anche se è giusto rispondere con gli uni e con gli altri in contemporanea. E' l'uso della parola giusta che l'Occidente dovrà ritrovare se vuole vincere questa battaglia. Quella di Bin Laden è un'operazione di propaganda classica e ad essa converrà rispondere con una propaganda egualmente intensa e concisa, giacché gli interlocutori del terrorista globale non sono solo popoli lontani e non è solo l'Islam. Sono i milioni di immigrati, le periferie cittadine dell'Occidente e sono i rappresentanti della nostra stessa civiltà: i più impauriti o i non violenti o i pacifisti.
L'Afghanistan è un'infezione che ha esportato negli anni tre malattie: fondamentalismo islamico, terrorismo ed eroina. L'Italia è stata un punto di riferimento internazionale per questi sforzi diplomatici. Ha aiutato il popolo afgano, ha parlato con l'alleanza del nord, con i talebani e con tutti i Governi interessati, ha sostenuto la "Loya Jirga" e ha appoggiato il re che abita a Roma. Non per caso il processo della "Loya Jirga", che oggi tutti vedono come una via d'uscita, viene chiamato il processo di Roma. Occorre dare continuità a questi sforzi e continuare ad essere un punto di riferimento diplomatico.
Adesso, tuttavia, prevale l'aspetto militare: bisogna stare di qua o di là e noi dobbiamo stare di qua, dalla parte degli Stati Uniti, dell'Europa di Arafat, del mondo islamico amico - quindi della sua stragrande maggioranza - dell'internazionale socialista, della Russia e della Cina. In ogni guerra è in gioco il controllo di un territorio. La posta vera non è il territorio afgano - questo è chiaro a tutti - ma è il territorio pakistano, dell'Arabia Saudita, dei Paesi islamici instabili. I terroristi sperano che la violenza sia levatrice della storia, che una reazione occidentale spropositata provochi una guerra di religione ed una rivoluzione o un "golpe" in questi Paesi. Allora le conseguenze sono due: primo, la reazione militare deve essere mirata, non deve colpire vittime innocenti e, sino a questo momento, gli americani hanno dimostrato di saperlo fare bene; secondo, bisogna chiarire sempre che noi siamo contro i terroristi, non contro l'Islam.
Per questo motivo, Bush è andato a pregare in una moschea e ha insistito sul riconoscimento di uno Stato palestinese. Per tale motivi Tony Blair ha sostenuto che i veri seguaci dell'Islam sono affratellati a noi in questa lotta. Bin Laden non è un vero seguace dell'insegnamento del Corano, così come quei crociati, che nel XII Secolo saccheggiavano e uccidevano e non seguivano i comandamenti del Vangelo.
Per il mondo occidentale è tempo di affrontare la sua ignoranza riguardo all'Islam.
A questo punto, credo ci si debba rivolgere alle posizione critiche all'interno di una parte della sinistra. Esse vanno ascoltate con rispetto le capisco e condivido anche molte riflessioni, ma troppe volte in passato pezzi della sinistra hanno sbagliato sui temi della guerra e anche su quelli del terrorismo.
Adesso basta, ora è meno facile sbagliare e ci troviamo di fronte alla reazione obbligata di chi ha avuto 7.000 morti innocenti. Capisco il rischio di trasformare il mondo in una sorta di immenso Israele globale capisco che la guerra contro il terrorismo sarà molto lunga: so che nel 2020 nel mondo islamico i ragazzi con la maglietta di Bin Laden potrebbero essere più numerosi dei ragazzi europei oggi con la maglietta di Che Guevara. E' esattamente questo che dobbiamo evitare: questa è la vera posta in gioco e ci dice come la partita sia politica e psicologica, prima che militare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mercurio.



MERCURIO Domenico

Signor Presidente del Consiglio, nell'esprimere pieno consenso alla relazione del Presidente Ghigo, mi permetto di aggiungere brevissime considerazioni.
La prima è che più che di fronte ad azioni di terrorismo, il mondo intero si trovi piuttosto di fronte ad una pazzia lucida e nichilista. Per cui, in una situazione di questo tipo, più che parlare di legittima difesa ritengo che sarebbe più logico parlare di uno stato di necessità.
Questa pazzia nichilista ha grosse armi, ha grosse frecce al suo arco perché punta, da un lato, a destabilizzare il mondo arabo ed islamico e dall'altro, ad infliggere il terrore in tutto l'Occidente.
Già subito dopo l'11 settembre in quest'aula, da più parti, si è detto che non c'era spazio per i distinguo, e ieri sera alla Camera dei Deputati non si sono fatti distinguo. Tolte soltanto alcune forze politiche, il grosso del Parlamento ha detto a chiare lettere che la risposta non poteva che essere una risposta unitaria, non solo dell'America, ma di tutto il mondo. E oggi la risposta a questa pazzia è di tutto il mondo, e non solo verso il terrorista Bin Laden, che per quanto mi riguarda non può che essere un pazzo pericoloso, un pazzo lucido, per il contesto entro cui opera e per le condizioni e i mezzi che possiede.
Dicevo quindi che i distinguo li dobbiamo abbandonare in questo momento, perché la fase di guerra, di pericolo, di questo stato di necessità è una fase che sarà sicuramente lunga e il mondo non può non affrontare un pericolo così grave.
Non voglio a mia volta creare situazioni di allarmismo, per carità, ma se non si affrontano queste pazzie nichiliste, altri fatti gravissimi potrebbero e potranno succedere. Quindi - e concludo - credo importante che anche in Piemonte ci sia una risposta ferma ed unitaria, perché la nostra è una situazione di stato di necessità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Prima di intervenire, chiedo la presenza del Presidente Ghigo.



PRESIDENTE

Il Presidente Ghigo deve prendere un aereo. E' venuto per partecipare alla prima parte della seduta, ma poi ha dovuto andare a Roma per la Conferenza Stato-Regioni, come tutti i mercoledì e giovedì.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Proprio su questo aspetto, ci rendiamo conto, come assemblea, di avere un torto nostro, perché non siamo riusciti ad iniziare i lavori alle ore 10.30 come programmato per mancanza del numero legale.
Tuttavia, voglio dire al Presidente Ghigo, dalla mia piccola esperienza di parlamentare di sette anni - anche il Presidente Ghigo l'ha avuta - che quando il Presidente di un governo, in un passaggio importante (vedi finanziaria o altri aspetti) fa la relazione, poi resta un certo periodo di tempo ragionevole e normalmente ascolta tutti gli interventi. Questo non lo dico perché ascolti anche il mio intervento o quello di qualcun altro; mi rendo conto che però in questa mia indicazione c'è un buco che è dato dal fatto che abbiamo perso tre quarti d'ora per causa nostra. Ad ogni modo vorrei segnalare al Presidente Ghigo che in futuro, quando farà degli interventi importanti, com'è stato importante quello che ha fatto, sarebbe utile - non voglio usare il termine corretto - che assistesse interamente al dibattito.



