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Dettaglio seduta n.408 del 27/01/09 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COTTO



(Alle ore 14.40 la Vicepresidente Cotto comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.00)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO



(Alle ore 15.00 il Vicepresidente Placido comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.30)



(La seduta ha inizio alle ore 15.30)


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bresso, Bossuto, Cavallaro Gariglio, Spinosa e Valloggia.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale relativamente a "Crisi settore automobilistico" - Presentazione ed esame ordini del giorno n. 1157 e 1164 collegati


PRESIDENTE

Come concordato questa mattina, apriamo i lavori della seduta pomeridiana con le comunicazioni dell'Assessore Bairati in merito alla crisi del settore automobilistico.
La parola all'Assessore Bairati.



BAIRATI Andrea, Assessore all'industria

Grazie, Presidente.
La mia comunicazione, oltre che fornire qualche elemento di fatto e di riflessione sulle recenti dichiarazioni inerenti allo stato di sofferenza e di crisi del settore dell'auto in Italia - stamattina i titoli dei giornali erano molto espliciti ed eclatanti anche in termini di dimensionamento occupazionale - dovrà necessariamente far riferimento, e quindi dare una parziale risposta, ad alcune delle osservazioni che questa mattina sono state mosse da alcuni Consiglieri, che hanno, in qualche modo, un riferimento diretto e indiretto con l'argomento in discussione.
Se non erro, domani è convocato un incontro-audizione a Palazzo Chigi sulla questione auto, mentre giovedì è prevista la ripresa della discussione con le Regioni circa la modalità di finanziamento degli ammortizzatori sociali, cui credo facesse riferimento questa mattina in un suo intervento il Consigliere Vignale, che ieri ha visto un importante elemento di chiarificazione nel colloquio che le Regioni hanno avuto con il Commissario europeo relativamente alle possibilità d'utilizzo dei fondi strutturali europei per la copertura degli ammortizzatori sociali.
Per inquadrare il problema della crisi dell'auto vanno tenuti presenti alcuni elementi. Ormai tutti gli osservatori internazionali prevedono, per l'anno corrente, una caduta del PIL dell'area euro superiore al 2%. Il nostro Paese è sostanzialmente allineato a questi livelli.
Registriamo da diverse fonti (comprese alcune fonti piemontesi che sono state diffuse in questi giorni) una generale caduta della domanda. Stiamo sostanzialmente affrontando una crisi di domanda globale, non solo interna che ha dati medi oscillanti tra il 20% e il 25%.
A fronte di queste previsioni, che nel corso del 2009 probabilmente avranno andamenti non propriamente omogenei (verosimilmente, dovremo affrontare un primo semestre che avrà un impatto socialmente molto intenso e un secondo semestre che potrebbe parzialmente stemperare gli effetti più acuti della crisi), gli indicatori sull'economia piemontese e anche sull'auto, sul versante sia degli investimenti sia degli ordini e dell'occupazione, nel mese di gennaio cominciano a confermare questo stato estremamente preoccupante. Fornirò alcuni elementi d'informazione che confermano questa situazione.
Innanzitutto, il primo indicatore diretto di sofferenza è il ricorso agli ammortizzatori sociali (utilizzo l'indicatore della Provincia di Torino, che rappresenta, comunque sia, il punto più acuto in termini dimensionali, ma anche in termini qualitativi, della crisi): rispetto al mese di novembre, nel mese di dicembre è quadruplicata la richiesta di ore di cassa integrazione.
A questo, ovviamente, si sommano gli effetti trascinati dal passato ma anche quelli più recenti, acutizzati dalla crisi finanziaria e, forse anche di qualche crisi strumentale che, dato il contesto, viene "infilata" consentitemi l'espressione un po' irrituale per quest'Aula - nel pacchetto complessivo. Lo dico perché, con responsabilità di Amministratore, il primo nostro dovere è quello di tutelare il destino dei lavoratori, e non sempre si tratta di crisi dello stesso tipo (lo dico molto moderatamente).
La seconda questione che occorre affrontare riguarda la liquidità e il circolante. Citerò alcuni dati, per vostra informazione, che però vi forniranno la misura dell'intensità della questione: nel corso del 2009 andranno a scadenza, garantiti da fondi pubblici (quindi attraverso garanzie erogate dai nostri confidi), circa un miliardo e 250 milioni di euro di crediti, rispetto ai quali, ovviamente, la stretta creditizia porrà dei problemi dal punto di vista della restrizione del rating. In pratica alcune aziende (probabilmente un certo numero) non avranno più accesso a quelle linee di credito, mentre altre, visto il peggioramento del rating chiederanno di avere accesso al credito.
Questa è la ragione per cui la Giunta regionale, attraverso due passaggi, uno con un confronto con gli istituti creditizi e l'altro nel tavolo di crisi che raggruppa le forze sociali (quei famosi tavoli di cui oggi si mette in dubbio il valore, anche se, personalmente, continuo a pensare che discutere è sempre un bene), ha varato - siamo in fase di scrittura regolamentativa, quindi finale - un fondo di controgaranzia automatica, che è uno strumento estremamente veloce per garantire comunque, nel primo trimestre, quel miliardo e 200 milioni di circolante ossia liquidità per le piccole imprese piemontesi.
Tuttavia, quegli stessi istituti che vedranno in scadenza quel miliardo e 200 milioni di crediti, hanno oggi visto una moltiplicazione di circa quattro volte - lo dico in termini industriali - del magazzino delle pratiche inevase (cioè aziende che si rivolgono agli istituti di garanzia per vedere una linea di credito erogata e gli istituti di credito dicono "no", "ni" o non rispondono, quindi restano lì) e una diminuzione di circa tre volte delle pratiche effettivamente deliberate.
Non sono qui a gettare la croce su nessuno, ma siamo in presenza di una reale, oggettiva e misurabile stretta creditizia, in particolare sui piccoli.
Veniamo alla terza questione. Francamente, non riesco a comprendere bene - sicuramente per miei limiti culturali e personali - quale sia la distinzione che in questo momento viene fatta tra economia finanziaria ed economia reale (prenderò appunti quando interverrà il Consigliere Robotti che mi spiegherà la questione).
evidente che l'ondata di denaro facile dagli Stati Uniti, che è una crisi puramente finanziaria, viene scontata tutta nel tessuto reale.
dunque evidente che dobbiamo tornare ad un ciclo virtuoso di collegamento tra economia finanziaria ed economia reale, perché non si fa industria senza finanza e non si fa buona finanza senza produzione reale.
Dico questo, perché stiamo verificando uno degli effetti relativi ad alcune situazioni di investimenti da parte di imprenditori piemontesi che non dovrebbero essere oggetto di restrizione creditizia (parliamo di aziende con rating positivo). Dobbiamo segnalare il fatto che, anche in questi casi, la vischiosità dell'elargizione del denaro è diventata forte a rischio e a compromissione di alcuni investimenti, anche co-finanziati dal pubblico, che avevano potenziali di sviluppo su economie nuove, quindi su tecnologie nuove e importanti per la costruzione della nuova ricchezza regionale.
Ora, il settore auto come sta? I numeri relativi al settore auto, come avete letto questa mattina, ci devono far riflettere attentamente.
In primo luogo - lo dico perché ci sono state polemiche in questi giorni - potremmo non aiutare la FIAT. Tanto per capirci, noi stiamo parlando di un settore che, soltanto in Provincia di Torino, ha ancora operative - tra filiera di primo livello e di secondo livello - più di 1.500 imprese.
Parliamo di 70 mila lavoratori, parliamo di circa 275 mila persone addette a livello nazionale, pari a circa l'8,2% del PIL nazionale.
Parliamo di un settore che, insieme all'aerospazio e alla farmaceutica, è l'unico settore industriale a superare la soglia del 3% di investimenti in ricerca e sviluppo sul fatturato.
Parliamo di uno dei pochi settori strategici nazionali che ha ricadute molto ampie oltre i propri confini commerciali, perché ciò che viene sviluppato nell'auto, nell'aerospazio e in pochi altri settori manifatturieri ha, come si dice, un cono di ricaduta industriale molto ampio.
Questo sarebbe di per sé, secondo me, sufficiente a assicurarci che qui non si tratta di salvare un'azienda privata, per quanto importantissima nell'economia nazionale, ma si tratta di intervenire per salvare una filiera di attività che è decisiva nell'economia manifatturiera del Paese e che versa in questa situazione (sempre per utilizzare gli stessi indicatori): la cassa integrazione FIAT (media del 2008) riguarda circa 11 mila addetti (vado per cifre aggregate) e alla fine del 2008, 50 mila addetti.
Dall'inizio del 2008 alla fine dello stesso anno, la media di addetti coinvolti nei processi di ammortizzazione sociale interna al gruppo si è moltiplicata quasi per cinque volte.
Le previsioni per il 2009: la media di addetti è pari a 22 mila unità quindi il doppio del 2008, con punte di circa 60-65 mila addetti, cioè con punte superiori del 20% rispetto al dato maggiore del dicembre 2008. Si stima (secondo i dati forniti dall'Amministratore delegato) una riduzione complessiva del volume delle vendite sul gruppo FIAT, quindi non solo settore auto (compresi cioè tutti i mezzi) superiore al 20%. È quindi difficile fare la stima su questo settore, ma sicuramente l'andamento dell'auto sarà più negativo rispetto a quello medio degli altri settori.
Quindi, se fate un conto sul volume complessivo dei mezzi di trasporto, sui 600-655 mila pezzi costruiti nella nostra regione nel 2008, è facilmente calcolabile una riduzione di circa il 25%.



(Commenti del Consigliere Vignale)



PRESIDENTE

Scusate. Consigliere Vignale, adesso l'Assessore Bairati termina la comunicazione e, come sapete benissimo, sulle comunicazioni della Giunta c'è la possibilità di poter intervenire.
Grazie, Collega Vignale. Prego, Assessore Bairati.



BAIRATI Andrea, Assessore all'industria

Questi sono i primi numeri che emergono da un primo consuntivo del 2008 e dalla previsione del 2009, con la cifra un po' scioccante che abbiamo letto tutti questa mattina, ovvero la previsione dell'Amministratore delegato della FIAT, Sergio Marchionne, relativamente a circa 60 mila addetti del settore in Italia che sono a rischio, in assenza di misure correttive analoghe a quelle assunte da alcuni paesi, immediatamente nostri concorrenti sul mercato europeo (Francia e Germania, in particolare). Ieri la Cancelliera Merkel ha annunciato il piano per l'auto del valore di circa un miliardo e 600 milioni di euro; altri provvedimenti (ovviamente proporzionati all'intensità della crisi e alla caduta del mercato decisamente più rilevanti) sono stati presi dall'amministrazione Bush.
Questo è il quadro generale.
Svolgo una prima considerazione - lo dicevo nella mia premessa - a proposito dell'osservazione del Consigliere Vignale, al quale devo una risposta: come finanziare gli ammortizzatori sociali? Fornisco solo gli elementi e poi espongo una considerazione politica finale.
La stima complessiva fatta dal Ministro Tremonti in una serie di incontri che noi abbiamo avuto negli ultimi due mesi a Palazzo Chigi riguarda, per il biennio 2009/2010, un fabbisogno complessivo di circa otto miliardi di euro "spalmabili" su un biennio, e vedremo in che misura.
L'ipotesi di lavoro avanzata dal Governo e dal Ministro Tremonti - che era un'ipotesi di lavoro cui la Conferenza delle Regioni aveva dato la sua massima disponibilità di collaborazione - era quella di finanziare una parte di quel fabbisogno per cui attualmente c'è copertura per un miliardo e mezzo di euro.
La copertura necessaria ammonta a sei miliardi e mezzo di euro su un biennio, con parziali rilievi dei fondi europei; pur ipotizzando che siano divisibili in due tranche, non so dirvi se questa è una stima reale, e non lo sa nessuno. I fondi europei sono, a loro volta, "splittabili" in due grandi voci: avanzi delle amministrazioni precedenti, cioè fondi non spesi dalle regioni del Mezzogiorno (ma questo non ci riguarda molto) e fondi da prelevare invece su questa programmazione.
Avevamo affrontato questa partita con il Ministro Tremonti, in sede istruttoria, anche con la parte tecnica della Commissione, in applicazione dell'articolo n. 55 del Regolamento della Commissione, che prevede che, in casi eccezionali, i fondi europei si possono utilizzare in maniera flessibile anche per affrontare situazioni di crisi.
Questo assunto si basava su due considerazioni: a) che le Regioni non hanno speso una parte dei soldi che gli sono stati dati b) che le Regioni fossero disponibili a spendere una parte dei soldi cui hanno diritto in questa programmazione.
Questo impianto, che - ripeto - ho dibattuto in una serie di discussioni con il Governo (discutibile per ceti versi, ma necessario per altri), è sostanzialmente negato da due considerazioni: la prima è che il consuntivo di spesa che le Regioni hanno fatto sulla passata tornata, conclusasi nel 2006, sostiene che le Regioni - sono dati ufficiali del Ministero delle Finanze - hanno speso tutto quello che era in loro dotazione, quindi non ci sono avanzi di amministrazione (vi trasmetterò le tabelle, senza commenti).
In secondo luogo, ieri c'è stato un passaggio importantissimo, con il Commissario europeo, che ha di fatto negato la possibilità di utilizzo del Fondo Sociale Europeo per gli ammortizzatori sociali.
Quindi, questa possibilità non c'è più. Conseguentemente, con il Governo, giovedì ricomincerà un confronto assolutamente indispensabile, per capire come finanziare quel fabbisogno che vi ho indicato e che, a questo punto, va reperito sul bilancio dello Stato o - come diceva stamattina il Consigliere Vignale - sulle residue disponibilità di cassa dei fondi delle aree sottoutilizzate. Quindi, giovedì ricomincerà il confronto.
Domani, come diceva il Consigliere Burzi, si apre l'audizione (così ho letto dalle agenzie e dalla convocazione) sul fronte auto. Mi pare di capire (anche qui vi prego di prenderlo con beneficio di inventario) che ricominceremo il confronto quando avremo della carta - se ce l'avremo - e quando il Governo indicherà la copertura delle possibili misure di incentivo che, mi pare di capire, vadano, analogamente a quanto accade in altri paesi europei, su due versanti: sull'intensificazione degli incentivi per il sostegno alla domanda (quindi, un bonus fiscale aggiuntivo rispetto agli ottocento euro oggi già disponibili per l'acquisto di mezzi puliti) ma, soprattutto, investimenti in conto capitale per l'auto ecologica.
Detto questo, è evidente che queste misure non avranno che effetti di riduzione dell'impatto della crisi, che sarà comunque molto forte e che produrrà, almeno, due effetti. Uno, l'accelerazione dei fenomeni di aggregazione in corso e, quindi, dal nostro punto di vista, occorrerà tenere d'occhio, osservare attentamente quali sono le alleanze industriali che il Gruppo torinese costruisce - una è già stata costruita, un'altra pare essere in corso - perché alcune possono essere indolori, altre potrebbero produrre più sofferenze rispetto al tasso di occupazione degli impianti torinesi.
Avremo comunque il tempo di fare delle osservazioni più analitiche sulla questione; ad ogni modo, nel 2005, nel punto più acuto della crisi del Gruppo, il sistema pubblico ha investito una quota di risorse che era modesta rispetto all'entità complessiva della crisi del Gruppo, ma che aveva consentito, in quel momento, di aiutare nell'uscita da una fase difficilissima. Condizione in cui, oggettivamente, oggi non siamo più.
Quindi, le alleanze su base europea andranno tenute sotto osservazione molto attentamente.
In secondo luogo, dal punto di vista dell'ammortizzazione sociale, i numeri che vi ho detto sono in larga parte concentrati a Torino, sulla meccanica e su quella filiera. È dunque evidente che quel confronto con il Governo per il finanziamento degli ammortizzatori sociali è un elemento che non è soltanto di tampone sociale della crisi, ma è un elemento di tenuta complessiva di certi valori industriali che, dal mio punto di vista, è il primario obiettivo delle politiche industriali del Paese in questo anno.
Ciò ipotizzando che, se le politiche sono virtuose, usciremo un po' più magri - sicuramente! - ma, forse, un pochino più competitivi. Grazie.



