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Dettaglio seduta n.118 del 31/07/01 - Legislatura n. VII - Sedute dal 16 aprile 2000 al 2 aprile 2005

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Mercurio e Leo.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Passiamo alla trattazione del punto 4) all'o.d.g., come concordato in Conferenza dei Capigruppo, sui fatti di Genova.
Abbiamo un ordine del giorno presentato dai Consiglieri Contu Papandrea e Moriconi, più altri ordini del giorno collegati, e precisamente: un ordine del giorno a firma del Consigliere Mellano, che è stato sostituito con un nuovo testo, che comunque è già giunto al banco della Presidenza ed è già stato distribuito; un ordine del giorno a firma del Consigliere Chiezzi; un ordine del giorno a firma del Consigliere Galasso e altri.
Chiedo che venga preparata una cartellina, dove al n. 1 c'è l'ordine del giorno presentato dal collega Contu; al n. 2, dove doveva esserci l'originario documento presentato dal Consigliere Mellano, che è stato ritirato, c'è l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Chiezzi; al n.
3 l'ordine del giorno del Consigliere Mellano; al n. 4 l'ordine del giorno presentato dal collega Galasso e altri.
Come abbiamo concordato, possiamo organizzare la mattina (tre ore) in questo modo, se siete d'accordo: facciamo un dibattito generale su tutti gli ordini del giorno presentati e poi i colleghi che vorranno potranno fare dichiarazioni di voto sui singoli ordini del giorno per precisare ulteriormente le posizioni.
Dichiaro aperto il dibattito generale. Chi vuole intervenire? Prego Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Mi scusi, Presidente, volevo solo chiedere se lei può considerare collegati gli ordini del giorno che erano stati precedentemente presentati su tutta la questione del G8. Personalmente mi sembrano collegati alla discussione.



PRESIDENTE

Sì, avevo già dato disposizioni per dichiarare collegati tutti gli ordini del giorno, però qui non li trovo in cartellina.
Ha chiesto la parola il Consigliere Palma; ne ha facoltà.



PALMA Carmelo

Il Consigliere Marcenaro probabilmente non era informato di una decisione della Conferenza dei Capigruppo, che aveva deciso di scollegare gli ordini del giorno politici sulla questione della globalizzazione impegnandosi a discuterli in una prossima seduta del Consiglio regionale alla ripresa di settembre, e di tenere come punti all'o.d.g. unicamente quelli sulle violenze e disordini, non quelli sulla questione politica generale. Quindi chiederei di mantenere questa impostazione anche nei lavori d'aula.



PRESIDENTE

Sì, c'era un'intesa in questo senso. Io avevo annunciato gli ordini del giorno collegati sul G8 e cioè su tutti i fatti di violenza, perché invece quelli sulla globalizzazione sono una quindicina, quindi ringrazio il Consigliere Palma che ha precisato le intese raggiunte in sede di Conferenza dei Capigruppo.
Iniziamo il dibattito generale sui fatti di Genova. Chi vuole iniziare con l'ordine degli interventi? Prego, Consigliere Chiezzi, prenda pure la parola.


Argomento: Questioni internazionali - Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordini del giorno inerenti ai "Fatti di Genova"


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente.
Intervengo nonostante ci siano probabilmente dei colleghi un po' perplessi. Io stesso sono perplesso e un po' amareggiato perché su questo tema così importante in generale e così tragico dal punto di vista dei fatti accaduti a Genova, vedo che sono presenti in aula una ventina di Consiglieri regionali e non di più e sono assenti anche numerosi Gruppi: è la distanza tra la propaganda e le parole da una parte e i comportamenti concreti dall'altra.
Io, comunque, non sollevo nessuna eccezione; si era deciso di fare tre ore di dibattito e se cominciamo a perdere anche minuti a causa dell'assenza di colleghi, temo che il dibattito non si possa portare a termine.
Parlerò in primo luogo del tema più scottante e quindi dei fatti di Genova, diciamo pure del massacro avvenuto a Genova, e in particolar modo tenterò di fare qualche riflessione attorno alle responsabilità politiche che possono essere individuate a monte, durante e a valle della manifestazione.
A monte. Certo che queste riunioni dei grandi Paesi industrializzati dei Paesi più ricchi del mondo da tempo rilevavano un problema: il problema, a fronte di queste riunioni, nelle quali si abbozzavano decisioni, si verificava un andamento della situazione internazionale, dei rapporti tra gli Stati e dei rapporti tra i popoli, di un costante incremento delle distanze tra le condizioni di vita, di lavoro, di prospettiva dei popoli.
E' il divario Nord-Sud; è una situazione mondiale che vede concentrata in pochissime mani un'enorme quantità di ricchezza; è l'attuale sistema economico mondiale, quello che, con una parola - o parolaccia, ma oramai anche questa è di uso comune - è definito "sistema della globalizzazione" concentra capacità di decisione e di trasferimento di enormi ricchezze, di enormi capitali, non collegandoli neppure più, come succedeva nell'era dello sviluppo industriale, ad attività economiche, a capitali che si impiegavano in aziende, in attività produttive che producevano merci, che impiegavano mano d'opera, che creavano reddito e facevano circolare merci beni e risorse in modo tale da comunque costituire capitali di impiego in attività economici. Oggi la globalizzazione è un fenomeno soprattutto finanziario, in cui una massa incredibile di capitali viene mossa nel giro di pochi minuti e nel giro di cinque giorni l'intera massa fatta per fini puramente speculativi pareggia quella che viene fatta nel giro di un anno nel commercio mondiale. Questo è il G8.
Contro il G8 da tempo si è organizzato un movimento che, da un lato contesta la legittimità e, probabilmente, l'utilità di queste riunioni dall'altro, vi sono in Italia decine, se non centinaia e migliaia di organizzazioni che non da oggi, non dai fatti di Genova e nemmeno da quelli di Seattle o di Nizza, ma da anni, da decenni, in modo sempre più organizzato, raccolgono una presenza attiva di una moltitudine di giovani e di persone che, attorno ai temi del divario tra Nord e Sud hanno impiegato tempo, risorse e prospettive di vita.
Bene, queste associazioni - solo il Global General Forum ne segnala più di cinquecento, forse erano settecento - sono organizzazioni che, con il divario della ricchezza, con lo sprofondamento verso il basso dei paesi poveri e la concentrazione in poche mani delle risorse capaci di indurre un cambiamento in questo squilibrio, si sono impegnate, si sono spesi e hanno verificato, in tutti questi anni, che, a fronte di un impegno concreto, non a parole, ma con scelte, fatti e sacrifici hanno visto che questo divario lungi dall'essere ridotto, si è anzi, via via, accresciuto.
Questo movimento che adesso, per ragioni pratiche, possiamo riferire al Genova Social Forum, ma che è un movimento di carattere mondiale, e questo insieme di associazioni che, da anni, non per ideologia e non sulla base di pregiudizi astratti, legati a rappresentazioni idealiste, ma sulla base di un'esperienza materiale, concreta, vera e dura, hanno posto sul tavolo della nostra società il seguente tema: non è sufficiente che si riuniscano i paesi ricchi - loro l'hanno verificato - ma è sempre più insopportabile per un vivere civile e fraterno tra le comunità che questo divario si approfondisca.
Questo insieme di associazioni, pian pianino, nel corso dei decenni, ha esteso il suo ambito di azione e ha fatto parlare di sé, è l'insieme che ha portato a Genova parecchie persone da tutt'Italia (centomila, duecentomila trecentomila, moltissime). Io ero là con loro, non conta la cifra esatta conta che c'era una moltitudine di persone che su questi problemi si sono decise a riunirsi e ad elevare un'azione di protesta. Questa azione di protesta, lasciata in mano ad un'organizzazione così poco strutturata, come è avvenuto a Genova, è responsabilità di tutti. Dato che parlo in un Consiglio regionale, dove sono stato eletto sulla base di liste di partito penso che innanzitutto dovremmo essere noi, che svolgiamo un'attività politica organizzata all'interno dei partiti, a dire con chiarezza che se difetti di organizzazione ci sono stati, se il corteo è stato un corteo poco organizzato, poco capace di strutturare dei servizi d'ordine. Questo è anche dovuto al fatto che su questi temi sicuramente le settecento associazioni hanno partecipato, sicuramente i partiti strutturati non hanno preso la decisione per tempo di colloquiare con questo movimento, di assumere, con i propri punti di vista, delle posizioni precise e, comunque di scendere in piazza in modo organizzato, dando eventualmente tutti i sostegni e mettendo a disposizione l'esperienza organizzativa di cui questo movimento non era dotato.
La manifestazione è stata una manifestazione pacifica, era una manifestazione nota ed è finita nel modo che sappiamo.
Venerdì 20 c'è stata una prima manifestazione nella quale gruppi di delinquenti hanno creato dei disordini, liberi di farlo sotto gli occhi sulla base di decine di testimonianze, delle forze dell'ordine e il giorno successivo, sabato 21, hanno potuto continuare a rendere torbida una manifestazione pacifica, creando il caos che noi tutti possiamo avere visto.
A seguito di questo, vi è stato un massacro: un giovane ucciso centinaia di feriti, forse ben di più, pensando a tutti quelli che non si sono presentati in ospedale, e una città devastata, la città di Genova alla quale penso tutti quanti dobbiamo chiedere scusa.
Com'è potuto accadere questo? Si sapeva che il movimento stava crescendo; si sapeva che il movimento andava a Genova per contestare; era un movimento che poneva temi duri, perché porre il problema dell'ingiustizia, della distribuzione della ricchezza e del divario crescente che il sistema capitalistico, a livello globalizzato, pone tra paesi ricchi e paesi poveri, certo non è un tema da poco, è un tema che ai potenti dà fastidio.
E' un tema proprio delle forze progressiste, di sinistra.
Il Cavaliere Berlusconi ha impostato un clima, in Italia, di violenta contrapposizione verbale...



PRESIDENTE

Mi scusi, Consigliere Chiezzi, le concedo ancora un minuto.



CHIEZZI Giuseppe

Ripeto, una violenta contrapposizione con la sinistra criminalizzandola.
Questa è una prima responsabilità politica che secondo me bisogna mettere sul tappeto: ha avvelenato il clima.
Certo è che, con un Governo in cui, accanto a Berlusconi, ci sono personaggi come Fini, che provengono dal fascismo e dal Movimento Sociale ha senz'altro creato un clima che probabilmente ha permesso che le forze dell'ordine, mal dirette, in certi loro ambienti, si sentissero protette nel praticare un modo di condurre l'ordine pubblico, basato sulle percosse agli inermi e i pestaggi (l'abbiamo visto tutti), sulle botte in caserma e sulle grida: "Viva il duce".
Questo elemento è gravissimo e va denunciato, come pure la mancanza di un Sottosegretario che non è ancora stato nominato, da cui deriva la richiesta delle dimissioni del Ministro Scajola e l'inchiesta. Cose di questo genere richiamano alla memoria sistemi di gestione dell'ordine pubblico di stampo cileno.
Ho sentito ancora ieri incredibili dichiarazioni del Presidente Berlusconi. C'è un concetto di democrazia che ci divide, ma quando si fa una gestione dell'ordine pubblico, la mentalità non può essere quella della rissa da strada! A me è sembrato che in certi momenti la mentalità fosse: "Ma come, deve porgere l'altra guancia?", ha dichiarato Berlusconi ieri sui giornali. Il problema non è porgere l'altra guancia. Il problema, in una situazione di contestazione di piazza, è sapere se c'è un governo democratico che vuole gestire l'ordine pubblico, anche in presenza di contestazioni e anche di movimenti violenti, nel senso di garantire la maggiore incolumità possibile dell'ordine pubblico o se si risponde con risse da strada. Berlusconi e il suo Ministro Scajola hanno lasciato libere delle forze, probabilmente male organizzate e anche con scarsa esperienza di rispondere, individualmente, ad una violenza con un'altra violenza brutale: queste sono le responsabilità politiche che, secondo me giustificano sia l'immediata richiesta di dimissioni di Scajola, sia la Commissione di indagine richiesta in Parlamento.
Grazie, Presidente, per i minuti in più che mi ha concesso.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Albano.



ALBANO Nicoletta

Proporrò quest'intervento per una città che mi è molto vicina, perch vengo da una parte meridionale del Piemonte che confina con la Liguria, e per la quale abbiamo un po' tutti sofferto. Si può discutere, a questo punto, se non avesse veramente ragione il Presidente Berlusconi a dire che non è stata una scelta felice; una scelta, peraltro, che ha compiuto il centrosinistra. Genova, anche urbanisticamente, è una città difficile, e difficilmente controllabile. Purtroppo, abbiamo visto come sono andate le cose.
Al di là delle considerazioni che sono state fatte su questo Genoa Social Forum e sulla possibilità di portare avanti, da parte dei suoi esponenti, la convinzione di un mondo alternativo - su questo si pu discutere - noi dobbiamo andare ad analizzare i fatti concreti che si sono verificati a Genova e, nello specifico, dobbiamo parlare di responsabilità da addebitare su chi effettivamente ha cominciato per primo.
Le tute nere, il cosiddetto "Blocco nero", sono quelli che sono arrivati con strumenti impropri, che si sono avventati contro una città inerme, provocando tutta una serie di disordini di cui abbiamo avuto notizia in questi giorni. E poi dobbiamo parlare di ordine pubblico: quando la polizia è troppo morbida, in questi casi, la critichiamo; quando fa rispettare, così come doveva essere, l'ordine pubblico, la critichiamo di nuovo. Sicuramente possono esserci stati degli aspetti da approfondire anche da parte di una certa fascia di sicurezza che cingeva la città, ma sicuramente l'ordine pubblico doveva essere fatto rispettare.
Personalmente, a nome anche del partito che rappresento, esprimo la solidarietà alle forze dell'ordine, in particolare all'Arma dei Carabinieri, per quello che è successo. Poi, non dimentichiamo che c'è stata una premeditazione da parte di certe fasce del blocco nero, perch altrimenti non avrebbe potuto avere tutti gli strumenti che i suoi aderenti si sono portati con sé, sfuggiti purtroppo ai controlli, come abbiamo visto in quei giorni.
Se ci sono stati degli eccessi da parte delle forze dell'ordine penso sia interesse di questo Governo e della maggioranza di punirli, di condannarli, proprio perché l'ordine democratico deve essere rispettato sempre, ma quello stesso ordine democratico e quella stessa salvaguardia dei cittadini, cittadini inermi che a Genova si sono trovati in situazioni di estrema difficoltà, deve essere fatto valere nei confronti di coloro che, in quei giorni, hanno vissuto la paura di una città assediata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Papandrea.



