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Dettaglio seduta n.275 del 18/12/07 - Legislatura n. VIII - Sedute dal 3 aprile 2005 al 27 marzo 2010

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(Alle ore 10.00 il Presidente Gariglio comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.36)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Giovine, Rostagno e Spinosa.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Gruppi consiliari

c) Costituzione Gruppo consiliare "Socialisti e Liberali" e cessazione attività del Gruppo "Democrazia Cristiana-Partito Socialista"


PRESIDENTE

Comunico che in data 17 dicembre 2007 l'Ufficio di Presidenza ha preso atto che dalla data del 1° gennaio 2008 si costituisce, ai sensi dell'articolo 13 del Regolamento interno, il Gruppo consiliare "Socialisti Liberali" composto dal Consigliere Riccardo Nicotra che ne assume le funzioni di Presidente.
Prendiamo atto che dalla stessa data cessa l'attività del Gruppo denominato "Democrazia Cristiana - Partito Socialista".


Argomento: Sicurezza sul lavoro

Sull'ordine dei lavori, con particolare riferimento al ricevimento delegazione lavoratori della ThyssenKrupp dello stabilimento di Torino


PRESIDENTE

Comunico che è presente fuori del palazzo del Consiglio Regionale una delegazione dei lavoratori della ThyssenKrupp dello stabilimento di Torino che chiede d'essere ricevuta. Pare opportuno, anche per instaurare utilmente un lavoro del Consiglio sul tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario", avere una rappresentanza in Consiglio di tutti i Gruppi, che non mi pare garantita in questo momento. Ragion per cui proporrei di sospendere i lavori e di ricevere la delegazione dei lavoratori della Thyssen. Prego i Consiglieri, se non ci sono indicazioni in senso opposto, se lo desiderano di accomodarsi al primo piano.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Clement; ne ha facoltà.



CLEMENT Gian Piero

All'ingresso in aula c'è stata consegnata una dichiarazione per devolvere il gettone di presenza. Credo che sia un'iniziativa dell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

Che avevamo concordato in sede di Conferenza dei Capigruppo.



CLEMENT Gian Piero

Volevo capire a chi viene devoluto. Viene devoluto al conto corrente aperto CGIL CISL e UIL o all'associazione "Specchio dei Tempi"? Volevo capire.



PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza ha convenuto, come nella seduta di ieri, di acquisire questi denari. I denari verranno parcheggiati su un fondo del Consiglio regionale. Chiaramente pensavamo sul fondo del Comitato di Solidarietà, o comunque sul capitolo che ci garantisca che quel denaro identificato non viene destinato ad altro. Le modalità tecniche dovranno essere tali per garantire a chi lo volesse, e la Giunta regionale ha già dichiarato d'essere intenzionata a ciò, di destinare in quel fondo anche somme che vengono risparmiate da altre attività. Quelle somme verranno destinate a seguito di decisioni dell'Ufficio di Presidenza. Ci sono state varie ipotesi.
L'Ufficio di Presidenza deciderà, chiaramente con il consenso dei Presidenti dei Gruppi, le modalità con cui destinare queste somme.
La seduta è sospesa.



(La seduta è sospesa alle ore 10.40)



CHIEPPA VINCENZO

(Alle ore 11.11 il Consigliere Segretario Chieppa comunica che, essendo ancora in corso il ricevimento della delegazione ThissenKrupp la seduta riprenderà alle ore 11.30)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



(La seduta riprende alle ore 11.40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della scuola Media "A. Meucci" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della Scuola Media "A. Meucci" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.
Vi chiedo scusa se vi abbiamo fatto attendere, ma la seduta è stata sospesa perché alcuni lavoratori di una struttura ospedaliera sono venuti a manifestare le loro idee circa i piani d'organizzazione sanitaria della Giunta regionale.


Argomento: Varie

Commemorazione del signor Rocco Marzo, deceduto in seguito all'incidente avvenuto nello stabilimento della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni di Torino


PRESIDENTE

Prima di proseguire i nostri lavori, vi invito a prestare un attimo d'attenzione.
Come sapete, domenica mattina è deceduto alla Molinette Rocco Marzo di 54 anni. Caposquadra alla ThyssenKrupp, è stato coinvolto nel tragico incidente del 5 dicembre scorso nel tentativo di prestare soccorso ai suoi colleghi per primi coinvolti dall'esplosione. Le sue condizioni erano risultate fin da subito molto gravi. Ho espresso alla famiglia e ai colleghi di lavoro la vicinanza del Consiglio regionale. Il cordoglio, in questa circostanza, rinnova il dolore già stato provato da tutta la comunità torinese pochi giorni fa.
Purtroppo, nella stessa mattinata d'oggi, abbiamo avuto un'ulteriore vittima del lavoro: un operaio di 53 anni è morto in una fornace a Valenza.
Questo dimostra quanto il tema che ci accingiamo a discutere - la sicurezza sul lavoro e la precarietà - sia di drammatica attualità. Vi invito ad osservare un minuto di silenzio.



(I presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Prevenzione infortuni

Trattazione del tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario" ed esame ordini del giorno n. 868, 870, 871, 872, 874, 876, 877 e 880 (collegati)


PRESIDENTE

Passiamo pertanto ad esaminare il punto 2) all'o.d.g., inerente a "Sicurezza del lavoro e lavoro precario".
La parola al Consigliere Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Quando ad agosto presentai la richiesta di convocare un Consiglio tematico, mai avrei immaginato, certamente, che si sarebbe tenuto dopo una sconvolgente tragedia che avrebbe toccato da vicino il torinese e le cui dimensioni, speriamo, non debbano crescere ancora.
Ad agosto ero indignato per le parole insultanti di quello che è stato definito, da un suo compagno di partito, "un cretino di ferragosto" e che purtroppo, siede in Parlamento. In quei giorni avevo avanzato la richiesta perché, almeno in Piemonte, la questione delle morti sul lavoro si potesse affrontare con un'analisi incisiva per capire quale azioni la Regione potesse mettere in campo a tutela del lavoro dipendente per fronteggiare anche con il nostro contributo, la vera emergenza delle morti sul lavoro.
Oggi ne parliamo, purtroppo, sull'onda di un'emozione forte che è anche quella che ha fatto fissare la data di questo confronto. Allora, non mi era parso avesse raccolto la piena disponibilità anche da parte delle forze di maggioranza. Non voglio fare oggi polemiche, sarebbe un'offesa soprattutto e non solo alla memoria delle cinque vittime della ThyssenKrupp e delle due giovani vite perse ad agosto, ma di tutte le numerosissime vittime degli incidenti sul lavoro.
La questione che affrontiamo, come ha detto un sindacalista che abbiamo ascoltato nell'incontro di prima in Sala Viglione, va oltre la dimensione della tragedia della ThyssenKrupp. Le morti sono tante. Nel 2006 sono state 1.302, ad un ritmo di oltre quattro-cinque il giorno di lavoro, secondo i giorni lavorativi considerati in un anno. Ripeto: quattro o cinque il giorno. In Piemonte, nel 2006, una ogni poco più di tre giorni: 109 in totale. Questo è il quadro di cui dobbiamo parlare, rispetto al quale occorre ragionare.
Oggi il nostro pensiero, giustamente, è rivolto alle cinque vittime torinesi, ma affronteremmo in modo non corretto la questione della sicurezza sul lavoro se non ricordassimo che, non troppi mesi fa, proprio qui in Piemonte, ci furono altre numerose vittime - cinque o sei, se ricordo bene - a causa di un incendio in un mulino del Cuneese, bruciate allo stesso modo. Fate voi il calcolo di quante sono state, mediamente, da allora, le vittime nel nostro Paese.
Allora, per quanto possibile, la questione va affrontata a 360 gradi senza che l'esperienza quotidiana dell'ingiustizia venga ridotta a parodia e imprigionata dagli steccati politici o dalla ricerca di protagonismi personali, come fece quel deputato nel mese d'agosto con le sue farneticanti e indegne parole.
È il precariato la causa di quanto avviene in termini di violazione della sicurezza sul lavoro? Certo il precariato non aiuta, ma la piaga degli incidenti sul lavoro e il dilagare del precariato sono fenomeni sociali complicati, complicati da affrontare e non meramente riconducibili alle conseguenze di una legge giusta o sbagliata che sia.
Certamente, aprendo una parentesi e parlando un attimo della famigerata legge n. 30/2003 in materia di lavoro e precariato, noi siamo a favore della flessibilità sul mercato del lavoro, così come lo è stato Marco Biagi e tanti altri giuslavoristi. Però, dobbiamo segnalare una netta differenza che ci distingue rispetto ad altre forze politiche, soprattutto del centrodestra: noi pensiamo che la flessibilità debba essere accompagnata dalla sicurezza, non crediamo affatto che diminuendo i diritti dei lavoratori si possa dare maggiore impulso alla crescita, vi possono essere dei periodi brevi in cui non vi è lavoro, ma non vi può essere neanche un giorno in cui non si abbia un reddito per continuare a vivere.
Quindi, serve una flessibilità senza abusi e, da questo punto di vista il mio partito, come credo tante altre forze politiche, si sta battendo per correggere distorsioni di un mondo del lavoro che, invece, ha fatto della flessibilità la strada per aprire le porte alla precarietà.
Ma oggi non è della legge n. 30/2003 che discutiamo e se ci sarà da affrontare quest'aspetto lo farò volentieri nel dettaglio.
Voglio invece sottolineare che, negli anni 70, si moriva sul lavoro forse più di adesso - come si muore oggi; si moriva nel 1996, prima ancora dei provvedimenti Treu; si muore oggi, così come testimoniano i dati dell'INAIL. Nel 1996 ci sono stati un milione 11.265 infortuni sul lavoro di cui 1.344 mortali. L'andamento in questi dieci anni non è molto consolante: tra alti e bassi, poco distanti tra loro, con un picco di 1.532 decessi nel 2001, a fronte di un milione e 23.000 infortuni, si passa ai 1.302 morti del 2006 con 927.998 infortuni. Si tratta d'infortuni che sono distribuiti in parti rilevanti nel nordovest, nel nordest e al centro, là dove anche i sistemi produttivi sono più avanzati. Questi dati testimoniano come, in questi anni, i passi concreti in avanti siano stati pochi, perch le cifre, più o meno, anche negli ultimi 25 anni, sono più o meno le stesse.
Il bilancio in termini di vite umane perse è immenso e, se si può fare un riferimento, si muore più sul lavoro che nella guerra in Iraq: dal 2003 al 2007, i militari deceduti in Iraq sono stati 3.520, mentre, dal 2003 al 2006, sul lavoro, in Italia, sono state perse 5.252 vite.
I costi sociali degli infortuni senza esito mortale sono pesantissimi nel 2003 sono stati di oltre 41 miliardi d'euro.
Sono dati di un gran peso umano e sociale. Le morti sul lavoro sono stragi quasi sempre silenziose, sommerse, che si esauriscono nel dolore familiare, con qualche titolo sui giornali locali, salvo casi eclatanti ed emblematici, quale quello della Thyssen, che diventano simboli.
Presidente, sono andate vie le telecamere, non siamo più in Sala Viglione con i sindacati, ma qui un po' d'attenzione in più, forse, sarebbe necessaria.



PRESIDENTE

Ho richiamato più volte i colleghi, Presidente Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Grazie.
Il fenomeno delle morti sul lavoro avviene spesso in nome del profitto esasperato, che si gonfia tra tutele spesso solo nominali, falle legislative, pene miti, spesso premianti rispetto al profitto cumulato.
Questo è un altro aspetto da sottolineare, perché oltre il 93% dei casi, così dicono le statistiche...



PRESIDENTE

Per cortesia, colleghi, chiedo un po' d'attenzione.



RICCA Luigi Sergio

Tutto si risolve con la sostanziale impunità dei responsabili o con pene pecuniarie che non spaventano. Si afferma che abbiamo buone leggi in materia di sicurezza, ed è anche vero. Allora, i problemi stanno nella loro applicazione.
In Germania, negli ultimi dieci anni, la mortalità sul lavoro è calata del 46%; da noi i dati sono più o meno gli stessi, come ho ricordato prima.
Allora, è necessario che si vada alla pur sentita solidarietà alle famiglie. La legge approvata la settimana scorsa è segno di civiltà e sensibilità della nostra Regione, ma non basta. Peraltro, credo che, dal punto di vista regolamentare, noi dovremmo porre rimedio a quanto nella legge non è espressamente scritto e pensare di ricomprendere tra le vittime anche i conviventi dei deceduti e non soltanto le vedove.
Diciamo che non è più sufficiente puntare i riflettori sull'emergenza occorrono risposte concrete, interventi puntuali e rigorosi, vanno colpite le inadempienze, alla Thyssen, purtroppo, quasi annunciate, come quelle d'altre realtà.
Le altre realtà, quelle che fanno meno clamore sono anche quelle dove si consumano, poi, a fatti avvenuti, le più grandi ingiustizie verso le famiglie e le loro vittime.
Quindi, la politica deve tornare a vedere anche ciò che, di questi tempi, non è più stato di moda, come la vita degli operai - i decessi nell'industria sono cresciuti dell'8,3%, mentre sono diminuiti in altri settori - sia di grandi aziende, sia di piccole imprese, dove ancor più sono esposti, senza tutele, affidati spesso, dal punto di vista della sicurezza, solo alla coscienza e alla buona volontà dell'imprenditore, a rischio licenziamento se denunciano irregolarità. Oggi è stato pubblicato un bell'articolo su Il Riformista di Emanuele Macaluso sulla situazione degli operai, invito tutti a leggerlo.
Nel mese di agosto di quest'anno, il Parlamento ha approvato la legge n. 123/2007, che delega al Governo i provvedimenti sul riassetto e la riforma delle norme in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Sono passati quattro mesi, occorre fare in fretta e ci auguriamo che il Governo faccia in fretta a definire iniziative che mettano in campo pene più severe per chi non rispetta la sicurezza sul lavoro, con il rischio anche di soppressione dell'attività.
Occorre sostenere l'evoluzione della mentalità dell'imprenditore, il costo da pagare per l'omissione sopportabile, cui molte volte si pensa con il retropensiero. Non c'è certezza della pena, allora si tagliano le spese per la sicurezza, si trovano gli estintori scarichi, le strumentazioni obsolete, le pompe antincendio bucate. Occorre far capire che il non rispetto delle regole porta vantaggi immediati, ma può essere un boomerang così forte con conseguenze devastanti per l'azienda e lo stesso imprenditore. È necessario pensare a obblighi da inserire nei bandi di gara e definire i costi per la sicurezza, che non possono essere ricompresi nei ribassi d'asta.



(Scampanellìo del Presidente)



RICCA Luigi Sergio

Vado alla conclusione.
Interrompere il flusso dei finanziamenti pubblici alle imprese dove si verificano troppi incidenti; politiche premiali fiscalmente vantaggiose per quelle imprese che, invece, riducono in modo consistente gli infortuni nelle proprie attività.
Vado alla conclusione ricordando anche che è necessario...



PRESIDENTE

È stato disturbato, ma la prego di avviarsi alla conclusione.



RICCA Luigi Sergio

Ancora un minuto.
Ci sono incidenti che assomigliano troppo a delitti veri e propri figli di una logica del profitto, che mette in secondo piano il rispetto della persona ancora prima dei diritti dei lavoratori.
Credo che la Regione, che ha competenze concorrenti con lo Stato, debba davvero mettere in campo tutte le iniziative e rafforzare quelle già assunte negli ultimi anni in materia di sicurezza e prevenzione sul lavoro fare crescere una vera e propria cultura della prevenzione. Penso che il disegno di legge presentato dall'Assessore Migliasso possa rappresentare una buona strada per raggiungere questi risultati, magari stralciando ed approvando con urgenza gli articoli in merito alla sicurezza sul lavoro fissando in modo chiaro i nostri obiettivi.
In materia di ASL, il tempo non me lo consente, bisognerebbe fare riferimento alle risorse previste dal Piano Sanitario per la prevenzione, e al loro utilizzo, alle attività che già vengono messe in campo ed infine alla necessità di potenziare il personale disponibile.
Questo è quello che mi attendo a fronte di questa discussione. Dunque che si mettano in moto le strategie necessarie per combattere in modo efficace un dramma che colpisce troppe famiglie, attraverso un'azione di lungo periodo, con risorse adeguate e con un'azione integrata tra la Regione e gli altri soggetti che sono chiamati a concorrere alla tutela della sicurezza del lavoro.
Il Ministro Damiano ha definito le morti bianche una sconfitta per la democrazia. Vorrei che da questo Consiglio scaturissero delle azioni per fare in modo che la democrazia non continui, ogni giorno, ad essere sconfitta su questo terreno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Grazie, Presidente.
Non vedo alcuni dei colleghi rappresentativi per la loro linea politica e per le battaglie che, quotidianamente, svolgono su questo tema. Questo fatto mi rammarica perché era importante confrontarsi su questo tema.
Non vedo il Consigliere Chieppa, il Consigliere Robotti, non vedo i paladini del diritto al lavoro e della sicurezza sul lavoro. Presidente, vi sono altre riunioni in corso?



PRESIDENTE

No, assolutamente.



SCANDEREBECH Deodato

Presidente, questo tema dovrà essere accompagnato dagli altri ordini del giorno presentati già nella scorsa seduta e che si è convenuto unanimemente di discutere in coda agli ordini del giorno di oggi.
Quest'assemblea straordinaria era stata richiesta per discutere della sicurezza sul lavoro e delle condizioni di vita in generale. Cari colleghi essendo un ingegnere, mi attengo sempre a dei dati e guardo la sostanza.
Forse, non sono molto forbito nell'esposizione però, bado molto alla sostanza e alle esperienze di vita che mi hanno insegnato che, prima di parlare, è importante sapere, conoscere e, in seguito, capire come intervenire sul problema.
Per parecchi anni sono stato un datore di lavoro. Non posso nascondere che ho avuto dei problemi, per quanto riguarda la situazione in generale come amministratore delegato di diverse società che operavano nel settore della meccanica.
Quindi, ho vissuto sulla mia pelle il problema della sicurezza sul lavoro. Cosa fare per cercare di migliorarla? Oggi, c'è una battaglia feroce nei confronti della concorrenzialità e dell'efficienza, come se questi fossero gli elementi cardine dal cui profitto scaturisse la negligenza sui posti di lavoro.
Al contrario, penso che, se c'è maggiore efficienza ed utile produttivo, si possa investire di più sulla qualità della vita dell'operaio, in generale, e sulla sicurezza. Su questo tema possiamo notare - cito i dati riportati da Il Sole 24 ore - come ci sia una grossa responsabilità politica di questa Provincia e di conseguenza di questa Regione.
Se andiamo a cercare su Il Sole 24 ore la posizione di Torino e provincia sulla qualità della vita scopriamo che si trova al cinquantatreesimo posto. Tutto sommato, è una posizione migliore rispetto l'anno passato perché ha guadagnato circa sei punti.
A pagina sei, dove si parla di "Qualità della vita, affari e lavoro" possiamo notare che Torino è al trentatreesimo posto. In questo caso, la situazione è peggiorata rispetto l'anno 2006.
Quindi, caro collega Ricca, ci sono delle responsabilità politiche di chi gestisce Torino e provincia e la Regione Piemonte. Davanti a queste responsabilità politiche, qual è la risposta che dà l'Assessore al lavoro? L'Assessore Migliasso, con il suo provvedimento annacquato. Un Assessore davanti alla tragedia successa alla ThyssenKrupp doveva dimettersi immediatamente perché ci sono delle responsabilità politiche.
I signori che sono venuti qua oggi, erano qui anche a fine giugno e noi non siamo stati in grado di dare alcuna risposta. Quindi, il caso della fabbrica della morte è un caso isolato che va analizzato così com'è.
Si tratta di una disgrazia che è caduta sulla classe operaia e su tutta la città di Torino. Però, oggi, è necessario parlare di politica. Ritengo personalmente, che vi siano anche delle responsabilità politiche.
Quando questi ragazzi sono stati qui, esattamente, nello stesso posto in cui ci siamo riuniti un'ora fa, nessuno di noi è stato in grado di dare risposte. Infatti, così come sono arrivati, se ne sono andati. Questo è il male della politica.
Non so se il suo posto sarei riuscito a dare delle risposte, ma lei riveste un incarico per cui deve dare queste risposte. Queste risposte non sono state date.
Così come ritengo che vi siano delle responsabilità politiche, sia ben chiaro, anche per l'Assessore alla sanità per quello che è successo dopo la tragedia. Il 113 e il 118 hanno lavorato molto bene; i medici hanno lavorato e continuano a lavorare benissimo. Insomma, abbiamo delle eccellenze straordinarie e uniche al mondo.
Approfitto per dire che, a proposito dell'ospedale San Giovanni vecchio, lei aveva un impegno con noi: era stato programmato l'impegno che qualsiasi cosa si toccasse sulla rete ospedaliera della città di Torino ne avremmo parlato in Aula o in Commissione. Questo impegno non è stato rispettato.
Cari colleghi, se voi siete i tutori dei diritti dei lavoratori, dovete ribellarvi a questa situazione. Anche all'ospedale San Giovanni vecchio oggi, si sta svolgendo un'azione terroristica che non va bene. Ogni cambiamento andava pianificato.
Se il profitto vale per le fabbriche, allora vale anche per gli ospedali. Se mettiamo al primo punto il profitto nelle fabbriche, lo mettiamo anche negli ospedali. Non si fanno queste azioni senza programmarle e senza parlarne prima. Si può fare tutto, ma va programmato e discusso in quest'Aula o in Commissione come abbiamo pattuito.
Non sono andato all'ospedale San Giovanni per strumentalizzare le persone che sono venute qua oggi, ma in quest'Aula chiedo una giustizia politica perché all'altra giustizia ci pensa la Magistratura.
Lei, Assessore, si è comportata come quei Ministri che, nel momento più drammatico, sono andati a distribuire bigliettini a quella povera gente in mezzo alle bare. È una cosa vergognosa! Gli stessi Ministri sarebbero dovuti intervenire prima su questa tragedia.
Presidente, mentre lei era commosso da un sentimento nobile e cristiano, altri distribuivano bigliettini in mezzo alle bare. Questa è una cosa vergognosa, che la politica non dovrebbe fare. La politica dovrebbe dare risposte.
Non sono arrabbiato con voi, so che siete delle persone serie. Non ce l'ho con nessuno in particolare, ce l'ho con gli eventi. Però, gli eventi vanno programmati e pianificati.
Assessore, agli eventi va data risposta. Su Il Sole 24 ore di ieri i dati parlano. Il problema della qualità della vita e del lavoro è negativo per Torino e provincia.
Quindi, avete l'impegno di fare provvedimenti seri e concreti.
Ma alle persone che sono venute oggi si dovevano dare risposte migliori prima (non migliori, perché risposte non ne sono state date)! Un governo di centrodestra l'avreste mandato a casa, con tutta la classe sindacale! E anche i sindacati, cos'hanno fatto in quella circostanza? Tutti zitti! Sono stati silenti rispetto a uno smantellamento tale di una fabbrica così importante! Hanno svenduto - non dico niente di più perch non è corretto, però stavo per dire una cosa molto delicata, la lascio nel mio pensiero - la classe operaia torinese! Non aggiungo nient'altro! Quindi, Assessore Migliasso, faccia un gesto nobile, così come quello che abbiamo fatto in quest'Aula: per la prima volta nella vita storica di questo Consiglio regionale è stata votata una legge in due ore, tutti solidali. Questo è stato un gesto nobile che penso ci faccia onore. Il resto è tutto da rifare.
Aspetto risposte concrete.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi Sella Scuola Media Statale "Giambattista Vico"


PRESIDENTE

Colgo l'occasione per salutare gli allievi della Scuola Media Statale "Giambattista Vico" di Torino in visita al Consiglio regionale.
Benvenuti: siete capitati nel mezzo di un dibattito sul tema "sicurezza del lavoro". Si tratta di un tema che, come sapete, è grave e purtroppo molto attuale, visto quello che è successo pochi giorni fa nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino e visti anche i tanti incidenti che capitano in Italia e nella nostra regione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Prevenzione infortuni

Trattazione del tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario" ed esame ordini del giorno n. 868, 870, 871, 872, 874, 876, 877 e 880 collegati (seguito)


PRESIDENTE

Colleghi, vi chiedo scusa, ma in deroga all'ordine d'alternanza degli interventi che avevamo stabilito, do la parola al Consigliere Ghiglia, che per motivi personali indifferibili deve poi assentarsi dall'aula. Colgo l'occasione per fargli, a nome di tutti, gli auguri e le congratulazioni per la nascita di Leonardo.



GHIGLIA Agostino

Grazie.
Colleghi, intervenendo questa mattina, devo dirvi la verità: non so bene cosa dire.
Di fronte ad una tragedia come quella della Thyssen - anche se il tema di oggi non è questo - probabilmente bisognerebbe tacere.
Bisognerebbe tacere perché personalmente sono rimasto colpito dall'enorme reazione incredula e stupita che c'è stata rispetto a questa tragedia.
Perché lo dico? Lo dico perché si è trattato di una tragedia capitata in una fabbrica nel centro della città di Torino, una fabbrica sotto i riflettori della pubblica opinione e dei media da mesi, una fabbrica di cui si sapeva già la data di chiusura. E allora mi sono chiesto, vedendo le troppe trasmissioni televisive: com'è potuto accadere? È proprio vero che i responsabili sono solo quelli che tutti additano? Ci sono dei padroni, c'è un'azienda, c'è una grande multinazionale verranno accertate le responsabilità. E tutti gli altri? Lo dico, colleghi, veramente con sincerità e dolore, perché vorrei che facessimo anche un po' di outing e cercassimo di essere sinceri al di là dei riflettori: e tutti gli altri? Quelli che oggi affermano con assoluta sicumera che le condizioni di lavoro alla Thyssen erano condizioni non sopportabili, tutti quelli che hanno detto che le condizioni di lavoro erano di estremo pericolo, dove erano? Dove sono stati in questi mesi? Che denunce pubbliche hanno fatto? Ecco, io temo queste cose, colleghi, perché tutto questo pasticcio mi sembra che nasconda in fondo una vena di ipocrisia ed è il tentativo di sanare dopo ciò che è diventato insanabile perché delle persone sono morte.
Abbiamo fatto poco prima, facciamo tanto casino adesso: forse il casino andava fatto prima.
Io non so se sia capitato per errore umano, per fatalità, perché le strutture erano inadatte e inadeguate, però abbiamo decine di Enti preposti a sorveglianza, a ispezioni, abbiamo una miriade di Sindacati e di sindacalisti: perché il giorno prima nessuno urlava (a fronte di una data certa di chiusura)? Seconda questione. I poveri operai che hanno perso la vita lavoravano di più perché volevano guadagnare di più per le loro famiglie, in quanto sapevano che sarebbero rimasti a casa. Questo rende loro un onore ancora più particolare che il semplice cordoglio per la loro morte, perché erano persone che avevano a cuore prima di tutto, oltre che se stessi, le loro famiglie e i loro congiunti.
Sapevano tutti che in quella fabbrica si lavorava 12 ore o no? E allora, se era pericoloso lavorare 12 ore in quella fabbrica, perché tutti quelli che poi sono andati alle trasmissioni televisive non lo hanno denunciato prima? Me lo chiedo perché, al di là delle casacche e delle appartenenze sindacali, bisognerebbe ogni tanto fermarci a pensare se tutti, oltre a interpretare una parte nella vita, in politica e nel sindacato, facciamo veramente quello che dobbiamo. Lo dico a me stesso prima di tutto.
Stride il contrasto fra il silenzio del giorno prima e la canea del giorno dopo. Non può non stridere, colleghi. Sapevamo tutti che si facevano gli extra turni? Sì. Qualcuno di noi, qualcuno dei sindacati ha fatto qualcosa? No. E qui mi fermo. Perché le denunce si fanno pubblicamente.
Esiste una Procura della Repubblica, esistono dei Magistrati del lavoro, esistono le ASL, le ARPA, l'INAIL. Di Enti cui rivolgersi il giorno prima ce n'è un elenco telefonico. E - diciamocelo - c'era un elenco telefonico cui potersi rivolgere, e nessuno lo ha fatto. Ma tutti il giorno dopo erano lì ad accusare non si sa neanche chi, perché poi non si deve certo dire a noi che chi sbaglia, soprattutto chi causa una tragedia così deve pagare nel modo più duro possibile, ci mancherebbe altro! Però forse sarebbe stato meglio intervenire gridando prima che qualcuno dovesse pagare dopo, perché i morti non li riporta in vita nessuno e quella fabbrica in ogni modo chiude.
Poi c'è un altro aspetto, Presidente, che vorrei sottolineare, perch si parla anche di precariato. Io ho fatto una proposto al Comune di Torino credo condivisa anche da alcuni Gruppi della sinistra (vedremo poi se nei prossimi giorni la sottoscriveranno e riusciremo a costruirla insieme): ho chiesto una Commissione d'indagine (non d'inchiesta) sui cantieri pubblici degli ultimi 10 anni nella città di Torino.
Perché ho chiesto una Commissione d'indagine? Perché ricordo a me stesso e a tutti voi che negli ultimi tre anni solo nei cantieri SMAT sono morti tre lavoratori, e fra questi tre lavoratori c'era un rumeno clandestino di 24 anni, la madre del quale ha dovuto iniziare uno sciopero della fame perché dopo 16 mesi la Magistratura, peraltro con grande competenza, non era ancora riuscita a dipanare il groviglio dei subappalti.
E questo è capitato in centro di Torino, in un cantiere SMAT, un'azienda a totale capitale pubblico, che indìce delle gare e poi consente - mi riferisco sempre alla SMAT e ad altri - che ci sia una filiera infinita di subappalti, dove, per strappare il lavoro, si pagano i lavoratori cinque euro in nero, quando prendono tanto! E si assumono clandestini e irregolari! Colleghi, se vogliamo fare qualcosa di utile, cominciamo a guardare noi stessi. Cominciamo a guardare i nostri Enti quando fanno degli appalti.
Cominciamo a guardare i nostri Comuni. Cominciamo a fare delle limitazioni sui subappalti, non per rovinare il mercato, ma per renderlo sano.
Cominciamo ad attuare sistemi e degli strumenti di controllo o delle task force: non esiste che in un appalto pubblico ci siano lavoratori in nero e clandestini. Non può più esistere, colleghi! Guardate che quella morte vale come la morte degli altri.
Su questo noi possiamo veramente intervenire. Non possiamo niente contro i privati, né col Padreterno, perché i morti purtroppo non possono avere altra alternativa che la pace eterna. Ma possiamo fare qualcosa quando siamo noi i responsabili.
Non è più ammissibile che si lavori così in questo Paese. Non è più ammissibile che degli enti pubblici accettino, di fatto, senza intervento lo sfruttamento del lavoro, della clandestinità, della povertà e del bisogno.
Mi auguro, colleghi, che in questo ci sia la volontà politica, perch lì tocca a noi intervenire.
Concludo sul precariato, Presidente, ma non intendo aprire polemiche perché non mi interessano; mi limiterò a fotografare una situazione.
C'è una legge dello Stato che impone a tutti gli Enti pubblici di servirsi, nell'erogazione di beni e sevizi, delle cooperative sociali soprattutto di quelle di tipo B, che dovrebbero impiegare una serie di soggetti svantaggiati.
Colleghi, sappiamo quanto guadagnano all'ora i lavoratori di queste cooperative? Lo sappiamo? Benissimo, lo sappiamo.
Ebbene, nel solo Comune di Torino questa "cosa" ammonta a 14 milioni di euro di lavori, solo per le cooperative sociali di tipo B (attenzione perché le altre sono escluse da questo conteggio).
Non è un'accusa, perché non mi interessa: purché ci sia lavoro, creiamo mille cose. Però non possiamo soltanto buttare l'occhio sugli interinali che sono precari, accecandoci l'altro occhio quando ci sono migliaia e migliaia di lavoratori sottopagati, scelti direttamente e discrezionalmente dalla Pubblica Amministrazione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Ghiglia.
Ha chiesto la parola il Consigliere Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