PRESIDENTE

vero che la Giunta non ha limiti nel tempo di intervento. Assessore Bairati, se è disponibile, farei un'unica informativa per un unico intervento anche dei colleghi, perché altrimenti ce ne sarebbero due.
Assessore Bairati, se invece lei avesse bisogno di approfondire l'argomento, lo facciamo in un'altra situazione.
Se i colleghi sono d'accordo, visto che abbiamo tre giorni di Consiglio, domani o dopodomani può essere utile un'informativa sul TNE.
Grazie Assessore, grazie colleghi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Ho ascoltato con estrema attenzione la relazione dell'Assessore Bairati. Penso che sia utile, in questa fase, ricondurre questo tema all'interno di uno schema generale rispetto alle cose che stanno succedendo.
Abbiamo ascoltato alcune cose che l'Assessore Bairati ci ha detto rispetto ad una sua analisi del problema e anche ad alcuni passi che la Regione intende fare nelle prossime ore e nelle prossime settimane.
Naturalmente, in questo senso, possono e devono essere coinvolti molti attori e questi attori devono avere la capacità di parlare tra loro.
Intendo richiamare anche la responsabilità del Governo, del Governo nazionale. Siamo in limine rispetto ad un primo incontro che avverrà nei prossimi giorni e ce ne saranno sicuramente altri. Bisognerà che questo schema generale, con tutte le Istituzioni che provano a parlarsi, sia uno schema che, in qualche modo, avanza e che anche quest'Aula deve tentare di tenere sotto controllo.
Dirà più e meglio di me, rispetto all'attività che la Regione e questo Consiglio possono mettere in campo, in un suo intervento il Capogruppo Clement, mentre io proverò a soffermarmi su alcuni dati di contesto.
Dicevamo di un incontro che deve avvenire nelle prossime ore. Intanto non è possibile far finta di niente sul fatto che il Governo Berlusconi arrivi ultimo ad affrontare la crisi dell'automobile e che arriva buon ultimo perché, d'altra parte, in altri paesi sono stati presi provvedimenti per tempo. I tempi non sono, in questo caso, una cosa di secondaria importanza. È del tutto evidente che non si sono presi provvedimenti per un settore - lo ricordava già l'Assessore Bairati, poi qui in qualche modo ognuno può utilizzare dati anche parzialmente diversi - che muove qualcosa come 50 miliardi di euro e che fa vivere (provo a citare altri dati) qualcosa come un milione di lavoratori.
Penso che davvero non sia una questione da delegare a FIAT come azienda in quanto tale, ai suoi utili, ai suoi debiti e - speriamo di no - ai suoi licenziamenti. Finalmente arriviamo ad un primo incontro che il Governo si è degnato di concedere - lo cito solo en passant - cui i sindacati sono stati tassativamente tenuti fuori fino adesso. Mi pare una cosa non positiva se si vuole discutere di questo problema.
Penso che oggi non sia utile fare una discussione intorno alla necessità di investire denaro della nostra collettività su questo settore che anch'io considero strategico. Semmai, oggi, bisogna fare chiarezza sui destinatari di questi sostegni. Non la sola FIAT, che pure continua a fare utili grazie ai suoi operai e grazie alle sovvenzioni anche del pubblico che sono continuati in periodi di crisi, di pace, di guerra. Anche noi come Regione abbiamo fatto la nostra parte abbastanza recentemente.
Si tratta cioè di salvare non solo un bilancio, ma decine di bilanci.
Una miriade di aziende, dicevo prima, un milione di lavoratori secondo me poi possiamo anche discutere sui dati ma, insomma, di questo si tratta.
Quindi, parliamo certamente di un sostegno pubblico, ma non a perdere.
Questa è un'occasione decisiva ma non a perdere, perché tutti i Governi di diverso colore che si sono succeduti hanno elargito ad una famiglia che, a volte, si è dimostrata persino famelica e a volte rissosa, però, oggi, noi dobbiamo porci alcuni obiettivi. Dobbiamo porci l'obiettivo di salvare un patrimonio di conoscenze industriali e di saperi operai. Per fare questo oggi, serve porre due vincoli, secondo me. Se li dovrebbe porre il Governo ma, naturalmente, anche noi dobbiamo avere in testa che ci sono due vincoli: uno ambientale e l'altro sociale.
Sul primo vincolo, secondo me, molto umilmente, basterebbe seguire le orme di quanto è stato fatto negli Stati Uniti, soprattutto con il cambio di amministrazione. L'amministrazione americana, nel momento in cui si è apprestata a fare questa sorta di bocca a bocca per salvare i tre grandi produttori dell'auto, ha parlato immediatamente di riconversione industriale in grado di proporre un notevole taglio delle emissioni.
Vetture piccole, risparmiose, liberate, cioè, dall'idea dell'utilizzo del petrolio.
Qui sta, secondo me, anche un pezzo di ragione dell'accordo tra FIAT e Chrysler, visto che FIAT sa produrre auto piccole ma, ahimè, non ha saputo lavorare a fondo su tutto il tema dell'impronta ecologica, dell'impatto ecologico, quindi sui motori del futuro, sugli ibridi, sull'idrogeno. Su questo non ha saputo lavorare e forse qui sta anche uno dei punti difficili a proposito dell'accordo: che cosa succederà, in termini di ricaduta occupazionale, intorno a questo nodo? I soldi devono essere finalizzati ad un grande piano di riconversione dunque investiti nella ricerca. So che, da questo punto di vista, c'è anche una nostra sensibilità, ma mi piacerebbe che fosse anche una sensibilità riconosciuta da questo Governo nella ricerca, nell'innovazione di prodotto e non di processo. Altrimenti, se lavoriamo sempre e solo sui processi, so già chi la paga: la pagano i lavoratori.
Non è solo l'auto pulita la sfida, ma oggi, più che mai, la sfida è di ripensare ad un sistema di mobilità urbana alternativo, non più incentrato sull'auto come mezzo di locomozione privata e personale.
Il secondo vincolo - udite, udite - con un minimo di umiltà lo suggerisce il Presidente Sarkozy. In Francia, un vincolo sociale, ce lo suggerisce Sarkozy, che ha imposto alle aziende cui arriveranno le sovvenzioni pubbliche la difesa degli stabilimenti e dell'occupazione (naturalmente questo accade in Francia, purtroppo in Italia è un tab dirlo). Per avere la sicurezza che questo accada, Sarkozy sta ragionando intorno all'ingresso dello Stato nelle proprietà aziendali. In Renault questo già esiste, ma è del tutto evidente che il ragionamento è un altro c'è l'idea di provare a ragionare intorno all'intervento del pubblico e dello Stato nelle proprietà.
Sarebbe paradossale che al tavolo con il Governo, nei prossimi giorni questo tema fosse totalmente derubricato e che non si tentasse di applicare un criterio analogo. Lo dico, Assessore, perché lei citava un accordo fatto con Chrysler di cui prima abbiamo detto, con alcune difficoltà rispetto al trasferimento di tecnologia, ma qui si sta tentando, forse, di farne un altro. Le voci insistenti affermano che l'accordo si fa in Europa e si fa con Peugeot PSA. È del tutto evidente che questo secondo accordo, se si andasse a realizzare, potrebbe avere delle ricadute pesanti in termini di livelli occupazionali qui da noi, ed è per questo che, nel momento in cui emerge questa difficoltà, una forte presenza pubblica all'interno della proprietà potrebbe tentare di governare e pilotare meglio questo tipo di transizione.
Infine, credo che nei prossimi giorni vedremo quello che il Governo metterà in campo. Alcune cose ce le ha accennate l'Assessore Bairati e non sono del tutto confortanti. Speriamo che ci siano le condizioni per ripartire con un minimo di speranza e non con la certezza di una strategia sociale. Speriamo che i protagonisti diretti, cioè le forze sindacali e i lavoratori, possano avere voce in capitolo. Spero, Assessore, che la nostra presenza possa richiedere a quel tavolo anche quest'altra presenza. Ciò non toglie, come dicevo all'inizio, che questo Governo si sia dimostrato latitante per ignavia, per irresponsabilità e forse anche per un certo grado di antipatia verso una famiglia che, in qualche modo, anch'io non elogio, ma che allude ad un atteggiamento inqualificabile.
Si tratta di un asse produttivo importante per questo Paese. Latitante il Governo Berlusconi, spero non sia latitante la politica, che non sia latitante la politica piemontese, che sia attenta ad alcune proposte, non ultime quelle che ho avanzato io, e che, soprattutto, ma su questo dirà il Consigliere Clement, possa andare a rivisitare anche delle scelte che la Regione stessa ha fatto. Penso a tutto il lavoro costruito intorno a TNE che forse ha bisogno di una rivisitazione per ridefinire anche il nostro ruolo in questo contesto.
Sono sicuro che queste parole, almeno da questa parte dei banchi, non cadranno nel vuoto. Il Consigliere Clement dopo dirà di più, ma in ogni caso siamo pronti a vigilare sul tema e sulla vicenda.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Sarebbe interessante ricordare cosa scriveva il centrosinistra quando ha presentato il proprio programma di Governo che recava, anche con un titolo altisonante, "un patto per lo sviluppo" o qualcosa di simile.
Relativamente al capitolo sul caso FIAT, il programma dice: "La questione FIAT non si risolve con interventi pubblici di livello regionale che si dimostrerebbero virtuali nella forma e clamorosamente insufficienti nella sostanza". Sappiamo che il programma è utilizzato, o alcune indicazioni date nel programma vengono utilizzate secondo i momenti. Valeva nel momento in cui il Consiglio ha approvato il programma presentato da Mercedes Bresso, valeva certamente molto meno nel momento in cui è stata approvata la legge che acquisiva i terreni FIAT e sulla quale, soprattutto gran pare del centrosinistra, poi ha rivendicato il rilancio di FIAT. Non che questo dipendesse da una gestione e da un management un po' più oculato rispetto a quello precedente, ma che fosse, in qualche modo, dettato dall'intervento regionale. Non vale di nuovo adesso, perché si richiede un intervento governativo che è sacrosanto.
Vedremo quali saranno le modalità con cui andrà attuato, ma credo che un intervento sia sacrosanto per un motivo legato all'aspetto della concorrenza. Senza guardare alla temporalità, perché sia Francia che Germania, e gli stessi Stati Uniti d'America, nell'ultima settimana, hanno approntato, o devono approntare, dei provvedimenti relativi al sostegno dell'automotive. Se nella prossima settimana si andrà a definire una modalità di sostegno, siamo assolutamente nei tempi con cui gli altri Stati si stanno muovendo. Al di là di quelle che sono le politiche nazionali e al di là di quello che è il gioco che spesso avviene, per cui se c'è un Governo nazionale di colore opposto rispetto alla Giunta regionale si presenta, come è il caso di oggi, un ordine del giorno in cui si richiedono aiuti sostanziosi al Governo nazionale, senza badare a quello che è l'intervento che potrebbe fare la Regione Piemonte.
Fortunatamente vi sono gli atti, per quello che valgono, di questo Consiglio e fortunatamente vi sono i dibattiti consiliari. Non che qualcuno legga i verbali, ma certamente i piemontesi ricorderanno quello che è stato un punto centrale che ha focalizzato la battaglia del centrodestra, e anche del nostro Gruppo consiliare, in merito al bilancio di previsione alla legge finanziaria. Sostanzialmente si disse, 15-20 giorni prima, con la presentazione di un documento poi respinto, che era necessario individuare vista la crisi economica in atto, ma soprattutto quella a venire, una serie di misure fondamentali per il sostegno del sistema economico complessivamente, e, ovviamente, anche per il mondo dell'auto, che ha un peso assolutamente rilevante all'interno della nostra regione.
Successivamente, i Gruppi del centrodestra assunsero delle posizioni pubbliche, dicendo che era bene votare un bilancio, perché, in una situazione di crisi, era bene che ci fosse la cassa integrazione pronta per poter intervenire in merito ad alcune problematiche di carattere imprenditoriale, innanzitutto, e, poi, a caduta, sociale.
Purtroppo, questo bilancio non ha le risorse per affrontare tali problemi, perché è vero che vi era l'ipotesi che l'Assessore ha descritto precedentemente, che era un'ipotesi perseguibile, cioè l'utilizzo del Fondo Sociale Europeo con gli avanzi del 2008 e le risorse stanziate per il 2009 per intervenire relativamente ai maggiori oneri relativi alla cassa integrazione straordinaria, alla mobilità e a tutto ciò che comporta il sostegno economico ai lavoratori e alle imprese in difficoltà, ma è altrettanto evidente che nelle voci e nelle risorse che questo bilancio stanzia, oggi queste risorse non ci sono.
Diversamente, si dica che una parte delle risorse presenti - vedi quelle relative alla formazione - non possono essere messe in discussione perché sono già stanziate e sono una priorità rispetto alla quale non si può venire meno.
E allora, abbiamo un dato: la Regione dovrà operare, in particolar modo quando si parla d'interventi a sostegno del distretto dell'auto, nei confronti del Governo affinché le misure che il Governo andrà ad intraprendere siano condivise, utili e quanto più capienti possibile.
Questo è il ruolo che le Regioni devono esercitare. È evidente, per che una Regione come la nostra non può sottrarsi ad un intervento di carattere economico rispetto a questo tema.
Nell'ordine del giorno segnalavamo, pertanto, alcuni aspetti assolutamente evidenti: quello di una crisi di liquidità e quello di un grande irrigidimento, da parte del sistema bancario, nei confronti dell'impresa, tant'è che, oltre a chiedere un investimento maggiore nei fondi di controgaranzia - investimento che è avvenuto per il comparto artigiano, che peraltro riguarda solo la maggiore patrimonializzazione dei Confidi, ma che non è avvenuto per il resto del mondo economico chiedevamo anche un fondo di garanzia diretta nei confronti dell'impresa perché sapevamo che anche rispetto ai fondi di controgaranzia ci sarebbero state delle limitazioni per l'accesso al credito da parte delle imprese.
La Presidente Bresso può anche aver fatto bene ad incontrare i rappresentanti del mondo bancario, per chiedere loro una maggiore disponibilità per quanto riguarda l'accesso al credito da parte delle imprese. Noi sappiamo, però, che il sistema creditizio italiano non si è mai caratterizzato per la disponibilità rispetto all'accesso al credito da parte delle imprese, pertanto, se da una parte questo può essere stato positivo, perché ha evitato che nascessero una serie di fenomeni devianti di una cattiva finanza (sappiamo che finanza e impresa devono camminare insieme), dall'altra occorre tenere presente che questi decenni sono stati caratterizzati dalla presenza di una buona finanza e di una cattiva finanza. La buona finanza genera denaro nel sostegno all'impresa, mentre la cattiva finanza genera denaro in speculazioni, che sono esclusivamente di carattere finanziario e che nulla hanno a che vedere con il sostegno all'impresa.
Questa è la differenza che l'Assessore Bairati conosce bene; credo non abbia bisogno degli appunti che il sottoscritto, o altri colleghi più dotti di me, possono fare nel distinguere i fenomeni che il Ministro Tremonti ha definito correttamente di "mercatismo".
Ripeto: l'aspetto relativo all'intervento regionale è assolutamente fondamentale; poi, potremo anche votare l'ordine del giorno, sostenere l'operato dell'Assessore nella richiesta al Governo e quant'altro, ma è assolutamente fondamentale che vi sia un intervento da parte della Regione in grado di sostenere quelle esigenze che tutti, in modo assolutamente oggettivo, potevamo prevedere.
Era evidente, cioè, al di là dei dati di cui eravamo in possesso nel 2008, quindi il quadruplicamento delle spese di intervento sociale nell'ultimo trimestre del 2008, rispetto al pregresso, il fatto che la più grande impresa torinese chiudesse per un mese la propria produzione avrebbe avuto delle ripercussioni inevitabili all'interno dell'indotto, causando un danno minore ai dipendenti dell'impresa, perché, ad oggi, hanno fatto un numero limitato di giorni di cassa integrazione, ma un danno maggiore nei confronti delle imprese, che sono rimaste aperte e hanno continuato a pagare gli stipendi, subendo un calo di produzione minimo dal 30 al 50%.
Questa situazione avrebbe portato alla cassa integrazione, ai licenziamenti, al mancato rinnovo dei contratti anche in tutte quelle imprese che non hanno neppure gli onori della cronaca, perché magari sono imprese contoterziste, che lavorano per grandi soggetti a cui FIAT appalta le proprie produzioni.
Pertanto, qui sta il nocciolo, e vedremo quali saranno gli interventi che la Regione sosterrà nelle prossime settimane, anche questi estremamente urgenti, come quelli richiesti al Governo. Su questo avremo la risposta se il bilancio che abbiamo votato è stato un bilancio - come noi abbiamo ritenuto fin dall'inizio - dannoso, perché non in grado di sostenere un momento di grave crisi, oppure se questo bilancio non ha avuto soltanto la bontà di essere approvato in fretta, ma è in grado di risolvere i problemi che la nostra società subirà dalla crisi economica che stiamo vivendo.