PAPANDREA Rocco

Credo che bisogna, oltre ai fatti che sono avvenuti, anche capire il contesto in cui si sono svolti, cioè cos'è quest'assemblea dei G8, dei cosiddetti "grandi": una riunione del tutto priva di legittimità. E' vero si dice che sono dei governi eletti democraticamente, cosa che nessuno contesta, però questi governi, democraticamente eletti, decidono di essere i "grandi" e di riunirsi a discutere delle sorti del mondo intero senza averne avuto mandato da altri paesi. Non si tratta dell'ONU o di una struttura riconosciuta, si tratta di otto potenze che si trovano (inizialmente in modo informale, poi in modo sempre più pesantemente formale) e decidono per tutti. Decidono di essere loro i "G8". Non gliel'ha detto qualcun altro.
Faccio un esempio: tra loro vi è il Canada e non il Brasile, il Giappone e non la Cina o l'India, vi sono Paesi europei e gli Stati Uniti ma ne sono esclusi interi continenti. Perché? Perché sono i padroni del mondo! Questa è la realtà! Sono quelli che controllano le grandi multinazionali, le grandi banche, le grandi istituzioni finanziarie, che hanno sempre voluto dettare le regole al mondo intero. C'è un'illegittimità di questa istituzione, che non può essere in nessuno modo compensata dal fatto che si invitano all'ultimo momento dei rappresentanti del Paesi più poveri: li si invita perché c'è già una manifestazione, una contestazione in campo, e allora si cerca di abbellire la facciata, ma la sostanza non cambia! Questi G8, mentre inizialmente non venivano contestati (negli anni '70/'80, quando sono avvenute le prime riunioni, non avvennero contestazioni, così come per tutti gli anni '90), negli ultimi tempi, in modo crescente a livello mondiale incontrano opposizione e, a partire da Seattle, queste opposizione si sono fatte anche molto evidenti. A partire da ciò, si testimonia un'incapacità dei G8 di fare persino quello per cui si riuniscono, cioè di prendere delle decisioni.
Credo che, anche in questo caso, nonostante tutto ciò che è avvenuto nonostante la straordinaria messa in campo a Genova anche per quanto riguarda la preparazione dell'evento, i risultati sono quasi nulli. Anche un commentatore lontano dall'essere considerati pericolosi ed estremisti come Scalfari, in un editoriale del 22 luglio notava su "la Repubblica" come gli unici cose risultati conseguiti sono un fondo contro l'AIDS che tra l'altro, utilizzava fondi che già precedentemente si era deciso d'investire, infimo comunque rispetto alle necessità e alle richieste: "carità pelosa" da parte dei cosiddetti "grandi" del mondo. E queste poche decisioni sono state assunte proprio perché era in corso la contestazione non erano previste nell'agenda iniziale, sono stati assunte successivamente.
Rilevo questo primo dato di un fallimento di un'istituzione che credo non abbia più ragion d'essere e di proseguire, per cui mi auguro che quello di Genova sia stato l'ultimo G8.
A fronte di questo, i fatti avvenuti, le violenze di venerdì 20 e sabato 21 luglio occultano un fatto di grande importanza: dopo le grandi manifestazioni che si erano susseguite negli anni scorsi intorno a queste scadenze, a Genova si è realizzata la più grande manifestazione di popolo contro il G8. Il sabato c'erano centinaia di migliaia di persone pacifiche che volevano manifestare per esprimere il loro rifiuto e la loro opposizione. Credo che sia un fatto enorme, ed erano non solo dei giovani: c'era un'espressione di popolo, molti lavoratori e anche organizzazioni sindacali che partecipavano in quanto tali, non ultima la FIOM della CGIL ma anche i giovani della FIM-CISL.
Sappiamo che, insieme ai settori di sinistra, ha partecipato gran parte dell'associazionismo cattolico, in una manifestazione in cui varie componenti si integravano bene. Ovviamente, i trecentomila manifestanti non andavano lì per imporre a nessuno delle ricette: portavano delle idee delle proposte, ma non avevano la stessa arroganza degli otto "grandi" di pensare di parlare per tutti, nonostante rappresentassero qualcosa di molto più significativo dei diplomatici assediati dentro la zona rossa di Genova.
Però, sia chiaro che lì c'era gente che fa delle controproposte e porta delle valutazioni ma non parla a nome di tutti, non ha l'arroganza di parlare a nome di tutti e di imporre delle scelte. Si fanno delle proposte si interviene, si suggeriscono delle politiche, ma si contesta che altri abbiano il diritto di potersi considerare quelli che fissano le regole per il mondo intero.
Nell'ambito di questa riunione che, ripeto, a mio avviso ha carattere di illegittimità, c'è stata poi una scelta infelice, quella di tenerla a Genova, a luglio. Detto questo, però, che a Genova ci sarebbe stata, da una parte, un'enorme manifestazione pacifica, ma, dall'altra, anche la partecipazione di alcune centinaia o di qualche migliaio di settori che non partecipavano alla manifestazione con quelle intenzioni: era risaputo da tutti e, in particolare, dalle forze di polizia massicciamente presenti.
Per parecchi giorni Genova è stata una città blindata, che arrivassero anche settori violenti per rovinare la manifestazione pacifica che si svolgeva al sabato, si sapeva, era un fatto noto. Credo che sia grave il fatto che non si sia fatto nulla prima per fermarli. E' strano che solo lunedì le forze dell'ordine abbiano arrestato persone in possesso di manganelli, mentre prima non siano riuscite a fermare nessuno, nonostante l'incredibile schieramento di forze di polizia. Da questo punto di vista credo che ci sia una responsabilità notevole da parte di coloro che hanno gestito l'ordine pubblico. D'altro canto la manifestazione era pacifica non era in grado e nemmeno voleva darsi un servizio d'ordine, si voleva solo manifestare in un determinato modo. Si è cercato di espellere all'interno della manifestazione pacifica i settori violenti, e in parte si è riusciti, ma nel corso della stessa la polizia, con il suo atteggiamento li portava verso la manifestazione.
Io ero presente alla manifestazione di Genova, ho visto scene sconvolgenti. Nei giorni successivi ho parlato con molte delle persone arrestate, comprese quelle della scuola che sono state rilasciate, quasi tutte, senza che venissero confermati gli arresti. I racconti sono raccapriccianti, di come si attaccassero settori di corteo del tutto pacifico con una violenza estrema, mentre né venerdì né sabato si è riusciti ad isolare, a proteggere la manifestazione (compiti che la polizia aveva) dai gruppi violenti. Nella giornata di venerdì non è stato arrestato uno di questi. Questo atteggiamento da parte delle forze dell'ordine è incomprensibile (che poi ha avuto un crescendo nella giornata di sabato).
Parlo di una parte delle forze dell'ordine, non credo si siano comportate tutte così, tant'è che ho raccolto testimonianze significative di alcuni poliziotti e carabinieri presenti, che si dissociavano dagli atti compiuti dai loro colleghi e denunciavano loro stessi quello che era avvenuto.
Quello che è avvenuto nella notte tra sabato e domenica, è assolutamente intollerabile. "Le Monde", per fare un esempio, ma anche altri giornali stranieri hanno parlato di "notti cilene". Non credo che siamo in Cile, ma ho parlato con persone che hanno vissuto l'esperienza nella caserma di Bolzaneto e nella scuola di via Diaz: credo che abbiano vissuto, effettivamente, un clima cileno. Lo ricordava il Consigliere Chiezzi come sono stati trattati, ho visto ragazze con la schiena piena di lividi provocati dalle manganellate. Ho ascoltato la testimonianza di una ragazza la quale, non reggendo alle percosse e alla paura, ha vomitato ed è stata costretta ad appoggiare la faccia nel vomito. Ragazzi che hanno denunciato di essere stati obbligati a stare in piedi contro un muro per oltre 10 ore e percossi brutalmente se abbassavano le mani.
Tutto questo è intollerabile. In un Paese democratico non possiamo permettere che avvengano fatti di questo tipo, si può discutere su tutto il resto, ma non si può permettere che all'interno di caserme di forze pubbliche, si permettano questi atteggiamenti. Condivido le considerazioni del Consigliere Chiezzi sul perché sia avvenuto tutto questo, credo che un determinato clima abbia potuto far intendere a qualcuno che le cose erano cambiate e questo si può fare. Credo e spero che non sia così. Credo che la stampa scritta abbia fatto un ottimo servizio di informazione su quanto avvenuto, la manifestazione di martedì con centinaia di persone scese in piazza per protestare contro i gravi fatti di Genova, è un segnale che c'è una reazione.
Credo che un accertamento di quanto è avvenuto, sia un fatto che interessi tutti, proprio perché se non si procede ad un accertamento dei fatti, si da' un segnale a quelle forze a quei settori che si sono mossi in quel modo. Un segnale che spero nessuno qui dentro, e nemmeno in Parlamento, voglia segnare.
Altra cosa è il discorso delle dimissioni del Ministro Scajola, questo è un fatto politico sul quale si può discutere e magari votare contro.
Invece l'accertamento dei fatti è fondamentale. Sono soddisfatto che il Capo dello Stato abbia fatto sentire la sua voce e credo che, in modo inequivocabile, chieda esattamente che ci sia un accertamento dei fatti in modo tale da non lasciare ombre. Soprattutto perché il mondo ci guarda e il mondo ha reagito male a quanto è avvenuto in Italia.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Credo che sia un errore quello di discutere solo dei fatti di Genova e non di tutti i temi collegati ai problemi della globalizzazione in quanto come ha spiegato il Consigliere Chiezzi, sono strettamente correlati.
In particolare, vorrei brevemente ricordare che i temi della globalizzazione non sono solo molto distanti da noi, ma, in verità, sono molto vicini alle scelte che possiamo fare in Regione Piemonte. Questo molto spesso, lo dimentichiamo. In particolare vorrei ricordare che in Regione Piemonte abbiamo proposto leggi che vanno verso la precarizzazione del lavoro: uno dei grandi temi su cui è nata l'opposizione alla mondializzazione.
Devo ricordare che, a fronte di quello che è stata definita una carità pelosa (600 lire per persona stanziate per la lotta all'AIDS), le scelte alimentari in Italia fanno sì che gli animali che alleviamo consumino cereali che sfamerebbero 120 milioni di abitanti in più, di quelli che vivono in Italia. La fame nel mondo, come viene detto da più di dieci anni nasce dalle sbagliate abitudini alimentari dei paesi occidentali che consumano più della metà di tutti i cereali prodotti nel mondo. Il 70% dei cereali prodotti nel mondo, servono per alimentare gli animali che i Paesi ricchi consumano. Questa proporzione fa sì che in Italia i nostri animali allevati consumano cereali che sfamerebbero 120 milioni di africani asiatici o sudamericani. Questo non dovremo dimenticarlo tanto facilmente.
Vorrei ricordare ancora che in Regione Piemonte, in Commissione, non è stata accettata la discussione sulla legge del marchio etico. Era stata proposta una legge per la valorizzazione del marchio etico, cioè dei prodotti ottenuti senza lo sfruttamento del lavoro minorile, una delle altre grandi piaghe legate alla mondializzazione, ammesso da tutti, e noi in Regione Piemonte questa legge non l'abbiamo voluta discutere, perché era proposta dalla minoranza.
Per tornare ai fatti di Genova, devo dire di averli seguiti in diretta sabato ero a Genova e nei giorni precedenti ero in collegamento telefonico con ragazzi che si trovavano in quella città.
Domenica sera, con un altro Consigliere regionale, ho visitato le carceri di Alessandria e devo dire che quello che ho visto e sentito quella sera, oltre a quanto avevo già visto il sabato, mi ha reso chiaro ciò che dai giornalisti stranieri fino al Capo dello Stato, è stato ammesso.
Occorre fare chiarezza sui fatti di Genova e sulla violenza che c'è stata in quelle giornate.
Per parlare di violenza bisogna essere sereni e valutare e conoscere quello che è accaduto.
Come ha detto anche il Consigliere Papandrea, sappiamo tutti che una parte del corteo è andata a Genova per provocare delle violenze, ma questa parte del corteo non è stata isolata ed identificata da parte delle forze dell'ordine.
Bisogna anche dire che in questa parte del corteo erano presenti tanti infiltrati che probabilmente nemmeno la polizia ha saputo riconoscere perché le immagini televisive e fotografiche hanno dimostrato come all'interno di questi Black Bloc ci fosse una presenza di infiltrati difficilmente qualificabili.
Invece di fermare le persone più violente, le forze dell'ordine hanno scelto di manganellare e picchiare delle persone innocenti, inermi, sedute a terra con le braccia levate.
Come ha detto una signora di mezza età in una pubblica assemblea niente avevano queste persone da farsi perdonare e da dover stare sedute e a braccia alzate. Queste persone inermi, sedute e a braccia alzate, non avevano proprio fatto nulla di cui pentirsi o vergognarsi, perché erano andate a Genova come migliaia di altre persone per un corteo pacifico, che era anche un happening.
Ho visto tanti ragazzi, tanti bambini con i genitori, tante persone disabili sulle carrozzelle. Purtroppo, tante carrozzelle sono state rovesciate, proprio dalle forze dell'ordine, e le persone naturalmente sono state scaraventate a terra.
Quella signora, come le altre, seduta a terra con le braccia alzate ha subito un'ulteriore violenza da parte delle forze dell'ordine, una violenza psicologica sulla quale dovremmo riflettere.
Oltre alla violenza inequivocabile che è stata usata contro il corteo vi sono stati altri due momenti di violenza, già ricordati: il primo è avvenuto nella scuola "Diaz" ed il secondo nella Caserma della polizia di Bolzaneto. Chi ha potuto visitare il carcere, ha sicuramente raccolto le testimonianze di quella violenza.
Si tratta di una violenza senza alcuno scopo, perché molti ragazzi che ci hanno rilasciato le testimonianze delle vicende che hanno vissuto, sono stati lasciati immediatamente liberi dal Giudice, dopo essere stati ascoltati, ma spesso anche senza alcun colloquio, perché le accuse formulate nei loro riguardi non reggevano.
Tutti hanno confermato le violenze che abbiamo ritrovato sui giornali: dai telefonini con la suoneria che suonava "Faccetta nera" - e loro erano obbligati ad ascoltarla - all'obbligo di gridare "Viva il Duce", alle accuse di essere tutti comunisti, con l'aggiunta di vari altri aggettivi alla parola "comunisti". Tra quelli accusati di essere comunisti, c'erano anche degli appartenenti a movimenti cattolici.
Naturalmente, anche affermazioni tipo: "Adesso la situazione è cambiata", oppure violenze psicologiche, per esempio affermazioni circa il fatto che i ragazzi potevano essere fatti sparire, tanto nessuno li avrebbe trovati. Il tutto, naturalmente, condito con l'obbligo - come è già stato ricordato - di stare per molte ore in piedi, a braccia alzate, oppure con le braccia legate dietro le spalle.
Naturalmente, non si parlava di mangiare né di bere: 12, 20, 24 ore senza poter mangiare né bere.
Sappiamo che su questi fatti occorrerà un'indagine della Magistratura.
Noi stiamo già raccogliendo le testimonianze e usciranno dei libri bianchi sui fatti accaduti.
Dovremmo riflettere tutti sul fatto che, ragazzi scarcerati perché le accuse nei loro confronti non hanno retto, che si sono presentati con arti fratturati, con ematomi, con contusioni multiple sul corpo, un po' di credibilità l'hanno già di per sé.
Nel carcere di Vercelli abbiamo visto, io e i Consiglieri con cui sono andato a visitare delle ragazze fermate, una ragazzina spagnola che, mentre parlava, non riusciva a trattenere le lacrime e scoppiava a piangere senza potersi fermare.
Concludo con questo concetto: ritengo che chi ha comandato le forze dell'ordine ed ha dato gli ordini per gestire così male la manifestazione deve pagare.
La discussione politica sul ruolo del Ministro dell'Interno deve essere fatta al più presto. Credo anche che si debba fare al più presto una Commissione di indagine su quanto è successo a Genova.
E' arrivato il momento in cui, chi è preposto al controllo dell'ordine rifletta sul concetto di violenza. Ho sentito esponenti delle forze dell'ordine esprimersi con il concetto di base per cui alla violenza si risponde con la violenza.
Occorre, allora, riflettere tutti insieme sul concetto della violenza di come la si controlla e soprattutto sul fatto che è meglio prevenire, che reprimere.
In uno Stato democratico, questi ragionamenti dovrebbero essere fatti al più presto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Muliere.



MULIERE Rocchino

Grazie, Presidente. Penso che noi tutti, e in generale gli italiani, ci chiediamo perché sono successi e come siano potuti succedere gli avvenimenti di Genova.
Quanto è stato detto dai colleghi intervenuti prima di me dimostra che è successo qualcosa di grave e che dobbiamo guardare con molta attenzione ai fatti di Genova, senza sottovalutare nulla.
Io non ho partecipato alla manifestazione di Genova e devo dire che ho seguito, anche con un po' di sofferenza, se si può dire così, il dibattito che c'è stato anche all'interno del mio Partito, all'interno della sinistra, sul partecipare o meno alla manifestazione di Genova. Certo è che una manifestazione pacifica, come quella del sabato, è stata, in qualche modo, infangata dalle violenze di alcune migliaia di persone che si sono recate a Genova con l'unico intento di creare tensione e violenza.
La scelta della città di Genova, credo sia una polemica non soltanto inutile, ma ormai superata, anche perché Genova è stata scelta da tutte le forze presenti in Parlamento. Quello che è successo a Genova, collega Cattaneo, poteva accadere a Roma, per esempio, o in un'altra città. Il punto non è questo. La questione non è la struttura di quella città.
Sappiamo che i problemi sono ben altri.
E' evidente che su una questione dobbiamo fare chiarezza: ogni tipo di violenza va condannata. Cioè non ci debbono essere dubbi da questo punto di vista; non ci possono essere giustificazioni. La violenza, da qualsiasi parte provenga, va isolata e condannata. Tra le forze democratiche non ci possono essere incertezze; dobbiamo essere chiari e severi.
Un movimento come quello che si è venuto a creare contro la globalizzazione, che ha delle solide motivazioni sulle quali lavorare e sulle quali lottare, è un movimento forte, e potrebbe essere ancora più forte se isolasse ogni tipo di violenza, se separasse la sua azione da ogni tipo di violenza, come hanno cercato di fare molte di quelle migliaia di persone che hanno partecipato alla manifestazione di Genova, hanno cercato di fare. Ma in quelle giornate è avvenuto qualcosa di poco chiaro, qualcosa di estremamente grave per il futuro democratico del nostro Paese. Da questo punto di vista, la richiesta di fare chiarezza, pervenuta dal Parlamento, è un'esigenza forte che oggi condividono tutti gli italiani. Giustamente, il Presidente della Repubblica si è fatto interprete di questa volontà del Paese, chiedendo che si faccia chiarezza. Pertanto, questa Commissione che è stata chiesta in Parlamento per chiarire ciò che è avvenuto a Genova ritengo sia un fatto utile per il futuro democratico del nostro Paese.
Bisogna fare chiarezza, e lo chiede non soltanto il Presidente della Repubblica, ma lo chiedono vasti settori della vita sociale e culturale del nostro Paese.
Non è mia intenzione, e non lo sarà mai, individuare i la polizia in generale e tutte le forze dell'Ordine come i "nemici della vita democratica e della democrazia". Ho molti amici tra le forze dell'ordine, e molti di questi militano anche nel mio Partito, anche se naturalmente non sono iscritti. Ho altresì tantissimi amici tra quelle persone e quei compagni che hanno partecipato alla manifestazione di Genova. Per questo ritengo che individuare le forze dell'ordine come i nemici di un movimento sarebbe sbagliato. Occorre, tuttavia, capire ciò che è avvenuto in quei giorni a Genova, perché ci sono stati dei comportamenti pericolosi, che hanno creato non soltanto tensione, ma hanno creato evidenti fatti che hanno pesato, e pesano tuttora, per la loro gravità, sulla vita democratica del nostro Paese. Ciò che è avvenuto nella scuola Diaz e durante la manifestazione di sabato rappresenta un fatto grave su cui bisogna far chiarezza. Credo che sia davvero utile per tutti noi.
Se non fosse accaduto ciò che invece è successo, sarebbe stato molto interessante discutere prima, e forse discutere dopo, dei risultati del G8 e della formula del G8, che va rivista. Certo, sono tutti temi estremamente importanti, che comunque non vanno sottovalutati, perché la questione della globalizzazione è estremamente importante, che va analizzata con un confronto tra le forze democratiche del nostro Paese, dell'Europa e del mondo intero.
Oggi, in Italia, bisogna discutere dell'argomento di ciò che è accaduto a Genova. Da questo punto di vista, e termino, Presidente, si avverte la necessità di discutere e di fare chiarezza, per evitare che nel nostro Paese non si possa più manifestare con tranquillità, come si è dimostrato a Genova.
Credo che sia un fatto sul quale discutere e confrontarsi con tutte le forze democratiche presenti in Consiglio regionale e, naturalmente presenti nel nostro Paese. Non fare questo, sarebbe un fatto grave, perch penso che manifestare il proprio dissenso, scendere in piazza in modo pacifico per esprimere le proprie idee sia un diritto che la vita democratica del nostro Paese deve salvaguardare. I giovani, le persone che scenderanno in piazza a manifestare nei prossimi anni, devono vedere, nelle forze dell'Ordine, delle forze in grado di garantire quella libertà di manifestare, di dissentire e di esprimere le proprie opinioni. Credo che dobbiamo lavorare per questo obiettivo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rossi Oreste.



