Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.356 del 11/09/08 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

Scarica PDF completo

Argomento:


SPINOSA MARIACRISTINA



(Alle ore 14.30 la Consigliera Segretaria Spinosa comunica che la seduta avrà inizio alle ore 15.00)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(La seduta ha inizio alle ore 15.01)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bossuto, Deambrogio, Motta Pizzale, Placido, Pozzi, Robotti e Turigliatto



PRESIDENTE

Comunico che il numero legale è 28.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Comunicazione della Giunta regionale inerente a "D.G.R. n. 98-9422 dell'1/8/2008 - Definizione del Fabbisogno prestazioni sanitarie e della conseguente capacità produttiva"


PRESIDENTE

Come convenuto nella seduta antimeridiana, procediamo con le comunicazioni da parte dell'Assessore Artesio in merito ad alcune osservazioni eccepite nella giornata di ieri relativamente alla deliberazione di Giunta regionale n. 98-9422 del 1° agosto 2008.
La parola all'Assessore Artesio.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla tutela della salute e sanità

La deliberazione in oggetto titola "Definizione del fabbisogno di prestazioni sanitarie e della conseguente capacità produttiva". Il titolo è indicativo dell'ottemperanza dell'indicazione della legge finanziaria 2006 tuttora vigente, che, nell'articolo 1, nel definire i termini di completamento del processo di accreditamento istituzionale, dichiara: "Le Regioni provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, non possano essere concessi nuovi accreditamenti in assenza di un provvedimento regionale di ricognizione".
Quindi, assumendo questo atto deliberativo, noi ottemperiamo all'indicazione legislativa e lo facciamo in relazione alla impossibilità che deriverebbe di concedere ulteriori accreditamenti laddove non fosse ottemperato questo obbligo di legge.
Il metodo utilizzato - non poteva essere diversamente - è quello della normativa madre di riferimento e dei percorsi di autorizzazione all'attività di accreditamento e di accreditamento con convenzione percorsi che sono tutti regolati dalle normative contenute nel decreto legislativo n. 502/1992 e ulteriormente perfezionate dal decreto legislativo n. 229/1999.
Quali sono, al di là delle radici giuridiche, le organizzazioni di contenuto inserite all'interno dei tre allegati di questo atto deliberativo? Il primo allegato si sofferma sull'iter procedurale, assumendo come dato di partenza l'articolo 8-ter del già citato decreto legislativo n.
502/1992 e, in modo particolare, il momento dell'autorizzazione edilizia come primo momento di avvio della attività in campo sanitario. Detto momento deve essere supportato da un elemento già noto, che è quello dell'autorizzazione alla costruzione, relativamente alla compatibilità di tipo urbanistico e alla tipologia dell'ambiente, rilasciata dall'Amministrazione comunale, ma, contestualmente, così come ai sensi dell'articolo 8-ter viene richiamato, dall'espressione di parere obbligatorio e vincolante in ordine alla compatibilità con la programmazione sanitaria. Ciò al fine di evitare che si proceda in un'attività del tutto edilizia, che, magari, è compatibile, dal punto di vista urbanistico ed edilizio, con il contesto territoriale, ma ridondante rispetto ai bisogni della programmazione sanitaria; quindi, con la conseguente difficoltà di avere un investimento di tipo imprenditoriale che non troverebbe poi possibilità di riconoscimento nei successivi atti, che sono quelli che vanno dall'autorizzazione al funzionamento fino all'accreditamento istituzionale.
Come contemplato da tutta la normativa nazionale e regionale - non pu essere diversamente - la valutazione del fabbisogno viene realizzata sulla base della previsione delle prestazioni da erogare in ambito pubblico e delle prestazioni da erogare in ambito privato, in quanto l'autorizzazione al funzionamento, evidentemente, può non trascinare necessariamente l'accreditamento. Tuttavia, il decreto legislativo n. 502/1992 ritiene necessaria la programmazione sanitaria come strumento di regolazione anche laddove la funzione venga svolta esclusivamente a beneficio del mercato privato.
L'altro allegato di particolare rilevanza riguarda l'articolazione per tipologia della ricognizione di fabbisogno che in questo atto deliberativo è contenuto; in modo particolare, noi facciamo riferimento alle prestazioni di diagnostica strumentale, all'assistenza specialistica ambulatoriale e al day surgery di tipo C.
Come è stato configurato questo allegato? Questo allegato non poteva che nascere da un elemento di conoscenza dell'andamento dello stato di salute della popolazione piemontese, come redatto dagli atti scientifici.
Quindi, le considerazioni generali risiedono nel cosiddetto "Atlante sanitario del Piemonte", ma accanto ad un elemento indicante le tendenze di salute e le tendenze di cura, la rilevazione sulla quale si fonda l'indicazione di fabbisogno di questa deliberazione è ben più concretamente radicata nell'analisi dei dati del 2007 in ordine ai consumi di prestazioni sanitarie e alla distribuzione delle tecnologie e attività nell'ambito del territorio piemontese.
Volendo svolgere una disamina non particolarmente noiosa per il Consiglio regionale, ma che nell'atto è molto puntuale, per quello che riguarda la radiologia e, in modo particolare, le dotazioni di carattere tecnologico, abbiamo esaminato - ciò che vale per la radiologia varrà per tutte le altre fattispecie - il consumo medio regionale di prestazioni radiologiche, confrontandolo con il valore medio nazionale, standard rispetto al quale la Regione Piemonte è superiore.
Ciò che interessa più della nostra capacità di adottare linee che sono mediane, che pertanto non tengono adeguatamente conto della finezza e della varietà della popolazione, compresi i problemi legati all'invecchiamento ad esempio, è il confronto che, invece, abbiamo effettuato relativamente ai consumi all'interno delle diverse Aziende sanitarie. Questo, evidentemente tende a depurare le differenze in ordine alle caratteristiche della popolazione, perché parliamo di analoga condizione di popolazione piemontese. Conseguentemente, emergono i livelli che riguardano l'erogazione delle prestazioni in ordine alla presenza o meno dei servizi eroganti.
Questi elementi di differenza, che nell'articolato della deliberazione risultano in maniera particolarmente significativa - ad esempio relativamente alle prestazioni radiologiche, vanno da un minimo di 0,46 nella ex ASL 17 ad un massimo di 0,92 nella ex ASL 1 - indicano appunto l'andamento delle prescrizioni e delle attività in ordine a variabili che attengono al tipo di presenza sul territorio delle strutture stesse.
Quindi, noi introduciamo elementi di regolazione che, dichiarando la copertura del fabbisogno rispetto ai servizi preesistenti nel sistema pubblico e nel sistema privato, danno delle indicazioni in ordine alla possibilità o meno di aprire nuove attività laddove, invece, la copertura del bisogno risulta già ampiamente realizzata dalle strutture presenti.
Lo stesso tipo di analisi viene fatta per la presenza di risonanze magnetiche, di TAC e di PET. Anche per quello che riguarda la dotazione delle tecnologie e, di conseguenza, il numero di prestazioni che queste tecnologie possono realizzare, dal punto di vista della dotazione e del livello di attività compatibile con ciascuna tecnologia, rimisurato sulle più recenti tecniche di valutazione della vita media delle apparecchiature noi siamo ad un livello, per quanto riguarda le risonanze magnetiche, di 1,8 apparecchiature ogni 100 mila abitanti, che è un livello di fabbisogno validato scientificamente. La dotazione attuale è già di 83 apparecchiature funzionanti, di cui tre nella sanità privata, pertanto la dotazione complessiva è adeguata per il fabbisogno complessivo ospedaliero ambulatoriale e privato.
Analogo ragionamento riguarda la dotazione delle TAC. Anche per questa strumentazione si è fato riferimento alla valutazione di fabbisogno, di 1,5 ogni centomila abitanti e di 2,4 tenendo conto degli interventi realizzati nella fase di degenza. A fronte di questo calcolo di fabbisogno, redatto sugli indicatori che ho prima citato, la nostra dotazione è di 111 apparecchiature funzionanti, di cui quattro operanti nella sanità privata.