PRESIDENTE

La ringrazio. Il Presidente Ghigo resterà fino al tempo limite per poter andare a Roma.
La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Vorrei sottoporre alla riflessione del Presidente e dei colleghi la sequela delle cose dichiarate da Bush prima dell'intervento in Afghanistan e le ripropongo traendole da un intervento di Fidel Castro al popolo cubano.
Ho avuto l'attenzione, giustamente preoccupato per le conseguenze di un conflitto mondiale, di provare a leggere all'interno delle frasi del Presidente degli Stati Uniti d'America e ve le propongo così come le ha dette: "O sono con noi, o sono con il terrorismo"; "Utilizzeremo qualunque arma" (qualunque arma vuol dire mortifera che sia, non importa se nucleare chimica, biologica o altro, questa è l'interpretazione di una frase come questa, quando si usa il termine qualunque arma); "Non sarà un combattimento breve, sarà una guerra prolungata di molti anni, senza paragoni nella storia" (quello che poi è stato sintetizzato come giustizia infinita); "E' la lotta di tutto il mondo, è la lotta della civiltà" (quella che Berlusconi ha forse sintetizzato, in un delirio di onnipotenza come la lotta di una civiltà superiore contro un popolo incivile); "I progressi dei nostri tempi e la speranza di tutti i tempi dipendono da noi"; e poi, utilizzando toni apocalittici: "Non sappiamo quale ruota seguirà questo conflitto, tuttavia conosciamo quale sarà l'esito e sappiamo che Dio non è neutrale".
Bene, Presidente, noi siamo un Gruppo al quale lei probabilmente ha fatto riferimento nel suo intervento, perché siamo un Gruppo politico che ha avuto il coraggio di uscire fuori da quel coro ipocrita che si è levato attorno alle vicende americane. Lo dico qui con molta chiarezza: sin da subito, noi abbiamo espresso la nostra solidarietà, il nostro rispetto e tutto il nostro rincrescimento per il coinvolgimento di migliaia di morti civili, si badi bene, per un atto terroristico di quello stesso terrorismo che in tempi meno sospetti gli stessi governi imperialisti, compresi gli americani, hanno utilizzato, foraggiato e sostenuto, magari contro le lotte di liberazione nazionale.
E' questo il dato dal quale bisogna partire per comprendere la complessità di questa vicenda.
Noi non ci siamo stati da subito, non abbiamo accettato quella logica che lei ha sottinteso anche nel suo intervento: o con gli Stati Uniti d'America o con la civiltà o con il terrorismo. No, noi siamo portatori di una terza via: la coesistenza pacifica fra i popoli, la pace. Quella stessa pace che lei nel suo intervento ha vilipeso, definendo in modo sprezzante le manifestazioni di piazza contro l'intervento in Afghanistan come un pretesto per le forze politiche che intendono distinguersi attorno ad un pacifismo di facciata. Proprio oggi, in questo momento, migliaia di studenti stanno manifestando per le vie della città. Lei sta offendendo un messaggio che arriva dai giovani; contro la guerra, contro le ritorsioni con qualsiasi arma, è possibile un'altra via: è possibile quella della pace e della cooperazione fra i popoli.
Presidente, vorrei aggiungere una cosa, prendendo spunto da una sua affermazione sulla quale il collega Marcenaro ha obiettato. Dopo la guerra in questo Paese, tutti si sono scoperti antifascisti; persino la Chiesa beatifica, oggi, i martiri del nazismo, quando essa stessa fu complice, in un periodo oscuro della sua storia. La Chiesa fu complice ed assente su una tematica come quella dell'avanzata del genocidio contro il popolo ebraico.
Oggi è emerso un lato debole. Certo, le popolazioni civili dell'Occidente, noi popolazione civile dell'Occidente siamo più esposti al rischio terrorismo, e lo siamo per una ragione molto semplice: perch questo è l'effetto di ritorno per gli atti di brigantaggio internazionale di cui si sono resi complici e responsabili i Governi occidentali nelle loro politiche verso il Terzo Mondo e verso la questione araba, verso la mancata soluzione del conflitto palestinese.
Oggi, certo tardivamente, si scopre che forse i palestinesi hanno diritto ad una loro patria; sino all'altro ieri, il Governo degli Stati Uniti d'America sul piano della diplomazia porgeva una mano, ma con l'altra mano armava la nazione israeliana. Questo è il dato sul quale bisogna assolutamente riflettere.
Perché oggi il terrorismo panislamico trova nuovi proseliti nei giovani? Perché oggi siamo in presenza di migliaia di giovani che si votano al martirio? Forse bisogna riflettere sulle pene, sulle sofferenze, sulle devastazioni e i lutti che noi Occidente abbiamo inseguito negli anni - e la storia ne è un esempio lampante - non per favorire lo sviluppo dei popoli, ma per soggiogarli, per appropriarci delle loro risorse, per poter dare risposte al ricco ed opulento Occidente.
Lei, signor Presidente, ha parlato di Kabul e ha detto: "Perché chi oggi va a manifestare ad Assisi non ha il riconoscimento e il diritto di poter manifestare a Kabul?". E perché non ha aggiunto che chi oggi va a manifestare ad Assisi - ci sarà una delegazione della Regione Piemonte non ha diritto a manifestare a Karaci? Ci siamo dimenticati che lì c'è una dittatura? Però oggi è un nostro alleato prezioso. Perché i pacifisti non hanno il diritto di andare a manifestare in Iran o in Turchia (alleato prezioso dell'Occidente) contro il genocidio curdo, rispetto all'indifferenza complessiva del mondo occidentale? Non sono domande retoriche, signor Presidente; sono domande che attendono una risposta e che ci devono far riflettere tutti sul perch oggi, dietro il paravento dell'ONU, si consumano altri crimini. Noi, da sempre, abbiamo invocato il rilancio dell'ONU come l'organismo internazionale preposto alla soluzione dei conflitti locali ed internazionali; oggi, il potere di veto da parte delle grandi potenze e dei governi imperialisti implica anche che si continui con l'embargo all'Iraq dove migliaia di bambini muoiono quotidianamente a causa dell'embargo.
Colleghi, noi una strada da seguire l'abbiamo indicata: contro le politiche interventiste, contro le politiche guerrafondaie, perché di questo si tratta. Voglio citare una frase di Von Clausevitz: "Cos'è la guerra, se non altro che la prosecuzione della pace con altri mezzi?". E quale pace! Come svuotare gli arsenali bellici? Come rilanciare, in una fase di grave recessione economica, l'industria bellica in quei Paesi? Sarà una lunga e prolungata guerra; sarà una lunga e prolungata azione di svuotamento e ricostituzione delle proprie polveriere - per usare un termine obsoleto. Si fanno le guerre e, dopo le guerre, la ricostruzione; e poi, per la ricostruzione, ci sono gli aiuti umanitari. C'è una grande industria che si muove attorno alla guerra! Oggi è possibile ancora, contro il pensiero unico, sollevare una terza via: quella della pace e della cooperazione fra i popoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Presidente e colleghi, ieri, se fossi stato alla Camera, avrei fatto come Rutelli: avrei battuto le mani all'intervento del Presidente del Consiglio, Berlusconi, perché è stato un intervento di grandissimo equilibrio, sicuramente diverso da quello pronunciato qualche settimana fa.
Un intervento di grande equilibrio che ha individuato una modalità di presenza dello Stato italiano nel conflitto internazionale molto articolata, che tiene conto della reale situazione e, giustamente, anche preoccupato dell'evento che stiamo vivendo e delle modalità con cui lo Stato italiano può contribuire.
Devo dire che sono soddisfatto per come si è svolto il dibattito parlamentare, perché sono emerse con chiarezza - e di questo non sono preoccupato - alcune posizioni non sempre coerenti con la tradizione della nostra storia politica, cioè di alleato degli Stati Uniti d'America dell'Alleanza Atlantica. Lo ritengo un fatto positivo di chiarimento: finalmente alcune posizioni sono emerse.
Ma, detto questo, credo che la posizione - così come ha detto l'on.
Berlusconi e lo ripeto - non possa essere di semplificazione o di immaginare che ci sia una superiorità dell'Occidente o dell'Islam. E' chiaro che, guardando la storia dell'Occidente, emergono anche alcune contraddizioni, per la modalità in cui l'Occidente si è posto nei confronti dei Paesi poveri, e tra questi anche l'Afghanistan, il Pakistan o l'Africa.
