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Dettaglio seduta n.376 del 05/11/08 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PLACIDO ROBERTO



(Alle ore 10.00 il Vicepresidente Placido comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.34)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bellion, Bossuto, Buquicchio Rabino e Valloggia.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito in ordine alla "Crisi economico-occupazionale nella nostra regione" (interrogazioni ed interpellanze n. 2013, 2064, 2301, 2195, 2236 2340, 2351, 2368 e 2465 assorbite dal dibattito)


PRESIDENTE

Apriamo i lavori con l'ordine del giorno e il dibattito in ordine alla crisi economico-occupazionale nella nostra regione.
Ieri sera - ringrazio ancora gli uffici - sono stati distribuiti i documenti relativi all'audizione avvenuta in VII Commissione; documenti integrati da un contributo fatto pervenire dall'Assessore Migliasso, che ringraziamo. Tutto il materiale è stato distribuito anche ai Consiglieri.
Se non ci sono richieste d'intervento sull'ordine dei lavori, possiamo dare la parola all'Assessore Migliasso.



MIGLIASSO Teresa Angela, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Come ha già detto il Vicepresidente Placido, a me è parso utile fornire alle Consigliere e ai Consiglieri regionali il materiale non soltanto per il dibattito di oggi, ma anche come documento che potrà essere utilizzato nei mesi prossimi per immaginare un sistema di comparazione e di confronto in grado di valutare, naturalmente con degli indicatori che ci potremo dare, l'impatto delle politiche, che mi auguro non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, verranno assunte per fronteggiare questo momento di crisi.
Si tratta, come io penso, di un momento di crisi che avrà uno sviluppo prolungato nel tempo e che non durerà lo spazio di qualche mese. Le politiche da attuare dovranno consentirci di traghettare senza troppi danni dalle situazioni più complesse e più difficili verso un aiuto alle famiglie, alle lavoratrici e ai lavoratori per superare questo momento estremamente difficile dell'economia del nostro Paese.
Farei due premesse. La prima è questa, molto rapida. Le misure che il Governo ha assunto negli scorsi mesi non tenevano conto dell'avvicinarsi della crisi, anche se gli eventi che poi hanno determinato la crisi erano già avvenuti, erano tutti sul piatto. Di conseguenza, nella predisposizione dei documenti della finanziaria non si è tenuto conto - cito due esempi della quantità degli ammortizzatori sociali utili a fronteggiare i processi di crisi né è stata varata alcuna particolare misura di sostegno alle famiglie per la ripresa dei consumi, il che vuol dire non soltanto sostenere le famiglie, ma vuol dire sostenere importanti settori dell'economia che oggi mostrano segni di cedimento proprio a causa del restringersi di quanto le famiglie hanno a disposizione.
Non si è fatto un ragionamento sulla detassazione delle pensioni e della tredicesima né si è presa in considerazione tutta una serie di altri interventi che avrebbero potuto essere attivati, ma spero ancora che attraverso il confronto tra maggioranza e opposizione, potranno e dovranno essere attivati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
L'altro ieri in Commissione il Sottosegretario Vegas sosteneva che il problema quello di rafforzare alcune poste all'interno delle cifre definite nel bilancio, spostandole da una parte all'altra, ma che per quanto riguardava la questione del sostegno alle famiglie e ai consumi non c'era nulla che potesse far dire che il Governo stava prendendo dei provvedimenti, in quantoi soldi dovevano essere immutati. Sono cose che possono essere lette e che personalmente ho ricavato dalla lettura attenta della rassegna stampa di ieri.
Credo che ci sia in questo momento la necessità di far sistema non solo a livello locale come abbiamo fatto stamattina - poi riferiranno gli Assessori Bairati e Peveraro e anche la Presidente Bresso meglio di quanto non possa fare io - con l'unità di crisi (possiamo chiamarla così, oppure tavolo della crisi) e con un mix di interventi che vanno dal sostegno ai redditi a misure sulle politiche sociali, ma che sia indispensabile anche un forte protagonismo delle misure governative; misure che non possono non toccare, per esempio, il quantum a disposizione per fronteggiare la straordinarietà degli eventi come quelli che, pur con una differenza a seconda dei sistemi regionali, si stanno manifestando un po' in tutto il Paese.
Ritengo che non ci possa limitare, come dicevo prima, a spostare da una posta di bilancio all'altra le cifre senza variare le risorse a disposizione. Penso che noi faremo la nostra parte, che tutte le Regioni immagino - faranno la loro parte, chiedendo con forza al Governo di fare la sua. Lo chiederemmo, badate, a qualsiasi Governo fosse in carica in questo momento, proprio per la straordinarietà della situazione che stiamo attraversando e per la necessità di governare i mesi e gli anni futuri.
Seconda premessa. La prima parte della mia relazione - anticipo che non sarà lunghissima - dà conto della situazione che si è determinata fino alla fine di giugno (primo e secondo trimestre), perché questi sono i dati disponibili, mentre quelli del terzo trimestre non sono ancora elaborati.
La seconda parte è dedicata a un'analisi di merito di ciò che sta avvenendo in queste settimane e contiene anche delle proposte concrete per ciò che riguarda quel che si potrà fare, naturalmente in ampio spirito di concertazione al tavolo cui facevo cenno poc'anzi tra le forze sociali nel perimetro della materia che è di mia competenza.
Quindi, da un lato, le politiche sociali che non sono estranee al discorso "sostegno al reddito delle famiglie, possibilità di alleviare le famiglie da una serie di appesantimenti della loro vita quotidiana" e dall'altro, le politiche del lavoro attive e passive.
Entrando nel merito, la situazione del mercato del lavoro piemontese nel 2008, mostra evidenti aspetti di criticità, in un contesto che tuttavia non sembra privo di elementi di dinamismo e di reattività, di fronte al peggioramento del clima congiunturale. Ripeto che sto ragionando sui due primi trimestri.
Il quadro fornito dall'indagine continua delle forze di lavoro, nei primi sei mesi dell'anno, evidenzia una prosecuzione delle tendenze negative che erano rilevabili fino dalla seconda metà del 2007 e che si sostanziano in una marcata flessione dell'occupazione, sia in industria che in agricoltura, a cui corrisponde un sensibile aumento dei livelli di disoccupazione.
Nel complesso, però, il bilancio occupazionale - i saldi - permane positivo, perché l'espansione dei servizi non commerciali, a fronte di una stagnazione del commercio vero e proprio, legato alla contrazione dei consumi, opera in funzione compensativa delle perdite registrate dai settori industriali.
Penso che, tuttavia, debba destare preoccupazione la situazione del sistema produttivo che, anche nella fase più critica della profonda crisi attraversata tra il 2003 e il 2005, era riuscito a contenere la caduta di addetti, soprattutto grazie all'estensivo ricorso agli ammortizzatori sociali. Mentre ora questa rete protettiva, pur messa in campo, pare insufficiente ad arginare i processi di espulsione dal lavoro, anche perch nel frattempo sono intervenute delle legislazioni e, soprattutto, non è stata fatta la riforma degli ammortizzatori sociali.
Gli indicatori forniti dall'indagine previsionale Unioncamere del secondo trimestre 2008 mantengono ancora nel complesso un segno positivo pur segnalando un rallentamento della crescita, ma, nelle prospettive a breve termine delle imprese, sembra dominare un certo pessimismo.
I dati sulle ore di cassa integrazione autorizzate dall'INPS indicano fino a tutto agosto 2008, un quadro sostanzialmente stazionario rispetto all'anno precedente, però con una situazione frastagliata: più critica nelle Province diverse da Torino, ancora relativamente dinamica in Provincia di Torino, dove le ore diminuiscono, pur in presenza di alcune situazioni che tutti conosciamo e che sono quelle di crisi conclamata.
Se analizziamo, però, le richieste di cassa integrazione straordinaria in deroga e l'andamento delle iscrizioni nelle liste di mobilità, possiamo rilevare un cedimento diffuso del sistema delle piccole e delle medie imprese, riconoscibile nella forte crescita della domanda di cassa integrazione in deroga da parte delle imprese artigiane e nell'aumento del flusso verso la mobilità di soggetti non indennizzati, quelli cioè che non hanno diritto ad alcun ammortizzatore sociale, il cui numero ha ampiamente superato quello delle dismissioni dalle imprese con più di 15 dipendenti.
Questi dati, che già non sono rosei, anche se - ripeto - il saldo occupazionale è positivo per le ragioni che dicevo prima, riflettono tuttavia una situazione precedente al precipitare della crisi finanziaria che ha avuto sul clima anche dell'economia reale indubbie ripercussioni negative, certamente anche di ordine psicologico, in attesa di cogliere appieno le ricadute effettive di questo sconvolgimento sull'economia reale.
Le imprese industriali in particolare, hanno reagito - certo non tutte ma una parte sì - con un inasprimento del blocco del turnover, che risulta peraltro già operante nella prima metà dell'anno e che sembra di individuare come il principale responsabile della caduta dell'occupazione industriale e del corrispondente aumento dei livelli di disoccupazione, con un tasso relativo in salita, che passa dal 4 al 4,7%.
In un mercato dove gli inserimenti al lavoro sono per gran parte di carattere temporaneo, con l'instaurazione di successivi meccanismi di proroga e di trasformazione del rapporto di lavoro, la mancata conferma di posizioni di lavoro a termine, il non rinnovo di contratti in scadenza operato con una logica prudenziale, non dissimile da quella delle famiglie che tagliano le spese non indispensabili, comportano quindi una sensibile flessione degli addetti, specie nel settore industriale, fortemente dipendenti dalla somministrazione di lavoro e da altre forme flessibili di impiego, con la conseguente crescita di quel segmento di disoccupazione meno protetto da forme di tutela contro la perdita del reddito di base.
Secondo questa lettura, che ritengo abbastanza corretta, la riduzione dei posti di lavoro dell'industria è l'effetto combinato di espulsioni per motivi economici, che presentano nelle piccole imprese (non solo industriali) una preoccupante crescita, restando per il momento relativamente stabili nelle aziende maggiori, e anche di un sostanziale blocco del turnover, con l'interruzione di quei processi di flessibilità all'ingresso che, fra alti e bassi, hanno accompagnato negli ultimi anni l'andamento variabile della produzione.
Si tratta quindi di una crisi, e l'abbiamo detto anche stamattina, con caratteristiche parzialmente diverse da quelle degli anni scorsi, che io penso richieda, da parte della comunità piemontese tutta, una risposta altrettanto decisa e compatta, quello che chiamavo prima il fare sistema fra istituzioni e parti sociali, fra livelli istituzionali diversi, che è ora come allora, assolutamente necessario, ma con una modulazione di interventi un po' differente.
Ragionando sui dati - ovviamente, rimando alla premessa che facevo prima, con l'impegno ad approfondire di più e meglio naturalmente con chi lo riterrà opportuno e, in primo luogo, con le parti sociali - noi riteniamo necessario richiedere al Governo, anche sulla scorta delle esperienze precedenti, un allargamento dell'ombrello protettivo assicurato dagli ammortizzatori sociali "standard", al servizio delle aziende cassaintegrabili, secondo modalità che erano state attivate con successo negli anni 2004/2005, anche se - ripeto - oggi la crisi è parzialmente differente, ma questo potrebbe comunque essere uno strumento utile.
Mi riferisco alla richiesta di raddoppio delle settimane di CIG ordinaria utilizzabili dalle imprese, cioè da 52 a 104, ma anche alla possibilità di proroga a 24 mesi dei trattamenti di CIGS per crisi aziendale giunti ad esaurimento, sapendo che tale opportunità è già prevista nel caso di CIGS per cessazione di attività.
Si tratta, infatti, di traghettare senza troppi danni il nucleo portante del sistema produttivo piemontese al 2010, anno in cui parrebbe nessuno lo sa, anche economisti di chiara fama propongono teorie diverse ripartire e questo lo sarà sicuramente nel 2010, non tanto un nuovo ciclo economico, ma un nuovo ciclo di integrazione salariale, e si ricostituisce la dotazione standard a disposizione delle imprese che ne hanno diritto e in cui si spera che la morsa della crisi, se non risolta, si sia quanto meno allentata.
In secondo luogo, occorre riconsiderare il sistema delle deroghe fino ad ora in uso, ampliandolo al sostegno di quell'area di disoccupazione di cui si diceva prima, legata alla crescita degli elementi di precarietà dell'impiego.
La CIGS in deroga andrebbe comunque mantenuta seconda le linee guida attuali, nell'assunzione che i provvedimenti - quelli che dicevo prima valgano a sollevare la gestione della CIGS in deroga da gran parte del peso delle imprese maggiori, valutando in che misura occorra circoscrivere l'ambito settoriale di intervento e quali modalità adottare per sollecitare un utilizzo più mirato di questo strumento da parte delle aziende artigiane, con un maggior coinvolgimento di quelle colpite da crisi strutturale.
Apro e chiudo rapidamente una parentesi. Tutto quello che sto dicendo e proponendo è perché - lo ribadisco ancora una volta, e ricordo che avevamo fatto la stessa richiesta, con la stessa forza, anche al Governo Prodi - in questo Paese non si è ancora riusciti a fare la riforma degli ammortizzatori sociali.
Accanto alla cassa integrazione straordinaria a noi pare importante allargare la deroga ai trattamenti di indennità di disoccupazione a favore delle lavoratrici e dei lavoratori precari lasciati a casa al termine del periodo contrattuale previsto - siano essi interinali, tempi determinati o quant'altro - quelli, cioè, che vengono impiegati nelle tante, forse troppe, forme di impiego flessibile oggi disponibile.
Alcune Regioni negli anni scorsi hanno esteso le deroghe con modalità diverse, quindi a seconda dei loro sistemi e delle loro necessità, sia alla mobilità che alla disoccupazione, come peraltro è previsto e reso possibile dalla normativa.
In Piemonte, viste le caratteristiche della crisi negli anni scorsi e l'approccio selettivo adottato, si è deciso fino ad ora di operare solo sull'integrazione salariale, ma la situazione economica e sociale, mutata per le valutazioni che facevo prima, ci impone anche di considerare una scelta diversa.
Come dicevo, sarà necessario un confronto aperto e serrato con le parti sociali, per definire le modalità di attuazione del provvedimento e, su questa base, stimare le risorse finanziarie necessarie da richiedere al Governo, come facciamo ormai da quattro anni, con cui già si è avviato un tavolo di discussione in merito, sia pure a livello tecnico per ora, che andrà allargato alle altre proposte sopra avanzate, con un'azione combinata tra parti sociali, istituzioni e rappresentanza della politica piemontese in Parlamento, a qualsiasi schieramento appartenga.
Oltre a queste iniziative, richiamiamo anche la volontà di replicare e se possibile, rafforzare con una maggior dotazione di risorse l'avviso di sostegno al reddito gestito dall'Agenzia Piemonte Lavoro nei confronti di soggetti colpiti da crisi industriale, la cui gestione 2008 è ora in fase di sviluppo e ha registrato un'adesione ampia con la copertura dei fondi assegnati. Si tratta, ovviamente, di uno strumento limitato, ma importante come segnale di attenzione verso quelle persone, quelle lavoratrici o quei lavoratori, da parte delle pubbliche istituzioni, che va a favore di famiglie che hanno visto ridursi il proprio tenore di vita in un contesto in cui l'area di povertà relativa, come varie indagini di tipo sociologico ed economico hanno dimostrato, si va allargando.
Era di ieri l'ultima ricerca che dimostra come, ormai, sette milioni e mezzo di famiglie italiane stiano collocandosi o stiano per cadere nell'area della povertà. Vorrei che si considerasse, peraltro, che le persone che sono rimaste senza lavoro per la scadenza di un contratto a termine non sono comprese in questo insieme di cui parlavo adesso, che interessa solo, almeno secondo le linee di attuazione vigenti, lavoratrici e lavoratori per i quali il contratto di lavoro è stato interrotto prematuramente per motivi economici.
Termino dicendo che, a questo pacchetto di interventi di natura essenzialmente difensiva - in momenti come questi è anche bene difendersi predisponendo poi tutti gli altri interventi di cui parleranno i miei colleghi e anche la Presidente - vanno affiancate, per ciò che riguarda il perimetro delle mie competenze, iniziative che siano verso il rafforzamento e il rilancio del sistema industriale e a sostegno delle difficoltà di ordine finanziario che tendono a soffocare numerose imprese sane ed attive nonché attività di ricollocazione e di supporto a quei disoccupati e disoccupate e alle relative imprese che possono essere messe in campo dai servizi per l'impiego, che stanno per avviarsi sui fondi della nuova programmazione europea, con l'approvazione in corso dei programmi di attività e spesa provinciale in una logica articolata, ma coordinata di azione.
Credo sia importante, d'altra parte, valorizzare gli elementi dinamici e reattivi ravvisabili nel quadro socio-economico regionale perché non aiuta drammatizzare, oltre misura, la situazione, che è già complessa di per sé. Non aiutano certi titoli gridati, aiuta mantenere i nervi saldi e la mente fredda, il che non vuol dire non disporsi appassionatamente a mettere in campo tutto ciò che è necessario e indispensabile mettere in campo.
Occorre non drammatizzare oltre misura la situazione, perché è opportuno lanciare dei messaggi di fiducia. Se mi permettete, credo che ci che è successo negli Stati Uniti questa notte (fiducia e speranza che ce la si possa fare), in qualche modo, qualche lezione ce la dia. Pur tra tutte le difficoltà e gli ostacoli che ci stanno di fronte, la comunità piemontese, tutta, è pronta ad accettare la sfida che questa nuova crisi ci pone. Penso che abbia in sé la capacità e le potenzialità, se riusciamo davvero a fare sistema e se riusciamo anche a fare sistema con il livello centrale, per uscirne fuori verso una nuova fase di sviluppo.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Media Statale "Dante Alighieri" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della Scuola Media Statale "Dante Alighieri" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.
Vi ricordo che state assistendo ad una seduta particolare di Consiglio sulla crisi economico-occupazionale nella nostra regione. Ha appena finito di parlare l'Assessore Migliasso, Assessore al lavoro.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito in ordine alla "Crisi economico-occupazionale nella nostra regione" (interrogazioni ed interpellanze n. 2013, 2064, 2301, 2195, 2236 2340, 2351, 2368 e 2465 assorbite dal dibattito) (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo con gli interventi della Giunta regionale.
Ha chiesto di intervenire l'Assessore Bairati; ne ha facoltà.



