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Dettaglio seduta n.534 del 26/01/10 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COTTO



(Alle ore 14.31 la Vicepresidente Cotto comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.00)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(Alle ore 15.01 il Presidente Gariglio comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.30)



(La seduta ha inizio alle ore 15.35)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellion, Bresso, Buquicchio Comella, Ferraris, Moriconi, Robotti, Spinosa e Valloggia.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Colleghi, comunico che, durante l'incontro tenutosi presso la Sala Viglione, alla chiusura della sessione antimeridiana dei lavori d'Aula, con l'associazione degli inquilini assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica, è stata rappresentata, da parte degli auditi, una grave situazione di emergenza abitativa. Numerose famiglie assegnatarie di alloggi in edilizia residenziale pubblica si sono viste recapitare, in questi giorni, provvedimenti di sfratto per la perdita dei requisiti per l'assegnazione, oppure per la permanenza dell'alloggio popolare, in base alla tuttora vigente legge regionale n. 46/1995.
Gli auditi, in particolare, hanno sollecitato l'approvazione da parte dell'Aula del disegno di legge n. 313, che modifica i requisiti per l'assegnazione degli alloggi in edilizia residenziale pubblica, ad esempio introducendo il criterio dell'ISEE per la valutazione del reddito e modificando in senso più favorevole il requisito relativo alla titolarità di altri beni immobiliari.
In ogni caso gli auditi hanno sottolineato l'urgenza di un provvedimento normativo che sospenda i procedimenti di sfratto in corso per la tipologia di perdita dell'alloggio non riconducibile a colpe dell'assegnatario.
Vista la gravità della situazione, ho ritenuto di rendere noto a tutti i colleghi la questione.
Ha chiesto la parola la Consigliera Pozzi, sull'ordine dei lavori; ne ha facoltà.



POZZI Paola

Grazie, Presidente. Ho depositato un ordine del giorno sottoscritto da colleghi e colleghe di diversi Gruppi consiliari di maggioranza e di opposizione, in merito al problema della paventata riduzione dei contratti di appalto per le cooperative sociali che lavorano nelle scuole della nostra regione, in particolare della provincia di Torino.
L'argomento è molto serio e può assumere, se le cose dovessero procedere come la circolare prevede, caratteristiche drammatiche: l'espulsione di centinaia di lavoratori e lavoratrici che sono in condizioni di difficoltà, come prevede la normativa sulle cooperative sociali.
Data l'urgenza della questione, chiedo che l'ordine del giorno sia iscritto e votato appena possibile.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Laus.



LAUS Mauro

Grazie, Presidente, sull'ordine dei lavori. Ero presente all'incontro con la delegazione degli inquilini delle ATC avvenuto nella pausa pranzo in quell'occasione non era possibile fare alcun dibattito, esprimere alcuna posizione, ma ritengo che in Aula, sia i Consiglieri sia le forze politiche, debbano assumersi le proprie responsabilità.
Poiché in modo chiaro, univoco e non equivoco, le forze di maggioranza vogliono licenziare il disegno di legge n. 313, quindi il testo sull'edilizia residenziale pubblica, mi chiedo se dobbiamo continuare a fare teatro, oppure se non sia il caso di dire se si è interessati a licenziare il provvedimento o no. Per quanto mi riguarda, ma credo anche per quanto ci riguarda, noi siamo interessati. Se, invece, qualche forza politica non è d'accordo sul licenziamento di questo provvedimento di legge, lo dica. E se c'è un'altra forza politica, un singolo o dei Consiglieri regionali che vogliono anteporre altri interessi legittimi, per carità, ma secondo noi, o comune secondo me, non, in termini di priorità superiori al disegno di legge 313, lo dicano.
Gradirei che tutti sapessero chi vuole licenziare questo progetto e chi non lo vuole licenziare.
Pertanto, chiedo se può essere invertito il punto 7) all'o.d.g. con il punto 4). Grazie.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al Consigliere Bossuto.



BOSSUTO Iuri

Grazie, Presidente. Anche nel mio caso è una richiesta d'inserimento all'o.d.g. odierno di un documento che ha raccolto firme abbastanza ampie all'interno di questo Consiglio (chi non avesse ancora apposto la propria firma è nella possibilità di farlo) e riguarda le barriere architettoniche legate a musei, luoghi di culto, ecc.
Se fosse possibile iscriverlo, potrebbe essere anche questo un segnale interessante.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Bene, colleghi, non ci sono ancora i 42 voti per l'iscrizione, quindi tengo la proposta in stand by.
Per quanto riguarda la proposta d'inversione avanzata dal collega Laus la consideriamo in calce alle altre richieste d'iscrizione, pervenute alla Presidenza.
Ha chiesto la parola il Consigliere Dutto; ne ha facoltà.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente. Viste le numerose richieste d'inversione o di iscrizione di nuovi punti all'o.d.g., propongo una breve sospensione del Consiglio e una riunione dei Capigruppo di maggioranza, per trovare un accordo produttivo su qualche legge e riuscire ad approvare qualche provvedimento.



PRESIDENTE

Colleghi, l'incontro è reso necessario anche per verificare con i Presidenti dei Gruppi il materiale da inoltrare alla Corte d'Appello, per le istruzioni elettorali. Vi è, quindi, un altro motivo per fare una breve sospensione e riunire i Capigruppo, essendo stata non produttiva la seduta antimeridiana. Prego i Capigruppo di recarsi in Sala A e sospendo la seduta fino alle ore 16. Me ne dispiaccio per i Consiglieri, ma conoscete tutti la situazione di condizionamento che stiamo patendo circa gli atti strumentali ad un regolare procedimento elettorale delle prossime elezioni regionali.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 15.43 riprende alle ore 16.32)


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'ITIS "Aldo Moro" di Rivarolo Canavese (TO)


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Saluto i docenti e gli studenti dell'ITIS "Aldo Moro" di Rivarolo Canavese in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi ha deliberato di procedere all'esame dei punti 5), 6) e 7) all'o.d.g.
Conseguentemente, chiedo ai proponenti se considerano ritirate le istanze di inversione dell'o.d.g. Tale richieste di inversione sono state presentate dal Gruppo della Lega Nord. Chiedo quindi indicazioni dal Gruppo della Lega Nord sulla permanenza delle inversioni che sono state presentate.
Nel frattempo, ci sono altre richieste di iscrizioni di nuovi punti all'o.d.g. a firma dei Consiglieri Giovine, Scanderebech, Lupi e Nicotra.
Chiedo ai proponenti se tali richieste vengono ritirate.
Ha chiesto la parola il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

Grazie, Presidente.
Nell'attesa che entri in aula il collega della Lega Nord, proporrei di iniziare a mettere in votazione le nostre richieste di inversione. Noi, per il momento, ci impegniamo a non discuterle.



PRESIDENTE

Collega Giovine, dopo una Conferenza dei Capigruppo di un'ora, lei mantiene le sue inversioni? Chiedo scusa, colleghi, ma stiamo cercando di recuperare i presentatori dei documenti per vedere se possiamo evitare la votazione delle inversioni.
Il Capogruppo della Lega Nord ritira le inversioni presentate dal proprio Gruppo e ritira la firma dalle iscrizioni dei nuovi punti.
I colleghi Giovine, Scanderebech, Lupi e Nicotra considerano ritirate le inversioni? La parola al Consigliere Giovine.



GIOVINE Michele

Grazie, Presidente.
Le ritiro tutte tranne una, l'ultima, che chiedo venga messa in votazione.



PRESIDENTE

I Consiglieri Lupi e Nicotra hanno proceduto al ritiro delle loro richieste di inversione. Pertanto, rimane solo la richiesta di iscrizione all'o.d.g. rubricata n. 90.


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Richiesta iscrizione all'o.d.g


