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Dettaglio seduta n.123 del 18/09/01 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 29 giugno, 3, 10, 12 e 17 luglio 2001 si intendono approvati.


Argomento: Presidi socio-assistenziali pubblici e privati

Interpellanza n. 745 del Consigliere Chiezzi inerente a "Strutture socio assistenziali destinate a persone disabili"


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 745, presentata dal Consigliere Chiezzi.
Risponde l'Assessore Cotto.



COTTO Mariangela, Assessore alle politiche sociali e della famiglia

La DGR n. 34-23400 del 9/12/1997, attuativa della L.R. n. 43/97 individua tipologie di presidi residenziali e semiresidenziali destinati alle persone disabili e ne definisce, tra l'altro, la capacità ricettiva.
Al riguardo, l'allegato 1 al provvedimento sviluppa le formulazioni contenute nell'art. 2 della legge e, attraverso il modello D, lettere a) b), c), prevede che tali presidi siano strutturati per aree funzionali derivandone parzialmente la configurazione e i requisiti dimensionali dagli standard dettati per le RAF dalla DGR 29/6/1992 n. 38-16335.
Espressamente si prevedono: a) centri diurni socio terapeutici educativi dimensionati per 10 o 20 utenti (RAF diurna) b) centri diurni socio terapeutici educativi da 20 utenti (RAF diurna) con un nucleo di 10 posti letto di residenzialità notturna (RAF notturna) c) residenze assistenziali flessibili (RAF) dimensionate per 10 o 20 posti letto d) gruppi appartamento con capacità massima di 6 posti letto.
Come si può notare, la soluzione costruttiva adottata è in linea con il modello organizzativo-funzionale dei nuclei residenziali definito dalla normativa statale (DPCM 22/12/1989) e regionale (DD.G.R. n. 38/92 e n.
41/95).
Ne consegue che gli operatori e i beneficiari della contribuzione regionale, qualora ammessi ai finanziamenti di cui alla L.R. n. 43/97 possono realizzare presidi da 10 o da 20 posti, optando per una delle due soluzioni, fermo restando che la capacità ricettiva massima non pu superare le 20 unità, anche nel caso di cui alla precedente lettera b), in quanto l'ospitalità notturna può essere consentita ad un massimo di 10 utenti del centro diurno o meno.
Per quanto riguarda gli interventi ex L.R. n. 43/97, gli ammessi a contributo risultano essere n. 51, di cui n. 17 riferiti a RAF e n. 34 riferiti a Centri Diurni.
Relativamente alla capacità ricettiva delle strutture, sulla quale alcune associazioni hanno richiesto una limitazione numerica, si precisa che tale fattore è stato ed è oggetto di particolare attenzione, tenendo conto dalla sua relazione con il primario obiettivo di creare il maggior benessere per gli utenti.
A tal fine, le determinazioni di specie sono state a suo tempo assunte facendo riferimento ai dati proposti dalla letteratura scientifica e dalle esperienze documentate, nonché attraverso la consultazione di operatori Enti ed Associazioni di settore.
Sull'argomento si segnala anche che le linee-guida ministeriali n. 1/94 (nota del 31 marzo 1994), trattando di residenze assistite per disabili indicano un'articolazione basata su nuclei elementari da 10/15 soggetti aggregabili in sistemi multipli di 2 o 3, così da determinare residenze con capacità compresa tra 20 e 45 posti.
Inoltre, la citata DGR n. 34-23400/97 è stata approvata, previa valutazione favorevole espressa da parte della IV Commissione consiliare e del Comitato Regionale di Sanità e Assistenza, dando così attuazione al procedimento istituzionale, allargato di verifica di applicabilità delle relative previsioni.
Per quanto esposto, non si ravvisano condizioni ostative alla prosecuzione degli interventi già finanziati ai sensi della L.R. n. 43/97 e che sono ormai in fase avanzata.
Nel momento in cui le nuove risorse finanziarie consentissero di aprire un ulteriore bando di finanziamento, si assicura la disponibilità ad approfondire ulteriori istanze e proposte inerenti la materia, comprese quelle formulate dalle Associazioni richiamate nell'interpellanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. La risposta dell'Assessore ha essenzialmente contenuti di tono burocratico, ragion per cui non mi reputo soddisfatto.
Le domande poste con l'interpellanza erano molto semplici, e non è stata data risposta.
Al di là delle normative che conosciamo e le loro applicazioni, si chiedeva all'Assessore se riteneva fondate, ragionevoli e corrette le osservazioni delle Associazioni che chiedono che non vengano finanziate strutture con posti letto superiori a dieci: l'Assessore non ha risposto.
Non sappiamo se le considera ragionevoli, fondate ed accoglibili.
L'Assessore non risponde se intende aderire alla richiesta di incontro dell'Associazione UTIM con i Consiglieri della IV Commissione.
Evidentemente, c'è la volontà di lasciare la questione del tutto aperta senza assumersi le responsabilità politiche che un Assessore dovrebbe rispettare in questa sede. Mi dispiace molto di questo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 574 del Consigliere Chiezzi inerente a "Sciopero ad oltranza alla Miniera di talco Luzenac di Porte (TO)"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interpellanza n. 574, presentata dal Consigliere Chiezzi, alla quale risponde l'Assessore Pichetto.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al lavoro

L'interpellanza presentata dal Consigliere Chiezzi in data 15 febbraio 2001 premetteva che "appreso da fonti di stampa che i minatori della ditta Luzenac, Miniera di talco di Porte (TO), insieme agli operai della stessa azienda, addetti alla lavorazione del talco estratto, 'rimarranno in sciopero almeno fino a lunedì secondo quanto dichiarato dalle Organizzazioni sindacali e che lo sciopero è stato dichiarato in seguito alla mancata conferma del contratto di lavoro di un dipendente della Luzenac, la quale tre giorni prima aveva assunto alcuni operai di nazionalità polacca; considerato che le Organizzazioni sindacali riunite in assemblea con i lavoratori della Luzenac, oltre a richiedere 'certezze in più per il lavoro di domani' e sicurezza per il posto di lavoro, hanno deciso di costituire 'un attivo dei delegati dei minatori delle valli pinerolesi' con il compito di coinvolgere le istituzioni e le diverse parti politiche per arrivare ad una soluzione delle problematiche occupazionali interpella il Presidente della Giunta regionale e l'Assessore competente per sapere se sono a conoscenza dei fatti e se intendano appurare se ai lavoratori di nazionalità polacca, recentemente assunti dalla Luzenac, sia stato applicato il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di categoria se l'Assessore intenda attivarsi con la massima urgenza in merito".
In relazione all'interpellanza del Consigliere Chiezzi, posso fornire i seguenti elementi di risposta.
Per quanto attiene alle problematiche della Miniera di talco Luzenac Val Chisone occorre evidenziare che lo sciopero dei minatori è terminato e che in data 14 febbraio 2001 è stato sottoscritto, nella sede di Porte, tra le Organizzazioni sindacali di settore (FILCEA CGIL, FLERICA CISL, RSU assistite dalla FULC provinciale) e l'Azienda, un verbale di accordo in base al quale la Luzenac Val Chisone si impegna ad assumere a tempo indeterminato (senza periodo di prova) a partire dal 15 febbraio 2001 il lavoratore che era stato lasciato a casa e a confermare il contratto di formazione alla scadenza.
Le Organizzazioni sindacali e le RSU hanno concordato a loro volta di avviare il confronto in materia di orari di lavoro in rapporto alla turnazione attuale, tenendo conto delle nuove esigenze produttive e delle condizioni di lavoro dei minatori e in materia di premio di risultato ai minatori stessi.
In relazione alle suddette problematiche, è stato concluso il 27 aprile 2001 un accordo tra l'Azienda e le Organizzazioni sindacali, il quale prevede, tra l'altro, che i dipendenti lavoreranno anche al sabato mattina e quando nell'arco del mese i sabati sono quattro anziché cinque, è previsto un turno di lavoro pomeridiano anche un sabato pomeriggio.
Inoltre, dalle informazioni assunte risulta che il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro della categoria mineraria viene applicato a tutti i lavoratori della Luzenac.
L'Assessorato all'industria e lavoro della Regione Piemonte, che da sempre segue con costante attenzione le vicende della Luzenac Val Chisone mediante la costituzione e l'attivazione di un apposito tavolo regionale fra tutte le parti interessate, che viene convocato a richiesta di una delle parti, continuerà a seguire tali problematiche con il dovuto impegno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la risposta, ma non sono soddisfatto perch due aspetti che erano stati evidenziati dall'interpellanza del 15 febbraio 2001 sono stati risolti nel tempo: quello della riassunzione e quello della definizione con le Organizzazioni sindacali di una modalità di gestione concordata con l'Azienda. L'Assessore non ha però risposto alla domanda se la ditta Luzenac ha sempre applicato il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro anche a quei lavoratori, citati nell'interpellanza, di nazionalità polacca, in allora assunti dalla ditta. Su questo l'Assessore non ha dato risposta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 615 del Consigliere Tapparo inerente a "Crisi Antibioticos - Ruolo della Regione"


PRESIDENTE

L'Assessore Pichetto risponde ancora all'interrogazione n. 615 presentata dal Consigliere Tapparo.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al lavoro

La questione posta dal Consigliere Tapparo nell'interrogazione n. 615 nel frattempo ha avuto delle evoluzioni, per cui adesso leggerò la risposta predisposta in allora, dopodiché a braccio fornirò le informazioni ulteriori di ordine giornalistico.
L'interrogazione n. 615 del Consigliere Tapparo, presentata in data 2 marzo 2001, così recitava: "Rilevato che l'Antibioticos del Gruppo Montedison (che opera nel settore dei prodotti intermedi per la farmaceutica e che ha stabilimenti a Settimo Torinese, Rodano, vicino a Milano, e Leon in Spagna), dopo un anno dalla firma di un accordo per la ristrutturazione aziendale, che ha comportato importanti riduzioni occupazionali, ha riaperto improvvisamente una nuova procedura di messa in cassa integrazione a zero ore per oltre cento dipendenti; tenuto conto che paiono limitati gli spazi contrattuali delle Organizzazioni sindacali e della stessa operatività del Governo e della Regione se viene mantenuta una trattativa di livello puramente aziendale, tutta incentrata sul contenimento delle eccedenze occupazionali, dove i dati di bilancio di Antibioticos, che presentano ancora segnali fortemente negativi precludendo una trattativa sul futuro produttivo non di breve periodo dell'Azienda; visto che gli interessi di Montedison legati all'area in cui è insediato lo stabilimento (dismissioni di terreni già avvenute per insediamenti residenziali e Convenzione con il Comune di Settimo per altre aree da dismettere, attualmente occupate da vecchi magazzini e saloni dell'Antibioticos) sono rilevanti e che anche la centrale elettrica di cui è avviata la procedura per la costruzione nella zona Cebrosa nel territorio di Settimo è una rilevante opportunità economica per la Società Edison del Gruppo Montedison; interroga il Presidente della Giunta e gli Assessori competenti per sapere se non intendano far assumere alla Regione Piemonte un ruolo autorevole nella crisi dell'Antibioticos coinvolgendo il Gruppo Montedison, che è interessato ad importanti dismissioni di terreni urbani ecc.".
In merito a tale interrogazione, fornisco i seguenti elementi.
La Società Antibioticos S.p.A. fa parte del Gruppo spagnolo Antibioticos S.A. che è interamente controllato dalla Montedison S.p.A. La società produce cefalosporine (prodotto di base per l'industria farmaceutica), reagenti ed altri principi attivi per l'industria farmaceutica e veterinaria.
La società occupa attualmente nello stabilimento di Rodano (Milano) circa 470 addetti e in quello di Settimo Torinese (TO) circa 420 addetti.
A causa della grave crisi di mercato ed al connesso fine di acquisire una maggiore competitività, l'Azienda avviò nel dicembre 1999 la procedura di mobilità (ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n. 223) per 450 dipendenti di cui 290 occupati nello stabilimento di Settimo Torinese e 160 occupati nello stabilimento di Rodano.
In seguito alla comunicazione dell'Azienda al Ministero del Lavoro che i primi 45 giorni della procedura di mobilità erano trascorsi infruttuosamente, il suddetto Ministero provvide alla convocazione delle parti e il 29 febbraio 2000 fu raggiunto un accordo - di cui posso consegnare copia al Consigliere interrogante - per un programma di ristrutturazione e riorganizzazione che, in sintesi, prevedeva: investimenti per 65,6 miliardi nello stabilimento di Settimo Torinese e 46,7 miliardi in quello di Rodano intervento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per 178 addetti di Settimo Torinese e 93 per quelli di Rodano collocamento in mobilità con accompagnamento alla pensione per un massimo di 95 addetti dello stabilimento di Settimo Torinese e di 70 addetti dello stabilimento di Rodano.
Nel corso della verifica annuale sullo stato di attuazione dell'intesa prevista dal suddetto accordo, le parti sociali convennero sull'opportunità di un intervento dell'Assessorato all'industria al fine di esaminare e individuare le possibili soluzioni alle problematiche produttive ed occupazionali emerse nel corso degli incontri tra l'Azienda e le Organizzazioni sindacali.
Gli incontri promossi dall'Assessorato condussero ad un'ipotesi di intesa che fu poi ratificata nell'accordo raggiunto presso il Ministero del Lavoro in data 23 aprile 2001, che, di fatto, raccolse i risultati del tavolo di mediazione regionale.
In particolare, nel nuovo accordo si prevede che per consentire una maggiore efficacia del piano di gestione degli esuberi il numero massimo dei lavoratori con i quali l'Azienda può risolvere il rapporto di lavoro per collocarli in "mobilità di accompagnamento alla pensione" è di 80 unità lavorative nello stabilimento di Rodano e di 125 unità lavorative nello stabilimento di Settimo Torinese. Ciò consente un contenimento della Cassa Integrazione Guadagni, per cui il numero massimo di lavoratori interessati è di 15 nello stabilimento di Rodano e 55 in quello di Settimo Torinese (di cui 29 fruiranno della mobilità con accompagnamento alla pensione).
L'Assessorato continua a seguire con il massimo impegno l'evolversi della situazione, in stretto rapporto con le parti sociali e anche in relazione a quello che è il nuovo e modificato assetto azionario intervenuto nell'Antibioticos.
A questo punto, si tratta di vedere quali sono le nuove strategie di impresa, con riferimento al forte cambiamento azionario che vi è stato su Montedison e, di conseguenza, su Antibioticos. Al momento, non ho gli elementi di questi ultimi giorni, se ci sono state evoluzioni in merito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Ringrazio l'Assessore. Ovviamente, in una situazioni di dinamica notevole, quando le risposte giungono dopo sette mesi, presentano delle difficoltà rispetto all'originario interrogativo.
Comunque, il senso della vicenda credo dovrebbe insegnarci, in qualche modo, a non fare i semplici registratori al Ministero del Lavoro di quella che è una corretta gestione delle eccedenze di lavoratori: chi va in mobilità, chi va in prepensionamento, chi viene sistemato in altre forme.
Vorremmo tentare di avere un ruolo più efficacie nelle vicende di crisi aziendali con i caratteri di queste aziende legate a gruppi complessi.
Soprattutto, Assessore Pichetto, quando queste grandi aziende, che hanno proprietà immobiliari rilevanti al cui interno dell'area dei propri stabilimenti vengono fatte altre operazioni (come la costruzione di una centrale elettrica), dovremmo avere la capacità di riuscire a giocare un ruolo più forte e più attivo.
Già l'Amministrazione comunale di Settimo, avendo delle competenze forti in materia urbanistica, avrebbe potuto tentare, in qualche modo, di raccordare gli spazi che il Gruppo voleva ricavarsi da spazi immobiliari non voglio usare il termine "speculazione immobiliare" - con impegni ad un più forte radicamento dell'Azienda a Settimo Torinese.
In questo caso, la Regione Piemonte, che ha una qualche competenza in materia di centrali elettriche, soprattutto quella interna allo stabilimento, che è al di sotto dei 300 megawatt di potenza installata quindi di competenza regionale, dovrebbe permettere di aprire un tavolo di trattativa con l'Azienda, che non si limiti a regolare le eccedenze di lavoratori che l'Azienda ha dichiarato, ma coinvolgerla in una strategia.
L'Azienda vuole costruirsi una centrale. Praticamente, quando questa vicenda è stata da me evidenziata, era lo stesso Gruppo che voleva costruire la centrale elettrica. Teniamo presente le opportunità di questa vasta area nel territorio di Settimo Torinese, che ha l'Antibioticos, sulla quale convergono interessi diversi rispetto ad un suo utilizzo di tipo industriale.
Sono tutti elementi forti che potrebbero costringere l'Azienda ad uscire fuori da una semplice operazione di dichiarazione al momento pubblico delle sue eccedenze, punto e basta, ma a discutere un po' di più della solidità della sua strategia, della volontà di mantenere un radicamento qualificato a Settimo, di mantenere quella massa critica industriale a Settimo, che non la porti, in una fase successiva, a far degradare, in modo definitivo, la presenza di uno storico stabilimento di Settimo che, partendo da Farmitalia, è finito, attraverso un passaggio agli spagnoli con Antibioticos, per tornare al Gruppo Montedison.
Quindi, Assessore, qualora ci siano interrogazioni su aziende di un certo rilievo, dovremo trovare delle forme affinché le risposte possano non arrivare in fasi completamente nuove e successive. Questo, probabilmente con un nuovo Regolamento consiliare, che permetta delle risposte brevi, ma rapide in Consiglio: con la "question-time", si potrà risolvere.
Sono, come dicevo, insoddisfatto della risposta, perché resta una risposta piatta sul piano del problema delle eccedenze. Da lei, nel quale incorporo anche l'Assessore all'industria, e la Regione, che ha altre leve nella sua tastiera, mi sarei aspettato una volontà di capire dal punto di vista industriale e di capire anche come possiamo intervenire, dal nostro versante di potere, in queste vicende.
Questo modello può valere anche in altri "n" casi in cui le caratteristiche di queste grandi aziende, che fanno parte di altri grandi Gruppi, riproducono il problema.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 627 del Consigliere Ronzani inerente a "Ipotesi di cessione della Liabel di Biella"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione n. 627, presentata dal Consigliere Ronzani.
Risponde l'Assessore Pichetto.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al lavoro