Pertanto, la dotazione complessiva è adeguata.
Analoga valutazione è stata fatta in ordine alle PET, considerando nel calcolo anche gli ultimi due investimenti: l'attivazione della PET di Candiolo e la gara in corso della PET di Alessandria. La dotazione complessiva è adeguata sia per il fabbisogno complessivo sia per il solo servizio sanitario regionale. Quindi, non si prevede di consentire ulteriori autorizzazioni.
Per quello che riguarda la normativa in ordine ai laboratori di analisi, in questo percorso deliberativo si richiama esclusivamente il contenuto della DGR già assunta il 3 agosto 2007, ossequiosa delle indicazioni nazionali, che i Consiglieri già conoscono, come sicuramente conosceranno le applicazioni negli altri ambiti regionali e nazionali. Si tende a dare indicazioni di razionalizzazione di quelle strutture che operano un numero di analisi inferiori agli standard nazionalmente ritenuti sicuri ed adeguati. Quindi, orienta l'organizzazione in forma consortile ed aggregata di quelle strutture che, avendo base inferiore e attività produttiva inferiore, non corrispondano agli standard di sicurezza, di opportunità e di appropriatezza che il livello nazionale ritiene necessario.
Interessante è l'inserimento delle prestazioni di recupero e di rieducazione funzionale, per le quali, evidentemente, l'analisi del fabbisogno non può essere fondata, così come per le apparecchiature, sul numero di prestazioni erogabili, sulla vita media delle apparecchiature sul rapporto tra prestazioni da erogare in ambiente ospedaliero e quelle da erogare in ambiente ambulatoriale.
Su questo particolare capitolo, la nostra linea guida è stata la DGR n.
10 dell'aprile 2007, in ordine al garante della riabilitazione, che costruita intorno alla competenza professionale di un gruppo di fisiatri ha prodotto i percorsi relativi alla riabilitazione e alla rieducazione funzionale.
In questo contesto parliamo esclusivamente delle attività erogabili in ambito ambulatoriale. Non parliamo della degenza riabilitativa n all'interno dell'ospedale né delle case di cura né dei nuclei specializzati di RSA.
Accanto alle indicazioni qualitative che emergono dal lavoro precedentemente citato del gruppo dei fisiatri, gli elementi di valutazione di tipo statistico, in ordine al consumo di questo tipo di prestazioni sono stati realizzati - come ho già detto - sui dati del 2007 e aggregati per Aree Funzionali Sovrazonali, cioè per quella aggregazione di Aziende sanitarie compatibili per territorio, sulle quali la legge regionale n. 18 aveva definito di costruire l'architettura del sistema laddove si ragioni per aree vaste e non per singole aziende.
Abbiamo costruito questo capitolo esaminando il numero di strutture private presenti nelle diverse Aree Funzionali Sovrazonali, il numero di attività realizzate, i tempi di attesa per aderire a quest'attività l'andamento della mobilità, ovvero l'eventuale flusso di popolazione che si sposta in assenza di offerta verso altra area territoriale e le tipologie di prestazioni a rischio di inappropriatezza (ad esempio la frequenza con la quale vengono riprodotti i cicli prescrivibili).
Ricordo che già la Regione, come quasi tutte le altre, aveva limitato a tre cicli prescrivibili per ricetta queste prestazioni, proprio per evitare che si andasse in direzione di un consumo inappropriato.
Derivano alcuni elementi di particolare interesse.
L'elemento che direi interessante è il seguente: poiché l'attività ambulatoriale di tipo riabilitativo svolta nelle strutture pubbliche nell'ultimo biennio è rimasta sostanzialmente invariata, ciò significa che avendo investito nella competenza della riabilitazione (perché è la più tipica della post-acuzie, quindi, anche per quelle più coerenti con il Piano), le strutture pubbliche stanno offrendo una risposta sufficiente al bisogno.
cresciuta, invece, del 10% l'offerta all'interno delle strutture private, ma con un particolare andamento che ci fa affermare (relativamente al dato che descriviamo in delibera) che nell'Area Funzionale Sovrazonale 1, cioè quella che attiene alla Provincia di Torino e che riguarda il 51 della popolazione piemontese, si consuma il 72,3% delle prestazioni di rieducazione, il 67,5% delle prestazioni di terapia fisica e il 63,5% delle visite di recupero e rieducazione funzionale.
Poiché dagli andamenti epidemiologici non risulta che la popolazione della provincia di Torino sia oggetto di particolare attenzione in quest'ordine di patologie (anzi, tutti gli osservatori di epidemiologia dicono che le condizioni di salute della popolazione dell'area metropolitana sono mediamente alte come lunghezza della vita e qualità della vita) si può forse ritenere come risposta utile a comprendere questo curioso andamento del fenomeno, il fatto che delle 32 strutture private esistenti nella Regione Piemonte con questa caratterizzazione, 21 operino esattamente in questo ambito territoriale, a dimostrazione del fatto che in alcune particolari condizioni (non faccio riferimento a grandi patologie che prevedrebbero le degenze, non è questo il caso della delibera), la presenza dell'offerta induce la domanda.
Come afferma non soltanto l'Amministratore della Regione Piemonte, ma tutta la letteratura bipartisan del sistema sanitario, uno dei requisiti della qualità della salute e del governo della salute, consiste proprio nell'appropriatezza delle cure e delle prestazioni, con questi dati rischiamo di essere di fronte ad una condizione di inappropriatezza.
Quindi, in questo atto deliberativo è normato il fatto che si possano autorizzare esclusivamente attività che si rivolgano, limitatamente all'ambito privato, in quelle zone in cui è già significativamente eccedente la distribuzione delle offerte, ovvero si possano consentire anche accreditamenti istituzionali in altri ambiti territoriali dove ci si discosta dal livello medio che ho precedentemente richiamato.
Infine, l'ultima parte della delibera riguarda una situazione in evoluzione, che viene infatti sospesa. Si sospende l'autorizzazione all'apertura di nuove strutture di day surgery di tipo C, perché questa particolare classificazione è oggetto di una revisione normativa nazionale che trasferisce le prestazioni di day surgery di tipo C a livello ambulatoriale, per cui non sarebbero più qui classificate e necessiteranno di una particolare normativa e classificazione all'uopo.
In conclusione, essendo questi i contenuti della delibera che la Giunta il 1° agosto ha discusso e condiviso, voglio solamente sottolineare che questo è un atto di un percorso che riguarda l'applicazione delle procedure di accreditamento, e che ha ancora altri agganci istituzionali da sviluppare e regolare, che saranno doverosamente assunti.
Ho fatto riferimento alla necessità di applicare la finanziaria, che decretava comportamenti a valersi dall'anno 2008, quindi stiamo ottemperando all'indicazione. Voglio ricordare che il recente decreto legislativo 112 del Governo indica l'impossibilità di procedere negli accreditamenti per quelle realtà, che pur già avendo ottenuto requisito di accreditamento istituzionale, non abbiano sottoscritto il contratto aziendale. Il contratto aziendale è l'ultimo comma, del decreto legislativo n. 502, l'8-quinquies, il quale richiama, dopo i passaggi di autorizzazione alla costruzione, all'attività e accreditamento, la necessità che il comma 8-quater e 8-quinquies, che definiti la Regione tetti di attività, volumi di attività e remunerazioni dell'attività, l'accesso a quel tipo di prestazioni per necessità del sistema sanitario, o svolte per conto del sistema e quindi retribuite dal sistema sanitario, debbano essere contenute all'interno di un accordo aziendale.
Questo significa che l'accreditamento generale in essere sarà via via articolato attraverso i contratti elaborati con le Aziende sanitarie.
Queste, nel quadro generale dei volumi di attività già definiti dagli accordi con le due strutture della sanità privata (ARIS e AIOP), saranno riarticolati sulla base dei contratti aziendali, potendo le Aziende individuare il livello di necessità più confacente al tipo di bisogni della propria popolazione, bisogni di cui il sistema sanitario non riesce autonomamente a coprire la domanda.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Burzi, sulle comunicazioni dell'Assessore Artesio.