PRESIDENTE

Grazie, collega Vignale.
La parola al Consigliere Robotti.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente. Ritengo che occorra necessariamente partire dalla vita reale delle persone che lavorano nel settore industriale, soprattutto quello dell'auto, parlando della nostra regione e del nostro territorio.
L'ha ricordato anche il collega Deambrogio: sono circa un milione gli addetti del settore metalmeccanico e del suo indotto e queste persone sono le prime a pagare la crisi e a subire le conseguenze della difficoltà di vendere auto, di affrontare i mercati interni e internazionali.
Questi sono lavoratori che spesso vivono la realtà della cassa integrazione o della mobilità ed hanno retribuzioni medie di circa 650 euro mensili.
Chi deve pagare gli strumenti di mutualità, la cassa integrazione, la mobilità? La deve pagare l'INPS, perché sono soldi che i lavoratori versano ogni mese all'INPS e perché le casse dell'INPS, che sono destinate agli ammortizzatori sociali, sono in attivo di 13 miliardi di euro.
Quindi, non c'è alcuno sforzo particolare o alcuna invenzione strana da fare per individuare le risorse che sostengano gli ammortizzatori sociali.
L'INPS ha i soldi, le casse dell'INPS sono in attivo, pertanto ritengo sia necessario aprire un tema vero di come riportare la cassa integrazione all'80% dell'ultimo salario percepito dal lavoratore, perché oggi con 650 euro al mese non si vive, non ce la si fa a campare.
Anche solo per un periodo straordinario, credo che sia necessario e opportuno ragionare su come riportare la cassa integrazione all'80 dell'ultimo salario percepito, e il Governo questo non lo sta facendo. Il Governo non lo sta facendo né vuole aprire un confronto con i sindacati per ragionare di questa tematica, mentre i lavoratori - tutti i lavoratori ogni mese, di tasca propria, versano circa 200 euro del proprio salario per integrare le casse degli istituti di previdenza relative alla parte riguardante gli strumenti degli ammortizzatori sociali, e le aziende, dal canto loro, fanno la loro parte.
Quello del Governo è un ritardo inaccettabile. Ci sono Paesi che non hanno nessun player internazionale relativo all'auto (pensiamo al Portogallo, alla Finlandia, all'Inghilterra, che da anni non ha più nessuna casa automobilistica propria), ma che sono intervenuti già mesi fa; ci sono Governi che stanno sostenendo la vendita delle auto, che stanno sostenendo attraverso politiche di rottamazione la possibilità che i mercati dell'automobile non subiscano un tracollo così pesante da non potersi rialzare.
Nel frattempo, il Governo italiano è ancora qua a ragionare sulle modalità con cui sostenere la ripresa del mercato dell'auto, con cui sostenere l'intero sistema dell'automotive in questo Paese. Stiamo parlando di circa un miliardo euro, che è la cifra che si sente più spesso nominare come ipotesi di finanziamento, mentre in altri Paesi come la Germania o come la Francia hanno stanziato cifre ben più cospicue; la stessa Germania solo per il settore dell'indotto, sta pensando di stanziare qualcosa come 100 miliardi di euro nei prossimi otto anni.
Ritengo necessario affrontare questa discussione non tanto in modo accademico per raccontarci quello che sta accadendo o quello che potrebbe accadere, ma dobbiamo affrontare questa discussione nella concretezza dei bisogni del settore industriale, ma per quanto mi riguarda, soprattutto dei lavoratori e delle loro famiglie.
Personalmente sono contrario alla rottamazione, da sempre, perché penso che sia uno strumento che non aiuta il settore auto a uscire dai tradizionali canoni con cui si pensa ai motori, con cui si pensa alla mobilità. Però, con il ritardo dimostrato da questo Governo, penso che non ci siano altre strade.
Se consideriamo che circa il 54% delle auto circolanti in Italia è ancora sotto all'euro 3, quindi ha ancora motori fortemente inquinanti, è necessario che i primissimi provvedimenti del Governo prevedano un sostegno all'acquisto di nuove auto, alla rimessa in circolazione di nuove auto meno inquinanti che permettano anche al settore auto di avere una boccata di ossigeno immediata, non nel medio o nel lungo periodo.
La fase successiva credo dovrà necessariamente essere quella che prevede un confronto vero anche con il settore industriale, per capire come non ricadere più in questi elementi di crisi così travolgenti e, sotto un certo punto di vista, irreversibili.
Dovremo chiedere al nostro player internazionale di riconvertirsi, di cercare strade sulla mobilità nuova. Pensiamo all'auto elettrica, e non pensiamo lontano da casa nostra; pensiamo alla linea già messa in piedi da Pininfarina per costruire l'auto elettrica, che è già perfettamente funzionante come linea di produzione e che Pininfarina più volte ha cercato di sottoporre all'attenzione del gruppo gestito dall'Amministratore Marchionne. E allora non sarebbe così folle pensare che uno dei primi provvedimenti del gruppo di Marchionne sia quello di accettare la sfida della produzione dell'auto elettrica? Pensiamo alle flotte degli Enti pubblici, soprattutto per quelle necessità che non riguardano la mobilità lunga, ma la mobilità cittadina un settore su cui FIAT fino ad ora non si è mai cimentata e su cui altre aziende (Toyota) stanno invece ottenendo risultati enormi con la vendita di auto ibride (come la Lexus), con risultati commerciali e industriali di assoluta eccellenza.
Siamo al paradosso in cui molti grandi Comuni italiani sostengono l'acquisto della Toyota Prius per i taxisti e per il rinnovo delle flotte aziendali degli Enti pubblici perché non hanno un mezzo italiano su cui indirizzarsi.
La FIAT e il settore auto, nel nostro Paese - lo ricordava il collega Deambrogio - rappresentano complessivamente il 10% del prodotto interno lordo; non è neanche minimamente pensabile che un Governo si disinteressi come sta facendo il nostro rispetto a questo settore.
Il tracollo di questo sistema industriale rappresenta per il nostro Paese una catastrofe sia dal punto di vista dell'occupazione sia dal punto di vista della sua capacità di essere competitore sul piano internazionale con altri sistemi industriali su cui invece i Governi nazionali stanno investendo per agevolarne il funzionamento e il rafforzamento.
Il bilancio della FIAT è in attivo, lo ha detto Marchionne in occasione dell'ultimo Consiglio di amministrazione a cui, tra l'altro, era presente il Vicepresidente di Tata. Anche questa circostanza ci fa capire quale sia l'interesse da parte dei grandi gruppi industriali come Tata verso un player come la nostra azienda automobilistica.
Ma il bilancio della FIAT non potrà reggere per più di due anni con questo attivo di cassa: sono necessari interventi che aiutino FIAT a reggere l'onda lunga che sta arrivando dalla crisi internazionale.
Giudico positivamente l'accordo raggiunto da FIAT con Chrysler perch permetterà sicuramente di poter avere accesso ad un mercato immenso; non penso che questo aumenterà l'occupazione o garantirà la salvaguardia agli stabilimenti italiani, ma credo che questo garantirà la possibilità di progettare in Italia nuovi motori, nuovi campi, nuove tecnologie che possono essere messe in produzione e in circolazione in quel grande Paese.
Sono preoccupato, così come altri colleghi prima di me, per gli accordi che si potrebbero raggiungere sul piano continentale, ma non tanto per l'accordo con BMW. L'accordo con BMW garantirebbe alla FIAT di accedere all'alto di gamma che oggi non ha, che non riesce neanche ad immaginare nella progettazione; pensiamo solo alla possibilità per Alfa Romeo di tornare alla trazione posteriore, cosa che è auspicata da molti e su cui FIAT si sta cimentando senza riuscire a raggiungere gli obiettivi necessari per poter procedere a questo passo in avanti importante, che farebbe tornare Alfa ai fasti del passato.
L'accordo con Chrysler sul lato atlantico occidentale, l'accordo con Tata per coprire i mercati asiatici e l'area del Pacifico, l'accordo con BMW per avere in Europa l'alto di gamma che FIAT non riesce a raggiungere: si intravede una capacità di FIAT di pensare non all'oggi, non al medio periodo, ma al lungo periodo; si percepisce una volontà di non fermarsi ad affrontare la crisi con strumenti inefficaci, con i pannicelli caldi, ma di coprire un intero globo da un punto di vista delle sue capacità di espansione e di allargamento.
Ma noi non possiamo accettare che questo Governo convochi il Tavolo nazionale sull'industria dell'auto - convocato non da Tremonti ma dal Ministro dell'Industria, quindi non da quello che ha la cassa ma da quello che può sottoporre i problemi - e non inviti neanche l'Amministratore delegato di FIAT.
Questo è quello che è accaduto: sono state invitate le associazioni produttrici di auto, ma non è stato invitato l'Amministratore delegato del gruppo industriale più grande e più importante che c'è in questo Paese.
Questo, colleghi, è un segno chiaro di irresponsabilità e anche di poca lungimiranza.
Ora, io credo che ci sia da parte del centrodestra un atteggiamento soprattutto da parte di alcuni Gruppi, fortemente condizionato da un odio verso il Nord-Ovest, perché nel Nord-Ovest la Regione Piemonte è amministrata dal centrosinistra, perché Torino è amministrata dal centrosinistra, perché la FIAT non è mai stata amica (vogliamo dirla così?) o troppo amica del centrodestra, anche se poi favori se ne sono scambiati e se ne sono scambiati molti.
Credo che noi dobbiamo dire con chiarezza in quest'Aula consiliare, in questo parlamento piemontese che questo atteggiamento del Governo è un atteggiamento che noi respingiamo e che questa nostra realtà, la realtà industriale del Nord-Ovest, ha pari dignità e forse più importanza di altre aree industriali come quella Nord Est, della parcellizzazione industriale del Nord-Est.
Salvare questo grande gruppo industriale è un dovere, oltre che morale strategico per il futuro dell'Italia e per la sua capacità di essere competitrice sul piano internazionale.
Io non credo che la ricetta possa essere quella utilizzata da Sarkozy con l'ingresso nel capitale azionario delle aziende automobilistiche della sua nazione.
Credo che occorre un intervento del Governo che aiuti FIAT in questo suo piano di espansione industriale e in questo suo piano di consolidamento e che, soprattutto in questa fase, sostenga gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, per non permettere - e su questo ha ragione il collega Deambrogio - che venga disperso quel patrimonio di competenza e di qualità immenso che ha contribuito a fare grande il nostro gruppo industriale e a fare grande l'Italia nel mondo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Io ho la responsabilità di illustrare l'ordine del giorno che il gruppo del Partito Democratico ha presentato e che è stato sottoscritto da tutte le forze di maggioranza.
un ordine del giorno che sostanzialmente sollecita il Governo e il Parlamento a considerare questa situazione così difficile, che già altri colleghi hanno ben rappresentato.
Al di là dei numeri già ricordati dall'Assessore Bairati e da chi mi ha preceduto, credo che ci sia un'importante presa di posizione che oggi i giornali hanno riportato con molta enfasi, ed è la posizione di Confindustria Piemonte che, con un comunicato inusuale per la durezza e per la sincerità con cui si esprime, certamente fa notizia.
Voglio ricordare ai pochi colleghi del centrodestra le note più significative di questo comunicato a firma del Presidente Carbonato.
"Per queste ragioni si esprimono tutte le perplessità di fronte alle polemiche pretestuose espresse da alcuni politici e per il perpetuarsi di un pregiudizio negativo di fronte al ruolo delle grandi imprese, a partire dalla filiera dell'auto".
C'è poi un'argomentazione che ricorda come tutti i Paesi più industrializzati abbiano già, chi più chi meno, ma addirittura Paesi che non hanno aziende automobilistiche nei loro confini - come il Portogallo ne cito uno per tutti - abbiano già previsto misure di sostegno al comparto automobilistico.
In conclusione, cito sempre il documento: "Chi afferma il contrario cioè chi dice che in realtà ciò non sta avvenendo, attraverso posizioni datate e fittizie, dimostra di non conoscere i caratteri e le prospettive del tessuto economico torinese, che ne esce mortificato da miopi calcoli politici".
Ho voluto introdurre la mia comunicazione con questo intervento così forte degli industriali piemontesi, perché credo che ben rappresenti il sentimento non solo della categoria manifatturiera, ma anche degli operai dei lavoratori e anche delle forze politiche che, con maggiore sorpresa e vorrei dire anche con irritazione, stanno assistendo all'inerzia incredibile di questo Governo.
Ed è per questa ragione che, con forte sollecitazione, con questo ordine del giorno intendiamo portare il nostro parere all'attenzione del Governo e del Parlamento.
In Europa, tutti i Paesi più industrializzati hanno già in misura diversa riconosciuto misure. Chi per la rottamazione, chi per sostenere le banche che possono in questo modo facilitare il credito alle imprese grandi e piccole, chi attraverso il sostegno al credito al consumo, chi addirittura intervenendo e prevedendo di intervenire nel capitale sociale delle società finanziarie di leasing per il credito al consumo.
L'Italia cosa fa? L'Italia si gingilla, perché non so quale altro termine e quale altro verbo utilizzare. Ci sono fazioni diverse dentro al Governo: chi con prudenza è portato a pensare sull'opportunità di concedere agevolazioni e sostegno e chi, invece, dice "Per tutti o per nessuno".
Guardo soprattutto i colleghi della Lega Nord, che sono impegnati in un'incredibile ed inspiegabile battaglia per frenare gli aiuti al comparto automobilistico.
Alcuni loro esponenti, non cito quelli più coreografici, ma cito il Presidente del Gruppo, Cota, ha detto "aiuti per tutti o per nessuno".
Risponde anche in questo caso il Presidente degli industriali: "Ci sono molti comparti che non hanno alcun bisogno di incentivi, perché viaggiano in normalità".
L'aerospazio piuttosto che l'alimentare - sono citati, ma molti altri comparti potrebbero essere citati - non hanno alcun bisogno di meccanismi di sostegno e di incentivo. L'auto invece assolutamente ha bisogno urgentemente di incentivi.
Voglio ricordare - e davvero questo è incredibile - a margine della mia veloce rappresentazione della situazione, come sia davvero inspiegabile, se non per ragioni di pelle e di difficile rapporto personale, il fatto che il Governo abbia convocato per domani le parti sociali, ma non abbia ritenuto di invitare il maggiore produttore di automobili nella nostra nazione.
Quindi, domani ci saranno i rappresentanti dei costruttori, ma non ci sarà incredibilmente l'amministratore delegato, o chi per lui, della FIAT.
Amministratore delegato che invece in altre nazioni, ad esempio in Francia è stato invitato ad un tavolo che, in realtà, è stato molto più significativo con tutti i costruttori di automobili.
Sarkozy e la Merkel si preoccupano di dare aiuti di Stato, noi continuiamo a gingillarci. E ci gingilliamo naturalmente, perché FIAT non può competere con i grandi costruttori europei se corre con una mano legata o se gli altri costruttori corrono "dopati", come succederà se l'Italia non interverrà con aiuti altrettanto significativi.
Credo che occorra innanzitutto prendere atto del fatto che FIAT è molto diversa rispetto a quella di un tempo, ma non lo dicono semplicemente i dati di bilancio, i più importanti e i più brillanti dal punto di vista degli utili, anche se non sono stati distribuiti dividendi, ma basta citare l'accordo annunciato e definito nei suoi tratti essenziali con Chrysler nel quale FIAT è stata scelta (seppur da una società praticamente decotta) come quella società meglio in grado di fornire quella tecnologia, in modo particolare motori a bassi consumi, di cui Chrysler ha assolutamente bisogno.
FIAT è considerata ormai nel mondo un'impresa di eccellenza sul piano tecnologico, non più un'azienda poco credibile e poco affidabile.
Il rischio dell'assenza di impegno da parte del Governo non è che FIAT chiuda, ma che FIAT scelga altre soluzioni produttive e, soprattutto, che abbandoni gli stabilimenti italiani, in modo particolare quelli dove si produce di meno, tra cui anche Mirafiori.
Dunque basta - e lo dico in modo particolare ai colleghi del centrodestra - con i giochini del tipo "difendo il Nord-Est contro il Piemonte e magari anche contro gli stabilimenti del Sud".
Non dimentichiamoci che la componentistica automobilistica è radicata e presente in tutto il nord, non solo nel Nord-Ovest. Ci sono centinaia di imprese piccole e piccolissime in Lombardia e in Veneto che garantiscono la filiera della produzione automobilistica.
Non mi soffermo sulle questioni legate alla tutela dei lavoratori perché già altri colleghi hanno detto benissimo, ma certo insieme alle difficoltà di FIAT, strettamente correlate e legate, ci sono quelle annunciate proprio oggi dall'amministratore delegato Marchionne di mancati interventi.
Voglio concludere, ricordando gli impegni che questo ordine del giorno sollecita al Governo e al Parlamento: la promozione e il potenziamento dei bonus ecologici per la rottamazione, nuove forme di garanzia per la concessione di crediti al consumo, l'introduzione di un organico sistema di incentivi alla ricerca e allo sviluppo ed incentivi per il rinnovo delle flotte automobilistiche ed autobus degli Enti pubblici.
Voglio, in modo particolare, soffermarmi sulla questione della rottamazione, perché è davvero incredibile che si escluda la possibilità di un rinnovo del parco automobilistico. Ha ragione il collega Robotti quando dice che ci vorrebbe più attenzione per lo sviluppo di motori totalmente puliti come sono quelli elettrici, ma già fare un passo dai motori euro 0 o euro 1 ai motori euro 4 e euro 5 è un salto significativo dal punto di vista ambientale.
Voglio ricordare che la rottamazione alla fine non costa nulla alle casse dello Stato. Se solo si avesse la capacità di fare due conti, si capirebbe che questi incentivi, stimabili tra i mille e i duemila euro come è avvenuto fino a pochi giorni fa, sono compensati dai maggiori introiti IVA e IRPEG e dal fatto che lo Stato, seppure indirettamente, deve preoccuparsi di meno cassaintegrati. Pertanto, alla fine, risparmia in termini di ammortizzatori sociali.
Altre misure, certamente, che sono al nostro studio e speriamo anche del Governo, costano, ma possono tranquillamente essere finanziate, lo dico in conclusione proprio per confutare chi dice che lo Stato non ha più soldi. Cito non solo gli sprechi di questi ultimi mesi, i soldi regalati ai ricchi per sollevarli dall'ICI oppure l'incredibile spreco in Italia. Ci sono sicuramente alcuni miliardi di euro che si sono liberati dai minori interessi passivi sul debito pubblico e, fortunatamente, ci sono minori costi per la bolletta energetica che quest'anno saremo chiamati a pagare.
Quindi, le risorse per questi interventi ci sono tutti. Saremo sicuramente pronti a complimentarci con Berlusconi e il centrodestra se faranno queste scelte, che noi riteniamo non più dilazionabili, come bene ha fatto il Sindaco Chiamparino rispetto alle scelte del Governo sulle questioni trasportistiche, ma, oggi, diciamo al centrodestra, al Governo e al Parlamento: muovetevi!