Sicuramente ci sono delle responsabilità, ma questa vicenda obbliga per forza di cose, ad una scelta di campo preciso. La scelta di campo preciso è quella che potrà forse permettere all'Occidente di guardare ai problemi del mondo, una volta che ci sia una reazione forte e chiara e si ottengano dei risultati nei confronti degli atti terroristici, di guardare ai Paesi poveri del mondo in modo diverso, con le modalità che sono state anche definite. Il Parlamento ha dibattuto e si è soffermato, nelle mozioni che sono state approvate, su interventi non soltanto militari. Si pone quindi anche un problema di rafforzamento delle democrazie nei Paesi mediorientali, e ciò vuol dire guardare in modo diverso da quello con cui si è guardato in questi anni alle vicende del Medio Oriente.
Credo che questo debba essere il contenuto di una posizione unitaria lo dico con una certa serenità: bisogna partire dalle decisioni di ieri del Governo italiano, non tanto dalla relazione del Presidente Ghigo, non perché su un piano completamente diverso, ma perché mi sembra più motivata da esigenze di giudizio su chi ha espresso delle posizioni differenziate.
Essendo questa la posizione, non può essere una posizione che pu permetterci di costruire una posizione comune. Credo che invece occorra partire dalle posizioni chiare espresse ieri dal Governo italiano, dai Ministri intervenuti, dal dibattito e dalle mozioni che sono state approvate.
Credo che quello sia un punto di partenza sul quale il Consiglio pu esprimere una posizione la più possibile condivisa. Bisogna evitare che ci sia la polverizzazione, un'eccessiva differenziazione su questi temi, così come abbiamo fatto in altra occasione all'indomani dell'11 settembre. Oggi si tratta di non ripetere posizioni già espresse, ma di fare un passo avanti in ordine alle modalità con cui il Governo italiano si accinge ad intervenire a fianco dell'Alleanza Atlantica. Le modalità indicate ieri nel dibattito e nelle mozioni approvate, per quanto ci riguarda, sono condivisibili completamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Penso che nel nostro dibattito e nella nostra riflessione ci dobbiamo porre essenzialmente tre domande.
La prima domanda è cosa sta succedendo là, nel teatro delle operazioni di guerra.
La seconda domanda, altrettanto importante per noi, è cosa sta succedendo qui, nel nostro Paese, che reazioni questo intervento suscita nella società politica, nella comunità dei cittadini italiani.
La terza domanda, altrettanto importante, è cosa possiamo fare noi nella convinzione che le istituzioni locali, la Regione, le Province ed i Comuni piemontesi non hanno certo ruolo in un'operazione militare di tipo internazionale, ma hanno sicuramente ruolo nel rafforzare, nel riaffermare una serie di valori e di principi che all'indomani dell'attentato dell'11 settembre hanno appunto ritenuto di affermare con una manifestazione pubblica in Piazza Castello a cui è intervenuto, a nome della Regione Piemonte, il Presidente Ghigo.
Sulla prima questione, su cosa sta succedendo là, la risposta mi pare semplice. Sta succedendo quello che neppure il più ottimista di noi si aspettava, una reazione prudente e moderata dell'amministrazione americana che non è stata accecata dal dolore della disperazione, ma ha innanzitutto intessuto relazioni politiche e diplomatiche per attenuare la portata devastante dell'intervento militare, che ha capovolto l'impostazione classica delle maggioranze repubblicane e dell'Amministrazione Bush nel periodo della campagna elettorale, cioè ha capovolto l'impostazione sostanzialmente isolazionista di quella maggioranza e si è ritrovata, anche suo malgrado, impegnata nuovamente su di uno scacchiere internazionale, che ha accelerato in maniera inusitata, come neanche l'amministrazione Clinton era riuscita a fare, il processo di pace mediorientale.
I problemi con Israele sono i problemi che derivano da questa accelerazione. L'amministrazione Bush ha ritenuto di porre, nei confronti del governo talebano dell'Afghanistan, innanzitutto un ultimatum in termini politici, nei termini di "estradizione o attacco militare", e solamente alla scadere di questo ultimatum ha dato corso all'operazione militare.
Tutto si può dire dell'operazione militare americana fuorché sia una reazione cieca, disperata, miope in termini di strategia politica internazionale. E' chiaro che questa strategia pone dei problemi. A nessuno di noi fa probabilmente piacere vedere che il Pakistan di Musharraf è di fatto l'attore principale di questa vicenda; a nessuno di noi probabilmente fa piacere vedere che la coalizione antiterroristica internazionale rafforza il ruolo della Russia e rafforza anche il ruolo della Russia nella repressione in Cecenia, rafforza indirettamente il ruolo della Cina, pur indebolendo pesantemente, grazie al ruolo attribuito al Pakistan, il ruolo dell'India, che è l'unica, nonché la più grande, democrazia del mondo, ma l'unica vera democrazia di quello scacchiere internazionale. Però, in questo quadro molto difficile da decifrare, molto complesso nelle sue articolazioni, almeno questo giudizio lo possiamo dare: questo non è un attacco indiscriminato, è non solo nelle sue articolazioni militari un attacco mirato, ma è anche strategicamente configurato in termini politici che lo rendono innanzitutto una grande operazione politica internazionale.
Cosa sta succedendo qui? Questa è la seconda domanda. Sta succedendo che questa è diventata l'ennesima occasione e l'ennesimo pretesto per una campagna che non è pacifista, non è non violenta, non è filoaraba o filoislamica, ma è banalmente antiamericana, secondo la migliore, anzi, la peggiore tradizione italiana, tradizione che attraversa non solo la cultura comunista, ma il peggio della cultura politica che il nostro Paese, nel corso dell'ultimo secolo e mezzo, è riuscito ad esprimere. Lo ricordava con grande proprietà, qualche giorno fa, uno storico insigne, Giorgio Rumi, sul "Corriere della Sera", spiegando come il sentimento antiamericano italiano sommi la reazione antimoderna e antimodernista di una parte consistente della tradizione cattolica italiana alle reazioni di quei due tentativi straordinari, anche dal punto di vista storico, di modernizzazione antidemocratica e antiliberale che sono stati nel nostro Paese il fascismo e il comunismo. L'ideologia antiamericana, nel nostro Paese, si nutre di questi tre filoni, e di questi tre filoni si nutre, in questo momento anche la reazione violentissima (in termini dialettici) che l'intervento militare americano sta suscitando. In realtà, non sta succedendo niente di nuovo: quelli che oggi manifestano nei confronti degli Stati Uniti d'America per il loro attacco al mondo arabo o islamico sono gli stessi che manifestavano contro gli Stati Uniti d'America quando l'intervento statunitense ha liberato e salvato i musulmani kossovari o bosniaci, sono gli stessi che manifestavano contro gli Stati Uniti d'America dopo l'aggressione dell'Iraq al Kuwait, sono gli stessi che protestano ogniqualvolta intervengono gli Stati Uniti d'America.
In questi anni si sta consumando, dopo quello bosniaco e quello kossovaro, un terzo genocidio musulmano di dimensioni ciclopiche: negli ultimi tre anni 150.000 cittadini ceceni sono stati ammazzati e bombardati dal governo russo contro il governo legittimo dello Stato ceceno. Non uno solo dei protagonisti di queste manifestazioni di piazza ha ritenuto, nel corso degli ultimi quattro anni, di dover manifestare la propria solidarietà politica ed umana ad un popolo letteralmente annientato e che in questa fase, rischia ancora di più di essere annientato per il legame indiretto ed inevitabile che la Russia ha, con un ruolo inevitabilmente positivo in questa operazione di polizia internazionale.
Su questo, almeno, ha ragione il Presidente Ghigo: noi non ci misuriamo con un fronte pacifista coerente ed intransigente, magari con posizioni sbagliate, con posizioni eccepibili, con posizioni non condivisibili; noi ci misuriamo con un partito banalmente antiamericano, che ritiene di dover essere antiamericano in ogni occasione l'attività politica degli Stati Uniti d'America si eserciti, a maggior ragione nel momento in cui essi danno corso ad interventi militari di polizia internazionale.
Cosa possiamo fare noi? Questa è la terza domanda. Per rispondere a questa domanda, bisogna mettersi d'accordo sui termini. Ritengo che l'enfatizzazione del valore dell'unità, in questa fase, unità che è possibile solo per mediazioni e riduzioni successive, fino a portare la posizione rappresentata ad essere nulla, o poco più di nulla, non sia un valore da sostenere e da promuovere in questa fase.