ROSSI Oreste

Grazie, Presidente. Voglio specificare che questo intervento lo faccio a titolo personale - la posizione del Gruppo la esprimerà il collega Capogruppo Brigandì - perché mi sento di svolgere delle mie considerazioni che, quindi, condivido personalmente.
Se vi sono delle colpe per quanto riguarda la questione del G8 e degli organizzatori sono da attribuire al fatto che avrebbero dovuto pensarci prima. Visto ciò che, in termini di massa di proteste e di danni, si era verificato nella cittadina dove si è tenuto l'ultimo G8, si doveva pensare ad organizzarlo in un luogo dove i manifestanti buoni e cattivi non potevano arrivare. Era semplice noleggiare un transatlantico di lusso andare in mezzo all'Atlantico e là fare tutto quello che dovevano. Non c'erano problemi di posto; non c'erano problemi per arrivarci, perch potevano andarci con i loro elicotteri; non c'era il problema di provocare danni ad una città, come, invece, si è verificato a Genova; non c'era da picchiare nessuno e non si creavano danni al nostro Paese, né tanto meno si dava al mondo questa immagine negativa.
Per cui le colpe, se ci sono, riguardano l'inadeguatezza del luogo scelto per il G8.
Ancora si poteva pensare che, magari, le proteste non fossero così pesanti, ma quando, negli ultimi giorni, si è visto l'arrivo di migliaia di personaggi strani da tutta Europa e, in parte, dal mondo, era semplice cambiare, all'ultimo momento, la destinazione dell'incontro. In Italia abbiamo dei bellissimi luoghi, a partire da Napoli per arrivare a Palermo ed era possibile spostare in fretta e furia, in quanto luoghi già attrezzati, i grandi capi di Stato con un loro seguito magari ridotto, non le cinquecento persone che si è portato dietro il Presidente americano. In breve tempo era possibile spostarli semplicemente facendo atterrare i loro aerei in altri aeroporti o i loro elicotteri direttamente sul luogo convenuto in alternativa.
Quindi, le colpe sono sicuramente quelle: ci si poteva aspettare della violenza.
L'altra colpa che voglio riconoscere alle forze dell'ordine riguarda il fatto di avere, sì, blindato la zona rossa, ma di essersi dimenticati della parte al di fuori, dove inermi cittadini e negozianti hanno dovuto subire i danni di esaltati, delinquenti e farabutti che hanno distrutto vetrine malmenato persone, danneggiato abitazioni, bruciato cassonetti e auto.
Dopodiché, personalmente sono assolutamente antiamericano e credo di averlo dimostrato rischiando in prima persona. Sono stato in Libia quando ancora c'era l'embargo e ho partecipato ai lavori del Parlamento libico perché è usanza nel loro Paese - per lo meno in quel periodo - essere ospitati fra i banchi del Parlamento e intervenire come se si fosse loro parlamentari. Sono personalmente stato tre volte in Iraq: ho visto i bombardamenti e i morti. Sono stato dove sono avvenuti i bombardamenti con il famoso uranio depleto e ho visto resti umani carbonizzati sulle pareti e sui soffitti dei bunker. Sono stato a Belgrado a fare da scudo umano sul famoso ponte bombardato dagli americani mentre c'erano i bombardamenti in corso. Anche lì ho visto la morte e la distruzione seminata dalla guerra però non sono andato da nessuna parte a rompere vetrine, a bruciare macchine o ad incendiare cassonetti.
Questa è la differenza tra chi vuole fare qualcosa di vero e di reale sulla propria pelle, pagando di propria tasca, perché queste missioni non erano pagate dal Parlamento - ricordatevelo bene, colleghi - e chi, invece va a protestare bruciando, provocando danni, creando problemi e poi piangendo: "Ci hanno picchiati; la polizia e i carabinieri, brutti e cattivi, ci hanno dato le legnate sulle orecchie, sono brutti e sono cattivi".
Allora: o fai le cose come vanno fatte o te ne stai a casa a guardare la televisione! Per quanto riguarda la globalizzazione, anche lì, è un assurdo ciò che si è verificato a Genova, perché io sono contro la globalizzazione, sono contro l'integrazione totale delle razze, sono contro i prodotti geneticamente modificati, ma non vado a manifestare a Genova, se sono contro la globalizzazione, a favore della regolarizzazione di tutti gli extracomunitari clandestini, perché quella è globalizzazione, colleghi. E' globalizzazione dire: non esistono razze, non esistono popoli, tutto uguale, siamo tutti uguali, libertà totale di movimento dei popoli del mondo sul mondo, compresa l'Italia, compresa la liberalizzazione totale e l'apertura delle frontiere. Questo chiedevano quei manifestanti: l'applicazione totale della globalizzazione, cioè l'opposto di quello per cui erano lì a manifestare.
Dobbiamo anche essere coerenti oltre a lamentarci che ci hanno dato le randellate sulle orecchie dopo aver distrutto i cassonetti, le macchine e le vetrine, se andiamo a manifestare contro la globalizzazione chiedendo la globalizzazione totale.
Questo è veramente ridicolo, forse, qualcuno, prima di mandarli lì, in particolar modo i partiti che hanno favorito questa manifestazione avrebbero dovuto insegnare a quei ragazzi quello che dovevano fare, perch hanno fatto esattamente l'opposto di quello per cui manifestavano.
Le violenze - certo - ci sono state, sono d'accordo, qualche poliziotto stanco di prendersi i blocchetti di porfido sulla testa o le sprangate contro i vetri delle camionette ha reagito, sono anche loro esseri umani.
Lì c'è stato un altro errore: non dovevano essere mandati i giovani di leva, forse, si doveva inviare l'esercito a blindare Genova. Ma è scandaloso che si debba blindare la città di Genova perché i partiti, che hanno voluto e che hanno appoggiato il G8, scegliendo questa città (insieme ad altri), si sono permessi di promuovere le manifestazioni contro il G8.
Signori, quando la Lega è andata a Roma a manifestare ha dovuto fornire i nomi dei responsabili dell'organizzazione, che erano responsabili in caso di danni. Inoltre, ha dovuto dare centinaia di milioni in cauzione perch se fossero stati provocati dei danni a Roma sarebbero stati pagati da chi aveva organizzato la manifestazione. Questo voi non lo avete fatto. A voi questo non è stato chiesto, nonostante i DS, e altre forze politiche, tra le quali Rifondazione e i Comunisti Italiani, abbiano organizzato proprio una manifestazione.
Bene, abbiamo dei responsabili, perché c'è un tal signor Agnoletto e altri che si sono caricati dell'onore di essere responsabili della manifestazione anti-G8.
Bene, se la Lega a Roma ha dovuto dare i nomi dei responsabili che avrebbero pagato in caso di danni, allora, non si capisce perché a questi signori, che in televisione e sui giornali hanno detto: "Noi siamo i responsabili di questa manifestazione, noi siamo i coordinatori di questa manifestazione", non venga accreditato - a loro, ai loro amici e ai partiti che hanno organizzato la manifestazione, come è stato per la Lega con la manifestazione a Roma - il pagamento dei danni. Mi sembra veramente equo: a Roma c'era Rutelli, sindaco dell'Ulivo, leader poi dell'Ulivo, che ci ha chiesto la cauzione e ci ha detto chiaramente che in caso di danni la Lega avrebbe pagato i danni di quella manifestazione, abbiamo anche dovuto firmare un regolare "contratto".
Bene, in questo caso, i partiti che hanno organizzato questa manifestazione e le persone che si sono dichiarate responsabili paghino i danni oltre a lamentarsi delle randellate sulle orecchie. Paghino i danni: 30-40 miliardi di danni, che non devono essere pagati dai cittadini italiani, li devono pagare coloro che hanno organizzato la manifestazione e che se ne sono vantati sui mezzi d'informazione.
Ricordo altre cose a questi "poverini" arrestati, ricordo i "serenissimi" di Venezia, che non hanno provocato danni, hanno fatto una buffonata, hanno fatto una farsa, eppure, sono finiti in galera e sono stati condannati. I giovani della Lega che hanno cercato di far sì che le forze dell'ordine non entrassero a perquisire la sede di Via Bellerio oltre a essere stati randellati, mandati all'ospedale - tra cui anche l'On.
Maroni - sono stati inquisiti dalla Magistratura soltanto perché facevano la catena umana affinché la polizia non entrasse nella sede della Lega.
Nessun Consiglio regionale è insorto dicendo: "Hanno randellato i giovani della Lega perché non facevano entrare la polizia nella loro sede".
E poi cosa dire di quei giovani che sfilavano in corteo in tutte le città del nord Italia, è vero, esageravano, dicevano delle cose magari non belle allora contro l'unità dello Stato. Sono stati inquisiti per attentato all'unità dello Stato e rischiano di essere condannati fino all'ergastolo ma da nessuna parte della sinistra si è detto: "Poveri ragazzi, d'altronde erano solo parole, non hanno fatto danni". Ma loro non avevano fatto proprio niente; soltanto a causa delle parole sono stati posti sotto processo.
Questa è la vostra democrazia, non è la nostra, qui siamo tutti uguali credo - in Italia, per cui non si deve permettere a nessuno di distruggere e di danneggiare. Dall'altra parte, coloro che hanno soltanto detto delle parole e hanno cercato di difendere la propria sede, dovevano giustamente, secondo voi, essere randellati, picchiati ed inquisiti: questo non è giusto.



PRESIDENTE

Colleghi, do lettura dell'ordine dei Consiglieri iscritti a parlare: Giordano, Tapparo, Brigandì, Palma, Godio, Caracciolo, Valvo, Caramella Botta, Deorsola, D'Onofrio, Contu, Galasso, Marcenaro e Cattaneo.
Con i dieci minuti non riusciamo a stare nei tempi che avevamo previsto, se è possibile...


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Palma sull'ordine dei lavori.



PALMA Carmelo

Presidente, io richiamo l'impegno preso in conferenza dei Capigruppo di contingentare, ancorché informalmente, per impegno "unilaterale" dei singoli Gruppi, il tempo disponibile per il diritto all'intervento. E' evidente che se all'interno dei Gruppi consiliari di una certa consistenza intervengono tutti i Consiglieri presenti in aula, non stiamo più nei tempi che avevamo concordato. Il mio Gruppo sta dando prova di questa autodisciplina: uno solo dei rappresentanti del Gruppo si è iscritto a parlare e parlerà per i 10 minuti concessi. Prego quindi i Capigruppo, in particolare quelli dei Gruppi di maggioranza, di tener fede a questo impegno, perché - ripeto - così non chiudiamo alle ore 13 e visto che alle ore 13 dobbiamo chiudere, ma dobbiamo anche chiudere con qualche determinazione approvando un qualche ordine del giorno, non vorrei ritrovarmi di qui a qualche ora in una situazione in cui dobbiamo rinviare le determinazioni anche su questo punto all'o.d.g.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Palma. C'è qualche risposta di consenso alla proposta del collega Palma? La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Consenso parziale con condivisione e riserva.



(Commenti in aula)



CATTANEO Valerio

Io credo che il richiamo del Presidente Palma sia indubbiamente condivisibile, ma che nel contempo, ancorché contingentati i tempi informalmente perché non è previsto, diventa anche poco simpatico e limitante per i singoli Consiglieri regionali non poter intervenire. Ecco perché ho esordito dicendo "consenso parziale con condivisione e riserva".
Credo che si potrebbe, se l'aula acconsente, condividere una proposta di questo tipo: un intervento dei Capigruppo di 10 minuti al massimo certamente non impedire ai Consiglieri regionali che ritengono di intervenire di poterlo fare, con la preghiera di limitare l'intervento non dico a una mera testimonianza, ma a poco più, quindi interventi di due o tre minuti. Nel contempo, si potrebbe aggiungere, sempre se l'aula acconsente, una mezz'ora di lavoro, visto che abbiamo cominciato la seduta alle ore 10.25, e terminare quindi all'una e mezza in luogo dell'una.
Riassumo la proposta: dieci minuti per i Capigruppo, due o tre minuti o poco più per i Consiglieri e aggiungere mezz'ora, per dar modo a tutti i Consiglieri che si sono iscritti a parlare di intervenire. Penso che sia una soluzione accettabile.



PRESIDENTE

La Presidenza ringrazia i Consiglieri Palma e Cattaneo per la proposta che consente probabilmente di risolvere il problema, nel senso che alcuni colleghi che si sono iscritti, anziché eventualmente rinunciare, potranno svolgere i loro interventi contenendoli. Mi rivolgo soprattutto al Gruppo di Alleanza nazionale che ha ritenuto - li ringrazio per questo - di iscrivere tutti gli appartenenti, per cui se questa sollecitazione viene da voi condivisa, io terrò conto di questi tempi: 10 minuti per i Capigruppo e 5-6 minuti per i colleghi che non hanno l'onere di essere Capigruppo, nel senso che questi hanno qualche onere in più. La proposta mi sembra accolta.


Argomento: Questioni internazionali - Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordini del giorno inerenti ai "Fatti di Genova" (seguito)


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giordano, al quale spettano dieci minuti d'intervento in qualità di Capigruppo.



GIORDANO Costantino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, data la delicatezza dell'argomento...



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Per cortesia, colleghi; sollecito l'attenzione perché ritengo che il dibattito si stia svolgendo in modo fermo, significativo, con argomenti anche corposi, ma nel massimo della correttezza. Pertanto, data la densità della materia, credo che sia anche opportuno un adeguato impegno da parte di tutti nel seguire il dibattito.
Prego, Consigliere Giordano.



GIORDANO Costantino

Grazie Presidente. Al fine di ottimizzare i tempi e per essere sempre in sintonia con quest'aula, l'intervento lo faccio per conto della Margherita in modo da recuperare qualche minuto.
L'Italia è un Paese dalle tradizioni democratiche ormai consolidate. A tutti i cittadini è riconosciuto dalla Carta Costituzionale ilo diritto di riunirsi, ma essi hanno, altresì, il dovere di farlo pacificamente e senz'armi. A tutti è dato il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione.
Questi sono i principi cardine su cui regge il nostro ordinamento democratico. Nessuno ha, però, il diritto di dimenticare che la libertà di ciascuno di noi finisce là dove inizia la libertà di chi ci sta di fronte.
In ciò si sostanzia il significato ultimo della democrazia: ogni arbitrio deve essere bandito, ogni atto estremo e violento deve essere condannato da qualunque fonte provenga, qualunque sia la sua origine.
Lo Stato con i suoi apparati ha il dovere di vigilare affinché ogni manifestazione avvenga pacificamente ed ha il diritto di pretendere che ragionevolezza e buon senso prevalgano sempre e comunque. Non ci piacciono le voci estreme, aborriamo la violenza come strumento di composizione dei conflitti: tutti abbiamo il diritto di esprimere le nostre opinioni, di mostrare il nostro dissenso, ma tutto deve svolgersi rispettando chi dissente da noi ed ha opinioni diverse dalle nostre.
A Genova si è misurata la capacità dello Stato di garantire che un evento di portata mondiale si svolgesse in sicurezza, consentendo a tutti di manifestare pacificamente; a Genova si è misurata, però, anche la capacità del cosiddetto "popolo di Seattle" di far sentire le proprie ragioni rispettando le regole del libero confronto democratico. Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ma tutti debbono altresì sapere che nessuna violenza, minaccia od aggressione può essere tollerata.
Ci preme svolgere alcune considerazioni sulla cosiddetta "globalizzazione dei mercati", vista dal"popolo di Seattle" come una sorta di versione riveduta e corretta del vecchio imperialismo, fondata sulla logica dei grandi capitali e diretta a massimizzare i profitti ad esclusivo vantaggio dei Paesi più ricchi ed industrializzati.
A nostro giudizio siamo di fronte ad un processo ineluttabile che va sicuramente riveduto e corretto, ma che non può più essere fermato.
La "globalizzazione" è il frutto da un lato dell'innovazione tecnologica in campo informatico e dall'altro della diffusione su scala mondiale di flussi finanziari, scambi commerciali, investimenti diretti metodi di produzione ed abitudini di consumo ormai consolidati. La contrazione prodotta dall'innovazione tecnologica di tempi e spazi ha reso gli Stati sempre più indipendenti fra loro, legando in un unicum tutti i rispettivi popoli e le loro economie. Il mondo sarà sempre più piccolo ed i flussi migratori da Sud a Nord e da Est a Ovest sempre più intensi.
La "globalizzazione" è un fatto: se si potessero far tornare indietro le lancette della storia, avremmo come risultato la riproposizione di quelle barriere politico-economiche contro le quali tutti noi ci siamo battuti. Riteniamo, però, che la "globalizzazione " debba fondarsi su regole precise e misure efficaci tali da garantire l'ordinato svolgersi dei processi economici.
La "globalizzazione" deve essere disciplinata affinché si abbia un sistema economico internazionale fondato sulla cooperazione, l'equità ed il rispetto degli interessi collettivi. Tale processo deve estendersi al di là dei confini nazionali dei Paesi che aderiscono al G8; nuovi attori devono poter essere protagonisti, affinché le decisioni siano adottate democraticamente e largamente condivise.
E' giusto e doveroso richiedere che le distanze tra Paesi ricchi e Paesi poveri, con tutti gli squilibri che ne conseguono siano ridotte. Ci potrà avvenire soltanto sfruttando proprio quello che di buono possono offrire i processi di globalizzazione dei mercati, introducendo forme di sostegno economico e di assistenza sanitaria alle popolazioni più povere ed esigendo, nel contempo, l'affermazione in tali Paesi di un sistema democratico, fondato sulla tutela e sul rispetto dei diritti umani.
E' sicuramente positivo che il vertice del G8 di Genova si sia mostrato più attento ai temi della povertà e abbia previsto nella sua agenda incontri sia con il Segretario generale delle Nazioni Unite che con alcuni rappresentanti dei Paesi del Sud del mondo.
Un sistema democratico globale potrà affermarsi a livello internazionale soltanto attraverso uno sviluppo economico sostenibile ed incrementando le misure di sostegno versi i Paesi più emarginati.
I processi di globalizzazione devono essere visti come una grande opportunità per tutti, a condizione che a tutti siano forniti gli strumenti per potervi accedere e sia data la necessaria preparazione per poterli gestire. E' indispensabile umanizzare al globalizzazione favorendo il dialogo e la partecipazione dei popoli.
La "globalizzazione" può essere un male se lasciata a se stessa senza regole, ma, se regolata in un contesto pluralistico democratico, pu rappresentare un formidabile volano per lo sviluppo mondiale.
I Paesi più ricchi ed industrializzati devono sforzarsi di sostenere chi è rimasto indietro, fornendo i necessari strumenti per poter accedere al mercato ed imponendo alla "globalizzazione" regole precise e chiare.
L'economia di mercato deve essere in grado di far fronte ai drammatici problemi della povertà, del sottosviluppo e del decadimento ambientale.
In ciò si avverte il disagio del "popolo di Seattle" ed è a questo disagio che è necessario dare risposta.
L'economia di mercato va sostenuta nei Paesi più poveri, incrementando la produzione e sviluppando una domanda locale pagante.
Il mercato deve continuare a produrre ricchezza, ma ad essa devono potervi partecipare tutti i popoli.
Occorre prestare attenzione a quanto "il popolo di Seattle" ci dice, ma tutto deve avvenire sulla base di un confronto pacifico e democratico.
La violenza non aiuta certo i più poveri e diseredati del mondo.
Riteniamo, infine, che tutti, nessuno escluso, dovrebbero meditare sul disagio arrecato a Genova ed ai suoi cittadini, a cui va tutta la nostra personale solidarietà, a fronte di un morto, 500 feriti, gravi danni arrecati alla città e alla rilevata grave incompetenza mostrata dal Ministro degli Interni nel gestire l'evento.
Grazie per l'attenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo, che interviene a nome di tutto il Gruppo Misto.