BAIRATI Andrea, Assessore all'industria e energia

Grazie, Presidente.
Brevemente per inserire le considerazioni che l'Assessore Migliasso ha avanzato circa gli andamenti del mercato del lavoro piemontese in un quadro più generale sulla situazione della nostra economia. Una serie di considerazioni che definiscono il quadro economico generale in cui il nostro sistema della produzione e, per quanto riguarda alcuni elementi su cui occorre riflettere, anche le nostre famiglie e i nostri cittadini stanno affrontando.
Parto dalla situazione che riguarda gli andamenti dei consumi e dei mutui, ma anche da un fenomeno ancora non emerso del tutto, su cui è bene che quest'Aula faccia qualche riflessione.
La prima considerazione è la seguente: i numeri che le Associazioni di categoria ci hanno fornito - peraltro, sono stati oggetto, questa mattina di una riunione della "cabina anticrisi", presieduta dalla Presidente, a cui hanno partecipato tutti i rappresentanti degli interessi economici del lavoro piemontese - hanno confermato una serie di indicazioni importanti che sono senz'altro quelle di una situazione molto delicata e complessa per quanto riguarda l'andamento dei consumi e della domanda interna. I consuntivi dei primi sei mesi dell'anno indicano una flessione significativa rispetto ai dati che erano stati registrati nel 2007.
Un secondo elemento di considerazione importante riguarda i mutui immobiliari: in questo settore, la situazione appare sostanzialmente stabile, per cui non sembrano emergere indicazioni di particolare preoccupazione.
Come sapete, il Governo ha varato una serie di misure di rinegoziazione dei mutui immobiliari, il cui esito, stando ai dati ufficiali forniti dall'Associazione Bancaria Italiana, indicherebbe che la situazione non sembra presentare elementi di particolare criticità. Lo conferma il fatto che, su circa due milioni e mezzo di comunicazioni inviate dal sistema bancario ai cittadini italiani, il tasso di penetrazione e di accettazione alla rinegoziazione del mutuo, secondo le misure indicate dal Governo, è stata pari (leggermente inferiore) all'1%. Su questo dato le valutazioni potranno essere diverse; possiamo senz'altro constatare che quella misura non ha fornito gli esiti desiderati, oppure la situazione non presenta ancora quei caratteri di acuzie che si potevano presumere.
Viceversa, un aspetto su cui occorre riflettere riguarda le dimensioni e, per certi versi, le caratteristiche qualitative di quello che viene definito "credito al consumo", cioè di quella massa di risorse che sono state prestate per sostenere il piccolo consumo, appoggiate, in buona parte, sulla cessione del quinto delle retribuzioni. Le dimensioni nazionali sono estremamente rilevanti: si parla di una massa finanziaria stimata (però è una stima per difetto, perché non tiene conto di tutta una serie di operatori che operano in maniera meno trasparente su questo mercato) superiore ai 100 miliardi di euro di credito al consumo, che ribaltata sul Piemonte, esprime (anche qui andiamo per stime) un'indicazione oscillante intorno agli otto miliardi di euro di credito al consumo, con una cifra pro capite (per quanto riguarda i cittadini piemontesi) di circa 2.000 euro.
Su questo dato, sono necessarie due considerazioni. In primo luogo, si tratta di un credito erogato a tassi estremamente elevati, perché parliamo di tassi superiori mediamente al 12%; in secondo luogo, ovviamente in una situazione come quella delineata nell'intervento iniziale dell'Assessore Migliasso, combinando fenomeni di restrizione o di perdita del lavoro con quelli di credito al consumo, questa situazione dovrà essere senz'altro tenuta sotto osservazione.
A questo proposito, oggi la Giunta incontrerà le Fondazioni bancarie per individuare possibili interventi a mitigazione di questa situazione.
Per quanto riguarda il versante delle imprese, vi sono tre elementi su cui occorre riflettere. Innanzitutto vi è stata una convergenza generale di indicazioni e di posizioni, oltre che una convergenza circa le prime misure operative che la Giunta ha preso, relativamente al mantenimento delle linee di credito in favore delle sistema delle imprese piemontesi, per fare in modo che non si interrompa il credito, in particolare per il sistema delle piccole e medie imprese.
Noi abbiamo degli istituti che lavorano specificatamente su questa materia - mi riferisco agli istituti di garanzia del credito - uno dei quali, peraltro, è di diretta emanazione regionale (è anche il più grande consorzio di garanzia nazionale). Questi consorzi, con la delibera assunta ieri dalla Giunta, sono stati ricapitalizzati per una cifra pari a 20 milioni di euro. Questa manovra va aggiunta a quella precedente, che ha consentito di consolidare il patrimonio dei confidi per una cifra (ad integrazione dei 20 milioni di euro di cash fresco che la Giunta ha previsto con la delibera di lunedì, poi mi correggerà il Vicepresidente) superiore ai 40 milioni di euro, ammontante intorno ai 46 milioni di euro.
Quindi la Giunta ha già assunto un atto operativo molto importante, che è il consolidamento del sistema delle garanzie con 46 milioni di euro di conversione in capitale e di 20 milioni di euro di risorse fresche con la delibera di lunedì.
evidente che la misura regionale deve essere accompagnata - su questo c'è una posizione assolutamente concorde di tutte le Regioni italiane - da una manovra che il Governo aveva annunciato, quella del varo di un fondo di controgaranzia, quindi l'assicurazione delle garanzie di 100 milioni di euro; misura che non ha ancora visto nessun esito concreto.
A questo proposito, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni che si è tenuta giovedì ha indicato un coordinamento tra le Regioni delle misure anticrisi, affidando questo coordinamento alla Regione Lombardia che, come sapete, è responsabile degli affari finanziari delle Regioni, alla Regione Marche, responsabile degli affari industriali, e alla Regione Piemonte responsabile degli affari comunitari.
Queste tre Regioni si apprestano a definire un quadro di richieste al Governo, composto, sostanzialmente, da tre parti. La prima è rappresentata dal varo del fondo di controgaranzia, almeno con quei 100 milioni di euro pur sottolineando il fatto che quella cifra, spalmata su tutto il territorio nazionale, è assolutamente insufficiente; la seconda, questione estremamente delicata, si riferisce al fatto che le Regioni sottolineano la necessità che i fondi europei, almeno per la quota di finanziamento proveniente dall'Europa, escano dal conteggio del Patto di stabilità; la terza, che il Governo acceleri le procedure di autorizzazione dei quadri di programmazione regionali relativi ai fondi per le aree sottoutilizzate perché questo darebbe modo alle Regioni di varare l'esecutività della propria programmazione e di avere una leva in mano per intervenire sul terzo elemento, giudicato da tutti essenziale, che è per il rilancio della domanda interna attraverso un importante sistema di opere infrastrutturali di natura pubblica.
La seconda questione su cui la cui la Giunta sta lavorando - a tal riguardo, preparerà un provvedimento nelle prossime settimane - riguarda l'utilizzo di risorse della finanziaria regionale a riduzione degli interessi bancari. Voi sapete che questa ondata finanziaria così violenta ha prodotto delle restrizioni all'accesso al denaro molto forti: quindi di denaro vero (non di carta finta) ce n'è meno e ha, ovviamente, dei costi significativi. Quindi noi possiamo intervenire.
Come sapete, noi interveniamo spesso a sostegno delle imprese sul conto interessi, il che cosa vuol dire? Vuol dire ridurre il tasso di interesse con cui il denaro viene prestato alle imprese.
Terza questione (qui entro negli aspetti non congiunturali ma di carattere congiunturale): è evidente che se voi guardate un ciclo lungo ne avevamo discusso durante la seduta in cui era stata richiesta alla Giunta l'illustrazione del Patto per lo sviluppo - l'economia piemontese ha avuto preoccupanti andamenti negativi per un ciclo oscillante tra il 2000 2001 e il 2005. Nel 2006 e nel 2007 le prestazioni complessive del sistema erano abbastanza positive, sia per le occupazioni che per gli ordini e i fatturati.
Ciò che è importante sottolineare è che in questi 24 mesi si è avviato un percorso di riposizionamento competitivo del nostro sistema economico utilizzando due leve, e i numeri lo dicono: il forte ricupero sul terreno delle esportazioni e, appunto, del posizionamento dei prodotti piemontesi sui mercati esteri, ed una ripresa sul terreno dell'innovazione e della competitività attraverso la ricerca applicata, testimoniata dal forte incremento che hanno avuto brevetti e, in generale, titoli di proprietà intellettuale ad alta intensità tecnologica nella nostra regione.
Ovviamente, in questa fase, questo cammino trova davanti a sé un rischio di un forte rallentamento determinato dalla crisi finanziaria, che potrebbe commutarsi in crisi economica.
Su questa questione vanno fatte due considerazioni: anzitutto (come abbiamo già detto durante l'illustrazione del Patto per lo sviluppo) seppure non sia una misura con lo stesso carattere di urgenza di quella della conservazione, delle garanzie e dell'intervento sul conto interessi occorre che, a causa della debolezza strutturale della nostra economia (costituita prevalentemente di piccole e piccolissime imprese), ma soprattutto della sottocapitalizzazione della stessa, si preparino degli interventi.
Questa è la ragione per la quale abbiamo intrapreso un percorso di investimenti con la Banca Europea, proprio per avere a disposizione risorse che entrino per risolvere questo problema attraverso il consolidamento delle capitalizzazioni.
La seconda questione riguarda l'equilibrio con cui la Giunta ha inteso strutturare il bilancio regionale. Da un lato, si è voluto riorientare una quota di risorse previste sul versante delle politiche industriali soprattutto sull'ampliamento e la sostituzione della base produttiva, al tamponamento della situazione con le due misure a cui facevo riferimento all'inizio (cioè, garanzie sugli interessi e abbassamento degli stessi perché senz'altro questa non è una fase in cui emerge come una priorità la sostituzione o l'ampliamento della capacità di produzione). Dall'altro lato, siamo stati attenti a non commettere l'errore di frenare, come ho letto, invece, in qualche strano frammento stampa, gli investimenti sulle leve competitive dell'innovazione, della ricerca e del trasferimento tecnologico delle nostre imprese, che, soprattutto in una fase delicata come questa, devono essere conservate per continuare a sostenere quel cammino di riqualificazione e di differenziazione del sistema economico che si era avviato nel 2006 e nel 2007.
Questo è il quadro generale in cui, come dicevo, la situazione occupazionale si inserisce e queste sono le misure regionali che sono già state prese.
Mercoledì prossimo ci sarà un primo incontro delle Commissioni congiunte a livello regionale e quindi ci attendiamo un incontro con il Governo che affronti i problemi di cui vi ho detto ed il varo delle misure che l'esecutivo nazionale ha annunciato, per integrare, potenziare e sostenere in particolare le prime misure tampone che hanno carattere di assoluta urgenza, cioè non interrompere il flusso di risorse di credito in favore soprattutto del tessuto delle piccole e medie imprese.



PRESIDENTE

Non essendoci ulteriori richieste di interventi da parte della Giunta dichiaro aperta la discussione generale.
La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Penso che il dibattito di oggi sia estremamente utile se sapremo trarne delle conclusioni nell'ambito dell'operatività.
Cerco di anticipare due tentazioni, a cui credo tutti coloro che parteciperanno a questo dibattito (non soltanto oggi, ma soprattutto nella fasi successive) potrebbero venir tentati, scusate il gioco di parole. La prima è il gioco della polemica: stabilire di chi è la colpa e attribuirla ad una parte piuttosto che a un'altra, a un periodo piuttosto che ad un altro.
Credo sia una tentazione a cui non sia facile resistere, ma auspicherei il tentativo di non cedervi perché la riterrei inutile, come capita molto spesso, non gradita da parte di chi, in questo momento, sta vivendo difficoltà concretamente sulla propria pelle e, soprattutto, dannosa perch allontana le parti.
La seconda tentazione è di indulgere in inutili - mi auguro ottimismi. Mi spiego meglio: se fossimo alle soglie, come talora è capitato nel mese di novembre in questa regione, di problemi derivanti dall'assetto idrogeologico della nostra regione, credo che sapremmo prevederli. Nel corso degli ultimi 15 anni, è capitato parecchie volte, ricordo con particolare gravità l'alluvione del 1994, ma chi si occupa di questo tema sia in sede preventiva, sia in sede legislativa, sia in sede repressiva, sa che purtroppo questa è una regione, perenne cause, potenzialmente a rischio di alluvioni.
Questa è meno difficilmente prevedibile, per due ragioni (che spero abbiano natura di oggettività): da un lato, l'inidoneità del sistema del controllo dei dati. Non è oggetto di critica, ma i dati di cui stiamo parlando sono obsoleti, per loro natura (come credo sia stato ammesso da alcuni componenti della Giunta), come, per esempio, una parte della relazione dell'Assessore Migliasso e alcune considerazioni (che le associazioni avranno certamente ripetuto stamattina, ma che soltanto giovedì scorso hanno ripetuto ai Consiglieri in sede di consultazione), che dovevano essere propedeutiche alla riunione di oggi, hanno implicitamente un'obsolescenza di dati. Forse, questo significa che il sistema di monitoraggio dovrebbe essere reso dinamico, ma di questo ci occuperemo in seguito.
Oggi, il timore, che però non attiene, per quanto mi riguarda all'allarmismo, ma alla prudenza, è che la piena possa essere grave.
Quindi, una delle attitudini delle amministrazioni pubbliche in genere nessuna delle quali considero esente da questo livello di autocritica indipendentemente dal livello dell'amministrazione e dal colore politico che nelle varie fasi le ha amministrate o le sta amministrando, è di tendere naturalmente a dare l'aspirina quando servirebbe l'antibiotico l'antibiotico quando servirebbe la penicillina e la penicillina quando il malato talora è sottoposto ormai a fasi di coma, ci auguriamo, vigile.
Per prudenza e non per allarmismo (una prudenza che deriva, per quanto mi riguarda e non so per quanto riguarda i colleghi, dai colloqui che si fanno ogni giorno più fitti, dal timore che la piena possa essere ampia) suggerirei di alzare il livello dell'allerta al massimo possibile. Se l'allerta deve essere alta, le decisioni conseguenti da parte del governo competente - questa è un'Aula legislativa - a mio avviso, devono essere rispondenti a questo livello di allerta.
Ciò che intendo dire è che il bilancio di previsione presentato venerdì scorso, lo giudico - e non è elemento di critica - non totalmente adeguato al livello di crisi potenziale che potrebbe capitare e in questo momento non intendo sottolinearne gli aspetti di critica verso chi l'ha presentato verso la Giunta che l'ha redatto, perché per un attimo considero possibile che gli elementi di conoscenza non fossero a tutti noti, però se fosse possibile sarebbe opportuno renderci conto tutti insieme che lo stato delle cose può essere molto diverso. Se è molto diverso, è quella la sede dove questa diversità deve essere riflessa.
Parlo di numeri, perché gli aggettivi connotano attitudine, ma poi sono i numeri e le decisioni che la Giunta può proporre e che il Consiglio regionale, Assemblea legislativa, può disporre, che possono dare l'indice dell'attenzione.
Il bilancio che ci è stato presentato presenta fondamentalmente due problemi, tra i tanti. Parlo di emergenza, non parlo di sistema.
tuttora fuori dal Patto di stabilità, com'è ben noto, per circa 504 milioni di euro. Pregherei il Vicepresidente a non indulgere in inutili polemiche, perché se sbaglio, sbaglio di poco. È comunque fuori dal Patto di stabilità sulla legge odierna per 504 milioni di euro circa. Ma non lo dico per criticarlo, lo dico perché qualora la mia affermazione fosse veritiera, questo fatto causerebbe, come ha causato lo scorso anno e come sta causando in questo momento nell'ambito dell'Amministrazione e conseguentemente causerebbe nell'anno prossimo, difficoltà operative perché una Giunta regionale che debba procedere, sulla base delle cifre stanziate, a stanziarle e renderle disponibili, se sistematicamente compressa dal "lo posso fare, non lo posso fare", aumenta i problemi rispetto all'esercizio normale delle proprie funzioni.
Secondo, incrementa il debito complessivo di un miliardo e 100 mila euro e richiede l'iscrizione di un ulteriore miliardo e 100 mila euro a pareggio, che non significa che verranno iscritti, ma significa non tendere invece a ridurre la cifra che inesorabilmente verrà pagata di 267 milioni di euro per rimborsi di oneri passivi e capitale, perché questi invece ci sono già.
Terza componente. I fondi principalmente dedicati al sostegno del mondo dell'impresa - parlo di quelli che considero attinenti alle esigenze immediate - sono su quattro UPB o quattro aree principali, e sono di circa 230-250 milioni di euro; euro più, euro meno, sono le stesse cifre dell'assestamento 2008.
Pertanto, è evidente che se le cifre dell'assestamento 2008 erano quelle idonee non possono essere giudicate idonee, nel senso di sufficienza, per fronteggiare un 2009 che, in sede preventiva, suggerirei e riterrei indispensabile che venisse affrontato con il massimo delle risorse disponibili.
Di che cosa ha bisogno il nostro sistema d'impresa? Di due cose: liquidi, perché non ce ne sono più, cassa (subito) e credito; mantenimento del credito che c'è, non senza ulteriori inasprimenti, riduzione del costo del credito che è negli ultimi tre mesi enormemente aumentato; riduzione drastica.
Questo significa, secondo me, per lo meno l'ipotesi su cui mi piacerebbe che ognuno lavorasse per la parte di propria competenza, quindi la Giunta colloquiando con le altre Giunte nelle sedi delle Conferenze Stato-Regioni, il Consiglio lavorando nelle Commissioni e poi deliberando nelle sedi di Commissione e di aula: la predisposizione urgente di un bilancio di emergenza, perché se emergenza deve essere, l'emergenza deve essere riflessa nei numeri. Facendo che cosa? Facilitando al massimo i pagamenti.
Qui non mi fermo a discutere del perché in questo momento l'ente Regione non sia più un eccellente pagatore come è stato; non è rilevante in questa fase, per lo meno per quanto mi riguarda, definire le responsabilità dopo.
certo che esistono sacche di liquidità all'interno di Finpiemonte.
Non ho i numeri di oggi, ma credo che volendo essere prudenti, immaginare che all'interno di Finpiemonte ci siano circa 300-350 milioni di liquidità dati per altre finalità e al momento non utilizzati, credo che sia una cifra idonea e credo che la Giunta molto meglio di me potrebbe definire qual è il livello di deposito.
Quindi, estrarre sacche di liquidità da dove esse ci siano e dedicarle all'immediata velocizzazione dei pagamenti nei confronti di chi sia esso impresa sia esso Ente locale sia esso trasferimento ne ha diritto. Questo in primis.
In secondo luogo, predisporre un'accelerazione dei bandi, siano essi di competenza regionale o siano essi di competenza europea, Cito un esempio, e immagino che sia già oggetto dell'attenzione della Giunta: il Presidente Martini in Toscana ha predisposto una serie di velocizzazioni sui bandi strutturali per l'Unione Europea.
Lo cito volentieri, perché ove questo sia recepibile e duplicabile credo che sarebbe un buon esempio da copiare, perché la facilitazione della disponibilità dei bandi ineludibilmente rende più veloce e facile l'accesso agli strumenti di finanziamento siano essi europei, siano essi di competenza regionale.
Terzo, la facilitazione al credito e al costo del credito.
Correttamente l'Assessore Bairati ha ricordato una prima deliberazione presa recentemente nei riguardi di uno degli istituti di garanzia. Immagino alludesse a Eurofidi.
Noi riteniamo corretta la scelta, ma del tutto inadeguata la cifra perché riteniamo che le cifre che debbano essere dedicate all'insieme del mondo della garanzia, tendendo al mantenimento dei tassi di credito e alla riduzione del credito stesso, debbano essere decisamente superiori.
Evidentemente questo è il quadro delle principali azioni che la Regione può compiere in se stessa, quindi senza avere bisogno di colloqui con enti terzi.
Non ho bisogno di aggiungere che evidentemente condivido ed auspico, e in tal senso per ciò che ci compete ci rendiamo disponibili, che i colloqui avvengano anche tra Regioni. Ho alluso ad un esempio, che ritengo positivo della Regione Toscana. Credo che altrettanta attenzione abbia da essere posta, ove già non lo sia, ma immagino che già adesso attenzione venga posta ad un insieme di misure che la Regione Lombardia sta predisponendo con le stesse finalità.
In ultimo, perché altrimenti diventerei noioso, non pensate che le cifre non ci siano. Le cifre all'interno del bilancio ci sono e sono più che sufficienti per l'emergenza. Evidentemente questo prevede che non si discuta dell'utilità delle cose che stiamo posponendo o che staremmo posponendo.
Evidentemente, se la logica che qui ipotizzo ha da essere seguita, si tratta non di discutere l'utilità o meno delle cifre oggi indicate, ma la diversa priorità che oggi va assegnata - oggi novembre 2008 - rispetto a ciò che gli stessi amministratori, indipendentemente dal colore politico che essi abbiano, avrebbero predisposto in primavera 2008.
Oggi credo, per esempio, che occorra chiedere delle efficienze a dei sistemi di spesa diretta, e noi sappiamo bene che all'interno della nostra Regione esistono strutture di spesa diretta. Occorre che le cifre dedicate agli investimenti non di per se stessi criticabili, ma semplicemente non prioritari e quindi posponibili, siano diminuite, ed è tramite questa modalità che credo che il debito possa e, a mio avviso, debba essere ridotto, anche per creare quelle riserve che non è detto non possano essere inutili.
Poi i casi sono due: la piena non arriva, quindi brindiamo con champagne; la piena arriva e passa velocemente, brindiamo con moscato oppure la piena passa e poi ad un certo punto, come tutte le cose, finisce.
Quello sarà il momento in cui torneremo, e ne saremo tutti lieti, alla normalità e andremo a discutere, cifra per cifra, delle visioni diverse che abbiamo, e non credo che per questo si siano annullate, ma anche di come l'attuale Giunta di centrosinistra intende impiegare le cifre rese disponibili diversamente da come le avremmo impiegate noi.
Oggi non credo che sia il tempo della diversità, ma che sia il tempo della coesione e dell'emergenza, ma emergenza in senso di prudenza, non in senso di allarmismo. Mettiamo in campo tutte le difese per difendere il tessuto vitale di questa regione, che è il settore dell'impresa, da quella che occupa un apprendista a quella che ha diecimila dipendenti.
Occupiamoci di difendere quello che è il nostro modo di essere vivi e di essere liberi. Non appena questa crisi sarà passata o, me lo auguro, non inizierà neppure, riprenderemo a discutere e, perché no, anche a litigare.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Burzi.
Cerchiamo di alternare e, su questo, chiedo il contributo dell'opposizione, altrimenti rischiamo un monologo della maggioranza che non aiuta la dinamicità del dibattito.
La parola al Consigliere Clement.