Faccio un richiamo all'interrogazione presentata dal collega Ronzani in data 8 marzo 2001. La premessa riguarda la multinazionale americana Sara Lee che nel 1995 ha acquistato la Liabel di Pettinengo di Biella.
Nei giorni precedenti l'interrogazione, la suddetta multinazionale ha annunciato l'intenzione di volerla cedere considerando non più strategica la sua produzione. La notizia comunicata dall'Organizzazione sindacale ha destato preoccupazione ed allarme per le conseguenze che la decisione della Sara Lee potrebbero avere sull'occupazione nella realtà di Biella, in quanto gli occupati nel marzo 2001 risultano essere 224 contro i 750 nel 1994.
La riorganizzazione della Liabel aveva comportato la chiusura della sede originaria di Pettinengo, nonché la delocalizzazione di parte del settore produzione in Albania, Romania e Tunisia; mentre a Biella erano rimasti gli uffici amministrativi e il settore marketing, uno stabilimento nel quale si svolge attività di progettazione, taglio, controllo e magazzino, nonché un indotto rappresentato dall'Azienda della tessitura di Bioglio.
Oggi, la Liabel di Biella non è in crisi, anzi, è un'Azienda che ha superato - così dice l'interrogante - le difficoltà degli anni passati.
Ragion per cui è necessario richiedere che venga ceduta ad un Gruppo italiano o straniero che non si limiti a rilevare il marchio di prestigio ma lo comprenda in un progetto di politica industriale. Nel primo caso, noi saremmo in presenza di un'operazione.
Nell'immediato, il problema più delicato che si è aperto con la decisione della Sara Lee riguarda la riorganizzazione dell'attività del Gruppo; quindi, si pone l'interrogazione, ferma restando l'autonomia negoziale delle parti sociali.
Per quanto riguarda la risposta a tale interrogazione, il 23 aprile scorso l'Unione Industriale Biellese comunicò alle Organizzazioni sindacali dei lavoratori della Liabel S.p.A. di Biella, dove sono occupati circa 160 addetti, la cessione del ramo aziendale operante nel settore della commercializzazione di calzetteria, nonché di prodotti di abbigliamento intimo, alla Sara Lee Branded Apparel Italia S.p.A - Divisione Playtex con sede a Pomezia (Roma).
Le ragioni addotte dall'Azienda a sostegno di tale decisione sono così sintetizzabili: conseguimento di immediati benefici sotto il profilo economico ed organizzativo, attraverso la sostanziale integrazione logistica e commerciale del ramo di azienda (calzetteria e intimo) nella Playtex, già operante nel medesimo settore merceologico miglioramento delle sinergie organizzative e delle reti di vendita ottimizzazione delle possibilità di investimento nel settore della distribuzione al dettaglio, determinante per il mantenimento di una posizione di rilievo sul mercato.
Sotto il profilo occupazionale, i dipendenti interessati al trasferimento risultavano così distribuiti: n. 15 addetti dello stabilimento di Biella n. 21 addetti dello stabilimento di Cinisiello Balsamo (MI).
In seguito ai diversi incontri svoltisi tra le parti sociali, è stata raggiunta un'intesa la quale prevede la seguente diversa consistenza e distribuzione del personale interessato al trasferimento: 1 addetto dello stabilimento di Biella 20 addetti dello stabilimento di Cinisiello Balsamo.
L'accordo prevede, inoltre, che il rapporto di lavoro dei dipendenti della Liabel S.p.A., interessati al trasferimento, proseguirà, senza soluzione di continuità, con la suddetta Sara Lee S.p.A.
Sostanzialmente, dopo l'allarme condiviso nei primi giorni della chiusura, l'accordo sindacale siglato con le parti sociali è stato positivo, almeno per la realtà di Biella, forse più che non quella di Cinisiello Balsamo.
Certamente, per quanto riguarda la premessa dell'interrogazione ribadisco che, forse, si tratta di una vicenda che rivedremo per altre aziende.
Al momento, comunque, non vi sono cambiamenti se non quello di carattere societario a seguito della cessione del ramo d'azienda.
Se l'interrogante vuole, ho copia del verbale d'accordo tra le parti sociali e l'Azienda sottoscritto presso l'Unione Industriale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

Mi scuso con l'Assessore Pichetto se dirò cose che, forse, sono il frutto del fatto che non ho inteso bene il senso della sua risposta, perch c'era un problema di acustica, per cui non sono riuscito ad ascoltare bene ciò che ha detto.
Se ho capito bene, nella sua risposta lei salta a piè pari il fatto nuovo di questi ultimi giorni, cioè il fatto che la Liabel è stata acquistata da un Gruppo francese. Parlo di un mese fa, una novità nella quale...



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al lavoro (fuori microfono)

Non ho elementi per rispondere in aula; rispondo ad un'interrogazione.



RONZANI Wilmer

Per questo pensavo che la risposta dell'Assessore fosse aggiornata agli ultimi eventi.
Questo non lo dico in polemica con l'Assessore, ma lo dico in polemica con il modo con il quale si risponde.
Presidente Cota, mi rivolgo a lei: l'Assessore Pichetto ha test risposto ad un'interrogazione in maniera precisa come fa in questi casi. Se non ho inteso male - e può darsi perché c'è un problema di acustica in quest'aula - la sua risposta - ahimè! - è datata, vergognosamente datata.
Io che sono l'interrogante sono in grado di dire, perché sono abituato a svolgere seriamente il lavoro di Consigliere regionale ed acquisire informazioni, che è avvenuta l'acquisizione della Liabel da parte di un Gruppo francese.
Si tratta di un accordo, come mi dicono gli ambienti sindacali a cui faccio riferimento per capire, tutto sommato accettabile da parte del nuovo Gruppo: non ci si è limitati ad acquisire il marchio, è stato confermato il "management" di quell'Azienda e i livelli di occupazione. L'acquisto della Liabel, tutto sommato, avviene all'interno di un progetto di politica industriale che si propone di realizzare una serie di sinergie.
Il Gruppo francese, attraverso l'acquisto della Liabel, si propone di mantenere ed espandere la propria quota di produzione, di alta qualità, nel mercato interno del nostro Paese.
Tutto questo lei avrebbe dovuto saperlo in qualità di responsabile delle politiche industriali e regionali. Mi stupisce che debba essere un Consigliere di opposizione a ricordare all'Assessore competente cosa è avvenuto in merito alla vicenda.
Onestamente, qui sorge un problema. Le interrogazioni si pongono per due ragioni: innanzitutto, per avere in tempo reale una risposta, ma qui la risposta in tempo reale non c'è stata, visto che l'interrogazione risale all'8 marzo 2001. In secondo luogo, per sollecitare l'intervento dell'Assessore e per capire cosa ha fatto e cosa fa il responsabile della politica industriale regionale.
Le risposte che mi dà la Giunta regionale sono largamente superate dagli eventi. Un Consigliere di minoranza che interroga la Giunta non deve spiegare all'Assessore cosa è avvenuto. Quindi - caro Pichetto, mi spiace mi dichiaro assolutamente insoddisfatto della risposta fornita; anzi, la considero una risposta neppure da pubblicare sugli atti di questo Consiglio regionale, se non vogliamo che l'istituzione Consiglio regionale faccia una pessima figura, perché non si può dare ad un Consigliere una risposta vecchia e che non tiene conto dei fatti accaduti nel frattempo.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al lavoro

Vorrei fare una precisazione, e non tanto in merito all'interrogazione in questione.
Ho pronte le risposte ad interrogazioni datate di sei mesi: le n. 773 n. 838, n. 860 e n. 785; per cui il Consiglio dovrebbe calendarizzare con precisione il giorno delle risposte alle interrogazioni, affinché possa aggiornarle.
Nel caso specifico, potevo anche aggiungere delle informazioni, perch le notizie che ha il Consigliere Ronzani le ho anch'io; di fatto le ho, ma non da dichiarare in qualità di Assessore, perché sono notizie che ho dai giornali o da colloqui informali...



PRESIDENTE

Chiedo scusa, Assessore Pichetto, possiamo risolvere il problema integrando la risposta.



PICHETTO FRATIN Gilberto, Assessore al lavoro

Come dicevo, io non riporto in Consiglio, in qualità di Assessore quindi di membro del governo regionale, considerazioni che ottengo informalmente, all'esterno, perché le dichiarazioni che svolgo in questa sede vanno a verbale e rappresentano la posizione del governo regionale.
Ripeto: le considerazioni acquisite dai giornali o dal sindacato le ho anch'io. E' chiaro che il problema della tempistica su queste materie si pone. Laddove si parla di scenario economico, potrei andare avanti anche un'ora in aggiunta a quanto ho detto, attualizzando il contenuto; tuttavia quando parlo di rapporti che riguardano persone, la risposta deve essere più puntuale. Quindi, è un problema di pura organizzazione.
Vorrei che anche lei, Presidente, replicasse in merito.



PRESIDENTE

Certamente il problema dell'organizzazione è stato più volte sollevato dai colleghi. La via potrebbe essere quella di prevedere uno spazio ad hoc per interrogazioni ed interpellanze: questo, senza dubbio.
In ogni modo, andiamo avanti con l'elenco.
Richiamo gli Assessori Cotto e Cavallera ad entrare in aula.


Argomento: Interventi a favore dell'economia - normative organiche nei vari settori

Interpellanza n. 822 dei Consiglieri Marcenaro, Ronzani, Manica, Riba Muliere, Suino, Placido e Riggio inerente a "Situazione operativa del fondo regionale legge n. 21/97, art. 15 - Anticipazioni finanziarie tramite il fondo regionale'"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interpellanza n. 822, presentata dai Consiglieri Marcenaro, Ronzani, Manica, Riba, Muliere, Suino, Placido e Riggio, alla quale risponde l'Assessore Laratore.



LARATORE Giovanni, Assessore all'artigianato

Il fondo rotativo previsto dalla legge n. 21/97 è stato utilizzato in maniera molto ampia: ciò rappresenta un fatto positivo, che dimostra la validità degli strumenti legislativi e gestionali della Regione Piemonte e testimonia la grande vitalità del settore artigiano.
La Regione ha cercato in ogni modo di rispondere con tempestività alle richieste presentate; nel bilancio 2001 è stato previsto un finanziamento di 35 miliardi che ha consentito di finanziare le domande fino alla n.
3.307. Attualmente (alla data del 31 luglio), restano in attesa di finanziamento circa 700 domande, a cominciare da quelle presentate nel novembre 2000.
Per avviare a soluzione il problema e rendere nuovamente tempestivi i finanziamenti, oltre all'utilizzo dei rientri trimestrali di circa 7 miliardi ogni trimestre, sono previsti: ulteriore finanziamento sul bilancio 2001 in fase di assestamento (già avvenuto) per 15 miliardi, che comporta un aumento dello stanziamento rispetto all'anno 2000 da 20 a 50 miliardi, portando l'ammontare complessivo del fondo rotativo a 144 miliardi, rendendolo così il più consistente tra i fondi regionali l'Assessorato all'artigianato ha concordato con l'Assessorato all'industria l'utilizzo temporaneo di parte dei fondi provenienti dalla ex misura 3.2 del DOCUP 1994/1996, anche se questi fondi potranno essere utilizzati solo per le imprese artigianali ricadenti nelle vecchie zone obiettivo 2 ed operanti nei settori manifatturiero e dei servizi alla produzione (in ogni caso, liberano delle risorse per le altre iniziative) con l'attivazione del DOCUP 2000/2006, previsto per l'autunno prossimo sarà possibile utilizzare risorse aggiuntive che consentiranno un'ulteriore riduzione delle liste di attesa.
Peraltro, dai dati dell'ultimo trimestre, si rileva un rallentamento delle domande presentate dalle imprese, anche dovuto ai parametri di finanziamento contenuti nel nuovo programma di interventi che, unito all'incremento dei rientri dovuto alle maggiori disponibilità del fondo dovrebbe favorire un sostanziale equilibrio fra le entrate e le uscite.
Per quanto riguarda la seconda parte dell'interpellanza, in data 2 maggio 2001 prot. n. 8104/17 questo Assessorato ha provveduto a richiedere all'Ente gestore Finpiemonte di intervenire presso il sistema bancario piemontese, affinché quest'ultimo si impegnasse ad ottenere un trattamento di favore per le imprese artigiane sui pre-finanziamenti da erogare in carenza di disponibilità del fondo regionale.
La Finpiemonte ha provveduto, in data 24 maggio 2001, a richiedere a tutti gli Istituti di credito convenzionati di concedere i pre finanziamenti in oggetto, della durata massima di 24 mesi, alle medesime condizioni applicate con la convenzione in essere (Euribor +1,25%, che ammonterebbe ad un tasso di interesse di circa il 5,7%).
In ultimo, si precisa che il Fondo Artigiancassa - fondo alternativo a quello rotativo - è attualmente capiente e quindi le imprese artigiane che avessero necessità di disponibilità immediata (oltre al prefinanziamento previsto sul fondo rotativo come ho detto prima), relativa ad investimenti immobiliari e di macchinari, attraverso il sistema bancario vi si potranno rivolgere con tempi e modalità di attivazione delle pratiche estremamente contenuti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Naturalmente ringrazio l'Assessore per la risposta.
Come forse qualcuno ricorda, il merito di questa interpellanza è già stato oggetto di una lunga discussione e di un lungo confronto in occasione del dibattito relativo all'assestamento di bilancio sia in Commissione che in aula. In allora, abbiamo preso atto che questa iniziativa aveva prodotto una modifica delle risorse messe a bilancio rispetto a quelle del 2000, con un aumento della dotazione di 35 miliardi (quelli di cui parlava l'Assessore Laratore poco fa).
Manteniamo il giudizio su una situazione che permane. Sostanzialmente la dotazione è insufficiente e la nostra valutazione, che mi pare corrisponda alla valutazione di tutte le Associazioni artigiane, è che allo stato attuale, siamo di fronte al rischio di logoramento dello strumento che era stato uno dei più efficaci di sostegno allo sviluppo delle piccole aziende artigiane in questi anni. Ciò è dimostrato dal fatto che siamo in presenza di un allungamento dei tempi, come lo stesso Assessore ricordava. Inoltre, la stessa riduzione del numero delle domande più che una riduzione delle necessità e delle aspettative che erano alla base di queste richieste, deriva dal fatto che capita sempre che, quando degli strumenti diventano meno facilmente gestibili, meno agevoli, meno efficaci nei loro risultati, alla fine i cittadini, gli utenti ne prendono atto, anche attraverso questa forma.
Per questo motivo, manteniamo una valutazione ed una riserva sull'insufficienza della politica della Giunta in questo campo, anche per quanto riguarda l'iniziativa presa attraverso Finpiemonte nei riguardi del sistema bancario affinché il sistema del credito facesse fronte alle richieste che pervenivano dalle aziende in attesa dell'erogazione dei finanziamenti. La mia impressione, vedendo i risultati, è che siamo di fronte a poco più che atti formali, senza che a questo ci sia un'effettiva corrispondenza sul piano dei risultati.
Io non nego, naturalmente, che la Giunta regionale abbia chiesto alla Finpiemonte e che la Finpiemonte si sia mossa in questa direzione; quello che dico è che, se pure si è mossa in questa direzione, i risultati risultano essere del tutto insufficienti, perché questa è questione sulla quale o la Giunta regionale si incarica di aprire un problema politico con la necessaria forza e la necessaria determinazione nei confronti del sistema bancario e farne un punto da affrontare o il rischio che questo si riduca a delle semplici richieste dal carattere un po' burocratico è molto forte.
Per questo, debbo dire che mi pare che i problemi che abbiamo sollevato nell'interpellanza rimangono completamente aperti.
Vorrei gentilmente avere copia della risposta scritta. Grazie.