PRESIDENTE

Comunico che è pervenuta e rimane in vita una richiesta d'iscrizione di un nuovo punto all'o.d.g.
Richiesta di iscrizione all'o.d.g. rubricata n. 90) presentata dal Consigliere Giovine: si chiede l'iscrizione dell'ordine del giorno n. 1070, avente ad oggetto "Gare di appalto alla ASL Torino 5", all'o.d.g. della seduta odierna.
Non essendovi richieste d'intervento in merito alla richiesta d'iscrizione la pongo in votazione.
Ricordo che il numero legale è 28.
Indìco la votazione palese sulla richiesta di iscrizione rubricata n. 90.
Il Consiglio non approva.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Esame proposta di legge n. 495, inerente a "Norme in materia di delocalizzazioni, incentivi alle imprese e sviluppo dell'autoimprenditorialità collettiva"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame della proposta di legge n. 495, inerente a "Norme in materia di delocalizzazioni, incentivi alle imprese e sviluppo dell'autoimprendotorialità", di cui al punto 5) all'o.d.g.
La norma è stata richiamata in Aula ai sensi dell'articolo 34, comma 4, del Regolamento interno ed è stata quindi oggetto di approvazione in sede di Commissione.
Do per letta la relazione originaria, presentata insieme alla proposta di legge, il cui testo recita: "La presente legge regionale ha lo scopo di disciplinare le procedure per il riconoscimento, e la quantificazione, dei contributi e finanziamenti pubblici alle imprese presenti sul territorio piemontese, definendo, oltre alla progressività degli stessi in conformità a criteri che tengano conto dell'agire "sociale", meccanismi utili a contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni produttive incentivando, al contempo, forme di autoimprenditorialità collettiva, strumento utile per la difesa dell'occupazione e per la continuità produttiva di realtà altrimenti destinate alla chiusura.
Il fenomeno dello spostamento geografico, totale o parziale, delle attività produttive verso altri Paesi, denominato "delocalizzazione", ormai da molti anni si estende in tutta Europa, causando, di fatto, una condizione di continua "ricattabilità" nei confronti degli Stati in cui le imprese a rischio di delocalizzazione sono collocate. In questo quadro le organizzazioni sindacali, e le istituzioni, il più delle volte non possono far altro che "gestire" i licenziamenti in massa di lavoratori che si trovano, loro malgrado, a dover competere sul piano economico, normativo e retributivo, con manodopera di altri Paesi (tendenzialmente in via di sviluppo), competizione impari che risulta essere sempre conveniente alle sole imprese.
La delocalizzazione si attua con l'apertura di nuove unità produttive dello stesso soggetto imprenditore, in altri Paesi per mezzo della cessione di ramo d'azienda, oppure attraverso un processo di internazionalizzazione delle imprese attuato tramite joint ventures e accordi commerciali con altre imprese estere: elemento questo che in Italia continua a crescere costantemente.
La scelta di delocalizzare può essere legittimamente motivata da motivi organizzativi o logistici legati alla reale necessità di avvicinarsi alle aree in cui il prodotto finito sarà poi commercializzato, ma nella maggioranza dei casi questo avviene per ragioni di carattere preminentemente economico. Sulla base di interessi economici vengono decise anche le modalità di chiusura dei siti produttivi in Italia, sulla base di opzioni che la legislazione nazionale stessa permette, fornendo la possibilità di scegliere, in base al numero degli addetti, tra il licenziamento per giustificato motivo, il licenziamento collettivo e la cessione del ramo d'azienda: possibilità, quest'ultima, resa ancora più appetibile dalla legge 30/2003 che trasforma lo strumento giuridico in un'occasione più veloce, e meno oneroso per i datori di lavoro, per l'esternalizzare le produzioni ed espellere i lavoratori interessati.
Oltre ai rischi dovuti ad un distorto uso della normativa, si aggiungono altri metodi aventi il fine, non dichiarato ufficialmente, per delocalizzare attività: ossia appaltare settori di produzioni, in precedenza affidate a piccole imprese locali, ad aziende straniere, con la conseguente ricaduta occupazionale negativa in capo alle piccole imprese soprattutto legate al sistema dell'indotto, che in molti casi si trovano a dover cessare l'attività per mancanza di commesse.
Attualmente, nonostante un ampio dibattito su queste problematiche anche a livello europeo, non esiste in Italia alcuno strumento utile a prevenire o evitare concretamente i rischi di delocalizzazione delle imprese: gli unici strumenti fin qui utilizzati sono stati puramente di carattere "difensivo" ossia sempre scaturiti in ambito di accordo sindacale e di stipula di contratti nazionali di lavoro. La messa in pratica avviene spesso a delocalizzazione imminente, ed ormai inevitabile, operando nell'ottica della semplice "limitazione del danno" dal punto di vista occupazionale.
Preso atto quindi che la competizione sul piano puramente economico e la "svendita" dei diritti acquisiti dai lavoratori, non risolve i problemi dovuti alla crescente disoccupazione e risulta inefficace allo sviluppo economico della regione, si rende indispensabile un azione che vada a colmare i vuoti istituzionali esistenti e che renda il "pubblico" capace di dare risposte tramite interventi concreti: riconsegnare agli enti locali la possibilità di gestire l'economia, insieme al privato ed all'investimento nei confronti della ricerca. Attualmente le imprese italiane usufruiscono di fortissimi incentivi e finanziamenti pubblici, utilizzando un'ampia rete di strumenti regionali e nazionali come, ad esempio, la legge 488/92, i patti territoriali, gli accordi di programma senza però che a questi benefici corrisponda un incremento dei livelli occupazionali ed economici.
Pare indispensabile, alla luce di quanto detto, normare le regole di erogazione dei contributi pubblici, rendendo gli stessi realmente utili allo sviluppo ed alla crescita economica, nonché produttiva, del territorio, rendendoli, inoltre, progressivi sulla base di parametri chiari che tengano conto di intenti "sociali" ed effettivi benefici, da monitorare, che ricadano sul territorio piemontese.
I contratti d'insediamento, proposti dalla presente legge, consistono nella definizione di accordi "pubblico-privato", finalizzati al riconoscere incentivi economici, a quelle realtà che, fermo restando il mantenimento dei livelli occupazionali, si impegnino a stabilizzare i rapporti di lavoro ed a non delocalizzare per almeno 25 anni, dal momento dell'erogazione dei contributi, l'azienda stessa, sanzionando la violazione del patto con la restituzione dei finanziamenti ricevuti.
Molti sono i casi d'imprese che cessano l'attività produttiva nonostante siano in attivo e nelle condizioni di proseguire senza alcuna difficoltà la produzione. In questi casi, a tutela dell'occupazione, può rappresentare un salvataggio dei redditi lavorativi la possibilità di agevolare, sostenere e attivare forme di autoimprenditorialità collettiva, percorsi atti alla tutela degli insediamenti produttivi tramite la creazione di forme societarie a partecipazione pubblica e con il diretto coinvolgimento e partecipazione dei lavoratori interessati.
La proposta di legge regionale si compone di 11 articoli: L'articolo 1, indica le finalità della legge.
Con l'articolo 2 si esplicita il campo d'applicazione delle legge e le imprese a cui si riferisce.
Con l'articolo 3 si disciplinano le modalità di revoca degli incentivi e contributi pubblici erogati alle imprese, come conseguenza di delocalizzazioni e danni ambientali.
Nell'articolo 4 si precisano le modalità e i criteri per la definizione dei contratti di insediamento come condizione imprescindibile per l'erogazione di contributi e finanziamenti pubblici.
L'articolo 5 regola i criteri per l'accesso ai contributi definendo un elenco relativo alla progressività degli stessi.
L'articolo 6 concerne la verifica in itinere dell'applicazione dei contratti di insediamento e i poteri della Regione per i relativi accertamenti.
Con l'articolo 7 si esplicitano modalità per la creazione e il sostegno di forme di autoimprenditorialità collettiva.
All'articolo 8 si regola la copertura economica finalizzata a copertura delle forme di autoimprenditorilità collettiva.
L'articolo 9 precisa le modalità per la restituzione dei contributi e incentivi economici erogati alle imprese.
Con l'articolo 10 si definisce la verifica di applicazione delle legge con la conseguente relazione annuale della Giunta al Consiglio Regionale.
L'articolo 11 concerne la norma finanziaria.
aperta la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bossuto; ne ha facoltà.