CLEMENT Gian Piero

Credo che questo Consiglio straordinario sulle problematiche della crisi del lavoro giunga in un momento particolarmente opportuno.
Siamo di fronte ai primi effetti di una crisi a livello mondiale, non solo dal punto di vista finanziario, che progressivamente si sta estendendo sull'economia reale.
Questo lo vediamo un po' in tutti i settori, perché i dati che abbiamo analizzato in questi giorni, i dati che sono emersi dalle consultazioni, i dati che ci vengono forniti dall'Osservatorio del mercato regionale ci confermano che tutti i settori, a differenza di crisi precedenti, dove soprattutto il Torinese aveva pagato pesantemente il dazio, soprattutto sul settore dell'auto e dell'automotive, di queste situazioni, stanno iniziando a pagare dei prezzi molto alti.
C'è un settore che, al momento, non accenna ad essere in crisi, anzi continua a tirare ma, sicuramente, pensare che il mercato delle armi continui ad essere uno dei settori trainanti della nostra economia senza subire battute di arresto, non è un dato che ci rende particolarmente allegri.
I casi più eclatanti di questi giorni, anche se servono sicuramente a farci concentrare e a farci discutere rispetto a questa crisi, non hanno ancora delle connessioni molto radicate rispetto al momento che stiamo vivendo. Sono piuttosto casi legati a situazioni particolari. Per esempio uno dei casi più emblematici, come quello della Motorola, credo abbia scarsa connessione con la crisi attuale e che sia più legato ad una battaglia sul mercato della telefonia mobile e ad altre vicende, dal punto di vista informatico, che, per ora, non hanno ancora delle connessioni strette con questa crisi.
Questo caso, però, dovrebbe indurci a riflettere perlomeno su un elemento.



PRESIDENTE

Mi scusi, Consigliere Clement.
Colleghi, per cortesia, capisco che ci possa essere la necessità di dover parlare con qualcuno, ma gli spazi al di fuori dell'aula sono ampi e in qualche caso, anche confortevoli. Quindi, chi intendesse, pu accomodarsi fuori.
Prego, Consigliere Clement.



CLEMENT Gian Piero

Dicevo, il caso della Motorola dovrebbe costringerci a riflettere sulla contribuzione pubblica che viene data su tutta una partita di investimenti.
Credo che non sia più accettabile che investimenti di questo tipo fortemente sostenuti da una contribuzione pubblica, a distanza di pochi anni dall'insediamento della Motorola verso la fine del secolo precedente a questo, poi se ne vadano lasciando sul nostro territorio solo disastri.
Credo che i dati più indicativi rispetto alla crisi siano quelli che leggiamo oggi sui giornali: i dati dell'avviamento dei Centri per l'impiego. A ottobre 2007, erano stati circa 40.000 gli avviamenti dei Centri per l'impiego, ma ad ottobre 2008 gli avviamenti sono 29.000. C'è un calo del 25% degli avviamenti al lavoro su tutti i settori produttivi e non solo, quindi credo che questo sia il dato più indicativo.
Chi è che sta pagando fortemente questa crisi? La stanno pagando i precari (lo diceva prima l'Assessore Migliasso). Ormai moltissime aziende sono strutturate con una forza lavoro precaria e, ai primi accenni di crisi, sono i primi che saltano. Un caso emblematico è dato dall'Azimut un'azienda che produce barche di lusso. Anche in questo campo c'è sentore di crisi ed è ormai strutturata con 1.200 dipendenti, di cui circa 150 sono lavoratori precari che prossimamente verranno abbandonati a se stessi.
Su questo, c'è un primo problema: tutti i lavoratori precari non hanno nessun tipo di ammortizzatore sociale.
Pagano fortemente questa crisi tutti quei lavoratori che sono stati messi in mobilità non indennizzata. Ma anche chi fruisce di ammortizzatori sociali rischia di pagarla in maniera molto forte e molto pesante. La legge dice che la cassa integrazione copre fino all'80% del salario. Qualcuno direbbe "con il fischio!" Oggi abbiamo un sistema di cassa integrazione che, nonostante, la legge dica fino all'80%, poi è legato ai tetti. Allora il tetto massimo di copertura della cassa integrazione va fino a 850 euro al mese. Faccio un esempio: un lavoratore metalmeccanico, guadagna 9,840 euro all'ora e la cassa integrazione ne copre 4,095, con una perdita di quasi il 50%.
Come se ne esce da questa situazione? Credo che abbiamo bisogno di attivare tutta una serie di strumenti per sostenere la domanda interna.
Abbiamo bisogno di attivare tutta una serie di strumenti di politica vera.
Siamo stufi di sentirci dire tutte le volte che, se si sostengono le banche, le aziende si fanno politiche attive di lavoro, mentre se si sostengono i lavoratori si fa dell'assistenza. Non c'è bisogno di elemosina, ma c'è bisogno di interventi di carattere strutturale per sostenere la domanda interna.
Abbiamo bisogno di provvedimenti dal punto di vista nazionale e, su questo, credo che sarebbe opportuno che, alla fine di questo Consiglio regionale, fosse approvato un atto di indirizzo alla Giunta che richiami il Governo a mettere in pista tutta una serie di provvedimenti. Parecchi sono già stati accennati dall'Assessore Migliasso, quindi sostegno ai salari e alle pensioni, ma anche ammortizzatori per i precari, mobilità indennizzata per tutti, aumenti dei tetti della CIG, cassa integrazione in deroga che viene aumentata, proroga delle casse integrazioni in deroga che vanno ad esaurimento.
Questo elemento di carattere nazionale non può esimerci dal fare anche alcune riflessioni di carattere regionale.
Noi abbiamo un sistema a carattere regionale, che può sicuramente servirci a sostenere chi nei prossimi mesi pagherà in maniera più pesante gli effetti della crisi e tentare di mantenere alta la domanda interna.
Abbiamo però un sistema che va sostenuto, ma in qualche senso adeguato quindi non possiamo esimerci dal pensare che, nel bilancio preventivo del 2009 e nella finanziaria del 2009, bisognerà trovare risorse aggiuntive da dedicare a questo settore.
Bisogna avere il coraggio di praticare politiche di austerità in alcuni settori per mantenere e aumentare in maniera significativa le risorse destinate a questo fine. Dovremmo trovare probabilmente nuove risorse e dovremmo concentrarci sulle fasce più deboli del mercato del lavoro.
Credo che nella legge finanziaria venga individuata, con un articolo specifico, una modalità diversa per la certificazione dell'ISEE. La maggiore parte del nostro welfare viene disposto in base all'ISEE. Abbiamo un sistema di ISEE che attualmente va in funzione quasi due anni dopo. Mi spiego meglio: un lavoratore della Motorola o della Dayco che uscisse adesso dal sistema produttivo e entrasse in cassa integrazione o in mobilità, avrebbe un ISEE nuovo che certifichi la sua situazione a luglio 2010. Pertanto, potrà iniziare a beneficiare dei contributi soltanto dal 2010.
Credo, quindi, che occorra ragionare per individuare una modalità di ISEE istantaneo, che permetta, da subito, di riconoscere le situazioni di povertà.
Esiste il grosso problema dell'anticipo della cassa integrazione: con riferimento alla crisi finanziaria e alla difficoltà di reperire liquidità saranno moltissime le aziende che decideranno di non praticarlo più.
Il Comune di Torino, che aveva attivato convenzioni con circa 180 Comuni della Provincia di Torino per concedere l'anticipo della cassa integrazione, non so fino a quando potrà continuare questa pratica, dal momento che il numero degli anticipi della cassa integrazione aumenterà in maniera significativa.
Su questo aspetto, quindi, bisognerà tentare di capire se, come Regione, si riuscirà ad intervenire nei confronti dell'INPS. Bisognerà lavorare d'intesa con le banche per favorire accordi sul massimo scoperto e per istituire un mutuo che si faccia carico di pagare gli interessi, magari con il contributo delle Fondazioni bancarie.
Abbiamo tutta una serie di provvedimenti che già esistono nel nostro sistema: parliamo del sostegno al reddito, del contributo per gli affitti del sostegno ai mutui - di cui si è parlato diverse volte - degli assegni di studio per la scuola, di tariffe sociali. Se le parole di oggi non rimarranno un "Libro dei sogni" e non costituiranno un dibattito scarsamente ancorato alla realtà, dovranno trovare una risposta significativa nella legge di bilancio 2009.
Abbiamo altri elementi che dovranno sicuramente trovare il loro indirizzo e la loro finalità nei prossimi mesi: mi riferisco a tutti quei fattori che possono contribuire al controllo dei prezzi e alla diminuzione dei costi (penso, ad esempio, ai provvedimenti sulla filiera corta sull'after market, o ancora a provvedimenti sul last minute).
Credo che questa sia solo una prima giornata dedicata ai problemi della crisi e del lavoro; rappresenta l'avvio del dibattito sul bilancio e sulla legge finanziaria del 2009.
Noi dobbiamo assolutamente essere flessibili, tempestivi e rispondere assicurando certezze e diffondendo segnali importanti verso quella parte dei nostri concittadini che rischia di pagare, in maniera pesante, le conseguenze di una crisi che si sta abbattendo in tutto il mondo, in particolare sulla nostra Regione.



PRESIDENTE

Informo i colleghi che al momento sono previste 14 richieste di intervento, tre ordini del giorno e qualche comunicazione relativamente ad alcune interpellanza da considerarsi assorbite dal dibattito. Lo dico a titolo informativo, pregando i colleghi di rispettare il tempo a loro disposizione di dieci minuti ad intervento.
La parola al Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Grazie, Presidente.
Vorrei intanto ringraziare tutti colleghi, oltre che la Giunta, perch come sempre, siamo i primi in Italia ad affrontare il problema della crisi nelle Aule consiliari. Questo rappresenta già un primo segnale importante che ci dovrebbe far ben sperare.
Detto questo, però, emerge un ulteriore dato allarmante relativamente al problema dei mercati finanziari, che, tradotto sul nostro territorio, ci ha fatto ottenere, ancora una volta, il primato per l'epicentro - Torino della crisi a livello nazionale.
Questo è un dato che ci deve far preoccupare: si parla di 35.000 posti di lavoro a rischio e di 400 aziende che hanno chiesto la cassa integrazione.
Oggi, quindi, stiamo discutendo per cercare di trovare delle idee e delle progettualità che vadano nella direzione di creare sviluppo e occupazione. È dunque importante far partorire da questo Consiglio regionale delle idee, un qualcosa in più rispetto a tutto ciò che abbiamo fatto finora tutti insieme.
A tal riguardo, vi informo che ho presentato un ordine del giorno avente ad oggetto "Insieme contro la crisi".
Mi ha fatto molto piacere ascoltare gli interventi dei colleghi Burzi e Clement. Così come mi ha fatto piacere sapere che la Giunta ha già fatto dei "passettini", promuovendo delle iniziative di cui tutti siamo a conoscenza.
Oggi, però, distinguerei i due argomenti e il tema del sostegno al reddito, dei consumi e delle politiche sociali lo accantonerei per un attimo, anche se è contingente alla crisi generale. È chiaro che, parlando di crisi delle aziende, conseguentemente si parla di crisi anche per le famiglie. Ma lascerei da parte la crisi delle famiglie perché rappresenterà il tema di discussione, di confronto e di proposte programmatiche e di idee del prossimo Consiglio straordinario, quando parleremo del contrasto alla povertà. Questi temi, quindi, li rimanderei, per evitare di fare un calderone e rischiare di non capire più nulla.
Oggi parliamo, di contrasto alla crisi industriale che stanno vivendo le nostre aziende, che si trasforma in crisi occupazionale (chiaramente si tramuta anche in un problema sociale, ma lasciamo da parte, come ripeto gli interventi che si riferiscono al contrasto dei consumi limitati, al sostegno al reddito e alle politiche sociali).
Oggi dobbiamo parlare di come intervenire in una crisi industriale che vede come epicentro a livello nazionale la città di Torino, capoluogo della Regione Piemonte. Perché questo? Perché fino a qualche anno fa, ossia fino a quando ci sono state le Olimpiadi e tutte le manifestazioni mediatichead esse collegate, fino a quando abbiamo vissuto di "Luci d'Artista" e di "Notti bianche", è andato tutto bene, perché l'economia era in positivo e non vi è stata alcuna ricaduta sul nostro territorio.
Ma oggi la crisi dell'economia nazionale ha colpito nel cuore della nostra Regione, ha colpito il tessuto economico del Piemonte, quindi le aziende (in particolare le piccole e medie aziende, piuttosto che quelle grandi).
Per la FIAT, lo stesso Grande Stevens ha dichiarato che quello di un anno fa è stato il bilancio migliore di tutti gli anni che la FIAT ha trascorso nella produttività e nel proprio percorso economico.
La stessa FIAT, quindi, nella persona di Grande Stevens, solo un anno fa dichiarava sui giornali, oltre che in Consiglio di Amministrazione, che se fosse vivo Giovanni Agnelli sarebbe stato il suo più grosso regalo vedere che la FIAT andava bene, perché aveva internazionalizzato, perch era una potenza mondiale, perché aveva capitalizzato e investito sui capitali e non sulle risorse umane, che sono state il punto fondamentale dello sviluppo e dell'occupazione della nostra Regione.
Il nostro know-how sono le risorse umane. Proprio tramite le risorse umane due anni fa abbiamo costituito la TNE, investendo 35 milioni di euro e non sappiamo nulla di cosa è successo del comprensorio di Mirafiori.
Noi abbiamo investito quelle risorse per cercare di mantenere la produttività a Mirafiori: vi ricordate l'audizione a cui tutti abbiamo partecipato, dove ci avevano promesso che il lavoro e la produttività sarebbero rimaste a Torino? Invece, da allora, la produttività e soprattutto gli occupati a Mirafiori si sono dimezzati.
Questo è il primo dato che dobbiamo analizzare, perché riguarda la grande industria e, di conseguenza, ricade sulle piccole e medie aziende.
Vi è, poi, un altro dato da osservare. L'Assessore Migliasso, come ho detto prima, ha fatto un discorso che tutto poteva...
Lei, giustamente, essendo l'Assessore alle politiche sociali - ma lo stesso discorso vale anche per l'Assessore Bairati - ha parlato di sostegno al reddito, di politiche sociali e ha toccato anche il problema dei consumi in calo.
Oggi stiamo parlando di sviluppo e occupazione e soprattutto di contrastare il problema delle grandi e medie aziende di cui Torino è l'epicentro, ma dobbiamo dividere questi due aspetti, anche perché lei ha già lanciato altre proposte.
Assessore, ieri e l'altro ieri lei ha detto che la preoccupava molto il problema delle famiglie. Certo, i due temi sono concatenati, però per quanto riguarda il problema delle famiglie ci sono i dati ISTAT che dicono quali sono. E anche in questo caso abbiamo un primato: al contrario delle altre Regioni, malgrado siamo quella che lavora di più, abbiamo la fascia media della popolazione che è la più povera in Italia. Ma questa è un'analisi che faremo nel prossimo Consiglio straordinario.
Oggi interessiamoci di sviluppo e occupazione. Ho presentato un ordine del giorno intitolato "Insieme contro la crisi", che ho finalizzato solo alla ricerca di strategie in grado di risolvere il problema dell'occupazione e il problema del lavoro, che è l'asse portante della nostra società.
Detto questo, che cosa si rileva da questo grafico che ho sotto gli occhi? Grafico che, come diceva il collega Burzi, presenta dei dati un po' obsoleti, in quanto la crisi è stata molto veloce, molto violenta.
Personalmente la definisco più violenta che veloce.
Questi dati sono un po' vecchi, ma dalla loro analisi emerge che sono state colpite in modo particolare le industrie manifatturiere, le costruzioni e in parte anche l'agricoltura; non evidenziano il problema del commercio. Se andiamo a vedere i dati che ci sono stati forniti dalle attività produttive in sede di audizione, possiamo rilevare un saldo negativo dello 0,77% per ciò che riguarda il rapporto aperture/chiusure del commercio in generale relativamente alle piccole aziende, che sono un'espressione molto importante del nostro territorio insieme alle medie aziende. Quindi dobbiamo intervenire su questo problema, ossia quello dell'occupazione e dello sviluppo. E qui ci vuole un'idea forte.
Avevamo l'Alta Velocità che, benedetto Iddio - mi rivolgo un po' a tutti - ci dava la possibilità di creare 100 mila posti di lavoro: ma è mai possibile che dobbiamo andare avanti sempre nel dire no laddove si presenta una prospettiva di occupazione e sviluppo? La conseguenza è che oggi ci troviamo qui tutti insieme a dover cercare delle idee, delle soluzioni quasi impossibili.
Sia ben chiaro, Presidente Bresso, che qui bisogna andare a tagliare tutte le manifestazioni sul territorio. Non vedo l'Assessore alla cultura l'Assessore al turismo, l'Assessore all'agricoltura (anche se l'agricoltura è un po' in crisi), ma dobbiamo tagliare tutte le manifestazioni, se vogliamo trovare risorse da finalizzare alla soluzione del problema dell'occupazione e dello sviluppo.
Dobbiamo essere coraggiosi tutti insieme. Prima, ascoltando anche il Consigliere Burzi, ho capito che noi siamo a disposizione in questa battaglia; una battaglia per contrastare - ripeto - il dilagare del fenomeno della disoccupazione.
Abbiamo visto l'ultimo caso, quello della Motorola, che aveva preso anche dei soldi, e non vogliamo che succeda nuovamente la stessa cosa. In ogni caso, non vogliamo andare a vedere il singolo esempio: vogliamo che questa Giunta, che questo Consiglio, che la Regione Piemonte, così com'è avvenuto prima, sempre, nell'ingegnarsi per risolvere i problemi, anche in questa circostanza dia delle risposte concrete. Come possiamo dare queste risposte concrete? Intanto dobbiamo cercare di portare a termine tutti i lavori già avviati e relativi alle infrastrutture.
Premesso che ho letto tutte le memorie delle audizioni, oltre che averle ascoltate, do per scontato tutto quello che abbiamo sentito questa mattina. Tutto quello che è stato detto dalle associazioni di categoria e dai sindacati, lo do per scontato. Quello che invece non do per scontato è che bisogna cercare veramente di creare una strategia. Come? Non lo so, non ho la bacchetta magica. Io dico solo che l'Alta Velocità poteva creare 100 mila posti di lavoro; dico solo che "Luci d'Artista" si poteva evitare e quei soldi potevano essere utilizzati in modo diverso; dico che non si pu andare avanti nella direzione dell'apparire, dell'immagine, delle luci che brillano. Vi sono famiglie che non riescono ad accendere i termosifoni, che non riescono ad accendere la luce perché devono risparmiare; se accendono la luce non accendono il boiler, se accendono il boiler non accendono il gas per farsi da mangiare. Di "Luci d'Artista" potevamo anche fare a meno ma ormai sono cosa fatta, lasciamo stare.
Da domani in poi, Assessore Migliasso, deve rivendicare più risorse. Ci confronteremo sul prossimo esercizio provvisorio e sulla finanziaria perché le risorse messe a disposizione sui suoi capitoli sono insufficienti.
L'ordine del giorno va nella direzione di incrementare sempre di più le iniziative e le risorse destinate a contrastare la povertà (attendo di analizzare in modo più approfondito nei prossimi Consigli straordinari questo tema). Soprattutto dobbiamo inventare, costruire un progetto formulare delle idee che servano a contrastare il dilagare della disoccupazione. Solo in questo modo tutti insieme avremo fatto il nostro dovere.
Il mio ordine del giorno va in questa direzione e credo che sia nell'interesse dei cittadini piemontesi.