Grazie, Presidente.
La tragedia della ThyssenKrupp, la sua dinamica anacronistica e il suo fardello di dolore ci hanno mostrato, nel modo più crudo e più cruento possibile, come i tempi di azione da parte dei soggetti istituzionali siano ancora lontani da quella coincidenza necessaria con i tempi della realtà.
La morte di cinque operai ha rivelato "buchi neri" di inadeguatezza nel sistema di vigilanza costruito per scongiurare il rischio di incidenti. Al di là delle responsabilità individuali, infatti, è chiaro che il sistema nel suo complesso ha fallito, nonostante la severità delle leggi e la buona volontà delle corporazioni nel farle rispettare.
Ne è convinto il Governo, che ha deciso di snellire i tempi di approvazione della nuova normativa sulla sicurezza del lavoro. Ne è convinta la Magistratura, in seno alla quale alcuni illustri esponenti oggi richiamano alla necessità di agire con maggior determinazione in questo campo, a cominciare dalla celerità dei processi, affinché non si diffonda una falsa idea di impunità. E ne sono convinti i Sindacati, che hanno ammesso di aver concentrato tutta la loro attenzione per garantire un futuro occupazionale ai lavoratori della Thyssen e hanno finito per sottovalutare i rischi del presente.
In questo quadro è doveroso che anche la Regione faccia la sua parte per correggere lo sfasamento tra precetto e realtà.
A mio giudizio, un segnale importante potrebbe venire dal mantenimento di uno specifico settore nell'Assessorato alla sanità dedicato alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
La delibera con la quale la Giunta intende riorganizzare le strutture dirigenziali non lo prevede. Più precisamente prevede che quel settore sia destinato a perdere la sua autonomia e confluisca in un contesto più ampio in un settore più articolato che comprende la promozione della salute nel suo complesso e tutti gli interventi di prevenzione individuale e collettiva, dalla medicina sportiva alla valutazione dei rischi degli alimenti.
Non credo che sia una scelta oculata, soprattutto adesso che più forte giunge la richiesta alle istituzioni di tenere la barra diritta affinché la prevenzione del rischio professionale sia davvero un diritto garantito e non solamente un buon proposito.
Alle organizzazioni sindacali, in un incontro che si è svolto lo scorso 11 novembre, l'Assessore Artesio ha già lasciata aperta una porta, una disponibilità che spero diventi impegno fin dalla seduta del Consiglio di oggi. In merito a questa sollecitazione e a questa proposta, mi aspetto dall'Assessore Artesio un segnale positivo in tal senso.
Poiché ancora qualche giorno fa la Presidente Bresso ha ribadito che la sicurezza sul lavoro è una priorità assoluta di questa Amministrazione vale la pena di dare un segnale forte al mondo del lavoro, alle parti sociali e a chi si occupa dei servizi di controllo delle ASL.
Essi chiedono di non perdere in Regione quel riferimento istituzionale immediato e concreto che finora ha fatto da collante tra le varie esigenze di tutela della salute nei luoghi di lavoro e si aspettano di continuare ad avere una specifica attenzione pur nell'ambito di un Governo unitario delle politiche di prevenzione, così come indicato nel Piano Socio Sanitario appena approvato. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Laus.
Ha chiesto la parola la Consigliera Valloggia; ne ha facoltà.



VALLOGGIA Graziella

Grazie, Presidente.
Per mio padre, operaio metalmeccanico specializzato - saldava i pezzi che componevano il carrello degli aerei - il lavoro rappresentava non solo il mezzo con il quale sostenere e migliorare le condizioni della sua famiglia, ma anche la fiera consapevolezza che attraverso esso contribuiva con intelligenza e capacità professionale, al progresso del suo Paese.
Così come si era immaginato dovesse essere quando, a 18 anni, si era unito ai partigiani della Beltrami sui monti del Verbano per dare vita ad un'Italia repubblicana e democratica fondata sul lavoro, sui diritti e sulla pari dignità di tutti i cittadini.
Antonio, Roberto, Angelo, Bruno e Rocco sono morti bruciati nel rogo scoppiato alla ThyssenKrupp, una multinazionale tedesca che lavora l'acciaio. La proprietà aveva deciso di dismettere l'azienda di Torino. Per questo i lavoratori, sottoposti a turni massacranti, avevano visto ridotto l'organico. Per questo non si facevano più interventi di manutenzione agli impianti. Occorreva ridurre i costi per ottimizzare i profitti in attesa della liquidazione definitiva.
Il dolore dei familiari delle vittime, lo sgomento e la rabbia dei compagni di lavoro, la silenziosa e composta testimonianza dei cittadini che hanno condiviso il lutto, resteranno nella memoria di tutti.
Nell'Italia di oggi si muore di lavoro: in media, tre persone ogni anno. Secondo l'associazione giornalistica "Articolo 21", nei primi tre mesi del 2007 ci sono stati 241 morti sul lavoro, 241.224 infortuni, 6.030 invalidi. Mentre nel 2006 le vittime sono arrivate a 1.302.
Le aride cifre ci danno un totale numerico significativo, ma non sono in grado di restituire i visi, le storie, le speranze e i sogni che ogni singolo numero rappresenta.
Vorrei davvero che queste ingiuste morti scuotessero le coscienze una volta per tutte e ci stringessero senza ipocrisie e senza inutili strumentalizzazioni ideologiche a riconoscere con chiarezza e ad affermare che questi cittadini non sono morti a causa di un incidente sul lavoro, ma sono vittime di un sistema del lavoro, sistema che suppone di non dover rispondere né ad alcuna autorità né all'opinione pubblica in merito alle conseguenze in campo economico, sociale ed ambientale della sua attività.
Il punto è, come scrive Luciano Gallino, che "l'impresa irresponsabile si presenta troppo spesso come la mente e il braccio del capitalismo contemporaneo, un capitalismo questo ossessivamente orientato a cercare forme di rendita a breve termine, privilegiando operazioni e architetture finanziarie piuttosto che realizzare utili con attività che generano valore aggiunto a lungo termine mediante la produzione di beni e servizi reali".
Da qui la necessità di contenere sempre più il costo del lavoro mettendo deliberatamente in contrapposizione tra loro quel mezzo miliardo di lavoratori del mondo che hanno goduto per alcuni decenni di buoni salari e di buone condizioni di lavoro con un miliardo e mezzo di nuovi salariati che lavorano in condizioni orrende e con salari miserandi.
Ora accade che da diversi anni nella maggior parte delle regioni italiane due terzi in media di coloro che cercano un lavoro alle dipendenze di un'impresa o di un ente della Pubblica Amministrazione, lo trovino soltanto se accettano un contratto che non solo è di durata determinata, ma è sovente di durata breve, da pochi giorni ad alcuni mesi.
Sono giovani in cerca di prima occupazione in prevalenza, ma anche persone che vorrebbero trovare un lavoro dopo aver perduto il precedente.
Viene spiegato loro che la globalizzazione e le sfide alla competitività che da essa provengono esigono lavori flessibili, nel senso che debbono sapersi adattare alle esigenze delle imprese e dei loro mercati; se la domanda sale, possono assumere i lavoratori, se la medesima scende, sono autorizzate a mandarli a casa in pochi giorni o settimane.
Tali modi di lavorare impongono a coloro che vi sono esposti un rilevante costo umano, perché interferiscono e sconvolgono il contesto delle relazioni personali e familiari, modificano la percezione che si ha di se stessi, della propria capacità e del proprio valore, al punto che anche la salute e la sicurezza fisica sono sacrificabili alla necessità di mantenere comunque il posto di lavoro. Eppure le risorse di cui oggi dispongono collettivamente i paesi sviluppati sarebbero sufficienti per operare un radicale cambiamento che consideri non il denaro, ma il diritto al conseguimento della felicità di destino dell'essere umano.
La storia dell'impresa moderna mostra, forse più di quello che si pensi, che esistono e sono esistite - penso ad Adriano Olivetti - imprese in tutti i settori produttivi che puntano a realizzare elevati profitti e ad avvalersi di essi non solo per gratificare gli azionisti, ma anche per produrre benessere e sicurezza per chi vi lavora e fondi per le comunità in cui operano.
Un'idea di impresa responsabile che basa la competitività sulla ricerca, l'innovazione del prodotto, lo sviluppo della rete commerciale, la formazione, la professionalità, i diritti e le tutele dei lavoratori un'idea di impresa responsabile che vale la pena di ridefinire e discutere alla quale rivolgere le attenzioni delle istituzioni attraverso tutte le azioni di sostegno che si ritengono utili, con la consapevolezza che la sola via perseguibile per costruire una società civile che non considera la prestazione di lavoro una merce e ritiene il progresso funzionale ad una migliore condizione di vita materiale e intellettuale di tutte le persone.
Grazie per l'attenzione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Larizza; ne ha facoltà.



LARIZZA Rocco

Grazie, Presidente.
Sono già state dette molte cose. Tuttavia penso che il Consiglio regionale dedicato a questo argomento sia quanto mai opportuno per ragionare o almeno per avviare una riflessione che ci porti a capire e anche a decidere qualcosa per affrontare questi problemi, sapendo che le competenze sulla materia della sicurezza del lavoro non sono solo regionali.
Il tema della sicurezza del lavoro è stato in questi giorni al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, ma noi tutti sappiamo che l'attenzione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sulle condizioni di lavoro è stata e sarà - temo - piuttosto altalenante.
In questi mesi ci ha aiutato a tenere la nostra attenzione su questi temi, in modo particolare con i suoi richiami, il Presidente della Repubblica. Forse qualcuno, quando Napolitano ha cominciato a parlare di questi temi, avrà pensato: "Lui è un vecchio comunista, ancora pensa che ci sia la classe operaia". Invece Napolitano era presente ed è presente su temi di grandissima attualità nella nostra società.
Personalmente condivido anche l'azione che finora il Governo è riuscito a mettere in campo sulle questioni della sicurezza sul lavoro, gli interventi fatti soprattutto laddove c'è la precarietà, soprattutto nelle aziende dove è presente il lavoro nero. Basterebbe prendere l'elenco delle aziende che sono state chiuse, alle quali è stato chiesto di mettersi in regola.
La strage di operai della ThyssenKrupp - cinque morti e due in gravissime condizioni - è una tragedia del lavoro, una tragedia che ha sconvolto l'opinione pubblica sicuramente per il numero dei lavoratori coinvolti e per la drammaticità del fatto. Ciò che più colpisce è che in questo caso non si tratta di una realtà marginale del mondo del lavoro, ma si tratta di una multinazionale tedesca che ha 190.000 addetti, che è presente in 70 paesi del mondo, che ha realizzato un utile di 3,3 miliardi di euro, il 27% in più sull'esercizio precedente. Ha un giro di affari di 55 miliardi di euro con un incremento su base annua dell'8%.
Dunque, una moderna azienda che ha molte risorse e che forse poteva destinarne una parte per la manutenzione preventiva di quegli impianti anche se dovevano essere dismessi.
Non c'è fatalità in questi fatti; gli infortuni sul lavoro in genere non solo non avvengono per fatalità, avvengono perché si trascurano delle cose che sono ormai studiate e codificate.
Dunque gli operai ci sono ancora e muoiono sul lavoro come avveniva nella prima rivoluzione industriale.
Qui siamo di fronte ad una multinazionale; le multinazionali - lo sappiamo anche se stentiamo ad ammetterlo - la fanno da padroni nei paesi del Terzo Mondo e la fanno da padroni anche nel nostro paese. Penso che l'Europa possa fare più di quanto non abbia fatto per affrontare la questione delle multinazionali e del loro modo di comportarsi nel nostro paese.
I giornali sono stati pieni di questi argomenti e si è parlato con competenza qualche volta, qualche volta scoprendo di punto in bianco che ci sono ancora gli operai; qualcuno è arrivato a citare anche Antonio Gramsci che parlava degli operai in carne ed ossa. Qualcuno ha detto: "Ci hanno trattati come in Cina", come se in Cina fosse lecito trattare i lavoratori in questo modo.
Abbiamo avuto quest'estate - non so se i colleghi lo ricordano - un brusco risveglio, perché i giocattoli che arrivavano dalla Cina (prodotti dalla multinazionale Mattel) erano nocivi per i nostri bambini.
Io ho letto con attenzione queste cose e vi devo dire che ho fatto fatica a trovare, in qualche commentatore, anche a sinistra, l'idea che se i prodotti utilizzati per costruire quei giocattoli erano nocivi per i bambini che ci giocavano, lo erano anche per coloro che li producevano. Ma quelli erano cinesi.
Fino a quando la questione del lavoro non verrà affrontata come è necessario fare, cioè rimettendola al centro della vita sociale, ho l'impressione che continueremo a contare i morti sul lavoro.
Non siamo in grado di contare quante persone muoiono per malattie professionali, non ci curiamo della quantità degli invalidi permanenti eppure questi non sono solo costi sociali, umani e problemi per le famiglie, sono anche costi economici, costi finanziari per lo Stato italiano.
In questi anni alcuni studiosi hanno scambiato la fine del fordismo e del taylorismo con la scomparsa del lavoro, soprattutto con la scomparsa degli operai. Trasformazione non significa fine della storia del lavoro quindi penso che sulle vecchie e nuove condizioni occorra fare una nuova elaborazione, un'elaborazione pari a quella che si fece nel corso degli anni '60 e l'inizio degli anni '70.
Come tutti, anch'io ho cercato di capire cosa ci sta succedendo e, come ognuno di noi ha i suoi riferimenti, l'ho fatto cercando qualche maestro mi sono imbattuto in un libro di Bruno Trentin, del quale voglio citarvi un passaggio. Trentin è stato un intellettuale complesso e difficile da interpretare, anche se dagli operai si è fatto capire molto bene.
Trentin parla degli anni '68, '69 e '70, dicendo: "Sono questi gli anni nel corso dei quali, sotto l'impulso delle nuove generazioni di lavoratori immigrati dal Sud, che nelle grandi fabbriche del Nord andranno a ingrossare le file dei lavoratori dequalificati, occupati in mansioni ripetitive e parcellizzate, vengono messi in questione non solo, come era stato in passato, i bassi livelli salariali, ma anche le condizioni concrete di lavoro, le regole del lavoro a cottimo, le cadenze e i ritmi di lavoro, i regimi di orario, le condizioni di sicurezza e di salute".
Rispetto ai regimi di orario, sappiamo che esiste una legge dell'8 aprile 2003 che parla di orario medio, per cui i limiti di orario giornaliero, settimanale, mensile, vengono portati a quattro mesi, con possibili proroghe di sei mesi o addirittura dodici mesi.
Immaginate, in condizioni come queste, come si fa a controllare l'orario di lavoro? L'orario di lavoro deve avere - lo dico anche ai miei amici sindacalisti - dei riferimenti certi; il lavoro straordinario non deve superare certe soglie, piuttosto si fermino gli impianti! Meglio fermare gli impianti che trovarsi di fronte a tragedie come quelle accadute in questi giorni! Lo dico essendo consapevole che quelle sono lavorazioni delicate, ma questo è un problema che dobbiamo porci. Dobbiamo dirci che sulla questione della sicurezza del lavoro ci deve essere - come abbiamo detto in altre occasioni e per altri campi - tolleranza zero.
Tolleranza zero! Chi ha la responsabilità ne deve rispondere.
Non ho tempo per soffermarmi su alcune questioni; sono stato colpito positivamente da alcuni articoli, non da tutti, per la verità, pubblicati in questi giorni. Uno è quello di Luciano Gallino su la Repubblica e l'altro è quello di Marco Vitale su il Sole 24 ore.
Credo che in quegli articoli ci sia materia per riflettere. Per esempio, sarebbe interessante capire quali sono i parametri di valutazione di un manager.
È possibile immaginare che un manager sia valutato, oltre che per i risultati economici dell'azienda che dirige, anche per la quantità di infortuni sul lavoro, per la quantità di morti sul lavoro e per la quantità di ammalati da lavoro nocivo? Se la questione della sicurezza e della salute diventa parte integrante dei risultati economici di un'azienda, allora cominciamo ad affrontare alcune problematiche.
Per fare questo, può aiutare ripartire dalla Costituzione, non solo dall'articolo 32, che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività (sottolineo "interesse della collettività"), quindi c'è un problema di prevenzione che deve essere recuperato.
Ci sono anche altri articoli che rimettono al centro il lavoro e i diritti del lavoro: sono quegli articoli che, qualche tempo fa, sono stati definiti articoli sovietici. Mi riferisco all'articolo 41, in modo particolare sulla responsabilità sociale delle imprese, all'articolo 46 relativo alla partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa.
Sappiamo che la legge assegna solo agli azionisti la responsabilità dell'impresa, ma il lavoro è parte fondamentale dei risultati dell'impresa quindi oltre al capitale di rischio, forse bisognerebbe mettere al centro dell'attenzione il capitale umano, che è quello che rischia di più all'interno delle aziende come abbiamo visto.
Credo di aver finito il tempo a mia disposizione. Vorrei ancora dire che i temi del lavoro per noi non sono un optional o un qualcosa che nasce oggi.
Il 25 luglio scorso ho chiesto un'indagine conoscitiva - vorrei spiegarlo brevemente - sulla condizione operaia a Mirafiori. Ho usato esattamente questo termine un po' desueto, perché vorrei segnalare qualcosa che era in ombra. Bene, qualcuno dice: "Beh, ma la FIAT è un'azienda che va bene". Appunto, ma se scopriamo con un'indagine conoscitiva che un'azienda può andar bene se al suo interno vi sono migliori condizioni di lavoro perché qualche innovazione è stata fatta, vuol dire che si può produrre ricchezza in condizioni accettabili di lavoro.
Se scopriamo che, invece, alla FIAT, che è sotto i riflettori, che è in grande crescita, le condizioni di lavoro sono gravi, vuol dire che nel resto del sistema produttivo le cose sono gravissime ed è urgente intervenire in modo preventivo.
Sulle leggi hanno già parlato altri colleghi. Sono convinto che ci siano delle buone leggi, ma bisogna applicarle.
Vorrei fare una proposta al Presidente del Consiglio: mi piacerebbe non so se si dice così, ma "a me mi piace" immaginare - che la Regione Piemonte possa fare una pubblicazione dal titolo - vi dico quello che penso io - "Una Regione contro gli omicidi bianchi", nella quale fosse scritta la storia dei morti sul lavoro dal 2000 ad oggi in Piemonte. Sono certo che scopriremmo cose interessanti! Stamattina i sindacalisti ci hanno chiesto cosa succederà nell'area della ThyssenKrupp e chiedono che sia un'area a destinazione industriale.
Vorrei immaginare che in quell'area, che sia a destinazione industriale o meno, ci sia un ricordo dei caduti sul lavoro. Troviamo la forma, troviamo il modo, ma penso che sia giusto così.
Mi piacerebbe anche.



PRESIDENTE

Per cortesia, collega, la invito a concludere.



LARIZZA Rocco

Ho finito. Mi piacerebbe che ci fossero delle borse di studio su condizioni di lavoro, sicurezza e prevenzione. Forse ai nostri giovani potremmo dare un messaggio importante anche in questa direzione.



PRESIDENTE

Grazie. La sua proposta, collega Larizza, in particolare quella delle iniziative, è stata registrata dagli Uffici del Consiglio regionale e la porteremo all'esame dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio.
La parola al Consigliere Pichetto Fratin.



PICHETTO FRATIN Gilberto

Grazie, Presidente. L'impegno dell'Aula a discutere del tema del lavoro, con particolare riferimento agli infortuni sul lavoro, in questo caso infortuni gravi sul lavoro, è nato nel corso del dibattito sul bilancio regionale dell'anno 2007.
Chiaramente, il grave incidente verificatosi alla ThyssenKrupp nei giorni scorsi ha portato, sull'onda dell'emergenza, alla calendarizzazione.
Ritengo che questo Consiglio debba occuparsi di questo problema, al di là delle emergenze che man mano si verificano. Abbiamo il dovere di analizzare le situazioni ambientali che si modificano ed intervenire naturalmente utilizzando gli strumenti che abbiamo a disposizione sotto l'aspetto legislativo e amministrativo, oppure, sotto l'aspetto politico dobbiamo utilizzare la nostra capacità di pressione - usiamo questo termine nei confronti di chi i poteri li ha.
La discussione di questo tema deve partire dall'analisi in cui ci muoviamo. Abbiamo una società che si sta trasformando in modo rapido, in modo traumatico. Questo passaggio da quello che era il modello industriale fordista ad un nuovo modello, in una regione come il Piemonte, che era, ed è, la Regione più industrializzata d'Italia, determina la necessità di un riadattamento. Un riadattamento, perché vi è il cambiamento tecnologico perché vengono meno alcune produzioni, perché, ahimè, alcune produzioni sono a fine ciclo, e il caso dell'incidente alla Thyssen-Krupp non è da legare solamente alla fatalità. Ricordiamoci che si trattava di un impianto che si stava dismettendo, quindi si stava ritirando tutto il possibile da quell'impianto.
Per quanto riguarda le più generali condizioni economico-sociali in cui siamo immersi, non neghiamo che c'è una situazione, comunque, di crisi. Il Piemonte sta crescendo meno delle altre Regioni, l'Italia sta crescendo meno degli altri paesi, come aumento del PIL e come ricchezza complessiva.
Stiamo crescendo di meno, si sta creando un divario sempre maggiore tra più ricchi e più poveri, o tra ricchi e poveri. C'è una condizione di salari che non crescono, quindi una povertà di potere d'acquisto, quindi una percezione di impoverimento rispetto alle condizioni che potevano esserci qualche anno prima.
La percezione di impoverimento è legata non totalmente alla diminuzione del potere reale d'acquisto, ma al variare delle modalità di consumo da parte delle famiglie, al variare delle strutture delle famiglie. Questo determina un disagio che comporta, automaticamente, da parte dei lavoratori, di coloro che richiedono lavoro e che si presentano sul mercato del lavoro, l'accettare di sottostare a meccanismi e regole che altrimenti non si accetterebbero, che altrimenti si denuncerebbero.
Siamo nella condizione in cui l'eccessiva tolleranza e l'eccessivo buonismo sono un po' in parallelo ad analoghi atteggiamenti nei confronti della criminalità; cambiano solo i termini specifici perché ci spostiamo nell'ambito della criminalità, ma siamo nella stessa condizione. Questo determina, automaticamente, un abbassamento di tutti i livelli di guardia un abbassamento di tutti i parametri di relatività rispetto alle misure delle sanzioni, rispetto alle misure delle tutele, rispetto al concetto di prevenzione.
A questo punto, ci leghiamo a meccanismi di una società statica, e non siamo più una società statica, per una serie di motivi: alcuni sono di natura economica, altri di natura sociale, perché ci sono delle valutazione di ordine etico. Sono tanti i temi che possiamo man mano affrontare ma complessivamente, non siamo, dal punto di vista normativo, in una situazione di inadeguatezza rispetto a questa società e rispetto al momento che stiamo vivendo. Ci limitiamo, come sulla criminalità, a denunciare.
Fatta la denuncia, abbiamo finito il Consiglio regionale, abbiamo compiuto quello che è il nostro dovere.
Parliamo di controlli? Parliamo di sanzioni? Se parliamo di controlli e di sanzioni, vale pressappoco lo stesso parallelo con la criminalità: inaspriamo le sanzioni. Passiamo dai dieci anni ai trent'anni, sapendo che è la stessa cosa. Come se a me la Guardia di Finanza mi comminasse due cinque o dieci milioni di euro di multa: preferirei, rispetto a diecimila euro di multa, perché diecimila li dovrei pagare, dieci milioni di euro perché so che non li pago, quindi non mi preoccupa.
Abbiamo risolto il sistema dei controlli con meccanismi burocratici.
Non ci sono esempi di controllo sull'antifortunistica. Chi ha avuto un eccesso di zelo facendo vidimare un altro registro infortuni al posto di quello perduto, ma in occasione del controllo, in seguito, ha fatto saltare fuori anche il primo registro smarrito ed è risultato con due registri di infortuni, ha visto sanzionare in modo grave il suo eccesso di zelo, perch questo è considerato un reato molto grave, ma chi ha controllato si è guardato bene dal verificare se nell'azienda c'erano dei dipendenti assunti in nero o se gli orari di lavoro andavano nello straordinario a oltre 170 euro, che in sé e per sé non sono una cifra enorme, però importante era trovare l'irregolarità di tipo burocratico, e a quel punto si era risolta la questione.
Così come, parlando di sanzioni adeguate e rapportate, bisogna dare agli organismi di controllo, o all'organismo di controllo (sull'emergenza controllano tutti, dopo un mese non controlla più nessuno) la possibilità di avere una discrezionalità di valutazione, altrimenti i parametri fissi lasciano fuori i pesci grossi, automaticamente. Così come credo che dobbiamo avere il coraggio di andare a leggere le statistiche.
Quando leggiamo le statistiche ci accorgiamo che i dati vanno depurati.
Quando parlo di infortuni di lavoro, parlo di fatti gravi, dove bisogna andare a verificare non solo la fatalità, ma in modo chiaro anche la responsabilità.
Voi sapete che se qualsiasi dipendente, per caso, fa un tamponamento percorrendo il tratto da casa fino al luogo di lavoro, l'evento è classificato come incidente sul lavoro. Quando si vedono i grandi numeri questo è correlato alla valutazione delle statistiche, ai meccanismi di risarcimento che non sono adeguati, ma che cosa fare? Ritengo di aver detto prima la mia opinione sulle sanzioni e sui meccanismi di norma. Certamente c'è un fatto: bisogna partire fin dalle scuole educando i giovani sulla tutela della sicurezza, così come deve essere decisa l'azione con le organizzazioni datoriali per far capire agli imprenditori che la tutela della sicurezza sul lavoro è un investimento che la formazione sui temi della sicurezza è un investimento aziendale, è un beneficio per l'azienda: è maggiore produzione, è maggiore ricchezza, è maggiore reddito. Formare le maestranze ha questo come risultato.
In ultimo, sentivo il Consigliere Larizza che, giustamente, accennava anche al ruolo sindacale: dovremo arrivare anche al sindacato che fa il sindacato e non che fa il gestore di tutto. Sono un convinto difensore del sindacato e dei sindacati, ma dei sindacati che fanno i sindacati, dei sindacati che, invece di gestire enti e fare comitati e concertazioni, si rimettano a difendere e a tutelare quelli che lavorano. Questo me lo auguro davvero, soprattutto per quelli che in futuro si inseriranno nel mondo del lavoro.



PRESIDENTE

Colleghi, chiedo scusa, penso sia giusto svolgere una comunicazione sull'andamento dei nostri lavori.
Nella Conferenza dei Capigruppo avevamo concordato che avremmo gestito la seduta odierna continuando senza interrompere i lavori fino ad esaurimento del tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario", per mettere in condizione di parità di trattamento tutti i Consiglieri che intervenivano, quindi avremmo votato gli ordini del giorno collegati.
Successivamente, avevamo immaginato una breve sospensione per un momento di sosta dei Consiglieri e, poi, la ripresa dei lavori.
Se ritenete, possiamo anche evitare la sospensione e continuare i nostri lavori - mi pare di capire che ci siano dei colleghi ai quali questa soluzione non sia gradita - oppure possiamo terminare gli interventi. I Consiglieri ancora iscritti a parlare sono, per la maggioranza, i colleghi Bossuto, Buquicchio, Auddino e Pace; per la minoranza il Consigliere Botta.
Se interveniamo sulla durata degli interventi - non è obbligatorio che siano dieci minuti - possiamo ridurre un po' la durata dei lavori e votare gli ordini del giorno collegati.
Seguirei questa strada per utilizzare al meglio la presenza degli Assessori, poiché entrambe per un impegno istituzionale dovranno lasciarci alle ore 15. Potremmo procedere in questo modo, così come peraltro avevamo convenuto nella Conferenza dei Presidenti dei Gruppi; dopodiché, sospendere per una pausa e riprendere dopo un'ora dal momento della sospensione, per dare la possibilità a tutti.
Quindi, sono ancora iscritti a parlare sei Consiglieri; dopo lo svolgimento degli interventi procederemo alla votazione degli ordini del giorno. Pertanto, i colleghi che devono assentarsi sanno che ragionevolmente hanno una mezz'ora o quaranta minuti di tempo libero prima che avvenga la prima votazione.
La parola al Consigliere Bossuto.