BOSSUTO Iuri

Grazie, Presidente.
Questa proposta di legge in realtà ha avuto un esame molto parziale in Commissione e si è limitato al primo articolo, che tra l'altro è stato votato ed approvato dalla VII Commissione per poi vedere i lavori arenarsi sulla mancata discussione in merito a questo tema che noi riteniamo da sempre molto delicato.
Quindi, da una parte mi è dispiaciuto il richiamo in Aula come metodo siamo però contenti che oggi si discuta perché crediamo che, in ogni caso la discussione vada aperta, sapendo che sarà scelta di coscienza e politica di ognuno di votare pro o contro questa legge e trarre le conclusioni e le responsabilità politiche in base al tema che la legge tratta.
un tema molto caldo. Ancora ieri - ne avranno avuta notizia i colleghi, sicuramente gli Assessori Bairati e Migliasso e anche la stessa Presidente Bresso - abbiamo avuto notizia di una manifestazione di lavoratori della Banca Intesa Sanpaolo, che si è svolta in piazza Castello.
Questi lavoratori si sono trovati improvvisamente venduti esattamente come un ramo dell'azienda Sanpaolo sia alla Banca dei depositi, la quale è passata alla americana State Street.
Ebbene, vendendo questo ramo d'azienda per 1.300 miliardi (se non erro), Intesa Sanpaolo ha venduto anche i relativi lavoratori delocalizzando questa attività all'estero e facendo balenare ai loro occhi l'ineluttabilità del loro licenziamento.
In pratica, si sa già che 300 o 400 persone saranno licenziate, così come si era verificato in passato per quanto riguardava la delocalizzazione dei servizi della Sanpaolo in Romania. Chiunque oggi accenda un mutuo online presso gli istituti Sanpaolo, sappia che la pratica burocratica e cartacea di tali mutui verrà smaltita in Romania e non più nelle sedi torinesi o milanesi.
Ma non è l'unico esempio, perché abbiamo un passato costellato di delocalizzazioni. Rammento tantissime realtà, da Nichelino a Settimo Torinese. In particolare, ricordo la Eaton, la più importante, quella da cui prese vita questa proposta di legge. Mi riferisco alla Eaton dell'eporediese, a Rivarolo Canavese: tramite pratiche protezionistiche l'America richiamò a sé la propria attività e la propria produzione lasciando, anche in quel caso, molti lavoratori a casa. Dopo aver percepito in passato aiuti e sostegni pubblici, questa ditta sparì.
Ricordo ancora la Cabind di Chiusa S. Michele: un'altra realtà che ha conosciuto una triste eventualità di questo tipo, con macchinari nuovi di zecca, funzionanti ed efficaci, chiusa non per mancanza di produzione, ma perché l'attività protezionistica americana (mi pare di ricordare) fece sì che la produzione fosse ricollocata in parte in America e in parte altrove.
Anche in questo caso, per i lavoratori si aprì la strada degli ammortizzatori sociali. Ancora una volta, quindi, si riscontrò una doppia beffa: da una parte la mancata produzione e, quindi, la fuga di quegli aiuti all'estero, perché le aziende che percepiscono o percepiranno aiuti in varia natura elargiti dagli enti locali, tramite ricerca e localizzazione o altro, spariscono all'estero, e la beffa di un intervento del pubblico tramite ammortizzatori sociali. In pratica, il pubblico paga due volte e non ha nulla in mano, se non casi sociali, spesso disperati, a cui deve far fronte con sostegni al reddito o con manovre economiche che comportano altri disagi per le casse pubbliche; un aiuto sempre parziale quello che in piemontese viene chiamato "tacun", un aiuto importante e fondamentale, che però non risolve il problema, semplicemente lo dilazione.
I casi davvero non si contano. Chiunque di noi abbia avuto un minimo di contatto col territorio avrà assistito, suo malgrado, a decine di esempi.
La Dayco qualche tempo fa stava rischiando. È un elenco di cui anch'io ho perso memoria fisica, perché sono talmente tanti casi che non ricordo neanche più tutti i nomi.
Mi ricordo, comunque, un caso tremendo a Nichelino, da dove fu delocalizzata una fabbrica che lì lavorava e produceva: addirittura gli operai si erano impegnati a produrre più di quello che chiedeva la proprietà; come ricompensa, le produzioni furono spostate in Germania.
La VII Commissione non riuscì neanche ad audire quei lavoratori, perch il tutto si consumò nell'arco di qualche mese e tutto finì. Non me ne vogliano quei lavoratori, ma non ricordo più il nome di quell'attività, che all'epoca aveva destato la nostra attenzione, perché la VII Commissione fu investita da questa brutta vicenda.
In sostanza, noi non stiamo dicendo cose drammatiche, del tipo: "Non diamo più soldi all'impresa". Tutt'altro! Aiutiamo l'impresa e gli imprenditori, aiutiamo i territori e i lavoratori. Creiamo un sistema e lavoriamo ad una riforma organica del sistema Piemonte, affinché non si arrivi soltanto ad emanare leggi che mettano un "tacun", come dicevo prima ma che intervengano sul tessuto produttivo e obblighino, in qualche modo le aziende sane e serie a rimanere sul territorio a fronte di aiuti e di premi.
Attenzione: questa non è una scelta statalista, come qualcuno ha sostenuto. È una scelta invocata addirittura dalla piccola e media impresa.
La piccola e media impresa sa bene che alcuni fondi, la cui coperta è molto corta, indirizzati ai troppi colleghi disonesti - quelli della famosa compagine "prendi i soldi e scappa" - rappresentano soldi in meno per loro.
Sono possibilità in meno di sviluppo, di intervento, di investimento e di tenuta, che il mondo delle piccole e medie imprese invoca da tempo.
Stiamo attenti, perché non si tratta di un'azione protezionistica ciascuno, alla fine, è libero di fare ciò che vuole, non si impongono dazi né chiusure di frontiere.
Semplicemente si fa un patto territoriale con le aziende. Gli si dice: "Garantite un minimo di adesione sul territorio, un minimo di etica verso i lavoratori (quindi contratti giusti e non di sfruttamento e attenzione verso quei territori), e noi vi aiutiamo a risolvere, come sempre si è fatto, i vostri problemi, addirittura con più fondi, perché li destiniamo a voi e non a quelle realtà che non adottano questo percorso, quelle che non investono in questa reciproca fiducia e che, da un momento all'altro, hanno già intenzione di delocalizzare e lasciare tutti in braghe di tela". In questo caso, infatti, i disoccupati li avremmo lo stesso. Lì sì, allora sarà necessaria un'azione di welfare; diventerà inevitabile. Ma non sarà certo questa legge ad amplificarli; semmai li ridurrà.
Non solo. I fondi così raccolti e magari recuperati da coloro che invece scappano malgrado il patto, vengono indirizzati in un fondo unico destinato a tentativi di autoimprenditorialità. Ciò significa che laddove le aziende sono sane, così come lo era la Cabind di Chiusa S. Michele (ne cito una a titolo di esempio), la Regione potrà finanziare le cooperative di lavoratori (quei lavoratori che, altrimenti, rimarrebbero a casa o soggetti ad ammortizzatori sociali) che possano attuare percorsi di autoimprenditorialità, ossia di rilancio di quell'azienda.
Mi spiace dirlo, ma neanche questo è un discorso statalista, perché è stato fatto in Lombardia, in Provincia di Milano e avrebbe funzionato se non fosse che è mancato il sostegno della Regione, che non ha sostenuto questi percorsi.
stato sperimentato anche recentemente ancora in Lombardia, se ricordo bene (anche qua, purtroppo, a sorpresa dobbiamo discutere di questa legge quindi non ho preparato alcunché), in un'azienda che ha tenuto banco anche sui giornali qualche tempo fa.
Laddove si è ritentato questo percorso, si è riusciti malgrado gli sghignazzamenti o le occhiate di traverso, malgrado la poca fiducia che mostravano alcuni amministratori del luogo. Naturalmente, il coraggio di cambiare, di apportare nuove idee e nuove misure spesso comporta sghignazzamenti o occhiate strane. Ma proprio per questi sghignazzamenti o risate strane si rimane nel medioevo in cui siamo, con tentativi falliti o fallimentari di risolvere situazioni apparentemente risolvibili o nel welfare, e quindi nei soliti tentativi di "tacconare" e rappezzare quello che altri fanno a loro vantaggio; il solito discorso dei profitti in capo al privato e dei costi in capo al pubblico.
Noi crediamo, quindi, che il coraggio sia un elemento fondamentale. A tale coraggio ci appelliamo, perché si voti questa legge in coscienza.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Larizza; ne ha facoltà.



LARIZZA Rocco

Capisco le ragioni e gli intenti dei presentatori della legge. Del resto, ne avevamo già discusso in VII di Commissione e avevamo cercato di valutare, in una situazione di crisi come questa, dove la crisi colpiva realmente le imprese e dove, invece, c'erano delle speculazioni.
Abbiamo avuto più volte modo di tornare su questi argomenti.