COTTO MARIANGELA



PRESIDENTE

Gli ordini del giorno presentati sono tre e quindi poi aggiungeremo anche il suo.
La parola al Consigliere Bossuto.



BOSSUTO Iuri

Grazie, Presidente. In primo luogo, vorrei ringraziare gli uffici della VII Commissione, oltre ai Commissari e agli auditi per il lavoro che è stato svolto nelle scorse settimane di ricostruzione dei motivi di questa crisi, oltre naturalmente all'Assessore Migliasso per i dati che ci ha fornito; dati che, aggiunti a quelli emersi da queste audizioni, forniscono un quadro - l'abbiamo già detto in molti - abbastanza preoccupante. Il mio ringraziamento è dunque rivolto a loro e naturalmente anche a chi è venuto a spiegarci le cause di questa crisi.
Ovviamente i punti di vista sono stati tanti, ma alcuni interventi in Commissione sono stati molto significativi e sono quelli di cui tenere più conto sia come indicazione su come muoverci sia come lettura dell'esistente. Un esistente che - attenzione - non parte da oggi.
Noi crediamo che la crisi occupazionale ed economica che questa Regione e i torinesi (ma non solo) stanno vivendo non sia frutto di una crisi di bolla finanziaria di cui vedremo gli effetti più avanti, perché gli effetti di quello che è avvenuto in questi mesi li vedremo successivamente. Una bolla finanziaria che comunque è stata favorita - ricordo - anche dai titoli pirati, dai titoli inesistenti, dalla costruzione di titoli su titoli di finanza creativa, così chiamata, che ha generato davvero qualcosa: una bolla che, al suo sgonfiarsi, ha riversato e riverserà su tutti noi quegli effetti che ora stiamo iniziando appena a osservare, a vedere, a prendere atto.
Credo che altri segnali ben più importanti li abbiamo avuti passato forse segnali che ci sono un po' sfuggiti, sono sfuggiti al mondo dell'economia (non so fino a che punto), sono sfuggiti (purtroppo) in alcuni casi al mondo della politica. Sono i segnali che arrivavano da alcune crisi che già erano in atto, che prima di me già il Consigliere Clement ha elencato: crisi industriali, ma anche finanziarie.
La stretta finanziaria è una stretta che era facilmente misurabile anche da alcuni numeri che riguardavano l'impresa, soprattutto la piccola impresa, strangolata da un sistema finanziario che non dava respiro quindi ben vengano le ultime misure che ha attuato questa Giunta - e da decreti che era difficile onorare; crediti che chiedevano condizioni micidiali e che quindi bloccavano gli investimenti e anche la liquidità in queste aziende.
Dall'altra parte, i mutui per le famiglie. Ricordiamoci che tre anni fa uscì un articolo che ci ricordava che ben 12 mila alloggi in Torino erano vuoti ed erano in possesso delle banche per mutui non onorati da parte dei cittadini; 12 mila alloggi che, immessi nel mercato, vi lascio immaginare (oltre al dramma di queste famiglie) che cosa possono comportare: forse è la volta buona che si riuscirà a comprare un immobile a prezzi decenti.
Quei 12 mila alloggi sono arrivati, penso, a 15 o 16 mila. Dicono nella Commissione emergenza abitativa di Torino che i dati di quella crisi sono misurabili a tempo; dicono di una Commissione di crisi abitativa che esamina ormai quasi quotidianamente dei casi di persone che non riescono a onorare più nulla da nessuna parte. Sono dati che forse era bene tener presenti e forse era bene sfidare quel sistema creditizio molto elitario e molto autoreferenziale a fare qualcosa, magari a muoversi diversamente.
Altri dati sono dovuti a quelle chiusure definitive di stabilimenti per localizzazioni altrove. Purtroppo questo va a inficiare la bella figura di manager preparati, pronti, sensibili e attenti, a causa di un sistema che invece ha premiato alcune guide industriali piuttosto azzardate, piuttosto piratesche, condotte da manager alquanto irresponsabili, che hanno dato vita a un sistema allucinante, che ha visto, a poco a poco, la produzione di questa regione spostarsi altrove, svuotarsi e annullarsi.
Ripeto: questo, purtroppo, anche a causa di manager un po' sprovveduti forse di seconda generazione, forse figli di persone un po' più attente, ma non altrettanto in grado di prendere decisioni o di essere all'altezza dei padri, che hanno portato lentamente al disfacimento del sistema produttivo.
Non cito la Bertone, perché è troppo facile, ma possiamo pensare all'Italcardano, nel Vercellese, che ha già lasciato a casa tutti i lavoratori a tempo determinato; l'ultimo esempio è la Dayco, nel Chivassese, dove la Giunta ha fatto un buon lavoro e pare che la crisi stia rientrando, che però, dall'oggi al domani, ha lasciato a casa 457 persone.
Cito, ancora, la Eaton, nel Canavese, le cui vicende sono ancora in corso e non sono assolutamente positive; la Vallesusa, a Rivarolo, il cui stabilimento, per motivi di speculazione edilizia, è stato praticamente cancellato.
Ho parlato del Vercellese, del Torinese, ma potremmo andare nell'Astigiano, nell'Alessandrino, in tutte le altre province.
La Danfoss, a Torino, ha chiuso per un'assurda delocalizzazione, tra l'altro dopo aver stabilito un buon rapporto con gli operai, i quali producevano addirittura più di quanto era dovuto, dati i bei rapporti che si erano instaurati con la proprietà. Pensate a che livelli siamo! Anche questa azienda, dall'oggi al domani se ne è andata e, naturalmente, chi si è visto si è visto! In un quadro di questo tipo, credo sia difficile riuscire a fare un intervento che vada oltre il tamponamento. Quello che si chiede è di intervenire su un sistema che, ormai, è lontano dal modello vetero comunista, ma, essendo io una persona che tenta di essere il più possibile pragmatica, penso che questo vada in qualche modo rivisto. Il libero mercato sarà anche libero, ma quando ha bisogno si rivolge al pubblico quindi è un libero mercato un po' viziato.
Pertanto, occorre che questa richiesta di aiuto pubblico diventi anche una possibilità per il pubblico di esprimere la propria opinione, di condurre un minimo di regia nell'attività del privato, non sempre del tutto attento alle esigenze del territorio e delle persone. In alcuni casi lo è stato - questo va detto - in altri purtroppo no.
Credo che gli oltre 13 mila cassaintegrati piemontesi diano chiaramente il quadro di questo disagio - l'ha detto bene l'Assessore Migliasso - ai quali si aggiungono tutti coloro che è bello ricordare e definire come "non garantiti". Negli anni '70 i "non garantiti" erano altri soggetti, ma oggi tale definizione si adatta maggiormente a questi lavoratori, che hanno contratti interinali (il frutto della legge 30) o contratti a tempo determinato; sono anche quelle persone che lavorano nel commercio, che sta subendo anch'esso, di riflesso, i primi risultati della crisi finanziaria.
Questi lavoratori non risultano nelle statistiche, non hanno aiuti di welfare, sono lasciati a se stessi; molti sono giovani, precari, e a volte si va in aiuto nei loro confronti con leggi di riforma del sistema scolastico che mi pare aumentino quei problemi, anziché diminuirli.
Oggi, su La Stampa, il portavoce del Forum del Terzo Settore Tassinari, che è da sempre persona attenta, dice che occorre mettere mano ad un quadro di riforme, anche regionali, che tengano conto del fatto che è il quadro che va modificato. Naturalmente, rispetto a questo appello, mi riallaccio a quanto ha detto il Presidente del Gruppo, ossia che il welfare, che è già efficace, dovrà tenere conto dei nuovi redditi, dei nuovi costi della vita, perché con gli aiuti o il sostegno che vengono dati in alcuni Comuni, la persona che non ha un lavoro non vive.
Il sistema ISEE ha penalizzato chi magari aveva un pezzo di terra magari ereditato in Sardegna e di poco valore, com'è successo nel mio quartiere - facendo perdere il diritto a qualsiasi aiuto.
Naturalmente, oltre al welfare, occorre sensibilizzare anche il sistema creditizio, che ha piegato non solo le famiglie, ma anche molte piccole imprese, che sono l'ossatura della nostra economia e sulle quali la Giunta è intervenuta con misure che considero più che sagge.
Occorre aiutare queste realtà a resistere a quei sistemi, chiamiamoli anche tassi, che a volte sono al limite dell'usura. Non ho detto "usura" ma "al limite dell'usura" e questo bisogna dirlo, perché alcuni tassi di interesse applicati dal sistema del mutuo variabile arrivano a sfiorare l'usura. Dobbiamo dirlo: sono al di sotto dell'usura, ma di poco.
Occorre prestare attenzione, perché questo non è un segno di responsabilità del sistema bancario italiano, che è tra i più prestigiosi e antichi, in Europa e nel mondo. Questo non va sicuramente a suo vantaggio.
Inoltre, visto che Brunetta pensa ai lavoratori, noi dobbiamo pensare un po' di più ai manager, affinché siano responsabilizzati.
La Regione, con l'aiuto alla ricerca, ma anche con i contratti di insediamento, elargisce delle risorse, e questo è giusto. Occorre, per che le imprese siano un po' più vincolate; Motorola è un esempio (stabilimenti nuovi, investimenti nuovi), ma anche la Dayco, cui è stato possibile usufruire dei finanziamenti e poi, una volta ammortizzate le spese di insediamento, chiudere e andarsene.
In tempi di "vacche magre" come quelli attuali, questa è una cosa che non possiamo più permetterci, non solo per l'economia pubblica, ma anche per la dignità di quei lavoratori che vedono i loro soldi finire nell'erario, usati per aiutare chi poi li frega.
Dobbiamo fare in modo che ci siano dei ritorni, perché se quelle realtà vanno in qualche altra regione, come è successo in Lombardia, in Provincia di Milano, queste realtà pagano, rimettono quei contributi alle casse pubbliche, che vengono poi utilizzate per dare una soluzione a questi lavoratori, altrimenti il gioco è troppo facile e diventa perverso.
Ultima cosa: anche la cultura e il lavoro non concordano molto.
Stamattina ho trovato un violinista, che ho l'onore di conoscere, in Piazza San Carlo che suonava e chiedeva l'elemosina, ma fino ad un anno fa suonava nell'orchestra del Regio. Era lì, stamattina, e credo sia ancora lì adesso. Questo non è un bel segnale, non è un bel segnale per la cultura di questo Paese, non è un bel segnale per la sensibilità di questo Paese.
Ancora una volta, un mondo di giovani più che mai pare non avere speranze in questo Paese. Quindi, ben vengano le misure attuate e anche altre misure che saremo costretti ad attuare. In questa direzione anche noi stiamo preparando un ordine del giorno che a minuti depositeremo. Grazie.



PLACIDO ROBERTO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Casoni.



CASONI William

Grazie, Presidente. Vorrei almeno la presenza, visto che non è un dibattito marginale della nostra regione, se non della Presidente, del Vicepresidente, che è colui che manovra le finanze di questa regione. Vedo che nessuno dei due è al tavolo. Aspetterei che uno dei due sia perlomeno presente, altrimenti facciamo questo discorso che interessa sicuramente l'Assessore Bairati e altri Assessori, ma se non c'è chi è responsabile delle disposizioni di cassa, possiamo suggerire qualsivoglia iniziativa e magari non viene ascoltata. Aspetto pertanto che sia presente almeno il Vicepresidente.



PRESIDENTE

Ha ragione, Consigliere Casoni, l'Assessore Migliasso sta arrivando quindi può proseguire. C'è anche la Presidente Bresso.