TAPPARO Giancarlo

Presidente, colleghi, ritengo che fosse prevedibile che il ripetersi di riunioni di un organismo come il G8, mancando una sede più ampia di espressione democratica mondiale, non riuscendo l'ONU ad esprimerla in materie economiche e spesso per la pace, avrebbe potuto determinare alcuni processi (che ovviamente non sempre devono degenerare in incidenti). Così come era prevedibile che da parte di ampi settori della società mondiale ci fosse una reazione, fors'anche rispetto allo stile provocatorio che assumono queste riunioni, dove manca la sobrietà, dove abbiamo visto migliaia e migliaia di accompagnatori, dove i dossier dei grandi governanti erano già stati preparati in mesi di lavoro. Il tutto appariva una kermesse un pochino fuori dal tempo: sembrava di essere a Rapallo nei primi decenni del secolo o quando, all'inizio del secolo, lo zar incontrava a Stupinigi il regnante italiano.
Credo che spezzare questo meccanismo sia necessario, addirittura anche con incontri più rapidi, con cose più sobrie e più rispettose di quello che si muove nel mondo.
Ritengo che sia stato sbagliato scorporare rigidamente il dibattito sulla globalizzazione da questi eventi, perché c'è un intreccio, c'è un filo conduttore.
La globalizzazione è una sottrazione di sovranità democratica agli Stati, senza che sia spostata su altri organismi che abbiano un'espressione democratica di valenza superiore.
Nel recente incontro di Davos, dove si incontrano i Grandi del sistema finanziario mondiale, si è sostenuto che, oramai, le decisioni che pu assumere il mondo politico mondiale sono sempre più ridotte: sono stimoli spinte, decisioni che avvengono nel grande sistema finanziario a marcare i processi di innovazione.
Vorrei segnalare che, magari un po' tardi - soprattutto la Francia alcuni Paesi hanno bloccato un'elaborazione dell'OCSE che stava operando per proporre una normativa generale, non più vincolata alla normativa dei singoli Stati, per l'operatività delle multinazionali.
Voi capite che questo spostamento in settori che non rispondono democraticamente a nessun organismo possono suscitare dei problemi e io credo che coloro che invocano liberismo, e magari "filano" nella mano invisibile del mercato, commettono l'errore opposto di coloro che pensavano che una rigida pianificazione potesse affrontare realisticamente i problemi del mondo.
C'è poi un altro errore un po' ridicolo. Io avevo vissuto la questione della scelta di Genova da parlamentare e ho avuto l'impressione, anche in persone vicine alla maggioranza in cui ero allora, che, scegliendo Genova si era creduto più che altro ad una promozione e ad un turismo della città.
Ero abbastanza sorpreso ed incuriosito di questo fatto: cogliamo l'occasione del G8 perché così abbiamo una spinta... Insomma, avevamo dei segnali già molto chiari che non era più così, che non era più il momento in cui far vedere le proprie "signore" da parte dei governanti, in cui i giornali parlassero dei menu che si consumavano in grandi banchetti, ma che, in qualche modo, era cambiata l'aria, e dico anche giustamente.
Se io fossi stato dalla parte dei movimenti che hanno interpretato l'evento con grande espressione di folla, avrei detto: "Grazie, Genova"; se avessi dovuto delineare una prospettiva, avrei chiesto questo tipo di incontri, perché hanno aggregato, hanno strutturato delle forze che erano sparse, che non avevano molti momenti di aggregazione così forte. Ma attorno a questo elemento e anche attorno alla volontà di chiudere in una tenaglia la sinistra riformista tra il movimento antiglobalizzazione e un'invocazione alla modernizzazione e alla governabilità di cui spesso la sinistra è prigioniera in modo non sempre da chiarire la sua strategia.
Se da un lato la sinistra riformista poteva essere chiusa in questa tenaglia, dall'altro il rischio che si determinasse un soggetto politico addirittura mondiale molto forte, ha portato in qualche modo a mettere in movimento dei processi che hanno determinato spinte, reazioni, furberie e manovre che hanno concorso in qualche misura ad aggravare la situazione.
E' chiaro che noi dobbiamo sostenere che la garanzia dell'espressione pacifica di una manifestazione era di pari tutela, alla riunione del G8. In una democrazia, è questo l'aspetto chiaro. Io posso protestare pacificamente e devo essere messo in condizioni di poterlo fare rispetto all'organizzazione di una manifestazione che non condivido.
Mi pare, invece, che in questo caso ci siano stati forti limiti, in primo luogo un'azione preventiva insufficiente. Io dico che all'interno probabilmente si è anche manovrato nell'azione preventiva, ma si sono commessi molti errori. Al di là degli errori evidenziati da molti giornalisti, credo indipendenti - chiamiamoli così - vi sono quelli consistenti nell'aver portato in prima linea personale senza grande esperienza, con carichi di orari pesanti, senza cambi sufficienti (lo si fa in ogni momento, in ogni realtà). Vi sono, poi, alcuni aspetti oscuri, come il fatto che quattro parlamentari fossero all'interno del luogo in cui si svolgeva il controllo, la sede operativa della polizia, fatto che mi sorprende molto e mi pare inopportuno. Se io avessi anche avuto delle conoscenze in Questura, avrei avuto personalmente la prudenza di non approfittare del mio ruolo eventuale di parlamentare per andarmi a collocare in un punto strategico. Non mi spaventa che Fini fosse in Prefettura, perché è un Vicepresidente del Consiglio; a me spaventa che parlamentari senza incarichi di governo fossero nella sede strategica dove si controllavano gli eventi.
La sicurezza e l'ordine pubblico di un Paese sono l'architrave materiale di una democrazia: è fondamentale che ci sia in qualche modo una priorità su questo aspetto. La dinamica della dialettica politica deve trovare forme di protezione nei corpi di polizia, ma queste sono masse costituite da centinaia di migliaia di persone (sono 80-90 mila i carabinieri, ma ci sono anche le Guardie di Finanza, la polizia Carceraria ecc.), per cui è chiaro che in un corpo così complesso possono trovarsi anche nicchie di non piena responsabilità, oppure individualità che possono muoversi secondo richiami a Pinochet o al Duce che sono stati imposti.
Evidentemente queste nicchie, per avere una sicurezza e un ordine pubblico garantito, devono essere colpite anche nello stile dell'espressione, perch l'espressione è sostanza, in qualche modo.
Questa è una questione molto delicata, occorre evitare che si formino delle schegge diciamo non controllabili all'interno dei corpi dello Stato che si muovono in modo parallelo alle istituzioni democraticamente espresse e controllate dal Parlamento.
Noi abbiamo esperienze passate molto preoccupanti di fenomeni che si sono determinati con corpi separati dello Stato e quindi questo aspetto deve essere prioritario.
Il Presidente della Repubblica in un messaggio ha in qualche modo posto questo problema, che non è di neutralità o di astrattezza, ma quello che attiene a tutte le responsabilità di mancanza di governo della manifestazione anche da parte degli organizzatori. Non voglio nascondere quella responsabilità; voglio dire che ovviamente azioni di prevenzione potevano anche essere fatte, perché la garanzia per lo svolgimento di una grande manifestazione è di pari rango alla garanzia dello svolgimento del G8. Non c'era una manifestazione privilegiata e l'altra no; è chiaro che era molto più complessa ed ovviamente lavorare su un corpo di centinaia di migliaia di manifestanti per permettere che non ci fossero degenerazioni o altri aspetti, è cosa ben difficile, ma lì sta l'abilità nell'azione preventiva, nei servizi, nelle azioni.
Io credo che questa questione del blocco nero fosse abbastanza nota per poter attuare una grande azione preventiva da parte della polizia; tra l'altro, ormai stiamo operando a livelli di integrazione della polizia dell'Unione Europea e in un certo modo si dovevano vederne i segni.
Oggi spero che tra l'azione della Magistratura e quella di una Commissione d'indagine parlamentare ci possa essere un equilibrio. Dico un equilibrio perché, se si muovono contemporaneamente, si possono anche determinare oggettivi problemi. In genere, le Commissioni d'indagine parlamentari si muovono dopo che la Magistratura ha compiuto il suo corso mentre in questo caso la situazione è più complessa, ma così è e bisogna trovare un mix corretto e adeguato affinché venga evidenziata la verità.
Da questa verità si può trovare linfa per far sì che la sicurezza e l'ordine pubblico nel nostro Paese siano garantiti in modo pienamente democratico e che tutte le manifestazioni possano e debbano svolgersi nella piena espressione della democrazia della nostra società.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brigandì.



BRIGANDI' Matteo

Cercherò di invertire temporalmente l'intervento, nel senso che condividendo appieno quello che il Consigliere Rossi ha detto, cercherò di stare nell'ambito di un intervento di Consigliere semplice, quindi nell'ambito dei 5 minuti.
Devo intanto lamentare un paio di cose. La prima è che, in base al principio della separazione delle competenze che deve avere lo Stato nazionale dalle Regioni, secondo me noi qui stiamo perdendo il nostro tempo.
Stiamo perdendo il nostro tempo perché la soluzione di quello che noi diremo stamattina servirà a poco o a nulla. Pubblico mi pare di vederne in maniera quasi inesistente, per cui questa discussione mi pare che sia una discussione completamente sterile.
E' sterile perché non porta a nulla e non porterà a nulla.
Ho letto gli ordini del giorno presentati e ho visto le posizioni, che sono posizioni ormai riferite, riportate nello stesso modo. Di qua si dirà che la polizia è la stessa che aveva nominato il Governo di sinistra precedente, che l'organizzazione è la stessa che aveva fatto il Governo di sinistra precedente e che l'individuazione della città è la stessa che aveva effettuato il Governo di sinistra precedente.
Questi sono dati oggettivi, veritieri. Capite bene che, se invece che presso il Palazzo Ducale di Venezia, il G8 si fosse tenuto al Castello del Valentino, con tutto il verde intorno, avrebbe avuto una ben diversa difendibilità (ma da torinese, è meglio che sia successo a Genova).
Dall'altra parte si dirà che ci sono state le violenze, che ci sono stati i fascisti, e ritorniamo ancora una volta al discorso dei comunisti e dei fascisti e di tutta una storia di cui ne abbiamo un po' sbordato come diatriba politica: ormai queste sono cose e questioni superate.
Credo che a Venezia si siano svolte delle manifestazioni che erano delle manifestazioni ingigantite, non tanto per la vicenda del G8, quanto per sferrare il primo attacco, che era sferrabile dalla sinistra, al Governo Berlusconi: questa è la verità! Così come corrisponde a verità che ci sono stati degli attacchi dei manifestanti, che non erano manifestanti pacifici, e delle risposte da parte delle forze dell'ordine.
Le persone più giovani di me non ricordano le manifestazioni che c'erano state a Torino negli anni '60, quando c'erano gli scontri. Io purtroppo, li ricordo, e ricordo bene quando l'allora Ministro Fassino pilotava le forze di sinistra in prima fila, e quando arrivava davanti ai carabinieri retrocedeva di qualche decina di metri per tirare cubetti di porfido ai carabinieri e scatenare le cariche.
Le tecniche erano tecniche conosciute dal '68, riportate a Genova tecniche che servono a portare avanti un'azione meramente politica. Il problema serio è che si farà un'indagine parlamentare e da questa indagine parlamentare...



BRIGANDI' Matteo

RONZANI (fuori microfono)



BRIGANDI' Matteo

Come ti permetti di dire una cosa del genere!!



BRIGANDI' Matteo

Perché ero presente!



BRIGANDI' Matteo

RONZANI (fuori microfono)



BRIGANDI' Matteo

Come ti permetti di dire una cosa del genere!!



(Scambio di commenti tra i Consiglieri Brigandì e Ronzani)



PRESIDENTE

Colleghi Ronzani e Brigandì, siete vecchi parlamentari, conoscete le regole...
Il Presidente della Lega Nord ha fatto delle affermazioni, il Consiglio le ha udite, ci sono altri 14 interventi. Prosegua, Consigliere Brigandì.



BRIGANDI' Matteo

Mi riferisco ai fatti avvenuti davanti al Castello del Valentino negli anni '60.
Dicevo, di questa cosa non vi sarà soddisfazione in sede parlamentare perché le interpretazioni e le letture sono di carattere politico. Quello che temo è che non vi sarà soddisfazione neanche in campo giudiziario.
Io voterò, oltre l'ordine del giorno della destra, che è un ordine del giorno che ovviamente condivido, anche l'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Palma e Mellano. Li voterò per il seguente motivo: noi leggiamo sulle aule di giustizia la scritta che la legge è uguale per tutti. Questa scritta significa una cosa evidente, non che la legge deve essere buona o deve essere cattiva, ma che la legge deve essere applicata nei confronti di tutti nello stesso modo. Il maestro di interpretazioni giudiziarie che ha fatto campagna elettorale, proponendo un comizio durante le ultime elezioni, cioè il giudice Caselli - magistrato che propone un comizio in campagna elettorale - ha deciso l'istituto giuridico del concorso esterno.
Spero che la Magistratura abbia il coraggio di applicare l'istituto giuridico del concorso esterno - con gli stessi metodi e con gli stessi tempi con cui lo ha applicato a Palermo - a Genova.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

Mi ha riferito il Vicepresidente Riba dell'accordo di concedere dieci minuti ai Capigruppo e cinque minuti ai Consiglieri. Chiedo all'Assemblea di esaurire tutti gli interventi con questa modalità, così che si possa passare poi alla votazione rapida in successione dei singoli ordini del giorno.
La parola al Consigliere Palma.



PALMA Carmelo

Ho l'impressione che questa discussione, che si sta via via animando sia, per larghissima parte, una discussione impropria, perché accenna, a volte più che accenna, a temi che riguardano nel complesso i problemi della globalizzazione politica ed economica. Da questa analisi fa discendere un giudizio sui fatti di Genova e spesso si limita a fotografare le ragioni che all'inizio di questa seduta ciascuno, come rappresentante di Gruppi politici o di Gruppi consiliari, riteneva di dover rappresentare per ragioni di Partito o, quasi, per ragioni d'ufficio.
Io vorrei, invece, attenermi al punto all'o.d.g., che non è la discussione a monte del G8, non è il tema della globalizzazione, ma è il tema ed il giudizio che in qualche misura dobbiamo dare in quest'aula sugli episodi di violenza e sui disordini che si sono verificati a Genova durante il vertice dei G8.
Per andare nel concreto, prendo come riferimenti i testi degli ordini del giorno che sono stati presentanti in quest'aula. E' chiaro che ciascun ordine del giorno è bello innanzitutto per chi lo ha scritto - sostengo quindi, in particolare l'ordine del giorno che ho presentato, insieme al Consigliere Mellano. Leggendo gli ordini del giorno della minoranza e dall'altra parte della maggioranza di centro-destra, sembra descriversi uno scenario del tutto fantasioso, fantascientifico, e non reale, che da una parte descrive la manifestazione di Genova come un'enorme e ghandiana marcia del sale, come un lungo procedere di monaci o di asceti tibetani che fanno esercizio di virtù e di non violenza; dall'altra parte, sempre per descrivere l'operato delle forze dell'ordine, come l'operato svolto con britannico fair play nell'esercizio, del tutto ordinario, del governo della piazza e del governo dell'ordine pubblico: così non è stato da una parte così non è stato dall'altra parte.
E' inutile che ci descriviamo, per ragioni di convenienza, una realtà che non esiste e che non vedono i cittadini di questa regione e che non vedono i cittadini di questo paese. Non è vero che all'interno degli organizzatori delle manifestazioni antiglobal esistesse una così netta demarcazione fra quanti andavano a Genova per manifestare le ragioni del proprio dissenso e quanti andavano a Genova per cercare lo scontro politico e lo scontro di piazza.
Il clima di tensione è stato innanzitutto alimentato, nelle settimane precedenti, dai responsabili del Genova Social Forum che hanno ripetutamente, rivendicato il diritto ad impedire lo svolgimento del vertice, a violare la "zona rossa", ad impedire, con manifestazioni di piazza, una riunione internazionale che ritenevano, sotto il profilo politico immagino e non sotto il profilo giuridico, illegittima.
Dall'altra parte non è vero che le forze dell'ordine si siano limitate al governo della piazza, le forze dell'ordine hanno commesso chiaramente un doppio errore: hanno accreditato Agnoletto e gli "Agnoletto's Boys" come interlocutori politici e organizzativi nella gestione della piazza per poi accorgersi che non erano neppure in grado di gestire se stessi, ed hanno reagito in una maniera chiaramente illegittima e chiaramente violenta ai disordini che sono avvenuti.
Non è che qui dobbiamo discutere di eventuali fatti: i fatti non sono eventuali, sono avvenuti. Centinaia di persone sono state fermate e poi arrestate - con quali strumenti giuridici, ne parlerò poi - ma a distanza di quattro giorni sono pochissimi i procedimenti nei confronti di singole persone per singole responsabilità. E' stato utilizzato in maniera impropria uno strumento eccezionale come quello consentito della legislazione italiana.
Allora, noi cosa dobbiamo fare in quest'aula, visto che non discutiamo della globalizzazione ma di queste violenze e disordini? Dobbiamo riaffermare una serie di principi - e intendo principi giuridici, non valori morali - che in queste occasioni, ed in particolare in queste occasioni, vanno sempre rispettati. Dobbiamo affermare il principio che in uno Stato di diritto il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero va garantito e va garantita la sicurezza di chi manifesta; nello stesso tempo, dobbiamo affermare con uguale forza che non è un abuso da parte della forze dall'ordine reprimere gli episodi violenti che eventualmente si possono verificare. Dobbiamo affermare che in uno Stato di diritto il Governo nazionale ha responsabilità politiche rispetto alle strategie di sicurezza, ma che non è vero che il Ministro dell'Interno è giuridicamente responsabile degli abusi di ciascun singolo funzionario di polizia, perché se accettiamo il dato della responsabilità individuale, non solo in sede penale ma in generale come dato giuridico, dobbiamo giustamente rivendicare la garanzia dei diritti dei manifestanti non rendendo ciascun manifestante responsabile delle violenze che sono state compiute e, nello stesso tempo, non possiamo pensare che nella figura del Ministro dell'Interno e del Capo del governo, in questo caso, si riassumano tutte le responsabilità penali, amministrative e politiche di quanti, a diversi grado di responsabilità, hanno concorso a realizzare le politiche dell'ordine pubblico.
Ma delle cose chiare le dobbiamo dire: dobbiamo dire che quel movimento era un movimento equivoco nelle premesse e nei comportamenti fin da parecchie settimane prima del vertice; dobbiamo dire che le strategie di sicurezza utilizzate da questo Governo sono strategie dissennate. Non sono Consigliere Papandrea, strategie "cilene", sono strategie "italiane".
Questa è la polizia italiana, abituata per 25 anni ad operare nell'emergenza, con strumenti giuridici d'emergenza, che utilizza in questo caso quelli messi a disposizione dalla Legge Reale, che qualche Gruppo politico in quest'aula - solo il nostro! - aveva sottoposto a referendum una ventina di anni fa, a garanzia e tutela non solo dei singoli imputati e dei singoli indagati, ma dello Stato di diritto, e che il fronte unico dell'emergenza di destra e sinistra, nel nostro Paese, ha continuato a preservare nel corso dei decenni.
Hanno utilizzato uno strumento eccezionale perché le strategie di sicurezza nel nostro Paese sono sempre strategie eccezionali, non sono cilene, ma, peggio, italiane, quindi normalmente antieuropee, antitetiche allo Stato di diritto e così via. Io non mi scandalizzo che oggi un funzionario di polizia a Genova, in quella situazione, abbia utilizzato quello strumento, mi scandalizzo che ogni volta qualcuno trovi scandalo sull'esistenza di questi strumenti, non ricordi quante volte, all'interno della propria iniziativa politica, si è trovato a difenderli in nome dell'emergenza, della lotta al terrorismo o, per altri versi dell'emergenza della lotta alla criminalità organizzata.
Questa è la situazione. Allora, qual è il dispositivo che, io spero, la gran parte dei Gruppi consiliari, trasversalmente tra maggioranza e opposizione, dovrebbe approvare in questo caso? Un dispositivo che, pur esprimendo il dolore per la morte del giovane Carlo Giuliani, prende atto del fatto che non è stato assassinato "a freddo", ma è morto nel corso di uno scontro violentissimo e di un attacco alla camionetta dei carabinieri.
Non è la stessa cosa. E questo, evidentemente, dobbiamo dirlo. Dobbiamo dire, mi sembra, che la scelta della città di Genova, scelta fatta dal governo di centrosinistra ma confermata dal governo di centrodestra, è stata una scelta dissennata nel senso delle politiche di sicurezza.
Dobbiamo dire una cosa rivoluzionaria, probabilmente in Italia, ma assolutamente ordinaria in un Paese ove vi sia uno Stato di diritto: vanno accertate e sanzionate le responsabilità di chiunque, tra gli organizzatori delle manifestazioni e tra i manifestanti, ma anche tra le forze di polizia e gli apparati di sicurezza dello Stato, qualora abbiano violato la legge e, in particolare, abbiano compiuto reati.
Chiedo però al Presidente di capire in primo luogo quante riunioni sono in corso in quest'aula, in secondo luogo se posso...