Tuttavia, il richiamo in Aula di una legge il cui esame non è stato concluso in Commissione dimostra già la difficoltà della Commissione e della maggioranza in Commissione a trovare una posizione condivisa.
Un conto sono gli intenti, altro conto sono gli strumenti che cerchiamo di apportare attraverso una legge.
Peraltro, essendo una legge regionale, credo che esponga il nostro territorio rispetto al richiamo e alla possibilità di incentivare le imprese ad investire sul nostro territorio.
Soprattutto se parliamo di multinazionali - l'ho già detto in altre occasioni, ma voglio ribadirlo - non solo trovo inefficace un intervento a livello regionale, ma anche la legislazione nazionale, se non coordinata almeno a livello europeo (o comunque con norme internazionali), credo che non possa riscuotere i risultati che noi auspichiamo.
Inoltre, vorrei svolgere altre due considerazioni. Ritengo che questi problemi si debbano affrontare, in genere, in positivo, cioè dando incentivi agli insediamenti che costituiscono nuovi investimenti, essendo ovviamente, quello di cui abbiamo bisogno. Invece, inserire norme che disincentivano può essere pericoloso, soprattutto in una fase di crisi come quella attuale.
vero che nel nostro Paese esiste un problema generale che riguarda la responsabilità sociale delle imprese, ma è una materia abbastanza complessa da un punto di vista normativo.
Mi rivolgo ai colleghi che hanno presentato la legge: può anche darsi che la mia sia un'impostazione un po' nostalgica, ma non ho mai visto in passato e neanche in questa fase, per la verità - penso ci siano esempi anche in questa fase - delle norme scritte che di per sé siano in grado di risolvere il problema. La questione trova soluzione quando si retrocedere da una posizione di delocalizzazione, in genere, perché in campo c'è una mobilitazione sociale e politica che prescinde dalle regole in vigore facendo leva sulla forza e sulle ragioni del diritto al lavoro. Questo pu avvenire quando le imprese non sono in una situazione di crisi profonda, ma agiscono sotto il cappello della crisi con intenti speculativi.
Questi risultati qualche volta li abbiamo ottenuti e - in questo caso forse, è nostalgia - mi piacerebbe immaginare che alcune questioni specifiche che riguardano i lavoratori restino nell'ambito dei rapporti tra le parti sociali, dove, a mio avviso, anche il conflitto può e deve avere un ruolo.
Queste sono alcune delle considerazioni che ci portano a capire le ragioni, ma non possiamo condividere il testo di questa norma.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato davvero con attenzione, anche se in quest'aula è sempre più difficile farlo, l'intervento che da ultimo mi ha preceduto, anche perché proviene da un Consigliere che sicuramente nel mondo del lavoro ha svolto gran parte della propria attività politica e sindacale, quindi parla sempre con cognizione di causa; ha ricordato una giusta dinamica sociale che, molto probabilmente, dovrebbe sottostare ad un impegno come questo.
Ricordo, molto sommessamente, perché la mia storia è diversa dalla sua non fosse altro che con differenti età abbiamo attraversato periodi diversi, che anche nei momenti più alti, quando in questo Paese si parlava di riforme di struttura ed economiche, che allora avevano la possibilità persino di poggiare su un apparato pubblico industriale degno di questo nome, sono stati commessi degli errori persino in sede politico istituzionale. Credo che ognuno debba fare la sua parte e che accollare complessivamente, diciamo così, questo tipo di ragionamento semplicemente al coté sindacale sia un errore.
del tutto evidente che, oggi, siamo in una condizione in cui il conflitto sociale, che, tra l'altro, ha bisogno anche di essere alimentato e non semplicemente soffocato e reso inutile, non è quello degli anni '60 o '70. Penso che esattamente oggi ognuno debba fare la sua parte; quindi, in una situazione di totale sfilacciamento del diritto del lavoro e di un attacco verticale perfino allo Statuto dei lavoratori, mi piacerebbe che in Aula non ci si fermasse a ricordare Gino Giugni semplicemente nel momento della sua scomparsa, ma ci si ricordasse, anche qui, dell'attacco che in grande silenzio, però con grande forza e aggressività, viene posto oggi allo statuto dei lavoratori.
Se questa è la situazione - le parti sociali e il mondo del lavoro sono costantemente svalorizzati e hanno subito sconfitte a partire dal 1980 ad oggi - certo ci sono anche delle responsabilità politiche.
Lo ripeto: credo che quel tipo di problema occorra affrontarlo nelle giuste sedi, ma la politica deve fare la sua parte, per quello che può; lo ricordo al Consigliere Larizza perché una legge simile a questa, che parte da queste motivazioni, è stata approvata nella Regione Marche.
Vedete, è del tutto evidente che, oggi come oggi, i lavoratori possono essere utilizzati un po' come le marionette, spostati di qui piuttosto che di là, licenziati in tronco oppure, attraverso la cessione del ramo d'azienda, esternalizzati, perché il quadro normativo generale è sicuramente quello che ricordava il collega Larizza. In questa sede, per esempio, quando questo Gruppo ha citato la legge Bolkestein avrei voluto sentire qualche accenno di aiuto in più al nostro grido di dolore, che invece non c'è stato. È inutile ricordare costantemente normative sovraordinate quando nel momento in cui, qui, per esempio, c'è l'occasione di poterle criticare non si leva mai una voce critica da questo punto di vista.
Oltre a quelle, c'è una normativa complessiva nazionale - lo ricordo anche qui al Consigliere Larizza - che rende le forze sindacali, le maestranze e gli operai assolutamente impotenti di fronte agli attacchi in atto.
Allora, come fare per poggiare su quella leva? Lo chiedo al collega Larizza, perché francamente non saprei che dire. La logica è semplicemente quella di una strategia difensiva che, però, oggi come oggi, non può che portare a casa una minima riduzione del danno.
Ho quasi terminato, perché non voglio dilungarmi troppo da questo punto di vista, essendo già intervenuto ottimamente il Consigliere Bossuto, che in questo momento mi ricorda che anche in quest'Aula abbiamo già approvato ben tre ordini del giorno rispetto alle delocalizzazioni.
Voglio richiamare ciò che, in qualche modo, è afferente a questa legge che, forse, può essere un esempio che fa capire maggiormente di cosa stiamo trattando. Il Consigliere Bossuto prima ha parlato di delocalizzazioni facendo parecchi esempi, se ne potrebbero fare altri. Io ne faccio uno macroscopico che, molto probabilmente, non può rientrare in questo caso in questa legge, ma che, in qualche modo, ci riguarda da vicino, perché al gruppo FIAT questa Regione ha dato molto.
Voi sapete perché in questo periodo in cui sono proseguiti gli incentivi non è aumentata la produzione in Italia del gruppo FIAT? Semplicemente perché sono aumentate le importazioni, perché nel mondo nessun altro gruppo automobilistico ha esternalizzato tanto quanto il gruppo FIAT.
Allora, siamo di fronte a queste dinamiche e a questi livelli di ricattabilità e di irresponsabilità sociale delle aziende - mi piacerebbe si prestasse un pochino più di attenzione agli inviti ai convegni che tutti noi rivolgiamo al professor Luciano Gallino, essendo un grande esperto perché, nel momento in cui si tratta di mettere in pratica qualcosa di quanto lui dice, non si capisce perché le sue parole diventino lettera morta - che, oggi, in qualche modo, noi proponiamo non tanto di fermare.
Però, ancora qui, collega Larizza, lo dico perché il suo Segretario di partito ha dichiarato che su questo c'era un punto di inavvicinabilità tra le superfici di contatto tra la nostra forza politica e il PD, perché il PD propone e ha proposto che su questo campo si vada avanti con la concertazione.
Richiamo semplicemente in quest'Aula un - credo sacrosanto e ragionevole - principio di realtà. Se fosse bastato un principio di concertazione con le aziende per ridurle a più miti consigli, credo che oggi ci troveremmo di fronte a un'altra situazione e l'elenco doloroso fatto dal Consigliere Bossuto in questa sede non ci sarebbe stato.
Quindi, sulla scorta di quanto è successo nella Regione Marche (appunto, se lo fanno là, evidentemente non sono poi così matti), chiedo a tutti i colleghi, a iniziare dai colleghi di maggioranza, di ragionare bene fino all'ultimo su questa legge e di vedere se è possibile dare un segnale non tanto a quest'Aula, ma a un Piemonte piegato e piagato da questo punto di vista, che forse aspetta da quest'Aula qualche cenno in proprio favore: è un'ultima occasione, cerchiamo di non perderla.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giovine.