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire, in sostituzione del Consigliere Pedrale, il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Sono delegato a sostituire il Consigliere Pedrale quando non può in aula, non in altri casi...



PRESIDENTE

Quando è momentaneamente impedito.



BURZI Angelo

No, quando è fisicamente impegnato nel dragaggio dei fiumi o nell'elaborazione di altre cose, che, invece, sono cose che mi vedono - non solo quelle - totalmente inadeguato.
Intervengo volentieri perché l'odierno dibattito, al di là di quanto ho già detto questa mattina - anzi, ringrazio la cortesia dell'Assessore circa la tempestività delle informazioni che ha potuto fornirci, in qualche modo a completamento di ciò che già i giornali, non solo nazionali, hanno pubblicato - mi sembra non inadeguato - non ho colto tutti gli interventi nell'Aula - ma, di nuovo, una sorta di fuga dalla realtà, non certo perch il problema non ci sia; qualcuno dei miei tanti amici che normalmente siedono alla mia destra direbbe che il problema deve essere contestualizzato.
Il problema non sono solamente - dico "solamente" - i 60 mila lavoratori della FIAT, il problema è dato da tutti i lavoratori di questo nostro Piemonte, perché credo che chiunque - non provo alcuna invidia rispetto a chi in questo momento siede nei banchi del Governo centrale o si fa per dire, nei banchi della Giunta, che non casualmente sono disadorni, come troppo spesso capita, ma di questo parleremo domani mattina si debba occupare di ciò che è possibile.
Ritengo che, nell'ambito dell'occuparsi di ciò che è possibile, nessuna questione debba essere elusa. Quindi, il tema dell'utilizzo dei fondi europei, che ha occupato in parte le relazioni dell'Assessore - oggi - e in parte i comunicati in campagna elettorale della Presidente - ieri certamente deve essere approfondito nelle sedi competenti. Allo stesso modo, che sia ben chiaro, credo che il sistema della Regione Piemonte, come talora potrebbe essere il sistema delle regioni, debba, in un confronto significativo con il Governo centrale, da chiunque presieduto, ottenere, in una legittima competizione, le risorse che servono prevalentemente alle Regioni che essi rappresentano, ma questo può avvenire, secondo me, se e solo se, dapprima, si è fatto in casa propria tutto quello che è possibile.
Senza citare uno dei miei autori preferiti, che è Mao Tse Tung, perch tutte le volte che lo cito, Silvio Berlusconi si irrita - nel mio partito la dialettica è Silvio Berlusconi, Silvio Berlusconi, Silvio Berlusconi poi finisce lì, perché sono in tre che decidono e non casualmente hanno tutti lo stesso nome e cognome - e irritarlo può provocare percorsi di carriera più complessi di quanto già la democrazia normalmente non consenta, al riguardo non solo non ho la convinzione, ma ho la certezza.
Mentre Mao Tse Tung diceva: "Pulite l'aia di fronte a casa vostra e tutta la Cina sarà pulita", per quanto riguarda questa Giunta, da un lato ormai, dopo quattro anni che la conosciamo, non è sorprendente - e questa maggioranza, dall'altro - questo sì che è sorprendente, soprattutto per le componenti che di più si ispirano ad un riformismo, che io spero non sia soltanto nelle dichiarazioni, perché noi del centrodestra abbiamo estremamente utilità che esista un partito riformista con cui competere sulle cose e non nelle polemiche - noi siamo ben lungi dall'aver pulito l'aia di fronte a casa nostra.
Mi spiego, anche se così non faccio altro che ribadire quanto ho già detto, ma non per questo viene modificata l'entità: oggi, questo tema è palese ancor più di quando venne posto all'inizio del mese di novembre.
Abbiamo purtroppo l'onore, di cui avremmo fatto volentieri a meno, come Capigruppo di opposizione, all'inizio di novembre, di avere sollecitato l'attenzione di maggioranza e Giunta attorno agli esiti di una crisi, che allora non si era ancora manifestata in tutta la sua virulenza, a differenza di oggi che, invece, si manifesta, sperando che questa pandemia abbia già raggiunto il suo acme.
Noi cosa dicemmo? Prendiamo il nostro bilancio, non esponiamolo - ci era appena arrivato - a delle critiche, che pur meriterebbe - il bilancio presentatoci dalla Giunta, tramite l'Assessore Peveraro, era già allora tutt'altro che esentabile da critiche nella normalità - consideriamolo nell'accezione dell'anormalità entro cui il dibattito avviene e spostiamo tutto ciò che è spostabile in termini di cassa, spesa corrente e investimenti, alla luce della difesa degli obiettivi prioritari, che per noi erano - speriamo che tali possano essere per una larga maggioranza di quest'Aula - il lavoro e l'impresa, senza ulteriori specifiche. Un giorno dissi che nell'ambito del lavoro inserivo anche i lavori socialmente utili che detto da me suona come uno sforzo non superficiale, stabilita in altri tempi la posizione che io avessi - e non l'ho modificata - rispetto a questa modalità di gestione del tema.
Questo tema - spiace dirlo - ha provocato un'attenzione molto minore di quanto mi sarei aspettato, soprattutto da parte di chi, all'interno della Giunta, deve provvedere alle risorse e di chi, da parte di questa maggioranza, dovrebbe avere un'ottica non di antitesi, non di contrapposizione mera e semplice di contenuti, ma di risoluzione comune dei problemi.
Che sia ben chiaro, il bilancio che è stato approvato il 23 dicembre è decisamente meno peggio di quello uscito all'inizio del mese di ottobre, ma era del tutto inadeguato. Noi lo dicemmo con chiarezza al momento del voto contrario, che facemmo in modo avvenisse il 23 dicembre, nel noto principio "pitòst che niente à l'è mej pitòst". Quindi, era bene che ci fosse uno strumento di legge, pure inadeguato, che il Governo potesse utilizzare nei confronti dei suoi amministrati.
Sono trascorsi due mesi, oggi appare ancora più chiaro che le nostre previsioni - quelle che noi leggevamo - erano adeguate, forse addirittura più ottimistiche di quanto la realtà stia manifestando, ma, al di là dell'ottimismo, rimane il tema della inadeguatezza dei fondi.
Ora, la Presidente, tra le tante cose che pronuncia in campagna elettorale, dice che mancano 100 milioni, che, secondo lei, dovrebbe dare Berlusconi. Può essere, ma all'interno del bilancio di questa Regione ci sono parecchie centinaia di milioni che, nel teorema della riduzione del danno possono - a mio avviso debbono - essere dirottate verso il pericolo principale. Non sono state spostate, non sono state dirottate, si è voluto un bilancio di continuità e, peggio del peggio, nell'ambito di un'ottantina di milioni - meglio tardi che mai! - che si sono strappati in termini di efficienza di spesa pubblica, ciò che in tutto il mondo, tranne che a Torino, si chiama "efficienza" di spesa pubblica qui ci si ostina - cosa che nemmeno Bulgakov, Andropov o suoi allievi farebbero, peraltro non so bene che scuole frequentino in questa fase - a denominarlo "taglio". I tagli stanno sotto la lettera "t" dello Zingarelli, l'efficienza sta sotto la lettera "e". Qualunque sindacalista, non necessariamente "cigiellino" credo che potrebbe spiegare a tutti noi che cosa sono l'efficienza e la produttività, non vorremmo essere costretti ad udire Romiti per spiegare come l'efficienza, in qualche momento di maggior dialettica rispetto all'attuale, abbia consentito ai lavoratori della FIAT di superare un momento difficile, perché oggi il momento è, per certi versi, ancora più difficile, e non riguarda soltanto i lavoratori della FIAT, ma tutti.
Perché mentre Marchionne dice quelle che sono delle sonore verità per i 60.000 a rischio, non c'è nessuno che tuteli gli altri 600.000, che semplicemente non hanno voce, ma hanno gli stessi problemi, le stesse famiglie, le stesse necessità di far quadrare i conti della propria famiglia; probabilmente hanno meno rappresentanza politica e certamente taluni di essi manco si pongono il problema degli ammortizzatori sociali ora.
Se questa maggioranza insiste - cosa che è legittima, per carità di Dio! - a ritenere urgenti motivi di divisione, come lo è stato recentemente il caso Englaro (legittimo, ma di divisione) o di far ricadere sul Governo Berlusconi delle inefficienze che è possibile che abbia, si continui. Noi non la pensiamo così, ma ci mancherebbe! Non sarebbe sorprendente per noi sentire delle critiche al Governo Berlusconi; sono circa 15 anni che le sentiamo, quindi alcuni di noi ci hanno fatto anche una modesta abitudine anzi ci ha portato sin qui abbastanza bene.
Se, invece, si vuole tentare di risolvere almeno parzialmente il problema che c'è fuori da quest'Aula - credo sia questo ciò che vogliono i cittadini del Piemonte, non soltanto quelli che hanno votato la Bresso, ma tutti, anche coloro che oggi sono alla maggioranza e che oggi hanno cambiato idea - prendiamo il bilancio e rivediamolo: si faccia quella che un'assemblea legislativa ha come competenza, ossia una legge di variazione di bilancio, senza colpevolizzare nessuno, perché soltanto chi non fa, non falla - quindi non sottoporremmo per questo né l'Assessore Peveraro né la Giunta a particolare critica, poiché abbiamo ben altri spazi per farlo - e d'urgenza facciamo oggi ciò che al 23 dicembre non è stato possibile fare o non è stato volontà comune fare.
Dopo averlo fatto, intanto saremo tutti con la coscienza un po' più pulita e più netta - si fa per dire! - indipendentemente dal grado di cellophane che la ricopre, e, in più, saremo molto più credibili sia in termini di Comunità Europea che di rapporti col Governo, dicendo: "Tutto quello che potevamo fare, l'abbiamo fatto. Adesso veniamo anche a chiedere".
Le altre modalità servono soltanto a renderci ancora più invisi ad un'opinione pubblica che ci vede, come talora molto spesso siamo, inutili e, soprattutto, non serviranno a salvare nemmeno un posto di lavoro. E di questo, credo, che le responsabilità debbano ricadere su chi, avendo potuto fare, non ha fatto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Molto parole sono già state spese, ma prima di entrare direttamente nel merito dell'argomento "FIAT" vorrei fare una brevissima riflessione generale sul ruolo della politica.
Tempo fa erano stati pubblicati alcuni articoli di Galimberti e di altri studiosi che sostenevano che la politica era finita, perché la stessa non svolgeva più azioni di vera mediazione tra le diverse posizioni della società.
Noi discutiamo di FIAT, ma la questione si inserisce in una vicenda ancora più ampia - alcune parole dello stesso Consigliere Burzi lo hanno ricordato - sulla quale si può certo affermare che vi fossero segnali diversi, che partivano da lontano. Erano anni che alcuni economisti sostenevano, con preoccupazione e voce critica, che non si poteva continuare col sistema economico che era stato messo in piedi, perché tale sistema avrebbe riscontrato dei problemi. Nonostante ciò, la politica (in senso generale, sia nazionale che internazionale) non ha ragionato su questa ipotesi, ma ha continuato per quella strada che era gradita sicuramente alle classi imprenditoriali, con finanziarizzazione dell'economia e con interventi sui sistemi produttivi - come ricordava il collega Deambrogio - ovvero precarizzazione dei lavoratori e delocalizzazione.
Quando la bolla finanziaria è scoppiata, si sapeva che prima o poi avrebbe scaricato gli effetti negativi anche sui sistemi produttivi.
In pratica, si può sostenere che la crisi era prevedibile, ma non è stata prevista. Non ci si è preoccupati di prevederla, o quantomeno non ci si è attrezzati affinché si potessero generare effetti meno negativi.
Alcuni ritengono che dalla crisi si possa uscire, ma lo si può fare in due modi differenti: riproponendo lo stesso sistema oppure provando a modificarlo, magari migliorandolo.
Non possiamo ignorare che i "profeti del liberismo" si permettono di dire che non si deve intervenire: i sistemi capitalistici e liberisti attraversano periodicamente delle fasi di crisi, dalle quali ne escono con le loro forze. Il problema, però, è di quante persone debbano soffrire affinché il sistema ne esca con le proprie forze. Perché per un imprenditore una fabbrica che chiude rappresenta sicuramente un danno, ma per i lavoratori rappresenta un dramma.
Se dobbiamo fare un ragionamento politico su quanto succederà alla FIAT, non possiamo ignorare che siamo di fronte ad una scadenza immediata ma abbiamo anche l'obbligo di guardare più lontano. Perché un conto è pensare di fare macchine meno inquinanti - e questo è sicuramente il primo obiettivo che ci si deve porre - altro conto - problema che non possiamo ignorare, perché anche qui ci sono segnali da più parti, per cui sta a noi raccoglierle o meno - è pensare che non ci sarà né auto elettrica, né auto ad idrogeno, né auto ad aria compressa che potrà garantire una crescita infinita del sistema di trasporto basato sulle automobili.
Quando tutto il mondo avrà il numero di automobili che abbiamo noi potranno anche circolare tutte a idrogeno o ad elettricità, ma il problema dell'impatto che questo sistema avrà sul mondo intero si ripercuoterà su tutti noi.
Per questo dico che bisogna utilizzare e stimolare sicuramente il Centro Ricerche FIAT, che, come qualcuno ha ricordato, è giustamente un punto di eccellenza, ma occorre pensare non solo ad auto più sostenibili ma ad un sistema di mobilità sostenibile.
Queste parole potranno anche sembrare eccessive, ma se pensate di poter far circolare in tutto il mondo miliardi di automobili ad idrogeno, ad esempio, non si può non rammentare che l'idrogeno non è una sorgente energetica, ma un serbatoio di energia che bisogna produrre e finora i sistemi di produzione dello stesso sono in grave perdita, per cui richiedono molta più energia di quella che rendono. È un problema non di poco conto.
O, ancora, quando si parla di auto euro 2, euro 3 o euro 4, secondo le ultime direttive dell'Unione Europea si pensa solo alla CO2, che sebbene sia un gas climalterante (non sarò certamente io a negare l'importanza negativa della CO2 sull'inquinamento atmosferico), dobbiamo ricordare che le emissioni di automobili sono anche intese come particolati e polveri sottili, che hanno un alto grado di inquinamento anche se in questo momento non sono ancora considerati problemi inquinanti.
Credo che davvero questa stagione possa aiutarci a riflettere per cercare di uscire dalla crisi, anche pensando ad un nuovo patto sociale e concordo con quanto diceva il Consigliere Deambrogio, e cioè che del patto sociale fa parte anche il fatto che gli aiuti pubblici che vengono elargiti siano anche commisurati all'impegno che lo Stato può prendere anche all'interno della gestione della fabbrica privata, per capire come si intendono utilizzare gli aiuti e quali sono le prospettive del piano industriale che verrà messo in piedi.



