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Dettaglio seduta n.459 del 08/07/09 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COTTO



(Alle ore 10.00 la Vicepresidente Cotto comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(La seduta ha inizio alle ore 10.32)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellion, Bresso, Buquicchio Cattaneo, Chieppa, Comella, Ferraris, Laus, Moriconi, Pizzale, Robotti e Valloggia.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia e norme tecnico-costruttive

Provvedimento in materia di edilizia ed urbanistica - Esame disegno di legge n. 625, inerente a "Snellimento delle procedure in materia di edilizia urbanistica"


PRESIDENTE

Come comunicato al termine della seduta pomeridiana del Consiglio di ieri, l'oggetto della convocazione odierna è integrato col punto 5) della convocazione della seduta di ieri, ossia con l'esame dei due provvedimenti in materia di edilizia ed urbanistica, che sono il disegno di legge n. 625 e la proposta di legge n. 626, che passano al punto 1 bis) all'o.d.g.
Colleghi, ieri non siamo entrati nel merito del provvedimento procediamo quindi subito con l'esame del disegno di legge n. 625 "Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica".
Relatore del provvedimento è il Consigliere Pace, che ha pertanto la parola.



PACE Massimo, relatore

Il disegno di legge, di cui si chiede all'Aula consiliare sollecita approvazione, è volto ad ottemperare agli impegni assunti nell'intesa sottoscritta tra Stato e Regioni in data 1° aprile 2009, volta a favorire vista la crisi economica che caratterizza l'attuale momento storico, il rilancio dell'economia e, in particolare, il comparto dell'edilizia, a rispondere ai bisogni abitativi delle famiglie e a introdurre, infine semplificazioni procedurali dell'attività edilizia.
In base a tale accordo, le Regioni, entro novanta giorni dalla sottoscrizione dell'intesa stessa, nell'ambito delle proprie competenze sono chiamate ad approvare, con legge, discipline temporalmente definite volte a regolamentare: forme di incentivazione volumetrica, anche al fine di migliorare la qualità architettonica o energetica degli edifici interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con possibilità di ampliamento; forme semplificate e celeri per l'attuazione degli interventi edilizi.
L'intesa prevede altresì che tali interventi edilizi non possano riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta, ferma restando la possibilità per la Regione di individuare ulteriori ambiti nei quali gli interventi sono esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali e alle aree di pregio ambientale e paesaggistico, nonché gli ambiti nei quali i medesimi interventi sono favoriti con opportune incentivazioni e premialità finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate. Il provvedimento, presentato dalla Giunta regionale e rubricato con il numero 625, è stato assegnato all'esame in sede referente della II Commissione consiliare il 26 maggio 2009. Si sono svolte consultazioni con gli enti e le associazioni interessate alla materia e le osservazioni presentate sono state in gran parte accolte, apportando numerose modifiche al disegno di legge inizialmente presentato.
La II Commissione, concluse le consultazioni, ha posto il disegno di legge all'ordine del giorno senza soluzione di continuità e, nelle sedute del 29 giugno, del 2 e 3 luglio u.s., lo ha esaminato nel merito licenziandolo infine a maggioranza nel testo allegato, che risulta articolato in quattro capi e composto da quindici articoli.
Al I Capo sono contenute le misure straordinarie a sostegno dell'edilizia e destinate a restare in vigore fino al 31 dicembre 2011. In particolare, l'articolo 1 definisce l'ambito applicativo delle disposizioni, specificando che sono validi ed efficaci i permessi di costruire e le denunce di inizio attività presentati entro il 31 dicembre 2011; mentre all'articolo 2 sono contenute le definizioni.
L'articolo 3, a seguito delle modifiche al testo apportate in sede di Commissione, disciplina gli interventi di ampliamento in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, limitatamente agli edifici esistenti a destinazione d'uso residenziale e agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata. Gli interventi di ampliamento sono ammessi a condizione che si riduca il fabbisogno energetico dell'edificio secondo parametri puntualmente definiti nel provvedimento, fermo restando il rispetto delle prescrizioni specifiche delle disposizioni regionali in materia rendimento energetico nell'edilizia.
L'articolo 4, come derivante a seguito del dibattito in Commissione prevede che il Comune individui, anche su istanza degli aventi titolo edifici residenziali, anche con all'interno porzioni con destinazione d'uso diversa da quella abitativa, da riqualificare con interventi di demolizione, totale o parziale, e di ricostruzione. Per tali interventi di demolizione e ricostruzione è ammesso un incremento di cubatura in misura differente a seconda del livello di qualità ambientale ed energetica raggiunto, commisurato in base al sistema di valutazione "Protocollo Itaca Sintetico 2009 Regione Piemonte", approvato con deliberazione della Giunta regionale.
L'articolo 5 indica gli edifici, le aree e gli ambiti nei quali per motivi di intrinseco pregio, di sicurezza e di tutela, non sono applicabili le disposizioni del provvedimento relative agli interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici. In particolare, in seguito alle modifiche introdotte in sede di Commissione, si sono compresi anche i parchi nazionali e le aree protette istituite con legge regionale tra le aree in cui non è possibile applicare le norme del provvedimento.
L'articolo 6 riconosce in capo al comune la facoltà di escludere, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della nuova legge, tutto o parti del territorio comunale dall'applicazione delle norme sugli interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici.
All'articolo 7, introdotto in sede di Commissione, trovano disciplina gli interventi per gli edifici a destinazione artigianale o produttiva: da un lato, gli interventi di ampliamento in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi; dall'altro lato, gli interventi per il recupero del patrimonio paesaggistico attraverso la realizzazione di coperture e mascheramenti dei fabbricati al fine di ridurne l'impatto sul paesaggio.
Al Capo II trovano spazio le disposizioni volte alla semplificazione delle procedure edilizie e urbanistiche. L'articolo 8 disciplina la denuncia di inizio attività, estendendone l'utilizzo, rispetto a quanto previsto dal d.p.r. 380/2001 recante il testo unico dell'edilizia, e regolamentandone le forme di controllo, sia preventivo sia successivo alla realizzazione dei lavori.
L'articolo 9 risolve la questione dell'obbligatorietà della commissione edilizia comunale, prevista dalla l.r. 19/1999 e contrastante oramai con la normativa statale sopravvenuta, che ha eliminato l'obbligo di acquisire il parere della commissione per il rilascio del permesso di costruire. La modifica rende il Comune libero di nominare o meno la commissione, pur continuando a prevedere la composizione della commissione nel regolamento edilizio. Di conseguenza, all'articolo 10 si provvede a modificare la l.r.
45/1989 in materia di interventi da eseguire sui terreni vincolati a scopi idrogeologici, sopprimendo il parere della commissione edilizia comunale.
L'articolo 11 attribuisce al comune la competenza per l'esercizio delle funzioni contenute nell'articolo 167 del d.lgs. 42/2004 recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio.
L'articolo 12 modifica la l.r. 13/2007 in materia di rendimento energetico nell'edilizia, sostituendo il riferimento agli impianti fotovoltaici con il riferimento alle fonti rinnovabili.
Al Capo III, l'articolo 13 estende i termini per l'applicazione della legge sui sottotetti fino al 31 dicembre 2008. L'articolo 14, nel prevedere norme per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, mira a sollecitare i Comuni a prevedere azioni, anche con premi di cubatura e attraverso tecniche di perequazione, per riqualificare gli edifici, che sono stati realizzati legittimamente, ma in modo incongruo rispetto all'ambiente circostante. Il provvedimento riguarda tutte le tipologie edilizie a destinazione residenziale, terziaria, produttiva e commerciale.
In particolare, per gli edifici produttivi o artigianali, si prevede la possibilità di accedere a procedure e disponibilità finanziarie, messe a disposizione dalla l.r. 34/2004 in materia di attività produttive, per la loro rilocalizzazione nelle aree produttive ecologicamente attrezzate.
L'articolo 15, al Capo IV, contiene infine le abrogazioni di alcune disposizioni regionali, al fine di eliminare l'autorizzazione edilizia dal quadro normativo regionale e l'autorizzazione regionale per insediare impianti industriali di grandi dimensioni con oltre duecento addetti o con occupazione di aree per una superficie superiore ai 40.000 metri quadrati.
E nel ringraziare l'Assessore Conti e la sua struttura, ma anche in particolare gli uffici della II Commissione per il lavoro svolto e tutta la II Commissione nella persona del suo Presidente, Bruno Rutallo, mi auguro che l'Aula con la giusta consapevolezza dell'importanza del provvedimento lo approvi con il più ampio consenso possibile. Grazie.



