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Dettaglio seduta n.379 del 18/11/08 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


COTTO MARIANGELA



(Alle ore 10.00 la Vicepresidente Cotto comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.37)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellion, Bresso, Cattaneo e Clement.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Assestamento di bilancio

c) Variazioni al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2008


PRESIDENTE

Comunico che la Giunta regionale in data 12 novembre 2008 ha trasmesso in ottemperanza al comma 7 dell'articolo 24 della l.r. 7/2001 (Nuovo ordinamento contabile della Regione Piemonte), n. 10 deliberazioni del 15 settembre 2008, n. 8 deliberazioni del 22 settembre 2008, n. 9 deliberazioni del 30 settembre 2008 (Allegati a disposizione presso l'Ufficio Aula).


Argomento:

Sull'ordine dei lavori, con particolare riferimento a:

Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Richiesta, da parte del Consigliere Deambrogio, di una comunicazione della Giunta regionale relativamente alla situazione occupazionale della Diffusioni Grafiche S.p.A. di Casale Monferrato (AL)

Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Richiesta, da parte del Consigliere Toselli e del Consigliere Scanderebech in merito alla presenza della Giunta regionale nel corso del dibattito inerente a "Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale"


PRESIDENTE

Invito cortesemente i Consiglieri a prendere posto per aprire la seduta tematica richiesta con la convocazione di questa sessione straordinaria del Consiglio regionale ex articolo 40 dello Statuto della Regione Piemonte inerente a "Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale", su richiesta presentata dai Consiglieri Scanderebech e altri.
Sull'ordine dei lavori, ha chiesto la parola il Consigliere Deambrogio ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

La ringrazio, Presidente. Le rubo davvero solo due minuti, anche perch mi aggancio alla presenza in Aula dell'Assessore Migliasso per segnalare purtroppo in queste settimane in modo particolare l'Assessore Migliasso avrà avuto chissà quante richieste - un ennesimo caso di difficoltà che riguarda più di 120 lavoratori di un'azienda (Diffusioni Grafiche) che si trova in provincia di Alessandria, nel Comune di Casale Monferrato, la quale è stata e forse è ancora per molti versi una delle aziende più grandi di stampa di rotocalchi e giornali locali.
Quest'azienda vive una crisi pesante da tempo, una cassa integrazione a rotazione per 40 lavoratori, 15 lavoratori in mobilità. Il problema è che lì ieri alcuni di questi lavoratori hanno iniziato un'attività di picchettaggio perché un anticipo di stipendio promesso da lungo tempo non è arrivato. So che l'Assessore Migliasso e tutta la Giunta sono molto attenti da questo punto di vista, prova ne sia la lettera annunciata oggi sui giornali della Presidente verso il Governo per avere una cassa integrazione che riguarda anche i precari, quindi so di questa attenzione.
Presidente, le ho rubato questo minuto per sottoporre, almeno dal punto di vista orale, la questione all'Assessore. Sarà mia cura fornirle ulteriori informazioni che cercherò di ricostruire in queste ore.



PRESIDENTE

Sempre sull'ordine dei lavori, ha chiesto la parola il Consigliere Toselli; ne ha facoltà.



TOSELLI Francesco

Grazie, Presidente. Il mio è un appello ai colleghi. Per carità possiamo tranquillamente iniziare il Consiglio: le firme sull'apposito foglio - Presidente, lei mi confermi - danno la maggioranza dei presenti per cui è possibile proseguire con l'ordine dei nostri lavori.
Tuttavia mi sembra che, molto velocemente, in Aula possiamo contarci.
Allora, o richiamiamo i colleghi Consiglieri e la Giunta a prendere parte ai lavori ordinari di questo Consiglio, oppure decidiamo di sospenderlo.
Detto questo, mi chiedevo - e credo che la Giunta me lo possa cortesemente far sapere - se l'Assessore alla sanità stamani partecipa ai lavori dell'Aula o se è in congedo. Visto che non mi è sembrato di conoscere preventivamente la sua presenza o l'assenza, vorrei essere confortato dalla Giunta e poter avere in Aula in mattinata o nel primo pomeriggio l'Assessore alla sanità. Grazie.



PRESIDENTE

Mi comunicano che l'Assessore alla sanità sarà presente in Aula verso le ore 11.30. Consigliere Toselli, io ho già provveduto a richiamare i Consiglieri ad entrare in Aula.
Ha chiesto la parola il Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Presidente, un tema così importante e così delicato, in un periodo così particolare, richiede una presenza ben superiore a quella che si registra in Aula in questo momento.
Finalmente riusciamo a trattare questo argomento. Anche se a me interessa che ci sia l'Assessore Migliasso, perché oggi è l'Assessore preposto al tema in questione. La materia è di un'importanza così notevole e così strategica che per la dignità dell'Aula è importante che ci sia la maggioranza dei Consiglieri presenti.



PRESIDENTE

Se l'Aula concorda, proporrei una sospensione di 15 minuti, per riprendere i lavori alle ore 11.
Ha chiesto la parola il Consigliere Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

Direi che bastano anche cinque minuti, perché stanno rientrando diversi colleghi. Ci rimettiamo comunque alla sua discrezionalità, Presidente.



PRESIDENTE

D'accordo. Allora la ripresa sarà alle ore 10.50.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.44 riprende alle ore 10.54)


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

"Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale" presentata dai Consiglieri Scanderebech, Rutallo, Rabino, Auddino, Comella, Vignale Cirio, Caracciolo, Buquicchio, Dalmasso, Rossi, Placido, Laus, Toselli Cavallaro, Ferraris, Boeti, Manolino, Moriconi, Botta, Guida, Deambrogio Pace, Nicotra, Cotto, Cavallera, Rostagno, Leo, Ronzani, Chieppa Turigliatto, Bossuto, D'Ambrosio, Pedrale, Cattaneo, Monteggia, Caramella Larizza, Bellion, Burzi, Dutto, Leardi e Lupi