Argomento: Strutture ricettive (albergh., extra-albergh., campeggi e villaggi, classif., vincolo) e strutture e impianti turist. - Trasporti a fune

Interrogazione n. 545 dei Consiglieri Moriconi, Chiezzi e Contu inerente a "Progetto di sviluppo turistico dell'Alta Val Sesia e collegamento via fune Alagna-Gressoney per la creazione del comprensorio sciistico del Monterosa"


PRESIDENTE

Passiamo ora a trattare l'interrogazione n. 545, presentata dai Consiglieri Moriconi, Chiezzi e Contu.
Risponde l'Assessore Racchelli.



RACCHELLI Ettore, Assessore al turismo

A premessa della verifica effettuata in collaborazione con il Settore Pianificazione Aree Protette sulla dislocazione degli interventi in raffronto alle aree identificate come ZPS - Direttiva 92/73/CEE 21/5/1992 e dei siti SIC - Direttiva 79/409/CEE 2/4/1979 - si ricorda che i risultati dello Studio per la valutazione socioeconomica e di impatto ambientale del progetto di valorizzazione turistica della Val Sesia / Progetto Monterosa promosso dalla Provincia di Vercelli, sono stati resi noti previa presentazione al Comitato di Sorveglianza, incaricato della verifica dell'attuazione del D.U.P. Ob. 5b.
Contemporaneamente, veniva presentato un progetto stralcio riferito ad un primo lotto di interventi. Soddisfatta la richiesta di documentazione integrativa avanzata dal Rappresentante della Commissione Europea inerente l'assetto societario del promotore, la fattibilità finanziaria, il preventivo economico-finanziario, le autorizzazioni ambientali e paesaggistiche, l'appalto dei servizi - durante l'incontro tra il funzionario della Commissione Europea, il Presidente della Società Monterosa 2000 ed il Presidente della Giunta regionale, avvenuto in data 3/4/1998, emergeva l'opportunità di predisporre elaborati progettuali per il primo lotto di interventi, primo lotto finanziato poi con le modalità di cui alla deliberazione Giunta regionale n. 23-24565 dell'11/5/1998, già nota.
Per quanto attiene l'esito del raffronto tra le aree interessate dalla dislocazione degli impianti ed i siti identificati in base alle disposizioni della Direttiva 92/73/CEE come SIC, tra i quali quelli occupati dai ghiacciai a sud del Monterosa, cui si fa riferimento nell'interrogazione del Gruppo consiliare Verde, è stato verificato che nessuno degli impianti finanziati in base al Regolamento CEE 2081/93 aree Ob. 5b DUP 94/99 interessa le zone proposte come sito di importanza comunitaria - SIC.
La sovrapposizione delle tavole che identificano le zone di protezione speciale - ZPS - ai sensi della Direttiva 79/409/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e quella dei tracciati degli impianti, ha permesso di verificare che, anche in questo caso, nessuno di essi risulta ricompreso nelle aree suddette.


Argomento: Presidi privati di diagnosi e cura

Interrogazione n. 732 del Consigliere Ronzani inerente a "Casa di Riposo di Valdengo"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 732, presentata dal Consigliere Ronzani.
Risponde l'Assessore Cotto.



COTTO Mariangela, Assessore delle politiche sociali e della famiglia

Con la L.R. 4 settembre 1996, n. 73, si è stabilito che la Regione conceda contributi costanti nel pagamento degli interessi di mutui decennali per l'attivazione di Residenze Assistenziali Flessibili (RAF) e di Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) a soggetti attuatori pubblici e privati che operino nel territorio regionale.
In attuazione di quanto disposto dall'art. 1, comma 4, della legge regionale testé richiamata, la Giunta regionale, con propria deliberazione n. 203-14027 del 18/11/1996, ha approvato, oltre i requisiti funzionali e strutturali specifici, per i presidi oggetto di finanziamento, anche i criteri e le modalità per l'assegnazione dei contributi di cui all'art. 1 commi 1 e 2, della legge regionale in questione.
Con DGR n. 48-25959 del 16/11/1998 sono stati prenotati sul capitolo 20673 del bilancio pluriennale 2000 i fondi necessari al finanziamento degli interventi in questione e quindi con DGR n. 39-29311 del 7/2/2000 sono stati approvati i "requisiti strutturali e gestionali per gli interventi oggetto di finanziamento, gli obiettivi e le modalità per l'assegnazione dei contributi, di cui alla L.R. n. 73/96, dando atto che l'assegnazione di contributi verrà disposta con apposito provvedimento a seguito dell'approvazione della graduatoria di merito".
Successivamente, con DGR n. 31-31 in data 15 maggio 2000, l'originario termine del 23 maggio 2000, individuato per la presentazione delle domande di ammissione al finanziamento regionale previsto dalla succitata DGR n. 39 29311, veniva fissato alla data del 28 settembre 2000, in accoglimento di numerose istanze di proroga provenienti dal territorio.
Entro il termine di scadenza sono pervenute n. 155 istanze di finanziamento e l'esito della relativa istruttoria tecnica-amministrativa condotta in applicazione dei criteri contenuti nell'allegato 1 alla DGR n.
39-29311, ha evidenziato come n. 102 richieste risultassero idonee, mentre le restanti 53 necessitavano di ulteriori integrazioni ai fini della conformità ai requisiti previsti dal bando.
Con deliberazione n. 28-2550 del 26 marzo 2001, la Giunta regionale, ai fini della verifica programmatica degli interventi, ha indicato alle Direzioni regionali Politiche Sociali e Programmazione Sanitaria che le 102 istanze idonee sotto il profilo tecnico-amministrativo sarebbero state oggetto di specifica graduatoria e si intendevano finanziabili ai sensi della L.R. n. 73/96 nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a bilancio, mentre le 53 richieste che necessitavano di ulteriori integrazioni di carattere tecnico-amministrativo sarebbero state oggetto di specifico elenco. In relazione a tale ultima fattispecie, si è stabilito che la Direzione regionale Politiche Sociali avrebbe provveduto a richiedere le integrazioni necessarie e, nel momento in cui la documentazione fosse risultata idonea e fossero disponibili le necessarie risorse sul competente capitolo di bilancio, tali progetti potevano essere oggetto di specifica graduatoria e di finanziamento.
In esecuzione alla sopra richiamata DGR n. 28-2550 del 26/3/2001, il Direttore della Direzione regionale Politiche sociali, con determinazione n. 107 del 27 marzo 2001, ha approvato la graduatoria delle 102 istanze relative al progetto ammissibili a contributo, in quanto risultate idonee sotto il profilo tecnico ed amministrativo, nonché l'elenco delle 53 istanze relative ai progetti che necessitano di ulteriori integrazioni di carattere tecnico ed amministrativo e per le quali si darà corso alla richiesta della necessaria documentazione integrativa.
Come si evince da tutta la normativa sopra richiamata e come, peraltro evidenziato dallo stesso Consigliere interrogante, le istanze relative a progetti ammissibili a contributo regionale per l'attivazione di presidi socio-assistenziali di tipologia RAF e/o RSA sono istruite dai competenti uffici della Direzione regionale Politiche Sociali, nel pieno rispetto dei requisiti, criteri e modalità stabiliti, appunto, dalla normativa stessa.
Nel caso di specie, l'istanza del Comune di Valdengo di ammissione a contributo, per la realizzazione di una nuova costruzione da adibire a residenza sociosanitaria integrata, è inclusa nell'elenco di quelle per le quali si darà corso alla richiesta della necessaria documentazione integrativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

L'Assessore Cotto ha fornito alcune informazioni utili, che per prescindono dal caso specifico sollevato dall'interrogazione.
La questione "Casa di riposo di Valdengo", questione importante per i cittadini e per gli anziani di quella comunità, era stata oggetto di un'iniziativa un po' strana da parte del Sindaco di Valdengo. Eravamo in campagna elettorale. Il Sindaco del Comune di Valdengo, che è un esponente di primo piano di Forza Italia, nonché Presidente del Consiglio provinciale di Biella, aveva promosso un'iniziativa elettorale, assolutamente legittima, alla quale erano presenti i candidati dello schieramento della Casa delle Libertà; iniziativa anche questa assolutamente legittima, che io non mi sono permesso di contestare. Salvo che nella lettera di convocazione di tale iniziativa, il Sindaco di Valdengo indicava nella persona dell'on.
Sandro Del Mastro, candidato di Alleanza Nazionale nel Collegio di Cossato nella coalizione della Casa delle Libertà, il personaggio chiave per ottenere i finanziamenti per la Casa di riposo.
Cito testualmente la lettera del Sindaco di Valdengo: "L'on. Del Mastro sarà, fra l'altro, personaggio chiave nel rapporto con l'Assessore alla sanità, dottor D'Ambrosio, per assicurare il finanziamento per la costruzione della Casa di riposo nel Comune di Valdengo".
Mi sono irritato per un'affermazione simile.
Giustamente, l'Assessore Cotto ha dichiarato che le procedure sono quelle previste dalla legge, quindi non c'è on. Del Mastro che tenga, spero e mi auguro. Spero cioè che la domanda del Comune di Valdengo per realizzare una Casa di riposo venga esaminata alla stregua di qualsiasi altro Comune e che non siano quindi necessari santi in paradiso, deputati più o meno influenti, più o meno amici dell'Assessore competente, perch se così fosse, saremmo in presenza di qualcosa che pone questioni delicate dal punto di vista dei rapporti fra le Amministrazioni locali, la Giunta regionale, i cittadini, la politica della Giunta regionale.
Questo è il problema. Questa è la ragione per la quale ho ritenuto opportuno, in quell'occasione, denunciare un'iniziativa che consideravo grave dal punto di vista politico e dal punto di vista dei risvolti morali ed etici.
Vedo che l'Assessore salta piè pari questa prima parte della questione e mi risponde dicendo quali sono le procedure, qual è la legge: ne prendo atto.
Ripeto, perché l'Assessore non ha potuto seguire una parte della mia replica.
L'interrogazione, Assessore alla sanità, è stata presentata perch qualche mese fa il Sindaco di un Comune del Biellese, il Sindaco di Valdengo, di Forza Italia, nonché Presidente del Consiglio provinciale di Biella, aveva invitato, in maniera del tutto legittima, un gruppo di cittadini. Fin qui niente di male. Aveva annunciato che sarebbe stato presente a quella iniziativa l'on. Del Mastro, e fin qui niente di male, ma nella lettera di invito ai cittadini, che erano numerosi, aveva detto che l'on. Del Mastro sarà personaggio chiave. Cito testualmente la lettera: "Sarà presente l'on. Del Mastro che, fra l'altro, è personaggio chiave nel rapporto con l'Assessore alla sanità, dottor D'Ambrosio, per assicurare il finanziamento per la nostra Casa di riposo".
Trovo questa iniziativa molto discutibile. E' naturale che ci sia un rapporto tra un parlamentare di una Provincia importante come la nostra e l'Assessore, però quando si dice, per avere il voto di qualche elettore sprovveduto, che la presenza dell'on. Del Mastro è importante perché ha un rapporto chiave con l'Assessore D'Ambrosio, si assume un atteggiamento che considero censurabile sul piano politico.
Mi sarei aspettato che l'Assessore Cotto, che ha dato una risposta molto tecnica e di merito, trovasse le parole per dire che affermazioni come queste vanno censurate, perché non esiste che il Sindaco di un Comune sostenga che occorre votare per un parlamentare bianco, rosso o nero unicamente perché è il personaggio chiave per ottenere un finanziamento.
Mi stupisco di queste affermazioni. Mi aspettavo che l'Assessore Cotto che ha dato una risposta garbata, come sempre - trovasse il modo per censurare un comportamento che giudico molto discutibile.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bolla, Godio e Vaglio.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

e) Variazione Presidenza e Vicepresidenza Commissioni consiliari permanenti


PRESIDENTE

Comunico infine che in data 11/9/2001 il Consigliere Cesare Valvo è stato eletto Presidente della VII Commissione e il Consigliere Gianluca Godio Vicepresidente della II Commissione.


Argomento: Questioni internazionali

Dibattito in merito al grave atto terroristico contro gli Stati Uniti d'America avvenuto l'11 settembre 2001