GIOVINE Michele

In merito alla proposta di legge n. 495, relativa alle norme in materia di delocalizzazione e incentivo alle imprese e sviluppo dell'autoimprenditorialità collettiva, il nostro (sperando poi che ci sia un consenso ampio dell'Aula) è un parere favorevole.
Abbiamo già avuto modo, in occasione della discussione in VII Commissione, di motivare le spiegazioni per cui noi riteniamo comunque una questione da affrontare il problema delle cosiddette società e aziende bad company (come vengono definite). Queste sono aziende che prendono i soldi di natura pubblica e poi investono in località al di fuori del territorio dell'istituzione da cui hanno preso i soldi, come ad esempio capita spesso nell'Est europeo, in Polonia, in Romania o addirittura nell'Asia centrale.
Posso capire che l'imprenditore abbia l'utilità e la finalità di perseguire il profitto e quindi il conseguimento del capitale, ma non è certamente in quest'ottica che l'ente pubblico deve operare. L'ente pubblico deve operare per cercare di rendere armonioso il processo economico, affinché ci sia una ricaduta sociale positiva, una ricaduta economica positiva, una ricaduta lavorativa positiva.
Purtroppo, capita spesso e volentieri che questo, di fatto, non accade e più la crisi economica diventa attanagliante, più le aziende prendono i soldi e aprono linee operative e produttive fuori dalle realtà le cui istituzioni hanno erogato benefici di natura economica.
Questo vale sia nel caso ci siano fondi europei riversati e rigirati dallo Stato o dalle Regioni, fondi statali simmetricamente riversati dalla Regione, oppure direttamente fondi regionali.
Noi riteniamo che questo sia un modo di procedere su cui non ha più senso insistere.
Sicuramente vanno apportate delle correzioni e spero che ci sia un prosieguo nell'analisi dell'articolato in oggetto da parte dell'Aula.
Mi sembra di ricordare che in Commissione abbiamo approvato i primi due o tre articoli (non oltre), da un lato, per altre urgenze che erano ormai in coda alla Commissione (ad esempio, i vari passaggi sul bilancio) e dall'altro, anche per il fatto che, come è emerso dall'intervento di uno degli oratori che mi hanno preceduto, ci si è resi conto che non c'è una compattezza della maggioranza su questo atto politico. Di conseguenza, si è deciso di non proseguire oltre e, giustamente, i proponenti l'hanno richiamata in Aula.
Quello che riteniamo un po' di dubbia interpretazione e di dubbia applicazione è questa forma della cosiddetta "autoimprenditorialità collettiva". Mi rendo conto che esiste già in altre realtà normative; in altre realtà legislative esiste già nelle forme previste da altri enti, da altre Istituzioni, ma proprio per questo motivo è necessaria un'implementazione, un approfondimento e capire come queste forme possano essere articolate insieme alle altre forme di cosiddetta "autoimprenditorialità".
Così come l'autoimprenditorialità è descritta nella legge mi sembra che ci sia un atteggiamento un po' demagogico e difficilmente applicabile nella realtà quotidiana. Da tempo non ho in mente idee, forme di cosiddetta autoimprenditorialità, perché è evidente che, oggi come oggi, sono pochissime le aziende che partono, come si dice, "dal basso" e riescono a resistere al mercato, perché purtroppo quelle che resistono (e a volte neanche in quel caso) sono quelle che hanno alle spalle dei contributi e dei capitali di sostanza e di spessore.
Nella fattispecie, così come è previsto dal comma 5 dell'articolo n. 1 devo dire che c'è una certa indeterminatezza che non ci convince particolarmente. Infatti, si era proposto di emendarlo, ma ricordo che, in accordo con il Presidente della VII Commissione (tra l'altro, credo che sia anche non soltanto uno dei firmatari, ma anche il primo firmatario), visto che non si doveva procedere oltre nella discussione, si era deciso di mantenerlo com'è e di lasciare il giudizio all'Aula sull'eventuale emendamento.
Per quanto riguarda, invece, il resto dell'articolato previsto, ci sono sicuramente delle lacune su tutta una serie di questioni legate alla procedura dell'applicazione di questa legge, che probabilmente deve essere rimandata a momenti di natura regolamentare che in certi casi sono previsti, ma in altri sicuramente non previsti nell'attuale forma (per forse, era un'idea). È facoltà dell'Aula e del consesso qui presente modificare e dare un'integrazione propositiva o, come direbbe il Presidente Gariglio, un'interpretazione attuativa alla presente legge, affinché ci sia una migliore performabilità della norma in genere.
Noi riteniamo peraltro che l'attuale proposizione della cifra proposta a bilancio (200 mila euro previsti) sia assolutamente insufficiente, per quanto andrebbero cambiate le date, perché qui si fa riferimento al biennio 2008/2009. Riteniamo molto importante questa legge e questa proposta che comunque, per certi versi è decisamente molto innovativa.
Credo che peraltro rientrino alcune delle idee che anche la Lega magari accentuando altri aspetti, aveva già a suo tempo nel proprio programma. Giustamente, non si capisce per quale motivo noi dobbiamo dare soldi a imprese che poi aprono i loro punti lavorativi, i loro impianti, le loro linee, i loro uffici in tutt'altra sede rispetto a quella all'ente che gli fornisce i "dindini" per le loro attività economiche, anche perché i soldini che vengono erogati dall'ente pubblico sono quelli che provengono dalla tassazione di tutti i cittadini che, evidentemente, possono immaginare una sorta di sostegno e aiuto all'impresa sotto il profilo di detassazione o di quant'altro, ma questo può essere fatto solamente se poi ci sarà un'effettiva ricaduta sul territorio.
Nella fattispecie, è evidente che non c'è una ricaduta sul territorio anzi il territorio viene ingannato, perché i soldi si prendono, ma poi si spendono altrove, magari nel giro di uno o due anni, però questo non cambia assolutamente nulla dal punto di vista pratico.
giusto che le aziende, i consorzi, i soggetti che percepiscono i finanziamenti pubblici trovino il modo di spenderli direttamente sul territorio in cui hanno avuto il beneficio economico.
Se quelle non sono le intenzioni, devono restituire quanto hanno percepito, non dico in modo indebito, ma improprio. Se, invece, sanno già di voler investire altrove rispetto al territorio in cui si trova l'ente proponente e contributivo, devono evitare di chiedere il contributo.
Ritengo che questo farebbe molta chiarezza e sarebbe anche molto corretto e onesto nei confronti delle tante aziende che fanno del sano e sacrosanto lavoro, dando la possibilità di lavorare a molti cittadini piemontesi. Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente. I colleghi ricorderanno che il Consiglio regionale in merito a questo tema, si è espresso più volte non più tardi di uno o due mesi fa, con la votazione di un ordine del giorno.
La proposta di legge parte da un principio corretto, ma lo applica in un modo che consideriamo scorretto, che riteniamo non garantisca al nostro territorio di essere competitivo.
noto che oggi l'attrazione avviene per competenza di aree territoriali, cioè di singole regioni che attuano delle capacità di attrattiva nei confronti delle imprese maggiori.
Crediamo, pertanto, che il limite di questa legge sia l'intervento in senso negativo e non in senso positivo. Oggi le imprese scelgono quei distretti (come è accaduto in Francia, nella Repubblica Ceca, in Spagna o in Irlanda) che hanno delle facilitazioni di carattere economico per le stesse, facilitazioni legate magari ad aspetti come quelli trattati all'articolo 4 della legge, che rappresentano maggiori garanzie per i lavoratori, ma anche un vantaggio per l'impresa.
Se si bada solo al primo aspetto, si segue certamente una linea che pu avere un ritorno in termini di campagna elettorale: si parla esclusivamente ad una parte, cioè al mondo del lavoro e non al mondo dell'impresa. Ci si rivolge, quindi, a coloro che hanno già un'occupazione, magari non sicura o a coloro che un'occupazione non ce l'hanno, ma certamente non si parla al mondo dell'impresa, mentre è noto che per creare un maggior numero di posti di lavoro occorre innanzitutto cercare di intercettare il soggetto che offre il lavoro, cioè l'impresa.
Certamente questa legge non si muove in questo senso, il senso che invece andrebbe ricercato, tanto con la normativa nazionale quanto con la normativa regionale, perché questo hanno fatto alcune Regioni per rendere più competitivo il territorio.
Oggi la competizione non è solo fra Stati, come poteva accadere alcuni anni fa; la lentezza della Magistratura pone già un freno importante rispetto alla scelta delle imprese di arrivare sul nostro territorio, ma se poniamo ulteriori vincoli, che da un punto di vista di principio possono anche essere condivisi, non facciamo il bene del Piemonte.
indispensabile fare una serie di valutazioni, perché stiamo discutendo una legge che è stata richiamata in Aula e che ha una valenza di carattere elettorale. Poi spiegheremo perché riteniamo che la sua discussione generale servirà a poco.
Ricordo ai Gruppi presentatori che la prima legge importante che questo Consiglio, questa maggioranza, ha approvato è la "legge FIAT", che faceva sostanzialmente due cose: acquisiva i terreni e costituiva TNE. All'interno della legge, salvo l'articolo 5, che - come è noto - non ha mai avuto un euro di finanziamento, era prevista l'acquisizione di terreni e la costituzione di una società.
Sappiamo com'è andata l'acquisizione: il pubblico ha sborsato circa 70 milioni di euro per l'acquisizione di terreni, sui quali, ad oggi, non esiste una perizia. Ricordo che avete votato una legge - voi tutti, anche i presentatori della legge - e che, in VII Commissione, allora presieduta dal collega Clement, convocata per le 14, alle 13.51 arrivò una lettera di un illustre professore del Politecnico che diceva che l'area non poteva valere meno di 67 milioni, visto che avevamo sottolineato l'impossibilità di procedere all'approvazione, anche in Commissione, di una legge che prevedesse di stanziare fondi su un terreno sul quale non è stata fatta una perizia.
Rispetto a quelle considerazioni è come il sottoscritto che crede in Dio, nel senso che senza una perizia di un'abitazione è noto che neanche un geometra può stabilire il valore della stessa.
stata costituita, poi, TNE, e l'Assessore Bairati ci ha ricordato in più di un'occasione come ben più di 50 aziende avessero manifestato la loro volontà di insediarsi in quell'area.
Ad oggi, TNE ha rappresentato solo un costo; non ha prodotto un trasferimento d'impresa all'interno dell'area e non ha prodotto un trasferimento di imprese extraregionali o extranazionali che doveva essere in qualche modo, il valore aggiunto.
La Presidente e altri colleghi hanno detto che, grazie a quell'intervento regionale, abbiamo salvato la FIAT; è evidente che un'impresa di quelle dimensioni non la si salva con un favore da 70 milioni di euro, che verosimilmente è servito più a realizzare Motor Village che altro. È pur vero che per qualche mese è stata riattivata la linea per la realizzazione della nuova Punto, sulla quale noi abbiamo manifestato delle perplessità che poi si sono concretizzate, cioè che aveva un margine di saturazione, visto che le produzioni avvenivano in altre regioni.
Se, a 20 giorni dalla scadenza elettorale, nonostante la legge non sia mai stata licenziata in Commissione, perché è stato solo esaminato l'articolo 1, oggi viene presentata all'attenzione del Consiglio, è evidente che è un aspetto legittimo; anche il centrodestra ha richiamato in Consiglio delle leggi che non avevano un iter in Commissione, e a questo potremmo aggiungere che il Consigliere Bossuto è il Presidente della Commissione e che ha agito come Presidente, non con la bandiera di partito ma con la casacca di Presidente. Questo va riconosciuto. Ma va anche ricordato, perché quando eravamo insieme in televisione - ma non per citare la televisione - la scorsa settimana, il Segretario di Rifondazione Comunista ha asserito che il problema di creare un'alleanza, anche elettorale, con il centrosinistra, non è sulla TAV, sulla quale le differenze di pensiero sono antiche, ma su un ipotetico maggior intervento in merito alla sanità privata e su una legge sulla delocalizzazione.
Noi sappiamo come andrà a finire. L'unica cosa certa, nella situazione attuale, è che gli esponenti della Federazione della Sinistra non avranno più posto in Giunta, qualora vincesse la Presidente Bresso. Personalmente non credo si porrà questo problema, ma in quel caso non avrebbero un posto in Giunta. In qualche modo, quindi, all'aspetto del maggior intervento della sanità privata si dà risposta con questa scelta.
Oggi, un esponente del maggior partito di maggioranza ha manifestato la contrarietà del Partito Democratico rispetto a questa legge e i due punti fondanti, su cui si dovrebbe creare anche solo un patto elettorale, vengono a cadere.
I cittadini piemontesi vedranno che l'accordo elettorale è un accordo politico. Quando in una lista c'è un candidato sostenuto da un simbolo l'accordo è politico. Si può chiamare tecnico, elettorale o come si vuole ma quando un partito sostiene un candidato, agli occhi degli elettori non c'è niente di più politico.
Se si dice di votare Federazione della Sinistra o di votare Mercedes Bresso, l'accordo è eminentemente politico. Io dico proprio i partiti della sinistra, altrimenti stiamo negli scampoli di legislatura ed ognuno porta la propria bandierina. Possiamo farlo anche noi, per carità.
Se tutto quanto sto dicendo è vero - ahimè, è vero - stiamo recitando una parte. Non stiamo tentando di portare avanti una legittima battaglia legislativa, ma stiamo recitando una parte della commedia della campagna elettorale, per cui la sinistra rivendicherà il fatto di aver portato al voto una legge sulla delocalizzazione. La lotta è tutta intera: noi potremmo uscire dall'Aula, non serviamo in questa fattispecie. Il centrosinistra respingerà la proposta, ma tanto l' accordo politico o elettorale - chiamatelo come volete - si farà.
Questo è un paradosso per i cittadini. Mi rivolgo agli amici della Federazione della Sinistra, per i quali ho stima: avrebbe molto più senso affermare che i temi principali su cui cercate un'alleanza con il centrosinistra non esistono. Ognuno a casa sua fa quello che crede. Quanto è accaduto in Puglia avrebbe almeno una coerenza, perché il paradosso è che dobbiamo anche sentire, come è avvenuto ieri sera, il Segretario dell'UDC Onorevole Vietti, dire: "No, il Piemonte non è come la Puglia, in Piemonte ci sarà un laboratorio, dall'UDC al PD, in cui la sinistra sarà fuori".
Ho il timore che non avverrà questo ma, per tornare all'ambito più normativo, il dato è che avremmo potuto svolgere questa discussione senza la presenza dei Consiglieri di centrodestra, non che siano tantissimi.
Rispetto alla discussione, partendo dal presupposto che il sottoscritto si è espresso a favore dell'ordine del giorno, siamo favorevoli al fatto che ci siano regole sull'utilizzo di fondi pubblici utilizzati dalle imprese. Li avremmo girati in senso positivo e non in senso negativo, ma è evidente che non partecipiamo ai giochi interni del centrosinistra, perch si tratta di una commedia a cui non prendiamo parte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Dalmasso; ne ha facoltà.