Non bisogna essere uniti, bisogna essere netti e bisogna essere chiari.
Bisogna che le istituzioni piemontesi, la Regione, i Comuni e le Province dicano, a distanza di qualche settimana dall'attentato terroristico, le stesse parole che ritenevano di dover dire dopo l'attentato negli Stati Uniti d'America dell'11 settembre.
Mi sono francamente stupito della reazione del Sindaco di Torino e della Presidente della Provincia di Torino alla proposta che i Radicali hanno avanzato, che il Presidente Ghigo ha recepito. Non vedo niente di straordinario nel ritenere che le stesse Amministrazioni che - e lo dico sloganisticamente - l'11 settembre in Piazza Castello dicevano che siamo tutti americani perché siamo innanzitutto a favore di quei principi, di quei valori di democrazia e di civiltà che gli Stati Uniti rappresentano, e per cui gli Stati Uniti sono colpiti, ripetano le stesse cose in queste ore ed in questi giorni, dopo un voto parlamentare che ha visto l'80% o il 90 delle forze politiche italiane condividere la posizione e dare mandato chiaro ed esplicito al Governo, in larga parte trasversale, fra maggioranza ed opposizione.
Concludo l'intervento dicendo che questo impegno lo voglio riproporre al Presidente Ghigo. Lo abbiamo fatto dopo l'attentato terroristico dobbiamo farlo, a maggior ragione, oggi. Se ordine del giorno deve essere approvato questo non può essere elusivo, questo non può semplicemente ricordare i valori, i principi, gli impegni o tentare, penosamente, di mediare fra posizioni inconciliabili, ma deve riaffermare un impegno in cui la nostra Regione deve farsi protagonista e chiamare ad un protagonismo politico, internazionale, tutta la comunità piemontese e tutte le istituzioni piemontesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Svolgo delle considerazioni partendo dalla relazione del Presidente Ghigo e non riconoscendomi in quelle parole.
Mi riallaccio al discorso fatto dal Presidente in merito ad avere memoria. Noi memoria ne abbiamo. La forza politica che rappresento da anni non ha avuto dubbi nel condannare il regime afgano ed essere contro i talebani.
Cito un episodio banale. Abbiamo organizzato la festa del nostro Partito a fine agosto - inizio settembre, e, tra i vari stand ve ne era uno sulle donne afgane e sulla resistenza afgana.
Sottolineo, quindi, che del problema non ce ne siamo accorti il 12 settembre; così come ci accorgiamo oggi che in Paesi, protetti da basi americane, le donne hanno gli stessi diritti che hanno in Afghanistan: penso ai Paesi della penisola arabica dove c'è questa situazione e dove non ho sentito condanne. Noi, rispetto a quel tipo di politica, a quel tipo di terrorismo, siamo sempre stati molto chiari: siamo sempre stati contro.
Non abbiamo avuto alcuna ambiguità nell'essere contro, a maggior ragione lo siamo dopo l'11 settembre. Condanniamo quanto è avvenuto condanniamo l'atto terrificante contro il popolo degli Stati Uniti, dico "popolo degli Stati Uniti", perché mi dà fastidio che si parli del popolo americano, dimenticando che un continente è costituito da tanti popoli, di cui uno di questi è il popolo degli Stati Uniti, ma ci sono anche i brasiliani, i messicani, ecc.
Ripeto, abbiamo condannato quell'atto e abbiamo colto tutta la pericolosità. Abbiamo intuito che quell'atto avrebbe scatenato delle tendenze, delle tentazioni altrettanto pericolose che potevano portare a quello che stiamo drammaticamente vedendo in questi giorni, cioè ad una guerra.
Abbiamo temuto un fondamentalismo da combattere, senza la minima ambiguità, proprio per le politiche che conduce. Noi non abbiamo mai avuto ambiguità rispetto ai massacri avvenuti in Algeria da parte di determinate forze, però ci siamo resi conto che dietro quell'atto si potevano scatenare delle azioni pericolose, anche per i processi geopolitici, per la pace in questo mondo ed iniziare un'avventura molto pericolosa, anche per politiche concrete, politiche all'interno dei vari Stati.
Sono preoccupato che dopo l'11 settembre si cominci a dire che dobbiamo essere meno liberi, che bisogna limitare i diritti dei cittadini, che bisogna stare più attenti: non ci sto; non ci sto a dare più potere alla CIA e ai servizi segreti che sono stati incapaci di fermare i terroristi che conoscevano, che erano loro amici e a limitare i nostri diritti.
Non ci sto; però questo sta avvenendo.
Sono molto preoccupato dalle politiche introdotte. Inoltre, temo che la guerra scatenata non porti da alcuna parte. Temo che Bush abbia drammaticamente ragione quando parla di "un'operazione infinita" o comunque di una guerra di lunga durata, perché questa guerra, per il modo in cui viene fatta, forse creerà un po' meno vittime di quelle che si temeva bisognerà fare i conti fra un po' di tempo.
Non è un'operazione chirurgica catturare un terrorista. Alcuni dirigenti americani dicono che altri Stati saranno colpiti. Ma sulla base di cosa? Perché altri Stati devono essere colpiti? Cos'è questa logica che là, dove ci sono presunte basi di terroristi, bisogna andare a colpire! Anche negli Stati Uniti vi erano presunte basi terroristiche, come abbiamo sentito. Potrebbero essercene nel nostro Paese: ci devono bombardare perch ci potrebbe essere una base terroristica? Credo di no. Si parla di Governi che proteggono i terroristi. Ma chi lo decide? Lo decidono gli Stati Uniti? In questo modo, rischiamo una situazione di guerra che non solo non ottiene effetti, ma rischia, proprio per il modo in cui viene fatta, di determinare un clima di tensione, delle reazioni ancora più forti. Anche se non ha alcun rapporto l'atto terroristico con la situazione di povertà e di umiliazione che vive gran parte del nostro pianeta, indubbiamente quel terrorismo cerca di sfruttarlo.
Voglio essere preciso. Ritengo che coloro che hanno compiuto quelle operazioni non abbiano nulla a che fare con i popoli oppressi, con i popoli che vivono determinate situazioni, mi sembra molto più attinente a rapporti tra classi dirigenti e scontri tra classi dirigenti che cercano di sfruttare l'episodio a loro favore, cercano di portare dalla loro parte quel tipo di tensioni.
Se queste masse vedono che molti Paesi vengono colpiti, umiliati e muoiono molte vittime innocenti, indubbiamente le tensioni non caleranno ma si continuerà una guerra infinita e un'operazione di polizia internazionale infinita.
Non abbiamo avuto incertezze nel condannare il terrorismo, oggi noi continuiamo questa politica e la guerra che viene fatta. A maggior ragione perché teniamo l'allargamento. Se si vuole combattere il terrorismo dobbiamo affidarci all'ONU, il quale deve coordinare ed organizzare eventuali operazioni di intervento di polizia. Bisognerebbe cambiare le politiche di fondo, non per una politica di guerra di lunga durata, ma per una politica di pace di lunga durata. Non si risolverà con la bacchetta magica, ci vorranno anni ed anni prima di arrivare ad una soluzione migliore di quella di adesso.
Si deve perseguire una politica che tenta di ridurre i conflitti e sanare le cause che stanno all'origine dei conflitti e tentare di creare una politica, nei confronti del Terzo Mondo, diversa da quella che c'è oggi. Gli interessi sono rivolti verso una determinata area solo perché lì ci sono materie prime, petrolio, ecc., mentre in altre parti del Terzo Mondo, come in Africa, può succedere di tutto.
Solo se si cambia la politica e si comincia a pensare che nel mondo bisogna intervenire per sanare questa situazione e bisogna spendere migliaia di miliardi non per la guerra, ma per politiche di pace, solo così si potrà ottenere un pianeta migliore.
Non siamo, come ha detto il Presidente nel suo intervento, una sorta di "stupidi pacifisti". Penso che una parte del popolo italiano, e non solo rifletta in modo diverso. Lo vedremo tra qualche giorno alla marcia per la pace di Assisi dove la questione sarà più evidente.
Apprezzo che in questo periodo il Vaticano e gran parte del mondo cattolico (perlomeno nelle sue espressioni organizzate) si sia fatto portavoce di una politica di pace e non accetti una logica di riduzione del danno, quindi di tollerare determinati conflitti. Noi ci troviamo in compagnia di queste forze che rappresentano una parte consistente, e non isolata, della popolazione italiana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valvo.