PRESIDENTE

Sì, continui. Le chiedo scusa, Consigliere Palma, del brusìo, che non consente di ascoltare il suo intervento.



PALMA Carmelo

Mi avvio alla conclusione.
Non ritengo che la responsabilità e anche il coraggio di quest'aula si eserciterà - se si eserciterà - solamente nel momento in cui ciascuno all'interno di quest'aula saprà, in una situazione molto delicata come questa, su fatti molto delicati come questi, riaffermare una serie di principi giuridici propri dello Stato di diritto chiedendo che questi principi vengano applicati ed esercitati nei confronti di chiunque, nei confronti dei partecipanti alle manifestazioni come nei confronti delle forze dell'ordine e dei responsabili delle politiche di sicurezza.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mellano sull'ordine dei lavori.



MELLANO Bruno

Ritengo davvero indecente il clima in cui il mio collega Capogruppo ha dovuto fare il suo intervento, peraltro uno dei pochi interventi decorosi di quest'aula e che, mi si permetta di dirlo, condivido appieno e sottoscrivo.
Abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare un intervento politico molto forte con tutti i Gruppi di maggioranza che lavoravano, intrigavano, non so cosa facevano, perché c'erano due telecamere e qualche cartello da esporre.
Ritengo, caro collega Cattaneo, davvero indecoroso quest'atteggiamento! Indecoroso, indecoroso! E anche lei, Signor Presidente, non può, tra una telefonata e l'altra, lasciare che il mercato imperversi in quest'aula...



PRESIDENTE

Non ho fatto neanche una telefonata! La parola al Consigliere Cattaneo sull'ordine dei lavori.



CATTANEO Valerio

La maggioranza è stata attaccata per essere distratta. Ricordo due cose, che comunque è competenza del Presidente regolare i lavori d'aula che il grado di attenzione di un intervento è dato probabilmente dall'interesse del singolo Consigliere di ascoltare l'intervento che si sta facendo, e che sia estremamente democratico per un Consigliere non ascoltare un intervento di un collega...



(Commenti del Consigliere Muliere fuori microfono)



CATTANEO Valerio

Ti ringrazio di avermelo ricordato. Ricordo che, con la tua reprimenda mi hai disturbato mentre intervenivo, quindi in un certo senso ti stavi contraddicendo con quanto asserivi. Non mi sembra che eravamo particolarmente distratti, non siamo particolarmente agitati per la presenza delle telecamere. Adesso, si fa anche il processo alle intenzioni sento parlare di cartelli e quant'altro, stiamo semplicemente organizzando il lavori della maggioranza. Com'è noto, la maggioranza ha bisogno, per organizzarsi, di un certo lasso di tempo, perché siamo molto numerosi e magari, a volte, anche litigiosi. Non credo che dobbiamo accettare le reprimende di questo o quel Consigliere, eccezion fatta dal Presidente, a cui spetta per Regolamento e per funzione.



PRESIDENTE

Chiedo soltanto se possiamo andare avanti rispettando l'impegno che abbiamo preso in Conferenza Capigruppo o se dobbiamo continuamente aprire parentesi che non hanno nulla a che vedere con il dibattito, visto che tutti avete sollecitato un dibattito sul G8. Do la parola al Consigliere Tapparo perché per Regolamento lo devo fare, però invito tutti a proseguire con il dibattito e arrivare alla fine con la votazione dei provvedimenti secondo un impegno che tutti ci eravamo assunti.



TAPPARO Giancarlo

Presidente, solo per chiedere di regolare fatti che potrebbero creare precedenti e determinare alcune degenerazioni. Mentre ieri, a sorpresa sono stati esposti alcuni cartelli (io non condivido quell'espressione) in una sede diversa dall'aula, oggi vedo in aula un assembramento di televisioni e fotografi, che mi fa pensare ad una manifestazione troppo preparata.
Chiedo e lei, Presidente, di garantire le regole di espressione all'interno dell'assemblea, perché non si può avere una preparazione di questo genere, con la stampa già pronta ad un evento preparato.



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Tapparo, al momento non ho visto alcun cartello esposto. I Consiglieri di maggioranza e opposizione sanno quali sono le regole che presiedono allo svolgimento delle sedute del Consiglio regionale, ragion per cui penso che non sia neanche il caso di ricordarle.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Caracciolo; ne ha facoltà.



CARACCIOLO Giovanni

Nel mio precedente intervento sull'ordine del giorno riguardante il G8 e la globalizzazione, ho manifestato dura critica di condanna alla filosofia del liberalismo senza regole, affidato alla guida dei tecnici dell'economia che intendono lo sviluppo solo come produzione di denaro ignorando quello che è l'aspetto umano della società. Esautorando e sostituendosi alla politica, creando, quindi, diseguaglianze ed ingiustizie sociali, povertà, miseria e abbandono al proprio destino di milioni di persone con malattie e fame. In una analisi, per non essere ripetitivo, si può essere d'accordo per un'economia di mercato e accettarla, ma governata da una politica che noi crei, in primo luogo, una società di mercato.
Ritornando a quanto è successo a Genova, noi, lo ribadiamo con forza non accettiamo nessun tipo di violenza, la condanniamo con determinazione.
A Genova c'è stata molta violenza e sicuramente non da una sola parte. Tra i contestatari e i contestatori ci sono stati gruppi che erano presenti non per manifestare pacificamente, ma per distruggere, come fa un uragano tutto quello che avevano attorno. Le forze dell'ordine non hanno assolto al loro compito che era quello di mantenere l'ordine, anzi, hanno contribuito a creare disordine e quindi indirizzando la loro azione in modo indiscriminato contro tutti i manifestanti, per lo più pacifici, ignorando semmai i gruppi di cui parlavo prima, che sono arrivati nel mezzo del corteo quasi indisturbati carichi di bottiglie molotov, spranghe di ferro e oggetti offensivi di ogni genere. Forti contro i deboli e deboli contro i forti.
Il risultato di questi atti di guerriglia urbana è sotto gli occhi di tutti, possiamo dire che è mancata l'opera della polizia a livello preventivo e preparatorio, mentre, a livello operativo, ha causato danni di ogni genere rovinando la nostra immagine nel mondo e determinando grosse turbative alla nostra coscienza civile e culturale. Auspichiamo un'indagine parlamentare e conoscitiva che faccia piena chiarezza e da cui si prendano provvedimenti a carico di chi ha colpa. Si attendono risposte dalla parte politica che governa, giuste ed obiettive. Non si può continuare a dire che tutto quello che accade, che non sia in assonanza con quello che dicono e fanno loro, sia opera dei comunisti. Non è così. Così dicendo si offende l'intelligenza di tanti cittadini italiani che comunisti sicuramente non sono.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Valvo; ne ha facoltà.



VALVO Cesare

Signor Presidente e Consiglieri. Fare un'analisi puntuale e approfondita, non dico socio-politica, ma il più possibile completa, dei gravi fatti che sono accaduti a Genova nei giorni del vertice degli otto Paesi più industrializzati del mondo, in dieci minuti, è francamente opera impossibile, più che ardua. Cercherò tuttavia di esporre in estrema sintesi il mio pensiero, dando una lettura un po' diversa dei fatti accaduti.
Se proviamo a considerare la globalizzazione, anziché da un punto di vista meramente mercantile, da un'ottica politica, potremmo arrivare a dire che l'Internazionale Comunista ha rappresentato, nel secolo scorso, una sorta di tentativo di globalizzazione dell'ideologia politica.
I partiti comunisti nazionali, che per la loro adesione hanno sottoscritto alle ventuno condizioni stabilite nel secondo Congresso dell'Internazionale Comunista (guarda caso del 20 luglio 1920, anche le date concordano), non riconoscevano la patria come un valore. La loro patria era qualunque parte del mondo esistesse un regime comunista. Tanto è vero che la sesta, delle ventuno condizioni accennate, prevedeva la denuncia di qualsiasi forma di social-patriottismo.
Giova ricordare, ai fini del ragionamento, che la terza delle ventuno condizioni prevedeva che la lotta di classe comportasse generalmente un periodo di guerra. I comunisti non potendo confidare nella legalità borghese debbono creare, parallelamente all'organizzazione legale un'organizzazione clandestina. Questo è il punto. A Genova, in occasione del cosiddetto G8, da una parte vi erano coloro che avevano la preoccupazione di far fare al nostro Paese un salto di qualità, di far fare all'Italia bella figura, elavandola da italietta del centrosinistra, degli spaghetti, della pizza, di "Bella Ciao" e "'O sole mio", al rango della settima o ottava potenza più industrializzata del mondo. Vi erano coloro che, ingenuamente, pensavano di poter manifestare pacificamente; dall'altra vi erano, invece, ahimé! i teppisti, facenti parte di quell'organizzazione clandestina di cui accennavo prima parallela, e dalla quale i centri sociali rappresentano soltanto uno spaccato.
Ai rappresentanti dell'estrema sinistra, parlamentari ed extraparlamentari, non sembrava vero di poter adottare e fare propri gli slogan del popolo, se così lo possiamo chiamare, di Seattle per uscire dall'isolamento, dall'autoreferenzialità in cui sono stati relegati dal fallimento, questo sì globalizzato, dei progetti rivoluzionari e della deriva della lotta armata.
In questo periodo feriali, dove i palinstesti televisivi prevedono le repliche di vecchi film visti decine e decine di volte; i reportage sui tragici fatti di Genova costituivano anch'essi un déjà vu, una sorta di filmino su pellicola super otto di quando eravamo adolescenti, con la sola differenza che allora i filmati erano in bianco e nero e oggi, invece, sono a colori e quindi il rosso risalta con maggiore accentuazione.
Signor Presidente e colleghi, la mancata partecipazione dei sindacati dei lavoratori, dei responsabili dei vertici dei Democratici di Sinistra questa decisione di non partecipare alla manifestazione, annunciata con grande senso di responsabilità - ritengo - dall'On. Fassino rappresentavano un chiaro ed evidente segnale che le dichiarazioni gravi queste, sì - e irresponsabili rilasciate alla stampa e alla televisione da Casarini e Agnoletto - "porteremo la guerra a Genova, sfonderemo la zona rossa" - lasciavano presagire ciò che in effetti è accaduto.
Altro che fascisti, caro collega Chiezzi; altro che lunga notte cilena caro collega Contu. L'unica cosa di sudamericano che abbiamo visto a Genova erano le magliette con il disegno del Che Guevara! Per questi motivi, auspichiamo che la Magistratura apra un'indagine nei confronti di costoro, per verificare se nel loro comportamento non sia ravvisabile il reato di istigazione alla violenza e di tentativo di sovvertire l'ordine pubblico.
Mi risulta che una legge dello Stato, votata anche dalla sinistra, da tutto il Parlamento, preveda il divieto di partecipare alle manifestazioni con i caschi, con le mazze ferrate, con altri oggetti contundenti e oltretutto, anche mascherati.
Immaginiamo, signor Presidente, che l'On. Bertinotti, definito recentemente da Pannella "un piccolo Lenin alla vigilia della lotta" erettosi a padre putativo dei teppisti che hanno devastato la città di Genova, abbia passato la notte di venerdì 20 luglio 2001 (anniversario del secondo Congresso dell'Internazionale Comunista), sognando di ripetere quanto accaduto nella stessa Genova nel 1960, dove si innescò una serie di manifestazioni violente, con tanto di morti, da ambo le parti, che portarono come conseguenza la caduta del Governo Tambroni, che aveva avuto così come il Governo Berlusconi, un legittimo mandato.
Signor Presidente e colleghi, il Governo Berlusconi ha dovuto giocare questa partita - non può essere dimenticato - con le regole del gioco scelte da altri. Tutti i capi della sicurezza attualmente in carica sono politicamente figli dei precedenti Governi.
La task force che partecipò al Vertice del 16 maggio al Viminale, dove si decise come organizzare la sicurezza del G8, era composta, tra gli altri, dal Ministro degli Interni, On. Enzo Bianco, da Massimo Brutti Sottosegretario di Stato, da Roberto Sorge, Capo di Gabinetto, da Giovanni De Gennaro, Capo della polizia, e vi dicendo.
Per concludere, signor Presidente e colleghi, Alleanza Nazionale si riconosce nei sentimenti del Presidente Ciampi che ha detto, poche ore dopo i fatti di venerdì: "Provo sgomento e dolore immenso per ciò che è accaduto".
Sia chiaro, però, che se la scelta di campo deve essere quella di stare con i teppisti giunti a Genova per devastarla ed insanguinarla o con coloro che hanno fatto e fanno quotidianamente il proprio dovere, rischiando spesso la vita e per meno di due milioni al mese - ho visto parole per il ragazzo caduto negli scontri, in uno degli ordini del giorno, dove si dice: "assassinato da parte delle forze dell'ordine", ma non c'è una parola spesa per quel povero giovane di leva aggredito dai teppisti - Alleanza Nazionale non può che esprimere la propria incondizionata solidarietà al Capo del Governo, al Ministro degli Interni, On. Scajola, alle Forze di Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, alle Forze del Corpo Forestale e ai Vigili del Fuoco, e al giovane carabiniere di 21 anni, in servizio militare di leva, che ha agito per legittima difesa. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Caramella.



CARAMELLA Luca

Grazie, Presidente. Questo è un argomento molto delicato e molte delle considerazioni che sono state fatte in quest'aula sono pienamente condivisibili.
Devo dire che uno degli interventi che ho ascoltato con attenzione e che mi ha particolarmente interessato in quasi tutti i punti è l'intervento del Presidente Palma, che ritengo abbia centrato molti degli argomenti che avremmo dovuto trattare.
Sicuramente bisogna partire dall'inizio, dal momento in cui è stata scelta la città di Genova. Se ricordo bene, il Consigliere Muliere ha detto che non è più necessario parlare di questa scelta, o capire perché sia stata scelta Genova piuttosto che un'altra città. Io, invece, ritengo che quella sia la base dalla quale partire per capire esattamente molti fatti avvenuti.
Non voglio assolutamente provocare, ma è evidente che la scelta di Genova è stata una scelta infelice, ed è evidente che non tutte le forze politiche fossero d'accordo su tale scelta. Non lo sono state nemmeno prima delle elezioni, quindi molte forze politiche che oggi governano il Paese avevano già dichiarato il proprio dissenso prima del momento elettorale.
Certo, non sarebbe stato semplice spostare all'ultimo momento una manifestazione ed un Summit di così importante rilievo mondiale. Si è quindi, dovuto procedere in uno stato di emergenza, e questo perché la città di Genova offre situazioni molto complesse dal punto di vista logistico.
Dunque, il perché della scelta di Genova rimane un fatto particolarmente difficile da capire. Mi auguro che non sia stata scelta sapendo, in tempi poco sospetti, che magari le elezioni sarebbero state perse e che qualcun altro avrebbe dovuto gestire questa patata particolarmente bollente, magari con la speranza che Berlusconi, per l'ennesima volta, scivolasse sul discorso G8.
Mi auguro davvero che questa non sia stata la valutazione fatta da alcuni importanti leader politici.
Proseguendo sul discorso G8, considero necessario discutere anche della particolare ed unica utilizzazione dei sistemi mediatici.
Voglio ricordare la particolare durezza e l'utilizzo di un linguaggio quasi da guerriglia mediatica che è stata fatta nei mesi precedenti al G8.
Tutti i leader - in testa il signor Agnoletto - hanno parlato ed utilizzato linguaggi veramente duri, militareschi: "Sfonderemo la zona rossa entreremo nella zona rossa, diremo e utilizzeremo ogni mezzo per bloccare questo G8", salvo poi dire che erano linguaggi metaforici e che lasciandoli agire, avrebbero usato semmai le pistole ad acqua e che nessuno di loro aveva intenzione di compiere gesti pericolosi.
I fatti, però, hanno dato altri risultati.
Non è possibile generalizzare, parlando delle forze dell'ordine, e fare di tutta l'erba un fascio, dicendo che le forze dell'ordine sono intervenute come le forze dell'ordine sudamericane o cilene, sostenendo, al contrario, che i manifestanti erano 300 mila pacifisti.
Questo mi sembra veramente esagerato; non è giusto generalizzare riguardo alla polizia e le forze dell'ordine, e dire, invece, nei confronti dei poveri ragazzi che erano a manifestare, che erano tutti innocenti pacifisti.
I fatti li abbiamo visti tutti in televisione e sappiamo che è sempre più difficile prevenire che, ovviamente, curare, come è molto più facile fare opposizione che governare un Paese.
E' sicuramente falso il fatto che le forze dell'ordine non abbiano arrestato o non abbiano assolutamente fermato nessuno nel momento in cui ci si apprestava a predisporre gli ultimi attimi prima dell'inizio del G8. E' incredibile, oltretutto, dire che le forze dell'ordine non sono intervenute, non hanno fatto nulla. Le persone che fanno queste dichiarazioni sono le stesse che poi si lamentano del fatto che gli anarchici greci sono stati respinti e rinviati alle proprie frontiere riaccompagnati al porto di Ancona, proprio perché sorpresi con armi ovviamente non pistole di plastica o ad acqua.
Quindi esprimo, ovviamente, solidarietà alle forze dell'ordine, con la fermezza però - questo è stato ribadito anche ieri dal Ministro La Loggia che sarà necessario svolgere un'indagine: chi ha sbagliato, dovrà pagare.
Ma io mi auguro che chi ha sbagliato, possa pagare da entrambe le parti.
Quindi, ovviamente, se c'è qualche facinoroso nella polizia pagherà, ma pagheranno anche coloro che hanno causato tanti danni ad un'immagine mondiale come quella del G8.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Contu.