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, in sede di Conferenza dei Capigruppo avevamo concordato, nella giornata di oggi, lo spazio per un dibattito sui terribili e tragici fatti accaduti l'11 settembre negli Stati Uniti d'America.
Avevamo già fatto una seduta straordinaria nell'imminenza (il giorno dopo) dei tragici accadimenti. In quella seduta c'era stato soltanto un mio intervento, di carattere istituzionale, e l'intervento del Presidente Ghigo. Poi avevamo ritenuto, tutti insieme, di partecipare alla manifestazione organizzata da Comune, Provincia e Regione qui nella città di Torino. Una manifestazione importante, perché era una prima risposta delle Istituzioni a quanto avvenuto. Da quel giorno, c'è stata una grande risposta, una forte mobilitazione da parte delle Istituzioni, delle nostre Istituzioni italiane, europee ed internazionali. C'è stata soprattutto una forte mobilitazione dei cittadini di fronte a quanto è avvenuto, e la reazione del popolo e del governo americano.
E' di ieri la riapertura della Borsa. C'è voluto uno sforzo immenso per poter, in pochi giorni, in una zona che è un vero e proprio campo di battaglia, far ripartire la Borsa e far nuovamente decollare l'economia.
C'è dunque la voglia di tutti di lasciarsi alle spalle quanto successo e, soprattutto, di dare una risposta forte e compatta per combattere il terrorismo e vincerlo.
Non ritengo di dire altro, avendo già espresso una posizione che era quella di tutta l'assemblea.
Adesso, apriamo il dibattito affinché tutti i Consiglieri e i Capigruppo possano esprimere le loro valutazioni. Questo è il nostro modo per reagire, per dare una nostra risposta e prendere posizione.
La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Insieme ad altri Capigruppo avevo richiesto che per la giornata di oggi si aprisse un momento non solo di cordoglio e ricordo, ma anche di riflessione e discussione politica sui fatti che hanno riguardato, così drammaticamente, nei giorni scorsi, gli USA. Ciò nella convinzione che questa non sia una questione circoscrivibile agli USA, ma che, anzi, metta in gioco, in maniera drammatica, le responsabilità dello Stato italiano dell'Unione Europea e, più in generale, i progetti e le idee dell'ordine che, sul piano internazionale, vogliamo rispettato ed imposto per impedire che episodi di questo tipo si ripetano. Soprattutto, dobbiamo fare di questo momento un momento di reazione doverosa, un momento per promuovere ed affermare sul piano internazionale quanto i terroristi, negli USA, hanno voluto colpire.
Dobbiamo partire, innanzitutto, da questa considerazione: ciò che è stato colpito negli USA non è stato ciò che una certa propaganda, a volte beceramente antiamericana e antioccidentale, ritiene essere peggio dell'America isolazionista o rinchiusa negli equilibri e nella logica della guerra fredda. Ad essere stato colpito è esattamente il contrario. E' l'America che ha messo a disposizione del mondo, in particolare nel corso degli ultimi dieci anni, la propria "benedetta" potenza militare per andare ad intervenire laddove nessuno - a partire da un'Europa timida e vile voleva intervenire. E' stata colpita l'America che è intervenuta in Bosnia in Kossovo, l'America che alcuni anni prima era intervenuta in Kuwait, che continua pressoché da sola, non certo con il conforto dell'Unione Europea a difendere quell'unica isola di diritto e di democrazia nell'oceano del fanatismo mediorientale che è lo Stato di Israele.
Questa America è quell'America che consente a ciascuno di noi, a ciascun democratico europeo di dire - come ricordava a ridosso della strage Ferruccio De Bortoli - che "siamo tutti americani".
Questa non è retoricamente l'America dell'"arrivano i nostri", è l'America dell'"arriva il diritto e la democrazia" anche al di fuori di quegli scacchieri che coinvolgono direttamente gli interessi strategici o geoeconomici della potenza americana.
Gli interventi americani negli ultimi dieci anni, se si esclude l'intervento nel Kuwait, sono interventi totalmente gratis, su scacchieri tutti europei, in aree politiche ed economiche in cui il maggiore e più deciso coinvolgimento era quello dell'Unione Europea, in territori a volte a poche centinaia di chilometri dalle frontiere e dalle coste italiane, in cui centinaia di migliaia e milioni di cittadini perseguitati e terrorizzati hanno dovuto aspettare l'intervento delle Forze Armate americane per vedere riconosciuti e difesi i loro legittimi diritti.
Questo è il quadro in cui ci stiamo muovendo.
Se noi facessimo una riflessione a partire dalle risposte possibili e trasformassimo subito la nostra riflessione in una diatriba fra tifosi della guerra o dell'intervento di polizia internazionale, probabilmente non capiremmo nulla.
Noi dobbiamo reagire, sapendo che reagiamo ad un attacco non già ad uno Stato forte, ma ad uno Stato che si è fatto forte negli ultimi dieci anni innanzitutto della difesa del diritto e della democrazia in tutto il mondo.
Questo è un problema grave anche per gli Stati Uniti d'America, perch la loro risposta dovrà contare tatticamente - lo ricordava qualche giorno fa Barbara Spinelli - anche sull'apporto interessato di Stati e di Governi che non hanno le carte in regola per porsi a fianco degli Stati Uniti in questa lotta per il diritto internazionale. Dovrà contare sull'aiuto e verrebbe quasi da dire - sulla complicità della Russia di Putin, della Russia che sta facendo in Cecenia, nel silenzio degli organi d'informazione internazionale, quanto il governo di Milosevic andava facendo in Bosnia e in Kossovo. Dovrà contare sulla non belligeranza della Cina post-denghista che fa all'interno dei propri confini cose che noi neppure riusciamo ad immaginare, perché ovviamente non riusciamo a sapere. Dovrà contare sull'appoggio oppure sulla non belligeranza di numerosi Governi arabi, che nella pubblicistica internazionale passano per essere Governi moderati e che spesso, tanto quanto gli avversari storici degli Stati Uniti d'America all'interno dei propri confini e non solo, non rispettano il diritto e la democrazia.
Dovrà contare su tutto questo, perché non può, al momento, contare sull'Europa; non solo non può contare sugli Stati Uniti d'Europa, ma non può contare neppure sull'Unione Europea così come si va configurando. Non solo per ragioni istituzionali: molti sanno che l'Europa di Maastricht è un'Europa incompleta; è un'Europa senza politica internazionale; è un'Europa senza politica di difesa; è un'Europa che, in realtà, non ha un Parlamento abbastanza forte per imporre scelte importanti di politica internazionale. Ci sono anche ragioni politiche, perché è un'Europa che fatto salvo il Governo di Tony Blair, in tutte le occasioni degli ultimi dieci anni, se non trascinata per i capelli, ha aspettato l'ultimo momento per intervenire e per non pagare fino in fondo i prezzi e i costi altissimi della difesa del diritto e della democrazia in tutto il mondo.
Io, non certo da Consigliere regionale, neppure da militante politico ma da cittadino europeo, vorrei vedere un'Europa in grado di reagire con i propri strumenti, che non sono solo strumenti militari, ma anche strumenti politici. Vorrei vedere un'Europa che, ad esempio, rilanciasse una proposta che sempre più, anche in Israele, con molte opposizioni, si va imponendo: quella dell'ingresso dello Stato d'Israele negli Stati Uniti d'Europa nell'Unione Europea, come chiave di soluzione del conflitto, come copertura politica e militare della democrazia israeliana, ma anche come ponte rispetto alle "leadership" più moderate, più intransigentemente democratiche che, purtroppo ancora minoritarie, vanno emergendo nel mondo arabo.
Soprattutto vorrei vedere un'Europa che, in queste ore, non stia contabilmente a fare la lista della spesa dei prezzi che dovrà pagare per stare al fianco degli Stati Uniti d'America in queste ore e nelle prossime settimane, ma scegliesse di decidere secondo quella che molti continuano a riconoscere all'Europa come la propria vocazione: quella di essere un continente non solo democratico al proprio interno, ma in grado di affermare il diritto e la democrazia anche sul piano internazionale.
Solo questa Europa può diventare un interlocutore credibile per gli Stati Uniti d'America; solo questa Europa può, secondo le aspettative di molti, moderare reazioni statunitensi che rischiano di essere eccessive ed inopportune.
Un'Europa o un'Italia che si sfilasse da questo quadro e da queste coalizioni internazionali, innanzitutto in termini politici, non sarebbe più un interlocutore credibile per il Governo statunitense e per il popolo americano.
Che cosa possiamo fare noi? Forse possiamo fare una cosa molto americana, che ho l'impressione che molte forze politiche abbiano scelto di non fare in queste ore e in queste settimane. Da noi c'è subito chi ha approfittato per trasformare questo evento tragico avvenuto negli Stati Uniti in un esempio di bassa cucina politica interna.
Immediatamente è ritornata l'equazione: extracomunitari-clandestini terroristi; questo attacco è diventato lo strumento di giustificazione di un disegno di legge di riforma della legge sull'immigrazione attualmente in vigore. Questo evento è diventato uno strumento per diffondere e non già per arginare la paura nel nostro Paese.
Quello che noi possiamo fare da subito, sul piano interno e non sul piano internazionale, è fare quanto negli Stati Uniti d'America sta avvenendo: attaccati da un commando terrorista, con ogni probabilità di matrice islamica, si contano sulle dita di una mano negli Stati Uniti d'America gli esempi di intolleranza e di violenza nei confronti della comunità islamica americana. Dal Presidente degli Stati Uniti ai "leader" del Congresso, tutti quanti sono unanimemente impegnati per mantenere i musulmani americani all'interno della Nazione americana e non già per espellerli, ancorché propagandisticamente, e per dire anche a quei musulmani che sono americani, non solo perché cittadini statunitensi, ma perché difendono innanzitutto, negli Stati Uniti e spesso come militari dell'Esercito americano anche altrove, il diritto e la democrazia in tutto il mondo.
Quello che noi possiamo fare in questa regione e nelle nostre città è innanzitutto in queste ore, impedire che i cittadini torinesi, che i cittadini piemontesi abbiano paura degli immigrati extracomunitari per nascondere noi stessi, dietro questa paura, la paura molto più grande che ci impone il dovere di stare vicino agli Stati Uniti d'America in questo momento così difficile per la vita internazionale e così difficile soprattutto, purtroppo, anche per l'Europa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giordano.



GIORDANO Costantino

Grazie, Presidente e colleghi. Il nostro Gruppo esprime solidarietà agli Stati Uniti d'America, terra di democrazia e libertà, e ribadisce al Presidente della Giunta regionale di farsi portavoce, attraverso il Governo italiano ed europeo, affinché la nostra protesta possa giungere a coloro che sono stati colpiti da questo ingiusto attentato.
Tutto il mondo ha ricevuto rapidamente, attraverso i mezzi televisivi le immagini della spaventosa tragedia che hanno visto crollare le due torri simbolo della potenza economica statunitense, uccidendo un numero imprecisato di lavoratori e turisti.
L'attacco terroristico offende tutte le Nazioni civili, le quali dovranno rispondere in modo coeso ad atteggiamenti criminali di questo tipo, per far sì che tali atti non rimangano impuniti.
Il suddetto attentato risulta particolarmente grave, perché non sappiamo le ripercussioni che avrà sulla crisi in Medio Oriente: potrebbe ledere qualsiasi prospettiva di pace...



(Brusìo in aula)



GIORDANO Costantino

MARCENARO Pietro (fuori microfono)



GIORDANO Costantino

Protestiamo per l'atteggiamento assunto in aula, in occasione di un dibattito di questo tipo.



PRESIDENTE

Chiedo scusa al Consigliere Giordano e invito tutti i colleghi a prestare un po' di silenzio.



GIORDANO Costantino

A giudizio di esperti, l'attentato terroristico ha voluto colpire il simbolo dell'economia americana e con esso la sicurezza del semplice cittadino, inerme e indifeso.
Ancora più grave risulta l'aggressione al Ministero della Difesa simbolo della potenza militare americana.
Non credo che gli americani e tutto il mondo civile accettino questo tipo di umiliazione. Penso che, a seguito delle indagini, i colpevoli verranno puniti nella giusta misura. Sicuramente i terribili attentati al cuore americano cambieranno le relazioni diplomatiche nel mondo.
Mai una simile barbarie terroristica ha avuto un così grande successo nel penetrare nel sistema di sicurezza americano, considerato in assoluto quello più sicuro. Stupisce come lo stesso sistema, colto di sorpresa, non abbia dato segnali di reazione al mostruoso attacco; la mancata conoscenza dell'autore dell'atto criminale rende ancora più difficile la reazione del Governo statunitense, che si assume particolare responsabilità nell'individuazione dell'attentato terroristico.
Nel considerare gli attacchi subìti dagli americani a New York e a Washington sconvolgenti ed aberranti, esprimiamo il nostro più profondo cordoglio ai cittadini americani e ci auguriamo che tutte le Nazioni civili lavorino per sconfiggere il fenomeno "terrorismo", che nella storia dell'umanità ha prodotto milioni di vittime innocenti.
Non avrei mai pensato di dover un giorno assistere a quanto avvenuto l'11 settembre negli Stati Uniti. Un gesto tanto efferato lascia sgomenti tutti coloro i quali credono nella forza del dialogo e del confronto con le altrui posizioni, indipendentemente dalle condizioni economiche, dalle convinzioni politiche e dal credo religioso, convinti che la propria personale libertà trovi un limite invalicabile nella libertà e nel rispetto della dignità altrui.
La tragedia americana riguarda tutti poiché colpisce le basi stesse su cui si regge la nostra società civile. Dobbiamo, però, evitare che al dolore ed allo sgomento subentri il desiderio di vendetta indiscriminata.
E' necessario individuare e perseguire i responsabili rispettando le regole proprie dello Stato di diritto, evitando di abbandonarsi alla logica della rappresaglia, poiché il rimedio sarebbe peggiore del male e finirebbe con il fare il gioco di chi tira le fila del terrorismo e persegue la logica dell'odio, facendo leva sulle troppe disuguaglianze che esistono oggi nel mondo. Occorre isolare chi, seminando morte e distruzione, mostra di non aver alcun rispetto per la vita umana.
Non siamo, però, di fronte ad una guerra per così dire tradizionale non fosse altro perché il nemico non ha un volto e proprio per questo è molto più pericoloso ed insidioso. Gli Stati che credono nella democrazia devono unire gli sforzi per condurre contro il terrorismo un'azione ad ampio raggio sia in campo politico, sociale che economico e nella quale l'opzione militare rappresenti in ogni caso l'estrema "ratio" da utilizzare contro obiettivi mirati.
Quanto avvenuto negli Stati Uniti è la riprova che il terrorismo dispone di ampie risorse economiche e contro di esse deve essere indirizzata l'azione degli Stati. I Paesi che sostengono e danno rifugio ai terroristi devono essere banditi dalla Comunità internazionale.
Oggi i nostri cuori piangono ed il ricordo per quelle vite così tragicamente spezzate non ci abbandonerà mai, ma tutti insieme dobbiamo continuare a credere in un mondo più equo e più giusto affinché l'odio non uccida la speranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Caracciolo.



CARACCIOLO Giovanni

L'11 settembre 2001, aerei di linea dirottati dai terroristi si schiantano contro i grattacieli di New York e sul Pentagono. Le Torri di New York - simbolo della potenza economica - distrutte, il Pentagono simbolo della potenza militare - in fiamme, migliaia di morti, l'America umiliata in mondovisione.
Una catastrofe. Una cosa impensabile. Siamo di fronte al più terrificante attentato terroristico della storia. Ora siamo veramente in guerra. E quel che è peggio, il nemico è invisibile.
Quelle immagini strazianti rimarranno scolpite dentro di noi. E non riusciremo a cancellare dalla nostra memoria la scritta "America under attack" che la CNN ha scelto come titolo della più spaventosa tragedia dei nostri tempi.
Ci limiteremo a correggerla, come dice il Direttore del "Corriere della Sera".
E' tutta la civiltà sotto attacco. Uno shock destinato a cambiare il futuro del mondo.
Noi non sappiamo bene che cosa sarà più efficace e giusto fare, perch molto occorre studiare, provare, fare, collaborare, investigare, reprimere per riuscire a spegnere il mostruoso incendio che tutti minaccia.
Ma proprio per questo diventa decisiva la qualità della risposta che tutto quello che vuole definirsi "mondo civile" (non solo Occidente dunque) è chiamato a dare.
L'indice accusatore punta, è impossibile negarlo, al mondo islamico.
Alle sue frange oltranziste e frustrate, alle segrete complicità di alcuni suoi regimi, al suo fanatismo religioso mai davvero sconfitto. Il rischio da evitare è che tra Occidente ed Islam il solco si approfondisca, che sull'onda della violenza di pochi si arrivi allo "scontro di civiltà" previsto da Samuel Huntington. Non è questa la via da percorrere. Ma se ai colpevoli e soltanto a loro si deve giungere, l'Occidente dovrà saper porre il coordinamento della lotta antiterrorismo al centro dalle sue priorità.
Ma capiamo bene che cosa non si deve fare: non si deve pensare né agire come i terroristi, per i quali la morte di migliaia di innocenti è la forma normale per esprimersi ed esibire la loro infantile pulsione di morte.
Non dobbiamo dimenticare mai che sono proprio i valori migliori che la civiltà occidentale ha espresso nella sua storia travagliata - la libertà la tolleranza, lo stato di diritto, la secolarizzazione della società, il valore primario dell'identità individuale, la responsabilità soggettiva e personale - quelli che i terroristi vogliono colpire. E che dunque non possiamo rinunciare o ridurre nessuno di quei valori con la giustificazione di poter meglio combattere il male che ci circonda.
I terroristi vogliono invece azzerare le distanze tra loro e il simulacro bellicoso dello Stato loro nemico.
Quanto più ci obbligheranno ad essere simili a loro - cinici dispotici, intolleranti, indifferenti al dolore delle vittime, di tutte le vittime - tanto più si rafforzeranno ed accresceranno i loro consensi.
La forza dell'Occidente non sta tanto nella potenza dei suoi arsenali nell'improbabile invulnerabilità vagheggiata dai suoi scudi stellari, del resto ridicolizzati da un attentato cui sono bastati taglierini ed aerei civili di linea per avere effetti più distruttivi di un bombardamento convenzionale. La forza dell'Occidente sta nel fascino dei suoi valori più profondamente e radicalmente posti a tutela della persona umana.
Forse sarà anche inevitabile ricorrere ad un pur limitato e ben circoscritto e motivato uso della forza militare, ma sarà soltanto dalla capacità di risolvere o alleviare i conflitti, le tragedie e le ingiustizie disumane che straziano i due terzi dell'umanità, che si potrà sperare di far venir meno il consenso che i terroristi si sono brutalmente arrogati di rappresentare in nome dei poveri e dei vinti.
La vendetta è un sentimento umanissimo, antico quanto l'uomo, la cui disperata pretesa sarebbe ipocrita dissimulare nel vuoto di facili moralismi. Ma la vendetta non è mai stata in grado di restaurare la giustizia né di alleviare la sofferenza delle vittime: può solo accrescere l'odio, può aumentare le sofferenze, può allungare l'elenco delle vittime sacrificate alla sua fede feroce.
Questa è la lezione che l'Occidente ha appreso nella consapevolezza cruenta della sua storia, quella che può mostrare al resto del mondo per farselo alleato nella lotta contro il terrore, che tutti minaccia ed oggi racchiude.
Sulla condanna, senza limiti, di quanto è accaduto c'è stata unanimità non solo di tutto il mondo occidentale, ma di tutto il mondo civile.
Noi, come forza politica, nel nostro piccolo ambito, ci associamo a questa condanna esprimendo solidarietà al popolo americano. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Chiedo se ci sono altri interventi, magari realizzando l'alternanza fra maggioranza ed opposizione.
La parola al Consigliere Mercurio.



MERCURIO Domenico

Grazie, Presidente, farò un intervento molto breve. Dico subito che il dramma dell'America è il dramma del mondo. La ferocia dell'attacco è stata ed è rivolta contro la democrazia e la libertà della società occidentale.
L'America, in questi giorni, non ha risposto in modo isterico, ma ha aperto un dialogo con tutti i popoli che credono nella pace, nella libertà e nella solidarietà. L'America non ha sparato nel mucchio, ma sta riflettendo e molti non pensavano ad un atteggiamento così moderato da parte della più grande democrazia e dello Stato più potente del mondo.
L'America - dicevo - ha aperto un dialogo con tutti i Governi del mondo con quanti difendono i valori della vita, con quanti difendono i veri valori dell'uomo. Dall'altra parte, purtroppo, c'è l'ideologia della morte del terrore. Ci sono terroristi di alto livello, che dispongono di grandi risorse e di grande protezione e non sempre sono governi democratici, anzi! La risposta, dunque - e mi avvio alla conclusione - non può avere grandi differenziazioni nei rapporti con gli Stati Uniti d'America. Questa volta non possiamo fare grandi distinguo, questa volta occorre essere chiari, se possibile, e decisi, perché - ripeto - da una parte, ci sono i valori della vita e, dall'altra, - mi spiace dirlo - ci sono i valori della morte. Non c'è spazio, pertanto, per grandi mediazioni.
Gli Stati Uniti stanno riflettendo ormai da dieci giorni; come ho detto, non hanno sparato nel mucchio e non c'è all'orizzonte un'idea di quel genere.
Come italiano, sono d'accordo con quanti affermano che occorre essere solidali con il popolo americano e con il Governo degli Stati Uniti d'America.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliere Mercurio.
Per quanto riguarda gli interventi, avevo ipotizzato una scaletta, cioè un intervento di ciascun Capogruppo o suo delegato, a partire dai Gruppi più piccoli, fino ad arrivare ai Gruppi più grandi. Avevo, pertanto segnato gli interventi degli esponenti del Gruppo Misto, dei Consiglieri Moriconi, Chiezzi, Contu, Valvo, ovviamente facoltativo, dei Consiglieri Saitta, Brigandì, Galasso, Manica, Cattaneo e Deorsola. Se questo calendario può andare bene, possiamo procedere.
La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Pierluigi

Non so se questa scaletta derivi da un accordo dei Capigruppo o meno...