DALMASSO Sergio

Grazie, Presidente.
Non intervengo sulle questioni elettorali, perché anche noi vorremmo capire che cosa succederà: ogni giorno ce n'è una nuova e chi ne sa più di noi dovrebbe spiegarcelo.
Questa proposta di legge sulle delocalizzazioni è stata presentata nell'anno 2007, sostanzialmente a metà legislatura. La Presidenza ci darà atto che, a livello di Capigruppo e non solo, abbiamo chiesto cento volte di portarla all'o.d.g. in Commissione prima e quindi in Aula. Se questo non è accaduto, è perché molto comunemente l'iter delle leggi è soggettivo e non sempre segue tempi che dovrebbero essere più oggettivi e legati ai tempi di presentazione o a criteri chiari.
Oggi siamo in un mondo sempre più diseguale. Ce ne rendiamo conto solamente quando capita qualche catastrofe, come ad Haiti, o quando il Terzo Mondo - come lo si chiamava impropriamente un tempo - ci giungono in casa: barconi di disperati rispediti a morire (ci sono filmati drammatici su quanto avviene nel deserto libico e africano).
I diritti sindacali sono molto differenziati; i salari sono molto differenziati; ancor di più i livelli di vita.
In molti Paesi non esistono i diritti sindacali; i salari medi si aggirano su cifre risibili, a parte il fatto che, anche in Italia, una percentuale sempre maggiore di lavoratori viene esclusa da tutti i diritti sindacali, come quelli sanciti dallo Statuto dei lavoratori, di cui spesso si è parlato in quest'Aula. Ricordo, per inciso, che con le ultime norme sul processo breve - mi si dirà che sono fuori tema - i processi per morti sul lavoro vengono cancellati, non si terranno, tranne forse quello relativo alla Thyssen.
Ora siamo davanti ad un situazione in cui le imprese che intendono localizzarsi in un territorio hanno incentivi di vario genere: finanziamenti pubblici, patti territoriali, accordi di programma ed altro.
A fronte di questo, stiamo assistendo, in misura profondissima, ad una crisi che non cade dal cielo, ma è derivata da errori estremamente gravi compiuti negli ultimi anni: quel neoliberismo di cui abbiamo parlato e che a volte viene citato anche impropriamente, ma che è stato lodato in modi in termini e in forme estreme per tanti anni, ha fatto sì che in Italia non ci sia alcun strumento che riesca a cancellare e a prevenire il fenomeno della delocalizzazione. Avvengono spesso contrattazioni in cui si limitano i danni: 500 esuberi, magari ridotti a 300 o a 250, utilizzo di ammortizzatori sociali, qualche prepensionamento ed altri espedienti di questo tipo.
A differenza di molti, non pensiamo che il confronto, a livello internazionale, con Paesi dove non esistono diritti e dove i salari sono da fame, debba avvenire riducendo i diritti e i salari di chi lavora in Italia, cosa che oggettivamente, soprattutto nel primo caso, ma parzialmente anche per il secondo, sta accadendo sempre di più.
Vorrei ricordare tanti casi che abbiamo avuto nella nostra zona, ma mi fermo ad uno: la Lactalis di Moretta. Quante volte siamo andati, non solo i Consiglieri di Cuneo ma anche altri (la Presidente Bresso compresa) in questa fabbrica. C'è stato l' interessamento di molti. Si tratta di un'azienda che è arrivata dalla Francia, che ha comprato a raffica, nel nostro Paese, caseifici che appartenevano a ditte differenti, che ha mantenuto marchi come Invernizzi, Galbani e Cademartori... (quelli a cui siamo legati fin da quando eravamo ragazzini), ma che ad un certo punto ha chiuso una serie di fabbriche per andarsene dopo aver avuto forti incentivi, dopo aver avuto piani regolatori modificati, dopo aver avuto Comuni che hanno fatto salti mortali perché il lavoro potesse rimanere sul loro territorio. Centinaia di persone sono state cacciate dopo anni di lavoro, si sono trovate in mezzo alla strada da un giorno all'altro nonostante le varie promesse fatte.
Ho sentito con interesse gli interventi del collega Giovine, del collega Vignale e del collega del Partito Democratico, Larizza. Credo che il Consigliere Giovine parlasse di procedure e di regolamenti, tutte cose che possono essere avviate se questa legge passasse, cosa della quale purtroppo dubitiamo tutti.
Sulle considerazioni che il Consigliere Larizza ha svolto e che rispetto molto, è chiaro non sono mai le leggi scritte che di per s determinano le questioni, ma sono i rapporti di forza, le mobilitazioni, le spinte, la coscienza collettiva e la cultura in senso lato che esiste intorno alla difesa dei diritti civili e sociali, cosa che negli ultimi tempi sta scomparendo notevolmente.
chiaro che anche nel 1970, quando si approvò lo Statuto dei lavoratori, di cui abbiamo parlato, furono fatte alcune osservazioni - il collega Larizza sicuramente le ricorda, perché era in fabbrica in quegli anni - che dicevano che questa legge sostanzialmente avrebbe congelato i rapporti di forza così come erano e sarebbe servita a poco.
Noi pensiamo che potrebbe essere uno strumento utile e lo pensiamo anche alla luce di tre fatti.
Innanzitutto la Regione Marche, ha una legge più semplice di questa e meno articolata, fatta di tre o quattro articoli, che però contiene sostanzialmente lo stesso principio contenuto nella nostra legge. Se alcuni ritengono la legge delle Marche una bizzarria, com'è stato detto non in questo Consiglio, ma a livello politico, vorremmo sapere perché una Giunta simile come formazione alla nostra ha compiuto un atto di questo tipo.
In secondo luogo, abbiamo avuto la presenza di alcune fabbriche davanti a questo Consiglio. Tutti i martedì ci troviamo davanti a casi drammatici: oggi, ad esempio, le persone che hanno avuto uno sfratto, altre volte le persone licenziate, fabbriche in crisi oppure i genitori che volevano una legge che è stata poi fortunatamente fatta e mille altri.
I genitori separati chiedevano sostanzialmente che questa legge passasse, perché la vedevano come uno strumento utile.
Come terza questione, vi sono anche alcuni Consigli comunali - e noi purtroppo, come sapete, non abbiamo maggioranze in Consigli comunali e provinciali - che hanno chiesto che questa legge o una legge che contenga questi principi possa passare.
Sono queste le motivazioni e rinunceremo alla dichiarazione di voto, a meno di fatti nuovi, che fanno sì che noi speriamo ed auspichiamo che non solo ci sia una discussione, ma che alcuni Consiglieri votino liberamente al di là dei vincoli elettorali e delle "discipline di partito".
Da parte nostra, l'abbiamo presentata tre anni fa, quindi non credo che sia una manovretta o una marchetta elettorale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COTTO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Novero; ne ha facoltà.



NOVERO Gianfranco

Grazie, Presidente.
Purtroppo questa legge è stata presentata in modo un po' anomalo e il motivo principale della mia perplessità è unico, cioè non averla potuta visionare a fondo, guardando tutte le virgole e i punti.
Parecchie volte abbiamo avuto delle leggi che abbiamo discusso e ridiscusso - una banale è quella sui funghi - e poi ci siamo accorti che aveva un significato diverso.
L'unica preoccupazione che ho e che ha il mio Gruppo è quella di non avere potuto approfondire questi aspetti.
Per il resto, sia il titolo sia le frasi principali e più importanti che abbiamo letto ci convincono, perché riteniamo che sia giusto quello che si dice all'articolo 4 e non riesco a capire come si possa non essere d'accordo: "Gli incentivi alle imprese che si accingono ad insediarsi sul territorio piemontese sono accompagnati da obblighi contrattuali d'insediamento". Quando mai prendo un contributo e non ho nessun obbligo me lo metto in tasca e faccio quello che voglio? proprio una frase tipica che non può che essere condivisa. Pu esserci qualche perplessità da parte mia - lo confesso - indipendentemente da quale sarà la Giunta che emetterà il regolamento, sull'articolo 5, ma sempre per il discorso che dicevo prima, cioè mi è un po' difficoltoso capire quanta libertà di azione abbia la Giunta che applicherà il regolamento e quante possano essere eventualmente le spinte.
Abbiamo avuto più di un esempio in quest'Aula di leggi anche condivise anche bene fatte a mio parere, che poi in fase di attuazione vengono addirittura stravolte in qualche caso.
Quindi, una delle preoccupazioni per me è questa: ripeto però che sono tutte preoccupazioni che nascono da una mancata possibilità di analizzare a fondo.
Ho un'estrema fiducia, in particolare, verso gli uffici che seguono e che quindi ci correggono e ci aiutano a non fare delle cavolate dal punto di vista leguleio, perché un cittadino comune - e noi siamo cittadini non comuni - spesso deve tenere conto di come un avvocato, nel leggere le parole che tu hai scritto, possa poi interpretarle.
Su questo aspetto, penso che possiamo stare tranquilli. Per l'esperienza che ho avuto in questa legislatura ho sempre constatato che le leggi, quando arrivano in Consiglio, dal punto di vista della lettura da parte di un avvocato, normalmente sono state esaminate con attenzione.
Quindi, a meno che non ci siano novità nella discussione punto per punto tali da apportare degli stravolgimenti, oppure che appaia qualcosa che in questo momento non vedo, il mio Gruppo ritiene di votare a favore.
Vorrei chiarire una frase detta dal Consigliere Bossuto. Il collega ha detto: "Può sembrare protezionista". Bisogna vedere cosa significa protezionismo; proteggere i bambini penso che non sia una vergogna proteggere le imprese e i lavoratori non credo che sia vergognoso.
Secondo me, questa è una legge protezionista in senso positivo, nel senso che protegge i cittadini del Piemonte. La Lega non è protezionista per un'ideologia autarchica. Non abbiamo proprio nulla a che spartire con la legge dell'autarchia.
Faccio un esempio. A casa mia ho una pianta di melo annurca. Non è molto conosciuta; è una pianta che cresce in Campania. In questa stagione le mele piemontesi o sono state conservate in frigorifero oppure non sono più buone.
Ho piantato in Piemonte un melo annurca per evitare il trasporto via strade o ferroviario, ma l'anno scorso la mia pianta non ha portato niente perché fiorisce ad anni alterni. Io compro regolarmente in questo periodo le mele campane, perché sono un protezionista e perché a gennaio in Piemonte non esistono con queste caratteristiche.
Quando dico che dobbiamo proteggerci dall'arrivo delle merci cinesi, lo dico non perché ho delle perplessità. Quando mi preoccupo dell'invasione delle merci cinesi non mi preoccupo tanto del fatto che in Cina nelle condizioni che abbiamo noi in Italia ci sia qualcuno che produce a un costo inferiore, perché se in Cina c'è qualcuno che con le nostre condizioni è capace di produrre le merci a costi inferiori, compriamo le merci cinesi.
Ve lo dice uno della Lega.
Poi sappiamo benissimo che in Cina, come minimo, non rispettano le regole che noi ci siamo dati per difenderci dall'inquinamento.
Probabilmente usano manodopera sottopagata - il termine "probabilmente" è usato, ovviamente, in tono ironico! - o minorile.
Sotto questo aspetto diventiamo protezionisti. Un protezionismo che riteniamo debba proteggere le nostre imprese, affinché lavorino in certe condizioni, e i lavoratori, che rappresentano giustamente un certo costo.
Questo protezionismo dovrebbe aiutare a proteggere i bambini cinesi dallo sfruttamento. È questo il protezionismo di cui si parla.
Sono orgoglioso di essere un protezionista in tal senso, ovvero nel senso di proteggere le condizioni di vita.
Non so se questa legge sia o meno protezionista, del resto non mi interessa. Ciò che conta è che sia una legge giusta e contribuisca a far sì che il nostro territorio continui ad essere presidiato da imprese che lavorano e quindi che offrono impiego ai lavoratori. Del resto, è questo l'obiettivo finale.
Spero che il testo della legge comprenda tutte le imprese, dalle grandi, alle medie, alle piccolissime, visto il momento di grave crisi.
Ancora questa mattina ho incontrato realtà della mia zona, che hanno richieste di produzione, ma che non riescono a soddisfare; hanno delle difficoltà. Parliamo di piccole e piccolissime imprese. Le grandi si aggiustano, aprono e chiudono. Il quadro che si delineava prima è molto realistico: arrivano di qua, di là... Noi faremmo la stessa cosa, con le imprese finanziarie. Ormai il mondo è in gran parte in mano alla finanza! Continua, però, ad esserci un grosso nucleo di piccoli operatori o di piccole imprese, magari familiari, che hanno richieste di produzione.
vero che si è registrato un calo di produzione, ma è altrettanto vero che in altri settori la produzione non riesce a soddisfare la domanda. Il problema è che queste imprese incontrano cavilli e cavilletti; e mentre l'impresa che prende i soldi e scappa all'estero viene aiutata, loro non ricevono soldi! Spero, quindi, che l'effetto di tale legge corregga anche questo aspetto e garantisca qualcosa in più alle piccolissime imprese. In tal modo, avremo fatto un buono lavoro.
Nel ripetere ciò che diceva prima il collega, salvo imprevisti che nel corso dell'esame dell'articolato potranno sorgere, faremo sicuramente una dichiarazione di voto a favore.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Lupi; ne ha facoltà.