CONTU Mario

Quando abbiamo chiesto di inserire, all'ordine del giorno di questo dibattito, il G8, abbiamo precisato che non ci interessava una discussione generale sulla globalizzazione. Ciò che è successo a Genova ha prevalso sulle questioni di merito, tant'è che oggi non presentiamo i nostri ordini del giorno sulla Tobin Tax o sul protocollo di Kyoto, ma sui fatti di Genova. E allora, tanto vale discutere di questo.
Se la democrazia in un Paese è un bene inalienabile, allora discutiamo se in questo Paese, e a Genova in particolare, ci sia stata o meno una sospensione delle garanzie costituzionali. Ebbene, a Genova si è consumata una sospensione delle garanzie costituzionali.
Ma vi è un'ulteriore domanda: la polizia, come diceva prima il Consigliere Caramella, ha operato per prevenire e reprimere dei possibili reati nell'ambito di un compito alla quale è preposta? No, la polizia, e i fatti stanno a dimostrarlo, ha operato come un corpo separato dallo Stato.
Ha operato sotto l'indicazione politica di qualcuno che deve avere il coraggio di assumersi tutte le responsabilità.
Badate bene, adesso viene rivendicato sui giornali: al Comando dei carabinieri e in Questura stazionavano Parlamentari di AN. In Questura - e questo è un fatto che viene riferito da uno dei genitori alla ricerca del proprio figlio arrestato - ha avuto il piacere di incontrare Fini che occupava il posto di comando. Se queste notizie fossero vere, saremmo in presenza di un esautoramento del ruolo del Ministero dell'interno in una situazione certamente difficile.
Qualcuno ha parlato di situazione cilena, di fascismo. Io ho una impressione: siamo alla vigilia di un regime. I fatti di Genova sono il segnale preoccupante. Concordo con quanto scrive Bocca in un editoriale su La Repubblica di domenica: "Siamo forse alla vigilia di un regime".
Non è una distinzione sottile, badate bene. Siamo in presenza di un Governo legittimato dai propri elettori, che ha preso la maggioranza in questo Paese, ma che sente di essere salito non al governo del Paese, ma di aver acquisito il potere in questo Paese. L'ostentazione di questo potere forse, comincia ad arrivare dalle prime cronache delle feste e dei fasti nelle ville borghesi di Roma, che praticamente rappresentano questo simbolo.
Si sono perpetrate violenze. Allora io voglio portare in quest'aula Presidente, le testimonianze di cittadini piemontesi. Non parliamo di Black Block, non parliamo di manifestanti internazionali (ne parlerò in seguito).
Vorrei portare all'attenzione di quest'aula il coraggio di giovani che erano andati a manifestare a Genova, anche in modo non organizzato, e che hanno conosciuto, per la prima volta nella loro magari breve esperienza di impegno sociale, la violenza della polizia.
Do lettura di alcuni stralci: "Mi chiamo Riccardo Issoglio. Sono nato a Pinerolo e abito a Cumiana con la mia famiglia. Frequento e sono iscritto al terzo anno del Politecnico di Torino. Ho 21 anni.
Giunto all'altezza di Piazza Kennedy, mi trovavo nel punto dove si dirige il corteo, quando la polizia ha lanciato i lacrimogeni e ha caricato. Mi sono allora rifugiato nel giardino di una villa, a sinistra della strada, dove c'erano già molte persone. I disordini erano finiti".
Sintetizzo, poi consegnerò copia al Presidente di tutte queste documentazioni che si stanno aggiungendo, di giorno in giorno, chiedendo di farne un giusto utilizzo.
"Ho iniziato, quindi, uscito e rientrato in strada, a camminare tranquillamente con le mani alzate, quando improvvisamente, senza che minimamente me lo potessi aspettare, senza alcun particolare motivo, un poliziotto, circondato da almeno un'altra quarantina di poliziotti, mentre c'erano cinque o sei manifestanti pacifici, con violenza mi dà uno schiaffo in faccia con grossi guantoni.
Mi faccio medicare da un infermiere della Croce Verde, i quali mi dicono che ho una ferita al setto nasale. Il giorno dopo vado al Pronto Soccorso di Pinerolo, dove mi ripuliscono la ferita e mi cuciono con tre punti.
Mi rimarrà, probabilmente, la cicatrice e il ricordo di quella brutta giornata." "Mi chiamo Farina Alessio, ho 26 anni e sono residente a Villafranca Piemonte.
Ho partecipato al corteo di sabato 21 luglio.
Sono stato arrestato, così mi è stato detto, verso le 16.30-17.00 durante una carica violentissima delle forze dell'ordine. Nonostante il mio atteggiamento pacifico, sono stato colpito violentemente alla nuca da una manganellata. Sono stramazzato al suolo, dove mi sono sentito piovere addosso ulteriori colpi, accompagnati da imprecazioni ed offese. Nonostante fossi orribilmente insanguinato, mi è stato imposto di alzarmi e mi sono stati messi dei lacci ai polsi in maniera strettissima. Ci hanno portati nel luogo che presumo fosse una sede della polizia. Ci hanno fatti scendere e inginocchiare lungo un muro con la faccia rivolta allo stesso, con le mani sempre legate e ci imponevano, con minacce, di tenere lo sguardo basso. Uno di loro ha detto: 'Se dovete fargli qualcosa, spostateli, perch qui possono essere ripresi o fotografati'.
Alla ragazza inginocchiata rivolgevano epiteti quali 'zoccola stronza'.
Per mia fortuna, insieme ad un altro ragazzo, sono stato indirizzato all'Ospedale Villa Sassi di Genova Sampierdarena. Sono stato ricoverato in un reparto appositamente adibito per il vertice. Il periodo dell'ospedale è stato bruttissimo. Eravamo sorvegliati a vista, ventiquattrore su ventiquattro. Anche al bagno siamo stati vessati, provocati e sottoposti a violenza psicologica. Tralascio gli altri aspetti delle violenze subite.
Lunedì, 23 luglio, Alessandria, ore 18.30 circa: non avrei mai immaginato di dover dire, un giorno: 'Finalmente sono arrivato in carcere'.
Mi portano in cella. La mia è singola, ma adiacente a quella di altri compagni arrestati in questi giorni. Finalmente un po' di privacy. Riesco dopo tre giorni, a defecare.
Steso sulla branda, solo, vorrei piangere, ma mi sforzo di non farlo perché non voglio darla vinta.
Parecchi arrestati mi hanno raccontato di essere stati, dal sabato pomeriggio alla domenica pomeriggio, nel Commissariato di Bolzaneto, con le mani contro il muro, a volte in piedi, a volte inginocchiati, pestati violentemente. Questo supplizio per ventiquattr'ore di seguito. A volte uno veniva girato e gli veniva intimato di farei il saluto fascista, altrimenti era un ulteriore accanimento.
Alle ore 20 circa di lunedì, ho avuto il mio colloquio, vengo scarcerato, fuori mi aspetta la vita". Se così è - purtroppo - risulta un ennesimo calice amaro.
L'odissea di due giovani polacchi arrestati durante l'irruzione della polizia presso la scuola Diaz è un esempio di come si possano stracciare i trattati internazionali: "Arrestati in occasione del pestaggio alla scuola Diaz, vengono portati in ospedale. Invitati a dimettersi dopo le prime cure, vengono presi in custodia dalla polizia che li porta alla caserma di Bolzaneto e lì subiscono il trattamento che è noto a tutti. Trasportati al carcere di Alessandria, il GIP non convalida l'arresto e li lascia liberi.
Mercoledì, vengono prelevati all'uscita alla presenza del Console e portati dalla DIGOS in Questura. Alle ore 23.40, dopo dodici ore, ricevono un'ordinanza del Prefetto: via, espulsi dall'Italia nonostante non abbiano precedenti penali, perfettamente identificati. Accompagnati dal Viceconsole, vengono portati al centro detenzione di Corso Brunelleschi vengono espulsi alle ore 6.40, prendono poi un volo per Varsavia".
"Mi chiamo Giuliano, sono nato a Torino il 10 giugno 1964, di professione faccio la guida turistica, vivo e lavoro in Messico.
Partecipavo alla manifestazione di disobbedienza civile, ero con un gruppo di altri manifestanti". Viene aggredito a pugni e a calci da una miriade di agenti, i calci sulle gambe gli provocano profonde ferite. Viene soccorso dall'unità di soccorso, ma una ragazza tedesca che faceva parte delle infermiere volontarie che assistevano i manifestanti viene a sua volta aggredita. Si ribella, viene ulteriormente pestato, viene portato al Carlini; riesce, poi, a scappare e a rientrare al Carlini in attesa di un suo amico di Città del Messico, del quale, ancora oggi, si sono perse le tracce e non si sa dove sia finito.
"Sono Devoto Stefano, nato a Genova nel 1975, residente a Rapallo in Salita Guardastelle n. 15/22. Ho partecipato alla manifestazione e sono stato arrestato venerdì. Sono stato portato alla caserma di Bolzaneto, ho subìto un trattamento di cui ormai sono piene le cronache dei giornali".
Ho terminato, Presidente - la voglio informare anche di un reato consumato nel territorio piemontese, perché l'unità di traduzione centrale probabilmente, i famigerati GOM, i Gruppi Operativi Mobili, di stanza a Roma si sono accaniti durante il trasporto nel cellulare nel tragitto dalla caserma di Bolzaneto al carcere di Alessandria: picchiati ancora prima di entrare nel carcere di Alessandria e appena varcato quel carcere.
Presidente, di tutte queste testimonianze chiedo che lei, nella sua qualità di pubblico ufficiale, in quanto informato di notizie di reato, dei quali l'autorità giudiziaria non è ancora a conoscenza e, unitamente raccogliendo l'appello della Magistratura, in merito alla documentazione fotografica inedita - gliele do copia - chiedo ufficialmente che lei la trasmetta d'ufficio all'autorità giudiziaria competente, naturalmente insieme ai verbali di questa seduta per quanto riguarda il mio intervento.
Mi assumo pienamente la responsabilità di quanto ho detto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Marco Botta; ne ha facoltà.



BOTTA Marco

Presidente e colleghi, intervengo in questo dibattito con un certo imbarazzo. L'imbarazzo di chi, da destra, da vent'anni, ha studiato, letto e parlato contro il mondialismo, contro l'omologazione del cibo e della moda, contro la dittatura del pensiero unico, contro l'omologazione del vestito e del menù unico, non nutrendo particolare apprezzamento per le multinazionali, conoscendo e temendo un certo tipo di delocalizzazione, non avendo particolare simpatia per i manager tagliatori di teste e neppure per la flessibilità del lavoro ad ogni costo. L'imbarazzo di chi, insomma, si ritiene da destra essere espressione di culture di valori con cui il popolo di Genova, quello innamorato di neoilluminismo, di neointernazionalismo, di neocosmopolitismo, di neoprogressismo, non ha nulla da spartire.
Di fronte a quanto si è verificato a Genova, è giusto svolgere delle riflessioni. In primo luogo, per dire in maniera chiara che a Genova non si è espresso il popolo di Seattle. Il nome di questa città americana, che ha dato il nome a questo movimento, deriva da un capo indiano che quando fu costretto ad andare in riserva disse ai colonizzatori americani: "Finisce la vita, inizia la sopravvivenza".
Il popolo di Genova non ha più niente a che fare con il popolo di Seattle, che era un popolo di piccoli contadini, di piccoli commercianti di ambientalisti, anche sindacalisti, che difendevano il proprio lavoro chiedendo politiche protezionistiche, scagliandosi contro le decisioni prese nelle aule segrete del WTO, in difesa di questi valori.
Il popolo di Genova e tutt'altra cosa. Ormai, è un popolo contaminato snaturato da iniezioni fortissime di sinistrismo dove i centri sociali costituiscono la vera anima. Un movimento gonfiato come la panna montata dai media, che - non so se ve ne siete resi conto - per mesi è entrato in casa e sui giornali con precise informazioni su come ci si veste per andare a fare gli scontri di piazza, come ci si comporta, quali armi si possono usare, con un'attenzione che arriva quasi all'istigazione a delinquere.
Genova ha dimostrato - proprio per quello non c'è parentela tra Seattle e Genova - che il movimento contro la cosiddetta globalizzazione si è trasformato in un movimento contro il Governo, contro la polizia e contro le forze dell'ordine.
Il dato politico che, come Alleanza Nazionale, ci interessa sottolineare è che, in realtà, il G8 ha creato una saldatura tra i centri sociali e la sinistra istituzionale, che era il grande obiettivo che si poneva l'on. Bertinotti.
Quindi, non chiamiamo più il movimento genovese "forum del no global" o "fronte del no global", perché questo fronte, in realtà, si è trasformato in un fronte dell'ultrasinistra che cerca di riorganizzarsi, che ha un suo martire a cui va il nostro pensiero e il nostro dispiacere, ma che verrà utilizzato in questo modo. Tenta di utilizzare a proprio vantaggio le contraddizioni di una sinistra istituzionale che, ieri, si candidava a guidare il Paese e che, oggi, sembra ammaliata da questo abbraccio - a nostro avviso, letale - con il movimento. Come ha già detto il Consigliere Valvo, le diversità di posizione che la sinistra istituzionale ha mantenuto negli ultimi dieci giorni non sono spiegabili se non con lo stato di confusione in cui è caduta.
Non riteniamo che questo tipo di politica porti lontano, per tre ragioni almeno: perché fino ad oggi, fortunatamente e speriamo che non succeda domani, non c'è stata saldatura tra il movimento delle tute nere o tute bianche, insomma tra il movimento "giottino", e il movimento delle tute blu. Ma ve li vedete gli operai metalmeccanici che fanno fronte unico con i punkbestia e con gli scalmanati dei centri sociali? Noi speriamo che ciò non avvenga.
Lo stesso movimento dei centri sociali, quello che è stato attorno al G8, se continua in una politica molto dura non potrà, speriamo - lo speriamo per l'avvenire di questo Paese che deve essere un Paese normale non potrà avere la solidarietà ancora della sinistra istituzionale. Lo pensiamo perché questo movimento antagonista del G8 è così antagonista da essere tra poco antagonista anche di se stesso.
Noi auspichiamo che questo fronte globale non si fondi con un fronte sociale, soprattutto in autunno auspichiamo che questo non avvenga, perch se questo avvenisse dovremmo aprire una grande partita, lo dico al centro destra, la grande partita della sovranità, la grande partita della questione democratica, che dovremo - amici del centro-destra - combattere qualora questo fronte dovesse unirsi e noi non l'auspichiamo, non difesi dalla Celere, non con l'Arma dei Carabinieri, ma con grandi mobilitazioni popolari, di piazza, per difendere appunto la sovranità del popolo, la sovranità del responso popolare.
Vado rapidamente a concludere. Distinguiamo quindi, da destra globalizzazione che è un principio economico, tecnologico, che va governato dal globalismo, che è altra cosa. Chi è che governa la globalizzazione? E' soprattutto la politica che governa la globalizzazione, ed è il grande ruolo della politica, di quei politici che si sono riuniti a Genova, che può governare le distorsioni della globalizzazione. Voglio porre una domanda ai colleghi che sono solidali con il popolo di Genova: ma perch colleghi, siete andati a Göteborg, a Genova, andrete magari domani a Montreal, e non andate alle riunioni della Trilaterale? Non andate alle riunioni dell'Aspen Institute? Non andate alle riunioni del Bildeberg (?) Group? Laddove il potere mondialista, senza imprinting democratico, si riunisce! Sono quelli i luoghi del mondialismo! Il G8 è una risposta politica, democratica, alla globalizzazione.



PRESIDENTE

La ringrazio molto Consigliere Botta.
Adesso cerchiamo di alternare tra i Gruppi politici. Ha chiesto di parlare il Consigliere Deorsola; ne ha facoltà.



DEORSOLA Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la manifestazione di Genova con un eufemismo, possiamo dire che ha raggiunto solo in parte gli obiettivi che si era prefissa. La istituzione di alcuni fondi, sia pure assolutamente condivisibile, non è ragione sufficiente per giustificare la riunione stessa.
Credo che ci sia stata una serie di ingenuità anche nell'individuare la città di Genova come sede di questo incontro, se è vero come è sicuramente vero quello che ha qui riportato il senatore Tapparo prima, che nel Parlamento, quando si pensava a questa manifestazione, c'era anche forse chi - ripeto - ingenuamente riteneva che da questa manifestazione potesse esserci una forma di promozione, una sorta di promozione turistica, di una promozione complessiva della città. Questo non solo non è stato, ma abbiamo visto che le conseguenze proprio sulla città di Genova, sui cittadini, sono state estremamente gravi e auguriamoci - è il primo augurio che mi sento di fare - che l'intervento dello Stato per porre in qualche modo rimedio alle distruzioni che oggettivamente ci sono state, possa essere svolto in tempi brevi.
Tenendo conto anche del fatto che noi qui oggi non vogliamo parlare per impegno preso tra Capigruppo, di globalizzazione, ma vogliamo parlare solo dei fatti oggettivamente capitati a Genova, diciamo che noi ci riconosciamo totalmente nelle parole del Presidente della Repubblica: occorre fare chiarezza. Noi abbiamo fiducia piena anche in questa occasione nel lavoro della Magistratura, che saprà valutare se ci sono stati degli scostamenti da quello che deve essere il modo di comportarsi di chiunque.
Esprimiamo solidarietà alle forze dell'ordine che hanno contribuito a limitare i danni che oggettivamente potevano anche essere più pesanti. Se ci sono state delle deviazioni personali ho già detto che la Magistratura saprà fare piena luce.
Questa solidarietà che vogliamo esprimere alle forze dell'ordine riteniamo però che debba essere piena, totale, manifestata, detta, ma non manifestata con esposizione di cartelli in questa sede.
Esprimiamo solidarietà ai cittadini genovesi che hanno duramente patito di questa vicenda; esprimiamo anche il dolore per la perdita di una vita umana e per le tante ferite, non solo fisiche, ma anche morali, che ha subito la città di Genova in questa occasione.
Ripeto, il metodo che noi riteniamo debba essere alla base di una democrazia compiuta è quello del dialogo, un dialogo da realizzare nella sicurezza e contro ogni forma di violenza.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RIBA



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Godio, al quale seguirà il collega Angeleri.