PRESIDENTE

aperta la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Grazie, Presidente.
Il provvedimento che ci apprestiamo ad esaminare e a votare è, com'è noto, conseguenza di un ulteriore provvedimento e di un'ulteriore idea che arriva dal Governo nazionale e che è passata poi al vaglio della Conferenza Stato-Regioni per approdare nelle aule di tutti i Consigli regionali di questo paese.
Voglio soffermarmi, per capire anche le caratteristiche complessive dell'area in cui ci stiamo muovendo, esattamente sull'idea primigenia sull'idea principale, cioè quella che deriva dal Governo nazionale, perch credo che, esaminandone alcuni aspetti, si capisca anche la caratteristica complessiva dell'azione messa in campo dal Governo su cui noi oggi ci concentriamo, secondo me, per fare un po' di sana riduzione del danno.
Mi soffermerei su alcuni aspetti che riguardano dati anche di costi complessivi ed ambientali che il progetto Berlusconi sugli immobili in qualche modo metterebbe complessivamente in moto.
Essendo in Italia i proprietari di appartamento circa il 70% della popolazione ed essendoci milioni di seconde e terze case, se il 10% di questi aderisse a questo piano complessivo si può stimare un incremento del volume complessivo edificato equivalente ad alcune centinaia di migliaia di appartamenti e villette.
Un ampliamento del 20% della volumetria che, come si sa, è solo una parte di questo provvedimento, comporterebbe una crescita della superficie abitabile di 490 milioni di metri quadrati che, considerando tre metri di altezza, diventa di 1,5 miliardi di metri cubi in più.
Quando il piano sarà attuato si arriverà ad un consumo record di cemento di 220 milioni di tonnellate contro i 47,5 milioni di tonnellate del 2007 nel nostro paese. Per avere un'idea, l'Austria ne produce solo quattro di tonnellate l'anno, il Regno Unito, la Francia e la Germania paesi più grandi e popolati del nostro, rispettivamente 12,21 e 33 milioni di tonnellate.
Per produrre poi 220 milioni di tonnellate di cemento ci vogliono 800 milioni di tonnellate di sabbie e ghiaie, 30 milioni di metri cubi di acqua e l'apertura di oltre 5.000 cave, il doppio di quelle esistenti. E siccome per produrre una tonnellata di cemento si emettono 0,89 tonnellate di anidride carbonica, si avrà dall'8 al 15% di emissioni in più rispetto ad oggi. Le polveri sottili passeranno da 2.600 a 8.000 tonnellate l'anno, per non parlare poi dell'energia complessiva che ci vorrà.
Infine, in termini di deturpazione del territorio, già oggi in Italia abbiamo un totale di 250 mila ettari di terreno che vengono ricoperti ogni anno di cemento e asfalto, mentre in Germania viaggiamo tra i 43 e 44 mila ettari l'anno e in Inghilterra addirittura sugli 8.000.
Negli ultimi 15 anni abbiamo consumato oltre tre milioni e 663 mila ettari di terreni, quanto l'Abruzzo e il Lazio messi insieme, di cui due milioni di ettari di superfici agricole. Con questo cosiddetto piano casa il consumo di suolo aumenterà almeno del 5% annuo, cioè 10.000 ettari aggiuntivi.
Intanto, a fronte di questi dati complessivi, nel nostro Paese continua la tragedia delle famiglie senza casa.
Noi qui in Piemonte abbiamo anche provato a dare delle risposte, che secondo me sono una delle misure che più hanno caratterizzato in positivo l'Amministrazione di questa Regione: il piano casa con 10.000 alloggi al 2012.
In Italia 155 mila sono le famiglie che non hanno casa, 33 mila nel Lazio - per fare un esempio - e rimane una delle tante vergogne pubbliche di questo Paese, un Paese che scansa volentieri queste vergogne per poi mascherare le nuove spinte speculative in pomposi convegni sulle politiche abitative. "Case senza gente, gente senza casa", si sono perfino organizzati convegni su questo argomento. Questo tema rimane un'emergenza urbana tra le più gravi. I movimenti di lotta per la casa si scontrano da anni con il muro di gomma delle Amministrazioni e delle forze politiche che hanno mostrato di essere spesso più sensibili alle ragioni della rendita che a quelle del diritto all'abitare. Ricordo che dal 1994, con la liquidazione della Gescal, lo Stato italiano non ha più stanziato fondi per l'edilizia residenziale pubblica. Le case popolari intanto diminuiscono e la politica delle dismissioni e delle cartolarizzazioni aiutano questa dismissione.
Tra l'altro, voglio ricordare che, rispetto alla proposta iniziale del cosiddetto piano casa, ci dovevano essere interventi anche da questo punto di vista. Non mi pare che se ne parli più e dove sono finiti non si sa.
Inoltre, a proposito di dati generali, sono in arrivo nuove migrazioni interne nel nostro Paese - se qualcuno non se ne fosse accorto - che nel prossimo decennio dovrebbero vedere, come dice il Rapporto Cittalia dell'ANCI, lo spopolamento di città come Genova (meno 3,6%) Bari (meno 2,8%), Napoli (meno 2,6%), Palermo (meno 1,2%) e una convergenza dal Sud verso Bologna (più 7,3%), Roma (più 6,7%) e Milano (più 6,3%), con ampie sacche di disoccupazione e di povertà e grandi fasce di popolazione esclusa. Urgono quindi - dice l'ANCI - politiche di inclusione sociale, con particolare attenzione alle politiche abitative attraverso un accesso garantito agli alloggi.
Questo è il clima e lo schema generale di un paese in ginocchio rispetto ad alcune politiche. Ho già detto che il Piemonte ha fatto una parte attiva che rivendico con forza, ma questo è lo schema in cui ci muoviamo e il provvedimento che abbiamo di fronte oggi per il voto finale secondo me, s'inserisce esattamente in una condizione di riduzione del danno.
Non questo provvedimento, ma quello che in qualche modo lo ha ispirato a livello nazionale, è basato su una logica che è quella dello sviluppo lineare senza fine che, com'è noto, non regge più da nessuna parte.
Si dice che si aiuta l'economia, ma non so se sarà così. Intanto vedremo a settembre e ottobre, al ritorno in quest'Aula, che disastro sociale ci sarà: tantissime aziende che stano per chiudere, niente più soldi per la cassa integrazione, minori entrate fiscali. È questo il modo per ripartire? Cioè, con una misura, una volta di più una tantum, con una logica da bambino che ruba per l'ultima volta la marmellata e dice: "Non lo faccio più!".
La logica dei condoni. È questo quello di cui questo Paese e questa regione hanno davvero bisogno? Io penso di no.
Adesso non vi voglio spingermi a dire che, forse, con una logica keynesiana sarebbe stato meglio fare aprire delle buche per poi richiuderle ma, insomma, mi pare che siamo dentro una logica vecchia, da questo punto di vista. Una vecchia logica che non rispetta neanche quei limiti ambientali che tutti diciamo di voler riconoscere, ma che poi dimentichiamo alla prova dei fatti, quando si tratta di fare qualcosa di positivo.
Il nostro Gruppo, insieme ad altri Gruppi, ha lavorato a questa riduzione del danno, in modo particolare, su ispirazione dell'Assessore Conti, anche intorno al tema del risparmio e dell'efficienza energetica che sta dentro questo provvedimento.
Abbiamo lavorato per sancire intanto che in alcune zone di questa regione non si potrà andare in deroga, non si potranno fare operazioni che sono quelle volute dalla legge nazionale: penso a territori collegati e tutelati dalla legge Galasso, i "galassini", i parchi. Inoltre, abbiamo provato ad implementare, anche su richiesta dell'INU, ma non solo, una logica di programmazione.
Ci siamo cimentati su questo e quindi per questo pensiamo che tale riduzione del danno possa essere un po' meno peggio, ma a questo stiamo.
Su questo cimento e su questo nostro impegno per la riduzione del danno voglio, però essere molto chiaro - noi ci siamo dati da fare, ma vorremmo anche che fosse restituita anche dal provvedimento che uscirà da quest'Aula. Sappiamo, infatti, che ci sono delle pressioni affinché quei limiti, di cui ho parlato prima, che non solo sono sacrosanti, ma che sarebbero appunto il minimo che si possa fare, vengano fatti saltare.
Noi diciamo che il nostro atteggiamento rispetto alla logica della riduzione del danno e rispetto all'espressione del voto sarà condizionato anche dal mantenimento di quei limiti. Perché, altrimenti, diciamo così, il nostro atteggiamento non potrà più essere quello, appunto, tranquillo di chi semplicemente s'inginocchia - anche qui - alla logica che ho tentato di richiamare all'inizio del mio intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Credo che questo provvedimento vada visto soprattutto come una misura che potrà avere, e avrà, effetti benefici, proprio per rilanciare, per tonificare l'economia, anche perché (sarà pure un vecchio concetto, non so ma sono constatazioni che ormai fanno parte di un patrimonio consolidato) ogni volta che l'edilizia si mette in movimento tutta una serie di settori indotti e la produzione riprendono, così come il prodotto interno lordo del Paese ne trae un beneficio.
Semmai, a mio avviso, dovremmo convergere sul "se", cioè se fare questo provvedimento, e magari divergere su "come".
Credo che potremmo comunque trovare delle convergenze per quanto riguarda la salvaguardia del territorio non compromesso perché, di fatto questo provvedimento si rivolge soprattutto a quella parte di territorio già edificato, escludendo alcune porzioni che sono presuntivamente più delicate e che hanno un pregio, che deve essere valutato con strumenti non d'accelerazione, come, per esempio, i recuperi dei centri storici e così via.
Tuttavia, laddove queste esigenze aprioristiche di salvaguardia non ci sono, laddove si condivide la necessità di intervenire per ristrutturare riqualificare, migliorare, aggiornare, rendere più funzionale, avere un maggior risparmio energetico, ricorrere a soluzioni tecnologiche moderne proprio per migliorare la qualità della vita, non riesco a capire perch non si debba ricorrere anche a dei provvedimenti di accelerazione, in un momento in cui vi sono delle incertezze e delle titubanze da parte di coloro che ne sono proprietari, che ne avrebbero la possibilità e che anche in ossequio ad un elemento psicologico che si riviene in tutte le crisi ed economiche, sono in attesa magari di una condizione migliore.
A mio avviso, è necessario dare uno stimolo di una certa consistenza e penso che il provvedimento del Governo, che è rilevante e significativo vada in questa direzione. Noi auspichiamo che le Regioni e, nel caso particolare, la Regione Piemonte intervenga ma non nell'ottica della limitazione del danno, come diceva prima il collega Deambrogio, come se il provvedimento fosse sostanzialmente dannoso. Per fortuna non la pensano così tutta una serie categorie imprenditoriali, e non parlo solo della grossa e della piccola impresa, dell'artigianato, del commercio, perch nella convergenza del giudizio si uniscono addirittura anche organizzazioni che storicamente hanno sempre avuto sensibilità e orientamenti politici diversi. Allora, prendiamone atto: è quasi un percorso obbligato.
Ce lo sentiamo ripetere in tutti gli incontri che si fanno nelle assemblee delle varie categorie, eccetera. Semmai, perfezioniamo il provvedimento: possiamo sempre migliorarlo. Noi tendiamo ad andare in questa direzione anche con degli emendamenti, però non diciamo che siamo in sede di riduzione del danno. Qui non c'è nessun "Attila" alle porte che vuole stravolgere quello che è il paesaggio della nostra Regione, semmai si vuole riconvertire e riqualificare parte degli edifici delle nostre città e quartieri che sono sorti magari nell'immediato dopoguerra, al momento del boom economico, quando si costruiva per dare un tetto a tutti con criteri completamente diversi da quelli attuali. Poi, vi è il vasto territorio che era destinato ad attività produttive e che oggi non è più necessario perché le produzioni sono cambiate, la tecnologia è avanzata e si producono prodotti che richiedono minore superficie o superfici di tipo diverso.
Naturalmente, anziché spargere le attività produttive qua e là, oggi si punta a concentrare queste produzioni in aree cosiddette "ecologicamente attrezzate", dove proprio l'impatto col territorio viene valutato a priori cercando di minimizzare questo impatto. Se una critica dobbiamo fare - e facciamo - al provvedimento della Giunta (che, nel limite del possibile, è stato migliorato anche da parte nostra) è proprio quello di non essere andati oltre quello che era un limite minimale, diciamo medio, che è stato visto a livello nazionale e che tiene conto anche del diverso grado di pianificazione del territorio nelle varie Regioni. Sappiamo che ci sono anche Regioni italiane che sono indietro sotto il profilo della pianificazione territoriale ed urbanistica, quindi è anche comprensibile che ci possa essere un provvedimento nazionale che non va oltre certi limiti.
Una Regione come il Piemonte, dotata di strumentazione e di pianificazione sia a livello regionale sia a livello provinciale sia a livello urbanistico comunale, credo che possa tranquillamente affrontare una vicenda come questa. Non a caso, se voi andate a leggere la nostra proposta, la n. 626, fa proprio riferimento a questa situazione di partenza e si avventura dando maggiore possibilità di scelta, quindi un ventaglio più ampio, un intervento più profondo, anche agli operatori edilizi piuttosto che ai proprietari degli immobili che decidono di intervenire.
A nostro avviso, l'intervento del Consigliere Deambrogio è stato un po' rivelatore di quella che è l'essenza stessa del provvedimento che ha una serie di paletti che, probabilmente, la Giunta, l'Assessore, ha dovuto introdurre per tenere in piedi la maggioranza che sostiene la Giunta.
Qualche emendamento, dato che abbiamo una visione di accelerazione circa questo provvedimento, lo proponiamo ancora in questa sede. Molto significativo, a nostro avviso, è l'emendamento che riguarda la possibilità di ampliare le attività produttive esistenti - che qui sono unificate al valore 200, che è diventato il nuovo numero magico - sia per quanto riguarda la parte residenziale, sia per quanto riguarda, come metri quadri anche la parte produttiva. Noi proponiamo 1.000, ma avremo modo, in seguito, nello specifico, di dettagliare quando si potranno illustrare gli emendamenti che noi abbiamo presentato.
Concludo mettendo in risalto l'atteggiamento costruttivo del nostro Gruppo, dimostrato dalla disponibilità all'accelerazione delle consultazioni, ad accettare consultazioni per iscritto, per quanto riguarda il progetto di legge n. 626. Erano previsti tre giorni di Commissione, in ipotesi, per trattare l'argomento, invece sono state sufficienti due sedute. Sappiamo che quando le discussioni accelerano c'è un ruolo della maggioranza, ma c'è anche un ruolo importante dell'opposizione.
Per concludere, è un provvedimento di cui se ne condividono gli obiettivi, ma un provvedimento che non ha avuto il coraggio di raggiungere i livelli che, con il progetto di legge n. 626, noi proponiamo di raggiungere. Naturalmente è possibile approvare subito il progetto di legge n. 626 in modo tale da avere una norma transitoria fino al 2011.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Auddino; ne ha facoltà.



AUDDINO Angelo

Grazie, Presidente.
La legge che oggi andiamo a discutere ed approvare discende da quello che alcuni mesi fa il Governo aveva chiamato, pomposamente a mio avviso piano casa. Pomposamente, perché noi tutti ricordiamo che nel dopoguerra negli anni '60, il piano casa era ben altra cosa rispetto a quello di adesso, relativo ad aumenti di cubatura delle casette mono o bifamiliari e così via.
Questa Regione, questa Amministrazione, questa maggioranza tre anni fa aveva varato un piano casa serio con l'avvio della costruzione e del finanziamento, in parte anche cofinanziamento, di 10.000 alloggi. Credo che il piano casa degli anni '60 - allora era Presidente del Consiglio Fanfani fosse veramente un piano casa.
Il piano casa del Governo Berlusconi, a molti di noi, è sembrato più uno spot, un annuncio in un momento di crisi economica che c'era in Italia per dire "noi vogliamo rilanciare l'economia e partiamo dal sollecitare i risparmi delle famiglie, i piccoli imprenditori e così via".
Se questa legge avesse recepito in toto, o se fosse passata la legge come prevista nella prima fase dal Governo Berlusconi, si sarebbe trattato veramente, come diceva il Consigliere Deambrogio, di un inutile esercizio.
In effetti, non avrebbe provocato nulla, neanche quello che il Governo nelle sue intenzioni avrebbe voluto.
Credo, invece, che questa legge, anche grazie ad una tenace opposizione delle Regioni e, in particolare, della Regione Piemonte nei confronti del Governo, sia riuscita a strappare intanto una legge che migliora decisamente l'intenzione del Governo nel primo momento ma, soprattutto riaffermare un principio basilare che non si possono spodestare le Regioni in una materia così importante come l'uso del territorio.
Anche noi ci siamo chiesti in quei mesi: dove erano le forze che si richiamavano al federalismo - e che sono presenti anche qui - quando, di imperio, il Governo voleva fare una legge senza tener conto delle Regioni e degli enti territoriali? Credo che, come è stato sottolineato nella relazione del Consigliere Pace, prendendo spunto dall'accordo Stato-Regioni facciamo una legge che veramente dà qualche risposta, anche parziale, anche limitata, al rilancio dell'economia nel settore edilizio.
Aggiungo, cosa non prevista nella prima legge, che rilancia anche l'occupazione, perché noi diamo la possibilità alle imprese e agli artigiani di realizzare dei piccoli ampliamenti, magari senza l'utilizzo di grandi porzioni di territorio perché limitati soltanto a costruire all'interno del capannone già esistente, dei soppalchi, oppure piccoli ampliamenti che possono servire a quelle aziende che oggi, nonostante la crisi, hanno necessità di spazio, e dare anche loro la possibilità di investire nell'edilizia. Soprattutto, l'aspetto più importante è che questo possa generare occupazione, quella vera, quella che occupa le persone nel settore produttivo. Credo che questo sia un aspetto molto importante, non previsto all'origine.
Altro aspetto importante è che noi abbiniamo agli aumenti delle abitazioni, quindi miglioriamo la qualità abitativa, il patrimonio abitativo, soprattutto delle case uni e bifamiliari, ma lo facciamo guardando soprattutto a due fattori: alla qualità e al consumo energetico.
Facciamo in modo che chi si rinnova, chi amplia la propria abitazione, lo fa soprattutto andando a risparmiare, magari anche in modo complessivo, su risorse e consumo energetico che, diversamente, non sarebbe stato possibile.
Credo che questi siano gli aspetti positivi della legge, non può essere utilizzata una sorta di deroga permanente. Crediamo che queste deroghe possano capitare una tantum, ma non dovrebbe essere il metodo per governare il territorio. A tal riguardo, collega Cavallera, vorrei precisare un aspetto: lei sostiene che noi agiamo nelle aree già consolidate, già edificate, quindi non provochiamo nuove unità abitative. Dobbiamo per renderci conto che alcune nostre leggi, come la n. 56 (finché sarà in vigore), impongono la dotazione di standard minimi: se approvassimo sempre delle deroghe, salterebbero tutti gli equilibri degli spazi pubblici e dei servizi che voi conoscete più di me o quanto me, che le Regioni, la nostra in particolare, nel corso dei decenni, hanno tenuto a precisare. Occorre quindi, stare all'occhio, perché non è vero che una legge come questa non provoca, nel territorio, delle modificazioni in negativo. Perché, comunque gli standard sono sempre gli stessi: se costruisco nell'esistente, aumento i volumi, ma il verde, i parcheggi e quant'altro resta inalterato.
A mio avviso, quindi, se viene vista come una tantum va bene.
Vorrei dire al collega Deambrogio che, almeno per una parte, i dati che ha citato secondo me non dovrebbero verificarsi, in quanto, secondo la legge, soprattutto per le unifamiliari e bifamiliari, le unità abitative non devono aumentare, ma rimanere invariate. Questo implica sì un aumento di cemento o di volume costruito, ma non di abitazioni.
Non bisogna neanche sottovalutare un aspetto: questa legge introduce altresì, come sottolineava il collega Pace, una sorta di anticipazione o innovazione nel settore degli interventi edilizi in urbanistica, che è quella della rigenerazione urbana. Non è un aspetto che il Governo nell'accordo Stato-Regioni aveva chiesto, ma comunque la Regione dà un'opportunità in più a chi è nel settore di poter operare. In questo caso però, non si tratta di deregulation, ma di incentivare, in ambienti degradati (anche di aree vaste, che non si limitano alla singola casa o al singolo condominio), purché si rinnovi il patrimonio edilizio con i criteri moderni di bioedilizia e di consumo energetico.
Questo aspetto, a mio avviso, è positivo, perché sappiamo che persistono in varie parti del territorio (soprattutto in alcune periferie) degli edifici di un certo livello, costruiti magari negli anni Cinquanta o Sessanta, che oggi si trovano in condizioni tali per cui costerebbe molto meno abbatterli e ricostruirli che non mantenerli, visto il costo elevato (questo capita anche nell'edilizia pubblica).
Un ultimo aspetto importante che vorrei ricordare, raccogliendo molte sollecitazioni pervenute dalle categorie e dagli ordini professionali riguarda lo snellimento delle procedure. Con una legge di questo tipo cerchiamo di dare una risposta affinché i tempi di attesa e i tempi per poter iniziare un'attività di tipo edilizio non debbano essere sine die, ma vi sia la possibilità di partire il più rapidamente possibile.
Tutto sommato, noi non solo limitiamo il danno, ma diamo alla Regione Piemonte una legge che, nonostante i paletti e alcuni criteri imposti dall'accordo Stato-Regione, giudico positiva nel suo complesso.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Turigliatto; ne ha facoltà.