LUPI Maurizio

Grazie, Presidente.
Utilizzerò la prima parte del mio intervento - l'incipit - per una precisazione, per fatto personale.
Durante l'intervallo fra la seduta antimeridiana e quella pomeridiana il Presidente Clement mi ha fatto notare come, all'interno del Consiglio tra i colleghi, girasse la voce che il mio atteggiamento rispetto alla volontà di non modificare l'attuale legge elettorale fosse determinato dal proposito di creare, artatamente, i presupposti per possibili situazioni di ricorso dopo l'esito elettorale.
Rilevo che è decisamente confortante che qualcuno possa pensare che un Consigliere, che peraltro ha già immense difficoltà a sperare di poter essere rieletto - quindi un Consigliere che molto probabilmente non sarà rieletto - riesca addirittura a pensare ad una "strategia" per creare le condizioni affinché questa sua pur ipotetica elezione venga annullata.
Bisogna avere una grande considerazione del collega per pensare che lo stesso sia così idiota da costruire le condizioni per distruggere anche quelle poche possibilità di poter essere rieletto in Consiglio regionale! Complimenti davvero a chi riesce ad elaborale tale geniale teoria.
Sempre sulla legge elettorale, farei un'ulteriore considerazione che mi sembra importante.



PRESIDENTE

Mi scusi, collega Lupi: stiamo parlando di delocalizzazioni produttive.



LUPI Maurizio

Il mio è solo un incipit, per evitare di intervenire per fatto personale.
Avrei ancora una considerazione: in questi giorni la Regione Lombardia sta discutendo la questione della legge elettorale. Sapete quale esempio è stato preso nella discussione in Commissione per far riferimento ad un'ipotesi di legge che esonerasse per le firme? Proprio la legge approvata dalla Regione Piemonte.
In Commissione si è detto: "Complimenti alla Regione Piemonte, perch il testo è veramente un esempio pilota".



PRESIDENTE

Collega Lupi, mi suggerisce il dovere di avvertire gli amici lombardi del guaio in cui si stanno cacciando!



LUPI Maurizio

Proprio per sottolineare quanto il dibattito sulla legge elettorale sia alterato e quanto, invece, la verità stia da tutt'altra parte. Nel senso che anche nella Regione Lombardia, in sede di Commissione, è stato detto che questa è una legge perfetta e ideale.
Fatte queste due precisazioni sulla questione elettorale, entrerei nello specifico della legge regionale che stiamo discutendo.
La proposta di legge n. 495, "Norme in materia di delocalizzazioni incentivi alle imprese e sviluppo dell'autoimprenditorialità collettiva" com'è stato riportato nella relazione introduttiva, ha lo scopo fondamentale di disciplinare le procedure per il riconoscimento e la quantificazione dei contributi e dei finanziamenti pubblici alle imprese presenti sul territorio piemontese, definendo, nello stesso tempo, proprio tramite lo strumento legislativo, una sorta di progressività degli stessi in conformità a criteri che, ovviamente, tengano conto dell'agire sociale.
Parliamo, quindi, di meccanismi utili a contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni produttive e che siano in grado di incentivare, nel contempo, delle forme di autoimprenditorialità collettiva, definendo, in tal modo, uno strumento fortemente innovativo che possa essere utile sia per la difesa dell'occupazione, sia per la continuità produttiva di realtà che, evidentemente, in maniera differente, sarebbero destinate alla crisi e alla chiusura.
Partiamo, quindi, da un fenomeno che fa riferimento ad una sorta di spostamento geografico, totale o parziale, delle attività produttive verso altri Paesi, di cui si è già ampiamente discusso; fenomeno che si è esteso complessivamente a tutta la realtà europea, che ha finito per determinare una condizione che nella relazione introduttiva è stata definita di ricattabilità nei confronti proprio di quegli Stati in cui le imprese a rischio di delocalizzazione sono posizionate.
Chiaramente, la legge si propone di determinare un intervento che, in accordo con le organizzazioni sindacali e le istituzioni, tenti in qualche modo di creare le condizioni affinché queste tendenze possano essere quanto meno limitate.
Noi partiamo da una situazione iniziale in cui la delocalizzazione standard si attua con l'apertura di nuove unità produttive, quindi dello stesso soggetto imprenditore, che, evidentemente, vengono collocate in altri Paesi attraverso strumenti formali, per esempio la cessione di ramo d'azienda, o processi di internazionalizzazione delle imprese e accordi commerciali con altre imprese estere. Sono tutte tendenze che anche nel nostro Paese sono andate progressivamente aumentando in termini numerici.
Se è vero che, come è stato ammesso, in termini di valutazione economica complessiva, la delocalizzazione si attua con l'apertura comunque, di nuove unità produttive e che questa scelta può essere giustificata da reali motivi di carattere organizzativo o logistico, rimane il fatto che nella maggioranza dei casi queste operazioni avvengono per ragioni di carattere eminentemente e preminentemente economico.
chiaro che, sulla base di interessi essenzialmente speculativi, si decide la chiusura di unità produttive sul territorio nazionale ed europeo che finisce per determinare gravi problemi all'assetto sociale. Da questo punto di vista, la legge, quanto meno, tenta di porre rimedio ad una tendenza sempre più marcata. Grazie, Presidente.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



PRESIDENTE

Non essendovi ulteriori richieste di intervento in fase di discussione generale, procediamo con l'esame dell'articolato.
ARTICOLO 1 In merito all'articolo 1, ha chiesto la parola il Consigliere Giovine ne ha facoltà



GIOVINE Michele

Grazie, Presidente.
Come avevo anticipato nell'intervento in discussione generale, per noi l'articolo 1, effettivamente, va bene così com'è nella sua attuale formulazione, con l'unica eccezione del comma 5, sul quale proporremo adesso un emendamento soppressivo.
vero che l'approvazione dell'emendamento soppressivo dovrà avvenire concordemente insieme ad altri emendamenti soppressivi che riguardano quella che viene definita "autoimprenditorialità collettiva", richiamata anche successivamente nell'articolato, ma così come, in sede di Commissione, c'era un dubbio da parte nostra, e non solo da parte nostra in ordine alle questioni legate al comma 5 dell'attuale articolato, visto che questo era l'affidamento che si era dato in materia, coerentemente proporremmo comunque all'Aula la soppressione del comma 5 in capo all'articolo 1.
Per quanto riguarda i restanti commi dell'articolo 1, non rilevo particolari problemi se non, come anticipato, relativamente all'attuale formulazione del comma 4, il quale recita: "Definisce criteri di progressività per il riconoscimento di erogazioni economiche alle imprese considerando come principi fondamentali i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, il rispetto e la tutela dell'ambiente, la valorizzazione dell'occupazione femminile, nonché di persone in condizione di svantaggio sociale". Qui sorge il dubbio che, nella fattispecie, la progressività riguardi anche l'elencazione attuale dei principi fondamentali così presentati; cioè sembra quasi che i rapporti di lavoro a tempo indeterminato siano preminenti sul rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, sul rispetto e tutela dell'ambiente, sulla valorizzazione dell'occupazione femminile e di persone in condizione di svantaggio sociale.
Non credo che questo fosse nell'ottica dei proponenti, credo che nella proposizione iniziale li ordinassero alla pari come importanza. Però, se così è, non capisco cosa si intenda per "criteri di progressività". Era sufficiente inserire: "Definisce criteri per il riconoscimento di erogazioni economiche alle imprese" e via discorrendo.
Non presenterò alcun emendamento, in questo caso di natura soppressiva sul punto dei cosiddetti "criteri di progressività", per eliminare il riferimento alla progressività, ma lascio all'esame dell'Aula, e soprattutto dei proponenti, la decisione su cosa fare, perché mi sembra ci sia una certa dubbia interpretazione, visto che qui non stiamo parlando di un regolamento, ma di una legge.
Per il resto, come anticipato dal collega Novero, siamo strafavorevoli al comma 3, affinché vengano promosse con le imprese forme contrattuali vincolanti finalizzate all'erogazione di contributi economici a titolo di incentivo o finanziamento; è evidente il pieno favore da parte nostra.
Peraltro, esprimiamo anche per il complesso del comma 4 piena soddisfazione; tranne che per quella parte, lo riteniamo assolutamente in linea con le nostre idee politiche in materia.
Per quanto riguarda il comma 5, non perché ci sia una pregiudizialità contraria alla cosiddetta autoimprenditorialità collettiva, crediamo che così come è posto, lasci spazio a dubbi, che avevamo sollevato anche in sede di Commissione. Allora si era deciso di rimandare all'Aula un'eventuale fase emendativa, per evitare una decisione sul campo nel merito di quanto l'Assemblea poi avrebbe deciso sul comma 5 in oggetto.
Sinceramente, ci sembra abbastanza curioso immaginare, in questo momento, in questa fase storica, nel 2010, che la Regione Piemonte di concerto, peraltro, con Provincia e Comuni, favorisca e promuova forme di costituzione di società di tutela sociale, assicurando forme di contribuzione a lavoratrici e a lavoratori al fine di favorire percorsi di autoimprenditorialità collettiva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bossuto.