PRESIDENTE

Colleghi, per cortesia! Stiamo discutendo anche di un tema quanto mai importante: la crisi della prima azienda di questo Paese. I commenti penso siano inutili a questo punto.
Prego, Collega Moriconi.



MORICONI Enrico

Il patto sociale può anche prendere in considerazione alcuni elementi ad esempio, i giornali oggi dicono che in Inghilterra e anche in altre nazioni si stanno trovando su un concetto molto vecchio, uno slogan di 20 o 30 anni fa: "Lavorare tutti, lavorare meno". Questo fa parte di un patto sociale, ma fa parte di un patto sociale anche ragionare su che cos'è l'INPS. Come ricordava prima il Collega Robotti, noi non possiamo ignorare che l'INPS, in questo momento, non riceve ancora i contributi da parte di tutte le categorie libere e professionali che operano in Italia. Anche questo fa parte di una discussione sul patto sociale.
Infine, non possiamo dimenticare che se pensiamo di convertire parzialmente e progressivamente, le nostre industrie e le nostre imprese produttive verso sistemi di produzione meno inquinanti, non cambierebbe nulla dal punto di vista sociale se quelle produzioni meno inquinanti venissero svolte da operai, da addetti assunti con rapporto di lavoro precario. Perché se pensiamo che sia sufficiente cambiare il tipo di prodotto, senza intervenire su come si arriva a produrre quel prodotto, se noi non utilizziamo questa grave crisi anche per ragionare sugli sbagli che abbiamo fatto sul campo, sull'indirizzo della precarizzazione, credo che se non facciamo questo ragionamento non usciremo dalla crisi: potremo anche aiutare la FIAT ad uscire dalla crisi, ma dal punto vista sociale non avremmo fatto un grande passo avanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Larizza.