TURIGLIATTO Mariano

Mi sembra che la legge, così com'è scaturita dal processo di formazione, sia sostanzialmente equilibrata, perché contempera un po' tutti gli aspetti che sono stati richiamati negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, insieme ad altri temi che sono rimasti più sullo sfondo ma che mi premerebbe, in qualche modo, provare quantomeno ad evocare.
Il primo è volto a rispondere alla questione relativa al mercato dell'edilizia, nel senso di capire se questo genere di provvedimenti rilanci o meno l'economia. Forse nessuno di noi sa veramente rispondere a questa domanda, però una constatazione va fatta: l'87% del fatturato complessivo dell'edilizia piemontese - sono dati vecchi di tre o quattro anni, per cui non so se siano ancora così attendibili, ma usiamoli come orientamento - lo fanno imprese con meno di dieci dipendenti. Ciò significa che la gran parte dell'economia che si muove è un'economia per larga parte è sommersa (non precaria, perché va oltre il precariato), perché fatta di cottimisti assemblati insieme. La mortalità di queste imprese nell'arco di tre anni tocca il 47% o 48%.
Nel promuovere questa legge, quindi, suggerirei a tutti (di destra, di sinistra, Nord o Sud) di tenere in considerazione questo aspetto. Perch siamo tutti d'accordo nel ritenere che il futuro della nostra Regione delle sue attività e dei suoi giovani, sta soprattutto nel promuovere innovazione, ricerca, eccetera. E, tendenzialmente, questo tipo di provvedimenti, che siano questi o altri con parametri diversi, questa attività non la fanno. Questo vuol dire che è negativo? No, no. Io sono un convinto sostenitore di quello che andremo a votare. Tuttavia, lo sono per altre ragioni, e non certo perché ritengo che possa davvero contribuire a rilanciare l'economia stabilmente, perché il nostro mondo dell'edilizia è strutturato in modo tale che, forse, questo provvedimento non riesce ad ottenere l'effetto che ci si aspetterebbe, e che probabilmente avrebbe in altri Paesi (penso, ad esempio, alla Spagna, che dal punto di vista dell'edilizia ha qualche problemone, o ancora alla Francia).
Quali sono, a mio avviso, gli aspetti positivi sui quali probabilmente, si potrebbe rivendicare più coraggio, ma che già danno una bella sgrossata? Il primo è l'aspetto della semplificazione. Qualche volta - lo sapete perché tutti voi siete parte di un mondo nel quale queste tematiche sono piuttosto dibattute e sviluppate - la semplificazione è più importante del premio di cubatura; avere una certezza nei tempi, nelle procedure e sapere con esattezza che cosa si può fare e cosa non si può fare, con un servizio efficiente da parte dei Comuni e norme facili da interpretare (ovvero interpretabili al minimo possibile), è qualche volta il vero regalo che facciamo a chi produce e a chi lavora.
Qui, il fatto che si riconsideri il tema delle DIA e dei permessi di costruire, cioè che si chiarisca questa materia e, in qualche modo, la si semplifichi, secondo me è un grosso vantaggio, sebbene non sia ancora tutto quello che si potrebbe fare.
Il secondo aspetto positivo è quello di collegare fondamentalmente l'applicazione di questa legge ad un'attività importante, che va nella direzione del risparmio energetico, per incentivare tutti quegli interventi che permettano di aumentare i volumi perché impongono di costruire un po' meglio le case. Questo, di nuovo, è un altro aspetto che, complessivamente nel bilancio totale, incide, se applicato convenientemente, in misura che per noi oggi è difficile da calcolare e da immaginare.
Tutto questo supposto che - è l'altro problema che qualche volta determina posizioni contrapposte anche quando gli interessi non lo sono il sistema dei controlli sia efficace.
Il nostro Paese, in particolare nel mondo dell'edilizia (questo aspetto, forse, lo si avverte in questo settore più che in altri), ci sono leggi particolarmente farraginose, piene di cavilli e cavilletti, non soltanto per favorire questo o quell'interesse, ma sovente anche perché si parte dal presupposto che l'interlocutore, il privato, agirà certamente in maniera negativa, cioè cercherà, in qualche modo, di "fregare". Tra l'altro, sovente è così! Mi pare che in questa legge ci sia un po' sotto questo principio di dire "noi diamo norme certe e tutti gli sforzi che facciamo oggi per rompere le scatole a chi vuol far qualcosa li impegniamo invece, nel controllare che abbia fatto e che abbia agito in modo conforme semmai stangandolo qualora non lo faccia", in modo che questo elementare principio di comportamento, che è un po' fuori dalla cultura politica del nostro Paese, cominci ad essere introdotto.
Mi premeva trattare ancora un ultimo tema. Sentendo gli interventi dei colleghi, non so se i famosi 200 metri quadri per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 7, quindi riferiti alle superfici produttive sia tanto o poco. Vorrei però che facessimo attenzione a non fare l'unica cosa che davvero produrrebbe un guasto: aiutare i Comuni a fare cassa vendendo SUL fittizia creata dalla legge.
Questo, secondo me, sarebbe l'unico vero danno che potremmo produrre perché a quel punto, al di là delle legittime scelte degli Enti locali che non dobbiamo e non possiamo accontentare, non vorrei mai che, in tempi di crisi come questo, questo diventasse il volano, la molla con cui operare davvero quella devastazione, non soltanto estetica ma anche funzionale (penso agli spazi produttivi, oltre che alle residenze), giusto per poter dire che così incasso dei soldi perché vendo la SUL, visto che normalmente specialmente a Torino e nell'area metropolitana, la SUL viene tutta quanta adoperata in prima soluzione, quindi gli ampliamenti successivi presuppongono la sua monetizzazione.
Su questo, non sono in grado di fare emendamenti né di pensare minimamente di proporne alcuno, però credo che sia quanto meno una raccomandazione che mi sentirei di rivolgere caldamente, quale che sia la premialità che si vorrà introdurre, se i metri sono 200, come scritti nella legge, se sono di più o di meno, perché questo pericolo lo avverto davvero molto, molto forte in particolare sugli immobili a destinazione artigianale e industriale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guida.



GUIDA Franco

Intanto, se il Governo nazionale non avesse dato il là su questa materia, non saremmo qui a discutere del provvedimento, anche se abbiamo dei punti di vista diversi. Il lavoro della Commissione ha messo in evidenza alcune contraddizioni all'interno della maggioranza che sono state a fatica superate con la mediazione dell'Assessore e di alcuni Consiglieri.
Devo dire che, guardando i fatti concreti, ovviamente non mi scandalizzo se il provvedimento non corrisponde a tutte le nostre aspettative, perché mi rendo conto che quando si parla di edilizia, si rischia sempre di correre il rischio di equiparare speculazione edilizia a utilizzo dell'ambiente non sempre in modo corretto. Comunque, noi sappiamo benissimo che moltissime località del Piemonte sono state urbanizzate antropizzate e nel loro territorio si è costruito non sempre correttamente anche laddove la parola correttamente corrisponde a legalmente, non sempre secondo quelle capacità professionali e quella lungimiranza architettonica che un paese moderno dovrebbe avere.
L'Italia però è fatta così e non ci sono delle grandi differenze fra aree storicamente amministrate da questa o da quella parte politica. Tutte le periferie di gran parte delle città d'Italia si assomigliano molto e dietro questo tipo di costruzioni e questo tipo di urbanizzazioni ci sono anche delle necessità oggettive.
Il nostro è un paese che nel dopoguerra si è ritrovato improvvisamente povero ma con grandi necessità, con grandi aspettative. Ha fatto bene prima il Consigliere Auddino a parlare dei piani casa di cui storicamente ci ricordiamo. Sono piani casa nati per dare un'abitazione. In questo caso le parole piano casa sono state forse ambiguamente enfatizzate, ma quello che c'è di buono è che si pensa ad un contributo alla ripresa economica del paese attraverso l'edilizia, di cui parlava prima il Consigliere Turigliatto.
vero che ci sono tante microimprese che saranno agevolate da questo provvedimento, ma sono proprio queste microimprese che si trovano nella Provincia di Cuneo che tengono in piedi l'economia reale e quotidiana. Non ci sono tantissime grandi imprese nel settore dell'edilizia, nelle nostre aree, ma ci sono migliaia di persone che vivono sull'edilizia e che non sono soltanto, ovviamente, impresari e muratori, ma sono in gran parte tutti coloro che lavorano nella filiera dell'artigianato, che non finisce mai, perché si inizia dalla costruzione e si finisce all'arredamento. Lo sapete benissimo che dietro all'edilizia lavorano migliaia di persone e migliaia di imprese.
Quindi, da questo punto di vista il Governo ha fatto una buona scelta ha indicato quello che è un settore dell'economia che deve essere, in qualche modo, favorito e agevolato. Sul come farlo, è stato poi il tavolo della conferenza Stato- Regioni che ha approfondito e raffinato la ricerca fino ad arrivare, in ogni singola Regione, alla presentazione di uno o più provvedimenti che le Commissioni hanno esaminato. Questo è quello che è accaduto.
Oggi noi discutiamo di un provvedimento sicuramente positivo e che darà sicuramente un contributo all'economia. Quindi, da questo punto di vista mi sento di dire al Consigliere Turigliatto di stare sereno, perché noi preferiamo che vengano agevolate proprio le più piccole imprese nel settore dell'edilizia e di tutta la filiera che sta intorno all'edilizia. Quello che avremmo voluto lo sapete benissimo. Noi abbiamo un punto di vista diverso, ma ci rendiamo anche conto delle differenti posizioni che ci sono all'interno della maggioranza, per cui, se dovessimo essere oggettivi l'Assessore lo sa - dire che oggi siamo qui a discutere di questo disegno di legge è, in qualche modo, un fatto di cui tener conto. Primo perché si sono superate le contraddizioni all'interno della maggioranza. Secondo perché l'opposizione, come è stato già rilevato poco fa, ha avuto un atteggiamento assolutamente costruttivo, anzi, mi sembra che alcune norme e alcuni passaggi siano stati positivamente modificati grazie anche ai nostri interventi, e anche ad alcuni interventi di alcuni Consiglieri di maggioranza che, avendo fatto gli amministratori pubblici (Sindaci Assessori) conoscono la realtà di cui stiamo parlando.
In riferimento alle possibilità che vengono date, noi avremmo voluto una maggiore autonomia per ciò che riguarda l'amministrazione comunale, ma ci teniamo anche a mettere in evidenza come siamo d'accordo con tutta una serie di passaggi che riguardano l'individuazione delle aree che possono essere demolite e ricostruite attraverso un passaggio meno farraginoso di quello che inizialmente era stato indicato. Le agevolazioni che sono state date per coloro che hanno costruito in zone "incongrue" possono essere rilocalizzate con delle premialità per coloro che possono usufruire di premi in cubatura, proprio perché fanno investimenti con le nuove fonti energetiche.
Abbiamo anche avuto una posizione diversa sui termini e avremmo voluto un provvedimento un po' meno temporaneo. Voi avete indicato il 2011 come termine entro il quale presentare le domande, mentre noi eravamo addirittura per non mettere nessun termine (ad esempio, proporre il 2012 non sarebbe un grande scandalo), anche se ci rendiamo conto che probabilmente questo tipo di snellimento non dovrebbe essere neanche previsto. Noi dovremmo lavorare per approvare una legge che snellisca l'intero settore dell'urbanistica e dell'edilizia in questo paese, anche se ci sono delle remore perché, come è già stato rilevato, molte volte si tende ad associare la parola edilizia a speculazione, la parola edilizia ad occupazione del territorio. Invece, quello che manca nel nostro paese, più che una serie di nuove regole, è anche una questione di mentalità.
Vorrei rilevare come in Commissione molti si siano trovati d'accordo nel dire che l'Italia e anche molte località del Piemonte necessiterebbero di uno straordinario risanamento urbanistico, che corrisponde alla necessità di abbattere interi quartieri edificati negli anni '50, '60, '70 e anche '80, ricostruendoli secondo nuove modalità sotto tutti i punti di vista, non soltanto edilizio ed architettonico, ma anche ambientale ed energetico.
Questa è la grande sfida dei prossimi anni e gli stessi Comuni piuttosto di approvare nuovi piani regolatori che individuano nuove aree destinate all'edilizia, invece, dovrebbero soffermarsi sui piani regolatori di completamento, che principalmente devono contenere due obiettivi.
Innanzitutto, prevedere la demolizione-ricostruzione di queste aree, con annessi servizi e spazi per la vita della comunità, e, in secondo luogo occuparsi dei centri storici, molti dei quali versano in grave situazione di disagio. In assenza di risorse, l'unico modo consiste nel prevedere delle premialità; quindi, per certi versi, questa legge s'impegna suggerendo un indirizzo che mi sento di condividere.
Al di là della nostra posizione, che ovviamente esprime criticità, a causa del gioco delle parti e di opinioni politiche e culturali assolutamente differenti, credo occorra esaminare anche la nostra collaborazione e il nostro tentativo di migliorare il provvedimento presentato dalla Giunta.
Per quanto mi riguarda - l'Assessore lo sa, così come lo sanno anche alcuni colleghi - sto cercando di fare inserire in questo provvedimento anche una norma relativa alla copertura di edifici produttivi e artigianali.
Avevo presentato un progetto di legge, che sono ben disponibile a ritirare, se in qualche modo riusciamo a collegarci a questa materia - mi rivolgo soprattutto ai colleghi che per vocazione, storia ed esperienza sono più impegnati nel settore dell'ambiente - che è stato rilevato positivamente anche nelle varie audizioni. Permettetemi di dire che, in qualche modo, è migliore della proposta originaria della Giunta, che addirittura consentiva il mascheramento di capannoni, tanto per intenderci con un premio in cubatura del 20% in più.
Se riusciamo a addivenire ad una mediazione su questo provvedimento avremmo fatto un passo in avanti insieme, anche per ciò che riguarda la tutela dell'ambiente. Mi rendo conto che, in riferimento all'argomento affrontato da alcuni di voi sia poco, però, come è stato scritto in alcune memorie pervenute dalle varie associazioni, è un primo significativo passo da parte della Regione Piemonte, che non si limita a prescrivere l'impegno per costruzioni compatibili con l'ambiente, ma offre anche qualche soldino magari usufruendo dei vivai della stessa Regione, per cercare di coprire in alcune aree - mi riferisco alle zone collinari, presenti in tutta la regione - quanto in questi anni è stato costruito male, seppure in stato di necessità.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO



PRESIDENTE

Grazie, collega Guida.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Manolino; ne ha facoltà.