VALVO Cesare

Vorrei dare un taglio diverso al contenuto del mio intervento sui fatti di cui stiamo discutendo. Mi preme sgombrare il campo da possibili dubbi che possono essere insorti nell'opinione pubblica, in particolar modo nell'opinione pubblica di centrodestra, sulla compattezza di Alleanza Nazionale e sulla compattezza delle forze che fanno capo alla Casa delle Libertà sul diritto sacrosanto degli Stati Uniti di cercare giustizia e fare giustizia.
Mi riferisco ad alcuni articoli apparsi sugli organi di stampa nei giorni scorsi, in particolare ad un articolo di Marcello Fo su "Il Giornale", sull'esistenza di un presunto "partito del dubbio" al quale aderirebbero, in modo trasversale, esponenti di tutti i partiti.
Francamente, non vedo a destra, soprattutto nel nostro partito, alcun dubbio sulla necessità di colpire, una volta accertati, i terroristi e i loro complici. Nessuno a destra - di questo potete stare tranquilli - si è iscritto al movimento ipocrita dei pacifisti: chi ha ucciso migliaia di innocenti deve pagare; chi ha provocato oltre 6.000 morti deve pagare, chi ha causato 10.000 orfani deve pagare.
Detto questo, vogliamo tuttavia aggiungere che non ci piace la guerra contro lembi di territorio, contro blocchi religiosi, contro bersagli simbolici né, tanto meno, contro popolazioni inermi. La preoccupazione non è campata in aria: in Serbia le bombe intelligenti colpirono bersagli innocenti, in Iraq dovevano liberare la popolazione ed abbattere il tiranno, invece, come tutti sappiamo, Saddam Hussein è ancora lì e migliaia di popolazioni civili ne hanno fatto le spese.
Non ci piace un certo antiamericanismo ideologico della sinistra, ma ci piace, anzi, proviamo, caro Consigliere Galasso, un sentimento quasi di invidia per la reazione fiera ed orgogliosa per il patriottismo del popolo americano. Sentimento patriottico che negli ultimi tempi abbiamo visto piuttosto affievolito nella nostra Italia.
Non ci piace l'indifferenza dell'America verso il resto del mondo quando si verificano situazioni come quella del Cermis. Tuttavia esprimiamo piena solidarietà e pieno appoggio, come Alleanza Nazionale unitamente alle altre forze della Casa delle Libertà, all'azione che gli Stati Uniti stanno conducendo.
Dobbiamo però pensare ad una diversa politica estera dei Paesi sviluppati nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo. Il fenomeno della globalizzazione può fare la sua parte, ma, alla globalizzazione dei mercati, deve corrispondere una globalizzazione dei diritti sociali: l'affermazione delle istituzioni democratiche, della conoscenza, il trasferimento del "know how", della formazione, per mettere questi Paesi nella condizione essi stessi di poter provvedere al loro sviluppo.
Il fenomeno dell'immigrazione troverebbe in questo contesto certamente una soluzione. L'Europa occidentale non può continuare con la vecchia politica che ci ha visto trattare i problemi del Terzo Mondo secondo la logica della convenienza, del meno peggio, privilegiando questa o quella comunità tribale, questo o quel Governo a seconda delle circostanze o delle convenienze. E' di qualche giorno fa la notizia che l'Iran minaccia di abbattere gli aerei USA che violeranno il suo spazio aereo e, allo stesso tempo, dà via libera alla guerra contro Bin Laden in cambio del beneplacito per l'acquisto di armamenti russi per 300 milioni di dollari (la firma dall'accordo militare è stata annunciata dal Ministro della Difesa russo).
Devono cessare gli atteggiamenti ipocriti della sinistra occidentale qui concordo con Mario Baldassarri quando considera che il debito dei Paesi poveri sia il frutto di una grande ipocrisia. La legge approvata dal Senato il 13 luglio 2000, sulle misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati, è un atto dovuto, ma una briciola. Dietro questo atto, sul quale noi di Alleanza Nazionale siamo pienamente d'accordo e siamo convinti, si nasconde la falsa coscienza. La realtà è che non si è fatto nulla. Si deve almeno avere l'onestà e la consapevolezza che, cancellando quelle poche migliaia di miliardi di debito, non si è fatto assolutamente nulla (checché dicano i vari Casarini Agnoletto e compagnia bella della sinistra).
Se questa è la realtà, va bene rimettere il debito, ma cancellarlo resta una voce nel mare. Si è solo fatto quello che stava scritto sui libri contabili, finalmente si è fatto quello che qualunque sana impresa fa: iscrivere i crediti inesigibili come perdita.
Concludendo, desidero sottolineare che, mentre la globalizzazione economica e finanziaria, finanche umana nel senso della cultura delle razze, ha fatto passi avanti, le istituzioni mondiali sono ferme a cinquant'anni fa.
Sul piano internazionale l'Italia dovrebbe avere un ruolo di stimolo un ruolo guida; l'Europa dovrebbe finalmente assumere il ruolo che le compete nello scenario mondiale autonomo e non subalterno agli Stati Uniti.
Purtroppo, però, esiste un peccato veniale di questa Europa. Un'Europa per lungo tempo governata dal centrosinistra, che si è occupata solo ed esclusivamente di quote latte e di prezzo dei cereali.
Sovvengo, caro Consigliere Galasso, alle parole di un autorevole esponente del vecchio Movimento Sociale Italiano, parlamentare europeo - mi riferisco al compianto on. Franco Petronio - il quale sosteneva che la destra è Europa, che la destra è per l'Europa, ma non per un'Europa di mercato e di mercanti, come quella che è stata costruita, ma un'Europa delle Nazioni, un'Europa dei popoli. Se non saremo in grado di costruire questa Europa, di modificare questa Europa di mercato e di mercanti, faremo poca strada nella lotta contro il terrorismo. Lotta che deve essere al primo posto nell'agenda politica; Europa che dovremo costruire perché ne va del futuro nostro e di quello dei nostri figli. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie e lei, Consigliere Valvo.
La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Come è emerso anche nella discussione parlamentare di ieri, sia alla Camera che al Senato della Repubblica, è sufficientemente chiara una valutazione della situazione e l'assunzione di una posizione netta e di conseguente responsabilità.
Non voglio ripercorrere la cronaca delle vicende di questa settimana penso che quanto è capitato l'11 settembre abbia proposto a tutti un nuovo scenario con il quale confrontarsi, uno scenario nel quale emerge l'impossibilità di una lotta per la pace che non sia anche e contemporaneamente, come efficacia, lotta contro il terrorismo. Al tempo stesso, penso all'impossibilità di una lotta contro il terrorismo che non assuma il respiro e l'orizzonte della pace, della sua ricerca come grande tema ispiratore di una nuova politica internazionale e di una nuova ricerca di rapporti fra gli Stati.
Ritengo non possa essere ragionevolmente sostenuto che le persone, le organizzazioni e le forze responsabili direttamente o protettrici di attacchi come quello avvenuto l'11 settembre negli Stati Uniti, possano restare impunite e non debbano essere perseguite. Sappiamo che perseguire queste forze richiede un'operazione di polizia internazionale, che comporta anche il ricorso ad azioni militari. Questo è quanto è avvenuto.
Questa volta - e concordo con il collega Palma - è avvenuto con un'Amministrazione americana che ha dato prova di un notevole grado di prudenza, attraverso un processo di decisione che ha coinvolto non solo la NATO, ma le Nazioni Unite, con due distinte risoluzioni delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che hanno affermato la necessità di colpire il terrorismo, hanno chiesto al Governo illegittimo dell'Afghanistan la consegna di Bin Laden e, infine, hanno dichiarato, in sede di Nazioni Unite, la legittimità dell'azione americana.