CASONI William

Ringrazio la Presidente, perché stiamo parlando di un tema che non è secondario e la cui trattazione abbiamo anche contenuto, proprio per non voler dilazionare i lavori, nella mattinata.
Credo che questa crisi da parte della Regione vada fronteggiata con due azioni distinte: una di carattere politica e di indirizzo che la Regione può dare a una serie di strutture che poi elencherò, e un'altra di strumenti operativi ed anche di funzionamento di questi strumenti operativi, mirante all'operatività piena di questi strumenti operativi.
Allora, per le direttive politiche, è logico che la Regione - già l'ha fatto la Presidente - deve attivarsi ancora di più, per esempio con l'ABI regionale, affinché il sistema bancario regionale in questo momento sia maggiormente sotto controllo. Tutti a parole dicono di lavorare in una direzione, ma mettiamoci davvero in condizione di controllarlo e verificarlo.
Abbiamo uno strumento molto importante, che è il sistema Finpiemonte Eurofidi. Anche qui, attraverso Finpiemonte, si possono dare direttive ad Eurofidi su quali tipi di finanziamenti privilegiare, sostenendo chi si impegna a non delocalizzare. Se vogliono delocalizzare mantenendo a pieno la forza lavoro in Piemonte lo facciano, ne avrebbero tutti i diritti, ma non penalizzino la forza lavoro del Piemonte.
importante verificare che il sistema dei Confidi, al quale la Regione parteciperà con 20 milioni di euro oltre alla non restituzione di circa 47 milioni di euro, sia destinato alle garanzie di sistema, non alla patrimonializzazione delle società che li ricevono. Sappiamo che sono controllate da Banca d'Italia, allora potrebbe essere che quei soldi vadano a finire sulla patrimonializzazione delle aziende e non sul sistema di garanzia. Per esempio, ne ho sentito parlare, ma sarebbe a questo punto molto utile attivare un sistema di controgaranzia, anche perché sappiamo che se oggi uno attiva una garanzia, quella garanzia sarà efficace probabilmente, tra quattro o cinque mesi. Abbiamo bisogno di velocizzare questo sistema.
Queste sono azioni politiche, in questa fase, molto importanti, perch vanno a garantire tutti, vanno a garantire attraverso le grandi banche il controllo dei finanziamenti sulle grandi aziende.
Un'altra cosa importantissima. Di concerto con il Governo, bisognerà in un qualche modo garantire il sistema, affinché le banche in questo momento si attivino, così come faranno con i mutui sulla prima casa, anche per allungare dei rientri che, in questo momento, non sono disponibili: meccanismo analogo a quello che è stato attivato già dal Governo con l'intervento sulla prima casa che da gennaio sarà possibile, eventualmente rinegoziare con le banche. Le imprese decideranno se vorranno o meno avvalersene, ma potrebbe essere uno strumento utile per molte aziende.
Queste le azioni di tipo politico.
Gli strumenti regionali bisogna sicuramente attivarli, così come è stato denunciato durante le audizioni. La Regione Piemonte dispone già di un fondo rotativo per aiutare la piccola e media impresa, peccato che sia a zero risorse. Prendo per buono quello che ha detto il Presidente della Confartigianato Piemonte Giuliano, il quale ha detto chiaramente che prevede un fondo rotativo per gli investimenti, ma in questo momento questo fondo non ha fondi. Nel momento di bisogno, facciamo in modo che possa essere ampliato in maniera efficace. È uno strumento che potrebbe risultare molto utile per gli artigiani e per molte altre imprese.
Esiste, sempre nel settore degli artigiani, presso il Centro Estero il progetto "Artigiani e sport" che ha già ricevuto l'ok di tutti i soggetti che partecipano, tra cui Unioncamere e Regione Piemonte. Anche questo aiuterebbe le fasi di esportazioni di chi, ancora, riesce ad esportare perché questo necessita di finanziamenti. Anche in questo caso bisogna verificare che questa procedura sia operativa, ma ci sono già degli strumenti finanziati da altri soggetti che potrebbero partire in sinergia con atti regionali.
Un'altra cosa molto importante, e questa è un'indicazione politica che darei. Sono un profondo estimatore della ricerca. Credo che la ricerca sia in un mercato normale, uno dei principali settori nei quali indirizzare risorse. Tuttavia in questo momento, Presidente, dobbiamo salvare le aziende, non spendere decine di milioni di euro solo sulla ricerca. Se togliamo qualche soldo alla ricerca non è per accantonarla, ma per rifinanziarla ancora più potentemente in momenti di "vacche medie".
In questo momento, dobbiamo potenziare anche la cassa. Un grande problema di questa Regione è che ci sono aziende che attendono pagamenti troppo a lungo. Anche questo è stato segnalato da moltissimi degli auditi che hanno chiesto che la Regione si attivi affinché i debiti che la Regione stessa ha perlomeno siano garantiti, come possibilità di liquidità per i creditori, attraverso il sistema bancario, attraverso il sistema di Eurofidi o attraverso altri sistemi.
Mi spiego meglio. Se una fattura della Regione è di un anno fa e non è stata pagata, sarebbe utile che si paghi o si trovi lo strumento per cui Eurofidi o altri soggetti di derivazione regionale garantiscano che sarà pagata e non a tassi bancari, ma al tasso normale cui avrebbe diritto l'azienda.
Abbiamo dato un'occhiata al bilancio, ma tranne l'artigianato, sul versante dello sviluppo economico non vediamo risorse significative. Credo che in questo momento lo sviluppo economico possa essere uno dei volani portanti di questa regione, ma anche l'aiuto sui mutui che, attualmente, è a 500 mila euro, è un altro settore importante da potenziare. È uno strumento utile, però, se lo vogliamo rendere davvero efficace, ha bisogno di altre dotazioni finanziarie.
Dobbiamo agire su più settori politici, strumenti, attivazione di strumenti, cassa, supervisione del sistema bancario, mettere insieme questi soggetti, come già è stato fatto in Commissione, e tentare di dare un aiuto reale, in questo momento, in questa direzione, non in altre. Accantoniamo altre progettualità, destiniamo più fondi alla cassa a questi strumenti, a finanziamenti di sviluppo economico, di aiuto alle grandi, alle piccole e medie imprese, agli artigiani e ai coltivatori che dovessero essere in difficoltà.
Questa potrebbe essere un'azione regionale efficace. Questo giudizio lo daremo durante la discussione del bilancio, perché verificheremo che questi strumenti siano pienamente e copiosamente finanziati e che magari siano non finanziati altri settori che noi, in questo momento, non riteniamo prioritari per il Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segretario Chieppa, che interviene in qualità di Consigliere; ne ha facoltà.



CHIEPPA Vincenzo

Grazie, Presidente.
Ho ascoltato con grande attenzione le relazioni degli Assessori competenti sul tema. Seppure questa non sia la sede per fare un'analisi seppure rapida, di sistema, tuttavia credo che non comprenderemmo le radici di questa gravissima crisi manifatturiera, quindi occupazionale, che colpisce tutto il Paese, ma che vede nel nostro territorio l'epicentro, se non alzassimo un po' lo sguardo.
crisi di mercato, ci veniva detto, quindi il crollo del potere di acquisto delle famiglie, delle lavoratrici e dei lavoratori sta ora provocando una ricaduta pesantissima sul piano manifatturiero. A nostro avviso, ci troviamo di fronte ad una crisi di sistema, di fronte alla quale c'è bisogno di politiche nuove, radicalmente differenti da quelle finora attuate.
Sul piano internazionale ovviamente non se ne occupa il Consiglio regionale, ma sul piano nazionale concordo con quanto è stato detto precedentemente in più di un intervento, ossia che ci troviamo di fronte non solo ad un'assenza totale di qualsiasi idea di politica industriale da parte del Governo, ma anche ad un disinteresse profondo, anzi ad azioni che aggravano tale crisi.
La radice di questa crisi industriale, manifatturiera e di mercato diciamo così, è la caduta progressiva e drammatica del potere di acquisto di salari e pensioni nel nostro Paese.
Ebbene, il Governo attuale non investe un euro su questo tema e io credo - ahinoi - che dovremmo in qualche modo supplire sul piano regionale a questa gravissima carenza.
Occorrono, come dicevo, politiche reali di sostegno al reddito. Come Regione ne abbiamo messe in campo di misure, e lo abbiamo fatto in un momento di difficoltà, ma quando ancora non ci si scontrava con la vera e propria emergenza sociale, di fronte alla quale ci troviamo tutti noi.
Si parlava di sostegno al reddito diretto. Mi rivolgo all'Assessore al lavoro, ma l'ho già detto anche pubblicamente: quella misura va incrementata in maniera forte, poiché incide direttamente sul potere d'acquisto dei lavoratori.
C'è un'altra misura importante da promuovere, quella del sostegno alle famiglie impegnate nel pagamento dei mutui, che è stata ipotizzata, anzi è presente nella proposta di bilancio presentata in Commissione. Anche in questo caso, però, dovremo rivedere le cifre, perché 500 mila euro stanziati sono pochi. Vi pongo questi due esempi per dire che ci sarà bisogno...



(Brusìo in aula)



CHIEPPA Vincenzo

Presidente, nessuno ascolta. Poi le polemiche si trasferiscono fuori perché è naturale...
assolutamente naturale!



PRESIDENTE

Collega Chieppa, l'importante è quello che rimane agli atti.
Peraltro, l'ascolta la Presidente della Giunta, che, mi consenta, non è poco, oltre all'Assessore Migliasso.



CHIEPPA Vincenzo

Ci mancherebbe altro!



PRESIDENTE

Non capita tutti i giorni di poter avere la Presidente che ascolta il suo intervento; deve ritenersi già ampiamente soddisfatto!



CHIEPPA Vincenzo

Grazie, Presidente. Non avevo riflettuto su questo, per cui adesso mi ritengo particolarmente soddisfatto. La ringrazio molto.
Come dicevo, ci sarà bisogno di rimettere mano insieme, parlando del nostro livello, anche a quella proposta di bilancio che è stata fatta bene ma che dovrà essere attualizzata rispetto alla gravissima crisi che è sotto gli occhi di tutti noi.
Noi insisteremo particolarmente per misure forti di sostegno al reddito, non solo limitatamente alle due che ho citato, ma anche per altre (ne discuteremo nella sede opportuna di definizione del bilancio).
Vorrei ancora aggiungere una considerazione di tipo generale. Ritengo che la politica debba interrogarsi, perché ci troviamo di fronte al fallimento dell'ideologia che ha informato la politica dalla metà degli anni Ottanta in avanti.
Siamo di fronte al fallimento dell'ideologia neoliberista, del totem del libero mercato, del concetto per cui "il pubblico fa schifo e il privato è sempre bello". Credo che da questo discenda gran parte dei mali odierni della nostra società - altrimenti non si spiegherebbe, e lo dico con una banalizzazione! - e della perdita di dignità del lavoro.
Perché quando le cose vanno bene e i bilanci delle imprese sono gonfi (parliamo di pochi mesi fa, non di un secolo) le stesse imprese forniscono quasi esclusivamente - lo ricordava anche l'Assessore - lavoro "cattivo sottopagato e precario". Quando invece le cose vanno un po' meno bene, come in questa fase - anzi, quando c'è una crisi - gli unici che pagano il prezzo sono i lavoratori. Allora, io sono certamente per la concordia, per il "fare sistema", come ci veniva ha ricordato, tra Enti locali, e per i patti sociali, ma dovremo assumere, però, una posizione netta da questo punto di vista, con atti concreti, quelli che ricordavo prima, e altri che discuteremo in sede di bilancio.
Noi dobbiamo chiaramente stare dalla parte del soggetto sociale più debole. Va bene il dialogo con l'impresa - ci mancherebbe! - ma rivediamo anche il concetto che ho ritrovato giustamente anche nel Patto per lo sviluppo sostenibile del Piemonte. Si enfatizza molto la "responsabilità" sociale delle imprese, ma credo che dovremo sanzionare politicamente anche "l'irresponsabilità" sociale delle stesse, che molte volte caratterizza l'azione di quelle imprese.
Quando parlo di "responsabilità" mi riferisco ad un'azione che tende a massimizzare gli utili ai danni di salari e pensioni. Noi riteniamo che gran parte della crisi attuale sia dovuta a questa caduta verticale del potere di acquisto di salari e pensioni, che non è un caso, non è un fenomeno di natura. C'è una distribuzione ineguale della ricchezza.
So che siamo sul piano regionale, me ne rendo conto, per cui metteremo in campo le misure che insieme definiremo.
Noi saremo di stimolo, ma anche di polemica - mi scuserete - quando sarà il caso. Ma discuteremo lealmente delle misure da mettere in campo con grande forza.
A parte il fatto che non ho quasi capito nulla dell'intervento del collega Burzi, ma da quel poco che ho compreso, non condivido il concetto di voler in qualche modo estrapolare la posizione del Governo nazionale.
Questo Governo nazionale fa schifo: lo dico così, senza ulteriori interlocuzioni politiche. Sono degli irresponsabili e per la gravissima crisi industriale che tocca il nostro territorio e il Paese non stanno facendo nulla.
Ritengo che ci sia la necessità e l'urgenza di un massiccio intervento pubblico di politica industriale, che non vuol dire "nazionalizzazione": non caricaturizziamo le affermazioni, perché non sto pensando a quello.
Penso, piuttosto, a muovere le leve dello sviluppo con una regia pubblica, perché - lo ripeto - l'ideologia che ha informato le politiche nazionali (anche del centrosinistra) si sta rivelando per quello che è ossia un fallimento sotto tutti i punti di vista, economico, produttivo e ambientale (ma ne parleremo in un'altra occasione).
Credo che ci sia da rivedere il modello di intervento economico.
positiva la discussione sulle banche, così come lo è quella con le imprese tuttavia dovremo richiamare con grande fermezza, senza subalternità, i soggetti economici che agiscono sul nostro territorio. Dico "senza subalternità" richiamandoli a quella cosiddetta responsabilità sociale delle imprese.
Noi siamo sicuramente a favore di un intervento pubblico anche sul nostro territorio. Però, in aggiunta, chiediamo una cosa: ma le imprese che cosa ci mettono? Continuano a metterci il lavoro "cattivo, precario e sottopagato"? Oppure vengono richiamate ad una vera responsabilità sociale? Quando si fa sistema, lo si fa tutti insieme, non solo nei momenti di difficoltà, quando "mamma Regione" o "mamma Stato" (penso al sistema bancario), devono mettere i soldi per ripianare i disastri fatti dai privati. Il sistema si fa sempre, a beneficio anche della collettività.
E per quanto riguarda noi comunisti, noi continueremo a rappresentare indegnamente, sicuramente - quelli che sono per noi gli interessi prioritari dei lavoratori, nel nostro territorio, ma anche sul piano nazionale se ci riusciremo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Leo; ne ha facoltà.



LEO Giampiero

Grazie, Presidente.
Inizio con due considerazioni di carattere generale e marginali a questo, anche se collegate. La prima: visto che è appena intervenuto il collega Chieppa, mi domando come mai, avendo l'opportunità il collega Chieppa...



PRESIDENTE

Collega Chieppa, il Consigliere Leo si sta rivolgendo a lei.



(Commenti del Consigliere Robotti)



LEO Giampiero

Si parla all'aria? Vai in ritiro e parli allo Spirito Santo. Io lo faccio anche, ma in Consiglio parlo ai colleghi. Con chi devo parlare? Anche perché altrimenti, caro collega Robotti, sembra che uno non ascolti quello che dice l'altro. Quando lo ascoltiamo - e io l'ho ascoltato interloquiamo e mi sembra un modo attivo di comportarsi.
Volevo dire a questo proposito, essendo intervenuto il collega Chieppa e avendo sollecitato misure dal Governo, che forse oggi, venendo un Ministro della Repubblica, il collega Chieppa farebbe bene ad interloquire.
Da questo punto di vista, mi complimento con la Consulta regionale giovanile e con il Presidente del Consiglio e Presidente della Consulta per avere convocato ed attivato questo incontro.
Mi sembra molto intelligente che la Consulta regionale giovanile insieme all'Assessore Oliva e insieme alla Giunta, abbia stimolato questo incontro, coinvolgendo un organismo in iniziative concrete.
Quindi, colgo l'occasione per rivolgere un plauso all'Ufficio di Presidenza e alla Consulta giovanile.
Questa era la prima considerazione generale e, secondo me, il collega Chieppa farebbe bene a interloquire anziché perdere l'occasione. Le occasioni non vanno mai perse.
In secondo luogo, sostengo - ovviamente che lo sostenga io conta poco ma lo fanno anche altri ambienti significativi - che la crisi, che è sicuramente economica e certamente anche ideologica - e su questo il collega Chieppa ha ragione - è anche etica.
Non sto ad annoiarvi e a fare considerazioni su questo, perché potrebbe sembrare pleonastico, ma a me sembra molto importante. Oltre al discorso ideologico ed economico, stiamo assistendo a livello mondiale ad una grandissima crisi etica. Sono stati i mercati ed operazioni finanziarie condotte senza nessuna etica e senza nessuna morale.
So che c'è chi pensa che dall'economia e dalla politica l'etica e la morale vadano escluse, ma io non lo penso. Penso invece che i vari richiami, ovviamente per me quello del Santo Padre su questi termini, su queste vicende e su questi contenuti siano molto importanti. E sono contento che nelle istituzioni regionali e comunali si sia attivato un dialogo con tutte le componenti della società, compresa con la Chiesa cattolica e il Cardinale Poletto.
Quindi, ho apprezzato e ringrazio la Presidente per questa iniziativa.
Venendo alle osservazioni più dettagliate e più tecniche, intanto condivido quello che diceva il collega Burzi sul fatto che non bisogna ricorrere né al panico né alla demagogia. La Regione ha alcune possibilità di intervento, date dalla legge 34/2004 sulle attività produttive, e ci sono i fondi comunitari. Bisogna studiare come impiegarli al meglio in questo momento e in questo senso.
A proposito della proposta del collega Burzi di avere attenzione intelligenza e concretezza per le priorità, certo lo può fare il Governo ma lo può fare anche la Regione, anche perché le varie finanziarie piemontesi, nonché le fondazioni bancarie in qualche modo - se non mi è sfuggito qualcosa - sono tutte collegate alla maggioranza di centrosinistra. Quindi, potrebbe esserci un dialogo anche attivo e fecondo.
Detto questo, volevo anche significare che non è affatto peregrino l'intervento fatto dal collega Rossi sul giornale di oggi, parlando di un problema che hanno posto anche i sindacati a livello mondiale, nel senso che chiedendo un'etica del lavoro bisogna anche chiedere che i paesi emergenti o paesi già fin troppo emersi nel disprezzo dei diritti civili (come ad esempio la Cina) rispettino condizioni minime dei sindacati e dei lavoratori, perché altrimenti si pratica veramente una concorrenza sleale spregiudicata e folle.
Credo che la crescita dei diritti democratici nel nostro Paese, ma in tutto il mondo, sia condizione indispensabile anche per mercati del lavoro civili.
Infine una considerazione particolare e settoriale, ma che intendo fare. Al proposito, ho preparato anche una serie di documenti, che per allego per non rubare tempo. La considerazione particolare e settoriale che intendo fare è ispirata ad un giudizio positivo di quello che ha fatto l'Assessore Oliva anche ultimamente. Il discorso è questo.
Il collega Scanderebech ha detto tante cose condivisibili, ha per corso un rischio, secondo me non soltanto lui, ma molto diffuso. Anche alcuni quotidiani ed alcuni giornali piemontesi lo fanno: come diceva il collega Burzi "non panico, ma razionalità; no a misure demagogico populiste". Un intervento che mi preoccupa e che sento sviluppare sempre più sovente è che in questi momenti bisogna tagliare quello che non è essenziale e tutto quello che è anche lavoro e anche produttività. Nel comparto della cultura, tutto quello che riguarda il mondo giovanile e delle cooperative giovanili viene automaticamente considerato non essenziale Mi permetto di dire che sono tutti lavoratori, anche quelli degli enti culturali, così come quelli del Teatro Regio, del Teatro Stabile e delle cooperative.
Sono molto preoccupato quando si parla di tagli aprioristici, che la Regione non ha effettuato, ma che il Comune di Torino ha effettuato.
Infatti abbiamo fatto bene, a suo tempo, il collega Burzi ed il sottoscritto - ed il collega Placido era d'accordo - a dire di no ad avventure megalomani come quelle di Ronconi. Se ricordate, dicemmo di no insieme.
Diverso è il discorso del sistema delle cooperative teatrali. Io vorrei che leggeste bene il libro bianco, che è stato prodotto da fonti terzi, e vorrei che lo leggessero non tanto la Giunta, che ne è consapevole, e non tanto alcuni colleghi, ma molti Consiglieri e molti opinionisti. Quando diciamo: "Diamo più spazio all'assistenza", i poveri sono d'accordissimo purché non andiamo a produrli i poveri, nel senso che facendo dei calcoli molto banali, guardando il libro bianco, innanzitutto risulta che un lavoratore del comparto della cultura costa molto meno produrlo ed attivarlo che in altri comparti.
In secondo luogo, faccio un esempio concretissimo. Si vogliono tagliare i fondi alle cooperative teatrali e giovanili. Con quel margine di 20-30 mila euro di contributo all'anno che dava l'Assessorato lavorano - non vorrei metterlo in difficoltà, ma il collega Dalmasso l'ha detto tante volte in Commissione - 30-40 lavoratori giovani del campo intellettuale.
Noi togliamo questi 30-40 mila euro perché è un contributo, quindi uno spreco. Non raggiungono il livello di parità, produciamo 30-40 disoccupati che poi manderemo alla Compagnia San Paolo, all'Ufficio Pio o agli Assessorati all'assistenza a chiedere i contributi di sussistenza. Non mi sembra una cosa intelligente. Quindi, penso che non bisogna lasciarsi prendere dal panico e dalla demagogia, ma usare intelligenza e razionalizzazione in tutti i settori.
Ovviamente non soltanto per l'adesione politica, ma anche per quello che specificamente è detto, concordo moltissimo con il Consigliere Burzi.
il momento di mettersi ad un tavolo in maniera razionale, quindi non demagogia, non panico e neanche spinte populiste, ma vedere quello che la nostra Regione, a partire da quello che possiamo fare noi, può fare per contrastare la disoccupazione, avendo priorità, avendo intelligenza affrontando le questioni con un dialogo, per esempio, con il sindacato, che è molto importante, in maniera costruttiva, ma anche in maniera un po' creativa.
Togliamo una serie di luoghi comuni, perché i luoghi comuni non hanno mai aiutato nessuno e non aiuterebbero neanche in questo caso.
Quindi, penso che, studiando il bilancio, non dobbiamo aprioristicamente dire "questo è pre", ma dobbiamo chiederci quanto lavoro produce, quanto indotto produce, in maniera non ideologica. Ad esempio, in Lombardia la spesa della sanità è in proporzione molto inferiore a quella del Piemonte, ma non possiamo pensare che in Lombardia la sanità sia peggiore che in Piemonte. Evidentemente qualcosa è da rivedere e quando si rivede uno 0,1% della sanità, si è salvato il 50% di politiche giovanili e culturali. Quindi, un lavoro serio tutti insieme che penso si possa fare fattivamente, se verremo ascoltati e se non sarà un dialogo fra sordi, a partire dal prossimo bilancio. Grazie.