BOSSUTO Iuri

Signor Presidente, relativamente al tema di cui parliamo questa mattina si è già detto, sentito e anche scritto molto. Forse, il mare di parole e di lettere scritte hanno alimentato anche un momento di confusione e contraddizione, in cui è sempre più difficile sentire proposte o avere il quadro generale di ciò che sta avvenendo. Invece, è sempre più facile sentire tutto il contrario di tutto e il troppo che si mescola tra una parola e l'altra, dando spazio a vuoti con significati...



PRESIDENTE

Per cortesia, colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione e di silenzio, non è possibile procedere in questo modo. Mi rendo conto che è difficile stare ad ascoltare, gli interventi sono spesso molto lunghi, per vi prego di consentire lo svolgimento degli interventi. Grazie.



BOSSUTO Iuri

Magari, ogni tanto, dirò frasi ad effetto per stimolare l'attenzione e tenterò di avere un tono meno monocorde.
Comunque, questo è il quadro e, forse, anche il richiamo del Presidente un po' lo evidenzia. Si è detto molto, si è scritto molto, senza mai dire quel tantino in più che inquadra - lo ha fatto il collega Larizza prima lui sì - questo dramma di cui discutiamo oggi in un contesto che sempre ci sta attorno, ma pare che si tenda ad evitarlo, a non guardalo bello dritto negli occhi. Si puntano gli indici, si accusa, non si vedono mai le proprie responsabilità, si parla del futuro, non si parla mai troppo del passato e neanche del perché siamo in un contesto come quello che viviamo in quest'epoca particolarmente difficile.
Non voglio fare un discorso ideologico, però, se ci guardiamo intorno forse riusciamo a capire che non sono un caso i morti sul lavoro, le morti bianche e gli incidenti, perché parliamo di morti e spesso ci dimentichiamo di chi rimane invalido a causa degli eventi disastrosi che spesso segnano le cronache delle fabbriche e dei cantieri.
Se non teniamo sempre d'occhio quel dato, forse, non riusciamo a comprendere il perché di un fenomeno che si lega ad un modello - mi dispiace dirlo perché so che non va di moda - che, ormai, ha vinto alla grande nella disattenzione e, addirittura, con l'aiuto da parte di molte forze; nel vincere è stato sostenuto e, alla fine, credo ce l'abbia fatta.
Quel modello è davanti ai nostri occhi, è nient'altro che il neoliberismo che cede tutto al libero mercato nell'ottica di una regolamentazione delle dinamiche secondo la teoria e anche dello sviluppo che questo dovrebbe comportare. Un libero mercato che si può apprezzare oppure no, che si pu approvare e non approvare. In questo Consiglio sono molti i sostenitori di questo modello. Prima di tutto, però, sarebbe già interessante vedere e capire se c'è, perché, comunque, credo che il cosiddetto libero mercato non sia così presente e quelle poche volte che appare tra un monopolio e l'altro mostra i suoi effetti disastrosi, infatti è sufficiente uno sciopero dei mezzi di trasporto per vedere lievitare i prezzi, con la scusa che con la scarsità di prodotti i prezzi aumentano. Lì bene si è manifestato il libero mercato.
In questo contesto, vorrei anche capire bene se lo "sviluppismo" c'è o non c'è, perché le regole che, ormai, si portano avanti, sovente, per non dire continuamente, sono quelle di un sostegno ad una libera impresa, dove ognuno può fare abbastanza ciò che vuole, nell'ottica di uno sviluppo che non capiamo bene a chi appartenga e dove ricada. Si può investire traslocare, spostarsi, delocalizzarsi esattamente come meglio si crede dando vita a una miriade di contratti precari, purché il risultato che si ottiene sia lo sviluppo, anche se non capiamo ancora bene dove, non certo sul nostro territorio, visto che a precarietà e a traslochi di impresa non corrisponde certo un maggior beneficio in termini di salari o di redditi quindi un miglior consumo anche per chi ha gli occhiali del libero mercato.
Questo è ancora un dato che non si ritrova in questa teoria.
Il risultato è quello che abbiamo davanti agli occhi, lo ha detto bene il sindacalista questa mattina durante l'audizione. Chi dovrebbe tutelare i diritti, ormai, è debole; i sindacati in questo meccanismo all'interno delle fabbriche sono deboli; chi dovrebbe verificare è debole, un po' a causa di poche assunzioni, ma anche di una regia pubblica sempre più assente. Così è sempre più debole il sistema, quello collettivo, che, poi alla fine, a ricaduta, rende sicuramente deboli i lavoratori e il sistema che loro vivono quotidianamente.
Non mi stupisco che tante aziende vadano all'estero, compiendo scelte come quelle che ho enunciato, e si verifichino situazioni come quelle vissute, di cui la mancanza di manutenzione è un elemento sicuramente principale, ma anche il logoramento di chi lavora molte ore, come qualcuno ha già detto, e di chi, comunque, viene spremuto come un limone fino alla fine delle sue funzioni e possibilità, fino alla morte in questo caso.
Un altro risultato di questo bel meccanismo è sotto gli occhi di tutti: in questi anni, il profitto dell'impresa è aumentato del 90% - quindi lo sviluppo per qualcuno vi è stato - mentre i salari sono fermi al palo e si sono mossi di ben poco, per non dire, addirittura, che in qualche caso sono arretrati.
Questa mattina, in un dibattito alla televisione, che ho visto quasi per caso, un sindacalista diceva che il modello socialista che si confronta con quello del libero mercato, in realtà, ha vinto anch'esso e ha vinto per la realtà dei manager. I manager, forse, si trovano in un modello di socialismo reale - reale! - in cui, tutto sommato, hanno finanziamenti pubblici, una sorta di continua cassa pubblica e godono di un'assistenza piena. Tutto sommato, hanno un sistema egualitario al loro interno, che però, li porta ad essere anche protetti nel caso in cui sbaglino, loro ci sono, sono tutelati, sono sicuri, sono un sistema di eguaglianza e di tutela assoluta. Ecco, non tutti, qualche manager responsabile c'è, per fortuna, ma, purtroppo, sono sempre meno.
Approfitto della battuta di questo sindacalista che diceva che il sistema ha vinto, anche quello socialista reale, ma sopra la categoria dimenticando, naturalmente, gli altri che vengono gettati in questo sistema molto particolare, in cui tutto è permesso.
Eppure, ricordo ai Consiglieri che c'è un meccanismo che si chiama Costituzione, che ogni tanto mi piace citare tra questi banchi, perché ci compete, che vede la Repubblica come fondata sul lavoro e il lavoro quale frutto di dignità dei cittadini. Quindi, dovrebbe essere un diritto e un dovere per tutti quanti noi essere di fronte a salari dignitosi, alla sicurezza sul posto di lavoro e a un lavoro che non sia mercificazione dell'essere umano, come avviene nella precarietà e nella guerra tra poveri.
Questo meccanismo semplice e banale - mi dispiace ogni volta dover citare questa Carta fondamentale, ai più, purtroppo, non gradita nel mondo del panorama politico e sociale - però, garantirebbe, ancora sulla carta un sistema che non dovrebbe portarci ogni giorno a contare decine di morti o addirittura centinaia. Tempo fa avevo citato un paradosso relativamente ai cantieri della TAV Torino-Novara dove i Consiglieri regionali non potevano andare a mettere il naso, anche quando dicevano che volevano verificare la situazione degli operai che lavoravano al loro interno quindi qualcosa non va.
Tra le altre cose, un sistema come questo, di poca dignità. Penso che qualsiasi lavoratore prima tutela i suoi salari e poi la sicurezza che, a questo punto, è secondaria rispetto ad un problema di vita quotidiana.
Eppure, malgrado si parli molto da questi banchi, qualcuno che da questi banchi ha parlato ha sostenuto, in altre occasioni, la direttiva Bolkestein. Insomma, mi pare che vada tutto in senso contrario rispetto alle belle parole espresse da alcuni in quest'Aula.
Vanno in senso opposto, a riconoscere quel sistema che ho elencato prima di non sicurezza e di non dignità di chi lavora. Anche le esternalizzazioni che, ricordo al collega Ghiglia, si fanno sia nel privato che nel pubblico con delle scuse strane, magari, mettendo manager ad un servizio esterno in modo che si costituisca una cooperativa dando a lui quel pezzo di produzione.
Dicevo, le esternalizzazioni creano quella mercificazione del lavoro che cita spesso un professore, in questi tempi non di moda perché pensare troppo fa male, come Gallino, che ci dice che quella è la via migliore per arrivare al frutto a cui siamo arrivati oggi.
Credo sia il momento di fare delle scelte generali e globali e che occorra parlare di patti di insediamento, come diceva l'Assessore Bairati in un'intervista ieri, che tengano conto del territorio, dell'operaio come elemento amalgamato al territorio stesso, ai suoi spostamenti e al lavoro stesso. Quindi, parlare di operaio come individuo, come persona in un sistema di collettività, di società e di territorio.
Occorre avere il coraggio di parlare di globalizzazione anche in quei termini di legge che, finalmente, vadano a tutelare la dignità del lavoro e la sicurezza del lavoro e non buttino tutti in un grande calderone che è questo mercato finto e falsato da cui non si esce più.
La regia pubblica, volente o nolente, deve rimettere mano non soltanto per andare a tamponare i guai fatti da persone a volte irresponsabili, ma per dare finalmente una regia alle attività produttive nei controlli perch la regia pubblica vuol dire anche efficacia e sostegno dei controlli.
Badate bene che questo non vuol dire socialismo. Non sto proponendo, in un'ottica di visione utopistica, un modello socialista. Sto proponendo nient'altro che di un modello di mercato, in cui non mi riconosco comunque in un contesto di comunità. Quindi, non di mercato puro, selvaggio e fine a se stesso ma, in qualche modo, di comunità.
Credo che, finché non teniamo conto di questo dato, non ne usciremo più. Ci troveremo, purtroppo, tra qualche mese, quando calano i sipari e si spengono le telecamere, di nuovo a parlare dei problemi e chiedendoci come mai è successo e che cosa si può fare.
Personalmente, credo si possa fare un'iniezione di coraggio anche in alcune scelte che stiamo per fare da questi banchi.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Botta; ne ha facoltà.



BOTTA Marco

Grazie, Presidente.
Parto dalle ultime affermazioni del collega Bossuto, perché anche noi crediamo che la tragica catena di morti bianche e di infortuni gravissimi sul lavoro vada spezzata.
Tra l'altro - lo dico anche al collega Muliere, ma anche all'Assessore oggi, ad Alessandria, c'è stata un'altra morte sul lavoro. Un valenzano di 53 anni, Francesco Raselli, dipendente della San Marco Laterizi, ha perso la vita schiacciato da due carrelli, in un momento della lavorazione.
A fronte di queste notizie, che ci colpiscono ormai ogni giorno, è necessario un approfondimento ma, soprattutto, un'azione rigorosa e immediata. Tanto più che gli ultimi fatti colpiscono una Regione, il Piemonte, e una città, Torino - ma anche tante altre città piemontesi vengono colpite - che ha fatto della sensibilità sociale e degli apparati di controllo uno dei suoi punti di forza generali.
Come abbiamo già detto, gli incidenti sul lavoro, in Italia, sono circa un milione l'anno, con oltre 1.000 morti, con costi per la società che possono essere conteggiati in circa 40 miliardi annui.
Da ciò, possiamo trarre la conseguenza che il fondamentale diritto della persona alla vita e alla sicurezza non è garantito nel nostro paese.
È già stato fatta la comparazione tra i morti per incidenti sul lavoro e i morti in guerra in Iraq con cifre, purtroppo, tutte favorevoli ai morti sul lavoro.
Questo ci spinge a dire che, quotidianamente, anche nel nostro paese si svolge una vera e propria guerra a bassa intensità, nell'ombra e nel silenzio.
Assessore e Presidente, questo è un dato su cui noi dobbiamo riflettere: il quadro di riferimento della legislazione sulla tutela della salute e sulla sicurezza del lavoro è il più rigoroso e severo d'Europa. È un quadro che ci vede come primatisti non da oggi.
In Italia, la legislazione sociale sulla salute e la sicurezza sul lavoro è sempre stata "da primato" fin dagli anni '30, con l'istituzione dell'INAM, dell'INAIL e dell'INPS; successivamente, i rafforzamenti degli anni '50 (il DPR n. 547 e il DPR n. 303) fino a raggiungere l'apice con la legge 626 del 1994 e successive modificazioni, hanno reso il quadro normativo il più severo d'Europa.
Eppure, se questo è il quadro, non mancano i paradossi e le contraddizioni, a mio avviso, dovute all'inerzia di tanti di Governi nazionali e regionali, senza questioni di appartenenza politica.
Possediamo un primato di civiltà sociale e la legislazione sulla sicurezza del lavoro più severa d'Europa e, nel contempo, siamo i primi in Europa a detenere il primato lugubre di morti per infortuni sul lavoro.
Questi sono i dati dei morti nel 2003: in Italia 944; in Germania 804 in Francia 743; in Spagna 722; in Inghilterra 215; in Irlanda 47; in Svezia 57; in Grecia 56. Queste cifre fanno capire la dimensione del fenomeno a livello europeo.
Le industrie manifatturiere italiane sono riuscite, nonostante la grave recessione economica e la sfida della globalizzazione, ad aumentare il loro fatturato - come afferma il rapporto CENSIS 2007 - senza avere, nel contempo, nessun incentivo a investire in sicurezza.
Assessore, che dire della legge 123 del 3 agosto 2007, che delegava al Governo il riassetto della normativa in materia di sicurezza, a tutt'oggi priva di decreti delegati per la sua piena attuazione e rispetto alla quale la Regione Piemonte, a differenza della Regione Toscana, non ha emanato alcuna specifica circolare applicativa? Vedete, a parlare di sicurezza sul lavoro si fa in fretta, ma quando poi bisogna operare, lavorare, emanare circolari e fare i decreti attuativi non basta riempire le aule, i funerali e le interviste di chiacchiere.
Bisogna operare e bisogna fare. Purtroppo, non si fa! Nello specifico, sulla vicenda della ThyssenKrupp abbiamo letto tante affermazioni importanti, abbiamo letto delle ammissioni di responsabilità.
Abbiamo letto come il sindacato, per propria ammissione, abbia scelto nello specifico caso la soluzione dei problemi occupazionali ed una monitorizzazione del rischio rispetto al mantenimento di standard alti di sicurezza. L'hanno ammesso gli stessi delegati sindacali in alcune interviste, che il Corriere della Sera ha riportato.
Abbiamo visto come anche le amministrazioni locali, per loro diretta ammissione, abbiano affrontato e trattato di più il problema del mantenimento dei posti di lavoro che il problema della sicurezza in azienda. Questo è comprensibile, però sinceramente anche qui è mancata una sensibilità.
Mi fa un po' rabbia - l'ho detto, l'ho scritto e lo ripeto in quest'Aula - sentire tanti alti esponenti delle istituzioni che si stracciano le vesti quando parlano di sicurezza sul lavoro, ma quando sono stati coinvolti e sollecitati a non firmare l'indulto che cancellava le colpe e i reati non l'hanno fatto. Hanno controfirmato l'indulto, rendendo liberi e senza pesi tante persone responsabili di drammi.
È facile dire, è facile fare, ma bisogna avere coerenza: non ci si erge dal pulpito a declamare e poi si controfirma l'indulto in cui erano inseriti anche i reati sulla sicurezza del lavoro, colleghi. E spiace che questo sia successo.
In quest'intervento vogliamo cercare di dare anche qualche suggerimento. Forse non servirà, ma ci siamo sforzati di intervenire sul fatto non solo della polemica, ma anche della proposta.
Ebbene, noi crediamo che sia fondamentale che la Regione lavori con il Governo per una profonda revisione della legislazione nazionale e regionale in materia di sicurezza del lavoro, che senza derogare alle grandi conquiste di civiltà sociale del passato e del presente, la renda più efficace ed applicabile, prevedendo nel frattempo incentivi per le imprese più virtuose in materia di sicurezza e di infortuni.
Ci vuole una campagna attiva, Assessore, affinché si rinforzi l'impegno e lo sforzo comune di imprese, ispettori, delegati sindacali, assicurando una migliore sinergia operativa.
Bisogna allargare il dibattito sulla sicurezza a tutti i lavoratori e non solo alle burocrazie della sicurezza. E dirò di più: bisogna affrontarlo, purtroppo, sull'onda di questi fatti gravissimi dinanzi all'intera opinione pubblica affinché si sviluppi veramente una moderna e diffusa cultura della sicurezza che investa anche gli ambienti di vita altra pagina misconosciuta, su cui dovremo fare un Consiglio apposito (gli infortuni in casa e negli ambienti di vita).
Dobbiamo far sì che i posti mancanti in pianta organica presso le ASL nei dipartimenti di scurezza vengano coperti in maniera immediata. Anche qui non parole, ma fatti.
Dobbiamo agire affinché si crei un efficace coordinamento su base regionale tra i vari soggetti istituzionali a vario titolo competenti nella vigilanza e nell'ispezione dei luoghi di lavoro.
Sappiamo, colleghi, quante sono le istituzioni che hanno competenza in materia di sicurezza sul lavoro? Lo voglio ricordare: Ispettorato del Lavoro, Comando dei Carabinieri (nucleo specificamente preposto al mondo del lavoro), Ispettorato INAIL, Ispettorato INPS, Ispettori dell'ASL.
Ebbene, o noi creiamo un collegamento tra queste figure con un coordinamento vero tra queste istituzioni che hanno funzioni di vigilanza e di ispezione dei luoghi di lavoro - e questo sarebbe un compito importante che potrebbe fare la Regione Piemonte - oppure anche qui perderemo un'altra grande occasione.
In definitiva, come Gruppo, riteniamo di aver dato non solo dei momenti di critica, che pur esistono su alcune contraddizioni del nostro agire politico, ma avanzato anche tante proposte per migliorare una situazione che va assolutamente affrontata con rigore e severità.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente. Questa è una di quelle questioni, è uno di quei grandi problemi, è uno di quegli annosi argomenti su cui, come qualcuno ha detto prima, bisognerebbe avere il pudore di tacere.
Perché dico questo? Perché proprio la parte politica, che è quella che oggi si sta esprimendo in quest'Aula, ha delle enormi responsabilità. E queste responsabilità non hanno colore.
È facile fermarsi semplicemente a constatare quanto è avvenuto.
Personalmente sto raccogliendo una documentazione e devo dire che presso il mio Gruppo sono arrivate numerose segnalazioni, in gran parte anonime.
Ebbene, ho raccolto un dossier e dei documenti che fanno rabbrividire.
È lo Stato che ha abdicato a delle funzioni che gli competono e per le quali non solo ha il diritto, ma ha il dovere di intervenire. Quello Stato che, a prescindere dal colore del Governo, ha preferito mettere la testa sotto l'ala o sotto la sabbia, scegliendo di non vedere cose che invece andrebbero analizzate.
Si sente dire che c'è qualcosa che non funziona - e su questo siamo tutti d'accordo - che ci sono tantissime cose che andrebbero migliorate che è vergognoso il comportamento di chicchessia. Poi c'è anche qualcuno che da una parte politica accusa l'altra, come se si fosse indenni da qualsiasi responsabilità. Ma, ripeto, la responsabilità è collettiva.
Io ho documenti che risalgono al 2001 e finiscono a tre mesi fa, e in questo arco di tempo le responsabilità e i Governi si sono succeduti. Come qualcun altro diceva, l'aspetto della sicurezza sul lavoro è molto simile a quello della sicurezza in senso lato: non ha colori e ha un'unica responsabilità, quella dello Stato che ha abdicato a delle sue funzioni.
Perché l'ha fatto nell'ambito del lavoro? Si potrebbe pensare, si potrebbe intuire che nel rapporto con le imprese c'è un peccato originale: il fatto che non bisogna disturbare eccessivamente le imprese, perché le imprese (grandi, piccole o medie che siano) sono quelle che determinano lo sviluppo, sono quelle che assicurano il livello occupazionale.
Disturbare eccessivamente le imprese nell'esercizio delle loro funzioni diventa pericoloso, diventa controproducente. Anziché pensare a incentivare l'attività di impresa con altri sistemi, magari di natura fiscale, si pensa di chiudere un occhio su determinate cose perché così la ruota può scorrere in modo più semplice, senza eccessivi intoppi.
Ebbene, è questo che non funziona, è il sistema che non funziona. E ripeto, non è questione di parte.
Dai documenti che mi sono giunti purtroppo le responsabilità sono estremamente diffuse. Sono riuscito a recuperare dei giornali del 2001, in cui alcuni organi preposti al controllo (mi riferisco agli ispettori delle ASL) denunciano a gran voce le disfunzioni esistenti in quel settore. Parlo dell'aprile 2001, quando gli organici erano insufficienti, i mezzi erano inadeguati e già allora si profilava una situazione tutt'altro che rassicurante.
Oggi, in questa sede, parliamo di una tragedia. È emerso a gran voce da tutti (se lo dicessi solo io conterebbe poco), anche da coloro che dovrebbero sapersi assumere una responsabilità, che c'è una grande disfunzione. Parliamo, quindi, sempre della disfunzione e non riusciamo ad adottare in tal senso dei sistemi risolutivi e correttivi.
Addirittura, in questi articoli di giornale, mi è capitato di leggere un'intervista ad un Magistrato che oggi, in prima linea, accusa a gran voce la diffusione di reati di un certo tipo nelle aziende, e rassicurava invece, coloro che manifestavano e si lamentavano qualche anno fa, dicendo: "È vero, la situazione tutto sommato dovrebbe migliorare, però state tranquilli perché quella piemontese non è fra le peggiori. Ci sono Regioni che vivono situazioni ben peggiori!".
Ma se è questo il criterio di valutazione, e se dobbiamo sempre trovare un alibi, ovvero che c'è qualcuno che si comporta peggio di noi, per poter mettere la nostra coscienza al posto, non arriveremo da nessuna parte.
Nel concreto, qualcuno fra i banchi della maggioranza - se non erro, è stato il Consigliere Laus - chiedeva all'Assessore di rivedere l'impostazione relativa al settore dedicato specificatamente alla sicurezza nei luoghi di lavoro, che dovrebbe confluire nell'ambito di un settore più ampio.
Io non voglio, perché non è mio costume, entrare nel merito delle responsabilità altrui; ciascuno deve fare il proprio lavoro. Mi permetto soltanto di sottolineare l'opportunità di riflettere: ciascuno lo farà con la saggezza, la capacità e la volontà che gli appartiene.
Riflettiamo, però, sull'opportunità di ridurre, anziché di potenziare determinati settori.
Noi sentiamo sempre parlare - mi rivolgo agli amici della sinistra - di "prevenzione", una parola che oramai mi ha completamente riempito il cervello. La prevenzione è un concetto bellissimo, di cui non si può fare a meno. La cultura della prevenzione in tanti ambiti è essenziale.
Ma qualcun altro, sempre dai banchi della sinistra, mi ha riempito il cuore, perché ha parlato di "tolleranza zero".
La "tolleranza zero" non rientra nell'ambito della prevenzione.
"Tolleranza zero" significa che, esperito tutto quello che si deve poter esperire nell'ambito della prevenzione, c'è il momento della repressione. E repressione significa sanzione. Ma se la sanzione, come sosteneva prima il Consigliere Pichetto, se non erro, significa "sburocratizzazione" di determinate azioni, non risolviamo nulla.
Dobbiamo saper organizzare livelli di controllo capaci di sanzionare al momento opportuno e senza paura di toccare quei livelli che noi riteniamo essenziali per il nostro sviluppo, perché più essenziale - questa non è demagogia né retorica - è la vita di un operaio.
Grazie, Presidente. Sono stato preciso e puntuale.



PRESIDENTE

Come sempre. Grazie, collega Buquicchio.
Ha chiesto la parola il Consigliere Auddino; ne ha facoltà.



AUDDINO Angelo

Grazie, Presidente.
Ringrazio, in particolare, gli Assessori Artesio, Migliasso e Caracciolo (ma anche gli altri colleghi presenti) per non essersi sottratti a questo importante dibattito.
Credo che un dibattito come questo sia utile se offre dei suggerimenti delle proposte o se propone dei fatti concreti. E ritengo che nella discussione siano state avanzate alcune proposte e siano emersi alcuni suggerimenti. Qualche riflessione cercherò di portarla anche io.
I fatti dolorosissimi dei cinque morti della ThyssenKrupp, i cinque morti di luglio a Fossano del Molino Cordero, hanno messo in evidenza un aspetto veramente grave; la drammatica situazione nei posti di lavoro.
Credo che come Consiglieri regionali, come Governo della Regione Piemonte ed anche come struttura tecnica della Regione, che ha compiti ben precisi dobbiamo riflettere. Perché se fatti come questi capitano, vuol dire che c'è qualcosa nel sistema che non funziona perfettamente o non funziona come tutti auspichiamo e ci aspettiamo.
Dopo il cordoglio e la fase del dolore, deve seguire una fase di analisi: si deve pensare cosa fare e cosa si può correggere per evitare che episodi simili si ripetano, ma anche per evitare che si ripetano quei numerosissimi incidenti che non fanno notizia ma che, quotidianamente avvengono in tutti i posti dove l'uomo presta la propria opera, ovvero dove si lavora, dove c'è un cantiere.
Dobbiamo chiederci qual è il ruolo della nostra Regione in queste materie, quali sono i suoi compiti e le sue competenze, quali sono i mezzi dobbiamo andare a scoprire se ci sono delle carenze e, in quel caso, capire cosa si può fare per evitare che continuino a persistere.
Com'è stato rimarcato da tutti, credo che le competenze della Regione in materia di prevenzione sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni siano notevoli.
La riforma del 1978 assegna alle ASL compiti ben precisi, direi quasi esclusivi. Perché sebbene lo Stato possa intervenire, lo fa ormai in modo marginale con l'Ispettorato del Lavoro, che ha compiti ben limitati e soltanto nei cantieri di edilizia. Quindi il "grosso" è soprattutto svolto dalle nostre ASL (conseguentemente anche dalla Regione), che, tramite i cosiddetti servizi di SPreSAL (Servizi di Prevenzione, Salute e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro), hanno un'enorme competenza e una grande complessità.
Bisogna capire cosa occorre fare in questo settore,probabilmente qualche intoppo impedisce al sistema di funzionare pienamente, visto che i compiti sono tantissimi: dalla prevenzione alle malattie professionali dalla tutela della sicurezza sui posti di lavoro all'informazione, alla formazione, all'assistenza, agli accertamenti, alla vigilanza. Parliamo quindi, di una grande mole di lavoro in un settore vastissimo.
Credo quindi - non solo oggi, ma anche in futuro e anche nelle Commissioni competenti - che si dovrà affrontare questo problema e capire se le risorse sono adeguate. Il Piano Sanitario che abbiamo varato circa un mese fa, innalza opportunamente le risorse dal 3% della spesa sanitaria complessiva al 5% (si tratta di cifre elevate). Occorre capire se il personale è sufficientemente preparato. Perché è il nostro personale quello che dipende dalla Regione Piemonte, ad essere, in primis responsabile di ciò che avviene sia nella prevenzione sia nella repressione degli infortuni.
Ed è vero, noi dobbiamo puntare alla "tolleranza zero", ma io aggiungerei "infortuni zero". È questo l'obiettivo. Se è un obiettivo importante il diritto al lavoro, ancor più importante e primario è il diritto alla vita. Noi, come Consiglieri e come governo del Piemonte dobbiamo ritenere questo come obiettivo fondamentale del nostro lavoro.
Ritengo che sia insufficiente nella struttura la parte che si dedica alla formazione e alla prevenzione. Efficaci sono le verifiche, il monitoraggio e quanto si svolge dopo gli incidenti, i controlli effettuati a posteriori. Bisogna però puntare di più sul coinvolgimento "prima" ed evitare che i fatti accadano.
Questo è possibile, perché abbiamo anche delle persone preparate nelle varie ASL e nei vari servizi, ma che probabilmente, per una serie di impacci, non riescono a svolgere questa funzione. Occorre coinvolgere come diceva qualcuno - i lavoratori tutti. Non può essere possibile, per esempio, che il lavoratore rumeno citato dal collega Ghiglia, precario e clandestino, non conosca i suoi diritti basilari: non si può lavorare in un ambiente come quello da soli, bisogna essere in squadra o come minimo in due anche per dare l'allarme in caso di incidente. Quello però non è avvenuto, il lavoratore rumeno è stato ingoiato dalle fogne,morendo atrocemente.
Credo che sia necessario, Assessore Artesio e Assessore Migliasso puntare a progetti specifici sulla formazione del personale, combattere quella che diventa "assuefazione" nelle aziende.
Quante volte chi va in un'azienda vede, per esempio, davanti ad un'uscita di emergenza un ingombro, magari un cassone per il materiale, ma che diventa poi un'abitudine e nessuno più si accorge che quello è un gran pericolo in caso d'incendio o in caso di necessità di esodo.
Bisogna combattere con progetti specifici l'accettazione dello status quo nei posti di lavoro. A volte, anche la conduzione è a-critica in questi luoghi. Spesso sia da parte datoriale sia da parte dei lavoratori non si guarda più con criticità,ci si abitua a convivere con il pericolo, senza pensare che il pericolo è in agguato e un incidente può avvenire all'improvviso.
Penso che nelle aziende bisogna favorire il lavoro "sano", a questo bisogna puntare - come diceva il collega Larizza - non solo a raggiungere gli obiettivi di qualità o di fatturato.
Quante volte visitando un'azienda troviamo il direttore o il proprietario con i grafici alle sue spalle contento del raggiungimento di obiettivi importanti. Mai abbiamo visto un grafico che illustri gli obiettivi di sicurezza della salute e degli incidenti.
Credo che dobbiamo favorire gli organismi "paritetici". A Torino e in Piemonte esiste il CIPET. Per l'edilizia è un'istituzione molto importante.
Questi enti sono formati sia da parte imprenditoriale sia da parte dei rappresentanti dei lavoratori e dai lavoratori stessi e devono agire in modo super partes, in modo critico,alla ricerca della sicurezza sempre più avanzata. Lo stesso dovrebbe avvenire per i posti di lavoro fisso,come le fabbriche.
Ci sono ottime leggi, per questi posti come spesso accade in Italia hanno una durata ed un tempo limitato, dopodiché diventano routine.
Penso ad esempio alla legge 626/94, che regola la sicurezza nei posti di lavoro fissi,penso alla legge 494/96 nei cantieri. Grande movimento e grande interesse ha suscitato nei primi tempi, poi la cosa diventa routine diventa normalità.
Bisogna operare in modo tale che in questo settore ci sia in continuazione una forte attenzione. Bisogna anche evitare - e questo secondo me, è un difetto gravissimo delle leggi - che si esoneri quasi totalmente il datore di lavoro da certe responsabilità, soprattutto nelle piccole imprese, dove avvengono moltissimi incidenti.
In Italia è molto facile iscriversi ad una partita IVA o alla Camera di Commercio e trasformarsi da contadino in imprenditore, da casalinga in imprenditrice. Occorre, secondo me, una qualifica per queste attività. Se si utilizzano terzi, se si utilizza manodopera,se si utilizza l'uomo nella propria azienda, non può essere data a chiunque la patente per svolgere un'attività senza avere un minimo di istruzione ed un'adeguata competenza.
Taglio velocemente sul lavoro precario,ritengo che il lavoro precario sia antitetico alla sicurezza del lavoro. Altri su questo sono intervenuti in modo esaustivo.
Vorrei dire - e mi riallaccio a quello che diceva il Consigliere Buquicchio - che la prevenzione è l'unica risposta possibile. Però per attuare una vera prevenzione bisogna essere organizzati ed attrezzati.
Occorre che questa diventi anche una questione culturale. Credo che alla lunga la prevenzione sia la strada più giusta da percorrere da un punto di vista morale verso i lavoratori, la più giusta verso l'umanità, e alla lunga credo che sia anche la sua più economica per una società avanzata come la nostra.
Quindi, bene ha fatto il Piano Sanitario a puntare moltissimo sulla prevenzione.
Questo i cittadini, i lavoratori, si aspettano dalla Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pace.