LARIZZA Rocco

Credo che la situazione complessiva del comparto sia stata bene approfondita nella comunicazione dell'Assessore Bairati. Mi ritrovo in molte delle cose dette dai colleghi e, in particolare, nelle questioni illustrate dal Consigliere Lepri, che ha anche ribadito anche quali sono le richieste del Partito Democratico per quanto riguarda questo comparto.
Una prima considerazione che vorrei fare (perché sembra che sfugga alla nostra discussione) è questa: credo che una delle debolezze strutturali del nostro Paese consista nel fatto di non avere un numero sufficiente di grandi imprese che sostengano il nostro sistema produttivo. Se facciamo il confronto con altri paesi ce ne rendiamo conto: è vero che la piccola impresa è una grande ricchezza, ma è anche vero che senza la grande impresa un sistema industriale non ha un futuro stabile.
Per quanto riguarda la discussione sul fatto di intervenire su questo comparto oppure su un altro, a parte la dimensione e i dati che sono stati ricordati inerenti ai dipendenti, il numero delle imprese, il prodotto interno lordo che dipende da questo settore, eccetera, vorrei anche ricordare che forse questo è il comparto oggi più esposto al calo generale nella produzione industriale.
Se poi lo inseriamo nella realtà torinese, credo che si capisca benissimo perché c'è tanta preoccupazione da parte nostra, in molte famiglie e tra i lavoratori. Tra l'altro, tra quei lavoratori che non hanno avuto il tempo di assaporare la ripresa della FIAT. Siamo appena usciti da una crisi, che però era di carattere diverso. Oggi, la FIAT sarebbe in grado, in una situazione di libera competizione, di fare i passi che deve fare e di avere la forza che necessita sul mercato, soprattutto se si va in direzione degli accordi internazionali che già si stanno delineando.
Purtroppo, la crisi generale comporta, invece, un andamento diverso anche per questo comparto.
Credo che nella dichiarazione dell'amministratore delegato - faccio una considerazione politica - della FIAT, che sostiene che sono a rischio 60 mila posti di lavoro, ci sia del vero e ci sia qualche forzatura, ma la forzatura di Marchionne fatta in questa occasione (la vigilia dell'incontro a Palazzo Chigi) è una forzatura che sta bene nel dibattito, perch secondo me, è indotta dalla sottovalutazione che il Governo ha avuto finora rispetto alla crisi generale e anche rispetto alla crisi del settore.
Credo che tutti noi ricordiamo che lo statista che sta a Palazzo Chigi qualche settimana fa, ci aveva spiegato che le conseguenze della crisi finanziaria non avrebbero condizionato l'economia reale. Si può convenire con l'Assessore Bairati che distinguere nettamente queste cose è abbastanza difficile, come appunto è impossibile non vedere che non ci sia una relazione.
Vorrei ricordare che - lo dico per mia formazione - alcuni di noi sono stati educati da una scuola che metteva al primo posto il valore della produttività del lavoro. Negli ultimi decenni invece questo valore è stato scalzato e si è passato al valore del rendimento finanziario, cioè del denaro che produce denaro. Questo ha comportato i guasti con i quali noi stiamo facendo i conti sul piano economico, ma ha comportato anche dei guasti culturali dai quali è difficile riprendersi; guasti che non rimasti circoscritti solo nell'area cosiddetta liberista o neoliberista. Quindi secondo me, è su questo che dobbiamo anche lavorare.
Noi abbiamo anche un altro problema: dobbiamo fare i conti con un mondo che sta cambiando anche rapidamente. La crisi ci ricorda che, senza l'occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato arricchisce solamente chi è già ricco.
L'affermazione di Obama non dovremmo farla cadere e pensare che in Italia le cose siano andate diversamente: basta confrontare i redditi e la quantità di risorse e di prodotto interno lordo che è passato dal monte salari ad altri campi, che non sono stati investiti nell'innovazione altrimenti non saremmo adesso ad annaspare. Penso che questi aspetti dovremmo tenerli ben presenti.
I ritardi nelle prese di posizione rischiano di essere letali per questo settore. Basta vedere che cosa sta avvenendo negli altri paesi basta vedere cosa sta avvenendo in paesi come gli Stati Uniti, il Giappone ma anche negli altri paesi europei.
Vorrei riprendere una considerazione che era già stata richiamata nell'intervento del collega di Robotti. Ormai facciamo i conti con la questione dell'intervento pubblico. I più scatenati liberisti di questi anni, oggi, capiscono e invocano l'intervento pubblico. Siccome non hanno l'abitudine alla vergogna, ci dicono: "Intervenite, intervenga il pubblico dia le risorse e poi lasci fare al mercato". No, signori, il problema sta proprio qui! Si interviene, si valorizza il mercato, ma il mercato ha bisogno di regole. Allora bisogna cominciare a discutere di queste regole.
Bisogna anche cominciare a discutere con le imprese e con le banche. Le risorse, sì, ci devono essere perché dobbiamo sostenere l'economia e siamo preoccupati per le conseguenze complessive sullo stato del Paese, sulle condizioni di vita delle persone e dei nostri cittadini, però ci vanno delle regole.
Voi dovete concordare, lo dico a modo mio, con le parti sociali e con le istituzioni pubbliche, su quali direzioni prendono le risorse che mettiamo a disposizione. Quali garanzie ci date che queste cose, poi, non finiscono come sono finite tante risorse che sono passate dal monte salari ai profitti? Credo che l'intervento pubblico non possa essere gratuito. Un intervento pubblico deve essere finalizzato affinché si possa poi rispondere alle esigenze più generali del Paese.
Spero che, domani, una discussione di questo genere qualcuno la cominci a sollevare con il Governo. Soprattutto che si decida d'intervenire, non soltanto sulla FIAT, ma sull'insieme del comparto e su tutto l'automotive tenendo conto di che cos'è la ricerca e di qual è l'innovazione. Vanno bene gli incentivi alla domanda, ma gli incentivi alla domanda devono portare all'acquisto di auto, dal punto di vista ecologico, più compatibili di quelle precedenti, perché abbiamo un parco macchine molto vecchio.
Ho qualche dubbio che questo sia sufficiente se rimaniamo in una condizione di bassi salari e che non mi pare abbiano una prospettiva di ripresa in tempi brevi. Tuttavia, queste sono questioni che vanno affrontate. Non sono un americanista, ma sono stupito e colpito favorevolmente dalla tempestività e dalla determinazione del Presidente degli Stati Uniti che, in pochi giorni, ha posto una questione, dal punto di vista ecologico, che ha fatto drizzare i capelli (se ho capito bene dalle informazioni ricevute) ai produttori di automobili: praticamente pone delle condizioni sulle emissioni e da loro delle scadenze.
Capisco che tra il dire e il fare c'è un percorso da costruire. Per mi fa venire in mente la discussione retrograda, antica - altro che conservatori - fatta in Europa dal nostro Governo sostenuto dai nostri industriali, che non accettavano le compatibilità ecologiche che gli altri Paesi europei ci ponevano, che l'Unione europea ci poneva. Non capiscono che il futuro produttivo, il futuro dei mercati fa i conti con queste cose.
La sensibilità dell'opinione pubblica mondiale è fortissima da questo punto di vista. Le esigenze oggettive del pianeta ci spingono in quella direzione. Noi continuiamo ad attardarci e, addirittura, ci volevano porre il veto. Il problema del nostro Paese sta nella classe dirigente.
Se arriviamo tardi nell'innovazione e su alcune questioni, è perché c'è una classe dirigente che ha immaginato l'arricchimento a breve e non ha avuto coraggio di fare gli investimenti che doveva fare. Non ha avuto la spinta innovativa e culturale necessaria per stare al passo con i tempi.
Siamo sempre arrivati qualche anno dopo su queste cose.
Penso che quest'occasione d'intervento pubblico debba andare in questa direzione.
Ringrazio l'Assessore Bairati per le informazioni che ci ha dato e sostengo le proposte che qui sono state illustrate da Stefano Lepri che sono contenute nell'ordine del giorno.
Ritengo che questa debba essere un'occasione per far fare un passo avanti ad una politica industriale che, normalmente, nel nostro Paese è stata lasciata un po' allo sbando. Penso che quest'occasione possa essere utile per farci fare un passo avanti dal punto di vista culturale e per mettere al giusto posto la produttività del lavoro e il sistema produttivo che è quello che produce ricchezza.
Lo ricordo adesso e lo sosterrò sempre, ma gran parte del terziario dell'area torinese è figlio del manifatturiero. Se scompare il manifatturiero, non è che rimane appeso lì. Il terziario, al momento, non ha un suo mercato ma è di servizio all'impresa produttiva. Quindi, penso che quando interveniamo su un settore come questo diamo un contributo generale e importante all'economia della nostra Provincia e della nostra Regione, oltre che, garantirsi che ci sarà, forse, ancora un futuro per l'industria automobilistica italiana, anche dopo la crisi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Grazie, Presidente, anche della gentilezza che mi ha concesso prima.
Oggi, quando ascoltavo Bairati ero con la testa in giù e il Presidente mi ha ripreso dicendomi di non dormire in Aula. Le garantisco che ero attento e stavo ascoltando. Ho sentito tante belle parole, giuste corrette, intelligenti e tutto quello che vogliamo. Però, mi sembra che lei per primo, Assessore, in questa cosa non ci creda. C'è stato un passaggio in cui lei ha detto che qualcuno strumentalizza la situazione.
Qualcuno approfitta anche della crisi per... Non è lei, per nell'insieme dei discorsi che ho ascoltato attentamente, sembra quasi che qui stiamo recitando un film, ma che non siamo attori preposti e che non siamo stati chiamati per fare gli attori, ma siamo stati chiamati per fare proposte serie; soprattutto, per credere che le Istituzioni possano veramente incidere e fare qualcosa, indipendentemente dai livelli indipendentemente se le istituzioni sono il Governo, la Regione o il Comune.
Ha detto bene prima il collega Larizza che il problema FIAT, l'indotto l'auto e tutto il problema crisi, va visto come un problema culturale.
vero, collega Larizza? Mi sembra che lo hai ripetuto due volte. Se non crediamo che il problema crisi e il problema FIAT sia un problema culturale e sociale, se non partiamo da questa base, da questo presupposto e, in modo particolare, se non crediamo che il problema FIAT sia un problema sociale economico, ma soprattutto culturale del nostro territorio, non possiamo risolverlo. La FIAT in passato ha rappresentato il massimo dell'espressione sociale e culturale della nostra società. È questo il punto da cui dobbiamo partire. Negli anni '50 la FIAT sostituiva lo Stato con pensioni aggiuntive, curava i propri dipendenti con la propria sanità, inviava lettere - quasi come faccio io - ogni volta che un dipendente si sposava ad ogni nascita. La FIAT comunicava ed era l'espressione culturale e sociale del nostro territorio.
Dobbiamo partire da questo punto, non possiamo sostituirci ai grandi manager, c'è già stato un precedente. Vi ricordate quando la FIAT ha fatto l'accordo con General Motors? Ci sono già stati precedenti di accordi. Il film che stiamo vedendo in questi giorni lo abbiamo già visto. Parliamo invece, di che cosa noi, per primi, possiamo fare. Dobbiamo rappresentare in quest'Aula la progettazione del futuro dei nostri cittadini, quindi pianificare, progettare e cercare di migliorare la qualità di vita dei nostri cittadini, direttamente collegata al problema FIAT (come ha detto bene il Consigliere Larizza).
Noi che cosa possiamo fare? Dobbiamo iniziare a credere che, veramente la FIAT possa risorgere, quindi veramente che Torino e Provincia possano diventare laboratorio di occupazione e sviluppo. Se non ci crediamo, cari colleghi, ci stiamo prendendo in giro, siamo qui solo per parlare, ma non possiamo incidere più di tanto. Abbiamo già dato dimostrazione che le Istituzioni ci sono quando abbiamo fatto la TNE. Oggi che cosa bisogna fare? Bisogna far vedere che c'è lo Stato, che ci sono le Istituzioni quindi va bene promuovere quell'ordine del giorno, votare l'ordine del giorno che i colleghi hanno sottoscritto, tuttavia dobbiamo anche dare un messaggio di ottimismo e, soprattutto, un messaggio di credibilità che Torino possa essere ancora fucina di espressione del lavoro dell'occupazione e dello sviluppo.
Se non facciamo qualcosa su questo punto delicato che rappresenta l'espressione del nostro territorio e della nostra cultura, vuol dire che fino adesso non abbiamo fatto niente. Dobbiamo dare un messaggio forte a questo tema fondamentale, che è quello che noi siamo chiamati a rappresentare in qualche modo; non siamo chiamati a gestire le azioni FIAT o a gestire il capitalismo, indipendentemente se questi sono sfuggiti di mano. Già dal 1980, quando la FIAT è andata in Brasile, in Argentina, in Polonia, si doveva intervenire, allora più di oggi. Invece che cosa è successo in certe circostanze? Il primo cittadino di Torino, in occasione del 1° maggio, dichiarò in Piazza San Carlo: "Vogliamo aiutare, sostenere le nostre imprese, perché senza industria e senza la FIAT il futuro di Torino non è possibile. Le istituzioni sono in prima fila perché il futuro delle città sia ancora il futuro industriale". Soltanto dopo alcuni giorni dichiarò: "Il sindacato non è più un efficace soggetto politico perché non propone modelli di sviluppo, ma solo giuste rivendicazioni". Non leggo tutto, ma esattamente dopo 15 giorni Chiamparino disse che dovevamo liberarci dalla zavorra FIAT per pensare alle Olimpiadi, per pensare che Torino poteva avere un futuro senza la FIAT.
Se il primo cittadino di Torino fa queste dichiarazioni in piazza, il 1° Maggio (giornata simbolo emblematico della conquista del lavoro, dello sviluppo e dell'occupazione), come fanno gli altri cittadini a credere che sia un problema sociale e un problema culturale? Oggi dobbiamo fare qualcosa per sbloccare questa situazione che ci sta attanagliando, che ci sta distruggendo, che sta trasformando il declino in depressione: questo è il punto su cui dobbiamo intervenire. Lasciamo stare le fesserie che dicono a Roma, che dobbiamo essere ottimisti, lasciamolo dire a chi vende Coca Cola; noi qui dobbiamo essere rappresentativi del nostro territorio e dei nostri cittadini, quindi dobbiamo fare qualcosa.
FIAT è l'acrononimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino. Questo quindi, voleva già dire che la FIAT doveva rimanere a Torino, che era un'espressione di Torino. Torino rappresentava e rappresenta ancora tutta l'Italia. Voi sapete che i 900 mila residenti a Torino rappresentano le culture di tutte le espressioni delle regioni italiane. Se Torino deve rimanere capitale dell'auto, se deve rappresentare il know how a livello internazionale, dobbiamo fare qualcosa affinché il lavoro rimanga a Torino affinché i dipendenti continuino a lavorare a Torino, affinché quelle utilitarie, che vogliono essere costruite altrove, siano costruite a Torino.
Dobbiamo fare qualcosa, tutti insieme, altro che dire andiamo avanti senza la FIAT perché oltre la FIAT ci sono altre alternative come il turismo! Abbiamo parlato di innovazione tecnologia, abbiamo parlato di ricerca, abbiamo parlato di tante cose, abbiamo parlato di nuove energie va tutto bene, ma se la cultura è quella, non possiamo cambiarla in ventiquattro ore. La cultura va programmata, pianificata, è quello il nostro compito.
Oggi farò una proposta seria e concreta, che è quella dell'azionariato popolare. Questa iniziativa negli anni passati ha avuto grande successo, è stata un punto di partenza per rilanciare la FIAT. Già nel 1982 la FIAT vendette le proprie azioni ai dipendenti e ai dirigenti facendole pagare a poco prezzo. Se noi oggi, come Istituzione, saremo i primi a portare avanti il discorso dell'azionariato popolare, non è che salviamo la FIAT con 100 milioni di euro, ammesso che alcuni cittadini diventino azionari della FIAT, ma almeno salviamo l'immagine, quello che trasferiamo alla gente e ai nostri cittadini. Noi crediamo, quindi, che la FIAT deve essere un problema economico sì, un problema occupazionale sì ma, al primo punto, mettiamo il problema sociale e il problema culturale, come diceva il Consigliere Larizza.
Ho presentato un ordine del giorno molto breve e molto sintetico affinché si inizi noi con l'essere i primi a credere. Non sono i cento o i cinquanta euro che, ognuno di noi, può tirare fuori dal portafoglio a sanare la situazione ma, dal punto di vista significativo, in un momento così di crisi, in un momento in cui si sta passando dalla recessione alla delusione, dobbiamo cercare di trasferire immagine di fiducia, non immagine di vittimismo, immagine di grandi imprenditori della finanza quando noi siamo chiamati solo e soltanto a fare gli interessi dei cittadini e a programmare e a pianificare la qualità della vita dei nostri cittadini.
Spero che tutti i miei colleghi, sia di destra sia di sinistra, votino questo ordine del giorno. Votiamolo, modifichiamolo, ma votiamolo. L'ho presentato affinché sia l'inizio di un percorso su cui tutti devono credere, solo quando si crede a qualcosa si può raggiungere l'obiettivo desiderato. Io credo sempre nelle cose che faccio, forse è per questo che qualche volta riesco ad essere il primo nelle mie competizioni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Clement; ne ha facoltà.



CLEMENT Gian Piero

Molte cose sono già state dette, quindi cercherò di portare in questo mio intervento un contributo con tutti i miei limiti, cercherò di essere almeno originale su alcuni aspetti.
Prima questione che è stata sollevata da molti sulla quale voglio ribadire: è totale la nostra adesione al pensiero che ha espresso con particolare forza il Consigliere Lepri, parlando di un Governo che si "gingilla" (mi sembra sia questo il termine che aveva usato).
Su questa vicenda il nostro Governo sta "piciuliando" (dalle mie parti si dice così), mentre tutti gli altri Governi europei e il Governo degli Stati Uniti stanno facendo e stanno costruendo delle politiche economiche su questo settore. Non dimentichiamo che, quando parliamo di FIAT, parliamo di un settore automotive che l'amministratore delegato Marchionne non cita nei suoi interventi, perché parla di 60 mila persone, che sono gli addetti coinvolti direttamente nel settore dell'auto, ma credo che siano centinaia di migliaia gli altri lavoratori coinvolti, in questo settore.
C'è, quindi, una forte necessità di costruire una politica industriale su questo settore, e non solo degli incentivi. Lo dicevano anche altri colleghi: va costruita una politica industriale che ponga al proprio centro le problematiche di motori e di mezzi di mobilità individuali più compatibili con l'ambiente; una politica industriale che affronti le problematiche della ricerca e dell'innovazione.
Occorre ricominciare a interrogarsi; anche l'intervento del collega Scanderebech, in alcuni aspetti assolutamente non condivisibile, quando parla di azionariato popolare, di partecipazione popolare, non arriva a pronunciare - credo per pudore - la parola "nazionalizzazione" o comunque forte partecipazione statale su FIAT.
Credo sia un tema sul quale bisogna avere il coraggio, anche dal punto di vista politico, di ricominciare ad interrogarsi, soprattutto se andiamo a verificare questa situazione rispetto ad altre vicende che sono successe in questi mesi (pensiamo a tutta la partita delle banche).
Secondo aspetto: in questi giorni abbiamo assistito all'accordo tra FIAT e Chrysler, a probabili accordi con altre case automobilistiche europee, e abbiamo letto il pensiero di tutti i maître à penser, sia della nostra città sia nazionali, su questi accordi. Va sempre tutto bene: la FIAT non sbaglia mai un colpo! Andava tutto bene anche quando faceva le scelte Romiti (secondo me è stato colui che ha rischiato di distruggere la nostra industria automobilistica), tutti dicevano che andava bene, per poi scoprire che, se non si fosse tolto il bastone del comando, probabilmente oggi parleremmo della FIAT al passato e non come un'azienda automobilistica che può ancora avere delle prospettive.
Tutti dicono che questi accordi sono positivi: tutte luci, nessuna ombra. Io ritengo che occorra tentare, non per andare a cercare qualcosa che non va, ma perché credo che l'onestà intellettuale ci debba costringere a capire quali sono i motivi che spingono aziende come la Chrysler e aziende come la Peugeot a tentare accordi con la FIAT. Tentare, quindi, di capire quali possono essere i motivi dei partner e capire se dietro questi motivi si celano, o possono celarsi, delle difficoltà per i nostri stabilimenti.
Ritengo che il vero motivo di questi accordi stia nel fatto che sia il Governo degli Stati Uniti d'America - un Governo di grandi speranze per tutti - sia il Governo di centrodestra francese agiscono in modo abbastanza simile: c'è grande disponibilità al sostegno delle imprese automobilistiche, ponendo, però, delle condizioni. E la condizione è una sola: che Chrysler continui a produrre negli Stati Uniti d'America e che Peugeot continui a produrre in Francia.
quindi, del tutto evidente che andiamo a fare accordi con queste grandi aziende, a fornire know how, a fornire quelle che oggi vengono chiamate "piattaforme tecnologiche", col rischio che queste diventino dei doppioni dei nostri stabilimenti, delle nostre produzioni, e non si riesca a capire come uscire da questa situazione.
La questione della delocalizzazione di queste aziende, che sono strategiche per il settore industriale del nostro Paese, è un problema che vogliamo porci, o è un problema che vogliamo continuare a non affrontare? Il nostro Gruppo aveva presentato un progetto di legge sulla questione delle delocalizzazioni, e ci si è sempre rifiutati, in maniera pervicace di entrare nel merito e di portare avanti la discussione su questi aspetti.
Di quanti altri esempi avremo bisogno per iniziare a discutere seriamente di delocalizzazione? Non possiamo dimenticare che dietro questi problemi industriali ci sono centinaia di migliaia di lavoratori, centinaia di migliaia di famiglie che stanno vivendo una situazione difficilissima. Crediamo che occorra fare tutti gli sforzi possibili per costruire politiche industriali, ma occorre fare anche uno sforzo eccezionale per sostenere i redditi, la domanda interna.
I soldi regalati ai "padroni" saranno anche politiche attive del lavoro, ma i soldi dati ai lavoratori per poter continuare a mantenere un livello di vita dignitoso, non possono essere bollati come puro e semplice assistenzialismo. Gli ammortizzatori sociali devono essere estesi e - l'ho già detto la volta scorsa, parlando della povertà - deve essere alzato il livello della copertura della cassa integrazione.
Un lavoratore metalmeccanico che guadagna 1.100-1.200 euro al mese faticava ad arrivare alla fine del mese prima della crisi; con la cassa integrazione rischia di perdere 200 euro a settimana, per ogni settimana di cassa integrazione, pertanto come possiamo pensare che con questi livelli di copertura si possa continuare ad andare avanti? Ultima questione (e concludo): nel 2005, la Regione, la Provincia e il Comune di Torino hanno fatto un accordo con la FIAT per acquisire circa il 10% dei terreni di Mirafiori. Questo accordo aveva degli obiettivi molto precisi: doveva servire sostanzialmente a mantenere un pezzo di produzione significativa della FIAT a Torino. Condivido l'intervento del collega Scanderebech, quando dice che la FIAT - lo dice il termine stesso - deve essere la fabbrica italiana delle automobili di Torino, però, o questo lo si sostanzia con delle politiche significative, oppure rischia di rimanere un puro e semplice nome.
Rivolgo una domanda, sulla quale chiudo, lasciando ad altri le considerazioni o un'eventuale risposta all'Assessore: in questa fase, alla luce di cosa sta succedendo, TNE serve o non serve? Deve ridefinire la sua mission, come si dice oggi, e quindi dovremmo capire se questo può essere uno strumento, una leva nelle nostre mani per tentare di costruire un pezzo di politica industriale, non solo su FIAT, ma su tutto il comparto automotive, che potrebbe essere significativamente interessato a ricollocarsi su quelle aree.