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Procediamo con l'esame del tema per cui è stata convocata questa sessione straordinaria di Consiglio, "Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale", di cui al punto 2) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Scanderebech, primo firmatario della richiesta di Consiglio straordinario; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Ringrazio tutti i Consiglieri e il Presidente perché finalmente oggi prestiamo attenzione e, soprattutto, diamo dignità a questo Consiglio con la trattazione di un argomento così importante. Personalmente, mi auguro che emergano delle riflessioni che possano rivelarsi utili ai nostri cittadini al fine di tentare di contrastare il fenomeno della povertà.
Tutti noi sappiamo quali sono le cause che in questi ultimi tempi hanno provocato il passaggio delle fasce medie della popolazione (soprattutto il cosiddetto ceto medio) da condizioni di vita decorose e decenti ad una situazione difficile da affrontare perché riescono ad arrivare alla quarta settimana del mese.
Ebbene, tutti sappiamo qual è stata la motivazione. Il credito e soprattutto il denaro facile, negli Stati Uniti ha determinato un indebitamento delle famiglie, al contrario di quello che è successo nei Paesi asiatici e in Cina, dove i risparmi sono stati eccessivi. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, non c'era una regola nel risparmio, sembrava che i soldi fossero dati "gratis" e di conseguenza il consumismo eccessivo ha provocato una svalutazione.
La contrapposizione tra quello che è successo negli Stati Uniti e ci che si è verificato nei Paesi asiatici e in Cina ha creato quindi uno squilibrio che è sfociato nella cosiddetta crisi globale.
Purtroppo, questa crisi globale non tocca a noi risolverla: è chiaramente un problema di natura internazionale, un problema dell'Unione Europea, un problema delle varie Nazioni. Però ad ognuno spetta il proprio compito per dare delle risposte concrete. A livello nazionale, fino adesso malgrado i proclami e nonostante quello che leggiamo anche oggi sulla stampa, non è stato fatto niente né a livello di finanziaria né con quei tre miliardi di cui oggi parlano i giornali e che dovrebbero essere distribuirli sul territorio per le famiglie: ancora non abbiamo visto niente.
Dunque, dobbiamo essere seri e coerenti: ad oggi lo Stato non è intervenuto. Lasciamo però che lo Stato faccia quello che deve fare e vediamo cosa possiamo fare noi.
Il nostro compito è di intervenire, perché la situazione nella nostra regione, dai dati ISTAT e dell'Osservatorio del Nord-Ovest, risulta una situazione precaria, una situazione drammatica, quindi quella crisi che dalla globalità si è riversata sul nostro territorio è diventata una crisi strutturale, ma è anche una crisi che ha portato alla recessione, da una parte (disoccupazione e licenziamenti) e, dall'altra, all'impoverimento di quel ceto medio che una volta era il volano portante della nostra società.
Abbiamo, quindi, il compito di intervenire, per risolvere il problema che colpisce il ceto medio, che in parte è passato da una vita dignitosa alla fascia di povertà. Il coefficiente regionale delle famiglie che rientrano nella fascia di povertà (circa 130 mila) è del 6,6%; questo dato è stato calcolato stabilendo un limite di povertà pari ad una spesa media mensile di un singolo cittadino, che è equivalente a circa 1.000 euro.
Questo significa che se una famiglia di due componenti non riesce ad avere un reddito costante mensile di circa 1.000, si trova nella fascia di povertà.
In Piemonte le famiglie in questa fascia sono circa 130 mila, che equivalgono a circa 280 mila soggetti (i numeri precisi sono riportati nell'ordine del giorno che ho consegnato). Sono numeri devastanti e noi dobbiamo intervenire.
Presidente, conosce bene il sistema sanitario, perché è stato Assessore, e Assessore Migliasso, lo conosce bene anche lei, perché è Assessore. Ebbene, penso che il sistema regionale non dia risposte concrete a questa allarmante situazione! Penso che il nostro compito sia quello della politica, quello delle Istituzioni: evitare che la povertà si trasformi in miseria, favorendo l'occupazione e lo sviluppo, per impedire che la recessione si trasformi in depressione. Questo perché il giorno in cui la recessione si trasformerà in depressione significherà licenziamenti di massa, quindi tragedie. Ma queste lasciamole da parte.
Per quanto riguarda, invece, la povertà, se quelle famiglie che oggi appartengono al ceto medio passeranno dalla fascia di povertà alla fascia di miseria, significherà che noi non abbiamo fatto il nostro dovere, che non siamo stati in grado di intervenire per permettere ai nostri cittadini una vita dignitosa, come è previsto dalla Costituzione e dallo Statuto regionale.
Detto questo, ho presentato un ordine del giorno con il quale dove chiedo semplicemente che la Regione Piemonte faccia il proprio dovere e cioè che eserciti, tramite le politiche sociali già in atto, maggiori azioni per intervenire direttamente in favore di quelle fasce di popolazione che oggi sono cadute in povertà.
Al momento nessuna azione della Regione Piemonte va in questa direzione, perché tutte le iniziative di questo Ente vanno a migliore direttamente la qualità dei servizi e lo stato sociale, ma non incidono sulla qualità della vita del singolo cittadino.
Quindi, Assessori Peveraro e Migliasso, dobbiamo avere il coraggio di intervenire con le risorse, con proposte di legge, con un emendamento da inserire nella finanziaria: facciamo tutto ciò che è possibile fare.
Oggi presenterò proposte di legge concrete, che intendono risolvere il problema strutturale nell'arco di un anno, due o tre, e altre proposte che intendono risolvere i problemi urgenti e immediati. Quali sono queste proposte che possono risolvere il problema con urgenza e con immediatezza? Penso sia necessario incidere direttamente sul bilancio preventivo e sulla finanziaria. O adesso o mai più! Perché queste persone non resistono ancora un altro anno. Quindi, dobbiamo intervenire direttamente sul bilancio preventivo e sulla finanziaria.
Come dobbiamo intervenire? Assessore Migliasso, ha fatto bene a scrivere, insieme alla Presidente Bresso, la lettera che avete inviato a Roma sul problema dei precari e della cassa integrazione. Tuttavia, mai come in questa circostanza dobbiamo dare risposte concrete, non attraverso spot elettorali o propagandistici. Dobbiamo intervenire per dare il tempo necessario a queste persone di trovare un lavoro, per adattarsi ad uno stile di vita diverso da quello che avevano condotto in passato.
Dobbiamo intervenire in favore di quelle fasce di persone, che sono tante; questi sono dati ISTAT e dell'Osservatorio del Nord-Ovest, relativi al 2007! Ad oggi non abbiamo dati più recenti, dopo che la crisi è precipitata. Ripeto, 130 mila famiglie che sono passate nella fascia di povertà e che non ricevono risposte dagli enti preposti.
Il sistema del sociale regionale è ridistribuito tramite due Comuni (il Comune di Torino e quello di Novara, che in passato hanno accettato la deliberazione in proprio di gestire quelle che sono le risorse del sociale), i Consorzi dei Comuni, alcune Comunità montane ed inoltre, un Comune, mi pare, dell'Alessandrino, che ha delegato le risorse e l'attività del sociale all'assistenza sociale, quindi alle ASL.
Questo sistema, però, è disomogeneo: ognuno di questi Consorzi non ha stabilito un limite di povertà entro il quale poi ridistribuiscono i servizi, perché fino ad oggi stanno fornendo solo dei servizi, non danno una lira a nessun povero! Questo è il punto: oggi nessun cittadino povero prende dalla Regione Piemonte un aiuto in denaro direttamente, per sostenere il carovita, la disoccupazione, le spese della casa, eccetera.
Tutte queste voci regolamentate non sono previste nella legge n.
1/2004, perché questa legge ridistribuisce le risorse direttamente, ripeto al Comune di Torino, al Comune di Novara e ai Consorzi, che hanno un loro regolamento secondo il quale possono far fronte ai problemi dei rispettivi cittadini.
Quindi, oggi dobbiamo regolamentare questo processo con normative regionali! Dobbiamo dare la possibilità all'Assessore Migliasso di avere maggiori risorse da utilizzare in alcune iniziative e leggi che sono già in essere. Per esempio, una è quella in favore dell'inserimento lavorativo (di 10.500.000 euro), che è una delle voci molto importanti, ma non è sufficiente. Quindi, quella risorsa va incrementata. Inoltre, penso vadano costituiti nuovi capitoli che vanno nella direzione di far fronte a questo problema.
Attenzione, colleghi, dobbiamo avere coraggio: non possiamo soltanto parlare senza agire. Quindi, davanti a questa realtà, che cosa ho fatto? Da mesi sto studiando questo fenomeno, anzi sto lavorando, perché non sono uno studioso né uno scienziato. Tant'è vero che ho preparato delle proposte di legge per ciò che riguarda il problema strutturale, quello a lungo e medio termine. Inoltre, ho preparato un emendamento alla finanziaria, che prevede tre misure concrete. Le risorse non saranno sufficienti? Non ha importanza si comincerà ad intervenire, perché dobbiamo infondere il senso dell'ottimismo, il senso che le Istituzioni sono presenti, il senso che noi ci siamo e vogliamo risolvere il problema della povertà.
In merito a questi tre specifici capitoli presenterò tre proposte di legge, per le quali non posso che ringraziare gli uffici legislativi e amministrativi della Regione Piemonte, nonché quelli dell'Assessore Migliasso, per avermi supportato in tal senso. D'altra parte, sappiamo tutti che ciascuno di noi ha bisogno di essere aiutato e chi meglio dei Dirigenti conosce la realtà dei rispettivi capitoli e Settori? Come dicevo, ho presentato tre proposte di legge finalizzate a risolvere il problema strutturale a medio e a lungo termine. Con questo non significa che voglia passare per colui che risolve i miracoli: assolutamente! Io ho fatto solo la mia modesta proposta.
In una di queste, appunto, ho proposto il cosiddetto "reddito di cittadinanza". Ieri si leggeva sui quotidiani che si offrono tre miliardi alle famiglie disagiate e si istituisce la "social card": quella non è altro che la "libretta dei poveri", come quella che aveva mio nonno quando andava a comprare la pasta o quant'altro. È una forma d'umiliazione che non possiamo permetterci! Noi dobbiamo garantire, invece, il minimo vitale ai nostri cittadini quelli che si trovano nella fascia di povertà. E glielo dobbiamo concedere con coraggio, perché ci vogliono i soldi! Io non sto accollando responsabilità a nessuno; penso soltanto che in un momento così particolare bisognerebbe avere il coraggio di intervenire laddove si pone il problema.
In una di queste prime proposte di legge propongo, appunto, il cosiddetto "reddito di cittadinanza", che è il minimo vitale per sopravvivere e per prendere tempo, in attesa che la persona trovi un'occupazione. È chiaro, però, che ci vogliono le risorse, per cui si prepari, Assessore Peveraro! Perché io non racconterò fesserie, al contrario di qualche autorevole Amministratore che dice di volersi legare con la catena! Io ho già preso tutte le misure qua attorno dove mi devo legare...
Qui bisogna intervenire. Io non ho nessuna lobby dietro: questa è una battaglia che ci deve vedere tutti uniti; quindi lei le risorse le deve trovare.
Questo provvedimento di merito va ad incidere direttamente su quella fascia di poveri che oggi non riesce a vivere ed è costretta a mendicare, a chiedere l'elemosina: prevedo 250 euro a persona. Tale cifra potrebbe arrivare anche a 300 euro, ma le risorse sono quelle, non è che possiamo pensare... Però, almeno, è un reddito fisso mensile, che, unito ad un'eventuale indennità di disoccupazione o a qualcos'altro, può consentire quantomeno di sopravvivere. Questo è il minimo vitale per la sopravvivenza.
La seconda proposta di legge prevede il cosiddetto "microcredito".
Circa due mesi fa, a livello parlamentare, è stata votata all'unanimità una norma secondo la quale il "microcredito" è un elemento fondamentale per cercare di risolvere il problema dello sviluppo territoriale.
I soggetti cui si riferisce tale norma sono le cosiddette persone "non bancabili", ossia quelle soggette all'usura. Sappiate che l'azienda "usura" oggi rappresenta il settimo posto per ciò che riguarda il tenore d'efficienza dell'azienda. Questo microreddito prevede una cifra che si aggira da 5.000 a 25.000 euro, e va appunto nella direzione di coloro che oggi non sono bancabili, ma che vorrebbero realizzare qualcosa (soprattutto le donne), magari associandosi per creare una piccola azienda. Tale cifra dovrebbe consentire di reggere economicamente ed essere indice di sviluppo territoriale.
Ho previsto un ulteriore provvedimento legislativo che istituisce il paniere "In Piemonte si compra bene".
In questo periodo ho letto di tutto; peraltro, è corretto che ciascuno avanzi le proprie idee - ci mancherebbe! - sempre nel rispetto delle opinioni altrui.
Ho proposto questo paniere prendendo spunto dal percorso di Slow food fondato da Carlo Petrini. Che cosa fece, appunto, Carlo Petrini, tanti anni fa? Usufruì del simbolo della Regione Piemonte per lanciare quel "made in Piemonte" o "made in Italy" in tutto il mondo.
Con questa proposta di legge prevedo il cosiddetto paniere "In Piemonte si compra bene", in cui si trovano tutti i prodotti di primaria necessità che, tramite un'apposita Commissione regionale, saranno valutati e scelti tra i migliori prodotti regionali, al fine di creare concorrenzialità ma anche quella fiducia nel cittadino che sa che compra un prodotto qualitativamente valido.
Questa legge prevede che il cittadino debba essere al centro dell'attenzione, che possa comprare bene risparmiando. Questo, però, sarà possibile se la Regione Piemonte metterà il suo logo, cioè lo istituzionalizzerà.
Oggi a Torino sta riscuotendo uno strepitoso successo l'iniziativa dei macellai, che prevede un pasto a sei euro. Partendo proprio da quell'iniziativa, istituzionalizzandola e pubblicizzandola... Ecco cosa deve fare la Regione! La Regione dovrebbe appunto garantire il suo logo istituzionale, che ha un immenso valore, e pubblicizzare l'iniziativa.
Con queste tre misure interveniamo direttamente contro il carovita contro il carobollette, contro il problema degli stipendi, delle pensioni e dei salari non adeguati al carovita. In qualche modo, andiamo ad incidere direttamente su quella fascia di popolazione che soltanto ieri era il volano portante della nostra società, ma che oggi, purtroppo, è abbandonata a se stessa.
In contemporanea alle proposte di legge, presenterò un emendamento alla legge finanziaria che prevede questi tre punti più un altro punto molto delicato.
Voi sapete che esiste un problema legato ai minori. Ancora una volta Torino è l'epicentro per numero di divorzi, per cui sempre più minori vengono affidati ad istituti, che oggi, purtroppo, non dispongono di sufficienti risorse.
Assessore Migliasso, nell'ultimo anno abbiamo dato due o tre milioni d'euro, ma questi istituti hanno bisogno di molto di più; ne esistono circa 220 in tutto il Piemonte e non dispongono delle risorse sufficienti per mantenere...



(Commenti dell'Assessore Migliasso)



SCANDEREBECH Deodato

Non si deve arrabbiare, Assessore.
Questi istituti sono circa 220 e non bastano i due o tre milioni che concediamo. Perché a causa dei contrasti sociali e per il fatto che le famiglie non reggono, un numero sempre maggiore di minori viene affidato a queste comunità.
Questo è un altro delicato problema di cui noi ci dobbiamo fare carico.
uno dei punti più deboli della catena del problema della povertà.
Assessore Migliasso, non sono qui per contrastare le sue iniziative, ma per migliorarle, per incentivarle e per cercare di metterci al di sopra d'ogni iniziativa che possa essere veramente utile e finalizzata a risolvere il contrasto della povertà.
In questa direzione, lei troverà in me un alleato a tutti gli effetti.
Sono a sua completa disposizione, come immagino tutti i colleghi.
Oggi presenterò il dossier che racchiude tutte queste proposte, insieme ad un'analisi di tutti i dati che sono stati raccolti.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Consigliere Scanderebech, le è stato concesso di intervenire per più di venti minuti, in considerazione del fatto che è stato il primo firmatario della richiesta del Consiglio straordinario.
Gli interventi successivi dovranno rimanere nei dieci minuti previsti da Regolamento.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della scuola elementare "Don Milani" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della scuola elementare "Don Milani" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.
State assistendo ad un dibattito per approfondire le politiche più idonee contro la povertà e l'esclusione sociale.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

"Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale" presentata dai Consiglieri Scanderebech, Rutallo, Rabino, Auddino, Comella, Vignale Cirio, Caracciolo, Buquicchio, Dalmasso, Rossi, Placido, Laus, Toselli Cavallaro, Ferraris, Boeti, Manolino, Moriconi, Botta, Guida, Deambrogio Pace, Nicotra, Cotto, Cavallera, Rostagno, Leo, Ronzani, Chieppa Turigliatto, Bossuto, D'Ambrosio, Pedrale, Cattaneo, Monteggia, Caramella Larizza, Bellion, Burzi, Dutto, Leardi e Lupi (seguito)


PRESIDENTE

In merito al dibattito inerente a "Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale", ha chiesto la parola il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