PACE Massimo

Credo che dopo tutti questi interventi forse sia utile anche allargare un po' lo sguardo, perché credo che mai come in questi giorni si dimostra che ha sbagliato e sbaglia chi pensa, teorizza, ma soprattutto opera secondo il principio che nel mondo del lavoro c'è bisogno di più libertà, e che visto che siamo tutti uguali - che quindi non c'è nessuna differenza tra datore di lavoro, impresa e lavoratore dipendente - per questo motivo e proprio perché siamo tutti uguali, non servono più i contratti, non servono lacci e lacciuoli, ma soprattutto non serve più lo Statuto dei Lavoratori.
Chi ha voluto e votato la legge n. 30 sta in questa scia, cioè di quelli che sono convinti che basti lavorare, ma poi su come, dove e con quali condizioni economiche e normative di sicurezza diventa una variabile indipendente.
Si pensa che i diritti sono solo un costo, un vincolo che non aiuta la competitività e la produttività delle imprese.
Di fronte alle morti sul lavoro, ai tantissimi infortuni ed ad una scarsa attenzione agli investimenti in sicurezza, in particolare in edilizia e nell'industria manifatturiera, si trova la risposta alla concretezza di tante teorie così tanto declamate.
Direttamente collegato al tema della sicurezza è il tema della precarietà e dell'eccessiva frammentazione dell'esperienza di lavoro, che non permettono la maturazione di una professionalità e di quella competenza o abilità, che è data solo dalla continuità di un'esperienza di lavoro cioè un lavoro a tempo indeterminato.
Credo che sia la fidelizzazione del lavoratore l'obiettivo più importante di un'impresa che vuole essere vincente. Quindi, non si capisce perché la precarietà sia così desiderata e predicata da una parte del sistema economico.
È vero che negli ultimi anni si è assistito al passaggio da una forte disoccupazione ad un mercato del lavoro meno impenetrabile. Ed occorre sicuramente una lettura non ideologica che sappia indicare anche gli elementi positivi della flessibilità, cioè di un percorso professionale più ricco di esperienze.
È questo il punto: a chi serve la precarietà e l'insicurezza del lavoro? Io credo che il tema della precarietà serva solo a chi pensa che i diritti siano un puro costo.
Non dobbiamo solo aumentare le pene, perché quando ci sono situazioni così drammatiche viene voglia di chiedere di intensificare le pene, le restrizioni; se vogliamo aiutare il mondo del lavoro e i lavoratori dobbiamo allargare le tutele.
Questa è la sfida: allargare le tutele a tutti i lavoratori, perch questa è la vera risposta di uno Stato sociale.
Oggi non sappiamo esattamente cosa succede alle imprese e ai lavoratori che non sono dipendenti della ThyssenKrupp, ma che lavorano al suo interno.
Non lo sappiamo, perché, se sono aziende sotto i 50 dipendenti, non hanno diritto alla cassa integrazione e a pezzi di stato sociale, di cui alcuni godono (in Italia ci sono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B).
Dobbiamo, dunque, allargare i diritti.
Permettetemi un'ultima questione, perché voglio sottolineare un aspetto molto importante per la nostra regione: diamo più voce ai giovani lavoratori, diamo più voce a questi giovani invisibili, ai 500 mila apprendisti presenti in Piemonte! Sono giovani che lavorano, ma che non fanno opinione! Sono tanti anni che mi impegno in questa direzione e credo che dovremmo impegnarci tutti nel mettere seriamente i giovani in condizioni di costruire il loro futuro. E questo potremo farlo solo se continueremo ad impegnarci per estendere e tutelare i diritti nel mondo del lavoro.
Nei prossimi mesi avremo un appuntamento importante e significativo: discutere, affrontare e approvare il disegno di legge n. 483, presentato dalla Giunta, in materia di lavoro, occupazione e sicurezza.
La ringrazio, Presidente, e mi scusi per il tempo che ho utilizzato.



PRESIDENTE

Colleghi, sono iscritti a parlare i Consiglieri Dalmasso e Moriconi per la maggioranza; per le opposizioni, i Consiglieri Burzi, Rossi e Cavallera.
La parola, dunque, al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente. Mi scuso con i colleghi perché molti interventi che si sono succeduti nella mattinata, sull'argomento, sono avvenuti in mia assenza, ma è Natale e, ahimè, questo comporta un aggravamento talora inutile delle procedure che svolgiamo.
Questo, tra l'altro, mi permette anche di intervenire, su un tema che considero estremamente importante, in qualche modo non condizionato dagli interventi precedenti, e mi scuso ancora per non averli sentiti.
Credo che si possa partire dalla tragedia della ThyssenKrupp o, come più corretto sarebbe, non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, dalla drammaticità che, al di là del caso Thyssen, non fa altro che rendere evidente un problema. Si tratta di un problema che non solo esiste, ma è sistemico.
I 1.300 morti l'anno sul lavoro nel territorio nazionale e il centinaio in Piemonte sono dati che oggettivamente non possono non atterrire chiunque, al di là dei valori etico-morali connessi con la perdita anche solo di una persona. In più, sono dati che hanno una qualche sistematicità.
Infatti, la diminuzione significativa che c'è stata una quindicina di anni fa, se devo cercarne un inizio, del numero di incidenti cruenti e mortali mentre il numero assoluto degli incidenti temo non abbia affatto avuto una diminuzione, se non rapportata con il minor numero di ore lavorate, perch c'è una connessione drammaticamente proporzionale tra due cose, lascia il problema inalterato.
Il caso ThyssenKrupp serve invece a quest'Aula - a me piacerebbe servisse - per riflettesse sulle cose che si possono o si debbono fare e su quelle che non si debbono fare.
Non so se nel corso della mattinata si sia riflettuto su cosa l'Aula non deve fare e non può dire. L'Aula non deve partecipare, come troppo spesso avviene sui giornali - e il caso ThyssenKrupp non è affatto un'eccezione - a processi prematuri, svolti come molto spesso capita irritualmente, né lasciarsi trascinare da una serie di opinioni sulla cui autorevolezza non intendo disquisire, chiunque le abbia fornite, ma che sono del tutto ininfluenti sull'indagine vera e propria, su un caso così drammatico.
L'Aula dovrebbe assumere, sulle indagini di qualunque incidente sul lavoro, ancor più quando questo avesse un esito mortale, un atteggiamento rigoroso.
In questo caso, insisto con la tragedia degli operai morti, ma capita molto spesso, anche in casi fortunatamente non così cruenti, che se ne discuta sui giornali; poi ci può essere "Anno zero", piuttosto che qualche trasmissione televisiva più o meno seguita (con il collega Larizza abbiamo partecipato a una di esse, non ritengo tra le più seguite, ritengo tra le più civili). Mi permetto di dire che sono totalmente inutili, non dal punto di vista della comunicazione, ma del nostro lavoro. Quindi, non serve fare processi inutili, ma occorre fare in modo che avvengano le indagini e, se di necessità, processi, qualora le responsabilità vengano accertate, come in questo caso.
Certo, siamo un'assemblea legislativa di una regione che ha determinate radici. Il Piemonte ha dato origine a buona parte del sindacato manifatturiero come viene inteso nel nostro Paese; questa è una regione che ha svolto nella storia della medicina del lavoro un ruolo importante.
Per carità, come all'interno del sindacato, anche all'interno della medicina del lavoro e quindi dell'università, ci sono anime diverse che si sono confrontate in questi anni.
Anche sui giornali si leggono pareri che, oltre a commentare la tragedia esistente, in qualche modo possono sembrare conseguenze di dibattiti e di controversie sulle competenze, il che non può sfuggire all'occhio del lettore non disattento, attorno a chi deve fare che cosa.
Nell'ambito delle università e dei corsi di formazione si sono svolte delle lotte significative, legittime, ma che oggi trovano quasi una forma per esprimerne le code attorno a degli incidenti mortali. La stessa legislazione sul lavoro ha avuto e ha, nel mondo piemontese, un suo momento d'eccellenza. La storia di Guariniello e dei suoi è una storia che ha comunque connotato decenni di attività, nel suo ambito, in questa regione e non solo, quindi avremmo tutti gli elementi per occuparcene.
Non l'abbiamo fatto abbastanza? Può essere. Colpa grave, se non l'abbiamo fatto abbastanza; colpa molto grave, perché non siamo in un'area dove non ci sono gli elementi per esprimere considerazioni.
Mi considero esentato dal partecipare, se non tirato per gli scarsissimi capelli che mi onoro ancora di tenere uno per uno, ma non sono il solo, sul mio cranio, a partecipare ad un dibattito dal titolo "Colpa di chi?", o "di che cosa?". Certo, la ThyssenKrupp non è uno sperduto cantiere edile in una delle nostre valli, in una delle nostre province, ma è un cantiere che vedo lì da quando sono passato per la prima volta in Corso Regina. Ha semplicemente cambiato più volte proprietà. Il processo produttivo è uno dei più noti e dei più tradizionali, pur nelle sue evoluzioni nell'ambito del manifatturiero. Siamo all'interno di una multinazionale che ha altri impianti significativi, basta andare in Umbria (non a caso si chiama ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni). Il sindacato oserei dire la FIOM, conosce certamente quegli stabilimenti, quel mondo perlomeno ha tutti gli elementi per conoscerli.
È evidente che - non lo dico certo come accusa, perché la difesa del posto del lavoro è un tema che andrebbe da essere svolto, se possibile, non in presenza di emergenze o elementi con un altissimo tasso di più che dovute emotività come oggi - ove la difesa del posto di lavoro, e non del lavoro, abbia trovato un qualche grado di minor attenzione, di minor tutela, come diceva prima il Consigliere Pace (non casualmente ha una formazione non lontana dal mondo sindacale di cui sto parlando), non la troverei un'accusa incomprensibile, troverei che sia, o debba essere, un elemento di riflessione, anche per il mondo del sindacato, così come per il mondo della medicina del lavoro.
Tuttavia, chiunque abbia ricoperto la carica di Assessore al patrimonio è colpito da un fatto: nelle strutture della sanità pubblica, in certi casi, ci sono le competenze, le professionalità, oserei dire le rigidità dovute, non dovute, comunque sistemiche - e se uno sentisse altre voci che vengono dal mondo degli operai, delle famiglie degli operai, dei manutentori, dei fornitori di manutenzione, è come se raccontassero storie molto diverse le une dalle altre.
Non è compito nostro, l'ho detto prima, arrivare al merito di quella verità, perché compete ad altri. Compete alla Magistratura. Il nostro compito è occuparci del fatto che in Piemonte, nel Piemonte del 2007 muoiono, mediamente, 100 operai all'anno, tutti gli anni.
Forse, da questo punto di vista, da legislatori, non certo dimenticando le nostre radici politiche, ma avendo ben chiara la dimensione del problema di oggi, discutendo di come questo problema si sia andato incancrenendo e non risolvendo, se possibile astenendoci il più possibile dall'ideologia che non è assente, non può essere assente, ma non deve essere elemento condizionante, il problema c'è. Emerge il problema di come la Regione Piemonte, con l'Assessore competente, con la Giunta competente in materia con l'Assemblea che ne è sovrana in termini di legge, debba urgentemente provvedere. Cento morti all'anno sono un giudizio che pesa non su questa legislatura, ma su questa Regione. Dovremmo fare i legislatori; partecipare a processi mediatici lo considero inutile, forse deleterio.
Se un automobilista mi insulta dalla sua auto, come dico spesso, non ricambio gli insulti, ma se scendo dalla mia auto non scendo per parlare dei genitori del guidatore, ma per esprimere, in maniera concreta, la mia disistima al suddetto automobilista.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Dalmasso; ne ha facoltà.



DALMASSO Sergio

Grazie, Presidente.
Molti Consiglieri ed Assessori hanno partecipato lunedì alla manifestazione che si è svolta a Torino. Una manifestazione tesa, colma di rabbia, colma di ira non solo comprensibile, ma anche giusta, per molti aspetti, che si è rivolta in molti casi contro le stesse forze sindacali.
Il problema è sempre più quello di una classe operaia lontana, sconfitta di una lontananza totale della stessa politica - ci mettiamo dentro tutti anche noi - rispetto ad una condizione di lavoro fortemente peggiorata in questi anni rispetto anche alle dirigenze sindacali.
I lavoratori della ThyssenKrupp sono morti dopo otto ore di lavoro dopo il tempo di percorrenza dalla propria abitazione alla fabbrica, ed erano alla quarta ora di straordinario. Le buste di paga di quei lavoratori contenevano, in molte giornate lavorative, di 15 ore, quindi al di là di ogni controllo e di verifica.
C'è stata una fase nel nostro Paese in cui il vento sembrava spingere in altri, direzione in cui le condizioni di lavoro e il pericolo venivano messi fortemente in discussione. Uno slogan del Partito Comunista di fine anni '60 recitava: "Al lavoro, come alla guerra", criticando e denunciando fortemente il fatto che chi lavorava rischiasse la vita. Gli opuscoli, i volantini, la propaganda di quel partito che diventava senso comune in larghi strati di questo Paese, denunciava il fatto che ogni giorno ci fossero x morti, x feriti, x incidenti gravi, x persone invalide a vita.
In quella stagione, uno slogan che il movimento sindacale e la classe operaia portarono all'attenzione di tutti era: "La salute non si vende".
Quello slogan indicava la comprensione di questo problema così grave e una coscienza diffusa. La salute e la vita, erano più importanti anche del grande bisogno che sempre ha agitato questa società. Il rumore e l'uso di sostanze nocive e sostanze tossiche producevano proteste, richieste di analisi e di intervento specifico nell'ambiente di lavoro. Le stesse piattaforme sindacali contenevano, oltre a richieste salariali e orario tematiche di questo tipo. La stessa campagna per le 40 ore prima e quella per le 35 ore, iniziata e poi abbandonata, trattava anche questi temi.
In Italia ci fu un grande impegno sindacale con Torino all'avanguardia.
Vorremmo ricordare il ruolo che Medicina Democratica ebbe in quegli anni con una grande figura, quella del dottor Maccacaro, ma anche quella di sindacalisti, come Angelo Dina, torinese, che tanto si spese su questi temi. Parlo del tema dell'inchiesta sulla condizione operaia, del rifiuto della delega, del rifiuto del rischio e di tutto quanto fosse nocivo.
Quella che noi, con il nostro gergo, chiamavamo allora analisi sul campo e tentativo di intervento.
È ovvio che il drammatico incidente, i cinque morti alla ThyssenKrupp i cinque morti di Fossano, quelli singoli che non fanno audience, di cui i giornali neanche parlano, e tante persone che vengono coperte nelle loro morti magari perché sono state assunte in nero, pongono il quadro di un arretramento profondo in questi anni che, secondo noi, inizia da quando il problema del costo del lavoro è stato visto come l'unica causa, l'unico elemento su cui intervenire.
Il taglio di punti sulla scala mobile nel lontano 1985, l'ultimo grande impegno che ebbe il Segretario del Partito Comunista, Enrico Berlinguer, fu il primo di questi atti. La soppressione totale della scala mobile tra il 1991 e il 1993 con atti successivi fece sì che le rigidità crollassero tutta la campagna ideologica sull'aumento di flessibilità della forza lavoro è andata fortemente verso questa riduzione. Il processo di riduzione dell'occupazione ha accresciuto tutte queste contraddizioni.
La globalizzazione e il confronto con altre economie che hanno condizioni di lavoro infinitamente peggiori - penso a quello che a volte chiamiamo ancora il "terzo mondo", ma che è il mondo sottosviluppato, in molti casi con economie fortemente emergenti, come quelle dell'India e della Cina, in cui le condizioni di lavoro sono tragiche - hanno fatto sì che queste condizioni peggiorassero. Un'economia mondiale in cui si possono spostare capitali, aziende e forza lavoro sostanzialmente da un giorno all'altro, in un tempo quasi reale, produce una maggiore insicurezza, una maggiore incertezza, una mancanza totale di una qualunque visione per il futuro.
Non sono a scuola da oltre due anni e mezzo, quasi tre, ma vorrei che si riflettesse su quale incertezza ricade sui giovani, su quale modificazione del senso comune dei giovani produce una soluzione di questo tipo. Parlo di ragazzi e ragazze di 18-20 anni o anche più, che pur andando a scuola, pur studiando, pur avendo una qualificazione professionale maggiore rispetto ai loro padri, non hanno alcuna certezza su quale potrà essere il loro futuro, ma sanno che la loro attività lavorativa, se ci sarà, sarà soggetta a queste regole e a queste leggi.
Sembra avere vinto, anche dal punto di vista culturale e del senso comune, un'ideologia che accetta questa precarietà, che vede come normale che il lavoro venga suddiviso sempre di più in appalti e in subappalti, ma ad ogni appalto e subappalto c'è un peggioramento ulteriore delle condizioni di lavoro e delle condizioni salariali. Si accetta come fatto ovvio il lavoro in nero, che denunciavamo come proprio di una parte di questo paese ma che speravamo si potesse progressivamente eliminare invece, il ricorso al lavoro nero oggi è ulteriormente aggravato dalla disoccupazione, dal disponibilità ad accettare qualunque lavoro e a qualunque condizione, da un'immigrazione che, evidentemente, accresce questo problema.
L'ordine del giorno che il nostro Gruppo ha presentato con altri Gruppi cerca di offrire non soluzioni miracolistiche, ma alcune soluzioni parziali a questa drammatica realtà.
Concordiamo con quanti hanno detto che le parole del Presidente Napolitano sono di grande importanza. Testimoniano una sensibilità che questa figura ha dimostrato di avere in tutto il corso della propria vita ma parlare solo di controlli, di controlli insufficiente, di un numero insufficiente di ispettori e di ispezioni, è solo una parte del problema.
La questione che altri Consiglieri hanno sollevato è quella di un diverso ruolo sindacale, di una capacità di organizzarsi che i lavoratori devono avere affinché non accada più che la gente ci venga a dire che abbiamo sollevato e denunciato questo tema tante volte, ma non vi è stata risposta alcuna fino al momento drammatico dei tanti morti.
Speriamo di non dovere dire le stesse cose al prossimo incidente che avvenga a Torino o a Napoli o a Palermo, perché, veramente, crediamo che il problema sia collettivo e neanche puramente e semplicemente nazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Oreste

Signor Presidente, l'argomento di oggi non è certo un argomento piacevole da affrontare e discutere. È un argomento che parla di morti, di sofferenza, di menomazioni, di familiari che per tutta la vita dovranno sopportare un peso a volte veramente insopportabile.
Solo questa mattina, dalle notizia Ansa ho appreso che altre due persone sono morte per cause di lavoro. Questa mattina, in una fornace di Valenza è morto un operaio di 53 anni, Franco Roselli, e sempre questa mattina è morto a Venezia un altro operaio di 55 anni. Quindi, è un elenco che si aggiorna non solo di giorno in giorno, ma, addirittura, di ora in ora. Si tratta di persone che non ci saranno più.
A tutte queste vanno aggiunte quelle persone, tante di più, che invece, rimangono mutilate a vita o devono sopportare sofferenze incredibili per rimettersi, come ad esempio l'unico operaio ad oggi sopravvissuto nel disastro della Thyssen in grado di parlare e di muoversi perché gli altri due sono in condizioni disperate. L'unico che si è salvato sta soffrendo terribilmente. Dalle sue dichiarazione apparse sui giornali si apprende che non riesce neanche a dormire, se non quando di fatto si addormenta, perché non ce la fa più a stare sveglio, ma con incubi. È un'esperienza simile a quella che provano le persone che hanno subito un incidente anche senza morire, ma, purtroppo, che si portano dietro ricordi terribili per tutta la vita, insieme con la loro famiglia e i loro figli.
Sono contento che, nel frattempo, il Consiglio abbia già stanziato un fondo apposta, che abbia approvato un progetto di legge condiviso da tutti i Consiglieri finalizzato ad aiutare le vittime sul lavoro, però i dati fanno paura, perché sono dati da guerra. Lo ricordavo recentemente, ma credo sia giusto ricordarlo anche oggi.
Secondo l'EURISPES, il bilancio sugli infortuni sul lavoro è peggio di una guerra. È stato presentato alla Camera dei Deputati un rapporto che rileva come, dal 2003 al 2006, nel nostro Paese i morti sul lavoro sono stati 5.252. Pensate che dall'aprile 2003 all'aprile 2007 i militari morti in Iraq sono stati 3.520! Noi stiamo parlando di un incidente ogni 15 lavoratori e di un morto ogni 8.100 lavoratori. Sono dati veramente impressionanti, pari ad un costo sociale di 50 miliardi di euro l'anno. A tutto ciò, come dicevo prima, va aggiunto tutto il danno, anche assai più grave di quello sociale, il danno fisico per chi subisce, per chi rimane e per i loro parenti, conoscenti e amici.
In particolare, secondo l'EURISPES, gli incidenti succedono quando le persone sono poco preparate, quando sono stanche, quando lavorano troppo quando, magari, hanno utilizzato sostanze che non dovevano utilizzare quando non hanno dormito la notte, quando sono sfruttate, magari con contratti di lavoro particolari, sottopagati o pagati a cottimo (peggio ancora, quindi, più si lavora più si guadagna). Allora non ci si ferma mai fino a quando il corpo non ce la fa più; quando il corpo non ce la fa più c'è l'errore e l'errore, specie nell'edilizia, può costare la morte (infatti, è proprio nell'edilizia che si verifica il maggior numero di incidenti sia di morti).
L'età media di chi perde la vita è di circa 37 anni ed è terribile perché è un'età molto bassa: si tratta di persone colpite nel pieno della loro vita, quando hanno ancora molto da dare, ed è un altro danno gravissimo. Tenete conto che ogni anno in media muoiono in Italia 1.376 persone sul lavoro. A tutti questi dati che ho elencato ne vanno aggiunti altri che ritengo vadano tenuti in considerazione, relativi a coloro che muoiono non per un incidente sul lavoro, ma per un incidente stradale.
Tuttavia, se uno fa l'agente di commercio ed ha un incidente in macchina e muore, è vero che nelle statistiche non viene calcolato come incidente sul lavoro, ma in realtà è morto perché stava lavorando. Se un camionista ha un incidente e muore sul camion è morto perché ha avuto un incidente mentre stava lavorando, anche se per le statistiche non è un incidente sul lavoro.
Bisognerebbe tenere conto, in particolare, di quelli che muoiono mentre si recano a lavorare, non mentre stanno lavorando, perché se uno muore investito mentre va al lavoro non è considerato morto sul lavoro, ma morto sul tragitto che lo portava o al lavoro o durante il ritorno dal lavoro.
Sono questioni da tenere assolutamente in considerazione.
Dobbiamo puntare sulla formazione dei lavoratori, cercare di mettere un freno ai subappalti, insistere sulla regolarizzazione dei lavoratori quindi sulla lotta al lavoro nero, perché è fondamentale bloccare il lavoro nero. Il lavoro nero sfugge ad ogni tipo di controllo, in particolare a quei controlli che valutano l'attitudine psicofisica del lavoratore. Poi c'è tutta quell'altra questione importante che riguarda chi dovrebbe controllare come lavora il lavoratore perché, diciamoci la verità, non è sempre colpa dell'azienda.
Certo, se parliamo della ThyssenKrupp, è gravissimo quello che scrive la stampa: "L'allarme sei mesi fa; la ThyssenKrupp è insicura, impianti antincendio carenti e pericolose perdite di olio. Il Ministero sapeva e avvertiva ThyssenKrupp: rischio grave incidente per lo stabilimento di Torino, causa gravi mancanze nella sicurezza. A rivelarlo un verbale del Comitato tecnico regionale, l'organismo nominato dal Ministero dell'ambiente per effettuare le cosiddette verifiche del sistema della gestione della sicurezza".
Quindi, era una tragedia annunciata, addirittura scritta. Questa è una responsabilità gravissima di cui dovrà rispondere, sicuramente, la ThyssenKrupp o altre aziende che non si comportano in modo corretto sul mantenimento degli impianti e sulle strumentazioni di sicurezza.
Perché è importante la formazione? Perché, spesso volentieri, è il lavoratore che sbaglia. Vorrei portare il mio esempio personale, quando lavoravo in un'azienda (la PPC di Quattordio) in cui vi erano dei reparti dove venivano conservate sostanze altamente tossiche e cancerogene (monomeri).
Per accedere in quelle stanze riscaldate a 40 gradi, con vapori che fuoriuscivano da questi bidoni di resine collose pericolosissime, era d'obbligo non solo la maschera con il respiratore, ma addirittura uno scafandro.
Vi erano operai, che da anni lavoravano nell'azienda, che deridevano coloro che usavano tutti gli accorgimenti di sicurezza. Succedeva che alcuni entravano in quelle stanze senza neanche la mascherina di protezione, ma solo con i guantoni per non incollarsi le mani, mettevano tranquillamente la faccia sui contenitori fumanti.
L'azienda, dopo una serie di richiami, ha dovuto obbligatoriamente, in accordo con il sindacato, comminare delle sanzioni a questi lavoratori. Se veniva sorpreso un lavoratore che entrava non vestito come doveva all'interno di queste stanze pericolose, questo veniva prima sanzionato e richiamato e poi sospeso dal lavoro.
Questo è un atteggiamento che dobbiamo combattere, perché quando si è sicuri di fare il proprio lavoro solo perché lo si fa da anni difficilmente si accettano condizioni di lavoro più scomode, per esempio: la fatica di utilizzare lo scafandro e la maschera d'estate perché si suda incatenarsi quando si sale e si scende da un'impalcatura, per carità è scomodo e faticoso; usare l'elmetto d'estate quando il sole picchia sulla testa è faticoso.
Però, bisogna essere in grado di arrivare a dire che il lavoratore che si comporta così deve essere sanzionato. Altrimenti, il lavoratore continua a non farlo.
Vi faccio ancora un esempio: quando hanno montato il maxischermo per le Olimpiadi, io stesso, passando davanti alla sede della Giunta regionale, in piazza Castello, sono rimasto sorpreso vedendo come gli operai, che stavano montando il traliccio per il maxischermo, salivano e scendevano senza l'elmetto, senza le corde di sicurezza: e lo facevano sotto gli occhi dei Vigili, in un posto visibile a tutti.
Queste sono situazioni che non devono più accadere. Quindi, è necessario che vi sia sorveglianza per le aziende, per i lavoratori e interventi che devono garantire serietà negli appalti, serietà nelle aziende e serietà - in questo caso, chiamo in causa i sindacati - in chi deve controllare che i lavoratori siano rispettati e che loro rispettino le regole.
Voglio fare un richiamo, infine, alla Giunta regionale per quanto riguarda l'organizzazione delle dirigenze dei settori nella sanità, non capisco perché sia stato cassato il settore "Prevenzione sanitaria negli ambienti di vita e lavoro".
Capisco che sia stato accorpato in un altro settore più grande, però in un momento come questo, forse, era bene cassare un altro settore e accorparlo a questo, mantenendolo vivo anche come denominazione, piuttosto che cassare questo settore così fondamentale per il momento che stiamo vivendo.
Ritengo che occorra insistere perché si faccia prevenzione, controllo e qualità del lavoro. Non possiamo andare avanti, ogni giorno, ad allungare un elenco in cui scriviamo dei nomi di persone morte, che soffrono e che restano menomate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Moriconi; ne ha facoltà.