BURZI Angelo

Stavo riflettendo su cosa fosse più utile dire, e non è urgente che la riflessione abbia un termine, ma intanto dichiaro la mia soddisfazione oltre che ringraziare non formalmente l'Assessore per la velocità dell'intervento, peraltro oggetto - come la stessa ha ricordato - di una nostra richiesta, e la Giunta per la disponibilità, affinché questo suntuoso e ricco dibattito immagino potrà dare adempimento, almeno formale a una delle nostre richieste.
Dichiaro la mia soddisfazione non formale perché ieri, per un attimo ho avuto un timore. Non me ne vorrà il Presidente, ma mentre Eleonora Artesio fa l'Assessore, il suo è un compito di amministrazione con un taglio politico - ci mancherebbe - ma prevalentemente di amministrazione.
Anch'io, essendo parte e parte di una parte, dico spesso che mi occupo di politica.
Dicevo, ho temuto per un attimo - e questo timore adesso è stato fugato che la delibera fosse ritirata. Mi sono, poi, tranquillizzato un po' da solo perché è difficile che una Giunta, specialmente una Giunta di centrosinistra (poteva capitare magari a noi!) rinneghi se stessa, pertanto mi è sembrato un rischio accettabile. Per un attimo ho temuto che mi portassero via il pane, perché portando via il pane che qui, con un po' di fortuna - come talora capita - ci siamo procurati, questo diventa una preoccupazione.
Questo pericolo, che era il maggiore, è accantonato, perché la delibera è bella solida e, come ha detto non casualmente in un passo l'Assessore Artesio, è stata discussa e approvata.
Excusatio non petita... Non ricordo come continua, perché ho fatto dei corsi non totalmente completati. Grazie, collega Caracciolo: accusatio manifesta. Adesso ricordo! Questo è ovvio: ci mancava ancora che la Giunta non fosse un organo collettivo e che qualunque delibera non sia stata oggetto di un'ampia discussione, ma questa è una delibera, seppure parziale, come ha detto la collega Artesio, di indirizzi.
Fin qui ci siamo.
Potrei anche dichiararmi soddisfatto, perché a me adesso, in sede politica - che è il mio lavoro - interessa solamente che la delibera questo è il mio obiettivo, mi piace dichiararlo per tempo - sia conosciuta e compresa da tutti, ma proprio tutti. Nei vecchi bar piemontesi, quando si giocava a biliardo - adesso ci sono altri giochi ugualmente legittimi, ma a me pare meno interessanti - i bravi giocatori dicevano prima che colpo avrebbero fatto. Capisco che questo sia un compito molto difficile pertanto si tenderà ad avvicinarvisi.
Ora, aiuteremo gli operatori del mondo della sanità, anche loro pigri un po' come tutti gli operatori di tutti i mondi (non sto emulando Brunetta), anche perché hanno tanto altro da fare e quindi lavorare e documentarsi non è sempre compatibile, a capire la delibera traducendogliela.
Sicuramente due o tre colleghi, ma anche alcuni Assessori, mi hanno chiesto di poterla avere in copia, ma non sono così scorretto da citare qui delle persone. Non che non l'avessero letta o discussa, ma è che nel mese di agosto possono averla dimenticata! Quante delibere, poi, in una Giunta non so in questa Giunta, passano e può capitare che qualcuno ne dimentichi un passo o addirittura una. Sono convinto anche altri Consiglieri della maggioranza l'avranno letta e soprattutto tradotta, perché se avete dato un'occhiata alla delibera, come molte delibere, questa non è un'eccezione è scritta in giuridichese, quindi ha da essere tradotta perché è piena di riferimenti legislativi che sono la fonte giuridica, come ha detto correttamente l'Assessore Artesio, da cui deriva il deliberato.
Perfetto! Adesso il mio compito politico potrebbe essere finito. Adesso noi informiamo, quindi non c'è più il rischio che venga ritirata.
Poiché oggi siamo all'interno dell'assestamento di bilancio e dal 30 settembre, o 6 ottobre, o 12 ottobre inizierà (occhio e croce, non ci sono ancora impegni, ma mi pare che le date richieste e previste siano quelle) quando la Giunta l'avrà presentato - questo è stato oggetto anche di una pre-discussione stamattina - la discussione del bilancio, penso - non è una minaccia - che di sanità si parlerà ancora e tanto, non fosse altro perch la quantità di denaro ivi dedicata è la maggioritaria all'interno delle risorse, non certo per convincere, ma per far riflettere.
Se fossi iscritto al PD, lo dico con grande rispetto, so che dovrei spostarmi e non è così difficile muoversi, ma ho una certa età e ho delle difficoltà ad effettuare dei cambiamenti (ad alcuni non sono contrario perché soltanto gli stupidi non cambiano idea). Ho una certa età - dicevo e sono pigro, ma se fossi iscritto al PD - chi mi conosce sa che quando dico che ho apprezzato il percorso di formazione del PD sa che dico una cosa vera - con tutte le fatiche, allora vado per qualche passo, perché non finisce qui, non finisce neanche in questa legislatura e il Piemonte è pur sì una cosa importante, ma non è il tutto. Poi dovremo parlare di federalismo fiscale, che per combinazione tocca o toccherà o dovrebbe toccare essenzialmente la ripartizione delle risorse, e allora, tanto per prevenire, ricomincio dall'inizio.
Lo dico subito: i miei appunti di lavoro sono 13 pagine di lavori miei quindi mi rimangono due minuti e dieci secondi e non ho intenzione di sforare né tanto meno di abusare della pazienza vostra né altrui, quindi inizio solo. La delibera prende come presupposto la legge Bindi, la n.
505/1992, di cui l'articolo 8 è stato più volte citato anche dall'Assessore. L'articolo 9, che è quello della sperimentazione sanitaria è assente: sperimentazione, chissà cosa succede, non c'è.
Ma la legge Bindi - lo dice uno che pensa e pensava ogni male possibile, all'epoca, della legge Bindi, e non ha cambiato idea - parla di una serie - e sono anche citati oltre che nell'articolo 8 - di elementi anche sugli argomenti che l'Assessore affronta e che la delibera svolge e che tendono al controllo.
La semplifico. Intendendo - è un'ipotesi, non ho una frequentazione e dimestichezza quotidiana con l'ex Ministro Bindi - per controllo nel senso di controllor manager, cioè di gestione. Controllo di gestione. Governance.
Tutto il testo della delibera, a mio avviso, utilmente a fini politici perché ci porterà consenso, ma sulla validità e sul sistema lo lascio valutare ai Consiglieri della maggioranza - propone, e lo cita testualmente, che "il governo della domanda è stato perseguito principalmente con...", "il governo dell'offerta è stato perseguito principalmente con...". In una fase successiva si specifica anche quando il governo della domanda può consentire delle eccezioni, testualmente detto "ove del caso". Quando Valpreda scrisse la prima bozza del PSSR - ci sono ancora gli atti - dissi che era un eccellente e omogeneo prodotto comunista. Poi è intervenuto il Consigliere Lepri con l'"emendamentone" cioè si è svilito, svilito nel senso che non era più omogeneo, come tutti i prodotti a più mani.
Non vorrei che voi aveste dei dubbi, non è il fatto che sia un prodotto di dirigismo, perché è già successo. Basta andare nelle aziende, non devo convincere nessuno, nessuno di voi mi voterà (credo, ma non sono così sicuro, in temi di preferenza siamo tutta gente che lavora su di sé, con una sola preferenza, sempre che rimaniamo).
Non devo convincere nessuno, è già successo. Il problema è che governare la domanda e governare l'offerta è semplicemente impossibile. Non è giusto o sbagliato, non è un modello sostenibile o non sostenibile, è semplicemente impossibile! Avrete occasione, perché li troveremo, onde consentirvi a me di dirvi le altre argomentazioni, ma consiglierei caldamente, per grande rispetto che ho, all'area in senso lato riformista, ovunque si annidi, ovunque viva non necessariamente e soltanto da questa parte - non vorrei che aveste dei dubbi, ne sono conscio - di leggere la delibera. Non è più un problema di chi vince o di chi perde. Per noi è perfetto questo documento, ma pensateci, perché dalle delibere alcuni ne traggono delle conseguenze. Se dite ai medici che non sono più dei dirigenti medici, ma dei medici prescrittori, a me va bene che si arrabbino - così magari qualcuno mi vota ma ci sono delle conseguenze. Se si teme che troppa tecnologia generi un'offerta, che dall'offerta si generi domanda, si crede possibile proibire la prostituzione. Bisogna mettere altro che le grandi muraglie, altro che l'autarchia: non è semplicemente possibile, è del paese dei sogni! Il fortilizio, cui ieri alludevo, non volendo offendere nessuno, è sindrome di accerchiamento. Lo dicevo prima. Ci si arrenda all'evidenza delle cose, non soltanto è comunista, è semplicemente impossibile! Presidente Bresso, come farà lei quando parleremo qui e non sui giornali di federalismo fiscale - sono certo che ne parleremo, dovremo parlarne - il federalismo fiscale si basa non su dati del 2006 in base ai quali prevedo quando mi ammalo, dove mi ammalo, chi mi deve curare, purch decida Corso Regina. La flessibilità oggi la riconoscono persino alcuni comunisti. Qui si nega la scoperta dell'America.
Per questo mi sembra opportuno, che qualora il PD non l'avesse letta che la leggesse, ma per utilità collettiva, non di parte. A noi va bene che la delibera resti. Al resto della parte che ci compete ci pensiamo noi far conoscere ciò che la Giunta Bresso fa, non l'Assessore Artesio, perché ha detto bene l'Assessore, "delibera discussa" - ci mancherebbe - "e condivisa con l'organo collettivo", cioè dalla Giunta Bresso: Presidente federalista riformista, europea e direi anche con qualche accenno liberale. Perfetto!