Grazie, Presidente.
del tutto evidente che il fenomeno della povertà nel nostro Paese è per certi versi, sottostimato.
Lo dico, perché il fenomeno della cosiddetta "povertà relativa", quella descritta dai dati ISTAT e ricordata anche dal Consigliere Scanderebech, è solo una modalità che si basa su delle convenzioni e che molto probabilmente lascia fuori tutta una fascia di persone e di famiglie che stanno a cavallo di quel limite, ma che si trovano in una situazione sicuramente di disagio.
D'altro canto, nelle prossime settimane dovrebbe vedere la luce anche la relazione della Commissione nazionale contro l'esclusione sociale costituita durante l'ultimo Governo Prodi e presieduta dal piemontese Marco Revelli - che dovrebbe fornire dei dati che, incrociati con quelli ISTAT restituiscono una fotografia un po' più realistica di quello che succede.
Sono d'accordo con quanto detto dal Consigliere Scanderebech nel momento in cui lui colloca questo fenomeno, conosciuto da tanto tempo dentro la crisi internazionale che stiamo vivendo. Penso che questa crisi non sia semplicemente una crisi di tipo finanziario, ma che, come ho già avuto modo di dire in Aula, si tratta di una crisi di sistema.
A fronte di questa crisi di sistema, credo che nelle prossime settimane ma ci sono già gli annunci - vedremo un grande dibattersi della politica a livello internazionale, che rischierà di dare pochi risultati e tutti e solo sul fatto di costruire regole per la finanza.
In realtà, se vogliamo guardare al futuro e per non creare nuovamente situazioni di disagio, di povertà e di precarietà, abbiamo bisogno oggi di capire come costruire nuove regole, anche intorno a quella che è chiamata l'economia reale. Lo dico perché - e ho già avuto modo persino di scriverlo in un ordine del giorno che questo Consiglio ha votato - senza la costruzione e la ricostruzione di regole intorno all'economia reale rischiamo di passare questa crisi senza combinare nulla di buono.
Riscrivere nuove regole intorno all'economia reale non significa semplicemente richiamare, come si sta facendo da molte parti, una sorta di riedizione del keynesismo. Come diceva Eraclito, non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume.
In questo caso, penso che sia proprio vero e bisogna ribadire che buttare soldi e soffiare soldi pubblici per fare grandi opere è proprio sbagliato. Oggi, affinché ci sia un intervento pubblico che vada anche verso la ricostruzione di condizioni sociali decenti, quest'intervento pubblico deve rispondere a domande antiche, che già il movimento operaio aveva in qualche modo posto e che sono modernissime: che cosa produrre? Per chi? Come? In che modo? Come vedete, preparare il futuro significa rispondere a queste domande e interrogarsi pesantemente su che cosa significa oggi produrre in relazione con l'ambiente e produrre per quale tipo di consumo.
Lo dico, perché oggi forse questo rallentamento ci fa anche pensare e ci aiuta a pensare a come noi possiamo uscire da quest'ubriacatura della crescita lineare senza fine, per ricreare le condizioni di una sobrietà che non è pauperismo, ma che invita tutti a nuovi stili di vita.
Certo, oggi ci sono delle persone e delle famiglie che soffrono, che sono in condizioni di povertà relativa, ma anche di povertà assoluta per molti versi, e a questi bisogna dare una risposta. Innanzitutto il Consigliere Scanderebech ha fatto bene - e bisognava farlo - a fare riferimento al Governo. Bene, questo Governo sta facendo di tutto per mantenere la situazione come situazione di crisi; lo sta facendo innanzitutto, perché nel silenzio generale sta creando le condizioni perch tutto il mondo del lavoro si trovi, da un punto di vista dei suoi diritti da rivendicare, in una condizione sempre più arretrata.
Nel silenzio generale, nelle scorse settimane è stato reinserito il job on call, cioè il lavoro a chiamata. Si è reinserita la possibilità per le aziende di utilizzare il lavoro a termine anche quando le aziende potrebbero e dovrebbero invece utilizzare il lavoro a tempo indeterminato.
In questo contesto, la parte più debole della società, i lavoratori vanno perdendo diritti e quindi indirettamente sempre di più diventeranno working poors, cioè lavoratori poveri, che lavorano in condizioni disagiate, senza diritti e con stipendi sempre più bassi, perché purtroppo su salari e stipendi si è lavorato a comprimere sempre di più. Questo Governo sta facendo queste cose, cioè sta destrutturando ulteriormente i diritti in capo ai lavoratori.
D'altra parte, come ad esempio ci ha ricordato l'Assessore Migliasso nella Commissione sanità di venerdì scorso, il Governo sta lavorando a tagliare pesantemente sul settore sociale, sul settore che riguarda gli immigrati, lasciando le Regioni (la nostra compresa) abbastanza in braghe di tela, perché poi non è possibile richiamare e chiamare alla responsabilità solo i banchi della nostra Giunta. Perché io lo farò, certo lo farò, però non posso non ricordare che questo è il contesto generale in cui ci stiamo muovendo e questo è quanto, a fronte della crisi strutturale che stiamo vivendo, fa il Governo nazionale. E questo è impossibile non ricordarlo.
Penso che questa Giunta nel tempo abbia costruito elementi strutturali di risposta ad una società che cambia, perché questa società sta cambiando in peggio, per come ho cercato di dire prima, non da ieri. Qualcuno di noi in qualche modo lo ha anche ricordato più volte da questi banchi, per penso che alcuni elementi strutturali siano stati messi in campo da tempo.
Sono fiero, tra l'altro, da questo punto di vista che la sinistra, il mio partito, ma tutta la sinistra che siede su questi banchi abbia lavorato con un obiettivo preciso, ad ogni bilancio, per chiedere esattamente che ci fossero misure. Penso, per esempio, ai dieci milioni d'euro dedicati a chi si trova in difficoltà perché perde il lavoro, perché è in cassa integrazione.
Lo dico subito: questa è una misura che andrà rivista e andrà rivista verso l'alto, perché oggi per far fronte a questa crisi serve costruire una sorta d'ombrello. È vero che lo Stato non sta facendo molto, ma per quanto riguarda questa Regione, è del tutto evidente che noi dovremmo ragionare esattamente sulle risorse da mettere in campo fin dalla prossima finanziaria, affinché si possa costruire un ombrello (come lo chiamerebbe un sindacalista) che faccia fronte alle crisi aziendali più acute che questa regione sta vivendo.
Già il mio Capogruppo, Giampiero Clement, intervenendo nello scorso Consiglio regionale che riguardava il lavoro, ha chiesto rispetto a questo un interessamento. Sapete che la cassa integrazione solo nominalmente copre l'80% della retribuzione, perché realmente copre il 50% e le famiglie non vivono.
In definitiva, misure a tutela immediata delle punte più acute di questa crisi si possono dare solo con risorse messe ulteriormente a disposizione. È questa la richiesta che faccio, sapendo però che non partiamo da zero; parlavo prima dei dieci milioni, ma potrei citare ad esempio il Programma casa, che qualche collega della destra in queste settimane continua a dire essere inesistente e non applicato. A me risulta per esempio che sui 10 mila alloggi programmati al 2012, più della metà abbiano trovato modo di iniziare il loro iter per andare a compimento.
Penso, infine, all'ultima misura annunciata sempre venerdì scorso in Commissione sanità, congiuntamente dall'Assessore Migliasso e dall'Assessore Artesio, che riguarda la cronicità e la non autosufficienza.
Tra l'altro, sapete che la non autosufficienza in questa regione è un problema enorme e molto sentito; fasce di popolazione anziana e famiglie che, da questo punto di vista hanno serie esigenze, con questa misura potranno vedere nelle prossime settimane i loro problemi affrontati strutturalmente.
Concludo, ribadendo il fatto che servono misure strutturali e ho provato ad indicarne qualcuna. Servono maggiori risorse e ho provato a dire anche verso quale direzione.
Penso che occorra un ventaglio di misure. È per questo che, in fondo al mio intervento, voglio richiamare alcune misure che avevamo provato ad immettere nell'ordine del giorno che questo Consiglio regionale ha votato nell'ultima seduta, e che riguardano più generalmente il controllo dei prezzi, lo stile dei consumi, accordi di programma che si possono fare appunto, con grande e piccola distribuzione. A Torino si sta già facendo ma anche in altri Comuni del Piemonte, mi pare che si stia provando a fare.
Last minute market è una misura molto importante che lavora sugli stili di vita, sul consumo, sulla riduzione di rifiuti e sulla crisi per com'essa è disegnata.
So che l'Assessore Ricca sta lavorando anche su questo. Spero che su questo lavoro possa riferire in Aula e in Commissione nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Intervengo perché ho sottoscritto la proposta che ha come primo firmatario il collega Scanderebech, perché ritengo di condividere la sua impostazione d'opposizione costruttiva, che sottende alla proposta stessa come appunto è il caso di quest'ordine del giorno e anche delle proposte di cui abbiamo prima sentito in Aula.
Credo che sia arrivato il momento nel quale possiamo vedere a casa degli altri cosa succede ma, soprattutto, occorre (qui è l'intuizione che veniva prima portata dal collega Scanderebech, quando diceva che ogni livello di governo deve fare la sua parte) che ognuno faccia la sua parte.
Noi siamo in una fase interessante perché si sta discutendo il bilancio e quindi, credo che vada apprezzata la proposta che già avevamo fatto come mozione, quando si diceva: "Se ci sarà una svolta, se ci saranno alcune indicazioni coincidenti con alcune nostre proposte qualificanti, da parte nostra ci sarà o ci potrebbe essere un'attenzione diversa e forse una tempistica più accelerata, rispetto ai periodi precedenti, per quanto riguarda la discussione e l'avanzamento dei documenti di bilancio".
Credo che si possa essere autolesionisti ma non si possa certamente pensare che un Governo mantenga una realtà economica e sociale in una situazione di crisi. Credo che, purtroppo, all'Europa, questa crisi è precipitata addosso. Ci sono senz'altro delle responsabilità. A me piacerebbe domandare cosa ne pensano a tutti quei grandi banchieri che erano tutti in fila per sottoscrivere la candidatura di Prodi, a suo tempo quando si costituivano le nuove maggioranze e i nuovi orientamenti per governare il Paese.
Adesso, ovviamente, molti fanno i coccodrilli. Bene hanno fatto i Governi, al di là delle convinzioni liberal-stataliste di determinati leader dell'Europa e anche dell'Occidente, a intervenire per sostenere un'impalcatura finanziaria che, se dovesse crollare, purtroppo crollerebbe addosso a tutti coloro che stanno sotto, indipendentemente da chi l'ha costruita. Quindi, questo è il primo punto.
Per quanto riguarda l'altro punto (poi entrerò nel merito delle proposte di Scanderebech), molte volte ho ascoltato la censura di una politica dei due tempi: prima facciamo un rilancio, uno sviluppo e una rimessa a punto della situazione economica, poi, semmai, andiamo a vedere come ripartire i proventi di una situazione migliore.
Credo che qui dobbiamo agire contemporaneamente e sul comparto economico, quindi con interventi mirati, tra cui includo anche le grandi opere pubbliche in genere, purché siano utili, purché siano cantierabili purché siano un volano per la nostra economia, insieme ad interventi a forte connotazione sociale, ma anche tali da riattivare un circuito dei consumi per evitare che non ci sia un tracollo del comparto commerciale.
Non mi riferisco, ovviamente, tanto alla grande distribuzione, che ha le sue strategie e forse una possibilità di resistere di più a determinati momenti critici, ma mi riferisco al sistema commerciale nel suo complesso quello articolato sul territorio, e anche a tutta la filiera produttiva.
chiaro che meno vendite significano meno produzione, e naturalmente il tutto tende alla recessione.
Detto questo, ovviamente, nel tempo che abbiamo non possiamo approfondire tante questioni. Devo sottolineare, prima di tutto, il problema dei costi dei servizi. Sappiamo che coloro che hanno un reddito fisso, coloro che hanno una pensione minima, devono, sotto questo profilo essere protetti.
Ben vengano le proposte, come hanno fatto alcuni nostri colleghi Consiglieri in Consiglio comunale e in altre realtà, quando si dice: quest'anno, visto che abbiamo mantenuto pubbliche le società di gestione dei servizi, che finalità devono avere queste società? Ovviamente, di amministrare al meglio i servizi che sono loro affidati, senza favoritismi speculativi. D'altra parte, devono, una volta che hanno portato avanti i loro programmi di sviluppo, garantire il minimo costo per l'utente, per il cliente che dir si voglia. Naturalmente anche con una tariffazione di tipo sociale, perché nei momenti di crisi, nel nostro Paese, le fasce sociali nelle tariffe le abbiamo sempre introdotte.
Questo è il momento in cui anche queste società, motu proprio, come anche gli azionisti di queste società, che sono gli Enti locali, devono fare la loro parte.
Rimandiamo ad altri tempi politiche di espansione o di creazione di grandi aggregati. Tutto sommato, c'è sempre tempo, nel senso che gli Enti locali hanno sotto mano tutte le leve e quindi possono benissimo recuperare in un secondo tempo.
Condivido il pensiero di coloro che raccomandano cautela sotto il profilo dell'aggregazione, mentre credo che si debbano concentrare le risorse disponibili proprio in una politica di alleggerimento dei costi visto che i prezzi di alcune materie primarie come, ad esempio, i combustibili di origine fossile, stanno attualmente scendendo sul mercato internazionale.
Venendo allo specifico, ritengo che si debba mettere il naso in quella che è la vita interna dei vari consorzi socio-assistenziali e dare a questi soggetti delle direttive ben precise. È chiaro che ci sono i problemi legati alla continuità assistenziale, ai non autosufficienti, a coloro che sono soli e che quando non possono rimanere a casa propria, hanno bisogno di strutture adeguate in regime di flessibilità. Però, non è che non siano possibili anche gli interventi di tipo economico. Giustamente il collega Scanderebech suggerisce di cercare di corroborare questi interventi supportandoli con adeguati stanziamenti.
Sotto questo profilo, anche noi non mancheremo ad un'opera emendativa adeguata, per quanto riguarda la costruzione di condizioni per cui anche l'intervento di tipo economico verso i soggetti che più hanno bisogno possa, in qualche modo, decollare. Allo stesso modo, il discorso dell'affitto. Quindi, costo dei servizi, interventi economici in determinate condizioni e questione degli affitti. Ovviamente, la diminuzione dei prezzi per quanto riguarda il settore dell'edilizia potrà portare, con il tempo, ad un contenimento e ad una spinta non tanto al rialzo, quanto ad una stabilità, se non ad un ribasso. Sotto questo profilo, ovviamente, occorre pensare non solo alla costruzione diretta, ma a tutti quei percorsi di housing sociale e di costruzioni convenzionate, a patto che si mantengano gli affitti entro certi limiti.
Naturalmente, in questo contesto, visto che, a mio avviso, abbiamo largamente diffuso in questo Consiglio un'attenzione verso la sussidiarietà, non possiamo dimenticare tutte quelle azioni che le organizzazioni del volontariato e le organizzazioni sociali - quelle di stampo religioso, ma anche di stampo laico - portano avanti nel nostro paese.
Se si deve dichiarare guerra alla situazione di crisi, all'indigenza e a determinate condizioni sociali, si devono chiamare in campo tutti gli attori, compresi anche quelli del volontariato, mantenendo sempre la dignità nel rapporto con le persone e le famiglie, anche quando sono indigenti. Ricordo che esistono organizzazioni che garantiscono il pasto o il ricovero in condizioni d'emergenza; c'è altresì il Banco alimentare che evita lo spreco di risorse alimentari che sono riutilizzabili.
Ho voluto fare degli accenni, ma, ovviamente, questi problemi dovranno essere ripresi al momento opportuno.
Per concludere, ritenevo utile prestare la massima attenzione all'iniziativa del collega Scanderebech, rispetto alla quale mi dichiaro disponibile per partecipare alla messa a punto dei singoli provvedimenti man mano che verranno le occasione in Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Larizza.