MANOLINO Giuliano

Grazie, Presidente.
In ordine a questa proposta di legge, è necessario da parte del nostro Gruppo intervenire in termini di chiarezza in relazione ad alcune questioni di cui si è detto.
Mi spiego meglio: c'è stato un grande sforzo da parte della Commissione, dell'Assessore e davvero di tutti i Gruppi per essere costruttivi e propositivi relativamente ad una legge che ritengo necessaria, per non dire indispensabile, tenuto conto del momento contingente, dal punto di vista economico oltre che legislativo.
Si è provveduto a recepire le norme, gli indirizzi e la ratio della legge nazionale secondo una modalità molto propositiva e in molti casi scevra da una forma di ideologia, che, però, in parte, rimane nel testo.
Quando sento parlare di numeri, di compromissione di territorio, di numeri di occupazione, di metri quadrati, di aree, di strade o di edifici, dico onestamente che sono numeri del tutto gratuiti. Chiunque di noi, da un lato o dall'altro, a seconda del proprio punto di vista o dell'impostazione della discussione, può snocciolare numeri, che non servono in una legge siffatta, perché questa procedura dovrebbe utilmente essere volta ad uno snellimento e miglioramento, senza arrecare danni o esporre a rischi.
Questo è il concetto basilare di una legge.
Anch'io, come diceva il collega Turigliatto, non voglio entrare nel merito se 200 metri siano tanti o pochi; tutto è relativo, perché a seconda del tipo di investimento credo possano considerarsi pochi o tanti per le necessità di ciascuno, però quando si fa una casa occorre terminarla quindi bisogna mettere anche il tetto. Qui, in alcuni casi, noto l'assenza della cosiddetta ciliegina sulla torta, perché, se di snellimento dobbiamo parlare, constato ancora la presenza di un reflusso di burocratizzazione di complicazione, di teorico pensiero che ritiene tutto pericoloso e nocivo, rispetto al quale ci si vuole tutelare. Allora, per esempio cominciamo a dire che sono i Comuni che devono avviare i programmi e gestire questa partita, senza però dimenticarsi - qualcuno deve farlo, non lo assumo come mea culpa, ma quale osservazione - che non siamo tutti uguali, i Comuni non hanno tutti le stesse caratteristiche.
Traducendo meglio, come ho detto, in occasione di una riunione dell'ANCI, oltre dieci anni fa, al Ministro dei Lavori Pubblici: la legge non è uguale per tutti e non può essere uguale per tutti. Occorre prendere atto che una grande struttura, una grand'organizzazione piramidale, dotata di tecnici ed uffici, quale quella di una città, può consentirsi azioni legate alla programmazione, ai piani e allo sviluppo controllato, se vogliamo anche limitato.
Le strutture della maggior parte dei Comuni del nostro Piemonte non sono in grado di svolgere queste attività, pertanto ritengo non abbiano n la capacità, né i tempi, né la volontà di attuare quanto può loro competere. Invece, possono assumere la facoltà di controllo determinazione, verifica, adempimento legislativo, normativo, territoriale o, ancora, ambientale.
Allora, intanto, questa legge andrebbe diversificata, specie in riferimento ad un articolo, rispetto al quale ho presentato anche un emendamento. Quindi, una grande città, quale può essere Torino, ma altresì quelle che constano di 40/50 mila abitanti, hanno facoltà, strutture e potenzialità per realizzare anche programmi di recupero o di attuazione.
Invece, la maggioranza dei Comuni, oltre a non avere possibilità economiche e risorse umane che consentano la redazione di questi piani, non ha neanche i tempi.
Pertanto, se vogliamo avvalerci della ratio della legge, qual è lo snellimento, chiedo di compiere un ulteriore sforzo per consentire, specie in tutti i piccoli Comuni, quelli sotto i 15/20 mila abitanti, di intervenire direttamente come privati nell'attuazione di questa legge lasciando al Comune, alla Commissione urbanistica e alle Commissioni regolamentari il compito di verificare l'aderenza di un progetto alla rispondenza delle leggi e ai requisiti di legge.
Se questo non lo facciamo, approveremo un documento che è sicuramente buono, che è sicuramente un'innovazione, che può costituire davvero un incentivo (seppur parziale) all'economia e al lavoro, ma che è sicuramente lento, farraginoso e controproducente dal punto di vista dell'applicabilità.
Se poi teniamo ancora conto - lo dico in particolare all'Assessore, che conosce bene queste tempistiche perché ci ha lavorato - della validità temporale di questa legge, parliamo di tempi limitati. Se permettiamo che nei Comuni parta questa legge e, per motivi personali, ma possono essere anche politici e in ogni modo di carattere consiliare delle Amministrazioni comunali, si trovino complicazioni, controindicazioni, osservazioni e quindi rallentamenti, considerata già la temporaneità di questa legge, a me pare che in molti casi si possa incorrere nella sua inattuabilità.
In sostanza, la mia preoccupazione è di fare una cosa che poi, anzich avere un'utilità 100, ha un'utilità 40 o 50. Questo, badate bene, vale per tutto quello che è un ragionamento urbanistico, che poi svilupperemo anche nella legge di pianificazione territoriale che discuteremo. Ebbene, se davvero si vuole dire "noi vogliamo snellire", poi bisogna farlo, non bisogna soltanto dirlo e poi cercare di trovare dei parametri o mettere dei bastoni in mezzo alle ruote - anche involontari, lo dico chiaro - per non consentire nei Comuni la realizzazione delle opere che qui sono previste.
Quindi chiederei - naturalmente l'ho chiesto con degli emendamenti e quindi ne discuteremo più avanti - a tutti di fare un piccolo esame di coscienza per verificare se non siamo capaci, dopo aver fatto 30 con un buon lavoro e una gran sensibilizzazione dimostrata, di fare 31 e quindi migliorare ancora quel poco, pochissimo che c'è da perfezionare per snellire veramente e consentire veramente, secondo le disponibilità delle varie ampiezze territoriali, quindi delle grandezze dei Comuni, di intervenire o con una programmazione a monte o lasciandoli liberi di programmare e di fare, anzi incentivando, come dice chiaramente e ripetutamente la legge, e non frenando.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Dutto; ne ha facoltà.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente. Prima di entrare nella discussione di questo disegno di legge, vorrei tracciare un po' un panorama del motivo per cui siamo arrivati a questo dibattito. Il panorama è molto semplice: vi è una crisi globale che ha colpito pesantemente il nostro Paese e ha coinvolto anche il settore dell'edilizia.
In questi anni, il settore dell'edilizia aveva avuto un boom a livello di costruzioni e a livello di vendite. In un'epoca in cui le cose andavano bene, molte famiglie s'indebitavano, ricorrevano a mutui pur di riuscire ad acquistare un alloggio. I tassi d'interesse erano bassissimi, per cui favorivano questi investimenti. Questo è avvenuto perlomeno nell'ultimo decennio, finché è arrivata questa crisi; crisi soprattutto di natura finanziaria, che ha avuto come prima conseguenza l'aumento dei tassi d'interesse.
L'aumento dei tassi d'interesse è stato un disastro per molte famiglie.
I tassi dei mutui hanno avuto un forte aumento; per tante famiglie è diventato molto difficile riuscire a pagare la rata di mutuo e addirittura parecchie famiglie hanno dovuto arrendersi e quindi mettere in vendita l'alloggio che avevano faticosamente acquistato.
Con questo panorama, cos'è successo? Che ora difficilmente altre famiglie (giovani che magari si sposano) fanno il passo di acquistare un nuovo alloggio: i mutui costano di più, le banche sono molto restie a concedere nuovi mutui, non tutti dispongono di somme consistenti.
Consideriamo anche il fatto che in quest'ultimo decennio il prezzo degli alloggi è salito in modo sostanzioso, per cui diventa ora molto difficile per queste nuove famiglie riuscire ad acquistare un alloggio.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti e le statistiche sono chiare: il numero di acquisti di immobili sta precipitando; il numero di nuovi atti notarili di acquisto è in netta riduzione. Quindi il settore dell'edilizia è in crisi; una crisi grave, che rischia di mandare in cassa integrazione molti lavoratori o addirittura di far chiudere definitivamente molte imprese.
Il Governo ha tentato di porre rimedio a questo stato di fatto inventandosi quello che, magari impropriamente, ha chiamato piano casa e che comunque conteneva un concetto molto chiaro e, a mio avviso, giusto: il fatto che, se il mercato era quello che ho appena detto, esisteva perlomeno un altro possibile mercato, un potenziale mercato che poteva invece dare lavoro e darne molto, ovvero il mercato delle ristrutturazioni e soprattutto il mercato degli ampliamenti.
Se noi pensiamo a tutti i possessi di ville, casette, villette unifamiliari o comunque unità immobiliari varie e sparse, ci accorgiamo che molti di questi vivono ormai in spazi ridotti, sia perché magari la famiglia è aumentata sia soprattutto perché sono aumentati i nostri livelli di vita, le nostre aspettative, le nostre pretese: abbiamo bisogno di più spazio, di più camere, di più locali dove allargarci. Ecco, questo è tutto un settore che molto probabilmente ha le disponibilità finanziarie per realizzare le opere, ma che non poteva realizzarle sulla base degli attuali piani regolatori e delle attuali regole urbanistiche che bloccavano questo tipo di ampliamenti o di ristrutturazioni, cioè, di fatto, chi aveva una casa poteva tenerla così com'era, ma non poteva ulteriormente allargarsi.
Questo è il motivo per cui è nato il primo decreto legge del Governo poi sappiamo che questo decreto legge è stato ritirato ed è stato trasformato in "patto con le Regioni". Su questo passaggio c'è tutta la mia condivisione, perché l'urbanistica è una materia delegata alle Regioni e quindi tocca giustamente alle Regioni decidere, non direttamente al Governo; inoltre, ogni Regione è diversa dall'altra e possono esserci casi molto diversi fra una Regione e l'altra, per cui a mio avviso, applicando questi concetti alle varie leggi regionali, è giusto che fosse la Regione e non il Governo centrale ad occuparsi della materia. Tra l'altro, sono convinto che le Regioni potranno anche farlo meglio, nel senso di dare più possibilità, che è quello che stiamo facendo.
Quindi, si tratta sicuramente di un provvedimento anticrisi e, voglio ancora sottolineare, un provvedimento che consente ai possessori di ville e di case unifamiliari di ampliarsi. Non è un provvedimento che potrà dare il via ad una cementificazione selvaggia come qualche collega dell'estrema sinistra ha paventato, perché - motivo molto semplice - la maggior parte degli ampliamenti verrà fatta in sopraelevazione. Direi che nel 90% dei casi si recupereranno i soffitti e si farà il piano in più. Ben difficilmente ci saranno casi di qualche villa che ha lo spazio attorno quindi non si cementificherà un'area verde, se proprio vogliamo usare questa espressione. Per cui questo pericolo, a mio avviso, è assolutamente inesistente.
Mentre torno a sottolineare l'aspetto economico, perché diamo la possibilità a chi probabilmente ha la disponibilità finanziaria e la liquidità di fare questo tipo di investimento, quindi di spendere questi soldi che altrimenti resterebbero magari depositati su un conto corrente bancario, e di salvare tante imprese e tanti artigiani che oggi non hanno lavoro.
Quindi, è un provvedimento estremamente importante e che, a mio avviso sarà estremamente efficace nel settore edilizio, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese e soprattutto per quanto riguarda gli artigiani. Ci sarà molto lavoro che oggi non poteva esserci, perché i vincoli non lo permettevano.
Non entro al momento nel contenuto specifico degli articoli, ma annuncio quale sarà la nostra posizione. Partendo dai concetti che ho appena detto, la nostra posizione sarà per allargare al massimo il campo di applicazione di questo provvedimento.
I nostri interventi saranno per semplificare al massimo le procedure e per permettere quindi la realizzazione di un numero massimo di questo tipo di interventi. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bossuto; ne ha facoltà.



BOSSUTO Iuri

Grazie, Presidente.
Il mio intervento è aggiuntivo all'intervento assolutamente equilibrato, che condivido in toto, del collega Deambrogio, che ha già espresso bene i punti di vista del nostro Gruppo e le nostre perplessità che accompagnano il varo di questa legge.
Devo dire che bastava abbondantemente il suo intervento, però purtroppo dico purtroppo per i tempi dell'Assemblea - altri interventi hanno stimolato qualche riflessione aggiuntiva e mi pareva giusto aggiungere ancora qualcosa, integrare con perplessità, luci ed ombre. Ma specialmente l'ultimo intervento e tra l'altro il definirci sinistra estrema è sempre una cosa che da una parte mi fa sorridere e da una parte rammaricare, nel senso che io amo definirci sinistra cosciente, perché può esistere anche una sinistra incosciente e può esistere una sinistra disattenta oppure una sinistra istituzionale, una extraparlamentare, quello che volete.
Quello che noi tentiamo è di essere una sinistra cosciente, una sinistra che, in qualche modo, tenta di valutare le situazioni sociali economiche e finanziarie di questo Paese e dire non solo dei no, ma avanzare anche delle proposte. Peccato che spesso le nostre proposte vengano dimenticate dagli organi di stampa e talvolta anche dai nostri colleghi e diventino spesso proposte vane.
Quindi, i nostri dubbi e i nostri forse sono legati ad una coscienza che, a sua volta, guarda al territorio, all'economia, al lavoro, alla finanza, ai problemi sociali e soprattutto umani che ogni giorno i nostri cittadini affrontano sulle loro spalle e a loro spese.
Crediamo quindi che il provvedimento che l'Assessore faticosamente ed in modo anche operoso ha portato oggi in Aula - e dico faticosamente perché, come hanno riconosciuto tutti, è stato il frutto di una serie di confronti, di modifiche e di aggiustamenti - sia un lavoro che vada apprezzato per questo motivo. Va apprezzato, perché tenta di frenare i danni, a nostro dire, di un provvedimento annunciato ma mai praticato fino in fondo dal Governo, il quale spesso e volentieri ama fare operazioni d'immagine, giuste dal suo punto di vista, come ad esempio il G8 di oggi che si tiene a L'Aquila e come alcuni provvedimenti annunciati, che alcune volte si ritorcono contro, ma è raro in questo paese. E per debellare la crisi - questo recita il provvedimento - si pensa di derogare a tutto quindi per debellare la crisi si deroga ad ogni legge, si deroga ad ogni norma, si deroga ad ogni norma anche di vivere collettivo, perché le tutele sono quasi sempre tutele che garantiscono la collettività; dovrebbero non garantire il singolo, ma garantirlo nel contesto sociale e collettivo in cui vive.
Quindi, invece di affrontare la crisi sotto altri punti di vista magari più produttivi e più utili come l'aiuto all'Università, alla ricerca, all'istruzione, ambiti tagliati ampiamente e buttati via (solo ieri si annunciavano 900 bidelli licenziati in questa regione, il che dà l'idea di come si aiuta), invece di fare opere di questo tipo oppure di aiutare i lavoratori con ammortizzatori in deroga, o aiutare i piccoli imprenditori che spesso la pagano più di tutti sia per quanto riguarda i ritardi nei pagamenti ma anche per quanto riguarda condizioni impossibili in cui lavorano (ad esempio gli artigiani, che sono assolutamente disoccupati); invece di fare azioni di questo tipo si pensa bene di arrivare ad azioni di deroga e ad azioni di ampliamento delle costruzioni naturalmente che guardano ai privilegi. Infatti, non tutti gli italiani hanno ville bifamiliari (io sono tra coloro che non ce l'hanno); non tutti gli italiani possono anelare a sperare di fare una dependance per i propri figli o nipoti e non tutti gli italiani possono sperare di poter ampliare la loro villa in Sardegna.
Ricordo il coraggio della Giunta sarda, che purtroppo è caduta e ha perso anche le elezioni, che proprio su questi temi ha avuto difficoltà sulla conservazione di un territorio che ogni giorno perde un pezzo, sulla conservazione di un territorio che in Italia è quanto mai depauperato abbruttito e purtroppo violentato per gli effetti di questo termine. Non lo dico solo io, perché basta guardare le statistiche, basta andare nelle regioni più turistiche, basta andare in Sardegna e vedere com'era la Sardegna al Sud e com'era al Nord e come sta diventando il Sud, dove ormai per vedere una spiaggia bisogna superare barriere di cemento, pagare o aderire a qualche club, altrimenti non si ha neanche il diritto di passare.