PRESIDENTE

No, è una mia idea.



MARENGO Pierluigi

Chiedo scusa, Presidente, ma credo che su un argomento di questo spessore, più che l'intervento istituzionale dei Capigruppo, occorra dare all'aula la possibilità di esprimersi attraverso tutti i Consiglieri che ritengano di portare la propria voce.



PRESIDENTE

Va bene, come non detto.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Grazie, Presidente. I drammatici fatti di questi giorni portano in evidenza, in modo deciso, la nuova forma di conflitto a cui dovremo sempre più abituarci. Sono terminati - è augurabile - gli scontri convenzionali tra grandi potenze, tra grandi sistemi economici e militari; c'è una nuova forma di pericolo per tutti, perché oggi, anche i Paesi come l'Iran o altri, sono preoccupati perché quella modalità di fare azione, di fare guerra, è una modalità che mette a rischio tutti e tutti sono un po' interessati a poter condizionare questo tipo di processo che, tra l'altro non ha probabilmente utilizzato tutta la sua potenzialità. Pensiamo solo agli attacchi batteriologici o chimici che, oggi, gruppi terroristici io credo siano tecnicamente in condizione di condurre e che avrebbero degli effetti drammatici, forse ancora più devastanti di quelli avvenuti a New York, che però hanno avuto il carattere della spettacolarità.
Dobbiamo anche dire che si è trovato un combustibile a questa nuova forma di conflitto che è l'uso della figura dell'uomo che sacrifica se stesso, del "kamikaze", in modo molto diffuso, che si innesta ovviamente su organizzazioni ricche, che si sono arricchite attraverso i meccanismi della finanziarizzazione dell'economia mondiale e che fanno leva su forme di fondamentalismo esasperato, di integralismo fanatico su cui si forgiano queste nuove leve di "kamikaze" che sono l'elemento nuovo rispetto al passato perché rappresentano un elemento che sconvolge ogni forma di possibilità di controllo.
Ritengo che gli Stati Uniti - e in questo senso non sono d'accordo con il collega Palma - avessero in questi ultimi periodi non dico tirato i remi in barca, ma in qualche modo sentito dei condizionamenti dalle tradizionali suggestioni isolazioniste.
Anche nella vicenda del conflitto israelo-palestinese, che è una situazione drammatica, credo che gli Stati Uniti non abbiano giocato adeguatamente in questi ultimi mesi le carte che potevano giocare. Sono stati in parte alla finestra: questo non vuol dire che l'Europa ha qualche ragione o qualche torto in più, ma certamente il peso e il ruolo, in quella vicenda, degli Stati Uniti poteva essere giocato con maggiore efficacia.
Sappiamo che gruppi antioccidentali, fermenti antioccidentali storicamente si sono determinati dalla fine dell'Ottocento, nel Novecento certamente, ma l'innesto su questa cultura storica di una forte spinta fondamentalistica fanatica, che è caratterizzata soprattutto dall'Islam in questo momento, è l'elemento che dà una forza enorme e pone alla civiltà dell'Occidente dei problemi reali, perché io credo che non si possa risolvere in un conflitto di civiltà, ma certamente l'integralismo, con le sue caratteristiche, cerca di far emergere uno scontro di civiltà che io credo che nessuno possa volere. Ed è chiaro che situazioni come quella palestinese o, per certi versi, situazioni come quella irachena o il groviglio di situazioni che si sono determinate nell'Afghanistan o, ad esempio, nelle Filippine, portano delle motivazioni forti a queste spinte integralistiche.
Poi non dobbiamo nasconderci, per non fare i verginelli, che dietro questo c'è un groviglio di interessi. Pensiamo solo agli interessi petroliferi nell'Asia in questo momento, nell'Asia ex sovietica, e pensiamo che cosa significa l'Afghanistan come linea di comunicazione e di transito per i grandi giacimenti dell'Uzbekistan che sono di livello pari probabilmente a quelli dell'Arabia Saudita. Non dobbiamo fare i verginelli perché attorno ad aspetti di diritto internazionale, di civiltà, ecc., ci sono anche grandi interessi, torbidi a volte.
Anche la vicenda dei Talebani non è così lineare, perché li hanno usati un po' tutti, quindi occorre stare attenti a non avere una visione mitica dell'intervento dell'Occidente. Più che una risposta militare (probabilmente anche questa è necessaria, dovrà però essere ben calibrata) occorre una risposta politica ed economica, perché una risposta militare non credo che tecnicamente possa sradicare le ragioni, le spinte di questo fondamentalismo islamico e nemmeno le risorse di offesa terroristica di cui dispone.
Occorre agire sulla crisi in Palestina. Il collega Palma prima accennava alla questione di dare una sicurezza, un ancoraggio ad Israele che si senta in qualche modo attraverso una forma di adesione con l'Unione Europea in una situazione di maggiori garanzie e gli permetta nella trattativa con i Palestinesi di essere più attento, di concedere probabilmente degli aspetti nella trattativa che oggi non è in condizione di fare sentendosi circondata e vivendo anche con qualche preoccupazione quella spinta isolazionistica che, dal mio punto di vista, mi pare di aver colto in questi ultimi mesi negli Stati Uniti.
Anche aree di tensioni diverse, lo stesso Iraq, sono importanti proprio per svuotare le condizioni ambientali, gli argomenti per il fondamentalismo fanatico. E' importante favorire l'area del Mediterraneo come un'area di pace, di proficuità dei rapporti economici, di vita, di solidarietà fra tutti i Paesi che vi si affacciano, in modo da togliere linfa (pensiamo alla drammatica situazione algerina, ma nemmeno a quella molto sicura in Egitto con i fratelli musulmani estremamente potenti). Bisogna far valere queste iniziative.
Occorre comunque evitare che questa sia una situazione più o meno lunga in cui vengono fermati tutti i processi: quelli dell'integrazione europea della costruzione di una politica di difesa e di sicurezza e di politica estera autonoma dell'Unione Europea. Dobbiamo evitare che ci siano alcuni anni in cui si fermano questi processi; dobbiamo evitare che l'ONU venga esautorata di tutto. Quando si parla di ONU si sorride, come a dire "non vuole fare nulla", perché l'ONU non è in grado di avere una reazione adeguata alla drammaticità della situazione. Questa è una situazione che porta ad un definitivo affossamento di quella che invece in questo momento dovrebbe essere una realtà mondiale chiamata in qualche modo a pronunciarsi. Pensate: un'intera settimana di silenzio dell'ONU! Nessuna richiesta di poter confrontarsi all'interno di quel consesso! Inoltre - lo voglio sottolineare - bisogna evitare che questi mesi o questi anni siano un momento nel quale la dialettica sociale, magari dura, nei Paesi occidentali debba stare attenta e non possa esprimersi, perché potrebbe mescolarsi con forme particolari. Io, per esempio, sono molto critico probabilmente con un punto di vista diverso da altri, sulla globalizzazione come sottrazione di sovranità agli Stati affidandola ad un qualcosa che non esiste oppure ad organismi tipo il Fondo Monetario Internazionale che fa ridere in termini di democraticità e di diritto internazionale. Per appunto - non vorrei che in questa situazione non si potesse più essere dialettici sui problemi della globalizzazione, perché sarebbe veramente un'operazione furbesca come quella del petrolio dell'Asia dove, all'interno di tutta l'azione di democrazia e di difesa del diritto internazionale intanto si piazza qualche bel colpo ai propri interessi economici petroliferi.
La lotta che si deve fare a questo terrorismo deve essere una lotta di tutti. Io credo che tutti saranno interessati: è una solidarietà pelosa quella della Russia, è una solidarietà pelosa quella della Cina, per certamente tutti sono consapevoli che il nuovo obiettivo è disinnescare questo tipo di terrorismo. Non sarà facile, oggi comunque dobbiamo impegnarci affinché almeno la risposta politica sia di pari rango rispetto a quella militare. Quella militare da sola - a parte che non ce la farebbe tecnicamente, a sradicare, sino alle profonde radici, questo fenomeno sarebbe insufficiente ad eliminare le ragioni di questi tipi di conflitti.



PRESIDENTE

Possiamo mantenere lo schema di massima che avevamo stabilito concedendo, ovviamente, spazio ai Consiglieri regionali che volessero ulteriormente richiedere di intervenire.
La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Pierluigi

Questa settimana ci siamo svegliati un mattino, abbiamo visto quelle drammatiche e terribili immagini, e ci è preso un senso di paura. Ma poi abbiamo capito che un bel giorno l'aereo, che noi avevamo sempre immaginato come fine ultimo del terrorismo (la bomba, l'aereo che esplode), da fine diventa mezzo.
Stiamo maturando che oggi lo strumento di morte, più che la baionetta è la Borsa. Tutti noi stiamo guardando, abbiamo guardato ieri e lo faremo nei prossimi giorni, con paura, timore e terrore, cosa succede in Borsa quasi che Wall Street sia più drammatica, in un certo senso, che il fatto in sé delle Torri. Abbiamo scoperto che la tecnologia, verso cui c'era stata una corsa da parte di tutti, tutto sommato si ridimensiona in quello che è l'episodio più rilevante di questo inizio secolo: la tecnologia non c'entra. Un coltellino, forse di plastica, forse di pietra, un qualcosina da niente, non tecnologico, ha creato questo disastro.
Ci siamo accorti, quindi, che il mondo forse è cambiato. Condivido coloro che dicono: "Niente sarà più come prima". Ma in una vicenda di questa natura, secondo me c'è un movente. Non può non esserci un movente.
Tutto il mondo sta guardando agli arabi, all'Islam, all'Afghanistan allo Sceicco miliardario. Ora, io vorrei andare oltre con il ragionamento.
Sicuramente, anzi, probabilmente, il proiettile usato è l'Islam, il fucile che ha sparato è l'Islam, qualche personaggio interno a questo mondo poliedrico e variegato. Ma, d'altra parte, se ho bisogno di manovalanza sporca, la vado cercare laddove il sistema me la genera.
Siamo sicuri però che sia proprio l'Islam, sia proprio questo mondo il mandante di tutta questa vicenda? Volevano morti? Se avessero voluto morti, non attaccavano le Torri Gemelle. Infatti, i morti sono stati 5.000, forse 6.000, magari 7.000 un'enormità, un qualcosa di inimmaginabile, ma molti di meno se quell'aereo fosse caduto sullo Yankee Stadium durante il Superbowl: i morti sarebbero stati 50.000. Allora, forse non erano i morti quello a cui miravano.
Il simbolo? Le Torri Gemelle non sono il simbolo di New York. Il simbolo di New York è l'Empire State Building, tant'è che su tutte le targhe di New York c'è scritto in piccolo "Empire State". Non sono il simbolo. Di cosa sono il simbolo le Torri? Del mondo economico, ma non del mondo economico americano, infatti si chiamano, giustamente, World Trade Centre: Centro del Commercio Mondiale. Sono il simbolo di un sistema economico, che non è squisitamente americano, non è di New York. E lì, è a New York, è in America, ma è il simbolo di un certo sistema economico. Ora tutto il sistema economico ultimo si è concretizzato in un sistema di multinazionali. Chi controlla le multinazionali, di fatto controlla il governo dei Paesi, del mondo, il WTO, e quanto ne consegue. Colpire quel sistema, vuol dire colpire il cuore del controllo di un intero mondo, un mondo che sappiamo essersi creato tutta una serie di strumenti tra il giuridico, l'economico e il finanziario a tutela di se stesso, ovvero l'inscalabilità delle grandi banche e delle grandi finanziarie.
Un mero passaggio di ragionamento: se colpisco al cuore questo sistema se azzero il management di quattro o cinque delle banche che controllano l'intero sistema, se colpisco tutto il sistema - e qui mi richiamo al discorso secondo cui l'aereo diventa un mezzo e come mezzo sono ben diverse le necessità di tutela e di protezione che devo apporre al traffico aereo e al sistema aeroportuale - ebbene, il traffico aereo è il mezzo di diffusione di questo sistema economico. L'America può vivere senza tante cose, ma non può vivere, nella sua economia, senza gli aerei. L'aereo è per l'America, l'elemento essenziale di vita. Il mondo economico occidentale ha nell'aereo il punto nodale di sviluppo. Le Compagnie aeree sono, anzi, erano, i gioielli nei portafogli delle grandi banche. Le Compagnie aeree sono scese del 35%, quella che è scesa di meno, e del 65 quella che è scesa di più ieri in Borsa.
Tutto il sistema assicurativo, che è il grande strumento di liquidità del sistema economico, è al tracollo. Certo, la Borsa è andata giù di sette punti, è chiaro. Ci sono stati interventi pesanti delle banche centrali dichiarati, ci sono stati interventi sul costo del denaro e non escludo che ci siano stati acquisti e riacquisti tra società, tra di loro, per mantenere vivaci gli scambi verso l'alto, ma il sistema economico è stato colpito, un sistema economico che adesso dovrà fare fronte alla ricostruzione e al mantenimento di quelle che sono le aziende che producono. Perché oggi l'economia si è spostata dalla produzione al settore finanziario. Queste grandi banche, come la Morgan - facciamo i nomi - nei prossimi giorni e nei prossimi mesi dovranno finanziare l'industria dell'alluminio, che non riuscirà più a produrre perché non si costruiranno gli aerei; dovranno finanziare le Compagnie aeree e non avranno le liquidità. Allora, ecco che grandi masse di denaro fluttuante, di denaro che oggi è lì dentro, ma non ha il controllo di questo sistema, potrebbero consentire scalate di quelle compagini societarie che sono il controllo del sistema economico e del mondo occidentale.
Non credo che le guerre oggi si facciano con le baionette: le guerre si fanno in Borsa. Un certo John Smith - uso un nome a caso - alle otto e mezza di quel fatidico giorno, si è salvato la vita piangendo, perché alle otto e mezza il suo capo l'ha chiamato in ufficio e gli ha detto: "Raccolga la sua roba. Le verrà pagata questa settimana, ma lei non ci serve più.
All'azienda non serve più". Lui, alle otto e mezza, ha raccolto la sua roba dalla scrivania, l'ha messa in una borsa ed è uscito dall'ufficio destinato a che cosa? Ad uscire da un sistema. Ora, secondo me, dobbiamo lavorare su questo sistema, perché è di lì che passiamo. Combattiamo ogni forma di terrorismo, andiamo ad eliminare quelli che sono i grandi mercati del proiettile e della manovalanza. Ma se non interveniamo su un sistema che sempre più, attraverso i Consigli di amministrazione, controlla il mondo, rischiamo di andare incontro a guerre che verranno combattute a colpi di azioni che, magari, nel cinismo del capitale, potranno coinvolgere persone e atti terroristici.
Nessuno mi toglie dalla testa che l'Islam sia stato il proiettile, che noi dobbiamo eliminare dalla faccia della terra, mentre il mandante di tutta l'operazione è il flusso di denaro: penso alla mafia russa e al cartello di Medellin. Nel mondo ci sono flussi di denaro immensi e con questa operazione tali organizzazioni potrebbero assumere il controllo di quelle otto-dieci-dodici banche che, di fatto, oggi, sono le padrone del mondo e hanno sostituito gli Stati, le persone e i Parlamenti nella sua guida.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mellano.



MELLANO Bruno

Avevo chiesto la parola per esprimere quanto ha già riferito il Consigliere Marengo, e cioè che mi sembrava inaccettabile la sua organizzazione del lavoro. Per cui mi volevo riservare la possibilità di intervenire se durante il dibattito valuterò di doverlo fare, quindi non vorrei che mi depennasse del tutto.