Non si può invocare il ruolo delle Nazioni Unite ed ignorarlo quando queste si pronunciano. Pertanto, riconoscere la legittimità di questo intervento costituisce un elemento che corrisponde alla dinamica degli avvenimenti e alla necessità che i Paesi assumano le proprie responsabilità.
Il Presidente Ghigo ed il Consigliere Palma hanno detto una frase che anch'io ho sentito il dovere di pronunciare dopo gli avvenimenti dell'11 settembre: "Siamo tutti americani". Vorrei ricordare che quella frase ha un senso - per me, almeno - anche perché essere tutti americani vuol dire essere cittadini liberi di esprimere il proprio giudizio, vuol dire essere cittadini liberi di esprimere una critica al proprio Governo, vuol dire essere cittadini in grado di intervenire sulle vicende della politica internazionale, cercando di individuare le condizioni affinché la lotta al terrorismo, come parte essenziale della lotta per la pace, possa avere efficacia. Questo richiede un nuovo respiro e nuove decisioni, che comportano anche una revisione ed un cambiamento delle scelte che in passato sono state fatte.
Una lotta contro il terrorismo non avrà efficacia se non avrà il carattere dell'universalità, se cioè non varrà sempre ed in ogni caso e non semplicemente quando è più conveniente, se non comporterà una rinuncia permanente all'utilizzazione di questo strumento come strumento per intervenire nei conflitti.
Sappiamo che in passato non è stato così. Una lotta contro il terrorismo non avrà efficacia se non sarà la costruzione di nuovi elementi di passi in avanti nella costituzione di un diritto internazionale basato sui diritti umani, valido per tutti, che garantisca, ad esempio, che Milosevic sia portato davanti alla giustizia, così come possano essere portati davanti alla giustizia tutti coloro che hanno avuto pari responsabilità in quella questione. Non deve valere, pertanto, un criterio unilaterale, e soprattutto dovrà essere un criterio che inquadri questa battaglia di grande respiro all'interno di un mutamento dei rapporti con i popoli del resto del mondo, in particolare un nuovo rapporto con le forze moderate dei Paesi Arabi.
Chi non vede che oggi gli attentati e le azioni del terrorismo internazionale sono rivolti contro gli americani, ma in primo luogo contro le forze moderate del mondo arabo e musulmano, in primo luogo contro Arafat, leader del popolo palestinese, Presidente dell'autorità nazionale palestinese? Chi non vede che oggi Arafat è uno dei principali obiettivi di questo rilancio integralistico e di un gioco che punta a mettere fuori campo tutte le forze moderate, tutte le forze che ricercano la pace, per dare respiro agli estremismi che sono collocati nel mondo su varie posizioni, anche in Palestina? Anche riguardo a quel conflitto, si è collocati su diverse posizioni! Penso che questo significhi assumersi il proprio ruolo per una forza di avocazione politica nella lotta per la pace.
Penso che questa sia la posizione dalla quale un Paese come l'Italia, e all'interno di un Paese come l'Italia, una forza come la nostra possa esercitare una lotta efficace per la pace, che fuori da questo contesto, al contrario, si carica di un elemento che considero di declino delle proprie responsabilità.
Per questo motivo, ieri abbiamo presentato un documento e abbiamo cercato nella discussione parlamentare una convergenza, nelle forme in cui questa era resa possibile dal fatto che avevamo come interlocutore un Governo, che ieri ha pronunciato parole che abbiamo giudicato ispirate al senso dell'equilibrio e della rappresentanza nazionale, ma che nelle settimane scorse, con le scelte ed i pronunciamenti dei quali era stato protagonista, aveva rischiato di compromettere la credibilità del Paese.
Il Presidente Ghigo ha citato un articolo di Barbara Spinelli. Prego il Presidente Ghigo di andare a leggere quello che Barbara Spinelli ha scritto sul discredito che l'azione del Presidente del Consiglio ha comportato.
Barbara Spinelli ha scritto, nelle settimane scorse, sul Governo italiano e sul prestigio del Paese da questo punto di vista.
La convergenza che è stata cercata era possibile in quelle forme ed è stata trovata. Considero, questo, un fatto importante e sono stupito che il Presidente Ghigo abbia scelto oggi, in quest'aula, una linea diversa.
Invece di cercare - come sarebbe stato giusto - non dico un documento unitario, non è questo il punto essenziale, ma almeno un dibattito che registrasse una convergenza reale di posizione, laddove questa c'è, il Presidente si è lanciato in una specie di invettiva che, tra l'altro prescinde da qualsiasi valutazione delle cose che non sono state capite.
Come potete non pensare che, per una forza che è la storia e la tradizione che noi abbiamo, si possa ascoltare il fatto che la sinistra italiana testo che potete leggere, negli anni '70 ha seguito lo slogan "Né con le BR né con il terrorismo"? La sinistra italiana, che della lotta al terrorismo è stata protagonista, la cui storia è stata segnata dalle proprie vittime del terrorismo. Come si fa - mi chiedo - a pronunciare una frase del genere e a non sentire che in questo modo si manca di rispetto? Come si fa a polemizzare - qualcuno l'ha giustamente detto in quest'aula - su una manifestazione come quella della marcia Perugia-Assisi, alla quale questo Consiglio regionale all'unanimità ha deciso di aderire e di partecipare? E aggiungo, come si fa - lo dico anche al Consigliere Palma - a non avere il senso delle proporzioni? Guardate che essere americani vuol dire essere un Paese in cui esistono anche delle minoranze che, su una serie di questioni manifestano posizioni come quella che abbiamo visto sfilare per le strade nei giorni scorsi. Non ne condivido una briciola, penso che sia una tragedia vedere oggi delle persone che in questa situazione bruciano bandiere americane per le strade italiane. Ma questo è quello che capita normalmente in un Paese libero, dove, di fronte ad episodi e a fatti di questa natura, per tante implicazioni e nel quale entrano in gioco naturalmente tanti tipi di motivazioni, non tutte direttamente riportabili diciamo così, alla filiera delle decisioni politiche, si manifestano tendenze diverse.
Penso veramente che un segno di intolleranza e di non comprensione verso questo tipo di esperienza sia veramente uno sbaglio. Questo non mi sottrae dal dovere della polemica politica, ma una cosa è il dovere della polemica politica, altra cosa è non comprendere queste tensioni. E' per questo, ripeto, che potevamo fare in quest'aula - almeno questa è la mia opinione - una discussione migliore. Il Presidente Ghigo avrebbe potuto contribuire ad una discussione migliore. Ho trovato l'intervento da lui svolto un intervento che non ha saputo, su un tema così importante, mettere da parte l'interesse di una piccola e, secondo me, pretestuosa polemica di parte, per provare a proporre un livello nel quale l'istituzione regionale nel suo insieme, potesse affrontare in altro modo questo così importante dibattito.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Marcenaro.
Colleghi, ho fatto una valutazione sui tempi e, visto che avevamo già fissato la Conferenza dei Capigruppo, vi chiedo di completare tutte le richieste di iscrizione ad intervenire.
Al momento, ho la richiesta del Consigliere Galasso, che peraltro mi aveva pregato di poter parlare nella mattinata, e dei Consiglieri Tapparo Chiezzi, Moriconi, Brigandì, Manica e Cattaneo.
Se completiamo le richieste, darei la parola al Consigliere Galasso per poi convocare la Conferenza dei Capigruppo, riprendendo successivamente con gli interventi nel pomeriggio e con le successive dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno.
Prego, Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio

Signor Presidente del Consiglio, il Gruppo di Alleanza Nazionale è ovviamente, in piena sintonia con le posizioni del Governo.
Vorrei fare qualche breve considerazione. Viene ribadita, da tutti coloro che prendono le distanze dalle posizioni governative, la condanna dell'atto terroristico. Mi chiedo: si poteva non condannare? Questo entrare tutti nel gruppo di coloro che condannano, come se fosse un lavacro, mi pare un'esagerazione, inaccettabile quindi sotto il profilo logico e politico. Ma andiamo un po' per ordine.
Voglio affrontare tutti gli aspetti, perché in definitiva cosa si dice? Stiamo attenti, perché è vero che quello è un atto criminale, ma rispondere potrebbe far sfociare ugualmente in atti criminali. Questa è un'equazione inaccettabile da respingere sotto il profilo politico, sotto il profilo storico e, direi, anche sotto il profilo morale e giuridico.
L'atto dell'11 settembre non è un atto dimostrativo, non è, cioè, un atto che si è bruciato su se stesso: è un atto che ha avuto degli antecedenti, ma soprattutto è un atto che veniva annunciato come momento di ulteriore aggressione. Lo si è capito prima. Si è offerto il riscontro successivamente, tant'è che Bin Laden aveva preparato la videocassetta prima ancora della reazione americana. E, quindi, se questo atto non vuole essere l'ultimo, non si può rispondere ad una serie di atti terroristici imponenti, che hanno una manifestazione che va al di là dell'atto terroristico e, quindi, non sul terreno squisitamente giudiziario si pu rispondere. Che significa? E' un alibi quello di parlare di un'operazione di polizia internazionale di fronte ad un atto di questa dimensione, così collocato nel contesto e nel tempo e lanciato nel futuro.
Allora, la reazione è una reazione retributiva, ma è soprattutto, e si pone, come una reazione che è preventiva. Ed è su questo che ha trovato la solidarietà di tutti, da Putin ad Arafat e nel Parlamento italiano dai DS seppure con i turbamenti che abbiamo letto su "La Stampa". Questo è il problema e questo è il modo corretto di porci.
Poi, scendendo più in un'analisi su quella che può essere la questione direi morale di questa vicenda, la dottrina morale ha elaborato il principio del doppio effetto, ma questo già dal Medioevo. Per certi aspetti la si coglie già in Tucidide, ma viene ripresa in un bellissimo volume "Guerre ingiuste e giuste" di Michael Walzer, che ripropone, in modo molto critico, in modo approfondito e serio, questo tema, e si pone, quindi, il problema del doppio effetto: cioè io vado a colpire chi ha provocato un male, quindi è un'azione morale, e mi debbo porre il problema del secondo effetto di questa mia azione. Se questa azione ha una natura preventiva diventa giustificata e difendibile sul piano del diritto e sul piano della morale.
Debbo dire, con il Consigliere Palma, che sono stupito che la Presidente Bresso e il Sindaco Chiamparino non abbiano raccolto l'invito del Presidente Ghigo, che ha recepito la proposta del collega Palma per una manifestazione unitaria istituzionale.
Debbo dire che sono stupito, anche se capisco le problematiche, e voglio così entrare anche in dialogo con il Consigliere Marcenaro.
Il Presidente Ghigo in definitiva ha - ritengo - mutuato, comunque vi è sintonia concettuale, l'articolo di Luigi La Spina di oggi su "La Stampa".
Ma se ha mutuato questo concetto da un giornalista, il giudizio e la valutazione sono ancor più significativi, perché vuol dire che si muove su un terreno di analisi e di giudizio di serenità e non di parte.
Il "no" dei Verdi e dei Comunisti, le divisioni all'interno dei DS, i dubbi persino nella Margherita costituiscono - lo aggiungo io - un duro colpo, riprende La Spina, alla credibilità del centrosinistra. Siccome vogliamo svolgere un lavoro serio sotto il profilo del confronto, noi abbiamo anche questo tipo di preoccupazione, perché riteniamo che l'istituzione tanto più guadagna favori, tanto più guadagna le capacità di educare una comunità, quanto più è in grado di esprimersi unitariamente sui valori che dovrebbero essere unanimemente condivisi. Questa è la nostra preoccupazione.
Sempre La Spina ricorda come certi distinguo siano perniciosi, perch dice ancora una volta come, per il terrorismo BR degli anni '70, una parte della sinistra italiana scelse la terza via: una sciagurata seduzione condivido. Dice Marcenaro: come non prenderne atto? Noi prendiamo atto, io prendo atto degli sforzi seri fatti su questo punto, ma debbo ricordare storicamente che questi sforzi partono dalla primavera del '74 e comunque vi è stato un momento, un periodo di equivoci che non sono certamente stati fecondi per noi.
Ricorda ancora La Spina che, all'epoca, la terza via la si ricercava con lo slogan "né con lo Stato né con le BR". E questo è vero.
MANICA (fuori microfono) E' un falso storico.