PRESIDENTE

Come informazione, c'è ancora una dozzina di interventi, sei ordini del giorno, qualche comunicazione aggiuntiva oltre, naturalmente, quanto la Giunta vorrà dire dopo questo ampio e articolato dibattito.
Do quest'informazione, colleghi, per due questioni: o ci si contiene in cinque minuti, in cui si può dire molto (se naturalmente si ha qualcosa da dire), oppure decidiamo sul da farsi. Dopo il prossimo intervento, attendo segnali dai colleghi che hanno responsabilità nel merito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Turigliatto; ne ha facoltà.



TURIGLIATTO Mariano

Non utilizzerò nemmeno i cinque minuti a cui lei ci ha invitato a rimanere per esigenze di tempi.
Credo che il nostro compito, in qualità di Consiglieri regionali e membri del Consiglio regionale del Piemonte, sia quello di capire attraverso quali strumenti sia possibile affrontare questa condizione di crisi, che non è solo quella di questi giorni, ma che è una crisi che si è manifestata nel corso del tempo, soprattutto degli ultimi mesi e dell'ultimo anno, con serie ricadute occupazionali.
Nello stesso tempo, dobbiamo cercare di intravedere, per quello che ci è possibile, le direzioni attraverso le quali costruire una risposta strutturale affinché, nel momento in cui la congiuntura sfavorevole verrà meno, ci sia una Regione predisposta, cioè che ha costruito i suoi strumenti per poter gestire al meglio un rilancio stabile e duraturo.
Credo che abbiamo parlato delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese, dibattendo di quello che bisogna fare adesso e in fretta (gli ammortizzatori), discutendo esclusivamente dei termini che riguardano l'accesso al credito. Credo che la legge delle piccole e medie imprese piemontesi rivendichi anche una semplificazione delle procedure per poter accedere al complesso e variegato sistema di bandi soprattutto regionali.
Una semplificazione nella burocrazia, una semplificazione e una velocizzazione nei tempi di accesso alle facilitazioni, peraltro già previste e contenute nei vari capitoli del nostro bilancio.
Questo è un impegno che costa zero alla Regione, ma credo che la Regione potrebbe utilmente prenderlo: andare a vedere di determinare, per le piccole e medie imprese, quelle condizioni più semplici per poter fare quello che già si può fare e quello che è già previsto che si faccia.
Per quanto riguarda i lavoratori, una riforma del welfare è necessaria.
Guardate che anche in Piemonte ci sono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Ci sono lavoratori che godono di ammortizzatori sociali ormai difficili da attivare, ma che, in qualche modo, garantiscono, soprattutto nella grande industria, condizioni di tamponamento, seppure sommario, delle situazioni di difficoltà. C'è invece una grande quantità di lavoratori delle imprese artigianali e delle piccole imprese che non hanno quasi ammortizzatori sociali e per i quali, quindi, non è la Regione che pu intervenire, e in questo senso va chiesto un forte intervento allo Stato in termini di riforme e di adeguamento del welfare.
Nel pensare alla ripartenza, bisogna mettere mano alla formazione professionale, perché un sistema industriale qualificato, dove il valore del lavoro riprende quota e non è l'ultima delle variabili che vengono prese in considerazione, come molti miei colleghi hanno già qui ricordato deve essere supportato da un'attività di formazione professionale permanente e ricorrente, diversa da quella che c'è. Quella che c'è funziona abbastanza bene come ammortizzatore sociale, seppur improprio, ma forse funziona meno bene dal punto di vista della risposta e del bisogno di lavoratori qualificati nell'industria del futuro. Se vogliamo che il valore del lavoro riprenda a crescere, è necessario che questo lavoro, in qualche modo, si qualifichi: quello che oggi facciamo un po' fatica a strutturare.
Ci sono ingenti risorse in campo, ce ne sono sempre state e continuano ad esserci. Prima o poi dobbiamo, su quello, operare un intervento che faccia della formazione professionale un settore trainante dello sviluppo del Piemonte del futuro.
Il valore del lavoro è il tema della sburocratizzazione e della semplificazione, che sono attività che, per quanto riguarda i nostri lidi possono utilmente essere messe in campo e si accompagnano con quello che ricordava il professor Bairati. C'è la necessità di liberare risorse per incrementare gli investimenti nei settori più innovativi o in quelli che riteniamo debbano esserlo nel Piemonte dei prossimi anni.
Non credo che sia possibile prevedere un aumento delle entrate e immaginarci operazioni fantastiche. Credo che però siano fattibili operazioni di riduzione delle spese fisse, quindi collegate al tema della sburocratizzazione, di cui parlavo prima, che liberino risorse dalla burocrazia per portarle in investimenti. Anche questo, nel nostro piccolo (qualcosa in parte, secondo me, si sta muovendo qui in Regione) va ulteriormente spinto, non negandosi la questione che il Presidente Burzi evocava, chiamiamola "parte emergenziale", per permetterci, almeno su questi temi, di provare, se siamo capaci, non dico a cantare la stessa canzone, ma più o meno a concordare sullo stesso sistema di partitura.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Rossi, rispetto ai segnali che arrivano, la proposta è quella di andare avanti fino alle 13.30, per poi proseguire con gli altri interventi martedì prossimo con il punto 2) bis dopo le comunicazioni relative al dibattito in ordine della crisi occupazionale del Piemonte. Quindi, alcuni interventi si faranno fino alle 13.30, e questo ci permetterà di verificare la possibilità di ridurre in maniera significativa il numero dei sei ordini del giorno di adesso, se non di arrivare, come auspicabile, ad un unico documento.
Mi sembra che ci sia condivisione.
Cinque minuti prima della chiusura della seduta del mattino, ci sarà un intervento della Presidente Bresso...



PRESIDENTE

ROSSI Oreste (fuori microfono) Come lo gestiamo l'incontro delle 15?



PRESIDENTE

Il Consiglio terminerebbe alle 13.30, con a seguire gli interventi che rimangono e la gestione degli ordini del giorno rinviata a martedì prossimo, con una modifica dell'ordine del giorno, se l'Aula acconsente introducendo il punto 2) bis.
Voglio ripetere. Prima delle 13.30 ci sarà l'intervento della Presidente Bresso, che sarà l'ultimo intervento della seduta odierna.
Mi pare di capire che c'è condivisione.
La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Oreste

Signor Presidente, questo è uno di quegli argomenti su cui si dovrebbe cercare di dividersi il meno possibile, ma cercare di trovare delle soluzioni o, perlomeno, cercare di indicare delle soluzioni anche al Governo relativo ad uno dei problemi più grossi che sta attanagliando non solo l'Italia, non solo il Piemonte, ma l'intero mondo, che è quello di una recessione economica evidente.
Solo sfogliando dei giornali, ci si rende conto di qual è la situazione. Vedo su un giornale una mezza pagina dedicata ad un campo di tulipani con un bambino che sorride, una farfalla che vola, con scritto: "Prestiti personali a dipendenti e pensionati fino a 90 anni di età. Con " non dico il nome - "tutto è possibile, per fortuna. Finanziamenti anche a protestati e cattivi pagatori a partire da tremila euro".
In un'altra pagina leggo: "Carta di credito" - non dico il nome - "fino a duemila euro per i tuoi acquisti", pagando poi a rate l'importo che si decide di caricare sulla carta di credito. Colleghi, una persona che va a fare la spesa paga già a rate, perché va a fare la spesa quando ha bisogno di comprare qualcosa. Con mille euro su una carta di credito a rate o due mila euro potrà andare a comprare il pane, potrà andare a comprare qualcosa al supermercato, ma sono già rate, quindi per comprare cose a rate deve caricarsi una carta di credito che poi paga a rate! Quindi la situazione è evidentemente grave, perché se esistono ditte che lavorano su questo tipo di iniziative significa che ci sono sacche di povertà spaventose e che aumentano sempre di più, andando a toccare in alcuni casi persino il ceto medio.
Questa mattina ho incontrato per caso una persona disperata. La moglie ha perso il lavoro, lui è in mobilità. Non avevano i soldi per pagare la rata del riscaldamento ed erano in fila in un ufficio - dove sono andato anch'io, ma per altri motivi - per chiedere la rateizzazione del riscaldamento, delle rate del riscaldamento. Sono marito e moglie. Lei, che lavorava quattro ore al giorno, ha perso il lavoro perché - ahimè - è stata operata alla gola di un tumore. Hanno dovuto lasciare la casa perché non c'erano garanzie salariali. Lei è nelle liste speciali, il marito è in mobilità e prende il 70/80 % di quello che prendeva da operaio. Non hanno i soldi per pagare una rata! Prendiamo una pagina di un giornale locale che parla di Torino. Si scrive che la crisi soffoca le aziende, che sono a rischio 15 mila operai e che 40 aziende stanno per chiudere, quindi Regione, Provincia e Comune chiedono l'aiuto del Governo.
Con questo che cosa voglio dire? Che c'è crisi e noi possiamo chiedere tutto. Possiamo chiedere alla Regione di finanziare le piccole e medie imprese; possiamo chiedere alla Regione di dare una casa a chi ha bisogno possiamo chiedere alla Regione di finanziare chi dà posti di lavori ai residenti; possiamo chiederlo, ma è serio chiedere una cosa del genere? Giustamente la Presidente, quando interverrà dopo mi dirà: "Sì, bello, se avessi i soldi lo farei". Ma non lo può fare, perché i soldi non ci sono.
Certo, qualcosa si può migliorare. Invece di aspettare tanto tempo a pagare le ditte creditrici nei confronti degli enti pubblici, si potrebbero accelerare i tempi, rispettando semplicemente le norme di legge. Certo questo si potrebbe fare: prevedere procedure più rapide quando le nostre strutture - parlo di Finpiemonte o delle consociate di Finpiemonte come Eurofidi - intervengono per dare credito alle aziende. A volte le procedure sono troppo lunghe. Se un'azienda ha l'acqua alla gola e deve aspettare sei, otto o dieci mesi per avere quei soldi che le permetterebbero di vivere affoga, perché se ad una persona che sta affogando ci si mette un'ora a lanciare il salvagente, affoga! Se ad un azienda che è in crisi ci metto sei mesi ad erogare il contributo perché ha le carte in regola per riceverlo, sei mesi dopo quell'azienda magari non riuscirà più a risollevarsi, con un doppio danno: primo, non si riprende; secondo, perché non riprendendosi non mi restituisce nemmeno quella garanzia che io ho messo come ente pubblico per farle ricevere il credito agevolato dalle banche. Quindi perdo due volte! Su questi strumenti, credo si possa e si debba intervenire. Peraltro bisogna essere coscienti che c'è una situazione di crisi nazionale, quindi un intervento sul Governo è quanto mai utile. Tuttavia, in questo momento non sto dicendo alla Presidente Bresso di dare 3.000 euro ad ogni impresa per ogni nuovo lavoratore assunto, perché la Presidente Bresso mi risponderebbe che non li ha. Non si può neanche dire al Governo di mandare soldi per aiutare le imprese in crisi, perché il Governo risponderebbe che non li ha.
E allora bisognerebbe veramente sedersi attorno ad un tavolo, come forze politiche, a livello regionale, con una sessione a parte, magari non di Consiglio, dove si potrebbe parlare e dire quello che si vuole approvare sei ordini del giorno che lasceranno il tempo che trovano, ma anche a livello nazionale, in cui individuare le aree dove effettivamente si può tagliare per ridurre sprechi e/o spese inutili. A quel punto, si potrebbe trovare una soluzione condivisa dalla maggioranza di chi amministra il Paese, e di maggioranza e di opposizione, e andare avanti su quella strada.
Attenzione, in questo momento non sto accusando la sinistra o il centrosinistra, perché lo faceva il centrodestra quando era al governo il centrosinistra, come lo fa oggi il centrosinistra con il centrodestra al governo. Ogni iniziativa che viene presa da chi governa viene attaccata contestata e criticata da chi è all'opposizione. Oggi però non possiamo andare avanti così. Nei momenti di vacche grasse si può fare, tanto i soldi ci sono, da una parte o dall'altra si tira la coperta e si coprono i buchi ma oggi i soldi non ci sono più.
Il messaggio che vogliamo dare come Gruppo della Lega è che oggi anziché alla politica urlata, è forse meglio dare lo spazio alla politica meditata, quello che onestamente dovremmo fare sempre. Individuare quello che possiamo limitare o tagliare e dire che, con quello che riusciamo a tagliare e a limitare, possiamo proporre di fare certe cose, e vedere di trovare una soluzione condivisa dal maggior numero possibile di politici.
Pongo una questione che penso valga anche a livello nazionale, dalla Regione alla Provincia alla Comunità al Comune di un centinaio di abitanti.
Possiamo continuare a mantenere una pletora di enti che si sovrappongono? Sì, in tempi di vacche grasse, ma oggi no, perché produce danno.
Pensiamo alla gestione - ho avuto in merito un incontro con l'Assessore competente qualche sera fa - dei rifiuti. Noi in Piemonte diamo la gestione dei rifiuti, a parte la legge regionale, alle Province, ma in realtà non la gestiscono le Province, perché ci sono tutti i Consorzi, e ce ne sono 22.
Abbiamo in Piemonte otto Province, ma 22 Consorzi, quindi una moltiplicazione degli enti! Non l'ha fatto questa Giunta regionale, c'erano già, ma continuano ad esserci.
Possiamo intervenire? Credo di sì.
Passiamo agli ATO, che sono in una quantità industriale. Ognuna di queste strutture ha una serie di aziende che discendono da loro, ciascuna con una competenza, perché se si progetta un tubo che porta l'acqua da una città ad un'altra non lo fa l'ATO di competenza, ma l'ATO dà l'incarico ad un'altra azienda, che ha un suo Consiglio d'Amministrazione, con un direttore, con un responsabile, con una sede, e sono soldi! Questo avviene ad Alessandria come avviene a Torino.
Lì forse possiamo andare a tagliare, lì possiamo intervenire. Sarà poco? Va bene, moltiplichiamolo per migliaia di casi nel nostro Paese e fanno un bel pacchetto di milioni di euro che possono essere utilizzati per altro.
Chiudo qui l'intervento. Presidente, non le possiamo chiedere di tirare fuori dalle tasche tot milioni di euro per dare soldi a tutti quelli che sono in crisi. Quello che le possiamo chiedere è di farsi promotrice di un tavolo dove si vada a discutere, al di là dei riflettori e delle polemiche per cercare una soluzione e tagliare dove si può tagliare ma per investire dove si può investire. Su questo lei, se lo farà, ci troverà perfettamente in linea per poter lavorare in questo senso.



SPINOSA MARIACRISTINA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Robotti.



ROBOTTI Luca

Grazie, Presidente. Intendo porre solo un problema. Il dibattito è iniziato e, come nei balli, non si può interrompere, altrimenti qualcosa non quadra alla fine.
Mi rendo conto della presenza del Ministro Meloni alle ore 14.30 e mi rendo conto della posizione della Giunta, ma a mio parere potrebbe restare in Aula uno dei due Assessori - permettendo alla Presidente e a un altro Assessore di poter andare in Giunta - perché è necessario concludere il dibattito.
Non si può interrompere la discussione oggi e riprenderla martedì, dopo che la Presidente in Aula farà delle comunicazioni che in qualche modo andranno a chiudere in parte il dibattito di questa mattina. Quindi ritengo, se i colleghi sono d'accordo, che si possa andare avanti con il dibattito terminando gli interventi dei colleghi, per chiudere almeno questo primo capitolo, visto che ce ne saranno tanti altri nei prossimi mesi, ma almeno questo capitolo si potrebbe concludere nella giornata di oggi.



PLACIDO ROBERTO



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Robotti. Non è un problema che riguarda la presenza del Ministro Meloni: voglio ricordarle che il Consiglio è convocato solo al mattino, quindi per poter continuare ci deve essere l'accordo di tutti.
Non c'è nessun problema a continuare. La proposta iniziale che ho fatto precedentemente era in base ai segnali che arrivavano dall'Aula. Se si gira, vede ampi gesti dagli spalti che non vanno nella direzione da lei indicata.
Ad ogni modo, non sta alla Presidenza del Consiglio prendere questa decisione. Se vuole, si consulti - non penso sia il caso di interrompere la seduta - con gli altri Capigruppo.
Rispetto ai segnali che arrivano, la Presidenza del Consiglio, nel rispetto del Regolamento, non può che prenderne atto. La ringrazio.
Ha chiesto la parola il Consigliere Larizza; ne ha facoltà.