MORICONI Enrico

Grazie, Presidente.
Mi chiedevo quanti, in quest'Aula, si ricordano della famosa Telekabul di Sandro Curzi. Il motivo per il quale era stata definita Telekabul riguardava il fatto che apriva il telegiornale della sera, sempre, dando notizie delle morti avvenute sul lavoro in quella giornata.
Forse, proprio questo modo di affrontare le notizie giornalistiche era stata la causa del cambiamento di Direzione di Sandro Curzi.
Quando affrontiamo questi discorsi e parliamo di problemi così grandi non bisognerebbe cadere nella retorica. A dire il vero, questa mattina, non ce n'è stata molta, però si corre spesso questo rischio.
Com'è stato già detto, anch'io ritengo che la morte sul lavoro sia ancora troppo diffusa e troppo presente nella nostra nazione. Rispetto ad altre persone che mi hanno preceduto, personalmente, non vedo solo il problema del potenziamento dei controlli anche perché, per un certo periodo della mia vita, ho svolto una funzione di controllo in un altro campo.
Vorrei che pensassimo in maniera complessiva a questo problema. Quando si parla di controlli, ci rendiamo conto che, in una società liberista come la nostra, diventa un problema complesso stabilire di quanti controllori ci dovremmo dotare? Ogni volta che affrontiamo un problema, il primo argomento che sollecitiamo e quello del controllo. Adesso, giustamente, sul lavoro, poi più controlli per la sicurezza pubblica, più controllo sugli alimenti, più controllo sulle strade e via controllando.
Però, viviamo in una società in cui stiamo privatizzando settori sempre più importanti della nostra società (energia, trasporti e sanità). Quindi più andiamo avanti e più avremo il problema di aumentare i sistemi di controllo. Allora, la domanda è: abbiamo provato a fare un ragionamento per capire di quanti controllori dovremo dotarci? Uno dei sindacalisti, incontrato questa mattina, poneva l'attenzione su alcuni punti. Ci siamo posti il problema del rapporto tra controllore e controllato? Qual è l'effettiva possibilità di effettuare il proprio lavoro da parte del controllore quando controllato e troppo potente? Tutto questo senza sottolineare troppo ma, comunque, non ignorando il fatto che da molte parti si sottolinea come sia difficile garantire un controllo veramente indipendente e sopra le parti.
Personalmente, non sottovaluto i controlli però ritengo che vi sia la necessità, come diceva anche il Consigliere Dalmasso, di pensare non solo ai controlli, ma anche ad un cambiamento del paradigma produttivo.
Diversamente, non sono troppo d'accordo con quanto detto dal Consigliere Rossi: perché in una catena si deve sempre pensare di trovare le colpe in chi rappresenta gli ultimi anelli della catena stessa? Quando si devono rispettare i numeri e i tempi di produzione, i presidi di prevenzione spesso sono un impaccio. Allora, perché non pensare che quegli operai che fanno a meno o ignorano i presidi di prevenzione non lo fanno per divertimento, ma perché qualcuno ha già deciso i tempi e i ritmi di produzione, che diventa difficile rispettare se si devono seguire certi sistemi di protezione individuale.
Queste non sono cose che inventiamo noi. Guglielmo Epifani, in occasione delle troppe morti sul lavoro, ha detto: "Ci sono conquiste contrattuali e legislative che guadagniamo anno per anno, ma, dall'altro lato, c'è un contesto di esternalizzazioni, appalti senza garanzie, lavoro grigio o nero dei migranti, l'illegalità e la criminalità che frenano i miglioramenti sul fronte della sicurezza per una larga parte delle imprese e la competitività si gioca sui costi e sui diritti" (che vengono meno aggiungo io).
Stranamente - o forse non stranamente - il Vescovo di Terni, Paglia, in un'omelia ha detto: "Serve un rinnovato impegno per spezzare questa catena di morte, affinché la violenza del male non ci trovi suoi complici, perch tutto ciò non avviene per caso, ma è il frutto amaro di una cultura di morte che continua a sacrificare vittime sull'altare del profitto, sul primato assoluto del guadagno".
Credo che su queste parole tanti presenti in quest'Aula, sostenitori di un modello neoliberista di "sviluppismo", dovrebbero riflettere.
Se non ragioniamo sui sistemi produttivi e se crediamo che basti qualche controllo in più sulla strada che stiamo seguendo, credo che ci troveremo ancora a piangere molti altri morti.
Ritengo che la Regione debba lavorare molto in questa direzione. Come ha detto qualcuno, siamo un'Assemblea legislativa, per cui è giusto pensare a degli strumenti legislativi; strumenti legislativi non solo nel campo della sicurezza.
Dobbiamo cercare di esprimere la nostra posizione e di incidere anche su tutto quello che riguarda il sistema produttivo, perché non possiamo pensare di poter collegare in maniera positiva uno sviluppo sempre più sfrenato e senza regole con la sicurezza sul lavoro.
Credo che una simile equazione non riusciremo mai a farla quadrare.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cavallera; ne ha facoltà.



CAVALLERA Ugo

Intervengo in questo dibattito che, tutto sommato, si sta sviluppando in modo concreto, pur con qualche cedimento alle polemiche politiche basate su pregiudizi.
Credo che dobbiamo domandarci tutti se i vari settori della Pubblica Amministrazione regionale e locale - è un po' questa la nostra sfera d'azione - hanno fatto tutto quello che potevano fare e cosa invece sarebbe necessario fare, partendo dal presupposto che bisogna rifuggire dal pensare a nuove norme quando il problema, a mio avviso, si presenta soprattutto come un non rispetto integrale delle normative già esistenti.
Non sono per niente d'accordo con quello che diceva il collega Moriconi e in parte anche il collega Dalmasso - in precedenza, in quanto non mi risulta che nei cosiddetti paesi socialisti o a democrazia popolare gli infortuni sul lavoro non ci fossero, così come non ci fossero gli inquinamenti. Quindi il discorso è di tipo diverso, non attiene n all'economia di mercato né all'economia di Stato, ma deriva da scelte politiche precise che mettono al centro la questione della sicurezza del lavoro.
Quando ci sono dei problemi, bisogna analizzarli e dare delle risposte.
La Regione ha delle grandi competenze in materia; le ha nel campo della sanità, perché ci sono le strutture delle ASL che devono intervenire e agiscono con compiti specifici; le ha nel campo dell'ambiente, con la struttura preposta alle industrie a rischio, che collabora con lo Stato. A quest'ultimo proposito, le famose leggi Bassanini prevedevano un trasferimento completo delle competenze in materia di industrie a rischio che poi non si è realizzato, se non forse esclusivamente in Regione Lombardia, e la questione è ancora lì, sospesa a mezz'aria, con varie competenze statali e regionali e una pluralità di organismi di verifica.
Alla fine, non è detto che il pluralismo dei controllori garantisca un maggior controllo, perché magari poi uno si chiede: "Di chi è la responsabilità: mia o dell'altro controllore?".
Su una cosa sono d'accordo con il collega Moriconi: più che controlli serve prevenzione. Faccio un esempio, saltando dai rischi antropici a quelli naturali. La grande alluvione del 1994: 77 morti nella nostra Regione, una disorganizzazione totale per quanto riguardava i preavvisi, le prevenzioni, ecc. Dopo anni di lavoro, ovviamente di tutto il sistema Piemonte, grande alluvione del 2000, più o meno in un teatro non più a centro sud, ma a centro nord del Piemonte, con la stessa intensità: due-tre morti. È un livello fisiologico, perché voi capite benissimo che nell'attività umana, si può tentare di ridurre al minimo quelle che sono le situazioni di calamità o di infortunio, ma azzerarle totalmente sarà difficile. Quindi, intervenire è possibile.
Credo che, a questo punto, bisogna cominciare dal basso, perché questi insediamenti produttivi avranno pure delle agibilità e, quando è il momento di rilasciare le autorizzazioni, occorre valutare i cicli produttivi e bisogna compiere delle scelte. Così come è possibile imporre a una costruzione un colore piuttosto che un altro, una foggia piuttosto che un'altra, una dislocazione piuttosto che un'altra, è arrivato il momento di andare a vedere anche dentro gli impianti.
Per facilitare tutto questo, si è introdotto il sistema dello Sportello Unico e ci sono i supporti degli Enti competenti (ASL, ARPA, Vigili del Fuoco). A mio avviso, sarebbe veramente poca cosa rafforzare solo i controlli, se non si andasse fin dall'inizio a impedire di attivare determinati percorsi produttivi che non danno intrinsecamente delle garanzie di sicurezza. Sicurezza prima di tutto per gli ambienti di lavoro però - stiamo attenti - sicurezza anche per tutta la collettività.
Nella nostra regione abbiamo dei poli di industrie a rischio notevole.
Ricordo che il Torinese è indubbiamente un'area con presenze notevoli, ma poi c'è l'area di Trecate e quella di Alessandria, dove ci sono concentrazioni di industrie a rischio che, qualora non fossero state adottate già intrinsecamente nel processo produttivo, qualora non venissero rafforzate, qualora non ci fosse un monitoraggio o un controllo, potrebbero andare incontro a situazioni veramente drammatiche. Quindi il discorso è relativo a tutto il sistema della regione.
Non vedo in aula l'Assessore all'ambiente, ma lo solleciterei da parte di colui che in questo momento rappresenta la Presidenza della Giunta comunque si parla al Presidente del Consiglio, ma si parla ovviamente a coloro che hanno le responsabilità primarie in questa sede - a dare risposte.
Ovviamente i giudici faranno la loro parte per quanto riguarda le inchieste, e se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi.
Naturalmente ci siamo fatti carico e dovremo farci carico ancora di più delle esigenze delle famiglie e dei superstiti.
In ogni caso, noi possiamo fare molto, perché siamo l'Ente che o gestisce direttamente - tramite le ASL e l'ARPA - determinati controlli oppure siamo l'Ente che può dare gli input amministrativi e legislativi a tutti i soggetti che devono rilasciare le autorizzazioni. E da qui non si scappa.
Ci sono delle competenze ben precise, che dovrebbero essere sempre più coordinate. Non a caso, nel periodo delle Bassanini, le Regioni avevano chiesto di avere la competenza esclusiva e primaria per quanto riguardava le industrie a rischio. Questa è un'industria a rischio, perché è soggetta a rapporto. Abbiamo infatti letto sui giornali: industria soggetta ad attività del Comitato Tecnico Regionale, il quale aveva fatto una serie di rilievi che, ironia della sorte, dovevano essere in qualche modo portati a termine entro il 31 dicembre 2007.
Questo è l'approccio burocratico. Noi dobbiamo puntare ad un approccio di prevenzione sostanziale. Condivido dunque il pensiero del collega Rossi quando sosteneva che, probabilmente, ciò che è stato predisposto nel Piano Socio Sanitario che l'Assessore Artesio ha portato a conclusione (ma che ha trovato già impostato), deve essere un po' "rivisitato", sotto questo profilo. Prima di parlare di leggi o non leggi, vediamo se i nostri programmi possono essere rafforzati.
Una struttura specifica che "salta", come responsabilità di un dirigente incaricato della sicurezza degli ambienti di vita e di lavoro non è certo un buon segnale. Tuttavia, i fatti ci devono indurre a rileggere quello che abbiamo nel contesto del mare magnum del Piano Socio Sanitario che abbiamo approvato ("abbiamo" si fa per dire, in senso lato nel senso che noi non lo abbiamo certamente approvato), perché deve essere indubbiamente rafforzato.
Credo, quindi, che la migliore risposta ad episodi di questo genere sia l'assunzione di maggiori responsabilità e di maggiori iniziative, perch indubbiamente è un settore nel quale si può e si deve - usiamo il verbo che preferiamo - fare di più.
Concludo - vedo che è presente l'Assessore Pentenero - sottolineando l'importanza della formazione professionale.
La formazione scolastica in generale, ma quella professionale in modo particolare, deve essere, visto che gode dei contributi e dei finanziamenti regionali, indirizzata fortemente in questo senso, sotto il profilo della prevenzione, ma anche sotto il profilo della sicurezza del lavoro e dell'educazione dei lavoratori, sia dal punto di vista della formazione di coloro che cercano lavoro, sia sotto il profilo della formazione degli occupati, attraverso i centri di formazione oppure mediante la formazione che viene svolta direttamente dalle imprese.
Andiamo a verificare se questa formazione viene svolta davvero oppure se viene considerata, come talvolta capita, un surrogato per poter "coprire" determinati momenti critici della vita aziendale, e orientiamola verso la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Grazie.



PRESIDENTE

Comunico che è stato presentato l'ordine del giorno n. 775, del Consigliere Ricca, avente per oggetto "Solidarietà alla famiglia Biagi e al Senatore Treu".
Annuncio che il proponente ha emendato l'ordine del giorno che avete a vostre mani sopprimendo il paragrafo che contiene il primo "invita". Quindi laddove si legge "Invita i rappresentanti delle forze politiche...", il paragrafo si intende soppresso dal proponente.
Prima di procedere alla votazione di tale ordine del giorno sull'ordine dei lavori ha chiesto la parola il Consigliere Laus.



LAUS Mauro

Chiedo scusa, Presidente, ma non so se il mio intervento sia attinente all'ordine dei lavori.
Nel mio intervento avevo avanzato una richiesta. Non intendevo adesso colorare l'intervento con una nota polemica, perché non mi sembra assolutamente il caso.
Probabilmente l'Assessore Artesio era fuori dall'Aula, ma avevo richiesto all'Assessore se poteva dare un segnale di riflessione - non certo una risposta definitiva oggi - sulla riconsiderazione del settore della sicurezza.
Non volevo essere polemico, ma mi aspettavo un intervento in tal senso.



(Commenti dell'Assessore Artesio fuori microfono)



PRESIDENTE

Resta inteso che tutti gli Assessori, nel momento in cui chiedono la parola, hanno il diritto di intervenire, poiché stiamo affrontando un dibattito.
Ritenevo che non aveste desiderio di intervenire sul punto, ma se gli Assessori intendono farlo, ovviamente darò loro la parola.
Ha chiesto la parola l'Assessore Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla tutela della salute e sanità

Signor Presidente, attribuisco evidentemente alla mia inesperienza di quest'Aula il fatto che davo per scontato che gli Assessori che erano stati invitati alla presenza dovessero non solo seguire i lavori, ma anche assumere delle responsabilità in ordine alla valutazione, da parte dell'Esecutivo, dell'attività dei servizi e delle politiche regionali possibilmente non rispondendo alle domande specifiche soltanto, ma inquadrando la questione per come la si vede dalla nostra responsabilità organizzativa, la qual cosa richiederebbe almeno un tempo analogo a quello assegnato ai Consiglieri.
Per questa ragione, io e l'Assessore Migliasso avevamo delle relazioni predisposte. Chiedo quindi al Consiglio se intende farci procedere in questo o se, semplicemente, risponderemo alle domande che sono state poste in maniera diretta.



PRESIDENTE

Mi spiace per questo qui pro quo, ma non era assolutamente dovuto ad una scarsa considerazione nei confronti degli Assessori, che sono stati presenti durante tutto il dibattito e hanno ascoltato con attenzione tutti gli interventi.
Semplicemente ritenevo che sarebbero intervenuti successivamente oppure che non avessero intenzione di intervenire.
Preso atto di questo, l'Assessore Artesio ha correttamente preparato delle relazioni, e penso che la stessa cosa valga anche per l'Assessore Migliasso.
Se riteniamo, trattandosi di relazioni scritte, possiamo acquisirle agli atti e trasmetterle a tutti i Consiglieri, a meno che gli Assessori non desiderino illustrarle.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla tutela della salute e sanità

Intendo illustrarla.



PRESIDENTE

Va bene, Assessore Artesio. Resta inteso che la relazione potrà sempre trasmetterla agli atti. In tal caso, sarà distribuita a tutti i Consiglieri.
La parola all'Assessore Artesio.



ARTESIO Eleonora, Assessore alla tutela della salute e sanità

Chiedo scusa per il tempo che richiedo ancora al Consiglio regionale come attenzione.
A questo punto, sintetizzando molto la comunicazione, volevo richiamare tre capitoli in ordine agli argomenti che sono stati qui affrontati: il primo capitolo riguarda la produzione legislativa e il sostegno culturale alla produzione legislativa.
Vorrei ricordare il decreto legislativo n. 626 del 1994, ma, in modo più rilevante, perché mi pare di impulso all'attività delle Amministrazioni locali, il fatto non indifferente che, in modo particolare, due pilastri di organizzazioni delle volontà istituzionali negli ultimi anni si sono costituite; faccio riferimento al Piano Nazionale della Prevenzione 2005 nonché al Patto per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro del giugno del 2007, presentato in un convegno promosso dalla Regione Piemonte e successivamente pubblicato a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro Lanzillotta.
Dico "patto" e non "serie di prescrizioni" perché è esattamente di questo che stiamo parlando.
Le necessità di responsabilità diffuse, richiamate nel dibattito odierno, che permettano titolarità ai diversi attori sociali non solo di essere sensibilizzati a sollecitare e a svolger, a seconda delle responsabilità, funzioni di controllo, ma anche garantire formazione e informazione, oltre che partecipazione, stanno esattamente nei contenuti del Patto; il quale Patto, oltre che adottare questa filosofia, definisce alcuni parametri e forse, per essere concreti, nello svolgimento dei nostri impegni istituzionali, dovremmo assumere le responsabilità sui parametri.
I parametri che vengono richiamati nel documento del Patto riguardano la definizione dei livelli essenziali di assistenza anche nel campo della prevenzione della sicurezza sui luoghi di lavori; parametri che hanno riferimenti di carattere quantitativo. In modo particolare, faccio riferimento alla prescrizione della percentuale di copertura in termini di controllo delle unità locali oggetto di intervento ispettivo, che ammonta al 5% delle unità locali presenti sul territorio; faccio riferimento al fatto che la non osservanza del raggiungimento dell'obiettivo prevede anche dei comportamenti sanzionatori da parte dello Stato nei confronti della Conferenza Stato-Regione; che, per ottemperare a quest'obiettivo, occorre prevedere un potenziamento operativo delle strutture dedicate; ancora, che lo stesso Patto definisce i comparti nei quali avviare i Piani nazionali di prevenzione e in questi comparti individua quello delle costruzioni edili dell'agricoltura, della selvicoltura e del rischio cancerogeno come indicazioni di carattere prioritario, oltre che richiamare la funzione di coordinamento in capo alle regioni attraverso i Comitati regionali di coordinamento estesi alla partecipazione delle parti sociali.
Come si vede abbiamo uno scenario dal punto di vista degli obiettivi da raggiungere che legislativamente e in termini di rapporti istituzionali è stato recentemente definito.
Vorrei ricordare e valutare insieme con il Consiglio se l'amministrazione regionale piemontese, che recentemente ha concluso la validazione del proprio Piano Socio Sanitario regionale, sia coerente o meno con gli indirizzi culturali di questo patto e se stia ottemperando a quelli che sono dei dati di prescrizione. Perché credo che più che sulle sensazioni e le informazioni, ci si debba attenere ad un'analisi di carattere quantitativo e qualitativo nel nostro modo di operare.
Intanto voglio ricordare che non per merito di chi parla e tanto meno di questa maggioranza, ma forse per merito che va ascritto alla competenza professionale, da anni il servizio di prevenzione produce un documentazione in materia. Voi, infatti, avete in cartellina la relazione del Settore Prevenzione sanitaria, nella quale si può vedere all'interno delle ASL il riepilogo di tutte le attività e i vari dati di analisi.
Non credo che altri macrocomparti, nemmeno quelli che suscitano tanta attenzione in quest'Aula - penso in modo particolare alla distribuzione delle funzioni ospedaliere e dei presidi - producano analogamente elementi di valutazione della propria attività quanto viene fatto nel caso di questo comparto.
Qui è stato detto - e lo voglio richiamare - che effettivamente l'esercizio delle funzioni di vigilanza attiene ad attori numerosi del sistema della sicurezza.
Mi permetto di dire che gli attori sono numerosi dal punto di vista delle competenze loro assegnate; non è altrettanto vero che ci siano incongruenze e sovrapposizioni, anche se faccio riferimento al dato del coordinamento prima citato. È però vero che si è peccato, come si è peccato, rispetto alla possibilità di fare riconoscere in maniera trasparente ai nostri destinatari finali - penso in modo particolare ai lavoratori - quali fossero le caratteristiche delle ispezioni e chi fossero i diversi ispettori, forse si è mancato dal punto di vista della informazione.
Ma sottolineo quest'attenzione di riconoscere tutti gli attori della sicurezza e nominarli esattamente, perché sotto il generico termine di "ispettori" in questi ultimi giorni, in coincidenza con questi fatti drammatici, si sono dette molte cose improprie, e quindi quando parliamo di ispezioni dei nostri servizi di vigilanza, dobbiamo fare riferimento in modo particolare alle imprese, alle loro attività e ai loro ambiti di intervento.
Se facciamo riferimento a queste nostre funzioni e a quanto dal patto per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro deriva al nostro territorio regionale, va detto qui a titolo di merito che prima dell'adozione dei livelli essenziali di assistenza definiti sulla scala nazionale, la regione Piemonte ha già definito i propri livelli essenziali assumendo parametri che il livello nazionale ci indicava.
Certo li ha definiti, non tutti li sta ancora praticando; in modo particolare, non stiamo ancora praticando in maniera soddisfacente e totale obiettivo delle vigilanze relativamente alle unità produttive. Non lo stiamo facendo nella maniera completa, essendo di poco superiore ai tre decimi, perché il calcolo del monte ore di attività che sarebbe necessario per realizzare questi obiettivi che praticheremo nell'arco del triennio di validità del piano, comporta un aumento del personale e degli organici, tra medici, dirigenti, tecnici e amministrativi e personale di supporto, di circa 100 unità.
Quindi, per rispondere ai Consiglieri che hanno interpellato sulla volontà di rafforzare l'attività di prevenzione e sicurezza, credo di potere contare sull'alleanza rispetto ad un'intenzione, qui dichiaro di perseguire l'obiettivo di completamento degli organici, ed essendo questo per noi l'obiettivo prioritario, successivamente di ragionare se si debba mettere in discussione quanto indicato nel Piano Socio Sanitario in ordine alla funzione di regia e di coordinamento, ovvero se l'unico dipartimento possa in qualche modo occultare e sminuire l'attività legata alla sicurezza sui luoghi di lavoro o, piuttosto, se non occorra lavorare al potenziamento degli organici per raggiungere quegli obiettivi.
Voglio però anche dire che, nonostante la difficoltà di personale qui richiamata, se noi esaminiamo le attività svolte dai nostri servizi e le disarticoliamo nel confronto con le altre Regioni, la Regione Piemonte risulta in una posizione che va tra la seconda e la quinta in Italia per numero di attività realizzate, verbali sollevati e sanzioni comminate.
Quindi, mi pare che la condizione nella quale stiamo operando - il noi vale per i professionisti, non vale per i politici - non possa essere giudicata minimamente di abbassamento della guardia.
Una questione però va posta - in alcuni interventi ricorreva - ed è il tipo di definizione di priorità che vengono date anche dai piani nazionali rispetto alle condizioni lavorative ritenute di maggiore esposizione al rischio, perché queste questioni hanno sfaccettature diverse, non tutte desumibili dai dati dell'epidemiologia.
Se consideriamo esclusivamente il dato della rilevazione scientifica ne deduciamo che le attività aziendali con un basso numero di dipendenti sono quelle più esposte al rischio, ne deduciamo che la distribuzione percentuale avviene nel comparto della costruzione, anche in ragione del maggior numero di addetti. Evidenziamo una riduzione del rischio nel comparto tessile e in quello chimico; tuttavia, proprio per quest'evidenza che nasce dai dati dell'epidemiologia, alcuni segmenti, come quelli che dolorosamente e drammaticamente ci hanno toccato - e penso al comparto della siderurgia - pur non rilevando dal punto di vista dell'esposizione al rischio hanno oggi altre caratteristiche, che riguardando, più che il tipo di lavorazione, il modello di organizzazione del lavoro, rendono il tema particolarmente urgente.
La siderurgia, che negli anni '70-'80 aveva visto, dopo una fase di forte concentrazione produttiva, declinare le proprie attività, oggi vede una ripresa di carattere economico. Tuttavia, questa ripresa, che avviene in virtù dei processi di delocalizzazione, in condizioni esercitate in strutture industriali o in catene d'organizzazione del lavoro che, non tanto per il tipo di lavorazione, che oggi è a freddo piuttosto che a caldo, ma per la dispersione del controllo collettivo derivante dalla frammentazione degli addetti e dalla loro distribuzione in stabilimenti o riconvertiti recentemente o in fase di dismissioni, rende maggiore il rischio.
Quindi, se sulla siderurgia si vuole aprire un'attenzione particolare questa va fatta in ragione di questo tipo di valutazione, che congiunge gli aspetti di carattere tecnico con quelli di modernizzazione del lavoro.
Infine, sempre per rendere atto di giustizia anche ad una situazione che, nell'urgenza e nella sofferenza, ha permesso la liquidazione in commenti troppo semplici del lavoro di alcuni servizi e dei singoli professionisti, voglio dire che, nell'ambito della Regione Piemonte, ci troviamo di fronte ad un quadro politico di definizione delle volontà puntuale, di fronte ad una struttura professionale capace e da integrare e di fronte ad una modalità etica di svolgimento della propria funzione che almeno per quello che si rileva dagli elementi di carattere oggettivo valutabili, ci deve restituire rassicurazioni in ordine al corretto svolgimento dell'attività professionale.
Non voglio eludere qui, perché mi pare giusto farlo nell'Assemblea elettiva, il fatto che, nella furia degli ultimi giorni, il richiamo alla possibilità di esercizio delle consulenze da parte degli operatori di questi servizi è tornato anche come elemento di possibile dubbio sull'indipendenza della funzione ispettiva.
Voglio comunicare formalmente a questo Consiglio che, ancorché esista normativamente la possibilità di esercitare una funzione di consulenza al di fuori dell'attività per la quale si svolge la funzione pubblica d'ispezione e controllo, al di fuori di quei territori, tuttavia i servizi professionisti della ASL 1 non hanno chiesto mai autorizzazione di svolgimento di consulenza per ditte private.
Spero, con questa assoluta e riduttiva comunicazione data al Consiglio che sarà compensata dal rapporto e dall'invio della relazione più diffusa che era stata preparata, di aver comunque fornito un contributo di informazione e anche di pubblica assunzione di impegno nella direzione sollecitata dal Consiglio, restando a disposizione per approfondimenti nelle Commissioni che si vorranno dedicare.
Spero di aver fornito, con questa riduttiva comunicazione data al Consiglio, che sarà compensata dal rapporto e dall'invio della relazione più diffusa, che era stata preparata, un contributo d'informazione e di pubblica assunzione d'impegno nella direzione sollecitata dal Consiglio restando ovviamente a disposizione, nelle Commissioni che si vorranno dedicare, per un approfondimento.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COTTO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Migliasso.