PRESIDENTE

Grazie, collega Clement.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Novero; ne ha facoltà.



NOVERO Gianfranco

Grazie, Presidente.
Certo, la crisi è grave, le famiglie cominciano ad avere sempre più problemi, perché manca il lavoro, ma il lavoro manca a causa dell'assenza delle ordinazioni, non c'è richiesta. Nella nostra regione ci sono anche realtà - poche - che hanno molta richiesta. Conosco aziende che stavano progettando di ingrandirsi e di avviare una ristrutturazione, che ancora vorrebbero agire in tal senso, perché avrebbero gli ordini - sono poche, ma qualcuna c'è - ma non hanno il sangue; normalmente, il sangue è quello che arriva dai canali finanziari, cioè dalle banche. Queste aziende, se non riescono ad ottenere i finanziamenti, non potranno aprire o chiuderanno lasciando a casa dei lavoratori.
Ricordo, tempo fa, all'inizio della crisi, la dichiarazione del massimo esponente del PD in Italia, che diceva scandalizzato (io mi sono scandalizzato a sentire le sue parole alla radio): "Il Governo pensa di aiutare le banche. Vergogna, aiuti ai lavoratori!".
Se quel signore pensava che il Governo volesse aiutare i banchieri, ha tutta la mia approvazione; ritengo l'osservazione poco pertinente perch quel signore non ha capito che aiutare le banche può far sì che le aziende non chiudano.
Ci sono altri motivi di rammarico. Oggi ci doveva essere un incontro con le aziende che si sono rilocalizzate.
Comunque, conosco un'azienda della mia zona che si è rilocalizzata...



(Commenti in aula)



NOVERO Gianfranco

Non è un rimprovero.



(Commenti in aula)



NOVERO Gianfranco

Cercherò di stringere.
Conosco un'azienda che si è rilocalizzata, altresì conosco aziende che hanno chiuso, perché, dalle mie parti, nello stesso luogo dove - purtroppo c'è stata l'alluvione, qualche azienda ha chiuso e qualche altra si è spostata. Le aziende che si sono spostate hanno scommesso sugli ordini quella che conosco io li ha gli ordini - ma anche un'azienda attiva, che offre il lavoro, ma se non arrivano i finanziamenti, rischia di chiudere perché materialmente non ha più soldi per pagare.
Per quanto riguarda l'agricoltura, abbiamo sentito la Commissione, i soldi ci sono! Addirittura, qui, non mancano neanche i soldi, ci sono! Magari potrebbero servire a comprare qualche trattore.
Chi fa i trattori? Come si chiamano quelle aziende, metalmeccaniche? Magari qualche euro dato all'agricoltura, che acquista dei trattori potrebbe servire a qualche azienda metalmeccanica e, conseguentemente, a far lavorare qualche operaio. Facciamo lavorare il contadino, facciamo lavorare il venditore, è tutta una catena virtuosa: no, queste cose non si fanno.
Adesso arriva il problema FIAT, che non sottovaluto per niente. Negli anni '70 ho fatto il sindacalista e mi ricordo che già negli anni '60 a casa nostra si diceva: "È ora che il Piemonte cambi, non può mica continuare con la FIAT!". Questo lo si diceva negli anni '60! Per carità il fatto che alla giusta analisi non sia conseguita alcuna azione non permette oggi di dire "cattivi".
Oggi la situazione è quella che è, la FIAT esiste, c'è un certo numero di lavoratori che lavorando alla FIAT mantiene le famiglie, c'è tutto l'indotto e la Lega, nonostante quello che può dirsi, auspica che la FIAT non chiuda.
Siamo contrari ad aiutare troppo certi personaggi - mi sembra sempre antipatico fare il nome, ma dico il cognome: Montezemolo - che si sono arricchiti troppo alle nostre spalle, allora vorremmo evitarlo.



(Commenti in aula)



NOVERO Gianfranco

No, non è il nostro Governo. Quando c'era "mamma DC", con il PCI faceva gli accordi sotto banco - ragazzi! - sulla FIAT.



(Commenti in aula)



NOVERO Gianfranco

Alla FIAT hanno scioperato fino a quando il Sindaco di Torino è stato democristiano, hanno smesso di scioperare il giorno in cui è stato eletto Novelli. Io lo ricordo, perché, per andare a lavorare alla Cassa di Risparmio, passavo tutti i giorni davanti al Comune e sempre c'era qualcuno che bloccava via XX Settembre; questo è avvenuto fino al giorno delle elezioni.
Allora, per favore...



(Commenti in aula)



NOVERO Gianfranco

Va bene.
Io dico che le colpe sono molte, ma ci sono anche dei meriti. Tutto sommato, abbiamo avuto negli anni scorsi, ma credo ancora oggi, una classe politica che ha cercato di fare il bene della nostra gente, magari, a volte, sbagliando, altre volte facendo bene.
Rispetto a quanto ho riferito sul discorso sull'ordine del giorno dovrei parlare dell'ordine del giorno che avete presentato - nonostante quello che voi potete pensare, ritengo che in tale documento si entri troppo nel dettaglio di quanto occorre prevedere e non sono sicuro di tutto; sicuramente - la butto lì - ricordo gli accordi circa l'individuazione di risorse adeguate per assicurare il rinnovo completo del parco auto.
Sul discorso di base che fate sono d'accordo, però, scusatemi, io non ho presentato alcun ordine del giorno quando Veltroni ha formulato quella frase che ho citato prima, solo perché sono stato tirato per la barba altrimenti non lo avrei fatto, perché possono capitare delle battute.
Intanto svolgo la dichiarazione di voto e annuncio che il nostro voto non sarà contrario, ma di astensione.
Non posso accettare che, in sostanza, al mancato intervento governativo poi, al di fuori dell'ordine del giorno, è stato detto anche in quest'Aula, in particolare alla Lega - si attribuiscano delle responsabilità su questa azione della FIAT, che noi assolutamente non abbiamo.
Se permettete, se i colleghi avessero voglia - qualcuno mi ha ascoltato vorrei che si allargasse il discorso.
Faccio un attimo di sosta, magari, dopo, mi ascoltano.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Collega, oltre al Consigliere Scanderebech, c'è il sottoscritto e comunque, rimane agli atti. Prego.



NOVERO Gianfranco

Volevo sentire da questa parte.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Consigliere Scanderebech!



NOVERO Gianfranco

Siccome sono un umile....



PRESIDENTE

Prego, collega Novero.



NOVERO Gianfranco

Siccome sono un umile esponente del mio partito, ho preso il verbo cioè le parole virgolettate che la Repubblica - non La Padania, La Repubblica - riporta sulla dichiarazione di Calderoli: "Abbiamo pagato abbastanza volte per la FIAT, per intervenire" - però andiamo avanti. "Se così fosse" - parlando dell'ipotesi di aiuto - "ci sarebbe la rivolta del popolo. Le aziende devono essere considerate nel loro insieme. Il Governo ha aiutato le famiglie e le imprese, e la FIAT rientra tra queste. Se ci sarà una considerazione non sarà per la FIAT, ma per il mondo dell'automobile, non si può considerare una singola azienda".
Non vedo alcuna parola che dica "non aiutiamo la FIAT". Leggo che bisogna aiutare le famiglie e le imprese e che tra queste imprese - dice Calderoli - c'è la FIAT; non c'è solo la FIAT, c'è anche la FIAT. Questa è la nostra posizione. La "FIAT azienda" è chi ci lavora e non tanto chi la governa, possibilmente. Poi, guardando bene, non sono tra coloro che critica troppo lo stipendio di Marchionne, critico altre forme di compenso.
Perché un bravo dirigente deve essere pagato, siamo realistici.
Ma deve essere bravo, e non vivere alle spalle dei contribuenti, come in passato spesso è accaduto, non certo per colpa certo dei lavoratori ma di chi dirigeva l'azienda. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Dalmasso; ne ha facoltà.



DALMASSO Sergio

Molto brevemente, la relazione dell'Assessore è stata molto chiara; ha offerto dati in un quadro di grande interesse, anche se estremamente preoccupante, di cui già si è parlato in questo Consiglio.
Continuiamo a credere che la crisi dell'auto sia la più grave fra tutte. Hanno ragione coloro che dicono che non c'è solamente la FIAT, ma anche la piccola e media industria, settori importanti di ogni tipo che oggi sentono pesantemente questa realtà. È una crisi - si è detto per lungo tempo - finanziaria.
già stato ricordato che il grande statista che ci governa, fra un barzelletta e una battuta sulle donne, aveva detto che in Italia la crisi non si sarebbe sentita, perché è un Paese basato maggiormente sull'attività produttiva, a differenza degli USA, che, invece, giocano più sulla finanza.
Mi pare che i fatti dimostrino chiaramente che così non è stato: ancora una volta, si tratta di una crisi di sovrapproduzione, che ha effetti devastanti sul ceto medio (sui lavoratori, tutti), rischia di avere effetti ancora più drammatici sullo scenario internazionale e potrebbe avere ricadute pesanti sul quadro politico. Crisi di questo tipo spesso hanno prodotto chiusure, paure e odio verso gli altri, con cadute a destra estremamente pesanti, di cui qualche segno credo vi sia.
Quando nell'estate del 2005 oramai lontanissima - eravamo qui da poco alle primissime armi - avevamo discusso dell'accordo che è stato rammentato, il nostro Gruppo (non da solo) aveva sollevato la questione che un motore si producesse in questa città, per evitare, appunto, quella situazione per cui la produzione avvenisse in gran parte in altri luoghi che i livelli occupazionali non solo di Torino, ma a livello nazionale venissero mantenuti, e aveva sottolineato mille volte il problema dei cassaintegrati.
già stato ricordato che mentre la cassa integrazione fino a pochi anni fa copriva l'80% del salario, le grandi conquiste sociali di questi ultimi anni l'hanno portata al 50%, ossia ad un livello in cui non si vive assolutamente.
Mi soffermerei su tre questioni banali e brevi, già in parte toccate.
La prima riguarda il motore ecologico: avevamo ricordato, allora, che l'innovazione, la ricerca, gli sforzi e l'impegno si sarebbero dovuti buttare su questo tema. Molto poco ci pare sia stato fatto. L'Italia è superata da altri paesi che si sono lanciati, giustamente, su questa strada.
Oggi c'è uno sport che piace a tutti in Italia: lodare il neo Presidente USA, per cui abbiamo scoperto che tutti avrebbero votato Obama dalla estrema sinistra alla estrema destra, che è l'uomo di questo secolo non solo perché è giovane e bello.
Ricordo soltanto che nei primi sette giorni della sua Presidenza questo Presidente ha dato - non ne faccio un mito, perché ci sono mille questioni che sicuramente esamineremo nei prossimi mesi - alcuni segni: un forte investimento sulle scuole (in Italia si taglia drammaticamente su questo), un forte intervento sulle ricerche rinnovabili (in Italia, quando abbiamo vinto il referendum nel 1986 contro la scelta nucleare, dicemmo che tutte le energie si sarebbero dovute buttare su queste scelte, e siamo rimasti completamente al palo). Sempre secondo il neo Presidente, l'auto si deve assolutamente modificare, combattendo anche contro alcuni forti interessi petroliferi rappresentati dal Presidente precedente, per cui propone che un milione di auto ibride sia in funzione entro l'anno 2015 (quindi non a livelli eterni, ma entro sei anni).
Questo è poco: ha ragione il Consigliere Moriconi, come sempre, nel ricordare che occorrerebbe una modifica complessiva dei meccanismi, sia di produzione che di consumo.
Oggi questi aspetti sono ribaditi da un grande economista e ambientalista, Jeremy Rifkin, in un'intervista su un quotidiano nazionale.
Però, evidentemente, sono piccoli passi e noi siamo molto indietro rispetto a questi.
La seconda questione riguarda il trasporto pubblico, che, secondo un'osservazione collettiva, è in tilt. Per quanto concerne gli eventuali finanziamenti, a mio avviso otto miliardi in due anni non sono cosa di poco conto, perché è la metà di quello che la Germania ha stanziato quest'anno e anche in merito alla discussione sulla TAV, è mezza TAV sostanzialmente (TAV di oggi, non fra cinque o dieci anni).
Ma se non è questa - domanda - l'occasione per ripensare ad un modello di trasporto e di consumo, con un investimento forte sul trasporto pubblico? Non dovrebbe essere una delle condizioni vincolanti che dovrebbe essere posta all'industria? Nell'altro caso, possiamo anche aver boccate di ossigeno che durino due o tre anni, ma rischiamo, fra due o tre anni, di ritrovarci di fronte ancora una volta, ad una situazione eventualmente peggiorata rispetto a quella di oggi.
La terza questione riguarda l'intervento pubblico. Nessuno di noi ha verità in tasca, ma sentir dire chi si definisce "liberale" invocare Keynes e parlare di intervento pubblico - è successo nella mattinata - è un fatto abbastanza interessante.
I primi anni di questo decennio, quando eravamo più forti rispetto ad oggi, un grande poeta latino disse che non c'è dolore peggiore che ricordare le stagioni positive quando si vive in quelle negative. Ma cercheremo di venire fuori da quelle negative ancora una volta.
Avevamo sostenuto un intervento pubblico sulla FIAT. Naturalmente eravamo matti ideologici e quant'altro. Oggi credo che l'ingresso dello Stato nella proprietà aziendale non sia una "formuletta", ma abbia, invece un senso. E, comunque, il controllo di quei denari e di quelle cifre che verranno sicuramente stanziate (magari tardi, ma che verranno sicuramente stanziate), credo abbia un senso. Perché, al di là di questo, qualunque finanziamento senza controllo rischia di non avere alcun ente, alcuna struttura, alcuna soggettività. Un tempo c'era il movimento operaio, che oggi viene attaccato frontalmente anche sul modello contrattuale. Ma credo che questa soggettività, per quanto resti, debba avere il diritto di verificare se questo denaro viene appunto utilizzato per rilanciare attività, produzione, occupazione o altro.