LARIZZA Rocco

Signor Presidente, considero la discussione odierna la continuazione di quella già svolta il 5 novembre, anche perché ritengo che giusto nella nostra discussione non si accantoni un'analisi che ci permetta di comprendere le ragioni della situazione nella quale siamo collocati. È vero che c'è un'accelerazione della crisi, ma questa è una crisi che viene da lontano. È opportuno non rimuovere il ragionamento sulle cause, altrimenti si corre il rischio che queste si riproducano con delle aggravanti.
In queste settimane, la discussione, dal punto di vista dell'analisi delle cause e anche di ciò che occorrerebbe fare da un punto di vista generale, ha trovato una convergenza anche abbastanza ampia sia a livello internazionale e sia a livello locale. Nuovamente si parla di etica del mercato. Noi tutti sappiamo che questo problema non è nuovo. Il processo Parmalat, di cui si sta discutendo ancora in queste settimane, e in America il caso Enron avevano già posto qualche dubbio sull'etica che dovrebbe guidare il mercato.
In questi giorni ho sentito il Ministro del tesoro affermare che "dobbiamo portare al primo posto l'etica, puntando sui valori e non sugli interessi"; che lo dica l'inventore della finanza creativa è già un bel passo in avanti! Sono considerazioni molto importanti quelle sulla condizione del nostro Paese dal punto di vista dei redditi e credo che si possa accettare tranquillamente quanto ha detto e spiegato, a più riprese, il Governatore della Banca d'Italia, Draghi. Sono analisi e questioni che sentiamo anche dal punto di vista sindacale, ma c'è una certa allergia da parte delle classi dirigenti (Governo e Confindustria), a misurarsi con il punto di vista sindacale, a meno che non sia allineato al loro volere. Credo che la strada sulla quale ci stiamo immettendo sia abbastanza pericolosa: mentre prima c'erano segnali sui quasi si poteva ragionare e convergere, adesso siamo di fronte a situazioni abbastanza pesanti e c'è il rischio di una divaricazione tra la posizione del Governo e le esigenze del paese.
Siamo consci rispetto ai dati e non voglio dare altri numeri oltre a quelli che già sono stati dati, ma voglio richiamare quanto a mio avviso è centrale, se vogliamo affrontare la questione della povertà. Noi dobbiamo essere consapevoli che nel nostro Paese, dal 1993 al 2003, cinque punti in percentuale del prodotto interno lordo sono passati direttamente dai redditi da lavoro alla rendita o ai profitti.
Questo è avvenuto fino al 2003, ma pensate a quanto può essersi verificato negli ultimi cinque anni e immaginate che si vogliono rinnovare i contratti di lavoro non tenendo conto dell'inflazione reale, molto superiore alle previsioni del Governo e della Confindustria. In questa fase non riesco a distinguere Governo e Confindustria, addirittura la Presidente della Confindustria sembra un sottosegretario del Governo Berlusconi e partecipa a incontri segreti; non è più protagonista autonoma di una trattativa che sarebbe indispensabile e salutare per le imprese e per i lavoratori italiani.
La situazione che viviamo è contraddittoria, nel senso che i dati ci dicono che la povertà è pesante - è già stata richiamata dal collega Scanderebech - ma rischia di allargarsi.
Se pensiamo a quanti lavoratori precari sono già usciti dal circuito lavorativo - altri li seguiranno - che non hanno alcuna protezione sociale e ai settori che solo in parte sono garantiti da un punto di vista della copertura sociale abbiamo la dimensione di quanto si sta abbattendo sulle famiglie e soprattutto su quelle famiglie che già hanno difficoltà e stanno cercando di affrontare la situazione giorno per giorno, non mese per mese.
Se questi dati sono veritieri, dobbiamo ragionare sulle questioni che dobbiamo affrontare.
Penso che ci sia una priorità, quella di contrastare la devastante avanzata della crisi. Quindi, occorre intervenire con il sostegno dei redditi, che è un punto sul quale mi sembra siamo tutti d'accordo. Sulle modalità dell'intervento si deve discutere, ma non può essere un intervento leggero, perché non ci sarà ripresa produttiva e industriale senza una capacità di spesa delle famiglie italiane, senza la ripresa della domanda interna.
Noi sappiamo che questa è una priorità assoluta, che non si pu affrontare con un solo provvedimento, né con risorse scarse. È necessario impostare una terapia d'urto per quanto riguarda l'immediatezza e non capisco per quale ragione non si possa intervenire in modo immediato sulle tredicesime. Non capisco perché s'insiste a detassare gli straordinari che ormai, quasi nessuno fa più. Non capisco per quale ragione il Governo s'intestardisce su una certa strada e non cerchi il massimo di coesione sociale, che è una condizione primaria per una ripresa dell'economia del nostro paese.
Ho l'impressione che, invece di affrontare i problemi per quello che sono, si voglia utilizzare questa crisi non per fare un passo in avanti e rimuovere le cause che hanno determinato questa situazione. Si vuole utilizzare questa crisi per intervenire e ridurre il potere di contrattazione del mondo del lavoro e i diritti delle lavoratrici e lavoratori, perché così si pensa forse di poter avere qualche vantaggio.
Penso che una società come la nostra, che deve fare i conti con una competitività difficile, può reggere solo se è in grado di produrre qualità, se è in grado di uscire dalla crisi con una forte dose di innovazione. Questa dose di innovazione e la capacità di produrre qualità hanno luogo se c'è una partecipazione consapevole dei produttori. Se i produttori sono bistrattati, sono sottomessi, sono oppressi sul luogo di lavoro e non hanno certezza per il loro futuro, difficilmente potranno produrre in modo consapevole e intelligente qualità.
Queste cose le dovrebbero sapere tutti quelli che, in qualche modo, si sono occupati di questi problemi. Si può anche imporre ad un lavoratore di fare più ore di lavoro, come è successo, e poi magari capita che ci lascia la salute e anche la vita; si può anche imporre a un lavoratore di aumentare la quantità della produzione, ma la qualità del prodotto non s'impone neppure con l'organizzazione scientifica del lavoro.
Varrebbe la pena di riflettere e di impostare il lavoro del futuro attraverso una ricerca del consenso e una ricerca della collaborazione riconoscendo tutti i punti di vista e trovando, in modo consapevole, il giusto equilibrio tra i diritti e la capacità di rendere efficiente l'economia del nostro Paese.
Ripeto, bisogna partire dalle questioni più urgenti, e le questioni più urgenti riguardano il reddito che va sostenuto intervenendo, come ho già detto prima, sulla tredicesima, ma anche attraverso una manovra fiscale. Se c'è un problema di entrate, si riprenda con tenacia la lotta all'evasione fiscale, che non è un'azione bolscevica, ma liberale e democratica. Si riprenda, quindi, l'iniziativa in questo senso, si rinnovino i contratti tenendo conto dell'inflazione reale, quindi si affrontino le questioni per quelle che sono.
Soprattutto, si estendano gli ammortizzatori sociali a partire dai lavoratori precari. Non credo che un lavoratore precario sostenuto nel suo reddito ed incentivato alla ricerca di nuovo lavoro possa, in qualche modo immaginare di risparmiare perché ha un'impellente urgenza di spesa. Abbiamo bisogno di sapere che la nostra economia oggi, per ripartire, ha bisogno di una spinta dei consumi e di una ripresa produttiva basata sui consumi interni. La crisi è internazionale e i settori che potevano contare sull'esportazione oggi rischiano di avere un'ulteriore caduta.
Se queste non sono analisi sbagliate, penso che la Giunta regionale debba impegnarsi con gli altri livelli istituzionali (le altre Regioni e in particolare, con il Governo nazionale) affinché si rinsavisca e si vada ad una svolta di impostazione rispetto a quello che il Governo ha detto finora. Non è più possibile spostare dei capitoli di spesa, perché, per affrontare una crisi come questa, bisogna trovare nuove risorse.
Io, a differenza di altri Consiglieri, sono favorevole anche a mettere in campo le risorse già stanziate per avviare le opere strategiche del nostro Paese, con la consapevolezza che l'ambiente, come abbiamo detto più volte, è una grande risorsa.
Dunque sostegno dei redditi, avvio e cantierizzazione delle opere che sono già state previste: penso che possano costituire un contributo per uscire dalla crisi che spero si sposi con un'operazione internazionale che ci veda protagonisti e non subalterni.



PRESIDENTE

Chiedo un attimo l'attenzione dell'Aula: ho otto richieste di intervento più gli interventi degli Assessori. Il Consigliere Scanderebech aveva chiesto di chiudere i nostri lavori alle ore 13 perché c'è una conferenza stampa. È una riflessione che propongo a tutti i colleghi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Auddino; ne ha facoltà.



AUDDINO Angelo

Il rischio è che oggi si ripetano cose già dette nella scorsa seduta quindi cercherò di evitarlo.
Ho sottoscritto l'ordine del giorno proposto dal Consigliere Scanderebech, ma il debole di questo ordine del giorno, che voterò, è che impegna la Giunta regionale, ma dimentica un po' quali sono i compiti anche a livello governativo. Noi non possiamo pensare di risolvere la grave situazione della lotta di contrasto alla povertà solo ed esclusivamente con le politiche della Regione. Alcuni colleghi hanno citato alcuni esempi e io ne farò altri.
Credo che la Giunta regionale, la Presidente Bresso e l'Assessore Migliasso ieri, abbiano fatto benissimo ad inviare al Governo una lettera in cui si chiede la cassa integrazione per i lavoratori precari, ma spero anche - non ho letto la lettera - che la richiesta valga anche per i lavoratori delle aziende artigiane che attualmente ne sono sprovviste.
Si tratta di lavoratori, come hanno ricordato alcuni interventi, e io lo voglio ribadire, che nel nostro Paese raggiungono cifre ragguardevoli.
Si tratta di due milioni e 800 mila dipendenti che hanno contratti atipici quei contratti che, come sappiamo, non godono di ammortizzatori sociali non godono di grandi prospettive per il futuro. Sono quelli che - i dati di questi giorni lo dimostrano - probabilmente, anzi, sicuramente, subiranno più di ogni altro le conseguenze di una crisi economica. Si tratta di gente che non possiede più il libretto di lavoro (non si usa più), anche perch materialmente, non potrebbero averlo: in un anno cambiano tanti posti di lavoro e sarebbe impossibile.
Credo che sia ingiusto che questi lavoratori, che a volte svolgono anche lavori dequalificati rispetto alle loro aspettative e ai loro studi paghino in modo più pesante la crisi.
Non è vero che la Regione, fino ad oggi, non abbia fatto nulla per questi settori, come per altri. Credo che la Regione, non da oggi, ma anche da prima, vi abbia dato molta attenzione. Semmai oggi, anche con il bilancio che è stato proposto e che viene discusso nelle varie Commissioni sta cercando di dare risposte concrete ai lavoratori precari, ma anche ad altre fasce della popolazione.
Vorrei dire a questo proposito, proprio per non ripetere le stesse cose di una settimana fa, che sarebbe sbagliato pensare ad un sostegno nei confronti di chi ha bisogno in modo caritatevole, in modo compassionevole.
Noi dobbiamo evitare, per quello che possiamo, che le povertà aumenti, che ci siano i poveri.
Ho 61 anni e ricordo quando al mio paese, in Calabria, i capifamiglia andavano di domenica, con il capello in mano, dal padrone o dal caporale per chiedere di lavorare qualche giornata (parlo dei cosiddetti braccianti agricoli, di cui sono un figlio). Commetteremmo un grave errore se pensassimo di risolvere il problema della povertà di oggi ritornando magari a quei tempi. Credo che la nostra Regione, la Giunta, in questo abbia le idee molto chiare.
Mi sconcerta chi pensa che la crisi coinvolga tutti alla stessa maniera: non è assolutamente vero. Leggevo quest'estate di alcuni vip che andavano nei "ristoranti in" della Sardegna e per sedersi ad un tavolo spendevano sette-ottomila euro. Ricordate le polemiche sui giornali...
Oppure vi ricordate di chi usufruiva di buoni aerei tra Dubai e New York spendendo 12 mila euro: di questa gente, e della crisi che loro probabilmente subiranno, m'interessa poco. Mi interessa molto di più di quei lavoratori che, magari, si dovranno privare di una pizza oppure di andare al cinema, oppure non avranno i soldi per pagare i biglietti del tram o l'abbonamento del treno per mandare i propri figli a scuola.
di questi che noi ci dobbiamo preoccupare, non di altri. Non è che io sia un veterocomunista e li voglia mandare in pensione, ma quelli più fortunati non saranno toccati dalla crisi e, se li toccherà, sarà solo in modo marginale.
Durante le crisi e dopo le crisi, spesso i poveri diventano più poveri e a volte i ricchi diventano più ricchi.
Credo che il compito degli enti pubblici, della Regione e del Governo sia di impedire questa trasformazione, ovvero che i poveri diventino più poveri. E anche quando parliamo delle nostre politiche - lo dico agli Assessori presenti e soprattutto a Peveraro, che in questo momento non c'è quando parliamo di sostegno all'affitto (uno dei nostri capitoli) bisogna fare i conti con i reali bisogni di oggi.
Mi rivolgo all'Assessore Conti, perché credo che sia un suo capitolo quello del sostegno all'affitto. Ho verificato che una pensionata con 800 euro al mese ha ricevuto, per il 2007, un sostegno di 50 euro all'anno. La stessa pensionata, con uguale pensione, due anni prima aveva ricevuto 400 euro di sostegno e l'anno scorso ne aveva ricevuti 200. Ecco, credo che sia umiliante per una persona, per una pensionata che ha redditi di questo livello, ricevere 50 euro all'anno di sostegno all'affitto.
In buona sostanza, ritengo che questo sia un capitolo - lo dicevo anche nell'intervento della settimana scorsa - da valutare con molta attenzione: bisogna fare in modo che sia capiente. So anch'io che è impossibile dare a tutti una risposta, però - come dicevo prima - bisogna evitare l'umiliazione.
Il sostegno ai mutui. Credo, per esempio, che la Regione debba sostenere le famiglie che non ce la fanno a pagare il mutuo, per evitare che la casa di cui loro sono destinatari rientri nel circuito della speculazione, creando nuovi casi sociali di persone senza alloggio.
Quando si prevedono politiche di sostegno alle banche, non bisogna fermarsi soltanto al tema dei mutui e alle politiche che attuano gli Enti locali, ma occorre fare in modo che chi eroga credito si prenda anche le proprie responsabilità. Se si devono aiutare le banche, si aiutino le banche che sostengono i mutui, che sostengono le imprese, e non si diano soldi alle banche semplicemente perché bisogna sostenere questo settore che oggi scopriamo essere in crisi.
Rispetto al problema della detassazione delle tredicesime e dei premi di produzione, iniziativa che potrebbe essere attuata da subito, credo che il Governo dovrà tenerne conto nella manovra, nei provvedimenti straordinari che dovrà assumere, decidendo se si vuole lasciare di più in tasca a chi ha di meno, perché solo così si combatte la povertà.
Un altro aspetto importante interessa il diritto allo studio. La nostra Regione si è attrezzata anche in questo settore per aiutare le famiglie i cui figli hanno problemi economici, diciamo le famiglie meno fortunate a sostenere il diritto allo studio. Non dimentichiamo che il diritto allo studio è stato una delle più grandi conquiste degli ultimi cinquant'anni ed è facile che, in una nazione dove la povertà aumenta, chi ne fa maggiormente le spese sono i figli dei lavoratori, i figli della gente che non può permettersi il lusso di mandare i figli alle scuole superiori o all'università. Lì bisogna che il Governo intervenga in modo pesante per abbassare i costi delle tasse e delle tariffe.
Per concludere, colleghi, credo che a noi Consiglieri rimanga uno strumento molto importante: la legge finanziaria del bilancio. Noi abbiamo questa possibilità, magari molto limitata, ma ce l'abbiamo. Con tutti i correttivi, con tutti le analisi e con tutti i suggerimenti che possono arrivare da tutti i Gruppi e da tutti i Consiglieri, è importante - l'ho detto la volta scorsa e lo ripeto - che noi ci diamo come obiettivo di fare in fretta, di chiudere il bilancio possibilmente prima delle feste natalizie.