PRESIDENTE

Non depenno nessuno, la tranquillizzo.
La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Il primo pensiero indotto dagli eventi verificatisi circa una settimana fa è il cordoglio per le vittime innocenti, per il dolore dei familiari e a quanti sono stati colpiti dalla tragedia.
Il pensiero che segue è l'immediata condanna per tutti gli atti di terrorismo da qualunque parte essi provengano, perché sappiamo che quando entra in scena il terrorismo diminuisce lo spazio per la politica. Per sappiamo anche che soltanto con la mediazione politica si può sperare di risolvere i gravi problemi internazionali che stiamo vivendo.
Il violento e l'inusitato attacco svoltosi nel cuore della prima potenza mondiale ci dà molteplici segnali. Ci ricorda anche che la corsa agli armamenti non sempre risolve tutti i problemi e che non sempre le soluzioni di tipo militare servono allo scopo prefissato. Così, mentre si preparano investimenti multimiliardari per lo scudo spaziale, ecco che l'attentato arriva in modo imprevedibile e, probabilmente, tale difesa non lo avrebbe potuto evitare.
Tra le riflessioni che dobbiamo svolgere su questo attacco non dobbiamo dimenticare quelle sull'uso della forza e sull'importanza della giustizia.
Occorre fare giustizia e i responsabili devono essere individuati e giudicati. E' indubbio che occorre rilanciare il valore della politica e della giustizia nei rapporti internazionali.
Se è vero che le radici di questo atto terroristico vanno ricercate in Paesi non occidentali, non possiamo ignorare quello che avviene in quei Paesi. Le terribili situazioni che si realizzano nei Paesi del Terzo Mondo costituiscono un diniego alla nostra pretesa di costruire un mondo migliore e costituiscono indubbiamente un substrato sul quale può vivere più facilmente il fondamentalismo.
Vorrei ricordare due frasi tratte dal documento finale del Sinodo delle Chiese Valdesi, redatto prima dell'evento di New York: "Con orrore individuiamo nella produzione e nel commercio delle armi, che servono ad innescare conflitti di ogni genere e in special modo conflitti etnici l'emblema di un'economia sganciata da ogni principio morale. Riscontriamo la gravità senza precedenti della situazione attuale nel fatto che la violenza strutturale del potere economico e politico accresce a dismisura il deficit democratico nei nostri Paesi occidentali come nei Paesi del Terzo Mondo; e nel fatto che a livello globale non esistono i freni e i controlli politici che finora hanno circoscritto il potere economico a livello nazionale. Ciò consente le peggiori devastazioni ed un'economia sfrenata ed incontrollata".
Queste parole sono espresse dal massimo organo della Chiesa Valdese e non da estremisti di un qualche segno politico.
Comunque, dobbiamo ragionare sul fatto che il terrorismo rappresenta un momento doppiamente negativo perché, oltre a generare morti innocenti toglie spazio alla riflessione su quanto, come occidentali, possiamo fare per ristabilire la giustizia nel mondo.
Noi occidentali, tutti insieme, dobbiamo riconoscere le nostre colpe.
Abbiamo fatto troppo poco per portare la giustizia nel mondo. Abbiamo costruito poteri politici sovranazionali, come l'ONU, nei quali non vi è una sufficiente democraticità e i Paesi più ricchi, di fatto, sono i detentori del potere politico in seno all'organizzazione.
Se vogliamo veramente costruire la pace e, soprattutto, fermare il terrorismo, dovremmo, oltre a perseguitare i colpevoli di questo crimine lavorare per una vera democrazia a livello mondiale.
Un altro momento di riflessione lo dedicherei a coloro che hanno citato la parola "guerra" dopo questo fatto. In ogni caso, tale termine è spropositato ed improprio. Innanzitutto, quando si pensa ad una guerra si dovrebbe cercare un nemico e, in questo caso, è molto difficile individuarlo a livello di guerra. In questo caso, si tratta di un'azione di terrorismo e si devono individuare e colpire i colpevoli.
Vorrei ricordare il fatto che ogni giorno nel mondo si svolgono delle guerre che vengono dimenticate solo perché sono combattute in Paesi lontani dalle nostre latitudini e dai nostri stili di vita.
Vorrei che tutti insieme ci sforzassimo un po' di più per sconfiggere questi tipi di guerra che nel mondo si vivono tutti i giorni.
Dopo la caduta del muro di Berlino, molti hanno pensato ad un futuro in cui con una sola potenza mondiale si potesse abbandonare la politica a favore della prevalenza della sola economia.
Ebbene, la caduta del muro di Berlino, che ha segnato la caduta di un regime per milioni di cittadini, ha rappresentato la cessazione di un equilibrio strano e pericoloso, ma che esisteva a livello mondiale e che aveva permesso di reggere alle spinte velleitarie e massimaliste, nonch terroristiche.
Con la caduta del muro di Berlino si sono creati altri equilibri mondiali a cui non è stata data una risposta sufficientemente politica.
Le radici di questo atto - credo sia anche stato ricordato - vanno ricercate nelle disuguaglianze che abbiano costruito nel mondo, in quella forbice che stiamo allargando tra i Paesi poveri e quelli ricchi. Abbiamo trasformato i poveri del mondo, che sopravvivevano con le scarse risorse che trovavano nei loro Paesi, in miserabili e molti sono costretti a morire di fame. Ogni anno, trenta milioni di persone muoiono di fame nel mondo.
Mentre si diceva di lavorare per superare le disuguaglianze, abbiamo, di fatto, reso i poveri sempre più poveri. Il reddito annuale delle 225 persone più ricche del mondo supera la somma dei redditi del 47% della popolazione mondiale: 225 persone vivono con più soldi di 3 miliardi di persone! I poveri non sono colpevoli del terrorismo, ma sappiamo tutti che nella miseria si può facilmente trovare, più che altrove, la manovalanza per certe azioni.
Su questi fatti noi, come occidentali, dobbiamo lavorare, pensare e costruire se vogliamo fermare il terrorismo.
Credo che nei giorni a venire si dovrà cercare di uscire dagli schemi prefissati e ragionare a largo raggio sulle vicende che abbiamo vissuto soprattutto per rilanciare il valore della mediazione politica. La mediazione politica deve chiedere a tutti i Governi dei Paesi occidentali che si evitino ritorsioni militari; che si persegua la vera giustizia ovvero la ricerca dei colpevoli e la loro condanna tramite un giudizio corretto; che non si generi una spirale di violenza, perché proprio chi è più forte deve poter perseguire la giustizia e non la ritorsione; che si dia corso a politiche in grado di risolvere veramente i problemi economici che creano tanti, troppi miserabili nel mondo, ed infine che l'Europa ritrovi la sua autonomia politica.
Mi auguro che il Consiglio regionale del Piemonte arrivi oggi ad una visione univoca sulla tragedia che abbiamo vissuto in diretta e che si possa formulare una presa di posizione unitaria, perché una riacquisizione di importanza politica dell'Italia e dell'Europa finirebbe per giovare alla causa della pace in tutto il mondo e anche agli stessi Stati Uniti d'America.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Esprimo piena, totale - e senza alcuna incertezza - solidarietà alle vittime innocenti, all'intera popolazione e agli Stati Uniti, colpiti tutti quanti - da questo infame attacco terroristico. Le parole contano. E penso che quel martedì, in cui in molti siamo stati richiamati ad assistere a quel terrificante atto, questo elemento di ripudio, di solidarietà a tutto - alle vittime, agli Stati Uniti, all'intera popolazione statunitense ci unisse in modo non formale.
Veder bruciare quegli edifici e la gente buttarsi nel vuoto è stato innanzitutto un atto di totale disumanità. Ma cosa c'è nelle menti e nei progetti di coloro che possono pensare ad un atto di quel genere? C'è qualcosa di estraneo anche all'umanità, al senso della vita, al domandarsi di cosa è fatta la vita.
Quindi, solidarietà totale, senza distinguo, senza "ma", senza un bel niente.
Quell'atto terroristico è un atto contro tutti noi, e lo dice persona che - sapete - per idee e per storia non ha lesinato e non lesina critiche al ruolo che gli Stati Uniti hanno avuto, hanno e - chissà? - magari avranno ancora nel mondo.
E' un'altra vicenda, perché questo atto terroristico tappa la bocca e colpisce tutti coloro che in ogni Stato - e ce ne sono in ogni Stato pensano, si impegnano, lottano e spendono la propria vita per fare in modo che i problemi che ci sono nel mondo - e questi problemi sono tanti, gravi e terribili, e sono momenti di tragedia diffusa - e tutti i conflitti che ci sono nel mondo, anche vicino a casa nostra, vengano risolti con le armi della pace.
Questo è un atto terroristico contro tutti coloro che si spendono affinché la diplomazia, le trattative, i tavoli di confronto, le mediazioni, i compromessi, siano gli strumenti, le armi e gli obiettivi per risolvere problemi e conflitti.
Questo è un colpo deciso a tutti costoro, ed è un segno, invece, di simpatia, di amicizia, un incoraggiamento verso tutti coloro che viceversa - di fronte a problemi così acuti, ai baratri così profondi che dividono l'umanità nelle loro condizioni di vita, pensano che questi problemi debbano essere risolti con le armi, con le guerre, con l'uso della forza militare. Questo è lo spartiacque! Vedendo cadere quei grattacieli ho pensato che a molti, a quel punto venisse in mente l'idea che era ora di finirla, che non se ne poteva più e che con le armi bisognasse rispondere a quell'attentato, ma - di conseguenza - a tutti i problemi che direttamente o indirettamente quell'attentato evoca. Quei terroristi sono i peggiori nemici dei Palestinesi! I peggiori nemici! Non c'entra nulla il diritto del popolo palestinese con questo atto terroristico; anzi, questo elemento provoca una situazione in cui il problema palestinese più difficilmente verrà risolto.
In quel momento, ho sentito una rivolta dell'umanità nei confronti di quell'atto.
Mi piacerebbe che la stessa unità che mi è parso di sentire nel ripudio di questa logica, nel ripudio di quello che probabilmente nella testa di molti è un progetto di governo del mondo - si governa con le armi - fosse duratura; mi piacerebbe tanto che durasse anche - un'unità larghissima nella risposta che, innanzitutto gli Stati Uniti d'America, ma tutti insieme - perché inizialmente gli Stati Uniti d'America non si sono isolati daremo. Mi piacerebbe tanto che durasse il ripudio del terrorismo e la volontà di cercare di risolvere i conflitti sedendosi a dei tavoli e facendo lavorare gli ambasciatori.
Non ho ancora perduto questa speranza, che in questi giorni ha avuto momenti buoni e momenti di sconforto. Momenti buoni perché le riflessioni sono state plurime. Ho letto in alcuni articoli di Generali - che non stimo molto prudenti sull'uso della forza: "Sì, certo, si colpiscano; si prendano i colpevoli, ma chi sono, innanzitutto? E dove sono? E come si fa a colpirli, a prenderli, a consegnarli alla giustizia internazionale?". Ho sentito atteggiamenti e parole, anche in campo militare - che i militari non facciano mai politica! - che sottolineavano i problemi: spero che questi problemi rimangano.
Temo - lo dico con sincerità - una risposta di guerra. Penso che la risposta di guerra e lo stesso uso di quella parola - che è già stato fatto finché è un uso, forse si può ancora fermare.
Temo la risposta di guerra, perché temo che questo sia quello che vogliono i terroristi: i terroristi miliardari, che muovono le Borse, che fanno affari, che non hanno in testa la causa dei diseredati e dei poveracci, ma forse il controllo degli oleodotti e del petrolio.
Temo che dietro un disegno di quel genere ci fosse la quasi certezza o la speranza della risposta di chi deve rispondere (gli Stati Uniti) e della comunità internazionale. Non uso la parola "Occidente", perché mi sta sull'anima questa divisione del mondo tra Occidente e non Occidente.
L'Afghanistan è Occidente rispetto alla Cina e al Giappone. Io non mi sento occidentale: mi sento cittadino del mondo e vivo e sono nato in un Paese ricco, come tutti voi, e, vista dai diseredati del mondo, la nostra qualità della vita rispetto all'uomo più ricco d'Italia è inesistente - siamo coincidenti, visti da laggiù.
Spero che non ci sia una risposta di guerra; spero che non ci siano i bombardamenti, che colpirebbero inevitabilmente popolazioni innocenti spero che vengano individuati e puniti non gli esecutori (quelli sono già stati puniti), ma venga individuato e punito chi ha progettato, chi ha fiancheggiato, chi si è colluso, chi è stato complice, chi ha omesso tutte le azioni che potevano permettere a questo evento di non realizzarsi. Spero in questo e mi affianco a tutte le voci che vanno in tale direzione.
Attenzione, Stati Uniti: siamo tutti solidali e siamo tutti insieme a voi preoccupati che una nostra risposta vada nella direzione giusta.
Bisogna togliere l'acqua al terrorismo. E per togliere l'acqua al terrorismo occorre che l'uso della forza da parte dei più forti sia un uso secondo le regole del diritto, con le finalità della pace e gli obiettivi di giustizia: prendere le persone giuste e punirle, anche duramente, anche con l'uso delle armi, ma punire le persone giuste.
Sui giornali si sono lette notizie oscillanti, anche diverse, alcuni hanno sottolineato la necessità che gli Stati Uniti facciano da soli il primo passo; forse era bene che il primo passo lo si facesse tutti insieme.
Insomma, quello che volevo dirvi, cari colleghi, è che, per quel che vale il piccolissimo intervento di una minuscola persona in quest'aula, lo sforzo deve essere quello di dire "lottiamo tutti insieme" e chi pensa e chi lavora per condurci in un mondo in cui ogni conflitto viene risolto con la forza e non con la trattativa venga sconfitto sin da subito. E ogni passo in direzione contraria renderà difficile tutto questo.
In questo penso, che l'Europa possa far sentire di più la sua voce.
Anche in Europa si ragiona, si ragiona alla pari anche con la grande potenza degli Stati Uniti. Facciamo crescere questo pensiero europeo questa volontà di contare, ma sempre con le finalità di pace. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Contu.



CONTU Mario

Intervengo in questo dibattito e non nascondo che lo stesso si svolge sotto l'emotività dei fatti gravi che sono accaduti. Naturalmente, come ogni risposta emotiva, questo può prevalere sul ragionamento e sulla politica.
Innanzitutto, credo che vada manifestata - lo abbiamo fatto tutti - a prescindere dalle appartenenze, la solidarietà al popolo americano tutto.
Quello che è successo, un grave atto criminale, un grave atto di terrorismo, ha ucciso vittime innocenti, che niente hanno a che fare con la guerra e soprattutto che oggi, sulla base di questa spinta emotiva, sono arruolati in una nuova crociata del bene contro il male.
Personalmente, starei molto attento, colleghi, a questa semplificazione. Guardate che stiamo imboccando la spirale, fagocitata anche dai "media", terrorismo - guerra - terrorismo. E' una spirale perversa. La richiesta di vendetta non va confusa con tutti gli strumenti che i Paesi sovrani hanno per definire le controversie internazionali.
Qualcuno ha detto "è un nemico fantasma"; questo fantasma, però, è stato immediatamente materializzato, e qual è oggi lo slogan imperante? Bisogna dare una risposta esemplare, bisogna intraprendere una nuova crociata dell'Occidente contro l'Oriente, che semplificato cosa vuol dire? Scateniamo la guerra contro tutti coloro che sono conniventi con il terrorismo. E siccome questi luoghi hanno una collocazione geografica e questa collocazione geografica definisce anche la sovranità degli Stati allora io credo che il ragionamento che dobbiamo fare sia quello di interrogarci prima di tutto se sia legittimo che oggi invocare l'art. 5 del Trattato dell'Alleanza Atlantica non ci possa cacciare in quella perversa spirale che potrebbe portare solo devastazione, morte e lutto.
Il mio ragionamento è molto semplice, anche se facciamo un dibattito difficile, lo ripeto, sotto la spinta dell'emotività dei fatti che tutti condanniamo.
Credo che oggi questo Consiglio, al termine di questo dibattito, debba prendere posizione, debba uscire con un ordine del giorno e questo ordine del giorno dovrà essere il più possibile unitario. Mi appello, da questo punto di vista, alla sensibilità che tutti noi abbiamo affinché questa spirale venga interrotta.
E' nostra intenzione, Presidente - prima ho interloquito in modo informale appunto con il Presidente - sottoporre all'attenzione dell'aula un ordine del giorno. Come intendo articolare questa proposta? Certamente nell'espressione della più ferma condanna a quanto successo, certamente nella manifestazione di solidarietà alle vittime, ai loro familiari, al popolo americano tutto, ma esprimendo la preoccupazione di tutti per quello che oggi può trasformare il desiderio di vendetta di uno Stato sovrano in una guerra planetaria, perché di questo si tratta.
Fatti anche recenti ci hanno dimostrato che non esistono operazioni chirurgiche: qualsiasi iniziativa verrà assunta, trascinerà in questo vortice migliaia e migliaia di vittime innocenti, che con Bin Laden, con i governi autoritari di quei Paesi niente hanno a che fare, che lottano quotidianamente un'altra battaglia: quella per la sopravvivenza. Ci sono immagini impressionanti di quanto sta succedendo in Afghanistan: milioni di persone in marcia verso i confini; milioni di persone che fuggono dai possibili luoghi di conflitto. E' un esodo biblico sul quale tutti ci dobbiamo interrogare.
Quale può essere la risposta di un governo sovrano? Noi abbiamo una Costituzione; l'art. 11 è chiaro ed esemplare nella sua semplicità. Tale articolo recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Qui non siamo in presenza di una guerra dichiarata. Non c'è uno Stato sovrano che ha dichiarato guerra agli altri. Ebbene, gli americani vogliono trasportare tutto l'Occidente su un terreno di guerra, perché è evidente il richiamo all'appello dell'art. 5. Occorre ristabilire la sovranità di un organismo che qualcuno potrà pur considerare un ferro vecchio, ma che è l'ONU.
L'art. 5, di cui tanto si è discusso, ha due capoversi. Il secondo capoverso obbliga gli stessi alleati ad informare l'ONU degli strumenti e delle scelte che si intendono operare, e tali scelte cessano nel momento in cui l'ONU ha individuato la soluzione della controversia internazionale che si è messa in campo.
Credo - apprezzo l'intervento del Consigliere Chiezzi - che la strada da imboccare, da umili cittadini, al di là del ruolo istituzionale che rivestiamo, con la solidarietà di massa che si è manifestata in tutto il mondo, rispetto agli avvenimenti, sia quella di perseguire una politica di pace, di cooperazione e di sviluppo dei popoli.
Guai se la scelta che noi operiamo fosse quella di calarci l'elmetto sulla testa e ritenere che siamo alla vigilia di una nuova crociata - come dice il Presidente Bush - del bene contro il male. Guai se questo si verificasse! La nostra proposta è semplice: si pronunci il Consiglio regionale sul dettato costituzionale, sul riconoscimento dell'ONU come organismo sovrano tra gli Stati, per definire le controversie istituzionali. Si imbocchi la strada del diritto di tutti i popoli ad avere una patria e una terra in cui vivere e lavorare in una prospettiva di pace e di sviluppo.
Credo che questo possa rappresentare un momento di sintesi del pensiero comune. Se noi imbocchiamo la strada di quale può essere la risposta militare più efficace, credo che a perderci saremmo tutti noi, ma soprattutto, il diritto alla vita di migliaia e migliaia di persone che rischiano di essere le vittime innocenti di questo conflitto, forse voluto da altri.
Non trascurerei mai un altro aspetto sul quale dobbiamo riflettere. Si è parlato di scudo stellare, si è parlato di tutto quello che pu riguardare il sistema di sicurezza, però un manipolo di uomini ha fatto saltare questo meccanismo. Un manipolo di uomini che nel 2001 esalta il martirio.
Sono rimasto molto colpito che la sera prima dei fatti tragici dell'11 settembre, in prima serata, il TG3 abbia, nella trasmissione dedicata ai grandi fatti della storia, trasmesso un servizio di due ore sui "kamikaze" giapponesi.
La sera prima. Sono rimasto molto colpito, cercavo di capire qual era la psicologia e la motivazione forte, ideale che spingeva migliaia di giapponesi ad immolarsi per la difesa della patria, per la difesa del monarca o dell'imperatore.
Badate, dentro i nostri inni il riconoscimento a morire per la propria patria è esaltato. Persino la cristianità beatifica prima e poi santifica i suoi martiri. Stiamo molto attenti, perché quello che sta succedendo esalta i fondamentalismi: legittima le scelte di chi decide di morire per la propria patria, immolandosi come martire.
Si torna quindi alla spirale perversa che si può innescare: terrorismo guerra - terrorismo in una spirale senza fine.
Credo si debba dire "no" a tutto questo e di fronte alla prospettiva di guerra invocare un'altra prospettiva che è quella della pace.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOSELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deorsola.