(Commenti del Consigliere Vignale)



BOSSUTO Iuri

Collega Vignale, al Nord è così, poi lei avrà modo di ribadire. Al Sud non era così, ma lo sta diventando. Ho fatto un esempio di classe, ma possiamo parlare anche della Liguria, che è più vicina e più alla portata dei portafogli di tutti.
Noi crediamo che questa scelta sia una scelta sicuramente politica ideologica, annunciata per superare la crisi, ma sia una scelta comoda finta e che dia dei benefici è ancora tutto da calcolare e da valutare perché tanti sono i modi per dare lavoro agli artigiani.
Io, ad esempio, non contesto le demolizioni; se abbiamo dei quartieri brutti, se abbiamo delle aree degradate, se abbiamo degli edifici che qualcuno ha permesso tempo fa di edificare, che sono fatiscenti, brutti malandati ed orribili, ben vengano le demolizioni. È lavoro anche quello demolire e ricostruire è costoso ed oneroso, ma è lavoro. Ed è lavoro anche di una certa difficoltà, con tecniche di una certa sensibilità, di una buona professionalità.
Quindi, sulle demolizioni nulla da eccepire se fatte con un criterio perché poi alla fine siamo sempre di fronte a criteri, alla necessità di adottare dei criteri.
Diverso è demolire per demolire o per fare pure speculazioni. Quello è già contemplato da leggi vigenti e da norme urbanistiche e derogare lo trovo sinceramente banale. Ricordo che parliamo di deroghe, quindi andiamo a prendere norme vigenti che già permettono ampiamente fino al 20% e che permettono di non ingessare - che è la grande paura di molti - il sistema urbanistico edilizio, però non bastano. Quindi, si fanno deroghe e si va verso una sorta di far west annunciato che questo provvedimento in qualche modo contiene.
Attenzione, perché ci sono già gli strumenti per poterlo fare, quindi non è in deroga, perché la deroga deve andare pari pari con delle premialità, perché danno anche delle garanzie e dei benefici. Perché la deroga ad una legge deve portare dei benefici non al singolo, ma ad una collettività, altrimenti siamo di fronte ad un sistema che ricorda - io lo dico ogni volta e lo ribadisco ogni giorno di più - il sistema feudale monarchico, che prevede la concessione per simpatia o il benessere soltanto di alcuni e non della collettività intera.
Quindi, per quanto riguarda l'articolo 14, quando si parla, ad esempio di piani di miglioramento urbanistici, di riqualificazioni urbanistiche significa che la scommessa può essere parzialmente vinta, perch ogniqualvolta una città affronta il tema delicato della riqualificazione urbanistica, trova difficoltà economiche e normative, trova difficoltà a svincolare alcuni componenti e magari anche a convincere i privati a non guardare solo al business, al profitto, ma anche al beneficio collettivo.
Quindi, essendo una legge che vuole intervenire in quel settore dovrebbe anche occuparsi di sociale, perché riguarda anche il miglioramento del tessuto urbanistico collettivo, altrimenti siamo di fronte soltanto ad una legge che qualcuno definirebbe "pro palazzinari", ossia un'operazione che a noi interessa fino ad un certo punto, perché andrebbe a beneficio di pochi e non della collettività.
Sia chiaro - questo lo ribadisco ancora - non siamo dei trogloditi armati di clava che sono contrari ad ogni innovazione! Naturalmente, siamo a favore del lavoro, anche di una certa imprenditoria, ma soprattutto siamo a favore che anche la collettività tragga dei benefici e non soltanto alcuni, altrimenti non soltanto si farebbe un gioco non pulito ma (scusate il termine), anche un gioco che potrebbe diventare piuttosto "sporco".
Infine, semplificare va bene, quando la burocrazia vive di norme che alimentano se stessa, perché vuol dire che si crea una selva di norme che non fa altro che legittimare l'esistenza in vita di timbri, timbretti controtimbri, facendo diventare matti tutti. Tuttavia, ricordiamo sempre che semplificare non vuol dire togliere le garanzie. Perché se la semplificazione significa "liberi tutti" nel senso che ognuno fa quello che vuole e che il sogno di coloro che si appellano alla libertà, molto individuale ed egoistica, che è quello di fare quello che si vuole, allora non semplifichiamo, ma promettiamo ai più forti di fare quello che vogliono a danno dei più deboli! Allora, ben venga quando semplificazione è garanzia, come è l'eliminazione della burocrazia fine a se stessa, mal venga la semplificazione, quando è privilegio del forte al danno dei deboli, come purtroppo spesso avviene in nome della semplificazione.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Non è con provvedimenti come questo che possiamo immaginare di costruire regole per il governo del territorio, di cui la nostra regione ha bisogno.
Ricordo che è dal 1977 che la Regione Piemonte non affronta il tema di una nuova legge del governo del territorio. La nostra legge urbanistica attuale, in quegli anni molto moderna e molto anticipatrice di una cultura del governo del territorio più positiva, non è stata in grado (a causa dell'inadeguatezza delle Amministrazioni regionali che si sono succedute) di affrontare un completo disegno di riforma di una legislazione regionale che guarda alle regole corrette per la gestione del territorio.
Lo dico perché, anche se all'interno del disegno di legge ci sono delle parti che sembrerebbero anticipare alcuni temi che devono essere affrontarti compiutamente all'interno della legge del governo del territorio, noi non possiamo immaginare che con provvedimenti episodici affrontiamo un tema così importante e così complesso.
Vi sarebbe anche la necessità che, per un senso di responsabilità collettivo all'interno di quest'Aula, alla ripresa dei lavori, dopo la pausa estiva, si affrontasse e si considerasse prioritaria la discussione sul disegno di della Giunta Regionale licenziato dalla II Commissione avente come oggetto la nuova legge regionale per il governo del territorio.
Ma questo provvedimento, che è così carico di attese, di aspettative e anche di timore, di preoccupazione a seconda di come lo si vuole prendere ha alcune possibilità di poter funzionare. Lo dico con molta trasparenza: ho condiviso la presa di posizione molto forte che l'Amministrazione regionale aveva assunto nei confronti del Governo che pensava di imporre attraverso una legge nazionale, ambiti e possibilità di intervento su materie che, invece, erano delegate alla legislazione regionale.
Ho condiviso il senso dell'intesa che è stata faticosamente costruita tra il Governo nazionale e le Regioni all'interno della Conferenza Stato Regioni, perché non solo all'interno delle intese è stata restituita sul piano formale la competenza legislativa regionale, ma è stata data anche ampia autonomia alle Regioni di poter affrontare questo tema secondo la lettura che facevano della propria realtà economica, territoriale e sociale. Il disegno di legge che è stato licenziato dalla II Commissione dopo un intenso lavoro, rispetto al quale va dato atto che ciascuno ha cercato di muoversi non in termini di irrigidimento sulle proprie posizioni, ma nella ricerca, soprattutto all'interno della maggioranza, di punti di convergenza importanti, che tenessero conto dei diversi valori in campo. Dal mio punto di vista, il disegno di legge va esaminato e va colto per il punto di equilibrio che rappresenta rispetto a tante esigenze.
Vorrei rappresentare il quadro dentro il quale vorrei collocare questo disegno di legge. In questo momento viviamo una condizione particolare: in una crisi economica rilevante c'è una quota di risparmio consistente che non viene messo in circolo all'interno della vita economica del nostro Paese, perché in questo momento nessuno si fida di grandi operazioni perché in questo momento i tradizionali sbocchi del risparmio familiare sono insicuri, poco produttivi, poco remunerativi.
La discussione sul mercato immobiliare nel corso degli anni è sempre stata fortemente legata anche rispetto alle potenzialità che il mercato immobiliare poteva rappresentare rispetto ad altre forme di investimento del risparmio familiare.
Oggi, gli investimenti in titoli di stato non rendono nulla, gli investimenti all'interno dei mercati borsistici non sono nelle condizioni di poter assicurare nessuno e c'è una quota consistente, lo ripeto, di risparmio familiare che, per assurdo in un momento di grave crisi economica, è inutilizzato.
Allora, in questo contesto è corretto immaginare che vi è una grande aspettativa nei confronti di provvedimenti come quello che stiamo discutendo quest'oggi all'interno dell'Aula. Una aspettativa limitata. Io non credo che questo disegno di legge potrà manifestare tutte le sue potenzialità su operazioni impegnative nel ridisegno urbano. Non sono questi i tempi e, probabilmente, questi tempi noi dovremmo favorirli anticiparli e costruirli dotandoci - lo ripeto - di una nuova legge di governo del territorio, né oggi possiamo immaginare che l'economia possa muoversi con le grandi opere, che hanno necessità di lunghi tempi di approvazione che riguardano alcuni limitati soggetti e operatori economici.
Tuttavia, tutto ciò che attiene agli interventi sugli immobili (unifamiliari e bifamiliari) può rappresentare in questo momento un elemento che muove la vita economica della nostra regione, proprio nella direzione che prospettava il Consigliere Turigliatto nel suo intervento.
Certamente una realtà come quella dell'edilizia, che è rappresentata all'interno della nostra regione da quel tessuto di piccole imprese artigiane e industriali, descritto appunto dal Consigliere Turigliatto nel suo intervento, può trovare motore e vita economica soprattutto attraverso gli interventi che riguardano gli ampliamenti in deroga sugli immobili unifamiliari e bifamiliari.
Credo che questa sarà la potenzialità più forte che questa legge sarà in grado di poter esprimere e mettere in moto.
Certamente, non si risolvono i temi della grave crisi economica unicamente con provvedimenti di questo tipo, ma una recente indagine del Censis sostiene che c'è un'intesa rispetto alla quale vi è una potenzialità: circa il 30% dei potenziali fruitori di questa legge e di questa normativa in deroga sono nelle condizioni o hanno l'intenzione di mettere in moto investimenti che riguardano il patrimonio immobiliare.
E nell'affrontare questo tema, nel cogliere questa come una potenzialità di ripresa o di sostegno, più che di ripresa alla vita economica della nostra regione, noi abbiamo badato, nella discussione, a mettere in moto tutte le ampie potenzialità, a partire da un obiettivo pubblico che in questa legge è fortemente evidenziato ed è fortemente ribadito, che è quello del miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio abitativo.
Il patrimonio edilizio abitativo è fortemente energivoro, il patrimonio edilizio abitativo oggi, in gran parte, è stato costruito in epoca nel quale questo tema non si poneva. Questa esigenza non era nelle priorità delle agende. Oggi, il patrimonio edilizio abitativo può diventare un elemento di quella che, pomposamente, in moltissimi casi, rappresentiamo come green economy, e che può dare il suo contributo rispetto a logiche e a modelli di sostenibilità diverse rispetto al passato.
Coniugando questi interventi sugli immobili uni e bifamiliari con questi obiettivi - rendere meno energivoro il patrimonio abitativo residenziale e renderlo più adeguato alle esigenze di sostenibilità e di compatibilità ambientali presenti anche all'interno della nostra regione mettiamo in moto un processo che riguarda non solo l'edilizia, l'economia dell'edilizia nell'impresa edilizia, ma molte altre parti e componenti dell'economia che riguardano il sistema della produzione di impianti, che riguardano le attività degli impiantistici termici ed elettrici. Una realtà che, in queste condizioni economiche, ha bisogno, sostanzialmente, di operare e affrontare le difficoltà di questi tempi.
Ci sono altre parti che sono importanti e le voglio evidenziare e ricordare più come messaggi rispetto al futuro, come impegni rispetto ad operazioni di ridisegno urbano, come impegni che vanno a chiedere ai Comuni una riflessione rispetto alla consistenza del proprio patrimonio abitativo costruito soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale in momenti di boom economico. Quel patrimonio edilizio abitativo che non ha nessun valore all'interno del nostro disegno urbano e che può diventare, invece, un elemento per una nuova qualità urbana e per un nuovo ridisegno delle nostre città. Queste parti, che hanno bisogno di essere trattate con molta cautela, che hanno bisogno di essere affrontate, avendo compiutamente definito l'Amministrazione regionale il campo dei provvedimenti in materia del governo del territorio, le voglio considerare come annunci anticipatori, non come un modo attraverso il quale si vuole esaurire questo tema e questo elemento.
Ultima considerazione. È stato faticoso il punto di equilibrio raggiunto all'interno della Commissione sul testo del disegno di legge.
Farei molta attenzione - lo dico anche rispetto agli interventi che ho ascoltato nella maggioranza ma anche nella minoranza - a non pensare che su questo punto di equilibrio, abbiamo grandissimi margini di elasticità altrimenti renderemo più tortuosa la discussione e l'iter del provvedimento all'interno dell'Aula e renderemo più difficile l'approvazione della legge da parte del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Mi ricordo quando, come diceva il Consigliere Guida, Berlusconi aveva lanciato questa idea. Mi ricordo che sui giornali c'era stata qualche levata di scudi sul fatto che questa idea di Berlusconi non andasse bene in numerose trasmissioni televisive era stata criticata, ma già allora c'era chi era favorevole. Poi, come succede tante volte in Italia, un'idea prima criticata poi viene sposata, anche in maniera abbastanza unanime, da più persone.
Purtroppo, o inevitabilmente, quando la valanga inizia a rotolare è difficile fermarla, allora non ci resta che provare a proporre dei ragionamenti.
Si è parlato di questa legge, si è parlato degli indirizzi che pu tracciare, ma io vorrei ragionare su alcuni di questi indirizzi che la legge tratta. Si è detto che questa legge potrebbe contribuire a rilanciare un'economia. Si è detto quello, ma il Consigliere Turigliatto ci ha dato un quadro dell'economia interessata da questa legge. Un quadro abbastanza problematico.
A questo credo che noi dovremmo aggiungere un altro concetto - almeno noi come forze di centrosinistra - ed è quello del problema delle ricadute sociali, delle scelte legislative che facciamo. Anche su questo punto dobbiamo fare qualche riflessione. Non sempre le nostre scelte legislative portano ad una ricaduta sociale utile per tutta la società, come ha detto giustamente il Consigliere Bossuto prima di me. Così anche dovremmo pensare, sempre relativamente alla legge e a dove va ad incidere, qual è l'impegno sociale delle categorie interessate da questa legge. Di nuovo credo che dovremmo avere la forza di mettere in evidenza alcuni punti negativi.
Sempre il Consigliere Turigliatto aveva posto l'accento sulla semplificazione della legge, così come altri Consiglieri. Io dico che dobbiamo fare attenzione, perché semplificazione fa anche rima con cementificazione o con antropizzazione. Mi sembrano due belle rime. Chissà perché, mi viene in mente una citazione non nobile di una canzone di Lucio Dalla degli anni '70 che cantava "il paesaggio in Italia, sventrata dalle ruspe che l'hanno divorata". Non credo che quelle parole siano obsolete non credo che quelle parole non possano suonare un campanello d'allarme mentre ragioniamo su questa legge.
Tra le varie preoccupazioni e indicazioni, è stato detto che questa legge può servire ai Comuni per fare cassa, oppure che non deve servire ai Comuni per fare cassa. Credo che sarà difficile che non sia così, credo che non sarà difficile che i Comuni non continuino in quel percorso che stanno seguendo, ossia di "svendere" il territorio per avere più risorse da utilizzare, magari per impegni sociali. Diminuendo i conferimenti ai Comuni, i Comuni, a loro volta, cercano di ottenere delle risorse anche attraverso questi sistemi. Né possiamo dimenticare che le elezioni nei Comuni italiani sono colonizzate da categorie legate al mondo dell'imprenditoria edilizia: architetti, ingegneri e geometri.
Oggettivamente fanno il loro lavoro, ma credo che dobbiamo renderci conto che ci sono anche altre categorie che sono titolate a fare il loro lavoro quindi richiamare il principio della tutela dell'ambiente piuttosto che quello della cementificazione.
Si dice che questa legge potrebbe aiutarci ad uscire dalla crisi, per dobbiamo anche chiederci chi avrà le risorse - questa è una domanda che ci dobbiamo porre - per costruire. Non vorrei farei il pauperista, ma credo che una delle domande che ci possiamo porre, nel momento in cui il problema più grosso è di coloro che perdono il lavoro e di coloro che il lavoro non ce l'hanno ancora, è se sia immediatamente facile trovare tante persone che hanno le risorse per fare quello che la legge permette di fare, cioè costruire o anche demolire per ricostruire.
Ho sentito parlare anche di green economy e ritengo che anche su questo aspetto sia necessaria qualche riflessione: un conto è costruire o fare delle scelte legate ai sistemi produttivi meno inquinanti; altro discorso è pensare che, semplicemente in questo modo, si riesca a cambiare o ad intervenire sul sistema economico attuale, quello che ha portato e determinato l'odierna crisi. Credo che non sia un'ipotesi realistica.
Oggettivamente, le vie di uscita dalla crisi, quelle che tutti i giorni vediamo sulla nostra strada, sono le stesse che hanno condizionato la crisi stessa, ovvero una forte preponderanza del mondo finanziario che, a sua volta, preme sul sistema imprenditoriale, che reagisce cercando, come ha sempre fatto, di diminuire la forza lavoro, di pagarla meno e di aumentare lo sfruttamento delle persone e dell'ambiente.
Direi, quindi, che è quasi inevitabile che nelle scelte produttive si consideri anche l'opzione di inquinare meno e di produrre qualche risparmio in termini di risorse ambientali. Ma credere che tutto questo generi davvero un cambiamento nel sistema, è tutto da dimostrare.
In una pagina del quotidiano la Repubblica di oggi - peraltro, sarei veramente curioso di sapere cosa ne pensano tanti colleghi, oltre che le persone al di fuori di questo ambiente - si evince che nella cosiddetta "mappa della felicità", una sorta di classifica dei Paesi dove le persone sono più felici, fra i primi dieci posti troviamo alcuni di quelli che sono definiti "Paesi poveri del mondo". Al settimo posto, ad esempio, troviamo la tanto vituperata Cuba; al primo posto Costa Rica (lo dico per non dimostrare troppe simpatie verso Castro!); al quinto posto troviamo il Vietnam. La nostra bellissima Italia è al 69° posto, mentre il Paese più ricco del mondo è al 114° posto. In pratica, secondo questa indagine, i cittadini di questi primi dieci Paesi si reputano molto felici. Fa pensare il fatto che i cittadini di ben 113 Paesi si reputino più felici di quelli degli Stati Uniti, la nazione più ricca del mondo.
Questi discorsi saranno facilmente contestati o ignorati, non lo metto in dubbio!