PLACIDO ROBERTO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Oreste

Grazie, Presidente.
Dall'ultimo rapporto ISTAT, ci rendiamo conto di come la situazione della povertà per le famiglie italiane sia in costante peggioramento. Oggi parliamo di 2.653.000 famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa e perciò di un totale di 7.542.000 individui.
evidente che la maggior parte delle famiglie in difficoltà sono quelle che hanno un basso livello d'istruzione, un basso livello professionale, ma - ahimè - ormai anche il ceto medio si sta sempre più impoverendo.
Ho sentito gli interventi degli altri colleghi, sui quali in parte sono d'accordo e in parte no. È facile dire: "Occorre dare un aiuto serio, dare un salario di minima a tutti coloro che hanno bisogno, garantire eque condizioni di vita". Il problema è che un conto è dirlo e altro conto è trovare le risorse, specie quando le proposte economiche arrivano da colleghi che appartengono alla sinistra.
Ricordo che il Governo Prodi aveva fatto un'operazione veramente scandalosa: in finanziaria aveva previsto un contributo una tantum (ovvero una sola volta) di 150 euro per i contribuenti con reddito pari a zero. Ora chiedo ai colleghi: come si può criticare un intervento fatto oggi dal Governo Berlusconi che prevede un contributo basso, per carità - ma parliamo di 480 euro in un anno - e invece far parte di quella coalizione che di euro ne aveva dati 150 e solo a chi aveva reddito zero? Allora vogliamo moderarci un attimo e, anziché fare solo politica partitica, fare invece politica vera al servizio del cittadino? L'altra settimana abbiamo tenuto un Consiglio sul lavoro molto simile a questo, perché il lavoro è legato anche alla povertà: se non c'è lavoro c'è tanta povertà; meno lavoro c'è, più c'è povertà. Personalmente avevo avanzato una proposta alla Presidente Bresso, che - ahimè - è rimasta inascoltata: Presidente, istituisca un tavolo dove discutere fra le forze politiche su quello che può fare la Regione o su quello che può fare la Regione nei confronti del Governo per chi ha problemi di lavoro e per le aziende in crisi. Nella sua replica, la Presidente aveva detto: "È una proposta interessante", ma - ahimè - di esiti non ce ne sono stati.
Anche stavolta ripeto la stessa cosa: tutti siamo capaci di chiedere soldi per chi ha bisogno; oltre a questo, però, dovremmo anche essere in grado di indicare dove reperirli. Che sia la Regione che li deve dare, che sia il Governo, alla fine tutti i soldi che vengono distribuiti non sono n della Regione né del Governo, ma sono dei cittadini che, lavorando, pagano le tasse. Quindi le risposte in primis dobbiamo darle a chi paga e poi, con quei soldi, a chi ha bisogno.
Perché dico questo? Perché nel nostro sistema Paese ci sono troppi rivoli di denaro che finiscono ai meno abbienti, mal gestiti, che in totale fanno poco denaro per chi ha veramente bisogno. Ma i rivoli sono davvero tanti.
Ho sentito prima parlare di contributi per l'affitto, e si tratta di domande che vengono presentate ai Comuni. Poi ci sono i contributi per chi è classe debole, che non ha fondi per pagare gli asili nido, le scuole materne, il contributo per la mensa, e anche queste sono domande che vanno rivolte al Comune. C'è il contributo per l'assistenza a quelle famiglie che hanno necessità e pochi fondi a disposizione, ad esempio con figli disabili o persone anziane, alcune di queste vanno presentate alle Province. Ci sono anche aiuti per chi non ha i soldi per tirare avanti e ha un bisogno cash per comprarsi da mangiare, e in questo caso ci sono i consorzi socio assistenziali, che sono ancora domande diverse con uffici diversi, con procedure diverse. Ci sono poi ovviamente tutti gli interventi, dagli ammortizzatori sociali per le imprese in crisi agli ammortizzatori sociali per la cassa integrazione, per la mobilità. Ci sono gli aiuti per le classi deboli, cioè per coloro che hanno dei problemi di salute e rientrano nelle classi protette (oltre il 47% di invalidità). Ci sono inoltre gli aiuti per gli anziani e gli interventi per pagare, ad esempio, le rette delle case di riposo o parte degli interventi.
Poi, c'è l'abbattimento delle tasse scolastiche universitarie. Ad esempio, chi ha un basso reddito non paga la seconda rata all'università che è quella più pesante e anche in questo caso la domanda si fa da un'altra parte, cioè all'università. Poi, ci sono tutti quei contributi (perché sono sempre contributi) per l'abbattimento dei costi sanitari, ad esempio l'esenzione dal ticket. Questa domanda dove si fa? Si fa ovviamente, all'ASL.
Quindi, colleghi, è pensabile che un paese civile una persona o una famiglia bisognosa che ha bisogno di aiuto economico debba essere in grado di fare domande, magari a quattro, cinque, sei, dieci enti diversi compilando dieci domande diverse, recandosi magari in dieci posti diversi per avere un qualcosa di cui ha diritto? Non possiamo riuscire, come legislatori, a creare uno sportello unico? Questo sì che potrebbe essere istituito dalla Regione. Uno sportello che dia un servizio a 360 gradi a chi ne bisogno, in modo quei soggetti che hanno bisogno e che hanno diritto ad un aiuto possano andare in uno sportello, trovando un impiegato che gli spieghi quello a cui hanno diritto, che magari compili loro la domanda oppure che spieghi come comporla. Molte persone non sono in grado di capire da sole, perch conoscono poco l'italiano, dal momento che fra i soggetti che hanno diritto ai contribuiti molti sono anche extracomunitari.
Creiamo, quindi, una struttura unica, alla quale il soggetto possa rivolgersi per ricevere l'informazione. Se ha diritto all'aiuto, presenta la domanda, consegna i documenti, viene seguito dagli uffici.
Da quanti posti parte l'ulteriore richiesta del contributo per l'affitto, per l'università, per la scuola, per la retta scolastica, per la refezione, per il servizio mensa, per il ticket sanitario? Importante è che non sia il soggetto bisognoso a dover andare ovunque, tante volte senza esserne minimamente in grado.
Questa è una proposta che possiamo fare come politici e che dovrebbe essere messa sul tavolo della trattativa, al di fuori dei riflettori dell'Aula, in un luogo dove tra politici si possa discutere e proporre.
Poi, si possono lanciare altre ipotesi, ad esempio, il ripristino del "bonus bebè" che il Governo Prodi aveva eliminato; che sarà stato poco, ma quei 1.000 euro a tanti hanno fatto comodo. Mi auguro che questo bonus sia ripristinato dal Governo Berlusconi, come è stato promesso, anche perché è sempre - scusatemi il termine - un "pannicello caldo" e, comunque, per poterlo ottenere, bisogna sempre un fare domanda ad un'altra istituzione ancora, diversa da tutte le altre che già vi ho elencato, creando al cittadino un ulteriore problema semplicemente per usufruire di un suo diritto.
Per quanto riguarda il problema del lavoro, nei momenti drammatici, ad un certo punto, bisogna fare delle scelte. Noi, come Lega Nord, siamo chiari: chiediamo almeno per due anni il blocco delle regolarizzazioni degli immigrati, perché per noi è impensabile che si possano continuare a accogliere nel nostro Paese persone in cerca di lavoro, quando soltanto nella Provincia di Torino vi sono 40 aziende che stanno chiudendo, aziende che, a volte, mettono sulla strada centinaia e centinaia di dipendenti (come, per esempio, Motorola, Michelin, eccetera).
Quindi, dobbiamo lasciare questa gente sulla strada perché qualcuno vuole assumere un nuovo immigrato nel nostro Paese, o prima dobbiamo garantire queste persone che, magari, si trovano senza lavoro all'età di 40, 45 o 50 anni, quando è ormai difficile reinserirsi nel mondo del lavoro? Secondo il nostro Gruppo, la precedenza deve essere data a queste persone che si trovano senza lavoro e che magari hanno lavorato una vita ai nostri giovani disoccupati che hanno bisogno di lavorare a certe condizioni precise; noi della Lega riteniamo scorretto che se una persona che si trova in cassa integrazione o si ritrova iscritto nelle liste di disoccupazione, possa rifiutare un lavoro, perché magari preferisce percepire, grazie agli ammortizzatori sociali, il 70% o l'80% dello stipendio.
Quindi noi proponiamo che se viene rifiutato un posto di lavoro dignitoso, ci mancherebbe - da parte di chi compare nelle liste di disoccupazione e di mobilità, oppure è in cassa integrazione, la prima volta lo accettiamo, ma se a questa persona viene proposto un secondo posto di lavoro ed è rifiutato, in tal caso, proponiamo che quella persona non abbia più diritto all'ammortizzatore sociale, perché vuol dire che non vuole lavorare, ma vuole fare il "mantenuto", permettetemi di dirlo sempre tra virgolette.
Bisogna, quindi, abbinare questi due elementi e cioè lasciare la disponibilità di posti di lavoro, dando la precedenza a coloro che hanno perso o stanno perdendo il lavoro, oppure sono disoccupati, ma sono cittadini italiani - attenzione! - e la condizione che non si possono rifiutare più di due lavori per continuare ad avere diritto agli ammortizzatori sociali.
Siamo certi che abbinando queste due soluzioni, che comunque sarebbero a costo zero per la comunità (quindi pongo anche il problema economico perché questo tipo di soluzione al sistema non costa nulla), si possano creare molti posti di lavoro e risparmiare dal punto di vista economico.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Migliasso.