LARIZZA Rocco

Grazie, Presidente. Chiedo scusa se non rinuncio a intervenire su questa materia, anche se so bene che ognuno di noi può portare solo un piccolo contributo a una crisi che, almeno a memoria di quelli della mia generazione, non ha precedenti.
Apprezzo molto l'ottimismo che, si dice, dobbiamo avere tutti di fronte a queste difficoltà, però penso anche che i segnali di una crisi che non sappiamo dove si può fermare siano dei segnali che arrivano ormai da lungo tempo, non solo a livello generale (non voglio adesso addentrarmi in analisi che avete letto tutti anche sui giornali), ma anche a livello locale.
Un po' di preoccupazione si intravedeva persino nel primo bollettino della Confindustria del Piemonte di gennaio-febbraio. Successivamente sono avvenute altre cose e la crisi finanziaria - come tutti abbiamo constatato ha avuto un impatto sul nostro sistema produttivo di grande accelerazione della crisi anche del sistema produttivo.
La prima cosa che vorrei chiedere alle amministrazioni pubbliche in generale, per quanto è possibile ovviamente, è di prestare un po' di attenzione alle situazioni di crisi, come già si sta facendo, perché non sono tutte così drammatiche da richiedere il licenziamento in tronco di tutti i dipendenti. È chiaro che c'è qualcuno - come ha detto forse il Sindaco di Torino - che sulla crisi "ci marcia".
I primi a non creare panico dovrebbero essere coloro che controllano le imprese e responsabilmente prendere atto che avremo una lunga traversata avendo consapevolezza che se ci impegneremo tutti questa traversata la potremo fare. Se invece si scarica sui più deboli, è abbastanza difficile chiedere che non ci sia conflitto sociale, perché rimane solo quello nelle mani dei lavoratori, dei precari e di quelli che non hanno futuro. E io penso che, in questo caso, non potremo che stare con loro.
A mio parere, ci sono due questioni. C'è un problema di carattere generale, sul quale possiamo indirettamente tutti contribuire, che riguarda il sistema e le regole. Secondo me, una cosa l'abbiamo capita tutti: da questa crisi non si può uscire dicendo "beh, abbiamo avuto una caduta, ci rialziamo e continuiamo come prima", perché questo ormai mi pare non sia più nella logica e nei ragionamenti neppure di quelli che scrivono su Il Sole 24 Ore, quindi a maggior ragione penso che chi è impegnato nelle amministrazioni e nelle istituzioni queste cose deve averle ben presenti.
Si parla di regole, si parla di etica e addirittura l'ex Presidente della Confindustria ci dice "ricominciamo dalle fabbriche". Alcuni di noi non hanno mai smesso di dire che bisognava cominciare dalle fabbriche, che il denaro non produce denaro, però questa ubriacatura liberista è riuscita ad andare ben oltre i confini del liberismo.
Non è questa la sede opportuna per aprire polemiche e per citare casi però credo che noi tutti dovremmo riflettere criticamente e autocriticamente e prestare attenzione alla portata della crisi.
Voglio fare un esempio. Nella nostra regione e in Italia abbiamo attraversato una crisi della FIAT che è stata molto pesante e che ha spinto molti settori dell'indotto a riposizionarsi sul mercato internazionale.
Ecco, quella crisi che è stata così pesante, secondo me (non vorrei fare la parte del pessimista) era acqua fresca rispetto a quello che può avvenire nell'indotto oggi. Queste aziende, essendo ristrutturate e riposizionate sul mercato dell'auto, non trovano interlocutori in altri Paesi perché la crisi dell'auto è generale, è mondiale, e questo è già un primo aspetto che segnala una caratteristica della crisi che prima non conoscevamo.
L'altra questione riguarda l'atteggiamento di settori che finora erano stati esclusi. Qui voglio segnalare due cose. La preoccupazione più grande per quanto mi riguarda, sono le conseguenze dell'azione delle multinazionali, perché le multinazionali non stanno a nessuna regola.
Questo è un problema che, ovviamente, non può risolvere la Regione Piemonte e forse neanche l'Italia; può cominciare a porvi mano l'Unione Europea, ed è una questione che riguarda una di quelle regole generali delle quali bisognerebbe parlare.
A Torino abbiamo due casi emblematici. Uno è la Michelin e ve lo richiamo come esempio. È un'azienda produttiva. Ai lavoratori di questa azienda si è chiesto di incrementare i livelli di produttività e i risultati sono andati oltre gli obiettivi preventivati (altro che sindacato collaboratore, qui siamo andati ben oltre, e vi assicuro che lavorare dentro la Michelin non è come fare una passeggiata). Bene, questa azienda a Torino sostanzialmente chiude; sì, tiene qualcosa di rappresentanza, ma chiude il settore di produzione delle gomme, che non è piccola cosa. Non è piccola cosa: è la parte più rilevante degli occupati dello stabilimento di Stura, su questo sono sicuro (se poi cambieranno idea, ne prenderemo atto favorevolmente).
La Motorola è un caso di altro genere. Un'azienda di ricerca e innovazione s'insedia nel nostro territorio con contributo pubblico: ponti d'oro si sono fatti a quest'azienda, a questa multinazionale americana. Ma siccome hanno la cultura americana, hanno deciso che adesso non gli conviene più e se ne vanno senza neanche dire "arrivederci". La cosa grave è che applicano - se ho capito bene, però voglio approfondire - il contratto del commercio, però non si sono iscritti come commercio altrimenti avrebbero dovuto versare i contributi per la cassa integrazione e magari oggi quei lavoratori avrebbero almeno gli ammortizzatori sociali.
Invece si sono iscritti - pare - come studi professionali e quindi non hanno dovuto versare i contributi. Questo, secondo me, è un aspetto a cui dobbiamo pensare e ovviamente cercare di affrontare.
Ho fatto due esempi particolari e alcune cose le abbiamo dette in un ordine del giorno. Confermo il sostegno alle iniziative che la Giunta ha fatto anche tempestivamente e penso che bisogna lavorare in questa direzione, cioè i provvedimenti presi vanno bene, però la crisi non si ferma con questi provvedimenti: bisogna proseguire, considerando che siamo in un momento di difficoltà finanziaria anche delle casse pubbliche.
Non dimentichiamo mai che il nostro è il Paese più indebitato d'Europa se non ricordo male, come percentuale, e questo pesa. Abbiamo un sistema produttivo che ha poche grandi imprese ed è molto articolato, molto polverizzato. Quindi dobbiamo tenere conto di tutto questo; dobbiamo sapere che la crisi, come ha già rilevato qualche collega, ha colpito immediatamente una parte consistente dei lavoratori precari che non hanno neppure ammortizzatori sociali e ovviamente c'è il dilagare della cassa integrazione, oltre ai licenziamenti in qualche azienda (ma, per fortuna pare che in una di queste siano rientrati).
Se la situazione è questa e se le risorse sono scarse, qualcuno mi sa dire come possiamo affrontare l'emergenza con una manovra finanziaria pensata e avviata prima che la crisi precipitasse a questi livelli, che non sono ancora i livelli massimi? Allora, se a questa situazione non diamo risposta, non risolveremo assolutamente nulla.
Non critico l'azione del Governo e gli impegni che ha preso nell'Unione Europea; posso anche apprezzarli. Dico semplicemente che, con la manovra prevista, questi problemi non possono essere affrontati. Non c'è la cassa integrazione per tutti, non ci sono ammortizzatori sociali per i precari non c'è il sostegno adeguato ai redditi, dei quali ha parlato lungamente in un momento di crisi meno forte di questa, il Governatore della Banca d'Italia.
Noi abbiamo dei redditi da lavoro del 30-40% in meno, a parità di costo della vita, rispetto agli altri Paesi concorrenti in Europa, quindi è chiaro che qualcuno si è indebolito e qualcuno si è ingrassato, in quella fase nella quale si "scialava" a Wall Street, come dice il nuovo Presidente americano.
chiaro che occorre intervenire su queste questioni, perché questa è una crisi che ci pone il problema di quale stato sociale, quali provvedimenti, quali settori dell'economia devono avere la priorità del sostegno pubblico.
Bisogna sapere che il piccolo commerciante e il piccolo artigiano non hanno neanche gli ammortizzatori sociali; bisogna discutere con loro per vedere quali provvedimenti adottare (mi vanno bene le idee dei termini di pagamento che riguardano il pubblico e, in Italia, anche il privato).
Bisogna anche vedere se, per esempio, è possibile rispondere ad una domanda che sempre fanno queste aziende, cioè di pagare l'IVA al momento della fatturazione, evitando così di caricarle di oneri che ammazzano l'impresa stessa.
Queste sono alcune considerazioni che si possono fare nell'immediato.
Ritengo che occorra chiedere al Governo di spostare delle risorse sulla cassa integrazione e sui redditi.
La questione dei redditi non è una questione di assistenza o del farsi carico di una giustizia sociale; è parte integrante di una virtuosa politica economica. Se la domanda interna non riparte, possiamo finanziare le imprese, possiamo finanziare anche le banche, ma le imprese per chi producono se poi non c'è chi ha le risorse per acquistare? Ho visto, in questi giorni, una notizia che riguarda la FIAT.
Concedetemi una battuta: la FIAT pare abbia conquistato due punti, o due punti e mezzo, del mercato interno, ma li ha conquistati mentre tutto scendeva (scende più lentamente, ma sta scendendo).
Quindi, è chiaro che dobbiamo fare attenzione anche a come vengono presentati i dati della crisi. La FIAT ha due punti in più di mercato, ma di un mercato più piccolo, quindi produce meno, ci saranno meno posti di lavoro, ecc.
Ritengo che dovremmo cogliere questa situazione anche da un punto di vista generale e culturale, sapendo che forse qualche speranza - non voglio parlare di grandi avvenimenti - ci può venire, dal punto di vista delle regole e dell'etica - almeno, se mantiene gli impegni presi - dal Presidente degli Stati Uniti, però dobbiamo anche avere consapevolezza che la prima cosa che dovrà fare il Presidente degli Stati Uniti sarà quella di rimettere in movimento il suo paese dal punto di vista economico, quindi per l'Europa qualche problema potrebbe venire persino da quella politica.
Le nostre questioni dipendono molto da quello che faremo noi a livello regionale, nazionale e dell'Unione Europea.



PRESIDENTE

Grazie, collega Larizza.
Un'ulteriore precisazione, provando a trovare una condivisione generale e cercando di stare nell'ambito del tempo che indicavo prima. Avendo ancora otto interventi, potremmo far intervenire i tre Capigruppo che sono rimasti fra gli otto interventi, fare seguire la comunicazione della Presidente Bresso e riprendere martedì prossimo con il punto 2) bis, con gli interventi in ordine alle determinazioni relative all'argomento, legandoli agli ordini del giorno che rimangono da votare martedì prossimo.
Siamo d'accordo su questo? L'Aula acconsente, quindi intervengono, nell'ordine, i Consiglieri Comella, Moriconi e Robotti. Seguirà la comunicazione della Presidente Bresso. Si chiude la seduta odierna e si riprende martedì prossimo con il punto 2) bis, gli altri interventi e gli ordini del giorno.
Ha chiesto la parola il Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Presidente, io e qualche amico "compagno" abbiamo assunto degli impegni per le ore 13.30. Possiamo ascoltare prima l'intervento della Presidente con tutto rispetto per i miei "compagni" di destra?



PRESIDENTE

Compagni è impegnativo!



SCANDEREBECH Deodato

Così accontentiamo tutti.



PRESIDENTE

La Presidente, correttamente - non avevamo dubbi - ascolterà gli interventi dei tre Presidenti di Gruppo. Quindi, la parola alla Presidente Bresso, poi, nell'ordine, interverranno i Consiglieri Comella, Moriconi e Robotti. Si chiuderà la seduta con il Consigliere Robotti e si riprenderà il punto 2) bis nella prossima seduta di Consiglio. Grazie per la condivisione.
La parola alla Presidente della Giunta, Bresso.



BRESSO Mercedes, Presidente della Giunta regionale

Poiché la prossima volta continuerà il dibattito, ovviamente avremo modo di fare una replica un po' più lunga, perché oggi non ci sarebbe il tempo.
Volevo solo cogliere lo spirito, che mi è parso molto positivo, del dibattito, e fare la proposta di utilizzare, proprio perché parecchi l'hanno detto - da ultimo il Consigliere Rossi - un luogo più informale dove poterci periodicamente confrontare e valutare le necessità che emergeranno e anche i possibili adeguamenti, sia del bilancio dell'anno prossimo sia degli strumenti che abbiamo a disposizione.
Propongo di utilizzare la Conferenza dei Capigruppo, perché sono più di una le Commissioni che sarebbero coinvolte, e di informare tutte le Conferenze dei Capigruppo, per il momento - poi vedremo se spaziare un po' di più - a seconda di come evolve, sulla situazione e sulle misure, e valutare se possiamo fare qualcosa collettivamente.
In secondo luogo, chiedo a tutti di tenere conto delle risultanze del tavolo regionale di crisi che abbiamo riunito stamattina, anticipandolo anche per avere modo di riferirne al Consiglio. Il messaggio da parte di tutti è di apprezzamento per le prime misure che sono state prese, che affrontano le questioni che parecchi hanno sollevato.
Sostanzialmente, nell'ambito di questo tavolo, è emersa la necessità dell'accelerazione del pagamento dei crediti e il finanziamento del sistema dei Consorzi fidi che, per il momento, è stato giudicato adeguato. Ma naturalmente, se sarà necessario, interverremo ulteriormente.
Si è convenuto, inoltre, di porre al Governo la richiesta di procedere con l'iniziativa annunciata, ma che non è ancora avvenuta, di controgaranzia, che sarebbe molto importante per consentire ai Confidi di allargarsi ancora un po' di più.
La convinzione di tutto il nostro sistema produttivo è che la crisi finanziaria internazionale abbia effettivamente peggiorato la situazione ma che il sistema sia solido e in grado di farcela.
Quindi è un messaggio positivo quello che ci arriva: aiutateci a superare la fase di difficoltà, ma intendiamo farcela, intendiamo farcela 'in avanti', quindi non sospendiamo i fondi sulla ricerca e l'innovazione perché sono importanti per irrobustire strutturalmente e siamo d'accordo sull'esigenza di un aiuto alla ricapitalizzazione, ovviamente secondo procedure di uscita obbligata appena non sarà più necessario l'intervento pubblico, e su un allungamento dei tempi del credito in caso di soggetti che siano in difficoltà.
Oggi pomeriggio incontrerò le Fondazioni bancarie insieme alla Caritas e alla Pastorale del Lavoro. Vedremo se allargare anche questo tavolo per mettere a punto un sistema di 'sensori', insieme naturalmente agli Enti locali, a proposito della crisi delle famiglie, che è molto più difficile da percepire e per mettere a disposizione le risorse necessarie per l'intervento sulle situazioni più difficili. Dico a tutti che uno dei temi che porremo al Governo è quello di una riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. Quasi ovunque nel mondo gli ammortizzatori sono uguali per tutti, cioè l'indennità di disoccupazione vale per tutti qualunque sia la tipologia del loro contratto. Da noi, invece, c'è una situazione confusa, con molte distinzioni e differenze che rende difficile anche gestire la situazione. Credo che questa sia una riforma urgente e indispensabile. Avremo modo di parlare di tutto il resto, ma la mia proposta era di cogliere lo spirito positivo e di collaborazione con questo tavolo di crisi regionale, attraverso cui potremmo anche riferire delle misure che, periodicamente, vengono prese, quelle che ci vengono richieste dal sistema.
Chiedo veramente a tutti di fare uno sforzo per non drammatizzare la situazione, questa è la richiesta che viene da tutto il mondo produttivo.
Possiamo farcela, bisogna farcela, l'atteggiamento positivo è uno degli elementi per potercela fare. Anche da questo punto di vista chiedo al Consiglio di darci una mano in tal senso. Non aggravare la crisi drammatizzandola perché, come sapete, l'elemento delle aspettative è determinante, soprattutto per quanto riguarda i comportamenti dei consumatori, che sono fondamentali per non accentuare ulteriormente la crisi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Comella; ne ha facoltà.