GODIO Gianluca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei subito dire al Consigliere Contu che il Presidente Gianfranco Fini non era a Genova in quanto esponente di Alleanza Nazionale, ma in quanto autorevole esponente del Governo Berlusconi.
A mio modo di vedere non è possibile affrontare una discussione sui fatti di Genova senza andare a rimarcare alcune responsabilità antecedenti i giorni del vertice. Anzitutto, chi ha scelto la città di Genova, e stiamo parlando naturalmente del Governo Amato, che per lo svolgimento dei lavori degli otto grandi del mondo e delle contromanifestazioni non ha considerato la conformazione urbanistica del capoluogo ligure; in ogni modo ha sottovalutato la protesta.
Bisogna poi ricordare l'atteggiamento della sinistra che da una parte organizza il vertice e dall'altra le manifestazioni, che come abbiamo avuto modo di vedere non si sono rivelate particolarmente pacifiche.
Sicuramente anche gli esponenti del Genoa Social Forum hanno delle responsabilità, se non dirette, quanto meno morali, dato che per mesi hanno alzato il livello del confronto con le istituzioni, continuando ad affermare la volontà di invadere la cosiddetta zona rossa; continuando ad attaccare il Governo Berlusconi, il quale peraltro attraverso il Ministro degli Esteri, Ruggiero, ha cercato fino all'ultimo il dialogo garantendo anche ai manifestanti alcune zone per soggiornare nella città di Genova.
Il portavoce del Genoa Social Forum, Agnoletto, fino a poche ore prima dell'inizio del vertice, parlava di diritti non garantiti ai partecipanti alla manifestazione, ma alla luce di quanto è successo mi pare che il diritto di sfasciare automobili, negozi, arredi urbani e quant'altro non sia sancito da nessuna parte.
Per non parlare poi dei centri sociali del nord-est. Vi sembra possibile, cari colleghi, che qualunque libero cittadino che voglia manifestare pacificamente il proprio pensiero si debba abbigliare con imbottiture, giubbotti salvagente, guanti, maschere antigas e caschi da motociclista? Bisogna poi tener presente la gravità degli scontri e delle devastazioni. Gli ultimi dati parlano di oltre 100 miliardi di danni, E chi li paga, questi danni, cari colleghi? Condizioni che non sono degne di un Paese civile. E quanto è accaduto non può essere sicuramente attribuito alle forze dell'ordine.
Ricorderete che lo Stadio di Genova venne utilizzato dal Genova Social Forum e dalle pacifiche tute bianche come accampamento. Ebbene, dopo un sopralluogo della DIGOS, vi è stato rinvenuto un vero e proprio arsenale: bombe molotov, bottiglie di trielina, mazze da baseball, bastoni da hockey martelli, un'accetta - cari colleghi! - 27 sbarre, 9 mazze di legno, 68 cerchioni di biciclette, 51 spranghe di ferro; e inoltre, due catene e tre uncini di macellaio, ma è roba spicciola.
Per ultima, la parte più tragica di un bilancio che assume tutti gli aspetti di una guerra: un morto e 560 feriti.
Sicuramente non vorremmo mai parlare di ragazzi poco più che ventenni che buttano la vita in scontri di piazza, ma non possiamo e non vogliamo dimenticare che questo giovane che non c'è più, insieme ad altre decine di suoi compagni, stava cercando di linciare tre uomini dell'Arma dei Carabinieri, uomini al servizio dello Stato con un forte senso del dovere.
Non posso quindi che concludere affermando sicuramente il nostro cordoglio per la morte di un giovane, ma dichiarando la massima solidarietà alla Città di Genova e alle forze dell'ordine che hanno, a mio giudizio ben operato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Presidente Riba e Signor Presidente della Giunta Ghigo, io mi sono sforzato, ascoltando con un po' di attenzione gli interventi che si sono susseguiti, di cercare di capire qual era l'utilità di questo dibattito avvenendo questo dibattito in epoca successiva a qualsiasi tipo di valutazione che il Parlamento ha fatto, a dichiarazione fatte dal Capo del Governo e dai Ministri interessati.
Devo dire che - stranamente, forse - oggi mi trovo d'accordo con il collega Brigandì: non sono riuscito a capire quale possa essere l'utilità oggi di questo dibattito postumo. E di questo me ne dispiaccio, perch ovviamente stiamo parlando di fatti che hanno provocato un morto - come diceva il collega poc'anzi - più di 500 feriti e hanno visto martoriare una città come quella di Genova: abbiamo visto tutti quanti, dalle notizie riportate dai telegiornali, lo stato in cui è stata ridotta.
Non voglio essere troppo lungo nel mio intervento, altrimenti non avrei avuto motivo di iniziare un intervento in questo senso. Volevo solo dire che mi sento rappresentato, in un sistema democratico, dal Governo, dalle dichiarazione del Capo di questo Governo, e non perché questo Governo faccia parte di un'idea che è vicina alla mia, quanto proprio, entrando nel merito, per le dichiarazioni che ha fatto il Capo del Governo e che ha fatto lo stesso Ministro La Loggia ieri, rispondendo a qualcuno che aveva esposto dei cartelli.
E quando il Capo del Governo, ma lo stesso Ministro La Loggia ieri, ci dicono che le regole saranno rispettate e che la legge sarà applicata in maniera equa e soprattutto che non ci saranno coperture per nessuno, io penso che sia un atto di grande giustizia e di grande responsabilità da parte di coloro che ci governano.
Però, rispetto a questo, vorrei sottolineare solamente un aspetto: che nell'opinione pubblica qualcuno ha cercato di inoltrare un certo messaggio quasi che i facinorosi sarebbero stati coloro che partecipavano al G8 parlo dei rappresentanti del Governo, coperti dalle forze dell'ordine - e i dimostranti fossero coloro che invece rappresentavano la parte giusta di società. Non trovo corretto il messaggio che è stato inoltrato: è un messaggio che, mentre è accettabile per quanto riguarda coloro che hanno protestato civilmente, è evidentemente da condannare in una visione dove il bene sta da una parte e il male sta dall'altra, e non viceversa.
Allora, se è accettabile la protesta civile fatta da qualcuno, è sicuramente da condannare l'inciviltà che abbiamo visto tutti quanti.
Non proseguo oltre; il mio intervento rimarrà nei 5 minuti di un semplice Consigliere, proprio perché, torno a ripetere, il Governo, con le parole del suo Presidente e dei suoi Ministri, ha fatto il suo dovere dicendo - e io ne sono convinto - che le coperture non ci saranno per nessuno.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera D'Onofrio.



D'ONOFRIO Patrizia

Vorrei fare una breve riflessione a proposito degli avvenimenti verificatisi a Genova.
Pur non entrando nel merito, vorrei sottolineare che il concetto di globalizzazione è talmente ampio da comprendere tutto: dalla lotta alla povertà e all'AIDS all'abolizione della pena di morte, alla soluzione dei problemi dell'ambiente, e così via.
Gran parte di coloro che hanno partecipato a Genova contro la globalizzazione non avevano piena conoscenza del suo significato.
Fatto salvo il diritto di manifestare pacificamente, non è che non veda che per questi ignari esaltati si è trattato semplicemente di una protesta vacua e insensata, di un atto meramente emulativo nel senso civilistico del termine.
Ai contestatori bisognerebbe chiedere le soluzioni che propongono contro la povertà, contro le epidemie del terzo mondo, per l'estinzione del debito che i Paesi poveri hanno nei confronti di quelli industrializzati.
E' certamente più facile criticare che risolvere i problemi. Ciò che è più grave è che gli incidenti che si sono verificati a Genova erano premeditati, come si desume dal fatto che molti contestatori erano armati di coltelli, spranghe, bulloni, molotov, e così via.
La sinistra sta ora cercando vanamente di colpevolizzare il Governo per i fatti di Genova, cercando di dargli qualche primo scossone con la mozione di sfiducia alla persona del Ministro Scajola, dimenticando forse che era stato il Governo di centrosinistra a scegliere per il G8 la città di Genova, assolutamente inadatta dal punto di vista urbanistico ad ospitare l'evento in questione.
Si aggiunga anche che i dirigenti delle forze di polizia che si sono prodigate per svolgere al meglio le loro funzioni erano stati scelti dal precedente Governo.
Per quanto riguarda il contestato eccessivo quantitativo di forze di pubblica sicurezza impiegate, mi rifaccio ad una frase del Vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini: "Vi immaginate cosa sarebbe accaduto se avessimo impiegato un numero di uomini esiguo e non avessimo garantito l'incolumità dei Capi di Stato presenti al G8?".
Mi avvio alla conclusione. Nell'esprimere il mio personale cordoglio ai genitori del ragazzo morto a Genova, penso anche alla disperazione del Carabiniere di vent'anni, che ha comunque sparato per legittima difesa.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE COTA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Galasso.



GALASSO Ennio

Presidente, colleghi e Presidente della Giunta, io non entrer nell'esame dei fatti di Genova, su cui già un po' tutti hanno espresso valutazioni e considerazioni e un po' tutti hanno portato un loro contributo di ricostruzione storica degli eventi. Voglio però dire che non possiamo arpionare qualche episodio singolo per poter da questo trarre argomentazioni di polemica o comunque di uso disinvolto di parole che vengono scagliate come pietre.
Il vero problema è: cosa ne è, cosa ne sarà, cosa vogliamo che sia la massa di giovani? Quale riflessione si fa sulle forze politiche? Le forze politiche che soprattutto hanno cercato di monopolizzare, in un modo o nell'altro, la vicenda genovese, sanno cogliere il respiro del disagio sanno governarlo, potranno governarlo, vorranno governarlo? Soprattutto chiediamo a queste forze se hegelianamente la storia potrà insegnare qualcosa.
Io non voglio semplicemente parlare di un "dejà vu"; voglio però dire che abbiamo dei sintomi, degli indizi gravi che ci debbono far riflettere sulla portata della vicenda degli episodi genovesi.
Io muovo da una considerazione: perché mai un'organizzazione che è pacifica si era già mobilitata per essere pronta agli scontri dopo che aveva trovato ampia visibilità mediatica, direi sproporzionata visibilità mediatica, come parte, seppure il problema del G8, il problema della globalizzazione, i problemi dell'AIDS, della fame nel mondo, dei debiti dei Paesi più poveri sono problemi su cui dobbiamo struggerci nella riflessione e nell'approntare delle soluzioni? E allora perché questa deliberata scelta di operare in modo violento per le strade di Genova? Voglio anche dire a chi cerca di fare delle insinuazioni che io non raccolgo strumenti dialettici ormai logori e superati: li ritengo delle audacie assolutamente infeconde. A chi però si muove sul terreno quotidiano, debbo dire che la posizione tenuta da AN attraverso il suo Presidente Fini, anche nella funzione istituzionale di Vicepremier, e attraverso il Presidente del Gruppo alla Camera, Larussa, è stata ed è di assoluta responsabilità, perché è stata ed è di assoluta chiarezza.
Un punto è il problema della tutela, della difesa delle istituzioni della salvaguardia del diritto di tutti; altro è il problema di accertare eventuali comportamenti illegittimi, eventuali singoli episodi di responsabilità.
Ho qui con me "Il Secolo" di questa mattina: "AN, un'indagine a 360 gradi", questo dice il Capogruppo alla Camera Larussa. Fini dice che "anche su eventuali eccessi da parte delle forze dell'ordine, si è pronti a fare accertamenti", e questo non scalfisce in alcun modo il ruolo, l'importanza e la riconoscenza che dobbiamo alle forze dell'ordine. Siccome però il problema vero è l'esplosione della violenza e dell'esplosione della violenza che viene millantata per esercizio pacifico, allora mi gioverò di fonti non di parte, ma mi gioverò di fonti che sono le controparti nostre ed è su questo che la sinistra deve riflettere, è su questo che deve misurarsi.
Ricordiamo che ci sono alcuni strumenti concettuali che sono stati già utilizzati alla fine degli anni '60, alla fine degli anni '70 e noi sappiamo quanti lutti, quante ferite hanno poi determinato conseguentemente certe leggerezze e certe aperture.
Ricordiamo che all'insorgere del terrorismo, anche allora - lo dico a coloro che sono intervenuti prima da posizioni contrapposte - si parlava di attentati di chiara marca fascista o attentati fascisti; poi abbiamo visto che erano Brigate Rosse, brigate vermiglie. Questo è il problema.
Perché dico questo? Non per un compiacimento polemico, per ricordare semplicemente un fatto storico, per far riemergere dalla memoria eventi anche quelli disastrosi, luttuosi e nefasti. Dico questo perché è stato ed è probabile che all'epoca non tutti seppero giustamente valutare la circostanza, perché quel clima di violenza è stato causato proprio dall'humus che veniva determinato sotto il profilo culturale e anche sotto il profilo sociale. Dobbiamo anche riconoscere che poi c'è stata una reazione seria e ferma, ma allora diciamo perché dovete aspettare di reagire, perché dovete aspettare di ricondurre negli alvei del corretto comportamento civile e politico quelli che non a caso - non lo so se lo diceva per assonanze o se voleva lanciare un messaggio, lo dicevano gli autori su uno degli ultimi numeri de "L'Espresso", Arosio e Pedemonte, ove riproponevano la stessa espressione "compagni che sbagliano". Dei "compagni che sbagliano", purtroppo, si parlò per sei anni; solo nel '74, alla vigilia del referendum sul divorzio e con l'esplosione della vicenda Sossi ci fu una chiara inversione di tendenza. Lo ricorda anche il Magistrato Bornia nell'intervista a Fassino, seppur in un contesto diverso, ma ripropone e richiede questo. Ed è su questo che dobbiamo interrogarci. Che cosa dice l'altra autorevolissima firma della sinistra: "nel movimento nessuno vuole chiedersi perché Giuliani stava in quella piazza." Il povero ragazzo Giuliani, aggiungo io, in quella piazza, con il volto celato da un passamontagna, perché insieme ad una marea di giovani come lui, che non erano del blocco nero, è andato all'assalto furibondo della Land Rover dei carabinieri.
Questo è il problema! Se viene determinato questo humus che recepisce la violenza e la esalta: è questo che dobbiamo denunciare. Se non abbiamo capito questo, vuol dire che non abbiamo capito nulla di quello che sta accadendo.
Panza lancia anche un altro ammonimento che mi pare serio e su cui dobbiamo seriamente riflettere: non possiamo riportare nelle aule il clima della piazza. Le istituzioni, o comunque i responsabili di Partito, devono saper governare, devono saper dire anche parole che possono suonare sgradevoli, ma che possono essere pedagogicamente rilevanti.
Concludo dicendo che quel povero Giuliani verrà "usato" da qui all'eternità senza un dubbio, senza una domanda. Io dico: tormentiamo i dubbi, tormentiamoci con le domande, cerchiamo di essere all'altezza di dare risposte per il disagio giovanile, per i problemi cosmici che ci sono che la globalizzazione impone, che vanno affrontati con intelligenza, con acume, con profondità, con studio e senza ira.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marcenaro.



MARCENARO Pietro

Come dimostra l'intervento del collega Galasso, stiamo facendo una discussione tra posizioni molto diverse, ma non segnato dall'intervento bugiardo e vigliacco dell'on. Brigandì.
C'è stato un altro livello di confronto in quest'aula e io ne prendo volentieri atto.
Innanzitutto vorrei dire che parte delle cose che diceva adesso il collega Galasso - al quale do una risposta radicalmente diversa, ma che considero un problema effettivo - è che siamo in presenza, e la manifestazione di Genova questo insegna, di una forte crescita di una domanda di partecipazione, di comprensione, di democrazia da parte soprattutto, di nuove generazioni, che hanno trovato nella manifestazione di Genova una parziale espressione. Anche in questo caso la mia interpretazione è completamente diversa, diceva giustamente il Consigliere Botta, da Seattle a Genova molte cose sono cambiate. Se a Seattle prevalevano ancora elementi, in qualche misura protezionistici, elementi che configuravano in una certa dimensione quel tipo di manifestazione, qua invece, il respiro è, a mio parere, radicalmente diverso.
Le persone che hanno manifestato a Genova non erano persone dei paesi poveri, erano persone, soprattutto, dei paesi più ricchi del mondo, la cui vita è totalmente segnata dalla globalizzazione, dai suoi strumenti, dal mondo in cui viviamo.
La domanda di partecipazione che non riguarda solo la solidarietà verso mondi lontani, ma che riguarda la condizione umana e civile nel mondo dove si vive, questa domanda si esprime in forme e con contenuti diversi. Vede collega Galasso, si ha diritto di manifestare anche solo per porre delle domande, quando non si hanno già le risposte da dare, perché c'è una differenza fra chi partecipa ad un movimento e chi ha la responsabilità di governare.
Per queste generazioni, per questi giovani si trovano di fronte a questi problemi nuovi, noi dobbiamo sapere che spetta a noi dire che la democrazia è il campo nel quale questi problemi possano trovare risposte.
Vede, Consigliere Galasso, non sono d'accordo che questo sia un problema della sinistra, questo è un problema di tutti, è un problema della democrazia italiana nelle sue diverse articolazioni. E' l'insieme della democrazia italiana che assume, non semplicemente battendo le mani o dicendo a questi ragazzi che hanno ragione, l'idea di un confronto positivo; la democrazia è il terreno sul quale possono costruire delle risposte positive. ed è di qua che nasce. Tornerò su questo discorso della violenza.
Trovo singolare che un uomo così equilibrato come il Consigliere Valvo si lasci andare a delle interpretazioni che io trovo veramente, francamente farneticanti e non utili alla ricostruzione di un dibattito in una sede istituzionale.
Questo è il primo problema e lo dico perché nessuno creda che questo problema si esaurisce con la manifestazione di Genova e neppure con i suoi seguiti. Questo problema lo avremo di fronte - c'è il passaparola fra i ragazzi in questi giorni - a settembre, ottobre, quando riapriranno le scuole. Il problema riemergerà, il problema è che deve riemergere in una dinamica positiva, della costruzione di una partecipazione che arricchisca una democrazia così povera, perché naturalmente pone problemi radicali: cosa vuol dire il concetto di partecipazione, di decisione di democrazia politica in un mondo nel quale le dinamiche dei poteri sembrano portarci così lontano. Anch'io sono tra quelli che pensano che la soluzione sia più globalizzazione e non in meno.
Dentro questo, però, vedo tutti i problemi della ricostruzione di regole di partecipazione. Questo è il primo punto essenziale.
Non è vero che qui noi facciamo una discussione che non ci riguarda perché se c'è un problema di un rapporto tra la democrazia, le istituzioni e questo tipo di problemi, anche noi siamo coinvolti. Anche noi abbiamo la nostra parte di responsabilità.
Il secondo punto riguarda la questione della violenza. Non credo a coloro che separano drasticamente la questione dei contenuti dalla questione delle forme, delle iniziative. Certo, c'è una questione di approccio, di interpretazione culturale e io penso che oggi, in qualche modo, la battaglia per espellere la violenza, per combattere gli elementi di ambiguità di incertezza che esistono anche fra quei gruppi attivi che hanno organizzato le manifestazioni di Genova. L'elemento avviene non solo con il richiamo ad una tradizione e ad un'esperienza. Voi dovete capire almeno da Seattle, che Genova per noi è tante cose, ma per noi è anche la città di Guido Rossa, che è un nome che ha un certo peso nella nostra storia ...