PRESIDENTE

Collega Moriconi, noi a che punto siamo della classifica?



MORICONI Enrico

Siamo al 69° posto.



MORICONI Enrico

BURZI Angelo (fuori microfono)



MORICONI Enrico

Poteva andar peggio!



MORICONI Enrico

Vedo che questa statistica ha sollecitato un po' di interesse! Probabilmente sarà ignorata o ridimensionata, ma questa classifica dovrebbe far riflettere sul fatto che la felicità non si limita solamente a costruire o ad ampliare una casa.
In senso generale, viste le mie considerazioni, tornerei al concetto iniziale: considero questa legge una "valanga" che è partita e che non si riesce a fermare.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Giovine; ne ha facoltà.



GIOVINE Michele

Grazie, Presidente.
Il cosiddetto piano casa, rubricato come disegno di legge n. 625, con un iter molto rapido è ormai giunto, probabilmente, alle sue battute finali.
La prima considerazione che mi viene in mente su questo provvedimento è che nasce, a livello nazionale, nell'ambito di una maggioranza di centrodestra, ma viene recepito, finora, stando alle notizie al momento in mio possesso, solamente da Regioni governate dal centrosinistra.
Direi che è piuttosto curiosa questa sintomaticità, non perché molte delle Regioni di centrodestra andranno, in qualche modo, ad utilizzare questa possibilità che il Governo nazionale ha riconosciuto dal 1° aprile corrente anno, ma perché, evidentemente, non c'è quella carica ideologica che magari qualcuno anche in quest'Aula oggi ha voluto dare al provvedimento che stiamo esaminando e che voteremo, probabilmente, nella giornata odierna. Perché, altrimenti, non sarebbe così; non sarebbe che un Governo di centrodestra lo approva, lo mette a disposizione delle Regioni nel rispetto di un accordo Stato-Regioni, e di fatto, finora, solamente le Regioni di centrosinistra lo hanno applicato.
Con questo provvedimento si dà la possibilità ad una pluralità di soggetti, per lo più cittadini semplici, ma non solo, di adottare delle procedure di snellimento per ampliare tutta una serie di edifici. Ci sono dei vincoli che le Regioni potevano imporre: in questo caso, la Regione Piemonte ha voluto inserirli in maniera intelligente, credo, rendendo inapplicabile tale disposizione, ad esempio, all'interno dei parchi nazionali e delle aree protette.
Questo aspetto è ben evidenziato nell'articolo 5, dove si precisa appunto, che vi sono dei vincoli di tutela e di sicurezza che rendono non applicabile la disposizione del procedimento in oggetto.
Come sostiene il collega Turigliatto, spesso la semplificazione è un "regalo" maggiore della cubatura stessa che provvedimenti analoghi potrebbero portare. Questo aspetto, quindi, dovrebbe indurci a riflettere sulla semplificazione legislativa, ma non solo su questioni legate all'edilizia e, di rimbalzo, all'economia del Paese; dovrebbe farci ragionare sul fatto che la burocrazia va a scapito di tutta una serie di categorie e di fasce più deboli, che meno hanno la possibilità di interagire con uffici, istituzioni e soggetti che possono spiegare loro le norme, spesso un po' farraginose e complesse, che escono dalle Aule o da altri istituti che burocratizzano ulteriormente la macchina pubblica.
Penso, ad esempio, a tutte le norme che devono affrontare i pensionati: spesso, per fare una qualunque pratica, non possono fare altro che affidarsi ai patronati! Ben vengano questi ultimi, perché comunque assolvono una funzione pubblica sociale; ma se per tutta una serie di norme si cercasse uno snellimento in quella direzione, non dico che riusciremmo a fare a meno dei patronati, ma almeno potremmo affidar loro altri incarichi e rendere la vita più semplice a molti cittadini piemontesi e italiani.
Mi spiace che nella maggior parte degli interventi che mi hanno preceduto si sia voluto considerare questo provvedimento semplicemente dal punto di vista del rilancio economico e della ruota economica del Paese.
Credo che non sarà proprio così, perché, alla fine, queste norme saranno applicate da chi può investire soldi in questi ampliamenti. Chi non ne ha invece, non ne investirà e, evidentemente, non farà ripartire alcuna ruota.
Però, vi è il vantaggio indubbio per chi potrà utilizzarlo e i numeri su quello che può produrre dal lato pratico questo tipo di provvedimento si possono benissimo evincere da tutte le statistiche e da tutti gli studi (ad esempio il Censis). Quello che è un po' preoccupante è vedere come spesso e volentieri (questo capita soprattutto in Italia), quando ci sono situazioni di crisi economica e di rallentamento dell'economia, si pensa soprattutto a rilanciarla con il mattone.
Su questo, alcuni colleghi che hanno più sensibilità ambientalista hanno evidentemente evidenziato la questione, perché l'investimento che si deve fare e il tipo di consumazione del patrimonio e del terreno che è a disposizione, evidentemente, avrà un limite nel tempo, perché mi sembra normale che la terra non sia infinita e abbia un limite geografico. Certo siamo ben lontani dal "cubatizzare" tutta la nostra Nazione, però bisogna anche stare attenti ad evitare che ci sia un eccessivo uso di questo lancio economico.
Credo che debbano essere concesse le licenze più velocemente e debba essere permesso alle persone di avere a disposizione un casa che sia utile confortevole per le proprie utilità e per le proprie esigenze, ma utilizzare queste operazioni come escamotage semplicemente per far partire la macchina economica non è che sia un ricorso a politiche keynesiane molto diverse da quel che è, di fatto, un astensionismo indotto, perché, alla fine, tutte queste case allargate, costruite ecc. non fanno altro che drogare un sistema economico che non regge nei fatti e prima o poi si ritorna a capo.
Qualcuno ha detto che le grandi opere non sono in grado di far partire in tempi rapidi l'economia. Credo che in tempi rapidi può anche darsi che sia vero, ma quello che possono innescare le grandi opere, nonostante il tempo che si impiega a progettare e ad avviarle, è il successivo impiego che queste hanno se sono evidentemente fatte con cum grano salis, con buon senso, ad utilità di tutta la comunità. Se è così, sicuramente danno maggiori vantaggi di provvedimenti di questo tipo.
Si parla di governo del territorio. Una volta nei secoli passati quando tutte queste norme sul territorio non c'erano, le città venivano costruite in modo più ordinato, più omogeneo di come vengono costruite oggi. Evidentemente forse c'era buon senso o forse c'era un diverso impiego del terreno, del territorio, di come venivano intese le case, di come venivano costruite perché servivano, perché dovevano essere abitate, non perché dovevano servire per scambi economici e quindi andavano rivendute per creare plusvalore e plusvalenze da investire in altri settori.
Certamente, se in un momento di tendenziale crisi economica le ricette altrove diventano un po' scarsine, è evidente che si ritorna su un provvedimento di questo tipo.
Personalmente, credo che, tutto sommato, sia sufficiente un palliativo per risolvere (anche solo per alleviarla) la crisi economica. Può darsi che un minimo di effetto sollievo ce l'abbia. Ma non lo credo perché, come giustamente qualcuno ha detto precedendomi, investirà chi potrà investire e chi potrà investire la crisi economica non lo ha nemmeno toccato. Pu darsi che si possa rilanciare in parte l'edilizia, ma bisogna vedere a che livello e per quale tipo di aziende. Questo lo vedremo. Si spera che ci sia una diversificazione del rilancio economico dell'impresa. Mi auguro che la maggior parte delle imprese che verranno rilanciate saranno imprese medio piccole, e allora sì che ci sarà un effetto benefico sul tessuto sociale.
Bisognerebbe che, al di là di tutto, qualunque siano le motivazioni per cui sono partite queste norme, la loro giustificazione, in questo caso andasse a beneficio totale dei cittadini. Se poi questi cittadini siano poveri o ricchi, sinceramente non credo che riuscirebbe a fare un torto n in un senso né nell'altro. Se possono agevolarsi di queste norme, ben vengano. Non è che dobbiamo stare a giudicarli in modo negativo semplicemente perché possono permettersi l'applicazione di queste norme che il Consiglio regionale del Piemonte prossimamente andrà a adottare. Non credo che debba essere questa la valutazione che debba essere data, perch sembra quasi un concetto da odio di classe che, ormai, credo sia stato superato da tutta una serie di eventi nella storia.
vero però che, parimenti, si possono e si devono studiare dei meccanismi che vadano anche a dare gli stessi benefici di tipo abitativo anche a chi non ha i soldi per potersi permettere l'applicazione di queste norme.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Credo che il provvedimento in discussione, pur con tutte le valutazioni che faremo durante la discussione generale e poi nel merito di presentazione di alcuni pochi emendamenti qualificanti, sia, comunque un'inversione di tendenza rispetto alla legislazione di questo Consiglio regionale in merito all'edilizia. Questo è certamente dovuto al piano casa o, comunque, alla norma approvata dal Governo nazionale, e poi al rapporto avvenuto nella Conferenza Stato-Regioni, che consente una parte delle modifiche normative introdotte nel decreto di legge in discussione.
Questo è un dato, tant'è che abbiamo ascoltato alcuni emendamenti di colleghi di maggioranza non soltanto della sinistra, ma anche di altri Gruppi (centrosinistra e sinistri moderati) che hanno espresso alcune valutazioni. Ora, se dovessimo pensare alle dichiarazioni che hanno fatto dovremmo essere certi che spenderanno un voto negativo. Poi credo che questo non avverrà, perché questa è un'altra delle modalità con cui si interviene durante l'attività normativa, quindi durante l'attività legislativa, in questo Consiglio: grandi strali prima e approvazione dei provvedimenti dopo.
Certamente se non vi fosse stato il piano casa o, comunque l'intervento per rilanciare il comparto dell'edilizia e garantire i bisogni abitativi di molti cittadini piemontesi, non saremmo arrivati a questo.
sufficiente pensare a quelli che sono stati gli interventi che questa Giunta e questo Consiglio regionale ha fatto: la legge 13 del 2007 sulle certificazione energetica e tutto quanto ne è disceso. Tant'è che è stato posticipato il termine del 1° luglio in cui doveva entrare in vigore la legge, credo per una serie di motivi, soprattutto elettorali.
Spiegare ai cittadini piemontesi che da sette giorni a questa parte avrebbero dovuto spendere dei soldi per certificare la loro proprietà, cosa che dovranno fare, senza che la Regione intervenga senza una lira significa aumentare il costo delle abitazioni, tanto in locazioni quanto in acquisto o in vendita, per grazia o per disgrazia di una legge regionale.
Quindi il motivo della proroga è certamente dettato da un aspetto elettorale.
Domani o nei giorni a venire vedremo anche il regolamento attuativo che è un altro aspetto importante. Certamente la legislazione di questa Regione, nel corso di questi quattro anni, ha penalizzato l'edilizia o ha consentito che una parte - lo dico al collega Turigliatto - dell'attività edilizia venga svolta in modo certamente non trasparente per le normative regionali. Se lei esamina i provvedimenti della Giunta in merito alla ristrutturazione di alcuni edifici costruiti fra gli anni '50 e '70 che non hanno coibentazione, comprende perfettamente che quegli edifici non vengono ristrutturati oppure, qualora si riesca, non vengono certo ristrutturati seguendo le modalità prescritte dalle legge regionale o la normativa sulle ristrutturazioni.
Il dato positivo è l'inversione di tendenza, ricordando anche che l'ottica della sussidiarietà deve valere per tutti, non può valere per il Governo nei confronti della Regione e non per la Regione nei confronti di Province e Comuni, come diceva il collega Auddino.
Ricordo che la normativa, anche se certamente è un aspetto sul quale abbiamo molte perplessità, all'articolo 6 prevede che siano i Comuni ad individuare le limitazioni da estendere al territorio, oltre a quelle non comprese a livello governativo, in cui non avrà effetto l'aumento della cubatura. Quindi, ai sensi normativi, per paradosso - ma neanche tanto può verificarsi che un Comune deliberando decida di esentare i due terzi o la totalità del proprio territorio da aumenti di cubatura.
Se rivolgendo lo sguardo alla nostra regione intravedessimo per esempio due volti dell'area metropolitana, per cui nei luoghi governati dal centrosinistra o dalla sinistra ci fosse stata grande attenzione al territorio e poca attitudine alla cementificazione, mentre in quelli governati dal centrodestra la situazione risultasse rovesciata, darei ragione ai colleghi. Il collega Auddino abita a Nichelino, che è governata ininterrottamente da almeno quarant'anni dal centrosinistra e credo di poter asserire che non sia una delle città che vincerà il premio di Lega Ambiente per l'attenzione all'utilizzo del paesaggio e neanche nelle ultime Giunte...