MIGLIASSO Teresa Angela, Assessore al welfare

Credo di dover intervenire a questo punto del dibattito, per avere l'opportunità, visto che si è seguito un altro metodo rispetto a Consigli tematici che hanno preceduto questo, di dire in modo, spero non troppo noioso, ciò che penso e quanto la Regione, per quelle che sono le sue competenze, sta facendo, perché spesso è assolutamente misconosciuto.
Ringrazio chi ha avuto l'idea di questo dibattito, perché permette la socializzazione di una serie di dati, di riflessioni che sicuramente ci supporteranno e ci potranno aiutare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Confermo che tutti i dati e le ricerche dicono che nel nostro Paese è in aumento la povertà. Si calcola che siano circa sette milioni le famiglie che sono al di sotto del livello di povertà, con una distinzione rispetto alle famiglie di altri Paesi; certamente, anche negli altri Paesi soprattutto quelli dell'Unione Europea, ci sono famiglie e individui poveri, ma questi si distinguono dal nostro Paese per tutta una serie di misure di contrasto alla povertà che nel nostro Paese non esistono.
Infatti, quasi tutti i Paesi europei soprattutto quelli con i quali abbiamo lavorato fino a prima dell'Europa a 26, hanno da anni costruito un sistema di protezione sociale esteso ed omogeneo, che comprende, tra l'altro, una pluralità di interventi: sostegni alle famiglie con figli, ad esempio (da questo punto di vista la Francia fa scuola), le politiche della casa, l'incentivazione al lavoro femminile con una diffusa messa in campo dei servizi per permettere conciliazione fra lavoro e vita familiare, forte diffusione del part-time.
Inoltre, vi è un sistema di aiuti alle giovani generazioni che consentono loro di avere la piena autonomia anche dal punto di vista della casa e reddituale intorno ai 18 anni e, soprattutto, protezione della terza e della quarta età, non tanto come erogazione e trasferimenti di tipo monetario (perché, ad esempio, in quei Paesi il sistema previdenziale è sicuramente meno percentualmente alto di quanto non sia il nostro sistema previdenziale), ma con una rete di servizi e di prestazioni sociali che mettono al riparo le popolazioni anziane dagli eventi traumatici connessi alla terza età.
Vorrei solo fare alcune considerazioni. Non mi paiono di carattere sociologico, ma spiegano forse anche quello che dicevano il Consigliere Scanderebech e altri colleghi, da ultimo il Presidente Rossi.
Il nostro Paese ha formato il proprio stato sociale in ritardo rispetto a tutti gli altri Paesi dell'area europea. E, soprattutto, non l'ha fondato su quei due presupposti classici, che sono, da un lato, il pieno impiego delle popolazioni in età lavorativa, e, dall'altro, la piena contribuzione e quindi la non evasione delle tasse da parte di nessuno - che è quella politica che consente, naturalmente, di reperire le risorse e attuare nei confronti dei cittadini trasferimenti in servizi o in erogazioni monetarie in modo omogeneo.
Il nostro è uno stato sociale creato in ritardo, non fondato su questi due presupposti, prevalentemente monetario e, in tanta parte del Paese carente di servizi. Credo che sia per questa ragione che, nonostante vi siano delle leggi di grande valore (mi riferisco, ad esempio, al decreto legislativo n. 616 del lontano 1977, che scioglieva gli Enti caritativi benemeriti, ma che non erano più adeguati coi tempi e trasferiva le competenze ai Comuni; la legge n. 863 del 1978; la legge n. 328 del 2000 che nella nostra Regione è diventata la legge n. 1 del 2004), ci troviamo di fronte ad un Paese fortemente disomogeneo sia dal punto di vista dei livelli di reddito che nella distribuzione dei servizi.
Il nostro è un Paese prevalentemente diviso fra Centro Nord e Sud molto differenziato non solo rispetto alla questione del reddito (perlomeno è quello che emerge: mi riferisco al reddito che si può censire, perch altri sono i redditi che redistribuiscono la mafia, la camorra e la 'ndrangheta, e quelli non compaiono nelle statistiche), ma diviso anche nella possibilità di avere servizi efficaci ed efficienti.
Stiamo ragionando di povertà. Avremmo fatto bene, forse, a ragionarne in un unico dibattito connesso al discorso dell'occupazione, perché alcune delle cose che dirò hanno molto a che spartire col dibattito che abbiamo svolto le settimane precedenti.
Sono molte le ragioni per cui si è o si diventa poveri - anche improvvisamente - o si ricade in quell'area grigia della vulnerabilità sociale. Intanto perché, rispetto a quello che accadeva alla mia generazione, non c'è più il salto di qualità, il cosiddetto salto sociale: il passaggio, cioè, da una condizione di benessere "x" a una condizione di benessere "x più y" della generazione successiva. Vi sono diversi motivi per cui questo non avviene più o non avviene più così frequentemente come in passato, ma purtroppo non c'è tempo per indagare.
In buona sostanza, però, oggi ci sono buone - o, meglio, pessime probabilità che chi appartiene ad una famiglia povera e marginale abbia come orizzonte per i propri figli, la stessa povertà e la stessa marginalità, a meno che non si sia in presenza di eventi eccezionali.
Perché non c'è un lavoro regolare in gran parte del Paese; perché esiste il lavoro nero che si sottrae a qualsiasi forma di contribuzione o di presenza all'interno di quelli che sono i bilanci dello Stato (naturalmente si sottrae alla tassazione); perché, come è avvenuto in questi ultimi anni, si parla molto di lavoro precario o di lavoro che, pur essendo a tempo indeterminato, e un "lavoro povero", ossia quello che consente di stare ai limiti della sopravvivenza.
A volte si diventa poveri anche per altre ragioni più personali, come ad esempio la perdita del lavoro una separazione traumatica o la perdita di una persona cara che manda in tilt il sistema delle relazioni, o il venir meno della casa, che, per tutti noi, è il rifugio primario, per cui quando lo perdiamo, perdiamo un pezzo di noi stessi, della nostra storia.
Per queste variegate ragioni, credo non vi sia, quindi, un unico strumento per combattere la povertà, per favorire la coesione sociale e per coprire, con interventi mirati, non solo l'area della povertà, sulla quale abbiamo degli strumenti di intervento, ma per pensare a come intervenire e con quali strumenti per proteggere quella che è la "spina dorsale" del nostro Paese, quello che abbiamo sempre definito il "ceto medio", le famiglie con due lavori, che, a fronte della crisi, rischiano di cadere nell'area grigia della fragilità e della vulnerabilità sociale, soprattutto in momenti come questi.
Credo che servano, innanzitutto, politiche a livello nazionale. Hanno ragione coloro che sostengono che ogni ente deve fare la propria parte. Ma la propria parte la si può fare di più e meglio se esiste una concordia istituzionale che metta insieme le risorse nazionali, le risorse regionali quelle dei Comuni e delle Province, per fare sistema insieme al mondo delle imprese e alle organizzazioni sindacali, vincolati da un patto di solidarietà verso le persone e verso il Paese, che consenta di ottimizzare le risorse e permetta, anche in questo momento, di comprendere, ad esempio insieme a tutti i soggetti e le parti sociali (non solo, quindi Confindustria, ma anche le organizzazioni sindacali e il sistema delle Regioni) in cosa consistono le misure del Governo. Perché vorrei capire da dove "schiodano" questi 80 miliardi che il Governo sostiene di aver trovato.
Come mai, se ci sono, non si sono modificati i saldi della finanziaria che è stata approvata dalla Camera giusto in questi giorni? Sono improvvisamente saltati fuori i soldi di un ipotetico "tesoretto" che prima si diceva di non avere, oppure si spostano da una posta di bilancio all'altra? Ma, in questo caso, si dica che cosa si penalizza per sostenere quelle misure che non abbiamo ancora capito quali devono essere. Perch adesso mi si dice che le social card, che personalmente giudico uno strumento arretrato, diciamo così - il Consigliere Scanderebech ha usato un termine più forte che erano già presenti nella finanziaria, ricompaiono di nuovo (non ho capito bene se all'interno degli 80 miliardi di euro).
Insomma, non si capisce più nulla, per cui bisognerebbe fare chiarezza.
Innanzitutto, occorrono politiche a livello nazionale di natura strutturale, di diminuzione della pressione fiscale sulle famiglie e sul lavoro, sulle pensioni più basse, aiuti concreti alle famiglie quali quelli che, ad esempio, aveva riconosciuto il Governo Prodi quando aveva trasferito alle Regioni i fondi di aiuto e sostegno alle famiglie numerose (di cui dirò successivamente), i fondi per gli asili nido, i fondi per i non autosufficienti, di cui non c'è più traccia nella finanziaria di questo Governo.
Infine, occorrono gli ammortizzatori sociali. Giusto ieri, la Presidente Bresso (insieme alla sottoscritta) ha scritto una lettera al Presidente Berlusconi e al Ministro del lavoro, Onorevole Sacconi, per chiedere risorse come nostro uso e costume, non per "spararle" grosse perché spararle grosse non serve - ma per chiedere quello che ci è dovuto in rapporto alla gravissima crisi economica che deve essere affrontata con strumenti di politiche attive del lavoro, ma anche con strumenti di politiche passive, che tocca al Governo mettere in campo, anche per consentirci di estendere la cassa integrazione non solo a tutti i settori che sono in crisi (non c'è più un solo settore), ma anche a coloro che hanno perso il lavoro e non hanno né indennità di disoccupazione, n indennità di mobilità, tanto meno cassa integrazione.
Accanto a questo, certamente è da prendere in considerazione il taglio dei trasferimenti delle risorse ai Comuni e alle Regioni.
Ciascuno può avere la sua opinione sull'ICI: già il Governo Prodi aveva esentato dal suo pagamento le fasce a reddito più basso; ma le misure prese dal Governo Berlusconi hanno favorito i ceti medio-alti. Per esempio mio marito non paga l'ICI sulla prima casa. Volete spiegarmi perché non devo pagare l'ICI con il reddito che abbiamo? Cosa cambia nella mia vita? Non cambia nulla. Mentre cambia molto rispetto ai non trasferimenti che, a causa di ciò, sono stati fatti ai Comuni, che non hanno più risorse a disposizione da utilizzare a favore dei cittadini meno abbienti.
Come si fa ad affrontare la crisi se il fondo nazionale delle politiche sociali, che con l'ultimo Governo Prodi ammontava a 953 milioni di euro, è stato ridotto a 653 milioni di euro? Il che significa per la nostra Regione un introito minore di una dozzina di milioni di euro e per ora che (siamo a fine 2008) abbiamo visto solo un anticipo del 2008, pari a 23 milioni di euro e nulla più. Il saldo verrà, se verrà, quando verrà.
Infine, vi sono le questioni della casa e le questioni della sanità che sono gli altri due punti fondamentali.
Servono quindi soprattutto politiche integrate sui servizi sociali (casa e sanità), reddito di inserimento, aiuti alle famiglie ed ai singoli da parte del Governo ed uno sviluppo di politiche attive e passive del lavoro, aiuto e sostegno al sistema delle imprese, sostenendo l'innovazione e la ricerca, le possibilità di accesso al credito e, soprattutto politiche industriali e di sviluppo per le piccole e medie imprese, che sono uno dei tessuti forti della nostra Regione ma che conoscono una lenta emorragia che non appare, non f così notizia, come nel caso dei grandi complessi industriali. Queste piccole aziende costituiscono una delle ossature portanti del nostro sistema industriale. Non ho capito che cosa il Governo intenda fare da questo punto di vista.
Vengo alla nostra Regione e termino. Per quello che riguarda le mie competenze, che sono le competenze del welfare e del lavoro, la nostra legge guida è la legge n. 1/2004.
Noi abbiamo un fondo regionale delle politiche sociali, che prevede trasferimenti ai consorzi o a quei Comuni - che citava il Consigliere Scanderebech, come Torino e Novara - che gestiscono in proprio, di quote a destinazione indistinta sulla base di parametri molto complessi, ma abbastanza giusti, che vengono utilizzati non solo per il sistema dei servizi. Il Consigliere Scanderebech non ha detto una cosa giusta quando sosteneva che vengono utilizzate solo per i servizi, perché ricordo che non solo il Comune di Torino e di Novara, ma tutto il sistema dei Comuni e/o dei consorzi socio-assistenziali, sia pure in misure diverse, hanno regolamenti che prevedono il sostegno al reddito dei singoli o delle famiglie bisognose che si trovano al di sotto di certe soglie.
Quindi, servono anche per trasferimenti monetari alle famiglie in difficoltà. Ho a mia disposizione sul versante lavoro anche altre leggi come la n. 41, che regolamenta le politiche del lavoro, quelle che sostengono da anni l'imprenditorialità giovanile e femminile e il mondo della cooperazione, insieme al Vicepresidente Peveraro. Vi sono le politiche attive che si attuano sul versante lavoro e sulla formazione professionale con la collega Pentenero con i fondi dell'Unione Europea.
Diranno poi, se ne avranno tempo e desiderio, l'Assessore Conti ed altri ciò che si sta facendo per la casa per diminuire la pressione fiscale nei confronti dei ceti meno abbienti.
Rapidamente, vorrei dire che la Direzione 19, quella delle Politiche sociali e per la famiglia, chiude il proprio bilancio del 2008, che è stato un bilancio quanto mai sofferto, perché c'era questo taglio molto pesante che abbiamo dovuto sopportare e anche le questioni relative al Patto di stabilità. Comunque noi chiudiamo a 223 milioni di euro e sarebbe interessante tradurlo in miliardi, perché darebbe più l'idea della massa che trasferiamo ai cittadini mediante queste risorse. Quindi, 192 milioni per spesa corrente, il resto in investimenti.
L'ultimo dato che voglio riferire è relativo al fondo regionale a destinazione indistinta, quello che viene trasferito ai consorzi socio assistenziali, al Comune di Novara e al Comune di Torino: nell'anno 2005 chiudeva con 54 milioni e 882 mila euro. Abbiamo chiuso il 2008 con un trasferimento di 76 milioni e 800 mila euro. Quindi, nel giro di tre anni con tre bilanci di questa Giunta siamo passati da 54 a quasi 77 milioni, e nonostante i pesanti condizionamenti, abbiamo previsto 81 milioni di euro per il 2009, a cui vanno sommati circa 13 milioni ed altri 11 milioni che sono gli incentivi per la modifica dei criteri di compartecipazione degli anziani non autosufficienti al costo della retta, quella che esenta cioè le famiglie ed incita i Comuni a rivedere i propri regolamenti, tenendo in considerazione solo il reddito dell'utente e non quello delle famiglie così come prevedono le leggi nazionali, e il trasferimento di risorse ai quattro poli che hanno la competenza in materia di gestanti e madri e di sostegno alla maternità e alla segretezza del parto.
Poi mi piacerebbe dirvi, ma non c'è tempo, come abbiamo ripartito queste cifre. La cosa che vorrei dire terminando è questa: noi stiamo lavorando con l'Assessore Artesio per venire incontro a delle giuste osservazioni, che sono emerse nel dibattito, che sono a me ben presenti, e che riguardano una certa disomogeneità a livello territoriale per quello che riguarda il diritto o il quantum delle prestazioni che vengono erogate dal sistema dei servizi sanitari e sociali. Stiamo lavorando intorno ad una delibera sulla domiciliarità che, da questo punto di vista, dovrebbe fare ordine e chiarezza, utilizzando i 23 milioni di euro del fondo per la non autosufficienza trasferiti dal Governo Prodi per l'anno 2008; ne avremo altri 31, sempre che Tremonti non ce li porti via, da spendere per il 2009 sempre con la finanziaria del Governo Prodi.
L'altra cosa è che sto lavorando - è praticamente pronto e verrà a breve sottoposto all'attenzione, sicuramente dopo la finanziaria - al Piano sociale, che sarà l'atto fondamentale previsto dalla legge n. 1/2004, con il quale faremo un'analisi socio-economica del Piemonte e diremo quali sono gli interventi globali e complessivi, le prestazioni e anche le modalità con cui reperire risorse per rispondere in modo omogeneo ai bisogni dei cittadini.
L'ultima cosa che volevo dire è che, accanto alle somme delle politiche sociali, vorrei ricordare che è il terzo anno che noi stanziamo, anzi la finanziaria regionale stanzia dieci milioni e mezzo di sostegno al reddito e che lo scorso anno, con l'accordo tra le parti sociali e il Governo abbiamo portato alla nostra Regione,alle sue lavoratrici e lavoratori, alle sue imprese grandi e piccole, 23 milioni di euro per la cassa integrazione in deroga, per coprire quei settori che ne sono privi o per proseguire le casse integrazioni cha andavano a scadenza.
Infine tutti i soldi dell'Unione Europea, che utilizziamo la collega Pentenero ed io, con l'obiettivo di formare e rafforzare l'occupazione e l'occupabilità delle persone, perché è evidente che quando una persona perde il posto di lavoro è indispensabile prenderla subito in una rete di protezione. Uno degli strumenti, certo non il solo, è appunto la formazione professionale, che consente l'implementazione delle sue capacità e quindi maggiori possibilità di essere ricollocata al lavoro.
Come vedete, vi è un mix di interventi che, pur tra mille difficoltà già abbiamo messo in atto e che intendiamo ulteriormente affinare. Ben vengano tutti i contributi che già stanno arrivando e che verranno dal dibattito di questa mattina, di cui vi ringrazio sentitamente.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Migliasso.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della scuola elementare "C. Casalegno" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della scuola elementare "C. Casalegno" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

"Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale" presentata dai Consiglieri Scanderebech, Rutallo, Rabino, Auddino, Comella, Vignale Cirio, Caracciolo, Buquicchio, Dalmasso, Rossi, Placido, Laus, Toselli Cavallaro, Ferraris, Boeti, Manolino, Moriconi, Botta, Guida, Deambrogio Pace, Nicotra, Cotto, Cavallera, Rostagno, Leo, Ronzani, Chieppa Turigliatto, Bossuto, D'Ambrosio, Pedrale, Cattaneo, Monteggia, Caramella Larizza, Bellion, Burzi, Dutto, Leardi e Lupi (seguito)


PRESIDENTE

Riprendendo il dibattito su "Politiche contro la povertà e l'esclusione sociale", ha chiesto di intervenire il Consigliere Bossuto; ne ha facoltà.



BOSSUTO Iuri

Sarò breve. Lo dico e lo faccio, visto che ci sono dei tempi da rispettare.
Non c'è molto da aggiungere, perché su questo tema abbiamo detto tante cose. È stato molto illuminante l'intervento dell'Assessore, che ci ha fatto un sano elenco di quello che la Regione fa, di quello che altri Enti vorranno fare, ma ha anche fatto riferimento alle previsioni per il nostro futuro, che non ha dei toni molto rosei.
Basta leggere le grida di allarme che provengono dalla stessa Giunta regionale. La Presidente Bresso lancia un appello per ricordare il mondo dei precari per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, come è stato detto in VII Commissione la settimana scorsa, parlando della crisi della Motorola e della Gabetti: due realtà che fanno parte del comparto commercio che, come settore servizi, non ha ammortizzatori sociali. Per questo abbiamo prodotto un ordine del giorno, tra l'altro condiviso totalmente da questa Assemblea, che chiederà proprio di poter far fronte a questa mancanza.
Abbiamo letto sui giornali di oggi del problema che scuote il mondo delle cooperative, che vedono parecchi posti a rischio, con l'alternativa di ridurre un po' il lavoro per ognuno di loro e, conseguentemente, anche lo stipendio, che già non è dei più elevati.
Credo che il quadro che si delineerà - come risposta utile, giusta e anche come prospettiva - sia un quadro che vada tenuto sotto controllo continuamente, perché i dati che passano sotto i nostri occhi si modificano in una maniera piuttosto rapida e anche sorprendente.
Ho scoperto (faccio un po' di campanilismo) che in un territorio come quello dove abito io, che è Mirafiori nord, la Parrocchia e la Caritas aiutano 1.500 famiglie su 5.500. È un dato che mi ha strabiliato nel momento in cui lo riportavano, ma ha strabiliato anche coloro che hanno tirato giù dei conti, qualche sera fa, per arrivare a quel dato. Anche loro sono rimasti increduli.
Queste sono famiglie che spesso non sono aiutate dai servizi sociali oppure, se sono aiutate, è solamente in maniera non globale, in quanto le famiglie non riescono a soddisfare tutte le esigenze. Sono famiglie che si aggiungono a tante altre che non chiedono nulla, perché sono sicuro che se giriamo un po' per i nostri territori scopriamo che, a fronte di 1.800 famiglie che chiedono aiuto, lo ripeto ancora una volta, ne abbiamo almeno 300 che non chiedono, che arrancano, che fanno fatica perché non è nella loro cultura chiedere. Magari perché non sanno come chiedere, non sanno dove chiedere.
Perché dico che vanno monitorati i dati? Perché alcuni campanelli di allarme, purtroppo, li abbiamo già avuti in passato. La Giunta li ha accolti bene ma non sempre; purtroppo, lo abbiamo fatto anche noi.
Li abbiamo avuti quando le statistiche del 2006 ci dicevano che ogni anno, in Piemonte, si prospettavano centomila posti di lavoro nuovi. Noi abbiamo raccolto un dato secondo cui il 10% erano posti di un giorno.
Quindi dieci posti di un giorno per dieci contratti, per dieci posti di lavoro. Sono dati reperibili, non me li sto inventando in questo momento.
Basta consultare l'Osservatorio del lavoro, basta andare sul sito della Provincia di Torino per scoprire quei dati. Pensate che reddito pu comportare il lavorare un giorno ogni tanto per una persona. Non è alto! Un altro dato - lo ripeto per la seconda volta perché l'ho già detto in un altro Consiglio - è quello degli alloggi vuoti solo nel Comune di Torino. Alloggi vuoti consegnati alle banche; alloggi vuoti di famiglie che non sono riuscite ad onorare i mutui che erano (lo ripeto ancora e non mi stancherò mai di ripeterlo) 13 mila nel 2005. Non ho più avuto aggiornamenti, purtroppo, perché nessuno ci ha più fornito aggiornamenti non da parte della Giunta perché questi sono dati che dovrebbe darci l'ABI o la Commissione di emergenza abitativa del Comune di Torino, che ogni settimana va ad incrementare i numeri di casi di persone che non riescono più a far fronte agli affitti e ai mutui.
Non è populismo o demagogia la mia, è solo un quadro, una fotografia amara e drammatica che è davanti agli occhi di tutti. Basta andare a prendere o leggere i giornali e tenere magari in un angolino alcune notizie e riprenderle per monitorare le prospettive, che sono molto, molto brutte e molto dure.
Dobbiamo tentare di capire cosa è avvenuto, dobbiamo tentare di capire cosa è stato questo tracollo, che non è solo una bolla finanziaria, ma un sistema culturale che non ha aiutato e che spesso ha permesso di far piovere sul bagnato.
Vi sono enormi difficoltà di crediti sia alle famiglie che alle imprese, specialmente alle piccole imprese di artigiani e quant'altro. Sono stati aiutati solo coloro che potevano garantire, quelli che già avevano delle risorse, mentre sono stati spesso lasciati in braghe di tela gli altri e anche le famiglie che non sono riuscite a far fronte alle difficoltà.
Non voglio fare il profeta di sventura, perché sono i dati a dircelo.
Siamo di fronte ad un'emergenza che il Pubblico non sempre è attrezzato per affrontare. Il fatto che debba intervenire il Banco alimentare o la Parrocchia di zona per far fronte a queste richieste è un dato a mio giudizio grave.
Questo vuol dire che non bastano i soldi che abbiamo dato, e sono tanti, e che l'Assessore bene ha evidenziato, ma vuol dire che c'è una richiesta a cui non si dà risposta non per colpa nostra ma per colpa di una serie di misure complessive che ci sono sfuggite di mano.
Forse non abbiamo tenuto conto di tutto. Non abbiamo tenuto conto del fatto che mentre alcune banche lavorano in un certo modo, altre provano ad inventarsi il microcredito che Scanderebech prima ha citato. Il microcredito sappiamo cos'è, è un aiuto a tutti coloro che non possono sempre garantire una buona idea o buoni progetti, ma non hanno disponibilità liquide e neanche immobiliari.
Spesso le idee buone di queste persone naufragano perché nessuno li aiuta. Ebbene, senza fare reclame, una banca privata più sensibile, da tempo lo fa e mi pare che qualcuno stia, in questo momento, andandogli dietro. Però manca una regia pubblica, procediamo negli anni in maniera un po' incauta.
Inarchi gli artigli e le unghia la politica. I Governi si sono tolti gli strumenti addossando queste responsabilità all'Europa, a misure europee. Temo che la volontà implicita in questa scelta, magari un po' nascosta, fosse un credo comune, quello del mercato che regolava tutto all'insegna di un liberismo sfrenato che ha sfiorato anche consistenti settori della sinistra. Dicevo prima che si sono tagliati le unghie e le mani, ma occorre dare un minimo di regia pubblica a quello che il mondo economico finanziario e dell'assistenza stanno facendo.
Quindi, quando si dice che occorre fare qualcosa, non si fa altro che guardare a Paesi poco distanti e non rivoluzionari come la Spagna, dove si aiutano i disoccupati non sotto forma di assistenzialismo. È logico che se io vado ad offrire il lavoro... In passato era così, in passato il lavoro forzato nei campi di lavoro, quindi nelle colonie carcerarie, era concorrenziale al lavoro libero, ossia, per alcuni lavoratori era più utile lavorare nelle patrie galere che fuori, perché le condizioni delle carceri erano migliori di quelle del libero mercato del lavoro.
Pensate, parliamo di 80 anni fa! Per carità, se vogliamo arrivare di nuovo a quei livelli, posso capire che qualcuno rifiuti per due volte il lavoro. Può anche succedere che quando si offre ad un disoccupato un lavoro mal retribuito e scadente questo possa pensare di stare meglio in galera, pur non essendoci i lavori forzati. Pensate a quale quadro stiamo andando incontro.
Ebbene, è sufficiente spostarsi di pochi chilometri per capire che non è così: in Spagna la disoccupazione non è uno stato degenerativo, ma provvisorio, che si cerca di fronteggiare mediante degli aiuti sotto il profilo retributivo. La precarietà, qui tanto vantata, esiste anche in altri paesi, dove, per il periodo che trascorre tra un lavoro e l'altro, si è stipendiati ed è il pubblico che mette mano al portafoglio. Quindi, il precariato in quei paesi - pur criticato dal mio punto di vista - almeno ha una parvenza di qualcosa d'altro, non è solo e sempre a carico del lavoratore, ma, purtroppo, anche della collettività. Però, in qualche modo si tende ad aiutare quel lavoratore, anche se si torna alla vecchia dicitura del "profitto al privato e oneri sociali al pubblico".
Occorre in qualche modo rivedere o costruire il welfare della Regione Piemonte. Occorre rivedere tutto e metterci gli occhiali, che sono quelli dell'attualità, non quelli delle ideologie, perché non siamo noi gli ideologi e coloro che fanno sempre riferimento all'ideologia, ma forse altri settori.
Infine - il mio intervento non è stato breve come avevo preannunciato ricordo che gli immigrati sono i primi a cadere, perché, man mano che le industrie chiudono, naturalmente, licenziano gli immigrati, che, grazie alla legge Bossi-Fini, il giorno dopo, prendono armi e bagagli per tornarsene a casa. Pertanto, non è alimentando la guerra tra i deboli che si risolvono questi duri momenti di crisi.