(Commenti del Consigliere Cattaneo fuori microfono)



MARCENARO Pietro

A volte si dicono delle cose sulle quali si chiede almeno un minimo di rispetto, almeno, quando si parla, caro Consigliere Cattaneo.
C'è un problema che naturalmente riguarda la questione della violenza ma c'è un problema di più, che riguarda un approfondimento, una verifica una battaglia politica che, per quanto ci riguarda, va portata sui contenuti. Perché? Perché noi pensiamo, e così ci siamo mossi, e per questo abbiamo una continuità tra le cose che abbiamo fatto quando svolgevamo la funzione di governo e le cose che facciamo oggi, quando svolgiamo una funzione di opposizione, che non ci sia altra strada che quella di costruzione di elementi di governo, di regolazione di un fenomeno così complesso come quello della globalizzazione, che porsi fuori da questa strada porta su una via sbagliata nel merito, che ha delle conseguenze molto negative anche dal punto di vista delle implicazioni.
Guardate, su questo la questione - e vengo alla parte conclusiva del mio intervento - di quello che è capitato in quei giorni a Genova non è una questione che possa essere sottovalutata. E la questione si divide in due aspetti: il primo, riguarda il modo in cui è stata gestita da parte di chi aveva in quel momento la responsabilità politica della gestione dell'ordine pubblico in una città come Genova. E questo ha messo indubbiamente in evidenza una situazione nella quale, mentre si è concentrato tutto l'apparto di pubblica sicurezza interno alla difesa della zona rossa, c'è stata un'ampia parte della città aperta alle incursioni terribili di teppisti che hanno messo a ferro e fuoco la città. E dentro questo è capitato un episodio grave, come quello che ha visto la morte di un ragazzo di 23 anni. No, io non rimuovo, e non l'ho rimosso dal primo giorno il fatto che questo non era un ragazzo colpito per caso ma che stava lì con una cosa in mano insieme ad altri che aggredivano una camionetta dei Carabinieri. Non rimuovo questo fatto, non lo voglio cancellare, perché fa parte di un giudizio politico. Ma così come non rimuovo quel fatto, così come vedo quella responsabilità, allo stesso modo non può essere, perch non esiste la pena di morte nel nostro Paese, neanche per crimini più gravi. Non sto facendo il processo ad un singolo carabiniere, non voglio dire quali erano le condizioni psicologiche nelle quali si è trovato, non voglio farlo! Non l'ha fatto il padre di Carlo Giuliani, perché dovrei farlo io? Però, so che c'è qualcosa nell'organizzazione dell'ordine pubblico che è alla base di quanto è successo! Infine, la terza questione.
Non si può mettere, anche in questo caso, tutto sullo stesso piano.
Quello che è capitato prima e durante la manifestazione, durante la notte tra sabato e domenica, voi lo sapete quanto lo so io, perché ormai le testimonianze che sono state accumulate sono testimonianze cospicue e incontrovertibili. E' capitato qualcosa che costituisce una vera e propria violazione delle regole dello Stato di diritto, che in quella scuola, in quella caserma, le garanzie costituzionali - ha fatto bene chi ha usato questa parola - sono state sospese. Siccome nessuno di noi pensa che la polizia è fascista e siccome siamo convinti che si tratta di gruppi che sono intervenuti e che non sono l'insieme delle forze di polizia, io dico che prima - proprio in nome della solidarietà con le forze di polizia bisogna colpire i responsabili di questa situazione, e bisogna colpirli al di là del fatto che non siano identificabili perché, come dicono i giornali, avevano la faccia coperta. Bisogna colpirli attraverso la catena del comando e delle responsabilità, perché i reparti, quando si muovono non sono solo singoli individui, ma sono legati a responsabilità accertabili attraverso una scala gerarchica, che per fortuna è riconosciuta.
E' un punto, questo, molto importante, molto importante! Vi racconto una cosa, e finisco il mio intervento. Mia figlia, l'altro giorno, che è una ragazza di 23 anni e che, vi assicuro, non ha particolari palpiti estremisti, mi ha raccontato la sua particolare interpretazione di questi fatti. Mi ha detto: "Vedi, papà, normalmente, quando andavo alle manifestazioni, mi mettevo vicino alla polizia perché ero convinta che stando vicina alla polizia, la polizia era lì per proteggere me da quei disgraziati estremisti e violenti che mandavano per aria le manifestazioni.
Ho sempre pensato così, ho sempre visto la polizia e scelto di andare a mettermi vicino. Da domani, mi vado a mettere distante, perché ho paura".
Questo è il punto. Non possiamo pensare di coltivare fra tanti ragazzi l'idea di avere paura della polizia.
Sono francamente convinto che nessuno conduca un'operazione come quella che è stata condotta nella notte tra sabato e domenica se non pensa di avere delle copertura politiche, se non suppone di averle, e non dico che le abbia. Bene, se non è così, lo potete dimostrare, e l'unico modo per dimostrarlo è colpire con nettezza tutte queste forme di deviazione che hanno costituito un elemento inaccettabile.
Penso che questo sia il terreno del confronto, che distingue, non che fa di tutta un'erba un fascio, ma che distingue e, in questo modo costruisce anche le condizioni politiche perché sia sulle grandi questioni di merito sia su quelle della struttura e del funzionamento delle garanzie democratiche si possa fare un passo in avanti. Su questo noi pensiamo che il vostro governo abbia delle gravi responsabilità.
Ho sentito il Consigliere Contu dire (usando dei termini che considero un po' eccessivi) "regime", "fascismo". E' tutto seriamente preoccupante.
Mi veniva da dire "Potevi pensarci prima" perché dopo aver predicato per tanto tempo che il centro sinistra e il centrodestra erano più o meno uguali, adesso scoprire questa cosa lo trovo un po' singolare. Detto questo, però, siamo nel campo - ho provato a fare un discorso di merito di una politica che richiama da diverse posizioni, perché la nostra responsabilità comune non è perché prendiamo le stesse posizioni, ma perch la dialettica è diversa, distinta! Anche i Radicali, fra di noi, si confrontano con quest'ordine di problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cattaneo.



CATTANEO Valerio

Presidente, vorrei fare una considerazione preliminare. Ho ascoltato molti degli interventi che si sono succeduti stamattina. Voglio esprimere anche se è vero che l'impegno che abbiamo, e io ho stesso ho sollecitato di confrontarci sui temi del G8, quindi del fondo all'AIDS, del debito dei paesi poveri, del protocollo di Kyoto, della globalizzazione nel mese di settembre. Voglio fare una considerazione preliminare.
Credo che il G8 sia stato, nelle sue risultanze, comunque qualcosa di positivo, sotto l'aspetto del confronto, qualcosa di legittimo e di legale.
Voglio anche ricordare che in occasione di quest'ultimo vertice dei G8, che paradossalmente doveva essere una riunione informale tra i Capi di governo e i Capi di Stato degli otto Paesi più industrializzati del mondo, che si incontrano per confrontarsi su questi temi e per cercare di agevolare il lavoro delle diplomazie ufficiali e arrivare a delle risultanze, alla soluzione di alcuni problemi contiene, vi è stato un elemento di novità che nessuno ha ricordato e che non è ascrivibile a questo o quel governo, a questa o quella nazione. Per la prima volta, a fianco degli otto Paesi più industrializzati del mondo, si sono seduti anche 16 Capi di Stato e di Governo dei Paesi in via di sviluppo, i cosiddetti (a me non piace definirli così, ma così vengono definiti) Paesi "sottosviluppati". Non è mica cosa da poco! E non a caso, le risultanze del G8, si poteva fare certamente meglio - poi ci confronteremo nel mese di settembre per quanto riguarda il nostro Consiglio regionale - hanno di fatto sancito la volontà di azzerare di due terzi il debito dei Paesi in via di sviluppo per istituire un fondo (prima c'era molto meno) di almeno 175 mila miliardi per la lotta alle gravi malattie e alle gravi epidemie, come l'AIDS, la tubercolosi, ecc.
La seconda considerazione che voglio fare in via preliminare è perch Genova. Voi sapete che ho un amore, oltre a quello per la mia fidanzata per la verità. Ho sentito dire che Genova è stata scelta da Amato, da Berlusconi. Ho sentito dire, forse dal Consigliere Muliere, che è stata una scelta condivisa dal Parlamento. Va ricordato che qui, semplicemente come verità - poi, se qualcuno può dimostrarmi il contrario, lo faccia e chiederò scusa - che la scelta fu fatta nel 1999, con in carica l'on.
Massimo D'Alema quale Presidente del Consiglio dei Ministri, e con i Comunisti Italiani che sedevano al Governo con ben due ministri. In allora fu scelta la città di Genova con tutte le motivazioni istituzionali e politiche che furono portate all'attenzione di un dibattito parlamentare che mai vide l'allora Polo per la Libertà (allora era Polo per la Libertà e non Casa), ma anche la Lega separata in casa, favorevole a quel tipo di scelta, con un atto ufficiale e istituzionale del Governo. Se c'è qualcosa che dimostra il contrario di quello che sto asserendo, chiederò scusa in Consiglio regionale, ma sono convinto di quello che dico semplicemente perché mi sono documentato.
Aggiungo una considerazione politica. Fu scelta Genova - è un mio pensiero - perché l'allora Presidente del Consiglio dei Ministri, nonch capo indiscusso dei Democratici di Sinistra, così come quello che si è verificato fino al 2001 ha dimostrato ampiamente, ha semplicemente fatto il buon amministratore, dicendo: "Al nord perdo tutte le regioni, l'unica che è ancora un po' in ballo è la Liguria, diamo un segnale forte di attenzione alla Liguria, scegliamo Genova; non si sa mai che aiutiamo il nostro candidato a vincere le elezioni".
Voglio fare alcune considerazioni nel merito dei gravi fatti di Genova in base a quanto è emerso dal dibattito. Lo ha detto ieri in parte, con parole certamente migliori delle mie, con considerazioni sia per sua esperienza diretta, che per sue capacità, il Ministro La Loggia. Come fate cari comunisti (ormai in politica stanno tutti ritirando a sinistra, il ritorno alle origini può essere spesso una scelta felice, una scelta che può portare anche risultati, la salutiamo anche dal nostro punto di vista con felicità), a pensare che vi fosse un mandato politico alla polizia, a pensare che fosse stato impartito un ordine politico, o una copertura politica, alle forze dell'ordine? Questo offende i nostri valori, offende i nostri ideali, offende soprattutto il nostro senso dello Stato. Noi non siamo i depositari unici del senso dello Stato: sono sicuro che tutti abbiamo il senso dello Stato. Ma dico che le vostre affermazioni offendono il nostro senso dello Stato. Queste ipotesi appartengono a ideologie e a non valori, questo è il termine, di culture e civiltà che non ci appartengono e che non ci hanno visti protagonisti: l'Unione Sovietica dove alla polizia qualche direzione politica - magari sbaglio - la dava; la Cina, dove credo che tutta la documentazione a nostre mani e che è a disposizione di tutti, dimostra il record della pena di morte con circa 1400 esecuzioni all'anno; Cuba, ma non l'Itala democratica indipendentemente dai colori che hanno amministrato o che hanno espresso il Governo, indipendentemente dai capi di Governo che si sono succeduti nella nostra storia repubblicana. Noi questo non lo possiamo nemmeno pensare.
Un'altra considerazione è quella relativa alla mozione di sfiducia per il Ministro Scajola e alla Commissione d'inchiesta. La questione della Commissione di inchiesta non può che mettermi in condizione di fare alcune valutazioni su gravissime affermazioni dei Democratici di Sinistra, ma soprattutto, del loro Capogruppo attuale, l'on. Violante. L'on. Violante oggi è Capogruppo dei Democratici di Sinistra, però non dobbiamo dimenticare che per lungo tempo è stata anche la terza autorità dello Stato, essendo stato nella passata legislatura Presidente della Camera dei Deputati. L'on. Violante dice: "Inchiesta, altrimenti l'Italia si mobilita". Qual è la base originaria di questa richiesta? Credo che a nessuno possa sfuggire. Non certo la ricerca della verità a 360°, ma faccio soltanto un'ipotesi - la ricerca di una pretesa verità sul fascismo e sugli atti di teppismo delle forze dell'ordine che, anche in questo caso sarebbero stati coperti, se non addirittura, come è stato detto, istigati dal Governo.
Contro che cosa Violante ha minacciato di mobilitare l'Italia? A parte il fatto che l'Italia, fino a prova contraria - non me ne vogliano i colleghi che siedono in quest'aula - non è rappresentata né dai Democratici di Sinistra né tantomeno dal loro Capogruppo a Montecitorio. Resta che il destinatario di una simile mobilitazione non sarebbe né la maggioranza e nemmeno il Governo, ma il Parlamento nel suo complesso e il diritto del Parlamento di decidere secondo la costituzione, cioè a maggioranza.
Affidarsi all'Italia per prevenire una decisione del Parlamento e contestarla in nome di quell'Italia quando la prevenzione non riesce, nega in realtà il diritto costituzionale del Parlamento ad assumere una decisione. L'opposizione ha tutto il diritto di farsi presente in ogni modo nel dibattito parlamentare, ed ha il diritto e il dovere di determinare la formazione di una maggioranza su progetti che condivide. Se non ci riesce e se la maggioranza si forma su progetti contrari, allora la decisione che ne risulta è una questione del Parlamento, della Repubblica, dello Stato: questo è il senso dello Stato. Una cosa che può piacere o no, ma che un partito presente in Parlamento ha il dovere di riconoscere come legittima.
La controparte dell'opposizione è la maggioranza, la controparte della maggioranza è l'opposizione, non è, non deve e non può essere l'istituzione parlamentare. Per Violante e per i DS invece pare che il Parlamento sia legittimo o no a seconda che prenda decisioni che piacciono o no. Se a loro non piacciono, è giocoforza che non piacciono nemmeno all'Italia che Violante e i DS provvedono a mobiliare. Ma questa è una concezione almeno disturbata del funzionamento istituzionale democratico e lo è a prescindere da quel che si pensa sulla Commissione di indagine istituita relativamente ai fatti di Genova. Potrebbe perfino essere giusto istituirla, ma è sbagliato che si pretenda di istituirla con il ricorso a quella specie di ricatto. Noi abbiamo interesse per la chiarezza e per la verità, vogliamo che sia fatta piena luce sui fatti di Genova, convinti assolutamente di ciò. Non vogliamo mettere la croce addosso a nessuno. Ci sono delle indagini in corso da parte della magistratura ordinaria; vi è stata un'indagine interna della quale, proprio nella giornata di oggi, ci saranno le risultanze in Parlamento.
Anche per una considerazione del Capo dello Stato che non vuole interferire, ma che vuole far conoscere una sua posizione, viene avanti anche l'ipotesi che sembra quella più accreditabile l'indagine conoscitiva.
Bisogna però accertare e verificare - oltre a tutto il discorso della polizia e carabinieri, che sono stati cattivissimi, a dire di qualcuno anche se quelli del Genoa Social Forum conoscevano le persone che hanno esercitato violenza, se hanno avuto un minimo di tolleranza nei loro confronti, se sono responsabili di omissioni nel denunciarli e soprattutto, nel facilitare un percorso per la loro individuazione.
Qualche Consigliere faceva riferimento a quel che è stato trovato nella scuola Diaz. Ricordo che in quella scuola, indipendentemente dai fatti, un dato inconfutabile è che sono state trovate anche due bombe molotov. Non so se qualcuno ha fatto il militare o si intenda del Codice Penale, gli avvocati presenti in aula, sicuramente: la bomba molotov è un'arma semplicissima da confezionare ma pericolosissima nei suoi effetti. Credo anche che la bomba molotov - e anche qui voglio essere smentito - sia considerata dal nostro Codice un armamento di guerra. All'interno di quella scuola sono state trovate ben due armi da guerra e questo è un altro fatto inconfutabile.
Sulla sfiducia al Ministro Scajola: Sfiducia ai Ministri ne è stata data tanta, ma mi sembra che poche volte questa sia andata a segno, perch la vera sfiducia ad un Ministro, alla fine, è data dagli elettori, tant'è che il predecessore di Scajola al Viminale, l'On. Enzo Bianco, è il primo Ministro degli Interni della storia della Repubblica che sia riuscito a perdere il proprio collegio elettorale "blindato".
Ma al di là di questa battuta, l'ha detto anche il Ministro La Loggia nella giornata di ieri: la proposta contemporanea della sfiducia al Ministro degli Interni e di una Commissione di Indagine è una proposta antitetica, perché bisogna subito condannare e mettere sulla griglia - non sulla graticola - un Ministro come colpevole o come apice della responsabilità, prima ancora che un'indagine possa dare delle risultanze.
Non a caso, in Parlamento, nel Paese e dagli organi di informazione questa proposta antitetica è evidenziata ed è un elemento di grandissima divisione all'interno del centrosinistra, è elemento di grandissima divisione dei Democratici di Sinistra, dove, nelle sue frange più genuine e sincere stanno incominciando anche a fare autocritica.
Quindi è un autogol per la sinistra...



PRESIDENTE

Consigliere, la invito a concludere.



CATTANEO Valerio

Presidente, gli altri hanno parlato anche per 15-16 minuti...



PRESIDENTE

No, Consigliere Cattaneo, ho controllato. La invito a concludere.



CATTANEO Valerio

Il Consigliere Marcenaro, che non è più Presidente di Gruppo, ha parlato 14 minuti, violando 9 minuti rispetto a quanto gli era stato concesso.



PRESIDENTE

No, ha parlato a nome del Gruppo.



CATTANEO Valerio

Ho ancora due minuti; se vuole togliermi la parola, me la tolga.



PRESIDENTE

La invito a concludere, collega, non ho tolto la parola a nessuno; la invito semplicemente a concludere.



CATTANEO Valerio

Grazie, Presidente, e mi scuso.
Un passaggio sulle forze dell'ordine: le forze dell'ordine hanno indubbiamente operato in una situazione difficilissima nella città di Genova (erano 12-15 mila, non so bene).
C'era indubbiamente una grandissima tensione; ricordo che nei giorni precedenti ai fatti di Genova ci sono stati invii di bombe a mezzo posta e quant'altro, e vorrei sottolineare che la diaria del carabiniere indipendentemente se ausiliario od effettivo, così come la diaria del poliziotto, indipendentemente se ausiliario od effettivo, o la diaria dell'ufficiale dei carabinieri, della polizia penitenziaria, piuttosto che del commissario di polizia o del Vicequestore, era di 40 mila lire lorde al giorno. Presumo che nessuno si sia picchiato per andare a ricoprire quel servizio, come invece può succedere per andare in Kossovo al triplo dello stipendio, o all'Ambasciata, guadagnando uno stipendio cinque volte più alto.
C'era - dicevo - una situazione gravissima e le forze dell'ordine hanno operato in una situazione di gravissima difficoltà.
Non voglio fare troppe considerazioni, essendo in corso un'indagine, ma una cosa la voglio dire: quel Carabiniere ha sicuramente operato in una situazione di gravissima difficoltà; la camionetta dei carabinieri era stata assalita da 80-100 persone, con spranghe, travi e quant'altro, si erano rotti tutti i vetri di quella camionetta tranne il parabrezza, due carabinieri a bordo erano feriti, il Carabiniere che ha sparato aveva una ferita lacero-contusa, che poi è stata saturata con 14 punti.
Io credo - e lo dico assumendomene la responsabilità personale, e non come Capogruppo di Forza Italia - ma è un mio parere, poi saranno le indagini a dare la risultanza, che quel Carabiniere abbia fatto un uso legittimo delle armi, perché quando una persona attacca con una sciabola o con un coltello, piuttosto che con una bomba, non è detto che io debba avere una bomba, una sciabola o un coltello a portata di mano per rispondere con la stessa arma! L'uso legittimo delle armi è che se è in pericolo la mia vita, nella mia funzione di Pubblico Ufficiale, io possa difendere la mia vita ancorch sono Pubblico Ufficiale. Non è obbligatorio per nessuno prendere la medaglia al merito, soprattutto se quella medaglia è data alla memoria! Concludo veramente, Presidente, con una riflessione di 20 secondi: piena solidarietà e pieno ringraziamento alle forze dell'ordine per il loro operato. Se vi sono stati dei problemi all'interno delle forze dell'ordine la Magistratura e tutte le indagini che saranno effettuate faranno piena luce, e io appartengo ad una Forza politica che per tradizione ha piena fiducia nell'operato della Magistratura, quindi non posso che aspettare queste risultanze.
Altresì, piena solidarietà e i sensi del profondo cordoglio alla famiglia Giuliani, perché indipendentemente da tutto, una giovane vita è stata spezzata e questo non può che portare in noi un grave rincrescimento ed un grande motivo di dolore.



PRESIDENTE

Grazie. A conclusione di questo dibattito, vi è una serie di ordini del giorno da porre in votazione.
Ordine del giorno n. 322...



(Alcuni Consiglieri di maggioranza e di opposizione esibiscono dei cartelli recanti scritte relative al G8 di Genova)



PRESIDENTE

Colleghi, vi prego di non esporre cartelli... Colleghi ritirate i cartelli! Prego il Consi-gliere questore di andare subito... Da tutte e due le parti vi invito a ritirare i cartelli! Sospendo la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 13,55 riprende alle ore 13,56)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Comunico che la seduta riprenderà alle ore 15,00. Ricordo che a seguire è prevista una riunione della I Commissione e alle ore 14,30 una riunione della IV Commissione.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 13,57)



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