(Commenti del Consigliere Burzi)



VIGNALE Gian Luca

Lo scorso anno ha vinto Grugliasco, quest'anno si sta candidando Nichelino, ma non sono certo che arriverà prima.
Possiamo anche pensare a Comuni minori, tra cui quelli della Val di Susa, perché, a volte, ci stracciamo le vesti per interventi che, dal punto di vista della cementificazione, possono avere alcune aree di pregio.
Percorrendo la Statale 24 è possibile rendersi conto che amministratori di sinistra hanno fatto sì che si realizzassero decine di capannoni industriali senza che deturpassero in alcun modo il pregio della bassa valle.
evidente che ci troviamo di fronte ad una ipocrisia rispetto a chi in questa sede può permettersi di dire quello che vuole, esprimendo un voto sostanzialmente favorevole al provvedimento, per poi rispondere secondo altri criteri a livello di governo locale, per aspetti che non mi interessano, in molti casi legati alla necessità dei Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione e andare incontro alle richieste dei cittadini rispetto alla costruzione di nuove abitazioni.
Rispetto ai tanti dati occorre ricordarne altri: le famiglie mononucleari sono raddoppiate nell'arco di vent'anni. Mentre nelle vecchie campagne elettorali di vent'anni fa a Torino si calcolava un milione di abitanti per 100 mila buche, oggi, secondo i dati disponibili, una famiglia è composta da 1,4 residenti. Quindi, è evidente che nella nostra città rimane persistente il numero di alloggi sfitti (circa il 20%), ma aumentano i nuclei familiari, i quali necessitano di nuove abitazioni. Sempre su questo, possiamo usare il termine della demagogia all'esterno, ma in quest'Aula un po' meno.
Ricordo ai colleghi del centrosinistra e anche al collega Auddino, che certamente ha letto la relazione, che, nella provincia di Torino, con il piano casa non si è costruito un solo alloggio di edilizia sovvenzionata ed intanto, solo nel comune di Torino, abbiamo 15.000 mila domande, 8.000 delle quali a reddito zero.
Quindi, il nostro piano casa non ha risposto in alcun modo alle esigenze abitative, se non in riferimento ad un settore, che ha voluto fortemente gli interventi previsti da tale piano, che sono stati spostati dall'edilizia sovvenzionata - leggi "case popolari" - all'edilizia convenzionata - leggi "cooperative abitative". Queste cooperative hanno beneficiato in larga parte - possiamo fare alcuni nomi, la Cooperativa Di Vittorio, solo lo scorso anno, per 10 milioni di euro o la San Pancrazio per cinque - di un consistente numero di contributi previsti all'interno del piano casa, senza costruire case popolari, anche perché il Comune di Torino da sette anni non ha un piano di edilizia popolare.
Sarebbe bene, nel momento in cui si rendono alcune dichiarazioni comunicarle anche ai propri colleghi in Comune. Pertanto, invitateli a redigere un piano di edilizia popolare perché questa città ne ha grande necessità. Spiegate a chi gestisce l'Istituto Autonomo Case Popolari, unico nella nostra Regione a vendere alloggi per ripianare il deficit dell'Istituto, che noi abbiamo provato due volte, non certo per i voti del centrodestra, né quelli di AN, a vendere quegli appartamenti e che rispetto ad anni passati, noi oggi abbiamo un patrimonio abitativo minore di case convenzionate, perché abbiamo dovuto ripianare un grande deficit non certo prodotto dalle Giunte di centrodestra.



(Scampanellìo del Presidente)



VIGNALE Gian Luca

In conclusione, i quattro o cinque emendamenti che presenteremo saranno indirizzati all'utilizzo di fabbricati già esistenti, assegnando grandi premialità a chi utilizza i fabbricati già esistenti, affinché si garantiscano due necessità: andare incontro alle esigenze di nuove unità abitative e non certo verso una sconsiderata cementificazione del nostro territorio. Occorre ricordare - se leggiamo anche la norma che noi abbiamo scritto - che stiamo parlando di case uni o bifamiliari; i palazzinari hanno altri interessi e non certo quelli che riguardano il provvedimento del Governo o quelli della Giunta regionale o del Gruppo di Forza Italia che discutiamo oggi.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Vignale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Botta; ne ha facoltà.
Nel frattempo, ricordo che seguiranno gli interventi del Consigliere Burzi, del Consigliere Cirio e dell'Assessore, pertanto mi rimetto anche alla vostra disponibilità per comprendere se terminare questa mattina il dibattito generale o se sospendere i lavori alle ore 13 per poi riprendere nella seduta pomeridiana. Io proporrei di terminare questa mattina il dibattito generale.



(Commenti del Consigliere Burzi)



PRESIDENTE

Il Consigliere Burzi rinuncia.
Poiché interverranno il Consigliere Botta e il Consigliere Cirio, oltre ad un sintetico intervento dell'Assessore Conti, potremmo terminare questa mattina, se non ci sono modifiche.
La parola al Consigliere Segretario Botta, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



BOTTA Marco

Grazie, Presidente. Sicuramente non porterò via parecchio tempo, anche perché molte cose sono state già dette.
Ricordiamo che l'origine del dibattito di oggi e di questo provvedimento nasce evidentemente da un'idea del Governo legata al rilancio dell'economia, in particolare di quella parte di economia che si richiama all'edilizia, un settore che sta vivendo un momento di crisi rilevante.
Essendo un elemento di economia trainante rispetto a tutta un'altra serie di settori, l'idea di partire appunto dall'edilizia è parsa a molti un'idea interessante.
Già qualche collega ricordava che le reazioni rispetto a quest'iniziativa governativa sono state varie, anche politicamente molto orientate, con una grande attenzione da parte dei settori politici vicini al Governo, delle associazioni di categoria e sostanzialmente di tutti i settori economici. Inizialmente le reazioni dei partiti di centrosinistra sono state problematiche, per non dire assolutamente contrarie successivamente, vi è stato un ridimensionamento di queste reazioni, quando si è visto che nel Paese il dibattito su quest'idea del Governo che veniva rilanciata alle Regioni era invece molto positivo e portava elementi di originalità e di positività proprio su questa iniziativa governativa.
Questi sono elementi, a mio avviso, che vanno tenuti in conto, anche perché segnalano sostanzialmente una presenza non dico di due schieramenti contrapposti anche all'interno delle Regioni, ma sicuramente di due modi di intendere le opportunità che il provvedimento governativo di partenza e poi i provvedimenti attuati a livello regionale potevano dare al rilancio dell'economia e che si sostanziano nel diverso approccio che le varie leggi regionali stanno tenendo rispetto a questo dibattito.
Di conseguenza, vediamo dei provvedimenti, ad esempio da parte di Regioni come la Lombardia e il Veneto, che sono molto ampi, molto liberali e che colgono appieno il significato dell'idea governativa originaria mentre altre Regioni tentano, come sta facendo il Piemonte, non di eliminare totalmente l'idea governativa, ma di limitarne in maniera molto forte la possibilità di sviluppo.
Se è vero - come è vero, io ritengo - questo assunto da cui parto per il mio ragionamento, noi ci troviamo di fronte a due problemi sostanziali.
Il primo è un problema di mentalità, di cultura politica e amministrativa.
Noi, com'è stato ricordato, siamo la Regione che, dal 1977, si confronta con una legge, la legge Astengo, che sicuramente ha avuto grandi meriti calata nella realtà di 32 anni fa. È una legge che, con grande difficoltà stiamo cercando di superare, e sicuramente questo obiettivo è uno dei punti cui tutte le Giunte fanno riferimento. Lo dico avendo fatto parte della Commissione urbanistica cinque fa, quando siamo arrivati quasi sul punto di giungere a una definizione. Questa volta, dopo quattro anni (un altro periodo di tempo enorme), potremmo essere a un punto di svolta, ma ci arriviamo a fine legislatura - non è una critica, ma la constatazione di un dato reale - pur essendo tutti concordi nel pensare a un superamento della legge Astengo.
Ripeto, la legge Astengo, per le sue caratteristiche, è una legge che ha avuto dei meriti in un certo suo dipanarsi per dare una regolazione a una materia che in quegli anni poteva creare maggiori problemi di quelli che ha creato, ma che oggi è assolutamente insufficiente. Ed è una legge che ha creato una mentalità - l'ha creata, a mio avviso, in tanti dirigenti e funzionari regionali - di tipo vincolistico, che molto spesso influenza anche l'attività dei politici che si avvicinano alla questione urbanistica.
Questo tipo di mentalità, che ha un po' uniformato gli uffici regionali, ma a cascata anche gli uffici provinciali che si occupano di urbanistica e gli uffici comunali, evidentemente non poteva che partorire un provvedimento come quello che stiamo discutendo oggi, relativo allo snellimento della procedura urbanistica, che in realtà è molto più limitato di quanto, a mio avviso, ci si potesse aspettare.
Il secondo elemento su cui, secondo me, va fatta una considerazione sta negli interventi che abbiamo sentito anche stamattina. Gran parte dei colleghi, in particolare del centrosinistra, hanno parlato di una legge di mediazione, di una legge in cui si è cercato di trovare un equilibrio tra esigenze tutte interne alla maggioranza molto diverse. Del resto, gli interventi che si sono susseguiti hanno dimostrato in Aula quello che era già sortito in Commissione: una maggioranza molto divisa, fortemente divisa, tenuta insieme dal collante dell'impossibilità di votarsi contro ma che ha i toni intelligenti, costruttivi, di ricerca di un equilibrio (ad esempio, del collega Reschigna) e i toni invece massimalisti e duri di quello che dice "devo farlo per fedeltà alla bandiera" (del collega Moriconi, e non solo).
Questo è tutto un equilibrio ricercato all'interno della maggioranza ma è un equilibrio che riteniamo non certo debba essere rotto per una questione politica, ma che debba anche tenere conto delle istanze e delle esigenze di una minoranza che su questo provvedimento e sul provvedimento prodotto dalla parte del provvedimento che si richiama a Forza Italia ci trova sostanzialmente d'accordo. Ecco, questo equilibrio dovrà essere messo alla prova anche in occasione del dibattito sugli articoli che andremo a svolgere nel pomeriggio. Perché la nostra intenzione è sicuramente di collaborare per cercare di fare una legge migliore, non dico non curandoci dell'equilibrio che la maggioranza, con difficoltà, ha trovato al suo interno, ma sicuramente curandoci perlomeno allo stesso modo anche delle segnalazioni che ci arrivano dalla società civile.
Colleghi ed amici, voglio dire che noi non possiamo ignorare che tutte le associazioni di categoria coinvolte hanno espresso delle pesanti critiche a questo provvedimento, che è anche la ragione per cui è nato il provvedimento; provvedimento che poi è stato bocciato in Commissione, ma che comunque rappresentava un'alternativa. Ecco, quando 14 (circa) associazioni di categoria ci dicono che ci sono dei punti che vanno migliorati, ci sono delle lacune che vanno colmate, è necessario arrivare ad un provvedimento meno restrittivo, meno spuntato sia relativamente alla quantità delle superfici in essere sia ai tempi di vigenza dello stesso.
Ritengo che l'Aula, nella sua assoluta indipendenza, possa e debba porsi questi problemi. Quindi, andando a conclusione, ci apprestiamo all'esame del provvedimento sapendo che è necessario che venga approvato rapidamente, perché comprendiamo come sia utile dare uno stimolo forte al rilancio di un settore economico determinante per lo sviluppo del sistema Italia. Riteniamo che questo stimolo possa essere fortificato dall'esame in Aula; riteniamo che non debbano prevalere gli equilibri politici rispetto alle necessità di avere dei provvedimenti attuativi importanti e significativo, così come vengono richiesti poi dagli organismi di rappresentanza delle categorie economiche.
Per questo motivo, anche oggi pomeriggio cercheremo di fare un'azione critica, ma migliorativa di uno strumento legislativo che riteniamo importante.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cirio; ne ha facoltà.