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Condivido una parte dell'intervento del Consigliere Burzi nell'ambito di tutto l'excursus dialettico. Quella in cui il Consigliere ha affermato che, in ambito sanitario - non l'ha detto lui, ma lo aggiungo io, era sottinteso - non è possibile, o è quasi impossibile o è francamente impossibile, governare domanda ed offerta. Ritengo che se l'affermazione può essere giusta relativamente alla domanda, non ritengo di poterla condividere relativamente all'offerta.
Dobbiamo iniziare a governare qualcosa. Penso che si debba iniziare, in questo caso, a governare l'offerta per controllare la domanda. È inutile nascondersi dietro un dito. Sicuramente ho dimostrato in altre occasioni di non sposare pedissequamente la volontà della maggioranza o dell'Assessorato, quando ho dovuto affrontare anche dissensi con l'Assessore l'ho fatto.
In questo caso, ritengo che questa delibera sia opportuna per tutte le motivazioni tecnico-giuridiche che l'Assessore ha, in modo esaustivo illustrato. Tuttavia, per non nasconderci dietro ad un dito, cerchiamo, in pochi minuti, di affrontare un problema per capire come la pensiamo. Non è assolutamente invocabile la cultura riformista, liberale, comunista o quant'altro per fare un'analisi relativa alla problematica di attribuzione di mezzi e risorse in ambito sanitario più verso il versante pubblico rispetto a quello privato e viceversa.
C'è chi ritiene, e non siamo sicuramente noi, né chi vi parla, che il sistema sanitario pubblico possa essere ridimensionato a vantaggio di quello privato e c'è chi ritiene che, sino ad ora, grande abuso è stato fatto in ambito privato. Ben vengano, quindi, tutti i sistemi e i metodi per regolamentare e cercare di ridurre al massimo quel tipo di abuso.
Una domanda che dovrebbe venire spontanea - sicuramente ci sono fior di studi a riguardo - è semplicemente una. Il Servizio Sanitario Pubblico, in assenza totale di quello privato, accreditato, convenzionato, abilitato a surrogare e a completare quello che il pubblico non riesce ad esaudire reggerebbe? Se esiste, ed è sempre esistita, la volontà politica di accreditare, convenzionare e finanziare di fatto quello privato, la risposta ovvia è no.
Allora a me sorge spontanea un'altra domanda. Se così è, e se nell'ambito del settore pubblico noi investiamo tutto quello che investiamo e conosciamo bene qual è il bilancio della sanità di questa Regione in particolare - se gli investimenti hanno questa taratura, questo peso e questo calibro, perché dovremmo rifiutare a priori tutti gli accorgimenti e gli aggiustamenti necessari ad implementare quel servizio, cercando non di mortificare tout court il privato, ma di correggere quelle disfunzioni che determinano una perdita in termini economici di danaro pubblico.
L'Assessore è stata ben chiara lì dove ha indicato un implemento di offerta in determinati ambiti. E io dico, non perché voglio dimostrarmi radicale in questo, ma perché le problematiche ritengo che vadano abbracciate a 360 gradi: Assessore, dovremmo avere il coraggio di estendere ancor di più il raggio di azione relativamente alla diagnostica e non limitarla solo a quei casi.
Un esempio per tutti: siamo così sicuri di avere bisogno di tutti quei laboratori per gli esami ematochimici? Chi vi parla dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto, perché vi parla secondo una cultura liberale. Ma ritengo che in ambito sanitario delle scelte vadano fatte e siccome in questa Regione con il nostro Piano Sanitario, finalmente approvato l'anno scorso, delle scelte sono state fatte, bisogna essere coerenti.
E quindi coerente è la deliberazione, oltre che totalmente conforme a tutte le normative di legge sia finanziarie sia regolamentari.
Avevo già espresso in passato un voto che aveva meravigliato alcuni. Mi avevano detto: "Come? Tu da riformista voti relativamente agli accreditamenti del privato in questo modo?". Sì, ed ho spiegato oggi le ragioni. Se si fanno delle scelte, le scelte devono essere comunque coerenti e coraggiose.
La scelta in questa Regione è stata fatta e prima di poterla ritenere fallimentare occorre un periodo di verifica. E in questo periodo invito ad essere, oltre che coerenti, anche estremamente fermi, perché non penso - e mi dispiace che non sia presente il collega Burzi che ha fatto riferimento al consenso - che ci possa essere consenso nei confronti di chiunque voglia spendere a vanvera il denaro pubblico.
Non ho necessità di fare l'avvocato dell'Assessore, che rappresenta una forza politica sicuramente diversa dalla mia e, per alcuni aspetti, anche lontana.
L'Assessore non ha bisogno di difese d'ufficio né io di dovermi prodigare in tal senso, però ritengo che non si possa connotare una deliberazione del genere di un qualsiasi colore politico. Di politica sì si tratta, ma di politica ritengo in questo caso con la "p" maiuscola perché è una scelta, è un'assunzione di responsabilità, giusta o sbagliata che sia, ma lo vedremo in appresso. È comunque estremamente coerente con quello che è stato il disegno di andare a ridimensionare i costi nell'ambito della sanità, cercando di individuare tutte le falle sia nell'ambito pubblico sia in quello privato.
Dalla documentazione prodotta dall'Assessore mi sembra che, oltre alle falle che tutti conosciamo in ambito pubblico, che mi auguro siano corrette al più presto, esistono anche quelle in ambito privato ed iniziamo a correggere anche queste ultime. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Boeti; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Grazie, Presidente.
Quando abbiamo approvato il Piano Socio Sanitario pensavamo alla definizione di un percorso che avrebbe dovuto portare in tempi accettabili a soddisfare meglio i bisogni di salute dei cittadini piemontesi.
Abbiamo detto che, in assenza del Piano, in questa Regione si era verificata una sorta di anarchia programmatoria, nel senso che i Direttori generali avevano programmato, in assenza di un documento programmatorio generale, i servizi sul loro territorio così come ritenevano di dover fare.
Abbiamo assistito nei vari territori alla realizzazione di autentici doppioni, e quando dico questo mi riferisco, per esempio, ai laboratori di analisi.
Noi in Piemonte potremmo soddisfare ampiamente il bisogno in questo settore soltanto con gli ospedali pubblici. Ci sono ospedali pubblici che hanno laboratori analisi che lavorano alla metà della loro capacità produttiva, ed accanto vi sono ambulatori privati accreditati dove i cittadini si possono rivolgere e che svolgono comunque lo stesso tipo di attività con un costo rilevante per la Regione.
La Regione ha fatto bene nel 2006 a cercare di mettere ordine in quest'anarchia.
Abbiamo rimproverato qui, votando peraltro un ordine del giorno con l'opposizione, il fatto però che questo fosse durato troppo tempo, che si può sospendere per un certo periodo di tempo per cercare di capire. Poi bisogna però che un documento programmatorio della Regione stabilisca le regole alle quali tutti si devono adeguare.
Quindi, quando abbiamo avuto in mano la deliberazione che avevamo sollecitato più volte - forse avremmo potuto averla anche prima, in maniera da poter affrontare un po' prima la discussione - abbiamo condiviso la scelta che questa Giunta regionale ha fatto.
una scelta che consente di risolvere il problema che avevamo sollevato. In assenza di regole c'erano privati in questa Regione che avevano aperto e desideravano aprire delle attività che, secondo noi, era giusto che la Regione autorizzasse. L'Assessore può confermare, quando concluderà con il suo intervento i lavori, che quei privati avranno il diritto oggi di aprire le loro attività.
Non è impedito ai Direttori generali, dopo avere fatto un'analisi dei bisogni di salute del loro territorio, di aprire nuovi accreditamenti con le strutture che sono già accreditate. Faccio l'esempio che ho fatto durante la riunione di maggioranza questa mattina: abbiamo ancora qualche crisi per quanto riguarda le liste d'attesa.
Ci sono specialità che non hanno specialisti e l'esempio classico che facciamo frequentemente anche qui è quello della endocrinologia. Credo che i Direttori generali, se c'è un bisogno in questa branca specialistica, non debbano chiedere ai cittadini di aspettare una visita 200 giorni, ma devono chiedere alle strutture private che operano sul territorio di offrire questo servizio.
In definitiva, dobbiamo passare da una sanità pubblica e da una sanità privata che si sono fatti concorrenza, offrendo lo stesso tipo di servizio ad una sanità pubblica e ad una sanità privata che lavorino insieme per soddisfare meglio le esigenze di salute dei cittadini piemontesi.
Siamo d'accordo con il fatto che non sia più necessario convenzionare strutture di day hospital e di day surgery.
Noi abbiamo detto più volte qui, ma molte esperienze sono state fatte e qualcuna anche durante il governo regionale precedente, di piccoli ospedali le cui sale operatorie sono state utilizzate per attività di day hospital e di day surgery. Faccio spesso l'esempio di Avigliana, dove due sale operatorie che facevano 400 interventi chirurgici all'anno oggi ne fanno 4.000 in day hospital e in day surgery perché l'attività di chirurgia è stata concentrata in un altro ospedale.
Programmiamo piccoli ospedali in territori nei quali in qualche modo erano stati programmati. Non pensiamo di realizzare lì reparti di chirurgia, ma credo che lì si possano realizzare strutture ospedaliere di questo tipo - lo dico con una parola cattiva - sottraendole un po' ai privati. Noi abbiamo l'esempio - naturalmente, non vale per tutto il privato, cioè il privato serio e onesto che lavora con noi - del Santa Rita, ma in tutti i paesi d'Europa nei quali l'attività privata è parallela rispetto alla sanità pubblica c'è un eccesso di indicazione chirurgica, che chi svolge questo mestiere certamente conosce.
L'altro giorno ho ricevuto dalla Calabria - mi capita frequentemente le radiografie di un signore che lunedì è stato visitato in una struttura privata accreditata a Reggio Calabria e che giovedì sarà sottoposto ad un intervento per l'inserimento di una protesi al ginocchio - all'incirca è un ginocchio che potrebbe essere paragonato a quello di molti dei Consiglieri presenti - con un eccesso di indicazione, che, naturalmente, le strutture pubbliche nemmeno immaginano di realizzare.
In questo settore occorre potenziare ulteriormente le strutture pubbliche. C'è un capitolo che è rimasto indietro, che non abbiamo più affrontato, quello dell'utilizzo a tempo pieno delle sale operatorie degli ospedali di questa regione. Porto ancora l'esempio dell'ospedale nel quale lavoro, il Maria Adelaide, che compie 2.500 interventi l'anno e, che, in questo momento - ricordo le polemiche circa le protesi d'anca che tre o quattro anni fa riempivano le pagine dei giornali, non so se lo ricorda Assessore - ha un mese di attesa per le protesi d'anca, un po' perché ci sono molte strutture accreditate che effettuano tali operazioni e un po' perché è un ospedale che funziona. Se quelle quattro sale operatorie piuttosto che solo il mattino, funzionassero tutto il giorno, quando ci sarà l'URP centralizzato per le prenotazioni chirurgiche, quell'ospedale o altri potrebbero fare da riferimento e questa Regione, alla fine di questa legislatura, potrà affermare che quello che sembrava essere uno dei problemi più grossi della sanità pubblica, in qualche modo, è stato risolto.
Noi pensiamo che si debba investire nelle strutture pubbliche, in quelle ospedaliere, chiedendo al privato di lavorare con noi in un rapporto che, naturalmente, è paritario. Noi abbiamo l'esigenza di trovare un giusto equilibrio fra i servizi che offriamo ai cittadini e anche l'equilibrio economico - quante volte il centrodestra in quest'Aula ci ha rimproverato di non controllare i conti! Credo che questa deliberazione, altresì, vada incontro a questa esigenza, che, naturalmente, è indispensabile, come diceva il Consigliere Burzi, anche in tempi di federalismo fiscale, quando dobbiamo dare ai cittadini risposte in maniera corretta su come utilizziamo le loro risorse economiche.
Ancora è assente un capitolo, quello dell'appropriatezza dei percorsi diagnostico-terapeutici, che, prima o poi, dovremo affrontare. Ci sono molti esami inutili, così come noi tutti sappiamo, da cui, forse, dipende il fatto che, come si legge negli allegati alla deliberazione, il tasso di radiologia è superiore, probabilmente, rispetto a quello di livello nazionale. Vengono effettuate risonanze magnetiche su pazienti di ottant'anni quando per la diagnosi di artrosi è assolutamente sufficiente una radiografia del ginocchio.
Quindi, credo sia bene non consentire che altre apparecchiature di questo tipo possano trovare ospitalità sul nostro territorio, perché, oggi la sanità pubblica, così come deve essere nell'obiettivo di un Governo di centrosinistra, è in grado di garantirli.
Sono d'accordo con l'obiettivo di accreditare strutture che realizzino ambulatoriamente delle prestazioni di tipo fisioterapico. C'è poi l'esigenza di capire come funzionano queste strutture e quanti dei servizi che offrono sono di qualità - questo non sempre si verifica - ma certamente, in questo momento, è una necessità per la nostra regione, cui il governo regionale fa bene dare una risposta.
Per concludere - poi farò ancora una considerazione - siamo favorevoli alla deliberazione adottata da Assessorato e Giunta, pensiamo metta ordine nei conti e che, in qualche modo, aggiunga un po' di etica ad un settore quello sanitario, che di etica, ancora oggi, avrebbe un gran bisogno.
Un'ultima battuta, scherzando, all'Assessore Artesio. Non ricordo più se La Stampa o la Repubblica - pensando alla discussione di oggi, un giornale ha scritto che, considerato quanto successo ieri al Comune di Torino, dove Rifondazione Comunista ha - credo stupidamente - votato contro il grattacielo a Torino, nel momento in cui a Ginevra si ricerca la "particella di Dio". Votare contro mi sembra che non stia né in cielo né in terra. Probabilmente, l'Assessore avrà da parte del Partito Democratico qualche problema nell'affrontare la discussione. L'Assessore non avrà nessun problema, noi siamo Consiglieri, se qualche volta non siamo d'accordo lo esprimiamo, ma relativamente a questa deliberazione ha l'appoggio del mio partito.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Clement; ne ha facoltà.