GALASSO Ennio

E' dal '74 che avete operato così, mentre il movimento parte dal '68 con alcuni segnali dal '67, quindi non è un falso storico. Però, vi ripeto apprezziamo e prendiamo atto degli sforzi fatti.
Se poi vogliamo fare un dibattito, lo possiamo fare a 360 gradi su tutti i fronti. Ho sentito molte affermazioni che non condivido, ma non vado a cogliere quelle più significative, quelle che soprattutto oggi hanno e possono avere rilievo.
Mi avvio a conclusione. Perché segnalo questo? Perché sollecito una riflessione che deve essere più puntuale, più seria, più aderente.
Nella mozione presentata dai DS i riferimenti, su cui bisognerà discutere, bisognerà approfondire...



(Commenti fuori microfono della Consigliera Manica)



GALASSO Ennio

Questi nervosismi non li capisco! Se pensate di provocarmi, vi dico che vi sbagliate perché sono sempre molto tranquillo.
Il fatto che gli altri si siano astenuti non vuol dire niente, tant'è vero che sto dicendo che quello... Ecco perché il nervosismo non vi fa capire dove il discorso e la riflessione portano, se sto facendo tutta una serie di apprezzamenti. Però dico - e questa può essere la giustificazione dell'astensione - che quando insinuate nella mozione i riferimenti allo Stato d'Israele, all'Iraq, a Kyoto con queste argomentazioni, vi rispondo non con una mia considerazione. Ecco perché vi costringo a riflettere, con una riflessione che fa Panza, che certamente non ha motivi di contiguità con noi, seppur riprendendo il pensiero di Schlesinger. E' per questo che penso che il loro odio esisterebbe anche se non fosse aperta la piaga d'Israele.
Perché richiamo questo? Perché voglio dire - e mi rivolgo soprattutto a chi ha professato un antiamericanismo tenace, mi rivolgo soprattutto a loro che bisogna smetterla di trovare sempre un motivo a monte, come si soleva dire, scatenante, perché costituisce a volte soltanto il pretesto per giustificare ciò che attualmente non è giustificabile.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Galasso.
I nostri lavori terminano qui.
E' convocata la Conferenza dei Capigruppo in Sala A.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.09)



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