COMELLA Piergiorgio

Grazie, Presidente.
Parto dalle ultime parole pronunciate dalla Presidente che, tradotte in soldoni, significa "avremo successive puntate, proprio a partire da martedì".
Ed è la questione sociale, per cui mi convinceva l'intervento del Consigliere Robotti di non spezzare questo momento unitario e in blocco per un verso ma, per un altro, penso che sarebbe stato proprio un guaio se avessimo voluto fare, intorno ai temi del lavoro e dell'occupazione, una sola puntata in quest'Aula e non, invece, rinviarci a fasi successive anche in sedute non di Aula, ma momenti di preparazione di discussione.
L'ipotesi delle Conferenze dei Capigruppo mi pare assolutamente idonea per capire qual è il percorso che vogliamo seguire insieme alle questioni tavolo di crisi e quant'altro.
Per riprendere, credo sia stata apprezzabilissima la relazione iniziale dell'Assessore Migliasso, che ha dato il quadro della situazione, dopodich convengo che, tentando di drammatizzare la situazione e di esasperarla, non si produce un effetto positivo. Si crea il panico. Credo che in quest'Aula sia indispensabile anche chiamare le cose con il loro nome e fare anche dei ragionamenti realistici, dopodiché la relazione stessa, pur non dicendo molto, rimarcava questo aspetto.
Se da un punto di vista numerico puro, anche il ricorso alla cassa integrazione possiamo considerarlo un fatto che non ha subito delle crescite; anzi, se facciamo la comparazione gennaio-agosto 2007/2008 vediamo addirittura un calo nel numero di ore complessive, ma la relazione non nascondeva l'esistenza del problema.
Se noi andiamo, infatti, a parcellizzare la situazione, vediamo Torino che ha un segno di beneficio, cioè un calo di ore di cassa integrazione.
Dai dati che ho, c'è un calo sia per quanto riguarda il ricorso alla cassa integrazione ordinaria, che per quanto riguarda la straordinaria.
Tuttavia, esistono altre parti di territori del Piemonte. Siamo all'88 in più nel Cuneese e all'84% in più nell'Alessandrino, se parliamo di cassa integrazione ordinaria. Se andiamo alla cassa integrazione straordinaria vediamo Vercelli e il VCO, soprattutto, che sprofondano in una specie di baratro. Se poi si conosce la situazione del VCO dal punto di vista industriale, che è quanto di più sgangherato e antico dal punto di vista del calo progressivo, c'è da porsi dei punti interrogativi sulla vitalizzazione di determinati territori. Non è possibile continuare a buttarlo sul solito argomento che nel VCO c'è il turismo da realizzare questa è una solfa che ci sentiamo ripetere da almeno trent'anni, da quando c'era la crisi alla Montefibre.
Mi pare, invece, che la relazione facesse notare che il tema incontrovertibile è quello delle casse integrazioni in deroga che segnano effettivamente, la punta e il connotato del problema, che noi siamo esattamente lì. Vedere piccole imprese come possono, a questo punto, essere accolte in un sistema di compensazione che non le lascia fuori. Mi pare pure, lo diceva il Consigliere Clement, che ci siano altri elementi segnalatori, che riguardano anche Torino, e sono, in modo particolare quelli dei centri per l'impiego.
Il Consigliere Clement faceva notare che siamo in calo del 29%, ad ottobre del 2007 sono state avviate 40 mila persone, ad ottobre di quest'anno 29.400. Il dato ha anche un riscontro da prova del nove per quanto riguarda le iscrizioni, cioè le persone che si presentano nei Centri per l'impiego, dichiarando la loro disponibilità a lavorare subito. Ad ottobre 2007 erano 3.900 persone, ad ottobre di quest'anno 4.820. Sono dati che, effettivamente, danno il connotato della situazione.
Abbiamo davanti i mesi di novembre e dicembre, che sono prevedibilmente di continua caduta. Questa, almeno, è l'opinione di molti che sono venuti alla consultazione, sindacato per primo.
L'audizione è iniziata in VII Commissione con l'ABI, e ci sembrava interessante questo dato. Vuoi perché la crisi ha un connotato iniziale vuoi perché l'ABI è uno dei soggetti firmatari del Patto per lo sviluppo.
Abbiamo avuto dall'ABI stessa indicazione che l'ABI nazionale ha convocato le associazioni di tutte le Regioni, invitandole a prendere contatto con Confindustria. A me pare che inizi ad essere uno degli elementi da mettere in chiaro.
Confindustria è senz'altro il soggetto più autorevole, ma se noi consideriamo l'esame della situazione di crisi, ci accorgiamo che sono piuttosto Confabi o le associazioni artigianali, o altri, quelli che sono in maggior sofferenza. Dobbiamo vedere se con ABI è possibile spingerli ad allargare il ventaglio dei contatti.
Dopodiché, ci sono state anche altre indicazioni, ad esempio quelle relative ai mutui, dove vi sono ancora delle cose non del tutto chiare almeno per quelli che erano i commissari intorno a quel tavolo. Voci dicono che pare ci sia un aumento del 24% dei pignoramenti a Torino: corrisponde al vero? Non è così? Si tratta, effettivamente, di capire questa cosa.
Per quanto riguarda le imprese industriali, artigianali, commercio ecc. dall'audizione di giovedì scorso, il dato che emerge con forza è senz'altro quello della crisi finanziaria e di liquidità. È il refrain principale e, in molti casi, unico. In quell'audizione ho sentito un solo soggetto che allargasse la misura, ed era la Confcommercio, che ha segnalato un calo di vendite, dal 2007 al 2008, pari al 3%. Nessuno ha fatto riferimento al fatto finanziario, che penso sia centrale.
Ho apprezzato molto anche le comunicazioni dell'Assessore Bairati rispetto a come si può, utilizzando gli strumenti di cui abbiamo possesso e aggiungendo risorse in modo pesante, intervenire sul fronte del finanziamento alle imprese.
Resta fermo, ovviamente, un dato che l'Assessore non ha rimarcato moltissimo, ma che do per scontato, al di là delle rimarcature, cioè capire a chi diamo i soldi e per fare cosa. È deduttivo che la questione delle aziende impegnate in attività avanzate di innovazione, che abbiano spazi sbocchi, anche di mercato con certezza, sia centrale. Così come ritengo sia indispensabile - lo sentivo dire anche dal collega Casoni, e convengo pienamente - che ci siano delle misure restrittive dei crediti alle imprese, quando queste hanno dei comportamenti che non sono virtuosi.
Al centro di tutta la vicenda, c'è la questione rilocalizzazione e quant'altro.
Il dato che mi pare abbia portato qualche collega un po' fuori tema è la questione dell'assistenza; mi spiace che non ci sia più il Consigliere Scanderebech, perché io non vedo minimamente la distinzione tra la situazione di disagio - per non dire di povertà - che questa economia produce ai cittadini e alle famiglie, e quelli che invece sono gli strumenti per riattivare l'economia.
In altri termini, ho molti dubbi che le aziende piemontesi esportino il 100% della loro produzione. Un mercato interno, cioè, è necessario o no? Da questo punto di vista, se le persone e le famiglie non hanno capacità di spesa, è chiaro che il mercato diminuisce. È possibile anche sanare finanziariamente le imprese, ma se poi il prodotto sfornato dalle imprese non viene acquistato da nessuno, credo che tale operazione non abbia alcun senso.
Ritengo che le iniziative riguardanti gli ammortizzatori sociali e le questioni che elencava l'Assessore Migliasso debbano essere messe in campo chiedendo esplicitamente un intervento anche dello Stato, oltre che delle Fondazioni, ma penso sia anche necessario riesaminare, in fase di costituzione di bilancio di previsione 2009, le cifre finalizzate anche in queste direzioni.
In altri termini, penso che spendere dieci milioni e mezzo a sostegno del reddito sia assolutamente insufficiente rispetto a questa situazione occorre prepararsi a investire cifre molto più pesanti di queste. Grazie.



COTTO MARIANGELA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente. Molte cose sono già state dette; voglio solo sottolineare alcuni punti che ritengo meritino di essere valutati, perch non vorrei che, nel momento in cui siamo in piena crisi, si perdessero gli orizzonti e limitassimo la nostra analisi ad un ambito un po' troppo ristretto.
Tutti sappiamo che la nostra è una società complessa e che le crisi come quella attuale provengono da lontano; non riguardano solo il Piemonte o l'Italia, ma anche l'Europa e i confini internazionali.
Quando è nata la crisi, sull'onda della bolla speculativa, il professor Gallino sosteneva che tutta questa massa di titoli spazzatura, come sono stati definiti adesso, secondo i calcoli fatti ammonti a 680 trilioni di dollari, cioè miliardi di miliardi di dollari, a fronte di un PIL mondiale di 60 trilioni di dollari. Di questi 680 trilioni di dollari, solo 80 sarebbero partiti dalle banche. Gli altri 600 sono partiti da altri istituti non bancari.
Pertanto, siamo in un ambito mondiale in cui abbiamo una massa enorme di denaro e di titoli che non si sa dove andrà ad atterrare e quali conseguenze effettive andrà ad indurre.
Sulla base di questa valutazione, se ne deve inferire un'altra: molte volte è stato detto che la colpa della crisi è delle banche e degli istituti finanziari, che hanno creato questa bolla speculativa. È vero, ma la bolla speculativa si è verificata perché gli Stati hanno emanato delle leggi che hanno permesso che si verificasse, perché gli Stati hanno emanato delle leggi che hanno lasciato libertà di agire e di gestire in questo modo i titoli finanziari.
Dico questo perché è importante inserire ogni cosa in un contesto che abbia una ragione.
Non possiamo dimenticare, poi, che in questi anni l'economia ha seguito degli indirizzi neoliberisti, che sono stati approvati anche a livello europeo, le cui conseguenze le abbiamo pagate, ma le hanno pagate soprattutto le categorie più deboli.
Voglio ricordare che, dal 2000 al 2004, il livello di attività economica si è rivelato insufficiente anche solo a stabilizzare la disoccupazione, che è cresciuta dal 7,4% all'8,1%.
Inoltre, nel 2005 si citava il pericolo della globalizzazione per giustificare sempre le stesse misure: deregolamentazione, pressione sui disoccupati, delocalizzazione delle imprese, del settore pubblico e privato. La flessibilità è stata presentata come la panacea per risolvere il problema dell'occupazione, mala flessibilità non solo non ha risolto il problema, ma ha prodotto una conseguenza che da lontano richiamava quanto sosteneva adesso il collega Comella.
Queste politiche di flessibilità, cioè, hanno avuto un risultato e hanno ridotto la parte dei salari del prodotto nazionale lordo nell'Unione Europea.
Nel 1962, i salari rappresentavano il 73,4% del PIL; negli anni '90 si è raggiunto il 69,2% e nel 2004 la percentuale è scesa al 68%.
Pertanto, dire che la crisi è solo una questione di speculazione finanziaria, senza chiamare in causa le responsabilità di coloro che si sono trovati a gestire le politiche anche economiche, credo sia un errore che, a partire dalla crisi che stiamo vivendo, non dovremmo più fare.
fondamentale quanto è stato ricordato da più parti: sostenere il reddito delle persone, dei lavoratori che sono a rischio, ma se non guardiamo la realtà in maniera più ampia, se non mettiamo le basi per un sistema diverso, perlomeno iniziando a parlare di un sistema diverso, credo che saremo sempre in balia di altri possibili rischi di crisi e soprattutto, non risolveremo il problema di base, che è quello di una maggiore equità retributiva.
Anche adesso, abbiamo sentito ripetutamente, da più parti, parlare di "fare sistema". Credo che fare sistema sia inevitabile e credo che questo concetto sia sicuramente da approvare, però mi chiedo: come faranno le industrie a fare sistema? Rivedranno la loro politica delle ristrutturazioni e delle delocalizzazioni? Rivedranno la politica che vuole la precarizzazione del lavoro? Voglio fare un esempio: penso che in futuro le industrie si riconvertiranno a delle produzioni ecologicamente più sostenibili; andranno verso energie sostenibili, rinnovabili. Questo è più che probabile.
Se Obama significa un appoggio così forsennato al Presidente, da parte delle industrie petrolifere, può darsi che a livello internazionale questo indirizzo ci sia. Però rimane, ed è giusto, è sicuramente un bene per l'ambiente, la ricerca di produzioni indirizzate al rispetto ambientale, ma è indispensabile che queste scelte siano accompagnate da una diversa attenzione al ruolo del lavoro.
Fare produzioni alternative con contratti di lavoro precarizzato non migliora assolutamente la situazione sociale del Paese. Credo che se non poniamo attenzione all'impegno sociale che dobbiamo avere, se non poniamo l'accento sul fare sistema, anche chiedendo un impegno etico alle imprese credo che faremo solo un intervento che non sarà assolutamente utile per portare equità e giustizia verso i lavoratori.
Credo che le opere della Regione e il sostegno del reddito, anche il sostegno delle imprese, però chiedendo loro un impegno ben preciso, quindi un impegno per la ricerca, per aiutare il sistema produttivo, siano tutte azioni che la Presidente ha previsto e di cui si parlerà nel prossimo futuro.
Certamente saremo favorevoli, però chiedo che gli investimenti siano fatti, privilegiando soprattutto quelli che hanno una certa e sicura ricaduta sociale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Robotti.



ROBOTTI Luca

Parlerò quattro minuti, anche perché ho apprezzato la concretezza degli interventi della Giunta regionale, della Presidente e degli Assessori competenti e anche la velocità con cui sono stati presi. Ci dicono che la strada che vogliamo seguire è una strada giusta, cioè quella della responsabilità, della coerenza, della generosità che anche noi chiediamo al sistema delle imprese, perché il rapporto è un rapporto biunivoco, cosa che invece razionalmente non sta avvenendo.
Vorrei però solo sottoporre una riflessione brevissima. Per affrontare una crisi di questo tipo, che da tutti - dalla destra all'estrema sinistra oggi viene definita come una crisi monetaria e finanziaria di proporzioni globali, occorre anche ammettere degli errori ed alcuni sbagli che sono stati compiuti, non da noi, anche da noi in anni non troppo lontani.
Vogliamo dire che è fallita completamente l'idea monetaria della costruzione del sistema europeo? Credo di sì. È fallita. Maastricht ha portato la moneta unica, e meno male che è arrivata la moneta unica, per ha favorito un processo di finanziarizzazione sul modello di quello che accadeva negli Stati Uniti d'America.
Così com'è fallito un sistema che è stato lasciato libero di investire ingentissime risorse create dal plusvalore industriale in attività di pura finanza, che non avevano nessun tipo di ricaduta industriale, di sviluppo occupazionale di sistema.
Ora bisogna tornare indietro rispetto ai passi che abbiamo compiuto. Mi ricordo che fino a qualche mese fa, quando qualcuno poneva il tema del superamento del Patto di stabilità - Presidente, vorrei che lei mi ascoltasse - costui veniva visto come un pericoloso bolscevico. Ieri sera guardavo la trasmissione "Ballarò" e il problema del superamento del Patto di stabilità l'ha proposto addirittura Casini, che non è un bolscevico, ma è un moderato.
Ora il tema è questo. Ho visto in alcune agenzie, in cui si parla delle proposte della Giunta, che si accenna all'idea di un superamento parziale del Patto di stabilità, però, di fronte alla vastità e alla drammaticità della crisi che stiamo vivendo, noi abbiamo questo tema che non possiamo bypassare, ovvero l'idea che oggi il Patto di stabilità si mette in deroga e liberamente si sceglie, in autonomia rispetto al sistema nazionale e rispetto al sistema europeo, quali e quanti investimenti fare sulla spesa sociale, sapendo che non siamo dei matti che vogliono indebitare la nostra Regione e vogliono creare un disavanzo che poi saranno i nostri figli e i nostri nipoti a pagare, ma sapendo anche che adesso occorre non porre il tema del Patto di stabilità come tappo rispetto alle possibilità di spesa rispetto sia al sostegno alle imprese (quelle virtuose, come dicevano i colleghi), ma soprattutto rispetto alla spesa sociale.
Presidente e Assessori, non è vero che durante le crisi tutti perdono tutti hanno difficoltà, tutti sono in un ciclo di sconfitta dei propri progetti di crescita e di sviluppo. Ci sono larghissimi strati della società in cui viviamo che invece continuano a fare enormi guadagni attraverso la speculazione proprio sulla crisi. E questo è l'ultimo tema che tratto brevissimamente; il tema è quello della lotta all'evasione fiscale. Non se parla più, è diventato un tema completamente cancellato dall'agenda politica. Ma vogliamo dire che in questo Paese si evadono ancora 115-120 miliardi di euro all'anno, che sono quasi come tre finanziarie che un qualunque Governo in questa Repubblica produce annualmente? E vogliamo pensare che, visto che la nostra Regione produce circa il 10% del PIL nazionale, potrebbe avere un'evasione fiscale, e in parte anche contributiva, di almeno sette-otto miliardi di euro all'anno? Anche su questo occorre che concretamente, nei limiti e nelle possibilità che ha un ente come il nostro, si costruisca tutta una serie di provvedimenti atti a favorire e ad agevolare la lotta all'evasione fiscale per recuperare risorse che sono di tutti, che sono pubbliche e che possono essere reinvestite pesantemente nel sostegno alla spesa sociale e pesantemente nel sostegno alla crescita industriale virtuosa, cioè quella che crea posti di lavoro, certezza non solo nell'oggi, ma anche nell'immediato futuro e, complessivamente, crea sistema industriale e quindi, occasioni di crescita per tutte e per tutti.
Noi abbiamo questo dovere, non possiamo fare così come stanno facendo altri livelli istituzionali che, sostanzialmente, statalizzano le perdite delle aziende e permettono a pochi di privatizzare gli utili di quelle aziende che vengono smantellate attraverso un sistema di aiuti pubblici che non hanno nessun ritorno in termini di guida di quei processi.
Noi abbiamo questo dovere: il dovere di superare il Patto di stabilità per avere le mani libere rispetto agli investimenti sociali e per il sostegno al reddito dei lavoratori e delle famiglie di questa regione; il dovere di costruire una rete di regole e di normative anche in collaborazione con gli altri enti che si occupano di questa tematica, che agevoli il recupero e la lotta all'evasione fiscale per trovare risorse pubbliche che possono essere immediatamente, perché entrerebbero immediatamente nelle casse dello Stato, reinvestite nella spesa pubblica.
L'ultimo tema è quello dell'austerità. L'austerità, che non vuol dire ridurre la spesa e, come paventava il Consigliere Leo, aumentare altri focolai di crisi su altri settori. Però vuol dire che, ad esempio, su tutta la politica dei grandi eventi occorrerà fare un punto, Presidente, fermarsi un momento e capire come possiamo gestire.
Mi riferisco in modo chiaro al centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. Sono soldi in larghissima misura dello Stato che vengono trasferiti, però in una situazione in cui c'è una crisi così devastante rispetto al carico delle famiglie piemontesi, abbiamo anche il dovere di dire che quel tipo di spesa è una spesa superflua, che potrebbe in una certa misura essere evitata o ridotta. Perché non è giusto; se tutti non godono di un benessere che si diffonde e che si rende fruibile alla stragrande maggioranza delle donne e degli uomini di questa regione, trovo che sia una cosa profondamente ingiusta e profondamente da rivedere che si costruiscano grandi eventi che servono come vetrina per poche persone e per pochi giorni.
Tre temi: Patto di stabilità, lotta all'evasione fiscale e grandi eventi con questa linea di indirizzo, ovvero chiedere alle aziende coerenza, coraggio e generosità, cosa che non hanno dimostrato neanche oggi, perché non sono venuti a questo Consiglio regionale, perché, se possono, evitano il confronto con le istituzioni di questa Regione.
Ovviamente lo cercano con lei, Presidente, ma cercano di sfuggire al confronto vero con i livelli della rappresentanza politica e quindi legislativa.
Se chiedono l'intervento pubblico, se chiedono il sostegno della risorsa pubblica e quindi della finanza generale, occorre che però loro ci dicano chiaramente che cosa hanno in mente, quali sono i loro piani, quali sono i loro progetti e li condividano con chi oggi ha il compito di trovare soluzioni che valgano per tutti.



PRESIDENTE

Questo era l'ultimo intervento calendarizzato secondo gli accordi.
Prima di concludere i lavori, comunico che sono state ritirate dai proponenti le seguenti interrogazioni, assorbite dal dibattito.
Interrogazione n. 2013 del Consigliere Muliere inerente a "Licenziamento lavoratori supermercato affiliato CONAD sito in Tortona".
Interrogazione n. 2064 del Consigliere Nastri inerente a "Messa in mobilità di 2000 lavoratori edili".
Interrogazione n. 2301 dei Consiglieri Botta, Casoni, Boniperti, Vignale inerente a "Preoccupante situazione dei lavoratori del caseificio Merlo sito nel Comune di Terzo (AL).
Interrogazione n. 2195 della Consigliera Ferrero inerente a "Crisi dell'azienda 'Stabilimenti di Brandizzo' di Mathi".
Interrogazione n. 2236 dei Consiglieri Clement, Bossuto, Dalmasso Deambrogio, Cavallaro, Comella, Barassi, Moriconi inerente a "Riduzione di 131 posti di lavoro presso gli stabilimenti di Novara e di Verbania della società "DealPrinting".
Interrogazione n. 2340 del Consigliere Larizza inerente a "Cassa integrazione alla Fiat Auto di Mirafiori".
Interrogazione n. 2351 della Consigliera Ferrero inerente a "Chiusura della Magnetto Wheels di Rivoli".
Interrogazione n. 2368 del Consigliere Burzi inerente a "Situazione area ex Embraco".
Interrogazione n. 2465 della Consigliera Ferrero inerente a "Istanza di fallimento delle Legatorie Riunite s.r.l.".



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.55)



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