CLEMENT Gian Piero

Inizio con una battuta, riprendendo l'ultima parte dell'intervento del collega Boeti, senza voler esprimere alcuna valutazione politica sul voto di ieri in Comune: non capisco cosa ci azzecca il bosone con il grattacielo, comunque, sarà elemento di discussione da qualche altra parte.
La deliberazione sulla quale questa discussione è stata aperta, per alcuni profili, è anche opportuna, poi non credo si debbano valorizzare più di tanto gli interventi del collega Burzi, per certi versi anche molto pesanti, fatti, per esempio, ieri nella Conferenza dei Capigruppo.
Indubbiamente, questa discussione ha il merito di permettere a tutti di fare ulteriori riflessioni su alcuni materie. È una deliberazione quanto meno opportuna, che si inserisce nel solco del Piano Socio Sanitario che abbiamo approvato un po' di mesi fa.
Credo che le grandi criticità espresse dall'opposizione, in particolare dal collega Burzi, siano contenute in un elemento di fondo, che per noi ed è stato definito molto chiaramente nel Piano Socio Sanitario - è dato dal credere in modo vigoroso in una sanità fortemente pubblica, dove le strutture di carattere privato e privatistico agiscono in maniera complementare rispetto alle esigenze della collettività.
Invece, chi è contro questa deliberazione pensa - il Consigliere Burzi lo ha anche espresso molto chiaramente nel suo intervento - che la tutela della salute sia un elemento del mercato come tutti gli altri, che non pu e non deve essere in alcun modo governato.
Noi crediamo che sia esattamente l'opposto e che questa deliberazione vada appunto in questa direzione, riordinando alcune materie disciplinandole in maniera organica rispetto a regolamentazioni che erano abbastanza disaggregate, prendendo lo spunto da norme legislative presenti nel paese. Credo che, per alcuni versi, contenga elementi di chiarezza rispetto alle strutture di carattere privato, perché un imprenditore privato in questo campo trova all'interno di questa deliberazione un quadro chiaro di riferimento nel quale può e deve muoversi.
La deliberazione cerca di determinare, non su presupposti astratti ma con riferimenti precisi a statistiche e verifiche di carattere nazionale e poi, regionale, quelli che possono essere i fabbisogni sanitari per successivamente, attrezzarsi e rispondere a queste esigenze, dando alle strutture di carattere privato quel ruolo, come dicevo prima, complementare che debbono e possono avere.
inutile richiamare alcune vicende - da una parte, sono già state richiamate anche dal Consigliere Boeti - disastri o situazioni di criticità estrema che si sono prodotte non solo dal punto di vista finanziario, ma anche etico, morale e penale, senza voler assolutamente criminalizzare le strutture private. È del tutto evidente che quando gli interessi in gioco sono alti, sappiamo tutti quali sono i costi e molte volte è difficile gestire anche eticamente queste situazioni.
Ciò che mi lascia particolarmente perplesso e disorientato è la polemica e l'obiezione sollevata dall'opposizione sulla delibera che stiamo discutendo e, in particolare, dal collega Burzi, sulla difficoltà e sull'incapacità dell'Assessorato e della maggioranza a governare e a tenere sotto controllo la spesa sanitaria della nostra Regione. Non capisco. Credo che sia una contraddizione indicare questa nostra incapacità e poi, quando si producono (dal punto di vista normativo) strumenti che permettono di pianificare, governare e programmare al meglio la spesa, ci si straccia le vesti, paragonando modalità di programmazione e di controllo ai soviet di passata memoria o ai soldati giapponesi che, confinati sull'isola, non si sono ancora accorti che la guerra è finita, come ha detto ieri il Consigliere Burzi.
Personalmente, penso, invece, che si stia andando nella direzione giusta. Direzione che sicuramente dovrà essere confermata con altri tipi di intervento; anche le singole Aziende sanitarie, a livello locale, dovranno individuare gli strumenti per poter intervenire al meglio. Sicuramente dovranno essere precisate verifiche più appropriate sulle tariffe - nel nostro Paese ci sono tariffe molto diverse rispetto a tutta una serie di prestazioni.
Questi sono i passi successivi che l'Assessorato avrà modo di affrontare e che tenterà di normare.
Ultimo elemento. Se l'attuale maggioranza ha vinto le elezioni e da tre anni governa questa Regione è anche perché molti operatori e molti cittadini che l'hanno votata, hanno creduto che avrebbe governato mantenendo la sanità pubblica come elemento centrale del nostro sistema sanitario e che avrebbe individuato delle regole e assegnato un ruolo complementare alla sanità privata.
Pertanto, penso che la delibera vada nella direzione delle richieste di larga parte del nostro elettorato; non solo, ritengo che sia assolutamente da confermare e da rivendicare come una delle azioni più positive e incisive che la Regione sta portando avanti in questa legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guida; ne ha facoltà.