MIGLIASSO Teresa Angela, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente. Anch'io vorrei dare maggiore conto del lavoro e dei dati di contesto in cui si svolge il nostro dibattito, ma, dopo averla naturalmente corretta, consegnerò alla Presidenza la mia relazione corredata dalle varie tabelle, che potrà essere utile alle Consigliere e ai Consiglieri.
Voglio svolgere alcune considerazioni, naturalmente tagliando un po' sui dati, soprattutto quelli relativi agli infortuni e agli incidenti perché mi pare che siano già stati ampiamente diffusi e annotati nei loro interventi dalle Consigliere e dai Consiglieri.
Voglio esprimere alcune considerazioni di carattere generale, che credo possano essere utili alle nostre riflessioni.
Intanto, devo dire che le politiche del lavoro, negli ultimi anni, sono andate sempre più confrontandosi con il tema della qualità dell'impiego.
In una regione come la nostra, che evidenzia dei livelli di disoccupazione più che frizionali, come si dice (4,1% di disoccupazione) si evidenzia anche una progressiva frammentazione delle esperienze lavorative, soprattutto fra i giovani uomini e le giovani donne e gli immigrati, con un sostanziale impoverimento dei contenuti professionali, e soprattutto l'instaurarsi di percorsi tortuosi e discontinui e la presenza di un tasso d'irregolarità variabile con la frequente non osservanza totale o parziale degli obblighi di legge, in materia di sicurezza, di regolarità contributiva, di tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
A questo, si aggiunge frequentemente, come molti Consiglieri hanno sottolineato, la richiesta di prestazioni straordinarie, quasi una necessità per chi percepisce salari spesso inadeguati, con un'intensificazione dei ritmi e la diffusione di orari atipici e notturni.
Lavori che potremmo definire "cattivi", che non sono soltanto fonte di turbativa sul mercato e di danno per l'economia e la finanza pubblica, ma che in qualche modo deprimono anche la qualità stessa della vita e comprimono gli orizzonti e le prospettive di chi vi resta intrappolato.
Gli infortuni mortali sul lavoro occorsi nell'ultimo periodo non sono altro che una spia del deterioramento delle condizioni di lavoro, in un contesto socio-economico profondamente cambiato rispetto al passato segnato da profonde trasformazioni sul versante organizzativo e tecnologico e nelle modalità contrattuali e di erogazione delle prestazioni lavorative.
Gli ultimi provvedimenti legislativi molto utili e molto opportuni come saprete - agiscono, sul fenomeno infortunistico, su due fronti diversi. Da un lato, quello del riordino della normativa di sicurezza sui luoghi di lavoro, dell'attività di prevenzione, formazione e sensibilizzazione, del potenziamento dei controlli sulle violazioni e dell'inasprimento delle sanzioni; dall'altro, la lotta all'economia sommersa, gran serbatoio - come tutti avete sottolineato - di eventi infortunistici non ufficiali.
Cito, a questo proposito, l'azione che il Ministero cui competono le ispezioni sui cantieri edili ha fatto in questo ultimo anno, chiudendo alcune migliaia di cantieri irregolari e facendo emergere qualcosa come 190 mila posizioni, quindi 190 mila lavoratori irregolari.
Come dicevo, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo cambiamento delle caratteristiche occupazionali, con una graduale riduzione della stabilità lavorativa e l'affermazione di una sempre più diffusa, non la chiamerei flessibilità, cioè anche un buon strumento, quando non è solo nelle mani dell'impresa, ma di una sempre più diffusa precarietà.
In Piemonte, come nel resto del Paese, il ricorso ai contratti atipici e al lavoro interinale ha assunto una notevole rilevanza, così come va crescendo il ricorso alla formula dei lavoratori a progetto, cosiddetti parasubordinati, calcolando che queste posizioni pesano sullo stock degli occupati per una percentuale del 12%.
Ovviamente, cito questi fenomeni e dati per i possibili effetti che possiamo verificare sulla frequenza e sulla gravità degli infortuni sul lavoro.
Credo occorra, dunque, intervenire con efficacia sulle condizioni di lavoro, migliorando una situazione che presenta, sotto questo versante marcate criticità, pur in un quadro relativamente dinamico.
Per fare questo, credo sia necessario svolgere, come peraltro sottolineava l'Assessore Artesio, un'azione di sistema che coniughi attività di carattere curativo, per così dire, relativo ai controlli e all'eventuale repressione delle irregolarità individuate, svolte dagli organi competenti, ad un intervento di natura preventiva, con politiche del lavoro e della formazione che sappiano introdurre modalità innovative di gestione delle risorse umane, aumentino le competenze culturali e professionali della popolazione ed accrescano, in generale, la consapevolezza su queste tematiche da parte non solo dei lavoratori ma anche delle imprese.
Come Assessorato regionale al lavoro, ci stiamo attrezzando in questo senso, assumendo il tema della qualità e della regolarità dell'impiego come asse portante nella strutturazione dei documenti di carattere programmatico e normativo che costituiscono i principali strumenti in dotazione della Regione, per incidere sulla realtà socio-economica territoriale.
Da un lato, vorrei citare il Programma operativo regionale per la gestione delle risorse del Fondo Sociale Europeo, per il periodo 2007/2013 e la riforma della normativa regionale in materia di lavoro, con la definizione di un provvedimento legislativo che, non solo raccoglie e sintetizza le leggi regionali in materia, ma che le aggiorna ove opportuno introducendo elementi nuovi e con una particolare attenzione alle problematiche di carattere ampiamente sociali.
Come sapete, la nuova legge regionale, che sarà in consultazione dal 10 gennaio, contiene, come peraltro specificato nel titolo, norme in materia di promozione, cioè sviluppo dell'occupazione, di qualità, sicurezza e regolarità del lavoro e dedica un intero capo - il decimo - alla sicurezza regolarità e qualità del lavoro, in cui spicca il ruolo della Regione nel promuovere la realizzazione di un sistema integrato di sicurezza e di miglioramento della qualità della vita lavorativa, attraverso iniziative volte alla riduzione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e delle lavoratrici, alla promozione del loro benessere psicofisico e anche all'inserimento nelle misure di prevenzione degli aspetti relativi al genere, all'età, alle condizioni di svantaggio, in relazione ai rischi dell'età lavorativa. E questa è una grande innovazione.
Per quanto attiene alla prevenzione, si prevede il finanziamento di programmi formativi in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché di rafforzamento delle competenze dei rappresentanti delle lavoratrici o dei lavoratori per la sicurezza, la messa a punto di campagne di sensibilizzazione, specie se rivolte a lavoratrici o lavoratori immigrati da realizzarsi - queste attività - anche con il coinvolgimento dei centri provinciali per l'educazione degli adulti, nonché la realizzazione di moduli formativi dedicati al tema della sicurezza e qualità del lavoro nell'attività di formazione professionale, realizzate mediante l'impiego di risorse pubbliche.
Queste disposizioni rafforzano quanto contenuto nel Capo IX, in cui la Regione intende innalzare la responsabilità sociale delle imprese attraverso azioni di promozione, di sensibilizzazione e di informazione, ma anche di contrasto di ogni attività imprenditoriale direttamente o indirettamente collegata con lo sfruttamento del lavoro minorile, con l'inquinamento ambientale, con la messa in pericolo delle condizioni di salute dei lavoratori e delle popolazioni che vivono nelle aree interessate, secondo un approccio che anche nel programma operativo regionale nell'Asse "Adattabilità", trova riscontro e di cui avete avuto certezza quando l'avete letto.
Nella Capo X, che citavo prima, troviamo anche una serie di azioni che si esplicano attraverso la promozione di progetti sperimentali di emersione del lavoro irregolare, la stipulazione di specifici accordi fra le parti sociali rappresentate nella Commissione Regionale di Concertazione volti a favorire la piena regolarità delle condizioni di lavoro e la messa in atto di azioni di sistema che si modulano attraverso la realizzazione di sportelli d'informazione, di attività di tutoraggio, consulenza, animazione sul territorio.
Mi preme dire altre due cose prima di finire.
Si prevede di intervenire con l'adozione di meccanismi virtuosi in grado di consolidare l'attività dei soggetti economici emersi - quelli che non apparivano come tali, ma si avvalevano del lavoro irregolare - con la promozione di interventi formativi e informativi a favore di soggetti pubblici e privati, con particolare riguardo alla diffusione della cultura della legalità e alla messa in evidenza degli effetti negativi prodotti dal lavoro sommerso e dall'economia sommersa in genere.
Si stabilisce, inoltre, in linea con le disposizioni contenute nella Finanziaria 2007, che mira ad estendere l'uso del Documento Unico di regolarità Contributiva, di riconoscere i benefici previsti a vario titolo nella legge, in termini di incentivi, sgravi fiscali e quant'altro, solo ai destinatari che dimostrino di essere in regola con gli obblighi in materia previdenziale e che applichino trattamenti economici e normativi non inferiori a quelli indicati nei vari contratti collettivi nazionali di lavoro, strumenti di garanzia, ma anche di premialità per le imprese che operano correttamente sul mercato e proprio perché operano correttamente sul mercato, spesso vengono tagliate fuori dal lavoro nero, da chi non paga i contributi, o da chi tiene le lavoratrici e i lavoratori in condizioni salariali al di sotto dei contratti di lavoro.
A livello nazionale, la normativa in materia d'igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro appare adeguatamente ampia ed esaustiva, con obblighi che intervengono sugli svariati aspetti del problema.
Con la legge 123 dell'agosto scorso, "Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al governo per il riassetto della riforma in materia", in via di attuazione, si prevede il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti rispettando principi e criteri generali in particolare l'applicazione della normativa a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, nonché a tutte le lavoratrici e i lavoratori, autonomi e subordinati, e a soggetti ad essi equiparati. È un salto di qualità straordinario che si sta facendo.
Viene inoltre contemplata la riformulazione e la razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale per la violazione delle norme vigenti. È una legge che porta, le firme dei Ministri della Salute e del Lavoro e che vedrà l'emanazione dei decreti attuativi, entro gennaio 2008 e l'assunzione entro lo stesso periodo di altri 300 ispettori che vanno ad affiancarsi ai 900 assunti nei mesi precedenti.
Unitamente a vari strumenti "tecnici", s'interviene con il finanziamento di progetti di ricerca in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di attività promozionali finalizzate alla prevenzione ed alla diffusione della cultura della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro con particolare riferimento ai settori e ai soggetti a più elevato rischio infortunistico. L'azione di coordinamento è affidata ad una "Cabina di Regia Nazionale" in modo da concorrere allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e di promozione occupazionale regolare.
La Cabina di Regia, che ha iniziato ufficialmente ad operare nel mese di novembre scorso, prevedendo la partecipazione estesa a tutti gli attori che, in qualche modo, si trovano ad interagire con il problema, ha il compito di formulare delle proposte, di coordinare ma anche di ampliare, se necessario, in modo organico gli interventi.
Il miglioramento delle condizioni di lavoro, intese in senso lato dall'ambiente in cui si opera al rispetto della normativa di sicurezza dall'attenzione alla crescita professionale dei lavoratori e delle lavoratrici al contenimento dei fenomeni di precariato, verso una più diffusa stabilizzazione dell'impiego, devono rientrare a pieno titolo nell'orizzonte operativo di tutte le imprese che intendono svilupparsi in una logica di competitività ed eccellenza nella produzione di beni e servizi, perché l'impresa costituisce certamente in questo contesto un interlocutore privilegiato, da coinvolgere e attivare con opportune sollecitazioni.
Lo diceva il Consigliere Pichetto, ma praticamente tutti coloro che sono intervenuti. Gli investimenti sulle risorse umane e sulla sicurezza e regolarità del lavoro non solo ricadono nei principi che stanno alla base della responsabilità sociale dell'impresa - che non è vista come una questione aggiuntiva - ma vanno considerati anche in un'ottica di convenienza economica, quali azioni preventive che comportano nell'immediato dei costi che hanno però nel tempo un ritorno ben maggiore migliorando la competitività e la redditività dell'azienda, che ha un beneficio per le singole persone e tutta la collettività. È una visuale di natura strategica che molte aziende hanno già adottato, ma che va sempre più diffusa e promossa nel sistema economico piemontese. Ringrazio, come già l'Assessore Artesio, tutti coloro e tutte coloro che sono intervenuti con varie accentuazione di aspetti, assicurando da parte della sottoscritta il massimo rispetto per le volontà del Consiglio e il massimo impegno nelle fasi che ci aspettano e che saranno, mi auguro, fasi in cui potrà dispiegarsi una nuova legislazione in materia di lavoro, di ampliamento di qualità e della sicurezza del lavoro stesso.



PRESIDENTE

Con gli interventi dell'Assessore Migliasso si conclude il dibattito generale sul tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario".
Sull'ordine dei lavori, ha chiesto di intervenire il Consigliere Cavallera; ne ha facoltà



CAVALLERA Ugo

Volevo chiedere se l'intervento dell'Assessore all'ambiente è previsto oppure se il fatto che lo stabilimento di cui si parla sia a rischio, sia un problema che non rileva nei nostri lavori. L'Assessore alla sanità ha parlato di prevenzione, ma l'industria è a rischio.



PRESIDENTE

Penso che nel prosieguo del dibattito sugli undici ordini del giorno presentati si possa ancora intervenire e dare una risposta.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 775, del Consigliere Ricca inerente a "Solidarietà alla famiglia Biagi e al Senatore Treu"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'ordine del giorno n. 775, inerente a "Solidarietà alla famiglia Biagi e al Senatore Treu", presentato dal Consigliere Ricca.
La parola al Consigliere Ricca per l'illustrazione.



RICCA Luigi Sergio

Signor Presidente, lo darei per illustrato. Peraltro, il Presidente Gariglio aveva prima annunciato anche l'emendamento che sopprime la prima parte di invito, perché superata nei fatti: lo votiamo a quattro mesi dalla presentazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Deambrogio.



DEAMBROGIO Alberto

Signor Presidente, intanto ringrazio il Consigliere Ricca per avere espunto "invita", anche perché io sono uno di quelli che a quella manifestazione è andato, quindi ne ha riconosciuto e ne riconosce il valore.
Chiederei al Consigliere Ricca la disponibilità ad inserire, nel secondo "invita", che, invece, rimane, dopo le parole "del mercato del lavoro" la frase "in vista di un ritorno a tempo indeterminato come norma".
Qualora ci fosse questa disponibilità, noi lo voteremmo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Signor Presidente, lo accolgo, sulla necessità di avere strumenti di flessibilità importanti, l'ho detto prima nell'intervento mattutino, sono assolutamente convinto. Sono altresì convinto che la flessibilità debba essere utilizzata in modo corretto e certamente sarei più contento e felice se le istanze di competizione, crescita e sviluppo delle imprese potessero svolgersi in un contesto nel quale la normalità è il lavoro a tempo indeterminato.
Quindi, dal punto di vista di un approccio ideologico alla questione non ho alcun pregiudizio ad accogliere l'emendamento e a votare l'ordine del giorno così emendato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Nell'attesa che l'ordine del giorno n. 775 trovi la sua formulazione definitiva, che vorrei leggere, ricordo ai colleghi - mi sono distratto un attimo, ma, con calma, ci si arriva anche - che in questo foglio, a firma del collega Ricca, nel mese di ottobre, si diceva che non si aderiva ad una manifestazione in cui erano state dette - cito testualmente - "parole offensive alla dignità personale, impegno politico, infamanti alla memoria di una vittima dell'eversione...". Questo aveva un senso specifico a me tuttora chiaro, perché non era il mese di ottobre del 1212, ma ottobre di questa legislatura.
Adesso voglio solo comprendere - non abbiamo alcuna fretta, tanto sono le ore 15.19, ci interessa arrivare all'aprile 2010 - se si riesce ad avere da questa maggioranza una composizione - io aspetto con calma - di cose incomponibili, oppure un ordine del giorno che contenga le firme di tutta la maggioranza, una data e niente scritto, che pare essere l'unico modo in cui questa maggioranza riesca a ritrovarsi nei numeri.
Quando avrò il testo, se c'è qualcosa di scritto, ci esprimeremo. Noi questa prima versione l'avremmo votata volentieri.



PRESIDENTE

Stiamo consegnando l'ordine del giorno n. 775 con le modifiche chieste dal Consigliere Deambrogio e approvate dal Consigliere Ricca.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



PRESIDENTE

Consigliere Cavallera, mi pare sia la terza volta che interviene sullo stesso punto; le do brevemente la parola.



CAVALLERA Ugo

Intervengo sull'ordine del giorno n. 775: è un altro argomento.
Per quanto riguarda il subemendamento volevo cercare di capire un attimo cosa s'intenda, sia nelle intenzioni del presentatore Deambrogio sia del Consigliere Ricca, che accoglie, quando si dice "il ritorno al tempo indeterminato come norma". "Come norma", tra virgolette, è come norma legislativa? Non lo so, qui siamo in sede legislativa,, volete spiegarlo? (Commenti fuori microfono)



PRESIDENTE

Oggettivamente, il quesito del collega Cavallera è pertinente.
Consigliere Ricca, oggettivamente, l'ultimo invito aggiunto risulta di difficile comprensione.
La parola al Consigliere Ricca.



RICCA Luigi Sergio

Signor Presidente, intendo il riferimento al lavoro a tempo indeterminato come norma quale aspirazione ideale cui credo tutti dobbiamo tendere. Quindi, da questo punto di vista, in un quadro ideale di prospettiva e di garanzia del lavoro per tutti, certamente, il tempo determinato è l'aspirazione che tutti dobbiamo sottoscrivere. Questo non impedisce che l'organizzazione delle forme di lavoro, le esigenze di flessibilità e di diversa articolazione delle fasi produttive richiedano anche strumenti diversi che sono oggi garantiti attraverso la legge n. 30 che è una legge non esaustiva, che ha parti importanti, significative e condivise, altre sono da correggere - in parte sono state corrette anche da questo Governo - e altre ancora sono da modificare e integrare, manca tutto l'aspetto degli ammortizzatori sociali, di accompagnamento da un lavoro all'altro. Peraltro - faccio un inciso - il Partito Socialista e i Socialisti Italiani hanno ottenuto nella finanziaria 2008 un importante e significativo successo, nel senso di garantire un salario di accompagnamento da un lavoro all'altro, ma la legge n. 30 non è sicuramente abolita, né posta in discussione con questo emendamento, almeno secondo la mia interpretazione.
Se i proponenti, invece, hanno altri obiettivi, diversi da quelli che ho appena rappresentato, allora, dovrò riconsiderare anche l'opinione rispetto l'accettabilità o meno dell'emendamento.



PRESIDENTE

Scusi, Presidente Ricca, però, chiedo se l'invito contenuto in questo testo va così inteso: "invita la Giunta regionale ad attivare ogni iniziativa di competenza per migliorare con approccio costruttivo e non ideologico le regole del mercato del lavoro" e per quanto riguarda il principio: "in vista di un ritorno alla concezione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come norma", come detto qui. È questo il senso, cioè in vista di un ritorno? Possiamo considerarlo riformulato in questo modo: "il ritorno alla concezione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come normalità"?



(Commenti fuori microfono)



PRESIDENTE

Quindi, l'invito è "alla Giunta regionale ad attivare ogni iniziativa di competenza per migliorare le regole del mercato del lavoro in vista di un ritorno alla concezione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come normalità".
Consigliere Cavallera penso che con questa formulazione sia più chiaro.



(Il Consigliere Cavallera annuisce)



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 775, come modificato il cui testo recita: "Il Consiglio regionale esprime solidarietà alla famiglia Biagi ed al sen. Treu per le vergognose parole offensive della dignità personale, dell'impegno politico ed infamanti la memoria di una vittima della eversione, pronunciate da un parlamentare della Repubblica italiana condanna quelle irresponsabili e ripugnanti espressioni figlie di una cultura che si ispira alla violenza e non hanno nulla da spartire con la democrazia ed il Parlamento invita la Giunta regionale ad attivare ogni iniziativa di competenza per migliorare con un approccio costruttivo e non ideologico le regole del mercato del lavoro in vista di un ritorno alla concezione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come normalità".
Il Consiglio approva.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Prevenzione infortuni

Trattazione del tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario" ed esame ordini del giorno n. 868, 870, 871, 872, 874, 876, 877 e 880 collegati (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare gli ordini del giorno collegati al tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario".
Ordine del giorno n. 868, inerente a "Misure di tutela dei lavoratori delle imprese, in particolare cooperative", presentato dai Consiglieri Lepri Placido, Buquicchio, Muliere, Travaglini, Rostagno, Auddino, Moriconi Comella, Clement, Boeti, Bellion, Ricca, Ferraris, Robotti, Pace, Ronzani Manolino, Vignale, Larizza, Turigliatto, Gariglio, Scanderebech, Pedrale Pozzi, Motta, Rossi, Cavallaro, Bizjak, Nastri, Cattaneo, Laus, Ghiglia Botta, Casoni, Rabino e Rutallo.
Sono stati presentati i seguenti emendamenti dal Consigliere Lepri: Pagina 2, dopo "l'impegno all'applicazione integrale delle normative vigenti e dei CCNL stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale" eliminare "l'eventuale applicazione di altri CCNL non potrà comunque prevedere trattamenti retributivi e previdenziali di importo inferiore, né condizioni o orari peggiori" Pagina 2, sostituire la frase "autocertificazioni che escludano l'improprio uso di forme di lavoro atipico" con la frase "dichiarazioni che escludano l'improprio uso di forme di lavoro atipico" Pagina 3, nella frase "Che tali obblighi siano inoltre imposti ad ogni altro ente pubblico del Piemonte attraverso l'approvazione, per altri comparti, di DGR simili alle succitate" sostituire la parola "imposti" con la parola "estesi").
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Voglio sottolineare l'importanza di questo ordine del giorno che, nel corso di recenti programmi televisivi, articoli di giornali e sollecitazioni da parte di organismi di rappresentanza del mondo imprenditoriale e sindacale, è stato in più occasioni rappresentato e atteso.
Il Consiglio regionale in un momento così importante, come la discussione di oggi sul lavoro precario e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, debba anche discutere quest'ordine del giorno che, peraltro, come posso intuire, trova largo consenso avendo già raccolto la grande maggioranza delle firme di maggioranza e di minoranza del nostro Consiglio.
In sostanza, vogliamo evitare che avvengano forme di concorrenza sleale e, al contempo, vogliamo tutelare i lavoratori a fronte di comportamenti lesivi nei loro confronti.
In particolare, riguardo all'utilizzo di contratti a progetto o altre forme di lavoro atipico per incarichi che non consentirebbero tale utilizzo; l'aggiramento delle norme sulla somministrazione del personale l'utilizzo di contratti firmati con organizzazioni sindacali poco rappresentative, che comportano per il lavoratore compensi inferiori rispetto a quelli stabiliti nei contratti firmati con le organizzazioni di rappresentanza del mondo cooperativo e con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul territorio nazionale.
Quindi, s'impegna la Regione, per quanto nelle sue competenze, evitando che la Regione assolva impegni attribuiti ad altri Enti, in particolare all'Ispettorato del Lavoro ed ai compiti della Magistratura del lavoro, ad estendere alcuni obblighi e vincoli già applicati in comparti della sua amministrazione.
In modo particolare, s'impegna la Regione ad estendere, nella generalità dei settori in cui opera (cultura, logistica, sorveglianza pulizie e costruzione), l'obbligo di osservare una serie di avvertenze tese ad evitare comportamenti opportunistici e a garantire la tutela dei lavoratori.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

Grazie, Presidente.
Sono favorevole all'emendamento. Guardo con attenzione quest'ordine del giorno, tra l'altro, con particolare soddisfazione perché firmato da un collega del mio partito. Parliamo di misure di tutela dei lavoratori e delle imprese, in particolare delle cooperative.
Bene, su questo, credo sia necessario fare particolare attenzione alla materia degli appalti. Le cooperative rappresentano una forma giuridica così come la S.r.l. e la S.p.a., ma il tema non è questo. Il tema è che vi sono delle cooperative che pongono in essere comportamenti molto riprovevoli in termini d'attenzione ai propri lavoratori.
Riguardo a questo punto, volevo fare un parallelismo con lo spaccio della droga. Mi chiedo se dobbiamo perseguire i comportamenti posti in essere solo ed esclusivamente da parte di chi fa uso di sostanze, nei confronti dei quali è necessario prendere dei provvedimenti, e chiudere un occhio nei confronti di chi è dedito allo spaccio.
In questo caso specifico, credo che quest'ordine del giorno, che mi vede favorevole nel voto, abbia bisogno di un altro ordine del giorno per completarlo. Pone in essere un comportamento riprovevole solo chi non ottempera a determinati obblighi? Nei confronti del quale la sanzione politica mi sembra chiara ed evidente.
A queste società non si deve dare più la possibilità di partecipare alle gare d'appalto dell'Amministrazione pubblica, ma definitivamente. Ci significa favorire la concorrenza leale.
La domanda, che sarà fatta in un altro ordine del giorno, è questa: quali provvedimenti c'impegniamo a prendere nei confronti di Amministratori delegati o di Sindaci di società partecipate di primaria importanza che affidano appalti di lavoro a dei prezzi terribili? Nemmeno in Cina! Allora, mi chiedo questi Amministratori devono continuare ad essere nominati in questi ente o addirittura promossi in altri enti o meno? Quindi, quest'ordine del giorno fa nascere una particolare attenzione finalizzata soprattutto all'eliminazione totale dell'ipocrisia.
Mi riaggancio alla discussione precedente sulla sicurezza del lavoro.
Se le leggi ci sono, un contratto collettivo per essere considerato tale deve essere depositato al CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro).
Se per un contratto collettivo di lavoro la cifra congrua è pari ad euro "x", come fa l'ente pubblico - facciamo delle verifiche anche per la nostra Regione prima di arrivare alle partecipate - ad assegnare una gara per un importo pari a "x meno y".
Non solo! Come fa la società che partecipa, e che, a mio avviso, non dovrebbe partecipare se non sta nella congruità della cifra, a garantire la sicurezza sul lavoro? Come fa un Ente pubblico, che nonostante affidi una gara d'appalto ad un importo di x meno y, a non pagare l'azienda per oltre un anno? Ci sono società partecipate della Regione Piemonte che hanno arretrati di oltre un anno. Su questo ho fatto le opportune verifiche.
Il problema non è più soltanto della sicurezza. Allora, mi chiedo come fanno le società a garantire il pagamento degli stipendi oltre alle forme inopportune e all'uso e all'abuso delle ritenute d'acconto e dei contratti a progetto? Quindi, dopo aver fatto delle verifiche, se all'approvazione di quest'ordine del giorno non ne consegue un comportamento repressivo nei confronti degli amministratori, questi ordini del giorno, così come tanti ordini del giorno, sono solo ed esclusivamente atto di propaganda politica.
Dato che non voglio essere un addobbo natalizio - visto il clima in cui siamo - chiedo a tutti i Consiglieri, per quelli che sono stati gli interventi ascoltati anche oggi, al di là della colorazione politica affinché possano essere presi seri provvedimenti nei confronti degli enti pubblici. Parlo degli Assessori, dei Sindaci e degli amministratori delegati.
Allora, mi chiedo se è sufficiente un ordine del giorno, oppure se è necessario aprire una Commissione di indagine o di inchiesta - decidete voi a 360 gradi nell'intero territorio regionale, affinché quest'inchiesta o quest'indagine possa essere un modello di comportamento e di esempio per il resto del territorio nazionale, affinché anche altre Regioni possano seguire il nostro esempio.
Ringrazio il collega Lepri e tutti gli altri Consiglieri che hanno sottoscritto quest'ordine del giorno.
Chiedo a tutti i colleghi, affinché possa essere cancellata definitivamente la parola "ipocrisia" o comunque possa essere tollerata nei limiti all'interno del sistema politico, che ci sia effettivamente una verifica conseguente al risultato di quest'ordine del giorno.
Grazie, colleghi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cavallera; ne ha facoltà.



CAVALLERA Ugo

Grazie, Presidente.
Pensavo di intervenire in altro modo, ma dopo aver ascoltato le parole del collega Laus farò qualche considerazione più articolata.
Prima di tutto, Presidente, abbiamo votato l'ordine del giorno precedente senza chiedere il parere della Giunta.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che la Giunta fosse favorevole, ma le posizioni politiche devono essere chiare in questo consesso. Poi, a noi Consiglieri, è dato anche di essere non dico più ambigui, ma più sfaccettati. Sarebbe comunque opportuno ricevere, sui vari ordini del giorno, il parere della Giunta.
In questo caso, mi sembra che l'ordine del giorno rechi tante firme, ma sollevi anche tanti dubbi.
È una materia sulla quale occorre stabilire precise regole. La libertà di mercato deve essere sorretta da regole precise che valgano per tutti sia in senso favorevole, che in senso contrario, sia per indirizzare, sia per ostacolare.
Non è ammesso, a mio avviso, intervenire sulla base delle normative concorrenti, che possono essere consentite alla Regione. Perché qui s'indica alla Giunta regionale di intervenire nell'ambito delle sua potestà e di indirizzare anche le altre Pubbliche Amministrazioni in una certa direzione.
Pertanto, credo che un ordine del giorno così complesso e articolato richieda, a mio avviso, un approfondimento.
Intanto, chiedo anche su questo il parere della Giunta, perché va a toccare alcuni punti che riguardano la regolazione del mercato - la regolazione degli appalti per pubblici servizi o disservizi, strutturazioni consolidate sul mercato nazionale e regionale - sui quali andrei molto cauto, fermo restando - lo preciso perché non vorrei essere frainteso - che bisogna porre preventivamente delle regole (fare, quindi, opera di prevenzione) e attuare dei controlli rigorosi che valgano per tutti.
Inoltre, alcuni elementi che sono stati introdotti prima dal collega devono farci riflettere.
Quante volte abbiamo sentito parlare di lavoratori che non sono pagati perché la catena pubblica s'interrompe? O perché la Regione non trasferisce i soldi oppure perché il soggetto pubblico che fa l'appalto dei servizi non paga, eccetera eccetera? Sono situazioni che devono essere affrontate anche in sede di capitolato. Ecco, dunque, che si parla di capitolato.
Probabilmente, anziché andare ad un'affermazione così generica di rispetto del contratto di lavoro, sarebbe meglio lavorare sul versante dei capitolati, avere dei prezzi congrui e consentire dei ribassi entro determinati limiti, perché altrimenti vengono fuori le "storture" che tutti conosciamo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ricca; ne ha facoltà.



RICCA Luigi Sergio

Grazie, Presidente.
Le questioni che ha sollevato il collega Laus sono importanti. Credo che una delle tematiche su cui porre maggior attenzione sia proprio quella del lavoro irregolare "legalizzato", attraverso procedure di subappalto ad imprese più piccole, in concorrenza spietata tra loro, che ricorrono a manodopera a basso costo, tagliando le spese della sicurezza e utilizzando operai non specializzati, spesso giovani ed inesperti, mandati allo sbaraglio.
Ritengo che nei capitolati di appalto, tanto per riprendere una questione sollevata prima dal collega Cavallera, si dovrebbe pensare di evidenziare i costi per la sicurezza escludendoli dai ribassi d'asta perché i costi per la sicurezza non sono contrattabili con i ribassi d'asta.
L'ordine del giorno di cui stiamo discutendo in qualche modo va in quella direzione, perché chiede alle stazioni appaltanti l'obbligo di richiedere una serie di normative e di vigilare affinché tali normative vengano applicate. In pratica, tende a responsabilizzare sia la stazione appaltante, sia chi all'appalto concorre.
Anche altre questioni, tra cui quella dei pagamenti, sono assolutamente condivisibili, ma ritengo che sia una materia da trattare a latere rispetto a quest'ordine del giorno. Certamente raccolgo la sollecitazione a non coprirsi di un velo di ipocrisia, perché le questioni sollevate sono di rilievo, anche se credo che possano essere trattate in un momento ad esse dedicato, essendo una materia assolutamente ampia e complessa, come ha evidenziato il collega Cavallera, non soltanto nell'ultimo intervento, ma anche nella discussione generale.
TOSELLI Francesco (fuori microfono) Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori.



PRESIDENTE

Le chiedo scusa, ma ho una serie di interventi ancora...
TOSELLI Francesco (fuori microfono) L'ordine dei lavori ha la precedenza, Presidente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Toselli, sull'ordine dei lavori.



TOSELLI Francesco

Non si offenda, Presidente, perché non cerco mai di essere arrogante.



PRESIDENTE

Assolutamente me ne guardo.



TOSELLI Francesco

Lo faccio solo per una ragione, ossia per il foglio che ci è stato consegnato in merito al gettone di presenza da devolvere a favore degli infortunati e delle vittime dell'incidente avvenuto alla ThyssenKrupp.
Vorrei brevemente ricordare a quest'Aula di aver sottoposto all'attenzione dei colleghi Consiglieri la questione del Molino Cordero di Fossano, dove le vittime, a causa di uno scoppio avvenuto pochi mesi fa furono cinque.
Noto che ci sono due pesi e due misure. Chiedo, dunque, a tutti i Consiglieri di non devolvere un gettone, bensì due, di cui uno per le vittime della ThyssenKrupp e uno per quelle di Fossano.
Altrimenti, io non do un euro!



PRESIDENTE

Collega Toselli, tale questione è stata oggetto di una decisione dell'Ufficio di Presidenza, condivisa peraltro dalla Conferenza dei Capigruppo.
Comunque, poiché lei ha posto una questione che ha un'attinenza tale per cui mal si presta ad essere trattata in quest'Aula, per una questione di delicatezza dei rapporti, sarà mia cura far sì che il prossimo Ufficio di Presidenza si pronunci in merito. In ogni caso, ogni destinazione di quella somma non sarà effettuata senza che la Conferenza dei Capigruppo abbia condiviso in materia.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Elementare "C. Casalegno" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della classe 5° D della Scuola Elementare "C. Casalegno" di Torino in visita a Palazzo Lascaris.
Stiamo discutendo in merito agli ordini del giorno relativi al tema della sicurezza sul lavoro. Al momento, stavano intervenendo i Consiglieri successivamente procederemo a votarli.
Vi auguro buona permanenza.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Prevenzione infortuni

Trattazione del tema "Sicurezza del lavoro e lavoro precario" ed esame ordini del giorno n. 868, 870, 871, 872, 874, 876, 877 e 880 collegati (seguito)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Scanderebech; ne ha facoltà.