CIRIO Alberto

Grazie, Presidente.
Anche per venire incontro al suo invito al rispetto dei tempi, non voglio ripetere le considerazioni che validissimi colleghi del centrodestra hanno già fatto e che naturalmente condivido.
M'interessava soltanto segnalare e rimarcare la necessità di un atteggiamento che è stato ben evidenziato dal collega Botta, che dovrebbe vederci tutti partecipi nell'approvazione e nell'elaborazione del testo che definitivamente verrà approvato da quest'Aula nelle prossime ore e nei prossimi giorni, e che vada un po' al di là di quelli che sono i meri schieramenti di appartenenza.
Mi spiego meglio. Credo che ci sia molta attesa su questo strumento c'è molta attesa da parte di tutti i cittadini piemontesi, da parte di quelli che votano centrodestra come di quelli che votano centrosinistra. Le esigenze abitative sono esigenze naturalmente molto trasversali. E soprattutto questo è uno strumento che, semplificando, chiamiamo piano casa della Regione Piemonte, e che nasce evidentemente dall'impulso dato da un Governo con una chiara collocazione politica, una chiara connotazione politica, che ha voluto e che ha visto nella possibilità di una ripresa del settore edilizio uno strumento di intervento sul PIL nazionale.
Sappiamo che il settore delle costruzioni vale mediamente l'11% del PIL nazionale; sappiamo che in Piemonte questo 11% diventa 9,3%, quindi quasi il 10% del PIL regionale deriva dal settore delle costruzioni con, nel 2008, oltre 140 mila occupati in questo settore.
Le analisi di mercato fatte tecnicamente sotto il profilo del ritorno del meccanismo di volano rivelano che un euro investito nel settore delle costruzioni fa sì che ci sia un ritorno maggiore rispetto ad altri settori e che necessariamente, in una regione che, non dimentichiamocelo, continua a crescere meno della media nazionale - perché a volte ci dimentichiamo che la nostra regione ha un PIL che, nel calo complessivo dell'Italia, è ancora fra i peggiori - pesa molto. Quindi, se pensiamo che il Piemonte cresce meno di quanto è la media nazionale, noi dovremmo utilizzare uno strumento che arriva dal Governo italiano incrementandolo, incentivandolo e non riducendolo. Non uso il termine "mortificandolo", perché non credo che nella proposta della Giunta ci sia una mortificazione dello strumento proposto dall'avvocato Ghedini, che è colui che tecnicamente ha redatto per conto del Governo gli aspetti tecnici di questo piano.
Così come ritengo che non ci sia una mortificazione, però ritengo che ci sia una sorta di diminutio e ritengo illogica questa volontà, ma proprio per i ragionamenti socio-economici fatti.
Se è vero che il Piemonte cresce meno, uno strumento che lo Stato ci mette a disposizione dovremmo usarlo di più. Invece, purtroppo, in un Piemonte che cresce meno, noi usiamo uno strumento che ci viene dato dallo Stato meno di quanto potremmo.
Evidentemente, su questo meno si innestano tante considerazioni di carattere politico e ideologico, ma credo che noi dovremmo riuscire all'interno di questo dibattito, a mettere da parte gli interessi di parte se davvero anteponessimo gli interessi generali del Piemonte a quelli delle nostre legittime appartenenze politiche, perché diversamente facendo ci troveremmo non soltanto a sottoutilizzare uno strumento, e ce ne sono pochi che possono rinvigorire la nostra economia e il nostro PIL, ma creeremmo anche una situazione di disparità e di disuguaglianza tra le diverse Regioni italiane.
Sappiamo che ci sono Regioni italiane che hanno adottato ed utilizzato al massimo questo tipo di strumento. Sappiamo che ce ne sono altre che, se potessero, non lo utilizzerebbero neppure, ma dobbiamo tutti insieme cercare di collocarci in una posizione di aurea mediocritas per non perdere quelli che sono gli effetti benefici questo strumento.
Gli effetti benefici di questo strumento ci saranno se noi supereremo e saremo in grado di superare, così come il lavoro in Commissione ha già in parte fatto, le divisioni, perché non vedo negativamente la norma proposta dalla Giunta. Non la vedo negativamente, perché vedo in questa proposta alcuni aspetti in ogni modo sicuramente positivi.
Ravviso però una volontà di fare un qualcosa, ma non tutto, cioè la giudico come una proposta frenata, che ha uno slancio di direzione corretto, ma che si ferma prima di raggiungere l'obiettivo che si pone.
E se noi riusciremo, come in Commissione è già stato in parte fatto anche a recepire trasversalmente quelli che sono gli emendamenti che verranno presentati o perlomeno a ragionarli e a discuterli senza il pregiudizio dell'appartenenza politica, probabilmente riusciremo ancora a far percorrere qualche metro in più a questa proposta, che non sarà mai il raggiungimento dell'obiettivo, ma che potrà collocarsi in un risultato soddisfacente per gli utenti e per i nostri cittadini.
La prima delle criticità che dovremmo superare, Assessore, è quella di questa difficoltà che non è stata ancora superata, nel momento in cui noi diciamo che permettiamo un ampliamento parziale, ma chiediamo sotto il profilo energetico dei risultati globali, e dobbiamo stare attenti a far sì che questa concessione vincolata ad un'obbligazione abbia una situazione di equilibrio. Mi spiego meglio. Se noi permettiamo ad una famiglia di fare una stanza in più e quindi le diamo un beneficio, ma dall'altra parte la obblighiamo a cambiare i serramenti di tutta l'abitazione, bisogna vedere se il costo di questo intervento cui obblighiamo la famiglia continua ad essere equilibrato rispetto al beneficio che le diamo. Se questo equilibrio venisse meno, avremmo una norma finalizzata - come voi ribadite nella vostra relazione - alle famiglie, ma che, di fatto, sarebbe non applicabile.
un aspetto di fondo, non è né un emendamento specifico né un articolo tecnico della proposta, ma è semplicemente un punto di equilibrio che dovremmo riuscire a garantire. Per garantirlo necessariamente ci vuole una maggiore elasticità complessiva, ma credo che ci vogliano anche delle regole chiare e certe per quanto riguarda la misurazione delle questioni energetiche, e alludo al meccanismo Itaca da una parte, mentre dall'altra parte le organizzazioni e le sigle delle associazioni imprenditoriali del Piemonte ci dicono che su questa materia probabilmente ci possono essere anche altri strumenti e meccanismi.
Credo che questo sia però un punto che va definito; io non conosco quale sia la soluzione. Dico soltanto che è importante, perché da quel concetto di come calcoliamo la questione energetica, cioè il miglioramento almeno del 40% delle prestazioni energetiche di un edificio, è vincolata la possibilità di ottenere il beneficio. Pertanto, ritengo che sia oggi fondamentale sapere che usiamo le stesse regole ed informare i cittadini di quelli che sono oggettivamente i meccanismi di calcolo con assoluta certezza.
Noi cercheremo con una serie di emendamenti di muoverci all'interno di questa situazione di equilibrio, per far sì che venga mantenuta la convenienza alle famiglie a scegliere questo tipo di investimento, perch diversamente si incepperebbe il meccanismo, come cercheremo anche di intervenire in alcuni casi per ampliare quello che è l'ambito di applicazione della presente legge.
Sappiamo che attualmente non sono previsti gli edifici con finalità ricettive, perché oggi ci limitiamo a quelli residenziali. Probabilmente non dobbiamo dimenticare - mi fa piacere che c'è l'Assessore Manica in Aula il turismo, che rischia di avere una flessione e l'ha avuta anche nel nostro Piemonte. Il turismo è un'opportunità che potrebbe permettere a questo settore di incentivare l'offerta sul mercato, perché ampliare una stanza per un albergo significa dare un servizio in più all'utente e non soltanto avere una camera in più per l'albergo. Quindi, noi anche su questo chiediamo un ampliamento a quelle che sono le previsioni attuali.
Insieme a questo, c'è una considerazione generale sui tempi, in generale un po' sui tempi necessari perché i cittadini piemontesi recepiscano le potenzialità di questa norma. Noi crediamo che i tempi di applicazione di questa norma andrebbero estesi, perché, come dimostrerà poi l'analisi tecnica, di cui dicevamo in precedenza, delle questioni energetiche, rischiano di essere più lunghi di quanto attualmente è previsto e quindi di vanificare buona parte della portata della norma stessa.
Un'ultima considerazione. Mi auguro che si siano fatti tutti i passaggi necessari con Enti locali e con le Amministrazioni comunali, perché la semplificazione o la parziale semplificazione che la norma si propone funziona se poi i Comuni hanno gli strumenti e le possibilità di controllare, perché se gli strumenti non ce li hanno e non hanno le risorse, si rischia di creare un clima di incertezza che non giova sicuramente, ma che non giova neanche ai privati, che non sanno se agiscono in modo giusto o sbagliato.
Quindi il mio auspicio è che questa serie di richieste venga perlomeno discussa e approfondita per approvare una legge davvero nell'interesse dei piemontesi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lepri.



LEPRI Stefano

Penso che il dibattito di questa mattina sia stato molto proficuo e certamente capace di introdurre la discussione del pomeriggio.
Mi pare di poter fare quindi un intervento di natura più politica - non che quelli che mi hanno preceduto non lo fossero - ma capace, se è possibile, anche di interpretare le attese e i sentimenti che questa maggioranza stamattina con i suoi interventi e con il lavoro che abbiamo fatto ha inteso rappresentare.
Noi siamo convinti certamente che questa legge sarà in grado di favorire un opportuno sviluppo e un rilancio dell'attività edilizia.
Proprio in queste ore c'è stato un allarme da parte dei costruttori, cui non possiamo non dare ascolto, circa il calo dell'attività che il comparto in questione sta denunciando. Questa legge certamente potrà rivitalizzare questo comparto, dare un contributo importante, ma anche favorire la filiera che sta dietro il comparto delle costruzioni.
una legge importante anche perché, a differenza di altri, lo voglio ricordare almeno una tantum, siamo di fronte ad un provvedimento che non comporterà aumenti di spesa, ma dovrebbe al contrario consentire, in modo particolare alle Amministrazioni locali, di poter ottenere anche introiti attraverso monetizzazioni.
Fin qui gli elementi su cui credo non si possa discutere, su cui più o meno tutti siamo concordi. Devo dire che da parte nostra, mia sicuramente perlomeno, ma credo da parte di tutto il mio partito, non sono giunte inascoltate - e non da oggi, devo dire - anche le sollecitazioni e le sottolineature che altri colleghi della maggioranza hanno voluto interpretare con i loro interventi.
Credo che le questioni che, in modo particolare, il collega Deambrogio ma anche il collega Moriconi hanno qui rappresentato siano assolutamente meritevoli di considerazione. In altri termini, credo che non ci sia, come ha detto il collega Botta, una distanza tra posizioni dentro la nostra maggioranza. Le questioni che hanno rappresentato i colleghi che prima ho citato sono questioni sicuramente che devono entrare nell'agenda, se ancora non sono entrate, della nostra amministrazione di centrosinistra.
Penso al tema riconducibile alla questione legata ai limiti dello sviluppo, in qualche modo anche inevitabilmente oggetto di regolazione da parte del decisore pubblico. Penso alla questione del mancato o parziale utilizzo delle abitazioni private non affittate che non possono essere semplicemente affidate alla libera discrezionalità dei proprietari. Penso alla trasparenza delle procedure amministrative che le Amministrazioni devono seguire, in modo particolare, su un tema delicato quale quello appunto, dell'urbanistica. Penso al tema delle attese dei senza casa. Penso al progressivo consumo di terreno agricolo. Penso alla questione cruciale che riguarda le Amministrazioni, secondo cui molte di esse oggi chiudono i bilanci grazie agli oneri di urbanizzazione, alle monetizzazioni che sono collegate alle costruzioni.
Penso al tema di questi giorni, che è stato rappresentato in silenzio e anche con un titolo direi piuttosto sorprendente. Cito un articolo di tre giorni fa, pubblicato su La Stampa di Torino, in cui si rappresentavano i dati relativi all'osservatorio immobiliare sulla Provincia, in cui venivano date delle indicazioni davvero inquietanti, cioè a Torino città, ad esempio, i valori immobiliari sono crollati del 20% tra il 2007 e il 2008.
Questo, verosimilmente, ha un significato: ci rendiamo conto che siamo in un momento di crisi, dove l'abitazione è, come si dice, "bene rifugio" e quindi c'è una domanda per l'acquisto di nuove abitazioni come appunto valvola sicura verso cui investire i risparmi, e nonostante questo siamo di fronte ad un crollo così verticale dei valori immobiliari. Vuol dire che siamo di fronte ad un'offerta di abitazioni superiore alla domanda, quindi questo argomento c'impone una riflessione inevitabile sui limiti anche rispetto al volume delle costruzioni, senza il quale inevitabilmente si dovrà prendere atto di un crollo degli stessi valori immobiliari.
In conclusione, io e anche i miei colleghi non siamo iscrivibili alla categoria degli apocalittici, per rifarci a un famoso libro di qualche decennio fa, ma almeno personalmente, e credo anche i miei colleghi, non possiamo neanche essere collocati nella categoria degli integrati. Almeno da questo punto di vista e su questo tema questa legge è importante, ma le questioni che ho ricordato non possono essere accantonate.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Lepri.
Era l'ultimo intervento di dibattito generale.
La parola all'Assessore Conti.



CONTI Sergio, Assessore alle politiche territoriali

Sarò rapidissimo, visti i tempi e visto che moltissime cose sono state sollevate già durante la mattinata: si è parlato di tutto o quasi di tutto.
Vorrei in ogni modo prendere lo spunto da una frase che è riecheggiata "limitare i danni", per andare invece a ricordare qual è lo spirito, la logica, l'identità di questo decreto legge.
Chi mi conosce sa che io amo molto le metafore. Braudel diceva che ogni fenomeno può essere analizzato come la superficie del mare, la superficie procellosa, oppure il fondo: si muove molto il fondo del mare e nelle profondità marine c'è qualcosa che scorre.
L'idea del Governo - che rimane soltanto un'idea! - è quella che ha smosso le acque in fondo. Rimane un'idea, perché credo che ogni accordo debba essere rispettato da entrambi. Le Regioni vanno verso i loro disegni di legge, verso le loro legislazioni e il Governo non si sa. Doveva, entro nove giorni, predisporre un decreto con cui avrebbe aiutato ulteriormente le Regioni nell'opera di semplificazione, ma allo stato non sappiamo che ne sarà.
Però, se ritorniamo a quello che sta al fondo, il silente, questo disegno di legge recupera dei fondamenti che sono propri di questo Governo.
La questione energetica (non sarò d'accordo, oggi pomeriggio, con quanto diceva il collega Cirio) è trasversale e fondante di tutto questo. Non serve, credo, andare a vedere in Germania - scusi, Assessore De Ruggiero perché la Germania ha previsto di realizzare tutta una serie di interventi già negli anni '90! Certo che adesso i consumi sono diversi! Negli anni '90 si era realizzata una serie di interventi volti a riqualificare il tessuto edilizio in funzione della salvaguardia e del risparmio energetico, ma la Germania ha dei livelli molto diversi da noi. Questa componente identitaria di tale decreto è ineliminabile.
Il protocollo "Itaca" di cui parleremo, spero non molto, va al di là della legge n. 13. Concediamo degli ampliamenti nel momento in cui si arriva a dei livelli del protocollo Itaca non indifferenti. Non solo un'altra questione identitaria è quella della riqualificazione. Sono anni che alcuni progetti di riqualificazione urbana vanno avanti. Noi abbiamo puntato fortemente anche su quest'aspetto.
Non casualmente queste questioni, soprattutto quelle della riqualificazione urbana e degli ampliamenti concessi alle unità produttive che si trasferiscono in aree più utili ecologicamente e attrezzate, non sono a termine. Questo per ribadire, di nuovo, nella logica delle cose, che la politica che è stata avviata difficilmente riesce a cogliere i tempi.
Non c'è temporalità da questo punto di vista. Certo, bisognerà aspettare cosa esce, se riusciamo finalmente ad approvare la deliberazione n. 488 perché non è antitetico tutto questo, ma è parziale, lo diceva il Consigliere Reschigna che ha ragione da questo punto di vista. Una serie di parzialità che cercano di cogliere quali sono gli spiriti profondi e la volontà di questo Governo.
Un'ultima considerazione: le mediazioni. Secondo me sarebbe limitativo sostenere che le mediazioni si sono realizzate all'interno di una maggioranza. Noi abbiamo mediato con una pluralità di attori. È passato un mese, anche di più, da quando abbiamo deliberato come Giunta il primo testo. Già quel testo era espressione di mediazione, abbiamo continuato a dialogare con i rappresentanti delle categorie sociali, non soltanto nel momento in cui si sono presentate in Commissione, ma abbiamo aperto un'infinità di tavoli. Se vogliamo parlare di testo, espressione di mediazioni che certamente ha coinvolto anche il centrosinistra, va bene ma attenzione, la mediazione si è svolta su una pluralità di tavoli estremamente ampia.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Conti.
Con l'intervento dell'Assessore terminano i lavori di questa mattina.
Informa i Capigruppo che la Conferenza dei Capigruppo è convocata in Sala Morando per le ore 14.30 e che il Consiglio è convocato per le ore 15.30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.24)



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