BOSSUTO Iuri

Chiedo scusa, Presidente, mi rendo conto che i tempi sono stretti, ma proprio per questo credo che oggi sia opportuno sviscerarlo un po' di più pur sapendo che nel caso in cui l'articolo n. 1 abbia un esito nefasto probabilmente la discussione si concluderà.
Due cose. Una risposta al collega Giovine per quanto riguarda i criteri di professionalità. È chiaro che i contributi si danno in base all'osservanza di alcuni principi: meno si osservano, meno si prende. Sono cinque principi, se vi si ottempera si otterrà un contributo pieno. Se invece se ne rispettano solo due o tre, il contributo è dimezzato.
Vorrei precisare ai colleghi che questo articolo 1 è passato in Commissione (ringrazio il collega Vignale per aver riconosciuto un minimo di lavoro sopra le parti, anche se è una legge a cui noi tenevamo molto come Gruppo) ed è un articolo clou, perché in realtà racchiude il principio della legge. Inoltre, vorrei far notare che non contrasta con la normativa europea, quindi chi si aggancia a questa motivazione sbaglia clamorosamente nelle premesse, ma anche facendo fede agli ottimi lavori dei nostri uffici legislativi, che certificano la conformità di questo testo alla normativa europea.
Ricordo che quando noi diamo qualsiasi contributo - nell'ambito della cultura, direi "martoriata cultura", o magari anche del welfare - chiediamo il rispetto di alcuni principi. Se il soggetto non rispetta quei principi noi non eroghiamo più il contributo, o addirittura a volte pretendiamo indietro i soldi, dando vita a volte a cause civili o penali, se si rasenta la dichiarazione mendace. Non applicarlo anche per le imprese mi pare curioso.
Il voto che probabilmente quest'Aula darà tra pochi minuti è davvero curioso. Questo vuol dire che ci sono realtà che sono sopra la legge (purtroppo, siamo abbastanza abituati), per cui alcune regole elementari non valgono più. Quindi si può fare.
Capisco il ricatto della disoccupazione, questo è chiaro, ma questa legge aiuta a limitarlo, a nostro dire, e non ad alimentarlo. In questa zona grigia dello spauracchio della disoccupazione, alcuni possono prendere senza dare nulla in cambio.
Tra l'altro, il ruolo delle imprese è ben specificato al comma 2 e anche in altri commi. Il comma 2 dice molto chiaramente che la Regione "riconosce il ruolo rilevante delle imprese", quindi questa è una legge che premia le imprese. In un'ottica naturalmente di risarcimento territoriale anche se alcune cose non dovessero andar bene. Non le punisce, ma le premia, anche se può sembrare paradossale che una legge come questa sia proposta da un Gruppo che si definisce comunista.
Non sappiamo se la legge nuova legge urbanistica prenderà vita, noi speriamo ancora di sì, ma questa è una norma che vincola i terreni mettendoli al riparo da speculazioni edilizie a danno della produzione.
In questo Paese la produzione cala anche perché alcune aree sono più appetibili ai fini commerciali e residenziali, quindi si chiudono le fabbriche (Beinasco ne è un esempio, ma non solo) a fini speculativi.
Forse, questa legge per ottenere il massimo dovrebbe essere accompagnata anche da una norma di vincolo sul territorio, però temo che lo stato attuale della legislatura difficilmente riusciremo ad approvare la legge sull'urbanistica. Quindi, ancora a pochi attimi dal voto richiamo ad una sensibilità su questo tema. Ricordo che non è eresia quello che stiamo discutendo, ma è piuttosto una prassi di buonsenso che dovremmo avere una gran voglia di attuare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Novero.



NOVERO Gianfranco

Grazie, Presidente.
Noi sostanzialmente sull'articolo n. 1 siamo favorevoli e quindi intendiamo votarlo senz'altro.
Per quanto riguarda il comma 4, a mio parere il senso letterale della frase non dà l'idea di quello che ha detto il Consigliere Bossuto.
Penso sia difficile cambiarlo in questo momento, però vorrei che rimanesse a verbale che noi votiamo a favore, come penso anche il Consigliere Bossuto, intendendo il comma 4 come è stato illustrato dallo stesso.
Siamo d'accordo sul comma 4, ma inteso e interpretato come è stato interpretato dal Consigliere Bossuto nel suo intervento. Non chiedo di cambiarlo, perché sarebbe complicato, però che resti a verbale che noi votiamo a favore interpretandolo come è stato interpretato dal proponente.
Per quanto riguarda il comma 5, ho creduto molto nell'imprenditorialità collettiva, sebbene abbia luci ed ombre: non sto qui ad illustrarle. Se eliminando il comma 5 si togliesse anche la possibilità di dare contributi a questo tipo particolare di imprenditorialità, io sarei per non cassarlo però siccome ritengo che comunque questa imprenditorialità sia compresa nella legge, anche senza il comma 5, voterò a favore della cancellazione del comma 5, intendendo che l'imprenditorialità collettiva viene già comunque compresa in questa legge, perché se non fosse così, ripeto, sarei favorevole.
Siccome secondo me è superfluo e rischiamo, con fondi ridotti, che vengano utilizzati in modo improprio... Diciamocelo francamente: chi conosce quel mondo sa che è un mondo difficile, come diceva un cantante famoso. Secondo me, questo mondo deve essere compreso nella legge, ma non in modo particolare. Quindi sarei favorevole a togliere il comma 5.
Voterò a favore dell'articolo 1 considerando che il comma 4 ha da intendersi semplicemente come è stato interpretato dal Consigliere Bossuto.
Io sono favorevole a questa interpretazione.



PRESIDENTE

Grazie, collega Novero.
Emendamento rubricato n. 1) presentato dal Consigliere Giovine: si elimina il comma 5 dell'articolo 1.
La parola alla Consigliera Barassi.



BARASSI Paola

Intervengo per dire che ovviamente voterò a favore dell'articolo 1.
Presumo che non si potrà procedere ulteriormente con gli altri articoli.
Voterò a favore dell'articolo n. 1 perché, secondo me, contiene anche un elemento importante ("Promuove con le imprese forme contrattuali vincolanti finalizzate all'erogazione di contributi economici a titolo di incentivo o finanziamento"), che se collegato con l'articolo n. 4 (che è quello legato alla responsabilità di impresa) secondo me, oltre a prevenire e ad agire sulla partita delle equalizzazioni, agisce anche su un sentimento diffuso - purtroppo, dal mio punto di vista - che è stato ribadito anche in Consiglio da alcuni interventi, che è quello della competitività tra i territori.
Penso che il principio della competitività tra i territori sia un principio devastante per i territori, per le donne e per gli uomini che in quei territori vivono. È devastante perché, da una parte, rischia di far diminuire e di far portare via i diritti esigibili delle persone - e l'abbiamo visto e lo vediamo costantemente nei rapporti tra nord e sud del mondo - dall'altra rischia di portarci via anche quel poco di risorse ambientali che abbiamo a disposizione.
Troppo spesso, in nome della competitività tra i territori, sono stati svenduti pezzi di territorio senza avere nessuna contropartita di ritorno.
Penso che questo non sia stato sottolineato e volevo sottolinearlo molto velocemente, perché credo che questo sia un altro degli elementi fondamentali di questa legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

Faccio una brevissima dichiarazione di voto favorevole all'emendamento presentato, perché, pur riconoscendo le motivazioni dei colleghi che intendono mantenere il riferimento all'autoimprenditorialità, velatamente il collega Novero ha citato luci ed ombre su quello che ha avuto modo di conoscere nella sua lunga carriera politica di amministratore e non solo.
Ma non è solo a quello che mi riferisco; mi riferisco al fatto che crediamo che la legge funzioni meglio cancellando questo aspetto. Anche perché non è detto che non ci sia invece un voto favorevole da parte dell'Aula sull'articolo 1, che consentirebbe di proseguire successivamente. Questo non lo sappiamo, l'Aula peraltro è sovrana sempre in queste circostanze.
Quindi, crediamo che per quanto ci possano essere poche probabilità di approvazione o meno di un articolato nel suo complesso, si debba comunque cercare, e sia diritto e dovere da parte di tutti i colleghi Consiglieri di suggerire quelle modifiche che si ritengono migliorative rispetto all'attuale formulazione normativa.
Noi riteniamo che la cancellazione del comma 5 sia oggettivamente perfetta per il proseguimento dell'articolato. Ci sono poi luci ulteriori se questo verrà accolto e questo non l'abbiamo assolutamente preparato perché poteva sembrare che si volesse in qualche modo avere un'altra finalità nella discussione della legge.
C'è un Capo III intero che parla dell'autoimprenditorialità collettiva quindi è evidente che se la si riconosce all'articolo 1, comma 5, non ha senso proporre gli emendamenti successivi di cancellazione sul Capo III. In realtà, anche sull'articolo 5 ci sono dei riferimenti diretti ed indiretti.
Pur mantenendo il pieno favore sul l'impianto complessivo della legge e sulle intenzioni dei proponenti ribadiamo il voto favorevole sulla cancellazione del comma 5 per poi proseguire e continuare con la votazione del complesso dell'articolato.
Preannuncio già ai colleghi di Rifondazione Comunista e non solo che hanno sottoscritto questo progetto di legge che, comunque, voteremo a favore anche qualora venisse respinto l'emendamento proposto di cancellazione del comma 5. Grazie.



PRESIDENTE

Il numero legale è 29.
Indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 1.
La votazione non è valida per mancanza del numero legale per deliberare.
Pertanto, ai sensi dell'articolo 52, comma 4, del Regolamento del Consiglio regionale, sospendo la seduta.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 18.15 riprende alle ore 18.28)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.30)



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