DEORSOLA Sergio

Intervengo con alcune considerazioni.
Innanzitutto, le più sentite condoglianze alle famiglie colpite e la piena solidarietà al popolo della Nazione americana.
Inoltre, alcune valutazioni su quello che ha rappresentato e rappresenterà il tragico 11 settembre nella nostra vita futura.
Improvvisamente, anche se molti osservatori politici lo avevano rilevato abbiamo scoperto che non è possibile, con tutte le risorse di "intelligence" che sono state poste in essere, avere una copertura totale rispetto a fatti specifici, a fatti che hanno poi dimostrato tutta la loro gravità e tutto il loro potere negativo.
Quella che spesso è stata definita in questi giorni un'operazione di guerra, credo che, al di là dei nominalismi, debba essere ben inquadrata.
Sono fatti di terrorismo e al terrorismo si deve rispondere con una lotta forte. A me non piace chiamarla guerra, perché la guerra siamo abituati a vederla realizzata tra Stati. Qui non abbiamo uno Stato che ha colpito gli amici degli Stati Uniti, ma abbiamo qualcosa di diverso e di più difficile da individuare, anche se, sempre sui giornali, leggiamo di presunte responsabilità. L'operazione tragica compiuta contro le due torri non è paragonabile all'operazione di Pearl Harbor, perché in quell'occasione anch'essa tragicissima, si era di fronte ad un'operazione di uno Stato. Qui abbiamo l'operazione di centrali terroristiche che sono difficili da individuare, e la risposta dovrà essere ferma e decisa di annientamento delle cellule terroristiche, non di annientamento di Paesi, ma dei responsabili veri. Condivido, infatti, chi sostiene che devono essere individuati i responsabili.
Non vedo una responsabilità oggettiva diffusa che giustifichi operazioni che vanno oltre l'individuazione certa e la punizione ferma e decisa dei responsabili.
Cosa ha tragicamente richiamato alla nostra attenzione l'operazione dell'11 settembre? Che i rapporti internazionali sono destinati a trovare dei cambiamenti, delle modificazioni. Auguriamoci che questo non voglia dire, per gli amici americani, il ritrarsi nel loro continente - tentazione che potrebbe venire ad alcuni - e che non si lasci, in omaggio ad un principio di sussidiarietà mondiale, che le guerre locali e gli affari locali vengano gestiti solo localmente.
Auguriamoci che non si perda quel principio di democrazia che si vorrebbe introdurre e consolidare nei rapporti tra gli Stati, che non ci sia un'involuzione di quella che è stata la grande scelta della globalizzazione, della mondializzazione dei rapporti, anche se questa globalizzazione, che è un principio generale, deve trovare nell'azione concreta dei momenti in cui dare spazio alle peculiarità locali.
Il dibattito di oggi - doveroso e condiviso - si scontra però con un limite oggettivo: noi possiamo solo fare un'azione diffusa di tipo culturale, di invito politico, e solo in questo modo abbiamo concrete possibilità di incidere ed intervenire. Il nostro contributo deve, per quanto ci è possibile (e in questo senso condivido l'effettuazione del dibattito odierno), tendere a far sì che nei rapporti e nelle contese internazionali prevalga il senso della politica, della composizione dei rapporti, fin quando è possibile, con un'opera di mediazione politica e di confronto di idee. E se le controparti non accettano questi principi noi non dobbiamo tirarci indietro.
Anche da parte nostra, come Regione, ci sarà la piena adesione, il pieno sostegno affinché il terrorismo venga debellato nel sistema dei rapporti, affinché prevalga il senso della politica e del confronto tra le idee.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Saitta.



SAITTA Antonino

Il collega Deorsola, nella parte finale del suo intervento, si è posto l'interrogativo sull'utilità e sull'incidenza di un dibattito su questi temi.
Credo che abbia fatto bene a porre tale interrogativo: per la scarsa attenzione si ha la sensazione di compiere un rito inutile. Altri l'hanno già compiuto: l'hanno compiuto i nostri governanti nazionali, lo stanno compiendo le sedi internazionali.
Io sono dell'opinione che il dibattito e il confronto siano utili perché su questi temi deve esserci un approfondimento tale da generare una presa di posizione la più diffusa possibile, che riguardi non soltanto il Parlamento nazionale, ma tutte le assemblee elettive.
E' utile perché, come qualcuno aveva previsto, dopo la fase dell'emozione e della condanna (interpretata bene - e voglio dirlo - dai nostri Presidenti Cota e Ghigo), stiamo entrando nella fase - com'era prevedibile - dei distinguo, della riflessione più attenta. Certamente, nel fare questa riflessione, ciascuno si porta dietro il bagaglio di altre esperienze, di altri fatti di guerra. Non mi riferisco soltanto alle guerre mondiali, ma anche alle guerre avvenute dopo la seconda guerra mondiale.
Rischiamo un po' tutti di rifarci ad uno schema tipico in cui si cade qui in Italia: prima la grande emozione dopo gli avvenimenti, poi la riflessione, i distinguo, i ragionamenti politici, ecc.
Credo che in tutti noi prevalga l'opinione - e per quanto riguarda il mio Gruppo di questo sono convinto - che questa volta si tratta di qualcosa di diverso e che quindi, trattandosi di qualcosa di eccezionale, per forza di cose le risposte non possono che essere diverse ed eccezionali.
Non c'è soltanto la necessità di un richiamo - che è logico - a motivi di carattere umanitario o alla pace, che fanno parte della civiltà occidentale: il problema è giudicare quello che è capitato. Ciò che è capitato è un attacco forte alle democrazie occidentali, alle stesse democrazie che garantiscono il confronto e la tolleranza. Si tratta dunque di un attacco al nostro patrimonio della libertà.
Se tutti lo intendiamo così, le risposte non possono che essere eccezionali, il che non implica la "guerra di religione". Assolutamente.
D'altronde, al di là di ciò che possiamo dire noi, gli stessi Stati Uniti d'America, oggetto dell'aggressione, a partire dal loro Presidente hanno dato una grande dimostrazione di saper distinguere le questioni. Non credevo neppure che una potenza così fortemente ferita avesse la capacità di essere razionale. L'America ed il suo Governo sono razionali, sanno perfettamente che il mondo arabo è un mondo complesso, al di là di ciò che diciamo noi, e sanno perfettamente che un attacco in senso classico non pu che essere pericoloso, perché chissà a cosa potrebbe portare! Siamo di fronte ad una democrazia occidentale che sta davvero dimostrando di essere una grande democrazia, che si assume le responsabilità fino in fondo.
Credo che questa vicenda richieda all'Unione Europea - com'è stato ricordato prima dagli amici del Partito Radicale - un salto di qualità rispetto al passato: non c'è più tempo né spazio per nascondersi dietro ai bizantinismi su cui abbiamo insistito in passato.
Anche per il nostro Paese questa è una fase che richiede coraggio grande serietà ed onestà, anche dal punto di vista intellettuale. Certo, il compito che ha di fronte l'Occidente è quello di far saltare questo corto circuito pericoloso tra fanatismo religioso e mondializzazione.
La mondializzazione ha provocato anche questo: non dico che è un suo effetto, ma ciò che è capitato ha congiunto fanatismo religioso e mondializzazione, ed è questo un elemento su cui occorre riflettere.
In ogni caso, l'attacco all'America ci ha posti in una situazione di grandissima insicurezza. Ciò cui abbiamo assistito non è soltanto il fallimento delle strategie politico-militari, quei tragici fatti hanno creato in tutti noi un senso di insicurezza, perché ci hanno fatto capire che tutti noi possiamo essere vulnerabili.
Se così è, la risposta non può che essere precisa, puntuale, attenta.
Permettetemi di giudicare: finora il comportamento degli Stati Uniti è stato di grandissima dignità, e non possiamo che rispettarlo, condividerlo e sostenerlo, anche perché nelle nostre valutazioni non possiamo dimenticare che gli USA sono la democrazia "leader" del nostro mondo, e chi la colpisce vuole colpire anche la civiltà occidentale.
La campana questa volta è suonata anche per noi, non possono esserci distinguo, e allora credo che occorra riflettere attentamente per evitare errori, però bisogna evitare e superare le divergenze del passato, perch la situazione è diversa. Non dobbiamo dimenticare, in sostanza, quello che è realmente capitato.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio

Presidente e colleghi, ho seguito con attenzione il dibattito, e posso dire che, per i toni e per il livello alto, soprattutto da parte di chi non è contiguo alle mie posizioni culturali e politiche, ho subìto, in una emozione più grande, un'ulteriore emozione più piccola che questa contiene.
Voglio però fare qualche riflessione su questa vicenda e su questo dibattito affinché venga superato il momento dell'emozione e della commozione, ma che dall'emozione e dalla commozione si possano trarre insegnamenti e linfa anche per un rapporto unitario, quanto meno nella ricerca di quei valori condivisi.
Vi è un po' un indice di questo dibattito che si articola su un'umanità ferita, sull'esigenza di unità, onore al popolo americano, l'Europa l'Occidente, la vocazione e la viltà dell'Europa e dell'Occidente, che non è di questi giorni. Semmai vi è stata qualche viltà antica, che ha lasciato traccia e segni nella storia dell'Occidente.
Oggi siamo su una strada o comunque dobbiamo essere su una strada di riscatto, di ripensamento e di rimeditazione.
E' stato invocato l'ONU e il suo ruolo. Mi soccorrono, come ricordi storici, i fallimenti della Società delle Nazioni, cioè come i momenti cruciali per l'umanità intera in cui questi organismi denunciano tutta la loro inadeguatezza. E non è che invocandola si risolvono i problemi, perch i problemi dobbiamo cominciare a risolverli nel corpo di ognuno, con una vocazione a riconoscerci nel più grande corpo di tutti, pur con le diversità, pur con tutte le differenziazioni, pur con tutte le identità che vanno rivendicate, ma non per questo devono diventare motivo di conflittualità.
Vi è una richiesta continua di punizione senza vendetta, ma debbo dire che è un'esigenza espressa e mi pare sia un'esigenza che già si respira nell'aria e nelle parole dei responsabili di questa vicenda.
Vorrei fare un riferimento a personaggi come Kofi Hannan e qualche recupero culturale su Tocqueville e Benson.
Su Kofi Hannan voglio dirlo subito, perché questo può essere uno dei motivi conduttori di questo dibattito, uno dei motivi conduttori di queste riflessioni.
Io avevo organizzato, qualche tempo fa, un convegno sulla globalizzazione e avevo mutuato le espressioni di Kofi Hannan per cogliere il respiro di un'esigenza unitaria, nel rispetto dei ruoli degli Stati.
Debbo però dire - ecco perché cito Kofi Hannan - che dobbiamo stare attenti alle parole, e quanta più responsabilità abbiamo, tanto più alta deve essere la responsabilità e la cautela nell'usare le parole.
Ovviamente, non voglio fare ricorso ad alcuna strumentalizzazione.
Ripeto: la richiamo soltanto come motivo di riflessione per noi.
Kofi Hannan, proprio qualche settimana fa, ha suscitato polemica perch aveva in definitiva attaccato Israele, che si faceva quasi scudo dell'olocausto per le pretese attuali. E' stata un'uscita improvvida, che ritengo abbiamo il dovere di denunciare, ma abbiamo anche il dovere di raccogliere l'insegnamento che da quella imprudenza è emerso - ovviamente non faccio alcun accostamento, non vi è alcuna audacia storico cronachistica sul punto.
Lo faccio perché queste vicende devono servire a noi, noi che siamo qui, quindi possiamo dire che servono soprattutto a noi per riflettere.
Pertanto, volevo riprendere l'indice per dire che l'opera devastante dei terroristi, pur mossi probabilmente da sentimenti religiosi, comunque obbedisce ad un nichilismo, ad un disegno nichilistico assurdo, da respingere comunque a priori; ci sono delle condizioni in cui bisogna prendere posizioni a prescindere.
Allora: onore al popolo americano, onore alle istituzioni, al Governo americano, perché dobbiamo avere anche la forza di dire questo. Voglio, con voi, ad alta voce, fare una riflessione, perché ci troviamo di fronte ad un popolo dove un po' si celebrano i fasti della globalizzazione dei popoli.
E' riuscito ad unire etnìe, religioni, culture e razze diverse. Devo dire che prima d'ora non ho mai raccolto con convinzione quelle indicazioni al patriottismo della Costituzione. Ammetto che mi sbagliavo, perché quella molteplicità di popoli, di culture, di etnìe e di religioni, non poteva che essere unito dal patriottismo della Costituzione.
Quindi, vediamo come possiamo recuperare l'importanza del dato normativo, che non deve essere relegato soltanto al ruolo di ingegneria costituzionale, ma il sentimento di un popolo che, nella norma nell'organizzazione e nella regola, deve trovare il motivo di unità e l'occasione e lo stimolo per meglio operare.
L'Europa, pur con qualche cautela, sta dimostrando di non incorrere in viltà antiche: questo è un fatto positivo.
Di fronte ad un episodio terroristico così devastante, non si può non dare una risposta rigorosa; in questo raccogliamo la sensibilità e le preoccupazioni che il senso e l'esigenza di giustizia non diventi occasione di vendetta. Ma la punizione deve esserci. Questa proposizione non può e non deve costituire motivo per ipocriti, il distinguo per infecondi e il distinguo per l'umanità intera.
Gli episodi di questi giorni ci fanno riflettere su due scrittori profetici, pur diversi, quale Tocqueville, che già nel 1835 aveva prefigurato lo scenario del XX secolo, e Benson che, con un libro scritto nel 1917, prefigurava il 1989 come svolta per i popoli. Dobbiamo riflettere, perché certi segnali che ci arrivano ci devono rendere guardinghi, ma soprattutto ci devono far capire che non possiamo lasciarci travolgere. Dobbiamo impedire quella che Boris Biancheri denuncia su "La Stampa" di oggi: "Impedire una saldatura con i segmenti" - e i sentimenti aggiungerei io - "antiamericani e antiglobalizzatori della società".
Con questi sentimenti, dico che il dibattito di oggi è stato un dibattito nobile, ma la nobiltà la si potrà cogliere meglio se da questi fatti traiamo adeguati insegnamenti.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