PRESIDENTE

Prima di passare agli altri interventi, volevo ricordare che, come già comunicato, alle ore 13, interromperemo i nostri lavori per la conferenza stampa del collega Scanderebech. Ci sono dieci interventi, quindi la seduta consiliare riprenderà alle ore 15.
Praticamente, sull'ordine dei lavori - è un po' estensivo in termini di tempo - interverranno il collega Toselli, il collega Laus e, poi chiuderemo i lavori della mattinata, se non ci sono obiezioni.
La parola al Consigliere Toselli.



TOSELLI Francesco

Io mi sarei riservato di intervenire successivamente sull'ordine dei lavori, perché mi pare di essere in scaletta rispetto agli interventi.



PRESIDENTE

Mi scusi, collega, lei era nell'elenco degli interventi.



TOSELLI Francesco

Ho capito che alle ore 13 si deve chiudere.



PRESIDENTE

Mi sembrava di aver capito che lei volesse svolgere un intervento contenuto sull'ordine dei lavori. Prego, ne ha facoltà.



TOSELLI Francesco

No, lo facevo contenuto rispetto alla questione nel merito.



PRESIDENTE

Meglio ancora.
La parola al Consigliere Toselli.



TOSELLI Francesco

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato molto degli interventi delle colleghe e dei colleghi rispetto ai quali sono anche venute alla luce alcune proposte interessanti e degne di riflessione.
Ovviamente, è stato toccato nello specifico anche il mondo dell'imprenditoria e, conseguentemente, quello del lavoro.
Ora, vorrei che i colleghi ascoltassero quanto intendo presentare.
Visto che abbiamo alla Vicepresidenza il professor Peveraro, che del mondo creditizio credo conosca molto, proponevo alla Giunta di suggerire al mondo creditizio un accordo, quindi un protocollo d'intesa, tra il mondo imprenditoriale, l'Amministrazione e le forze sociali, ovviamente, con le banche, al fine di intervenire su due questioni nello specifico. È la stessa proposta che ho fatto ieri al Presidente della Provincia di Cuneo dove era riunita un'assemblea rappresentativa del mondo sociale ed economico della provincia di Cuneo, relativamente alla crisi economica nella provincia, che il Presidente Costa ritiene importante; quindi stilare un protocollo d'intesa con le banche al fine di definire due questioni nel merito.
Gli imprenditori sono coloro che creano occupazione. Ora, alle aziende viene chiesto da parte delle banche di rientrare del credito che a loro era stato precedentemente elargito. La richiesta di rientro alle imprese pu essere parziale o totale. Se parziale, pare che le banche non ritengano più valide le garanzie precedentemente date dagli imprenditori, quindi ne chiedono di ulteriori.
Ora, le imprese che creano occupazione, vivendo il Piemonte e l'Italia un momento non ordinario dal punto di vista economico, hanno bisogno che le banche non creino loro problemi ulteriori e così le famiglie che hanno contratto un mutuo con un tasso variabile.
Le banche, come ben sapete, applicano uno spread, che è dato dal guadagno delle banche al momento della contrazione da parte delle aziende o delle famiglie di un mutuo a tasso variabile. Il mutuo le banche lo concedono guardando l'Euribor, che ieri era al 3,82.
Se noi aggiungiamo lo spread - circa un punto in percentuale, poco più o poco meno, delle banche - arriviamo al 4,82%, quando abbiamo un tasso di sconto della BCE molto più basso, che è 3,52 - aggiornato sempre a ieri.
Se aggiungiamo un punto in percentuale dello spread - guadagno "sporco" delle banche - arriviamo ad un 4,50, per cui, attraverso una proposta di protocollo d'intesa tra banche, imprenditori e associazioni, avremmo l'opportunità di fare risparmiare qualche soldo alle famiglie e anche alle imprese.
Allora, è così difficile fare in modo che le banche, in questo momento di crisi economica, non possano su due questioni principali, che si riferiscono all'impresa e ai mutui a tasso variabile contratti dalle famiglie, trovare un accordo affinché applichino tutti le stesse tariffe anziché ognuno andare per conto suo? La politica non può proporre al mondo del credito di trovare questo tipo di soluzione. Perché parliamo di povertà e non ci preoccupiamo di quelli che nella povertà finiranno? Mi riferisco agli operai che rimarranno a casa se alle imprese verrà chiuso il credito e a quelle famiglie che hanno contratto un mutuo a tasso variabile.
Le banche, in un momento di difficoltà dell'economia piemontese e nazionale, dovrebbero avere il buon senso di guadagnare di meno. Siccome non vogliono guadagnare di meno, perché continuano a fare quello che hanno sempre fatto, la politica, se vuole, può intervenire attraverso proposte concrete: un protocollo d'intesa che può proporre la Giunta regionale con il mondo creditizio, almeno su due questioni specifiche. Secondo me, sono due questioni già sufficientemente importanti per dimostrare l'attenzione fattiva della politica nei confronti della società civile e delle imprese.
Altrimenti continuiamo a fare tante parole, ripeto, tante parole, che sono una gran bella cosa, ma, alla fine dei conti, il Piemonte, come le altre Regioni, non ha gli strumenti normativi tali da intervenire per incidere e ridurre attraverso le modalità che potremmo avere come ha lo Stato, per tentare di formulare proposte concrete. Almeno questa proposta la potrebbe accettare.
Credo che renderemmo un bel servizio alla comunità piemontese se la Giunta regionale assumesse l'incarico di studiare un protocollo d'intesa firmato da forze sociali, economiche, amministrazioni locali e banche per fare in modo che vi sia un'uniformità rispettivamente sui mutui a tassi variabili contratti dalle famiglie e su quelli delle imprese. Daremmo davvero un buon esempio di buon senso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Laus per l'ultimo intervento.
L'o.d.g. prevedeva, alla ripresa della seduta pomeridiana, la seduta ordinaria, ma se qualcuno lo richiede si può continuare con la seduta straordinaria. Ricordo che sono ancora previsti nove interventi. Se qualcuno di coloro che devono intervenire lo richiedono, riprendiamo i lavori continuando in seduta straordinaria altrimenti, in base al Regolamento, alle 15 si riprende in seduta ordinaria.
Si chiude con l'intervento del Consigliere Laus e i lavori riprenderanno alle ore 15 con la continuazione della seduta straordinaria.
La parola al Consigliere Laus.



LAUS Mauro

L'oggetto politico è contro la povertà e l'esclusione sociale. Sono convinto che non siano sufficienti le misure atte a finanziare determinati capitoli o strumenti. Non sempre i problemi si risolvono con i soldi e dico io, purtroppo e fortunatamente, non sempre con i soldi si pu risolvere tutto.
Ho un rispetto profondo per tutti i colleghi: colleghi della maggioranza, della minoranza e di tutte le forze politiche. Colleghi impegnati a fare politica in Regione Piemonte e nel resto del territorio nazionale. Tuttavia, ho un disgusto totale, ripeto, ho un disgusto totale perché, in questi tre anni di esperienza, ho toccato con mano che il sistema, chiamiamolo sistema politico, chiamiamolo sistema, che ha la gestione della macchina pubblica, è completamente marcio.
Cosa voglio dire? Ripeto, per i singoli ho rispetto, ma io parlo del sistema. È marcio perché spesso anzi, quasi sempre, noi perdiamo il senso delle parole. Diciamo parole, approviamo ordini del giorno, facciamo delle cose. Mi hanno insegnato nel lavoro che, alla fine di una comunicazione alla fine di un ragionamento, bisogna chiedere all'interlocutore: adesso quindi, cosa facciamo? Fatevi voi un'analisi di coscienza alla fine di questa mattinata su cosa abbiamo fatto, che cosa abbiamo prodotto e quanto abbiamo prodotto. Ma con questo non voglio essere il primo della classe rispetto ad altri. Dico solo che il sistema non funziona. È necessario promuovere azioni, atti a creare efficienze nella pubblica amministrazione. Secondo me questo è l'abc.
Condivido in pieno la proposta avanzata dal Consigliere Rossi della Lega quando dice di promuovere un tavolo, non solo tecnico, ma un tavolo politico. In un momento d'emergenza è necessaria un'operazione trasversale sui contenuti e non sull'organizzazione del consenso.
Oggi dobbiamo sviluppare non solo la ricerca, oggi dobbiamo sviluppare la "cerca", perché la ricerca significa cercare un qualcosa che già esiste nel sistema. Noi oggi, invece, dobbiamo cercare qualcosa che non c'è.
Dobbiamo rivoluzionare completamente il nostro sistema che gestisce la cosa pubblica.
Quando parliamo, giustamente e correttamente, di diritti dei lavoratori e, soprattutto, di quei lavoratori che lavorano nelle pubbliche amministrazioni, dobbiamo sapere che oggi le leggi ci sono. Un ente pubblico, qualsiasi ente, anche partecipato, nel momento in cui affida un servizio a società esterne ha il diritto di chiedere quale contratto collettivo applicare e ha il dovere di verificare. Viene fatto? Questi sono strumenti, questi sono poteri, questi sono doveri della politica e delle istituzioni: da qui dobbiamo partire.
Vi faccio un esempio a proposito d'efficienza. Gradirei l'attenzione del Presidente anche perché rivolgo un appello all'Ufficio di Presidenza al Presidente del Consiglio Gariglio non perché lui sia responsabile, ma perché è il garante della legalità, il garante di quest'Aula, quindi che non venga mal interpretato quello che sto per dire.
Abbiamo chiesto un'audizione al Consorzio ASA. Prendo com'esempio il Consorzio ASA - consorzio di rifiuti - ma, al di là delle azioni della Magistratura, non è quello che il discorso che voglio portare avanti.
Il Consorzio ASA coinvolge 54 Comuni e quattro Comunità montane.
Abbiamo chiesto un'audizione, sono venuti in Commissione e hanno dato un malloppo di documenti - che non ho letto e che vi consegno - che non ho bisogno di leggere: qui c'è un obbrobrio. Un obbrobrio non per il comportamento riprovevole dei singoli amministratori, ma per un'impostazione marcia e sporca, più sporca di un inceneritore. Parlo di impostazione giuridica, di come è impostata questa società. Lì c'è uno sperpero, secondo me, oltre ad un'alterazione forte del mercato sulla quale nessuno è intervenuto.
Noi abbiamo fatto l'audizione, sono state dette delle cose, adesso sicuramente non è compito nostro fare gli ispettori, però, mi chiedo: la Regione, nel momento in cui finanzia questi Comuni direttamente o indirettamente anche il Consorzio ASA, deve continuarlo a farlo oppure prima di farlo, deve capire se l'impostazione giuridica di questa società è corretta? Non è un compito mio, non sono un giurista, non posso, io ed altri colleghi, continuare a perdere tempo a chiedere spiegazioni. Sono interessato solo ed esclusivamente ad una cosa: devo perseguire un obiettivo. Da solo io ed altri colleghi sicuramente non riusciamo a cambiare completamente il sistema, ma nel piccolo, ognuno può dire la sua.
Volevo dare un senso a questa mia giornata. Nel mio piccolo affido questa documentazione all'Ufficio di Presidenza. Non so se l'Ufficio di Presidenza si potrà avvalere di qualche esperto di bilanci di natura giuridica, è capire se quello che ho detto corrisponde al vero o no. Io non ne ho la certezza, non lo so, ma ho dei seri dubbi.
In buona sostanza, io non voglio essere una comparsa in questo dibattito di oggi, voglio essere non il protagonista principale, ma colui che lancia un sasso nello stagno con la speranza che anche altri colleghi possano porre in essere comportamenti finalizzati ad imitare, secondo me un senso di responsabilità necessaria.
Ecco, la povertà si combatte con la metabolizzazione dell'attuale sistema politico (non i singoli politici, ma il sistema politico) e il sistema della gestione della cosa pubblica, salvo tante eccezioni - ci mancherebbe altro! - a mio avviso sono completamente marci.



PRESIDENTE

Grazie, collega Laus.
Con quest'intervento, dichiaro chiusa la seduta straordinaria sulle politiche contro la povertà e l'esclusione sociale. Nella seduta del pomeriggio, che riprenderà alle ore 15, bisognerà effettuare una determinazione relativa alla seduta del mattino per continuare il dibattito con quanti sono rimasti iscritti a parlare.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.55)



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