SCANDEREBECH Deodato

Grazie, Presidente.
Ringrazio il collega Laus perché ha individuato la vera questione.
Il problema della sicurezza va risolto a monte: prima ancora di iniziare a lavorare, prima ancora di iniziare una commessa, prima ancora di fare uno studio di fattibilità in un insediamento industriale (o subito dopo averlo fatto), si deve prevedere quello che è l'utile, quello che deve essere destinato affinché ci sia una giusta concorrenzialità e quello che deve essere destinato a tutte le fasi di lavorazione, in modo particolare alla tutela del lavoratore come posto di lavoro e alla tutela del lavoratore come incolumità della propria vita.
Quindi, viene tutto progettato, e ringrazio il collega Laus perché oggi ha posto al centro dell'attenzione principalmente il problema della sicurezza del lavoro.
Cari colleghi, con tutta onestà posso assicurare che ho vissuto sulla mia pelle un problema del genere: non ho niente da nascondere.
Per diversi anno ho fatto l'imprenditore e, di conseguenza l'amministratore di certe società, ma dal momento in cui sono entrato in politica ho interrotto drasticamente il rapporto privato per svolgere un ruolo pubblico. Dal giorno in cui ho scelto di fare politica, ho demandato ad altri qualsiasi tipo d'incarico e ho finito di fare l'imprenditore e l'amministratore delegato.
Per tale motivo, collega Laus, capisco quanto sia difficile coniugare il diritto al posto di lavoro con il diritto alla vita, il diritto all'incolumità e alla salute del lavoratore. Si tratta di due argomenti che vanno affrontati, Presidente; argomenti che ci riportano al tema degli appalti, dove i primi ad essere responsabili, non dico penalmente, ma moralmente e dal punto di vista amministrativo, per quanto riguarda gli inadempimenti nei confronti del diritto al lavoro e della sua tutela.
Una delle accuse che ho rivolto all'Assessore Migliasso, non come persona fisica, ma in quanto responsabile di un Ente come la Regione Piemonte, è proprio quella di aver mandato allo sbaraglio una classe operaia, senza dare alcuna risposta nei mesi di maggio, giugno e luglio.
È inutile, Assessore, che lei sospiri! Tra l'altro, invito qualche altro Assessore a non fare più strane smorfie quando parlo, altrimenti mi arrabbio veramente e rispondo con atteggiamenti conseguenti. Gli Assessori facciano gli Assessori! Lei, Assessore, è lì per dare risposte, dal momento in cui ci siamo assunti un impegno morale. A me è piaciuta molto - ve lo dico con tutta sincerità - l'affermazione fatta due giorni fa dal Primo Ministro Prodi in televisione, quando si è giustificato per non aver incontrato il capo carismatico che noi abbiamo invece avuto il coraggio - non solo il coraggio, ma anche la responsabilità e la consapevolezza - di accogliere con tutti i meriti e le manifestazioni del caso.
Ebbene, Prodi ha detto: "Io rappresento l'Italia. Dal punto di vista istituzionale, devo tutelare e garantire la mia nazione per vari motivi pertanto, non posso espormi per giocare o mettermi in evidenza. In questo momento sono rappresentativo della mia nazione e, in quanto Primo Ministro non posso esprimermi in altre vesti".
Lei, fino adesso, ha fatto il contrario, Assessore. I dati parlano da soli. Per quanto riguarda la qualità della vita, in modo particolare affari e lavoro, rilevano la provincia di Torino come in decadenza (è segnata con il puntino rosso), ossia peggiorata in questi ultimi anni. Lei ha il diritto e il dovere di dare riscontri come responsabile di un Ente amministrativo, non solo legislativo, preposto a dare risposte, pianificare e programmare il diritto al lavoro dei cittadini piemontesi.
Quindi, c'è stata una mancanza politica, prima ancora che sul posto di lavoro. Su questo dobbiamo interrogarci tutti e dedicare una giornata d'analisi, di studio e di confronto per comprendere il significato degli appalti, della concorrenzialità, del diritto e della tutela del lavoratore nel luogo di lavoro. Diversamente, come giustamente ha detto il collega Laus, facciamo solo propaganda politica e strumentalizzazione.
Sono stufo di assumere questo ruolo, anche se sono all'opposizione.
Vorrei che tutti, voi Giunta, voi Regione Piemonte, deste delle risposte concrete. Cari colleghi, mi piacerebbe che questi dati ogni anno migliorassero, anziché peggiorare.
In sostanza, abbiamo una responsabilità morale e una responsabilità politica. Poi abbiamo delle altre responsabilità, che dopo andremo ad analizzare con il nostro ordine del giorno.
In definitiva, a tutti voi, colleghi, e a lei, Presidente, chiedo che venga ufficialmente dedicata una giornata intera al problema degli appalti pubblici, perché oggi come oggi in Regione Piemonte abbiamo molte imprese del sud che fanno degli sconti stratosferici pur di sopravvivere, mentre le nostre aziende.
Assessore Bairati, non faccia delle smorfie quando parlo! Non si permetta più di fare delle smorfie, perché quando parla lei io la rispetto e non mi permetto di fare smorfie! Ha capito? Non lo faccia più! Non si permetta più di fare il maleducato! Il maleducato lo faccia in un altro posto, non lo faccia qui dentro! Io sto facendo il mio lavoro con dedizione e lei non si può permettere di disturbare il mio modo di lavorare! Ha capito? Stiamo parlando di posti di lavoro, stiamo parlando di sicurezza, non di demagogia!



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COTTO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bossuto; ne ha facoltà.



BOSSUTO Iuri

In un clima di questo tipo, mi chiedo se sia il caso di mantenere la parola o se valga la pena di rinunciare a svolgere l'intervento, visto il teatro che è venuto fuori in quest'Assemblea su una materia che ritengo molto delicata, su cui ritornerei un attimo, perché mi pare che si sia andati un po' fuori tema.
Il breve intervento che voglio fare è naturalmente di appoggio e di condivisione di quest'ordine del giorno da parte del mio Gruppo, pur ritenendo interessanti e importanti le considerazioni svolte dal collega Laus, che il mondo cooperativo lo conosce molto bene.
È sempre opportuno, ritengo, raccogliere quelle che sono le osservazioni. Tuttavia credo che sia anche opportuno appoggiare l'ordine del giorno, che mi pare sia entrato bene nella materia e abbia descritto la situazione con una fotografia - con un'efficacia di fotografia assoluta che va ben al di là dei servizi giornalistici cui abbiamo assistito in questi giorni.
È un documento che, a chi magari ha ancora gli occhi un po' chiusi, ha aperto totalmente gli occhi su un mondo fatto di realtà sane, ma purtroppo fatto anche di realtà non sempre sane. Infatti, quando ricorda quello che si pretende dal mondo cooperativistico e dai rapporti che ha col pubblico molto lucidamente mette in evidenza come l'ipocrisia a volte si verifica anche in cooperative che non hanno nulla di cooperativistico e sono nient'altro che aziende mascherate per fare più profitti, e richiama il fatto che le cooperative non dovrebbero fare profitti in questo modo.
L'ordine del giorno ricorda pure l'ipocrisia che esiste nel licenziamento di soci, facendo finta che siano tali, mentre in realtà sono dipendenti, magari anche su cause spesso molto criticabili (mi risulta che nelle cause di licenziamento nelle cooperative a volte avvengono addirittura rivendicazioni di diritti tipo i buoni pasto e altre piccole cose).
Credo che sia anche ipocrita chiudere gli occhi di fronte a questa realtà, che è composita, vasta e ampia, in cui c'è molto lavoro sano, ma c'è purtroppo anche molto lavoro non sano, cioè molta finzione.
Vi è inoltre molta ipocrisia nel disdegnare le strutture giuridiche come diceva prima il collega Laus, che non contano niente all'interno della struttura stessa, dell'impalcatura che presenta dentro il nulla, il vuoto assoluto, se non il caporalato di lavoro.
A volte si tratta proprio di caporalato - si è discusso prima della merce lavoro - che, se ricordo bene, la legge vieta.
Dunque, sulla base delle pochissime cose dette dal sottoscritto in quest'occasione, il Gruppo sicuramente non può che condividere quest'ordine del giorno, sperando che sia l'ulteriore inizio di una nuova epoca.
Potrà riguardare anche il pubblico, per carità, nel modo più assoluto però credo che alcune Amministrazioni pubbliche non vadano messe nelle condizioni di trovare degli escamotage come a volte purtroppo devono fare mentre si prende anche atto che altre Amministrazioni pubbliche, pur in situazioni non sempre brillanti, riescono ad applicare i principi etici negli appalti e nei subappalti, in tutto questo vasto mondo che è normato da leggi di cui troppo spesso ci si dimentica.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Una brevissima replica semplicemente per sostenere che sono d'accordo con il Consigliere Laus quando evidenzia come ci sia un problema rispetto a chi ha la regia degli appalti e degli affidamenti di servizi e di lavori.
Non è un caso che con quest'ordine del giorno s'intende impegnare la Giunta ad approvare delle delibere che siano coerenti con gli indirizzi qui contenuti, in modo da sollevare i dirigenti da scelte che, anche per l'inevitabile propensione a tenere compatibili i conti economici, finiscono per ridurre le basi di gara e ad essere inclini ad aggiudicare con criteri diversi dal buon equilibrio tra prezzo e qualità.
Così come credo comprensibile, ma alla fine non condivisibile l'osservazione del collega Cavallera laddove osserva come quest'ordine del giorno sia generico. Non mi pare che sia così e - ripeto - la sollecitazione affinché in tutti i comparti siano provate DGR che possano evitare i comportamenti opportunistici, l'applicazione di contratti che non riconoscono il pieno valore del lavoro svolto, l'utilizzo strumentale ed opportunistico del lavoro attraverso forme di lavoro atipico, il fatto di potere prevedere deliberazioni di Giunta che evitino questi comportamenti opportunistici ed insieme l'opportunità di prevedere un organismo di vigilanza regionale, noi crediamo che possa essere un buon strumento per evitare questi comportamenti da contestare.
Ritengo, così com'è giusta l'osservazione fatta da diversi colleghi secondo cui il problema sta anche nel ritardo nei pagamenti effettuati dalla Pubblica Amministrazione, che ciò non toglie la questione relativa ai criteri con cui si affidano i servizi ed i lavori.
Contrariamente a ciò che hanno chiesto alcuni colleghi, credo che sia molto importante approvare fin da subito questo ordine del giorno eventualmente riservando alla comunicazione prevista nello stesso ordine del giorno per gli approfondimenti che sono stati richiesti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cavallera; ne ha facoltà.



CAVALLERA Ugo

Volevo ricordare di domandare il parere della Giunta, perché sono ordini del giorno che sono volti alla Giunta.



PRESIDENTE

Non è necessario il parere della Giunta, però se richiesto da qualche Consigliere, ovviamente lo chiediamo.



MIGLIASSO Teresa Angela, Assessore al lavoro

Il parere della Giunta è favorevole.



PRESIDENTE

Indìco quindi la votazione palese sull'ordine del giorno n. 868, così come emendato, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che i maggiori organismi di rappresentanza del mondo imprenditoriale, e in particolare di quello cooperativo, hanno più volte segnalato la necessità che siano messe in atto misure tese a tutelare le imprese che operano nel rispetto delle normative e degli accordi contrattuali rispetto ai fenomeni di concorrenza sleale (dumping) le organizzazioni sindacali hanno spesso allo stesso modo segnalato la necessità di vigilare affinché non si sviluppino nel mondo imprenditoriale ed in particolare cooperativo, comportamenti lesivi dei diritti dei lavoratori recenti e documentate inchieste televisive (tra cui Report - Rai 3 domenica 25 novembre 2007) hanno evidenziato come, accanto a imprese cooperative che meritoriamente operano a vantaggio dei soci e della cittadinanza, siano presenti cooperative caratterizzate da comportamenti discutibili; ciò appare particolarmente grave qualora si tratti di prestazioni relative ad affidamenti di lavori e servizi da parte di pubbliche amministrazioni in particolare, sono presenti anche nella nostra regione pratiche censurabili, quali l'utilizzo di contratti "a progetto" o altre forme di lavoro atipico per incarichi lavorativi privi delle caratteristiche di autonomia che tale istituto prevede e che richiederebbero invece un inquadramento come lavoro dipendente risultano inoltre presenti contratti con enti pubblici che non costituiscono reali affidamenti di servizi da svolgersi in autonomia, ma forme di sostanziale aggiramento delle norme sulla somministrazione di personale sono poi segnalati casi non sporadici di applicazione di contratti firmati con organizzazioni sindacali poco rappresentative, che comportano per i lavoratori compensi inferiori rispetto a quelli stabiliti nei contratti stipulati dalle maggiori organizzazioni di rappresentanza del mondo cooperativo con le maggiori organizzazioni sindacali pur in via di supermento, sono ancora presenti in Piemonte istituti che prevedono la riduzione degli importi contributivi versati a favore dei lavoratori di cooperative considerato che per quanto riguarda l'ambito degli affidamenti di servizio alla persona, la DGR 79-2953/2006, applicativa dell'articolo 31, legge regionale dell'8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento), afferma con chiarezza che "i capitolati prevedono l'applicazione integrale del contratto di lavoro, stipulato con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale" il piano Socio sanitario 2007 - 2010 recentemente approvato ha confermato tale previsione, specificandone l'allargamento al settore sanitario: "Per quanto riguarda l'acquisizione dei servizi socio-sanitari le ASL utilizzeranno le procedure previste dall'articolo 31 della l.r. 1/2004 e dalla conseguente deliberazione applicativa" il 31 maggio 2007 Governo, organizzazioni sindacali e centrali cooperative hanno firmato un accordo teso ad arginare il fenomeno delle cooperative spurie, del dumping contrattuale e dell'uso distorsivo del costo del lavoro in materia di appalti sia nell'ambito specifico della cooperazione sociale, sia in quello più allargato della generalità delle cooperative, esistono organismi concertativi partecipati dalla Regione, dagli enti locali, dalle rappresentanze delle imprese cooperative, dalle organizzazioni sindacali il Consiglio regionale previsto sui temi del lavoro precario e della sicurezza sul lavoro rappresenta un momento importante per dibattere di tale questione impegna la Giunta regionale ad adottare urgenti atti amministrativi che garantiscano la tutela dei lavoratori e della concorrenza, affinché: sia estesa alla generalità dei settori - compresi ad esempio quelli della cultura, della logistica, della sorveglianza, delle pulizie, delle costruzioni - l'obbligo di richiedere, in occasione degli affidamenti da parte di pubbliche amministrazioni a imprese, cooperative e non: l'impegno all'applicazione integrale delle normative vigenti e dei CCNL stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale dichiarazioni che escludano l'improprio uso di forme di lavoro atipico siano evitate forme di sostanziale aggiramento delle norme sulla somministrazione di personale tali obblighi siano in particolare imposti in caso di affidamenti - se possibile anche per quelli in corso - da parte della Regione, delle Aziende sanitarie e di ogni società controllata o partecipata dalla Regione stessa tali obblighi siano inoltre estesi ad ogni altro ente pubblico del Piemonte attraverso l'approvazione, per gli altri comparti, di DGR simili alle succitate sia sviluppata attraverso uffici regionali, in collaborazione con gli organismi concertativi, un'adeguata azione di vigilanza, anche attraverso l'utilizzo di un preciso e rigoroso regime sanzionatorio da applicare con certezza nel caso di inadempienze, tale da sconsigliare ogni comportamento opportunistico gli esiti di tali atti siano riferiti periodicamente in Consiglio regionale".
Il Consiglio approva.
Ordine del giorno n. 870 inerente "ThyssenKrupp, ennesima tragedia mortale nei luoghi di lavoro", presentato dai Consiglieri Chieppa e Robotti.
Non essendoci interventi né dichiarazioni di voto, indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 870, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale venuto a conoscenza dell'ennesima disgrazia sul lavoro nello stabilimento torinese della Thyssenkrupp, accaduta nelle prime ore del mattino dove, dalle prime notizie circolate, una decina di operai sono rimasti coinvolti nel grave incidente in cui ha trovato la morte uno di essi, un operaio di 36 anni, e il ferimento di altri lavoratori, di cui tre in gravissime condizioni di vita che l'azienda nell'ultimo periodo ha incrementato, sulla linea produttiva interessata dall'incidente, il ritmo di lavoro, tanto è che alcuni degli operai coinvolti avevano accumulato quattro ore di straordinario, arrivando a dodici ore di lavoro continuo ricordato che già quattro anni fa in questo stabilimento si era verificato un incendio durato diversi giorni, che fortunatamente non provocò vittime nel 2006 in Germania un altro stabilimento Thyssenkrupp è andato distrutto a seguito di un incendio a fronte di tali fatti, il gruppo tedesco, in una nota pubblicata nei mesi scorsi affermava di avere in dotazione un sofisticato sistema antincendio e un'attività continua di formazione e informazione rivolta agli operai considerato che il numero sempre più elevato di morti sul lavoro, nella nostra Regione come nel resto del Paese, non può essere accreditato a fatti casuali ma a vere e proprie stragi quotidiane passate per lo più sotto silenzio dai media concentrati sulle "telenovela parlamentari" riguardanti i diversi sistemi elettorali, da quello tedesco, a quello spagnolo, e perché no quello moldavo; quegli stessi media si guardano bene dal dare voce direttamente agli operai e ai lavoratori in genere la qualità della vita nel mondo del lavoro sta raggiungendo livelli da "fine ottocento", in cui non vengono più messe in atto manutenzioni e messa in sicurezza degli impianti, come dei macchinari presenti nei luoghi di lavoro, non sono economicamente produttivi, perché considerati troppo costosi e si richiedono straordinari sempre più gravosi ai dipendenti; il tutto in un quadro di precarizzazione di massa che pone sotto ricatto i lavoratori la sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il grave fatto di Torino rappresenta una volta di più una priorità nazionale preso atto di questa nuova tragedia, esprima una ferma condanna nei confronti dell'insicurezza sui posti di lavoro e piena solidarietà alle famiglie di quei lavoratori coinvolti nell'incidente impegna la Giunta regionale ad attivarsi per affrontare il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro, su tutto il territorio regionale e in tutti i settori produttivi ad una più stretta collaborazione con le OOSS e gli Enti pubblici interessati a promuovere la sicurezza e i relativi controlli come elemento fondamentale in un paese civile".
Il Consiglio approva.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GARIGLIO



PRESIDENTE

Ordine del giorno n. 871 inerente a "Emergenza sanitaria - Grandi Ustioni" presentato dai Consiglieri Scanderebech, Rossi, Monteggia, Botta e Vignale.
La parola al Consigliere Scanderebech per l'illustrazione.



SCANDEREBECH Deodato

Premetto che con l'Assessore Bairati ci siamo chiesti scusa reciprocamente; chiedo scusa ufficialmente anche al collega Robotti, perch ho sempre rispetto dei colleghi, però in certi momenti credo di avere diritto di essere rispettato.
Questo ordine del giorno evidenzia un problema grave che c'è stato e di cui tutti noi abbiamo letto. Quando c'è stata la disgrazia, che è successa alle ore 1.30 del giorno fatidico, fatale e bruttissimo, ci sono state sei persone gravemente ferite che sono state collocate in quattro ospedali della regione, mentre una è ancora oggi presso il Centro Grandi Ustionati di Genova. Perché questo ordine del giorno? Perché dopo quella maledetta notte e prima mattina gli infortunati sono andati a finire in quattro ospedali.
Dalla documentazione e dagli incontri ho potuto verificare che c'è stato un intervento eccezionale dei nostri medici sanitari e del pronto intervento. Così come c'è stato, a tutt'oggi, un intervento eccezionale delle nostre eccellenze sanitarie nei confronti dei grandi ustionati.
Però il problema in che cosa consiste? Per Centro Grandi Ustioni, si intende come centro di eccellenza un centro che dispone, vicino al letto dell'ammalato, a non più di 50 metri, di una sala operatoria, la presenza di una banca della cute all'interno del CTO, diventa un centro di eccellenza non solo a livello nazionale, ma a livello mondiale, perch possiede requisiti specifici che lo distinguono da tutti gli altri centri grandi ustioni. Mi chiedo, come osservatore politico, come Consigliere regionale e come esponente di un partito, come si possa spendere tanti miliardi per la sanità e poi non avere la disponibilità, in un centro di eccellenza, di un posto letto in più.
Il mio problema è: come si può ampliare, come numero di posti letto questo centro di specializzazione? Perché non ci abbiamo pensato prima? Perché dobbiamo aspettare l'intervento di un istituto privato come il San Paolo per avere più posti letto e per far sì che i medici che lavorano in questo posto di eccellenza continuino a svolgere con grande dedizione, come sempre hanno fatto, il proprio lavoro? Abbiamo visto che è emerso anche un problema con uno dei feriti, poi deceduto, che ha avuto un trasferimento al CTO in cui arrivato nelle condizioni che tutti noi sappiamo.
Ci sono delle responsabilità? Potevamo fare qualcosa di più? Se avessimo avuto la possibilità di avere un posto letto in più ed essere quindi più tempestivi potevamo evitare che succedesse quello che è successo? Mi chiedo, visto che il concorso, l'appalto si è concluso a settembre 2004, come mai, ad oggi, non possiamo dare potenzialità ad un posto così importante e di eccellenza aggiungendo più posti letto? Davanti ad un problema di emergenza, come mai una Regione così all'avanguardia, che cerca di essere la prima sul digitale terrestre, non è tra le prime anche in ciò che riguarda l'emergenza in un momento così delicato? Dal momento in cui spendiamo qualcosa come 16 mila miliardi di vecchie lire, non possiamo spendere qualche lira in più per avere un posto letto in più per accogliere casi di emergenza straordinaria? Chiedo a tutti i Consiglieri di votare questo ordine del giorno e capire, verificare, che cosa è successo e cosa si può fare di meglio.



PRESIDENTE

Comunico le modifiche all'ordine del giorno proposte dal Consigliere Scanderebech: nelle premesse è soppresso tutto il capoverso che cita "Considerato ulteriormente che in data 9 dicembre..." e nel dispositivo è soppresso l'ultimo capoverso.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Deambrogio; ne ha facoltà.



DEAMBROGIO Alberto

In occasione di drammi cui abbiamo assistito nei scorsi giorni, occorre che ognuno di noi si cimenti anche dedicando estrema attenzione a quello che è davvero successo, in modo da non ingenerare una serie di dubbi o di preoccupazioni che poi non trovano riscontrano nei dati effettivi. Lo dico anzitutto, a me stesso, perché su questo si fanno speculazioni.
Per capire esattamente il quadro che abbiamo di fronte, dovremmo fare riferimento ad una determinazione che risale al 2002. Alludo alla determinazione n. 302 del 31/10/2002, firmata dall'Assessore Galante, che in qualche modo, prevedeva le modalità operative per quanto riguarda il trattamento dei grandi ustionati; delibera che aveva come allegato il cosiddetto progetto Focus. Su questa base, si è proceduto anche nei giorni scorsi.
Che cosa diceva, e cosa dice, quella determinazione? Che in caso di trattamento di grandi ustionati plurimi, così come ci siamo trovati di fronte, il trasferimento del paziente va fatto all'ospedale più vicino dotato di rianimazione. Lì dovrebbe avvenire, ed è avvenuto, il primo accertamento con l'invio di tutta la documentazione clinica al centro grandi ustionati. Al Centro Grandi Ustionati si procede ad un'anamnesi dei casi e si costruisce una strategia. Alla fine della costruzione strategica del trattamento dei malati, si decide o per l'invio al Centro Grandi Ustionati o per il ricovero nella rianimazione in cui i grandi ustionati sono stati immediatamente ricoverati.
Qualora non esistesse una disponibilità al Centro Grandi Ustionati, si aprono due possibilità: il ricovero presso l'ospedale di primo invio fino a che non si possono aprire posti al Centro Grandi Ustionati, oppure il trasferimento - questa è la seconda possibilità - al di fuori della regione.
Sulla base della determinazione del 2002 sono state seguite tutte le linee guida esistenti. Quindi, da questo punto di vista, bisogna ripeterlo e ribadirlo: non c'è stata negligenza, si è seguito esattamente un protocollo stabilito e tuttora valido.
Infatti, seguendo queste linee guida, si è seguito il principio per cui un ricovero immediato al centro specializzato non è una priorità, a patto che e a condizione che siano assicurate la corretta e tempestiva terapia e il corretto e tempestivo trattamento. È del tutto evidente che questo trattamento deve essere svolto, può essere svolto, da qualsiasi reparto di rianimazione a conoscenza dei principi di trattamento di patologie come queste. Voglio ribadirlo qui: in quei giorni non si sono mandati i pazienti allo sbaraglio, checché possano aver riportato alcune notizie di stampa.
Chiudo il mio intervento assicurando che, almeno dalle informazioni che ho, il Centro Grandi Ustionati è disponibile, anche per il futuro, a reimpostare corsi di formazione per questo tipo di interventi. Corsi e strutture che devono essere dimensionati per una presenza media. Se noi leggiamo le presenze medie all'interno di questo centro, vedremmo che non sono in esplosione, ma sono abbastanza stabili, e che il problema è tener conto di episodi anche più gravi e più grandi che possono succedere in occasioni particolari. C'è una possibilità e una disponibilità ad organizzarsi da questo punto di vista. Si può agire anche per aggiornare un sistema di protocollo, come quello discusso all'inizio dell'intervento, per rendere il tutto più congruo rispetto a situazioni che si possono presentare.
Per tutte queste motivazioni e sapendo che si sono seguiti protocolli esistenti e che non si sono mandati i pazienti allo sbaraglio, dichiaro il voto contrario del mio Gruppo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Boeti per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Sull'ordine del giorno presentato dal Consigliere Scanderebech personalmente non posso - e forse il Gruppo accoglierà questa indicazione votare a favore. È opportuno un voto di astensione per le considerazioni che faceva il Consigliere Deambrogio. Le procedure sono state rispettate certamente non c'è stata negligenza, la delibera cui il Consigliere Deambrogio faceva riferimento è una delibera della precedente Giunta regionale. Le rianimazioni sono in grado di accogliere i grandi ustionati perché i primi provvedimenti, da un punto di vista terapeutico, che si effettuano su questi pazienti sono interventi di tipo rianimatorio. Quindi tutte le rianimazioni della nostra città e Regione sono in grado di svolgerle.
Mi permetto di esprimere qualche perplessità sul forse non perfetto coordinamento tra i responsabili dei Dipartimenti delle nostre rianimazioni e quanto poi si è verificato. Mi riferisco soprattutto al paziente trasferito a Genova, in quanto il suo trasferimento è motivo, naturalmente di dolore e di grande preoccupazione, ma è un disagio da un punto di vista logistico per la famiglia che deve vivere a Genova per restare accanto al proprio familiare che si trova in queste situazioni.
Per il fatto di svolgere questo mestiere da quasi trent'anni so che nelle rianimazioni ci sono pazienti la cui dimissione può essere accelerata, ci sono pazienti in procinto di essere dimessi che possono essere spinti un po' di più. Forse un coordinamento maggiore avrebbe liberato qualche posto letto e avrebbe consentito al paziente trasferito a Genova di rimanere nella nostra Regione.
Questa è la ragione per la quale il voto sarà di astensione. C'è un minimo di verità nell'ordine del giorno presentato dal collega Scanderebech, ma, certamente, le procedure sono state rispettate.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ricca per dichiarazione di voto; ne ha facoltà.