GUIDA Franco

Federico Rampini, corrispondente di la Repubblica in Cina, nei suoi due più famosi e recenti libri, "L'impero di Cindia" e "L'ombra di Mao" racconta della sanità in Cina, dove governa ancora il partito comunista unico. Sappiamo che in Cina ci sono comunisti con la "c" maiuscola - questo lo sa anche il Consigliere Ronzani, che, fra l'altro, era a capo della delegazione nella storica visita fatta in Cina dalla Regione Piemonte.
La sanità pubblica in Cina non esiste più. Sono stati intervistati alcuni anziani comunisti, e alla domanda specifica di cosa rimpiangessero del passato di Mao, la maggior parte di loro ha risposto che una volta le prestazioni ospedaliere non si pagavano, mentre oggi lo si fa in tutti i paesi della Cina. Se vi capiterà di andare a Pechino o a Shanghai, vi accorgerete che ogni tre o quattro chilometri c'è un ospedale privato e la fotografia dei medici che vi lavorano con i relativi costi delle prestazioni.
Personalmente, non intendo addentrarmi sul piano ideologico - comunista o non comunista - ma sul piano politico-amministrativo. Cerco di stare con i piedi per terra e ricordo che l'Italia è uno dei paesi al mondo in cui la sanità pubblica, percentualmente, è più forte. Vi sono aree in cui la sanità privata ha surrogato fortemente, e a volte anche strumentalmente quella pubblica (per esempio le aree del Sud). La situazione in Piemonte è abbastanza positiva: la sanità pubblica la fa da padrona (usiamo questo termine).
Quindi, non intendo porre la questione soltanto sul piano del rapporto fra Regione Piemonte e sanità privata, ma sul piano della totale inadeguatezza della deliberazione che c'è stata presentata. Ha fatto bene prima il Consigliere Boeti a farne un cenno. Ritengo che l'allegato C "Individuazione del fabbisogno di prestazioni di capacità produttiva per l'assistenza specialistica ambulatoriale e di day surgery di tipo C" sarebbe dovuto essere accompagnato da un'analisi adeguata, aggiornata e approfondita sulle liste di attesa. È su questo tema che c'è stata campagna elettorale ed è su questo tema che si possono raccogliere - banalizzando firme tutti i giorni. Se oggi scendessi in piazza a raccogliere firme per accelerare le liste di attesa, Assessore, sa bene che avrei larghi consensi. La gente, spesso, su queste cose banalizza e anche noi in modo un po' demagogico ogni tanto lo facciamo.
In questa delibera non ci sono mai le parole "accessibilità in determinato tempo". Quanto tempo occorre per una prestazione? Alcune volte la ottengo in tempi brevi perché mi rivolgo a strutture private. Chi è ammalato, chi ha dei timori, chi ha dei dubbi, naturalmente cerca di risolvere il problema immediatamente. È su questo tema che si gioca la credibilità della sanità pubblica.
Pertanto, Assessore, la invito a completare la delibera, visto che so benissimo che essa non verrà ritirata. Ci mancherebbe! So benissimo che le maggioranze si ricompongono anche su questioni di questo genere.
La discussione è stata comunque utile: se non l'avessimo sollevata, non avremmo parlato di questo tema e molti Consiglieri di maggioranza forse non avrebbero approfondito la lettura della delibera.
Inoltre, ritengo che non possiamo esprimerci soltanto in modo burocratico. Assessore, lei non può difendersi dicendo al Governatore nazionale: "Abbiamo predisposto una delibera con indirizzi chiari per l'accreditamento dei privati e il tipo di prestazioni che i privati e gli ospedali pubblici possono fornire". Occorre essere più chiari.
Vorrei sapere se, da quando è stato approvato il Piano sanitario ad oggi, la sanità piemontese è migliorata o è peggiorata. Chi me lo deve dire questo? Occorrerebbero delle statistiche. Vorrei informazioni sulle liste di attesa, sui risparmi promessi con le riduzioni delle ASL, sul processo di razionalizzazione della rete ospedaliera. Se mai è andata avanti: che io ricordi, l'unica razionalizzazione è stata fatta proprio quando il Piano Sanitario non esisteva. Mi riferisco all'ospedale di Alba-Bra, l'unico individuato come ospedale unico invece di due ospedali. Non mi sembra di aver letto, nel Piano Sanitario, scelte forti come quelle assunte in precedenza.
Al di là della delibera, vorrei mi venisse spiegato se il cittadino piemontese, a seguito dei vostri provvedimenti, ha di fronte una sanità migliore, se ha la possibilità di accedere ai servizi in minor tempo, di fare una scelta libera, anche dal punto di vista di chi deve essere il medico che lo opera o che lo cura. La situazione è anche questa. Non possiamo criminalizzare la sanità privata perché ha fatto degli investimenti. Le prime risonanze magnetiche sono arrivate, in alcune zone del Piemonte, nella sanità privata. Molti bravi medici si sono trasferiti dalla sanità pubblica a quella privata, così come in quella pubblica ce ne sono di altrettanto bravi. Ha fatto bene il Consigliere Boeti a ricordare il caso dell'ospedale in cui lavora, dove c'è il Centro spinale e dove sono state fatte cose che la sanità privata non fa ancora oggi.
Evidentemente, questa è la dimostrazione di come il sistema misto sia il migliore, per offrire ai cittadini la possibilità di scegliere.
Quello che chiedo è di allegare a questa delibera, nel tempo, anche un atto di indirizzo alle ASL in cui sia fatta chiarezza e in cui sia spiegato esattamente come e quali devono essere i tempi entro i quali i cittadini piemontesi possono essere sottoposti a una visita o a un intervento.
A me, più che la discussione pubblico-privato, interessa il tipo di accessibilità che i nostri concittadini hanno verso la sanità pubblica e quando parlo di sanità pubblica intendo anche quella convenzionata accessibile a tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Moriconi.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente. Condivido la delibera presentata dalla Giunta regionale e la presentazione dell'Assessore.
Ritengo che questa delibera offra l'opportunità di sviluppare, anche in parte, un discorso che a me sta particolarmente a cuore. Mi riallaccio ad alcune affermazioni del Consigliere Guida, quando, parlando della tecnologia, ha detto che per certe strumentazioni è nata prima nel settore privato che in quello pubblico.
Chi vuole salvare la sanità pubblica avrà, in futuro, problemi non solo di gestione e di organizzazione, ma molto più complessi. In questo senso: qualcuno ha parlato di mercato, ma non c'è solo un mercato dell'offerta di cure, intesa come chi gestisce l'offerta della cura. Esistono anche un mercato tecnologico e un mercato farmacologico.
L'Assessore sa bene che le voci che aumentano sempre di più le spese e le percentuali di incidenza nelle spese, a parte gli stipendi che fanno parte dei contratti nazionali e che quindi non sono direttamente controllabili a livello regionale, sono quelle dei beni e dei servizi e della farmaceutica. Esse riguardano evidentemente l'offerta tecnologica delle apparecchiature che sono di supporto alla sanità e naturalmente alla farmaceutica.
Questo mercato, però, è totalmente al di fuori dal nostro controllo. Il mercato dell'offerta tecnologica e dell'offerta farmaceutica è sempre più caro: antibiotici che lievitano nel prezzo, nelle ultime molecole individuate rispetto a quelle di poco tempo prima.
Il fatto di salvare la sanità pubblica ci metterà inevitabilmente di fronte ad un fatto: come sapremo affrontare questo problema. È chiaro che i cittadini chiedono giustamente la sicurezza di poter essere curati nel modo migliore, supportati con le migliori tecnologie e la migliore farmaceutica disponibile. Pertanto, salvare la sanità pubblica e offrire un servizio ai cittadini richiederà, nel futuro, non solo la capacità gestionale e di organizzazione che questa delibera - secondo me giustamente - cerca di portare avanti a livello della sanità piemontese, ma richiederà anche la capacità di un controllo della domanda, come la capacità di programmazione generale, che significherà saper utilizzare gli strumenti migliori in un concetto di distribuzione e di utilizzo delle risorse che non ci portino ad avere un aumento della spesa.
Questa sarà la vera sfida del futuro per tutti coloro che vogliono garantire la sanità pubblica.
Voglio ricordare le discussioni nate qualche mese fa negli Stati Uniti patria della sanità privata, quando da parte di alcuni c'è stato il tentativo di tornare ad una qualche forma di sanità pubblica. La risposta dei sostenitori della sanità privata è stata che senza la sanità privata si sarebbe fermata la ricerca tecnologica e farmacologia.
Se vogliamo, dunque, difendere e tutelare coerentemente la sanità pubblica, abbiamo un compito abbastanza complesso, di cui ritengo e spero che questa delibera sia solo il primo passo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Casoni.