Noi tutti abbiamo vissuto le ore di quel giorno e nelle nostre case o come è capitato a noi, negli uffici del Consiglio regionale abbiamo visto le immagini di quella tragedia immane. Indubbiamente in ognuno di noi si è manifestato un sentimento di orrore e di indignazione. Orrore per quello che si presentava ai nostri occhi, già nelle prime immagini, come un crimine senza precedenti che colpiva non solo gli Stati Uniti, ma l'umanità intera e che apriva drammaticamente, con un'immagine nuova e diversa che segnava una nuova e diversa fase, la storia di questo secolo. Non era un fatto qualsiasi, ma un passaggio importante.
La prima cosa che tutti abbiamo sentito il bisogno di fare - e lo abbiamo fatto immediatamente con una convocazione di questo Consiglio - era quella di convocare Consigli comunali, provinciali, ecc. In tutte quelle sedi istituzionali si è arrivati ad una presa di posizione unitaria: esprimere solidarietà ed amicizia agli Stati Uniti e al popolo americano che era stato così barbaramente colpito nella sua amministrazione.
Oggi l'Italia e tutta l'Europa sono al fianco di quella Nazione. Non solo perché noi ed altri Paesi europei siamo legati agli Stati Uniti da un'alleanza, che si è cementata nel corso di una lunga storia che ha visto il passaggio di due guerre mondiali, e da un rapporto di solidarietà dovuta ad un'attiva e decisiva partecipazione, da parte di quella Nazione soprattutto nella drammatica lotta contro il nazifascismo. Non solo per questo esprimiamo solidarietà al popolo americano, ma anche perché ci sentiamo minacciati ed offesi nei valori comuni di convivenza sociale e civiltà.
L'abbiamo detto tutti: occorre, in modo preciso e fermo, individuare e colpire i colpevoli. Riteniamo che l'Italia, come sta già facendo in questi giorni, debba mettere a disposizione dell'Europa e degli Stati Uniti tutto quanto potrà dare sul terreno della solidarietà e dell'impegno delle forze nella ricerca e nella punizione dei responsabili.
Il dibattito svolto nei primi momenti era più immediato, prevalevano con grande forza gli elementi emozionali; oggi, ad alcuni giorni di distanza, lo spazio della riflessione e della razionalizzazione è certo più ampio.
Ho sentito che anche in questo dibattito ci si è interrogati a lungo.
Ci si è chiesti: è un atto di terrorismo internazionale? E' la guerra? Questo è senz'altro un atto di terrorismo internazionale, ma è un atto che per le sue caratteristiche e per la sua configurazione, può prefigurare una guerra. Dobbiamo cogliere il passaggio, la differenza, la qualità degli avvenimenti e le conseguenze che possono configurare. Proprio per questa ragione, per le caratteristiche dell'atto e per le configurazioni successive che potrà avere, dobbiamo colpire i colpevoli in modo determinato e preciso sulla base di principi di legalità internazionale.
Mi sono resa conto come la maggior parte delle forze e degli Stati che si sono espressi in questi giorni (anche lo stesso dibattito all'interno degli Stati Uniti) non abbia visto il prevalere della volontà di una reazione cieca che alimenti esclusivamente una spirale di violenza che è forse, tra gli obiettivi dei terroristi. Contrariamente, ho visto prevalere negli Stati Uniti, nella comunità internazionale e nel nostro Paese, il tentativo di assumere un altro atteggiamento ed un'altra risposta che non fosse in quella direzione e che sconfiggesse quegli obiettivi.
Dicevo prima che forse siamo di fronte ad una sfida indubbiamente drammatica, ad una sfida che pone tutti noi davanti ad un evento che cambia la storia del mondo. Un evento che incide non solo su assetti politici, ma sul concetto stesso della sicurezza, sulla psicologia, sul senso comune sulla quotidianità della vita di miliardi di uomini.
Certamente è cambiato molto. Se vogliamo vincere questa sfida, che ha caratteristiche complessive di civiltà rispetto a nuove moderne barbarie dobbiamo essere soprattutto fedeli a quei valori che, dalla Rivoluzione Francese in poi, passando dentro avvenimenti successivi, sono stati i valori fondamentali, non solo per noi e non solo per l'Occidente. Sono i valori della democrazia, della tolleranza, della giustizia, delle pari opportunità all'interno di uno Stato e fra gli Stati. La risposta passa di lì, nel saper prendere quei valori e portarli avanti, rilanciarli oltre la stessa cultura occidentale che in qualche modo li ha prodotti.
Occorre saper andare oltre le sfide e gli appuntamenti mancati rispetto a quei valori, che la società occidentale ha visto in questi anni occorre riproporre quel confronto al resto del mondo.
La lotta contro la violenza e il terrorismo non è - lo sappiamo soltanto una battaglia militare, non è la lotta dell'Occidente contro l'Islam o il tentativo di scontro tra civiltà, tra parti del mondo, fra tutti i Nord e tutti i Sud del mondo. La lotta al terrorismo è innanzitutto la lotta dell'umanità intera contro le barbarie, per la sicurezza e la pace.
La sicurezza e la pace sono beni indivisibili, perché non c'è sicurezza da noi se non risolviamo la questione annosa del Medio Oriente, se c'è conflitto, disperazione e odio in qualche parte del mondo, se anche all'interno del nostro Paese ci sentiamo insicuri, non sappiamo confrontarci con le culture che appartengono ormai all'attuale società multietnica. Soprattutto, non c'è alcuna difesa militare contro questo pericolo, come dimostrano i fatti di questi giorni. Questo è un tema che è stato molto dibattuto, non solo in Europa, non solo in Italia, ma negli stessi Stati Uniti d'America.
Occorre riproporre, quindi, accanto ad una risposta ferma e determinata, il terreno della politica; occorre affrontare le ragioni di quell'odio, di quei conflitti, della disperazione e del fanatismo, che portano ad una realtà impensabile ed incredibile. Non credo che si possa fare un parallelo con i patrioti che muoiono in nome della patria, perch in questo caso si tratta di persone disponibili a morire per uccidere.
Occorre saper bonificare, saper proporre elementi di speranza ed intervenire su quelle crisi che da decenni incancreniscono e diventano sempre più complesse.
Da questo punto di vista, il nostro Paese può avere un ruolo importante, così come può avere un ruolo importante l'Europa; quel ruolo che l'Europa ha chiesto di poter giocare autonomamente. Ritengo che l'Europa possa avere, in sintonia con le alleanze a cui fa fronte, un ruolo importante e particolare in questo confronto, un ruolo che la possa rendere protagonista sullo scenario internazionale.
Quando rivendichiamo il primato della politica, non vogliamo illudere con un'ipocrita utopia; sappiamo bene che vi sono e vi saranno momenti in cui sarà inevitabile l'uso della forza. Del resto, con un confronto e una decisione che non fu facile, il Governo di centrosinistra intervenne nella vicenda del Kossovo. Lo sappiamo, non voglio eludere questo punto.
Quando parlo del primato della politica e penso che quelle ragioni debbano oggi prevalere ed essere elementi importanti del confronto, non voglio dare la sensazione di sostenere un'ipocrita utopia. Anche la soluzione della forza sarà inevitabile per arrivare a punire i colpevoli ed individuare le responsabilità, ma è comunque necessario che la politica sappia trovare e percorrere un cammino nuovo. Anche da questo dipende il futuro del mondo, non solo dell'Italia o dell'Europa, ma del mondo nel suo complesso, sempre più piccolo e sempre più globale.
Date le caratteristiche dell'evento verificatosi e degli sviluppi delle fasi successive che ci potranno essere, ritengo opportuna una risposta unitaria del Consiglio regionale, così come di tutte le altre istituzioni dal Parlamento sino al più piccolo Comune.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Manica.
La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Grazie, Presidente. Anche il Gruppo di Forza Italia, così come tutti i Gruppi e le forze politiche di questo Consiglio regionale, si unisce al cordoglio verso le vittime della tragedia. Quel cordoglio che, con parole forti e decise, oltre che di grande umanità, il Capo dello Stato ha espresso, nell'immediatezza dei fatti americani, a nome della nostra Nazione.
Voglio ringraziare, Presidente, anche lei ed il Presidente della Giunta regionale per gli interventi che avete svolto durante il Consiglio regionale straordinario, da lei subito convocato, così come, a nome della comunità piemontese, ha fatto il Presidente Ghigo, in Piazza Castello.
Le parole che avete usato in queste due occasioni sono dense di grande significato, ma soprattutto sono parole che nessuno poteva rappresentare meglio per esprimere il sentimento del Piemonte e dei piemontesi. Grazie dunque, al Presidente Ghigo e al Presidente Cota.
Ritengo, altresì, che un pensiero particolare debba essere rivolto agli americani di origine italiana coinvolti nella tragedia. Grazie ai telegiornali trasmessi nella giornata di ieri, conosciamo il numero di tali vittime; le rivolgo, pertanto, Presidente, la richiesta di fare un minuto di silenzio, alla ripresa dei lavori o alla fine di questa seduta di Consiglio regionale, per quegli italiani, perché non sono più disgraziati o meno fortunati di altri, ma sono unicamente dei morti che dovremmo sentire un po' più nostri.
Esprimo inoltre soddisfazione per la pacatezza ed il livello del dibattito in quest'aula, ma anche per il dibattito che si è svolto nella comunità nazionale, dove c'è stata una presa di posizione di condanna e cordoglio univoca da parte di tutte le forze politiche che hanno permesso al Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente Berlusconi, di esprimere tale cordoglio citando l'unanimità delle forze politiche, e non sempre è stato così.
Questo è potuto accadere per l'eccezionalità degli avvenimenti, ma anche perché si è saputo esprimere la vera indole di un popolo democratico ed attento alle problematiche esistenti oltre i confini nazionali.
Proprio partendo da questa frase, che può sembrare una frase fatta voglio esprimere un'altra soddisfazione. Leggendo i giornali di questi giorni, non solo i soliti giornali - credo di non essere stato l'unico ad avere avuto l'esigenza di leggere giornali che abitualmente non sono solito leggere - ho potuto vedere, tra le righe - ma direi non troppo fra le righe un elemento di novità che voglio riportare, perché lo considero degno di attenzione. Nazioni come la Libia, come la Cina, come Cuba di Fidel Castro come la Russia, hanno condannato i fatti accaduti, ma soprattutto si sono messe a disposizione della comunità internazionale per colpire il terrorismo, e questo è certamente un elemento di grandissima novità e soddisfazione.
Sono stati colpiti gli Stati Uniti che da sempre sono i protagonisti e i garanti - l'hanno detto tutti, se non ricordo male il Consigliere Palma ha detto "spesso gratuitamente"; infatti, è utile ricordare che per la prima volta vi è stato un fatto gravissimo, di quella portata, sul territorio americano, in quanto gli americani sono sempre comunque intervenuti anche proprio per un dovere internazionale e mai colpiti nel loro territorio - della pace mondiale, spesso i difensori della democrazia quegli Stati Uniti che hanno garantito la democrazia e che - l'ho sentito dai banchi della sinistra, lo voglio riprendere - sono anche alla base della nostra democrazia, perché è utile ricordare in quest'aula l'intervento degli Stati Uniti d'America per la risoluzione della seconda guerra mondiale.
In America, con l'uccisione di migliaia di cittadini inermi, bambini donne, uomini, con quel vile attentato terroristico è stato commesso un grandissimo attentato alla democrazia: alla democrazia e all'Occidente. In questo senso, credo che - molti l'hanno detto, l'ha detto anche il Capo dello Stato - noi ci sentiamo e dobbiamo sentirci americani. Non a caso l'hanno ricordato altri - un numero considerevole di Amministrazioni (provinciali, comunali, circoscrizionali, Consigli regionali, il nostro Parlamento nazionale) hanno voluto subito, con Consigli appositi o in occasione dei loro Consigli, prendere posizione e ricordare questi fatti.
C'è stata una presa di posizione importantissima del Paese attraverso le istituzioni, attraverso i rappresentanti eletti democraticamente.
Quindi, la solidarietà del popolo italiano al popolo e al Governo americano, quel Governo - l'ha detto Saitta molto bene - responsabile e io aggiungo - razionale e maturo, perché immaginavo - ero insieme a molti colleghi in Commissione a guardare in diretta quei fatti alla televisione che se non per la nottata, visto che ricordiamo tutti la guerra del Golfo e non solo quella, ci sarebbe stata comunque una reazione americana immediata, anche perché si parlava in quelle ore di dieci, venti, trenta addirittura quarantamila morti. Invece ha prevalso la ragione, ha prevalso la responsabilità.
Però tra le vittime di una guerra - e questa secondo me è una guerra c'è la libertà. Nel nostro futuro avremo la riduzione della nostra libertà personale, avremo più controlli sui cittadini, avremo in alcuni Paesi certamente non nel nostro, la sospensione di alcune garanzie costituzionali. Quindi, la comunità internazionale deve essere al fianco degli Stati Uniti d'America, perché credo che la libertà deve essere insieme alla democrazia il nostro primo bene, il nostro primo fine da perseguire, per cui dobbiamo assolutamente rimuovere questo pericolo. Un pericolo che incombe su tutti noi. Pertanto, la sfida è salvaguardare la libertà mettendoci però anche in grado di colpire un nemico pronto a tutto contro di noi: lo ha dimostrato molto bene, purtroppo, l'11 settembre.
Abbiamo sentito tutti parlare di scenari apocalittici: un prete in televisione ha detto che sapeva tutto o sapeva molto, ha detto che da informazioni che ha avuto in queste settimane i terroristi potrebbero essere in grado di cancellare l'Occidente in tre giorni, ed ha aggiunto: "senza la bomba atomica", quindi con atti terroristici o interventi tradizionali.
Credo quindi che ci sia un grande elemento di preoccupazione in tutti noi, in tutti i Paesi che compongono la comunità internazionale, ma i primi risvolti, le prime preoccupazioni le abbiamo viste anche in termini economici, e non mi riferisco esclusivamente alla Borsa, ma ad esempio ai licenziamenti di decine di migliaia di dipendenti. Hanno cominciato le Compagnie aeree americane (la Boeing e la McDonnell-Douglas), ma presto seguiranno quelle europee: sono sui giornali di oggi le preoccupazioni per l'ALITALIA, la nostra Compagnia di bandiera nazionale. La gente ha paura di volare e pertanto avremo dei grandissimi problemi in termini economici, ma anche risvolti gravissimi in termini occupazionali. Non si tratta quindi solo di un problema di Borsa, perché anche il turismo subirà danni gravissimi, questo è indubbio. La nostra economia nazionale si basa moltissimo su questo settore, che è composto anche di donne e uomini che lavorano tutti i giorni, per cui la preoccupazione è anche in questo senso.
Dobbiamo colpire i terroristi; dobbiamo dare una risposta forte.
Nessuno lo ha detto, però è stato dato un ultimatum; gli Americani hanno dato un ultimatum, giusto o sbagliato che sia: "Entro tre giorni consegnateci il terrorista" - il nome fa paura pronunciarlo - "Bin Laden".
Il Pakistan sta facendo un'azione diplomatica importante, vedremo quali saranno le risultanze di questo ultimatum nella giornata di domani o al massimo di dopodomani.
Sono d'accordo che la via diplomatica è la via maestra e sono altrettanto d'accordo con chi ha detto, e lo dico a mia volta, che occorre dare una risposta chiara, univoca e decisa. Al fianco degli USA dovrà esserci l'Europa; a fianco degli Stati Uniti d'America e l'Europa dovrà esserci l'Italia. Certo, questa come ultima possibilità, ma se vi sarà un intervento, se vi sarà un'azione della comunità internazionale e degli Stati Uniti, noi dovremo fare la nostra parte e credo che il Governo lo abbia già detto e palesato attraverso il Ministro competente e non solo attraverso il Ministro competente.
Dobbiamo però avere tutti la sensibilità di capire che occorre anche investire e che lo Stato dovrà investire in sicurezza e in prevenzione, per esempio riformando i servizi di informazione che proprio in America non hanno funzionato. Sabato scorso a pranzo parlavo con un Generale, il quale mi diceva: "Lo sai perché non funzionano i servizi di informazione" - non si chiamano più servizi segreti - "nel mondo? Perché ormai questi agenti non hanno più fantasia, perché il ruolo dell'agente segreto è proprio quello di aver fantasia nell'immaginare che cosa può succedere per prevenirlo". Questa può essere una semplificazione che però mi ha fatto riflettere; credo quindi che investire in sicurezza dovrà essere uno degli impegni prioritari del Governo nazionale e dei Governi dell'Europa e degli Stati Uniti.
Certo, concludere questo Consiglio regionale con un ordine del giorno unitario sarebbe un atto significativo che darebbe un senso a questo dibattito. Ritengo che sia possibile, ma per arrivare a tale risultato dobbiamo trovarci, scrivere - passatemi il termine molto semplice - un ordine del giorno con la mano sul cuore, collegando il cervello, facendo tesoro del dibattito di oggi, conoscendo quali sono i motivi di confronto e prevenendo eventuali motivi di impossibilità per trovare l'unitarietà.
Da parte nostra, questa disponibilità e questa sensibilità ci sono e sono certo che ci saranno anche da parte dei colleghi degli altri Gruppi.
Quindi, personalmente mi metto a disposizione con gli altri Capigruppo per preparare tale documento.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Cattaneo.
Anch'io auspico un ordine del giorno unitario; peraltro, questa posizione l'avevo già espressa al Consigliere Contu. Potremmo predisporlo e votarlo alla ripresa dei lavori pomeridiani alle ore 15.30.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.50)



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