RICCA Luigi Sergio

Non ho motivo di dubitare la bontà delle affermazioni espresse dal collega Deambrogio, però, credo che anche le perplessità testé testimoniate dal collega Boeti abbiano un loro fondamento, per cui, come Gruppo SDI, ci asterremmo dal voto su questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 871, come modificato il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che si aggrava il drammatico bilancio dell'incidente alla ThyssenKrupp che nella notte tra mercoledì 5 e giovedì 6 ha trasformato sette operai in torce umane l'incendio è divampato intorno all'1.30 nel reparto trattamento termico dello stabilimento torinese. Uno degli operai è tragicamente morto sul colpo per gravi ustioni, tre colleghi sono deceduti in seguito per assistere i sei ustionati, tutti con bruciature su oltre il 90% del corpo, è stato necessario il ricovero nella rianimazione di quattro ospedali torinesi, rispettivamente Molinette, Mauriziano, San Giovanni Bosco e Maria Vittoria, ed uno a Genova perchè l'unico Centro Grandi Ustioni del Piemonte presso il Cto aveva un solo posto letto disponibile uno dei feriti è stato trasferito, prima del decesso, dall'ospedale Maria Vittoria al Centro Grandi Ustioni del Cto, dopo che si era reso disponibile l'unico posto a seguito del decesso di un collega il Centro Grandi Ustioni del Cto è stato creato nel 1968. Attualmente ha a disposizione 8 posti letto ed è centro di riferimento regionale e nazionale per i traumi da ustione. La presenza in questa stessa azienda di una Banca della cute e della Fondazione piemontese per gli studi e le ricerche sulle ustioni fondata nel 1983, fa della cura delle ustioni una delle eccellenze dell'Azienda ospedaliera Cto è di questi giorni la notizia che il Centro Grandi Ustioni del Cto verrà ampliato. Infatti, sta per essere concluso il bando che porterà da 8 a 14 i posti letto nel reparto al terzo piano del Traumatologico, grazie al finanziamento della Compagnia San Paolo considerato che ogni anno vengono destinati circa 8 mila milioni di euro per la sanità piemontese Roberto Andrion, Direttore generale dell'Azienda Cto ha dichiarato: "Per far fronte alle necessità come quella vissuta mercoledì notte, medici e infermieri dei principali centri di rianimazione dovrebbero essere preparati dai nostri specialisti ad affrontare quei casi che non troveranno comunque posto al Cto" Andrion ha dichiarato inoltre: "Quanto accaduto all'acciaieria di corso Regina Margherita fa pensare effettivamente che un ampliamento fosse necessario, ma occorre non moltiplicare eccessivamente le dimensioni. Il rischio è poi di avere risorse preziose e costose inutilizzate" impegna la Giunta regionale e l'Assessore competente a verificare per quali motivi il Centro Grandi Ustioni, struttura specializzata in questi tipo di infortuni e punto di riferimento, sia a livello regionale sia nazionale, non è riuscita a far fronte all'emergenza sorta dopo l'incendio, accogliendo uno solo degli ustionati che riportavano lesioni oltre il 90% del corpo a verificare se una maggiore disponibilità di posti al Cto avrebbe permesso di affrontare con più efficacia l'emergenza a indire specifica commissione conoscitiva al fine di valutare per quali motivi la realizzazione dell'ampliamento del reparto di traumatologia decisa circa quattro anni fa, verrà realizzata solo ora e grazie ai fondi della Compagnia San Paolo, dati i cospicui investimenti regionali nella sanità pubblica ad appurare secondo quali criteri è stato definito l'ampliamento del reparto e l'incremento dei posti letto".
Il Consiglio approva.
Ordine del giorno n. 872, inerente a "Strage all'acciaieria ThyssenKrupp di Torino", presentato dal Consigliere Muliere, Larizza, Pace, Rostagno Rutallo, Ferraris, Bizjak, Bellion, Placido, Travaglini, Boeti, Motta e Ricca.
Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 872, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che il grave incidente sul lavoro alla ThyssenKrupp, che ha causato una strage di operai, 4 morti e 3 feriti ancora in condizioni disperate, ha gettato nel più totale sconforto l'intero mondo del lavoro e l'opinione pubblica torinese, piemontese e dell'intero Paese lo stabilimento torinese della ThyssenKrupp era, già dal luglio scorso, in fase di dismissione produttiva e che questa situazione ha presumibilmente causato un abbandono degli investimenti di normale manutenzione e di ogni misura di sicurezza, come hanno evidenziato le vicende di questi giorni la drammaticità e la profonda emozione di questi giorni hanno messo in luce il costo pagato dai lavoratori italiani con lo stillicidio ormai quotidiano di morti sul lavoro constatato che la decisione della multinazionale tedesca di trasferire le produzioni, e possibilmente anche il personale, nello stabilimento di Terni, ha comportato, in questa fase di transizione, lo sfruttamento massimo degli impianti - anche per sopperire ai ritardi del trasferimento e senza pause per la manutenzione - e dei lavoratori, sottoposti ad orari inaccettabili anche in ambienti di lavoro migliori di quelli di un'acciaieria tutto ciò premesso e constatato esprime profondo cordoglio per le vittime e solidarietà ai familiari chiede agli organi ispettivi del Ministero del Lavoro e delle ASL di verificare in tempi brevi, lo stato delle misure di sicurezza dell'intero stabilimento torinese dove si è verificato il gravissimo incidente alla magistratura di accertare le responsabilità civili e penali, poich nessuno può accettare la tesi della fatalità, affinché la richiesta di giustizia dei familiari delle vittime, dei lavoratori e dell'intera comunità torinese sia pienamente soddisfatta agli organi nazionali e locali competenti di promuovere tutte le misure e le iniziative necessarie per rafforzare l'azione preventiva atta a salvaguardare l'incolumità e la salute nei luoghi di lavoro impegna la Giunta regionale a promuovere ogni iniziativa utile ad affermare nella società piemontese la cultura del "valore del lavoro" a proseguire in un'opera di solidarietà a favore dei familiari dei caduti sul lavoro a stralciare ed approvare con procedura d'urgenza gli articoli inerenti la sicurezza sul lavoro contenuti nel disegno di legge regionale n. 483 "Norme in materia di promozione dell'occupazione, di qualità, sicurezza e regolarità del lavoro", assegnato in sede referente alla VII Commissione consiliare".
Il Consiglio approva.
Ordine del giorno n. 874 bis inerente a "Morti sul lavoro alla ThyssenKrupp" presentato dai Consiglieri Botta, Casoni, Ghiglia, Boniperti e Vignale, che sostituisce l'ordine del giorno n. 874.
Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 874, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che di fronte alla tragica catena di "morti bianche" e di infortuni gravissimi che si succedono nei luoghi di lavoro - l'ultimo grave fatto è l'incidente alla Thyssenkrupp - riteniamo indispensabile che la questione della salute e della sicurezza dei lavoratori sia affrontata ed approfondita con immediatezza e rigore quando gli incidenti sul lavoro, in Italia, sono circa un milione l'anno ed i morti più di mille, non si può certamente affermare che nel nostro Paese un fondamentale diritto della persona, ossia il diritto alla vita e alla sicurezza di ciascuno nel normale svolgimento della propria attività, sia garantito un semplice paragone può essere in qualche misura indicativo della portata umana e sociale del problema. In Iraq la principale guerra della nostra epoca ha prodotto 2978 vittime tra i soldati americani tra il 2003 e il 2006. Sul suolo italiano dove le armi non crepitano, le vittime del lavoro che uccide sono state nello stesso periodo 5552. Una strage? Di certo una vera e propria guerra a bassa intensità, che si regola, si svolge nell'ombra nel silenzio la normativa italiana, in tema di sicurezza sul lavoro, risulta essere la più rigorosa e la più severa in Europa, forte di un primato che partendo dagli anni 30 (istituzioni INPS, INAIL, INAM e normative connesse) si è rafforzato con la legislazione degli anni 50 ed ha raggiunto il suo apice con la legge 626/94 e successive modificazioni esprime la propria solidarietà alle famiglie delle vittime dell'incidente mortale alla Thyssenkrupp condanna fermamente il tragico episodio rispetto al quale la magistratura verificherà se la prossima smobilitazione dell'azienda abbia causato una diminuzione degli standard di sicurezza applicati nella stessa rileva come il sindacato, per propria ammissione, abbia scelto, nello specifico caso, la risoluzione dei problemi occupazionali e legati alla monetarizzazione del rischio, rispetto al mantenimento di alti standard di sicurezza rileva come anche le Amministrazioni locali, per loro diretta ammissione abbiano trattato più del problema mantenimento posti di lavoro che del problema sicurezza in azienda rileva e stigmatizza come nello scorso anno sia stato varato il provvedimento dell'indulto nel quale vennero inclusi i reati inerenti il mondo del lavoro - lavoro abusivo, incidenti sul posto di lavoro, ecc.
con la conseguenza per i colpevoli di poter usufruire di sconti di pena e addirittura per qualcuno la possibilità di cancellare completamente le proprie colpe davanti alla giustizia impegna la Giunta Regionale ad attivarsi anche nei confronti del governo ad una profonda revisione della legislazione nazionale e regionale in materia di sicurezza sul lavoro che senza derogare dalle grandi conquiste di civiltà rappresentate dalla tutela della sicurezza dei lavoratori renda più chiara, efficace ed applicabile la normativa stessa dando quindi la possibilità ai datori di lavoro di attuarla concretamente a farsi parte attiva affinché si rinforzi l'impegno e lo sforzo comune che coinvolga imprese, ispettori e delegati sindacali ad allargare il dibattito in tema di sicurezza sul lavoro a tutte le componenti della nostra comunità ed in particolare a tutti i lavoratori e alla pubblica opinione ad agire con immediatezza affinché vengano attivate le procedure indispensabili alla copertura del personale mancante in pianta organica presso le ASL relative ai dipartimenti per la sicurezza ad intervenire concretamente affinché si crei un coordinamento su base regionale fra i vari soggetti competenti alla vigilanza e all'ispezione dei luoghi di lavoro".
Il Consiglio non approva.
Mozione n. 876 inerente a "Iniziative per favorire l'inserimento lavorativo stabile di persone svantaggiate, in particolare disabili", presentata dal Consigliere Lepri, Pozzi, Boeti, Rabino, Rostagno, Pace, Reschigna, Bizjak Buquicchio, Moriconi, Comella e Ricca.
Indìco la votazione palese su tale mozione, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che il disposto della legge 68/1999 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e del D.Lgs. 469/1997 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro), come attuata dalla legge regionale del 14 dicembre 1998, n. 41 (Organizzazione delle funzioni regionali e locali in materia di mercato del lavoro) affidano ai Centri per l'Impiego la programmazione, l'attuazione, e la verifica degli interventi volti a favorire l'inserimento dei disabili la legge regionale del 29 agosto 2000, n. 51 (Fondo regionale per l'occupazione dei disabili) ha istituito il Fondo regionale per l'occupazione dei disabili la DGR 45-12524 del 18 maggio 2004 prevede di "considerare ammissibili eventuali proposte progettuali relative alla sperimentazione di cui all'articolo 14 del D.lgs. 276/03 soltanto con riferimento alle persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento lavorativo e, in particolare, quelle persone con disabilità intellettiva e psichica i cui inserimenti lavorativi non hanno avuto reiteratamente esito positivo" l'articolo 5 della legge 381/1991 (Disciplina delle cooperative sociali) come modificato dall'articolo 20 della legge 52/1996, prevede che "Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1 lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate" la legge regionale 9 giugno 1994, n. 18 (Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991, n. 381 'Disciplina delle cooperative') indica che, "Per il perseguimento delle finalità indicate all'articolo 5 della legge n.
381/1991, gli Enti pubblici prevedono la destinazione di una quota degli stanziamenti, per forniture di beni e servizi, per le convenzioni di cui al comma 1 dell'articolo 5" la DGR 79-2953 del 22 maggio 2006 applicativa dell'articolo 31 della legge regionale 8 gennaio 2004, n. 1 (Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento), ha recentemente richiamato come debbano 'essere attuate ed esperite tutte le possibilità che le norme consentono per promuovere gli affidamenti pubblici di servizi e forniture alle cooperative di tipo B, ai sensi dell'articolo 5 della legge 381/1991 e dell'articolo 13 della l.r. 18/1994' ed ha affermato che "tale prescrizione di legge trova concreta attuazione con la previsione, stabilita dall'organo d'indirizzo politico dell'ente pubblico, di riservare una quota percentuale delle proprie forniture di beni e servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, sotto la soglia comunitaria, alle cooperative di tipo B del territorio." il D.Lgs 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture), prevede all'articolo 52 che 'Fatte salve le norme vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali, le stazioni appaltanti possono riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. a laboratori protetti nel rispetto della normativa vigente, o riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta da disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un'attività professionale in condizioni normali..' il Piano socio sanitario regionale, recentemente approvato, ha previsto la scrupolosa osservanza, da parte di Aziende sanitarie regionali e degli enti gestori, delle previsioni della legge 68/1999 sia per quanto riguarda i propri organici sia per quanto riguarda gli organici dei terzi accreditati; che le Aziende Sanitarie destinino una quota degli affidamenti alle convenzioni di cui all'articolo 5 della legge 381/1991 la IV Commissione consiliare, riunitasi il 1 febbraio 2007 con all'ordine del giorno l'esame dello stato di attuazione della legge 68/1999 in materia del diritto al lavoro delle persone disabili, ha raccolto ampi e significativi contributi da numerosi enti operanti nel settore considerato che emergono informazioni discordanti circa l'effettiva operatività dei Centri per l'impiego in riferimento ai servizi offerti per l'inserimento delle persone disabili e in specifico, relativamente alla diffusione di rapporti atipici con il personale ivi impiegato, con conseguente aumento del turnover e della instabilità organizzativa gli inserimenti lavorativi delle cooperative sociali piemontesi riguardano oltre 2 mila persone, molte delle quali utenti dei servizi sanitari regionali per problematiche di disagio mentale, di dipendenza da sostanze o di disabilità l'inserimento lavorativo rappresenta una modalità efficace per reinserire socialmente le persone svantaggiate e per assicurare loro reddito ed autonomia la previsione dell'articolo 13 della l.r. 18/1994, laddove richiede alle amministrazioni pubbliche di fissare una quota di affidamenti da destinare a convenzioni per l'inserimento lavorativo, risulta purtroppo ampiamente disattesa da molti enti, comprese la stessa Amministrazione regionale, le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere la seduta di Consiglio regionale prevista sui temi del lavoro precario e della sicurezza sul lavoro rappresenta un momento importante per dibattere di tale questione impegna la Giunta Regionale ad adottare atti deliberativi e di spesa idonei a rendere stabili i servizi per l'inserimento lavorativo istituiti presso i Centri per l'impiego attraverso la dotazione di risorse economiche adeguate, anche tenendo conto della necessità di assicurare la presenza di personale con contratti di lavoro che prevedano la necessaria stabilità ad emanare linee guida circa l'attività dei Centri per l'impiego, che garantiscano l'avviamento al lavoro anche delle categorie con maggiori difficoltà occupazionali, quali la disabilità intellettiva, la disabilità fisica con limitata autonomia e la malattia mentale; una presa in carico continuativa, al fine di evitare la permanenza o la ricaduta nel circuito assistenziale e di supportare le imprese che inseriscono lavoratori svantaggiati a far applicare puntualmente la scrupolosa osservanza, nei propri organici e in quelli delle Aziende sanitarie e degli Enti gestori, dell'obbligo di inserimento lavorativo previsto dalla Legge 68/1999, anche in considerazione del fatto che, in questo caso, non valgono i vincoli alle nuove assunzioni a recepire l'orientamento a destinare la sperimentazione dell'articolo 14 del D.Lgs 276/2003 a "persone.. con disabilità intellettiva e psichica i cui inserimenti lavorativi non hanno avuto reiteratamente esito positivo' cioè a casi di particolare gravità rispetto cui parzialmente sostituire l'obbligo di assunzione diretta con la destinazione di commesse a specifici soggetti terzi che assumano su di sé tale obbligo a prevedere che le Direzioni regionali e le Aziende sanitarie regionali destinino alle convenzioni di cui all'articolo 5 della Legge 381/1991 e s.m.i. e ad altre forme di affidamenti con clausole sociali quali l'articolo 52 del D.Lgs 163/2006, una quota non inferiore all'1,5% del totale degli affidamenti per l'acquisto di beni o servizi a prevedere inoltre che, entro la suddetta percentuale e compatibilmente con il tipo di attività da prestare, sia definita una quota di inserimenti di persone con disabilità intellettiva, disabilità fisica con limitata autonomia e malattia mentale ad assumere ogni atto utile a sollecitare e verificare l'effettiva applicazione da parte degli enti pubblici operanti sul territorio regionale delle normative tese a favorire l'integrazione lavorativa di persone svantaggiate, in particolare disabili a richiedere alle Aziende sanitarie un'adeguata valorizzazione dell'inserimento lavorativo in cooperative sociali di tipo B quale strumento per l'integrazione sociale delle persone svantaggiate, con particolare riferimento agli utenti dei servizi socio-sanitari quali persone con disagio mentale, con problemi di dipendenza da sostanze o in condizione di disabilità ad approvare deliberazioni che includano, nella valutazione dei Direttori di Direzione regionale e dei Direttori generali di ASL e di ASO, il grado di applicazione delle normative in materia di inserimento lavorativo di disabili e di persone svantaggiate, nonché ogni altra misura atta a incentivare l'impegno delle amministrazioni operanti sul territorio piemontese per l'inserimento lavorativo ad approvare una deliberazione che preveda la disponibilità, da parte delle Direzioni regionali 'Politiche sociali e politiche per la famiglia' e 'Istruzione, formazione professionale e lavoro', a fornire alle altre Direzioni regionali il necessario supporto per valutare la qualità dei progetti di inserimento lavorativo in occasione di affidamenti effettuati ai sensi dell'articolo 5 della Legge 381/1991, della legge 68/1999 e dell'articolo 14 del D.Lgs 276/2003".
Il Consiglio approva.
Ordine del giorno n. 877 inerente a "Sicurezza nei luoghi di lavoro" presentato dai Consiglieri Cotto, Leo e Picchetto Fratin.
Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno 877, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premessa l'urgenza e la necessità di garantire maggiormente la sicurezza nei luoghi di lavoro per scongiurare il verificarsi di tragici eventi che mettono a repentaglio vite umane considerato che, oltre alle giuste e doverose misure a favore dei familiari delle vittime degli incidenti sui luoghi di lavoro, è indispensabile un intervento efficace di prevenzione tenuto conto che il Programma pluriennale per le attività produttive prevede strumenti di sostegno per il miglioramento della sicurezza sui luoghi di lavoro viste le indagini predisposte dall'Inail da cui emerge un dato preoccupante per il Piemonte: a fronte di una lieve diminuzione degli incidenti sul lavoro nel biennio 2005-2006 (75.669 nel 2005 e 74.023 nel 2006, con una flessione del 2%), sono invece sensibilmente aumentati i decessi (da 92 nel 2005 a 109 nel 2006, con una variazione del 18,45%) osservato che tale dato, seppur in controtendenza rispetto alla media nazionale per cui gli infortuni mortali sul lavoro sono aumentati, nello stesso periodo, del 2,2%, impone di inserire tra le priorità di Governo e Regione la sicurezza dei lavoratori in ogni settore produttivo impegna la Giunta regionale a stanziare sul bilancio di previsione per l'anno 2008, nell'ambito delle risorse nel programma per le attività produttive, la somma di euro 25.000.000,00, al fine di intervenire concretamente per impedire assurde e inconcepibili morti bianche".
Il Consiglio non approva.
Ordine del giorno n. 880, inerente a "Azioni concrete contro gli omicidi bianchi e gli infortuni sul lavoro", presentato dai Consiglieri Bossuto Clement, Dalmasso, Deambrogio, Barassi, Moriconi, Comella, Cavallaro Chieppa e Robotti.
L'emendamento è stato corretto dai proponenti, secondo la seguente riformulazione del settimo capoverso del dispositivo: "il superamento della precarietà del lavoro favorendo, anche dal punto di vista legislativo, il ritorno ad una concezione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato come normalità, e la lotta al lavoro nero, fattori che incrementano esponenzialmente il rischio di incidenti, a causa anche dell'assoluta ricattabilità che questa condizione comporta ai lavoratori che ne sono colpiti;".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Clement; ne ha facoltà.



CLEMENT Gian Piero

Solo due minuti per illustrare alcuni punti dell'ordine del giorno. Ho rinunciato ad intervenire al dibattito generale perché mi è sembrato già ampiamente prolisso.
Nella premessa, abbiamo voluto evidenziare i nomi, i cognomi e le età delle persone che, purtroppo, sono rimaste vittime di questo tragico incidente. Troppe volte gli operai non esistono più o qualcuno pensa che non esistano più; pensa che il lavoro manuale, la fatica e il rischio non esistano più. Purtroppo, spesso questo è avvenuto anche in questa città.
Tra gli impegni del Consiglio regionale abbiamo voluto evidenziare quello che già avevamo detto e chiesto in Commissione: individuare una corsia preferenziale che arrivi ad approvare in tempi brevi, rafforzando tutte le norme sulla sicurezza del lavoro e sul superamento della precarietà, la legge che è stata recentemente approvata dalla Giunta e che ora è all'esame della VII Commissione.
Abbiamo voluto poi negli impegni per la Giunta dare delle indicazioni che vadano a rafforzare, soprattutto, attività di prevenzione. In questi giorni, si sta discutendo di quello che è uno dei diversi tesoretti che ci sono in questo paese: il tesoretto dell'INAIL. Si parla di un tesoretto di dodici miliardi di euro.
Secondo una dichiarazione del Presidente dell'INAIL: l'INAIL spende per la prevenzione lo 0,15% l'anno del suo bilancio. Noi riteniamo che, invece se si vogliono realizzare politiche attive a favore della prevenzione degli infortuni sul lavoro, bisogna proprio dedicarsi e spendere di più.
Per questo, chiediamo che vengano potenziate le attività ispettive nelle aziende sanitarie al fine di prevenire le violazioni delle normative in materia di sicurezza sul lavoro. Inoltre, chiediamo anche di sollecitare le associazioni e le istituzioni pubbliche e private ad intensificare ancor di più l'impegno sul territorio in un'ottica di prevenzione attraverso la formazione e l'informazione con progetti specifici, realizzati in collaborazione con le scuole.
Come diceva anche l'Assessore Migliasso, pensiamo che debba crescere una cultura della prevenzione degli infortuni sul lavoro. Una cultura che non può partire solo dai luoghi di lavoro, ma anche dai luoghi in cui si forma la cultura e l'istruzione del nostro paese Infine, chiediamo che la Giunta s'impegni a sollecitare il Governo a dare piena efficacia alla legge n. 123 del 3 agosto 2007 riguardo a questo tema.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
In conclusione, volevamo solo fare, non soltanto sull'ordine del giorno, una valutazione. Spiace che ci si sia, in moltissimi casi, divisi rispetto alla casacca che indossiamo in Consiglio. Non è accaduta, per la verità, la stessa cosa dalle due parti, ma questa è una scelta.
Il centrodestra o il partito che lo rappresenta ha votato gran parte degli ordini del giorno. Si è ritenuto opportuno esprimersi o non esprimersi, anche se sappiamo che nel nostro Parlamento il voto di astensione è un voto negativo, su alcuni ordini del giorno presentati dal centrodestra.
In merito all'ordine del giorno presentato dai colleghi di Rifondazione comunista, avanzeremmo una richiesta. Sappiamo che è un punto importante per il partito che rappresentano, ma se vi è volontà ad avere una maggioranza, che non stia a quella legata al dato elettorale. Tutti i punti che sono individuati all'interno della parte di impegno della Giunta sono condivisibili, potremmo fare delle valutazioni, ma sono certamente condivisibili.
Così come, certamente, sono condivisibili anche le valutazioni fatte in premessa. Come i colleghi possono ben immaginare non è per noi condivisibile il terzultimo punto, quello legato all'abrogazione della legge n. 30. Lo dico anche in virtù del fatto che ha.



(Commenti in aula)



VIGNALE Gian Luca

Non lo sapevo, forse ho ancora un testo vecchio. Qual è l'emendamento che lo va a cassare?



(Commenti in aula)



VIGNALE Gian Luca

VIGNALE Gian Luca



VIGNALE Gian Luca

Diciamo che è un nominalismo, a tutti gli effetti.
Ritengo che se anche la sfumatura che, di fatto, dice la stessa cosa nel senso che ritorna, da un punto di vista legislativo, al tempo indeterminato come abitudine non come legge, ovviamente, un'abitudine si può creare introducendo una norma.
Altrimenti, sappiamo bene che, per i vantaggi che esistono difficilmente un imprenditore vorrà avere un'abitudine che gli costi di più. Lo dico perché è un tema, quello legato alla precarietà del lavoro che, certamente, ha a che fare anche con la sicurezza e non solo, ma è un tema più vasto.
Ovviamente, ognuno rimane della propria idea sulla legge n. 30, sul superamento del precariato e sulle questioni di cui abbiamo dibattuto molte volte in quest'aula, ma se potessimo eliminare questo riferimento ad una norma nazionale che ha a che fare con la flessibilità o la precarizzazione del mondo del lavoro e non solo con la sicurezza, per quanto ci riguarda gli altri punti - anche alcuni punti importanti come il terzo punto, che chiede alle associazioni datoriali di espellere dalle loro associazioni coloro che non rispettano le normative, così come accade con la campagna lanciata da Confindustria in Sicilia per gli aderenti alle associazioni mafiose. Sarebbe dunque un ordine del giorno importante, votato non soltanto dalla maggioranza. Poi è ovvio che i firmatari faranno ciò che credono. Questo vincolerebbe il nostro voto favorevole o contrario. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Clement; ne ha facoltà.



CLEMENT Gian Piero

Ho apprezzato l'intervento del Consigliere Vignale, così come ho apprezzato l'ordine del giorno presentato dal Gruppo di Alleanza Nazionale.
Alcuni riferimenti in quell'ordine del giorno ci hanno impedito oggettivamente di arrivare ad un voto positivo, perché in ogni modo, anche se è un dato storico il riferimento ad un'epoca nera, in tutti i sensi, per il nostro Paese, sicuramente noi non lo abbiamo apprezzato né lo apprezziamo ora, così come il coinvolgimento esplicito delle organizzazioni sindacali rispetto alla vicenda della ThyssenKrupp. Questo per spiegare il nostro voto contrario.
Per noi rappresenta un elemento prioritario, non solo di lotta alla precarietà, ma anche contro gli infortuni e gli incidenti sul lavoro.
Noi riteniamo che il continuo ricorso alla precarietà sia uno degli elementi che ha impedito un'azione di fondo di tutte le politiche che sono state fatte in questi anni.
Soprattutto negli impieghi manuali il ricorso alla precarietà è altissimo, nonostante tutte le normative indichino che, di norma, i lavori a tempo determinato e precario dovrebbero essere riferiti a mansioni di carattere più elevato.
Noi crediamo che questa precarietà abbia favorito - o comunque non abbia impedito - il dispiegarsi di politiche attive rispetto agli infortuni. Per noi e per la nostra collocazione politica sarebbe fondamentale partire abrogando la legge n. 30.
Ci rendiamo conto che su tale argomento ci sono sensibilità atteggiamenti e valutazioni politiche molto diverse all'interno della maggioranza, ma anche all'interno dell'Aula.
Noi crediamo che la formulazione che abbiamo individuato, quella che prevede di superare la precarietà facendo ridiventare il contratto a tempo indeterminato come il contratto che nella normalità dei casi viene applicato, possa essere condivisa da tutti.
Allora, se ci chiedete di fare un passo indietro, lo facciamo. Se mi chiedete di fare un passo indietro col triplo salto mortale avvitato evidentemente, anche per le mie condizioni fisiche, non è possibile.



PRESIDENTE

Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno rubricato n. 880, così come emendato dai proponenti, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale premesso che il tragico episodio, accaduto nei giorni scorsi alla Thyssenkrupp di Torino, in cui hanno perso la vita 5 lavoratori, Antonio Schiavone, 36 anni, Roberto Scola, 32 anni, Angelo Laurino, 43 anni, Bruno Santino, 26 anni e, ultimo in ordine di tempo, Rocco Marzo, 54 anni mentre altri due, Giuseppe Demasi e Rosario Rodinò, ancora versano in gravissime condizioni, testimonia anche in questa tragica occasione l'urgenza e l'attualità del tema degli incidenti sul lavoro; la drammatica strage 'dimenticata' che quotidianamente viene subita dai lavoratori del nostro Paese valutato che ad oggi 18 dicembre, sono circa mille i morti sui luoghi di lavoro, su un totale di circa un milione di incidenti, dei quali circa venticinquemila con esiti invalidanti. A queste tragiche statistiche che ci parlano della vita e della morte di uomini e donne del nostro Paese sfuggono gli "invisibili", i condannati al limbo perpetuo del lavoro nero.
A loro (autoctoni o migranti) non è concesso neppure il diritto all'identità.
Troppi per non cogliere che ci sono condizioni oggettive di precarietà complessive, di ricatto, di sfruttamento, di insicurezza, subite dai lavoratori ed al contempo responsabilità soggettive che vanno individuate e perseguite.
In un quadro politico e legislativo, che pure in presenza di significativi miglioramenti, con particolare riferimento alla legge del 3 agosto 2007 n.
123 sui temi della Salute e della Sicurezza nei luoghi di lavoro, della quale si chiede una rapida ed efficace applicazione che preveda un rafforzamento della vigilanza e delle sanzioni anche penali, deve ripartire dall'assunzione della precarietà della condizione operaia come ordine del giorno dell'Agenda politica del nostro Paese esprime cordoglio e vicinanza ai familiari delle vittime delle Thyssenkrupp ed augura la guarigione ai feriti si impegna ad approvare in tempi brevi la legge sul lavoro, individuando una corsia preferenziale e rafforzando tutte le norme sulla sicurezza del lavoro e di superamento della precarietà impegna la Giunta regionale ad attivarsi per: la rapida applicazione della legge regionale 21 dicembre 2007, n. 25 (Fondo di solidarietà per le vittime degli incidenti sul lavoro) vincolare i finanziamenti e contributi pubblici alle imprese al rigoroso rispetto da parte delle stesse delle normative vigenti in materia di sicurezza sul lavoro, prevedendo inoltre la sospensione di quelli eventualmente in corso sollecitare le associazioni datoriali al farsi carico anch'esse del grave fenomeno chiedendo con forza ai propri associati la piena applicazione delle norme sulla sicurezza, chiedendo alla stesse un netto segnale in tal senso che preveda anche l'espulsione dei propri associati che dovessero rendersi responsabili di gravi mancanze nell'applicazione delle stesse così come già fatto per quegli imprenditori che pagano il pizzo e accettano il ricatto mafioso sollecitare associazioni, istituzioni pubbliche e private a intensificare ancora di più l'impegno sul territorio in ottica di prevenzione attraverso la formazione e l'informazione, con progetti specifici realizzati in collaborazione con le scuole potenziare le attività ispettive delle Aziende sanitarie al fine di prevenire le violazioni delle normative in materia di sicurezza sul lavoro intervenire sulla catena di appalti e subappalti, per un inasprimento delle sanzioni in materia non solo amministrativa ma anche penale, nei confronti delle imprese che si accerteranno come responsabili e che sono alla testa di questi meccanismi il superamento della precarietà del lavoro favorendo, anche dal punto di vista legislativo, il ritorno ad una concezione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato come normalità, e la lotta al lavoro nero, fattori che incrementano esponenzialmente il rischio d'incidenti, a causa anche dell'assoluta ricattabilità che questa condizione comporta ai lavoratori che ne sono colpiti sensibilizzare processi di potenziamento e tutela del ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (R.L.S) nei luoghi di lavoro nonché di attivazione di normative che prevedano il blocco delle attività produttive sino a che non siano ripristinate le condizioni di sicurezza sconcertante si ritiene ad esempio l'atteggiamento della Thyssenkrupp che secondo fonti sindacali, nelle ore successive all'incidente, ha contattato le stesse più volte per poter riprendere l'attività produttiva dello stabilimento chiedere al Governo di procedere a dare piena efficacia alla legge 3 agosto 2007 n. 123 finalizzata al riordino della normativa in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro".
Il Consiglio approva.
Abbiamo terminato la seduta straordinaria.
Invito i Consiglieri ad accomodarsi al banco delle firme per riaprire la seduta ordinaria.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16.45)



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