CASONI William

Grazie, Presidente. Voglio affrontare il ragionamento in una duplice prospettiva: la nostra esigenza sicuramente va a rispondere ad un disordine complessivo che si è generato nel settore, ma parto da altre considerazioni.
Le regioni più virtuose, come la confinante Lombardia, hanno una percentuale di utilizzo del settore privato molto più alta ed un costo pro capite che alcuni vorrebbero assumere come cosiddetto costo di riferimento per il fenomeno del federalismo fiscale in tema di sanità.
In Lombardia, cioè, si eroga una quantità di servizi ad un costo inferiore, rispetto alle altre regioni.
Pertanto, l'equazione molto intelligente che prima ha espresso il collega Guida, è che l'Assessore - ma so che l'Assessore è sensibile anche a questo - dovrebbe avere un riferimento. Vale a dire: fatto salvo che la legge nazionale n. 502 dà autonomia ai Direttori generali per la gestione e gli interventi di programmazione e gestione, fatto salvo che i Direttori generali hanno un budget, di cui devono rispondere all'Assessore regionale i piemontesi vogliono le risposte nei tempi in cui devono essere date. Se cioè, una persona va dal medico, il quale magari gli fa sospettare una diagnostica non positiva, costui non può aspettare dei mesi senza che si intervenga.
Il Direttore generale, anche nelle valutazioni dell'Assessorato, deve rispondere alle direttive dell'Assessorato: abbattere le liste d'attesa e nello stesso tempo, offrire un servizio efficace ed efficiente ai propri cittadini. Quello che voglio dire è che i Direttori generali hanno i poteri che la legge n. 502 conferiva loro, cioè di programmazione e gestione, e ne rispondono anche con punizioni dure, qualora sforino dai dettati finanziari, gestionali e operativi. Non possono sfuggire, però, al concetto che il servizio sanitario è da erogare il più velocemente possibile e soprattutto, nel migliore dei modi, di tempo e assistenza.
Pertanto, quello che contesto in questa delibera non è il blocco. Il blocco al 31/12 sa tanto di un blocco che può essere rimosso: qualora ci sia l'esigenza, si fa un'altra delibera e si proroga. Non è una legge che vale negli anni, è una presa di posizione che ha anche una valenza politica (voglio leggerla così). Do atto che questo, probabilmente, era un indirizzo fortemente voluto da una parte dell'attuale maggioranza - mi riferisco alle prime file - e magari meno dalle seconde, terze e quarte file. Contiene degli elementi che chi li legge capisce che questa è la direzione.
L'errore contenuto in questa delibera è che i Direttori generali vengono ancora di più espropriati della facoltà di scegliere.
Un Direttore generale a fine anno potrà dire di avere una lista d'attesa lunga perché gli è stato impedito di fare; si doveva passare attraverso un canale regionale e, scoraggiato, visto che c'è un atteggiamento ostativo, nemmeno lo tenta il percorso regionale.
Questa può essere una scappatoia. Sono convinto che ai Direttori generali che magari adesso sono un po' borderline - cioè che hanno più spese, non stanno raggiungendo gli obiettivi o che hanno liste di attesa lunghe - questa delibera faccia molto comodo perché, sostanzialmente riconduce all'Assessorato una serie di scelte che potevano essere prese e che, invece, demanderei totalmente a loro, salvo che il budget e i servizi siano rispettati.
Se un Direttore generale, all'interno del Piano Socio Sanitario, ha un budget di 100 e nei 100 fa stare tutti i servizi, i cittadini di quell'ASL sono contenti perché hanno liste di attesa brevi e hanno servizi efficaci quindi sono contenti delle prestazioni sanitarie, perché dobbiamo dire a quel Direttore generale che non può più proseguire su quella linea? Perch dobbiamo dire a quel Direttore che, da adesso in avanti, se non gli viene dato un ok, non può allargare o gestire a seconda delle modalità questa situazione? Ripeto, questo è il mio pensiero. Non è totalmente negativo il tentativo di mettere ordine "nel sistema", a patto che questo venga negoziato e venga valutato nei termini che prima dicevo con le singole ASL.
Questo, secondo me, andava inserito in uno dei paragrafi della delibera per dire, laddove ci sia una situazione di lista di attesa lunghe, laddove ci siano economicità di scala... Si è parlato solo di aumenti della spesa ma in alcuni casi ci possono essere anche economie della scala rivolgendosi, per certe cose, a strutture private, ma lo devono decidere il Direttore generale, il Direttore sanitario e il Direttore amministrativo di quella ASL che, a fine anno, ne dovranno rispondere sia economicamente, sia negli obiettivi che l'Assessorato gli ha assegnato, cioè di servizio sanitario erogato ai cittadini.
Il mio giudizio è sostanzialmente negativo, perché manca una parte che stimoli i Direttori generali a prendere decisioni. In Regione Lombardia questo aspetto è molto chiaro. In Regione Lombardia si dice ai direttori generali: hai 100, se riesci ad arrivare a 98 e mi riduci di tre giorni le liste d'attesa, sei premiato. Se il Direttore arriva a 98, vuol dire che ha ridotto del 2% e, nello stesso tempo, ha ridotto le liste d'attesa. Questa è la situazione che mette anche in competizione i Direttori generali.
In questi giorni stiamo parlando tutti di responsabilizzazioni di chi gestisce le strutture pubbliche, di responsabilità oggettiva. Credo che un Direttore di ASL che guadagna 200 mila euro all'anno abbia il dovere e l'obbligo di assumersi dei rischi e di progettare, programmare e risponderne, e se consegue risultati negativi, essere anche rimosso. Non è un impiegato che deve occuparsi solo di alcuni compiti particolari e scaricarsi di responsabilità che poi, a fine anno, tirerà fuori per dire che la Regione gli ha impedito di fare certe cose. Questo è il risultato.
Chiedo all'Assessore di fare molta attenzione a questo fatto perch come dicevo, la Regione Piemonte è quella che fa meno ricorso al privato rispetto ad altre Regioni del Nord, però i servizi e le liste di attesa non sono ancora ottimali e la spesa, soprattutto, non è ottimizzata.
Non vorrei che, con questo provvedimento, nel tempo si allunghino le liste di attesa, si trovino scappatoie per trovare delle "scuse" attraverso gli organi dirigenziali delle ASL e che, sostanzialmente i Direttori ci dicano "non posso più di tanto muovermi, non faccio nulla, non ho interesse a proporre o a trovare soluzioni". A volte molti Direttori generali hanno difficoltà a contattare l'Assessore perché sanno che dà fastidio se chiedono di convenzionare una cosa piuttosto che un'altra.
Per esempio, il sottoscritto, se deve parlare con Fini non lo chiama se non per cose importanti, altrimenti non lo disturba, non gli comunica una cosa se non sa come la pensa.
Invito l'Assessore a fare quanto possibile perché le liste d'attesa e la responsabilità dei Direttori generali sia pienamente applicata. Lei farà una bella figura se abbatterà le lista d'attesa e se i cittadini saranno contenti. Ai cittadini non interessa se fare un esame da una parte piuttosto che da un'altra, se hanno fatto un piccolo intervento da una parte o da un'altra: saranno contenti se andando all'ASL o chiamando i centri di prenotazione avranno le risposte nel più breve tempo possibile.
Un altro obiettivo importante è quello della riduzione della spesa. Se ci sono dei servizi semplici, facili, che possono essere delegati a privati con un risparmio delle ASL per poi concentrare le risorse su cose che il privato non fa - tipo gli interventi più pesanti, la tecnologia più avanzata e quant'altro, che sicuramente deve rimanere nel pubblico - questo è la strada che l'Assessorato dovrebbe seguire.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Ovviamente non parlo a nome del Gruppo perché l'opinione del Gruppo è già stata espressa dal Consigliere Boeti. Le mi sono considerazioni a margine, più generali rispetto alla delibera illustrata dall'Assessore che credo, in larga parte vadano a confermare la linea che l'Assessore ha voluto dare alla questione.
Anzitutto dico al Consigliere Burzi che, a differenza di quello che ha legittimamente sostenuto, riteniamo che sia possibile governare sia l'offerta che la domanda. Qual è il compito della politica su prestazioni essenziali come la sanità? Lui, che è un esperto di fatti economici, o almeno credo abbia studiato esperti studiosi del liberalismo, dovrebbe sapere che uno dei limiti del mercato è l'assimetria informativa e che la sanità, più di ogni comparto, è affetta da questo rischio.
I cittadini non sono quasi mai, se non in quanto esperti quindi medici od operatori sanitari, in grado di riconoscere compiutamente la qualità e soprattutto, la tipologia delle prestazioni di cui hanno effettivamente bisogno. È evidente che, in questo caso, occorre una garanzia pubblica terza per evitare che l'interesse privato si trasformi in comportamenti opportunistici.
giusto, quando si programma l'offerta, ragionare anche sul governo della domanda, ma non è questo l'oggetto della delibera. Certamente lavorare sugli stili di vita, sui criteri di accesso, sulla consapevolezza rispetto a come accedere alle prestazioni, sono questioni di cui abbiamo parlato in altra sede.
Quanto al governo dell'offerta credo, come già altri hanno ricordato che occorra contemporaneamente lavorare almeno su sei questioni. In primis sulla misurazione della domanda e quindi sulla capacità di individuare la differenza tra la domanda potenziale, quella effettiva e quella standard in modo particolare lavorando sul delta e sugli eccessi della domanda che da questo confronto, possono emergere.
La seconda sfida, quindi la seconda linea di lavoro per governare l'offerta è quella di definire sempre meglio il governo clinico e l'appropriatezza delle prestazioni, cosa su cui so che la Regione sta lavorando, ma su cui dobbiamo fare ancora molti passi.
In terzo luogo, credo che sia importante lavorare sul pieno utilizzo della capacità produttiva dell'offerta statale e pubblica.
Da questo punto di vista le osservazioni che prima facevano i colleghi per esempio il pieno utilizzo delle sale operatorie e dei lavoratori medici e paramedici, è una sfida che cammina di pari passo all'apertura complementare dell'offerta privata.
Occorre poi per differenza calcolare il volume delle prestazioni da acquistare contemporaneamente ad una precisa valutazione dei tetti di produzione da definire preventivamente.
Occorre inoltre assicurare la giusta concorrenza, e questa forse è l'unica osservazione per certi versi diversa che faccio rispetto a quella che ha individuato l'Assessorato.
Ritengo in sostanza, e ci sono fior di studiosi e di studi che lo hanno evidenziato, come non possa essere possibile una presenza di strutture e servizi accreditati in sanità come in altri comparti se non vi è almeno potenzialmente una capacità produttiva eccedente la domanda.
Lei in più casi, che prima ha commentato, ha ricordato come si sia preoccupata di assicurare una produzione del privato tale da garantire la piena soddisfazione della domanda.
Credo invece necessario che, per ogni settore, sia disponibile una produzione privata almeno per una certa percentuale superiore alla domanda potenziale, perché questa è l'unica condizione per poter effettivamente assicurare una competizione tra i fornitori.
Quindi, l'osservazione che le faccio, che per certi versi è discostante dalle linee guida che lei ha indicato ed approvato nella deliberazione, è esattamente questa. Credo che sia necessario in ogni comparto assicurare, a complemento dell'offerta pubblica, un'offerta privata, non esattamente coincidente con la domanda non soddisfatta, ma capace almeno in parte di assicurare una produzione superiore. Naturalmente non troppo superiore perché altrimenti si cade nel rischio opposto, cioè di una produzione talmente esuberante, come lei l'ha definita, da renderla inevitabilmente portata a tentazioni opportunistiche.
Viceversa, un'offerta con capacità produttiva almeno e in parte superiore alla domanda stimata è utile per evitare rischi monopolistici ed opportunistici.
Mi rendo conto che il processo che qui ho provato a descrivere non sia propriamente facile.
Condivido in modo particolare l'indicazione secondo la quale è opportuno che l'autorizzazione al funzionamento sia accompagnata, come bene è stato ribadito, da una valutazione di compatibilità in ambito regionale e territoriale circa la programmazione più generale e la valutazione della coincidenza o, comunque, del progressivo avvicinamento tra la domanda e l'offerta di servizi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Dutto; ne ha facoltà.