PRESIDENTE

Grazie, collega Dalmasso.
Se non vi sono altre richieste di intervento, passiamo all'esame dei due ordini del giorno collegati.
Ordine del giorno n. 1157 dei Consiglieri Lepri, Muliere, Pace, Clement Deambrogio, Barassi, Dalmasso, Comella, Cavallaro, Caracciolo, Bossuto Turigliatto, Rabino, Larizza, Boeti, Bellion, Bizjak, Cattaneo, Motta Auddino, Reschigna, Travaglini, Pozzi, Ronzani, Chieppa, Rostagno e Rutallo, inerente a "Crisi dell'auto: il Governo e il Parlamento devono intervenire".
Ordine del giorno n. 1164 del Consigliere Scanderebech, inerente a "FIAT promuovere l'azionariato popolare".
Ha chiesto la parola il Consigliere Manolino, per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



MANOLINO Giuliano

Grazie, Presidente.
Molti sono intervenuti con considerazioni che, in alcune parti, i Moderati ritengono di condividere.
Siamo d'accordo, naturalmente, con le proposte che sono state fatte sulla necessità di dare una mano all'industria dell'auto torinese, non alla "famiglia", ma alle famiglie. Siamo altresì d'accordo che si chieda al Governo e al Parlamento di fare un'azione incisiva e che abbia un riflesso di incentivazione. Quindi, prorogare il potenziamento dei bonus, introdurre un sistema di incentivi e quant'altro è stato segnalato su questo ordine del giorno che abbiamo visto.
Devo però dire, Presidente, che le sembrerà strano, ma questo Gruppo consiliare è il secondo gruppo in questa maggioranza.
Evidentemente il Gruppo di maggioranza relativa e questa maggioranza non hanno ritenuto necessario coinvolgere questo Gruppo nella sottoscrizione di un ordine del giorno o quanto meno nella sua disamina.
Mi sembra strano per quel che riguarda un ordine del giorno inerente a tutti i problemi della Regione Piemonte, ma devo dire che sta diventando una considerazione abituale che stiamo rilevando da parte di una maggioranza che pensa che i Moderati vengano in Aula o in Commissione semplicemente per sostenere il numero legale. A noi questo ordine del giorno nessuno lo ha fatto vedere né sottoscrivere. Non mi dispiace più di tanto, perché diventa in questi ultimi tempi un'abitudine che voglio vedere se continuerà.



(Commenti del Consigliere Lepri)



MANOLINO Giuliano

Questa non è una motivazione, collega Lepri. Mi dispiace. Noi siamo quattro con quattro telefoni disponibili, siamo presenti nelle Commissioni e questo ragionamento non me lo può fare.
Però se così è, ne prendiamo atto e vedremo se continuerà questo disinteresse da parte di altri partiti nei confronti dei Moderati.
Non credo che valga la scusa che non eravamo presenti al momento della stesura dell'ordine del giorno perché, come tutti sappiamo, i mezzi informatici oggi sono tanti e tali, per cui questa motivazione non è solo puerile, ma del tutto inesistente.
Detto questo, è chiaro che non ritengo che il nostro Gruppo debba sottoscrivere e votare questo ordine nel giorno, ancorché ne condivida le finalità, ancorché come ho detto nella sensibilità del Gruppo e del movimento politico ci sia una grande preoccupazione per gli sviluppi dell'azienda automobilistica torinese.
Quindi, noi ci asterremmo dal voto per quanto riguarda questo ordine del giorno.
Per quel che riguarda invece l'ordine del giorno presentato dal collega Scanderebech, devo dire che è singolare, per non dire originale; forse è anche utile pensare ad un'azione di azionariato popolare, nonostante le difficoltà che in questo periodo a livello popolare le difficoltà economiche e finanziarie possano creare.
Non riteniamo però che la sensibilizzazione di un'eventuale azione debba essere fatta da parte della Regione Piemonte, bensì riteniamo che, se c'è un interesse della cittadinanza e dei cittadini, la sensibilizzazione possa avvenire direttamente da parte dell'azienda.
Quindi, anche in questo caso non riteniamo di votare l'ordine del giorno, ma daremo la semplice presenza. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato le parole del Presidente Manolino. Non ho difficoltà a scusarmi con lui se il suo Gruppo si è sentito escluso. Non era assolutamente mia volontà fare questo.
Semplicemente a memoria penso di ricordare bene che non c'era nessuno dei presenti del suo Gruppo e, come per altri casi, ad esempio il collega Botta che ha firmato adesso, credo che ci sia la possibilità di poterlo firmare, se il Presidente e i suoi colleghi ritengono, prima del voto.
Assolutamente non c'era alcuna ragione di escludere il gruppo dei Moderati da questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Dutto; ne ha facoltà.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente.
Faccio un intervento tecnico a livello finanziario, per cui vorrei che l'Assessore Peveraro mi ascoltasse.
Faccio un intervento tecnico per quanto riguarda l'ordine del giorno del collega Scanderebech che propone l'azionariato popolare, per un motivo molto semplice: l'azionariato popolare oggi c'è già.
Le azioni FIAT sono quotate in Borsa. Vi sono due categorie di azioni quelle ordinarie che danno ai detentori il diritto di voto nell'assemblea degli azionisti, e quelle privilegiate, che invece danno un privilegio nella distribuzione dei dividendi e, in caso di liquidazione della FIAT, un privilegio sulla distribuzione del capitale.
Pertanto non c'è da fare nulla, nel senso che qualsiasi cittadino oggi può acquistare azioni FIAT presenti sul mercato, scegliendo la categoria che più ritiene opportuna per i suoi scopi.
Potrei interpretare l'ordine del giorno come proposta alla FIAT di aumentare il capitale sociale.
Però mi risulta che, sia per legge sia per Statuto della stessa FIAT se la stessa decide di aumentare il capitale sociale, le nuove azioni vengono date in prelazione ai soci che detengono oggi le vecchie azioni privilegiate o ordinarie.
In definitiva, trovo questo ordine del giorno...



PRESIDENTE

Mi scusi, le azioni saranno anche ordinarie, ma il brusio è assolutamente straordinario.



DUTTO Claudio

Questo ordine del giorno è privo di senso, nel senso che propone una cosa che già esiste e che viene normalmente praticata.
Quindi, inviterei il Consigliere Scanderebech a ritirarlo, salvo fare invece una modifica, cioè semplicemente invitare tutti i cittadini piemontesi ad acquistare in Borsa le azioni per sostenere la FIAT. Si potrebbe interpretare così.
A questo punto non so se in Consiglio regionale una cosa del genere sia molto opportuna, ma se penso a tutti gli azionisti che nell'ultimo anno hanno visto dimezzare il valore degli investimenti, perché di fatto le azioni FIAT valgono oggi anche di più, valgono quasi il 30% rispetto ai massimi, fare un invito di questo genere non mi sembra molto opportuno.
Sotto questo punto di vista, ritengo che l'ordine del giorno proprio non possa essere votato.
Pertanto, non parteciperò al voto per tutte le considerazioni che ho espresso, se non verrà ritirato, perché comunque invito il collega Scanderebech a ripensarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Scanderebech.



SCANDEREBECH Deodato

Io non sono un giocatore di azioni in Borsa, collega Dutto, ma l'azionariato popolare non l'ho inventato io.
Il principio dell'azionariato popolare è quello di trasmettere fiducia e credibilità all'azienda, a partire da chi ci lavora e quindi offrire ai dipendenti un'azione speciale che non viene presa da quella che viene messa in Borsa, bensì dal capitale sociale di cui l'azienda dispone, e quindi dalla proprietà.
un atto di delicatezza e di rispetto nei confronti del proprio dipendente, che crede nella propria azienda e quindi ci lavora con serenità, perché si sente parte in causa.
Non c'è niente di anormale in una cosa del genere. Non l'ho inventata io, l'hanno già fatto la SAI, l'hanno già fatto tante altre aziende italiane; hanno preso una parte delle quote, non da quelle ordinarie quotate in Borsa, ma da quelle della proprietà e le hanno dato l'opzione speciale esclusivamente ai dipendenti.
Altrimenti che azionariato popolare è? Perderebbe di significato.
L'azionariato popolare non l'ho inventato io, esiste anche in Francia ed in Germania. In altre nazioni è stato utilizzato con successo e vedo che il collega Larizza molto intelligentemente annuisce.
L'azionariato popolare serve a dare credibilità. Ossia, se vogliamo rendere pubblica l'azienda FIAT, attraverso la partecipazione, dobbiamo partire dal basso, quindi dai dipendenti, perché se l'azienda crede nei dipendenti li deve incentivare con maggiore credibilità; se il dipendente ci crede investe in azioni, sapendo già che quel minimo è privilegiato.
Altrimenti che azionariato è? Penso che anche La Regione Piemonte debba crederci: se oltre agli incentivi pubblici, oltre ai finanziamenti, oltre a quello che abbiamo già fatto, si portasse avanti un discorso di immagine e di credibilità come azionariato popolare, penso che tutto possa servire a perseguire quell'obiettivo, al quale tutti noi pensiamo, che è quello di migliorare l'occupazione e lo sviluppo del nostro territorio.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 1157, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che i dati di dicembre rilevano 45 mila lavoratori in cassa integrazione in Piemonte. L'industria automobilistica, come nel resto del mondo, sta pagando un prezzo particolarmente alto: ai 5400 operai di Mirafiori in cassa integrazione tra dicembre e gennaio si aggiungono 2000 impiegati che la inizieranno a febbraio. L'intero gruppo FIAT ha previsto in queste settimane, considerando tutte le sedi italiane, la messa in cassa integrazione di circa 50 mila lavoratori. Il calo drastico delle vendite (meno 23% secondo i dati di novembre) e della produzione (meno 46% rispetto allo stesso mese del 2008) è in linea con quanto sta avvenendo negli altri paesi, evidenziando, all'interno della più generale crisi, un problema specifico che riguarda il settore automobilistico a livello mondiale considerato inoltre che in quasi tutti i Paesi produttori di autovetture sono o stanno per essere introdotti in vario modo: bonus ecologici per incentivare la rottamazione con l'acquisto di nuove vetture in linea con gli standard ambientali misure fiscali per favorire l'acquisto di auto non inquinanti sistemi di sostegno al credito per l'acquisto di autovetture interventi diretti di finanziamento alle industrie automobilistiche risorse a sostegno della ricerca e sviluppo di soluzioni eco-compatibili.
Nulla di tutto ciò in Italia. Il sostegno alla rottamazione, presente per opera del precedente governo, non è stato rinnovato per l'anno 2009.
Attualmente non vi sono proposte precise in campo, mentre il Governo sembra avere chiuso, con la conversione in legge del decreto legge del 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), la propria azione di contrasto alla crisi. Peraltro gli orientamenti emersi in sede di Consiglio dei Ministri dell'Industria dell'Unione Europea, che prevedono un coordinamento tra l'azione dei diversi Stati, evidenziano in modo ancora più marcato la necessità che il Governo e il Parlamento abbiano una politica per il settore tenendo inoltre in conto che le conseguenze di una mancata iniziativa sono particolarmente gravi per Torino e per il Piemonte. La nostra regione è il cuore dell'industria automobilistica italiana, non soltanto per la presenza di FIAT, ma per il peso rivestito da un indotto di piccola e media impresa del settore, che è il suo fulcro produttivo. Alle conseguenze immediate, si aggiungono i problemi di prospettiva, legati alla forza con cui l'industria automobilistica italiana saprà affrontare gli inevitabili processi di ristrutturazione e concentrazione che si prevedono a livello mondiale. Non è difficile prevedere che conterà, nella definizione di alleanze con altri produttori, l'impegno con cui i singoli paesi sosterranno le loro industrie nazionali ed accompagneranno i processi di concentrazione. Le decisioni di oggi influenzeranno le scelte rispetto alla collocazione di funzioni strategiche (sia dal punto di vista manageriale che da quello produttivo) dell'industria automobilistica mondiale.
chiede al Governo e al Parlamento di assumere con forza adeguate misure a sostegno della nostra industria automobilistica, anche attraverso l'apertura immediata di un tavolo di confronto specifico sull'industria dell'auto che riunisca le parti industriali e sindacali e le amministrazioni regionali e locali interessate, per individuare i più adeguati interventi. In particolare occorre prevedere: la proroga e il potenziamento dei bonus ecologici per la rottamazione di vecchie auto con acquisto di vetture almeno euro 4 l'individuazione e l'introduzione di forme di garanzia per la concessione di crediti al consumo automobilistico l'introduzione di un organico sistema di incentivi alla ricerca ed allo sviluppo, in par ticolare relativi a tecnologie ecocompatibili l'individuazione di risorse adeguate per assicurare il rinnovo completo del parco-auto degli enti pubblici entro due anni e degli autobus per il trasporto pubblico locale sostituendoli con vetture ecologiche".
Il Consiglio approva.
Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 1164, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che la crisi economica ormai dichiarata da tempo si è ripercossa inevitabilmente sul settore automobilistico tenuto conto che la crisi FIAT per la nostra Regione rappresenta un problema non solo occupazionale-economico ma soprattutto sociale tenuto conto che negli anni '80 molte aziende italiane (come FIAT Benetton, Sai, Valeo, ecc...) hanno sperimentato con successo l'azionariato popolare offrendo azioni proprie ai dipendenti o ai cittadini impegnala Giunta regionale a prendere in considerazione l'azionariato popolare e a promuovere una campagna di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica a favore della sottoscrizione di azioni FIAT".
Il Consiglio non approva.
Con questa votazione possiamo ritenere conclusi i lavori della seduta pomeridiana.
Ricordo che domani mattina il Consiglio è convocato per le ore 10.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.13)



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