DUTTO Claudio

Grazie, Presidente.
Sarò brevissimo e non ripeterò quanto è già stato detto su questa deliberazione.
Le mie considerazioni non saranno tecniche - ovviamente io non sono un tecnico della sanità, per cui non posso entrare nel merito oltre un certo punto - ma saranno squisitamente politiche. Inoltre saranno considerazioni non tanto sul testo della deliberazione in sé, ma su quello che leggo al di là di quanto è scritto, cioè sui concetti che hanno ispirato in sostanza questa deliberazione.
Sono concetti che vedono nell'iniziativa privata in campo sanitario, ma che si rifanno ad una visione globale e complessiva dell'ideologia comunista sull'iniziativa privata, il perseguimento di esclusivi interessi privati dell'imprenditore.
Mi spiego e riprendo anche alcuni esempi fatti da colleghi. Qui si pensa che se un imprenditore si dedica alla sanità con un'azienda privata lo faccia esclusivamente nel proprio interesse. E, attenzione, ciò è vero nel senso che l'imprenditore punterà sicuramente ad avere degli utili da questa sua attività, ma non per questo gli interessi personali dell'imprenditore devono forzatamente andare contro gli interessi pubblici e gli interessi di tutti gli altri cittadini.
Se un imprenditore arrivasse a curare il paziente con delle tipologie di cure esagerate e non necessarie, questo è perseguibile penalmente.
Pertanto, la Regione deve attrezzarsi con operazioni di controllo che evitino assolutamente che ciò accada, ma se un imprenditore privato cura efficacemente un cittadino, magari a costi inferiori della sanità pubblica questo è un interesse collettivo che invece deve essere favorito.
Questa deliberazione porta avanti sicuramente questo ultimo concetto che ho appena espresso, cioè è una deliberazione che considera il privato che entra in competizione con il pubblico, in questo caso nel campo della sanità, come uno che possa giocare sporco, che abbia interessi particolari che faccia i suoi interessi oltre i limiti della correttezza. È questa concezione che, a mio avviso, è sbagliata.
giusto fare qualsiasi tipo di controllo, ma è altresì giusto e conveniente dare la possibilità al privato che vuole svolgere un servizio pubblico di poterlo fare.
A mio parere, la deliberazione è sbagliata proprio nei concetti che l'hanno ispirata, che sappiamo essere i concetti con cui opera normalmente la nostra sinistra, quindi, non mi stupisco che ci sia una delibera di questo genere.
Chiaramente, se fossimo noi al governo non faremmo delibere simili, ma andremmo invece a favorire le iniziative dei privati in qualsiasi settore compreso quello della sanità, sempre premessi e posti i dovuti controlli.



PRESIDENTE

Se dopo l'intervento del collega Pedrale non ci saranno altre richieste, chiuderemo la discussione e anche la seduta consiliare.
Rammento che, alle ore 17, tutti i colleghi sono invitati al primo piano per l'apertura della mostra "Anni di piombo. Le voci delle vittime per non dimenticare".
Ha chiesto la parola il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Signor Presidente, svolgo un intervento più che altro integrativo sulla base di quelli già svolti, in particolare, dai colleghi dell'opposizione ma anche da parte dei colleghi della maggioranza.
Relativamente ad alcuni passaggi, condivido senz'altro quello che ha evidenziato, ad esempio, il collega Lepri e a questo mi ricollego. Sarebbe bello poter individuare un sistema con regole certe, dove tutto sia pianificato e programmato, ma la storia e la vita di tutti i giorni dimostrano che è concretamente impossibile, al di là di impostazioni ideologiche o politiche.
Sicuramente, questa delibera lascia alcune perplessità perché, come anche è già stato detto da alcuni colleghi della maggioranza, c'è quasi il timore che si possa sviluppare o che in questi anni si sia sviluppata una concorrenza tra strutture pubbliche e strutture private. Ebbene, non sempre questo è stato un fatto negativo, anzi, in alcune realtà del Piemonte questo è stato addirittura virtuoso; in molti casi, se non ci fossero state strutture convenzionate, non si sarebbe potuta dare una risposta dignitosa ad esempio, al problema delle liste di attesa.
Questo è il problema di fondo, perché noi discettiamo di pubblico e di privato, ma, alla fine, al cittadino interessa poter avere celermente delle risposte e possibilmente di alta qualità.
L'esperienza della Lombardia va in questa direzione, quindi è un po' anacronistica l'impostazione di questa deliberazione quando, al di là delle valutazioni ideologiche, comunista o non comunista, la realtà dei territori vicini al nostro Piemonte è orientata in un'altra direzione. La sanità lombarda è sicuramente ritenuta, credo da statistiche anche terze, non certamente di tipo politico, una sanità di grande eccellenza, all'interno della quale vi è una forte presenza di privato convenzionato.
Certamente, occorre porre regole, vincoli e controlli, soprattutto nell'attività ordinaria di queste strutture. Qualche settimana fa, quando si è discusso relativamente alla vicenda di una clinica privata lombarda, è stata proposta l'idea di non pagare la struttura convenzionata, ma il chirurgo che svolge le operazioni, per evitare abusi e deviazioni anche penalmente rilevanti. Evidentemente, la concezione di una forte presenza e integrazione di sanità convenzionata in questa regione vicino alla nostra ha funzionato anche come stimolo per una concorrenza positiva e virtuosa sulla parte pubblica.
Allora, fare un passo indietro, regolamentare in maniera rigida cercare di imporre e governare l'offerta e la domanda insieme ci sembra, al di là di valutazioni politiche che non voglio nemmeno fare, o di tipo ideologico, che hanno già fatto anche altri, soprattutto negativo, perché è un'impostazione velleitaria.
In questo documento non c'è traccia di quelle tanto attese iniezioni di efficienza e competitività all'interno delle strutture pubbliche. Se ci fossero questi elementi di produttività, efficienza e flessibilità all'interno delle strutture pubbliche, probabilmente, la sanità pubblica piemontese si troverebbe in migliori condizioni di confronto rispetto a quella convenzionata privata e, magari, in alcune realtà, non ci sarebbe stato bisogno del supporto di quella convenzionata, però questo ancora non è avvenuto.
Ricordo, in occasione della prima presentazione della bozza di Piano dell'allora Assessore Valpreda, la promessa che si sarebbe operato negli ospedali pubblici piemontesi anche al sabato mattina, che i poliambulatori sarebbero stati aperti anche il pomeriggio, che i ricoveri sarebbero avvenuti anche di domenica. Sono tutti fatti positivi che assolutamente non si sono realizzati, rispetto ai quali, invece, il privato piemontese convenzionato, inevitabilmente, ha dato una risposta.
Allora, è opportuno che la Giunta regionale proceda per la sua strada non ci eravamo illusi che la Giunta regionale tornasse indietro. Peraltro sarebbe interessante sapere se la Giunta regionale - non l'Assessore Artesio, ma il complesso della Giunta regionale - ad esempio, accoglierà l'invito, che condivido, del collega Lepri in merito alla ricognizione sul volume di offerta di produzione che nelle varie aree si dovrà potenzialmente offrire.
Sono curioso di vedere se questa risposta sarà data, ma soprattutto, al di là di questa deliberazione, vi invito a provare davvero a mantenere gli impegni e le promesse che avevate preso rispetto a quello che dicevo poc'anzi, cioè l'iniezione di competitività e flessibilità all'interno degli ospedali pubblici. L'avete detto voi stessi, anche alcuni colleghi di maggioranza, che le strutture pubbliche piemontesi, a volte, sono sottoutilizzate, non si riescono a uti lizzare nel dispiegamento della loro potenzialità.
Alla fine, al di là delle deliberazioni burocratiche o meno che vengono assunte, è questo che la gente si attende, magari si riuscirà a svolgere un dibattito una volta tanto meno ideologico, ma più amministrativo e concreto.



PRESIDENTE

Colleghi, non avendo più iscritti a parlare e poiché la Giunta regionale non intende intervenire per replica, dichiaro chiusa la seduta.
Comunico che il Consiglio regionale è convocato per martedì e mercoledì per l'intera giornata.
Rammento a tutti che, alle ore 17, si inaugurerà la mostra al primo piano di Palazzo Lascaris.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16.49)



< torna indietro